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084 L e fabbriche d’armi cecoslovacche erano considerate tra le miglio- ri del mondo già ai tempi della Prima guerra mondiale, quando ancora il territorio faceva parte dell’impero austro-ungarico, e subito dopo il con- flitto poterono approfittare del divieto imposto alla Germania di costruire armamenti, divieto che evidentemente non riguardava quelle nazioni nate dal disfacimento dell’impero che poteva- no fregiarsi del fatto di aver anelato da tempo alla loro indipendenza e di aver addirittura combattuto con vari reparti irregolari contro gli Asburgo. La Boemia, la Moravia e la Slovacchia erano state le regioni più industrializzate dell’impero e, grazie alle nuove opportunità le loro fabbriche riuscirono a crearsi un buon mercato mondiale relativamente ai fucili derivati dal Modello 98 e, soprattutto, dalle matite dei numerosi e validi proget- tisti locali uscirono armi che hanno fatto la storia, come lo ZB26, che attraversata la Manica diventerà nientemeno che sua maestà il Bren, o lo strano ZH29, ben più avanti del quasi contemporaneo Garand americano ma che al contrario di questi ebbe un limitato successo. Ma se nelle armi lunghe i tecnici cecoslovacchi bril- lavano, decisamente non si può dire che si facessero altrettanto notare nel campo di quelle corte. Tra le due guerre le pi- stole cecoslovacche erano armi anonime o complicate, realizzate però, almeno questo, con ottimi materiali e con una discreta cura: la CZ 24 era inutilmente complicata per il calibro utilizzato e tut- to sommato era molto debitrice alla te- desca Mauser 1910-14, la 27, sua stretta derivata, era una pistola da tasca senza infamia e senza lode come tante altre sue coetanee, la 38 era una delle armi più assurde mai prodotte, eppure venne formalmente adottata dall’esercito. Mancava qualche idea brillante e, so- prattutto, mancavano armi di calibro adeguato, dal 9x19 in su. Dopo la Seconda guerra mondiale, la Cecoslo- vacchia cadde sotto l’influenza sovietica ma anche sotto la pesante cappa dirigistica di Mo- sca ebbe modo di farsi notare per un certo CZ 75 SP-01 SHADOW CAL. 9X21 IMI Dna sportivo Le pistole della serie 75 rappresentano uno dei progetti più intelligenti e funzionali nel campo delle semiautomatiche. La CZ (Ceska Zbrojovka) ne offre in continuazione nuovi allestimenti: esaminiamo il più recente, catalogato sportivo di Giuliano Cristofani La slitta Picatinny si integra con le vistose fiancate anteriori del castello: l’estetica è forse un po’ greve ed il peso notevole, ma la pistola è destinata soprattutto al tiro sportivo Il grilletto (di cui pare siano dispo- nibili un paio di forme), presenta un grano per la regolazione del collasso di retroscatto. Il pul- sante di sgancio del caricatore è reversibile: notare come sporge la parte che deve essere premuta

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Le fabbriche d’armi cecoslovacche erano considerate tra le miglio-ri del mondo già ai tempi della

Prima guerra mondiale, quando ancora il territorio faceva parte dell’impero austro-ungarico, e subito dopo il con-flitto poterono approfittare del divieto imposto alla Germania di costruire armamenti, divieto che evidentemente non riguardava quelle nazioni nate dal disfacimento dell’impero che poteva-no fregiarsi del fatto di aver anelato da tempo alla loro indipendenza e di aver addirittura combattuto con vari reparti irregolari contro gli Asburgo. La Boemia, la Moravia e la Slovacchia erano state le regioni più industrializzate dell’impero e, grazie alle nuove opportunità le loro fabbriche riuscirono a crearsi un buon

mercato mondiale relativamente ai fucili derivati dal Modello 98 e, soprattutto, dalle matite dei numerosi e validi proget-tisti locali uscirono armi che hanno fatto la storia, come lo ZB26, che attraversata la Manica diventerà nientemeno che sua maestà il Bren, o lo strano ZH29, ben più avanti del quasi contemporaneo Garand americano ma che al contrario di questi ebbe un limitato successo. Ma se nelle armi lunghe i tecnici cecoslovacchi bril-

lavano, decisamente non si può dire che si facessero altrettanto notare nel campo di quelle corte. Tra le due guerre le pi-stole cecoslovacche erano armi anonime o complicate, realizzate però, almeno questo, con ottimi materiali e con una discreta cura: la CZ 24 era inutilmente complicata per il calibro utilizzato e tut-to sommato era molto debitrice alla te-desca Mauser 1910-14, la 27, sua stretta derivata, era una pistola da tasca senza infamia e senza lode come tante altre sue coetanee, la 38 era una delle armi più assurde mai prodotte, eppure venne formalmente adottata dall’esercito.Mancava qualche idea brillante e, so-prattutto, mancavano armi di calibro

adeguato, dal 9x19 in su.Dopo la Seconda guerra mondiale, la Cecoslo-vacchia cadde sotto l’influenza sovietica ma anche sotto la pesante cappa dirigistica di Mo-sca ebbe modo di farsi notare per un certo

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Dna sportivoLe pistole della serie 75 rappresentano uno dei progetti più intelligenti e funzionali nel campo delle semiautomatiche. La CZ (Ceska Zbrojovka) ne offre in continuazione nuovi allestimenti: esaminiamo il più recente, catalogato sportivo

di Giuliano Cristofani

la slitta Picatinny si integra con le vistose fiancate anteriori del castello: l’estetica è forse un po’ greve ed il peso notevole, ma la pistola è destinata soprattutto al tiro sportivo

Il grilletto (di cui pare siano dispo-nibili un paio di forme), presenta un grano per la regolazione del collasso di retroscatto. Il pul-sante di sgancio del caricatore è reversibile: notare come sporge la parte che deve essere premuta

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tutto. In questo periodo, poi, l’industria cecoslovacca si interessò anche delle armi da caccia e da difesa, esportandole in modo discontinuo in Occidente sotto il nome di Brno: tra queste si facevano no-

grado di indipendenza adottando ad esempio la carabina VZ52 in un ca-libro intermedio particolare, il 7,5x45, che oggi potrebbe soddisfare le moder-ne esigenze belliche.

Arriva la CZ 75In questo periodo, finalmente, arri-varono idee nuove anche nel campo delle armi corte, ma si dovette tenere conto dell’imposizione del calibro 7,62 Tokarev: l’arma scelta fu la CZ 52, con chiusura derivata nientemeno che dalla MG42, ed anche qui si ebbe un guizzo di libertà standardizzando la cartuccia a va-lori molto superiori di quelli russi, evi-tando che gli alleati potessero utilizzarla. Quando infine i “padroni” imposero anche il passaggio al 7,62x39, i cecoslo-vacchi progettarono un loro fucile di as-salto, il Vz58, dall’estetica simile a quella dell’AK47 ma dal funzionamento com-pletamente diverso, dimostrando ancora una volta le loro capacità progettuali e la loro voglia di non uniformarsi mai del

tare i revolver Grand, le semiautomatiche della CZ di ispirazione PPK e le carabine ad otturatore della serie ZKK, armi ro-buste e funzionali ma non certo rivolu-zionarie. Nel 1975, all’improvviso, venne presentata una pistola semiautomatica incredibilmente innovativa e dotata di un’ergonomia fantastica, camerata per l’occidentale 9 Parabellum: la CZ 75. Ricordiamo ancora un lungo servizio dedicatole da una delle maggiori testate

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definire robusta la tacca della Shadow è… riduttivo

Il mirino ospi-ta uno spez-zone di fibra ottica rossa. Notare la can-na sporgente di c irca sei millimetri che ha permesso la nuova ca-talogazione sportiva; in evidenza an-che le lunghe guide interne di scorrimen-to del carrello

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dall’originaria pistola, altri un po’ cre-sciuti dimensionalmente in quanto ca-merati per il .45 ACP ed altri ancora con gli ormai immancabili fusti in polimero, ma tutti ripropongono le idee che hanno decretato il successo di queste armi: car-rello che scorre su guide interne a tutta lunghezza, caricatore bifilare, doppia azione, precisione ed affidabilità da ven-dere, impugnatura praticamente perfetta. Ma andiamo a vedere l’interno di queste armi. La chiusura geometrica è deriva-ta, un po’ come le guide interne a tutta lunghezza, dalla Sig P.210 ed è quindi un sistema Petter, con la differenza che lo zoccolo sotto la canna è pieno e non at-traversato da una fresatura longitudinale come sull’arma svizzera: la canna appog-gia quindi sul perno dell’hold open senza avere due punti laterali di contatto che la stabilizzerebbero (forse) meglio. La chiu-sura vera e propria fa ricorso ai classici due risalti che fanno presa nelle corri-spondenti fresature sul cielo del carrello e la canna scorre anteriormente in

statunitensi (Guns & Ammo?), con la fo-to dell’arma mezza nascosta da una fitta grata metallica a simboleggiare la fami-gerata “cortina di ferro”: l’autore si chie-deva, quasi preoccupato, come mai un Paese dell’Est avesse presentato un’arma in 9x19 e concludeva temendo che po-tesse essere fornita ai vari movimenti di

guerriglia antioccidentali. Il timore era ovviamente dettato dal fatto che lo stesso autore non poteva esimersi dal conside-rare l’arma un progetto estremamente valido e riuscito. Nella realtà la pistola

ebbe una commercializ-zazione frenata dalle pa-stoie burocratiche, sia in uscita dalla Cecoslovac-chia sia in entrata negli Stati Uniti, e soprattutto scontò il fatto di non essere brevettata in Occi-dente: vari produttori ne copiarono a man bassa idee e quote, proponen-do ai mercati qualcosa di simile ma nato al di qua della cortina.

La versione “sportiva”Poi, come noto, la cortina è caduta e le pistole della CZ, dopo varie ristruttu-razioni dell’azienda per adeguarsi all’economia di mercato, sono oggi distribuite senza alcun problema e, ad oltre trentacinque anni dalla loro progettazione, sono ancora attualissime e vedono ogni anno arri-vare qualche “novità”. Il ventaglio delle offerte è attualmente molto am-pio e comprende modelli strettamente derivati

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la linea di mira della pistola. la CZ è una delle armi più sottili at-tualmente sul mercato

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una sede circolare senza alcun gio-co. Il sistema di scatto vede l’impiego di un sottile grilletto in acciaio che trasci-na in avanti una staffa a due rebbi che avvolge il caricatore, un po’ come sulla 1911: il sistema della doppia azione è veramente semplice, mentre inevita-bilmente sono necessari alcuni piccoli pezzi per la singola, ed è rimarchevole il fatto che questi “pezzettini” sono a loro volta fissati ad un telaio mobile che consente pulizia e smontaggio in modo semplice e veloce. Seguendo la moda imperante, anche le CZ 75 hanno visto arrivare blocchi automatici al percusso-re, leva per abbattere il cane (decocker) e fusti dotati di rail a standard Picatin-ny; sono poi arrivate le versioni com-patte, con la canna più corta di circa

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la silhouette dell’impugnatura: la presa risulta veramente comoda In evidenza il riquadro zigrinato posteriore

l e g u a n ce t t e sono fissate tra-mite una sola vita a croce; la forma del cane necessiterebbe dell’intervento di uno dei nostri designer

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due centimetri. Tra gli allestimenti più recenti un posto di rilievo lo ha occupa-to la 75-SP01, una delle versioni tutta in acciaio e con slitta Picatinny integrale, nata all’inizio con fusto in lega come P01, arma che si è subito fatta notare nel settore del tiro dinamico. Da questo modello è poi derivata la serie Shadow, indirizzata specificamente ad un utilizzo sportivo e per questo motivo priva di blocco automatico al percussore, im-portata in Italia in calibro 9x21 IMI ed in un allestimento “monocolore” e con semplici guancette in gomma. Le ottime prestazioni ed il passaparola ne hanno favorito la rapida diffusione con il solo grosso limite della catalogazione come “arma comune”: inevitabile che il mer-cato chiedesse a gran voce una versione “sportiva” e la CZ non è stata insensibile al “grido di dolore” dei tiratori italiani e li ha accontentati,

presentando la SP-01 Shadow “sport”, appunto catalogata al numero 18109 come adatta all’impiego sportivo.

Le differenzeOvviamente, per ottenere una nuova cata-logazione è stato necessario modificare uno dei valori fondamentali e la CZ ha operato nel modo più semplice possibile allungando di sei millimetri la canna, che ora sporge di questo valore dal carrello e caratterizza così l’arma a prima vista.Tutto il resto è invece rimasto invariato, co-me guancette e gli organi di mira, veramente

robusti e funzionali. Di solito sulle “sportive” troviamo complicate tacche registrabili che possono non essere a loro agio nel rude utilizzo “dinamico”, ma sulla Shadow Sport

abbiamo invece una grossa tacca fissa, in acciaio, associata ad un luminoso mirino dotato di inserto in fibra ottica rossa. La pi-stola è dotata di sicura manuale a due posi-zioni, quindi senza funzione di abbatticane, montata posteriormente a portata di pollice e replicata sui due lati del fusto. Quest’ulti-mo, poi, è in definitiva quello che presenta le maggiori differenze con le originali CZ di trenta e più anni fa. La caratteristica più evi-dente è la presenza di una vistosa slitta Pica-tinny realizzata senza economie di materiale sotto il dust cover e che si raccorda con i fianchi piatti del castello, in questa zona veramente imponenti. La struttura

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leva di sicura sul lato destro ed estrattore

le due posizioni della leva di sicura

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utilizzata rende particolare il bilancia-mento dell’arma che risulta appruata anche con il caricatore riempito con tutti i quin-dici colpi consentiti dalla catalogazione (in origine sarebbero stati addirittura 18). Nella parte inferiore della slitta sono rica-vati tre profondi intagli trasversali a sezione rettangolare per il fissaggio di tutti gli ac-

cessori che seguono lo standard Picatinny, ma come detto il fusto ed il carrello sono esattamente gli stessi, scritte comprese, del modello “comune”.

Sul campo di tiroLa CZ si vanta del fatto che la serie SP-01 abbia superato i test Nato e sia costruita con nuove metodologie ed abbia incre-

mentato la già ottima impugnatura della capostipite, ed in effetti queste armi hanno dimostrato e stanno dimostrando tutta la loro valenza sui campi di tiro. Relativamen-te all’impugnatura c’è da notare un allun-gamento dell’elsa posteriore e la presenza di guancette in gomma sagomate, mentre il ponticello presenta ante-riormente solo un accenno

lo sgancio del caricatore è molto sporgente e comodo da raggiungere

lo smontaggio da campo della nostra CZ

l’asola a “fagiolo” che, interagendo con il robusto perno dell’hold open, comanda il movimento della canna

la lunga rampa di alimentazio-ne è lucidata con cura

ottime le lavorazioni interne del carrello; come si vede manca il blocco al percussore

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di rest. Bruttini, e poco funzionali, i pan-nelli zigrinati sul lato anteriore del castello (frontstrap) e sul lato posteriore, realizzati durante la fusione del pezzo e che sembra-

no presi pari pari da un’arma giocattolo; sotto tono infine le viti per fissare le guan-cette, inusitatamente con taglio a croce. E se poi si vuole trovare un altro punto da

criticare, che dire della forma del cane, ben poco integrata con l’arma quando questo è in posizione armata? Ma andiamo invece a vedere gli aspetti positivi. L’arma della pro-va ha funzionato alla perfezione, non solo durante il nostro test ma nel lungo uso pratico sul campo, dove ha esploso mi-gliaia di colpi in breve tempo senza alcuna esitazione. Forse merito anche dei robusti caricatori che portano orgogliosamente la scritta made in Italy, essendo realizzati dalla nostrana Mec-Gar. In definitiva otti-me pistole queste CZ, così come lo erano i primi esemplari oltre trenta anni fa che riuscirono ad ammaliare nientemeno che il colonnello Cooper. Non è poco.

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Si ringrazia per la collaborazione l’armeria Bernardini di Carrara

Il caricatore in dotazione, della Mec-Gar: il blocco di spi-re unite serve a riempire lo spazio lasciato dalla soppres-sione dei colpi “persi” per la catalogazione

CZ 75 SP-01 Shadow cal. 9x21 imi

Costruttore: Ceska Zbrojovka a.s. www.czub.czesemplare importato da: Bignami s.p.a., tel. 0471 80300, www.bignami.itmodello: 75 SP-01 Shadow tipo: pistola semiautomaticaCalibro: 9x21 IMICanna: 126 mm (4.96”), realizzata per martellatura

Funzionamento: chiusura geometrica tipo Browning modificatoSistema di percussione: cane esternoAlimentazione: caricatore monofilare a presentazione singola; capacità ridotta a 15 colpi (originariamente 18)espulsore: montato sul fusto

Congegno di scatto: azione mista, doppia e singolaestrattore: esterno a gancio su molla elicoidalemire: fisse, incastrate a coda di rondineCongegni di sicurezza: leva manuale ambidestra a due posizioniPeso: 1.100 grammi scarica

Dimensioni: lunghezza 213 mm; altezza 147 mm; spessore alle leve di sicura 38 mm materiali: acciaio; guancette di gommaFinitura: polycoat neroNumero Catalogo Nazionale: 18.109 Nota: arma catalogata sportiva

Il titolare dell’armeria Bernardini, Gabriele, durante il test a fuoco: tre bossoli sono in volo e l’arma è ancora perfettamente in punteria

Rosata a 15 metri da ap-poggio con Fiocchi 124 FMJ: velocità 1120 fps, de-viazione standard 15 fps

¤ PreZZo iNDiCAtivo: 890 euro

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