Dentro - La voce della casa circondariale di Trento 1/2013

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Ci può dire perché ha scelto la professione di educatore? Mentre studiavo legge ho avuto l’occasione di incontrare, durante una visi- ta in carcere, la realtà e le problematiche che esistono all’interno di queste strutture. Questo mi ha stimolato a scegliere tale professione. Cosa significa fare l’educatore in carcere? Ritengo che fare l’educatore in carcere significhi soprattutto costruire delle possibilità concrete di reinserimento sociale per i detenuti, in particolare operando su tre versanti: lavoro, scuola, e abitazione. In altre parole operare e offrire opportunità di cambiamento e miglioramento alle persone dete- nute. Quale è il suo ruolo qui dentro? In quanto coordinatore dell’area educativa mi occupo soprattutto dell’orga- nizzazione dell’attività della medesima. Con me operano altri tre educatori; sono loro che si occupano per la maggior parte di tutte le questioni riguar- danti i detenuti. Quale è il grado di autonomia di cui gode nell’ambito delle sue mansioni personali e quale quella dell’equipe degli edu- catori? Non sono e non siamo completamente autonomi, dipendendo dal diret- tore e dal magistrato di sorveglianza. Le mie, le nostre proposte vengono ascoltate e vagliate da chi sta sopra di noi. Per la cronaca, la mancanza del direttore a tempo pieno, ha comportato per taluni aspetti una maggiore au- tonomia che per me ha significato operare dei cambiamenti riguardanti le attività lavorative e gli orari ad essi collegati. Ci spiega alcune delle cose (3 o 4) che vorrebbe poter fare e che non riesce a realizzare, spiegandoci le ragioni che glielo impediscono? Aumentare i posti di lavoro. Attualmente possono venire impiegate 87 per- sone complessivamente, di cui, 35 occupate alle dipendenze del carcere, 40 negli assemblaggi e 12 nelle varie cooperative. Se potessi le raddoppierei, ma è difficile trovare commesse da fuori. Aggiungo inoltre che l’eccessivo tournover tra i detenuti, dovuto al fatto che in genere scontano condanne brevi, condiziona molto la possibilità di progettare attività nelle quali impie- garli. Dobbiamo ripiegare su corsi di breve durata. Quali altre figure professionali, oltre gli educatori, parteci- pano alla valutazione del detenuto? Oltre agli educatori fanno parte del gruppo di osservazione il Direore, il Co- mandante, l’Operatore sanitario e lo Psicologo. Ognuna di queste figure porta il proprio contributo personale e di competenza dentro e fuori il carcere. Ol- tre a queste figure esiste un altro gruppo di osservazione: il G.O.T. di cui fanno parte, il Cappellano del carcere, l’Assistente sociale del SERT, gli insegnanti che possono essere interpellati per la migliore conoscenza dell’individuo, ma che non hanno nessun potere decisionale sulla stesura della sintesi. Cos’è il documento di sintesi; da chi è redatto, come e quan- do? Quale è la sua utilità ed efficacia? Il regolamento stabilisce che debba essere concluso entro nove mesi dallo staff di cui sopra; compatibilmente con le nostre possibilità cerchiamo di rispettare i termini. Il documento di sintesi è uno strumento di valutazione nor- mato dalla legge o dal regolamento penitenziario? Dal ministero della giustizia danno delle indicazioni, osservazioni di massima, in base alle quali compiere l’osservazione del detenuto, che deve essere impron- tata a oggeività. Quindi noi non facciamo altro che osservare, quasi facessimo una fotografia, il comportamento del detenuto in ogni ambito della sua giornata tipo. Gli assistenti sociali dell’ UEPE (ufficio esecuzione penale esterno), sono pochi e contribuiscono in minima parte alla relazione di sintesi. L’interessato può conoscerne il contenuto, e se no, perché? L’interessato può contestarlo? Se si, come? In generale comunichiamo quella che è la valutazione di massima. Per uno straniero, specialmente se irregolare, la questione si complica perché non ci sono gli strumenti per poterlo aiutare. L’interessato non può contestare il documento di sintesi. La valutazione, se negativa in un primo tempo, è suscettibile di modifica nel caso il detenuto modifichi il suo comportamen- to, in seguito. A questo punto da parte degli intervistatori sono state for- mulate altre domande rispetto alle misure alternative, alle quali l’educatore ha risposto: Vorrei sottolineare che da parte del Magistrato di sorveglianza, solitamente, c’è grande disponibilità a concedere misure alternative alla car- cerazione a persone con problemi di alcolismo e di tossicodipendenza nel caso accettino un programma di recupero e scelgano di entrare in qualche comunità di accoglienza. La cosa si rende più difficile per persone recidive o che richiedono di lavorare presso dei parenti. Il lavoro dentro e fuori del carcere (in misure alternative) è fondamentale per un reale e proficuo reinserimento e riedu- cazione del detenuto. Quali sono le difficoltà che ne limitano la possibile concretizzazione? A questo punto l’Educatore ha evidenziato le innumerevoli difficoltà de- rivanti dalla crisi economica attuale, per mancanza o insufficienza di op- portunità lavorative all’esterno e all’interno del carcere. Nonostante questo, l’Educatore ritiene che gli sforzi fin qui compiuti per offrire opportunità di lavoro, dentro il carcere, abbiano dato buoni risultati, dal momento che sono 87 le persone impiegate complessivamente e che, turnandosi, nell’ar- co di un anno, permette a quasi tutti i detenuti di lavorare per un breve pe- riodo di tempo. Rispetto ad altri carceri il tempo di attesa per ciascun dete- nuto è molto più breve. Da parte nostra, ha aggiunto l’Educatore, c’è tutta la volontà e la determinazione nel contrastare l’ozio forzato. n “DENTRO” LA VOCE DELLA CASA CIRCONDARIALE DI TRENTO PAROLE DAL CARCERE Durante una riunione di redazione abbiamo affrontato il tema vio e sopravio, dal momento che abbiamo appurato traarsi di un argo- mento complesso, scoante e fonte di lamentele e discussioni tra i de- tenuti. Abbiamo approfondito l’argomento cercando di raccogliere dei dati che ci aiutassero a leggere, per quanto possibile, la realtà a riguardo. Da un confronto tra i partecipanti al gruppo (provenienti da più se- zioni) è emerso che usufruiscono del pasto di mezzogiorno dall’80 al 95% dei detenuti, mentre per il pasto serale una gran parte degli stessi, potendo contare su proprie risorse economiche, preferisce cucinarsi il pasto acquistando gli alimenti al sopravio all’interno del carcere. In cucina lavorano 5 detenuti che cucinano per circa 300 persone. Dentro il carcere operano 3 “spesini”; detenuti addei alle richieste di acquisto di generi vari e distribuzione degli stessi nelle celle. I generi di maggior consumo sono pasta, caffé, zucchero, sugo di pomodoro e tabacchi. I detenuti che possono permeersi di acquistare prodoi del sopravio sono un numero ridoo rispeo al numero totale di reclusi. Sull’argomento vio e sopravio abbiamo intervistato il comandante Domenico Gorla. La gente di fuori probabilmente ritiene che qui si mangi come in un ristorante di gri- do. Ci può raccontare come è organizzato il servizio mensa? Probabilmente la gente di fuori pensando ai pasti consumati dai detenuti ha in mente certe scene dei film americani nei quali si vedono i detenuti seduti in sale mense molto spaziose e tui assieme, consumare il pasto. Qui da noi non funziona così. I pasti vengono serviti direamente in cella. Sono garantiti colazione pranzo e cena. I menù sono deati dal ministero della giustizia. Sono fai in base a una dieta prestabilita che contempla l’apporto calorico necessario e che tiene conto delle risorse messe a disposizione. Si tiene conto di esigenze particolari deate da motivi di salute e in generale l’apporto calorico giornaliero cal- colato nella dieta si basa sul presupposto che si traa di persone costree a una vita sedentaria. In cucina operano anche degli agenti che hanno delle specifiche conoscenze in materia. La compresenza in carcere di persone di religione e culture diverse complica la gestione del servizio mensa. Abbiamo visto per quanto riguarda la normativa di gestione del servizio mensa, le carceri italiane fanno riferimento a un quadro ministeriale nazionale. Cosa può gesti- re autonomamente e localmente ogni singolo carcere? Come già deo esistono delle tabelle ministeriali che stabiliscono quantità, qualità ec. A livello locale quello che si può fare, ad esempio, se c’è una specifica richiesta, determinati prodoi e sostituirli con altri equivalenti a parità di costo. Ci spiega il suo compito specifico in merito al servizio di vio e sopravio? Il regolamento non prevede una mia supervisione. In quanto Comandante, sono il garante delle norme. Non potendo occu- parmene di persona, c’è un’apposita commissione, mista, composta da detenuti e da operatori in rappresentanza della Direzio- ne, che ha il compito di verifica e controllo giornaliero. (sul funzionamento della commissione, non tui presenti all’incontro con il Comandante sono d’accordo) Quantitativamente, quante sono le persone che collaborano alla gestione del servizio, con quali compiti, quale autonomia, quale responsabilità? Ci sono cinque persone addee alla cucina e due agenti per la vigilanza. Al sopravio è addeo un agente e le due persone dell’impresa fornitrice. A queste vanno aggiunti i due detenuti che fanno parte della commissione, per un totale di 12 persone coinvolte. (È bene soolineare che dei cinque addei alla cucina tre fanno i cuochi, due sono inservienti e si turnano in base a orari seimanali.) Di quali strumenti di controllo si serve per verificare che chi gestisce operativamente il servizio, lo faccia in modo oimale? Esistono dei protocolli scrii a riguardo? Per quanto riguarda controlli e verifiche operiamo secondo quanto previsto dall’ordinamento penitenziario del 1975 e il rego- lamento di esecuzione del 2000; aspei questi che sono in capo al Direore anche se in questo momento spea al sooscrio onorarli. Mi avvalgo dell’apporto degli agenti e della commissione cucina, inoltre siamo soggei al protocollo sanitario all’ HACCP (la normativa sul traamento in sicurezza del cibo). È a conoscenza di criticità nel servizio e quali? Oppure di lamentele da parte di dete- nuti che giudica non pretestuose? Personalmente mi piace ascoltare tui e nel limite del possibile soddisfare eventuali richieste che mi vengono poste. (a questo punto è sorto un piccolo confronto animato riguardante la qualità del cibo e la diversificazione del menù a causa della com- presenza di detenuti di diverse etnie.) Ci può indicare tre cose concrete da fare, con quali tempi, e che si possono fare per migliorare il servizio? Di idee in testa ne avrei molte, purtroppo il tasto dolente è sempre quello delle risorse a disposizione che sono insufficienti. (qualcuno del gruppo di redazione presente domanda al comandante perché non sia possibile lavorare, anche a titolo gratuito, svolgendo qualche servizio, piuosto che rimanere in ozio forzato in cella. Il comandante risponde che non è possibile far lavorare senza retribuzione un detenuto, nemmeno su sua richiesta, perché potrebbe dare addito all’accusa di sfruamento del lavoro, oltre a creare possibili conflii tra interessati e direzione.). n A cura di Annalisa Dolzan e Piegiorgio Bortoloi SE L’OZIO È IL PADRE DI TUTTI I VIZI, qui in carcere siamo tutti imparentati e tutti fratelli; quasi un’unica grande famiglia. “Ci preme combattere la spirale dell’ozio”, afferma il coordinatore degli educatori carcerari dottor Tommaso Amadei che abbiamo incontrato come comitato di redazione. Quanto segue è il riassunto della conversazione che abbiamo avuto con lui e con l’educatrice dottoressa Caterina Martino. VITTO E SOPRAVVITTO Approfondimento con il comandante Domenico Gorla و( الأ كل, والشراب) واجهنا مسآ لة العيش خلال احد الإجتماعا ت لتحرير الجريدة ما فوق دا وجدنا ان الموضوع ساخن ـمعقد و مصدر لشكايات و مناقشة بين السجنا ء . لقد عمقنا بفحص هذا الموضوع في محاولة لجمع الإحصاءات و البيانات التي ستساعدنا الى حد ما لقراءة الحقيقة بالمقارنة بين المشاركين القادمين من عدة مجموعات ـيتضح أن الدين يستفيدون من و جبة الغداء يتراوح عدد هم بين80 الى90 / من مجموع المعتقلين في حين أن وجبة العشاء لدى كثير منهم .يفضلون الإعتماد على مواردهم المالية الخاصة لقتناء كل ما يحتاجونه لطهي يعمل خمسة من المعتقلين لتحظير وجبات الأكل لما يقرب300 سجين هنالك كدالك تلاثة اشخاص يعتمد عليهم في إقتناء المواد .الإستهلاكية مثل المكارونة .القهوة .السكر .صلصة الطماطم و السجائر السجناء اللدين يستطيعون تحمل نفقات شراء المنتوجات الغدائية المدكورة اعلاه ينحصر .في عدد قليل بالمقارنة مع العدد الكلي للسجناء لهذا الغرض قمنا بإستجواب مع القئد الدكتور دومينكو جورلا مدا يمكن لكم ان تقولو لنا عن نظام تقديم وجبات الأكل؟ لأن الناس خارج السجن يظنون أنه بمثابة الأكل في المطاعم في نظري آن الناس يخطر ببالهم أن استهلاك الوجبات يستعمل في قاعات واسعة دالك لما يرونه في بعض الأفلام والمسلسلات الأمريكية.نحن لا نعمل بهذه الطريقة ,يتم تقديم وجبات الطعام مباشرة في الخلية ,يضمن لكل سجين وجبة الإفطار ,الغذاء و العشاء أما فيما يتعلق بالقوائم فإنها تملى من قبل وزارة العدل إستنادا على نظام غدائي محددا اللدي يوفرالسعرات الحرارية اللازمة اخدا بعين الإعتبار الموارد المتاحة دون إهمال الإحتياجات و السعرات الحرارية اليومية الشاملة .الخاصة يعمل في المطبخ أناس لهم معرفة ودراية في الميدان لأنه في بعض الحالات هناك سجناء .مجبرون على نمط زعيش خاص إختلاف ديانات وعرقية السجناء يعقد خدمة إدارة المقصف الدي يخضع لنظام وطني و وزاري كيف وما مدى إستقلالكم في السير المحلي لكل سجن بمفرده؟ كما سبق الدكر هناك جداول وزارية تحدد الكيفية و النوعية والجودة ,مثلا ادا كان هناك طلب محدد .لبعض المنتوجات نستبدلها بأخرى بنفس التكلفة إشرح لنا مهمتكم المحدودة حول وجبات الطعام بصفتي قائد أنا هو الضامن للقواعد و التي لا يمكن التعامل معها بمفردي بل هنالك لجنة مهمتهم التحقيق و المراقبة مختلطة تتكون من السجناء ومشغلين يمتلون الإدارةسير عمل اللجنة,ليس الحاضرون في الإجتماع مع القائد) اليومية( كم عدد الناس اللدين يعملون في إدارة الخدمة؟ وما مدى أهميتهم واستقلالهم في المسؤولية؟ لدينا خمسة أ شخاص متورطين في المطبخ و إثنين في المراقبة . في إ دارة المطبخ يعمل شخصين من الشزكة الممولة ووكيل واحدالتلاتة من الخمس الدين يعملون) إضافة الى معتقلين من اللجنة,المجموع اثنى عشر شخصا يتناوبون على آساس جداويل أسبوعية( في االمطبخ هم طهات وإثنين في الحفز هناك بروتوكولات مكتوبة في هذا ما هي أدوات المراقبة والتحكم في الخدمة؟ الموضوع؟ فيما يتعلق بالضوابط و المراقبة نعمل على النحو المنصوص عليه من قبل ادارة السجون لعام1975 وقواعد وعمليات لسنة2000 يمكنني استخدام عدد من الوكلاء وكذالك لجنة من المطبخالتشريعات والتعامل الامن مع المواد الغذائية) كل هذا خاضع لجميع بروتوكولات الصحة(. هل تدرككم حرجية في الخدمة او شكاوي من النزلاء؟ وما هي؟ عند هذه). انا شخصيا أحب الإستماع الى الجميع وبقدر الإمكان لتلبية الطلبات الموجهة الي النقطة نشأة مقارنة حية على نوعية الطعام والتنويع من القائمة بسبب وجود سجناء من أعراقمختلفة(. يمكن لكم ان تعرض لنا تلاثة ملموسات حية يمكن القيام بها للزيادة في تحسين الخدمة؟ وبأي وتيرة؟سأل أحد أفراد التحرير القائد). الأفكار في ذهني عديدة الأسف هو ان الموارد المتاحة غير كافية لماذا لايمكن العمل مجانا في بعض الخدمات بدلا لمن البقاء مكفوف الأيدي في الخلية؟ أجاب لم يكن ممكنا تشغيل السجين بدون مقابل يعني مجانا ولو اراد السجين القيام بذالك القائدلأنه يمكن ان يوجه لك تهمة الإستغلال أو إيجاد صراعات محتملة بين اصحاب المصلحة والإدارة( . إدا كان التسيب او الكسل هو أم الرذائل نحن هنا في السجن إخوة تقريبا أسرة كبيرة نرتبط هذا ما قاله لنا الدكتور تومازو فيما بيننا هدفنا محاربة دوامة التسيب و الكسل أمدي منسق وفيما يلي ملخص المربين في السجن الدي إلتقيناه عن هيئة التحرير التي كانت المحادثة لدينا معه ومع المربية كترينا مرتيني. عندما كنت أدرس القانون أتيحت لي فرصة لقاء خلال زيارة قمت بها للسجن رأيت فيها واقع .المشاكل التي توجد داخل هذه الهياكل.هذا ما دفع بي لإختيار هذه المهنة ماذا يعني عمل المربي في السجن ؟ وماهو الدور الدي يقوم به؟ أجد أن عمل المربي في السجون يعني بناء إمكانيات حقيقية لإعادة الإدماج الإجتماعي للسجناءالمنزل – وبعبارة أخرى نعمل على إيجاد كل شيء-المدرسة- على وجه نعمل على ثلات محاور العمل .لتغير وتحسين أوضاع الأشخاص المحتجزين يمكنك أن تقول لنا لمادا اخترت مهنة المربي ماهو دورك هنا؟ أعمل في مجال منسق التعليم مع تلاثة مربين مكلفين بجميع القضايا المتعلقة .بالمعتقلين ماهي درجة الإستقلالية في مهامك؟ وكذالك درجة إستقلالية فريق المربين؟ لست ولسنا مستقلين تماما بل نخضع للمدير والقاضي المشرف .مقترحاتنا وقضايانا تتعلق بأولائك الدين من فوقنا وكذالك عدم وجود مدير متفرغ مما يؤدي في بعض الأحيان الى .مزيد من الإستقلالية يعني إجراء تغيرات فيما يتعلق بأنشطة العمل والجداويل الزمنية ففشلتم في تحقيقها موضحا إعطينا تلاثة او اربعة أشياء ترغبون في القيام بها الأسباب التي تعيقكم الزيادة في فرص العمل ,حاليا يمكننا أن نستخدم ما مجموعه سبعة وتمانون شخصا ,خمسة وتلاثون منهم يحتلون منصب الإعتماد في السجن ,أربعون في جمعيات وإثنى عشر في تعاونيات .لو كان بإمكاني لضاعفت العدد لكن من الصعب العثور على أناس موضفين من الخارج . أضيف كذالك أن تناوب الخدمات بين السجناء يصعب في بعض الأحيان لأن مدة الإعتقال قليلة لهذا نضطر لإعطائهم دروس وجيزة. هل هناك أوجه مهنية أخرى ؟ الممرض والطبيب إلى المربين الدين يشاركون في الملاحضة يوجد المدير القائد إضافة السجن ,إضافة الى هؤلاء كل أحد من هذه الأوجه يقوم بجهد خاص وبمهام داخل و جارج النفساني المساعدة الإجتماعية و المدرسون الدين تتكون من قسيس السجن توجد مجموعة للملاحضات في معرفة كل شخص لكن ليس لهم دور في التقرير يمكن الإعتماد عليهم ما هي لوتائق التلخيص ؟من يحررها؟ متى و كيف ؟ ما هي مهمتها و صلاحيتها ؟ المجموعة السبق دكرها الضوابط تقرر أنه يمكن إغلاقها في إجل لا يتعدى تسعة آشهر من طرف . بالمطابقة مع الإمكانيات المتاحة نحاول دائما احترام الأجل هل وتائق التلخيص وسيلة للقياس ؟ هل محدد من طرف القانون أو من المؤسسة السجنية ؟ وزارة العدل تعطينا إشارات وملاحظات التي من خلالها يمكن ملاحظة أي سجين بعد إبصامه , إدا خلال ساعات اليوم كله . نحن نقوم تقريبا بصورة لمعاملة السجين . المربيات الإجتماعيات هم قلائل لذى يساهمون بقسط قليل في التعامل مع هذا هل يمكم للمعني بالأمر آن يعرف محتوى التلخيص ؟ إدا كان الجواب نعم ام لا لمادا ؟ المعني بالآمر يمكن له إن يرفضه ؟ إدا كان الجواب نعم لمادا؟ نأخد بالقياس الأقصى . بالنسبة للأجنبي خاصة إدا كان غير شرعي في غالب الأحيان معقدة لأنه ليس لدينا وسائل لمساعدته . تصبح المسألة .في يمكن للمعني بالأمر رفض الوثيقة في البداية لكن يمكن تغيرها عندما يغير سلوكه طرحوا تساؤلات أخرى و التي أجاب عليها المربي المستجوبون . هذه النقطة أريد أن أسطر على أنه من جهة قاضي المراقبة في غالب الأحيان هناك إرادة قوية لتغير قرارات الدين لديهم مشاكل الإدمان على الكحول و المخدرات و الراغبين في الإعتقال بالنسبة للنزلاء الإستقبال الدخول في إحدى جمعيات دالك بإختيارهم بالنسبة للدين يرفضون أو يريدون العمل لدى أقاربهم جد معقدة .حين إدتصبح المسألة هل العمل داخل وخارج السجن مهم لتأديب وإعادة إدماج المعتقل ؟ ما هي الصعوبات التي تعوق دالك ؟ والتي أترت على إيجاد المربي أعطانا ملامح المشاكل المتعلقة بالأزمة الإقتصادية الحالية الى حد الآن المجهودات التي قمنا فرص العمل داخل وجارج السجن . رغم هذا كله في نظر المربي بها لإيجاد فرص الشغل داخل السجن جد حسنة إد أن هناك سبعة وثمانون شخصا يعملون بتناوب طول السنة مما يساهم بقصط وافر في إيجاد الشغلSi ringrazia per la Traduzione Il Sig. Brahim 4 1 “DENTRO” la voce della Casa Circondariale di Trento “DENTRO” la voce della Casa Circondariale di Trento DENTRO.indd 1 28/11/13 18.13

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Periodico di approfondimento e riflessione curato dalla redazione della casa circondariale di Trento. A cura di APAS Trento

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Ci può dire perché ha scelto la professione di educatore?Mentre studiavo legge ho avuto l’occasione di incontrare, durante una visi-ta in carcere, la realtà e le problematiche che esistono all’interno di queste strutture. Questo mi ha stimolato a scegliere tale professione.

Cosa significa fare l’educatore in carcere?Ritengo che fare l’educatore in carcere significhi soprattutto costruire delle possibilità concrete di reinserimento sociale per i detenuti, in particolare operando su tre versanti: lavoro, scuola, e abitazione. In altre parole operare e offrire opportunità di cambiamento e miglioramento alle persone dete-nute.

Quale è il suo ruolo qui dentro?In quanto coordinatore dell’area educativa mi occupo soprattutto dell’orga-nizzazione dell’attività della medesima. Con me operano altri tre educatori; sono loro che si occupano per la maggior parte di tutte le questioni riguar-danti i detenuti.

Quale è il grado di autonomia di cui gode nell’ambito delle sue mansioni personali e quale quella dell’equipe degli edu-catori?Non sono e non siamo completamente autonomi, dipendendo dal diret-tore e dal magistrato di sorveglianza. Le mie, le nostre proposte vengono ascoltate e vagliate da chi sta sopra di noi. Per la cronaca, la mancanza del direttore a tempo pieno, ha comportato per taluni aspetti una maggiore au-tonomia che per me ha significato operare dei cambiamenti riguardanti le attività lavorative e gli orari ad essi collegati.Ci spiega alcune delle cose (3 o 4) che vorrebbe poter fare e che non riesce a realizzare, spiegandoci le ragioni che glielo impediscono?Aumentare i posti di lavoro. Attualmente possono venire impiegate 87 per-sone complessivamente, di cui, 35 occupate alle dipendenze del carcere, 40 negli assemblaggi e 12 nelle varie cooperative. Se potessi le raddoppierei, ma è difficile trovare commesse da fuori. Aggiungo inoltre che l’eccessivo tournover tra i detenuti, dovuto al fatto che in genere scontano condanne brevi, condiziona molto la possibilità di progettare attività nelle quali impie-garli. Dobbiamo ripiegare su corsi di breve durata.

Quali altre figure professionali, oltre gli educatori, parteci-pano alla valutazione del detenuto?Oltre agli educatori fanno parte del gruppo di osservazione il Direttore, il Co-mandante, l’Operatore sanitario e lo Psicologo. Ognuna di queste figure porta il proprio contributo personale e di competenza dentro e fuori il carcere. Ol-tre a queste figure esiste un altro gruppo di osservazione: il G.O.T. di cui fanno parte, il Cappellano del carcere, l’Assistente sociale del SERT, gli insegnanti che possono essere interpellati per la migliore conoscenza dell’individuo, ma che non hanno nessun potere decisionale sulla stesura della sintesi.

Cos’è il documento di sintesi; da chi è redatto, come e quan-do? Quale è la sua utilità ed efficacia?Il regolamento stabilisce che debba essere concluso entro nove mesi dallo staff di cui sopra; compatibilmente con le nostre possibilità cerchiamo di rispettare i termini.

Il documento di sintesi è uno strumento di valutazione nor-mato dalla legge o dal regolamento penitenziario?Dal ministero della giustizia danno delle indicazioni, osservazioni di massima, in base alle quali compiere l’osservazione del detenuto, che deve essere impron-tata a oggettività. Quindi noi non facciamo altro che osservare, quasi facessimo una fotografia, il comportamento del detenuto in ogni ambito della sua giornata tipo. Gli assistenti sociali dell’ UEPE (ufficio esecuzione penale esterno), sono pochi e contribuiscono in minima parte alla relazione di sintesi.

L’interessato può conoscerne il contenuto, e se no, perché? L’interessato può contestarlo? Se si, come?In generale comunichiamo quella che è la valutazione di massima. Per uno straniero, specialmente se irregolare, la questione si complica perché non ci sono gli strumenti per poterlo aiutare. L’interessato non può contestare il documento di sintesi. La valutazione, se negativa in un primo tempo, è suscettibile di modifica nel caso il detenuto modifichi il suo comportamen-to, in seguito. A questo punto da parte degli intervistatori sono state for-mulate altre domande rispetto alle misure alternative, alle quali l’educatore ha risposto: Vorrei sottolineare che da parte del Magistrato di sorveglianza, solitamente, c’è grande disponibilità a concedere misure alternative alla car-cerazione a persone con problemi di alcolismo e di tossicodipendenza nel caso accettino un programma di recupero e scelgano di entrare in qualche comunità di accoglienza. La cosa si rende più difficile per persone recidive o che richiedono di lavorare presso dei parenti.

Il lavoro dentro e fuori del carcere (in misure alternative) è fondamentale per un reale e proficuo reinserimento e riedu-cazione del detenuto. Quali sono le difficoltà che ne limitano la possibile concretizzazione?A questo punto l’Educatore ha evidenziato le innumerevoli difficoltà de-rivanti dalla crisi economica attuale, per mancanza o insufficienza di op-portunità lavorative all’esterno e all’interno del carcere. Nonostante questo, l’Educatore ritiene che gli sforzi fin qui compiuti per offrire opportunità di lavoro, dentro il carcere, abbiano dato buoni risultati, dal momento che sono 87 le persone impiegate complessivamente e che, turnandosi, nell’ar-co di un anno, permette a quasi tutti i detenuti di lavorare per un breve pe-riodo di tempo. Rispetto ad altri carceri il tempo di attesa per ciascun dete-nuto è molto più breve. Da parte nostra, ha aggiunto l’Educatore, c’è tutta la volontà e la determinazione nel contrastare l’ozio forzato.

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“DENTRO”LA VOCE DELLA CASACIRCONDARIALE DI TRENTO

PAROLE DAL CARCEREDurante una riunione di redazione abbiamo affrontato il tema vitto e sopravitto, dal momento che abbiamo appurato trattarsi di un argo-mento complesso, scottante e fonte di lamentele e discussioni tra i de-tenuti. Abbiamo approfondito l’argomento cercando di raccogliere dei dati che ci aiutassero a leggere, per quanto possibile, la realtà a riguardo. Da un confronto tra i partecipanti al gruppo (provenienti da più se-zioni) è emerso che usufruiscono del pasto di mezzogiorno dall’80 al 95% dei detenuti, mentre per il pasto serale una gran parte degli stessi, potendo contare su proprie risorse economiche, preferisce cucinarsi il pasto acquistando gli alimenti al sopravitto all’interno del carcere. In cucina lavorano 5 detenuti che cucinano per circa 300 persone. Dentro il carcere operano 3 “spesini”; detenuti addetti alle richieste di acquisto di generi vari e distribuzione degli stessi nelle celle. I generi di maggior consumo sono pasta, caffé, zucchero, sugo di pomodoro e tabacchi. I detenuti che possono permettersi di acquistare prodotti del sopravitto sono un numero ridotto rispetto al numero totale di reclusi. Sull’argomento vitto e sopravitto abbiamo intervistato il comandante Domenico Gorla.

La gente di fuori probabilmente ritiene che qui si mangi come in un ristorante di gri-do. Ci può raccontare come è organizzato il servizio mensa?Probabilmente la gente di fuori pensando ai pasti consumati dai detenuti ha in mente certe scene dei film americani nei quali si vedono i detenuti seduti in sale mense molto spaziose e tutti assieme, consumare il pasto. Qui da noi non funziona così. I pasti vengono serviti direttamente in cella. Sono garantiti colazione pranzo e cena. I menù sono dettati dal ministero della giustizia. Sono fatti in base a una dieta prestabilita che contempla l’apporto calorico necessario e che tiene conto delle risorse messe a disposizione. Si tiene conto di esigenze particolari dettate da motivi di salute e in generale l’apporto calorico giornaliero cal-colato nella dieta si basa sul presupposto che si tratta di persone costrette a una vita sedentaria. In cucina operano anche degli agenti che hanno delle specifiche conoscenze in materia. La compresenza in carcere di persone di religione e culture diverse complica la gestione del servizio mensa.

Abbiamo visto per quanto riguarda la normativa di gestione del servizio mensa, le carceri italiane fanno riferimento a un quadro ministeriale nazionale. Cosa può gesti-re autonomamente e localmente ogni singolo carcere?Come già detto esistono delle tabelle ministeriali che stabiliscono quantità, qualità ec. A livello locale quello che si può fare, ad esempio, se c’è una specifica richiesta, determinati prodotti e sostituirli con altri equivalenti a parità di costo.

Ci spiega il suo compito specifico in merito al servizio di vitto e sopravitto?Il regolamento non prevede una mia supervisione. In quanto Comandante, sono il garante delle norme. Non potendo occu-parmene di persona, c’è un’apposita commissione, mista, composta da detenuti e da operatori in rappresentanza della Direzio-ne, che ha il compito di verifica e controllo giornaliero. (sul funzionamento della commissione, non tutti presenti all’incontro con il Comandante sono d’accordo)

Quantitativamente, quante sono le persone che collaborano alla gestione del servizio, con quali compiti, quale autonomia, quale responsabilità?Ci sono cinque persone addette alla cucina e due agenti per la vigilanza. Al sopravitto è addetto un agente e le due persone dell’impresa fornitrice. A queste vanno aggiunti i due detenuti che fanno parte della commissione, per un totale di 12 persone coinvolte. (È bene sottolineare che dei cinque addetti alla cucina tre fanno i cuochi, due sono inservienti e si turnano in base a orari settimanali.)

Di quali strumenti di controllo si serve per verificare che chi gestisce operativamente il servizio, lo faccia in modo ottimale? Esistono dei protocolli scritti a riguardo?Per quanto riguarda controlli e verifiche operiamo secondo quanto previsto dall’ordinamento penitenziario del 1975 e il rego-lamento di esecuzione del 2000; aspetti questi che sono in capo al Direttore anche se in questo momento spetta al sottoscritto onorarli. Mi avvalgo dell’apporto degli agenti e della commissione cucina, inoltre siamo soggetti al protocollo sanitario all’ HACCP (la normativa sul trattamento in sicurezza del cibo).

È a conoscenza di criticità nel servizio e quali? Oppure di lamentele da parte di dete-nuti che giudica non pretestuose?Personalmente mi piace ascoltare tutti e nel limite del possibile soddisfare eventuali richieste che mi vengono poste. (a questo punto è sorto un piccolo confronto animato riguardante la qualità del cibo e la diversificazione del menù a causa della com-presenza di detenuti di diverse etnie.)

Ci può indicare tre cose concrete da fare, con quali tempi, e che si possono fare per migliorare il servizio?Di idee in testa ne avrei molte, purtroppo il tasto dolente è sempre quello delle risorse a disposizione che sono insufficienti. (qualcuno del gruppo di redazione presente domanda al comandante perché non sia possibile lavorare, anche a titolo gratuito, svolgendo qualche servizio, piuttosto che rimanere in ozio forzato in cella. Il comandante risponde che non è possibile far lavorare senza retribuzione un detenuto, nemmeno su sua richiesta, perché potrebbe dare addito all’accusa di sfruttamento del lavoro, oltre a creare possibili conflitti tra interessati e direzione.). n

A cura di Annalisa Dolzan e Piegiorgio Bortolotti

SE L’OZIO È IL PADRE DI TUTTI I VIZI, qui in carcere siamo tutti imparentati e tutti fratelli; quasi un’unica grande famiglia.

“Ci preme combattere la spirale dell’ozio”, afferma il coordinatore degli educatori carcerari dottor Tommaso Amadei che abbiamo incontrato come comitato di redazione. Quanto segue è il riassunto della conversazione che abbiamo avuto con lui e con l’educatrice dottoressa Caterina Martino.

VITTO E SOPRAVVITTOApprofondimento con il comandante Domenico Gorla

خلال احد الإجتماعا ت لتحرير الجريدة واجهنا مسآ لة العيش ( الأ كل, والشراب) وما فوق دا

وجدنا ان الموضوع ساخن ـمعقد و مصدر لشكايات و مناقشة بين السجنا ء . لقد عمقنا بفحص هذا الموضوع في محاولة لجمع الإحصاءات و البيانات التي ستساعدنا الى حد ما لقراءة الحقيقة

بالمقارنة بين المشاركين القادمين من عدة مجموعات ـيتضح أن / من مجموع المعتقلين في90 الى 80الدين يستفيدون من و جبة الغداء يتراوح عدد هم بين

حين أن وجبة العشاء لدى كثير منهم .يفضلون الإعتماد على مواردهم المالية الخاصة لقتناء كل ما يحتاجونه لطهي

سجين هنالك كدالك تلاثة300يعمل خمسة من المعتقلين لتحظير وجبات الأكل لما يقرب اشخاص يعتمد عليهم في إقتناء المواد

.الإستهلاكية مثل المكارونة .القهوة .السكر .صلصة الطماطم و السجائر السجناء اللدين يستطيعون تحمل نفقات شراء المنتوجات الغدائية المدكورة اعلاه ينحصر

.في عدد قليل بالمقارنة مع العدد الكلي للسجناء لهذا الغرض قمنا بإستجواب مع القئد الدكتور دومينكو جورلا

مدا يمكن لكم ان تقولو لنا عن نظام تقديم وجبات الأكل؟ لأن الناس خارج السجن

يظنون أنه بمثابة الأكل في المطاعمفي نظري آن الناس يخطر ببالهم أن استهلاك الوجبات يستعمل في قاعات واسعة دالك لما يرونه في بعض الأفلام والمسلسلات الأمريكية.نحن لا نعمل بهذه الطريقة ,يتم تقديم وجبات الطعام مباشرة في الخلية ,يضمن لكل سجين وجبة الإفطار ,الغذاء و العشاء أما فيما يتعلق بالقوائم فإنها تملى من قبل وزارة العدل إستنادا على نظام غدائي محددا اللدي يوفرالسعرات الحرارية اللازمة اخدا بعين الإعتبار الموارد المتاحة دون إهمال الإحتياجات .الخاصة و السعرات الحرارية اليومية الشاملة

يعمل في المطبخ أناس لهم معرفة ودراية في الميدان لأنه في بعض الحالات هناك سجناء .مجبرون على نمط زعيش خاص

إختلاف ديانات وعرقية السجناء يعقد خدمة إدارة المقصف الدي يخضع لنظام وطني و وزاري

كيف وما مدى إستقلالكم في السير المحلي لكل سجن بمفرده؟

كما سبق الدكر هناك جداول وزارية تحدد الكيفية و النوعية والجودة ,مثلا ادا كان هناك طلب محدد .لبعض المنتوجات نستبدلها بأخرى بنفس التكلفة

إشرح لنا مهمتكم المحدودة حول وجبات الطعام

بصفتي قائد أنا هو الضامن للقواعد و التي لا يمكن التعامل معها بمفردي بل هنالك لجنة مختلطة تتكون من السجناء ومشغلين يمتلون الإدارة مهمتهم التحقيق و المراقبة

)اليومية(سير عمل اللجنة,ليس الحاضرون في الإجتماع مع القائد

المسؤولية؟ كم عدد الناس اللدين يعملون في إدارة الخدمة؟ وما مدى أهميتهم واستقلالهم في لدينا خمسة أ شخاص متورطين في المطبخ و إثنين في المراقبة . في إ دارة المطبخ يعمل

شخصين من الشزكة الممولة ووكيل واحد إضافة الى معتقلين من اللجنة,المجموع اثنى عشر شخصا(التلاتة من الخمس الدين يعملون

في االمطبخ هم طهات وإثنين في الحفز) يتناوبون على آساس جداويل أسبوعيةالموضوع؟ ما هي أدوات المراقبة والتحكم في الخدمة؟ هناك بروتوكولات مكتوبة في هذا

فيما يتعلق بالضوابط و المراقبة نعمل على النحو المنصوص عليه من قبل ادارة السجون يمكنني استخدام عدد من الوكلاء وكذالك لجنة من المطبخ2000 وقواعد وعمليات لسنة 1975لعام

.)كل هذا خاضع لجميع بروتوكولات الصحة (التشريعات والتعامل الامن مع المواد الغذائية هل تدرككم حرجية في الخدمة او شكاوي من النزلاء؟ وما هي؟

انا شخصيا أحب الإستماع الى الجميع وبقدر الإمكان لتلبية الطلبات الموجهة الي .( عند هذه النقطة نشأة مقارنة حية على نوعية الطعام والتنويع من القائمة بسبب وجود سجناء من أعراق

.)مختلفة يمكن لكم ان تعرض لنا تلاثة ملموسات حية يمكن القيام بها للزيادة في تحسين الخدمة؟

وبأي وتيرة؟ الأفكار في ذهني عديدة الأسف هو ان الموارد المتاحة غير كافية.(سأل أحد أفراد التحرير القائد

لماذا لايمكن العمل مجانا في بعض الخدمات بدلا لمن البقاء مكفوف الأيدي في الخلية؟ أجاب القائد لم يكن ممكنا تشغيل السجين بدون مقابل يعني مجانا ولو اراد السجين القيام بذالك

. )لأنه يمكن ان يوجه لك تهمة الإستغلال أو إيجاد صراعات محتملة بين اصحاب المصلحة والإدارةنرتبط إدا كان التسيب او الكسل هو أم الرذائل نحن هنا في السجن إخوة تقريبا أسرة كبيرة

أمدي منسق فيما بيننا هدفنا محاربة دوامة التسيب و الكسل هذا ما قاله لنا الدكتور تومازو المحادثة التي كانت المربين في السجن الدي إلتقيناه عن هيئة التحرير وفيما يلي ملخص

. لدينا معه ومع المربية كترينا مرتيني عندما كنت أدرس القانون أتيحت لي فرصة لقاء خلال زيارة قمت بها للسجن رأيت فيها واقع

.المشاكل التي توجد داخل هذه الهياكل.هذا ما دفع بي لإختيار هذه المهنةماذا يعني عمل المربي في السجن ؟ وماهو الدور الدي يقوم به؟

أجد أن عمل المربي في السجون يعني بناء إمكانيات حقيقية لإعادة الإدماج الإجتماعي للسجناء على وجه نعمل على ثلات محاور العمل-المدرسة-المنزل – وبعبارة أخرى نعمل على إيجاد كل شيء

.لتغير وتحسين أوضاع الأشخاص المحتجزينيمكنك أن تقول لنا لمادا اخترت مهنة المربي

ماهو دورك هنا؟

أعمل في مجال منسق التعليم مع تلاثة مربين مكلفين بجميع القضايا المتعلقة.بالمعتقلين

ماهي درجة الإستقلالية في مهامك؟ وكذالك درجة إستقلالية فريق المربين؟

لست ولسنا مستقلين تماما بل نخضع للمدير والقاضي المشرف .مقترحاتنا وقضايانا تتعلق بأولائك الدين من فوقنا وكذالك عدم وجود مدير متفرغ مما يؤدي في بعض الأحيان الى

.مزيد من الإستقلالية يعني إجراء تغيرات فيما يتعلق بأنشطة العمل والجداويل الزمنية

إعطينا تلاثة او اربعة أشياء ترغبون في القيام بها ففشلتم في تحقيقها موضحاالتي تعيقكم الأسباب

الزيادة في فرص العمل ,حاليا يمكننا أن نستخدم ما مجموعه سبعة وتمانون شخصا ,خمسة وتلاثون منهم يحتلون منصب الإعتماد في السجن ,أربعون في جمعيات وإثنى عشر في

تعاونيات .لو كان بإمكاني لضاعفت العدد لكن من الصعب العثور على أناس موضفين منالأحيان لأن مدةالخارج . أضيف كذالك أن تناوب الخدمات بين السجناء يصعب في بعض

. الإعتقال قليلة لهذا نضطر لإعطائهم دروس وجيزةهل هناك أوجه مهنية أخرى ؟

إضافة إلى المربين الدين يشاركون في الملاحضة يوجد المدير القائد الممرض والطبيب النفساني كل أحد من هذه الأوجه يقوم بجهد خاص وبمهام داخل و جارج السجن ,إضافة الى هؤلاء توجد مجموعة للملاحضات تتكون من قسيس السجن المساعدة الإجتماعية و المدرسون الدين

يمكن الإعتماد عليهم في معرفة كل شخص لكن ليس لهم دور في التقرير

ما هي لوتائق التلخيص ؟من يحررها؟ متى و كيف ؟ ما هي مهمتها و صلاحيتها ؟ الضوابط تقرر أنه يمكن إغلاقها في إجل لا يتعدى تسعة آشهر من طرف المجموعة السبق دكرها

. بالمطابقة مع الإمكانيات المتاحة نحاول دائما احترام الأجلالسجنية ؟ هل وتائق التلخيص وسيلة للقياس ؟ هل محدد من طرف القانون أو من المؤسسة

وزارة العدل تعطينا إشارات وملاحظات التي من خلالها يمكن ملاحظة أي سجين بعد إبصامه , إدا. نحن نقوم تقريبا بصورة لمعاملة السجين خلال ساعات اليوم كله

. المربيات الإجتماعيات هم قلائل لذى يساهمون بقسط قليل في التعامل مع هذاهل يمكم للمعني بالأمر آن يعرف محتوى التلخيص ؟ إدا كان الجواب نعم ام لا لمادا ؟

المعني بالآمر يمكن له إن يرفضه ؟ إدا كان الجواب نعم لمادا؟ في غالب الأحيان نأخد بالقياس الأقصى . بالنسبة للأجنبي خاصة إدا كان غير شرعي

. تصبح المسألة معقدة لأنه ليس لدينا وسائل لمساعدته يمكن للمعني بالأمر رفض الوثيقة في البداية لكن يمكن تغيرها عندما يغير سلوكه .في

. هذه النقطة المستجوبون طرحوا تساؤلات أخرى و التي أجاب عليها المربي أريد أن أسطر على أنه من جهة قاضي المراقبة في غالب الأحيان هناك إرادة قوية لتغير قرارات

الإعتقال بالنسبة للنزلاء الدين لديهم مشاكل الإدمان على الكحول و المخدرات و الراغبين في دالك بإختيارهم الدخول في إحدى جمعيات الإستقبال

.حين إدتصبح المسألة جد معقدة بالنسبة للدين يرفضون أو يريدون العمل لدى أقاربهمالتي تعوق هل العمل داخل وخارج السجن مهم لتأديب وإعادة إدماج المعتقل ؟ ما هي الصعوبات

دالك ؟ المربي أعطانا ملامح المشاكل المتعلقة بالأزمة الإقتصادية الحالية والتي أترت على إيجاد

فرص العمل داخل وجارج السجن . رغم هذا كله في نظر المربي الى حد الآن المجهودات التي قمنا بها لإيجاد فرص الشغل داخل السجن جد حسنة إد أن هناك سبعة وثمانون شخصا يعملون

بتناوب طول السنة مما يساهم بقصط وافر في إيجاد الشغل

Si ringrazia per la Traduzione Il Sig. Brahim

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4 1“DENTRO” la voce della Casa Circondariale di Trento“DENTRO” la voce della Casa Circondariale di Trento

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LIBERTÀ È... quella cosa talmente bella da non saperla definire.Preziosa e facile da perdere. Talvolta impossibile da ritrovare.

A cura di Annalisa Dolzan (pubblicato su Questotrentino di aprile)

LIBERTÀ È…a partire da una mancanza

A cura di Piergiorgio Bortolotti

UN’ESTATE ALL’HOTEL SPINI

Ne parliamo con chi la privazione della libertà l’ha sperimentata sulla propria pelle.A Nel gennaio 2013, presso la Casa Circondariale di Trento, è partito il progetto di “redazione in carcere”. Proposto dall’Apas (Associazione Provinciale di Aiuto Sociale), in collaborazione con la Conferenza Regionale Volontariato Giustizia e con l’Ufficio Educatori presso il carcere, e gestito da un volontariato qualificato, il progetto mira a favorire nuove forme di partecipazione in quella realtà sociale. Finora ha coinvolto una decina di detenuti, coordinati da Piergiorgio Bortolotti, ex direttore del centro “Il Punto d’incontro” ed autore di numerosi romanzi e da Annalisa Dolzan, docente di lingue, traduttrice e redattrice di Questo Trentino. Gli articoli sono il risultato di una scrittura collettiva, processo che già Don Milani spiegava così: “Per prima cosa ognuno tiene in tasca un notes. Ogni volta che gli viene un’idea ne prende appunto. Ogni idea su un foglietto separato e scritto da una parte sola. Un giorno si mettono insieme tutti i foglietti su un grande tavolo…” (da Lettera a una professoressa). Con intenti più modesti dei ragazzi di Barbiana, anche noi abbiamo usato lo stesso metodo, ma dividendoci in due gruppi, uno al lavoro con Piergiorgio, l’altro con Annalisa.

“QUANDO LE COSE FANNO TROPPO MALE SI DIVENTA EROI O VIGLIACCHI.”L come “la corda”Un giorno Mouldi“ha fatto la corda”. Lo racconta dice in tono pacato come parlasse di cosa ha mangiato a pranzo. “Avevo la casa, la fami-glia, il lavoro, ma ho perso tutto. Nella mia casa ci sono ancora i miei mobili. Le bollette degli inquilini nuovi sono ancora intestate a me. E posso solo sperare che le paghino regolarmente. Ho perso anche mia moglie, in questi 8 mesi di carcere. E a mio figlio ho detto che sono in Belgio a lavorare. Così, quando ho saputo che non mi davano i domiciliari, è arrivato un momento troppo nero, troppo debole duro, non so. L’ho presa male”. C’era il calcio in televisione, e Mouldi era in cella da solo; aveva mal di testa. Steso sul letto, non faceva che leggere e rileggere quei fogli. Poi spostò il tavolo e la bandiera dell’Inter, ci fece due nodi e la legò in alto. “Poi la volevo togliere, - ricorda - ma i nodi erano diventati duri e non potevo”. Per fortuna, passò un assistente, si accorse che Mouldi era in pericolo e chiamò i soccorsi. “Mi hanno mandato la psicologa, e mi hanno chiesto ‘ma perché?’ Volevo riposare. Non volevo pensare più.” In carcere per reati di droga, Mouldi (che è di origini tunisine) a fine febbraio ha avuto il permesso di fare un colloquio di lavoro. Se tutto va bene, tornerà a fare l’operaio metalmeccanico, part-time, e così potrà riprendere almeno “mezza vita normale”. Il finesettimana premio a casa dei parenti, a Bre-scia, è un piccolo assaggio di libertà: “La prima volta, dopo tanto tempo, prevale la paura. Di sbagliare. Di sbagliare strada. Di sbagliare orari”. Ma va tutto bene. E quando è ora di rientrare i carabinieri, per non spaventare suo figlio, invece di presentarsi di persona telefonano. “Ma la libertà è un altro mondo: a casa tua puoi muoverti da una camera all’altra, mangi quello che vuoi, quando vuoi. Sono uscito in giardino a fumarmi una sigaretta, e mi è tornato in mente il carcere. Mi sono chiesto ‘ma dove sono stato tutto questo tempo?!’ Adesso se qualcuno mi dice della corda mi viene da ridere! È una sciocchezza!” .

I come “Io non ci penso neanche!”“Io, alla libertà, non ci penso neanche.” Alza le spalle e abbassa lo sguardo, Said, quando è il suo turno di parlarne. È un barbiere marocchino, clandestino, corriere di droga fra l’Italia e l’Austria; in Italia è solo, fuori e dentro la prigione. Deve scontare ancora 4 anni. Neanche la madre sa che è in carcere, perché parlarne fa troppo male. “Non sono capace”, dice piano Said. Ci vuole qualche settimana perché si lasci coinvolgere nel gruppo di redazione. Poi qualcosa cambia nel suo sguardo. E affiora un ricordo: libertà è l’aria di Vienna dal finestrino di un treno per Praga. Una “mattata” senza documenti e senza scrupoli per far sorridere la sua ra-gazza. A Praga, però, la sera, in discoteca, scatta scoppia la rissa: quattro magrebini offendono la sua fidanzata. Sono tutti ubriachi, e anche Said ha alzato il gomito; difende la fidanzata; i ragazzi cominciano a picchiarsi e lui viene colpito da una coltellata al collo. “Messer” – coltello – la parola gli esce di bocca in tedesco, mentre ci mostra la cicatrice. I magrebini scappano. La polizia arriva. La fidanzata torna a Vienna, da sola. Perché Said finisce in prigione: “La prima settimana non mangiavo, ho fatto lo sciopero della fame. E quella successiva sono uscito”. A Praga, quando lo arrestano, gli chiedono se parla tedesco o italiano; l’interprete di arabo non c’è. Said sceglie l’italiano. “Libertà è poter parlare”, osserva quando arriva in aula con un libro da cui copia le frasi che lo colpiscono: S’intitola “L’altra libertà”, raccolta di racconti scritti da de-tenuti, edizione 2010 del premio letterario Emanuele Casalini, riservato ai detenuti delle carceri italiane vincitori dell’edizione 2010 .

B come Brutta“Brutta la vita in prigione”, per Marco, che ha 39 anni, ha rapinato il Paese da sud a nord e dietro una serranda scassinata ha trovato l’amore. “La libertà l’ho trovata negli occhi della mia donna”, dice. Poi aggiunge: “E’ qui anche lei. Ci hanno arrestati insieme, ma non ci possiamo vedere né sentire, perché non siamo né sposati né conviventi”. La sua storia sembra un romanzo. E infatti Marco ne sta scrivendo uno: l’amore lo ha trovato davanti alla vetrina del negozio che entrambi intendeva-no svaligiare. Ma questa B è anche B come sta anche per “botte”: quelle che Marco ha dato alla sua ragazza e alla signora che hanno rapinato. La malcapitata si è presa le botte dalla fidanzata di Marco più per gelosia che per soldi, se è vero che la fidanzata ha reagito allo sguardo languido della vittima e per punirla ha deciso di assaltarla! Ladro e gentiluomo, in decenni di attività Marco non aveva mai picchiato le sue vittime, ma – spiega –“per fermare quelle due non ho avuto altra scelta”. È in carcere per la prima volta e “Tutto è brutto. Tutto mi pesa. E niente mi interessa. L’educatrice mi ha consigliato di partecipare a questo gruppo perché sa che amo scrivere”. E conclude: “Se mi tolgono la penna sono finito”.

E come Egalité! (Fraternité! Liberté!)Espatriato per lavoro in Francia, Andrea si definisce “esule di un sistema assistenzialista – quello italiano, e in particolare trentino – che non gli mi ha riservato niente di buono”. In prigione per la prima volta, ha il viso segnato da fatiche e violenze: “In Francia non avevo bisogno di fare rapine: quando sono arrivato, mentre cercavo lavoro mi hanno dato un alloggio e 600 euro al mese per vivere.” E racconta che anche quando ha trovato lavoro, il sussidio (seppur dimezzato) non è stato revocato, seppur dimezzato. “Qui invece non ho mai avuto diritto a niente! E quando ho cominciato a fare furti, rubavo per mangiare!”. Libertà è un ideale perso e da riconquistare, per Andrea, a cui la prima carcerazione ha interrotto un percorso di riassestamento sul lavoro e con la famiglia: “Avevo ritrovato la dignità che credevo persa. Quando uscirò sarà più dura. Qui non sei neanche libero di pensare. La differenza principale è che quando sei fuori, il pensiero sei libero di trasformarlo in azione”.

R come rapinator gentileAssaltava i camionisti senza ferirli e lasciandogli sempre 3-4 mila euro in tasca, come “indennizzo morale”, D., rapinator gentile. Una vita a mano armata, la sua, che comincia a 18 anni. Per i soldi, per pagarsi la bella vita, ammette senza indugi o vittimismi. Ma ai camionisti rapinati, D. e i suoi complici lasciavano una cifra che ripagasse in parte la paura, il disagio, lo spavento. E ci tiene a precisare che non erano violenti: mai nessuna aggressione fisica. “Solo” furti. “Solo” soldi. Sono le piccole cose, le semplici azioni quotidiane. Quei gesti ripetuti. Senza una logica o un cam-biamento all’orizzonte, quelli che per D. inaspriscono la privazione di libertà: “avevo anche una ditta di autotrasporti e davo da lavorare a 10 famiglie. Pagavo bene. Ma sono stato costretto a chiudere la ditta”. Assiduo ascoltatore dei notiziari alla televisione, D. commenta disilluso le elezioni, il calcio, le di-missioni del papa: ”A cosa serve stare in prigione così??” - chiede insistentemente - “Se mi tengono qui dentro altri 4 anni senza avere la possibilità di cambiare, uscirò più incattivito di prima. Uno cosa vuoi che faccia, se quando esce non ha più un lavoro, nessuna opportunità e una montagna di debiti?!” “Misure alternative, affidamento al lavoro, progetti di formazione e “rieducazione” spendibili all’esterno e che consentano di non arrivare al giorno in cui ti chiamano “liberante” e te ne vai col tuo sacco nero senza sapere che fare, solo e in preda alla paura, è quello che D. vuole dal carcere. Per dare un senso alla privazione della libertà esercitata dallo Stato sui detenuti”. “Libertà è una passeggiata. La sua assenza è la monotonia dei rumori assordanti che tra queste mura si ripetono ogni giorno.”

T come tempoTempo che in carcere scorre lento. E che può essere impiegato meglio anche leggendo. La biblioteca del carcere è ben fornita, ma non ci sono giornali né riviste. Il gruppo del progetto di redazione pres-so la Casa Circondariale di Trento ha cominciato a introdurne alcuni . Chi avesse riviste di taglio culturale e informativo da regalare ai detenuti può contattare l’APAS (e-mail: [email protected]; telefono 0461/239200).

A come amore“La libertà sboccia dall’amore: è negli occhi di mia moglie. Quando l’ho conosciuta mi sono sentito libero. Libe-ro di essere me stesso”. Entro aprile Rosario lascerà il carcere; nel frattempo si chiede come trascorrerà il primo giorno fuori. Alla prima uscita, per l’affidamento al lavoro, è si è sentito totalmente spaesato (nonostante fosse alla sua seconda esperienza da detenuto): “Alle 2 del pomeriggio mi è venuta a pren-dere mia moglie. Siamo andati a fare la spesa. E io avevo la sensazione che tutti, dentro al supermercato, mi stessero guardando. Le ho chiesto se era così. E lei ha confermato. Forse perché ero magro, emaciato”. In carcere Rosario ha perso 16 chili, perché per tanto tempo non ha mangiato né dormito, per la collera e il dispiacere. “E poi qui anche il modo di camminare è diverso. Camminiamo lentamente, sapendo che non pos-siamo andare dove vorremmo.” A casa, la prima sera, Rosario dopo cena vomita. Gira spaesato Si muo-ve stordito: le porte hanno maniglie che può aprire e richiudere. I rubinetti del lavandino “girano”. Una sigaretta fuori orario, accesa in cortile una sera d’estate, interrompe mesi di arresti domiciliari. Quella sigaretta accesa per abitudine, quando per un momento aveva quasi dimenticato di essere ancora un detenuto, nonostante le regole appese al muro della cucina, per la legge equivale a un’e-vasione. Così, Rosario torna in carcere. E lì ora scrive: “Libertà è la fine della mia pena. Ora che è vicina, il tempo sembra essersi fermato. So che non è così, eppure scorre lentissimo. E io sono confuso. Ma ho capito che la prima cosa da fare è riabbracciare i miei affetti. E da lì, ripartire. Sto per risuscitare!” Ci legge il pezzo, poi commenta“forse è banale?”. n

Un tempo non troppo lontano eravamo liberi di fare, di decidere, di scegliere; ora non più. O quanto-meno, la nostra libertà, in tutti gli ambiti del vivere, è molto limitata. Per noi è molto difficile accettare la nostra attuale situazione di reclusi, pur consapevoli del fatto che ci deriva dall’aver infranto la legge. Cos’è la libertà? È una domanda antica quanto l’uomo. Non è indifferente la prospettiva da cui si risponde. Abbiamo deciso di parlare di questo tema, la li-bertà, per vari motivi; innanzitutto per il bisogno di confronto tra di noi, poi anche per sottolineare quanto sia un bene fragile, che si può perdere facilmente e infine anche perché ci piacerebbe avere qualche riscontro da parte di chi ci legge. Quando eravamo liberi cittadini ritenevamo, come pensia-mo ritengano i più, che la libertà fosse qualche cosa che ci apparteneva di “diritto”. Era qualcosa che davamo per scontato e che non immaginavamo poter perdere così facilmente. Quando accade di perderla, pare, talvolta, di finire dentro un incubo. Le sensazioni che si provano possono essere molto diverse, secondo il carattere, il temperamento, la storia personale di ciascuno. Ci si può perfino non accorgere, nell’immediato, per poi comprendere gradualmente quanto si è perdu-to. Subentrano allora sentimenti di vergogna oppure ci si sente schiacciati dall’impotenza. Le reazioni personali alla perdita di libertà sono molto diverse quante sono le persone. C’è chi si preoccupa maggiormente dei riflessi che la stessa può avere, non tanto su di sé, quanto sul-le persone alle quali è legato affettivamente; pensiero questo che nasce dalla consapevolezza di aver rivestito fino a quel momento un ruolo di riferimento per la famiglia, ad esempio. Per altre persone, accanto alla mancanza della o delle persone con le quali si intrattiene un rapporto affettivo, può acca-dere di percepire in maniera nuova e anche più profonda la propria emotività, di riconoscere le fragi-lità alle quali in precedenza non si prestava attenzione, magari soltanto perché non sufficientemente consapevoli o perché “distratti” da una vita fatta di corsa. Questa nascente consapevolezza della propria fragilità può innescare un desiderio di ritrovare un sé più autentico, anche se può essere faticoso. Accade anche, e non è infrequente, che nel momento in cui si perde la libertà, subentri un sentimento di disperazione; che si abbia la sensazione quasi fisica di essere abbandonati a se stessi di essere finiti dentro un tunnel buio nel quale non si riesce nemmeno a immaginare possa riservare, in fondo, un po’ di luce. In questi frangenti diventa determinante l’aiuto di persone che si prodigano dentro il carcere per il sostegno psicologico relazionale, quali i volontari, figure religiose operatori vari. Non ci si abitua alla mancanza di libertà o se accade, capita dopo un certo lasso di tempo ed è sempre accompagnata da un sottile senso di ansia che si cerca di stemperare in mille modi; sognando ad occhi aperti il momento della liberazione, immaginandosi in un luogo diverso da quello nel quale si è rinchiusi, che appare come una sorta di limbo, o con i caratteri asettici di una sala di rianimazione. Una tra le cose che si avvertono maggiormente, da reclusi, è la sensazione di inutilità che scandisce ogni giornata. Pesa poi in maniera particolare il dover dipendere per ogni cosa da altre persone; il dover chiedere per ogni nonnulla, i controlli ai quali si è continuamente sottoposti e la limitata possibilità di dialogare con le persone alle quali si è legati d’affetto. L’inattività forzata impedisce tante volte di poter, anche soltanto idealmente, immaginare un futuro per se stessi. Finire in carcere rappresenta sempre uno choc che può perfino rivelarsi, paradossalmente, sotto aspetti “positivi” di una presa di coscienza. È un evento che fa riflettere sul perché si è giunti alla mancanza di libertà, quali errori si sono compiuti, se sia il caso di rivedere il proprio modo di vivere e di agire. L’improvvisa mancanza della libertà mostra quanto sia labile il confine che separa due situazioni esistenziali diverse, il prima e il dopo, e può spin-gere a riconsiderare tante cose. È possibile sentirsi liberi pur stando in carcere? A questa domanda, per qualcuno risponde l’impos-sibilità di formulare una risposta. Per altri la risposta risiede nella percezione di sentirsi interiormente liberi perché nessuna costrizione esterna può sminuire del tutto la possibilità di credere, sperare e pensare. Per altri, in aggiunta a questo, anche l’essere lasciato in pace può significare custodire un bran-dello di libertà interiore. La Costituzione italiana stabilisce, tra le altre cose, che la detenzione di una persona dovrebbe servire a restituire alla società la stessa recuperata al vivere civile. Purtroppo molte volte, nella situazione concreta delle carceri italiane, tale principio è vanificato. Le cause sono molteplici e il discorso sarebbe molto lungo. Per quanto ci è dato sperimentare, ritenia-mo che sarebbe di grande aiuto, per noi, per vivere in maniera propositiva la pena che ci troviamo a dover scontare, poter contare su opportunità reali di lavoro, sia dentro il carcere che attraverso misure alternative; poter usufruire di occasioni di studio, di formazione, di socializzazione in maniera mag-giore, e infine, ma non ultimo, poter intrattenere con le persone che ci sono care, rapporti più stretti e continuativi. Poter esprime la propria affettività, anziché reprimerla, crediamo sia di grande aiuto a sopportare la mancanza di libertà. Non abbiamo particolari difficoltà a riconoscere di aver sbagliato, di aver com-messo degli errori, cose per le quali stiamo pagando un prezzo. Tuttavia non ci sentiamo dei delin-quenti, se con tale definizione si intende dipingere dei mostri. Siamo consapevoli che se ci troviamo in carcere lo dobbiamo a noi stessi e non alla sfortuna (anche se le situazioni di vita possono porre le persone nella impossibilità di scegliere diversamente), siamo, infatti, del parere che chiunque potrebbe incorrere in errori e sbagli analoghi ai nostri, pertanto siamo dell’avviso che davvero la carcerazione dovrebbe, dal momento che è prevista, offrire reali opportuni-tà di ravvedersi, cambiare e ritornare “nuovi” e non consistere in pura e semplice punizione. Per questo abbiamo voluto scrivere assieme queste riflessioni nella speranza che servano ad altri e magari possa anche nascere un confronto tra noi che “stiamo dentro” e chi “sta fuori”.

Arturo, Majdi, Simone

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Ormai tre mesi sono trascorsi dal giorno dell’arrivo all’Hotel Spini e essi rappresen-tano un lasso di tempo sufficiente per poter tracciare un parere obiettivo e pondera-to, volendo avviamente scordare, per un momento, le ragioni che ci hanno condotto in questa dimora clausurale. La struttura, di recente costruzione, è moderna e ben sistemata. Gli spazi comuni, corridoi, salette, sono sufficientemente ampi ed anche le camere, dotate dei servizi igienici standard, sono adatte ad accogliere gli ospiti in ragione di 2/3 ognuna. Scarsissimo il verde, per altro non utilizzabile nonostante gli ampi spazi esterni ad esclusione del prato d’erba sempre ben falciato e ripulito dalle erbacce.Il personale, disponibile ed efficiente, presta un servizio continuo su tutte le 24 ore del giorno, regola gli orari dei pasti, le visite degli altri ospiti, distribuisce la posta, vigila, al fine della sicurezza, su ogni aspetto della vita degli ospiti affinché questi possano dedicarsi appieno alle attività di intrattenimento e svago offerte gratuitamente nel pacchetto “all inclusive” proposto dall’azienda istituita dall’amministrazione centrale.Non sono compresi, hainoi, le consumazioni extra vitto e la lista dei prodotti disponi-bili presenta prezzi alquanto cari rispetto a quelli che si pagano all’esterno.Il vitto fornito, perfettamente consono ad una dieta equilibrata e variegata di ingre-dienti sempre freschi, viene distribuito per mezzo di carrelli riscaldanti, direttamente in camera, di modo che non occorra interrompere l’attività meditativa alla quale ogni ospite si dedica durante l’ora precedente al pasto di mezzodì, dopo le due ore ginniche del mattino; in ugual modo alla sera, quando, trascorse altre due ore negli spazi ester-ni, a volte angusti poiché sovraffollati, i gentili clienti, per un’altra ora intrattengono relazioni d’amicizia, interscambio d’informazione, si invitano reciprocamente a cena e si svagano con giochi di vario genere.La qualità del cibo fornito è buona data la freschezza dei prodotti acquistati e la qualità media degli ingredienti confezionati; purtroppo, la giacenza nei carrelli ri-scaldati ed i lunghi tempi di trasporto comportano il rammollimento della pasta, nonostante gli sforzi e l’impegno dei cuochi. Il menù cambia gradualmente su un ciclo settimanale e comprende sempre una prima portata di carboidrati, pasta o riso, a volte minestre, ottima quella con fagioli e patate, molto apprezzata da tutti; una seconda portata di proteine o formaggi, più leggera a cena, frutta, verdure anche cot-te; la domenica un dolcetto di crostata, amatissimo e rapidamente consumato. Non viene fornita cioccolata, né in bevanda men che meno solida. Scarsissima la qualità del caffè al mattino.

I programmi televisivi sono pochi di numero e monolingua, benché la maggioranza degli ospiti provenga dall’estero. Innovativa la presenza di citofoni in ogni camera, molto utili e discreti, pur preferendo molti clienti la chiamata diretta a voce, più effi-cace e diretta. Si può concludere affermando che il servizio e la struttura rispondono ampiamente al livello di qualità richiesto dagli standard e che, per contro, il prezzo per persona richiesto è sempre eccessivo, poiché non rapportato alla durata del sog-giorno e non pagabile con moneta corrente, infatti la valuta accettata è la libertà.

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