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arté in questo numero Il corpo abi(ta)to Il disegno speculare progressivo Il ruolo dell’improvvisazione nel processo creativo Arteterapia nelle cure palliative Tra corpo e cultura: la danzamovimentoterapia come mediazione simbolica Esserci, Esprimersi, Interagire tra adolescenti Musica del corpo, musica della mente Danzamovimentoterapia e minori abusati: dal danno alla riparazione A CURA DI ASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIA COOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCO COOP. SOC. CENTRO STUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIA 04 ISSN 1971-811X ANNO_03_NUM_04_DICEMBRE_2008 QUADERNI ITALIANI DELLE ARTITERAPIE

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  • artéin questo numero Il corpo abi(ta)to

    Il disegno speculare progressivo

    Il ruolo dell’improvvisazione nel processo creativo

    Arteterapia nelle cure palliative

    Tra corpo e cultura:la danzamovimentoterapia come mediazione simbolica

    Esserci, Esprimersi, Interagire tra adolescenti

    Musica del corpo, musica della mente

    Danzamovimentoterapia e minori abusati:dal danno alla riparazione

    A CURA DI ASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIA

    COOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCOCOOP. SOC. CENTRO STUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIA

    04

    ISSN 1971-811X ANNO_03_NUM_04_DICEMBRE_2008

    QUADERNI ITALIANI DELLE ARTITERAPIE

    arté_04_int 2012-12-13 16:23 Pagina 1

  • COSMOPOLIS SNCCorso Peschiera, 320 - 10139 Torino - tel/fax 011 71 02 09

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    ABBONAMENTOPer 2 numeri / 1 anno: 20,00 euro

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    A CURA DI■ ASSOCIAZIONE MUSICA E TERAPIA

    ■ COOPERATIVA SOCIALE LA LINEA DELL’ARCO■ COOP. SOC. CENTRO STUDI DANZA ANIMAZIONE ARTE TERAPIA

    DIRETTORE EDITORIALEGerardo Manarolo

    COMITATO DI REDAZIONEClaudio Bonanomi - Coop. Soc. La Linea dell’ArcoFerruccio Demaestri - Ass. Musica e TerapiaLaura Panza - Coop. Soc. Centro Studi Danza Animazione Arte Terapia

    COMITATO SCIENTIFICOGiorgio Bedoni - Psichiatra, Psicoterapeuta, Docente scuola di arteterapia di LeccoRoberto Boccalon - Psichiatra, Arteterapeuta art-therapy, FerraraClaudio Bonanomi - Psicologo, Musicoterapista,Direttore Centro di Formazione nelle Artiterapie, Lecco

    Roberto Caterina - Professore Associato, Cattedra di Psicologia della Musica, Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna

    Giovanni Del Puente - Dipartimento di Neuroscienze Oftalmologia e Genetica,Scienze di Psichiatria, Università di Genova

    Daniela Di Mauro - Psicologa, DMT, PalermoGiovanna Ferrandes - Psicologa, Psicoterapeuta, Azienda Ospedaliera-UniversitariaSan Martino, Genova

    Luigi Ferranini - Direttore Dsm Asl 3 Genovese, Professore a contrattoall’Università degli Studi, Dipartimento di Neuroscienze Oftalmologia e Genetica,Sezione di Psichiatria, Università di Genova

    Pier Maria Furlan - Professore Ordinario di Psichiatria e Direttore del DipartimentoInteraziendale di salute Mentale ASO San Luigi Gonzaga - Asl 5 di Collegno - Università di Torino

    Maria Elena Garcia - Danzamovimentoterapeuta, Docente corso di musicoterapia di AssisiGiovanni Giusto - Direttore Scientifico Gruppo Redancia, GenovaDaniele La Barbera - Direttore Cattedra di Psichiatria e Riabilitazione Psichiatrica,Università di Palermo

    Claudio Lugo - Musicista, Compositore, Docente Conservatorio di AlessandriaAndrea Masotti - Musicista, musicoterapista, Casa della Musica, GenovaDonatella Mondino - Arteterapeuta, docente art-therapy, TorinoDeborah Nogaretti - Arteterapeuta, Coordinatrice Coop. Soc. CIMASLaura Panza - Psicologa, Danzamovimentoterapeuta DMT, APID, MilanoMaurizio Peciccia - Psichiatra, Psicoterapeuta, Università di Perugia, Presidente ApiartFausto Petrella - Professore Ordinario di Psichiatria, Università di Pavia,Membro ordinario con funzioni di training della Società psicoanalitica italiana

    Salvo Petruzzella - Drammaterapeuta, Psicodrammista,Overseas Member della BADTh (British Association of Dramatherapy)

    Rosa Porasso - Psicologa, Arteterapeuta, Docente scuola di arteterapia di LeccoPier Luigi Postacchini - Psichiatra, Neuropsichiatra,Coordinatore Corso quadriennale di musicoterapia di Assisi

    Vincenzo Puxeddu - Medico fisiatra, Danzamovimentoterapeuta, Presidente Apid, CagliariPio Enrico Ricci Bitti - Professore Ordinario di Psicologia Generale,Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna

    Alessandro Tamino - Psichiatra, Psicoterapeuta, Presidente Associazione Scuoladi Artiterapie e Psicoterapie Espressive, Roma

    Laura Tonani - Arteterapeuta, Docente Accademia di Brera

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  • ditoriaIl secondo numero del 2008 ospita nuovamente le re-lazioni presentate nel corso del convegno “Identità di-namica delle Artiterapie” svoltosi in Assisi nell’Ottobre2007 (ulteriori contributi presentati in quell’occasionesono reperibili sul n. 03).Ar-té si apre con “Il corpo abi(ta)to” di Cristina Lugli eUmberto Stefano Benatti che descrivono un interes-sante esperienza di Danzamovimentoterapia (DMT) edi Arteterapia condotta nella sezione femminile dellacasa Circondariale S’Anna di Modena; emerge nel lo-ro scritto la funzione integrativa svolta dal mediatoreespressivo-artistico anche in virtù delle sue potenzialitàestetiche. Paolo Catanzaro, a seguire, presenta un casoclinico particolarmente complesso, dove il disegno spe-culare progressivo costituisce una preziosa opportunitàpsicoterapica. Nei successivi contributi Elisabetta Co-lace e Marzia Menzani riflettono sul laboratorio di ar-te e danza terapia, condotto all’interno del convegno diAssisi e centrato sul rapporto improvvisazione/processocreativo, mentre Michele Daghero riporta la nostra at-

    tenzione in ambito clinico trattando il ruolo che l’arte-terapia può svolgere nell’ambito delle cure palliative.Gli articoli che seguono affrontano tematiche relativeall’ambito formativo e preventivo.Alba G.A. Naccari descrive un interessante esperienzadi DMT rivolta agli studenti del corso di Laurea inScienze Motorie e Sportive (Università di Perugia).Francesca Prestia presenta un intervento preventivo(attuato con l’impiego di diversi mediatori espressivi)nei confronti di adolescenti problematici.Ar-té si conclude con due differenti contributi clinici:Silvia Ragni presenta una particolare esperienza musi-coterapica rivolta a pazienti sofferenti per la Sindromedi Alzheimer mentre Maria Rita Cirrincione descriveun intervento di DMT rivolto a minori abusati dove ladimensione corporea rappresenta la ferita ma anche larisorsa con cui dialogare.

    Gerardo Manarolo

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  • mariosomm

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  • m somm04 Il corpo abi(ta)to

    CRISTINA LUGLI, UMBERTO STEFANO BENATTI

    09 Il disegno speculare progressivoPAOLO CATANZARO

    15 Il ruolo dell’improvvisazione nel processo creativoELISABETTA COLACE, MARZIA MENZANI

    18 Arteterapia nelle cure palliativeMICHELE DAGHERO

    22 Tra corpo e cultura: la danzamovimentoterapia come mediazione simbolicaALBA G.A. NACCARI

    34 Esserci, Esprimersi, Interagire tra adolescentiFRANCESCA PRESTIA

    40 Musica del corpo, musica della menteSILVIA RAGNI

    51 Danzamovimentoterapia e minori abusati: dal danno alla riparazioneM. RITA CIRRINCIONE

    58 Recensioni ar-té

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  • Il Corpo abi(ta)toL’esperienza di danzamovimentoterapeuta nella sezione femminiledella casa Circondariale S. Anna di Modena

    CRISTINA LUGLI, UMBERTO STEFANO BENATTILa danzamovimentoterapia e l’arte terapia rap-presentano ormai da sette anni una presenza at-tiva e consolidata all’interno delle pratiche ri-educative della Casa Circondariale S. Anna diModena.Nell’ormai lontano 2001, il progetto denomina-to “ART TRE”, proposto ed iniziato con unospirito pionieristico e sperimentale, era struttu-rato in un limitato numero d’incontri nelle di-verse sezioni maschili e nella sezione femminile.I successivi progetti “Il muro dipinto” (2002),“L’ora d’Arte” (2003/2004) e “Prendere P’Arte”(2005/2006) si sono via via caratterizzati da unaminor episodicità e da un maggior radicamentonella struttura stessa della Casa Circondariale.Ha concorso a ciò certamente l’aumento dei la-boratori ma pure gli incontri con gli operatori;in sintesi, il tentativo di dialogare con le aspetta-tive e le necessità sia degli operatori che dei de-tenuti.La realizzazione di tali progetti è stata possibilegrazie al coinvolgimento dell’Associazione Car-cere-Città di Modena, del Comune, della CasaCircondariale stessa, alla succitata disponibilità eprofessionalità degli operatori, alla fondamentalerisposta positiva dei detenuti e delle detenute ealla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena,senza i quali non avremmo potuto elencare ilquanto e il tanto che è stato fatto.Nel corso di questi anni si è cercato di dar corpoal lavoro formulando soluzioni ed interventi “apiù mani”, cercando di integrare più linguaggi.Questo ha portato alla proposta di progetti sem-pre diversi, al coinvolgimento delle differenti se-zioni presenti al S. Anna e all’elaborazione di in-terventi anche rivolti alla realtà territorialecome la video-installazione “Corporecluso”,

    realizzata dal gruppo di danzamovimentotera-pia della sezione femminile condotto dalla dan-zamovimentoterapeuta C. Lugli in collabora-zione con l’artista multimediale U.S. Benatti, ela produzione della video-intervista “Il cielo ce-lato” realizzata dal gruppo della sezione ma-schile condotto dall’arteterapeuta C. Coppelli incollaborazione con l’attore T. Contartese.Tali elaborati sono stati presentati nel maggiodel 2007 nell’ambito dell’evento nazionale “Spa-zio Libero. Arte dai luoghi di reclusione” orga-nizzato dalla Provincia di Modena.

    Obiettivi e speranze… ■I progetti sopracitati si sono posti alcuni obiettiviespliciti, dichiarati; avevano e hanno tuttora al-cune speranze implicite:- nell’apertura (nel vero senso della parola) di

    uno spazio entro il quale rintracciare e ritrac-ciare una diversa immagine di sé rispetto aquella certificata dal reato e relativa condan-na; attraverso la modalità corporea, succes-sivamente integrata con differenti percorsiespressivi e l’ausilio delle tecnologie multivi-sive nella sezione femminile; attraverso glistrumenti grafico/plastico/pittorici e la pre-disposizione di un training espressivo ini-zialmente artistico, successivamente inte-grato fra l’artistico e il teatrale nella sezionemaschile;

    - nella creazione di una condivisione di grup-po in grado di sorreggere o quanto meno diaiutare il soggetto in quella difficile rielabora-zione.

    Pur riconoscendo gli imprevisti e le difficoltàsubentrate, la complessità dell’utenza e cercan-

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  • do di evitare inutili enfasi, si può, in ultima ana-lisi, fino ad ora considerare la risoluzione deiprogetti in termini complessivamente positivi, lapartecipazione prevista soddisfatta e gli obiettivipreposti sostanzialmente assolti.

    La videoinstallazione “Corporecluso” ■realizzata dal gruppo di danzamovimentoterapiadella sezione femminile condotto da C. Lugli incollaborazione con U.S. BenattiL’esperienza e il processo comunicativo attiva-tosi nel laboratorio espressivo di danzamovi-mentoterapia, attraverso l’integrazione dellamodalità corporea con l’espressività visiva e so-nora, ha permesso la creazione dell’installazio-ne “Corporecluso” realizzata in collaborazionecon U.S. Benatti.La ricerca del gruppo, volta a sperimentare

    nuove strade d’interazione tra danzamovimen-toterapia, musica ed arte visuale, “guarda alcorpo” utilizzato come segno, forma e sintesi diun linguaggio aperto e in divenire a secondadello spazio, alla ricerca di nuove dinamiche.La danza nella coreografia forma eteree creatu-re che trasformano il loro corpo in un’essenza dimovimenti in cui si rinnova, attraverso i sensi, lapossibilità di conoscere un mondo presente “ol-tre il confine della propria pelle” e contempora-neamente ristruttura il Sé, la percezione delproprio corpo.La complessità dei fattori scesi in campo nelgruppo di danzamovimentoterapia nell’ideazio-ne, organizzazione e realizzazione di tale rap-presentazione multimediale ha delineato uncongruo spazio di elaborazione dell’esperienzasu più piani per l’integrazione delle implicazioniemozionali.

    Cristina Lugli - Danzamovimentoterapeuta APID, Titolare ArServizi Carpi (Mo); Umberto Stefano Benatti - Artista multimediale, Collaboratore ArServizi Carpi (MO)

    Immagini tratte da “Corporecluso”

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  • CRISTINA LUGLI, UMBERTO STEFANO BENATTI

    Il marchio DMT GROUP ■La nuova proposta 2007/2008 “Arti in carcere,prospettive di un linguaggio condiviso” è figliadel precedente progetto “Prendere P’Arte” e,come tutti i figli, conserva alcuni tratti somaticidel genitore anche se è caratterizzata da un’i-dentità propria.La struttura portante è costituita dagli interventi diDMT (danzamovimentoterapia) e di AT (arte tera-pia) rivolti rispettivamente alle detenute della sezio-ne femminile e ai detenuti della sezione maschile.

    Una significativa novità relativa al modulo didanzamovimentoterapia è l’inserimento nel pro-getto, sempre condotto dalla danzamovimento-terapeuta C. Lugli, di una parte relativa alla pro-duzione di un marchio di abbigliamento (DMTGROUP) alla cui progettazione, ideazione eproduzione verranno coinvolte le detenute dellasezione femminile. Tale momento rappresentaun’integrazione, un completamento e pure unafinalizzazione opportuna del training stesso diDMT. Si darà la possibilità alle detenute di vede-re concretizzato e divulgato all’esterno il proprioimpegno con il coinvolgimento di professionalitàdirettamente provenienti dal mondo del lavoro.La scelta di produrre un marchio d’abbiglia-mento per danzare viene così a motivare la vo-lontà del gruppo di DMT di creare abiti in cui ilcorpo in movimento possa abitare e ri-conoscer-si. Per tale motivo il marchio e la produzionestessa non assumeranno carattere tipicamentecommerciale ma il processo creativo espresso edelaborato nel gruppo e le sue implicazioni sulpiano emotivo e cognitivo diverranno punto no-dale del lavoro di danzamovimentoterapia nellesue finalità rieducative e terapeutiche.

    Il prodotto uscirà dalla sua caratteristica preva-lentemente industriale, divenendo invenzionecoreografica nella sua presentazione; i processisimbolici che entreranno in gioco e il modo incui il movimento corporeo potrà veicolarli in unpercorso di ricostruzione personale, relazione ereciprocità saranno elementi di possibile effica-cia terapeutica dell’esperienza.Il laboratorio di danzamovimentoterapia vedel’intervento della danzamovimentoterapeuta in-sieme all’artista e alla stilista per la progettazionee la realizzazione dei campionari e la prepara-zione del materiale divulgativo. Operatore e stili-sta proseguiranno all’esterno il lavoro di suppor-to: terranno il contatto con i collaboratori esternie le scuole del territorio che si impegneranno nelmarketing e nello stilismo attraverso successiviinterventi diretti nelle classi svolti in orario curri-colare e con il coinvolgimento degli insegnanti. I Dirigenti scolastici stessi offriranno sostegnoall’iniziativa organizzando incontri ed assem-blee relative al progetto finalizzate al coinvolgi-mento di tutti gli studenti.

    Il Corpo abi(ta)toL’esperienza di danzamovimentoterapeuta nella sezione femminiledella casa Circondariale S. Anna di Modena

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    Marchio DMT GROUP ®

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  • L’elaborato artistico “Abitanti” ■realizzato dal gruppo di danzamovimentoterapiadella sezione femminile condotto da C. Lugli incollaborazione con U.S. BenattiIl gruppo di danzamovimentoterapia della se-zione femminile ha creato e presentato allamostra “Spazio Libero”, svoltasi nel maggiodel 2007, l’elaborato artistico “Abitanti”, ope-ra interattiva, luogo, spazio comune nel qualeil gesto creativo sulla materia potesse donarealla fissità dell’abito neutro un ritmo, ove sipotessero fondere numerosi elementi eteroge-nei in un’unità inusuale che mutasse la rigiditàdell’abito, grazie all’intensità dei movimenti.Il pubblico aveva a disposizione materiali (colo-ri, accessori, ritagli di tessuto, ecc.) sui quali e at-traverso i quali lasciare traccia del proprio pas-saggio creando un nuovo habitat.L’opera, divenuta pertanto momento di rela-zione e condivisione, sarà parte del processo diproduzione della Linea DMT GROUP® (chele ragazze della sezione realizzeranno nel 2008);si trasformerà pertanto in abitazione comune espazio sociale condiviso nel quale riconoscersicome “abitanti”.

    Immagini tratte da “Abitanti”

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  • CRISTINA LUGLI, UMBERTO STEFANO BENATTI

    Centro Educativodi Formazione e Documentazionesulle Arti ed Arti Terapie ■ArServizi si avvale della collaborazione di nu-merosi esperti che operano con diverse compe-tenze in differenti aree, da quella educativa epsico-pedagogica a quella artistica, artigianale eprofessionale.ArServizi promuove le Arti come modalitàespressive in campo educativo, rieducativo,riabilitativo, terapeutico e culturale secondole modalità dei diversi linguaggi espressivi perrispondere ai bisogni emergenti in ambito so-ciale, con particolare attenzione a soggetti incondizioni di disagio, avvalendosi esclusiva-mente di operatori qualificati, formati pressoscuole riconosciute dalle associazioni nazio-nali di categoria (APID, APIART, AIM,CONFIAM).L’attività del Centro è volta inoltre a valorizzarei diversi aspetti di ricerca delle arti, delle arti te-

    rapie, dei mezzi espressivi legati ai nuovi lin-guaggi artistici (audiovisivo, informatico, cine-matografico, musicale, teatrale, ecc.). e delle te-rapie espressive per la prevenzione del disagio,anche attraverso il confronto con progetti attua-ti nelle varie regioni d’Italia.ArServizi propone attività di progettazionerelativa alle arti, arti terapie, didattica del-l’arte e della musica, divulgazione estetica;corsi d’aggiornamento e formazione per in-segnanti, operatori, educatori, genitori; la-boratori espressivi indirizzati a piccoli grup-pi o a gruppi appartenenti alle varie fasced’utenza; interventi e relazioni per il coordi-namento di attività formative in collabora-zione con scuole, con servizi sanitari, istitu-zioni, associazioni e gruppi strutturati,nonché iniziative d’aggiornamento, di pro-mozione culturale (eventi, convegni, giorna-te di studio, rif lessione e approfondimento)ed editoriale (pubblicazioni). ■

    Il Corpo abi(ta)toL’esperienza di danzamovimentoterapeuta nella sezione femminiledella casa Circondariale S. Anna di Modena

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  • Premessa metodologica ■Il disegno speculare progressivo terapeutico(DSPT) del dott. Peciccia e del dott. Benedetti(1995) costituisce una metodologia psicoterapeuti-ca che utilizza il medium grafico pittorico. Essoconsiste nella realizzazione iniziale di due disegniliberi, uno da parte del paziente e l’altro da partedel terapeuta. A questo punto paziente e terapeutasi scambiano i disegni e, ponendo un foglio traspa-rente sopra, ricalcanoil disegno ricevuto, ef-fettuando una o piùmodifiche. Paziente eterapeuta continuanoa scambiarsi i disegni ea ricalcarli, effettuandouna o più modifiche, per tutta la seduta, che ha ladurata di un’ora. Alla fine della seduta si avrannodue sequenze di disegni, una a partenza dal dise-gno del paziente e una a partenza dal disegno delterapeuta. Nelle sedute successive la metodologia èanaloga: paziente e terapeuta possono scegliere diriprendere dal disegno dell’ultima seduta o realiz-zare un disegno nuovo. Ogni sequenza, sia quellaintraseduta, che quella che comprende più sedute,propone la storia dell’interazione grafica paziente-terapeuta. Tale interazione grafica può essere vistaanche come il riflesso della relazione terapeuta-pa-ziente. Le modifiche, a volte involontarie, apporta-te progressivamente ai disegni, possono essere con-siderate a tutti gli effetti come azioni transferali econtrotransferali di tipo grafico. Il terapeuta, mo-dificando un particolare del disegno, può realizza-re un’interpretazione di transfert, utilizzando uncanale diverso rispetto a quello acustico-verbale,appunto quello grafico-pittorico.Tale metodologia psicoterapeutica, utilizzabile

    con pazienti affetti da patologie diverse, che ov-viamente abbiano una funzionalità integra degliarti superiori, è particolarmente indicata perpersone affette da patologie che comprometto-no la verbalizzazione come sono appunto le psi-cosi (sia nella fase autistica, che produttiva).Quando utilizzata con pazienti affetti da patolo-gie che non compromettono la parola, è possibi-le riservare all’interno di ogni seduta o dopo al-

    cune sedute unospazio di rif lessioneverbale, dove pazien-te e terapeuta posso-no condividere inten-zioni grafiche esignificati associati a

    forme e figure. È possibile inoltre, per procederesu un doppio canale che possa servire da confer-ma del livello grafico-pittorico, dare un titolo adogni disegno.Oltre che in forma diadica tale procedurapuò essere realizzata in gruppo - DisegnoSpeculare Progressivo Terapeutico di Gruppo(DSPTG) - dove alla trasformazione graficadel disegno di ciascuno partecipa progressiva-mente tutto il gruppo: si creano alla fine se-quenze rappresentative dell’interazione grafi-co-relazionale di gruppo. Ne risulterà insostanza la testimonianza grafica delle dina-miche transferali orizzontali e verticali pre-senti nel gruppo (Catanzaro, 2004).Nel caso clinico che presenteremo, riportiamoun’interazione triadica: il setting prevede incontridi un’ora e la presenza del terapeuta, del pazientee di una tirocinante. La procedura di scambio deiprodotti grafico-pittorici, che segue quella delDSPTG, è illustrata nella figura 1, 2 e 3.

    Il disegno speculare progressivonella cura di un paziente con sordità secondaria

    Psichiatra, Psicoterapeuta, Coordinatore Servizio di Psiconcologia Dipartimento di Perugia PAOLO CATANZARO 11

    IL TERAPEUTA, MODIFICANDO UN PARTICOLARE DELDISEGNO, PUÒ REALIZZARE UN’INTERPRETAZIONEDI TRANSFERT, UTILIZZANDO UN CANALE DIVERSORISPETTO A QUELLO ACUSTICO-VERBALE, APPUNTOQUELLO GRAFICO-PITTORICO.

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  • PAOLO CATANZARO

    Il caso clinico del sig. F ■Il sig. F. (32 anni), affetto da sordità bilateralecompleta, disartria e zoppia secondarie adasportazione chirurgica di neoplasie cerebralimultiple (meningioma e neurinoma), giunge alServizio di Psiconcologia Dipartimentale di Pe-rugia per una sindrome distimica. Il padre di F.,che accompagna il figlio dice: “Ci sono dei gior-ni in cui è di umore nero, gli viene da piangere enon ha voglia di fare niente”.F., nonostante le sue condizioni, continua a la-vorare come operaio specializzato e dopo il la-voro “chatta”. Il padre è preoccupato per ciòche gli appare come un “vizio che lo isola”.Prima della malattia F. era fidanzato e aveva co-me hobby la musica: gli piaceva suonare e com-porre brani musicali.Prende numerosi farmaci: anticonvulsivanti,cortisonici e, nel periodo perioperatorio, ancheantibiotici e per tale polifarmacoterapia dice

    francamente di non voler assumere psicofarmaci.Al momento della consultazione sono in pro-gramma altri interventi chirurgici ed il sig. F. ri-chiede un supporto psicologico anche per affron-tare con più energie tali trattamenti invasivi. Dalmomento che F. comunque si relaziona con glialtri attraverso il PC (personal computer) ed es-sendo presente in anamnesi un’attività creativa(la musica), si decide di realizzare un interventopsicoterapeutico a mediazione artistica con fre-quenza settimanale tramite il DSPTG. Nel set-ting, come precedentemente detto, sono presentiil paziente, il terapeuta e una tirocinante.Descriveremo in questo lavoro quanto avvenutoin una seduta particolarmente significativa, av-venuta dopo circa 3 mesi di lavoro, consideran-do la sequenza di disegni a partenza controtran-sferale, cioè che si sono sviluppati a partire daldisegno eseguito dal terapeuta.F. arriva, come sempre accompagnato dal pa-

    Il disegno speculare progressivonella cura di un paziente con sordità secondaria

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    Fig. 1: Situazione iniziale Fig. 2: Scambio disegni Fig. 3: Modifica disegni

    T = terapeuta t = tirocinante P = paziente

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  • dre, dopo 3 settimane di sospensione legata adun nuovo intervento chirurgico cerebrale. Sipresenta con un notevole aggravamento dell’a-simmetria facciale: la rima boccale è deviata,nell’angolo destro della bocca si deposita e scolaun po’ di saliva, l’occhio sinistro è spalancato conimpossibilità a chiudere la palpebra, l’articola-zione della parola ancora più compromessa. Lafantasia che il terapeuta ha è quella di trovarsi difronte ad un essere informe.La triade comincia a disegnare, effettuandoognuno un nuovo disegno: il terapeuta disegnaproprio l’essere informe (l’immagine-sensazioneche aveva vissuto nel rivedere il paziente dopol’ultimo intervento chirurgico). Nel disegno (fig.4) è possibile individuare 4 elementi: un sole, unafalce di luna con una stella e “l’essere informe”(una figura umanoide deformata).

    Mentre il terapeuta disegna, attribuisce men-talmente ai quattro elementi un significato: laluna e la stella rappresentano la tirocinante; ilsole, il terapeuta e l’essere informe, il paziente.L’emozione che prova il terapeuta è di penanei confronti di F. che presenta una condizione

    fisica che si fa fatica a guardare. Alla fine deldisegno il terapeuta, notando che l’informe sitrova tra la stella e la luna da una parte e il so-le dall’altra, scrive il seguente titolo dietro alfoglio: “Luna-stella e sole comprendono l’infor-me”. Tale frase nelle intenzioni del terapeutavoleva trasmettere al sig. F. la vicinanza affetti-va sua e della tirocinante e il tentativo di com-prenderlo anche nella condizione fisica pre-sentata.

    Il sig. F, ricalcando il disegno, apporta le se-guenti modifiche (vedi fig. 5): aggiunge il mare,toglie i raggi al sole, che diventa più pallido, po-ne la luna, svuotata di colore, sotto la stella (cheda blu diventa gialla, più stilizzata e irregolare).Dietro al foglio scrive il seguente titolo: “C’è an-che il mare”.

    Ecco le interpretazioni silenziose (Chiozza, 1994)che il terapeuta dà del disegno: l’aver tolto i raggie impallidito il simbolo maschile del sole è statovisto come un tentativo del paziente di tenere amaggiore distanza il padre, con il suo stargli ad-dosso e le sue apprensioni. In effetti F. è sempre

    Fig. 4: Luna-stella e sole comprendono l’informe Fig. 5: C’è anche il mare

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  • PAOLO CATANZARO

    accompagnato dal padre, che spesso parla alposto suo e non solo per aiutarlo ad esprimersi:c’è anche un po’ di invadenza. Ricordiamoinoltre che il sole era stato investito anche dellacarica del terapeuta, come se anche il terapeutadovesse fare i conti con quell’invadenza inter-pretativa che a volte propone affetti troppo in-tensi. Il terapeuta ripensa con un certo senso dicolpa alla sgradevole emozione provata alla vi-sta del paziente e alla sua riproposizione in ter-mini di “informe” sia tramite il medium grafi-co-pittorico, che tramite quello del titolo scritto.Il mare allora diventa l’elemento capace dismorzare i forti toni emotivi, di rinfrescare ilpaziente e la relazione terapeutica dal forte ca-lore emotivo: l’azzurro del mare si trova anchedentro l’informe. L’informe figura fatta dal pa-ziente sembra girare le spalle al sole-terapeuta,per rivolgersi alla luna. Un altro elemento checattura l’attenzione del terapeuta è la stella che,per la sua forma irregolare (una sorta di stellainforme), viene silenziosamente interpretata co-me un altro simbolo del paziente. È interessan-te notare come la stella sembra contenuta dallaluna che, con la sua forma, sembra un culla perla stella. La luna come sappiamo è simbolofemminile e materno (Jung, 1965). Al terapeutasembra che il paziente ricercasse un oggetto in-terno materno buono in grado di accoglierlo,nonostante i suoi vuoti interni (la linea curvagialla delinea una luna, bianca al suo interno).Ricordiamo ancora come, nella mente del tera-peuta, fosse stata proiettata sulla luna la figuradella tirocinante donna, con l’intento di com-prendere, spazialmente nel disegno e affettiva-mente nella relazione, insieme al sole-terapeu-ta, l’informe sig. F. In una seduta successiva

    emergerà, in effetti, una figura materna soffe-rente da anni di “depressione”. Per tale motivosia padre che figlio hanno cercato sempre dicompiacerla, tollerando le sue richieste “assil-lanti”, di starle vicino, di non lasciarla sola, dipermetterle di ordinare la camera del figlio F.come pareva a lei, ecc. Lo stesso F. ci scrive:“Mia madre non la si può contraddire, non mi ciposso arrabbiare, anche se a volte mi verrebbe darompere tutto...altrimenti la sua depressione peg-giora e poi è ancora peggio. Anche mio padre cer-ca sempre di accontentarla.” Al momento dellasequenza dei disegni considerati non eravamoancora a conoscenza di questa coartazione del-l’identità a cui il sig. F. si sottoponeva e non po-tevamo correlare pertanto la figura informe(sgradevolmente indefinita), riflesso del corpodevastato, alla molle e cedevole identità del pa-ziente. Nonostante questo nel disegno ricalcatodalla tirocinate (fig. 6) assistiamo all’esplosionedella figura informe.

    La stessa tirocinante intitola il disegno: “Esplosio-ne di colore” che, dopo l’esternazione di F., è pos-sibile interpretare in duplice modo: come ag-

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    Fig. 6: Esplosione di colore

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  • gressione contro il proprio corpo, su cui il pa-ziente ha evacuato la rabbia nei confronti dellasituazione familiare (una madre che non consen-te al paziente di esistere e un padre incapace didifendere il figlio e di contenere la moglie); la ne-cessità di rompere e trasformare l’identità infor-me. Nel disegno troviamo inoltre la luna inclusanel sole tornato raggiante: simbolo sia di un pa-dre che si auspica riesca a contenere la moglie,che di un terapeuta che contenga la tirocinante.Il disegno infine propone alcune stelle, che, co-me abbiamo detto, possono essere interpretatecome sdoppiamenti del paziente: una contenutanel sole, tre disposte sul bordo e tre fuori dal cer-chio solare. Questa disposizione stellare suonacome un invito al paziente affinché provi a vive-re prevalentemente al di fuori delle complesse epatogene dinamiche familiari.Nell’ultimo disegno (fig. 7) il terapeuta ricuce lelinee spezzate “dall’esplosione” ricostruendo unanuova immagine: Snoopy. Nel disegno il cane ènutrito dai raggi del sole che contiene la luna.

    La luna e il sole sono entrambi pienamente colo-rati e le stelle rimangono nella stessa disposizio-

    ne. Possiamo fornire a questo disegno la seguen-te interpretazione: il sole-terapeuta, la luna-tiro-cinate e le stelle-paziente insieme nutrono F.,dandogli una nuova forma. L’essere informe èdiventato Snoopy. È lo stesso F. che nel vedere ildisegno abbozza, per la prima volta da quandolo conosciamo, un sorriso e ci scrive: “la figurainforme è diventata il simpatico cagnolinoSnoopy”. A questo punto F., tirocinante e tera-peuta condividono una simile simpatia per loSnoopy-paziente. Tale simpatia per lo Snoopy-paziente, se per terapeuta e tirocinante testimo-nia la nascita di un’immagine rinnovata e positi-va nei confronti di F., per il paziente. rappresentauna premessa perché possa sviluppare e nutrireun’immagine e un sentimento positivi per se stes-so. D’altro canto, prima che si possa produrre uncambiamento nel modo di vedersi e di sentirsidel paziente, deve nascere una nuova immaginedi lui dentro al terapeuta: il terapeuta trasformail suo oggetto interno paziente (Searles, 1965). Ilterapeuta diventa per il paziente un oggetto-sé,capace di confortarlo e convalidarlo in alcunesue qualità, come ad esempio quelle della tene-rezza e simpatia (Kohut, 1984). Il sorriso di F.sembra quindi preludere all’auspicabile trasfor-mazione del suo Sé, inteso come totalità di rap-presentazioni del Sé in intima connessione conla totalità di rappresentazioni oggettuali (Kern-berg, 1984).

    Conclusioni ■In tale lavoro abbiamo dimostrato come si pos-sa realizzare un percorso psicoterapeutico attra-verso strumenti diversi dalla parola, cioè tramiteil medium grafico-pittorico e particolarmenteattraverso il DSPG e, in alcuni casi, la scrittura.

    Fig. 7: Snoopy

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    Nei disegni rimane traccia degli elementi trans-ferali e controtransferali, di come essi si trasfor-mino interagendo: alcuni simboli sono riferibilial paziente, altri al terapeuta; è possibile notarecome tali simboli dialoghino, disegno dopo di-segno, tra loro; si può individuare dove essi siuniscano, a volte fondendosi in una nuova for-ma, a costituire il soggetto transizionale, quel-l’immagine cioè trasformatrice che contieneparti del Sè del paziente e parti del Sè del tera-peuta (Benedetti, 1991).Attraverso questa metodologia il lavoro inter-pretativo è di tipo indiretto (Chiozza, 1994) odebole, insaturo, narrativo secondo Ferro(1993), utilizzando e muovendo i simboli dise-gnati, risparmiando a paziente e terapeutauna certa quota di disagio nel dire e nel sentir-si dire. Sarebbe stato veramente arduo e inde-licato per il terapeuta dire al paziente: “dopol’ultimo intervento neurochirurgico lei misembra un essere informe”. Sarebbe stato al-

    trettanto duro per il paziente sentirselo dire,anche nel caso in cui egli si fosse portato den-tro di sè questo pensiero, pesante come unmacigno. Diventa, invece - attraverso il sim-bolo grafico-pittorico che, allo stesso tempo,vela e svela e che muta grazie agli interventitrasformatrici degli attori del DSPG - possibilenon solo dirlo, ma anche scoprirne gradata-mente il senso e, così, contenerlo.Sebbene il percorso psicoterapeutico realizzatotramite il DSP o il DSPG può essere metodolo-gia di elezione nella psicoterapia del profondodi persone con deficit neurosensoriali di tipofonico-acustico, riteniamo che tale metodolo-gia possa essere intrapresa anche in quelle si-tuazioni cliniche ed esistenziali in cui sia diffi-cile comunicare contenuti delicati ad altatensione emotiva. ■

    Il disegno speculare progressivonella cura di un paziente con sordità secondaria

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  • Le presenti riflessioni prendono spunto dal labo-ratorio condotto all’interno del convegno “Iden-tità Dinamica delle Artiterapie” (Assisi, 2007). Intale contesto abbiamo esplorato il tema dell’im-provvisazione nel processo creativo all’internodei setting dell’arte terapia e della danza movi-mento terapia a orientamento psicodinamico.Tale orientamento è centrato sulle dinamiche in-trapsichiche e relazionali che si attivano attraver-so l’utilizzo dei materiali pittorici e del movimen-to nel contesto della relazione terapeutica.Il modello teorico-metodologico di riferimento traele sue origini negli anniQuaranta dall’opera diM. Naumburg, AT (Ar-teterapeuta) e M. Chase,DMT (Danzamovimen-toterapeuta), per poi svi-lupparsi nei più recentiambiti delle psicoterapieespressive grazie agli apporti di A. Robbins e J. Ke-stenberg. Tale modello si focalizza sul processo creati-vo, inteso come quell’insieme di processi psichici, cor-porei, emotivi che si attivano mentre la persona crea.Nel contesto protetto della stanza di terapia, l’im-provvisazione ha la funzione di attivare e nutrireil processo creativo, facilitando la creazione dinessi tra il fare, il sentire e il pensare. Improvvisa-re è sperimentare attivando connessioni internetra corpo, emozioni e pensieri, è accedere a unadimensione pre-verbale dell’esperienza, dove i si-gnificati sono molteplici e non più univoci. L’im-provvisazione così intesa, implica l’accesso ad unassetto interno non-giudicante e non-interpre-tante, aperto ad accogliere ciò che accade, a sen-tirlo, a vederlo da punti di vista diversi.Milner (1960) parla di “consapevolezza interna

    corporea” per riferirsi a tale assetto, fondamentaleaffinché il processo creativo possa avere luogo, con-sapevolezza che rientra nell’area “pre-verbale” del-l’esperienza e che trae le sue origini dall’interio-rizzazione della relazione materna primaria.Nel laboratorio abbiamo guidato i partecipanti inuna serie di esperienze con il movimento del corpoe con i materiali artistici, affinchè tale consapevo-lezza corporea potesse essere sentita e sperimenta-ta. Essa è anche alla base di una “buona” relazioneterapeutica, in quanto il suo raggiungimento costi-tuisce un obiettivo per il paziente e un prerequisito

    per il terapeuta: è l’atteg-giamento necessario alterapeuta per poter com-prendere il paziente.Abbiamo scelto di darerilievo al lavoro sull’at-tenzione corporea, inconsiderazione del fatto

    che la maggior parte delle persone che vi hannopartecipato sono terapeuti professionisti o in for-mazione, ossia persone che quotidianamente,nella loro professione o nel loro training, “lavora-no” affinché il proprio assetto interno riesca acontenere il paziente e venga infine dallo stessointeriorizzato. L’improvvisazione può contribuirealla costituzione di tale spazio interno in quantofacilita l’accesso all’area pre-verbale dell’esperien-za, dove sono attivi molteplici canali sensoriali edove la percezione dell’esperienza è di tipo “amo-dale” (Stern, 1985), ossia aperta a cogliere le con-nessioni tra modalità percettive diverse.Affinché l’improvvisazione sia possibile è neces-sario che avvenga all’interno di un contenitoreche protegga e definisca regole e confini. Comedice Winnicott, il gesto pittorico spontaneo può

    IMPROVVISARE È SPERIMENTARE ATTIVANDOCONNESSIONI INTERNE TRA CORPO, EMOZIONIE PENSIERI, È ACCEDERE A UNA DIMENSIONE PRE-VERBALE DELL’ESPERIENZA, DOVE I SIGNIFICATISONO MOLTEPLICI E NON PIÙ UNIVOCI.

    Il ruolo dell’improvvisazione nel processo creativo:laboratorio interattivo di arte e danza movimento terapia a orientamento psicodinamico

    Elisabetta Colace - Danza Movimento Terapeuta ATI-APID; Marzia Menzani - Psicologa, Arteterapeura ATI-APIArT ELISABETTA COLACE, MARZIA MENZANI 17

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  • Il ruolo dell’improvvisazione nel processo creativo:laboratorio interattivo di arte e danza movimento terapia a orientamento psicodinamico

    ELISABETTA COLACE, MARZIA MENZANI18aver luogo solo se c’è uno spazio dai confini defi-niti in grado di accoglierlo; ci si può permetteredi rischiare la libertà del gesto nella misura in cui c’è un foglio, i cui margini danno sicurezza (cit.in Davis e Wallbridge, 1981).

    Lo stesso concetto è espresso dal danzatore bu-toh Masaky Iwana, quando parla dei limiti e del-le regole necessari a far emergere una danza li-bera (Masaky, 1991).Durante il laboratorio, nell’arte sono stati i con-fini del foglio e l’offerta di alcuni materiali arti-stici ad offrire lo spazio necessario all’improvvi-sazione; nella danza tale funzione è stata svoltada alcuni elementi della Laban MovementAnalysis negli approfondimenti di Peggy Hack-ney (Hackney, 2002).Ognuno è partito da un proprio canale privile-giato per creare: chi dalle emozioni, chi daun’immagine visiva interna, chi da un’ideaprogettuale, chi da stimoli cinestesici, chi dastimoli esterni dati dai materiali a disposizione(colori, stoffe, supporti). L’attenzione è stataposta inizialmente sull’ascolto e sull’esplorazio-ne di tale canale di partenza, diverso per ognu-

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  • no, per provare a sentirne le qualità e a speri-mentarne le possibilità espressive. Ciascun ca-nale di partenza è importante in quanto ci par-la di un peculiare modo di rapportarsi a sestessi e agli altri; i partecipanti sono stati ac-compagnati a riconoscere, attraverso giochi diamplificazione, di focalizzazione, di sperimen-tazione delle polarità, le valenze simbolichepersonali del canale prescelto. Sono stati guida-ti poi a sperimentare l’utilizzo di nuovi canali ele connessioni tra questi, sia a livello individualeche attraverso la relazione con gli altri.Nella verbalizzazione finale da parte dei parte-cipanti, è emerso come il laboratorio abbia con-sentito l’accesso ad uno spazio interno non-giu-dicante e aperto al ‘qui ed ora’ dell’esperienza,consentendo l’attivazione di connessioni tra ilfare, il sentire, il pensare, tra il livello pre-verba-le e quello simbolico dell’esperienza.

    Coltivare l’esercizio dell’improvvisazione al difuori della stanza di terapia può essere, per unterapeuta, funzionale allo sviluppo di un assettointerno flessibile, pronto ad accogliere le diversemodalità espressive e relazionali del paziente. ■

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  • MICHELE DAGHERO Arteterapeuta, socio APIART20Premessa ■Le cure palliative si sono sviluppate negli ultimidecenni in numerosi paesi e anche in Italia perrispondere alle esigenze delle persone con gravimalattie in fase avanzata e per le quali la guari-gione non è più realisticamente prevedibile dal-la conoscenza medica. L’esperienza della malat-tia grave a prognosi infausta e della faseterminale della vita ha implicazioni emozionalimolto intense che ne rendono particolarmentedifficile la verbalizzazione. La possibilità di co-municare in modo non verbale con il disegno, lascrittura, la pittura, il modellaggio plastico o al-tro facilita l’espressione, l’accettazione e la ela-borazione dei significati personali anche in que-ste circostanze. Nellarelazione viene definitoun “approccio relazio-nale e contestuale” perfavorire l’espressione,l’accettazione e la elabo-razione dei sentimenti diperdita, rabbia, negazio-ne, depressione, disidentità, conseguenti all’e-sperienza della malattia grave e terminale, at-traverso attività di arteterapia sviluppate con unapproccio umanistico-esistenziale “centrato sul-la persona”.

    L’esperienza della malattia gravein fase avanzata ■La presenza di una malattia grave, in modo par-ticolare di una malattia grave a decorso progres-sivo, comporta nella vita di una persona e dellasua famiglia, cambiamenti spesso radicali nellaquotidianità della loro esistenza. Aspetti partico-larmente significativi che si possono presentare in

    queste circostanze riguardano limitazioni o per-dita del ruolo sociale e familiare svolto preceden-temente, riduzione o perdita dell’autonomia fisi-ca, timori e incognite per il proprio futuro e perquello dei familiari, dolore e sofferenza fisica, psi-cologica e spirituale. Gli esami diagnostici, le cu-re, i ricoveri ospedalieri, caratterizzano il tempotrascorso dalla persona ammalata. La qualitàdella vita inevitabilmente diminuisce. I sentimen-ti e le emozioni conseguenti all’intensità e allacomplessità dell’esperienza della malattia, cosìcome viene interiormente vissuta da ciascuno, ri-mangono il più delle volte inespressi.Molte gravi sintomatologie che caratterizzano lemalattie degenerative negli stadi avanzati posso-

    no essere notevolmenteattenuate con l’assistenzamedica e infermieristicaimprontate alle cure pal-liative mentre le proble-matiche relative alla ver-balizzazione (necessariaad una terapia psicologi-

    ca o al counseling) possono essere talvolta un dif-ficile ostacolo da superare.L’arteterapia e il counseling espressivo possonoconsentire ai malati di comunicare pensieri,emozioni e stati d’animo in modo non verbale.Attraverso il disegno, la pittura e la scrittura,o modellando con l’argilla in un ambiente re-lazionale accogliente è possibile favorire l’ac-cettazione e la trasformazione dello statoemozionale: i sentimenti di perdita, di colleraper ciò che è giunto inaspettato e il disorien-tamento conseguente possono trovare non so-lo espressione ma anche percorsi di elabora-zione personale.

    MOLTE GRAVI SINTOMATOLOGIE CHECARATTERIZZANO LE MALATTIE DEGENERATIVENEGLI STADI AVANZATI POSSONO ESSERENOTEVOLMENTE ATTENUATE CON L’ASSISTENZAMEDICA E INFERMIERISTICA IMPRONTATEALLE CURE PALLIATIVE

    Arteterapia nelle cure palliative.Un approccio umanistico esistenziale “centrato sulla persona”

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  • Elaborazione teoricae pratica arteterapeutica ■Intervistando pazienti nella fase terminale dellavita la psichiatra Elizabeth Kubler Ross ha evi-denziato l’evoluzione emozionale che si manifestain questi soggetti quando sono accompagnati conuna relazione comprensiva: negazione, increduli-tà, rabbia, depressione e accettazione.In termini più generali Carl Rogers (1970), nel de-scrivere il processo di counseling e di terapia cen-trati sulla persona, ha sottolineato - e verificato conricerche empiriche - l’importanza di riconoscere eaccettare da parte del con-sulente le diverse connota-zioni emozionali dei clientiaffinchè questi possano ac-cettare ed elaborare la loroesperienza. Per la riorga-nizzazione psicologica nelle situazioni di disorga-nizzazione l’approccio centrato sulla persona fariferimento alla motivazione intrinseca, espressio-ne della tendenza attualizzante e formativa consi-derate presenti, anche se talvolta latenti, in ogni in-dividuo. Le “componenti per una relazione diaiuto efficace”, che agevolano insieme alla riorga-nizzazione cognitiva il processo emozionale ri-guardano la comprensione empatica, la considera-zione positiva e positiva incondizionata provate dalconsulente verso l’utente/cliente, la congruenza delconsulente. Nell’attività arteterapeutica questecomponenti sono manifestate dal conduttore/arte-terapeuta per offrire agli utenti le possibilità espres-sive che, nella situazione data, consentono a cia-scuno di effettuare la scelta della forma espressivapiù rispondente - disegno, scrittura, pittura, mo-dellaggio - in un clima relazionale accogliente e ac-cettante, attraverso la facilitazione per la realizza-

    zione dell’opera più che con la sua interpretazione;l’approccio umanistico-esistenziale pone in primopiano gli aspetti individuali e personali degli utentimantenendo le diagnosi sullo sfondo (Daghero,2005). La funzione di regolazione del processoemozionale attraverso l’arteterapia e la scelta dellaforma espressiva è stata anche evidenziata in mo-do particolare da Pio Ricci Bitti (1997).L’efficacia delle attività espressive ed artistichenelle relazioni di aiuto nelle Cure palliative è cor-relata a diversi fattori quali la comunicazioneanalogica e metaforica dei significati e delle espe-

    rienze individuali, al fareancora possibile, partico-larmente quando la rispo-sta personale alla malattiasembra porre in una con-dizione di passività; con la

    forma artistica spesso si rende ancora possibilefavorire l’emergere originale e creativo di sè an-che in questi momenti della vita.

    Studi e ricerche ■Diversi studi e ricerche hanno evidenziato i se-guenti possibili effetti dell’arteterapia nelle curepalliative:- soddisfazione e piacere in relazione alle due

    componenti dell’attività: diversiva e generatri-ce di significato (Shaw e Wilkinson, 1996);

    - aumento della soglia del dolore (Thomas,2001);

    - la malattia grave riduce o annulla la speranza.Con l’arteterapia è possibile aumentare lasperanza di avere nuove opportunità e di rag-giungere mete personali, anche in prossimitàdella fine della vita (Aldridge, 1993).

    Mi sembra inoltre particolarmente significativo

    L’EFFICACIA DELLE ATTIVITÀ ESPRESSIVEED ARTISTICHE NELLE RELAZIONI DI AIUTONELLE CURE PALLIATIVEÈ CORRELATA A DIVERSI FATTORI

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  • MICHELE DAGHERO

    Arteterapia nelle cure palliative.Un approccio umanistico esistenziale “centrato sulla persona”

    22osservare che anche alcuni studi di psiconeu-roimmunologia hanno rilevato come l’espres-sione artistica, non solo nelle cure palliative, fa-vorendo il cambiamento emozionale, puòmigliorare la circolazione neuropeptidica; in-sieme agli effetti antalgici per l’aumento delleendorfine autoprodotte, si può manifestare unamaggiore resistenza dell’organismo alla malat-tia (Pert, 2000).Una ricerca realizzata da Cinthia Kennet (2000),responsabile del Day Center del St. ChristopherHospice di Londra, sull’esperienza degli utentipartecipanti alle attività artistico espressive orga-nizzate secondo gli orientamenti di C. Rogers eA. Maslow, attraverso le interviste effettuate, siaagli utenti che ai tutor, ha evidenziato, da partedegli utenti:- piacere, entusiasmo, eccitazione;- orgoglio accompagnato dal desiderio di pro-

    durre il miglior lavoro possibile;

    - sorpresa per la qualità del lavoro;- raggiungimento, acquisizione di nuove ca-

    pacità;- senso dello scopo e incentivo a conseguire un

    obiettivo;- competizione;- considerazione per l’aiuto reciproco e condi-

    visione di abilità con altri.

    I contesti applicativi delle attivitàartistico espressive e di arteterapianella cure palliative ■Nel suo articolo Cinthia Kennet considera trearee di applicazione delle attività artisticoespressive nelle cure palliative:- abbellimento degli ambienti fisici dove sono

    applicate le cure.- partecipazione degli utenti ad attività artisti-

    co-espressive tenute da artisti professionisti.- arteterapia condotta da un arteterapeuta.

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  • I setting nei quali l’arteterapia può essere utiliz-zata nelle cure palliative, considerando diverseesperienze già effettuate sia in Italia che in altripaesi, possono a mio avviso comprendere:- atelier per le attività artistico espressive e di

    arteterapia in hospice, ospedale, rsa in am-biente dedicato e/o incontri individuali di ar-teterapia al letto o nella stanza del paziente.

    - atelier per le attività artistico espressive e diarteterapia in day center per i pazienti e,eventualmente, per i familiari che hanno par-ticolari difficoltà nella fase del lutto.

    - nel contesto dell’assistenza domiciliare nellarelazione individuale con il paziente e talvoltacon la partecipazione di uno o più familiari.

    Nella formazione degli operatori le sessioni diarteterapia contribuiscono alla prevenzione delburn out rappresentando uno spazio di ascolto,di espressione e di comunicazione prevalente-

    mente non verbale. Contestualmente consento-no ai partecipanti di recepire alcune modalità dilettura dei prodotti realizzati dai pazienti nelleattività artistico espressive e di arteterapia infunzione della valutazione interdisciplinare deiprogrammi sanitari e assistenziali delle èquipes(anche nella cornice della medicina basata sul-l’evidenza). ■

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  • Tra corpo e cultura:la danzamovimentoterapia come mediazione simbolica.Per una pedagogia e una didattica dell’attività motoria.

    ALBA G.A. NACCARI Ricercatrice in Pedagogia Generale e Sociale c/o la Facoltà di Scienze Motorie dello IUSM a Roma, DanzamovimentoterapeutaUn’esperienza di laboratoriopedagogico-didattico ■Le presenti riflessioni prendono spunto da unLaboratorio di Didattica dell’Attività Motoriarealizzato presso il Corso di Laurea Interfacoltàin Scienze Motorie e Sportive dell’Università de-gli Studi di Perugia. Il Laboratorio è stato inseri-to come attività opzionale per gli studenti del se-condo anno che frequentavano le lezioni diDidattica e Pedagogia Speciale con il Prof. Rosa-rio Salvato, per due anni di seguito (anni accad.2005-6 e 2006-7). Visto l’alto numero di adesionisono stati realizzati due gruppi di circa 30 stu-denti, ciascun anno, per un numero complessivodi 18 ore con incontri acadenza settimanale ditre ore. Il laboratorio hafatto parte delle attivitàrealizzate da chi scriveper l’assegno biennale diricerca dal titolo “Mentee corpo nell’attività motoria”, presso la Facoltàdi Scienze della Formazione di Perugia.L’attività laboratoriale è stata presentata comeopportunità di rif lessione e rielaborazione, apartire da esperienze concrete di movimento,in relazione ai contenuti teorici di didattica og-getto del corso di studi. Questi ultimi contem-plavano sostanzialmente: a) il modello della di-dattica che si fonda sulla teoria della cultura, edunque prospetta le metodologie didattichefondamentalmente come mediazione cultura-le1; b) un’introduzione alla pedagogia specialenell’elaborazione di A. Canevaro2; c) la consi-derazione del corpo come profondamente co-involto ed in interazione complessa con le di-mensioni culturali.

    In relazione a questi contenuti il laboratorio si èposto come cerniera esperienziale tra cultura ecorpo, tra didattica della cultura e didattica del-l’attività motoria, le domande a cui si è cercatodi rispondere attraverso i vissuti di movimentosono, quindi, state le seguenti:- La didattica della mediazione corporea può

    essere mediazione culturale?- Come si educa al confronto culturale attra-

    verso l’attività motoria?- Come si fa integrazione con il movimento,

    nel senso della coevoluzione prospettata daAndrea Canevaro?

    Le metodologie di Danzamovimentoterapia sonostate allora rielaborate eproposte come strumen-to pedagogico-didattico amediazione corporea perriflettere sui quesiti sopraproposti.I livelli formativi sui qua-

    li si è lavorato sono stati sostanzialmente due: a) ilpiano personale e soggettivo di ciascuno studen-te, che è sempre il cuore della formazione cosìcome sostiene Gaetano Mollo3, che parte dall’e-sperienza, spinge alla rielaborazione personale esoggettiva, e può attivare processi di cambia-mento; b) il piano di una prima sensibilizzazionealla conoscenza ed alla acquisizione degli ele-menti basilari relativi al setting pedagogico-di-dattico di danza-movimento4, ed attraverso que-sto la riflessione sui quesiti sopra indicati.Gli Obiettivi generali del laboratorio sono stati,quindi, i seguenti:- vivere esperienze costruttive di benessere e di

    accettazione di sé attraverso la dimensionesenso-motoria, nell’orizzonte di quella di-

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    L’ATTIVITÀ LABORATORIALEÈ STATA PRESENTATA COME OPPORTUNITÀ DIRIFLESSIONE E RIELABORAZIONE, A PARTIRE DAESPERIENZE CONCRETE DI MOVIMENTO, INRELAZIONE AI CONTENUTI TEORICI DI DIDATTICAOGGETTO DEL CORSO DI STUDI

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  • mensione personale e soggettiva che è il cuo-re della formazione;

    - fare esperienza della dimensione percettivadella conoscenza, dove sapere ha a che farecon sapore, dove il corpo si fa mediatore as-soluto di cultura ed esperienza;

    - sensibilizzazione alla pedagogia ed alla didat-tica delle metodologie della mediazione cor-porea nel setting pedagogico di danza-movi-mento, e delle tecniche che possono essereintegrate nella didattica dell’educazione fisicae nell’integrazione dei diversamente abili;

    - acquisire la consapevolezza che corporeità emovimento sono preziose opportunità for-mative per tutte le dimensioni della persona.

    In questo lavoro daremo spazio prevalentemen-te all’indagine ed alle ricadute relative al secon-do obiettivo, accenneremo solo in parte al pri-mo ed al terzo.

    Dalla danzamovimentoterapia allaclinica della formazione ■Le due dimensioni educative considerate, quellafondamentale della formazione dei ragazzi, del-la valorizzazione, dunque, dei vissuti personali,per riflettere, comprendere, ampliare gli oriz-zonti della coscienza, e l’altro livello più profes-sionalizzante dell’acquisizione di elementi da in-tegrare nelle proprie competenze di esperti delmovimento, sono state predisposte e realizzateutilizzando metodologie che sostanzialmentenascono in ambito clinico.Ciò è stato possibile grazie ad un approccio epi-stemologico (a cui qui possiamo solo accennarebrevemente) in grado di utilizzare la bontà diprospettive e metodologie nate con finalità pre-valentemente terapeutiche, trasportandole e ri-

    elaborandole in un contesto pedagogico. Comesostiene Riccardo Massa, in ciò che definisceclinica della formazione, formazione e clinicapossono condividere una medesima prospettivaepistemologica, quella che può essere conside-rata “scienza oggettiva del soggetto individua-le”.“Si tratta qui di riappropriarsi di un model-lo di sapere, di un modello di costruzione delsapere e di un modello di pratica di ricerca cheescano dall’alternativa surrettizia tra uno speri-mentalismo di tipo didatticistico e una teoresidi tipo filosofico, fatta di valori, di ideali, di sco-pi, di finalità oppure di riflessioni critico-teore-tiche. Ecco allora che si può sfuggire alla con-trapposizione tradizionale tra scienze dellanatura e scienze dello spirito”5. Sostanzialmen-te Massa propone un modello di scienza chepur mantenendo una prospettiva unitaria, chenon esula da un piano quantitativo-sperimen-tale, valorizza anche la dimensione ermeneuti-ca dell’ascolto della soggettività del singolo esi-stente. Clinica e formazione possono quindicondividere l’opportunità di “oggettivare”, sen-za dimenticarsi della concretezza e della indivi-dualità dei soggetti di cui si prendono cura. Intutto questo si ha grande attenzione alla perso-na e nello stesso tempo valorizzazione dellarealtà esperienziale. Ricerca qualitativa e ricer-ca quantitativa devono dialogare ed integrarsi,approccio nomotetico (che cerca la norma uni-versale) ed approccio idiografico (che valorizzail qui ed ora del singolo esistente) perdono le ca-ratteristiche oppositive per articolarsi semmaiin un rapporto dialettico complesso.L’operazione di rielaborare la danzamovimen-toterapia come sapere e pratica nati in ambitoclinico per finalità pedagogiche può quindi esse-

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  • ALBA G.A. NACCARI

    re agevolata da una medesima prospettiva epi-stemologica tra la clinica e la formazione, pro-spettiva che privilegia l’ascolto, la relazione, ladimensione storico-narrativa, la ricerca dei si-gnificati esistenziali, le dimensioni affettivo-emotive nel loro intreccio con le altre dimensio-ni della persona, l’attenzione al setting.

    Il setting pedagogico didanzamovimentoterapia ■Sul setting pedagogico di danzamovimento nel-le diverse età della vita ci siamo già espressi dif-fusamente altrove6 richiamiamo qui alcuni pun-ti essenziali.Il setting pedagogico-didattico per l’attività mo-toria che integra elementi della danzamovimen-toterapia deve rispettare alcune caratteristiche:- tensione teleologica- contratto formativo- valorizzazione del gruppo- integrazione verbale/non verbale.“Una delle caratteristiche determinanti nel set-ting pedagogico è la tensione teleologica, ovverola dinamica proattiva ed espansiva delle diversedimensioni della personalità [...]. Più che volger-si al passato per sanarne le ferite, ci si orienta alfuturo, per determinare il presente alla luce dellepersonali motivazioni esistenziali. Dunque il la-voro di movimento è finalizzato a contattare ilpotenziale creativo e le diverse istanze della per-sonalità, per sollecitarne le concrete possibilità disviluppo, apertura e integrazione, in un processoorientato all’autonomia ed all’autoformazione”7.Il contratto pedagogico gode di grande conside-razione e di numerose ricerche in ambito edu-cativo e sottolinea l’importanza di condividerel’intenzionalità del processo formativo tra do-

    centi e allievi, motivando ed attivando la colla-borazione da parte di tutte le persone coinvolte8;tutto ciò in un continuo processo di negoziazio-ne, responsabilizzazione ed amplificazione dellaconsapevolezza.Si tende, inoltre, a privilegiare il lavoro in gruppo.“Se viene adeguatamente condotto ed attivatoconsapevolmente, il gruppo fa da “contenitore”dell’esperienza, nel senso che proprio grazie allarealtà della condivisione gruppale è possibile per ilsingolo mettere in gioco affetti ed esperienze cheforse sarebbero difficili da gestire e comprenderein solitudine. Ancora, il gruppo potenzia enorme-mente la dimensione della creatività, ognuno puo’apprendere e costruire insieme ai contributi diver-si di tutti gli altri in una risultante eterogenea edarmonica. Il gruppo fa, inoltre, da amplificatoredegli apprendimenti, in un reciproco gioco di ri-specchiamento attraverso i movimenti, le immagi-ni, le parole, le storie, che ciascuno narra/danzaall’altro, con/per l’altro, ispirato da lui/lei, e/o tes-sendo insieme storie e/o danze”9.Nel setting pedagogico di movimento una parteimportante spetta, inoltre, alla parola. Nellaconclusione di ciascun incontro soprattutto se ipartecipanti sono adulti e se si lavora in un con-testo in cui si tende ad agevolare l’acquisizionedi conoscenze e di dimensioni di consapevolez-za relative ad una professionalità specifica, si de-dica spazio alla restituzione verbale. È questofondamentalmente “uno spazio in cui ognuno,semplicemente, cerca di descrivere cosa ha pro-vato, nella consapevolezza che il vissuto vero eproprio rimane intraducibile in termini verbali.Ma lo sforzo di cercare le parole, di narrarsi, diutilizzare metafore, o frasi poetiche per dareun’idea delle proprie esperienze, permette di in-

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  • dividuarle meglio, comprenderne la natura el’intensità, fissarle ulteriormente nella memoria.Le parole, qui, hanno lo scopo di amplificarel’esperienza stessa, magari riconducendo i sim-boli proposti, e/o quelli emersi, al significato cul-turale condiviso da culture vicine o lontane; op-pure nel ricostruire un f ilo narrativo con leimmagini simboliche proposte e/o emerse negliincontri precedenti”10.Il setting pedagogico spe-cifico di ciascun incontrorielabora sul piano dellagestione del tempo lastruttura trifasica propo-sta da Vincenzo Bellia11, valorizzando altresì ladimensione sincronica del tema pedagogicoche di volta in volta soggiace all’intero incontro.Gli elementi da considerare nella specificità diun incontro sono dunque i seguenti12:a) Diacronia: Struttura Trifasica- riscaldamento (non solo corporeo, ma anche

    emotivo e relazionale)- esplorazione (in relazione al tema scelto per

    l’incontro)- integrazione (in modo da consentire di sedi-

    mentare e mettere in memoria le esperienzepiù importanti e di tornare ad uno stato dicoscienza abituale)

    b) Sincronia del Tema di fondoc) Continuità dinamica ed armonica tra i primi

    due elementi ed il modo di vivere il tempo, lospazio, ed i significati da parte delle personecoinvolte (in base al particolare momento edai bisogni formativi).

    La scelta del tema di fondo, è estremamente si-gnificativo sul versante pedagogico, esso, su unpiano simbolico, attraversa l’intero incontro

    condensandone e catalizzandone i significati,attivando vissuti personali che poi, nella fase diverbalizzazione, permettono di comprendere erielaborare dall’interno, in maniera soggettiva,il percorso che si sta realizzando sul piano cul-turale. È evidente che è importante che il temaoltre che in armonia con gli obiettivi, nel no-stro caso di studio, sia per quanto possibile si-

    gnificativo per il gruppospecif ico, e che possacollegarsi sotto qualcheaspetto agli incontri suc-cessivi e precedenti13.Nello specif ico del la-

    boratorio di cui stiamo trattando, in ciascunincontro si è dato spazio ad una breve verba-lizzazione anche all’inizio per motivare e ri-collegare di volta in volta i contenuti emersi,riattivando e riformulando le opportunità edi termini del contratto pedagogico; si è passa-ti poi ad una parte centrale di lavoro praticocosì come descritto sopra, per poi concluderecon una ulteriore fase di verbalizzazione e ri-elaborazione dell’esperienza in relazione agliobiettivi prefissati, ed all’amplificazione cul-turale delle esperienze emerse. Il rituale diapertura dopo un breve riscaldamento equello di chiusura dopo la verbalizzazionesono stati realizzati attraverso l’apprendi-mento e l’esecuzione di una danza etnica chedi volta in volta racchiudeva il signif icatosimbolico del tema dell’incontro secondo lemodalità da noi descritte altrove14. Negli ulti-mi incontri, attraverso il lavoro per piccoligruppi, si è cercato di collegare i vissuti e lerielaborazioni emerse alle parole chiave deitesti di studio per l’esame.

    LE PAROLE, QUI, HANNO LO SCOPO DIAMPLIFICARE L’ESPERIENZA STESSA, MAGARIRICONDUCENDO I SIMBOLI PROPOSTI,E/O QUELLI EMERSI, AL SIGNIFICATO CULTURALE

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  • ALBA G.A. NACCARI

    Dalla didattica della cultura alladidattica dell’attività motoria ■Come si nota dagli elementi costitutivi del set-ting la dimensione culturale-simbolica è quasisempre presente ed auspicata nel lavoro peda-gogico di danza-movimento; ed è stata partico-larmente valorizzata nel laboratorio descritto.Riteniamo, infatti, che una delle opportunitàdestinate a condensare e a riunificate i significatidi corpo e cultura, arbitrariamente separati inanni di ricerca scientifica (anch’essa separata trasaperi della natura e saperi dello spirito) sia pro-prio il simbolo anche nelle sue potenzialità cor-poree. L’etimologia stessa del termine, com’ènoto, synballein, mettere insieme, rinvia all’u-nione tra significati e contesti diversi. Il corpostesso è metafora delle dimensioni esistenzialiche caratterizzano l’essere umano, come spie-gheremo tra poco, e gesti e coreografie possonorisuonare con archetipi universali.Come abbiamo descritto all’inizio le metodolo-gie didattiche del corso in cui è stato inserito il la-boratorio prospettavano sostanzialmente unamediazione culturale, at-traverso un confrontocreativo con le forme e leproduzioni culturali stes-se. Didattica e cultura so-no qui considerate stret-tamente e inevitabilmente correlate. Ora, comeaccennavamo prima, in una facoltà di ScienzeMotorie la domanda inevitabile è: “corpo e movi-mento possono essere mediazione culturale?”. Leforme della cultura, nella doppia accezione di sa-pere in senso intellettuale e di saperi, usi e costu-mi in senso antropologico15, dunque in sintesi co-me espressione globale della creatività dell’essere

    umano sono, secondo noi (confortati in questaaffermazione dagli studi e dalle ricerche di gran-di studiosi16), sempre mediate dalla concretezzadell’esserci, dalla condivisione di uno spazio perle collettività, dalla connotazione di un tempoche racconta l’identità dei popoli e delle tradizio-ni culturali, dalla realtà corporea dell’esistere chesi fa insieme espressione e dimensione sia di ogniproduzione e condivisione culturale che di ciòche le caratterizza; il corpo, come sostiene Ga-briel Marcel è “mediatore assoluto di cultura e co-noscenza”; è il punto zero a partire dal qualeognuno di noi sperimenta una prospettiva sulmondo, prospettiva che è fonte sia di esperienzache di pensiero e ricerca intellettuale17. Corpo edespressioni coreografiche, o giochi di movimen-to, sono condensati di cultura. La dimensionenarrativa e artistica è presente, ad esempio, nelledanze che raccontano nelle coreografie le gestadei popoli, e nei rituali che consentono di rivive-re le trame degli antichi miti.Le attività motorie e l’educazione fisica, nelle di-verse forme che caratterizzano le civiltà umane

    sin dalle epoche più re-mote, sono, allora, comele altre discipline di stu-dio, espressione dell’in-tersezione tra le formeprimigenie della cultura

    (lingua, arte, storia, religione e scienza)18.È necessario sottolineare, inoltre, ed esplicitaresul piano didattico i rapporti intercorrenti tra lediverse forme di conoscenza e la dimensionepercettiva ed estetica dell’esperienza come real-tà imprescindibile della conoscenza stessa19. Ilcorpo e il movimento possono diventare cosìtramite e punto di partenza di importanti acqui-

    Tra corpo e cultura:la danzamovimentoterapia come mediazione simbolica.Per una pedagogia e una didattica dell’attività motoria.

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    RITENIAMO, INFATTI, CHE UNA DELLEOPPORTUNITÀ DESTINATE A CONDENSARE EA RIUNIFICATE I SIGNIFICATI DI CORPO ECULTURA,... SIA PROPRIO IL SIMBOLO ANCHENELLE SUE POTENZIALITÀ CORPOREE.

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  • sizioni interiori, dimensioni ed opportunità pre-ziose per una didattica della cultura a mediazio-ne corporea.Uno dei percorsi privilegiati attraverso i quali èpossibile realizzare tutto questo, allora, passa pro-prio attraverso la valoriz-zazione della dimensionesimbolica del movimen-to, che nella danzamovi-mentoterapia può rivesti-re una parte importante,e che consente questi tra-sferimenti ed integrazioni tra dimensioni diversedella persona poiché nella ricchezza totipotentedell’immagine simbolica le ricomprende tutte.

    Simboli corporei e simboli culturali ■Da quanto detto sin qui il lavoro di preparazio-ne all’attività del laboratorio è stato dunquequello di indagare sulle dimensioni simbolichedella cultura e su come l’attività motoria possafarsi tramite didattico del processo di acquisizio-ne e rielaborazione creativa del patrimonio cul-turale, attraverso l’immedesimazione in movi-mento con le forme simboliche stesse. Lavoroche, evidentemente, ha preso in esame, per untempo ben più lungo e previo rispetto all’asse-gno di ricerca, studi esistenti in ambiti molto di-versi della ricerca, dall’ambito psicologico, aquello religioso, antropologico etc.Tra le forme simboliche privilegiate, inserite nel-le attività, in quanto riassume in sé tutto un mon-do di significati sia esistenziali che pedagogici, siè scelta quella della croce, immagine sostanzial-mente antropomorfa che come archetipo trans-culturale ha permesso di risalire dall’esperienzapersonale ai più diversi contesti antropologici,

    andando oltre i significati conosciuti nella cultu-ra cristiana.Abbiamo detto che è innanzitutto un simboloantropomorfo, il corpo stesso è fatto in modotale da descrivere nello spazio una croce che

    ha un asse verticale eduno orizzontale. Nel ver-sante inferiore dell’asseverticale “le gambe cipermettono il radica-mento al suolo, esprimo-no l’accettazione della

    nostra natura terrena, l’appoggio dei piedi aterra indica il nostro rapporto con la realtàconcreta, la nostra capacità di accondiscende-re ai bisogni; il bacino è il nostro centro di gra-vità, permette di bilanciare l’appoggio.L’apertura delle braccia al livello del cuore, l’op-portunità di abbracciare, esprime la costitutiva,strutturale, apertura all’altro; il cuore rappre-senta il centro di levità, a partire dal quale pos-siamo sentire la disponibilità all’altro, all’oriz-zonte ma anche l’elevazione verso l’alto”20.L’apice superiore dell’asse verticale, la testa, maanche il fatto stesso di stare sulla terra bipedi inmodalità verticale esprime una vocazione ine-stinguibile ad andare oltre i limiti della propriafinitudine, a realizzare metabisogni ispirati adideali universali, ad immaginare e guardaresempre oltre la datità dell’esserci in cui siamoimmersi.“L’asse orizzontale, dunque, ci riportaalla dimensione dello spazio, del mondo, dell’in-contro con l’altro, della presenza dello spirito-energia nel cosmo; quello verticale riconduce al-la dimensione del tempo, in alto alla tensione edall’incontro con il divino, in basso alla presenzadel divino nella storia, nell’uomo. L’asse oriz-

    IL CUORE RAPPRESENTA IL CENTRO DI LEVITÀ,A PARTIRE DAL QUALE POSSIAMO SENTIRELA DISPONIBILITÀ ALL’ALTRO, ALL’ORIZZONTEMA ANCHE L’ELEVAZIONE VERSO L’ALTO

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  • ALBA G.A. NACCARI

    zontale esprime, quindi, la possibilità tutta uma-na della relazione con l’altro che possiamo pren-dere per mano o abbracciare, guardare negliocchi, quella verticale si riferisce alla relazionecon l’Altro, il trascendente, il non-conosciuto,l’infinito, l’en-sof , ma unisce anche la terra e ilcielo, presume un opportuno radicamento(grounding21), un’incarnazione tale da poterguardare verso l’alto”22.In un unico simbolo rappresentato condensatonel corpo stesso, ma anche esperibile attraversoopportuni vissuti di movi-menti, è possibile, dunque,confrontarsi con dimen-sioni esistenziali fonda-mentali per l’essere uma-no, ed attraverso esse conil modo in cui la cultura e le culture anche nelleforme religiose hanno vissuto, rappresentato, nar-rato, ritualizzato questo simbolo.Altri simboli estremamente pregnanti sonoquelli relativi all’utilizzo dello spazio nel movi-mento, dal cerchio, alle file contrapposte, allaspirale, al labirinto, etc.; il corpo può attraver-sare e sperimentare i più significativi archetipiinterculturali, permettendo così di esporsi a vis-

    suti che risuonano con quelle forme, di ricer-carne significati, immagini, narrazioni nei piùdiversi contesti storici e geografici dei popoli.Su un piano squisitamente pedagogico la cono-scenza e la consapevolezza della dimensionesimbolica della disposizione nello spazio in cuici si muove, da parte dell’educatore, inoltre, puòdeterminare significativamente i vissuti dei pro-pri allievi. Evidentemente non ha lo stesso effet-to muoversi insieme in cerchio, in file contrap-poste, o liberamente nello spazio; ogni forma

    tende ad attivare vissutidifferenti. Il cerchio per-mette ad ognuno di esserevisto e di vedere gli altri,tutti sono su uno stessopiano, nessuno gioca un

    ruolo più importante. Nelle file contrapposteinevitabilemente si crea il senso di appartenenzaad un gruppo e di contrapposizione ad un altro,dunque si va nella direzione di differenziazionedalla totalità unificante e simbiotica del cer-chio... Questi significati erano ben chiari ai no-stri progenitori più antichi ma anche a quelli piùprossimi, che hanno utilizzato nelle danze ritua-li le diverse forme con grande perizia dei signifi-

    Tra corpo e cultura:la danzamovimentoterapia come mediazione simbolica.Per una pedagogia e una didattica dell’attività motoria.

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    EVIDENTEMENTE NON HA LO STESSOEFFETTO MUOVERSI INSIEME IN CERCHIO,IN FILE CONTRAPPOSTE, O LIBERAMENTENELLO SPAZIO; OGNI FORMA TENDE ADATTIVARE VISSUTI DIFFERENTI

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  • cati narrativi condensati in esse. Non abbiamoadesso lo spazio per addentrarci nei diversi signi-ficati, ce ne siamo occupati in altri lavori cui rin-viamo23. Ci premeva qui attraverso lo spessoredel simbolo in movimento sottolineare le oppor-tunità di intersezione educativa tra corpo e cul-tura. Intendevamo inoltre mettere in evidenza lemolteplici opportunità formative, che a partiredalle forme, dai gesti, dalle coreografie corporee,animano vissuti e quindi emozioni, ma permet-tono attraverso questi di riconoscere contenuticulturali, recuperando così, tra l’altro, un signifi-cato più ampio della creatività dell’essere uma-no, quello dove sapere ha a che fare con sapore,ovvero dove la produzione culturale è espressio-ne della totalità delle dimensioni della persona,dove il piano intellettuale della conoscenza ritro-va le proprie autentiche origini nello spessoredella presenza.

    Pedagogia della mediazione corporea ■Negli ultimi due incontri del laboratorio gli stu-denti sono stati invitati a focalizzare ed a descri-vere, in un testo narrativo oppure in una sortadi diario di bordo, le principali scoperte realiz-zate sul piano personale, in relazione, quindi alprimo obiettivo del percorso laboratoriale, poi,in gruppo sono stati invitati a collegare le espe-rienze ed i vissuti ad alcune parole chiave dei li-bri di testo e quindi a riflettere consapevolmentesulle intersezioni e gli attraversamenti possibilitra corpo e cultura.Come sa bene ogni danzamovimentoterapeuta,abituato a lavorare in contesti formativi (soprattut-to con utenti di età tra 19 e 25 anni come quellidel corso in oggetto, “presunti normali”), le resti-tuzioni relative ai vissuti personali, su un piano

    diacronico, vanno di solito dall’imbarazzo, con lasensazione di fare cose strane ed apparentementeinutili, alla scoperta di un mondo sorprendente evariegato di interiorità, all’attivazione di emozioniforti e piacevoli, alla esplorazione di uno spessoreprima sconosciuto nella relazione con gli altri. Ciòche colpisce, vista la specificità degli studenti im-pegnati in un corso di laurea in scienze motorie, èla scoperta e la valorizzazione di un’espressivitàcorporea che può anche spogliarsi dall’obbligo diessere tecnicamente adeguata, lavorando più allaricerca di una propria forma piuttosto che di unaforma convenzionale e/o estetica. In sostanza han-no descritto la bellezza della scoperta del corponon solo come strumento di performance, cheinevitabilmente si proietta verso la conquista di unrisultato (cosa che di per sé ha i suoi valori educa-tivi), ma come opportunità per valorizzare il tem-po vissuto al presente. Questo tipo di ricerca, cheevidentemente si pone su un altro piano rispettoad un lavoro tecnico sul corpo e sul movimento, eche non intende certo svalorizzare quest’ultimo,consente notevoli dimensioni di ascolto nei con-fronti del proprio sè, nonché la capacità di andareoltre il giudizio nei confronti di se stessi e degli al-tri, nella scoperta e nel rispetto dell’unicità, della

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  • ALBA G.A. NACCARI

    differenza, della possibilità di non essere competi-tivi per accogliere l’autenticità di ciascuno. In tuttociò un aspetto molto sentito da tutti è stata la valo-rizzazione della dimensione gruppale, attraversoinusitate forme di quello che in altri ambiti vienedefinito apprendimentocooperativo, ed attraversoun lavoro concreto sul-l’empatia mediante i gio-chi di coppia. Molti di lo-ro hanno verbalizzato lasorpresa di scoprire nei propri colleghi aspetti chenon avrebbero mai immaginato, al di là deglischemi e delle difese del primo approccio determi-nati dalle convenzioni palesi o nascoste, dall’ap-partenenza al gruppo, dall’età, dai condiziona-menti legati all’immagine esteriore etc. Leemozioni descritte dagli studenti palesano una ric-chezza che meriterebbe di essere indagata ed ap-profondita di per sé, viste le difficoltà relazionali evaloriali che vengono oggi continuamente riscon-trate nei giovani di questa età. Parole come: rilas-samento, pace, interiorità, pienezza, sicurezza, ac-cettazione, volersi bene, serenità, creatività,fantasia, immaginazione, dolcezza, semplicità,leggerezza, spontaneità, accoglienza, senso dellavita sono solo alcune delle parole chiave emerse sudi un piano personale.Ma per il tema centrale, su cui ci siamo ripropo-sti di riflettere in questo lavoro, sono estrema-mente interessanti le restituzioni relative al se-condo obiettivo, quello concernente appuntol’acquisizione della consapevolezza dell’unitàcorpo-mente-anima e da qui la capacità di ri-condurre sensazioni e percezioni a contenuti cul-turali. Un’acquisizione molto chiara nei lavoridei ragazzi è proprio la scoperta che nell’ascolto

    delle sensazioni, delle percezioni e delle emozio-ni a partire dal corpo e dal movimento si schiudeun universo di intimità e di interiorità che è pro-prio quel cosmo che poi si estrinseca nella pro-duzione creativa delle manifestazioni simbolico-

    culturali. Un gruppo èstato in grado di descrive-re in autonomia, senzaaverlo letto, il processo de-scritto da Lonergan cheprocede dalla sensazione

    alla conoscenza24. Tutti sono stati in grado dicomprendere in che senso il corpo è mediatoreassoluto di cultura e conoscenza, hanno saputoinfatti riflettere sui legami inevitabili tra le formecosiddette primigenie della cultura e la percezio-ne e l’espressione corporea.Un altro aspetto, agevolmente recepito dai ra-gazzi, è stato quello relativo alla danza dei po-poli come condensato simbolico-culturale. Sisono resi conto che nelle danze etniche non èpresente solo una ricerca estetica o di diverti-mento, ma che in ogni gesto giace tutta unaconsapevolezza relativa al significato del movi-mento, e che le sequenze coreografiche racchiu-dono storie e miti condivisi dalle collettività25.È evidente come queste ricadute formative rive-stano un effettivo ampliamento dell’offerta for-mativa, in grado di creare collegamenti ed inte-grazioni necessarie nel contesto di una facoltàche per definizione si avvale di saperi molto ete-rogenei tra loro, saperi che vanno dalle conoscen-ze biomediche a quelle tecniche e sportive, a quel-le più culturali e pedagogico-didattiche. Diventasempre più importante, anche su un piano episte-mologico, agevolare il dialogo tra le discipline for-mative, affinché si possa autenticamente parlare

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    UN ALTRO ASPETTO, AGEVOLMENTERECEPITO DAI RAGAZZI, È STATO QUELLORELATIVO ALLA DANZA DEI POPOLI COMECONDENSATO SIMBOLICO-CULTURALE.

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  • di scienze motorie. Tra l’altro proprio l’utilizzodella danzamovimentoterapia come opportunitàformativa, testimonia possibilità di scambio, inte-grazioni, rielaborazioni, attraversamenti, tra con-testi diversi, tra saperi e metodologie nati per fini eda approcci epistemologici differenti. La dimen-sione comune e trasversale è quella della comples-sità ed insieme unicità della persona che non do-vrebbe essere spezzettata in approcci opposti edifformi, incapaci di ritrovare oltre le proprie spe-cificità un’integrazione possibile. ■

    NOTE

    1) Cfr. L. Rosati, “Lezioni di didattica”,Anicia, Roma, 1999; L. Rosati, “Metodologiadella cultura e didattica”, La Scuola, Brescia,1988; L. Rosati, “Didattica della cultura ecultura della didattica”, Morlacchi, Perugia,2004; L. Rosati, “Formazione e didattica traofferta e domanda”, La Scuola, Brescia, 1995.

    2) Cfr. A. Canevaro, “Pedagogia speciale. Lariduzione dell’handicap”, Bruno Mondadori,Milano, 2000; A. Canevaro, C. Balzaretti,G. Rigon, “Pedagogia specialedell’integrazione”, La Nuova Italia, Firenze,1996; A.Canevaro (a cura di), “Handicap ascuola, Manuale per l’integrazione scolastica”,NIS, Roma, 1983.

    3) G. Mollo, “Il senso della formazione”, LaScuola, Brescia, 2004, p. 67.

    4) Cfr. A.G.A. Naccari, “Persona e movimento.Per una pedagogia dell’incarnazione”,Armando, Roma, 2006, pp. 211-246.

    5) R. Massa, “Ricerca teorica, ricerca empiricae clinica della formazione”, in G. Sola (a curadi), “Epistemologia pedagogica”, Bompiani,Milano, 2002, p. 317.

    6) Cfr. A.G.A. Naccari, “Persona emovimento...” cit., pp. 211-246. Il terminesetting (come insieme degli elementi predispostied utilizzati intenzionalmente per attivare unprocesso terapeutico o pedagogico) è ormaiampiamente usato anche in didattica, cfr. E.Damiano, “L’insegnante. Identificazione diuna professione”, La Scuola, Brescia, 2004,p.133; M. Dallari, “Il corpo insegnante”, in L.

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  • ALBA G.A. NACCARI

    Balduzzi (a cura di), “Voci del corpo.Prospettive pedagogiche e didattiche”, LaNuova Italia, Milano, 2002, p. 99.

    7) A.G.A. Naccari, ‘Persona e movimento...’cit., p. 212.

    8) Cfr. ivi, p. 215.

    9) Ivi pp. 215-216.

    10) Ivi p. 242, cfr anche ivi pp. 243-246.

    11) V. Bellia, “Dove danzavano gli sciamani”,Franco Angeli, Milano, 2001, p. 89.

    12) Cfr. A.G.A. Naccari, “Persona emovimento...” cit., pp. 223-226.

    13) Cfr. ivi pp. 231-236.

    14) Cfr. A.G.A. Naccari, “Le vie della danza.Pedagogia narrativa, danze etniche edanzamovimentoterapia”, Morlacchi,Perugia, 2004.

    15) Cfr. L. Rosati, “Didattica della cultura ecultura...” cit., pp. 71-72.

    16) Cfr. tra tutti M. Merleau Ponty,“Fenomenologia della percezione”, trad. it.Bompiani, Milano, 2003.

    17) Cfr. Ivi.

    18) Cfr. E. Cassirer, “Saggio sull’uomo.Introduzione ad una filosofia della cultura”,

    Tra corpo e cultura:la danzamovimentoterapia come mediazione simbolica.Per una pedagogia e una didattica dell’attività motoria.

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    Balduzzi L., (a cura di), Voci del corpo. Prospet