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098 SEDUTE D’INGEGNO Marco Pappa 074 FORMA E FUNZIONE Marco Ferreri 070 PROCESSI CREATIVI Tobia Scarpa 084 CREATIVITÀ ITALIANA Carlo Molteni 080 ESTETICA E FUNZIONALITÀ Giulio Cappellini 030 L’IDENTITÀ DELL’ARCHITETTURA Vittorio Gregotti 104 VISUAL AND SET DESIGN Max Falsetta Spina 096 NUOVI LINGUAGGI Alessandra Baldereschi 094 LA VETRINA DEI GIOVANI Massimiliano Adami 024 CITTÀ SOSTENIBILI Richard Rogers 011 EDITORIALE Marco Zanzi 076 DALL’IDEA AL PROGETTO Massimo Iosa Ghini 8

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SOMMARIO

011 EDITORIALEMarco Zanzi

013 L’INTERVENTOBruno GabbianiAmedeo Schiattarella

016 IN COPERTINAMario Bellini

024 CITTÀ SOSTENIBILIRichard Rogers

028 TRADIZIONE E MODERNITÀWang Shu

030 L’IDENTITÀ DELL’ARCHITETTURAVittorio Gregotti

032 RIFLESSIONIDaniela Volpi

034 FOTOGRAFIAMaurizio Galimberti Andrea Garuti

044 CANTINE D’AUTORELe cattedrali del vinoCarlo PalazzoloArnaldo PomodoroPiero SartogoBoris PodreccaMario Botta Walter AngoneseJaume Bach

066 IL DESIGN E L’ARTEGaetano Pesce

070 PROCESSI CREATIVITobia Scarpa

072 L’ESSENZA DEL LEGNOMatteo Thun

074 FORMA E FUNZIONEMarco Ferreri

076 DALL’IDEA AL PROGETTOMassimo Iosa Ghini

080 ESTETICA E FUNZIONALITÀGiulio Cappellini

084 CREATIVITÀ ITALIANACarlo Molteni

086 SALONE DEL MOBILECarlo GuglielmiRoberto SnaideroCalligaris

094 LA VETRINA DEI GIOVANIMassimiliano Adami

096 NUOVI LINGUAGGIAlessandra Baldereschi

098 SEDUTE D’INGEGNOMarco Pappa

100 LA CASA DEL DESIGNSilvana Annicchiarico

104 VISUAL AND SET DESIGNMax Falsetta Spina

108 DESIGNDiego Maria Piovesan

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SOMMARIO

112 INTERNIAlessandro GeneloniPaolo OrlandiniLaura TosiStefania Alesi

120 SPAZI DI LAVOROMassimo Gianquitto

122 SCENOGRAFIARoberto Ciambrone

124 ARREDAMENTO D’ESTERNIGiordano Ernesto Sala

126 RESTAUROGisella CapponiCaterina GiovanniniFabio Roversi MonacoMario MargheritisGabriele VerdescaGiacomo Ferro e Catia Gualdi

144 MATERIALIIl vetro in architetturaMario CucinellaGiovanna RanocchiaiAlessandro BandiniRoberto SgambaroLuciano LancerottoAngelo FurnòAlessandro BrilliGiulio GianolaMichela Dall’Ozzo

166 ARCHITETTURA E SOSTENIBILITÀVirginio Trivella

170 RICERCA ARCHITETTONICAGiorgina CastiglioniAlfredo Foresta

174 IL LOFT A MILANOIsolaprogetti

177 EDILIZIALa proposta dell’AncePaolo BuzzettiVeronica De AngelisCarlo DossiCorigesAlessandro CuculiAgostino PalaMaurizio NociforoFerdinando VignolaMirko Padalino

204 COSTRUZIONIFabio CiaroniAndrea e Mauro De Rinaldis

212 STRUTTURE INDUSTRIALIAlfonso Mercurio

216 PROGETTAZIONEVirginio Guido Bombarda

218 COMPLESSI TURISTICIJacopo e Tomaso Carraro

220 L’ARCHITETTURA RURALEKubico

222 RIQUALIFICAZIONEGiovanni CardoneSavino D’Ambra

226 RISTRUTTURAZIONIRoberto ed Edoardo MacchiaruloNunzio Giardiello

230 OPERE PUBBLICHEAntonio Pinzone

232 INTERVENTI SPECIALISalvatore Rapisarda

234 RINNOVABILISalvatore Lo Greco

236 IMPIANTIArabella Valdieri

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EDITORIALE

di Marco Zanzi

Riqualificazione urbanain lotta col tempo

Non c’è più tempo, ministro Passera. Questo è ilgrido di allarme dal settore dell’edilizia che per moltianni è stato trainante per l’economia italiana. Oggi icostruttori sono allo stremo delle forze. I numeriparlano chiaro e sono quelli forniti da Paolo Buzzettipresidente dell’Ance (Associazione nazionalecostruttori edili). Negli ultimi cinque anni gliinvestimenti sull’edilizia abitativa sono calati del 40,4per cento, quelli per i lavori pubblici hanno perso il37,2 per cento e l’edilizia non residenziale haregistrato un meno 23,3 per cento. Tutto questo sitraduce in 380 mila posti di lavoro in menoconsiderati anche quelli persi nei settori collegati.La situazione è stata aggravata da situazioni chevengono costantemente denunciatedall’organizzazione dei costruttori sulle quali si chiedeal Governo di intervenire. Si pensi ai ritardi neipagamenti da parte delle pubbliche amministrazionistrette nella morsa del patto di stabilità. A cui siaggiungono le difficoltà a ottenere “liquidità” dallebanche. Poi la tassazione eccessiva. Sempre inagguato ci sono anche i pericoli rappresentati dallalentezza e dalla macchinosità della burocrazia.Occorre tenere presente che il fattore tempo permolte aziende diventa fondamentale per la lorosopravvivenza e per quella di centinaia di posti dilavoro. E come se tutto questo non bastasse è arrivatal’IMU ad assestare il colpo di grazia.

Come se ne esce? Quali azioni intraprendere perdare risposte efficaci a un settore strategico perl’economia del Paese? Qualcosa finora è stato fatto,

per esempio i sei miliardi trovati per le “piccoleopere”, un segnale di buona volontà da partedell’esecutivo. Ma al governo i costruttori chiedonoadesso tempi rapidi per l’adozione del “Piano città”,l’annunciata legge nazionale quadro per lariqualificazione incentivata delle aree urbane. Ealtrettanta rapidità pretendono giustamente dalleRegioni per le leggi attuative. È ancora fresco il ricordodei contrasti tra la normativa nazionale e quelleregionali che ostacolarono fino a impedire, di fatto, ildecollo del “Piano casa” del governo Berlusconi.

Dalla riqualificazione urbana ci si aspetta il colpod’ala che torni a mettere in quota il settore. IlCresme (Centro di ricerche economiche, sociali e dimercato per l’edilizia)ha stimato che il valore dellaproduzione nelle costruzione nel 2011 è ammontatoa 213 miliardi di euro e di questi ben 133 sono statidestinati a investimenti di riqualificazione delpatrimonio esistente, il che corrisponde al 63 percento dell’intero mercato. Cifre interessanti chedanno una visione meno fosca degli scenari chepossono aprirsi con i giusti incentivi e sostegni. Molto deve essere fatto, per i tanti problemi di unsettore con livelli di sofferenza alti e cronicizzati neglianni. Ma quello della riqualificazione urbana è untreno che non bisogna perdere per rivitalizzare ilsettore edile, ma diventa anche un’ occasionestraordinaria per promuovere concretamente laqualità del vivere nelle città, l’ambiente e i valoriculturali del territorio che la buona architettura puòinterpretare e valorizzare.

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L’INTERVENTO

di Bruno Gabbiani

Presidente di Ala - Assoarchitetti

Architetturae pseudo liberalizzazioni

È nella fase conclusiva l’iter blindato di conversionedei decreti con i quali si spera che il Governo Montiriesca a evitare il dissesto generale e avvii l’Italia versoun nuovo ciclo di sviluppo. Tra questi quello sulle“liberalizzazioni”, che si occupa anche di professioni.

Vi era la speranza che il nuovo timoniere potesseapprofittare del momento drammatico, della largamaggioranza parlamentare, dell’opinione pubblicafavorevole per operare quei tagli al Moloch burocraticoche i partiti non consentirono a Berlusconi. Tagli senza iquali sacrifici e aumento della pressione fiscale, nonprodurranno effetti decisivi sull’enorme spesa pubblica,né sugli insostenibili effetti della complicazioneamministrativa.

Invece, finita nel grottesco la soppressione delleProvince, non si parla quasi più dei tagli dei costi dellapolitica e delude anche il decreto “Semplificazioni”.Intanto il tavolo con le parti sociali s’è ristretto ai solisindacati della triplice e alla Confindustria, e per leprofessioni il governo dialoga ormai con se stesso, omeglio con i consigli nazionali degli Ordini, che tentanodi assumere contemporaneamente il ruolo pubblicisticoe quello corporativo, con il rappresentare gli interessiopposti dei cittadini (fede pubblica), dei dipendentipubblici e privati e dei liberi professionisti, avviandosicosì all’ennesimo insuccesso e a perdere altraautorevolezza e credibilità.

Ma i liberi professionisti, e in particolare gli architettiche progettano e tentano di difendere il proprioprodotto intellettuale e tecnico in Italia, e magari diesportarlo all’estero, non hanno interessi in comune conla maggioranza degli altri iscritti agli albi, che sonodipendenti pubblici e privati, non flessibili perantonomasia, che devono difendere a ogni costo i propri

impieghi. Ed è evidente che l’interesse del Paese è diinvestire nella produzione di beni e servizi di altaqualificazione - tra questi l’architettura - econtemporaneamente di ridurre la burocrazia, idipendenti e gli uffici pubblici, ma che nessuno si facarico di obiettivi senza riscontro elettorale.

In sostituzione, governo e parti sociali sbandieranol’intenzione di liberalizzare professioni che sono già lepiù aperte al mondo. Nessun altro Paese ha tantiarchitetti per abitante: in Italia sono 160mila quelliiscritti agli albi, contro i 32mila della Francia, doveingegneri e geometri svolgono peraltro soltanto ilproprio ruolo, diversamente che da noi.

Amministrazioni pubbliche e grandi committentiprivati aggiungono al danno la beffa, bandendo gare almassimo ribasso, senza curarsi della qualità eprivilegiando per gli incarichi spesso gli stranieri, chesono più forti, agguerriti e si pongono apparentementeal di fuori delle beghe localistiche.

Così gli studi di architettura italiani riducono fatturati,dipendenti e collaboratori, cala la loro capacitàcompetitiva, e con ciò peggiora la nostra bilancia deipagamenti e molte famiglie si vengono a trovare indifficoltà.

Il Paese pagherà duramente l’eventuale rifiuto delgoverno di accettare la variegata realtà economica,culturale e sociale degli studi italiani e di riconoscere lanecessità di integrarli con il più vasto mondo dellaproduzione, anziché di confonderli con la burocraziaimproduttiva.

Ma è in questo riconoscimento che sta la veraliberalizzazione che gli architetti chiedono a un governosvincolato dai poteri forti e consapevole delle potenzialitàinespresse delle quali il Paese ancora dispone.

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L’INTERVENTO

di Amedeo Schiattarella

presidente dell’Ordine degli architetti di Roma

In un momento economico così difficile siamo tuttiresponsabilmente pronti a dare il nostro contributoper uscire dalla crisi, sia in termini di sacrifici sia,soprattutto, dando la nostra piena disponibilità adattuare una vera riforma delle professioni. Per ridareslancio al Paese in termini culturali ed economici ènecessario un ripensamento dei modelli sociali e unriequilibrio tra le forze produttive. Bisogna non soloricercare una strategia complessiva per l’Italia, maanche definire progetti mirati a rilanciare tutti i settoridi attività. In questo quadro, discutere dell’esistenza omeno degli ordini professionali è l’ultimo deiproblemi, mentre è necessario comprendere comeutilizzare al meglio il nostro patrimonio di saperi emetterlo a servizio di un sistema Paese che vuolecompetere nel mercato globale. Considerato l’attualequadro delle riforme annunciate o emanate, invece, lescelte fatte appaiono prive di qualsiasi efficacia reale.Si pensa veramente che l’aver abrogato le tariffepossa produrre benefici in termini di competitività osarà solo un modo per peggiorare la qualità deiprodotti professionali? Come mai la stessa Europa haribadito nel 2009 i minimi tariffari in Germania e haconsentito a Belgio e Austria di definire tabellerelative alle parcelle degli architetti mentre noi,sempre in nome dell’Europa, siamo obbligati acancellarle anche come puro riferimento? Si pensa difacilitare l’accesso dei giovani architetti nel mercatodel lavoro solo con l’obbligo di assumere le partiteIva, ma non sarebbe meglio abolire il capestro deicurricula e dei fatturati per partecipare alle gare diprogettazione pubblica? Se si vuole, poi, unacompetitività affidata alla qualità dei progetti cheprescinda dal nome e dalla storia personale del

progettista (e quindi accessibile ai giovani) perché nonricorrere obbligatoriamente ai concorsi diprogettazione? Se vogliamo che le trasformazioni delterritorio italiano siano governate con l’attenzione chela nostra storia e il nostro futuro ci impongono ènecessario ridare, come avviene in tutta Europa,dignità, centralità e autonomia al progetto liberandolodalle interferenze degli interessi elettorali dellepubbliche amministrazioni e da quelli economici delleimprese. Se intendiamo risanare i nostri territoridevastati dalla speculazione possiamo permetterci illusso di avvalerci degli architetti nelle pieghe di unmercato marginale, quale quello degli accatastamenti,delle certificazioni o dei mille adempimenti burocraticiche il nostro Paese sembra inventarsi perparcheggiare i giovani laureati? Oggi in Italia abbiamoun vero e proprio esercito di architetti, 150mila, con lapiù alta densità territoriale al mondo. Esistonoveramente gli ostacoli all’accesso alla professioneo piuttosto da decenni questo Paese nonprogramma il proprio futuro e non fa politiche diorientamento tra i giovani? Questo patrimoniopotenziale di intelligenze e di cultura lo vogliamoutilizzare veramente dando anche un senso allaenorme quantità di investimenti pubblici impiegatiper la loro formazione (oltre 500 milioni di eurosolo nel 2009). La tutela della professione non sifa con piccoli aggiustamenti regolamentaririguardanti il sistema ordinistico, quanto piuttostoliberando le capacità di quanti si sono formati perun mestiere nobile. Per offrire loro la possibilità didare il loro contributo al risanamento del nostroPaese non basta copiare quanto fanno perl’architettura gli altri paesi europei.

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Penalizzare le professioninon risolve i problemidel Paese

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Nessun riferimento a tappeti volanti, veli islamicio musciarabia ha ispirato Mario Bellini.«Solo un profondo rispetto per la collezioneislamica, unito a una personale conoscenzadel contesto geografico e culturale»

di Elisa Fiocchi

Un velo luminosoondeggia sul Louvre

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Una sezione delDipartimento delleArti islamiche Louvre

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La firma italiana dell’architetto Mario Bellini nellasettecentesca Cour Visconti, uno dei cortili interni delLouvre dove sorgerà il secondo edificio contemporaneodel complesso museale, sigilla un traguardo storico peril nostro Paese, se si considera che prima di lui fusoltanto Gian Lorenzo Bernini, nel 1665, a esserechiamato da Luigi XIV per realizzare la facciata delcomplesso, a cui tuttavia dovette rinunciare. La vittoriadel concorso nel 2005, ottenuta con Rudy Ricciotti,regala una seconda chance all’Italia con il progetto e losviluppo del nuovo Dipartimento delle arti islamicheche ha richiesto a Bellini più di cinque anni di lavoro,spinto da «un’appassionata e instancabile ricerca disoluzioni strutturali, di verifiche di coerenza topologica,di ricerca di materiali, in vista della perfettarealizzabilità costruttiva e del rispetto dei parametrienergetici e luminosi necessari». Entro il mese disettembre, la nuova sezione sarà completata edesposta al pubblico ed andrà a coronare un 2012 che siè aperto, per l’architetto milanese, con l’inaugurazionedel Museo della Storia di Bologna, un ambiziosoprogetto di restauro di Palazzo Pepoli che dal mese digennaio ha accolto sessantamila visitatori. «Il destinodei palazzi, talvolta, è come quello degli uomini»,racconta Bellini. «Rischiano di essere dimenticati e diprecipitare in un degrado irreversibile, come potevaaccadere per l’edificio bolognese che oggi torna invecea mostrarsi e mostrare la grande storia della città inmodo del tutto nuovo e sorprendente». Nel linguaggiocontemporaneo, l’atto di ristrutturare il tessuto urbanoè un tema assai complesso e Bellini lo affronta comeuna delle principali sfide che attendono i moderniarchitetti. «Significa considerare come un’opera d’artenon solo i singoli edifici, ma anche insiemi significativi,

e mettere in atto interventi per conservarne il carattereestetico come quando si restaura un affresco o unmosaico».

Tornando al Dipartimento delle arti islamiche delLouvre, che significato racchiude il «velo» ondulato,in vetro e maglie metalliche che lo ricopre? «Non ci ha ispirato nessun riferimento folcloristico, masolo una meditata e felice scelta strategica. Generarenuovo spazio coprendo la corte Visconti, all’altezzadella sua gronda superiore, con una bella vetratasarebbe stato più facile, ma avrebbe esposto l’artedell’Islam a un’imbarazzante e indesiderabilepromiscuità con i caratteri settecenteschi della reggiadei re di Francia. E anche costruirvi nel mezzo unnuovo piccolo edificio pluripiano avrebbe significatodisperdere l’intera collezione su più livellicompromettendone la necessaria continuità di lettura.La soluzione è stata invece un “foulard” di 45 metriper 30, in una corte di 55 metri per 40, che ondeggiacome sospeso nel vento sin quasi a toccare in unpunto il pavimento e senza ingombrare totalmente lacorte, né contaminare le sue facciate».

Quale impatto visivo ne deriva e come l’uso dellaluce filtrata rispecchia la tradizione islamica? «Sotto il “velo”, all’interno di un perimetro vetratoletteralmente invisibile, è racchiuso tutto lo spaziomuseale che si estende anche a un vasto pianosottostante con cui, attraverso squarci generosi,rimane in continuità di vista e di luce. Una continuitàche coinvolge solo in modo filtrato e discreto lapresenza della corte e la percezione del cielosovrastante: sole, ombre, nubi, pioggia, tramonto,

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IN COPERTINA | Mario Bellini

A sinistra, Mario Bellini, architetto e designer. Sotto, render della Fiera Milano Congressi.In basso, la sede centrale di Deutsche Bank Frankfurt

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IN COPERTINA | Mario Bellini

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notte. La collezione di arte dell’Islam, composta da18mila pezzi, di cui dai 3 ai 4mila esposti a rotazione,anche se integrata nel percorso di visita dell’interoLouvre, vive di vita propria con una luce, un respiro euna spazialità evocativi di un contesto culturalesostanzialmente estraneo a quello dei saloni palazialidell’antica reggia che ospitano i grandi capolavoridell’arte occidentale».

Tornando in Italia, nel 2004 inizia il processo ditrasformazione di Palazzo Pepoli a Bologna: qualisono state le priorità d’intervento?«Si è reso necessario un importante consolidamentostrutturale che interessa gli archi gotici del piano terra,la totalità dei soffitti a volta portante, la messa insicurezza della grande sala delle feste al piano nobile -in precario equilibrio statico - e le coperture esterne. Aseguire comincia il recupero di tutte le sale del palazzo,liberandole dalle superfetazioni incongrue, integrandoe restaurando i decori plastici e pittorici che si erano,anche se talvolta in piccola parte, fortunatamente tutticonservati. Da ultimo un deciso interventoarchitettonico: “una torre-ombrello” di vetro e acciaiorecupera e reinventa la corte che così riacquista dignitàe funzione».

Come si presenta al visitatore questa torre?«Come una lanterna magica inondata dall’alto dibianca luce naturale che via via scende e smaterializzain pura trasparenza. Quasi un’epifania che fa rifletteresull’imprevedibile scorrere del tempo, ma anche unascelta strategica che rende possibile e fluido l’interopercorso di visita, di cui proprio la torre e la cortediventano l’epicentro».

Come avviene all’interno del museo la separazionetra contenitore e contenuto?«Protagonisti dell’allestimento sono alcuni grandicontenitori che hanno il sapore di metafisichestrutture fuori scala di memoria dechirichiana,collocati nelle sale, secondo ritmi propri e geometriealtre rispetto a quelle delle sale stesse e della lorosequenza. All’interno di questi grandi volumi virtuali,le opere esposte sono inquadrate da leggere gabbietridimensionali che individuano per ciascuna di esse

uno spazio proprio, permettendone inoltre l’ottimaleilluminazione, con tecnologia led miniaturizzata.Grandi pannelli retro-illuminati con immagini e testi,impaginati dalla grafica inconfondibile di Italo Lupi eposti anch’essi all’interno delle vetrine, trasformanola comunicazione grafica in uno spettacolo per gliocchi e la mente».

Attraverso quali scelte un intervento diristrutturazione risulta una forma di architetturapiù sostenibile? «Ogni edificio, soprattutto un importante edificio,pubblico o privato che sia, al momento della suaideazione e costruzione ha richiesto unconsiderevole impegno creativo, tecnico efinanziario: l’impiego di caratteri architettonicisignificativi, di materiali e sistemi costruttivi consonial suo status oltre che alla sua destinazione d’uso.Senza dimenticare la maestria dell’architetto nelmettersi in rapporto attivo con il paesaggio naturalee urbano, con il suo contesto insomma, generandoun equilibrio di complessità e di valore la cui tracciapreziosa andrebbe conservata. Se ne potrà quindiaccettare l’abbattimento e la ricostruzione, soloquando e se il bilancio finale sarà veramente piùconveniente, e non soltanto in termini economicis’intende. Considerando anche lo smaltimento e ilcorretto riciclaggio di tutti i materiali, l’energiarichiesta per la produzione dei nuovi, la perdita diuna significativa testimonianza storica e l’eventualedanno al tessuto urbano circostante».

La riqualificazione degli edifici, anziché la lorocostruzione, rappresenta oggi la vera sfida degliarchitetti moderni?«Certamente sì. E ciò richiede una notevole capacità direinterpretare la storia alla luce del nostro presente econ una chiara visione del futuro. Io mi ci sono sempreappassionato anche perché non ho mai amato avere“carta bianca” e tanto meno partire da una specie ditabula rasa. Considero le preesistenze, letrasformazioni, le integrazioni e persino la scarsità dimezzi come difficoltà tra le più stimolanti, come sfidespesso essenziali per raggiungere risultati più ricchi dicomplessità e opportunità anche per i cittadini».

A sinistra, in alto la torrenella corte del Museo della Storia di Bologna,in basso, ancora il Museo della Storiadi Bologna, la città delle acque

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CITTÀ SOSTENIBILI | Richard Rogers

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Ciascuna città del terzo millennio deve essereconcepita come un luogo dove ricchi e poveripossono convivere fianco a fianco senza ghetti, conun flusso costante di merci e di idee attorno a spaziflessibili. La visione urbana di Richard Rogers - chegli è valsa il Leone d’oro alla carriera alla X Mostrainternazionale di architettura - e quella ricercaappassionata di un vivere piacevole e sostenibilecontinuano ad animare i suoi approcci progettualiall’insegna di una città moderna dove l’efficienzaenergetica e la rete pubblica di trasporti sia ingrado di sostituire l’utilizzo delle autovetture.«Dovremmo costruire un ipotetico muro intornoalla città esistente – spiega Rogers – o, meglioancora, una cintura verde, e usarla per favorire losviluppo del trasporto pubblico». L’architettoinglese, che nel 1977 raggiunse la famainternazionale con il progetto del Centre Pompidoudi Parigi assieme a Renzo Piano e che nel 2014completerà la Torre 3 del nuovo World Trade Center,spiega perchè oggi la regola più importante nellosviluppo urbano sostenibile è quella di operaresolo su terreni e fabbricati sotto utilizzati e non diaumentare le costruzioni su luoghi vergini. «Ciòconsente alle strutture esistenti, come trasporti,scuole, ospedali, edifici, così come strade etrasporti pubblici, di essere utilizzati, limitandol’uso delle automobili e scoraggiando l’espansione

Richard Rogers torna nella città che nella sua visione urbana ha più parametri idealie firma la Torre 3 del World Trade Center: «Il progetto più grande a cui ho mai lavorato».Nel frattempo studia le città asiatiche, perché crescano verdi e vivibili

di Elisa Fiocchi

Gli occhi del mondo guardanoalla rinascita di New York

In aperturail render della TorreTre del nuovo WorldTrade Center.A destra, l'architettoRichard Rogers

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suburbana incontrollata».

Come interagisce con il tessuto urbano e socialedelle città in cui opera?«Viaggio molto per indagare il potenziale di lavoroe incontro regolarmente i sindaci di molte grandicittà per confrontarmi su come si possa collaborareinsieme per migliorare le aree urbane. La praticadell’architettura risponde sempre al suo ambientee oggi siamo molto impegnati in Italia, nel RegnoUnito, in Nigeria, Australia, Usa ed estremoOriente. Di recente, ho visitato la città di Curitiba,nel Brasile meridionale, dove c’è una rete diinfrastrutture e di trasporti che ha ispirato moltealtre città, dalla vicina Bogotà a New York. JaimeLerner è stato il sindaco di Curitiba per qualchetempo e ha assicurato che l’espansione urbana èstata ridotta al minimo. Sono riusciti a diminuire lacongestione e a focalizzare la loro attenzione versoil trasporto pubblico».

Il nuovo ufficio di Shanghai riflette la suapresenza in Cina e in altri mercati dell’Asia comeTaiwan, Malaysia e Singapore: quali opportunità e

risorse offre quella parte del mondo?«Il nostro ruolo è sempre più quello di sviluppareapprocci progettuali che umanizzino tali pianiinfrastrutturali. Questa è la missione fondamentaledell’architetto nei mercati emergenti: capire comepoter aiutare le città in via di sviluppomantenendone il loro carattere distintivo, conluoghi in cui sia piacevole vivere e lavorare. Al LokWo Sha, un’area residenziale nei pressi di HongKong, stiamo offrendo una consulenza su unmasterplan che eliminerà la dipendenza da auto.Gli abitanti di questo sistema saranno in grado dicamminare all’interno di uno splendido scenariocon vista sulla Baia Starfish e di accedere a tutti icomfort necessari».

Entro il 2013 sarà ultimato anche il progettoitaliano del centro storico di Scandicci nei pressi diFirenze. Perché ha accettato questa sfida?«Fino a poco tempo fa Scandicci era una cittàpiuttosto frammentata, senza un carattereidentificabile e un centro cittadino definito: eraconsiderata un dormitorio. Abbiamo così creato uninsieme di edifici attorno a una piazza pubblica che

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diventerà il “cuore” della città, fornendo lo spazionecessario per una serie di attività pubbliche. Nel2003 siamo stati invitati dal sindaco a progettareun masterplan per lo sviluppo futuro di Scandicciche abbiamo terminato nel 2005, ora dobbiamoproseguire su questa strada. Un fattore chiaverappresenta la nuova linea 1 della tramvia chestabilisce una connessione diretta con Firenze percui ora è possibile viaggiare tra i centri abitati in 15minuti».

Uno dei progetti più ambiziosi che la riguarda èla Torre 3 del World Trade Center. Che valori incarnaquesto progetto per la sua carriera e per il mondointero?«È forse uno dei progetti di più alto profilo su cui ioe il mio studio abbiamo mai lavorato. Non solo è unpezzo molto grande di Lower Manhattan, ma tuttigli occhi del mondo seguono con attenzione ilprogetto per vedere che cosa risorgerà dalle ceneridi Ground Zero. Si tratta di un luogo moltocomplesso, perché molti edifici sono in fase diedificazione nello stesso momento e non dobbiamonemmeno interrompere la vita quotidiana del

quartiere finanziario. Dopo anni di preparazione,oggi è piacevole vedere che gli edifici raggiungonogià un’altezza superiore ai cartelloni checircondano il luogo».

Cosa l’affascina del tessuto urbano di New York?«È una città che amo e dove mi reco regolarmenteper vedere la mia famiglia. È anche un posto cheracchiude molti degli ideali che considero dimaggior importanza all’interno di una città:Manhattan, ad esempio, ha un tessuto urbanomolto denso e questa intensificazione èeconomicamente efficiente perché ottimizza l’usodelle infrastrutture esistenti e l’energia incorporataall’interno delle scuole, degli ospedali, delle stradee delle case. Ha un consumo energetico cinquevolte più basso di altre città caotiche come Detroit,Phoenix e Los Angeles. Oltre il 50% degli abitantipasseggia, usa la bicicletta e prende i mezzipubblici, mentre solo il 10% dei residenti di LosAngeles fa lo stesso. Accadono cose interessantiquando vi è un mix di persone e di attività in spaziflessibili, e in nessun altro luogo questo è piùevidente come a New York».

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La facciata del Centro Pompidou di Parigi

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Il Pritzker Prize batte bandiera cinese. Margherita Guccione, direttore del Maxxi Architettura,commenta la vittoria dell’architetto Wang Shu, che mette in risalto una realtàin cui la «dimensione culturale si confronta direttamente con i temi dello sviluppo»

di Francesca Druidi

Cina, futuro dell’architettura

Quest’anno, per la prima volta, lacerimonia di premiazione del PritzkerArchitecture Prize si terrà in Cina. Aessere insignito, il prossimo 25maggio, del riconoscimento piùprestigioso per quanto attienel’architettura, sarà Wang Shu. Nato,cresciuto e maturatoprofessionalmente in Cina, Shu hafondato a Hangzhou nel 1997,insieme alla moglie Lu Wenyu, lostudio Amateur Architecture. Questavittoria testimonia la crescenteattenzione nei confronti del ruoloassunto dall’architettura cinese.«Entro il 2020 la Cina saràresponsabile di un quinto degli edificia livello mondiale. E proprio per questo, si affermeràsempre di più come punto d’incontro tra culturaarchitettonica e industria edilizia» afferma MargheritaGuccione, direttrice del Maxxi Architettura, dove èstata allestita nell’estate 2011 la mostra “Verso Est.Chinese architectural landscape”, curata da FangZhenning, tesa a presentare «uno status quaestionis»delle ricerche degli architetti cinesi cresciuti aconfronto con lo scenario internazionale. «Unagenerazione di architetti nati in questo paese che puòvantare un considerevole numero di interessanti eimportanti edifici, progettati affrontando anchequestioni di sostenibilità e urgenze ambientali. E, inquest’ottica, si inseriscono perfettamente l’attenzione,la ricerca e la progettualità di Wang Shu».Un’architettura, come emerge dalle motivazioni dellagiuria del Pritzker, ancorata al contesto in cui siinserisce, ma dalla valenza universale. «La giuria hariconosciuto e sottolineato la filosofia e lo spirito chedistinguono Wang Shu. A mio parere, ciò che più lo

caratterizza è l’attenzione alla tradizione nella suaaccezione culturale, di radicamento in una culturaantica, non solo per i materiali e le tecniche rivisitate,ma per l’approccio progettuale. Una dimensione inlinea con “Re-cycle”, la mostra in corso fino al 20maggio negli spazi del Maxxi Architettura». Due opere,in particolare, incarnano - secondo MargheritaGuccione - l’approccio critico e di ricerca di Wang Shu;due opere che, come la giuria evidenzia, “danno nuovavita ai materiali”. La prima è lo Xiangshan Campusdella China Academy of Art (la cui seconda fase dilavorazione è terminata nel 2007) a Huangshou, il cuitetto è stato costruito riutilizzando due milioni dipiastrelle provenienti dalla demolizione di vecchieabitazioni. La seconda è il Museo di artecontemporanea di Ningbo (2001-2005), per la cuicostruzione si sono recuperate più di venti diversetipologie di mattoni e tegole, provenienti dalle vicinedemolizioni. «In entrambi i casi, il recupero e il riciclodei materiali diventano una vera e propria strategia S.

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TRADIZIONE E MODERNITÀ | Wang Shu

A destra, Wang Shu.Sotto, MargheritaGuccione, direttricedel MaxxiArchitettura

espressiva, conseguendo risultati sorprendentementeinnovativi e contemporanei». Altro progettoemblematico è il Museo della storia di Ningbo (2003-2008), dove risulta evidente il dialogo tra passato epresente, la rilettura, operata dall’architetto nei suoilavori, «del continuo rapporto con l’antico el’attenzione alla natura nella sua accezione più ampia,che comprende anche la natura artificiale», nei grandipaesaggi urbani di una nazione che sta conoscendoprocessi di urbanizzazione e di crescita rapidissimi. Perla direttrice del Maxxi Architettura, il valore aggiunto diWang Shu risiede nella capacità di riflettere in sensocritico sulle potenzialità dell’architettura e sulla forzadella tradizione. «Fa riferimento alla sua cultura, neripropone tecniche antiche e consuetudini diconservazione, ma guardando avanti con uno sguardoattento e consapevole verso un futuro, quelloottimistico dell’universo cinese, in cui, come ha detto lagiuria del Pritzker Prize, possono convivere forza,pragmatismo ed emozione allo stesso tempo».

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«Un ritorno all’idea di relazione critica con la realtà e non solo di rispecchiamento dello statodelle cose, quindi di ricerca di un’ipotesi di verità». È l’auspicio elaborato da Vittorio Gregottiper le sorti dell’architettura, tra incognite, possibili traiettorie di sviluppo e prospettive

di Francesca Druidi

Ipotesi di futuro per l’architettura

L’IDENTITÀ DELL’ARCHITETTURA | Vittorio Gregotti

Vittorio Gregotti non cessa di interrogarsi suiprocessi che, in epoca di globalizzazione, sottendonoalla costituzione del progetto architettonico.L’architetto e saggista ha avviato, ormai da diversianni, un percorso di riflessione e di analisi sull’identitàe sul ruolo giocato dell’architettura in una fasestorica, sociale e culturale, nella quale proprio questadisciplina sembra - più di altre - subire le influenzedello strapotere della finanza e del fascino neiconfronti dell’eccesso fine a se stesso e del consumo.Gregotti affronta questo aspetto anche nel suorecente volume “Incertezze e Simulazioni. Architetturatra moderno e contemporaneo”, dove si fa largo unasperanza per un significativo cambiamento dirotta.

Lei invita ad abbracciare uninternazionalismo critico capace diallontanare le chimere della“società dello spettacolo” eresistere al modello capitalistico.Come l’architettura può tornare amodificare il mondo risolvendo lecontraddizioni tra estetica e funzione? «Non si tratta di contraddizioni traestetica e funzione, ma di uso critico eintenzionalizzato per il progetto dei materiali offertidalla storia e dalla realtà. L’architettura non modifica ilmondo, ma può profondamente modificare conesempi concreti la sua cultura e offrire, con essa,possibilità altre di conoscenza e di alternative».

Su quali nomi dell’architettura possiamo contareper raggiungere questo obiettivo?«Vi sono nomi come Siza, Ando, Moneo, Zumthor e un

certo numero di altri architetti, anche italiani, che nonappartengono alle archistar di successo mediatico sucui si potrebbe e dovrebbe contare».

Se la crisi che ha colpito trasversalmente tutto ilmondo, incrinato le certezze esistenti e smorzato loslancio allo sperpero e alla spettacolarizzazione, cosapossiamo attenderci dall’architettura nei prossimianni?«La speranza, anche per l’architettura, è quella di unritorno alla passione per una ragione, non solopraticistica, all’idea di relazione critica con la realtà enon solo di rispecchiamento dello stato delle cose,

quindi di ricerca di un’ipotesi di verità. Perché,come scriveva Sant’Agostino, “Il bello è la

luce del vero”».

La periferia resta un tema caldo perl’urbanistica e l’architettura. Qualesarà il volto della periferia nelfuturo?«Le periferie hanno due diverse

nature: la prima è quella consolidatadel capitalismo industriale, la seconda

è quella della dispersione senza regoledegli ultimi trent’anni. Per la prima, è

necessario superare la monofunzionalità residenzialee la monoclasse sociale degli abitanti conl’introduzione di una maggiore mescolanza sociale edi funzioni molteplici, anche rare (università, centri diricerca), in grado di rendere necessaria la parteall’insieme urbano. Per la seconda, è necessarioaprirsi a una nuova idea di ordine guidato da ipotesi dipianificazione comprensoriale nell’interessecollettivo».

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Valorizzare il ricambio generazionale, consegnando alle città uno sviluppo innovativoe sostenibile. Daniela Volpi, presidente dell’Ordine degli architetti di Milano,fa il punto sulle sfide che attendono la categoria e il capoluogo meneghino

di Andrea Moscariello

Una nuova dimensione progettuale

L’architettura italiana deve trovare un nuovo slancio.E a sottolineare questa esigenza è anche Daniela Volpi.Il punto da cui partire, secondo l’architetto, è il livello dipreparazione dei professionisti. «Diceva Adolf Loos,“l’architetto è un muratore che ha studiato il latino”.Ma quando si inizia questa straordinaria e difficileprofessione spesso ci si accorge di sapere poco dimattoni e di latino – spiega Daniela Volpi –. Il livello diistruzione delle forze lavoro in Italia èsignificativamente più modesto di quello degli altripaesi dell’Unione europea». Il nostro Paese, infatti,occupa il tredicesimo posto in questa classifica, seguitasolo da Spagna e Portogallo. «Oggi essere architettosignifica saperne di mattoni e di latino, saper offrireservizi di qualità ed essere coscienti della naturapubblica del proprio ruolo».

Perché tiene a sottolineare proprio questo aspetto?«Perché concorrere alla realizzazione di un progettodeve essere azione responsabile. L’architettura, oltre arappresentare un bene sociale e un concreto interesseper la collettività, è più di ogni altra disciplinal’espressione culturale essenziale dell’identità storicadi un paese. E si fonda su un insieme di valori etici edestetici che ne formano la qualità, contribuendo inmodo rilevante a determinare le condizioni di vitadell’uomo».

I giovani architetti fanno fatica a emergere. Come selo spiega?«La crisi economica colpisce tutti i settori e c’è menolavoro. Soprattutto, è sempre più difficile “chiudere ilcerchio”. Passare, per intenderci, dalla formazione alla

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RIFLESSIONI | Daniela Volpi

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professione. L’Italia è il paese che conta la più altaconcentrazione mondiale di architetti, uno ogni 470abitanti, contro una media di uno ogni 3.547. Leprospettive future non sembrano migliorare. Glistudenti di oggi saranno i professionisti di domani.Occorre comunicare modelli organizzativi che possanorispondere a interventi complessi con competenzearticolate, in modo che lo scenario professionale possamuoversi tra competizione e innovazione, in una sfidache deve giocarsi su professionalità, competenza, eticae qualità dei servizi e delle prestazioni offerte».

Milano si prepara all’Expo. Il capoluogo sta tornandoa essere un laboratorio di idee?«Giudico positivamente questa Milano che troval’energia per rispondere alle nuove sfide dellaglobalizzazione, che si adegua ai tempi in cui vive, chesi apre al futuro. Esiste una nuova dimensionegeografica della città contemporanea non piùcoincidente con quella amministrativa, esiste lapossibilità di fare ricorso alle fonti rinnovabili,possibilità che deve passare dalla dimensione edilizia aquella della città e del territorio. Esiste la possibilità,per Milano, di passare da una dimensione nazionale auna europea. Nell’aprile del 2008 fu definita una città intrasformazione che nel 2015 si sarebbe presentata almondo come una delle metropoli più innovative sulpiano urbanistico e dell’organizzazione degli spaziurbani».

In questa trasformazione su cosa si dovràconcentrare la sua categoria?«Sulle nuove opere da costruire. Queste ci pongono

dinanzi al problema della qualità dell’ambientemetropolitano, della sua morfologia e del suopaesaggio a manifestazione conclusa. Di qui l’esigenzadi una pianificazione unitaria e coerente dell’interoprocesso, nel quale i professionisti devono avere unruolo fondamentale come portatori diconoscenza,metodologia e procedure».

Dai progetti legati all’Expo verrà valorizzata unanuova generazione di architetti oppure a uscirnevincitrici saranno solo le “archistar”?«Una nuova generazione di architetti conseguente aiprogetti per l’Expo? Al momento ci sembra impossibileche si verifichi un evento “epocale” di questo genere.Le scelte della società Expo sulla partecipazione apertaalla progettazione delle opere ha imboccato una stradache, di fatto, esclude tutti i giovani progettisti. E anche imeno giovani. Si sta procedendo solo attraverso bandidi appalto integrato che permetteranno lapartecipazione di pochi progettisti, scelti dalle imprese,che difficilmente riusciranno a esprimere la lorocreatività dovendo lavorare su progetti preliminari giàdefiniti».

Cosa si trova in cima all’agenda dell’Ordine diMilano?«Vorremmo “riprogettare” il ruolo dell’Ordine nelpanorama collettivo a seguito della tanto attesa riformadelle professioni, aprendolo ai cittadini, oltre che aisuoi iscritti. Vorremmo occuparci, se la riforma ce loconsentirà, di formazione permanente oltre che dirappresentare e difendere questa nostra straordinariaprofessione».

Daniela Volpi,presidentedell’Ordine degliarchitetti di Milano

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FOTOGRAFIA | Maurizio Galimberti

Proprio mentre la fotografia sta approdando a unadigitalizzazione totale, alla perfezione del segno chepassa anche da Photoshop, alcuni fotografipreferiscono tracciare percorsi diversi. MaurizioGalimberti ha fatto della sua affezione per la Polaroid ilsuo marchio di fabbrica, diventando anche testimonialdell’azienda che dal 2008 ha cessato la produzionedelle pellicole istantanee lasciando il testimone aImpossible Project. Un lavoro, quello di Galimberti, chepassa dalla sperimentazione di questo mezzo, dalmoltiplicarsi di innumerevoli punti di vista per unostesso soggetto fino ad straniarlo. Quasi come fosseropixel impazziti, le istantanee, unite assieme, danno lavisione d’insieme aggiungendo movimento e un punto

di vista inedito. «Il mio è un viaggio nella realtà, nelsuo mondo interiore. Cerco di farlo uscire». Oltre airitratti eccellenti, da Lucio Dalla a Lady Gaga, daGeorge Clooney a Johnny Depp – divenuto copertinadel Times nel settembre 2003 – il percorso artistico diGalimberti arriva all’architettura, o meglio nasce daessa. Il suo occhio di geometra rende il suo lavororigoroso, ossessivo, seziona il reale in parti comefaceva con i ponteggi dell’azienda di famiglia.

Le sue collezioni di ritratti virano spesso versoqualcosa di simile al movimento, allo spezzettare ciòche è unito. Perché?«Mi piace ricostruire la realtà. Mi piace partire da essa

Maurizio Galimberti scompone un’immagine per poi ricomporla facendone trasparire l’armonia d’insieme. Il suo soggetto può essere un volto o un viaggio in Italia,lo strumento rimane lo stesso, la Polaroid

di Teresa Bellemo

Cento istantanee per un ritratto

In apertura, studio sulla Tour Eiffel. Sotto, Il fotografo Maurizio Galimberti. Courtesy: Archivionordest, Monomilano, GiArt Bologna

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e fare una sorta di viaggio al suo interno con il miosegno, che è un po’ tra il futurismo di Boccioni e ilmovimento di Duchamp: salire e scendere, da sinistraa destra, creare dei punti fissi, quali sono gli occhi e labocca e su questi costruire poi l’immagine. È una sortadi bisogno di ricostruire un volto attraverso un viaggiointeriore che fai al suo interno. Al di là dell’estetica,guardando i ritratti soprattutto dal vero, viene fuoril’interiorità della persona. In una parola, cerco di faruscire il silenzio interiore».

Trova che la fotografia stia giungendo a ciò che lapittura ha conosciuto con l’impressionismo e poi conle avanguardie?«È verissimo. Io sono partito dalla fotografia ma ora ilmio lavoro è più quello dell’artista che del fotografo. Ilfotografo è diventato un media per esprimere il propriopunto di vista. Molti fotografi italiani, come Ghirri,Fontana, Basilico, lo stesso Giacomelli, hanno sempreinteso la fotografia al di là delle sole immagini direportage, del ritratto fine a sé stesso, delfotogiornalismo; c’è una fotografia affascinante, che simixa con la storia dell’arte. Basta pensare a quanto

Mondrian troviamo dentro a un paesaggio urbano diFontana. Si usa lo stesso mezzo, ma definirli solofotografi è un po’ riduttivo».

In che modo l’aver lavorato come geometranell’azienda di famiglia influenza il suo lavoro difotografo?«Il mio essere geometra è evidente nel rigore,nell’ossessività delle mie immagini, nella precisione.Contavo i cavalletti da ponteggio nell’impresa edile,quindi dividevo lo spazio con gli occhi per poi piazzarequesti materiali ferrosi che fendevano l’aria, scrivevanopaesaggi. Oggi faccio la stessa cosa nella fotografia. Iosono nato nell’architettura ma intendiamoci, di unlivello abbastanza basso, in Brianza non ci sono dicerto costruzioni significative, si costruiva per farebusiness. Nel design sono stato fortunato perché daragazzo ho frequentato Cesare Cassina, fondatoredella Cassina. Lui mi ha trasmesso tutto l’amore per ildesign, per la bellezza del segno, la capacitàdell’imprenditore di trasformare la bellezza in unbusiness utile. Mio padre mi ha trasmesso il rigore delcantiere».

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FOTOGRAFIA | Maurizio Galimberti

Cosa l’ha colpita di Christo, tanto da reinterpretarele sue opere d’arte in una serie di istantanee?«È stata un’operazione di readymade: ho presoChristo, le cartoline che immortalavano le sue opere ein un certo senso le ho rimangiate e sputate con la miafotografia. Ciò che mi affascina di Christo è unqualcosa di inconscio, che arriva ai tempi di cantieri,dove si rivestivano le case di teli bianchi e di ponteggi.Quando avevo 15 anni ricordo che mio padre a Medaaveva rivestito delle vecchie cascine per ristrutturarle.Erano diventate una sorta di navicella spaziale bianca.Quando poi ho scoperto la Land art, Richard Long,Christo, in qualche modo avevo bisogno di interagirecon loro, perché erano dentro il dna di famiglia.Quando ho visto le cartoline si è accesa questanecessità. È un tributo al mio passato e un tributo aChristo che, con i suoi lavori, lo ha sublimato».

Come si pone nei confronti della riscopertapopolarità di Polaroid, Lomografie, Instagramdiventate anche app di successo per iPhone? «Questo fenomeno ha due aspetti. Il primo è quello unpo’ pericoloso per un cultore della fotografia. Ora tutti

scattano foto con l’iPhone, si vedono tutte questeimmagini verdastre, scontornate, per cui anchel’immagine più banale acquisisce un certo fascino. Cosìchiunque può pensare di essere un artista, senzarendersi conto che è il mezzo che ha mediato per loro inmaniera forte. Però, visto che la maggior parte dellepersone non pensa di fare il fotografo o l’artista vabene così, l’importante è che si parli di fotografia».

Su cosa si concentreranno i suoi lavori futuri?«Un progetto corposo in dirittura d’arrivo, incollaborazione con GiArt di Bologna è “Viaggio in Italia2011-2012”. È un bellissimo omaggio, un punto di vistadi un italiano sull’Italia, dove dentro c’è tutta la miapoetica: l’immagine singola, quella a mosaico, le nuovepellicole prodotte da Impossible Project, l’azienda cheha sostituito Polaroid nella produzione della pellicola.Oggetto del volume è anche il punto di vista che si èevoluto nel tempo: ci sono delle immagini singole deglianni ’90, per arrivare fino a delle immagini singole dipochi giorni fa. Manca la Sicilia e qualcosa sullapianura padana, ma si può pressappoco definireconcluso».

A sinistra, studio del Duomo di Milano. A destra, un readymadesull’istallazione di Christo a Central Park e sotto degli scatti per Viaggio inItalia. Courtesy: Archivionordest, Monomilano, GiArt Bologna

È stato un lavoro di readymade, un tributo a Christo e ai suoi lavori che hanno sublimato il mio passato

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Andrea Garuti con la sua fotografia prende il reale e lo deforma fino a renderloopera d’arte, tela di pittore. Scatta ed elabora immagini su pellicola e su lastrafotografica per una postproduzione “con le mani”

di Teresa Bellemo

La città in movimento

Sopra, Andrea Garuti. A destra, Havana, tratta da Views

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La diversa interpretazione del reale, i diversi punti divista trasformano ciò che vede il nostro occhio inqualcosa che non sarà mai uguale per tutti. Anche unacittà, i suoi palazzi e le sue architetture potrebberoinizialmente apparire dati oggettivi di unacomposizione. Negli scatti di Andrea Garuti è evidenteche non è così. Designer e fotografo, passa dallafotografia commerciale a quella di ricerca, diarchitettura, con la quale sperimenta molto. Per Garutila città è in movimento, dinamica e diventa teatro di ciòche ogni giorno la modifica, dalla luce a chi ci vive. Eallo stesso tempo diviene altro ancora all’occhio di chiguarda la sua fotografia. «Cerco panorami abbastanzabanali, un po’ pop. Io amo la pop art, penso che siaancora quella che guida la nostra visione della società

del mondo artistico. Le nuove visioni vanno alla ricercadi un sensazionalismo che lascia il tempo che trova».

Come si intreccia la fotografia commerciale con laricerca personale?«Nel lavoro commerciale metto a servizio il lato tecnico.Cerco comunque di dare la mia visione o interpretazionedella luce quando si può, però il commerciale è unlavoro che non dà molta libertà di azione. Negli anni incui ho lavorato con la stylist di Io Donna, abbiamoapprofondito alcuni riferimenti alla pittura come neilavori dedicati a Hopper, Rothko, al blu di Matisse. Suquesti progetti c’è molto del mio mondo perché miinteresso molto alla pittura, ma, come dicevo, lafotografia commerciale resta abbastanza standard».

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Molti scatti del progetto Views sembrano quasi unarappresentazione futurista, ciò che si muove è propriociò che dovrebbe star fermo. Perché?«In effetti è giusto notare la vicinanza al futurismo. InViews ho approfondito uno dei punti fermi dei mieilavori sull’architettura. Per alcuni la città è immobile,sigillata, glaciale. Secondo me invece assomiglia di piùa un teatro, è in continua evoluzione, sia attraverso laluce del giorno e il tempo sia attraverso le persone checi vivono. Non è un’entità ferma, ma è in continuomovimento. Dunque anche la fotografia deve darequesta idea».

Qual è stato il metodo di lavoro per Views?«È stata una serie di viaggi in città che mi interessavano;sono partito abbastanza sgombro da impostazioni o

letture che ho fatto solo successivamente. Di solitofaccio alcuni sopralluoghi, giri in taxi molto lunghi epoi inizio a scattare nei posti che ho segnato sullacartina. In quel lavoro in particolare, ma in generalenel mio lavoro con l’architettura, non cerco maiinquadrature molto particolari, per un motivo diforma. Credo che le fotografie dovrebbero esseredelle immagini-cartolina a cui uno poi riesce adaggiungere atmosfera, movimento o unasensazione. La grande inquadraturasuperscenografica è già abbastanza appagante in séstessa per cui mi toglie la curiosità di andare adabbellire o a trasformare una situazione. Per questocerco panorami abbastanza banali, un po’ pop. Daqualcosa di scontato ognuno estrae un significato eun valore diverso».

Cerco panorami abbastanza banali, pop,come l’auto di Cuba: da qualcosa discontato ognuno estrae un significato e un valore diverso

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FOTOGRAFIA | Andrea Garuti

Nella pagina precedente in alto a sinistra, uno scatto di Hong Kong tratto da Cardinal points. Sotto, uno catto tratto da Views.In questa pagina, Landscapes, una delle prime ricerche architettoniche di Garuti

In Landscapes l’architettura amplifica la suamonumentalità, acquisendo una luce e una solitudineparticolare. Qual è il messaggio?«La solitudine penso sia un carattere abbastanzaricorrente nella fotografia, non è una disciplina che faperno sulla socialità. Le foto di Views, così mosse, pienedi gente, di confusione sono il rovescio della medagliadi queste invece totalmente vuote. Sono due cose che sitoccano: nelle foto ferme cerco di mettere in evidenzaangoli che appartengono alla visione di tutti i giorni».

Quanto analogico e quanto digitale c’è nei suoilavori?«Views e Cardinal Points sono tutta pellicola,Photoshop non c’è. O meglio, c’è in una seconda faseper le stampe grandi, per il montato. Però la parte

principale del lavoro è fatto a stampa, a collagemanuale, “con le mani”. Io continuo a lavorare apellicola, ma oggettivamente il digitale ormai ha unaperfezione e una vera economicità che a volte rende illavoro più facile».

Quali saranno i prossimi progetti?«In questi giorni sta uscendo il volume “Cardinalpoints”. Qui la città è diversa rispetto a Views: c’ècomunque movimento, ma si avvicina di più allefotografie dei panorami come tipologia di sensazione.È una fotografia più intima, con meno design. Ora stolavorando a un nuovo progetto in cui c’è una vicinanzamaggiore tra fotografia e pittura. Al centro c’è sempreil paesaggio, la città, tema che continua adaffascinarmi ancora molto».

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Negli ultimi trent’anni, la promozione del vino si èsempre più legata alla valorizzazione degli spazi diproduzione e conservazione del vino stesso. Gliimprenditori del settore alimentano questa tendenza,in continua espansione, che vede l’immagine dellacasa vinicola rinnovarsi attraverso l’architettura, inparticolare tramite costruzioni quali cantine o saledegustazioni, progettate dal gotha dell’architetturacontemporanea. Quello delle cantine d’autore è unfenomeno sotto osservazione ormai da diversotempo, oggetto di mostre, saggi, riflessioni e dibattiti.Molto diverse sono le caratteristiche linguistiche etipologiche di queste “cattedrali del vino”, cheevidentemente rispecchiano la cifra stilistica e lavisione dei loro progettisti. Si possono, a ogni modo,

individuare alcuni orientamenti comuni. Vi sonoarchitetti che nel realizzare le cantine prediligonosoluzioni mimetiche a basso impatto ambientale,ricorrendo all’impiego di materiali in grado disostanziare il rapporto della struttura con ilpaesaggio circostante e il terroir, ossia quell’insiemedi caratteristiche - clima, morfologia del terreno,cultura enologica - che il vino poi riflette. Un esempioemblematico di questo atteggiamento èrappresentato dalla Dominus Winery in Napa Valleydegli architetti Herzog e de Meuron, ma va segnalataanche la cantina Novi Bric in Slovenia di BorisPodrecca. Altri hanno lavorato a partire da elementipreesistenti di una certa rilevanza, ottenendo risultatistraordinari come nel caso delle Bodegas Chivite ad

Cantine e spazi consacrati alla degustazione e alla cultura del vino sono al centrodi molteplici progetti realizzati dai nomi più altisonanti dell’architettura internazionale.Opere dotate di una precisa espressività linguistica, che instaurano un dialogo con il territorio

di Francesca Druidi

Quando l’architettura incontra il vino

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CANTINE D’AUTORE | Le cattedrali del vino

Arinzano (Spagna), progettate da Rafael Moneo, e delletenute Manincor e Hofstätter in Alto Adige, sulle quali èintervenuto Walter Angonese. Esemplari anche lesoluzioni ipogee e le scelte nella distribuzione deglispazi adottate da Renzo Piano per la cantina Rocca diFrassinello, nella Maremma, e da Mario Botta per lacantina Petra, situata sempre nella Maremma toscana.Un approccio completamente differente al tema dellearchitetture del vino è quello incarnato dalle BodegasYsios di Calatrava, costruite a Laguardia (Spagna):emerge, nel complesso, un orientamento allaspettacolarità, che mira a rendere le cantine delle veree proprie località di richiamo turistico. Il Centro del vinoLoisium di Steven Holl in Austria, l’Hotel Marqués deRiscal di Frank O. Gehry a Elciego (Spagna) e la sala

degustazione López de Heredia Viña Tondonia di ZahaHadid costituiscono differenti declinazioni di unamedesima tendenza: esaltare non più solo i luoghi diproduzione, ma anche di degustazione e di cultura delvino, combinando gli effetti del turismo enologico con iflussi di visitatori attirati dalle opere delle archistar. Delresto, è sempre più numeroso il novero degli architettidi fama internazionale che si cimenta nellaprogettazione di cantine; Álvaro Siza Vieira, AndreasBurghardt, Werner Tscholl, Richard Rogers, NormanFoster e Jean Nouvel sono soltanto alcuni nomi. Questoambito dell’architettura è in costante evoluzione escrive rapidamente pagine nuove, mostrando esitiinnovativi anche e soprattutto sul fronte della gestionedel paesaggio.

Da sinistra, le Bodegas Chivite progettate da Rafael Moneoad Arinzano, l’Hotel Marqués de Riscal progettatoda Frank O. Gehrya Elciego e le Bodegas Ysios di Santiago Calatrava a Laguardia

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Per molto tempo l’architettura è stata una componentemarginale della produzione e della cultura enologica,mentre oggi il binomio vino-cantina assume una nuovacentralità. A esplorare alcune caratteristiche di questofenomeno è l’architetto Carlo Palazzolo, autore di diversisaggi critici sull’argomento.

Quando ha iniziato ad affermarsi questa rinnovataattenzione nei confronti delle “architetture del vino”?«Le aziende del Bordeaux, realtà prevalentementecommerciali rispetto a quelle dello Champagne e dellaBorgogna, hanno sempre avuto bisogno di investire sullapromozione e sulla riconoscibilità del proprio marchio.Non a caso, già agli inizi dell’Ottocento le etichette deivini di Bordeaux riproducono i luoghi da cui quei viniprovengono, gli châteaux. È da questa realtà che prendeavvio l’esposizione “Châteaux Bordeaux”, che il CentreGeorges Pompidou ha dedicato alle architetture del vinonel 1988. Quell’evento già coglieva il fermento in atto,sebbene avesse dimensioni marginali rispetto alloscenario odierno. Da allora, tutti i grandi nomidell’architettura sono stati coinvolti in progetti per il vino.Tra i primi, Herzog & De Meuron che, nel 1998, realizzanola cantina Dominus in California, non a caso per

monsieur Moueix, uno dei più famosi produttori delBordeaux. A precettare le grandi firme dell’architetturasono spesso produttori di considerevoli dimensioni: iprogetti di maggiore richiamo si trovano infatti inSpagna, California, Sud America, in Toscana e in Italiameridionale».

Può indicarmi i progetti, a suo avviso, più significativi?«Un progetto degli anni Ottanta, ma tuttorafondamentale, è quello realizzato da Jaime Bach e GabrielMora per le Bodegas Raventos i Blanch, un’azienda delPenedès produttrice di Cava, lo champagne catalano.Questa azienda nasce come “costola” della storicaazienda Codorníu, le cui monumentali cantine furonoprogettate da Josep Maria Puig i Cadafalch, un architetto“modernista” contemporaneo di Gaudí. Per renderemanifesta la tradizione di una dinastia di produttoriprofondamente radicata nel territorio, i due architetticatalani costruiscono la nuova cantina attorno allaquercia plurisecolare, simbolo dell’azienda, che compareanche sulle etichette. Dalla scelta dei materiali allaconformazione degli spazi, l’obiettivo è quello dirafforzare l’identificazione con il luogo, in termini fisici masoprattutto culturali: non a caso la sequenza produttiva,

Molte sono le architetture del vino. Solo alcune peròrealizzano un intervento specifico sul territorio,

in sintonia con la cultura enologica.Lo spiega Carlo Palazzolo

di Francesca Druidi

I luoghi del vino

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CANTINE D’AUTORE | Carlo Palazzolo

In apertura, l’architetto Carlo Palazzolo.Sotto, due particolari del progetto dell’architetto Carlo Palazzoloper l’azienda agricola Serafini & Vidotto a Nervesa della Battaglia (TV)

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modellata rispetto al suolo, è organizzata attorno a unacorte aperta che guarda le rocce del Monserrat».

Altre cantine da segnalare?«Rafael Moneo è l’autore delle Bodegas Julián Chivite aEstella, in Navarra. Il progetto non si limita a valorizzarealcune preesistenze particolarmente significative, maisola e mette in cornice un pezzo di territorio. Ma ilprogetto più interessante legato alla cultura del vino èprobabilmente il Loisium, un complesso che comprendemuseo del vino, hotel e spa che Steven Holl realizza aLangenlois, in Austria. Qui è esaltata la struttura delleantiche cantine sotterranee: un tema che emergeraramente nei recenti progetti per spazi del vino. È,invece, importante che un progetto restituisca dal puntodi vista architettonico quell’aspetto eccezionale che legala produzione vinicola al mondo sotterraneo».

Guardando al futuro, dove si sta andando in termini discelte progettuali?«Le architetture del vino non risentono tanto delle modequanto piuttosto dell’impronta del loro autore. Èdifficile, quindi, che ci siano novità vere e proprie. Negliultimi anni, va però rilevato l’interesse per quegli spazi

legati alla cultura del vino che non sono meramenteproduttivi, come musei, hotel, spa e parchi a tema».

Per quanto riguarda l’Italia?«I progetti più interessanti nel nostro Paese sono quellipensati per aziende vinicole di piccole o mediedimensioni. Penso a Walter Angonese e ai suoi lavori perla cantina Hofstätter e la tenuta Manincor in Alto Adige,progetti complessi che si misurano in modo dialetticocon le preesistenze. Nel caso di Hofstätter, in particolare,la nuova cantina dialoga con il centro storico di Termenodi cui è parte e costruisce relazioni precise con i terrenida cui provengono i principali cru aziendali. In generale,sono invece critico nei confronti di quegli interventi checoinvolgono artisti o "archistar" per trasformazioniparziali, se non addirittura minime. Trasformazioni chespesso si rivelano di pura immagine, nel senso menointeressante del termine, e che poco incidono sullanatura e sull’organizzazione degli spazi del vino. Temache, insieme alla relazione profonda con un territorio,dovrebbe invece essere al centro del fare architettonico.Queste considerazioni critiche servono da base per il miooperato, contraddistinto dall’attenzione al mondosotterraneo e al modo di farvi arrivare la luce».

Il mio operato è contraddistintodall’attenzione al mondo sotterraneoe al modo di farvi arrivare la luce

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Trasformare un'opera d'arte in una cantina, rispettosadel paesaggio umbro nel quale va a inserirsi. Un progettotra architettura e scultura. Arnaldo Pomodoro, a 85 anni,raccoglie queste sfide e le sintetizza nel “Carapace”, lacantina commissionatagli dalla famiglia Lunelli per laTenuta Castelbuono a Bevagna, in provincia di Perugia.Progettata appositamente per il Sagrantino e il Rosso diMontefalco, la cantina - dopo la presentazione allaTriennale nello scorso febbraio - verrà ufficialmenteinaugurata il prossimo 16 giugno. Il maestro Pomodorosvela alcuni retroscena della sua creazione.

Con quale spirito si è avvicinato a questo progetto, nelquale si è cimentato come architetto?«Vorrei innanzitutto precisare che “Carapace” non è ilprimo progetto di una grande scultura. Basti pensare al

progetto del 1973 per il nuovo cimitero di Urbino, poi nonrealizzato, ma anche all'opera “Moto terreno solare” peril Simposio Minoa a Marsala in Sicilia, che si sviluppa peruna lunghezza di 90 metri in un giardino progettato dalpaesaggista Ermanno Casasco. Ho sempre amatoambientare le opere all'aperto, tra la gente, le case, le viedi tutti i giorni, in un confronto diretto con lo spazio.Ecco, il progetto per la famiglia Lunelli, questa grandescultura-architettura, è per me un'esperienza nuova,soprattutto per la dimensione e per le problematicherelative agli aspetti funzionali dell'opera».

Si è ispirato al carapace della tartaruga, simbolo dilongevità, per la copertura della cantina. In che misuraquesta intuizione è debitrice della fascinazione verso ilterritorio umbro?

Un carapace per il SagrantinoUna struttura con un forte impatto visivo, consapevole delle esigenze funzionalilegate alla produzione del vino. Arnaldo Pomodoro racconta la cantina-scultura progettata per la famiglia Lunelli

di Francesca Druidi

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CANTINE D’AUTORE | Arnaldo Pomodoro

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«Il progetto nasce dalla visita e dallo studio dei luoghi: latenuta è immersa in un ambiente naturalestraordinariamente suggestivo che ricorda i paesaggiraffigurati nei quadri degli artisti del Rinascimento,paesaggi che identificano anche i luoghi del Montefeltrodove io sono nato. Il mio intervento non dovevadisturbare la dolcezza delle colline dove si estendono ivigneti, anzi doveva integrarsi perfettamente conl'ambiente. La cantina si potrà vedere anche da lontano,in quanto ho progettato un elemento sculturale a formadi dardo che si conficca nel terreno, con valore diriferimento per chi si avvicina alla costruzione, e che altempo stesso rappresenta l'attività dell'uomo e il legamecon la terra».

Quali sono state le principali sfide nell'ideare e poi

A sinistra, Arnaldo Pomodoro; sotto, il “Carapace”di Arnaldo Pomodoro per la Cantina della Tenuta Castelbuonoa Bevagna (2005-2012). Nella pagina seguente, una fase di costruzionedella Cantina e il maestro ritratto da Carlo Orsi nel 2009

nel realizzare una scultura abitabile, come lei stessol'ha definita?«Per dare forma a questa idea, abbiamo lavorato comeuna grande “bottega”, dove ciascuno ha portato ilmeglio della propria professionalità e sensibilità:l'architetto Giorgio Pedrotti per le strutture, ErmannoCasasco per l'intervento paesaggistico, BarbaraBalestreri per le luci, oltre al mio assistente DialmoFerrari e i collaboratori dello studio che, da sempre, miseguono in tutto il mio lavoro. Le difficoltà maggiori cheabbiamo dovuto affrontare sono stati gli interventisculturali sul “carapace” che hanno richiestoun'invenzione tecnico-creativa da parte mia: da un lato,la modellazione degli elementi all'interno della cupolache dovevano corrispondere all'armonica composizionedel progetto; dall'altro, la realizzazione della copertura

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esterna in rame con i segni e le crepe materiche».

Quali scelte progettuali sono state prese perconiugare l'inventiva artistica e la funzionalità di unluogo che deve tenere conto delle modalità diproduzione del vino? Ha dovuto approfondireconoscenze di tipo enologico prima di affrontare ilprogetto? «Certamente, essendo una cantina dove si produce delvino, un vino antico come il Sagrantino, tutti gli aspetti dicarattere funzionale, soprattutto sul piano della culturaenologica, sono stati tenuti in grande considerazione, inmodo particolare per la barricaia. Con me, per questecompetenze, ha lavorato tutta la famiglia Lunelli: ilpatron Gino e Marcello Lunelli, l'enologo dell'azienda».

Gli elementi all'internodella cupola dovevanocorrispondere all'armonicacomposizione del progetto

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CANTINE D’AUTORE | Piero Sartogo

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Piero Sartogoe Nathalie Grenon.In alto, la nuovacantina L’Ammiraglia,costruita per iMarchesi de’Frescobaldi

Tra modernità e valore paesaggisticoIl rispetto del paesaggio è la chiave di lettura che Piero Sartogo e Nathalie Grenonhanno adoperato già dagli anni 90 nel loro modo di disegnare cantine, facendoincontrare modernità e ambiente

di Nicolò Mulas Marcello

«Come ha fatto Le Corbusier anche noi – spieganoPiero Sartogo e Nathalie Grenon – abbiamo dueluoghi: uno segreto e inaccessibile per la “recherchepatient” e l’altro per lo sviluppo progettuale, cherimane comunque top secret. Il nostro approccio altema è che, come per i monumenti, l’opera si svela intutta la sua magnificenza solo quanto viene tolto ilvelo che la ricopre».

Voi avete ideato diverse cantine. Come sono nati iprogetti per queste particolari funzioni? «La prima cantina da noi realizzata per Badia aColtibuono, nel Chianti, nasce da un’intuizione delcommittente Piero Stucchi Prinetti. Dopo averottenuto una sovvenzione dalla Comunità europea

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con un progetto preliminare estremamente invasivo,nel momento di passare dalla pratica difinanziamento all’avvio del cantiere, spaventatodall’idea di compiere uno scempio, decise di rivolgersia noi chiedendoci di interpretare in modo nuovo earchitettonicamente qualitativo le sue esigenzefunzionali. La fama del progetto da noi realizzato,ampliamente pubblicato e inserito anche nei siti delFai è stata all’origine delle nuove committenze che sisono susseguite negli anni, da Castel Giocondo allanuova cantina Ammiraglia per i Marchesi de’Frescobaldi, nel cuore della Maremma toscana, eultima la cantina progettata per Château Giraud nelSauternes».

Quali particolarità presentano le cantine che aveterealizzato? «Le cantine da noi realizzate sono espressione di unapproccio progettuale fondato sul profondo dialogo

tra nuova architettura e genius loci. Nel caso diBadia a Coltibuono, l’intero sistema compositivo sibasa sull’idea di configurare un edificio percorribile,che faccia da contrafforte a un vuoto ricavatoscavando in una piccola collina, in modo tale daaccompagnare il processo di vinificazione “percaduta”, su un dislivello di circa 20 metri. Per lacantina L’Ammiraglia dei Marchesi de’ Frescobaldiabbiamo agito come se un lembo di terra fossestato sollevato per aprire una sottile e longilineafessura nel declivio naturale del terreno: unafinestra che inquadra il paesaggio. Questo “segno”ha un profilo curvilineo, segue le curve di livello equindi continua l’andamento naturale del terreno. Ilprogetto di Chateau Giraud si colloca sulle alturedel borgo di Sauternes, ove è prodotto ilpregiatissimo vino dall’omonimo nome, consideratoun vero e proprio “nettare degli dei”. ChâteauxGuiraud con Châteaux d’Yquem costituiscono la

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crème de la crème di questa assai specialeviticoltura: essi sono ambedue abbracciati da unpaesaggio di ondulati filari di viti, caratterizzati daun microclima molto mite dovuto alla vicinanza delmare. L’assetto architettonico della nuova cantina,digradando sulle vigne dal piano dello Châteaux,imponente edificio di importanza storica, siconfigura come un terrapieno che esalta i valoriarchitettonici dell’ensemble, nel quale convivonoantico e moderno, artificiale e naturale».

Qual è il rapporto che deve avere l’architettura conla natura e il paesaggio?«Noi siamo stati fra i primi in Italia a progettare neglianni ’90 cantine d’autore, cimentandoci con l’incontrotra la modernità e il “luogo”, sempre di altissimovalore paesaggistico. E proprio l’incontro con i valoripaesaggistici e ambientali dei vigneti è stato uno deiprincipali motivi di interesse, che ha suscitato in noi il

desiderio di sperimentare modalità progettualiprecedentemente esercitate soprattutto in contestiurbani. Il territorio agricolo è qualcosa di moltoparticolare e di molto fragile, facilmente deturpabile,con interventi non opportunamente calibrati in terminidi impatto percettivo e non armonicamente in dialogocon le sue morfologie. L’Italia presenta un elevatogrado di differenziazione nel paesaggio “costruito conla mano dell’uomo” e questa nostra caratteristica vapreservata. Mi riferisco al sistema dei borghi e dellepiccole città dislocate tra Toscana, Umbria e Marche.Nel caso della cantina L’Ammiraglia noi abbiamopoggiato il nuovo manufatto in modo che, incontrappunto con il contesto preesistente, disegnassecon la sua presenza una nuova evidente realtà. Anchequesto è un modo, a mio avviso, per interpretare iprincipi dell’eco-sostenibilità, che non si limitanoall’ovvio obiettivo dell’abbattimento dei consumienergetici».

Il territorio agricolo è qualcosadi molto particolare e di molto fragile,facilmente deturpabile da interventinon opportunamente calibrati

Nella pagina a fianco,la cantina realizzataper Badia aColtibuono, nelChianti. Qui accanto,un modello delloChateau Giraud nelSauternes (Bordeaux)

CANTINE D’AUTORE | Piero Sartogo

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La cantina Novi Bric sorge sul territorio di confinetra Slovenia, Croazia e Italia. Dagli spazi aperti checircondano l’edificio si possono scorgere inlontananza i campanili di Grado, il porto di Trieste,Piancavallo, la costa slovena e dalmata. Nelprogetto, che è diventato il fulcro per larivitalizzazione di un intero territorio, si inserisconodunque tre culture diverse fra loro. «Tre ministridegli esteri, a quell’epoca – racconta l’architettoBoris Podrecca – si trovarono al confine traSlovenia, Croazia e Italia, durante una festa. Lì,ipotizzarono un luogo che oltrepassasse i confini.Così il tragitto che congiunge la parte didegustazione e produzione con quella in cui

Un’architettura fra i confini, con specifici odori,orizzonti, materialità. È per questoche Boris Podrecca parla di archi-cultura

di Renata Gualtieri

Epica e lirica

A sinistra,l’architettoBoris Podrecca

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CANTINE D’AUTORE | Boris Podrecca

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vengono ospitati gli amici e la villa patronale vienea costituire il confine. Uno shake hand fra i tre paesiconfinanti, questo è il motivo per cui ho tagliato ilpaesaggio come due mani che si intersecano».

Ha definito il progetto un’importante opera diarchi-cultura e una sorta di autoritratto. Perché?«Per quel che riguarda il ritratto, anche io sono unclassico prodotto mitteleuropeo. Ho vissuto fino aimiei 18 anni in questi luoghi e, da Vienna, ilbaricentro delle mie attività, migro, lavoro in questaterra fra i confini, attraverso specifici odori,orizzonti, materialità, perciò più archi-cultura chearchitettura».

Ha parlato del suo committente come di unmecenate. Che rapporti ha avuto con lui?«Avevo costruito già diverse cose per il mio cliente,il problema era esattamente l’opposto di quello cheavviene di solito, cioè io fungevo da pompiere e luida piromane, la questione era appunto frenarlonella sua attitudine balcanico-barocca».

Come possono convivere dunque architettura edenologia in un progetto?«La dura materialità dell’involucro, la pietra carsica,rappresenta la polarità epica del lavoro, e il vino,quella lirica, femminile. Un buon lavoro costituiscela balance fra questi due temi portanti».

In questa paginadue immaginidella Cantina Novi Bric

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La dura materialità dell’involucro,la pietra carsica, rappresentala polarità epica del lavoro,e il vino, quella lirica, femminile

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«L’architettura della cantina deve essere segno dell’attenzione postanella ricerca di un equilibrio fra l’uomo e il territorio».

L’esperienza di Mario Botta

di Renata Gualtieri

Da natura a cultura

Sotto, vista frontale della cantina Petrache mostra il cilindro centrale tagliatoda un piano diagonale posto paralleloalla collina e le ali laterali porticatedove sono collocate le botti

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CANTINE D’AUTORE | Mario Botta

Ha avuto modo di progettare tre cantine, Petra inItalia, Château Faugères in Francia e Moncucchetto inSvizzera. Guardando alle esigenze architettoniche diquesti luoghi e alla ricerca di una soluzione costruttivache le esprimesse al meglio, l’architetto Mario Bottasottolinea come oggi si chieda di progettare cantinecon le stesse attese che un tempo erano riservate adaltri temi nobili quali i musei, le biblioteche, i teatri,dove l’aspetto d’immagine è ritenuto importantequanto l’aspetto funzionale e tecnologico. «Larealizzazione di una cantina – spiega Botta – richiededi divenire “segno” capace di valorizzare il nuovoprodotto nato dalla felice alleanza tra uomo e natura».La cantina Petra si inserisce nelle pendici dellamontagna e, al centro del lungo fronte allungato chesegue l’andamento del terreno, si innalza dalla quotadi ingresso un volume cilindrico rivestito di pietra. Ilcilindro accoglie le attività primarie della cantina: alcentro i serbatoi per la vinificazione, mentre ai livellisuperiori si articolano le aree per l’uva vendemmiata,la zona pigiatura e le attività legate alla produzione e

ai controlli. Al pianoterra, nella profondità oltre ilnucleo centrale, si trova lo spazio riservato alle botti inrovere per l’invecchiamento del vino.

Come dunque l’architettura si pone al serviziodell’enologia?«Un aspetto che connota significativamente il nostrotempo è la maggiore attenzione nei confronti dellearchitetture e delle costruzioni adibite alla lavorazionedel vino. Le strutture obsolete, cantine o capannoni,stanno lasciando spazio a una nuova stagione di“contenitori”. La cantina, intesa come spazio per lalavorazione e l’invecchiamento del vino, risale atradizioni antichissime, pertanto è qualcosa diradicato nella nostra cultura. Il prodotto “vino” è unasintesi fra la terra (e le sue risorse) e il lavorodell’uomo. L’architettura della cantina devetestimoniare questo aspetto ed essere segnodell’attenzione posta nella ricerca di un equilibrio fral’uomo ed il territorio che diventa parte della nostrastoria e della nostra identità».

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Ha dichiarato che «quando Vittorio Moretti michiese di disegnare questa cantina per i nuovivigneti di Suvereto, mi è parso di capire che al di làdegli aspetti funzionali cercasse soprattuttoun’immagine capace di comunicare la passione el’impegno». Come c’è riuscito?«Ho ritenuto che la forte immagine plastica potesserisultare di grande fascino e riuscisse a trasmettere laricerca dell’equilibrio tra la qualità pragmatica di unedificio creato a misura del ciclo produttivo e l’aspettoestetico di un luogo che nasce come espressione delterritorio da cui trae identità. Il cilindro sezionato sipresenta come anello di pietra sopra il territoriocoltivato, un volto totemico nuovo e nel contempoarcaico; una forma compiuta, un’immagine che crea uncontrappunto geometrico che si confronta conl’andamento organico della superficie ondulata deivigneti che lo circondano».

Il complesso architettonico come si inserisce nelpaesaggio e come è riuscito a rappresentare lavocazione territoriale, l’attenzione alla qualitàdella vita e la cultura dell’ospitalità?«L’intento progettuale è quello di entrare in armoniacon il genius loci. L’opera di architettura è un’opera ditrasformazione di una condizione di natura in unacondizione di cultura. Si tratta di cambiare un equilibrioesistente per crearne uno nuovo o comunque diverso,sempre nel rispetto del territorio nel quale si inserisce ilmanufatto. L’intera organizzazione interna di Petra ècreata e realizzata al servizio delle uve e nel massimo

rispetto del ciclo naturale di vinificazione. Il tutto senzarinunciare però al fascino e al valore di un’opera diarchitettura, nel tentativo di donare una migliorequalità della vita. La cultura del vino come culturadell’ospitalità si evidenzia anche nella precisa scelta diricavare una lunga galleria che penetra la montagnafino ad arrestarsi di fronte ad una parete di roccia nelcuore della collina. Questo spazio diventa un luogodove le persone possono incontrarsi e degustare lericchezze prodotte dal territorio. Metaforicamentecostituisce anche un percorso che porta idealmenteverso il ventre della montagna, un cordone ombelicaleche ci lega alla madre-terra».

Come lei stesso ha dichiarato, il progetto vuoleessere una reinterpretazione delle antiche dimoretoscane di campagna. Quali gli elementi che più lerichiamano?«Nelle antiche dimore di campagna toscane il disegnodelle coltivazioni, in questo caso i vigneti, era parteintegrante del disegno architettonico. Il cilindro inpietra del corpo centrale e le due ali laterali connotanoun “grande fiore” che si estende lungo tutta la collina.L’orografia collinare e ondulata del suolo si offre allosguardo con tracciati regolari che disegnano scenaridestinati a modificarsi lentamente da fine inverno finoai raccolti autunnali. Il disegno razionale creato dallatrama geometrica della vigna fa da cornice al manufattoed evidenzia la misura, la bellezza e la profondità delpaesaggio pazientemente costruito anche attraverso illavoro dell’architetto».

A destra, sala di vinificazione; tunnel scavatonella montagna seguendo l’asse dell’edificioe terminante di fronte a un muro di roccia

CANTINE D’AUTORE | Mario Botta

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Si voleva edificare nella continuità a Manincor e ci si èriusciti. «L’aver fatto ricorso all’architetturacontemporanea – spiega l’architetto Walter Angonese –non voleva indicare un approccio astratto fine a sestesso, ma l’intento era quello di calare laprogettazione nel contesto della suacontemporaneità». È un’architettura vissuta e sofferta:tre anni di lavoro e riflessione su e con il vino.

Quali sono le esigenze architettoniche di unacantina e come si è impegnato nella ricerca di unasoluzione che le esprimesse al meglio?«Deve rappresentare quello che è, cioè una cantinadi vini. Spesso questo viene dimenticato, c’è un ideaformale, che viene anteposta a un schemafunzionale, e alcune volte si veste e basta. Pertantouna partenza programmatica non è sbagliata. Non vadimenticato il fatto che su approcci pragmatici eprogrammatici si è da sempre costruito, sono staticonsiderati come il punto di partenza. Poisubentrano aspetti come la topografia o unariflessione più culturale, appunto tramite unapproccio tipologico. Fare una cantina di vini è simile

al lavoro dell’enologo: ci vuole passione,maestranza, riflessione culturale e una buona dosedi autocritica per misurarsi continuamente con altrerealtà già sperimentate e anche con la storia».

Come l’architettura assolve le richiestedell’enologia? «Prendendo sul serio quello che le viene affidato,studiando e riflettendo sul progetto. Solo chi affrontaseriamente le cose riesce a conquistare la fiducia,che è ciò di cui un progetto ha bisogno; quellareciproca fiducia che è la base per un piano di lavoroautentico, fatto per un luogo o una persona».

Ha affermato «sono serviti tre anni per farmaturare le idee di progetto, proprio come un buonvino». Quale rapporto si è instaurato tracommittente e progettista? «Un ottimo rapporto. Siamo rimasti amici, cistimiamo reciprocamente e abbiamo imparato tantol’uno dall’altro, al punto che io sono diventato unappassionato e intenditore di vino, mentre il conteMichael Goëss-Enzenberg potrebbe tranquillamente

Non serviva teatralità per quel vinogià buono. Per Walter Angonese«l’autentico è far crescere l’insiemee non il singolo»

di Renata Gualtieri

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CANTINE D’AUTORE | Walter Angonese

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costruirsi da solo la sua prossima casa».

La cantina in che modo si relaziona con il territoriocircostante e la sua storia? «Entrambe le cose erano e sono la chiave di letturadel progetto. La topografia, molto adatta per unapproccio ipogeo, ci ha condotto a lavorare inprofondità, cosa che per una cantina di vini non èmale. Lavorare in modo ipogeo ha dato una misura euna scala al progetto in dialogo con la tenutaesistente del Seicento, in quanto la nuova cubaturasuperava sei volte quella esistente e ci poteva essereanche il rischio di sovracaricarla. Possiamocomunque dire che siamo arrivati a una soluzione inbilico tra il nuovo e il vecchio».

Quali materiali sono stati impiegati nellarealizzazione e perché? «Essendo una costruzione ipogea, con un interovigneto sopra, la logica costruttiva era datadall’utilizzo del calcestruzzo. Abbiamo cercato didargli dei valori semantici, togliendolo dalla suadimensione di beton brut, lo abbiamo messo in

relazione con l’acciaio arrugginito corten, trattatocon olio di lino e con qualche elemento di legno, perfar diventare il tutto, non solo una cosa funzionale,ma studiata sapientemente sulla base di riflessioniculturali e che dialogasse con la struttura del ‘600».

Rispetto all’architettura contemporanea dellecantine, dove spesso a essere in primo piano è lateatralità, la sua architettura è stata definita comemeno “scenografia” e più “segno autentico”. Cosane pensa? «Era chiara sin dall’inizio l’intenzione che il vino e ilsuo spazio avessero un rapporto equilibrato. Non eranecessaria una scenografia particolare o degli effettispeciali per fare crescere il vino. Quel vino diManincor è già molto buono. Questo è per mel’autentico, fare crescere l’insieme e non il singolo.Un atteggiamento che abbiamo sempre applicatoalla progettazione di cantine, partendo nel 1997 conla Torre del vino della tenuta Hofstätter fino adarrivare al nostro ultimo progetto, le barricaie e ilnegozio della cantina San Michele Appiano, moltoapprezzata per il suo St. Valentin».

A sinistra, TenutaManincor, ArchivBildraum 2004.Nel tondo,Walter Angonese

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La cantina vinicola Raventos i Blanc, a SantSadurnì d’Anoia, è diventata un riferimentointernazionale grazie ai suoi novanta acri di vignetitramandati dall’omonima famiglia spagnola sin dal1497. Il simbolo di questa secolare tradizione èespresso dalla quercia di cinquecento anni situataall’entrata della cantina e che testimonia la storiadella casata Raventos e la vitalità di queste terre.L’elemento paesaggistico è diventato non solo ilmarchio dell’azienda, ma anche il punto focale delprogetto affidato nel 1986 agli architetti JaumeBach e Gabriel Mora, che pensarono a una grandestruttura dove la progettazione funzionale potessemescolarsi armoniosamente all’ecosistema di ElSerral. Dallo studio Bach Arquitectes di

Barcellona, Jaume Bach racconta il fascino di unacantina concepita per essere la combinazioneperfetta di forma e funzione.

Quale valore aggiunto è in grado di offrirel’architettura in questo tipo di progettazioni? «Nel progettare un luogo dove si produce vinobisogna porsi delle domande, bisogna chiedersi adesempio come mantenere costante la temperatura,la pulizia e l’igiene delle strutture e le condizioni dilavoro favorevoli, ma anche come creare un luogoaccogliente e interpretare la storia e la memoriaumana che ha reso possibile la combinazione dellavoro agricolo di generazioni con il coinvolgimentodell’industria e della tecnologia. Bisogna creare la

Le aspirazioni degli uominidevono interpretare il paesaggioper offrire una mediazione culturaledi successo, come per Raventos i Blanc

di Elisa Fiocchi

Cantineche comunicano

Jaume Bach,architetto spagnolofondatore dello studioBach Arquitectes

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CANTINE D’AUTORE | Jaume Bach

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possibilità di unire le persone: questa è una partedi ciò che l’architettura può darci».

Prima di iniziare la progettazione di una cantinaquali elementi sono prioritari? «Come oggetto del lavoro considero la location, ilprogramma, la storia, l’ambiente, il paesaggio, lacultura e il tempo, le conoscenze, le pratiche che sipossono trarre dal bene della nostra esperienza.Immaginiamo come vorremmo avvicinarci a un certoluogo, il modo in cui ci sentiamo in sua presenza».

Come si riconosce una cantina contemporanea?«Penso che uno degli aspetti più qualificanti di oggisia la comunicazione. Le cantine, così come molti altri

luoghi, sono visitate da sempre, non è una novità,penso ad esempio al quartiere Grinzing di Vienna ead altri luoghi. Oggi questi elementi sono unrequisito già incorporato nel progetto: i magazzinisono progettati per essere visitati e contemplaticome una parte fondamentale dell’azionecomunicativa».

Tornando a Raventos i Blanc, come è riuscito acombinare armoniosamente il design funzionaledella cantina con l’ambiente e l’ecosistema? «La concettualizzazione del progetto consiste nellacelebrazione dello spazio liturgico intorno allavecchia quercia. Una geometria circolare e unarettangolare creano risonanze universali, legate

La concettualizzazione del progetto consiste nella celebrazionedello spazio liturgico intorno alla vecchia quercia

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CANTINE D’AUTORE | Jaume Bach

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alla terra e al materiale di lavoro, si legano epenetrano il punto centrale di ingresso perimpostare e modellare la reception, da dove iniziala visita della cantina. Nella cantina sotto il cortilerettangolare avviene la degustazione di vini echampagne e, infine, feste di ogni genere nellospazio circolare sotto la protezione della quercia.Possiamo competere con le cantine moderniste diPuig i Cadafalch, monumento nazionale, che siinnalzano di fronte alla quercia centenaria».

In quali dettagli forma e funzione combaciano?«Forma e funzione sono chiaramente espresse da unaconcettualizzazione che arricchisce ed espande iriferimenti dei contenuti. Abbiamo sempre trattato i

materiali e le tecniche costruttive in un modo chepotrebbe essere definito slow, fatto di tecnicheartigianali».

Entrando nella cantina, quali elementiarchitettonici catturano l’attenzione del visitatore?«Abbiamo concepito la quercia circondata da pilastri dimattoni in una disposizione di chiusura-apertura cheindica l’appartenenza, ma con una prospettiva dicondivisione e di partenze. La geometria curva allevia lasensazione di vuoto mentre l’uso del mattone solido comemateriale dominante unifica le differenti tipologie di giocodando l’impressione di una materialità terrestre. Fornisceanche un buon invecchiamento e lascia sul passaggionobili tracce del tempo nel corso delle generazioni».

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I magazzini sono progettatiper essere visitati e contemplaticome una parte fondamentaledell’azione comunicativa

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All’interno della galleria Nilufar, a Palazzo Durini,trova posto un’installazione di pezzi storicidell’architetto e designer Gaetano Pesce, da maquettedi interior design e architetture a sculture e operetridimensionali in resina plastica che compongono unitinerario di rarità a partire dagli anni Ottanta. «Proprioin quegli anni ho cominciato a sostenere che il designè una forma d’arte, un’espressione artistica forte, alpari delle altre come musica, poesia e arti pratiche».Nella zona di via Tortona a Milano è possibileammirare le sedie dedicate all'universo femminile,come il Feminino, concepito dalla ricerca costante dinuovi materiali, che si compone di quattro pezzistampati a mano e assemblati utilizzando unatecnica unica, prodotta in edizione limitata. Pesceritorna poi a stupire anche con tre nuove collezioniper Meritalia, che compie 25 anni, come il sofàMichetta, che tratta gli oggetti che voglionoaffrancarsi dalle forme alla moda o dalle imposizioni

schematiche e rigide, e il divano Insieme, che plaudealle vicinanze affettive, alle scoperte tra esseri e atutto quello che si oppone alla grettezza e allafacilità delle separazioni: «È più facile unire oseparare? È più facile la modestia o l'intemperanza?È meglio vivere o sopravvivere?». Da New York, dovevive dal 1983, l’architetto veneziano torna aincantare l’Italia e quella Milano che lui stessodefinisce la capitale della creatività e del design.

Gateano Pesce,architetto, scultore edesigner. A fianco, ildivano “Sunset ofNew York”

Viviamo in un epoca in cui i valori si alzano e si abbassano come le onde del mare, spiegaGaetano Pesce. «I materiali che esprimonoquesta mobilità sono quelli di sintesi, oggi più che mai contemporanei»

di Elisa Fiocchi

Creare in un tempo liquido

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IL DESIGN E L’ARTE | Gaetano Pesce

Com’è cambiato il potenziale comunicativo di unoggetto di design negli ultimi quarant’anni?«Il design ha fatto passi giganteschi e sempre di piùl’industria italiana ha capito l’enorme potenziale chepossiede l’oggetto industriale come espressione d’artee ha aperto gli occhi su un mercato del designrelativamente nuovo, quello dell’arte. Il Salone rimaneil trampolino più importante che esista per questogenere di espressioni e quello del 2012 sarà un

avanzamento in questo senso. Di quelli che sichiamano pezzi unici e che io invece chiamo pezzidiversi».

Come la scelta dei materiali testimonia la scopertadella nostra epoca e con quali vale la pena diesprimersi per offrire una verità storica?«Quelli che vengono definiti di sintesi, come noichiamiamo le plastiche, restano i più vicini alla natura

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della nostra epoca liquida, dove i valori si alzano e siabbassano come le onde del mare. I materiali cherappresentano questa mobilità sono quelli di sintesiche ho avuto la fortuna di studiare da giovane e che mihanno dato ciò che i materiali tradizionali non erano ingrado di offrirmi. Nel mio laboratorio di New Yorkabbiamo creato un tavolo con una dimensionecompletamente nuova, realizzandolo in sole tre ore,utilizzando delle schiume rigide ma leggere. Questodimostra come i materiali contemporanei siano piùfacili da usare e che se avessi scelto il marmo o il vetro,ci avrei impiegato dei mesi».

Proprio ricordando il laboratorio, in cosa consiste lasua giornata da creatore?

«Ho sempre avuto due posti per lavorare. Uno èl’ufficio, che io chiamo il luogo pulito, perchè è dove sifa il lavoro dell’architetto, senza polveri che disturbanoo macchine che fanno il lavoro. Poi esiste un altroluogo, il laboratorio, che è quello dove io metto le maniin pasta. Il nostro mestiere collega le mani al cervelloin maniera estremamente diretta, le une non possonofare a meno dell’altro, e viceversa».

Con il divano Sunset of New York alludeva al declinoche, un giorno o l'altro, questa capitale avrebbeconosciuto. Come giudica oggi l’attuale offertacreativa e quali città avanzano tra le grandi deldesign? «Trent’anni fa New York mostrava alcuni segni di

Il Sofà “Michetta”, una delle tre nuove collezioni realizzate per Meritalia.

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Milano resterà per moltianni la capitale deldesign, come tuttal’Italia, perchè la nostratradizione, che cominciadal Rinascimento e arrivafino ad oggi, è qualcosadi unico che nessun altropaese del mondopossiede

fragilità. In realtà, i cambiamenti epocali delle capitaliprevedono tempi lunghissimi e oggi resta ancora lacapitale del mondo, ma quella del design è Milano e losarà per molti anni, come tutta l’Italia in generale,perchè la nostra tradizione - che comincia dalRinascimento fino ad oggi - è qualcosa di unico.Shanghai, come i tanti saloni e le esposizioni nellasettimana dell’arte di Londra e di Los Angeles, puòessere solo lontanamente confrontata all’energia chec’è a Milano durante i giorni del Salone del mobile.Siamo il centro della cultura del design, senza chenessun Paese ci minacci».

Ma in Italia c’è spazio per comprenderel’innovazione apportata dal design?

«Nel mio lavoro sono sempre stato capito, è unmestiere diretto, e i bambini gioiscono in manieraparticolare a contatto con le mie opere perchè i materialisi possono toccare e sono quasi dei giochi. Da quandoho iniziato a fare questa professione, tuttavia, le cosesono cambiate, ma lentamente. Mentre alcuni paesidedicano molte energie all’innovazione, in Italia avvertouna fase di breve stanchezza. Ci caratterizziamo per unaspetto pubblico scandito da un sistema politico chenon aiuta la creatività, perchè espressione di unmondo vecchio, lento e bizantino rispetto all’attuale,in cui servono decisioni e prese di coscienza veloci, eun aspetto privato che si mostra invece avanzato evitale, che si muove alla svelta e che ci espande intutto il mondo».

IL DESIGN E L’ARTE | Gaetano Pesce

A sinistra, l’opera “Feminino. Sopra, lo schizzo originale del divano “Insieme”,Meritalia.

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ph Luciano Svegliado

Dar voce all’anima segreta delle cose«Parlare attraverso le cose è per l’uomo l’unico modo di vedere la sacralità della vita e dicomunicarla». Tobia Scarpa racconta la sua “chiamata” nel campo del design, davanti allaquale si è fatto trovare pronto, «come si diventa pronti nelle vecchie scuole dei grandi artisti»

di Renata Gualtieri

Con il suo lavoro ha seguito i cambiamenti dellacultura italiana e la sua attività è stata legata ad aziendeche hanno fatto la storia del design italiano,«promuovendo comportamenti collettivi come con lapoltrona Carlotta o la poltrona Soriana». Dunque siprogettano sia le cose che i comportamenti. L’architettoe designer Tobia Scarpa spiega come ciò avviene esottolinea che se è noto e riconosciuto che l’architetturae, di conseguenza, il design e l’urbanistica sonostrumenti educativi bisogna capire in quale misura essisiano orientati correttamente perché «non sempre bastaparlare di design innovativo, per essere e restaretranquilli».

Quando è venuta alla luce la sua passione per il

design?«Quando sono nato, mio padre aveva segnato(disegnato?) il mio percorso esistenziale, mi ha dato ilnome, mi ha portato sempre con sé fin da piccolo ecosì senza che io lo capissi sono diventato la suacontinuità e conseguenza. Oggi che ho accumulatoesperienze posso dire che la cosa non mi dispiace. Hoimparato con grande dolore che noi non possiamo nédobbiamo frequentare la rivolta per cause personalicontro il destino, in particolare modo quella biologica.Ero pronto, come si diventa pronti nelle vecchie scuoledei grandi artisti. Ora se guardo dietro di me a ciò cheho realizzato penso che mio padre non dovrebbeessere scontento. Il mio inizio professionale muove iprimi passi nell’ambito del design perché più

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In apertura, a sinistra, l’architetto e designer Tobia Scarpa e, a destra, la Lampada Biagio. Sopra la poltrona Soriana e la Lampada Papillona

PROCESSI CREATIVI | Tobia Scarpa

immediato e anche per non diventare concorrente incasa, in quanto l’architettura era l’apice delleaspirazioni comuni».

Come è riuscito a far parlare “l’anima segreta dellecose”?«Questa è una domanda indiscreta in quanto larisposta richiederebbe libri interi di spiegazioni e dianalisi. Per semplificare posso dire che parlareattraverso le cose sia per l’uomo l’unico modo divedere la sacralità della vita. E di comunicarla».

La sua produzione spazia dal passato al presente ma,guardando al futuro, in quale direzione si muoverà ildesign?«Il prodotto, o meglio il prodotto commerciale, incircolazione tende, desidera, nobilitarsi per valere. Èsolo la capacità di distinguere che può correttamentestabilire la giusta scala dei valori. Oggi il passaggio checi si presenta davanti deve tener conto sostanzialmentedi due fattori: il grande numero e l’esaurimento deicampi formali di ricerca. Per il secondo fattore bisognatrovare nuovi e credibili valori da offrire all’uomo. Ilnostro tempo era affascinato dalla modernità e dall’uso

proprio della tecnologia. Stiamo assistendo allosgretolamento di questi valori, e non solo di questi.L’impegno religioso del passato metteva dei limiti edelle barriere invalicabili. La superficiale cultura delnostro tempo ha sradicato questi limiti e noi oggiassistiamo allibiti alle ineluttabili conseguenze. Doveandremo? Molte società con grandissimi patrimoniculturali stanno entrando nei nostri spazi quotidiani edovranno fare i conti con ciò che abbiamo realizzatofinora. Staremo a vedere».

Su quale filosofia si basa e da che idea nasce ilprogetto Do.it che prevede, entro il 2014, l’apertura diotto centri interamente dedicati al design made inItaly?«Do.it è il progetto nato per esplorare nuovi spazicommerciali e nuove modalità di offrire i propri servizi. Ilmercato italiano è rimasto affascinato dalle idee chesostengono attività come Ikea o i discount della moda, enon credo che il gioco economico messo in atto sia laragione centrale. C’è una frenesia di acquisto checontagia tutti, bisognerà vedersela con la recessione inatto, e capire se produrrà un’accelerazione o unafrenata degli acquisti».

ph Luciano Svegliado

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L’ESSENZA DEL LEGNO | Matteo Thun

«Il design è fatto di sensorialità. Per me il materiale sensoriale per eccellenza è il legno». L’architetto Matteo Thun descrive il suo impegno in un percorsolavorativo che segue i principi di un buon design, sempre rispettosi neiconfronti della natura e dell’ambiente

di Renata Gualtieri

Legno, una scelta contemporanea

Ha spesso sottolineato che bisogna puntaresull’individualità più che sull’individuo. E questoconcetto è ben espresso dalla formula “Eco non Ego”.«Personalmente preferisco l’eco nel vero senso dellaparola – dichiara l’architetto e designer Matteo Thun –anziché l’ego del linguaggio architettonico, che oggi siappoggia spesso ad archetipi. I miei progetti sono ilrisultato del lavoro di progettisti, architetti d’interni,stilisti, grafici e designer che lavorano in squadrasecondo questo principio». È il legno il materiale piùutilizzato nel suo lavoro perché, assieme alla pietra, èun elemento che concilia naturalezza, funzionalità edestetica e che oggi è diventato sempre più essenzialenell’ architettura e nel design.

Ha definito le sue creazioni come “zero design”. Cosaracchiude questo concetto?«Significa azzerare i formalismi e anche i tempi discadenza, troppo ravvicinati, della società delconsumo».

Quali sono i materiali indispensabili nel design

In apertura, Rapsel Ofuro Bath. Qui a fianco, l’architetto

e designer Matteo Thun

contemporaneo e quali sono i principi di un buondesign? In che modo esso può influire sul benessere ela qualità della vita?«Il design contemporaneo è fatto soprattutto disensorialità. Per me, il materiale sensoriale pereccellenza è il legno: caldo, naturale, mutisensoriale.Per questo si adatta perfettamente a una frase diGoethe, che trovo meravigliosa: “Tocchi con gli occhi evedi con le dita”. Questo dà qualità alla vita».

Ha dichiarato «quello che mi esalta è sempre ilprossimo progetto». A cosa sta lavorando e qual èinvece l’oggetto di design che desiderebbe realizzare?«Ogni progetto futuro è l’inizio di un nuovo percorsoed è sostenuto da una curiosità intellettuale che dàsempre linfa vitale al lavoro. Attualmente stoprogettando dei water resort su due isole delMediterraneo: luoghi dell’ospitalità che tengono contodell’ambiente naturale - l’acqua - che li circonda. Unprogetto estremamente affascinante. Un miodesiderio per il design? Progettare un orologio chepossa rallentare il tempo».

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Marco Ferreri,architetto

e designer

Capire e formarela materiaÈ il processo che esprime l’essenza stessa del design, secondo Marco Ferreri, cheunisce intelligenza ironia e funzionalità allesue opere, in un perfetto mix di concreto econcettuale. Come per la libreria In-Canto

di Elisa Fiocchi

L’abilità di Marco Ferreri nel mettere a contattopassato e presente come pochi altri designer si èespressa al meglio in occasione della mostramonografica della Triennale Design Museum, dove laselezione delle sue opere, dagli esordi a oggi,spaziava dal design all’architettura, dalla grafica agliallestimenti, fino alle installazioni. Al designer ligureviene affidato proprio quel ruolo di cerniera, a metàtra i grandi maestri di un tempo e le nuovegenerazioni appassionate di tecnologia, che lo hareso un creativo, un talento fuori dal coro. Tra lenovità del 2012 esposte al Salone del Mobile, Ferreripropone una libreria da giorno trasformabile,chiamata In-Canto e realizzata per Adele-C, costituitada due ali che contengono quattro vetrine in dialogocon l’architettura che la contiene e che le permettonodi diventare parete mobile, espositore, angoliera elibreria. La struttura è in multistrato impiallacciatobetulla naturale con finitura esterna tinta all’acquablu cobalto ed elemento centrale in lamieraverniciata a polveri blu cobalto. «Non si sa mai cosamettere negli angoli, In-Canto funziona da 70 a 180

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FORMA E FUNZIONE | Marco Ferreri

gradi, senza bruciare» spiega Ferreri, riferendosi allacapacità di adattamento ai cambiamenti e aglispostamenti che avvengono all’interno di qualsiasicasa. «Può indifferentemente stare in un angolo,contro una parete o nello spazio in piena libertà». Trale altre novità, anche la rinnovata collaborazione conl’azienda friuliana Billiani per cui rilancia la sediaNordica.

Quali creazioni portano la sua firma?«Oltre a Less, Foglia e Sisina, presentiamo unariedizione di un vecchio progetto, Nordica, moltoispirato ma per nulla copiato dal design scandinavo.La descriverei come un abbraccio: quattro montantiin torsione reggono il sedile e uniscono le due slitteal bracciolo-schienale. La struttura è in massello difaggio tornito, schienale in multistrato curvato,sedile in legno o imbottito».

Un altro progetto innovativo è il prototipo dellacasa in un pezzo unico, che parte da un file 3D,attraverso la tecnica del D-shape. Di che cosa si

Nel progettare cerco di aiutaremateria e processo a diventareforma, e penso che conoscere,

capire e applicare le specificitàdella materia sia una capacità

fondamentale del design

In questa pagina In-Canto, la libreria trasformabile realizzata per Adele-C

tratta e quali elementi innovativi sono contenuti nelprogetto?«È una casa realizzata in un unico pezzo, struttura earredi, da una macchina, sola, partendo da undisegno 3D. Innovativa è la tecnologia usata, fruttodella mente di Enrico Dini, innovativo è il pensiero dicostruire un elemento abitabile realizzato senza ilmuratore, a mio parere straordinario il risultato,grado zero di rappresentazione estetica di futuro».

Come si sta evolvendo il rapporto tra design etecnologia e come il contributo tecnologico puòdiventare un elemento identitario di un progetto didesign?«Nel progettare cerco di aiutare materia e processo adiventare forma, e penso che conoscere, capire eapplicare le specificità della materia sia una capacitàfondamentale del design, forse il design stesso. Enell’oggi già domani con gli oggetti che spariscono ele prestazioni solo spalmate, si apre lo spazio peruna nuova sensibilità, vera materia nuova per undesign ancora migliore».

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L’installazione “Quattro punti per una torre”,progettata da Massimo Iosa Ghini per Fmg, saràpresente fino al 28 aprile presso l’Università deglistudi di Milano in occasione dell’evento InterniLegacy. «Il sogno poetico dell’uomo, la curvanaturale che materializza il limite tra interno edesterno; il complesso metabolismo interno, la luce el’energia in simbiosi con la solida materia». Conqueste parole, l’architetto bolognese descrive illegame tra eredità e modernità, tradizione einnovazione, racchiuso nella torre a stelo realizzatain struttura e rivestita da grandi lastre ceramiche(300x150). Il taglio curvo, altamente tecnologicodelle lastre, permette la visione, nel cuoredell’installazione, di un trattamento superficialecaratterizzato da una particolare decorazione,eseguita tramite l’uso di tecnologia a led che creauna maglia luminosa a geometria variabile. Massimo

Iosa Ghini introduce anche due nuovi oggetti didesign, la lampada Leva e Pixel Pro, e svela la suaspecialità: «Trovare approcci logici differenti nellacreazione di un qualcosa».

Quali sono i punti fermi nel suo processo diideazione e progettazione? E come la sua passioneper il disegno, il futurismo, la fantascienza e ilfumetto hanno influenzato le sue opere?«Per dare senso alle cose a volte bisogna liberarsi deiluoghi comuni, uscire dal tracciato. Il mio lavoro neglianni è stato questo, con l’ambizione, credo riuscita,di fare il nuovo senza perdere contatto dalla realtà,dalle esigenze concrete».

Perché utilizza molto più oggi che in passato lostrumento del disegno?«Allo strumento disegno penso spesso essendo

L’incarico di progettare i negozi Wind ha dato l’occasione allo studio di MassimoIosa Ghini di focalizzarsi sull’elemento luce: «Lavoro a un nuovo sistema di farettiled a basso consumo, cercando di dare una forma proprio al led, che sembrerebbeimmateriale ma non lo è»

di Elisa Fiocchi

Materiali antichi e tecnologie della luce

Massimo Iosa Ghini, architetto e designer.Nell’altra pagina, la lampada da tavolo in faggio Leva

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DALL’IDEA AL PROGETTO | Massimo Iosa Ghini

L’elemento protagonista della lampada Leva è un materialesostenibile come il legno, sceltonell’essenza faggio, colore naturale

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considerato un grande disegnatore;presuntuosamente dico che i miei disegni sono neiprincipali musei nel mondo insieme al design. Ildisegno manuale rimane l’unico modo di afferrarel’ectoplasma di un’idea, il computer è indispensabileper svilupparlo ma l’idea, il concept, vanno catturatial volo e solo il rapporto diretto e sincrono cervello-uomo può farlo».

Che cosa significa oggi essere un progettistaautore? «Un autore paga e si premia con la propria coerenza.I non autori sono sul mercato. Tra i giovani mipiacciono Bergna e Nichetto per la loro differenza dalmio lavoro».

In che direzione sta andando il design italiano,cosa le piace e cosa no del suo processo evolutivo?«Rimane una bellissima amalgama, certo la

La nuova tecnologia led rappresentaun passo in avanti verso ladefinizione del futuro nello scenarioilluminotecnico

Un render dell’installazione “Quattro punti per una torre”

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DALL’IDEA AL PROGETTO | Massimo Iosa Ghini

leadership è insidiata. Ma la nostra cultura ha sempreavuto la capacità di assorbire istanze esterne erielaborandole, farsene forza. Il sistemas’internazionalizzerà ulteriormente prendendo assettisempre più imprenditoriali e al tempo stessos’intensificherà la capacità di progetto più che diproduzione per sofisticare e alzare il livello delprodotto a prescindere da dove esso sarà realizzato».

Quali canoni ed elementi hanno invece ispirato lesue recenti progettazioni di design? «Lavoro con la luce per un nuovo sistema di faretti leda basso consumo, cercando di dare una forma al led,che sembrerebbe immateriale ma non lo è. Uso nuovimateriali nei sistemi di illuminazione, come il legnoantico ma nuovissimo e realmente ecosostenibilelavorato tramite tecnologie avanzate. Continuo aseguire l’ormai classico claim: sostenibile ma bello».Proprio la lampada da tavolo in faggio Leva esprime

un recupero dell’artigianalità.«È realizzata con materiali antichi insieme atecnologie della luce avanzatissime attraverso laricerca e l’approfondimento del disegno non solo deisingoli componenti, ma anche dei meccanismiche echeggiano marchingegni leonardeschi allaricerca della magia dell’equilibrio dinamico chequesto oggetto esprime».

In che modo Pixel Pro punta all’innovazione?«Abbiamo voluto dare forma al dinamismo e la nuovatecnologia led rappresenta un passo in avanti verso ladefinizione del futuro nello scenario illuminotecnico.La dispersione del calore è controllata attraverso ildesign del dissipatore: l’elemento funzionale divieneoggetto di progettazione estetica. L’oggetto si adattaa tutti quei contesti in cui è richiesto un sistemad’illuminazione flessibile e articolato, mirato allavalorizzazione degli spazi e dei prodotti».

Il faro Pixel Pro per iGuzzini illuminazione ph Giuseppe Saluzzi

ph Giuseppe Saluzzi

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Giulio Cappellini, architetto e designer. In apertura Wooden Chair

realizzata da Marc Newson

Il design è parte integrante del patrimonioartistico e culturale e delle idee che l’Italia porta indote. «Il made in Italy – spiega l’architetto GiulioCappellini, uno dei protagonisti più attivi sullascena del design italiano – continua ad averegrande fascino nei paesi esteri, soprattutto inquelli emergenti che iniziano ora a confrontarsi conil design».

Qual è lo stato di salute di questo settore? «Il design fa sicuramente parte della culturaitaliana, portavoce di tutti i fermenti artistici eculturali. Quello italiano si è affermato nel mondonegli anni 50 grazie al lavoro di un piccolo nucleodi allora giovani designer e di imprenditori italiani

Lo stile italiano continua ad affascinare i mercati esteri soprattutto in un settore doveestetica e funzionalità sono qualità essenziali come nel design. Ed è per questo che ildesign sta andando oltre la crisi, puntando sulle proprie caratteristiche e sulla curiositàdei paesi emergenti. Giulio Cappellini tratteggia l’attuale scenario

di Nicolò Mulas Marcello

Un biglietto da visitadi tradizione e qualità

che hanno creduto nella cultura del progetto comeforma di business. Oggi l’Italia riafferma il suoprimato industriale in questo settore ma lo spettrodelle collaborazioni si è ampliato. Designer di tuttoil mondo trovano nel nostro paese terreno fertileper coltivare le proprie idee e farle diventareprodotto. Il palcoscenico in cui confrontarsi è ilmondo per cui è fondamentale cercare di creareprodotti che possano essere accettati dovunque,rispondendo con bellezza e funzionalità alle realiesigenze del consumatore finale».

L’innovazione è uno dei fattori fondamentali sucui puntare nel design. Qual è l’approccio diCappellini a questo aspetto?

ESTETICA E FUNZIONALITÀ | Giulio Cappellini

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«Cappellini vuole essere un’aziendacontemporanea e non si può essere tali senza unacontinua ricerca e innovazione. Ricerca non solo diforme nuove ma di nuovi materiali, nuove texture,nuovi sistemi produttivi che rendano realizzabilianche I progetti più arditi. Non innovazione fine ase stessa, quindi, ma ricerca di risposte concretesenza perdere libertà e creatività. Cappellini credenel continuo confronto con designer diversi perstoria, cultura, tradizione».

Quali sono le caratteristiche fondamentali chesecondo lei deve avere un oggetto di design? «Un oggetto di design deve essere funzionale masoprattutto bello, regalando gioia e facendosognare chi lo acquista. Inoltre, un vero oggetto didesign deve essere senza tempo, superando lemode momentanee, dando sicurezza e diventandoparte integrante dell’abitare quotidiano».

Il made in Italy oggi funziona di più dentro ofuori i confini nazionali? «Il made in Italy continua ad avere grande fascinonei paesi esteri, soprattutto in quelli emergenti cheiniziano ora a confrontarsi con il design. Dobbiamoperò stare attenti a non trasformare il design inlifestyle, continuando a lavorare su progetti veri econtemporanei più che sulle sensazioni eatmosfere. Un vero oggetto di design sta beneovunque e si presta a essere interpretato in modidifferenti nelle diverse parti del mondo,adattandosi a culture diverse».

Un vero oggetto di design deve essere senza tempo, superando le modemomentanee, e diventando parte integrantedell'abitare quotidiano

La cassettiera Progetti Compiuti disegnata da Shiro Kuromata

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CREATIVITÀ ITALIANA | Carlo Molteni

L’innovazione come base del prodotto, ma sempre nascosta e maiprotagonista. Questa è la scelta che caratterizza le proposte di design firmateMolteni&C. Una tradizione di prodotti che, come spiega Carlo Molteni, puntasoprattutto a rispondere alle esigenze del pubblico

di Nicolò Mulas Marcello

Good design,ricerca e qualità

Ricerca e qualità si possono riassumere, secondoCarlo Molteni, in un’unica parola, ovvero gooddesign. Ma qual è la linea di demarcazione tra arte edesign? La qualità artistica è importante ma peressere innovativo, un prodotto di design devesoprattutto rispondere alle esigenze dell’utenza epuntare sulla fruibilità. L’estetica di un bene ècomunque l’elemento che più di altri si abbina algusto tipicamente italiano e certamente all’italianstyle. Un aspetto che attira sempre di più il pubblicodell’estremo oriente, dove la crisi è stata avvertitameno. «Per noi l’Oriente non è il nuovo mondo –spiega Carlo Molteni – siamo in Giappone datrent’anni, e voglio ricordare il flagship store diSingapore, che sta lavorando molto bene, el’apertura a Hong Kong di una galleria Molteni&C».

Qual è lo scenario che coinvolge il settore deldesign nel nostro Paese e all’estero? «Il settore in Italia risente della crisi, all’estero ci

sono paesi dove la crisi non esiste, specialmente nelFar East, questo ci permette di sopportare lacontrazione del mercato interno. La parola designoggi non è più sinonimo di qualità artistica, spesso èusata in modo improprio, credo che si debba iniziarea parlare di good design, per indicare ricerca equalità».

L’innovazione è uno dei fattori fondamentali sucui puntare nel design. Qual è l’approccio diMolteni a questo aspetto? «L’innovazione è alla base dei nostri prodotti,sempre nascosta, mai protagonista, come dimostrala Collezione Gio Ponti che presentiamo al Salonedel Mobile firmata Ponti Archives».

Per quali peculiarità deve attrarre un oggetto didesign? «Deve essere innovativo e rispondere alle esigenze delpubblico, non deve essere un esercizio estetico».

Nella Pagina a fianco, in alto le mensole di Ron Gilad.Sotto, i moduli compositivi del progetto Hi-Line 6 di

Ferruccio Laviani. Qui a fianco, Carlo Molteni

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Il quartiere fieristico di Rho ospita le miglioriproposte nell’ambito dell’arredamento, dallacucina alla zona living, dal bagnoall’illuminazione. Con un occhio di riguardoche l’organizzazione presieduta da CarloGuglielmi riserva da tempo alle promesse del design italiano e internazionale

di Giacomo Govoni

Padiglioni aperti alla creatività

Carlo Guglielmi, presidente di Cosmit

Ha valicato il traguardo del mezzo secolo il Salonedel Mobile, evento che trasforma Milano per unasettimana nella capitale mondiale dell’arredo. Allatesta della grande macchina organizzativa dell’eventoc’è Cosmit che, ampliando negli anni la gamma delleesposizioni, ha il merito di aver dato alla rassegna unprofilo sempre più internazionale. A conferma di ciò, lapresenza come ospite d’onore di Milano al prossimoBeijing Design Week, dal prossimo 28 settembre al 6ottobre. «Un riconoscimento che premia la città –spiega il presidente Carlo Guglielmi – e di riflesso illavoro che da 50 anni la nostra associazione svolge alsuo interno. Un’attività, credo di poter dire senzapresunzione, da protagonisti assoluti nell’ambito deldesign».

Da due edizioni si parla di Saloni e questa edizionela manifestazione ha aperto le porte al pubblicoanche il sabato. Insomma, evento collaudato, masempre nel segno delle novità.«I Saloni stanno a indicare una pluralità di eventi, che

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SALONE DEL MOBILE | Carlo Guglielmi

abbraccia il salone del mobile, del bagno, deicomplementi d’arredo, della tecnologia per la cucina,dei giovani. In più, si lega a doppio filo alla città diMilano, che fa da suggestiva cornice a una serie dieventi collaterali. Quanto all’apertura del sabato, sitratta di una scelta dettata dalla volontà di interpretarequanto sta accadendo sul mercato e di andare incontroall’unanime richiesta dei nostri espositori. E noi liabbiamo accontentati».

Quale volume di affluenza stimate di raggiungere inquesta edizione?«Il padiglione fieristico è al completo, un risultato cheva al di là di ogni aspettativa. Abbiamo 210mila metriquadrati coperti da espositori, con un surplus dirichieste inevase per 19mila metri quadrati perché nonc’è più spazio. Siamo in attesa di conoscere i numeridei visitatori ma, in base ai dati diffusi dallacompagnia di bandiera brasiliana Tam, sappiamo chearriveranno 10mila brasiliani, dato che ci confortamolto».

In che misura tra i padiglioni si potrà cogliere la“mano italiana” nelle produzioni di design? «A mio giudizio il made in Italy esiste ancora comeprima, ovvero non è mai esistito. Parlerei piuttosto diun’industria del mobile e della luce di pregevolequalità che riesce a esprimersi attraverso leassociazioni di categoria come Federlegno. A riprovadi ciò, basti pensare che quest’anno ci sono più di20mila nuovi prodotti: una dimostrazione di vitalità ecoraggio. All’interno di questo enorme movimento,c’è che produce oggetti originali, investe e fa ricerca,

chi si accontenta di produzione più comuni e chiscopiazza».

In quest’ottica, l’apertura al web rappresenta unarisorsa o un’insidia?«Il web in sé è un’opportunità di visibilità che puòessere sfruttata in modo positivo o negativo. Non si puòtuttavia negare che il problema della contraffazioneesista perché l’e-commerce è un universo senza regole,né nazionali né europee, dove le grandi compagnie, sitie portali non vogliono nessun controllo. Una situazioneche, declinata sul nostro settore, produce effetti nefastisul piano economico e fiscale. Nel casodell’illuminazione, il rischio di chi acquista merce senzaconoscere la provenienza, è di comprare prodotti prividelle più elementari norme di sicurezza. In quello deimobili, invece, il rischio è che vengano utilizzatimateriali non ignifughi, impregnati di sostanze nocive,senza contare la dubbia qualità e l’assenza di garanzie».

Oltre alla visibilità, che contributo offre la kermessein termini di inserimento dei giovani designer nelmercato?«I casi di successo di progettisti, architetti, designerpartiti dal Salone Satellite e diventati importanti, e avolte persino delle star, sono innumerevoli. Credo peròche il vero sapore dell’iniziativa risieda nel suo valoreeducativo, ma non nei confronti dei giovani. Unarassegna con 750 progettisti provenienti da tutto ilmondo offre la possibilità a noi di essere educati daigiovani a comprendere il loro linguaggio, le loromodalità espressive e, dunque, un futuro che sarà il loroe solo in parte il nostro».

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Un futuro dagli orizzonti sempre più “mobili”

Far sentire la voce della buona imprenditoria e di«una filiera produttiva che in questi ultimi quattro anniha resistito cercandosi quotidianamente i propri clientinel mondo». È questo il compito che si ispiraFederlegno Arredo, guidata da Roberto Snaidero.L’associazione, dalla cui intuizione nacque più di mezzosecolo fa il Salone del mobile, non ha mai fattomancare sostegno e protezione ai propri associati. Eanche in questa edizione ha proposto loro una grandeoccasione di business: incontrare i partner di alcuni trai principali studi di architettura e interior design di famamondiale.

In quale stato di salute il comparto del legno-arredoè arrivato al Salone del mobile?«Analizzando i dati del 2011 si possono delineare inmaniera evidente due binari uguali e contrari: da unlato un mercato interno che sta vivendo una situazionepreoccupante, per non dire grave, mentre il mercatoestero ci dà delle soddisfazioni. In un contesto didiminuzione generalizzata dei consumi, il dato specificodel settore dell’arredamento si attesta su un -14 percento per il 2011, bilanciato in parte dal +5%

guadagnato sul versante del commerciointernazionale».

Recentemente ha sottoscritto le parole delneopresidente Giorgio Squinzi in merito alla necessitàdi una maggior rappresentatività del made in Italy inConfindustria: quale stagione si profila per Federlegno,alla luce del fresco cambio della guardia? «La presenza di Confindustria può fornire un impulsodeterminante alle nostre imprese sul fronteinternazionale. Speriamo, in questo senso, nell’apportoe conoscenza delle criticità che le persone designate daConfindustria nell’ambito della nuova Agenzia per lapromozione all’estero e l’internazionalizzazione delleimprese italiane sapranno garantire alle medie e piccoleimprese. Spiazzati dalla chiusura dell’Ice, abbiamodovuto rimboccarci le maniche e la federazione si èmossa autonomamente sui mercati internazionali. Loscorso novembre a Chicago, ad esempio, abbiamopromosso incontri diretti tra circa venti nostre impresee affermati progettisti di arredamenti d’interni e studi diarchitettura americani». Uno scambio di conoscenzeche prosegue anche ai Saloni 2012».

Con un mercato interno ancora instabile, per gli operatori del legno-arredoguadagnare quote commerciali all’estero è una necessità vitale. E la federazione guidata da Roberto Snaidero darà l’esempio

di Giacomo Govoni

Roberto Snaidero, presidente

di Federlegno Arredo

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SALONE DEL MOBILE | Roberto Snaidero

Fuori dai nostri confini, a quali vetrine commercialidevono guardare le vostre imprese in attesa di unaripresa dei consumi interni?«I mercati tradizionali verso gli Stati Uniti stannocrescendo e anche sul versante europeo - penso aFrancia, Germania e Inghilterra - le relazioni sonofruttuose. Ma non tralasciamo assolutamente diproiettarci nei mercati emergenti quali Cina, India eanche il Brasile, con cui stiamo proprio in questesettimane intavolando negoziati per sondare lapossibilità di ridurre i dazi doganali d’importazione almomento molto elevati».

Fa riflettere che un settore dall’indiscussaeccellenza qualitativa abbia proprio nella domandainterna il suo tallone d’Achille. Cosa manca, allora,perché il valore dei nostri prodotti venga riconosciutoanche in Italia? «In più occasioni ho proposto al governo di adottaresistemi diffusi in paesi come Francia, SpagnaPortogallo, dove l’aliquota sull’arredamento vienecalcolata come per le prime case a Iva molto ridotta. Mirendo conto che in una congiuntura come questa la

richiesta fatica a essere accolta ma, per tenere a galla ilcomparto, al momento non vedo altre soluzioni. Se,come si vocifera, l’aumento dell’Iva dal 21% al 23%dovesse tradursi in realtà per noi sarebbe un colpodevastante».

Qual è il ruolo delle nuove tecnologie nel settore, invista delle sfide di mercato che incombonoall’orizzonte?«Da sempre nell’arredamento sono diversi i materialiinnovativi che vengono impiegati a fianco del legno. Iomi aspetto che in questa edizione del Salone del Mobilele imprese colgano l’occasione per presentare soluzioniall’avanguardia che consentano al nostro settore dimantenere quella leadership che già ci vienericonosciuta sia a livello di design che di qualità».

Mi aspetto che in questa edizione le imprese colgano l’occasione perpresentare soluzioni all’avanguardiache consentano al nostro settore dimantenere la leadership che già civiene riconosciuta sia a livello di design che di qualità

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SALONE DEL MOBILE | Calligaris

Una casa cento per cento Calligaris. Il design di unotra i brand italiani più affermati nel mondo si diffondein ogni spazio della vita domestica, senza mai tradirei dettami della raffinatezza e della semplicità

di Andrea Moscariello

La casa del design

Tra i simboli più riconosciuti nel mondo deldesign italiano, Calligaris si presenta al Salonedel Mobile di Milano con importanti novitàstilistiche. Fascino, versatilità e funzionalità:questi gli elementi fondamentali dei prodottiche il gruppo capitanato da AlessandroCalligaris ha scelto di portare all’eventofieristico. Fedele alle sue origini, il marchiomostra al pubblico tre nuove sedute, nate dallacollaborazione con lo studio Archirivolto. Laprima, Skin, è straordinariamente delicata,semplice ed essenziale, con la sua monoscocca,bianca o colorata, realizzata in polipropilene adalta tecnologia. Bloom, invece, è stata definita“vivace, avvolgente e generosa”, disponibilenella versione con scocca in policarbonatotrasparente o coprente e base in metallo olegno. Infine, Manta, una poltroncina dalle lineesemplici ed estremamente raffinata. Ilrivestimento in cuoio ne fa una seduta comodae preziosa, adatta ad arredare sia la casa sia glispazi comuni. Non solo, al salone vengonopresentati anche gli ultimi modelli della lineatavoli e la rinnovata linea di imbottiti. Tra i tantimodelli, spicca Electa, una sofisticata e allegrapoltroncina girevole dalle linee morbide earrotondate, caratterizzata da un’ampia sedutache garantisce il massimo comfort, proposta inversione tessile o con rivestimento in pelle. Leinnovazioni stilistiche e materiche rientrano

Alessandro Calligaris.Sotto, il modello Electa.

In apertura, Orbitaldesigned by Pininfarina

e sedie Anaïswww.calligaris.it

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nell’ambizioso progetto “Casa Calligaris” un concettoche, come spiega il presidente Alessandro Calligaris,«esprime al meglio la qualità, la funzionalità el’ampiezza della gamma dei prodotti offerti». Ed eccoche i punti vendita più rappresentativi del brandstanno assumendo una nuova identità, diventandospazi arredati e illuminati come una vera e propriaabitazione. A partire dal Flag Ship Store di Milano,un’area di 700 metri quadrati inaugurata nel 2008interamente dedicata all’esposizione di mobili perl’arredamento. Un grande spazio suddiviso su tre pianiche infonde nei visitatori la sensazione di essereall’interno di una vera e propria abitazione.Spostandosi da una stanza all’altra ci si immerge inun’esperienza di arredo totalizzante. Un’opportunità

unica per visualizzare l’intera offerta Calligaris, checontiene il frutto di importanti collaborazioni. Una sututte, il tavolo allungabile Orbital, realizzato conPininfarina. Un connubio perfetto tra design etecnologia. Da un lato, l’ingegnoso meccanismo diapertura, che si regge su due eleganti bracci metallici,dall’altro una colonna in poliuretano rigido laccato,nero o bianco, che conferisce stabilità alla struttura. Abilanciare il tutto, un ampio respiro centrale capace didonare grande leggerezza e carattere. Tutte le parti inmetallo a vista sono verniciate nella nuova finituraMatt Silver, dall’effetto argentato opaco che neimpreziosisce l’insieme. Orbital è la conferma diquanto un singolo elemento possa costituire unadeterminante presenza scenica all’interno

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Bloom è stata definita “vivace, avvolgente e generosa”,disponibile nella versione con scocca in policarbonato trasparenteo coprente e base in metallo o legno

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dell’ambiente domestico, imponendosi come veroprotagonista della stanza.L’azienda si sta avvicinando a un traguardoimportante, i primi 90 anni di attività. Dalla prima sediaMarocca, realizzata nel 1923, a oggi, la strada percorsadal gruppo è stata lunga. Calligaris è attualmente unarealtà costituita da quattro diverse società: il quartiergenerale con sede a Manzano (UD), la Calligaris d.o.o.,in Croazia, che rappresenta la parte produttiva dellegno, la Calligaris USA e Calligaris Japan, chesovrintendono rispettivamente il mercato nordamericano e giapponese. Il gruppo conta 600dipendenti e distribuisce i suoi prodotti in oltre 90paesi nel mondo, raggiungendo un volume diproduzione pari a 160 mila unità al mese con oltre

7mila varianti di prodotto. «Le nostre attenzioni sifocalizzano nell’evoluzione della gamma e dellastrategia di consolidamento e crescita dei mercati –sottolinea il presidente Calligaris –, ma anche su unamaggiore attenzione verso il cliente finale, attraversolo sviluppo di relazioni particolari con i rivenditori chediventano dei veri e propri partner». Per il futuro, unimportante investimento rivoltoall’internazionalizzazione, puntando in particolare almercato europeo, un orientamento strategico alretail, attraverso il sostegno dei mercati maturi el’apertura di nuovi punti vendita, e, infine, lastrategia di marca, per costruire un’immaginericonoscibile a livello globale con un approcciosempre più focalizzato al consumatore.

Sopra, l’area ingegno del Flag Ship Store Calligaris (Milano).Sotto, da sinistra, modello Bloom in legno. Nella pagina a fianco,il modello Bloom in metallo e il tavolo Heron

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SALONE DEL MOBILE | Calligaris

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Per molti designer che oggi appartengono alcosiddetto “star system”, è stato il trampolino dilancio che li ha catapultati dal rango di promesse aquello di affermati professionisti. Il Salone Satellite,che dal 1998 garantisce ai padiglioni 22 e 24 dellarassegna milanese la palma dei più visitati, è uncrocevia di straordinario valore per gli imprenditori-talent scout e i creativi under 35 più promettenti delloscenario mondiale. «Ormai il Satellite non è più unfenomeno – spiega Massimiliano Adami, selezionatoreper l’edizione 2012 – ma una sicurezza perl’investimento che un giovane partecipante devecomunque affrontare e sostenere. Starà poi a luigiocarsi bene le sue carte». Una trafila che Adamiconosce, «perché, a mia volta, ho passato la selezionedella giuria per la partecipazione al Satellite nel 2005.E adesso ho l’onore di farne parte».

Il Satellite compie 15 anni. Vista la massicciapartecipazione di designer, si direbbe che di satelliteè rimasto solo il nome.«Il Salone Satellite è da sempre dedicato a designergiovani, ai quali viene data la possibilità di affiancare

Al debutto nel 2005 come designer di belle speranze, Massimiliano Adami dopo sette anni siritrova nei panni di selezionatore. E svela come la giuria è arrivata a comporre il “cast” dei 750creativi che animeranno questa edizione del Salone Satellite

di Giacomo Govoni

Dove s’incontrano nuovi talentie aziende in cerca di autori

una grande manifestazione fieristica di assoluto valorenel campo dell’arredamento e rendersi visibili a unvasto pubblico di addetti ai lavori e generale. Starà poial giovane talento giocare le sue carte e cogliere lafortuna che in qualche modo gira e curiosa tra le corsiecaotiche del Satellite. La continua richiesta dipartecipazione porta a un numero sempre maggiore distand espositivi, i designer si moltiplicano a vistad’occhio e le scuole di design ne produconomoltissimi. Per farsi notare quindi, qualsiasi mezzo equalsiasi cosa vanno bene».

Secondo quali criteri siete giunti alla scelta deigiovani creativi di quest’anno?«La giuria era composta da una decina di giurati,ognuno con una forte professionalità, ma differente:architetti, critici di design e produttori. Il criterio divalutazione è stato quindi differenziato: una media deivoti determinava poi l’accettazione del candidato.Personalmente, ho valutato con favore le proposte concontenuti di ricerca e sperimentazione evidenti einnovativi, mentre sono stato più severo versoproposte esclusivamente estetiche e stilistiche. Devo

Massimiliano Adami, designer emembro della giuria del SaloneSatellite 2012

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LA VETRINA DEI GIOVANI | Massimiliano Adami

ammettere che talvolta mi sono trovato in difficoltà nelcomprendere appieno le proposte dei progetti, perscarsa comunicazione e chiarezza delle immaginisottoposte».

Nella vasta gamma di creazioni provenienti daiquattro angoli del mondo, scorge ancora tratti dimade in Italy? «Con immenso dispiacere devo ammettere che tra ipartecipanti italiani alla selezione per questa edizionedel Satellite era evidente una forte timidezza nelleproposte, nascosta dietro un’imitazione stilistica dicliché già consolidati e digeriti, “ispirati” a oggettiicona del design anche contemporaneo. Ho lasensazione che il recente passato ci abbia offuscato unpo’ la vista, spingendoci a cercare modelli diriferimento in filosofie e metodi progettuali di altripaesi, quando invece il made in Italy dovrebberiappropriarsi del suo linguaggio distintivo, fatto diidee innovative e sapienza del fare, soprattuttoartigianale».

L’accurata scelta dei materiali, magari con un occhio

attento all’ambiente: che sensibilità coglie in questosenso tra i nuovi designer?«L’attenzione verso i materiali ecocompatibili erinnovabili è una fonte d’ispirazione per nuove tipologiedi prodotti che i designer delle ultime generazionipropongono. La cosa più interessante, tuttavia, è la lorospiccata consapevolezza nell’uso del materiale,attraverso una progettazione attenta a non produrrescarti, a ridurre la lavorazione per utilizzare menoenergia, o progettare lo “scarto” affinché abbia a suavolta una funzione e una sua vita di oggetto. Non daultimo, l’utilizzo delle nuove fonti di energia. Questasensibilità, abbinata a soluzioni estetiche chiare,semplici, in cui il tema ambiente stimola il pensierosenza bisogno di spiegazioni aggiuntive, creerà unoggetto che farà più della raccolta differenziata diun’intera città».

Idea innovativa e sapienza artigianale:il made in Italy dovrebbe riappropriarsidi questo linguaggio per poter esserenuovamente riconosciuto

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Dotata di un fervido talento narrativo con una predilezione per i richiami naturalistici, Alessandra Baldereschi è una delle interpreti più apprezzate della nuova generazione del designd’arredo. Il suo credo? «La ricerca della bellezza nel quotidiano aiuta a vivere meglio»

di Giacomo Govoni

La freschezza delle idee espresse in libertà

Nella scorsa edizione del Salone Satellite avevaincantato gli appassionati di arredo creativo con un setper esterni, composto da sedia, poltrona e tavolino,interamente realizzato in ferro. Nell’edizione diquest’anno invece, Alessandra Baldereschi opta per unasoluzione adattabile sia all’indoor che all’outdoor, inseritanella collezione Wundercabinet. «Una serie di contenitori,armadio e cassettiera – rivela la progettista milanese –ricoperti da un innovativo rivestimento in legno eimpreziositi da pomelli in pietra». Con un curriculum che,a dispetto della giovane età, conta già svariatepartecipazioni alle vetrine internazionali del design, daSeoul ad Amsterdam, passando per l’InternationalContemporary Furniture Fair di New York, AlessandraBaldereschi espone l’ultimo frutto della collaborazionecon il marchio Skitsch, azienda di design contemporaneo,lanciata quattro anni fa, proprio in occasione del Salonedel Mobile di Milano.

Oltre ai suoi prototipi, cosa ha progettato per i settoricucina e bagno, al centro della scena in questa edizione?«Per la cucina presento, con l’azienda Seletti, una nuovacollezione: Florigrafia. È il primo risultato di un più ampioprogetto di ricerca che prende le mosse dai cataloghistorici dell’azienda: abbiamo selezionato alcuni deglioggetti tipicamente “made in China”, fortementericonoscibili e rivisitati con un nuovo linguaggio,mantenendo la funzione originaria e la particolareespressione di artigianalità».

Quali spunti ha tratto dall’esperienza giapponese eche traccia hanno lasciato nel suo modo di intendere ilmestiere di designer? «In Giappone ho imparato che la forza si può esprimerecon un gesto lieve e che la ricerca della bellezza nelquotidiano aiuta a vivere meglio».

Come nasce e come si svilupperà prossimamente lacollaborazione con Skitsch?

La giovane designer milanese Alessandra Baldereschi

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NUOVI LINGUAGGI | Alessandra Baldereschi

«La mia collaborazione con Skitsch inizia nel 2008 con lanascita dell’azienda. Ho trovato subito disponibilità neiconfronti delle idee e dei progetti proposti e questo miha permesso di esprimermi con libertà. Negli anni sonostate presentate collezioni diverse: mobili,complementi, lampade, accessori, tessile. Lacollaborazione continua anche oggi e in questa edizionedel Salone del Mobile viene presentata la collezioneWundercabinet: una serie di contenitori, armadio ecassettiera rivestiti da un innovativo rivestimento inlegno e impreziositi da pomelli in pietra».

Crede che esista un dosaggio ottimale tra estro efunzionalità?«Alcuni dei progetti che ho realizzato negli ultimi anninascono da una personale ricerca sulla funzione deglioggetti. È il caso della lampada Dono, dove bicchieri incristallo molato diventano i paralumi della lampada. Ibicchieri mantengono la propria funzione d’origine,inoltre, servono ad amplificare la rifrazione della luce.Un altro esempio è il tavolino Mediterraneo, dove piattiin ceramica di varie forme si compongono su unastruttura metallica e divengono il piano di un tavolinoper servire l’aperitivo».

La professione di designer impone un approccio dimercato sempre più globalizzato: nel palcoscenicointernazionale, quale le sembra al momento lospettatore più pronto ad accogliere le novità offertedal mondo del design?«Nella complessità della globalizzazione uno deirischi è quello di un’eccessiva semplificazione neltentativo di uniformare il gusto, trascurando lediversità. Parte del mio lavoro esplora le varietàculturali e le tradizioni locali rintracciabili ovunquenel mondo, per trasformarle in prodotti adatti a unmercato globale. Il tentativo è quello di mantenerela memoria di un luogo o di una precisa abilità».

Florigrafia è il primo risultato di un ampio progetto di ricerca in cuialcuni oggetti tipicamente “made inChina”, sono stati rivisitati con unnuovo linguaggio, mantenendo lafunzione originaria

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Con il potere magnetico del talento creativoproveranno a “mettere a sedere” quanti più visitatoripossibile. È la speranza comune di Marco e AlessioPappa, ideatori del marchio Cromatina Design, per laquarta volta fra i protagonisti del Salone Satellite,nell’ambito della kermesse milanese consacrata aldesign. Tra i 15 giovani autori che hanno firmatol’allestimento di questa edizione, ispirato al tema“Design<->Technology”, i due fratelli esporrannole opere che chiudono “Sedute in movimento”, il loroprogetto più importante. «Dire sedie o sedute,permettetemi di dirlo, è un po’ riduttivo – spiegaMarco – noi preferiamo definirle opere d’ingegno,pensate per stupire e suscitare emozioni anche soloosservandole».

Come sedurrete i visitatori che visiteranno ilvostro spazio?«Ogni seduta della collezione, dall’Ominpakall’Atomo, dalla Natural Equilibrium alla Morpho, èfrutto di un flusso spontaneo di idee ispirate da tutto

ciò che circonda e fa parte dell’uomo nella sua piùcompleta essenza materiale e immateriale. Le formedelle nostre realizzazioni, a forte carattere simbolico,evocheranno le memorie più arcaiche e profonde deinostri visitatori, quelle memorie innate che ciaccomunano e ci rendono simili. Quest’anno acompletare la collezione ci sarà la Black Diamond,una chaise longue realizzata interamente in cristallofumè che ricalca le linee pure e regolari deldiamante. Nella sua naturale perfezione rappresental’espressione massima dell’eleganza e del prestigio,un vero e proprio gioiello carico di energia attrattiva,una forma che evoca sensazioni di oggettiva bellezzae rarità».

Che genere di sensibilità aspirano a colpire levostre creazioni?«Il progetto “Cromatina sedute in movimento”,presentato e completato nelle tre precedenti edizionidel Salone Satellite, racchiude una collezione disedute che interagiscono con l’utente. Provarle è

Accomodarsi nel salotto delle ideeLa loro missione è la continua ricerca del benessere, del comfort, diappagamento di spirito e corpo. Marco e Alessio Pappa sono il braccio e lamente di una giovane realtà del design italiano

di Giacomo Govoni

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SEDUTE D’INGEGNO | Marco Pappa

come ascoltare una storia attraverso le propriesensazioni, ci si trova subito catapultati in un’altradimensione. Sedie in grado di trasportare, rilassare,cullare, proteggere, divertire. L’aspettativa più grandeper noi è stupire, suscitare nel cliente una sensazionepositiva, un’esclamazione, un sorriso, un impulsospontaneo a provare le nostre creazioni, un’emozioneunica che merita di essere ricordata».

Quali designer o esperienze hanno segnato inmaniera più significativa la vostra formazione?«Cromatina si ispira al più grande dei maestri: la vita,intesa nelle sue svariate forme, nei suoni e nei colori,nelle sue molteplici verità e misteri. Le esperienzepersonali forgiano il carattere che si trasmette poi in ciòche si realizza. Penso che l’esperienza con il pubblico ciabbia dato fin da subito una forte carica ad andareavanti. L’approvazione, il consenso e l’ammirazionesono tutte componenti che ci spingono a fare sempremeglio. Si innesca anche un senso di responsabilità,quello di non deludere le aspettative. La nostra

formazione non arriva da un percorso classico, siamoautodidatti, ci siamo fatti sul campo documentandoci,provando e riprovando senza abbatterci davanti alledifficoltà. Non esiste, secondo noi, scuola migliore almondo che possa insegnare all'uomo la fantasia».

Qual è il fondale che meglio si abbina alle vostrerealizzazioni e a cui penserete in vista dei futuriconcept?«Le nostre realizzazioni sono rivolte per lo più alcontract, ma sono già in cantiere progetti che copronoaltri livelli di mercato e rispondono alle esigenze delpubblico per funzionalità. Stiamo cercando di cogliere leesigenze del pubblico e come possono esseresoddisfatte. Questa ricerca favorisce molto spessol’ispirazione per il lampo di genio. Non poniamo limitialla creatività, ogni progetto è, e sarà sempre, ilbenvenuto. Non escludiamo le collaborazioni e lesinergie con altri studi, è già in cantiere un progettodenominato “Cromatina la fabbrica delle idee”, chefavorirà proprio il lavoro collettivo e la cooperazione».

Marco e Alessio Pappa, designer di Cromatina Design

Le nostre realizzazioni sonorivolte per lo più al contract, masono già in cantiere progetti cherispondono alle esigenze delpubblico per funzionalità

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LA CASA DEL DESIGN | Silvana Annicchiarico

Comincia con la gigantografia di un librocompletamente bianco. Per poi evolversi in percorsi visiviche descrivono la storia, la cultura e le espressioni piùsignificative del graphic design italiano. «La grafica èspesso stata considerata una pratica ancillare rispetto aldesign in senso stretto, ma è una visione distorta efuorviante, e questo allestimento del Triennale DesignMuseum proverà a dimostrarlo». Silvana Annicchiarico,direttore del museo, parlando della mostra appenainaugurata, avverte i visitatori. «Chi pensa che quellodella grafica sia un mondo in bianco e nero resteràstupito».

Quali momenti chiave del graphic design italianoripercorre la mostra e verso quali proiezioni spinge il visitatore?«Questa edizione del museo si concentraprevalentemente sul Novecento, con una forte presenzadel periodo che va dal secondo dopoguerra agli anniOttanta, ma con continui rimandi sia al periodo fra le dueguerre, sia ai lavori più recenti, non dimenticando leradici che affondano in un tempo più lontano, come peresempio la produzione neoclassica di Bodoni, lastagione dei grandi cartellonisti come Dudovich,

i Futuristi, ma anche la cultura razionalista di CampoGrafico. Come già nelle passate edizioni, anche questavolta il museo proverà a innescare cortocircuiti frapassato, presente e futuro».

Attraverso quali scelte l’allestimento parteciperà allavalorizzazione della creatività grafica?«L’allestimento di Fabio Novembre comincia con un librobianco aperto, in scala gigante, che accoglie i visitatorimarcando la potenza e la forza della grafica. Quello chesegue è un percorso labirintico che dà a ciascuno lapossibilità di rintracciare i propri fili, i propri percorsi. C’è una componente cromatica molto evidente: FabioNovembre gioca con l’arcobaleno e usa i colori cometratto connotativo e caratterizzante. Chi pensa che quellodella grafica sia un mondo in bianco e nero resteràstupito».

Quali forme ed espressioni prevalgononell’esposizione?«La mostra è articolata per tipologie di artefatti: il libro,la stampa periodica, pubblicità e propaganda, il segno, laveste dei prodotti, lo stampato d’uso comune, la misuradel tempo, le architetture grafiche. Rispetto alle

Silvana Annicchiarico descrive “Italy: the Graphic Landscape”,la quinta edizione dell’allestimento del Triennale Design

Museum. Un percorso visivo, storico e culturale del graphic design italiano

di Adriana Zuccaro

Il paesaggio della grafica italiana

Silvana Annicchiarico, direttrice del Triennale Design Museum di Milano

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precedenti edizioni, non ci siamo solo spostati dal designtridimensionale a quello bidimensionale; cerchiamoanche e soprattutto di mettere a fuoco il complesso estratificato paesaggio visivo dei segni. La grafica è spessostata considerata una pratica ancillare rispetto al designin senso stretto, ma è una visione distorta e fuorviante, equesta nuova edizione proverà a dimostrarlo».

Su cosa si fonda la scelta delle tematiche che di annoin anno intitolano i vostri allestimenti? «Partendo dal presupposto che la storia del design non èstata ancora scritta in maniera definitiva e compiuta, ilmuseo si è posto l’obiettivo di rispondere a una domandasemplice ma fondativa: “Che cos’è il design italiano?”.Ogni edizione del museo si configura come nuova,possibile risposta a questa domanda, nella convinzioneche la storia del design necessiti di più sguardi e siacostituita da percorsi diversi anche se intrecciati fra loro.Siamo partiti cinque anni fa indagando i modi ricorsivi eossessivi del design italiano con “Le sette ossessioni deldesign italiano”, per esplorare subito dopo le diversemodalità del produrre in Italia, attraverso “Serie fuoriserie”. Con “Quali cose siamo” abbiamo poi cercato diampliare i confini della disciplina esplorando i territori

della cultura materiale, quindi abbiamo provato araccontare le gesta dei capitani coraggiosi, cioè gliimprenditori, protagonisti del nostro design attraverso “Le fabbriche dei sogni”».

Come si evolverà il programma 2012 del museo? «Per quel che riguarda gli altri progetti programmati perquest’anno, il museo intende proseguire e intensificare ilprocesso di internazionalizzazione, facendo scoprire oriscoprire ovunque la grandezza e l’unicità del designitaliano. Stiamo poi rafforzando quel processo dicostruzione di nuovi spazi pubblici che negli ultimi dueanni ha trovato nelle attività ludiche ed educativerealizzate dalla sezione Kids del museo un inattesosuccesso e un crescente interesse. Intendiamo ancheintensificare il dibattito su questioni urgenti legate allacultura del progetto. Durante il Salone vedremo unimportante omaggio a un gruppo storico, visionario marazionale come De Pas, D’Urbino e Lomazzi e una piccolaesposizione interstiziale sul lavoro di Lorenzo Damiani inrapporto al Palazzo dell’Arte della Triennale di Milano.Infine, abbiamo anche in cantiere alcune mostre che miauguro possano essere sorprendenti, spiazzanti e nonscontate».

Qui sopra, render del progetto di allestimento del Triennale DesignMuseum curato da Fabio Novembre. Nelle altre immagini alcunialletimenti delle passate edizioni.

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VISUAL AND SET DESIGN | Max Falsetta Spina

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Dare corpo alle nuove idee attraverso tecniche, emestieri, differenti. È difficile definire il lavoro di MaxFalsetta Spina. Classe 1980, una propensione innataper le belle arti, ma anche un’abile maestriaimprenditoriale, è ritenuto da molti uno dei più giovaniprodigi nell’ambito del visual and set design. Daiconcept store per l’alta moda alle scenografie teatrali,dall’arredamento d’interni alle copertine di libri fino allecampagne pubblicitarie. Un fulcro di creatività che hacollaborato con alcuni tra i principali player della modainternazionale. Questo Cavaliere del Lavoro under 40,nomina ricevuta nel 2011 a seguito della realizzazionedell’Evangeliario per la beatificazione di Papa GiovanniPaolo II, si sta ponendo sempre di più sotto i riflettori.Dopo Les Copains, Alberta Ferretti, Pomellato, Marville,De Kuba, Nike, Swatch e Bikkembergs, solo per citarnealcuni, il designer mostra al mondo i suoi prototipi perle vetrine del marchio Ralph Lauren, realizzati insiemeallo staff della sua società di Lissone (MB), laOvertherainbow, specializzata nella realizzazione discenografie, special event, interior design e allestimentivetrinistici. «Sono due anni che collaboriamo con RalphLauren – spiega Max Falsetta Spina –. Un periodo nel

quale abbiamo svolto un’intensa analisi delle direttivedella casa di moda, al fine di realizzare vetrine sumisura in collaborazione con i loro creative coordinatorper i punti vendita di Milano, in Via Montenapoleone,ma anche a Gstaad e St. Moritz».

Dunque un lavoro costante e collaborativo?«Certamente. Con Overtherainbow abbiamo offerto,nove volte all’anno, una consulenza tecnica e costruttivaper i punti vendita di Milano, in Via Montenapoleone,ma anche a Gstaad e St. Moritz».

Quale approccio predilige nel concepire questi spazi?«Inizialmente, come avviene per tutti i progetti, si parteda un’analisi preliminare della richiesta. Si prendono inesame le tempistiche, la logistica, gli aspetti creativi etecnici. Si tratta di un processo che avviene all’internodella nostra sede. In un secondo momento si fissa unincontro, in cui vengono discussi tutti i fattori coinvolti.Lo scopo è quello di dare un buon fine al progetto,offrendo una consulenza specifica sull’argomento,concordando il lavoro in base alle necessità e alletempistiche richieste».

Max Falsetta Spina, fondatore dello studio Overtherainbow,ha firmato le vetrine di alcune tra le più importanti case dimoda al mondo. Un estro che ha convinto stilisti, scenografi,editori e persino il Pontefice

di Andrea Moscariello

Spazi che si rapportano con i sensi

Max Falsetta Spina e, nelle altre immagini,il concept per le vetrine di Ralph Laurenwww.overtherainbow.it

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Lei è sempre coinvolto, in ogni fase.«Sono fatto così, voglio gestire il tutto in prima personaper essere sicuro che non ci siano inconvenienti nellafase finale».

Dopo questa prima fase di studio come procede?«Possiamo lavorare in due maniere. La prima,realizzando un progetto in forma di bozza, fornitaci dalcliente, offrendo solo la realizzazione e la consulenza. Laseconda, gestendo in general contractor, dall’ideacreativa, tecnica e realizzativa, l’intero progetto,proponendo un mio gusto estetico personale. Il tuttocoordinandone ogni minima fase».

Osservando il suo lavoro con Ralph Lauren, emergechiaramente l’allure e l’impronta della casa di moda.Quali nuove esigenze vanno assecondate, oggi, nelconcepire un retail store?«Ospitalità e pulizia nell’insieme, eleganza eraffinatezza al contempo, efficacia di comunicazionenello stile. Sono sempre più convinto che per ogniluogo occorre creare un giusto rapporto tra i sensi.Ogni persona, osservando ciò che creiamo, deve

Ospitalità e pulizia nell’insieme,eleganza e raffinatezza al contempo,

efficacia di comunicazione nello stile.Per ogni luogo occorre creare un

giusto rapporto tra i sensi

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elaborare in sé un ricordo e un’associazione benprecisa relative al brand. Occorre, per intenderci, ungiusto rapporto tra la comunicazione visiva e lavalorizzazione del concept brand. Nel caso dellevetrine per Ralph Lauren, i tratti utilizzati derivano dalvoler ricreare perfettamente, in ogni dettaglio, laraffinatezza, le ambientazioni scenografiche e ildesign di ogni collezione esposta».

Il suo studio è sempre stato attento alle applicazionitecnologiche. In particolare quanto utilizzo viene fattodelle tecniche 3D?«Il nostro modus operandi consiste nell’utilizzaretutte le forme di visualizzazione, dal bozzetto fatto amano, o scansionato e colorato con fotoritocco, finoal progetto tecnico in 2 e 3D. Per ogni progettoadottiamo diverse soluzioni per ottimizzare il tempodi realizzazione. Oggi non bisogna mai dare perscontato che la manualità nella realizzazione deiprogetti venga ripagata in quanto segno dicompetenza e professionalità. Bisogna essere ingrado di utilizzare ogni forma di tecnologia. Nonsono un ripiego, ma un’evoluzione».

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VISUAL AND SET DESIGN | Max Falsetta Spina

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L’Evangeliario realizzato dalla Overther ainbow in occasione delle celebrazioni per la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II (Roma, 2011)

Come descriverebbe la sua realtà creativa?«Overtherainbow ha la mission di far sognare ilpubblico attraverso le creazioni, coinvolgerlo con laqualità delle realizzazioni e sorprenderlo conl’innovazione delle soluzioni. Il nostro know how cipermette di sviluppare un’offerta completa eintegrata, che si adatta alle diverse esigenze epotenzialità del cliente con tecniche innovativee originali. Soprattutto, posso contare su uncreative team che si contraddistingue peroriginalità, freschezza e immediatezza delle rispostealle diverse necessità di comunicazione, grazie allaprofessionalità di scenografi, creativi e tecnicispecializzati che da anni si occupano dellaprogettazione e realizzazione di scenografie,allestimenti vetrinistici, design d’interni, oltre chedello studio di nuovi concept store su scalanazionale e globale. Il nostro studio valuta letendenze internazionali del mercato per poter offriresoluzioni all’avanguardia per tecnologiae originalità di immagine».

Cambiamo scenario. Come si è giunti alla

realizzazione dell’Evangeliario? Cosa rappresenta, pervoi, questo progetto?«Siamo stati contattati per una gara di appalto checoinvolgeva altre due aziende. L’averla vintarappresenta, per me, una gratificazione per la serietà eprofessionalità dimostrate. Una soddisfazione che miripaga dopo oltre un decennio di continui studi esperimentazioni. Così, in tempo record hoingegnerizzato e realizzato questa installazione dicinque metri per quattro in soli dieci giorni, posta nelBraccio di Carlo Magno in Vaticano come ingresso dellamostra dedicata a Giovanni Paolo II, voluta dall’attualePontefice, per un evento mondiale come è stata labeatificazione di Carol Wojtyla».

Su cosa si sta concentrando, ora, con il suo team?«Abbiamo da poco consegnato, per la Sony Europe,una spettacolare installazione al Photoshow diRoma. L’opera è stata inserita in un evento in cuisono stati ricreati alberi e farfalle colorate, tutticoncepiti, in ogni dettaglio, da Overtherainbow. Neiprossimi mesi, poi, continueremo a lavorare con inostri principali committenti».

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Prendere spunto dalla realtà che ci circonda percercare di creare oggetti e servizi atti a soddisfare almeglio i nostri bisogni, o semplicemente migliorareciò che già ci circonda. È questa l’idea alla base dellavoro di Diego Maria Piovesan, designer milanese etitolare dello studio Dmp Design. «Il designer è coluiche, interpetando le esigenze dei propriinterlocutori, è in grado di trasformare e rendereunici anche quegli oggetti che fanno ormai partedella nostra quotidianità», afferma Piovesan. Unafilosofia che ha trovato perfetta applicazione in unprogetto recentemente realizzato dallo studio perconto del marchio Laura Meroni, che ha affidatoproprio a Dmp Design la creazione di una nuovacollezione di porte e boiserie.

Quali sono gli elementi principali alla base di questacollezione?«Le porte della collezione Bamboo sono state pensateper diventare un elemento decorativo della casa, e nonsoltanto tecnico e funzionale. Sono caratterizzate dauna sequenza di canali lignei di grandezze diverse,all’interno dei quali sono inserite barre laccate dimolteplici colori, simili alle canne di bamboo, che siprestano a numerose combinazioni cromatiche. Laparticolarità più significativa è però data dal fatto che,grazie a un ingegnoso meccanismo appositamentestudiato, la posizione di queste particolari barre puòessere modificata, di volta in volta, dal cliente stesso,che può così personalizzare con la massima semplicitàla propria porta, rendendola davvero un “pezzo unico”».

«Accostare materiali differenti tra loro, per ottenereeffetti sempre nuovi. Rimanere legati alla tradizione,sperimentando materiali tecnologici e innovativi,per rivoluzionare la classica concezione degli oggetti».Diego Maria Piovesan spiega la sua visione del design

di Guido Puopolo

Nuovi concept creativi

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Nelle sue creazioni, quali sono i materialiche predilige?«Mi piace accostare materiali anche molto differenti traloro, per ottenere effetti sempre nuovi. Nonostante siamolto legato alla tradizione, da un po’ di tempo mi stodedicando alla sperimentazione di materiali tecnologicie innovativi, capaci di interagire con l’ambientecircostante e le persone, rivoluzionando così la classicaconcezione degli oggetti».

Non solo design, però. Il suo studio negli ultimi anniha sviluppato competenze trasversali.«All’interno dello studio lavorano giovaniprofessionisti con skills e attitudini differenti, chespaziano dal disegno 3D alla renderizzazione, dallaideazione e ingegnerizzazione di elementi di arredoalla progettazione grafica per la creazione dicataloghi e presentazioni. Devo dire che questaimpostazione sta riscuotendo un consenso sempremaggiore tra i nostri committenti, che in questomodo possono contare su un unico referente capace

di fornire loro un pacchetto “chiavi in mano”,soddisfando anche le più specifiche esigenze. Tra gliinterventi più importanti ultimati di recentepossiamo citare l’ingegnerizzazione degli arrediinterni del Museo di Arte Islamica di Doha, in Qatar,la realizzazione dei disegni esecutivi degli arredidello Stradivarius Hotel ad Amsterdam e dell’HotelBarvica a Mosca, senza dimenticare le proficuecollaborazioni instaurate con realtà del calibro diB&B, Poliform, Cassina e ColomboStile».

Su quali progetti, infine, vi concentreretenei prossimi mesi?«Attualmente stiamo seguendo, a Londra, i lavori diingegnerizzazione degli arredi e delle finiture internedi più strutture di grande valore, come l’Hotel ME.Questo progetto, curato dallo Studio Foster & Partner,è stato commissionati da B&B Contract in funzionedelle Olimpiadi del prossimo agosto. Una vetrinaeccezionale, attraverso la quale continueremo apromuovere l’“italian style” in giro per il mondo».

In apertura una porta della collezione Bamboo disegnata per LauraMeroni dallo studio Dmp Design di Lentate sul Seveso (MB) e, nel tondo,Diego Maria Piovesan. Qui sopra una foto scattata durante i rilievipresso il Museo di Arte Islamica di Doha e lo staff di Dmp Design.A fianco il bracciale realizzato per Partitalia, dotato di chip diriconoscimento e pensato per il controllo degli accessi in zone ricreativecome villaggi turistici, piscine e palestre - www.dmpdesign.eu

DESIGN | Diego Maria Piovesan

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«Ogni elemento, inserito in un ambiente, ha una suaqualità estetica e una sua funzione. Tuttavia la sceltadei materiali ha come fine ultimo non già quello dicreare spazi che abbiano soltanto una funzione, bensìanche un contenuto: affinché lo spazio sial’espressione della personalità e dello stile di vita dichi lo abita. E in quanto tale, dietro ogni progetto,deve necessariamente esserci una componente dicreazione su misura». È questa l’idea di arredo cheAlessandro Geneloni, come uno “stilista della casa”,applica nell’allestimento di un design curato dalla suaboutique-studio Taf House Design Philosophy diMilano. «L’allestimento di un interno viene arricchitoda combinazioni di materiali e tessuti diversi. Questi,non solo consentono di creare varietà, ma gratificano

anche e soprattutto le emozioni della persona».

Quanto è importante la scelta del materiale nellacreazione di uno spazio personalizzato?«I materiali e i tessuti per i pavimenti e i rivestimentisono elementi fondamentali per la creazione diatmosfere eleganti. La parola “eleganza”, se risaliamoalla sua etimologia latina, significa proprio “scegliere,selezionare”. Ogni progetto deve avere un suo studiodi concept design di materiali tailor made, che lorende unico ed esclusivo».

Quali sono gli elementi che vi differenziano daglialtri punti vendita?«Il nostro più che uno show room è un laboratorio di

Alessandro Geneloni della boutique-studio Taf House Design di Milanowww.tafhousedesign.com

Tra funzione e contenutoAlessandro Geneloni ha pensato il suo spazio più come un laboratorio di ideee una boutique che come uno show room. Il suo modus operandi come partnernella scelta dei materiali, ha come fine la realizzazione di interni ed esterniche “vestano” lo spazio come un abito su misura

di Luca Cavera

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INTERNI | Alessandro Geneloni

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idee, per questo abbiamo creato un ambientediverso; è una boutique con spazio living conun’atmosfera decisamente unconventional. Questaha un suo concept design composto con campionaridi collezioni da noi scelte personalmente seguendo ilnostro estro di interior decorator. Abbiamo creato,anche, una nostra collezione di parquet prefinito contexture disponibili solo presso il nostro spazio.Formati, colori, texture sono esclusivamente dilavorazione italiana con elevata qualità tecnica esofisticato design. I vari materiali permettono direalizzare ogni tipo di design contemporaneo:minimalista, shabby chic, materico, mediterraneo,romantico e classico rivisitato, per case da abitare inogni parte del mondo. Su richiesta del committente,

poi, sviluppiamo e realizziamo pavimenti in legno emosaici con finiture, tinte e disegni personalizzati,completando il design con la proposta di tessuti diarredo per creare armonia progettuale contappezzerie e altri complementi».

Alla realizzazione di quali progetti collabora lavostra boutique-studio?«I nostri interlocutori principali sono architetti einterior designer. Dagli spazi living privati ai grandilounge di hotel e resort, dalle zone wellness-spa aglispazi affacciati verso l’esterno su giardini, terrazze episcine, per finire con executive office e yacht interior.Siamo attivi sia in Italia che all’estero, con particolareriferimento al Medio Oriente».

La scelta di materiali e tessuti è fondamentaleper la creazione di atmosfere eleganti

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«Alla base del processo deve esserci un’idea forte.Non importa se di carattere formale, tecnico, produttivo,legata a un nuovo materiale o a una nuova lavorazioneindustriale. Senza una buona idea il progetto non puònascere». L’architetto Paolo Orlandini descrive cosìl’input del processo creativo. E prosegue descrivendo ilmodo in cui, nel suo laboratorio, si disegnano le sedute:«Dopo una breve fase di schizzi e disegni, si passa allamodellazione tridimensionale. Questa può avvenire alcomputer, ma il più delle volte la facciamo con modelliniin scala e al vero. I primi modelli sono sommari,realizzati con materiali di riciclo. Poi, quando le idee sifanno più chiare e il progetto si delinea nelle sue diverseparti, si passa ai modelli definitivi e ai prototipi dapresentare. Questo iter che ho riassunto in poche righeperò può durare anche parecchi mesi ed è proprioquesto che rende il parto creativo di un prodottoindustriale estremamente gratificante».

Voi create progetti che saranno poi realizzati in serie.Qual è il vostro approccio con i produttori?«L’interazione e il dialogo con i produttori per i qualidisegniamo sono fondamentali. Un progetto è valido sepensato al momento giusto e per l’azienda giusta. Lacosa migliore è ovviamente lavorare su un briefspecifico sul quale l’azienda ha già focalizzato gliobiettivi – in questo modo si evita di andare fuori tema edi perdere tempo su strade sbagliate. Se non esiste unarichiesta specifica, invece, è importantissimo studiare ilcatalogo del produttore e dei suoi concorrenti diretti perevitare ripetizioni e prodotti che non avrebbero mercato.In questo si rivela la natura profonda del designer, allostesso tempo artista, artigiano e manager. Queste tre

Artista, artigiano e manager.Attraverso la trasformazione di un’ideain un prodotto finito. L’esperienza di PaoloOrlandini nella progettazione di sedute

di Luca Cavera

Le tre animedel designer

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INTERNI | Paolo Orlandini

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in pressofusione d’alluminio o in legno. La scocca,dalla forma molto avvolgente, è caratterizzata dauna sorta di effetto colletto che correperimetralmente lungo i braccioli e lo schienale,abbracciando così chi è seduto. Questo, oltre aconferire un carattere particolare al prodotto, rendepiù morbide e ricche a livello tattile le superfici dicontatto con braccia e schiena».

Presenterete anche altri elementi di arredo?«Un esempio può essere la linea di tavolini Table,prodotta da Minottiitalia. Sono tavolini bassi conpiano in Mdf laccato e gambe a slitta in tondinocromato. Ciò che caratterizza questo progetto non èsoltanto l’immagine insolita del basamento formatoda più slitte randomizzate, ma il loro dialogo con ilpiano di appoggio. Queste sono fissate al di sotto deltop e lo attraversano da parte a parte, affiorando insuperficie e diventandone il tema decorativo».

figure diverse concorrono tutte nelle varie fasi cheportano dall’idea al prodotto finito».

Quali saranno le principali novità che mostrerete alSalone del Mobile?«Presentiamo due nuove sedute, una sedia in legno –Boba, prodotta da Zilio – e una poltroncina imbottita –Collier, prodotta da Casprini. Alla base del progetto diBoba c’è il tentativo di eliminare ogni tipo didiscontinuità formale e materica fra struttura portante inmassello e scocche in multistrato. Infatti, la superficiedel sedile si plasma nello spazio diventando le gambeanteriori e annullando, almeno in parte, l’effettocartaceo che solitamente hanno sedili di questo tipo».

Quali sono le caratteristiche dell’altra seduta chepresenterete?«Collier è una poltroncina in poliuretano integralecon telaio metallico, gambe in tubolare d’acciaio o

L’architetto Paolo Orlandinie lo staff dello studio OrlandiniDesign di Sedriano (MI).A lato, sedia Boba e PoltroncinaCollier. Sotto, tavoli Tablewww.orlandinidesign.net

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La visione olistica, complessiva, integrata, in cui ognielemento è parte di un tutto ed è da essoimprescindibile, così come il microcosmo si inseriscenel macrocosmo, è alla base della visione steineriana,che il grande filosofo austriaco applicò a moltediscipline, dalla medicina alla pedagogia,dall’agricoltura alla sociologia. In architettura,l’approccio che si ispira a questi principi è quelloportato avanti dall’architettura organica vivente.«Secondo questa visione – spiega l’architetto milaneseLaura Tosi –, l’elemento architettonico ha il compito didialogare con tutto l’uomo fatto di corpo, anima espirito. L’obiettivo non è solo dar vita a un interno nelrispetto dell’uomo e della natura, soddisfare i cinquesensi, garantire un benessere igrotermico, acustico eluminoso, ma vuole soprattutto appagare l’anima». Partendo dal concetto antroposofico di “casa comeluogo dell’anima”, il lavoro inizia dal colloquio con ilcliente, come precisa Tosi: «Coinvolgerlo nellaprogettazione attraverso un lavoro di dialogo, discambio, di ascolto alla ricerca di un’immagine che ci

L’architettura organica vivente applica i postulatidell’antroposofia di Rudolf Steiner alla progettazionedegli ambienti. L’obiettivo, come spiega Laura Tosi,è appagare l’anima di chi li abita

di Francesco Bevilacqua

La casa come rifugio

guidi è il miglior modus operandi. Perché, come dicevaRudolf Steiner, l’immagine è il linguaggio dell’anima». L’interno domestico deve essere percepito come unrifugio dal mondo esterno, un luogo in cui rilassarsi erigenerarsi, azioni che ognuno di noi fa in manieradiversa. «Identificare quei modi, dare loro una forma, uncolore e una texture è l’obiettivo dei miei interventi.Perché noi siamo, consciamente o inconsciamente,sensibili all’ambiente in cui viviamo, lo influenziamo ene siamo influenzati». Durante la progettazione,l’applicazione del concetto della “soglia” ponel’attenzione sull’ingresso dell’abitazione: «Quella è lazona di passaggio tra microcosmo, l’abitazione, emacrocosmo, il mondo esterno. Anche un piccoloappartamento o un open space devono avere uningresso che tagli fuori l’esterno per introdurci nelnostro mondo personale, così come in antroposofia lasoglia segna il passaggio fra l’intelletto e lo spirito, la“vita interiore”. Alla moda quindi preferisco sobriaeleganza, semplicità e sostenibilità, perché gli internidevono raccontare la verità dell’anima».

INTERNI | Laura Tosi

L’architetto Laura Tosi, che esercita la professione a Milanowww.lauratosi.com - [email protected]

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INTERNI | Stefania Alesi

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«In ogni progetto cerco di individuare lecaratteristiche peculiari e l’essenza di uno spazioper poi arrivare ad una personalizzazione degliambienti con materiali e arredi pensati per quelluogo e ottenere così un’architettura vissuta, dovelo spazio e l’arredo diventino parte integrante dellavita di chi ne usufruisce». Questo l’approccio chel’architetto Stefania Alesi applica nel momento diavviare una ristrutturazione. «È importante nonsovvertire tutto, ma dare un’impronta nuovaconservando il contesto. Per esempio, nellaristrutturazione di un piano living di una villaindipendente su tre livelli – inserita in uncomplesso condominiale a Roma –, ho conservatoquasi inalterata la distribuzione planimetrica,mentre ho riformato la natura degli spazi. Comepresupposto progettuale ho cercato la massima

flessibilità degli ambienti attraverso un’analisifunzionale. Le divisioni sono state ottenute conpartizioni mobili in legno laccato e in vetro,esaltando trasparenze, determinando luci e ombreche si animano al variare dell’intensità edell’incidenza della luminosità del giorno». Siottiene così un effetto decorativo di particolareimpatto e la scelta degli spazi non preclude lafacile riconoscibilità degli ambienti, distinti daqueste quinte scorrevoli in legno e in vetro. «Gliarredi minimali e la scelta cromatica lasciano ilruolo di protagonista alla luce naturale. Tuttol’appartamento è pervaso quindi da trasparenza eluminosità, accompagnate da una ricerca matericache apre e modula gli spazi e le modalità distrutturazione delle relazioni interne, diventandomomenti di costruzione di un proprio stile di vita».

Una ricerca sulla materia e la luce. Uno spazio aperto modulatoattraverso partizioni mobili che lo scandiscono.Le ristrutturazioni dell’architetto Stefania Alesi

di Luca Cavera

Spazi per il vissuto

Interno di una villa ristrutturatadall’architetto Stefania Alesi di Roma - [email protected]

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Per l’architettura moderna il concetto di“contemporaneità”, costituisce un traguardo, unascelta obbligata che si traduce in un potentelinguaggio che scandisce e ridefinisce gli spazi delvivere moderno. È questa la filosofia della Leveloffice Landscape, azienda diretta dagli architettiMassimo Gianquitto e Lanfranco Lezzeni che operaal fianco di importanti partner nazionali einternazionali nel settore arredo per uffici. Comesottolinea Massimo Gianquitto «il cliente non è ilsemplice utilizzatore degli spazi o dei prodotti, ma èun importante alleato che condivide con l’azienda lacreazione del proprio luogo di lavoro». Dunque, il progetto diventa il risultato di unapaziente sintesi fra necessità, aspirazioni, budget,requisiti tecnico prestazionali, funzionali e diservizio. Per questo Level office Landscape amadefinirsi il “kiton” dell’ufficio, come la famosa casadi moda maschile italiana ha saputo fondere abilitàsartoriale e produzione industriale per confezionare

Al centro, Massimo Gianquitto insieme al teamdella Level Office Landscape. Nelle altre immagini, uffici realizzatidall’azienda di Rovagnate (LC) - www.levelofficelandscape.com

Lavoro e contemporaneitàNella creazione e nell’arredo degli spazi di lavoro il committente è il vero protagonistadel progetto e collabora attivamente alla sua realizzazione.L’esperienza di Massimo Gianquitto della Level Office Landscape

di Erika Facciolla

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SPAZI DI LAVORO | Massimo Gianquitto

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ogni volta l’abito su misura per il proprio cliente,superando in questo modo la logica dello standard atutti costi, della serialità omologata per abbracciarequella del progetto ad hoc. E proprio nell’ottica di ridurre al minimo le distanzetra il cliente e produttore, la Level è stata in gradodi interpretare correttamente le esigenze non soloin chiave di necessità funzionali, ma soprattutto intermini di valori identificativi della committenza.«Non parlerei più di spazio di lavoro – continual’architetto Gianquitto - ma di habitat d’ufficio incui termini convenzionali come closed office, openspace, meeting room, faticano a scomparire masono pur sempre superati, in quanto convivono informe più libere e a tratti destrutturate, segnoforse della necessità di dare spazio ai valoriimmateriali del lavoro». In questo modo Level ha finito per avvicinarsi piùalle logiche del progettista che a quelle delproduttore, privilegiando così la cultura del progetto

Il progetto diventa il risultato di una paziente sintesi fra necessità,aspirazioni, budget, requisiti tecnico prestazionali, funzionali e di servizio

rispetto alla logica del prodotto seriale. «Latrasformazione fisica della materia prima in unprodotto non basta più. Il prodotto diventa ilrisultato ultimo del processo progettuale e delrapporto “empatico” che si stabilisce tra gli interessie le aspettative di chi produce e di chi fruisce». Eccoperché la collaborazione con il progettista èfondamentale, poiché spesso egli è tramite tral’azienda e il cliente. «Noi non ci sostituiamo adesso – precisa l’architetto - ma collaboriamo pertutta la fase del lavoro, dal progetto di massima finoa quello esecutivo, e alla definizione di tutti idettagli e particolari d’arredo, cercando di tradurreconcretamente i desideri e le esigenze specifiche.Nella creazione dello spazio – conclude MassimoGianquitto - si cristallizzano valori comuni econdivisi che ci fanno sentire parte di qualcosa dipiù grande, di una comunità, e che forse meritamaggiore o uguale attenzione a quella che poniamonella progettazione e realizzazione della casa».

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SCENOGRAFIA | Roberto Ciambrone

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Dietro alla realizzazione degli elementiscenografici si cela un lavoro integratoe complesso, che unisce creativitàad abilità progettuale, flessibilità a tecnicheproduttive all’avanguardia.Lo descrive Roberto Ciambrone

di Amedeo Longhi

Dentrol’evento

Progettazione, realizzazione di un bozzetto, quindidi un plastico, lavorazione delle materie prime,assemblaggio. Ecco come nasce una scenografia,grazie a un lavoro che richiede abilità e competenzeparagonabili a quelle di un designer o di un architetto.Roberto Ciambrone è titolare e direttore artistico diScenografia International, azienda che da più divent’anni si occupa di allestimento scenografico. «Ilnostro lavoro – ci spiega Ciambrone – nasce daldesiderio di concepire e realizzare la scenografia inmodo originale e innovativo, cercando di uscire daicanoni tradizionali, preferendo un approccio allaprogettazione da inventare giorno per giorno, chescaturisca da una moderna visione della scena e, diconseguenza, del modo in cui allestirla». Una scenografia infatti, non ha il solo compito didescrivere lo spazio e il tempo in cui si consumal’evento, ma interagisce con l’evento stesso.

A sinistra, Roberto Ciambrone, titolare e direttore artistico di ScenografiaInternational, con sede a Roma. Sopra, recupero del Tepidario a Firenzeper la Mostra delle Farfalle - www.scenografiainternational.it

«Potremmo quasi dire – prosegue Ciambrone – che lospettatore viene trasportato dentro l’azione e resoprotagonista. Si può raggiungere questo risultato soloattraverso la realizzazione di produzione di alto livelloper creatività, tecnologia e professionalità, lasciandoogni elemento in armonioso accordo con l’insieme. Inquesto modo si crea un autentico strumento dicomunicazione a tre dimensioni». La scenografia è una vera e propria opera d’arte e perquesto motivo Ciambrone ha deciso di incoraggiarel’espressione artistica dei futuri progettisti di elementiscenografici: «Collaboriamo con scuole e accademieospitando i loro studenti, a cui offriamo la possibilitàdi fare una diretta esperienza lavorativa. Così facendoli vogliamo stimolare, verificando, tramite unintervento diretto, le loro capacità di percezione eorganizzazione dello spazio scenico e attraverso unospecifico percorso operativo».

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ARREDAMENTO D’ESTERNI | Giordano Ernesto Sala

L’arredamento d’esterni è importante quantoquello degli interni. Se in passato è esistita forse unaqualche rivalità fra i due e una preferenza certamenteesiste fra gli architetti nel privilegiare l’uno o l’altro,l’idea di sintesi potrebbe essere quella di instaurareuna forma di dialogo fra le linee e i contenuti diinterno ed esterno. Come spiega l’architettoGiordano Ernesto Sala: «Se ci chiediamo fino a dovesi può spingere il progetto di arredamento, la miarisposta è che questo vada considerato parteintegrante del percorso architettonico che inizia conle fondazioni e approda, infine, all’arredamento deglispazi esterni e interni». Nella progettazione di unarredo, di solito Sala inizia il proprio lavoro a partireda pezzi su misura. «Chi decide di rivolgersi a unostudio per l’arredamento di un ambiente lo fa con ildesiderio che gli elementi vengano collegati in un

insieme che contempli uno di fianco all’altro ilcontemporaneo e l’antiquariato. La preparazionedell’architetto deve quindi essere specifica eabbracciare tanto l’antico e il restauro quanto l’artecontemporanea, per suggerire oggetti e quadri che siinseriscano armonicamente nello spazio estetico-abitativo che si vuole creare – e all’occorrenzaprogettare arredi su misura». Lo studio Sala di Comoha realizzato progetti di abitazione, edifici industriali,commerciali e di intrattenimento. «Molto spesso, inprovincia, l’operatività di uno studio professionalecompete con i grandi studi cittadini, perché ènecessario affrontare tutti gli aspetti del lavoro diprogetto e dei servizi accessori. Infatti, il nostrostudio segue tutte le fasi complementari necessariealla realizzazione delle opere, dai rilievi strumentalifino al disegno del logo aziendale».

L’ultima frontiera dell’arredamento. L’architetto Giordano Ernesto Salaspiega il rapporto che sussiste fra interno ed esterno. Un rapporto paritarioper importanza da inserire nel percorso architettonico complessivo

di Manlio Teodoro

Exterior design

Realizzazioni dell’architetto Giordano ErnestoSala di Como - www.archigesala.com

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Sono stati fermi quattro anni perché il titolo cherilasciava l’istituto non era riconosciuto. Ora dopo dueanni dalla ripresa dell’attività le cose sono tornate afunzionare. L’introduzione della laurea specialistica inConservazione e restauro dei beni culturali hafinalmente riordinato il settore, in cui mancava unaformazione univoca. «Ma – dice l’architetto GisellaCapponi, direttrice dell’Istituto superiore per laconservazione e il restauro di Roma – i fondi chericeviamo dal ministero sono esigui rispetto a ciò di cuiil patrimonio culturale nazionale necessiterebbe».

Quindi lamenta la scarsezza di fondi?«Il problema dei fondi è cronico, abbiamo un budgetridotto rispetto a quello degli anni scorsi.Fortunatamente in questo periodo, grazie al Ministerodegli esteri, disponiamo di entrate extra per lavori chestiamo eseguendo in altri Paesi, che ci chiedono unsupporto per la conservazione del loro patrimonioculturale, soprattutto quello riguardante laformazione».

Dove, precisamente?«A Belgrado, dove stiamo realizzando, con fondi dellacooperazione, un centro di restauro. Abbiamo formato

e aggiornato personale serbo che potrà operareautonomamente. Poi siamo in Iraq, nella zona diNassirya e a Erbil. Infine in Kosovo, dove stiamocollaborando a definire la normativa sulla salvaguardiadel Paese. Presto i nostri restauratori torneranno alavorare in Cina, un paese a cui siamo molto legati findalla metà del 1995, quando venne realizzato a Xian unistituto simile al nostro».

In Italia il suo istituto è il migliore per l’altaformazione per il restauro?«Sicuramente le scuole di alta formazione del Ministerodei beni culturali sono quelle di più grande tradizione.La nostra è la più antica, è stata fondata da CesareBrandi nel 1939. Le altre sono interne all’Opificio dellepietre dure di Firenze e all’Istituto centrale per ilrestauro e la conservazione del patrimonio archivisticoe librario».

Quanto dura il corso di studi?«È equiparato a un corso universitario, dura cinqueanni e rilascia il diploma di laurea specialisticaabilitante, con il quale si può esercitareimmediatamente. I nostri studenti sono personegiovani ma con esperienza di altri corsi affini, di rado

Professionisti del restauroTre percorsi formativi a numero chiuso alla fine dai quali si ottiene la qualifica di restauratore.È questo il “volto nuovo” dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro che portaall’estero l’alta formazione italiana «riconosciuta a livello internazionale»

di Tiziana Bongiovanni

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RESTAURO | Gisella Capponi

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sono ragazzi appena usciti dalla scuola superiore».

Vige il numero chiuso?«Sì, il numero dipende dal percorso formativo scelto.Attualmente i 3 percorsi formativi attivati da due anni inistituto sono frequentati da 32 allievi. L’accessoprevede una serie di prove. La prima, uguale per tutti,consta in un disegno a mano libera che riproduce undipinto. La modalità deve rispondere a certi requisiti:tratto continuo, resa della profondità esclusivamentecon il tratto senza ombre».

Ma qual è il percorso più gettonato?«Quello che riguarda i beni artistici: le tele, le tavole;ma piace anche quello che riguarda le superficidecorate dell’architettura, che ha un campo d’impiegopiù esteso e ha al suo interno gli affreschi, i mosaici, glistucchi».

Che differenza c’è tra la laurea in archeologia equella in conservazione e restauro dei beni culturali?«Abissale. La formazione in archeologia è di un altrotipo. Gli archeologi ad esempio dirigono gli scavi, senzamettere mano alla conservazione dei reperti, di cui sioccupano fin dalla fase di ritrovamento i restauratori».

Come è cambiata la situazione prima e dopol’introduzione del titolo di dottore in restauro?«Prima la preparazione era molto disomogenea: c’eranole accademie, i corsi regionali, quelli universitari. Nessunoperò specifico sul tema, il che non garantiva la qualità delrestauratore. Ora ci troviamo in una situazione difficile: unmercato inflazionato in cui esistono troppi tecnici chevantano esperienze di lavoro, a fronte di una formazioneprecaria, e diplomati delle nostre scuole di altaformazione che non trovano lavoro».

Mi sembra di capire però che il problema primarioperò siano sempre i fondi carenti.«Infatti, basti pensare a quanto poco, ad esempio, siinterviene sui manufatti tessili. Le Chiese ne sonopiene».

Ma a chi si richiedono gli interventi?«Alle Sovrintendenze. Noi siamo chiamati di menoperché per compiti istituzionali ci occupiamo di restauriparticolarmente complessi».

Ad esempio? «La “Resurrezione di Lazzaro” del Caravaggio, cheabbiamo attualmente in restauro. Una tela imponente(3,80 metri per 2,85) che proviene dal Museo regionaledi Messina che aveva subìto, tra l’altro, già un primointervento nel 1951».

Quanto tempo impiegherete per portarlo al suoantico splendore? «Sei mesi, periodo in cui ci impegneremo a restituireall’opera il meglio della sua leggibilità. Ci stannolavorando tre restauratori e cinque collaboratori».

Non allievi, dunque.«Esatto, però la normativa sulla scuola richiede che silavori anche sugli originali. Ad esempio, sull’icona diSanta Romana. Gli studenti lavorano sempre sotto laguida di restauratori, in un rapporto di 5 a 1 el’ordinamento dei corsi richiede che l’80% dell’attivitàvenga svolta su beni culturali, cioè opere d’arte».

Noi italiani facciamo ancora scuola nel mondo con inostri restauratori?«Certamente. La scuola italiana è riconosciuta a livellointernazionale come un settore di eccellenza. I nostrirestauratori godono di grande prestigio all’estero».

Gisella Capponi,direttrice dell’Istitutosuperiore per laconservazionee il restauro

La scuola italiana è riconosciutaa livello internazionale come unesempio di eccellenza. I nostrirestauratori godono di grandeprestigio all’estero

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Fondata nel 2005, l’Associazione italiana per ilrestauro architettonico, artistico, urbano è la primaassociazione nata per rappresentare il comparto delrestauro e della conservazione del patrimoniomateriale sia a livello nazionale che internazionale. È il punto di riferimento per chi voglia affacciarsi almondo della conservazione italiana, come sintesi dellesvariate discipline che in esso convergono, delleprofessionalità specializzate, delle tecnologie e dellacrescente imprenditorialità. Nell’ottica di creare per ipropri associati un importante appuntamento diinnovazione, integrazione e internazionalizzazione, perfare rete e sistema e per rafforzare il ruolo dieccellenza delle aziende italiane nell’approccio almondo della conservazione nel 2010 Assorestauro hafirmato un accordo strategico con DNA.Italia, il primomarketplace dedicato alla valorizzazione delpatrimonio culturale. Ne parla Caterina Giovannini,

presidente di Assorestauro.

Presidente, di cosa si tratta?«Nell’ambito di questa partnership la nostraassociazione ha contribuito all’organizzazionedell’edizione 2011 di DNA.Italia, un evento del qualericonosce il valore di piattaforma di scambio continuo ecostante, un luogo dove avviare rapporti e pensareprogetti in un evento orientato al matchmaking per lacostruzione di legami e alleanze virtuose. Nel corso del2012 Assorestauro dà il proprio sostegno e patrocinio aun tour nazionale di 10 convegni e laboratori B2B sultema della riqualificazione del patrimonio costruitoorganizzato da DNA.Italia e Sinergie moderne network,grazie ai quali le aziende potranno presentare leproprie innovazioni e incontrare gli attori del mondodella conservazione del territorio di riferimento di ognisingolo convegno, proprio perché, ne siamo convinti,

Un luogo dove costruire legami e alleanze virtuose per promuovere la conservazionedell’immenso patrimonio di beni culturali del nostro Paese. Perché «il bene culturale è volanoeconomico e stimolo per la crescita dell’offerta turistica». Ne parla Caterina Giovannini,presidente di Assorestauro

di Tiziana Bongiovanni

Un marketplace per valorizzareil patrimonio culturale

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RESTAURO | Caterina Giovannini

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rinnovarsi per superare la crisi è una sfida che ci devevedere uniti».

Quante aziende sono associate ad Assorestauro?«L’associazione conta al momento un centinaio di sociche rappresentano prevalentemente il mondodell’industria e della produzione di tecnologie emateriali per il settore della conservazione, cheabbraccia i campi del restauro, del riuso,dell’adeguamento di edifici o beni architettonici,artistici e storici. Assorestauro nel tempo si è poiaperta al settore dei servizi, rilievo, analisi conoscitiva,progettazione, divulgazione e promozione e, in ultimo,alle imprese specializzate con categorie OG2 e OS2».

Esiste un organismo analogo negli altri paesieuropei?«Esiste una rete non strutturata di associazioni a livelloeuropeo che, pur con proprie peculiarità,rappresentano il settore. Un primo tentativo dinetworking tra queste associazioni e le realtàistituzionali europee è rappresentato dal progettoEvoch (www.jcyl.es/evoch ), cofinanziato dall’Unioneeuropea, di cui Assorestauro è partner italiano, e chevede al momento la partecipazione di Spagna, comecapoprogetto, Germania, Norvegia, Belgio e Austria. È un primo progetto di Networking che ha l’obiettivo di raccogliere le esperienze dei diversi paesi per lacreazione di un Osservatorio europeo per i beniculturali, che spinga le politiche finanziarie dell’Unioneeuropea verso una maggiore coscienza del bene culturale come volano non esclusivamenteculturale e di identità collettiva ma economico e

stimolo per la crescita dell’offerta turistica».

In che rapporti vi ponete con l’Istituto superiore perla conservazione e il restauro di Roma?«Assorestauro, come accennato, rappresenta lacomponente industriale, produttiva del comparto. L’Icr è oggi ancora (insieme a Opificio e Venaria) l’unicascuola abilitata alla formazione di restauratori dei beniculturali, come figura professionale. Assorestauro hasvolto un’attività a supporto della nuova normativa,spingendo per rafforzare la componenteimprenditoriale del comparto specialistico (OS2) pertraghettare l’identità artigiana del “restauratore dibottega” entro un quadro normato di maggioreefficienza e controllo».

Qual è la situazione attuale del mercato del restauroin Italia?«In un periodo di forte crisi generalizzata, propriocomparti come quello dei beni culturali hanno dimostratodi mantenere una maggiore solidità e vivacità. Se da unlato l’amministrazione pubblica sembra progressivamenteridurre o annullare i bandi di finanziamento, l’attenzioneva sempre più rivolta al mondo della finanza privata, chesembra dare maggior fiducia al settore. In questo senso sista muovendo Assorestauro, al fine di dare alla propriabase associativa dei riferimenti certi e opportunità. Se da un lato, infatti, i soggetti privati sono stati attentinell’indirizzare i loro sforzi verso temi nuovi e importanti,multisettoriali, non è stata ancora avviata quella sinergiache porti il finanziatore a richiede e verificare i requisitidegli esecutori al fine di garantire e migliorare l’interoprocesso».

In apertura, Caterina Giovannini, presidente di Assorestauro.Sopra, lo stand di Assorestauro all’edizione 2011 di DNA.Italia

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Nella città felsinea è stato creato un percorsoculturale, artistico e museale dislocato in ottoedifici del centro storico, restaurati e recuperatiall’uso pubblico. Nato per iniziativa del presidentedella Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna,Fabio Roversi Monaco, il progetto comprende laBiblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio inPoggiale, con un ricco patrimonio librario a partiredal 1500; San Colombano, con la collezione deglistrumenti musicali antichi del maestro LuigiFerdinando Tagliavini; la Chiesa di Santa Cristina,ricca di opere d’arte e sede di concerti; Santa Mariadella Vita, ove è collocato il Compianto sul CristoMorto di Niccolò dell’Arca; Palazzo Fava, affrescatodai Carracci e centro interamente destinato amostre; Casa Saraceni, sede della FondazioneCarisbo; San Michele in Bosco, belvedere affacciatosu Bologna ricco di opere d’arte e, infine, PalazzoPepoli, un percorso museale e culturale dedicatoalla storia, alla cultura e alle trasformazioni di

Bologna, dalla Felsina etrusca fino ai giorni nostri.

Professor Roversi Monaco, il progetto “GenusBononiae. Musei nella città” ha fatto riscoprire aibolognesi, attraverso importanti restauri, alcunidegli edifici più significativi della città. Quale ilvalore simbolico di questo “museo diffuso”?«L’obiettivo perseguito con Genus Bononiae va oltrel’allestimento di spazi museali in senso stretto,mirando anche a dare una nuova visibilità adarchitetture meravigliose, principalmente chiesesconsacrate e palazzi, di cui la città, nei secoli,aveva smarrito la cognizione. Ad esempio, PalazzoPepoli è sempre stato uno splendido palazzomedievale del centro ma cittadini e turisti nonsapevano assolutamente come si caratterizzasseall’interno. È stato quindi reinventato, restaurato eallestito dall’architetto Mario Bellini, con unprogetto grafico curato dall’architetto Italo Lupi, erivelato alla città nella sua magnificenza. Lo stesso

“Genus Bononiae. Musei nella città” propone un percorso museale in spaziantichi recentemente restaurati, completato con l’inaugurazione di Palazzo Pepoli,

sede del Museo della storia di Bologna. Ne parla Fabio Roversi Monaco

di Eugenia Campo di Costa

L’armonia traantico e contemporaneo

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RESTAURO | Fabio Roversi Monaco

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In apertura, Fabio Roversi Monaco,presidente della Fondazione Cassa diRisparmio in Bologna. In questa pagina, la torre in vetro e acciaio realizzata da MarioBellini all’interno di Palazzo Pepoli

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concetto ha guidato il restauro di tutte le altrearchitetture e, insieme a esse, è stato recuperatoanche il concetto di “percorso”. Un percorso urbanoche racconta la storia della città, si dispiega lungole strade che diventano i corridoi dei museitradizionali e lungo i palazzi che diventano lesingole sale, inserendosi nella strutturaistituzionale e collegandosi ad altri musei,pinacoteche e realtà culturali della città».

Il restauro di Palazzo Pepoli e la realizzazione delMuseo della storia di Bologna sono stati affidati aMario Bellini, che ha anche realizzato la “Torre deltempo” in vetro e acciaio. Quali le peculiarità diquesta struttura e come influisce sul percorso?«Tutti i restauri sono stati perfetti, quello di Bellinia mio parere è esemplare perché ha saputo farcoabitare in assoluta armonia l’estrema modernitàdella torre in vetro e l’antichità del palazzo, in mododa rispettare l’uno e l’altro profilo. Ha realizzatouna torre-ombrello di vetro e acciaio che recupera ereinventa la corte interna del palazzo, che in questomodo riacquista dignità e funzione. La sua è stataun’invenzione geniale, con la quale ha risolto ilproblema della circolazione all’interno del percorso.La Fondazione, infatti, possedeva solo il piano terrae il piano nobile del palazzo, e la torre in vetro eacciaio, oltre a essere estremamente scenografica,è stata anche una scelta strategica che rendepossibile e fluido l’intero percorso di visita, di cui

proprio la torre e la corte diventano l’epicentro».

Crede che l’opera di Bellini sia statasufficientemente valorizzata o che non abbia avutotutto il respiro che merita?«Credo che sia stata senz’altro valorizzata: stiamoportando avanti un progetto di marketingterritoriale, una comunicazione molto decisa sia inItalia che all’estero e i riscontri ci sono. Con ilMuseo della storia di Bologna abbiamo superato lemigliori previsioni: in due mesi, dal 27 gennaio,giorno dell’inaugurazione, al 27 marzo abbiamocontato circa 60mila visitatori. Numerosi sono stati,inoltre, i giudizi positivi che abbiamo ricevuto siadalle diverse personalità che hanno visitato ilmuseo, sia dai cittadini comuni».

Il progetto Genus Bononiae rappresenta anche uncriterio nuovo di proporre Bologna: un percorso indivenire che si rinnova e si arricchiscecontinuamente. In che modo secondo lei si potràtenere sempre alta l’attenzione di bolognesi eturisti su questo percorso museale?«Intanto il museo è differente da qualsiasi altropresente non solo in Italia, ma in tutta Europa. Al di là del concetto di “museo diffuso”, il cuipercorso offre una serie di vocazioni diverse,edificio per edificio e, nel contempo, un insieme diuna completezza unica, abbiamo deciso con questoprogetto di rappresentare anche un modo nuovo di

A sinistra, una sala di Palazzo Pepoli. Nellasuccessiva, di San Giorgio in Poggiale, uno degli altri sette poli del progetto “GenusBononiae. Musei nella città”

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città, che vengono affiancate e non sostituite dalMuseo della storia di Bologna, sono affidati apostazioni video dove vengono presentati i museidella città che hanno un nesso con un determinatotema. La comunicazione multimediale, inoltre, è riccae diversificata e prevede diversi dispositivi: dalsingolo schermo, o videoproiezione, sino allarealizzazione di ambienti complessi e interattivi perspecifici approfondimenti tematici, grazie aricostruzioni scenografiche, tappeti multimediali einstallazioni immersive presenti in alcune sale.Insomma, Palazzo Pepoli, sotto ogni punto di vista,anche quello tecnologico, dà molto di più di unmuseo tradizionale e questo è proprio il motivo percui io credo che continuerà ad avere successo».

Nel realizzare e perfezionare il progetto, lacollaborazione con personaggi illustri è statadecisiva. Quali tra le consulenze artisticheintervenute hanno dato un particolare valoreaggiunto?«Per quanto riguarda Palazzo Pepoli, senz’altro gliarchitetti Bellini e Italo Lupi, ma numerosissime sonostate le preziose consulenze, anche con riferimenti asingoli settori disciplinari: dal professor GiuseppeSassatelli, che si è occupato del periodo etrusco, al professor Brizzi per la storia della via Emiliae della centuriazione romana, fino a molti altri nomi,conosciuti in tutta Italia, che hanno un ruolo diprimo piano nelle rispettive discipline».

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RESTAURO | Fabio Roversi Monaco

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esporre e di raccontare la città, dinamico einnovativo, così che nessun visitatore possa dire“l’ho già visto, non ci tornerò più”. Si tratta di unpercorso in divenire che non vuole mai essereuguale a se stesso. In quest’ottica intendiamo, incerti casi, ruotare le opere d’arte esposte: alcuneparti rimarranno le stesse, altre invece avranno unaggiornamento programmatico in modo da offriresempre esposizioni nuove e diverse. Credo che inquesto modo, e organizzando anche di volta in voltamini mostre diverse in spazi appositi, si continueràa tenere alta l’attenzione e si otterranno risultatinotevoli».

Il Museo della storia di Bologna è innovativoanche dal punto di vista tecnologico. In questosenso, qual è il concept del museo e qualiparticolari tecnologie vengono sfruttate a sostegnodell’esposizione?«Il museo racconta l’intero arco della storia della cittàe dei suoi abitanti a partire dagli Etruschi fino aigiorni nostri, proponendo una sequenza di nucleiespositivi costruiti intorno a episodi chiave,personaggi simbolici, aneddoti e temi trasversali. La presentazione di tali contenuti avviene medianteuna combinazione di oggetti, immagini, elementimultimediali. Una delle caratteristiche peculiari delprogetto è, infatti, l’aver realizzato in quasi ognistanza una situazione di interattività tra il visitatore ela mostra. I rimandi alle altre realtà già esistenti in

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“Che notizie ci sono di Como, mia e tua delizia, edella bellissima villa suburbana? Di quel portico dove èsempre primavera?”. Queste le parole, piene diammirazione, con cui Plinio il Giovane, in una letteraall’amico Canino Rufo celebrava, per primo nella storia,le bellezze e i pregi della vita sul Lago di Como,tratteggiando quell’atmosfera propria della civiltà dellavilla del Lario, destinata a conoscere grande fortuna neisecoli presso intere generazioni di residenti eviaggiatori. Questa terra custodisce infatti unpatrimonio artistico e architettonico di inestimabilevalore, che ancora oggi possiamo ammirare in tutto ilsuo splendore anche grazie all’instancabile lavoroportato avanti negli anni dall’architetto MarioMargheritis, protagonista di numerosi e significativi

interventi di restauro e risanamento conservativo-scientifico di alcune tra le più belle dimore d’epocadisseminate lungo i tre rami del Lago. Tra questepossiamo ricordare, ad esempio, Villa Gaeta diAcquaseria, Villa Trotti Bentivoglio di San Giovanni diBellagio, Villa Maria e la Serra a Griante di Cadenabbiae Villa Cademartori, che l’architetto ha trasformato inresidenze d’elite e appartamenti di lusso per la nuovaborghesia formatasi a partire dagli anni Settanta.Ultimo ed eccezionale esempio del lavoro promossodall’architetto è senza dubbio Villa Odescalchi-Raimondi, storica dimora cinquecentesca sita nelcomune di Fino Mornasco, che nel passato ha ospitatopersonalità del calibro di Papa Pio Innocenzo XI eGiuseppe Garibaldi. «Villa Raimondi è un miracolo di

Per l’architetto Mario Margheritis il restauro di ville ed edifici storici non puòprescindere da un dialogo costante con la storia e l’ambiente circostante.Ne è una tangibile testimonianza Villa Odescalchi–Raimondi,oggi riconsegnata al suo antico splendore

di Guido Puopolo

con la storia e la naturaUn dialogo

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equilibrio architettonico e di paesaggio naturale, al cuiinterno storia, arte e ambiente si fondono in unrapporto di armonie perfette», afferma Margheritis.

Quali sono state, quindi, le linee guida seguite nelrestauro di Villa Raimondi?«Il progetto di recupero conservativo di Villa Raimondisi è posto come obiettivo la salvaguardia delpatrimonio storico-artistico dell’intero complessoarchitettonico, composto da un’ala quattrocentesca eda un corpo costruito nel Settecento, immerso in unparco di circa 50.000 mq, classificato dall’Unescopatrimonio dell’umanità per sua la ricchezza diessenze arboree. In particolare si è voluto sottrarreall’azione distruttiva del tempo la concezione culturale

che ha ispirato il progetto abitativo originario e lesuccessive rivisitazioni che hanno ampliato lastruttura quattrocentesca».

Nello specifico, quali sono state le tecnicheutilizzate per garantire la salvaguardia dei principaliaspetti architettonici, culturali e storici checaratterizzano la Villa?«Abbiamo fatto ricorso agli stessi materiali e alle stessetecniche dell’epoca di costruzione. L’attenzionemaniacale messa nella cura di ogni dettaglio harestituito alla Villa la sua bellezza originaria. Passandodall’impianto cinquecentesco della torre al corpoaffrescato del Settecento, il recupero di Villa Raimondiha censito i caratteri specifici dei diversi periodi storici:

In apertura, uno scorciodi Villa Raimondi e del suo parco.Nel tondo l’architetto Mario Margheritiswww.margheritis.com - www.villaraimondi.com

RESTAURO | Mario Margheritis

Il recupero conservativodi Villa Raimondi ha avutocome obiettivo la salvaguardiadel patrimonio storico-artisticodell’intero complesso architettonico

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elementi rinascimentali convivono insieme adarchitetture in stile neoclassico e a decorazionipittoriche della scuola Lombarda. Gli affreschi interni ele decorazioni, ammalorate dall’umidità e dallo scorreredel tempo, sono invece stati portati a nuova luce grazieall’uso di tecnologie d’avanguardia, con lacollaborazione di affermati laboratori per l’analisi deimateriali. L’accuratezza delle procedure di restauro hapermesso così di preservare ed esaltare le peculiaritàdei vari ambienti, consentendo di far rivivere a chiabiterà la Villa il fascino del passato, senza per questorinunciare ai più moderni comfort».

Oggi Villa Raimondi ospita al suo interno uncomplesso residenziale costituito da varie unitàabitative di grande prestigio. «Esattamente. Ogni scorcio di Villa Raimondi, partendodal corpo centrale fino ad arrivare alla guesthouse, al

In queste pagine, la Cappella Gentilizia posta all’interno del parco,un salone interno, la piscina e il laghetto di Villa Raimondi

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castelletto e alla ghiacciaia, esprime un carattere unico.Si passa dalle stanze sontuosamente affrescate delsoggiorno di Papa Odescalchi all’affettuosa intimitàdegli appartamenti con camini in pietra; dai soffitti con ivecchi travi agli scorci romantici che si sviluppanonell’area più antica. La varietà degli ambienti consentea ognuno di scegliere una soluzione abitativa insintonia con la propria personalità e il proprio carattere.Grande attenzione è stata posta anche allavalorizzazione del parco, dove oltre alla famosaCappella Gentilizia, teatro del matrimonio fra GiuseppeGaribaldi e la giovane contessina Giuseppina Raimondi,trovano spazio un laghetto privato, una piscina, campida tennis, un’area attrezzata per il gioco del golf, uncentro benessere e un percorso vita».

Lei ha realizzato opere di grande rilievo, nonsoltanto in Italia ma anche all’estero. Sulla base della

L’accuratezza delle procedure di restauro ha permesso di preservareed esaltare le peculiarità dei vari ambienti della Villa

sua esperienza, da cosa non si può prescinderequando si interviene per recuperare edifici di un cosìalto valore artistico?«Ho sempre cercato di porre al centro dei miei progettiil tema del rapporto tra architettura e natura, che lungidall’essere soltanto una moda, merita attenzione eriflessioni puntuali. Chi interviene su un edificio deveinevitabilmente porsi di fronte ai cambiamenti spazio-temporali che si innescano. Indipendentemente dalfatto che si tratti di opere conservative, piuttosto che diidee sperimentali, i più significativi interventiarchitettonici devono essere eseguiti in dialogo con lastoria. Progettare sull’esistente e ristrutturare, forse,altro non è che decifrare e far emergere gli intentinascosti del progetto originale: questo deve essere ilcompito dell’architetto, che così facendo potràcontribuire ad aggiungere un nuovo capitolo a un libroinfinitamente incompleto».

RESTAURO | Mario Margheritis

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RESTAURO | Gabriele Verdesca

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Percorrendo le strade del Salento, non è raroimbattersi in vecchie masserie abbandonate, risalentianche al sedicesimo secolo. Purtroppo, molte diqueste versano in uno stato di grave degrado, anchedal punto di vista strutturale. «Per questo il primointervento da fare è rivolto alle fondamenta ed ècaratterizzato dall’utilizzo di soluzioni quali micropali,travi in cemento armato o iniezioni di resina per fare ilconsolidamento delle opere fondali», spiega GabrieleVerdesca, titolare della Gv Costruzioni, che proprio diquesta attività di restauro fa la sua mission principale. Conclusa l’opera di consolidamento, si passa agli altrielementi architettonici: «I muri sono generalmenterealizzati in pietra a secco, che va sempre rinforzatatramite iniezioni o perforazioni. È fondamentale ancheintervenire sulle volte, che nella maggior parte dellemasserie sono costruite in muratura in tufo, a vista oimbiancate a calce». Questi elementi vanno restauraticon cura: «Realizziamo una cassa armata con deimonconi in ferro zincato creando una cappa per“aggrappare” la volta in modo che essa non spingalateralmente, rischiando di cadere».

Spesso però, il semplice restauro dell’esistente non èun’opzione praticabile: «In quel caso, rimuoviamoalcune parti tramite un lavoro di “cuci e scuci” erealizziamo nuove porzioni di costruzione in manieraarmonica, recuperando materiali della medesimaepoca, magari sul luogo stesso». È un lavoro quasichirurgico, che utilizza materiali invecchiati con lestesse caratteristiche, in modo che il risultato finaledia l’impressione che la masseria non sia mai stataoggetto di interventi restaurativi. «Molto importante èla fase di reperimento dei materiali, in loco o altrove,sempre comunque nel nostro territorio: non èpossibile inserire in una masseria antica una pietraleccese nuova di cava, perché la differenza diconsistenza e colore si noterebbe subito. Questonaturalmente nel caso in cui si tratti di ampliamenti oparziali ricostruzioni di masserie esistenti; nel caso incui dovessimo realizzare una masseria o una cantinaex novo, possiamo attingere direttamente dalle cavedi pietra leccese locali, utilizzando metodiarchitettonici tradizionali salentini, con volte a botte, alunetta, balaustre, cornici».

L’opera di recupero delle masserie, costruzioni rurali tipichedel Sud Italia, richiede particolari abilità e si fonda sull’utilizzodei materiali edili dell’epoca. La descrive Gabriele Verdesca

di Amedeo Longhi

L’architetturatradizionale salentina

La GV Costruzioni ha sede a Salice Salentino (LE)www.verdescacostruzioni.it

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Le mani dedite all’arte del restauro ridonanovalore funzionale ed estetico agli oggetti usuratidal tempo o consegnati alla dimenticanza.«Abitualmente si è portati a chiedere il restaurodi soli mobili che abbiano un certovalore commerciale, derivante dallepiù svariate valutazioni: adesempio, l’antichità del pezzo, ilcontesto storico di appartenenza, lapregevolezza dell’essenza legnosache lo costituisce o la notorietà delsuo autore». È l’incipit di GiacomoFerro e Catia Gualdi della bottega“Antichità e Restauro” di Milano,dimora di un’arte artigiana fondata suuna filosofia di lavoro che nonpredilige il solo valore materialedell’oggetto, ma «dà ugualeimportanza e attenzione anche a queipezzi di poco valore, antichi o meno, ai

quali i proprietari sono tuttavia affettivamentelegati». Nella bottega di Giacomo e Catia, dunque,«viene dato spazio anche a quei “sentimentali” cheproprio non se la sentono di buttar via “la vecchia

cassapanca della nonna”, a coloro chesi affezionano alle cose e, di fronteall’ingiuria del tempo, decidono di

dare nuova vita ai vecchi oggetti difamiglia anche se gli stessi non hannoalcun valore commerciale; e noi,restauratori lignei, amiamo soddisfarequesto legittimo desiderio», affermaGiacomo Ferro. «La passione e lacreatività che da sempre animano ealimentano la nostra dedizione alrestauro, spesso ci permettonoun’originale “rivisitazione”, in chiaveantica o moderna, di mobili e oggettilignei che all’apparenza non sembranopiù in grado di svolgere la loro originaria

«Un mobile, una cornice o persino una grezza tavola da cantierepossono essere restaurati, riadattati e inseriti in un contesto d’arredo».Giacomo Ferro e Catia Gualdi spiegano il valore del legno e del restauro

di Gianni Bredice

Il restauro tra antiche e moderne rivisitazioni

Antica ghiacciaia restauratae trasformata in comodino

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RESTAURO | Giacomo Ferro e Catia Gualdi

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funzione – spiega Catia Gualdi –; tale rivisitazionepuò dar vita, a seconda dei casi, a un restyling che,senza stravolgere il pezzo stesso, ne accentua laparticolarità e il gusto, oppure a una creazione deltutto nuova e originale che, al di là di una suaeventuale utilità, fa sì che quel pezzo diventi unicoe irripetibile». Presso la bottega vengono eseguitianche lavori impegnativi su mobili di pregio eadeguati trattamenti che ne garantiscano laconservazione nel tempo. “Antichità e Restauro” èun laboratorio sempre aperto al pubblico, così cheogni committente, in qualsiasi momento, possaseguire i vari passaggi di lavorazione del mobile oaltro oggetto lì consegnato. Per meglio spiegarel’eccezionale potere del restauro, Giacomo e Catiaraccontano di un tavolino che giaceva abbandonatonella cantina di una cliente che, a causa delpessimo stato di conservazione, era ben pronta adisfarsene. «Sotto nostro consiglio, e con non pocaincredulità, ce lo ha affidato per restaurarlo.

Chiunque a vederlo così mal ridotto avrebbeassecondato la proprietaria a utilizzarlo tutto al piùcome legna da ardere. Con l’arte del restauro ligneocrediamo invece che tutto il legno della nostra fertileterra meriti di essere riportato a nuova vita e cheogni prodotto da esso ricavato, che sia un mobile,una cornice o persino una grezza tavola da cantiere,possa essere restaurato, riadattato e inserito in uncontesto d’arredo che un buon architetto sapràsicuramente trovare». Alla fine, come sempre accadenel lavoro di restauratore, quando all’ingegno eall’esperienza si aggiunge il fondamentaleingrediente della passione, il risultato di finerestauro è sorprendente. Ciononostante, il tavolorestaurato da Giacomo e Catia «ad alcuni puòapparire come un bel tavolino rimesso a nuovo, adaltri invece, come un pezzo unico che sottratto albuio e alla polvere di un’angusta cantina, vive oggiuna nuova vita la cui anima porta con sé un piccolobarlume di quella donatagli dal suo restauratore».

La rivisitazione può dar vita a un restyling che, senza stravolgere il pezzo, neaccentua la particolarità e il gusto, oppure a una creazione nuova e originale

Da sinistra, un tavolo ripreso prima e dopo il restauro, e tavolino a muro restauratoda Giacomo e Catia della bottega “Antichità e Restauro” di Milano

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Era il 1914 quando le pagine del saggio“Architettura di vetro” annunciavano l’inizio di unanuova era per le costruzioni. «Se vogliamo elevare illivello della nostra civiltà saremo costretti, volenti onolenti, a sovvertire la nostra architettura. Questo ci riuscirà eliminando la chiusura degli spaziin cui viviamo con l’introduzione dell’architettura divetro», scriveva l’autore Paul Scheerbartintroducendo una nuova visione fatta di schermi traun fuori e un dentro, ombre e nascondigli, cheinsieme celebravano il passaggio alla nuova “civiltàdel vetro”.Dagli oggetti in vitrum d’epoca romana ai mosaicidell’arte bizantina, passando dalle vetrerie diMurano, fino alle lavoratissime vetrate dellecattedrali gotiche, dai preziosismi dell’arte barocca aquelli del periodo neoclassico e poi liberty, il vetroapproda agli albori della moderna architettura urbana“vestendo” la verticalità dei primi grattacieli

nordamericani di fine Ottocento.Vent’anni dopo la demolizione del primo grattacielodella storia eretto nel 1885, l’Home InsuranceBuilding di Chicago, era il 1951 e veniva inauguratol’edificio costruito con il maggior numero di lastre di vetro utilizzata in architettura fino ad allora: il Palazzo di Vetro di New York eretto su disegno di Oscar Niemeyer, sede del segretariato delle Nazioni unite.Da quel momento in poi, la progettazionearchitettonica non poteva più eludere l’importanza el’efficacia della trasparenza. Perché in lungo e inlargo, dal basso all’alto, il vetro alleggerisce il pesostrutturale delle opere architettoniche per donare allosguardo spettacolari riflessi della modernità.E lo sanno bene, ancor meglio dei predecessori, icontemporanei protagonisti dell’architetturamondiale. Partendo dalle ultime opere di questo2012, un breve excursus a ritroso rende impensabile

Alleggerisce il peso visivo delle strutture esaltando la grandezza architettonica delle opereche riveste. Da Niemeyer a Calatrava, da Cucinella a Wolf D. Prix e Helmut Swiczinsky,l’architettura racconta il vetro e viceversa

di Adriana Zuccaro

I riflessi della contemporaneità

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MATERIALI | Il vetro in architettura

non citare nomi come quello di Santiago Calatrava,che proprio lo scorso 24 marzo ha inaugurato il nuovoPonte della Pace a Calgary, in Canada. Un’unicanavata “avvolta” in eliche circolari di acciaio rosso èstata ricoperta da un tetto in vetro che alleggeriscel’intera struttura, esalta il design delle travaturetubolari e garantisce il passaggio di pedoni e ciclistida una sponda all’altra del fiume Bow.Saltando dall’Alberta al Quebec, da pochi mesiMontreal “brilla” della nuova ammiraglia del Quartierdes Spectacles, la 2-22, una costruzioneavveniristica, disegnata da Aedifica e Gilles HuotArchitectes, per l’inusuale ingresso a incassoangolare, per i continui giochi di luci, colori e riflessiche la doppia parete di vetro propone al “quartieredegli spettacoli” e per quell’inedito ed esplicitorimando vetro-legno di cui praticamente sicompongono le intere facciate.Indagando anche le diverse possibilità di abbinare il

vetro ad altri materiali, l’edificio che Mario Cucinellaha disegnato all’interno del campus dell’Università diTsinghua a Pechino, il nuovo centro italo-cinese per laricerca sull’efficienza e la compatibilità ambientaleapplicata in edilizia, sembra essere esemplificativadell’efficacia vetro-acciaio soprattutto negli esterniest e ovest dell’edificio, rivestiti con una doppia pellecomposta da una semplice struttura a facciatacontinua con un gioco di moduli opachi/trasparenti euna facciata serigrafata esterna.Sottoforma di profilati cavi, anche in Italia siripresenta l’acciaio “a braccetto” con vetro temprato,semitemprato e laminato, in una delle sfide meglioriuscite dell’architettura contemporanea. Gli arteficidel grattacielo Bmw-Welt di Milano sono Wolf D. Prix eHelmut Swiczinsky della Coop Himmelb(l)au di Viennae il complesso edilizio non poteva che espandere glieffetti futuristici delle strutture principali, con unasuperficie vetrata di 73.000 metri quadrati.

In apertura, a sinistra, il 2-22 Quartier de Spectacles a Montreal,a destra, il campus Tsingha di Pechino progettato da Mario Cucinella.Qui sopra, il Ponte della Pace di Santiago Calatrava a Calgary

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Verrà creato ad Accra, capitale dello Statoafricano del Ghana, l’edificio ecocompatibileprogettato dall’architetto Mario Cucinella, noto peri suoi progetti a basso consumo. Un edificio di21mila metri quadrati che diventerà un centromultifunzionale realizzato a One Airport Square,piazza situata nella zona degli affari della capitaleghanese. Sia negli esterni che negli interni, ilprogetto costituirà un punto d’incontro traprospettiva occidentale e africana. «In questo caso– spiega Cucinella – abbiamo trovato unacombinazione tra l’uso del vetro e le temperaturetropicali. Realizzeremo un’intera facciata con ilvetro semplice ombreggiato; è un modo

contemporaneo di utilizzare una materia che haavuto un importante sviluppo in un certo periodo,ma che molto spesso ha pagato lo scotto di nonessere utilizzato in maniera consona».

A tal proposito, qual è il modo migliore per far sìche il vetro comporti un uso più razionale dellefonti energetiche? «A livello di consumi il tema vero non riguarda tantogli edifici di nuova costruzione ma quelli dariqualificare e recuperare; il cambio di tutti iserramenti e l’uso di vetri con prestazioni miglioripuò dare un contributo fondamentale. Da un altropunto di vista continuare a fare edifici

Ridurre il consumo energetico puntando sui materiali, oltre che sulle tecnologieimpiantistiche. La sfida del vetro raccontatadall’architetto Mario Cucinella

di Nicoletta Bucciarelli

Un dna orientato all’efficienza energetica

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MATERIALI | Mario Cucinella

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completamente di vetro potrebbe comportareproblemi sempre maggiori. Nel campo del vetrosono stati fatti molti passi in avanti ma quello chepossiamo osservare è soprattutto un’evoluzioneche si sta dirigendo sempre di più verso i tripli vetri.L’utilizzo del vetro per edifici sta d’altrondecambiando molto; una volta si utilizzavanosoprattutto vetri marroni, neri e riflettenti mentreadesso si va sempre di più verso vetri neutri. Se siriescono a modificare alcune caratteristiche il vetropotrebbe diventare un materiale con un dnaorientato all’efficienza energetica; questo sarebbeun grandissimo passo avanti, viste le qualità e leproprietà che questo materiale possiede. Confido

molto, inoltre, nella ricerca. Alcune aziende, adesempio, stanno lavorando sui vetri fotocromatici».

E per quanto riguarda le ristrutturazioni?«Vedo un grandissimo interesse nell’utilizzo delvetro per ottenere performance maggiori in terminidi riscaldamento e ventilazione attraverso dellepiccole serre. Il vetro ha moltissimi vantaggi, adesempio è leggero e prefabbricato. E questo nelleristrutturazioni potrebbe apportare considerevolibenefici».

Oltre all’edificio in Ghana in quali altri progettiha fatto un uso razionale del vetro?

Nel tondo,l’architetto Mario Cucinella. In questa pagina,l’edificio realizzato ad Accra, Ghana.Nella pagina successiva,l’edificio di via Tortonaa Milano

Nel caso di Accra abbiamo trovato una combinazione tra l’uso del vetro e le temperature tropicali

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«Sicuramente nel progetto di Milano di via Tortona,dove abbiamo ristrutturato un vecchio edificio perle poste rifacendo tutte le facciate. Nella facciataesposta a sud in particolare, dove il vetro dovevafunzionare come una persiana, abbiamo lavoratoper schermare l’irradiamento solare. La cosa piùinteressante del vetro è che svolge una funzione diirradiamento senza utilizzare energia. Questorappresenta un po’ il futuro della materia, chetenderà a funzionare sempre di più senza energiapur mantenendo le prestazioni. Giocare sullamateria e non sulle tecnologie impiantistiche misembra un’evoluzione molto interessante».

Parlando di evoluzioni, come si sta evolvendo la

sostenibilità in architettura?«L’evoluzione possiamo dire che sta interessandosoprattutto le coscienze delle persone. Negli ultimidue o tre anni c’è stata un’attenzione molto forte suitemi ecologici, probabilmente anche a causa deidisastri ambientali che si sono verificati e alleripercussioni che hanno avuto sulla gente. Èaumentata molto la disponibilità a capire che ilproblema climatico riguarda molti aspetti della nostravita. Di conseguenza, è cresciuta anche l’attenzionedel mercato, che ovviamente si muove molto infunzione della domanda. Se mettiamo insieme aspettidi sicurezza e di mercato questo si riflette nel modo dilavorare, nella progettazione, negli approfondimenti,nella qualità di lavorazione e nella tecnologia».

Nella facciata esposta a suddell’edificio di via Tortona, il vetrodoveva funzionare come una persiana.Per questo abbiamo lavorato perschermare l’irradiamento solare

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Il vetro è un materiale antico, le cui tecniche diproduzione, sin dalla sua scoperta, si sono evoluteassieme ai suoi usi. C’è da chiedersi, in effetti, sesiano state queste ad adattarsi alle prime o viceversa,in architettura come in altri ambiti. Nel primo secoloa.C. le lastre di vetro alle finestre erano già diffuse trale classi agiate delle città romane. Dalla finedell’Ottocento ai primi del Novecento, il più rapidosviluppo tecnologico ha permesso la produzione e lalavorazione di lastre di grandi dimensioni: «Dapprima– spiega la professoressa Giovanna Ranocchiai,dell’Università di Firenze – è stato prodotto il vetroretinato, poi quello stratificato, successivamente èstato messo a punto il trattamento di tempra e, infine,il procedimento float. Il vetro così trattato si èdapprima diffuso nel settore automobilistico per poilegarsi, in architettura, all’immagine del grattacieloamericano, dove l’elemento finestrato può esseredefinito di produzione seriale. In ambitoingegneristico non ci si può esimere dall’interpretarein chiave strutturale il parallelismo tra industria e

architettura. La particolare inaffidabilità del materialee la sua fragilità - intesa come la capacità di giungerea rottura senza preavvisi, che siano eccessi dideformazione, fessure o danni - lo rendono adatto aun uso seriale, in cui le prestazioni possono essereaccertate su prototipi, giustificando i costi di provacon una grande produzione, anche in assenza di unmodello meccanico e di metodi di calcolo specifici.Ciononostante, nella prima metà del Novecento, inEuropa alcuni movimenti di avanguardia pongono lebasi culturali per un’architettura del vetro diversa chesi svilupperà successivamente a partire dagli anniSettanta».

Ci sono opere che, a suo giudizio, hanno segnato lastoria, dal punto di vista tecnico, dell’utilizzo delvetro in architettura?«Sono tre le opere che ritengo fondamentalinell’evoluzione dell’architettura europea del vetro. Laprima è la Maison de la radio, costruita a Parigi fra il1960 e il 1963 da Henri Bernard; è il primo edificio in

Utilizzato come elemento architettonico da molti secoli, è solo a partire dagli anni Settantache il vetro è diventato parte integrante della struttura stessa dell’edificio.Il punto di Giovanna Ranocchiai sul rapporto tra vetro e architettura

di Francesco Bevilacqua

Da elemento seriale a struttura

Giovanna Ranocchiai, docentedell’Università di Firenze.A destra, il Museo delle scienzee dell’industria di Parigi

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MATERIALI | Giovanna Ranocchiai

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cui viene realizzata una vetrata sospesa. Le lastre divetro sono controventate con altre lastre verticaliincollate perpendicolarmente al piano vetrato e sonotenute con vincoli ad attrito. La seconda è il Willis,Faber & Dumas headquarters, realizzato a Ipswich, inInghilterra, fra il 1971 e il 1975 da Norman Foster, in cuiaddirittura sei lastre sono appese in successione. Mala più significativa è la terza: le serre del Museo dellescienze e dell’industria realizzate a Parigi fra il 1983 eil 1986 da Peter Rice, Martin Francis e Ian Ritchie, incui si inaugura l’uso dei sistemi di controventi in travidi fili e della rotule di Rfr per il fissaggio per punti, masoprattutto un atteggiamento progettuale di tipo “failsafe”, che fa riferimento per la prima volta alletecniche di sicurezza della progettazione aeronautica.Si parte dall’idea che l’evento della rottura di unalastra non può essere evitato con certezza, anche inassenza di eventi eccezionali come uragani oterremoti. La rottura dell’elemento strutturale nondeve quindi essere pericolosa per l’utente e perl’integrità generale della struttura».

A quali altri materiali, oltre all’acciaio, è possibileunire il vetro nelle sue applicazioni? «Sicuramente il legno, che ancor prima dell’acciaioè stato associato al vetro in architettura. Pensandoa qualcosa di inedito, si può citare i materialiplastici. In realtà siliconi e polimeri sonoparticolarmente idonei al contatto col vetro, tant’èche i giunti tra metallo e vetro sono sempreprotetti da guarnizioni di questo tipo e lesigillature sono realizzate in siliconi dalleprestazioni meccaniche sempre migliori. Proprioper questo credo che i materiali plastici, ancherinforzati da fibre o sotto forma di materialicompositi a matrice polimerica, entreranno nelnovero dei materiali da costruzione. L’industriachimica è in grado di produrre materiali plasticidalle proprietà sempre migliori, l’unica condizioneè che si mettano a punto delle modalità di provaper la definizione delle proprietà meccanicheadatte all’individuazione di parametri necessarialla progettazione strutturale».

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I progressi tecnologici raggiunti nel settore delvetro piano (float) dalle industrie produttrici el’attività di ricerca e sperimentazione hanno resoquesto materiale non solo un complemento dellestrutture e dell’arredo, ma un protagonista attivodel sistema strutturale.Infatti, mentre in passato l’architettura si servivadel vetro solo per proteggere e chiudere l’involucroedilizio, già da un decennio si riesce a sfruttare almeglio le sue caratteristiche fisico-meccaniche,garantendo un ottimo apporto luminoso versol’interno ma al contempo un ruolo funzionalenell’isolamento termico e acustico.«La trasparenza del vetro determina specifichescelte architettoniche e opportuni trattamenti chepermettono al vetro di funzionare come filtro per leradiazioni, consentendo di creare un’interfacciadinamica, permeabile e selettiva, per larealizzazione del cosiddetto “climate sensitivebuilding”, tramite il quale si realizza la simbiosiinterno-esterno, ottimizzando le condizioniclimatiche interne al minor costo energetico»,osserva Alessandro Bandini, presidente di Ativ,l’associazione che riunisce i tecnici italiani delvetro. «La durezza, la resistenza alla compressione,alla trazione e alla flessione, soprattutto dei vetrisottoposti a trattamenti di tempera termica ochimica, conferiscono invece al vetro proprietàstrutturali».

In che modo il comparto vetrario si è evoluto eaggiornato per soddisfare le esigenzedell’architettura?

Il vetro in prospettivaLe sue proprietà fisiche e meccaniche, unitamente all’attività di ricerca, stanno aprendo le portea soluzioni sempre nuove, grazie alle quali il vetro caratterizzerà l’aspetto strutturale degliedifici e non più solo quello estetico. Ne parla Alessandro Bandini

di Francesco Bevilacqua

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MATERIALI | Alessandro Bandini

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«Il settore del vetro piano, che comprende sia leaziende produttrici del vetro float che quello delleseconde lavorazioni, è in continua evoluzione. Neiprocessi di prima produzione, tutte le fasi dellafiliera sono importanti: qualità e costanza dellematerie prime, riutilizzo del rottame di vetro,tecnologia sempre più avanzata dei forni fusoricon l’importanza della zona di fusione e refiningnel rispetto dell’inquinamento ambientale e dellavoro, tecniche di produzione del float, controllidei difetti, trattamenti superficiali, protezione estoccaggio delle lastre rappresentano i punti focaliper gli aggiornamenti tecnologici di tutto ilcomparto. Il settore delle seconde lavorazioni delvetro piano è stato molto attivo nelraggiungimento degli obiettivi che hannopermesso al vetro di passare da semplicecomponente architettonico a elemento strutturale,incrementando le caratteristiche fisico-meccaniche. È in questo comparto che avviene lapersonalizzazione del progetto architettonico delvetro. Ritengo che nelle opere più importanti, lapossibilità di lavorare la lastra con piccoli impiantiabbia aiutato non poco la personalizzazione e laminutizzazione del prodotto finale, dalledimensioni della lastra finita fino alle lavorazioniaccessorie».

In prospettiva, quali nuove vie potranno essereaperte in architettura grazie all’utilizzo del vetro? «Solo diffondendo le conoscenze attraverso corsi,convegni – come ad esempio quelli che stiamoorganizzando a Parma, il cui programma è

consultabile sul nostro sito www.ativ-online.it –,riferimenti normativi, articoli scientifici edivulgativi, si potrà estendere l’uso di questomateriale anche a opere ordinarie, con grandebeneficio in termini economici e sociali: lapossibilità pressoché totale di riciclo, la capacità difunzionare come isolamento acustico o come filtroselettivo delle radiazioni luminose anche inabbinamento con cellule fotovoltaiche o pannellisolari non possono solo essere un beneficio perpochi utilizzatori. Nuove frontiere potranno essereaperte se saranno disponibili materiali vetro-ceramici di nuova generazione, trasparenti e non,attualmente prodotti solo su piccola scala. Essipresentano maggior resistenza e tenacità,soprattutto ad alte temperature. Questi materialipotranno sostituire in parte il vetro, essere usaticome vetri di protezione balistica per strutturepubbliche e private, per piani cottura e perrivestimenti di grandi opere, essendo non porosicome i materiali lapidei e ceramici o vetroceramicisinterizzati, lavabili e resistenti al fuoco. Con questimateriali si potranno realizzare opere eleganti,robuste, durevoli, biocompatibili e soprattuttoriciclabili. Altre prospettive potranno esseretracciate combinando il materiale con led, sensori,attuatori e cristalli liquidi, in modo tale da renderela vetrata interattiva con l’utente e auto adattabilealle mutabili condizioni esterne grazie all’usodell’elettronica e ai materiali stessi. L’architetturapotrà utilizzare il vetro in tutte le sue forme, nonsolo come componente strutturale, ma anche comeelemento d’arredo e funzionale per gli interni».

L’ingegnerAlessandro Bandini,presidentedell’AssociazioneTecnici Italianidel Vetro

Diffondendo le conoscenze si potràestendere l’uso di questo materialeanche a opere ordinarie, con grandebeneficio in termini economici e sociali

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Dalle pavimentazioni ai rivestimenti, dall’arredobagno al riscaldamento, fino all’interior design. Laricerca non si ferma per la Line Design, realtà sullasponda Novarese del Lago Maggiore affermata nelsettore immobiliare e dell’interior design che si occupadi ristrutturazioni e allestimenti di arredo, fornendo unprodotto chiavi in mano, dalla progettazione, allafornitura e messa in opera degli spazi interni. «Il nostroshow room - afferma Roberto Sgambaro,amministratore della società -, che conta oltre 1000 mqespositivi, offre una vastissima gamma di prodotti:ceramiche, parquet, marmi, pietre, pvc, arredo bagno,arredo cucine, bioedilizie e da qualche annocomprende anche pannelli artistici, veri e propri pezziunici, già impiegati nella scenografia di diversi eventi esfilate di moda».

La vostra offerta è talmente diversificata da potersoddisfare le esigenze non solo della tradizionalearchitettura di interni e dell’interior design, ma anche,ad esempio, dell’arredo di imbarcazioni. Come Line

Design è in grado di rispondere anche a questespecifiche esigenze?«L’attività di Line Design nel settore nautico riguardasoprattutto la sfera progettuale delle imbarcazioni.Nello specifico, abbiamo lavorato alla creazione di unconcept yacht completamente ecologico».

L’attenzione all’impatto ambientale, infatti, è semprepiù sentita in edilizia e architettura. Quali materialisoddisfano questo tipo di esigenza?«Innanzi tutto Line Design effettua una severaselezione sulle aziende fornitrici scegliendo quelleche, produttivamente, si sono più adeguate allenorme ecologiche e che usano solo materiali nonnocivi per l’ambiente. Il nostro catalogo si è inoltreampliato negli anni, includendo, nella parte relativa allegno, prodotti con finiture esclusivamente all’acquae prodotti per esterni derivati dagli scarti dellalavorazione del legno. Inoltre, l’area dedicata allepitture alla calce e alle resine comprende soloprodotti al 100 per cento ecologici, mentre quella

Una continua ricerca di materiali innovativi, ecologici,a basso impatto ambientale. Per “vestire” la casa, ma non solo.Roberto Sgambaro illustra le tendenze dell’interior design

di Carlo Gherardini

Eco-innovazioninell’interior design

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MATERIALI E DESIGN | Roberto Sgambaro

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dedicata al riscaldamento alternativo conta stufe alegna e a pellet, termo stufe e termo camini nonchécaldaie a multifunzione, che funzionano con uno o piùcombustibili alternativi combinati».

Su quali realizzazioni siete impegnati oggi?«Oltre allo show room, disponiamo di diversi tecnici earchitetti di interni che offrono consulenza ai nostriclienti sia nella scelta dei prodotti che nella messa in

opera. Oggi stiamo seguendo la realizzazione di alcunibagni in diverse abitazioni: in quest’ambito siamo ingrado di fornire un bagno completamente finitoseguendo la progettazione, la posa dei pavimenti, deirivestimenti e l’arredo. Stiamo inoltre seguendo laristrutturazione di diverse unità abitative, laprogettazione e la realizzazione di alcuni appartamentie periodicamente ci occupiamo anche dell’allestimentodi negozi di moda e sfilate con i pannelli artistici, visibilioltre che nel nostro show room, anche nell’esposizioned’arte a noi correlata a Sesto Calende».

Quali sono gli obiettivi e le prospettive futuredi Line Design?«Continueremo a essere un punto di riferimento peri prodotti di eccellenza nel settore edilizio-immobiliare, attraverso una continua ricerca deimateriali e un servizio sempre più dettagliato, cheaffianchi passo passo il cliente nella realizzazionedella sua casa, o il professionista nella scelta deimateriali più innovativi».

Line Design effettua una severaselezione sulle aziende fornitriciscegliendo quelle che,produttivamente, si sonopiù adeguate alle norme ecologiche

In apertura, Roberto Sgambaro, amministratore della Line Designdi Castelletto Ticino (NO) - www.linedesignsrl.com - [email protected]

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Mosaici di pietraL’arte di lavorare la pietra permettedi realizzare pavimentazioni e muriche rappresentano progetti creativie funzionali. Ne parliamocon Luciano Lancerotto

di Marco Tedeschi

La pietra è un elemento naturale, di facileinserimento in ogni ambiente e inattaccabile daqualsiasi agente esterno. I lavori di pavimentazione e irivestimenti in pietra mettono insieme la praticitàracchiusa nel progetto e una creatività che emerge daidisegni della composizione. «Praticità e creatività sonodue componenti che viaggiano di pari passo. Unapavimentazione in pietra offre infatti un minordispendio di energie per essere mantenuta in buonostato e una facciata vestita in pietra non necessita dinessun tipo di manutenzione o ripristino; creativitàperché, con l’avvento di pietre provenienti dal mercatoestero, unite a quelle del mercato nazionale, possiamoeseguire pavimentazioni e rivestimenti senza limiti difantasia». Luciano Lancerotto presenta in questo modol’azienda che dagli anni settanta si occupa dicommercializzazione e posa in opera di pietre. Uno degli ultimi lavori riguarda la pavimentazione dellapiazza di Boffalora Sopra Ticino. «Nel caso del lavorodella piazza di Boffalora Sopra Ticino, il nostro

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intervento è stato radicale; siamo partiti dalla semplicedelimitazione dell’area di cantiere in base allenormative vigenti per poi passare allo sbancamentodell’intera zona e alla realizzazione di tutte le reti discolo, degli impianti elettrici e dei pozzi perdenti. Infineabbiamo realizzato il sottofondo in calcestruzzo e dopoqueste fasi di lavoro di preparazione siamo partiti conle pavimentazioni in pietra realizzate con l’abbinamentodi cubetti di Luserna, ciottoli di fiume 6/8 e lastre digranito rosa di Baveno 30x60». Le varie fasi di lavoroper realizzare una pavimentazione e un rivestimento dipareti e facciate sono molteplici. «Le fasi lavorative –prosegue Luciano Lancerotto - variano da cantiere acantiere in base alle richieste e in base alla tipologia dilavoro. Normalmente però la scelta della pietra è ilprimo passo; a questa segue poi la fase del sopralluogoper la verifica dei piani e delle zone da pavimentare oda rivestire». Molto spesso le pavimentazioni che sicreano corrispondono a dei veri e propri mosaici in cuiemergono disegni, striature di diverso colore e pietre

differenti. Per queste pavimentazioni particolari eartistiche l’azienda di Turbigo segue dei criteri che sibasano sulla zona in cui verrà realizzato il lavoro. «Senon ci sono progetti particolari proposti da tecniciesterni, siamo noi in base alle richieste delcommittente e alla nostra esperienza a progettare epoi realizzare il lavoro». Il luogo è basilare per lascelta del materiale. «L’ambiente dove verrà realizzatal’opera è un fattore di primaria importanza per lascelta del materiale e anche per il tipo direalizzazione, visto che in molti casi ci viene indicatala scelta di materiali lapidei cosiddetti del luogo». Illavoro di pavimentazione nasce anche e soprattuttodalla collaborazione con architetti e ingegneri.«Questa cooperazione – conclude Lancerotto– vieneportata avanti nel modo più trasparente possibile perquel che riguarda lo scambio di idee sui materialinuovi e vecchi. Cerchiamo sempre di affiancareprofessionisti ed esperti che si confronteranno sullescelte e sulle varie fasi progettuali».

MATERIALI | Luciano Lancerotto

Nelle immagini lavorazioni realizzate dalla Lancerotto Lucianodi Turbigo (MI) - www.lancerottoluciano.it

L’ambiente dove verrà realizzatal’opera è un fattore di primariaimportanza per la sceltadel materiale e anche per il tipodi realizzazione

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Dal calore della terra siciliana hanno origine manufattiin cotto estruso e fatto a mano, in cui tradizione artigianalee nuove tecnologie si fondono in un mix perfetto.Le tecniche più antiche e le novità illustrate da Angelo Furnò

di Matteo Rossi

Terra e fuoco dell’Etna. Sono questi gli elementinaturali che conferiscono ai mattoni, alle piastrelle e aicomplementi in cotto prodotti alle pendici del vulcanosiciliano quelle caratteristiche uniche che li rendono cosìapprezzati e ricercati sul mercato. La conferma arriva daAngelo Furnò, socio amministratore della Cotto Furnò,azienda catanese nata nel 1920 e specializzata nellarealizzazione di mattonelle e piastrelle per pavimenti didiverse forme e dimensioni, rivestimenti per pareti,gradini e tanti altri pezzi speciali, ottenutiesclusivamente attraverso l’utilizzo di materie primelocali. «Le particolari qualità tecniche ed estetiche deinostri manufatti sono il frutto di un impasto fatto diargille locali e sabbia vulcanica, che cotto ad altissimetemperature garantisce massima durezza ed estremaresistenza all’usura e agli sbalzi di temperatura, oltre

che un elevato comfort termico e abitativo». Il core business della Cotto Furnò è oggi costituito dalcotto estruso, a cui si affianca però anche il cotto fatto amano, lavorato ancora secondo un sistema artigianaletramandatosi nei secoli, come spiega lo stesso Furnò:«L’impasto è modellato in apposite formelle e abilmentebattuto con le mani, per dare consistenza e omogeneitàalle piastrelle. Le stesse vengono prima sottoposte adessiccazione e, dopo 3-4 giorni, posizionate su carrelli-forno per la relativa cottura. Questo processo dà alnostro cotto fatto a mano un tratto di esclusività, cheben si adatta a un’architettura ricercata e prestigiosa.Utilizzato principalmente per il recupero e il restauro diambienti antichi, o all’interno di contesti nuovi cherichiamano suggestive atmosfere di altri tempi, negliultimi anni l’uso del cotto fatto a mano si sta sempre più

Terra e fuoco dell’Etna

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MATERIALI | Angelo Furnò

C&P

affermando anche in accostamento a un arredamentomoderno e contemporaneo».Da sempre attenta alle nuove tendenze del mercato,l’azienda a partire dagli anni Duemila ha deciso diinvestire in un impianto altamente industrializzato,con l’obiettivo di fornire un prodotto davveroall’avanguardia. Stiamo parlando della linea CottoKwikdry, un prodotto la cui messa in opera emanutenzione risulta decisamente agevole, purconservando al contempo la naturale bellezza delcotto. «Il Cotto Kwikdry è un trattamentoidrorepellente di profondità ecocompatibileottenuto con tecniche e macchinari innovativi,attraverso un ciclo di lavorazione per immersione,che permette di impregnare le piastrelle in modoinvisibile, così da non alterare le naturali sfumature

cromatiche e la capacità di traspirazione tipica delcotto», spiega Furnò. «Per il rispetto dell’ambienteesso è inoltre inodore, incolore e atossico, VOC free,poiché completamente a base d’acqua». Masoprattutto il trattamento Cotto Kwikdry assicurauna protezione profonda e permanente contro leefflorescenze, riduce l’assorbimento delle superficicontrastando le eventuali risalite di umidità eprotegge le mattonelle nella fase di posa e distuccatura, evitando che si sporchino. Grazie aquesto trattamento – conclude Furnò – le mattonellein Cotto Kwikdry si pongono come la soluzioneideale per la posa sia per interni che per esterni,anche in zone particolarmente fredde o piovose,rispondendo contemporaneamente alle istanze“green” provenienti dal mondo della bioedilizia».

In queste immagini alcuni esempidi pavimenti in cotto realizzatidalla Cotto Furnò di Adrano (CT)www.cottosiciliano.it

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Tra un quadro originale di Van Gogh e una suaristampa, quale regala sensazioni intense a chi liguarda? La stessa domanda può essere postarelativamente al legno, che se lavorato in modoartigianale è in grado di assorbire la creatività, ilcalore e la passione del falegname per trasmetterlia coloro che potranno godere dell’opera finita.Questo è il motivo che ha spinto l’artigianoAlessandro Brilli a specializzarsi nell’arte del legnolavorato a mano. «Nell’epoca della riproducibilitàtecnica come quella che stiamo vivendo – spiega ilfalegname Alessandro Brilli – si predilige realizzarea bassi costi grandi quantità di prodotti, eccoperché vengono progettati macchinari modernicapaci di fabbricare migliaia di pezzi uguali e su

Nonostante le lavorazioni industriali stianosempre più soppiantando quelle artigianali,l’arte del legno lavorato a mano riesceancora a regalare emozioni e originalità. Neparla il falegname Alessandro Brilli

di Emanuela Caruso

Con le maninel legno

misura seguendo le specifiche tecniche impostate.Io, invece, ho scelto di utilizzare i metodi di unavolta, quelli tradizionali, che mi consentono dicreare pezzi unici e pieni di personalità e diripristinare opere solo in apparenza rovinate. Allecomuni spine industriali impiegate per unire iregoli di una finestra, preferisco per esempio latecnica della tenonatura in quinta, che prevededue asole, dette femmine, nel montante e duedenti, detti maschi, nel traverso». Grazie all’esperienza maturata in tanti anni diattività, oggi Alessandro Brilli è in grado dioccuparsi di qualsiasi tipo di lavorazione eproduzione, dalla realizzazione di infissi e soffittialla progettazione di elementi d’arredo su misura,

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MATERIALI | Alessandro Brilli

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dalla verniciatura con prodotti ecologici al ripristinodi vecchie opere in legno. «Potendo eseguireinterventi di ogni genere, riesco a soddisfare tuttele esigenze e le richieste della committenza e arendere speciale e personalizzato ogni spazio oambiente». Certo la lavorazione artigianale dellegno massello non è così facile a farsi come a dirsie necessita di esperienza, attenzione e cura deiparticolari. «Per prima cosa bisogna saper scegliereil legno, riconoscendone a priori la qualità, così dadimezzare i rischi di torsione o imbarcature. Insecondo luogo, bisogna capire quali parti scartare,per esempio il centro del tronco o alcuni nodi, inmodo da non compromettere la struttura del pezzofinito. È indispensabile, poi, avvalersi di attrezzi

sempre ben affilati ed efficienti; e, infine, èfondamentale saper scegliere le giuste tonalità dimacchiature e ottimi prodotti per la verniciatura,solo così infatti si mantiene inalterata la naturalitàdel legno». Alessandro Brilli, che opera a Pelago, inprovincia di Firenze, arricchisce la sua arte dellegno utilizzando i legnami che da semprevalorizzano l’antica tradizione mobiliera dellaToscana. «Per le mie opere impiego soprattutto ilcastagno, capace di esaltare venature e rusticità, espesso macchiato con tonalità a noce biondo; ilcipresso, usato in particolare per i vecchi armadiper la sua capacità di allontanare le tarme dellalana; e il noce nazionale, caratterizzato dalle suefiamme quasi nere».

È fondamentale saperscegliere le giuste tonalitàdi macchiature e ottimiprodotti per laverniciatura, solo così simantiene inalterata lanaturalità del legno

In apertura, Alessandro Brilli al lavoronella sua falegnameria sita a Pelago (FI).In questa pagina, una recente realizzazionein legno - [email protected]

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MATERIALI | Giulio Gianola

La buona riuscita di un progettoarchitettonico dipende anche daiparticolari: serramenti, porte,infissi, verande, ma anche piccoli egrandi elementi di arredo interno,con funzioni specifiche opuramente estetiche, concorrono adefinire i dettagli che spessorisultano fondamentali. Per questomotivo, oltre alla creatività e allapreparazione dell’architetto, riveste un ruolofondamentale anche il lavoro che gli artigianidell’alluminio, materiale principe di questicomplementi, svolgono spesso nell’ombra. Il cavalierGiulio Gianola è uno di questi. «Iniziai a lavorarel’alluminio nel 1956; in quegli anni molti ex operai dellefamose industrie aeronautiche Caproni, che avevanogià manualità nella lavorazione del materiale, siriversarono nel settore dell’alluminio applicatoall’architettura, in particolare all’arredo bar». Sin dai primi anni, gli architetti intuirono le potenzialitàdi questo versatile metallo: «Come disse anche ilfamoso designer Gio Ponti – ricorda il cavalier Gianola–, “l’alluminio è un metallo nobile per l’ediliziamoderna”, è sempre presente, designer, architetti,ingegneri lo studiano e lo migliorano continuamente,

L’alluminio è sempre più utilizzato da architetti e progettisti per realizzare elementistrutturali e di interior design all’avanguardia. Come spiega Giulio Gianola,tutto ciò è reso possibile dall’esperienza degli artigiani che lo lavorano

di Amedeo Longhi

Un metallo per l’edilizia moderna

loro sono la mente mentre l’artigiano è ilbraccio». Non sempre però, comesottolinea lo stesso Gianola, questacollaborazione è facile da portareavanti: «Chi progetta spesso dà perscontata la possibilità di utilizzare

prodotti di qualità e studiati su misuraper esigenze specifiche, dimenticando le

difficoltà del metal-costruttore che lirealizza». L’attività di Gianola prosegue da oltre

cinquant’anni e ha segnato tappe importanti, nelpercorso di collaborazione fra architetto eserramentista e nell’innovazione del settore: «Neglianni Sessanta ho realizzato facciate continue abovindo in via Cairoli a Lecco e serramenti amonoblocco coordinati adatti alla prefabbricazione.Negli anni Novanta ho fatto il free shop della stazionecentrale di Milano in vetro e acciaio inox. Per quantoriguarda l’interior design, vanno citate le particolariantine in alluminio progettate per una cucinacommissionata da Giorgio Armani: un’innovazione dalpunto di vista stilistico che ha introdotto questomateriale nel contesto di mobili “pratici”». Le novitàpiù recenti? «Raffinati serramenti in alluminio e legno,serramenti con profilo a scomparsa, facciate appesepuntuali, scale in acciaio e vetro», conclude Gianola.

Sotto, il cavalier Giulio Gianola,della Serramenti Gianola,con sede a Caprino Bergamasco (BG)www.serramentigianola.com

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Diecimila divani la settimana. È il caricoproduttivo che l’azienda Dall’Ozzo, punto diriferimento per molti produttori di imbottiti, èriuscita a raggiungere dopo decenni d’esperienzaimprenditoriale. Con Michela Dall’Ozzo, socia eresponsabile marketing, la seconda generazionerincara la dose di impegno e ottimismo perrendere migliore ogni prospettiva di sviluppo di unautentico “mondo impresa”, del resto giàconfermata con il Premio Smau 2010.

Quali novità ha apportato il passaggiogenerazionale?«Con la grande passione trasmessaci da nostropadre Egidio, io e mio fratello Stefano, socio eresponsabile tecnico, abbiamo rilevato l’attivitàartigianale nel 2000, già fruibile di grandi capacitàproduttive. Ma è con la successiva introduzione dilinee d’automazione di alto livello che siamo giunti atrasformare una falegnameria in vero e propriosistema industriale, grazie anche ad AdenisMenegaldo, socio e responsabile produzione. Conl’avvicendamento societario si sono allargati glispazi operativi che oggi occupano circa 12.000 mq».

Attraverso quali strategie è possibile non soccomberealla crisi?«Faticando sempre di più e attuando una gestioneattenta alle risorse e agli obiettivi. In tempi di cassaintegrazione, abbiamo voluto stringere i denti e mettereancor più impegno per mantenere operativi e saldi iposti di lavoro. La Dall’Ozzo è un’azienda sana, fondatasu principi di serietà ed efficienza».

Primi produttori italiani di semilavorati in kit perl’industria dell’imbottito moderno. Come siete riusciti araggiungere tale traguardo?«Credo che non basti il tempo per spiegare il successodella nostra azienda e dei nostri clienti. Posso dire cheabbiamo un ufficio tecnico con Sistema 3D Parametricoche viene usato nell’industria aerospaziale; produciamo10.000 divani la settimana; utilizziamo tecnologie cheaggiorniamo continuamente soprattutto grazie allagenialità di Stefano ed Adenis che studianoquotidianamente nuovi processi e ottimizzano ogni fasedi lavoro; abbiamo ottimi collaboratori –dall’amministrazione, alla produzione, alla logistica;investiamo in ricerca e sviluppo; monitoriamo i mercati,anche esteri, ed investiamo in nuovi progetti».

Michela Dall’Ozzo illustra la sua visione del “mondo impresa”e le prerogative che hanno permesso all’azienda di famigliadi trasformare una falegnameria in un vero e proprio sistemaindustriale

di Armidina Talisi

Da falegnameria a sistema industriale

Michela Dall’Ozzo, titolare e responsabile acquisti e marketing della Dall’Ozzo Srl - Bulgorello di Cadorago (CO) - www.dallozzo.itSotto, letto “Contemporary” della Divisione Bside di Samoa Srl - www.samoadivani.com

MATERIALI | Michela Dall’Ozzo

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Un esempio di architettura ecosostenibile unico inLombardia, frutto di un nuovo modo di progettare ecostruire, il cui carattere fondamentale è l’attenzioneprestata a tutti gli aspetti riguardanti lamassimizzazione del comfort, la minimizzazione deiconsumi energetici, la salvaguardia dell’ambiente e laqualità della vita, anche quella di relazione con i proprivicini. Stiamo parlando del complesso residenzialeTerraCielo Rodano, composto da 57 unità abitativecostruite in classe energetica A+ e inserite nelmeraviglioso contesto naturale del Parco Agricolo SudMilano e della Riserva Naturale Sorgenti della Muzzetta.Tra i protagonisti principali di questa sfida tantoimpegnativa quanto affascinante c’è la Trivella Spa,storica azienda di Cinisello Balsamo (MI) specializzatanelle costruzioni low energy, nella riqualificazioneenergetica degli edifici, nel restauro monumentale e nelconservativo recupero del costruito. «Quando mi si èpresentata l’opportunità di occuparmi del progetto –spiega l’amministratore, Virginio Trivella - ho pensatoche era venuto il momento di realizzare qualcosa di

Il progetto TerraCielo Eccellenza tecnologica, minimo impattoambientale, piacevolezza, durabilità esocialità. Sono questi gli elementi che,come racconta Virginio Trivella, fanno delcomplesso residenziale TerraCielo Rodanoun luogo ideale per vivere in armonia

di Guido Puopolo

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ARCHITETTURA E SOSTENIBILITÀ | Virginio Trivella

C&P

diverso dal solito, che si discostasse decisamente dallaqualità delle costruzioni a cui è abituato il nostromercato, in cui applicare le tante soluzioni evolute chel’innovazione tecnologica oggi mette a disposizione».

La realizzazione di un intervento con le caratteristicheproprie di TerraCielo Rodano è quindi il risultato di unapproccio progettuale nuovo, che ha posto al centrodell’attenzione creativa il sistema edificio-impianti-ambiente nel suo insieme. «Esattamente. Il percorso di sviluppo dell’ideaoriginaria ha preso avvio con la composizione di unteam di progettazione multidisciplinare, capace diintegrare le diverse competenze e i diversi approccimetodologici della ricerca scientifica, della professionee della pratica di cantiere. Successivamente sono stateindividuate le caratteristiche che, irrinunciabilmente,avrebbero qualificato il progetto: le nostre casesarebbero state belle e confortevoli, e avrebberoprodotto autonomamente e in modo pressochégratuito gran parte dell’energia necessaria per il

riscaldamento, il raffrescamento e l’illuminazione graziealle migliori tecnologie esistenti, allo scopo divalorizzare il più possibile l'investimento degliacquirenti. Abbiamo infine puntato sul cohousing,inserendo 400 mq di spazi comuni coperti e oltre 2.000mq di spazi verdi comuni. La qualità della vita aTerraCielo si misurerà anche sulla piacevolezza dellerelazioni tra cohouser, che avranno l’opportunità divalorizzare questi spazi comuni, tra i quali, lavanderia,hobby room, sala della musica insonorizzata, stanzaper gli ospiti, palestra e zona wellness, salapolifunzionale con cucina e area giochi per i bambini».

Da un punto di vista architettonico, invece, quali sonole linee guida che avete seguito nella progettazione ecostruzione degli edifici?«Abbiamo cercato di coniugare elementi tipicidell’architettura tradizionale con elementi moderni efortemente caratterizzanti. In tal modo, ai trattipeculiari che richiamano le antiche cascine lombardesi affiancano, in piena armonia, spunti originali di

Nella pagina a fianco Virginio Trivella, amministratore della Trivella Spa di Cinisello Balsamo (MI).Nelle altre immagini, interni ed esterni del progetto residenziale TerraCielo Rodanowww.trivella.it - www.terracielo.biz

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grande innovazione, come le coperture piane per ipannelli fotovoltaici, la lunga teoria di finestre dellefacciate verso l’esterno dell’area, il giardino-cortecentrale che ospita gli spazi comuni per il cohousing,le planimetrie interne. Particolare attenzione è statainoltre posta nella progettazione degli spazi internialle varie unità immobiliari».

Gli aspetti di sostenibilità energetica e ambientalehanno costituito uno dei fulcri intorno ai quali si èarticolato il progetto TerraCielo. Quali accorgimentiavete adottato per raggiungere questi obiettivi?«A questo proposito, un esempio paradigmatico dellospirito con cui sono state affrontate le tematicheprogettuali è rappresentato dal problema della faldaacquifera affiorante. Quella che per la generalità deicostruttori è considerata una notevole seccatura,causa di costi e generatrice di grattacapi, da noi èstata tramutata in un’opportunità energetica».

In che modo?«Non volendo rinunciare a un piano interrato checonsentisse di eliminare la presenza esterna di

Ai tratti peculiari dell’architetturatradizionale locale, che richiamano

alla mente le antiche cascinelombarde, si affiancano spunti

originali di grande innovazione

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autoveicoli e di massimizzare la superficie dei giardinie delle aree comuni, abbiamo affrontato condeterminazione il problema delle fondazioni edell’impermeabilizzazione. In quest’ottica è statorealizzato uno scambiatore geotermico incorporatonella struttura capace, durante l’inverno, di prelevaredal terreno l’energia termica necessaria alriscaldamento delle abitazioni e, durante l’estate, dismaltire in esso il calore in eccesso prelevatodall’impianto di raffrescamento. Allo stesso modosono stati affrontati altri importanti temi, riguardantila scelta degli isolamenti, dei serramenti, la reteidrica duale per il recupero dell’acqua piovana, ladomotica per la gestione intelligente delle funzionidell’impianto elettrico e di climatizzazione, gliimpianti fotovoltaici, l’illuminazione low Energy e ladestinazione da dare agli spazi comuni condominiali,oggetto di progettazione partecipata con i futuriabitanti, i quali hanno scelto le funzioni di questispazi da dedicare al cohousing».

Con quali realtà avete collaborato nella realizzazionedelle varie fasi del progetto?

«Ci siamo affidati a imprese specializzate di provataesperienza, respingendo il criterio della mera ricercadel minimo costo. Importanti risorse sono stateinoltre destinate al controllo tecnico in corso d’opera.Alla direzione tecnica interna, è stata infatti affiancatala funzione di controllo commissionata a unastruttura certificatrice indipendente».

Progetti come quello portato avanti dalla Trivella,però, al momento in Italia rappresentano ancoral’eccezione. Crede sia possibile invertire questatendenza, anche alla luce della crisi che continua adattanagliare il settore edile?«Con TerraCielo abbiamo dimostrato come siapossibile coniugare la qualità dell’abitare con ilrisparmio energetico, la compatibilità ambientale enotevoli economie di gestione. Devo dire che giàoggi il mercato premia questa tipologia diimmobili, specie quelli in Classe A+, rivalutandoli inmisura ben maggiore rispetto alle abitazionitradizionali. Mi auguro che la nostra iniziativapossa costituire uno dei punti di riferimento per lefuture realizzazioni».

ARCHITETTURA E SOSTENIBILITÀ | Virginio Trivella

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Le contaminazioni che ogni forma d’arte propone eassorbe dal concetto architettonico possono essereindividuate in molte espressioni della creatività diGiorgina Castiglioni. Professionista impegnata inprogettazione, disegno industriale, recupero di areeurbane dismesse, allestimenti espositivi, arredamentie gioielli accessori, le opere dell’architetto Castiglioniraccontano innanzitutto un legame imprescindibilecon l’arte del disegno e con la materia. È in tal sensoesemplificativo il progetto del “Ponte magico”, unponte ad arco segnalato all’interno del concorsointernazionale “Il linguaggio dell’architettura”. «Lastruttura è stata pensata in cemento armatoprefabbricato mentre il rivestimento, che deve esserestudiato in funzione del contesto nel quale siinserisce, è stato proposto in mosaico con linee diriferimento e gradazioni cromatiche capaci diintegrarsi all’apparato strutturale in un “sintattico”tutt’uno». Per l’architetto Castiglioni, infatti «ilrivestimento non deve essere concepito come meroaccessorio perché assume un fondamentale ruolo didecorazione funzionale che facilita la percezione e lalettura dell’opera nel contesto territoriale». Partendo

“Dall’industriaall’artigianato e ritorno”

L’architetto Giorgina Castiglioni di Milano.Nelle altre immagini, alcuni dei suoi progetti e accessoriwww.giorginacastiglioni.it

Ogni arte si contamina di altre forme creative,e si trasforma. Così l’opera di GiorginaCastiglioni risemantizza le forme seguendoun percorso che va dall’industriaall’artigianato, dal riciclo alla moda

di Giulio Conti

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RICERCA ARCHITETTONICA | Giorgina Castiglioni

C&P

dagli studi dei moti dell’acqua per approdarealla progettazione del “Ponte magico”, laricerca architettonica di GiorginaCastiglioni ha trasferito la naturalità delleforme annesse al progetto anche in altriambiti pratici e concettuali. L’architettoha attualizzato l’input creativo chericeve dal mondo industriale perinnalzare la riproducibilità deglioggetti prodotti in serie etrasformarla in ispirazione creativaper la messa in opera di pezzi unici.Negli ultimi anni, «ho concentrato le miaattività verso una progettazionebioecologica finalizzata alla valorizzazionedello scarto di produzioni industriali o dilavorazioni di riciclo della carta, dellaplastica e del vetro per ottenere unarisemantizzazione dell’immagineanche attraverso il mezzofotografico». Uno dei principi su cuil’architetto Castiglioni fonda la suafilosofia operativa si intuisce già dal

titolo del recente progetto “dall’industriaall’artigianato e ritorno” in cui, tra le tante

realizzazioni annesse, ha presentato anche «deigioielli in alluminio derivati dal processo di de-

costruzione di frigoriferi o da semilavoratiindustriali sottratti all’abituale lavorazioneperché ritenuti materiali di scarto. Perchéritengo che prelevare un oggetto dalcontesto industriale, rifinirlo con arte einfondere in esso l’essenzadell’artigianalità, significa innalzarlo a

nuova funzione, significato e valore». Ilrisultato della risemantizzazione dell’immagine sievince invece nell’ultima serie di accessori ideati

da Giorgina Castiglioni. In primis, «le sciarpe, icui temi grafici derivano dalle foto scattate aprocessi di riciclo della carta, rappresentanola costante analisi del riciclo di cui è invaso il

mio attuale percorso creativo e che reputofondamentale sotto molti aspetti pratici e

culturali. L’atto del riciclo arriva a toccareanche ambiti come, nel caso dellesciarpe, la moda».

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Dal Salento soluzioni flessibili e innovative,grazie a una filiera produttiva a km zero,per confrontarsi con le dinamiche del mercatoe rispondere così ai bisogni delle nuovegenerazioni. È una nuova idea del costruirequella che guida il lavoro di Alfredo Foresta

di Guido Puopolo

Sostenibilità dal passato

È il primo edificio completamente ecosostenibilerealizzato nel Salento, che proprio per questa suaparticolarità ha potuto usufruire del 10 per cento dellacubatura in più rispetto a quella massima consentita,in accordo con quanto previsto dalla legge 13/08 dellaRegione Puglia. Stiamo parlando della “Casa aballatoio”, progettata e costruita a Lecce dallo Studiodi architettura gruppoforesta e da un insieme diaziende salentine parte integrante del gruppo stesso:«Applicando la ricerca scientifica a un processoeconomico, siamo riusciti a coniugare qualitàarchitettonica e prestazioni energetiche, mediantesoluzioni innovative e l’utilizzo delle fonti rinnovabili»,

sottolinea l’architetto Alfredo Foresta.

Quali sono le prerogative che rendono questo“esperimento” un unicum nel panorama ediliziopugliese?«La “Casa a ballatoio” è il frutto di un incessante lavorodi ricerca architettonica, che ci ha permesso di superareil livello 3 di sostenibilità regolamentato dal ProtocolloITACA Puglia. La struttura si compone di sistemi passivie attivi, che hanno come obiettivo il risparmio e laproduzione di energia. Pareti isolanti e layout sono statipensati per massimizzare lo sfruttamento delle risorse;a sud un fitto sistema a brise solei e grandi vetrate a due

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© foto archivio roberto galasso

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RICERCA ARCHITETTONICA | Alfredo Foresta

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piani permettono di ottimizzare l’effettodell’irraggiamento solare, mentre a nord è statorealizzato un fronte compatto per ridurre la dispersionetermica. Tutto questo è stato possibile anche grazieall’apporto di una filiera produttiva a km zero, compostada aziende fortemente radicate sul territorio e legate anoi da un rapporto fiduciario, consolidatosi nel tempo,che va oltre le finalità commerciali: un patrimonio divalori e di esperienze da difendere e salvaguardare».

Qual è stato, nel dettaglio, il supporto fornito allostudio dalle aziende di questa filiera? «Diverse sono state le imprese che ci hannoaffiancato nel progetto: Cafraro Manufatti inCemento, Decos Calcestruzzi, Marenaci Serramenti,Pellegrino Impianti Tecnici, e Sie Impianti Elettricihanno contribuito in maniera decisiva alla suarealizzazione. Insieme abbiamo cercato di recuperareil passato, confrontandoci con quella che io definiscola “cultura del progetto”, e valorizzando i sistemitradizionali e le pratiche del buon costruire connesseal territorio: la luce, la ventilazione, il disegno dellefacciate, l’effetto irraggiamento del sole. Sostenibile

non vuol dire, necessariamente, l’esasperazione ditecnologia dell’ultima ora. Le regole e lecaratteristiche alla base delle costruzioni di unavolta, infatti, erano legate proprio al contestoambientale dell’edificio, alle fonti energetichenaturali e alla qualità della vita degli abitanti».

L’attività del gruppo spazia però dall’architettura aldesign, dalla comunicazione alla ricerca. Quali sono lealtre anime che compongono lo studio?«Fin dagli anni dell’università ho instaurato un legamestrettissimo con Ester Annunziata e Tiziana Panareo,con le quali ho deciso di seguire l’invito del maestroBruno Zevi: “I giovani… se sono architetti, nonpossono assuefarsi alla passività e all’inerzia; sereni odisperati, devono essere felici perché sono architetti”.Sempre con loro, condivido la responsabilità ereditatadalla mia famiglia di mastri costruttori. Al gruppo sisono poi aggiunti l’ingegnere Michele Martina, e VitoColonna, urbanista dichiaratamente “anziano”. Negliultimi anni, infine, la curiosità e l’entusiasmo dellostudio sono alimentati e arricchiti anche dalcontributo di giovani stagisti».

Lo staff dello Studio di architettura gruppoforesta:da sinistra Tiziana Panareo, Alfredo Foresta,Michele Martina ed Ester Annunziata. In apertura,immagini della corte interna della “Casa aballatoio” realizzata dal gruppo. Nelle altre foto,prospetto principale e prospetto posterioredell’edificio - www.gruppoforesta.it

© foto archivio gruppoforesta

© foto archivio roberto galasso

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Gli architetti Fabio Colmano, Antonia Colaciccoe Michele Bedetta di Isolaprogetti, Milano

www.isolaprogetti.com

Quello del recupero di aree e fabbricati dismessi daattività produttive è ormai uno dei temi focali del dibattitoarchitettonico e urbanistico, in particolare in città comeMilano. Qui, infatti, gli ultimi decenni di profondatrasformazione del tessuto sociale ed economico hannodrasticamente rimescolato le carte della forma e dellefunzioni urbane insediate. «Così – spiega l’architettoFabio Colmano –, consistenti porzioni della città che untempo erano sedi industriali o artigianali – spessoperiferiche, però anche centrali o semicentrali – hannodapprima vissuto un periodo di dismissione e di oblio,per poi tornare al centro dell’interesse degli operatori delmercato immobiliare, sulla scia di una domanda di spazicapaci di coniugare modalità nuove di lavoro e diresidenza». Fabio Colmano, insieme a Michele Bedetta eAntonia Colacicco, ha fondato nel quartiere Isola lo studioIsolaprogetti, struttura nata per la progettazione incampo residenziale, commerciale, terziario e per ilrecupero di edifici esistenti ex industriali. Nel campo dellariconversione delle strutture produttive le scelteprogettuali sono ben delineate. «È possibile individuare

Diversificarele formedell’abitareIl recupero di edifici industriali dismessisi traduce spesso nel loft. Soprattuttoa Milano. Michele Bedetta, AntoniaColacicco e Fabio Colmano, fondatoridello studio Isolaprogetti, spieganole ragioni di questa frequente sceltaarchitettonica, alla cui base sta unadiversificazione delle forme dell’abitare

di Luca Cavera

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A sinistra e sopra due renderingdi un loft di prossima realizzazione.

A destra, spazi interni e dettagliocostruttivo di un intervento già realizzato

una via italiana, e soprattutto milanese, nel recuperodegli immobili industriali - spiega Michele Bedetta -.Questo tipo d’intervento prevede la suddivisione degliedifici in loft, caratterizzati da ampie volumetrierelativamente indifferenziate, che intendono accogliereal loro interno spazi di lavoro, spesso terziario, ma ancheartigianale, artistico o professionale, e spazi di vitaprivata e familiare. In realtà, però, questa è una tipologiadi importazione». Un tipo d’intervento che ha cercato inun certo senso di “mutare” il volto di Milano. «Va considerato che una certa rigidità degli strumentiurbanistici tradizionali, da un lato, e gli appetitispeculativi, dall’altro, hanno condizionato pesantementel’esito finale delle trasformazioni urbanistiche, peraltrotuttora in atto - spiega Antonia Colacicco -. Queste, solooccasionalmente hanno prodotto risultati architettonici edi effetto urbano di rilievo. Tanto per citare alcune dellequestioni più dibattute legate al riutilizzo residenzialedelle aree e degli edifici, non si possono trascuraretematiche come la salubrità dei suoli o il reperimentodegli spazi da destinare ai servizi».

Il tutto ha comportato una sorta di moda dei loft chenon sempre ha un effettivo riscontro in termini abitativi.«In generale» concludono i membri di Isolaprogetti, «chiintende investire in un immobile di questo tipo puòtrovarsi di fronte a una promessa che rischia di nonpoter essere mantenuta. Per fare un esempio, lapossibilità di modificare la destinazione d’uso – daproduttivo a residenziale – è tutt’altro che scontata e vavalutata caso per caso. Sia in relazione alle prescrizioniurbanistiche, sia alle caratteristiche intrinsechedell’immobile. Allo stesso modo vanno ben valutati gliaspetti fiscali, in fase sia di acquisto che di gestione.Tuttavia, è innegabile che la tipologia del loft tenda arispondere a una mutazione – o meglio, a unadiversificazione – delle esigenze abitative e di vita ingenerale. In particolare, la fusione degli spazi abitativi edi lavoro, di cura parentale, di studio e di socialità è giàappartenuta a certe fasi delle nostre città in passato.Oggi può di nuovo rivelarsi compatibile con unafruizione della città che risponda alla complessità dellarealtà contemporanea».

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IL LOFT A MILANO | Isolaprogetti

È possibile individuareuna via italiana,

e soprattutto milanese,nel recupero degli

immobili industriali

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RIQUALIFICAZIONE EDILIZIA

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La trasformazione urbana condotta secondo i principi della sostenibilità puòrivelarsi determinante per il futuro del Paese. Per questo l’Ance ha presentatoun piano per le città. Il ministro Corrado Passera, «è un’ottima idea»

di Adriana Zuccaro

Un piano per le città

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EDILIZIA | La proposta dell’Ance

C&P

Il Piano per le città fortemente richiesto daicostruttori arriverà entro giugno. Lo ha annunciato ilministro dello Sviluppo economico, delleinfrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, nelsuo intervento durante il convegno “Un piano per lecittà. Trasformazione urbana e sviluppo sostenibile”promosso dall’Ance. L’incontro è stato occasione perdiscutere delle aree urbane italiane come fattorestrategico per la crescita e la competitività del Paese,e per delineare un programma che porti in tempiragionevoli a una valorizzazione del territorio edell’edificato. «Il piano è un’ottima idea» haaffermato Passera, mostrando piena adesione alleproposte avanzate dagli esponenti dell’Ance eannunciando che «insieme, già entro l’estate si puòarrivare almeno a una prima tappa di preparazionedel piano».Cinque i punti cardine redatti dall’Ance. Prima in listala riqualificazione edilizia che dovrà essere sorretta,in casi di demolizioni e ricostruzioni, dallasemplificazione delle procedure e l’aumento degliincentivi per i proprietari al fine di farli aderire alprogetto. Sarebbe opportuno attuare una fiscalità difavore per l’acquisto della prima casa attraversomutui di sostegno, e porvi accanto, una fiscalitàneutra che non gravi l’operatore nelle diverse fasidella trasformazione edilizia. «Anche in campofiscale ciò che serve è un approccio integrato dellecomplesse problematiche e una regia affidata aiComuni, con il supporto delle Regioni, che siinterfacci con il governo» ha spiegato il ministro,sottolineando inoltre come per molte tematichesiano disponibili stanziamenti già predisposti.Gli altri obiettivi del piano riguardano ilraggiungimento di alti profili di risparmio energetico

e la dismissione del patrimonio pubblico comeoccasione irrinunciabile per disporre di edifici chepossono cambiare il volto delle città e modernizzarle,fornendo funzioni di qualità e ribadendo, in linea conle riflessioni di Passera, che «le città sono motoriformidabili per l’innovazione».Il ministro non solo ha riaffermato come «i principicardine del piano ispirano l’azione del governo: stopal consumo del suolo, riqualificazione edilizia,efficienza energetica, housing sociale e rilancio deltrasporto pubblico», ma si è detto favorevole anchealla richiesta avanzata dall’Ance di una neutralitàdell’Iva sugli immobili invenduti. «Sono d’accordo,speriamo di trovare una soluzione a breve».Le agevolazioni fiscali hanno un ruolo determinante,soprattutto a seguito delle ultime novità introdottedal decreto “salva Italia”, anche per leristrutturazioni edilizie. Con il decreto legge201/2011, infatti, la detrazione del 36% delle imposteper ristrutturazioni non ha più scadenza, essendoormai incluso nel Tuir (Testo unico delle imposte suiredditi); il beneficio fiscale si estende inoltre a tuttigli interventi di manutenzione, restauro,risanamento, ricostruzione e ripristino di immobilidanneggiati da eventi calamitosi, purché ricadano inaree in cui è stato dichiarato lo stato di calamità. Ogni azione mirata alla riqualificazione urbana, alrisparmio energetico e a soddisfare la domandaabitativa concorre a ridare vita al patrimonio edilizioesistente e a ricostruire una risorsa anche per ilmondo del lavoro. Perché, come ha affermato ilministro, «quello delle costruzioni è un settore in cuiun miliardo di investimenti in più determina 20milanuovi occupati; è uno dei macrosettori piùdeterminanti per il futuro del Paese».

Corrado Passera,ministro dello Sviluppoeconomico, delleinfrastrutture e deitrasporti

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Guardare all’edilizia come motore del rilancio

EDILIZIA

di Paolo Buzzetti

presidente di Ance

Il settore delle costruzioni sta pagando a caroprezzo gli effetti della crisi dei mercati finanziari.La restrizione del credito concesso dalle bancherischia ormai di paralizzare l’intera reteimprenditoriale dell’edilizia. Ma oltre a ciò, leaziende devono affrontare anche il grave problemadei ritardati pagamenti da parte della pubblicaamministrazione. Si è giunti, infatti, a un tempomedio d’attesa di otto mesi, con un incremento del40%: dai 114 giorni del maggio 2011 agli attuali159. Senza considerare quelle situazioni limitenelle quali si sono superati i due anni. In questomodo si condannano le imprese a un inevitabilefallimento. È, invece, proprio al settore edile chebisognerebbe guardare per avviare concrete azionianticicliche capaci di rilanciare l’economia, comeavviene in altre grandi nazioni europee. L’Ance losostiene da tempo: la spesa pubblica produttiva,come quella delle infrastrutture, va salvata. Ognimiliardo di euro investito in edilizia generaricadute positive per ben 3,4 miliardi. Tuttavia,negli ultimi anni, si è puntato su una politica ditagli agli investimenti piuttosto che alla spesacorrente, generando - dal 2005 a oggi - unacontrazione del 44,5% del mercato dei lavoripubblici. Di certo, la decisione del Cipe delloscorso gennaio, che ha confermato l’assegnazionedi fondi per le opere contro il rischio idrogeologicoe per la messa in sicurezza degli edifici scolastici,va letta come un primo segnale positivo. Al qualebisogna però far velocemente seguire un piano di

spesa delle risorse che, dopo una prima boccatad’ossigeno, sia in grado di creare una realeprospettiva di sviluppo.Prospettiva che deve naturalmente coinvolgereanche il settore privato il quale, nonostante abbiaevitato gli effetti nocivi di una bolla speculativa,non è in grado di rispondere a un’esigenzaabitativa decisamente alta, stando alle stime sullacrescita del numero di famiglie. Sono tre gliobiettivi su cui bisognerebbe concentrare glisforzi. In primo luogo, è necessario investirenell’edilizia sostenibile, intervenendo sulla granparte degli edifici esistenti secondo i più modernicriteri di risparmio energetico e le attuali normeantisismiche. Importante, poi, è rendereaccessibile la casa anche alle fasce medio-bassedella popolazione, attraverso mutui a condizioniagevolate e incentivi fiscali mirati. Ma,soprattutto, è urgente avviare un piano cittàcapace di realizzare una radicale riqualificazionedel tessuto urbano per recuperare le periferie,riorganizzare la mobilità e rendere le nostre cittàmotori di sviluppo economico, poli turistici digrande interesse e luoghi di sempre più elevataqualità della vita. Quest’ultimo punto èfondamentale non soltanto per il settore, ma pertutta l’economia. La città, infatti, intesa comeluogo di produzione della ricchezza materiale eculturale di un paese, è destinata a essere ilprincipale terreno del confronto futuro fra leeconomie mondiali.

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La dottoressa Veronica De Angelis della Dae Costruzioni Spa di Roma.Sotto, veduta della rampa Antonio Ceriani. A fianco, immobile in via [email protected] - [email protected]

Secondo Veronica De Angelis il rinnovamento urbanistico italianonon può che nascere dal dialogo fra giovani imprenditori edili e giovaniarchitetti. Puntando alla vivibilità degli ambienti interni e soprattuttodi quelli che circondano gli edifici

di Luca Cavera

Il progetto, una visione condivisa

EDILIZIA | Veronica De Angelis

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Ogni gesto architettonico lascia inevitabilmenteun segno duraturo sul volto delle città. Questo valetanto per il suo passato storico che per quello piùrecente. In molte città italiane lo scenariourbanistico che si è sedimentato negli ultimi decenniè stato il frutto di logiche di volta in volta diverse,ma, nella maggior parte dei casi, lontane dai criteriche dovrebbero guidare un intervento destinato alasciare una traccia così profonda. «Non è unaquestione di ricetta giusta o sbagliata, bensì diriacquisizione di responsabilità nel progettare e nelcostruire. Ciò significa comprendere, fino in fondo,come si interverrà sul territorio». A parlare è ladottoressa Veronica De Angelis, giovaneimprenditrice edile alla guida della società romanaDae Costruzioni Spa, da trent’anni impegnata nellarealizzazione di costruzioni civili e industriali.

La sua idea è semplice ed efficace: partire dallacondivisione. Può spiegare questo concetto?«Nel progettare e poi nel costruire bisognerebbepartire da una visione quanto più possibilecondivisa. Per visione e condivisione intendo,ascoltare i bisogni del territorio e dei cittadini.Partire quindi dal basso e non dall’alto. Non bisognamai dimenticare che i nostri principali interlocutori

sono coloro che abiteranno gli immobili. Anche perquesto bisogna puntare su una maggiore evoluzionedei sistemi costruttivi, sulla sostenibilità el’integrazione dell’edificio col sistema urbano;insomma sulla vivibilità non solo delle abitazioni,ma dell’ambiente circostante. Alla base di tuttoquesto deve esserci l’ascolto – purtroppo questavisione sembra esistere in modo discontinuo».

Chi sono i soggetti più sensibili alla condivisione eall’ascolto?«Credo che siano i giovani architetti, insieme ai giovaniimprenditori edili. Non a caso i problemi urbanistici dioggi penso siano figli di una storica assenza dicomunicazione fra imprenditori e architetti. Oggi peròesiste, fra progettista e impresa, una volontà crescentedi collaborazione e la voglia di dialogare. Infatti, èsoltanto quando le questioni architettoniche e leesigenze economiche raggiungono una sintesi che sipuò procedere a un’operazione veramente funzionale;tale da dare la possibilità a entrambi i soggetti diinterpretare una visione che lasci un’impronta sullacittà. Gli edifici restano per decenni e sono il simbolo diuna cultura e di un’epoca. Roma è certamente una cittàstorica, ma anche noi possiamo contribuire acostruirne ancora la storia».

Nel progettare e poi nel costruire bisognerebbe partire da una visione quantopiù possibile condivisa, che ascolta i bisogni del territorio e dei cittadini

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Quali sono invece i maggiori ostacoli, in questomomento, che i giovani, sia imprenditori siaarchitetti, incontrano nell’esprimere una nuovavisione della città?«Esiste un problema legato alle dimensioni delleimprese di costruzioni. La maggior parte, in lineacon il resto dell’imprenditoria italiana, appartienealla schiera delle piccole e medie imprese. Questovuol dire che il più delle volte si tratta di impreseche più che ad innovare, sono spinte a proseguireuna tradizione. Difficilmente c’è spazio perl’ingresso di personalità esterne apportatrici dinuove idee e vissuti – e quindi anche di nuove ideedi progettare e costruire. Questo fa sì che ilgiovane architetto abbia difficoltà a inserirsi e adentrare in contatto con i soggetti che otterrebberoun vantaggio dall’apporto di novità».

Anche dal punto di vista normativo esistono degliostacoli. Quali sono i maggiori?«Noi giovani costruttori siamo molto interessati adun processo di riqualificazione della città, di

rigenerazione. Gli strumenti urbanistici per farequesto, in potenza esistono – penso al Print o alPiano Casa. Però, passando dalla teoria allapratica, spesso ci si scontra con difficoltàburocratiche o con la complessità dei nostri pianiregolatori, come quello di Roma, spesso di nonsemplice consultazione per gli stessi tecnici delsettore. Se guardo invece al piano regolatore diuna città come New York, trovo un documentoaccessibile e di facile lettura ancheper il singolo cittadino».

Voi avete realizzato molte opere di ediliziaeconomica e popolare. Quale visione vi ha guidato?«Abbiamo sempre cercato di dare il massimo dellaqualità, compatibilmente con i limiti stabiliti dalprezzo massimo di cessione. Oggi guardiamo almodello di molte città spagnole, in cui laprogettazione dell’edilizia popolare è stata affidataa giovani architetti che hanno saputo comprenderel’importanza di creare dei quartieri vivi e capaci dilasciare un segno architettonico».

Sopra, ingressodel complesso

residenzialeLa Storta.

A fianco, vedutadegli immobili

realizzati aCasal Monastero (RM)

EDILIZIA | Veronica De Angelis

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Edilizia e ambienteIntegrare la costruzione nel contesto e,contemporaneamente, rispettarel’ambiente con materiali ecocompatibilie fonti rinnovabili. Il lavoro edile, infatti,non può prescindere dal circostante.Il punto di Carlo Dossi

di Eugenia Campo di Costa

Nella realizzazione di opere edili non si puòprescindere dall’ambiente circostante. Inteso sia comecontesto, all’interno del quale dovrà armonizzarsi unanuova costruzione, sia come “habitat” da rispettare,sfruttando materiali ecocompatibili e fonti rinnovabili.Non prescinde da questa visione l’attività della EdildosCostruzioni, fondata nel 1975, realtà nel settoredell’edilizia, impegnata sia in conto proprio che perconto terzi nella realizzazione di costruzioni civili eindustriali, oltre che nell’ambito di ristrutturazioni,ampliamenti e riqualificazioni. Come spiega Carlo Dossi,il suo fondatore, «la nostra idea combina esperienza ecompetenza con utilizzo di nuove tecnologie costruttive,finiture di qualità e stile, risparmio energetico,riqualificazione dell’esistente e formazione del nuovoche al meglio interpreta l’esigenza moderna».

In che modo, nelle vostre realizzazioni e nelleristrutturazioni, si esprime l’attenzione all’impattoambientale e all’integrazione di fonti rinnovabilinegli edifici?«Le nostre progettazioni, innanzitutto, mirano aintegrare la costruzione, sia essa residenziale,

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commerciale o industriale, armonizzandola conl’ambiente circostante. Il criterio è quello diinterpretare la realtà del luogo e prediligerel’equilibrio. A questo scopo, ci avvaliamo dellacollaborazione di tecnici competenti che applicanoquesti principi sia per integrare una costruzionenuova, sia per adeguare una preesistenza, senza maisnaturarne la storia. L’utilizzo delle fonti rinnovabili èuna componente molto importante: solare termico,fotovoltaico, geotermico assumono un peso sempremaggiore nelle nostre realizzazioni. Lo scopo è dilimitare l’impatto ambientale, obiettivo cheperseguiamo anche mediante l’utilizzo di materialiecocompatibili e di nuove tecnologie per garantire lamigliore efficienza energetica possibile».

Edildos Costruzioni è una realtà molto competitiva,come testimoniano importanti cantieri in diversicomuni lombardi. Su quali progetti state lavorando inquesto momento? «A Carate stiamo realizzando varie ville, abitazionibifamiliari e appartamenti in classe energetica A. AMissaglia, stiamo lavorando alla costruzione di una

Limitiamo l’impatto ambientaleanche mediante l’utilizzo di materialiecocompatibili e di nuove tecnologie

per garantire la miglioreefficienza energetica

In apertura Carlo Dossi, titolare della Edildos Costruzioni di Vimercate (MB)e Cantiere in Gessate, complesso di 125 appartamenti in classe A. A destra,

cantiere in Burago di Molgora, studio personalizzato di un interno firmatodall’interior design geometra Ombretta Dossi

[email protected]

palazzina di 37 appartamenti che sorge in un contestopaesaggistico importante quale il parco del Curone. ABiassono, in edilizia convenzionata, con requisiti di altolivello, si sviluppano 200 appartamenti di diversemetrature. A Gessate, stiamo lavorando a un complessodi 125 appartamenti dislocati in vari lotti. A Burago diMolgora, invece, siamo impegnati nella realizzazione diuna palazzina di 31 appartamenti in classe B,riscaldamento centralizzato, pannelli solari, serramentiad alta resistenza termica e acustica, cappotto esterno. AGorgonzola, in centro storico, stiamo invece costruendouna palazzina di 7 appartamenti più spazi commerciali».

Quali le prospettive di Edildos Costruzioni per ilprossimo futuro?«Tenacia, concretezza e qualità sono la base dellaEdildos Costruzioni. Ho trasmesso ai miei tre figli,Ombretta, Omar e Maurizio, questi valori e lapassione per l’attività imprenditoriale nella certezzache il futuro sarà la continuità. Continueremo sullastrada della ricerca tecnica, stilistica, qualitativa alfine di sapere soddisfare sempre e al meglio anche icommittenti più esigenti».

EDILIZIA | Carlo Dossi

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Il riscaldamento e il raffreddamento degli ambientidomestici hanno un pesante impatto dal punto di vistaenergetico e nel conseguente inquinamento ambientalee nel consumo di risorse. Ciò è dovuto al fatto che fino apochissimi decenni fa, nella progettazione architettonicanon si dava la dovuta considerazione all’isolamentotermico degli edifici e il risultato è che oggi le nostre cittàsi presentano come delle selve di edifici dalla scarsaefficienza termica e questo a fronte di costi energeticisempre più elevati. «Si stima che, in Italia, ilriscaldamento e il raffreddamento degli edifici incidanoper almeno il 40 per cento dei consumi energetici. Einoltre, circa un terzo di questo consumo va collocatosotto la voce degli sprechi, dato che è generato dalladispersione. Gli architetti, nel progettare nuovi edifici,oggi, tengono conto di questi fattori. Ma il vero problemaresta quello dell’intervento sugli immobili esistenti». Aparlare è Luca Maccioni, responsabile della Coriges,società specializzata negli interventi di isolamentotermico, nelle opere in cartongesso, nei rivestimenti

Luca Maccioni, Giovanni Oliveri e Guido Maccioni,responsabili della Coriges Srl di Concorezzo (MB)www.coriges.it

I materiali termoisolantiPer ottimizzare dal punto di vista termico e acustico gli edifici esistono oggi diversesoluzioni e materiali. Luca Maccioni fa un quadro delle possibilità offertedalla moderna edilizia ecosostenibile

di Manlio Teodoro

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EDILIZIA | Coriges

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colorati e negli intonaci premiscelati.

Quali sono le soluzioni tecniche e quali i vantaggi chepermettono di raggiungere?«Oggi sono stati sviluppati diversi sistemi chegarantiscono l’isolamento termico grazieall’applicazione di particolari materiali edili con i quali sirealizzano coibentazioni a cappotto. Queste soluzionipermettono importanti abbattimenti dei consumienergetici, consentendo di ridurre gli sprechi energeticidi oltre il 60 per cento. I vantaggi sono molteplici, iprincipali sono un maggiore comfort abitativo con unaminore spesa e un’importante riduzione delle emissionidi anidride carbonica».

Quali sono i materiali che utilizzate maggiormenteper questo tipo di interventi?«Gli isolamenti a cappotto sono realizzati con pannelliisolanti che vengono posati direttamente sulla muraturaperimetrale esterna degli edifici – indipendentementedal fatto che si tratti di una nuova costruzione o di una

Utilizzando il polistirene, che è un materiale leggero, di facile lavorazionee non infiammabile, si ottiene un notevole isolamento termico

ristrutturazione. Esistono diversi tipi di pannelli concaratteristiche isolanti differenti, sia dal punto di vistatermico che acustico. Tra i più utilizzati troviamo pannelliin polistirene, lana di roccia e sughero».

Può descrivere le differenti caratteristiche dei diversipannelli?«Utilizzando il polistirene – che è un materialeleggero, di facile lavorazione e non infiammabile – siottiene un notevole isolamento termico. Anche la lanadi roccia ha efficaci qualità termoisolanti e non ècombustibile. Questa è particolarmente indicata nellacoibentazione di edifici che superano gli otto piani dialtezza. Inoltre, ha un’elevata permeabilità al vapore eprotegge contro l’umidità, garantendo un climainterno molto confortevole. La scelta piùecosostenibile risulta quella del sughero, dato che sitratta di un materiale naturale. Ha anche il vantaggiodi presentare un’elevata resistenza superficiale. Altrimateriali altrettanto performanti sono la fibra di legnoe l'idrato di silicato di calcio».

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I cambiamenti che hanno attraversato la società negliultimi decenni hanno inciso in maniera considerevoleanche nel modo di costruire. L’edilizia residenziale èinfatti chiamata a reinterpretare gli spazi abitativi,anche e soprattutto in funzione delle mutate necessitàdelle famiglie moderne. «Single, giovani coppie eanziani hanno esigenze molto diverse rispetto alle“classiche” famiglie di una volta», affermal’amministratore unico della Taurus Costruzioni diRoma, Alessandro Cuculi. «Grazie al supporto distrumenti informatici che ci permettono di effettuarevarie simulazioni degli spazi, oggi abbiamo la concretapossibilità di farci carico di queste trasformazioni, e dicostruire così abitazioni a misura d’uomo».

A questo proposito, in quali tipologie di progetti sietecoinvolti al momento?«Attualmente a Roma stiamo lavorando su tre cantieridi edilizia residenziale, due di grandi dimensioni e unodi medie, quest’ultimo ormai in fase di chiusura. In viaPrampolini abbiamo consegnato 54 appartamenti,oltre al centro commerciale Eurospin; in corso d’operaabbiamo invece altri 188 appartamenti divisi su trelotti. Nell’area di Tor Pagnotta stiamo realizzando untotale di 400 appartamenti divisi in 4 lotti, mentre alTorrino sono pronte per la consegna 20 abitazioni. Mipreme sottolineare che Taurus è un vero e propriogeneral contractor, che gestisce i lavori di costruzione

Pur in una fase di estrema difficoltà,il settore edile punta a recuperare il suoruolo all’interno del sistema economiconazionale. Nuove idee e soluzioniper affrontare il mercato nelle paroledi Alessandro Cuculi

di Guido Puopolo

L’edilizia necessita di una “ristrutturazione”

Nel tondo Alessandro Cuculi, amministratore unico della Taurus Costruzioni Srldi Roma. Nella pagina accanto il cantiere e una parte del complesso

residenziale di via Prampolini

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dalle fasi preliminari di approntamento cantiere finoalla vendita “chiavi in mano”».

Nonostante la crisi, quindi, questo è stato per voi unbiennio molto intenso.«È vero. In completa controtendenza rispetto al settore,Taurus ha conseguito risultati estremamente positivi intermini di crescita, con un portafoglio lavori che, a oggi,è pari a oltre 50 milioni di euro. Solo per dare un’idea,nel 2011 il nostro fatturato ha superato gli 11 milioni dieuro, con un incremento superiore al 100 per centorispetto all’anno precedente. Oltre ai dati di caratterepuramente economico, possiamo vantare un record:prendendo in esame il totale delle nostre lavorazioni incantiere, infatti, abbiamo registrato una percentuale dicontestazioni pari a zero. Questo significa che, di norma,le committenze con le quali operiamo sonoestremamente soddisfatte della qualità e dellatempistica dei nostri interventi».

Oggi grande attenzione viene posta alla costruzionedi edifici a basso impatto ambientale. Come cercate disoddisfare queste nuove esigenze del mercato?«Da impresa “giovane” e dinamica abbiamo sempre

Da impresa “giovane” e dinamicaabbiamo sempre tenuto presente lasalvaguardia dell’ambiente, valutandol’impatto sociale dell’opera e facendoricorso a una architettura “ecologica”

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tenuto presente la salvaguardia delle risorse e delpaesaggio, valutando l’impatto sociale dell’opera efacendo ricorso a un’architettura “ecologica”, sia dalpunto di vista dei materiali utilizzati che dal punto divista energetico. D’altro canto, l’edilizia residenzialeconsuma circa il 45 per cento del totale dell’energiaprodotta: pannelli solari e fotovoltaici, così come losviluppo della domotica, sono solo alcune dellesoluzioni che permettono di realizzare costruzioni piùconfortevoli ed ecosostenibili, con notevoli vantaggi nonsoltanto ambientali ma anche economici».

Quali accorgimenti tecnici e quali innovazioniprogettuali e tecnologiche, invece, potrannocontribuire a un riassetto dell’edilizia abitativa inchiave antisismica?«Con la nuova normativa antisismica, l’Italia ha fattopassi da gigante e si è allineata al resto d’Europa, conl’uso di nuove tecnologie quali isolatori sismici edissipatori di energia che hanno reso il nuovo

costruito ben resistente ad attacchi sismici. Ilproblema fondamentale è che la nuova normativa hadi fatto “reso” insicuro tutto quanto costruito inprecedenza. Pertanto è fondamentale recuperare gliedifici esistenti e provvedere alla loro messa insicurezza dal punto di vista sismico. Lo sforzo in taledirezione comporterà certamente un notevoledispendio di risorse, ma d’altro canto - se inquadratoin un piano organico – questo potrebbe dare un nuovoimpulso all’economia e all’occupazione».

In effetti la ripresa del comparto edile italiano stentaa decollare. Quali sono, a suo avviso, i fattori principalialla base di questa situazione?«Un grande freno è rappresentato dalla generaledifficoltà di accesso al credito, che di fatto stariducendo il numero dei potenziali nuovi proprietari dicasa. Crediamo però che, in un momento di estremavolatilità dei mercati azionari, le banche e gliinvestitori dovranno necessariamente tornare a

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investire sul settore, finanziando sia le grandi opereche l’edilizia residenziale».

Come fare, allora, per ripartire?«Un’idea per il futuro prossimo potrebbe essere quelladi studiare un sistema che permetta ai potenziali nuoviproprietari di casa di stipulare contratti di affitto chepotremmo definire “convertibili”. Pensiamo a ungiovane trentenne che, non avendo la possibilità diaccendere un mutuo per l’acquisto della sua primacasa, stipula un contratto di affitto con la proprietàdell’immobile appena costruito, nel quale però sidefinisce a priori una scadenza entro la quale poterconvertire la locazione in un atto d'acquisto. Ciòcomporterebbe un vantaggio per entrambe le parti: perla proprietà - che percepisce una rendita - e per il privato- che può compensare i canoni di affitto versatitramutandoli nell'anticipo per l'acquisto della sua primacasa. É soltanto un’'idea, che potrebbe però contribuirea risolvere un problema di carattere anche sociale».

Quali sono, infine, gli obiettivi aziendali per ilprossimo futuro?«Dopo una fase di grande crescita avvertiamo lanecessità di migliorare partendo da ciò che puòessere definito il nostro vantaggio competitivo,ovvero la capacità costruttiva. Ci stiamo quindimuovendo in questa direzione, partendo da unariorganizzazione del lavoro, un miglioramento delleperformance finanziarie e un’attenzione maniacalealla qualità. Taurus, tra l’atro, ha il sistema di gestionedella qualità certificato e ha ottenuto l’attestazioneSoa per la categoria di lavori nella quale opera.Sicuramente, vista la situazione macroeconomicaitaliana, uno dei nostri obiettivi nel breve-medioperiodo sarà di aprirci ai mercati esteri, dove ladomanda per le attività edili è in grande crescita. Perquesto abbiamo creato un team interno che stastudiando e valutando alcune ipotesi di intervento suscala internazionale, con particolare riferimento allacittà di Berlino, ma anche oltreoceano».

A lato un’immagine del cantiere di Tor Pagnotta.Sotto, l’asilo e l’area verde in via Prampolini (Roma)

Studiare un sistema che permetta ai potenziali nuovi proprietari di casadi stipulare contratti di affitto che potremmo definire “convertibili”,potrebbe essere un’idea per rilanciare l’edilizia

EDILIZIA | Alessandro Cuculi

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La pianificazione architettonica è lo step più importanteper una corretta realizzazione degli edifici, soprattutto in chiave energetica.La logica della qualità, nel tempo, paga più di quella del risparmio.Ne parliamo con Agostino Pala

di Erika Facciolla

L’attenzione verso l’ambiente e il risparmioenergetico è un requisito fondamentale che tutte leaziende operanti nel settore edile devono dimostraredi possedere, sia in fase di progettazionearchitettonica che di realizzazione costruttiva. Occorrepianificare con cura le strategie procedurali daapplicare al progetto, tenendo conto delle esigenzeestetiche e funzionali della committenza ma anchedelle recenti normative di sostenibilità ambientalevarate dall’Unione Europea. Occhio, dunque, allascelta dei materiali, alla coibentazione termica eacustica, alla razionalizzazione degli spazi e, ingenerale, all’efficienza energetica. Progettare,pianificare, costruire. Sono queste le attività che dasempre sostanziano il lavoro dell’azienda edile romanaPrometea di cui parla l’amministratore e direttore

tecnico Agostino Pala. Una delle principalicaratteristiche che distingue Prometea dalle altresocietà del settore è la sua multidisciplinarietà cheapre molte strade della progettazione contemporanea.Una specializzazione che si è costruita nel tempo e chesegue, passo dopo passo, le nuove tendenze delmercato. «La diversificazione delle attività – confermaAgostino Pala – è il nostro tratto distintivo, in quanto cipermette di avere una visione d’insieme dei variaspetti del progetto e di ottimizzarne la realizzazione». In quest’ottica di massima diversificazione rientra lapartecipazione con una quota importante in unasocietà immobiliare, grazie alla quale l’impresa romanaè riuscita ad acquisire un borgo dell’ottocento nellecampagne senesi che sarà presto riportatoall’originario splendore. Un business in ascesa, quello

Progettare abitazioni razionali

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EDILIZIA | Agostino Pala

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della ristrutturazione e del restauro, che vedePrometea impegnata su più fronti. Ma quali sono, ingenerale, le attuali richieste del mercato? AgostinoPala spiega che «di solito vengono chieste modifichealla divisione interna degli spazi e il rifacimento degliimpianti tecnologici, anche se il trend dominante puntaa migliorare l’efficienza energetica dell’abitazione». Una tendenza spinta dall’aumentata sensibilità deicostruttori e dei committenti verso le tematicheambientali e dall’evoluzione della normativa chedisciplina il settore sia a livello nazionale che europeo.«Sicuramente – sottolinea il manager - vi è unamaggiore attenzione alla coibentazione termica edacustica degli edifici; soprattutto quest’ultimo aspettoè stato troppo a lungo trascurato, quando invece è unodei requisiti più importanti di un’abitazione e allo

stesso tempo di più difficile e onerosa risoluzione». Inquest’ottica la scelta dei materiali incide notevolmentesia sull’efficienza delle opere edilizie che sulla resaestetica, ecco perché diventa determinante pianificarecon criterio le strategie costruttive migliori già in fasedi coordinamento progettuale. «Cerchiamo soprattuttodi valorizzare e aumentare le caratteristiche cheportano alla realizzazione di abitazioni razionali –dichiara Agostino Pala -, ecologiche e con alto indice dibenessere, quindi poniamo un’attenzione quasimaniacale agli aspetti di coibentazione termica eacustica, alla corretta illuminazione degli ambienti,all’uso di materiali ecologici, all’efficienzaenergetica. Riuscire a combinare in manieraequilibrata questi fattori si traduce in unacostruzione sana, economica e confortevole».

Nella pagina precedente, alcune opere e fasi di cantierizzazione condottedal team di Prometea Srl di [email protected]

«Cerchiamo di valorizzare le caratteristiche che portano alla realizzazionedi abitazioni razionali, ecologiche e con alto indice di benessere»

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EDILIZIA | Maurizio Nociforo

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Un centro polifunzionale innovativo e a misura d’uomo. È la scommessadella società JO-FA-S.A.B. Capital Group per la provincia di Catania. Maurizio Nociforopresenta il progetto de “Il Mandarin”

di Emanuela Caruso

Un nuovo centro per Catania

Render del progetto de Il Mandarin, centro polifunzionale che sorgerà a Sant’Agata Li Battiati (CT) - www.ilmandarin.com

Un’area residenziale con dieci ville esclusive, unalbergo a cinque stelle luxury, una strutturapolivalente con teatro, sale espositive e anfiteatroall’aperto. E ancora, un’area commerciale dedicata anegozi di grandi firme, un’area direzionale per uffici,locali per la ristorazione, parcheggi, un’ampia zonaverde, spazi comuni e piazze, il tutto in designcontemporaneo e in moderno stile mediterraneo.Sono queste le prerogative del progetto de IlMandarin, il nuovo centro polifunzionale di concezioneamericana che con la sua estensione di 110mila metriquadrati occuperà la parte est del Comune diSant’Agata Li Battiati. A finanziare il progetto èl’imprenditore italo-americano Joseph Alfred Faro,fondatore e amministratore della società committentedell’opera, la JO-FA-S.A.B. Capital Group. «Lo scopo diquesto progetto – spiega Maurizio Nociforo, projectmanager della società – è quello di creare un

insediamento polifunzionale in controtendenzarispetto alle recenti realtà commerciali natenell’hinterland catanese. Infatti, al contrario di talicentri commerciali, Il Mandarin sarà un villaggioall’insegna del lusso caratterizzato dal rito dellapasseggiata commerciale tipica del centro urbano chedisporrà di proprie strade, piazze e viali alberati. Cosìfacendo, verrà creato quell’effetto “città” volto afavorire la vita sociale e di relazione di quantifruiranno del nuovo centro». L’iniziativaimprenditoriale seguirà inoltre le direttive per losviluppo sostenibile del territorio di Sant’Agata LiBattiati, ponendo grande attenzione all’efficienzaenergetica, alla riduzione delle emissioni di carbonioe di gas, e all’utilizzo di materiali locali, riciclati e prividi sostanze tossiche. I progettisti dell’opera fannocapo agli studi di ingegneria e architettura S.I.A.Ge.T.di Catania e Arrowstreet di Somerville in USA.

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EDILIZIA | Ferdinando Vignola

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L’edilizia oggi pretende innovazione e ricerca disoluzioni materiche e costruttive all’avanguardia. Conun’attenzione particolare all’impatto ambientale e alrisparmio energetico. Su queste premesse si basal’attività de La Titano Edilizia, impresa romana che hafatto della diversificazione l’aspetto di punta del suopercorso, operando sia nel settore pubblico che inquello privato, con attività di costruzione,ristrutturazione, restauro e manutenzione in ambitocivile e industriale. «Per molti anni – affermaFerdinando Vignola, amministratore unico dellasocietà che ha fondato trent’anni orsono - l’azienda siè occupata di restauro di chiese sia a Roma che in varipaesi del Lazio, per poi passare negli ultimi quindicianni sia alle manutenzioni di enti pubblici, che allarealizzazione di edilizia residenziale e alla costruzionedi edifici di carattere pubblico».

Edilizia e innovazioneRealizzazioni innovative, materialiecosostenibili, maestranze specializzate.Su queste prerogative si deve fondareoggi l’attività edile.Il punto di Ferdinando Vignola

di Eugenia Campo di Costa

Ferdinando Vignola, amministratore unico de La Titano Edilizia di Roma.In apertura, dettaglio della Procura di Tivoliwww.latitanoedilizia.com

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Quali progetti, tra quelli da voi seguiti, risultanoparticolarmente rilevanti?«Nell’ambito del restauro, sicuramente il ponteetrusco di Vulci. In passato, abbiamo inoltrerealizzato delle opere su progetto dell’architettoPortoghesi presso l’ospedale San Giovanni di Roma.Più di recente, abbiamo invece eseguito per l’aziendaospedaliera San Giovanni - Addolorata di Roma lavoridi ristrutturazione dei locali del presidio ospedalierodi nuova destinazione della postazione dell'Ares 118e la realizzazione del servizio psichiatrico di diagnosie di cura (Spdc) all’interno del presidio ospedaliero.Inoltre, con ente appaltante il Ministero delleInfrastrutture, abbiamo lavorato alla riparazione delsisma e all’adeguamento funzionale della ScuolaSottoufficiali della Guardia di Finanza e delleannesse pertinenze per le attività connesse

all’organizzazione e allo svolgimento del vertice G8in L’Aquila. Contestualmente, abbiamo realizzato direcente anche un nuovo corpo di fabbrica per gliuffici giudiziari di Tivoli».

Tra i lavori più impegnativi spicca il progetto perl’azienda ospedaliera San Giovanni – Addolorata.Cosa ha comportato il vostro intervento?«Abbiamo realizzato la Sala Pucinotti destinata alservizio intramoenia dell’ospedale. Questo hacomportato un complesso lavoro sia di costruzione exnovo che di restauro delle strutture preesistenti. Ineffetti, la difficoltà maggiore è stata rinforzare le travidel vecchio soffitto».

La ricerca di materiali innovativi è un aspetto chiavedell’attività edile. Quali sono le strategie adottate

Cerchiamo di usare prodotti innovativi e materiali all’avanguardiacon un occhio di riguardo all’ambiente, all’aspetto ecologicoe al risparmio energetico. Oggi queste sono prerogative imprescindibili

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dalla Titano Edilizia in tal senso? «Cerchiamo di usare prodotti innovativi e materialiall’avanguardia con un occhio di riguardoall’ambiente, all’aspetto ecologico e al risparmioenergetico. Credo che oggi questi siano aspettiimprescindibili per andare avanti».

Quali altre prerogative distinguono il vostro servizio?«Diamo grande fiducia alle giovani maestranzespecializzate nel risanamento, nella ristrutturazione.Lavoriamo dando grande importanza agli aspettidella sicurezza mantenendo gli stessi standardqualitativi, cerchiamo sempre di essere concreti».

Il mercato dell’edilizia vive un momento di criticaempasse. Quale situazione sta vivendo il settore nelterritorio laziale?

«Dal 1982 quello che manca è la scuola “dicantiere”. Proprio per questo la mia azienda insistemolto su questo aspetto. Un tempo si creavano dellemaestranze qualificate, si imparava veramente ilmestiere “sul campo”, all’interno del cantiere. Pensoche le forze politiche e quelle sindacali abbianofatto molto per il nostro settore in questo paese, maforse a un certo punto c’è stato un eccesso digarantismo che in qualche modo ha “squalificato” lecapacità lavorative dell’individuo. E ora nepaghiamo le conseguenze. Inoltre, il settore stasoffrendo, come tutti, della crisi globale. In Italia, inparticolare,il costo della manodopera è moltooneroso, i ritardi nei pagamenti delle commesse daparte della Pubblica Amministrazione ha messo inseria difficoltà molte aziende, soprattutto piccole emedie, costrette a chiudere».

Alcune immagini della ristrutturazione seguitada La Titano Edilizia per l’azienda ospedaliera

San Giovanni - Addolorata di Roma

Nella Sala Pucinotti dell’ospedale San Giovanni - Addoloratala difficoltà maggiore è stata rinforzare le travi del vecchio soffitto

EDILIZIA | Ferdinando Vignola

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EDILIZIA | Mirko Padalino

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Le origini della costruzione con l’ausilio del gesso,trovano spazio tra antichi popoli e stili come Barocco eRococò, avendo questo rappresentato, probabilmente,la più antica delle soluzioni architettoniche. Questatecnica antichissima, che oggi si ripropone comecartongesso, combinando materiali naturali e soluzionitecnologiche moderne, rappresenta ancora unostrumento di innovazione e spesso una sceltairrinunciabile per ottenere ambienti dal basso consumoenergetico e con un’esecuzione dei lavori più rapida edeconomica rispetto alle proposte dell’edilizia classica.«La nostra filosofia ci ha permesso di far incontrare latecnica della costruzione a secco sia con le soluzioniarchitettoniche per l’edilizia privata, sia per quellapubblica, introducendola nella protezioneantincendio». A parlare è Mirko Padalino,amministratore della Mida Enterprise, impresa edileche ha posto come proprio obiettivo la collocazione

Materiali naturali e soluzioni innovative permettonodi ottenere edifici e ambienti che rispondono ai requisiticontemporanei. Mirko Padalino spiega le possibilitàdi una tecnica alternativa

di Valerio Germanico

Costruire a secco

all’interno del settore della costruzione a secco.«L’evoluzione e le tecnologie avanzate del settore ciconsentono di completare immobili che posseggono larobustezza dei laterizi tradizionali, ma con unaconducibilità termica sensibilmente ridotta e contempi di realizzazione quasi dimezzati. Il cartongesso,i pannelli di fibra minerale, i pannelli con doghe inalluminio, i pannelli per esterni composti da inerti ecemento Portland ci hanno consentito di intervenirenella realizzazione di sale operatorie per ospedali ecliniche, centri di riabilitazione motoria,poliambulatori, centri radiologici, strutture alberghieree comunitarie, istituti di credito, scuole, e centricommerciali. Soddisfacendo tutte le esigenze diprotezione, termica ed acustica, sia di pareti interneche esterne, e puntando anche sulla resa estetica neicasi di restauro e rifacimento di soffitti a volta perambienti di culto e manufatti antichi».

Mirko Padalino, amministratore della Mida Enterprise Srl di Cataniawww.midaenterprise.it

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Nella valutazione degli immobili l’efficienza energeticaè un argomento che non ha raggiunto ancora la meritataimportanza. L’architetto Fabio Ciaroni spiega perchéandrebbe rivisto il modo in cui si stima il valore di una casa.E anche il sistema per costruirla

di Luca Cavera

Cresce l’interesseverso gli edifici in legno

Nonostante la centralità assunta dal tema delrisparmio energetico degli edifici, residenziali e non, e larecente introduzione dell’obbligo di inserire negliannunci immobiliari di vendita e locazione l’indice diprestazione energetica, nel mercato continua a resistere– di fatto e di diritto – una valutazione del valorecommerciale legata principalmente al sito in cui si troval’immobile. Questo riguarda certamente le costruzioniesistenti, nelle quali, semplificando, a dominare èancora l’opposizione fra centro e periferia, o fra palazzidi pregio storico e condomini post boom economico. Ma a ciò si aggiunge anche il fatto che in molte areeitaliane si costruisce ancora come cinquant’anni fa,prolungando nel tempo una concezione dell’ediliziabasata su cemento armato e muro a cassetta e che

sembra ignorare totalmente l’evoluzione tecnologica.Secondo l’architetto Fabio Ciaroni: «Le prestazionienergetiche dovrebbero diventare un parametrofondamentale nella determinazione del valorecommerciale di un immobile e al contempo il valoredovrebbe essere svincolato dal sito». Ciaroni èdirettore tecnico del gruppo Alessandrini, insieme disocietà che da anni lavora alla progettazione erealizzazione di costruzioni di nuova concezione, inparticolare nell’area della capitale. «Il nostro gruppo,grazie a una dirigenza di tecnici, ha messo al centrol’efficienza energetica – e quindi l’involucro – già inanni in cui il tema non era di attualità. Questo perchéil gruppo credeva, e ne ha avuto ragione, che sipotesse introdurre un valore aggiunto che il mercato

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COSTRUZIONI | Fabio Ciaroni

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avrebbe prima o poi riconosciuto. Per questo la sceltaè stata di investire nella tecnologia realizzativa. Infatti,una delle società del gruppo si occupa esclusivamentedi sensoristica e monitoraggio, sia del comfortabitativo sia strutturale. Ci siamo quindi concentratisu tutto il range dello sviluppo tecnologico, per poisoffermarci soprattutto sull’involucro». Uno dei risultati di queste ricerche è stato l’impiego dellegno come materiale fondamentale di costruzione.«Abbiamo iniziato a impiegare una tecnologia cheall’estero, in Germania, è usata da anni, quella deicasseri Isotex in legno-cemento mineralizzato. Questosistema costruttivo ci ha permesso di avvicinaremaggiormente i valori della trasmittanza termica di unaparete ai requisiti delle normative, evitando così la

creazione di ponti termici. Il risultato di questaapplicazione è stata la creazione di edifici in classe A eB». Il gruppo Alessandrini ha quindi anticipato i tempi,investendo e avendo fiducia sull’evoluzione del mercatoe sullo sviluppo di una sensibilità che mettesse in conto,nella valutazione di un immobile, non solo il prezzo diacquisto, ma soprattutto il costo di gestione. Questoanche nella prospettiva di un’evoluzione futura dellenormative, che potrebbe rimettere in discussionel’attuale sistema dei prezzi nel mercato immobiliare. «Altro vantaggio del sistema di costruzione in legno,utilizzato in combinazione con l’acciaio, è la suadimostrata antisismicità. Su questo tema, dopo ildevastante terremoto che ha colpito l’Aquila, si eraaccesa l’attenzione sia degli acquirenti sia delle

In apertura, particolare del centro polifunzionale di Collemaggio (AQ);sotto l’intera struttura, realizzata dal gruppo Alessandrini di Romawww.gruppoalessandrini.it

Dopo il sisma, all’Aquila, la necessità più urgente era ridare un rifugioalle persone e ricostruire i presidi minimi di assistenza per la popolazione

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imprese di costruzioni – quella dei primi, purtroppo,però si è spenta dopo pochi mesi. Tuttavia, l’Aquila èstata un’occasione per noi di dimostrare la validitàdell’edificare col legno. Per questo abbiamorealizzato un’opera che non ha avuto alcun interessespeculativo, bensì esclusivamente di beneficiopubblico. Data la situazione dopo il sisma, c’era lanecessità fondamentale e urgente di ridare unrifugio alle persone e di ricostruire i presidi minimi diassistenza per la popolazione. Abbiamo cosìrealizzato, in appena 22 giorni, un centropolifunzionale in legno – il materiale che garantiscela maggiore rapidità di edificazione – che è statoprima donato alla Croce Rossa e oggi è diventato uncentro fisioterapico. È stato realizzato aCollemaggio, località scelta perché anche prima del

sisma era un punto di riferimento sanitario per lapopolazione. L’edificio è la concretizzazione di unostudio di cellula abitativa che portavamo avanti daqualche anno insieme all’architetto Mauro Spagnolo.Il risultato è un edificio in classe A+, che cioè, graziea impianti di microeolico e fotovoltaico, produce piùenergia di quella che consuma».Il legno, però, nel sentire comune è percepito ancoracome un materiale per costruzioni temporanee o perbaite di montagna. I principali dubbi di chi valutal’idea di abitare in una casa costruita in legnoriguardano soprattutto tre aspetti: la robustezza, ladurata e l’infiammabilità. «Tutti aspetti che il sistemadi costruzione in legno moderno ha superato. Alcontrario, vengono totalmente ignorati i vantaggi dileggerezza, efficienza energetica e comfort abitativo,

Le prestazionienergetiche dovrebberodiventare un parametrofondamentale nelladeterminazione delvalore commerciale diun immobile

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che sono di gran lunga superiori rispetto aglistandard della casa in muratura. Certamente oggi unacasa in legno ha dei costi leggermente più altirispetto all’edilizia tradizionale, ma ciò è dovutoprincipalmente alla sua minore diffusione. Sebbene lestatistiche dimostrino un crescente interesse verso lacasa in legno, è indubbio che esista una concezioneradicata – per ragioni storiche e culturali – che avràbisogno di tempo e di motivazioni importanti peressere ribaltata. Al momento si parte ancora da unpresupposto anche di immagine mentale, che associala casa in legno alla baita. Ma questa immagine nonha già più aderenza con il reale, dato che un edificioin legno, costruito con l’impiego delle tecnologiemoderne, non è distinguibile, dall’esterno, da unedificio tradizionale».

In queste pagine, a fianco, interno della struttura di Collemaggio; sopra, il ristorante di San Polo dei Cavalieri in provincia di Roma;sotto, l’immagine del primo edificio multipiano in legno che il Gruppo Alessandrini realizzerà a Roma entro il corrente anno

COSTRUZIONI | Fabio Ciaroni

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La cooperazione fra diverse figure professionali efra professionisti e imprese consente un controllo piùconcreto e preciso dell’intervento architettonico. Unlavoro in continua sinergia tra i vari attori delprocesso produttivo genera un ventaglio più ampio diidee e creatività, supportato dalla conoscenza dellatecnica costruttiva. «Un’idea architettonica cheprenda forma dall’esperienza quotidiana delcostruire è sicuramente più realizzabile e concreta diun’idea astratta che lascia, a chi la realizza, l’onere ditrovare i giusti espedienti costruttivi,spersonalizzandola o stravolgendola nella maggiorparte dei casi». È questa l’idea di progettualità esuccessiva esecuzione dei lavori portata avanti daAndrea De Rinaldis e dal fratello Mauro, l’unoarchitetto, l’altro ingegnere, che a Lecce dirigono lostudio di progettazione De Rinaldis e l’impresa dicostruzioni general contract Inarkstudio, che agisce alivello nazionale, soprattutto per interventi di ediliziaresidenziale, pubblica e per il settore bancario.

Quale nuova idea del progettare sta dietro lacommistione tra le diverse professionalità,

ingegneristiche e architettoniche?Mauro De Rinaldis: «Se in passato per prodottoedilizio si intendeva il risultato di un susseguirsigerarchico di fasi ben distinte, che vanno dalprogetto al cantiere, ora si è imposto un nuovo iter,in cui ogni fase è prevista sin dall’inizio del processoproduttivo. Questo iter consente allo studio diprogettazione di operare su più fronti architettonici,garantendo alla committenza un controllo totale delprocesso realizzativo. Poiché ci confrontiamo conlavori che hanno esigenze e destinazioni diverse,partiamo dal presupposto che ogni progetto darealizzare sia caratterizzato da fattori che vannosempre contestualizzati. Prima di tutto bisognaquindi analizzare il contesto nel quale il progetto siinserisce, studiandone i caratteri tipologici emorfologici. L’obiettivo è quello di ottenere unorganismo architettonico che integri vari aspetti.Mi riferisco agli aspetti tipologici, a quelli funzionali –con particolare riferimento alle destinazioni d’uso –e a quelli tecnico-costruttivi, soprattutto per letecniche e i materiali da impiegare, sia a livellostrutturale sia a livello estetico».

Con la sinergia delle professionalità,al prodotto edilizio si arriva con un diversoconcetto di iter, in cui ogni fase è previstasin dall’inizio del processo realizzativo.Ne parliamo con Andrea e Mauro De Rinaldis

di Valerio Germanico

L’integrazione come formaarchitettonica

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In alto, l’ingegner Mauro De Rinaldise l’architetto Andrea De Rinaldis dell’Inarkstudio

di Lecce. A fianco, cortile e interni di un B&ba San Cassiano (LE) - [email protected]

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Un’idea architettonica che prenda forma dall’esperienza quotidianadel costruire è sicuramente più realizzabile e concreta di un’idea astratta

COSTRUZIONI | Andrea e Mauro De Rinaldis

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Attualmente da quali linee, stili, formearchitettoniche è maggiormente influenzatoil vostro lavoro?Andrea De Rinaldis: «In questo momento gli architettihanno di fronte una molteplicità di stili, di forme e dilinee. Nel campo ingegneristico e architettonico latecnologia corre veloce, immettendo continuamentesul mercato nuovi prodotti e materiali che stimolano lacuriosità e l’immaginazione dei tecnici, così dadiventare, a volte, veri protagonisti del progetto.Possiamo comunque individuare nella maggior partedei nostri progetti una continua ricerca di formesemplici, linee morbide e materiali leggeri e trasparentiche si confrontano con luci e colori per creare unprodotto architettonico sobrio ed essenziale, il cuicontenuto più importante sia la funzionalità».

Quali tra i vostri lavori più recenti hanno richiestomaggiore impegno progettuale e realizzativo?M. De R.: «Nel 2011 abbiamo completato chiavi inmano la ristrutturazione di un antico edificioottocentesco collocato nel centro storico di SanCassiano (LE). La nuova destinazione d’uso è quella dibed & breakfast. Il progetto è stato preparato dallo

studio tecnico associato De Rinaldis, che ne ha curatooltre alla progettazione, anche la direzione lavori e lesoluzioni d’arredo, mentre l’impresa esecutrice deilavori è stata la Inarkstudio Srl. Altro lavoro recente èstata la realizzazione di una filiale di bancApulia(gruppo Veneto Banca), a Termoli (CB). Per questoprogetto abbiamo curato tutto l’iter, partendo dalrilievo dei locali e curando la progettazione e ladirezione dei lavori. La più grande difficoltà è statadata dal fatto che le opere di allestimento sono statecondotte a banca aperta e quindi con l’impegno dievitare in ogni modo l’interruzione del servizio e diridurre al minimo i disagi».

Come giudica lo sviluppo recente, architettonico eurbanistico, di Lecce?A. De R.: «La città, negli ultimi anni, ha vissuto unperiodo di arricchimento architettonico, anche coninterventi che portano il nome di architetti di famamondiale. Però, di fondamentale importanza è ancorail potenziamento delle infrastrutture. E affinché Leccepossa proseguire su uno sviluppo positivo ènecessario progettare il territorio con una visione piùampia di quella urbana».

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COSTRUZIONI | Andrea e Mauro De Rinaldis

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L’architettura ha incontrato le esigenze dell’industria dell’alta tecnologia.L’esperienza internazionale di Alfonso Mercurio nella progettazionedi strutture produttive per le multinazionali dei semiconduttori

di Luca Cavera

Verso una nuovarazionalità progettuale

«Mi hanno definito un tecno-razionalista. Edeffettivamente ho sempre pensato che l’architetturanon sia un’arte, bensì una scienza composita,elaborata da molti soggetti e in cui l’architetto ha ilruolo di direttore d’orchestra. Credo che le nuovetecnologie, l’influenza dell’ecosostenibilità, lanecessità di essere economicamente compatibili, cispingano oggi verso una rivisitazione aggiornata delrazionalismo». L’architetto Alfonso Mercurio diA.M.Architetti srl (AMA Group) riassume così leinfluenze che lo hanno maggiormente affascinato nelcorso della sua carriera, di cui una parte importante èstata dedicata alla progettazione di struttureindustriali per le multinazionali dell’elettronica.«Ovviamente non ci si può focalizzare, autolimitandosi,

L’architetto Alfonso Mercurio di A.M.Architetti srl (AMA Group) di Roma.In alto, headquarters STMicroelectronics, Ginevra. A fianco, da sopra,Texas Instruments, D.MOS6 Dallas; Amd Fab 30, Dresdawww.amagroup.it

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STRUTTURE INDUSTRIALI | Alfonso Mercurio

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a un solo settore della progettazione. Così, qualcheanno fa, A.M.Architetti srl (AMA Group) ha aperto unasede anche in Libia, dove ci stiamo occupando dicentri sanitari per la riabilitazione motoria.Naturalmente, continuiamo a essere attivi nel settoreindustriale, negli edifici per uffici e, recentemente,anche nel restauro di monumenti».

Le sue opere rappresentano una rispostaprogettuale alle esigenze industriali ed economichedell’epoca 2.0. L’affermazione, però, è arrivata primaall’estero che in Italia. Qual è stato il percorso? «Alla fine degli anni 70 la mia funzione progettualeera limitata nell’area europea e a quelle struttureindustriali definite manufacturing. Si trattava di

edifici ampli, ma funzionalmente piuttosto semplici.Fu tuttavia un’esperienza importante, che mi diedel’opportunità di conoscere e approfondire la logicaoperativa delle engineering americane basate,sostanzialmente, su una strettissima collaborazioneinterdisciplinare – architettonica, strutturale,impiantistica e di landscaping –, messa in atto sindalle prime battute della definizione progettuale.Questo modo di lavorare, allora, era raro in Italia».

Con quale progetto questa tendenza fece il suoingresso nel nostro paese?«Verso la fine degli anni 80 la Texas Instrumentsdecise di costruire un Wafer Fab in Italia. Si trattavaquesta volta di un edificio estremamente

Credo che le nuove tecnologie, l’influenza dell’ecosostenibilità,la necessità di essere economicamente compatibili, ci spinganooggi verso una rivisitazione aggiornata del razionalismo

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complesso, sia per la molteplicità delle funzioni,sia per i requisiti strutturali e impiantistici dellaclean room: il vero cuore dell’edificio. Inquest’area di circa 7mila mq si doveva garantire,strutturalmente, un’assoluta resistenza allevibrazioni. Al contempo, con adeguateapparecchiature e articolati layout, dovevamantenersi una purezza dell’area con requisiti piùstringenti di quelli di una camera operatoria. Ilprogetto iniziale della Texas Instrumentsprevedeva la riproduzione di una loro struttura giàesistente a Dallas. Dopo uno studio attento, decisidi proporre alcune modifiche che con mia sorpresafurono approvate. L’edificio italiano fu realizzato

ad Avezzano e una volta in produzione attrassel’attenzione di molte altre importanti societàamericane e dell’Estremo Oriente».

Quali sono stati gli sviluppi?«Un’intensa attività progettuale ci ha consentito diaprire nostre sedi prima a Dallas, poi a Singapore eShanghai – anche per garantire la presenza diretta suicantieri, assicurandoci la conduzione del constructionmanagement. Anche l’italo-francese STMicroelectronics,una volta scoperto che i progettisti di molti complessiindustriali sparsi per il mondo e dedicati alla produzionedi semiconduttori erano italiani, ha scelto di iniziare acollaborare con noi».

Un’intensa attività progettuale ci ha consentitodi aprire sedi prima a Dallas, poi a Singapore eShanghai, anche per garantire la presenzadiretta sui cantieri

Borsa Italiana, ristrutturazionepalazzo Mezzanotte, Milano

STRUTTURE INDUSTRIALI | Alfonso Mercurio

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ProgettazioneintegrataL’evoluzione progettuale degli ultimidecenni ha ampliato il ventaglio diprofessionalità richieste al progettista.L’ingegner Virginio Guido Bombarda spiegaperché investire in formazione continuae aggiornamento tecnologico

di Manlio Teodoro

Il panorama edilizio-progettuale contemporaneo haregistrato, nell’ultimo ventennio, un profondomutamento a livello nazionale e internazionale. Sia intermini di esecuzione progettuale delle opere, che neirapporti con le amministrazioni pubbliche e, in generale,le sovraintendenze pubbliche e private. Come spiegal’ingegner Virginio Guido Bombarda: «Oggi alprofessionista è richiesto un elevato grado di conoscenzetecniche specifiche e differenziate in ragione dellediverse tipologie di committenza. E inoltre questeconoscenze devono essere sinergicamente integrate peraffrontare al meglio la complessità della realtà fattualecontemporanea». Bombarda, con la collaborazione dellafiglia Elena, dirige l’omonimo studio di ingegneria earchitettura civile e industriale con sede a PadernoDugnano (MI), attraverso il quale ha curato laprogettazione e la direzione di edilizia civile libera,sovvenzionata e industriale, ospedaliera e alberghiera,oltre a eseguire ristrutturazioni e recuperi.

Come ha inciso sull’attività progettuale la rivoluzioneche ha investito il settore edile?«Si è determinata una radicale rivoluzione

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PROGETTAZIONE | Virginio Guido Bombarda

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organizzativa delle fasi progettuali. Alla peculiaritàdegli interventi e alla multidisciplinarietà necessariaper la gestione del progetto – dalla fase ideativa aquella realizzativa-esecutiva, passando attraversoquella amministrativa – ha fatto seguito unampliamento del panorama professionalespecializzato, essendo divenuta necessaria unasinergia tra professionisti che collaborino tra loro inmodo coordinato per il raggiungimento di uno stessofine. Infatti, solo integrando le diverseprofessionalità nell’ambito di uno stesso e organicomodello gestionale è possibile ammortizzaretempistiche troppo spesso dilatate. E inoltre riuscirea ridurre i costi».

Attraverso quali interventi sull’organizzazioneinterna è possibile adeguarsi alle nuove istanze dellacommittenza?«Oggi il professionista deve investire sulla formazionecontinua, frequentando corsi di specializzazioneaccreditati e perseguendo un aggiornamentonormativo e gestionale costante che consolidi lecompetenze delle risorse umane presenti nello studio.

Solo integrandole diverse professionalitànell’ambito di uno stesso

e organico modellogestionale è possibile

ammortizzarele tempistiche e ridurre

i costi di progettoe realizzazione

In apertura,l’ingegner Virginio Guido Bombarda

dello studio tecnico Bombardadi Paderno Dugnano (MI).

A destra, l’architetto Elena [email protected]

Costante deve essere anche il rinnovamento deglistrumenti progettuali e naturalmente dei softwaretecnici. Per questi motivi, l’offerta di un servizio solidoe affidabile, unitamente a un nuovo modello digestione consolidato attraverso il continuoaggiornamento, diviene indispensabile per far frontealle attuali richieste di mercato».

Quali sono le caratteristiche distintivedel vostro studio?«Offriamo soluzioni complete e per la committenzaprivata e per quella pubblica. Professionalità econoscenze multidisciplinari ci danno la capacità didare risposte rapide in qualsiasi fase del progetto: dalconcept all’esecutivo fino all’assistenza in cantiere.Inoltre, la profonda conoscenza delle prassiburocratiche e disciplinari – legata a una gestione delprogetto organica e controllata – ci permette di ridurreil margine di errore, permettendo un notevolerisparmio su tempi e costi. Il tutto viene portato aconclusione nella fase realizzativa, grazie allacollaborazione di un network di operatori qualificatiche comprende imprese e artigiani».

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Il progetto di un insediamento turistico.Cinque grappoli di abitazioni su palafittepresso Scanno Palo. I fratelli Jacopo eTomaso Carraro si sono ispirati al modellodella calle veneziana e agli insediamentisui cordoni litoranei della laguna

di Fabio Rossi

Il villaggionel delta del Po

Materiali ecosostenibili e salubri per vivereun’esperienza a pieno contatto con la natura. Sonoquesti gli elementi con i quali gli architetti Jacopo,Tomaso e Umberto Carraro dello studio IATO ArchitettiAssociati, hanno ideato, con gli altri membri del Team,l’ingegner Sergio Mancin di Deltastudio e l’architettoLuca Dotto, il progetto di un villaggio nei pressi diScanno Palo, una striscia di sabbia e tamerici sul Deltadel Po, tra la laguna e il mare, tra Venezia e Ravenna.Una volta realizzato, il complesso di cinque grappoli diabitazioni su palafitte – collegate da una passerellapedonale – sarà raggiungibile solo a piedi o in barca, asottolineare la ricerca di un nuovo modo di vivere lanatura e di abitare l’acqua. Per il particolare interessedell’intervento il progetto è stato selezionato alconcorso Piccinato indetto dalla Regione Veneto e si èclassificato primo al concorso Archinature, indettodall’Ordine degli Architetti di Venezia. Sul progetto, orasottoposto alla VIA, Jacopo Carraro osserva:«Confidiamo in un esito positivo, poiché il progetto èstato adottato e pubblicato senza alcuna osservazionenegativa ed è stato elaborato, quanto agli aspettiambientali, in rapporto con i responsabili del Parco delDelta puntando all’autosufficienza energeticadell’insediamento mentre la mobilità è affidata allabarca e alla bici in un contesto completamente

pedonalizzato. Per il trattamento delle acque usate èpoi previsto il trasporto alla depurazione con una rete inpressione appesa alla passerella pedonale,garantendone costantemente l’ispezionabilità e lamanutenzione». Il fratello Tomaso sottolinea gli altriaspetti posti al centro della necessaria integrazione conl’ambiente. «L’edificazione bassa delle unità abitative,raccolte in grappoli intervallati da ampi varchi visuali,permette la fruizione visiva in sequenza degli ambitidella laguna, dello scanno e del mare. Le coperturepiane, isolate da giardini pensili caratterizzati dalle

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COMPLESSI TURISTICI | Jacopo e Tomaso Carraro

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essenze vegetali dello scanno, costituiscono unelemento di continuità con la vegetazione dello scannoe mitigano gli impatti visivi ed ambientalidell’insediamento a protezione della avifauna. Ancora,la scelta di costruire sull’acqua anziché sullo scanno ela scelta del legno come elemento strutturale e dirivestimento utilizzando le tecnologie a secco deipannelli XLame delle doghe permettono una completareversibilità dell’insediamento». Importanti sono poi iriferimenti tipologici assunti: la calle veneziana e gliinsediamenti sui cordoni litoranei della laguna di

Venezia (Pellestrina), nonché il costruire su palafittetipico di tante situazioni del delta del Po. «La decisa opzione a favore delle energie rinnovabili –aggiunge Jacopo – ha comportato la sceltadell’impianto fotovoltaico a copertura dei parcheggi egli impianti a solare-termico per ciascuna abitazione. Èin fase di studio anche la possibilità di ricorrere allageotermia. Riscaldamento e raffrescamento sarannoottenuti con pompe di calore, mentre è previsto l’uso dicucine a induzione elettrica».Un altro recente progetto dei fratelli Carraro, giàrealizzato, è stato la trasformazione di una grande villadegli anni Sessanta nel centro di Mira (VE) in un gruppodi sei appartamenti. «Questi – spiega Tomaso – sonoconnessi dal gruppo scale all’edificio di nuovacostruzione, che ospita altri appartamenti del tiposimplex e duplex. Il complesso edilizio risultante sicaratterizza per il vivace intreccio dei bianchi degliintonaci, delle grandi vetrate, dei corpi in alluminio conil colore caldo delle murature in faccia a vista e per ilvolume complesso fatto di vuoti e pieni, oltre che dacompenetrazioni di volumi semplici. L’insediamentospicca, nel contesto in cui si trova, per la complessitàdella struttura e per la sua forza compositiva econtribuisce a un migliore impatto visivo del quartiere,del quale recepisce gli allineamenti fondamentali».

In alto, due render dell’insediamento di Eco Palo presso Porto Tolle (RO).Sotto, una villa anni 60 convertita in un complesso di sei appartamentiindipendenti a Mira (VE). Progetti curati dallo studio Iato di Mira (VE)www.iatoassociati.it

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L’ARCHITETTURA RURALE | Kubico

Riportare in vita un’architettura rurale e arcaica, essenza e sostanzadella terra salentina. E gli antichi trulli diventano residenze contemporanee

di Nicoletta Bucciarelli

Vastità e uniformità di uno spazio intervallato dallaciviltà contadina che qui ha radici profonde. Nelpaesaggio salentino l’uomo ha fatto dell’utilizzo dellapietra una costante per la costruzione di case, strade emuri di confine. «In fondo l’architettura da sempreregistra la storia dell’umanità incidendola sulle pietre ocon le pietre». Spiega il team della Kubico, realtà lecceseche da oltre 40 anni progetta e realizza spazi abitativi,commerciali e per il tempo libero. «Con queste pietrericavate dalla terra dissodata venivano costruite nellacampagna salentina delle costruzioni comunementechiamate “caseddhre”, “pagghiare” o “trulli”». Un retaggio antico che con il tempo ha iniziato a perdered’importanza. «È in questo scenario che si fa strada ilnostro operato. Abbiamo iniziato a collaborare con un

Le nuove “pagghiare”

imprenditore che voleva ospitare alcuni collaboratoridell’azienda. Così facendo abbiamo impedito cheun’architettura rurale e arcaica scomparisse dalloscenario della terra salentina». Il risultato è stato unprogetto architettonico assolutamente contemporaneo.«Abbiamo realizzato, senza renderli manifesti, tutti gliimpianti tecnologici che rendono possibile abitare inmaniera confortevole questo spazio. – Conclude lo staffdella Kubico – L’impiantistica è diventata ispirazione di unprogetto d’arredo contemporaneo, su misura, minimale,essenziale e artisticamente connotato. Abbiamotrasformato un “ammasso di pietre” murate a secco inuna residenza temporanea e contemporanea dotata di unambiente arredato a giorno con cucina e pranzo, di unacamera da letto e un bagno».

Nelle immagini il progetto realizzatoda Kubico Srl architettura degliinterni nel settembre 2011 aMelpignano - www.kubico.it

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Ricercare nuovi materiali e utilizzarli al meglio,affidando il controllo della qualità energetica, acustica eambientale a note aziende specializzate nel settoregrazie alle attestazioni ISO 9001 e SOA che la suaazienda possiede. È questo oggi il modus operandidell’imprenditore, che unisce innovazione a metodi estrutture tradizionali. «Quando facciamo interventi direcupero sui trulli cerchiamo di preservare il piùpossibile l’esistente, mentre quando costruiamo ilnuovo l’attenzione è rivolta alla natura e all’ambiente»,spiega Giovanni Cardone, titolare della CardoneCostruzioni.

Quali sono le caratteristiche del trullo dal punto divista architettonico?«Le principali caratteristiche del trullo possono esseresintetizzate in due concetti principali: la grande massamuraria in pietra assicura un’elevata inerzia termica e leridotte aperture verso l’esterno che garantisconoprotezione dalla radiazione solare estiva e riducono ladispersione di calore in inverno attraverso le aperture».

Quali sono i criteri che consentono di abbattere iconsumi energetici?«Anzitutto è importante isolare le superficidisperdenti dell’edificio – pareti, solai – attraversol’utilizzo di tecniche che si differenziano in base ascelte costruttive. L’installazione di infissialtamente performanti gioca un ruolofondamentale. Tra i vari tipi di isolamento, lasoluzione migliore è quella di un interventodall’esterno. Quando ciò non è possibile, siutilizzano sistemi con isolamento nell’intercapedineo dall’interno. In tutti i casi è comunque necessariorisolvere in maniera corretta tutti i ponti termici eacustici. Importante è garantire la tenutadell’edificio nei confronti dell’aria, accertandosi chenon vi siano perdite dell’aerazione. Fondamentale èanche utilizzare elementi schermanti, come aggettiorizzontali e verticali in grado di controllare lapenetrazione della radiazione solare diretta, chesoprattutto in ambiente mediterraneo, può favorireil surriscaldamento in estate».

Una delle priorità dell’architettura odierna è ottimizzare le prestazioni degli edificie riqualificare l’enorme patrimonio esistente. Giovanni Cardone pone un occhiodi riguardo verso elementi architettonici tradizionali, come i trulli

di Amedeo Longhi

Dai Trulli all’efficienza energetica

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RIQUALIFICAZIONE | Giovanni Cardone

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Se l’involucro è poco performante, si creano repentini sbalzi di temperaturaall’interno degli ambienti, che provocano sensazioni di freddo in invernoo di surriscaldamento in estate

Quali sono i benefici di chi abita un edificio conelevate prestazioni energetiche?«Se l’involucro è poco performante, si creanorepentini sbalzi di temperatura negli ambienti, cheprovocano sensazioni di freddo in inverno o disurriscaldamento in estate. Di conseguenza, pergarantire la temperatura di comfort prevista per legge,gli impianti svolgono un ruolo importante, a cui sonolegati consumi energetici elevati e costi sulla bolletta.Se l’edificio è di classe A o Passivo, ossia l’involucro èefficiente con elevata inerzia termica e ponti termicicorretti, la temperatura superficiale interna èomogenea in tutti i suoi punti e ciò garantisce unlivello di comfort e di conseguente risparmio in terminienergetici ed economici».

In che termini bisogna concretizzare lariqualificazione?«Oggi bisogna puntare sulla riqualificazione in terminienergetici. Vi sono le detrazioni fiscali sugli interventidi efficientamento energetico dell’edificio cheriguardano l’involucro, la sostituzione degli impianticon altri ad alta efficienza e l’utilizzo di fontirinnovabili, come il solare termico. L’investimento perquesto tipo di interventi è ammortizzabile in pochianni e garantisce nel tempo un risparmio energeticoquantificabile anche economicamente».

L’imprenditore Giovanni Cardone, al centro, insieme allo staff, formatodai suoi tre figli Antonio, Vito e Rosalba, della Cardone Costruzioni diLocorotondo (BA) - www.cardonecostruzioni.com

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Riqualificare gli edifici esistenti. E, nei casi più complessi, ricostruirlicompletamente. Savino D’Ambra fa il punto sulle opere di costruzionee ristrutturazione nella zona di Roma

di Lucrezia Gennari

Un approccio integratoalla ristrutturazione

Dare nuovo slancio alle vecchie architetture.Attualizzandole, studiandone colori e materiali,regalando loro una nuova armonia. È questa una delle sfide principali del GruppoD’Ambra, azienda edile romana impegnata in tutti icampi delle costruzioni, da quelle civili a quelleindustriali, attraverso un’ampia varietà di edifici estrutture. La società, guidata da Savino D’Ambra,amministratore, nel settore edile da oltre trent’anni, èin grado oggi di affrontare anche qualsiasi tipo diristrutturazione. «Siamo specializzati nellariqualificazione di fabbricati, con il rifacimento ditetti, facciate, di interi appartamenti, negozi e uffici –spiega Savino D’Ambra -. Il nostro intervento segueogni fase, dalla demolizione alla ricostruzione,offrendo un servizio completamente “chiavi in mano”

effettuato attraverso personale altamentequalificato». Negli anni l’azienda ha ampliato eaffinato le proprie capacità tecniche e produttive alpunto di essere considerata oggi una delle impreseedili più affidabili nel proprio territorio.

Nello specifico, quali tipologie di tecniche elavorazioni realizzate?«Le lavorazioni sono molteplici e spaziano dallamuratura a cortina alle tramezzature in forati, dallarealizzazione di intonaco civile per esterno o interno,con paste a base di cemento e/o gesso, fino alleopere in pietra: posa in opera di lastre di travertino,posa in opera di marmo loculo, posa in opera disoglie in lastre di travertino fino alla realizzazione diedifici in classe A».

Da sinistra, Savino D’Ambra con i soci Alberto Castelloe Carmine D’Ambra. Nella pagina accanto, Isola Sacra Fiumicinowww.gruppodambraristrutturazioni.com

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RIQUALIFICAZIONE | Savino D’Ambra

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Realizzazioni di questo tipo richiedono unaggiornamento tecnologico costante. «Negli anni abbiamo sempre rinnovato le nostreapparecchiature tecnologiche, con macchineoperatrici per il movimento terra, accessori per lestesse quali mescolatori e trivelle, nonché autocarriper la movimentazione del materiale. Disponiamoinoltre di avanzati sistemi di misurazione laser estazioni totali di rilevamento. Tutte le nostreattrezzature sono ciclicamente aggiornate con imodelli più avanzati esistenti sul mercato.L’avanguardia tecnologica è un aspettofondamentale per realizzare in completa autonomiagli interventi edili, garantendo sicurezza edesecuzione a regola d’arte nelle più svariatetipologie di lavoro».

Su Roma e provincia avete effettuato interventiimportanti. Quali i vostri lavori più rilevanti e quelli incui siete impegnati in questo momento?«Nell’ambito delle ristrutturazioni annoveriamo unavasta gamma di interventi, quali quelli sull’Hotel Ripa- Albergo Maggiore, in zona Porta Maggiore, ilMercato coperto Corviale, un fabbricato del 1930 inVia Ostilia per la società Baldesi. Abbiamo inoltrerealizzato appartamenti siti in Trastevere per contodello Studio Architetti Maggiore, Monaco e Martini.Tra i lavori eseguiti ultimamente e quelli in corsod’opera, spiccano il Rione Rinascimento in zonaBufalotta, l’Istituto Ravasco in via Pio VIII, l’IstitutoSuore S.S. Trinità (Casalotti Boccea), un condominioin Via Luigi Capucci e Unità immobiliari in localitàTorrino Mezzocamino».

Le lavorazioni sono molteplici e spaziano dalla muratura a cortinaalle tramezzature in forati, dalla realizzazione di intonaco civile per esternoo interno, con paste a base di cemento e gesso, fino alle opere in pietra

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Collaborare con altre imprese edili, con gli architetti e con i clienti per riuscirea interpretare davvero le funzionalità dell’edificio da costruire o ristrutturare.Il punto di Roberto ed Edoardo Macchiarulo

di Emanuela Caruso

Primo obiettivo,il rispetto del preesistente

Il nuovo studio del fotografo Umberto Nicoletti e ilnegozio Nicole Spose sono le ultime opere di cui sisono occupate l’Impresa Macchiarulo e la 2mingegneria, che da svariati anni collaboranoall’interno del settore edile per garantire allacommittenza e al mercato interventi edilizi efficienti edi qualità. «Proprio queste due opere su cui abbiamolavorato – spiegano Roberto ed Edoardo Macchiarulo,titolari rispettivamente dell’Impresa Macchiarulo edella 2m ingegneria – rappresentano l’anima dellanostra partnership, del nostro modo di lavorare. Nelcaso dello studio Nicoletti, infatti, l’intervento haprevisto sia una fase di progettazione, affidata allostudio 2m ingegneria, durante la quale sono statestudiate le esigenze del cliente, elaborate le soluzionimigliori e ipotizzati i materiali più adatti; sia una faserealizzativa e costruttiva, di cui si è presa cura

l’Impresa Macchiarulo. L’intervento sul negozioNicole Spose, invece, ha preso in considerazione solola realizzazione del progetto, che era già stato messoa punto dall’architetto Cristiano Oberto;in quell’occasione il nostro compito è stato di darevita all’idea dell’architetto». Unendo i reciproci punti di forza, le due società sonoquindi in grado di centrare l’obiettivo per ognicommessa, ovvero di interpretare nella manieragiusta le aspettative e necessità del cliente,arricchendole di volta in volta con consigli derivantidall’esperienza maturata nel settore. E all’interno delsettore edile, l’impresa Macchiarulo e la 2mingegneria si occupano di varie attività, tra cui almomento la più rilevante è la ristrutturazione. «Inparticolare – commenta Edoardo Macchiarulo –abbiamo in corso ristrutturazioni di esterni come

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RISTRUTTURAZIONI | Roberto ed Edoardo Macchiarulo

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facciate condominiali e pavimentazioni. Gli interventidi restauro sono molto interessanti perché,prendendo in oggetto edifici già esistenti, obbliganoa studiare soluzioni che non solo consentano direalizzare qualcosa di nuovo, ma che siano anchecompatibili con la struttura già presente». Di qualsiasi attività edilizia si parli o di qualsiasiintervento si tratti, ogni opera intrapresa dalle duesocietà è accomunata alle altre per l’attenzione alleesigenze dei committenti. «I clienti che ci contattano– continua Roberto Macchiarulo – possono rientrarein due tipologie diverse: quelli che necessitano di unprogetto e quelli che il progetto l’hanno già fattoredigere. Nel primo caso, mettiamo a lorodisposizione l’esperienza della 2m ingegneria einsieme seguiamo la fase progettuale dando il nostrocontributo sia in termini di contenimento della spesa

sia di scelta dei materiali e delle tecnologie; nelsecondo caso, mettiamo in opera il progetto che civiene realizzato. Sempre per fare in modo che leaspettative dei committenti siano soddisfatte,coordiniamo le attività di cantiere e di logistica».Ed è soprattutto in un periodo di crisi del compartoedile come quello che sta vivendo il mercato italianoche la cura nei confronti dei clienti può fare ladifferenza e mantenere competitiva un’attività.«Ai nostri utenti – concludono Spiridione, Robertoed Edoardo Macchiarulo – forniamo sempre unpreventivo che non risulti un elenco incomprensibiledi lavorazioni abbinate a una cifra, ma che sia inveceun documento che descriva in maniera dettagliataogni fase dell’intervento. Così facendo riusciamo atutelare i committenti e a garantire loro un’operafinita di elevata qualità».

La ristrutturazionepermette di progettaresoluzioni nuove capaci

di entrare in sinergiacon la parte già

esistente dell’edificio

In apertura, da sinistra, l’ingegner Edoardo Macchiarulo responsabile della 2m ingegneria, Spiridione Macchiarulo fondatore dell’impresa Macchiarulo Srl e ilgeometra Roberto Macchiarulo, responsabile dell’impresa Macchiarulo.Qui, alcuni lavori realizzati dall’impresa Macchiarulo - www.macchiarulosrl.it

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RISTRUTTURAZIONI | Nunzio Giardiello

Tecnologie e nanotecnologie,insieme a vernici innovative, permettonodi termoisolare e contrastare lo smogurbano. Nunzio Giardiello fa il puntosulle più recenti soluzioni

di Valerio Germanico

Nuova vitaai vecchi edifici

Di fronte alla crescente attenzione per il rispettoambientale, il risparmio energetico e l’obbligo dellecertificazioni per gli immobili in vendita e locazione,la nuova sfida per l’universo delle costruzioni èrappresentata dalla ristrutturazione degli edificiesistenti. «Oggi una delle più importanti missionidell’edilizia è ridare nuova vita a immobili chemagari hanno il pregio dell’età, ma una concezionearchitettonica ormai superata rispetto agli standardmoderni. Bisogna quindi intervenire in particolaresotto il profilo del recupero energetico di altaefficienza e anche nella direzione della ricerca delbenessere per chi abita gli edifici». A parlare èNunzio Giardiello, amministratore unico della Gemi,impresa di costruzioni nel milanese specializzatanelle ristrutturazioni di interni ed esterni di immobilicivili e commerciali. «La tecnologia e i nuovimateriali presenti sul mercato ci permettono, oggi,anche l’applicazione di soluzioni protettive neiconfronti degli inquinati – aspetto che in una realtàcome Milano non è trascurabile. Utilizzando lenanotecnologie, poi, è possibile realizzare cappottitermici a bassissimo spessore (da 1 a 2 centimetri) e

Nunzio Giardiello, amministratore unico della società di costruzioni GemiSrl di Milano. Nelle immagini lavori di ristrutturazione eseguiti dalla [email protected]

ad alta coibentazione. Questo sistema consente inpochi centimetri, spesso nello spazio del vecchiointonaco, di installare un cappotto con finituraverniciata a elevatissimo risparmio energetico e lagaranzia di funzionamento per una durata di 60anni». Altre soluzioni per il risparmio energeticosono rappresentate dalle vernici termiche, sia perinterni che per esterni. «Queste hanno il vantaggio dideterminare una riduzione drastica dei ponti termicidell’involucro edilizio. Sono inoltre ionizzanti edepurano l’aria, evitando il deposito di sporco sullesuperfici. Essendo arricchite con ioni di argento(Ag+) eliminano le muffe e le condense. Infine,riflettono i raggi Ir, equalizzando la temperaturainterna degli ambienti – fattore importante per lasalubrità degli ambienti, che si riflette in un estremosenso di benessere per tutto il corpo. Ancora,guardando al rispetto dell’ambiente, l’utilizzo dellevernici per esterni silossaniche con biossido dititanio (TiO2) fotocatalitico permette di abbattere gliagenti inquinanti nell’aria, mantenendo le superficisempre pulite, evitando il deposito dello smog edepurando l’aria circostante».

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OPERE PUBBLICHE | Antonio Pinzone

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Nel campo dei lavori pubblici, dalla collaborazionetra imprese di costruzione, ingegneri, architetti etecnici nascono opere che riescono a superare gliostacoli connessi alle difficoltà dovute alla conformitàdel terreno. Come nel caso della sistemazione idraulicadel torrente Mandarino, nella frazione di Altolia. «Lasistemazione del torrente è una delle opere piùimportanti che la Regione Sicilia ha appaltato negliultimi anni nella provincia di Messina».L’amministratore Antonio Pinzone introduce uno deilavori che sta affrontando la Cospin, realtà delcatanese che opera nel settore delle opere pubbliche edel privato. Si tratta di un’opera molto attesa dallapopolazione, perché connessa all’alluvione del 2009avvenuta a seguito del nubifragio che aveva provocatovittime e danni alle abitazioni. «La collaborazione congli architetti e gli ingegneri, ovvero con la direzione deilavori, è stata costante. Questo ci ha consentito disuperare diversi ostacoli, come trovare percorsi

alternativi al deflusso del torrente». L’opera è infatticaratterizzata da una configurazione morfologica didifficile raggiungimento. «Le lavorazioni necessarie inquesto contesto sono state molteplici: muri, canali incemento armato, consolidamento e bonifica di paretirocciose instabili e ad alto rischio idrogeologico. Perquesti ultimi lavori, è stata composta una squadra dirocciatori e speleologi e sono inoltre stati impiegatielicotteri per trasportare materiali». Un altro ostacolosi è inoltre verificato nel trovare la soluzione per ilpassaggio dei sottoservizi all’interno dell’opera disovrapposizione di un manto stradale e un canalesotterraneo. In fase di progettazione la difficoltà stavanel trovare la loro migliore collocazione. «Grazie allapresenza dei nostri tecnici abbiamo creato uno stratodi inerte tra la piastra di copertura del canale ed ilpiano stradale dove abbiamo collocato dettisottoservizi. Una miglioria rivelatasi strategica poichénon ha deturpato il paesaggio».

Opere pubbliche a sostegno e rispettodel paesaggio che nascono dallacooperazione tra imprese di costruzione,tecnici e architetti. Il caso della sistemazionedel torrente Mandarino

di Marco Tedeschi

Interventiper il paesaggio

Rocciatori in azione per i lavori di sistemazione idraulica del torrenteMandarino della frazione di Altolia, Messina, condotti dalla Cospin Srldi Catania. Sopra, Antonio Pinzone, amministratore della Cospin [email protected]

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INTERVENTI SPECIALI | Salvatore Rapisarda

Diverse tipologie d’intervento in ambitoarchitettonico ed edilizio prevedono la necessità dioperare in quota, rinunciando alla comodità e allasicurezza del lavoro a terra. Questa condizionicomporta a sua volta diverse difficoltà eproblematiche, molte delle quali possono essererisolte dall’intervento di operatori specializzati. Unodei essi è Salvatore Rapisarda, amministratore dellasocietà siciliana Edil Rock, che da oltre un decennioopera nel settore dei consolidamenti di costonirocciosi e del monitoraggio, manutenzione, recupero econservazione di infrastrutture varie. «La natura degliinterventi, eseguiti mediante tecniche alpinistiche eaffini, è molto particolare. Pur puntandoprincipalmente al raggiungimento dello scopospecifico del lavoro commissionato infatti, il valoreaggiunto di questa modalità di operare consiste nellapossibilità di ridurre drasticamente l’impatto visivi einvasivi del cantiere, dovuto per esempio allapresenza di ponteggi o piattaforme aeree». Nel corso degli anni, della propria attività, EdilRock ha sviluppato tecniche di posa e di

Dall’unione di ingegneria, geologia, speleologia e alpinismo, è nata una figurafondamentale nell’attività di conservazione e manutenzione del patrimonioarchitettonico naturale e artificiale. La descrive Salvatore Rapisarda

di Amedeo Longhi

L’architettura sfida la gravità

intervento specificamente studiate per risolvere lediverse problematiche che si presentano nell’ambito diambienti di difficile operatività e logistica: «Pensiamoad esempio ai tempi di esecuzione dell’intervento, checon questa tecnica vengono ottimizzati, al rispetto deiluoghi e della natura, nonché delle normative vigenti inmateria di sicurezza». Gli ambiti in cui questo tipo diprofessionalità può essere impiegata sonoestremamente vari: «Ci occupiamo della progettazionee realizzazione di consolidamenti, di bonifiche emessa in sicurezza dei versanti rocciosi, di opere diingegneria naturalistica, rilievi topografici egeostrutturali, manutenzione su stabili a qualsiasialtezza e in siti di difficile accessibilità e recupero delpatrimonio edilizio tramite il consolidamento dimanufatti». Per svolgere questo lavoro non èsufficiente la classica esperienza accademica eprofessionale: «Oltre al possesso di conoscenze incampo ingegneristico e geologico, i componenti delnostro staff possiedono esperienze alpinistiche

pluriennali e qualifiche specifiche, sia lavorativesia relative alla sicurezza».

Salvatore Rapisarda,amministratore della Edil Rock Srl di Belpasso (CT)www.edilrock.com

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Secondo Coldiretti sono più di 3300 gli ettari diterreno agricolo che, sul territorio nazionale, sonoutilizzati da impianti a terra. È stato proprio per fermareil “fotovoltaico selvaggio” e preservare il suolocoltivabile che il Governo ha previsto, nell’ambito deldecreto legge numero 27/2012, all’articolo 65, lasospensione degli incentivi per l’installazione diimpianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terrain aree agricole. Naturalmente questa importantemodifica è stata recepita dagli operatori del settore, fra

I recenti aggiornamenti normativi hanno determinato un nuovo modo di progettarel’installazione di impianti fotovoltaici, non più a terra ma sui tetti degli edifici.Salvatore Lo Greco illustra tutte le novità

di Amedeo Longhi

Progettazione integrata per il fotovoltaico

i quali figura anche Salvatore Lo Greco, amministratoredi Spes Engineering: «Già dal 2010, prevedendo questatendenza normativa, abbiamo adeguato la nostraofferta, ovvero specializzandoci nell’installazione diimpianti fotovoltaici sui tetti, in particolare di opificiindustriali, fabbricati rurali e serre». Recentemente lasocietà siciliana ha portato a termine un progetto perun’azienda agricola realizzando degli opifici per latrasformazione dei prodotti agricoli, coltivati e lavoratiin loco dalla stessa azienda, con copertura composta

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RINNOVABILI | Salvatore Lo Greco

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da pannelli fotovoltaici. «In questo modo è possibilesfruttare l’energia elettrica prodotta da fonte solare siaper abbattere i consumi necessari all’attività agricolasia, immettendo il surplus in rete, per ricavarne unintroito. In un centro ippico di Pozzallo, per fare un altroesempio, abbiamo realizzato i box che ospitano i cavallidurante le gare con copertura fotovoltaica».Soluzioni analoghe sono state studiate anche perserre. Naturalmente, dal punto di vista progettuale,le complicazioni aumentano: «Nel progettare sia leserre che i capannoni abbiamo dovuto studiare erealizzare la struttura prevendendo l’installazionedell’impianto fotovoltaico. Dal punto di vista elettriconon cambia nulla; da quello costruttivo invece, èchiaro che installare un impianto a terra èun’operazione che non comporta complicanze sottoil profilo strutturale, mentre per realizzare impiantifotovoltaici su capannoni bisogna effettuare precisicalcoli strutturali da depositare al Genio Civile,redigere relazioni di calcolo. Anche di questo siamoin grado di occuparci noi, grazie a un team compostoda figure professionali specializzate». Ripercussionisi sono avute anche dal punto di vista commerciale:«Rispetto agli anni passati, è aumentata la richiestada parte del mercato di impianti su edifici, ancheindustriali, perché la normativa agevola questo tipo

di opere. Bisogna sottolineare che è particolarmenteconveniente, oltreché prevedere un impianto su unanuova struttura, realizzarlo su una esistente,sostituendo la copertura tradizionale, magari inEternit, con un impianto fotovoltaico, operazione percui è possibile usufruire di incentivi premioaggiuntivi a quelli già previsti dal c.d. ContoEnergia». Va però registrata la presenza di voci cheparlano di un nuovo Conto Energia che potrebbeanticipare l’abbassamento delle tariffe. Questo stainnescando una fase di stand by che coinvolgeinterventi di qualsiasi tipo, dal piccolo impianto aquello industriale. «Il problema maggiore di questainstabilità legislativa è la risposta del sistemabancario che stenta a dare il proprio sostegno agliimprenditori in assenza della certezza dideterminazione preventiva del contributo economicoda parte dello Stato. Tra l’altro, se è vero che si èassistito ad un sensibile abbassamento del prezzodei pannelli, che sino a qualche anno fa eraabbastanza alto e incideva molto su quello totaledell’impianto, il resto dei componenti, nonché lamanodopera e i numerosi costi fissi si mantengono alivelli elevati. Si pensa che abbassando le tariffe ilmercato si possa immediatamente adeguare diconseguenza, ma purtroppo non è così».

La Spes Engineering Srl si trova a Catania. Nella foto in apertura, la copertura di un capannone in Zona Industriale. Sopra, serre e box per cavalli dotatidi impianti fotovoltaici sui tetti - www.spesengineering.com

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Al pari di qualsiasi altra costruzione, anche gli impianti tecnologici oggi si collocanoin un contesto al quale devono armonizzarsi. L’esperienza di Arabella Valdieri

di Lucrezia Gennari

L’architettura delle telecomunicazioni

Gli impianti di telecomunicazioni, nell’eramoderna, diventano parte integrante dei paesaggi. Esi evolvono, non solo allo scopo di ottenereperformance sempre più soddisfacenti, ma anche perarmonizzarsi al meglio con il contesto in cui sorgono,al pari di ogni altro tipo di architettura. Proprio nelsettore degli impianti di telecomunicazione opera lasocietà Engineering & Technology Spa guidata dalladottoressa Arabella Valdieri. L’azienda è attiva daanni nel comparto delle costruzioni civili, industrialied elettromeccaniche. «Negli ultimi tempi abbiamoscelto di effettuare una serie di investimenti - spiegala titolare – mirati allo studio e all’implementazionedelle strutture e delle infrastrutture dedicate agliimpianti tecnologici civili e industriali e alla loromanutenzione». In virtù di questo principio, laSocietà Engineering & Technology Spa ha rilevato lequote di una società di carpenteria metallica, nonchéle quote di uno studio di progettazione.Un’operazione che ha consentito all’azienda diavviare una divisione dedicata alla realizzazione diopere civili, industriali e tecnologiche.

Proprio all’interno di questa divisione si collocanoanche le attività inerenti le telecomunicazioni«Ad oggi abbiamo già realizzato importanti opere evantiamo, tra le nostre referenze per letelecomunicazioni,attività di ristrutturazione di diversecentrali, Ced, e uffici di rappresentanza. Sul frontedelle opere pubbliche siamo stati impegnati nelleristrutturazioni di poli museali, operando su tutto ilterritorio nazionale. Il nostro lavoro copre ogni fase direalizzazione, dalla progettazione al finito “chiavi inmano”. La peculiarità in questo ambito è stata proprioquella di aver operato anche nel comparto delletelecomunicazioni, un settore particolarmentedelicato, dove è fondamentale la perfetta esecuzionedelle opere, che per la loro particolare destinazioned’uso, devono essere realizzate a regola d’arte egarantite nel tempo».

Quale valore aggiunto offre alla società l’attivitànell’ambito delle telecomunicazioni?«Lavorare per le telecomunicazioni aggiunge unimportante valore al vostro know how e attualmente

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IMPIANTI | Arabella Valdieri

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questo settore rappresenta una buona percentuale delnostro core business. Le nostre attività in materia ditelecomunicazioni spaziano dalla progettazione erealizzazione di stazioni radio base a servizio della reteradiomobile, alla realizzazione di impianti di energia eclimatizzazione a servizio delle centrali telefoniche,dagli impianti in fibra ottica alla trasmissione dati finoalla manutenzione delle centrali».

Dal punto di vista più strettamente “edile”, qualiparticolari costruzioni sono richieste per questo tipodi impianti e come si coniuga la funzionalitàdell’impianto con l’impatto estetico che questo hasull’ambiente circostante?«Per quanto concerne la parte edile, al di là dellenormali attività di progettazione e costruzione,abbiamo sviluppato un fortissimo know how in materiadi progettazione e realizzazione di opere di carpenteriametallica sia pesante che leggera: si spazia dallacostruzione di tralicci per l’alloggiamento delleantenne e delle parabole, alla realizzazione di struttureportanti dedicate alle costruzioni di alloggi, padiglioni,

scale. Anche l’impatto estetico naturalmente èimportante, e un impianto tecnologico può essereanche visivamente gradevole se la sua progettazionetiene conto del contesto in cui sarà inserito e se nellarealizzazione vengono impiegati i materiali giusti».

Al di là degli impianti per telecomunicazioni, lasocietà Engineering & Technology Spa può essereconsiderata una multiservizi che si occupa anche dialtre tipologie di impianti tecnologici industriali.Quali nello specifico?«Realizziamo linee aeree ad alta tensione (fino a 380kV), linee interrate a media e alta tensione (fino a380 kV), cabine e sottostazioni a media e altatensione, sistemi di telecontrollo e automazionedegli impianti, distribuzione elettrica (cabine ditrasformazione, quadri elettrici, impianti di terrasistemi di alimentazione), impianti diclimatizzazione e trattamento dell’aria, impianti dienergia (gruppi elettrogeni, UPS, sistemi dibatterie), impianti di energia alternativa (eolico,fotovoltaico, biomasse)».

Arabella Valdieri, titolare della Engineering &Technology Spa di Grottaferrata (RM)

[email protected]

Un impianto tecnologicopuò essere anche

visivamente gradevolese la sua progettazione

tiene conto del contestoin cui sarà inserito e se

vengono impiegati imateriali giusti

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