Arcucci Sett 08 Rcf

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7/17/2019 Arcucci Sett 08 Rcf http://slidepdf.com/reader/full/arcucci-sett-08-rcf 1/2 LETTERA FINANZIARIA Lugano, settembre 2008 del Prof. Francesco Arcucci LA VERA STORIA DELLA CRISI FINANZIARIA R.C.F. Research, Consulting and Forecasting S.A. Via Peri 21 CH-6900 Lugano Tel. 091/922 90 01 Fax 091/922 90 77 E-mail [email protected] In principio vi erano i richiedenti mutui per acqui- stare case e uffici e banche specializzate o univer- sali che emettevano obbligazioni o cartelle fondia- rie per finanziare la concessione di tali mutui ga- rantiti da ipoteche. Poi vennero i tempi moderni. Le banche, invece di tenere in portafoglio questi mutui cominciarono a venderli ad altre istituzioni che emettevano titoli garantiti dai mutui stessi. Questi titoli vennero suddivisi in fette (tranches), diciamo cinque fette. La prima fetta, pari al 20%, riceveva un flusso di  pagamenti per il rimborso progressivo del capitale e per gli interessi sull’intera massa dei mutui. O- gni mese, se dopo aver soddisfatto i detentori del- la prima fetta vi era ancora danaro disponibile, venivano pagati i detentori della seconda fetta e via dicendo, fino ai detentori dell’ultimo 20% su cui si scaricavano le eventuali insolvenze di capi- tali e interessi. Ma, se le insolvenze erano maggio- ri del 20%, veniva intaccata anche la penultima fetta, oltre al fatto che l’ultima non valeva più nul- la, e così via. Cioè al crescere delle insolvenze sui mutui, anche le fette precedenti l’ultima potevano azzerarsi di valore. La cosa sembra già abbastanza complessa perché questi titoli garantiti dai mutui trovavano investi- tori che, a fronte di gradi diversi di rischio, otte- nevano rendimenti crescenti, nel contesto di un mercato molto diversificato e sofisticato. Ma que- sta complessità aumentava nettamente quando su questa struttura ne veniva costruita un’altra (deri- vata) rappresentata dalle collateralized debt obli- gations (CDOs) che venivano vendute ad altri in- vestitori contro garanzia, non dei mutui, ma dei ti- toli garantiti dai mutui. Anche le CDOs erano suddivise in tranches dalle più elevate (con meno rischio) chiamate super-senior, alle più basse, re- canti un rischio maggiore, ma con rendimenti an- che del 20%-30% (quelli che interessavano certe categorie di fondi speculativi, tipo hedge funds). Per non parlare di altri prodotti derivati costruiti sui CDOs, come i CDOs sintetici, o i CDO- squared che sono dei CDOs che posseggono altre tranche di CDOs. Le agenzie di rating valutavano le super-senior tranches come massimamente affidabili (AAA ri- spetto, ad esempio, ad A+ dei titoli del governo i- taliano) perché esse erano protette dal fatto che le fette inferiori assorbivano tutte le perdite relative al loro livello. Questa costruzione si basava su un mercato im- mobiliare in continua ascesa (real estate going up forever) e su una buona affidabilità media della massa dei mutuatari (diciamo circa 80 milioni di americani). Ma, quando i prezzi di molte case so- no scesi al di sotto del valore del debito residuo del mutuo, le famiglie americane che si trovavano in queste condizioni hanno applicato la clausola che consente negli Stati Uniti di sbarazzarsi del debito cedendo l’immobile alle banche (con rela- tivo invio delle chiavi). A quel punto, a fronte dei titoli di emessi non vi era più, per importi rilevan- ti, un flusso di rimborsi di capitale e pagamento di interessi, ma un bene immobile sfitto e spesso in- vendibile. Una crescente massa di obbligazioni garantite da mutui e da CDOs (quelle delle fette  più basse) si era azzerata come valore. Nel timore che anche le fette migliori subissero grandi minu- svalenze, il mercato di questi titoli si è bloccato.  Nessuna istituzione che voleva vendere ha trovato

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LETTERA FINANZIARIALugano, settembre 2008

del Prof. Francesco Arcucci

LA VERA STORIA DELLA CRISI FINANZIARIA

R.C.F.

Research, Consulting and Forecasting S.A.

Via Peri 21 CH-6900 Lugano Tel. 091/922 90 01 Fax 091/922 90 77 E-mail [email protected]

In principio vi erano i richiedenti mutui per acqui-

stare case e uffici e banche specializzate o univer-

sali che emettevano obbligazioni o cartelle fondia-

rie per finanziare la concessione di tali mutui ga-

rantiti da ipoteche.

Poi vennero i tempi moderni. Le banche, invece di

tenere in portafoglio questi mutui cominciarono a

venderli ad altre istituzioni che emettevano titoli

garantiti dai mutui stessi. Questi titoli vennero

suddivisi in fette (tranches), diciamo cinque fette.

La prima fetta, pari al 20%, riceveva un flusso di

 pagamenti per il rimborso progressivo del capitale

e per gli interessi sull’intera massa dei mutui. O-

gni mese, se dopo aver soddisfatto i detentori del-

la prima fetta vi era ancora danaro disponibile,

venivano pagati i detentori della seconda fetta e

via dicendo, fino ai detentori dell’ultimo 20% su

cui si scaricavano le eventuali insolvenze di capi-

tali e interessi. Ma, se le insolvenze erano maggio-

ri del 20%, veniva intaccata anche la penultima

fetta, oltre al fatto che l’ultima non valeva più nul-

la, e così via. Cioè al crescere delle insolvenze sui

mutui, anche le fette precedenti l’ultima potevano

azzerarsi di valore.

La cosa sembra già abbastanza complessa perché

questi titoli garantiti dai mutui trovavano investi-

tori che, a fronte di gradi diversi di rischio, otte-

nevano rendimenti crescenti, nel contesto di un

mercato molto diversificato e sofisticato. Ma que-

sta complessità aumentava nettamente quando su

questa struttura ne veniva costruita un’altra (deri-

vata) rappresentata dalle collateralized debt obli-

gations (CDOs) che venivano vendute ad altri in-

vestitori contro garanzia, non dei mutui, ma dei ti-

toli garantiti dai mutui. Anche le CDOs erano

suddivise in tranches dalle più elevate (con meno

rischio) chiamate super-senior, alle più basse, re-

canti un rischio maggiore, ma con rendimenti an-

che del 20%-30% (quelli che interessavano certe

categorie di fondi speculativi, tipo hedge funds).

Per non parlare di altri prodotti derivati costruiti

sui CDOs, come i CDOs sintetici, o i CDO-

squared che sono dei CDOs che posseggono altre

tranche di CDOs.

Le agenzie di rating valutavano le super-senior

tranches come massimamente affidabili (AAA ri-

spetto, ad esempio, ad A+ dei titoli del governo i-

taliano) perché esse erano protette dal fatto che le

fette inferiori assorbivano tutte le perdite relative

al loro livello.

Questa costruzione si basava su un mercato im-

mobiliare in continua ascesa (real estate going up

forever) e su una buona affidabilità media della

massa dei mutuatari (diciamo circa 80 milioni di

americani). Ma, quando i prezzi di molte case so-

no scesi al di sotto del valore del debito residuo

del mutuo, le famiglie americane che si trovavano

in queste condizioni hanno applicato la clausola

che consente negli Stati Uniti di sbarazzarsi del

debito cedendo l’immobile alle banche (con rela-

tivo invio delle chiavi). A quel punto, a fronte dei

titoli di emessi non vi era più, per importi rilevan-

ti, un flusso di rimborsi di capitale e pagamento di

interessi, ma un bene immobile sfitto e spesso in-

vendibile. Una crescente massa di obbligazioni

garantite da mutui e da CDOs (quelle delle fette

 più basse) si era azzerata come valore. Nel timore

che anche le fette migliori subissero grandi minu-

svalenze, il mercato di questi titoli si è bloccato.

 Nessuna istituzione che voleva vendere ha trovato

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La presente pubblicazione, pur esprimendo opinioni attentamente elaborate e controllate, ha carattere puramente infor-

mativo e non deve essere considerata come una raccomandazione di investimento.

un compratore e il valore di questi enormi porta-

fogli titoli è passato da una valutazione mark-to-

market, cioè stabilita sulla base di prezzi fatti, ad

una stima incerta fissata spesso in modo cervello-

tico (mark-to-model).

Le autorità di vigilanza e le società di certificazio-

ne, a questo punto, hanno che almeno una parte

delle minusvalenze venisse prudenzialmente regi-

strata e gli attivi delle banche, dei fondi, delle as-

sicurazioni e di tutte le istituzioni che disponeva-

no di rilevanti portafogli di titoli del tipo menzio-

nato hanno "cominciato" trimestre dopo trimestre

a registrare minusvalenze. Se, infatti, invece di

spalmare tali minusvalenze nel tempo si fossero

decisi a registrarle in un colpo solo, il valore

dell’attivo sarebbe precipitato al di sotto dei debiti

azzerando, o anzi rendendo negativo il capitale

 proprio e, comunque, portandolo al di sotto per le

 banche di quanto previsto dagli accordi di Basilea

1 e 2. Spalmare nel tempo è diventata la parola

d’ordine che, da un lato, consente alle banche di

sopravvivere, dall’altro, rende certi, direi "ipote-

ca", cattivi risultati anche in futuro.

E’ una guerra contro il tempo. Su un piatto della

 bilancia, i risultati della gestione ordinaria corren-

te, spesso positivi, e i possibili ricorsi al mercato

dei capitali per raccogliere nuovi mezzi propri.

Sull’altro piatto, le perdite che, anche su pressanti

richieste dei supervisori, devono essere fatte e-

mergere. A decidere la tenzone il mercato immo-

 biliare. Se i prezzi degli immobili si dovessero an-

cora flettere sensibilmente, la quantità di famiglie

che restituiscono la casa alle banche, che è già og-

gi elevata, diventerebbe una valanga capace di tra-

scinare a valle l’intera struttura finanziaria del Pa-

ese, con effetti devastanti sul settore finanziario

dell’intera economia mondiale. Se, invece, i prez-

zi sul mercato immobiliare ricominciassero a sali-

re, le minusvalenze negli attivi bancari si ridur-

rebbero e il mondo della finanza sarebbe salvo.

E qui operano le banche centrali che, abbando-

nando ogni pretesa di esercizio di una politica

monetaria disciplinata, per favorire una ripresa del

mercato immobiliare devono fare una sola cosa:

stampare, stampare, stampare moneta. La Fed lo

ha capito, ma il suo tentativo di salvare il mercato

immobiliare senza causare una recrudescenza

dell’inflazione è facile come quello di un trapezi-

sta che tenti un triplo salto mortale senza rete.

Quanto alla BCE, che continua a concentrarsi sul-

la lotta all’inflazione, c’è da domandarsi se ha ca-

 pito l’importanza della posta in palio.

Francesco Arcucci