Archivio selezionato: Dottrina L'AZIONE DI ADEMPIMENTO NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO...

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Archivio selezionato: Dottrina L'AZIONE DI ADEMPIMENTO NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO ED I SUOI CONFINI Diritto Processuale Amministrativo, fasc.1, 2017, pag. 1 Pasquale Cerbo Classificazioni: PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO - Partecipazione al procedimento - - in genere Sommario: 1. Introduzione. — 2. La contestualità delle azioni e la tutela dei terzi. — 3. Il limite dei poteri non ancora esercitati. — 4. Il limite dei poteri discrezionali. — 5. Il limite connesso ai poteri vincolati. — 6. Il limite degli adempimenti istruttori riservati all'amministrazione. — 7. I motivi ostativi alla condanna: preclusione sostanziale e preclusione processuale. — 8. Sentenza di condanna e sopravvenienze. — 9. Brevi cenni conclusivi. 1. L'azione finalizzata alla condanna dell'amministrazione all'emanazione del provvedimento richiesto (comunemente nota anche come azione di adempimento) ha rappresentato un tema di discussione e confronto per molte generazioni di giuristi (1). Quantunque già prima dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana alcuni autori avessero posto in evidenza il carattere sostanziale dell'interesse legittimo, sì da identificare il vero problema nel modo e nella misura della sua tutela (2), è solo a cavallo fra la fine degli anni '70 e '80 dello scorso secolo che in dottrina si è fatta più insistente la proposta di introdurre azioni ulteriori rispetto alla quella “tradizionale” di annullamento per tutelare tale posizione giuridica. In particolare, ritenendo “urgente” introdurre un'azione di condanna all'emanazione di un provvedimento nel processo amministrativo, Nigro aveva proposto di mutuare dal processo amministrativo tedesco la previsione di un'azione di adempimento, la cui formulazione avrebbe potuto essere “testualmente, o quasi, ripresa nella nostra legge” (3) (a tale modello si era richiamato pure Merusi, sempre de iure condendo, in uno scritto pressoché coevo (4)); in una prospettiva maggiormente orientata alla reinterpretazione del diritto positivo, negli stessi anni anche Greco aveva propugnato “l'adozione di un'azione e di un giudizio diretti all'accertamento autonomo del rapporto amministrativo” (5). Al di là della diversità di impostazioni, per tutti questi autori la necessità di nuovi strumenti processuali di tutela non si poneva tanto in relazione ai casi di diniego espresso del provvedimento, per i quali la combinazione fra effetto conformativo della sentenza di annullamento e giudizio di ottemperanza (sebbene non assimilabile ad un'azione di condanna (6)) consentiva comunque di escludere l'assenza di rimedi (7); si poneva soprattutto per i casi di inerzia dell'amministrazione (8): del resto, proprio nel momento in cui venne definitivamente sancito il carattere non provvedimentale del silenzio (9), emerse con chiarezza che all'esito del giudizio non avrebbe potuto operare l'effetto conformativo (10). In definitiva, l'esigenza di tutela avvertita scaturiva soprattutto dall'insoddisfazione per una pronuncia “neutra” del giudice (che si traduceva soltanto nell'obbligo di provvedere) e dall'evidente asimmetria nel risultato di tutela concretamente conseguibile rispetto all'azione di annullamento. A questa asimmetria di tutela, come è noto, nel 2005 ha cercato di porre riparo il legislatore, stabilendo che all'esito del giudizio contro il silenzio il giudice potesse “conoscere della fondatezza dell'istanza” (11): previsione che avrebbe dovuto in qualche modo assicurare un effetto conformativo anche alle pronunce del giudice sul silenzio. Nel frattempo, tuttavia, la dottrina aveva individuato una nuova “asimmetria” di tutela: infatti, nella sentenza 500/1999 delle Sezioni unite vi era stato il riconoscimento della risarcibilità del danno ingiusto patito dal soggetto “che fosse titolare non già di una mera aspettativa”, ma di “una situazione che, secondo la disciplina applicabile, era destinata [...] ad un esito favorevole” (12); a questo riconoscimento non corrispondeva tuttavia alcuno strumento processuale che consentisse di

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Archivio selezionato: DottrinaL'AZIONE DI ADEMPIMENTO NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO ED I SUOICONFINIDiritto Processuale Amministrativo, fasc.1, 2017, pag. 1Pasquale CerboClassificazioni: PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO - Partecipazione al procedimento - - ingenereSommario: 1. Introduzione. — 2. La contestualità delle azioni e la tutela dei terzi. — 3. Il limitedei poteri non ancora esercitati. — 4. Il limite dei poteri discrezionali. — 5. Il limite connesso aipoteri vincolati. — 6. Il limite degli adempimenti istruttori riservati all'amministrazione. — 7. Imotivi ostativi alla condanna: preclusione sostanziale e preclusione processuale. — 8. Sentenza dicondanna e sopravvenienze. — 9. Brevi cenni conclusivi.

1. L'azione finalizzata alla condanna dell'amministrazione all'emanazione del provvedimentorichiesto (comunemente nota anche come azione di adempimento) ha rappresentato un tema didiscussione e confronto per molte generazioni di giuristi (1).

Quantunque già prima dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana alcuni autori avesseroposto in evidenza il carattere sostanziale dell'interesse legittimo, sì da identificare il vero problemanel modo e nella misura della sua tutela (2), è solo a cavallo fra la fine degli anni '70 e '80 delloscorso secolo che in dottrina si è fatta più insistente la proposta di introdurre azioni ulterioririspetto alla quella “tradizionale” di annullamento per tutelare tale posizione giuridica.

In particolare, ritenendo “urgente” introdurre un'azione di condanna all'emanazione di unprovvedimento nel processo amministrativo, Nigro aveva proposto di mutuare dal processoamministrativo tedesco la previsione di un'azione di adempimento, la cui formulazione avrebbepotuto essere “testualmente, o quasi, ripresa nella nostra legge” (3) (a tale modello si erarichiamato pure Merusi, sempre de iure condendo, in uno scritto pressoché coevo (4)); in unaprospettiva maggiormente orientata alla reinterpretazione del diritto positivo, negli stessi annianche Greco aveva propugnato “l'adozione di un'azione e di un giudizio diretti all'accertamentoautonomo del rapporto amministrativo” (5).

Al di là della diversità di impostazioni, per tutti questi autori la necessità di nuovi strumentiprocessuali di tutela non si poneva tanto in relazione ai casi di diniego espresso delprovvedimento, per i quali la combinazione fra effetto conformativo della sentenza diannullamento e giudizio di ottemperanza (sebbene non assimilabile ad un'azione di condanna (6))consentiva comunque di escludere l'assenza di rimedi (7); si poneva soprattutto per i casi di inerziadell'amministrazione (8): del resto, proprio nel momento in cui venne definitivamente sancito ilcarattere non provvedimentale del silenzio (9), emerse con chiarezza che all'esito del giudizio nonavrebbe potuto operare l'effetto conformativo (10). In definitiva, l'esigenza di tutela avvertitascaturiva soprattutto dall'insoddisfazione per una pronuncia “neutra” del giudice (che si traducevasoltanto nell'obbligo di provvedere) e dall'evidente asimmetria nel risultato di tutela concretamenteconseguibile rispetto all'azione di annullamento.

A questa asimmetria di tutela, come è noto, nel 2005 ha cercato di porre riparo il legislatore,stabilendo che all'esito del giudizio contro il silenzio il giudice potesse “conoscere dellafondatezza dell'istanza” (11): previsione che avrebbe dovuto in qualche modo assicurare un effettoconformativo anche alle pronunce del giudice sul silenzio.

Nel frattempo, tuttavia, la dottrina aveva individuato una nuova “asimmetria” di tutela: infatti,nella sentenza 500/1999 delle Sezioni unite vi era stato il riconoscimento della risarcibilità deldanno ingiusto patito dal soggetto “che fosse titolare non già di una mera aspettativa”, ma di “unasituazione che, secondo la disciplina applicabile, era destinata [...] ad un esito favorevole” (12); aquesto riconoscimento non corrispondeva tuttavia alcuno strumento processuale che consentisse di

conseguire direttamente quell'esito (13); tale asimmetria si sarebbe potuta superare, secondoFalcon, soltanto attribuendo al giudice amministrativo il potere di valutare la “spettanza” delprovvedimento non emanato (14).

Di lì a poco, facendo leva sul principio di effettività della tutela, Clarich sosterrà l'ammissibilità —pure in assenza di interventi del legislatore — di un'azione di adempimento atipica per rispondereal bisogno di tutela relativo all'emanazione di un determinato provvedimento (15) (anche tenutoconto della circostanza che le statuizioni di condanna e di accertamento rappresenterebbero “unminus rispetto alla tutela costitutiva”, unica per la quale l'art. 113, comma 3, Cost. imporrebbe unprincipio di tipicità (16)).

Sono storia recente le vicende che hanno fatto seguito all'entrata in vigore del codice del processoamministrativo: nonostante le ambiguità del testo normativo (17), in un obiter dictum l'Adunanzaplenaria ha ritenuto che le norme del codice consentissero, “sia pure in maniera non esplicita” ed“anche in presenza di un provvedimento espresso di rigetto”, l'esperimento di un'azione dicondanna all'adozione del provvedimento richiesto (18); una successiva (e molto nota) sentenzadel Tar Lombardia ha fatto concreta applicazione di tale orientamento, fondando l'azione diadempimento — in assenza di una previsione formale e compiuta — sul potere del giudice diadottare le “misure idonee a tutelare la situazione giuridica dedotta in giudizio” (art. 34, comma 1,lett. c), c.p.a.) e più in generale sull'esigenza di una tutela piena ed effettiva anche nel processoamministrativo (19).

È noto, sì da non dover essere qui neppure ripercorso, l'acceso dibattito dottrinale che ne è seguitosul tema della tipicità o atipicità delle azioni prima del c.d. secondo correttivo al c.p.a. (20). Rilevainvece osservare che dopo il secondo correttivo al codice del processo amministrativo (21) — conl'introduzione (secondo altri con la mera esplicitazione (22)) di un'azione di “condanna al rilasciodel provvedimento richiesto” (art. 34, comma 1, lett. c), c.p.a.) il dibattito dottrinale sul tema si èprogressivamente affievolito: ciò proprio nel momento in cui l'analisi avrebbe dovuto transitaredal piano generale dell'ammissibilità dell'azione in questione a quello (altrettanto impegnativo egravido di implicazioni sistematiche) dei limiti alla sua esperibilità e delle regole processuali per ilsuo esercizio; si è così lasciato campo aperto a soluzioni giurisprudenziali molto variegate e nonsempre coerenti sul piano sistematico; soprattutto, sono emerse tutte le difficoltà che sifrappongono ad un “proficuo” utilizzo di tale azione.

Ne è scaturita l'impressione che, al fondo, più che segnare davvero un punto di rottura nelleconcezioni del processo amministrativo (23) la scelta del legislatore del secondo correttivo abbiasvolto un ruolo “catartico” per il dibattito dottrinale che da molti decenni aveva individuatoproprio nella mancanza di una consimile azione il fulcro dell'ineffettività della tutela offerta dalgiudice amministrativo.

Ad ormai quattro anni dall'intervento del legislatore, appare dunque necessario tentare una letturasistematica delle norme codicistiche sull'azione di adempimento, unitamente alla giurisprudenzache si è andata formando sull'istituto. Da tale indagine esulano invece le disposizioni specifichesulla tutela giurisdizionale in materia di appalti pubblici (art. 120 ss. c.p.a.) e di s.c.i.a. (art. 19,comma 6 ter, l. n. 241/1990); alla giurisprudenza relativa a tali istituti si farà riferimento soltantoquando essa assume un rilievo di ordine generale.

2. Il primo (e più evidente) carattere dell'azione in esame è la contestualità necessaria con altreazioni: l'azione di adempimento può essere infatti proposta soltanto “contestualmente” all'azionedi annullamento o a quella sul silenzio (art. 34, comma 1, lett. c), c.p.a.); non è tuttavia ben chiarala ratio (e, dunque, non sono chiare le implicazioni) della previsione.

2.1. Tale carattere si connette certamente al divieto per il giudice di pronunciare con riferimento apoteri non ancora esercitati (art. 34, comma 2, c.p.a.) (24): infatti, se la domanda di adempimentoè necessariamente collegata ad una domanda di annullamento o dichiarativa del silenzio, si versa

per forza di cose in una fattispecie nella quale il potere è stato già esercitato o comunquel'amministrazione avrebbe potuto già esercitarlo (vale a dire, nelle fattispecie di violazione deldovere di provvedere (25)).

La contestualità delle azioni si collega pure all'esigenza di non rimettere in discussione lalegittimità del provvedimento dopo la scadenza del termine decadenziale per la sua impugnazione(art. 34, comma 2, secondo periodo, c.p.a.).

Tuttavia, a tali fini, sarebbe stato sufficiente imporre la previa proposizione dell'azione diannullamento (o di quella sul silenzio), non anche la contestualità delle azioni; la necessariacontestualità costituisce un vincolo ben più intenso fra le azioni rispetto a quello che, nella teoriadella pregiudizialità (prima del suo superamento), avvinceva azione di annullamento e azione dicondanna al risarcimento del danno: infatti, l'azione di adempimento è inammissibile non solo oveproposta anteriormente, ma pure se proposta in un momento successivo rispetto alle altre azioni(26); se ciò è esatto, la contestualità delle azioni non risponde (soltanto) all'esigenza di stabilità ecertezza dell'azione amministrativa nel tempo (vale a dire a quanto, in ultima analisi, la teoria dellapregiudizialità tendeva a salvaguardare (27)).

D'altro canto, non si può certo ritenere che la previsione sulla contestualità delle azioni siameramente esornativa, né tantomeno casuale. La necessaria contestualità delle azioni non è stataintrodotta ex novo dal secondo correttivo: già nella prima versione del codice era stabilito chel'azione di condanna (genericamente intesa) dovesse essere proposta “contestualmente ad altraazione”, salvo i casi della giurisdizione esclusiva e della condanna al risarcimento del danno, per iquali era ammessa la proposizione in via autonoma (art. 30, comma 1, c.p.a.); in altre parole, puravendo fatto poco più che una “allusione” all'azione di adempimento (28) (all'epoca non ancoraespressamente prevista dal c.p.a. (29)), il legislatore del codice si era paradossalmente giàpremurato di imporne la proposizione contestualmente ad altra azione.

La necessaria contestualità con altre azioni costituisce dunque una scelta caratterizzante nelladisciplina dell'azione di adempimento, di cui occorre sicuramente indagare il senso.

Non mi pare, a tale riguardo, che un'adeguata ragione giustificatrice possa essere rinvenutanell'esigenza di salvaguardare il carattere celere e semplificato del rito sul silenzio, cui lagiurisprudenza frequentemente si richiama (30): a parte che si tratterebbe di giustificazione nonestensibile ai casi in cui sia stata proposta azione di annullamento, è evidente che la celeredefinizione del giudizio sul silenzio verrebbe meno in forza di una precisa scelta dello stessoricorrente (il quale “sostituirebbe” volontariamente alla domanda di accertamento del genericoobbligo di provvedere quella di condanna all'emanazione di un provvedimento specifico); non acaso per il cumulo fra azione sul silenzio ed azione di adempimento non è dettata alcunadisposizione volta ad evitare un differimento della decisione sul primo, come invece è accadutoper il cumulo fra azione sul silenzio ed azione risarcitoria (31).

Per cercare di comprendere la ratio della contestualità occorre considerare l'istituto in un'altravisuale, rimarcando che essa impone di distinguere fin dall'origine ed in modo irreversibile duepercorsi processuali: quello di chi sceglie di agire soltanto tramite l'azione di annullamento (o diquella sul silenzio), dunque in una prospettiva che non solo non esclude l'esercizio del potere daparte dell'amministrazione, ma lo presuppone; e il diverso percorso di chi agisce tramite laproposizione contestuale della azioni, quindi nella prospettiva di una statuizione che coinvolgeràl'amministrazione in una logica meramente esecutiva. Conclusione questa che si presenta coerentecon l'affermazione della dottrina secondo cui, successivamente alla condanna all'emanazione delprovvedimento, l'amministrazione non esercita più un potere (quantomeno, non un potere nelsenso tecnico del termine) (32).

A ciò consegue che “l'ordine che la decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa” (art. 88,comma 2, lett. f), c.p.a.) muta profondamente di senso a seconda della tipologia di domanda da cui

sia scaturita la sentenza: esercitare il potere e compiere tutte le valutazioni a tal fine previste, purnel rispetto dei vincoli derivanti dall'effetto conformativo (nel caso di sentenza di annullamento odi accertamento dell'obbligo di provvedere (33)); rilasciare formalmente il provvedimentorichiesto (nel caso di sentenza di condanna).

Si tratta di ordini di segno radicalmente diverso, non solo da un punto di vista concettuale, ma perle diverse implicazioni che ne discendono: basti pensare, ad esempio, all'obbligo perl'amministrazione di dare o meno avvio ad un procedimento secondo le regole ordinarie, agliapprofondimenti istruttori da effettuare oppure al diverso atteggiarsi nei due casi descrittidell'obbligo dell'amministrazione di motivare il provvedimento (obbligo verosimilmente limitato,nel caso della condanna, ad un rinvio per relationem alla sentenza o comunque ad una suasostanziale riproduzione); tale diversità ridonda in ultima analisi anche sull'eventuale giudizio diottemperanza (e prima ancora sulla definizione della natura dell'attività del commissarioeventualmente nominato ex art. 117, comma 3, c.p.a. (34)), dal momento che — ancor oggi — talegiudizio assume connotati profondamente diversi a seconda che l'attività da compiere insostituzione dell'amministrazione sia o meno meramente esecutiva della sentenza (35).

In tale quadro, è innegabile che se il ricorrente potesse far seguire alla sentenza di annullamento ladomanda di adempimento, si verificherebbe il rischio della sovrapposizione in fase esecutiva fradue ordini diretti alla medesima amministrazione in contraddizione tra loro, quantunqueipoteticamente convergenti nell'esito (rilascio del provvedimento richiesto) (36); tuttavia, in forzadella contestualità, la domanda di condanna è inammissibile pure se proposta quando è ancora incorso il giudizio introdotto da una (mera) domanda di annullamento o di accertamento dell'obbligodi provvedere, vale a dire in un momento nel quale il rischio di ordini contraddittori non sussisteancora. La spiegazione della contestualità, e di converso dell'irreversibile diversificazione deipercorsi processuali a seconda che venga o meno proposta l'azione di adempimento, va dunquecercata altrove.

2.2. In realtà, la contestualità necessaria delle azioni risponde precipuamente all'esigenza di avereab origine la pienezza del contraddittorio rispetto a soggetti che non sarebbero coinvolti nelgiudizio (di annullamento o sul silenzio) in assenza di una domanda di adempimento.

Si pensi ai portatori di un interesse contrario rispetto all'eventuale provvedimento richiesto conl'azione di adempimento: tali soggetti avrebbero potuto senza dubbio partecipare al procedimentoamministrativo per il suo rilascio (37); senonché, nel caso di accoglimento della domanda diadempimento, la “vera” decisione sul rilascio del provvedimento viene assunta non in sedeprocedimentale, bensì in sede processuale (38), con il ruolo dell'amministrazione ridotto a meraesecutrice della condanna (39).

A tale proposito, come è noto, la giurisprudenza esclude che siano configurabili controinteressati(quali parti necessarie del giudizio) rispetto all'impugnazione di provvedimenti negativi, i quali disolito risultano “ontologicamente non suscettibili di modificare la situazione giuridico fattualeesistente” (40).

Invece, l'art. 117, comma 1, c.p.a. prevede espressamente il coinvolgimento dei controinteressatinel rito sul silenzio; la giurisprudenza interpreta tale disposizione nel senso che “di norma èipotizzabile una posizione d'interesse, confliggente con quella del ricorrente e conservativa dellasituazione in essere, solo rispetto ad un provvedimento di un determinato contenuto, il quale è cosìin grado d'incidere sulle situazioni dei soggetti che ne vengono coinvolti”: pertanto, “rispetto aduna condotta inerte, si può ipotizzare un controinteressato solo se il giudice può pronunciare sullafondatezza della pretesa dedotta in giudizio” (41); a questa stregua, ad esempio, nel giudizio sulsilenzio introdotto da chi lamenta il mancato esercizio da parte dell'amministrazione dei poteriripristinatori e repressivi di abusi edilizi, è parte necessaria il soggetto che risulterebbedirettamente pregiudicato dall'esercizio di tali poteri (42).

Sebbene la giurisprudenza abbia inteso escludere la configurabilità di controinteressati a fronte diun'azione finalizzata unicamente ad acclarare l'obbligo di provvedere, tuttavia ne emerge conchiarezza che quando il giudizio assume i connotati propri dell'azione di adempimento siconfigurano posizioni di cointrointeresse (con la conseguente necessità di un coinvolgimento deititolari delle stesse nel giudizio (43)).

Tale regola deve essere per logica estesa all'azione di adempimento, quand'anche propostaunitamente ad un'azione di annullamento invece che ad un'azione sul silenzio: diversamente, nelprimo caso (e senza alcuna giustificazione) la tutela dei controinteressati sarebbe confinata nellafacoltà di reazione (cioè nell'impugnazione del provvedimento rilasciato in sede di condanna,peraltro alquanto problematica sotto il profilo sistematico (44)). Questa interpretazione trovariscontro pure sul piano letterale: in proposito va segnalato che, dopo l'introduzione dell'azione diadempimento, ha acquisito finalmente senso compiuto la previsione contenuta nell'art. 41, comma2, secondo periodo, c.p.a. (45), in base alla quale nel caso delle azioni di condanna la notifica delricorso va effettuata “altresì [...] agli eventuali beneficiari dell'atto illegittimo” ai sensi dell'art. 102c.p.c. (e, dunque, alla stregua di litisconsorti necessari).

Con tale disposizione il codice ha elevato a parti necessarie del processo, quando questo assume iconnotati del giudizio di adempimento, anche i portatori di un interesse contrario all'adozione delprovvedimento richiesto dal ricorrente ed ha stabilito che nei loro confronti — ai sensi dell'art. 49c.p.a. — debba essere integrato il contraddittorio ove non siano evocati da subito in giudizio dalricorrente; e poiché ai sensi dell'art. 49, comma 4, c.p.a. i soggetti nei cui confronti è integrato ilcontraddittorio “non sono pregiudicati dagli atti processuali anteriormente compiuti”, sicomprende ancor meglio la ragione per la quale il legislatore vieta che alla proposizionedell'azione di annullamento (o sul silenzio) si aggiunga soltanto in corso di causa quella diadempimento.

A conferma di quanto appena esposto va ricordato che l'art. 114, comma 6, ultimo periodo, c.p.a.consente espressamente ai terzi rimasti incolpevolmente estranei al giudizio di impugnare con ilrito ordinario l'atto adottato dal giudice dell'ottemperanza o dal commissario ad acta in esecuzionedella sentenza (e dunque, a fortiori, a costoro è consentita l'impugnazione dell'attodell'amministrazione conseguente alla condanna): se ciò è esatto, tali soggetti debbono esseresempre considerati parti necessarie nel primo giudizio quando il suo esito può essere la condannadell'amministrazione all'emanazione del provvedimento.

Resta da capire se il ricorrente sia comunque onerato di notificare il ricorso recante la domanda diadempimento (unitamente a quella di annullamento o sul silenzio) ad almeno uno deicontrointeressati: la risposta è sicuramente affermativa nei casi in cui già la mera azione diannullamento comporterebbe il coinvolgimento dei controinteressati in senso formale, in quantonon vi è ragione per applicare una regola diversa da quella ordinaria sol perché venga proposta unadomanda aggiuntiva; al di fuori di tali casi, e dunque quando vi sono soltanto parti necessarieulteriori rispetto ai controinteressati in senso formale, il rinvio dell'art. 41, comma 2, ultimoperiodo, c.p.a. all'art. 49 c.p.a. rende palese che l'integrazione del contraddittorio può avvenire solo“quando il ricorso sia stato proposto solo contro taluno dei controinteressati”.

Pertanto, anche se è previsto che il contraddittorio sia integrato per ordine del giudice, nonpotendosi onerare il ricorrente della precisa individuazione di tutte le parti necessarie findall'introduzione del giudizio (46), ciò non vuol dire che il ricorso non debba essere notificato giàentro il termine decadenziale, oltre che all'amministrazione, anche ad almeno uno dei soggetti chehanno un interesse contrario rispetto al provvedimento chiesto tramite l'azione di adempimento.

Sempre alla luce di tali considerazioni, occorre valutare con molta attenzione l'ammissibilità diuna domanda di adempimento formulata in corso di giudizio con motivi aggiunti in occasionedell'impugnazione di un atto connesso (47): se la domanda di adempimento si connette all'attoimpugnato con i motivi aggiunti, non vi può essere dubbio sulla sua proponibilità con questi ultimi

(né potrebbe essere diversamente, considerato che il ricorrente può optare anche per laproposizione di un ricorso autonomo, rispetto al quale non si porrebbe alcun problema dicontestualità delle azioni); mi pare invece che la soluzione debba essere ragionevolmente diversanei casi in cui la domanda di adempimento non si riconnette strettamente all'atto impugnato con imotivi aggiunti e comunque avrebbe potuto essere proposta già con il ricorso introduttivo delgiudizio: infatti, in tal caso, la proposizione “successiva” della domanda di adempimento sitraduce in una elusione della necessaria contestualità delle azioni.

3. Il divieto per il giudice di pronunciare su poteri non ancora esercitati (art. 34, comma 2, c.p.a.)— stante il suo carattere generale (“in nessun caso”) — si impone anche con riguardo all'azione diadempimento.

Una prima ed importante implicazione di tale divieto è che la soddisfazione della pretesa devenecessariamente passare, almeno in prima battuta, attraverso l'attività provvedimentaledell'amministrazione (48): converge verso quest'interpretazione anche la qualificazione delprovvedimento come già “richiesto” (si intende, all'amministrazione, dal momento che se ladisposizione si riferisse alla domanda giudiziale, l'aggettivo sarebbe del tutto ridondante (49)).

Di riflesso, la via giudiziale non può costituire mai una sede alternativa di attuazione diretta dellapretesa, come si verifica talvolta nell'ambito della giurisdizione ordinaria nei confronti dellapubblica amministrazione (50): l'azione di adempimento è in ogni caso un rimedio alla(illegittima) mancata soddisfazione della pretesa in sede amministrativa.

A ciò consegue che neppure è ammissibile un'azione di adempimento finalizzata ad ottenereun'inibitoria sull'esercizio di un potere “futuro” (51) (per il quale, in altre parole, non si sianoancora verificate le condizioni che fanno sorgere l'obbligo dell'amministrazione di pronunciarsi);né di converso può essere diretta ad ottenere, con l'escamotage di una nuova istanzaall'amministrazione, un provvedimento già oggetto di un diniego non impugnato (con la sola,ovvia, eccezione che siano mutati in senso favorevole all'istante i presupposti fattuali o normativiper il suo rilascio); né, infine, l'azione in esame può costituire lo strumento per ottenere uncondizionamento allo sviluppo di un procedimento non ancora concluso (al di fuori delle ipotesi disilenzio) (52).

A questa stregua, per espressa statuizione normativa, non è ammissibile la domanda di condannaall'emanazione di un provvedimento che sia espressione di poteri di cui il ricorrente non abbia inalcun modo previamente chiesto l'esercizio (53); da tale connotazione non pare invece potersidesumere né sul piano letterale né sul piano sistematico una limitazione dell'esperibilità dell'azionesoltanto con riguardo ai provvedimenti ad istanza di parte, poiché la disposizione prescrive che ilprovvedimento debba essere stato richiesto, non che tale richiesta non possa inerire a procedimentiofficiosi (sempre che, naturalmente, il ricorrente possa vantare un interesse giuridicamentedifferenziato rispetto alla emanazione dell'atto e che sia ravvisabile in capo all'amministrazione undovere di provvedere (54)). Si pensi, ad esempio, all'obbligo dell'amministrazione di provvederesulle istanze degli interessati relative all'esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi di abusiedilizi.

Alla stregua dell'art. 34, comma 2, c.p.a., un problema di ammissibilità dell'azione diadempimento si può porre in quei casi che la giurisprudenza ha equiparato alla fattispecie deipoteri non ancora esercitati: si pensi in particolare all'orientamento giurisprudenziale (fatto proprioanche dall'Adunanza plenaria (55)) secondo cui il potere esercitato dall'organo sfornito dicompetenza equivale ad un potere non ancora esercitato; sulla base di tale orientamento, il rilievodel vizio di incompetenza precluderebbe al giudice l'esame non soltanto delle ulteriori censureformulate dal ricorrente (56), ma anche della domanda di condanna all'emanazione delprovvedimento (57).

L'esclusione dell'azione di condanna per i provvedimenti viziati da incompetenza pare

difficilmente sostenibile in termini così generali: nessuna disposizione codicistica limital'ammissibilità dell'azione a seconda del vizio fatto valere dal ricorrente; anzi, la mancatariproduzione nel c.p.a. di una norma analoga all'art. 26 l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (nonché all'art.45 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054) potrebbe al contrario costituire una scelta coerente con l'esigenzache, in esito all'annullamento per incompetenza, la questione non venga trasmessa all'organoamministrativo competente ove sussistano le condizioni affinché sia direttamente il giudice(investito della domanda di adempimento) a decidere sull'emanazione del provvedimento giànegato dall'amministrazione. Altrimenti, in tale contesto, si potrebbe addirittura ipotizzare unalimitazione della tutela (sub specie di esclusione di uno specifico mezzo di tutela) per unadeterminata categoria di atti, appunto quelli viziati da incompetenza, in violazione dell'art. 113,comma 2, Cost. (58)

4. Ulteriori limiti all'azione di adempimento sono stati previsti dal secondo correttivo al codicetramite il rinvio espresso all'art. 31, comma 3, c.p.a.

Ad una lettura superficiale, si potrebbe essere indotti a ritenere che il soggetto possa trovare tutelatramite l'azione di adempimento ogni qualvolta l'attività dell'amministrazione sia vincolata ocomunque vi sia stato un “esaurimento” della discrezionalità (e sempre che non vi sianoadempimenti istruttori riservati all'amministrazione stessa).

In realtà, la disposizione chiarisce che tali requisiti non ineriscono alla pronuncia sulla “fondatezzadella pretesa dedotta”, e dunque non riguardano la pronuncia sul merito (cui il giudice potràpervenire soltanto in un momento logicamente successivo, una volta esclusa l'inesistenza di tali“impedimenti”): si tratta, in altre parole, di presupposti di ammissibilità (59) della domanda diadempimento (come del resto attesta l'identità di terminologia utilizzata rispetto all'art. 34, comma2, c.p.a.) (60).

Vi è da chiedersi a questo punto quale sia l'ambito entro il quale il giudice deve effettuare questavalutazione di ammissibilità. Mi pare rilevante, a tale proposito, la tendenza che si sta affermandonella giurisprudenza recente ad opporre alla pretesa dell'interessato la sussistenza in concreto dipoteri discrezionali fondati su esigenze organizzative o comunque su valori di ordinegeneralissimo, che travalicano la disciplina del singolo potere da esercitare: si pensi all'efficienzadel servizio nel suo complesso (61) o alla corretta modulazione della spesa pubblica (62).

È presto per dire se questa tendenza si affermerà stabilmente, magari facendo leva sullaformulazione non propriamente tecnica dell'art. 31, comma 3, c.p.a. (che riferisce il caratterevincolato o l'esaurimento della discrezionalità non al singolo potere da esercitare, bensì piùgenericamente alla “attività”); potrebbe trattarsi però dei “sintomi” del passaggio da unadimensione processuale nella quale l'atto negato (o comunque non rilasciato) delimita l'oggetto delgiudizio ad una dimensione necessariamente più ampia (del rapporto, per usare una terminologiaun po' abusata e a sua volta non peculiarmente tecnica), con una implicazione del tuttoparadossale.

A tale proposito, già negli anni '70 Nigro aveva ritenuto che vi fosse piena consapevolezza neigiudici amministrativi del carattere storico e contingente della soluzione processuale adottata nel1889: peraltro, l'A. aveva posto in evidenza che, proprio grazie a quella soluzione e “nello sforzodi assicurare la maggiore legalità del processo, [...] i giudici amministrativi fossero portati adeterminare l'oggetto della propria cognizione marcando nettamente i contorni e così a mettere inrilievo, anche per questa via, l'atto amministrativo, porzione della realtà amministrativa bendefinita e compiutamente idonea a fissare ambiti oggettivi e soggettivi l'incidenza del potereamministrativo” (63).

Detto altrimenti, quantunque tacciato spesso di “miopia”, il sindacato focalizzato sull'atto — pergiunta attraverso la delimitazione ulteriore rappresentata dai motivi di ricorso — comportava cheil giudice si dovesse muovere entro un campo di indagine ben definito, nel quale non avevano

ingresso le esigenze di ordine generale dell'amministrazione; invece, dal momento che l'indaginenon è più focalizzata sul singolo atto e si sposta verso l'attività amministrativa complessiva, sischiude un “universo” normativo molto più complesso, nel quale tendono inevitabilmente adassumere rilievo esigenze di ordine generale dell'amministrazione (non a caso la giurisprudenza faspesso riferimento a “valori” costituzionali), che implicano sempre un ambito discrezionale discelta.

Il rischio evidente in tale contesto è che l'ammissibilità dell'azione di adempimento possa essereesclusa con il semplice richiamo ad esigenze o a valori (efficienza del servizio, equilibriofinanziario ecc.) suscettibili di rilevare in tutte o quasi le fattispecie di amministrazione pubblica.

5. La vincolatezza del potere (o l'esaurimento della discrezionalità) e l'assenza di adempimentiistruttori riservati all'amministrazione costituiscono dunque condizione necessaria, ma non certosufficiente, affinché il giudice possa ritenere fondata la domanda di condanna pubblicistica: pergiungere a tale risultato al giudice deve essere consentito anche acclarare che il provvedimentorichiesto sia dovuto al ricorrente, nel senso che sia possibile riscontrare in giudizio la sussistenzadi tutte le condizioni per il suo rilascio; l'azione di adempimento non può scaturire pertanto da ungenerico bisogno di tutela (64), dovendo invece connettersi ad una pretesa tutelata al ricorrere inastratto di determinati presupposti che in concreto sono stati poi verificati.

Da ciò discende anzitutto che “non si può essere garantiti e tutelati in qualcosa che non spetta, perdefinizione” (65), per l'intuibile ragione che non sono riscontrabili in concreto i presupposti perl'emanazione del provvedimento richiesto, ad esempio perché il ricorrente effettivamente nonpossiede i requisiti di ordine soggettivo previsti nella disciplina sostanziale del potere.

Ma può altresì accadere che, nonostante il carattere vincolato del potere, non sussistano lecondizioni affinché il giudice possa pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa.

A parte l'ipotesi che residuino adempimenti istruttori riservati all'amministrazione (su cui ci sisoffermerà appena oltre (66)), assumono rilievo le fattispecie nella quali il ricorrente lamentiesclusivamente vizi formali o procedurali del diniego, fondato sulla carenza di uno o piùpresupposti sostanziali (neppure implicitamente contestata): si pensi, a titolo di esempio, aldiniego di un'autorizzazione per carenza di un requisito in capo al richiedente, impugnato inragione della mancata acquisizione di un parere obbligatorio o per l'omesso preavviso di rigetto.

Una siffatta impugnazione è ammissibile in una logica meramente cassatoria, perché comporta incaso di accoglimento una chance connessa alla riattivazione del dovere di provvedere da partedell'amministrazione (67), salvo che non trovi applicazione l'art. 21 octies, comma 2, l. 241/1990(68); è molto dubbio invece che possa fondare una domanda di condanna all'emanazione delprovvedimento (69): fermo restando che l'annullamento per soli vizi formali non implica di per sél'infondatezza della pretesa sostanziale (70), tuttavia vi può essere condanna ad adempiere soltantose la risposta fornita dall'amministrazione (il diniego) integri una violazione delle normesostanziali che le imponevano di rilasciare il provvedimento (71).

6. L'art. 34, comma 1, lett. c), c.p.a. (tramite il rinvio all'art. 31, comma 3) subordinal'ammissibilità dell'azione di adempimento anche all'assenza di “adempimenti istruttori chedebbono essere compiuti dall'amministrazione”. La disposizione esprime l'esigenza disalvaguardare l'accertamento dei fatti “riservati” all'amministrazione (72), ma riflette pure tutti idubbi che tradizionalmente si connettono a questo tema.

La giurisprudenza successiva al secondo correttivo ha fornito interpretazioni molto variegate diquesto limite; tuttavia, sia pure a costo di qualche approssimazione, è possibile individuare alcunelinee interpretative.

Anzitutto, una parte della giurisprudenza ha ritenuto operante il limite in esame in relazione alla

necessità di compiere “verifiche, in sede istruttoria amministrativa, non surrogabili nella [...] sedeprocessuale”, quali “una corretta lettura e interpretazione di elaborati (specialmente, a quantoconsta, di cartografie) e di prescrizioni di strumenti urbanistici” (73); nella stessa logica, si èritenuta preclusa al giudice l'indagine sulla verifica della non rispondenza allo stato di fatto delledichiarazioni contenute in una d.i.a. (74); in un caso la giurisprudenza ha addirittura ritenuto checostituisse attività riservata all'amministrazione il compimento di una misurazione (75).

In altre decisioni la riserva all'amministrazione è stata fondata sull'incompletezza dell'istruttoriaprocedimentale (76) o comunque sul mancato svolgimento di uno “spezzone” di procedimento(77) o ancora sulla mancata acquisizione di un parere obbligatorio (quantunque non vincolante)(78); frequente, a questa stregua, è pure l'affermazione dell'impossibilità di procedere adaggiudicare la gara al ricorrente (secondo classificato), in ragione della necessità chel'amministrazione effettui previamente la verifica di congruità dell'offerta (79); vi è da notare chetalvolta la giurisprudenza è giunta alle medesime conclusioni con la diversa motivazione che sitratti di poteri non ancora esercitati (80).

In altre decisioni ancora l'istruttoria è stata ritenuta appannaggio dell'amministrazione in ragionedelle valutazioni da compiere su concetti giuridici indeterminati: si pensi al giudizio di (non)pericolosità del soggetto ai fini del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno (81).

Infine, in molti casi la giurisprudenza ha dato rilievo alla scelta normativa di assegnare ad unospecifico organo dell'amministrazione la valutazione del fatto: alla commissione di concorsol'attribuzione del punteggio ad una pubblicazione nell'ambito del massimo normativamentepredefinito (82); alla “motivata valutazione della stazione appaltante” la decisione sull'esclusionedalla gara per errori professionali o inadempimenti pregressi (83); alla Soprintendenza la verificadel persistente interesse culturale di un edificio (84).

A fronte di questa varietà di impostazioni, si può sicuramente convenire su alcuni punti: anzitutto,la disposizione non ha richiamato il generico (e controverso) concetto di discrezionalità tecnica,pure utilizzato in proposito dalla giurisprudenza immediatamente successiva all'entrata in vigoredel codice (85); ha fatto invece riferimento soltanto agli adempimenti istruttori che “devono”essere compiuti dall'amministrazione, come tali dovendosi intendere quelli specificamenteriservati a quest'ultima, non certo tutti quelli che, sia pur necessari, non sono stati posti in esseredurante il procedimento; diversamente ragionando, del resto, non sarebbe mai ammissibile l'azionedi adempimento in relazione a fattispecie di inerzia dell'amministrazione.

In tale contesto, sicuramente non è condivisibile l'idea di fondare la riserva “di amministrazione”sulla difficoltà del giudicante a compiere direttamente taluni accertamenti (86) (difficoltà del restosuperabile tramite lo strumento della consulenza tecnica (87)); tantomeno il rinvioall'amministrazione appare condivisibile sol perché vi siano da effettuare semplici operazioni ocalcoli (88); anche la carenza di un passaggio procedimentale (non svolto in precedenza) o lanecessità di valutare concetti giuridici indeterminati non possono rendere ex se inammissibilel'azione di adempimento, se non è provato che non sono state compiute valutazioni nelle quali, perscelta normativa, rileva proprio il punto di vista di un certo organo (89) o lo svolgimento di unospecifico e imprescindibile iter procedurale, anche di tipo sostitutivo (90).

In definitiva, l'azione di adempimento non può dirsi inammissibile semplicemente perché l'affarenon è giunto innanzi al giudice già completamente istruito (91) o comunque “maturo per ladecisione” (92); a tale esito si dovrebbe giungere soltanto se quel che manca lo deve faregiocoforza l'amministrazione, perché conta il suo punto di vista: ad esempio, il giudice non puòcondannare l'amministrazione ad escludere un concorrente dalla gara per pregressi inadempimenticontrattuali, perché nella disposizione di riferimento (art. 38, comma 1, lett. f, d.lgs. 163/2006,vigente ratione temporis) “la grave negligenza o malafede o l'errore grave nell'eserciziodell'attività professionale” non sono “fattispecie oggettivamente rilevanti e, come tali, direttamenteaccertabili dal giudice”, ma “devono in primo luogo essere ritenute tali dalla stazione appaltante”

(93).

Così circoscritta, la riserva di istruttoria amministrativa non risulta molto distante da fenomenianaloghi che è dato constatare in ambito civilistico (94): si pensi al rilievo dell'intuitus personae oalla giurisprudenza sulla insindacabilità delle valutazioni dell'assemblea dei creditori conriferimento all'adeguatezza della proposta di concordato nelle procedure concorsuali (95) o sulla‘sovranità' dell'assemblea di condominio per le valutazioni sull'utilità o sulla convenienza di lavorida realizzare (96).

7. Nella logica dell'azione di adempimento il giudizio amministrativo va certamente ripensato inuna dimensione dialettica fra affermazione del ricorrente circa la sussistenza dei requisiti (nonchédella legittimazione) per ottenere il provvedimento richiesto e affermazione dell'amministrazione edei controinteressati circa la sussistenza di eventuali circostanze ostative a tale esito, con tutte leconseguenze che ne discendono sul piano probatorio.

Dal punto di vista del ricorrente, ciò comporta il superamento dell'impostazione meramenteimpugnatoria, anche quando la domanda di condanna è proposta unitamente a quella diannullamento, dovendo il ricorso incentrarsi sull'affermazione e sulla dimostrazione che ilprovvedimento negato dall'amministrazione è invece dovuto, in quanto sussistono tutti ipresupposti per il suo rilascio (97).

Ma proprio tale diversa impostazione fa emergere il corrispondente onere per l'amministrazione diesplicitare le eventuali circostanze impeditive, che non necessariamente emergono dal diniego(sicuramente, non emergono in caso di inerzia): infatti, anche quando sia acclarata “l'infondatezzadi un motivo sostanziale recato a sostegno del diniego non importa che non ne esistano altrifondati, dall'amministrazione non addotti soltanto perché ritenuto sufficiente il primo” (98).

Non è tuttavia chiaro fino a quale momento l'amministrazione possa adempiere a quest'onere, sì daconsentire al giudice una cognizione completa sulla pretesa (99): a parte alcune soluzioni“creative” della giurisprudenza (100), la dottrina ha ipotizzato talvolta una preclusione di ordinesostanziale, talaltra una preclusione di ordine processuale.

Secondo la prima impostazione, che trova fondamento normativo nell'art. 10 bis l. 241/1990,l'amministrazione sarebbe tenuta ad esplicitare tutte le circostanze impeditive al rilascio delprovvedimento richiesto nel preavviso di provvedimento negativo (101); tuttavia questa tesi siscontra non soltanto con la lettera della disposizione, come riconosce con franchezza chi l'hasostenuta (102), e con l'interpretazione prevalente fornita dalla giurisprudenza (103); si scontrasoprattutto con la constatazione che un'altra disposizione della medesima l. n. 241/1990 consenteespressamente all'amministrazione di rigettare la domanda con un atto “in forma semplificata” inipotesi di “manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda”(cfr. art. 2, comma 1, ultimo periodo, l. n. 241/90 nel testo modificato dalla l. 6 novembre 2012, n.190): per espressa previsione normativa, non è dunque necessaria l'esplicitazione di tutte lepossibili ragioni ostative all'accoglimento della domanda; del resto, la figura dell'atto negativopregiudiziale o preliminare era ampiamente conosciuta già prima di tale disposizione (104).

Inoltre, nei casi di silenzio inadempimento dell'amministrazione normalmente non viene adottatoneppure un preavviso di rigetto, ma ciò non impedisce la proposizione dell'azione di condanna: intale contesto, ancorare all'art. 10 bis l. n. 241/1990 una definitiva preclusione perl'amministrazione all'introduzione in giudizio di circostanze ostative significherebbe in ultimaanalisi attribuire alla mancata comunicazione del preavviso di diniego il significato disilenzio-assenso (sia pure attraverso il necessario passaggio della proposizione di un'azione dicondanna (105)). Il che pare francamente una forzatura eccessiva nell'interpretazione delladisposizione.

Altri autori hanno sostenuto la configurabilità di una preclusione di ordine processuale: in altre

parole, l'amministrazione sarebbe onerata di allegare i fatti impeditivi nel giudizio, tenuto contoche dopo la sentenza di condanna “non sarebbe più ammissibile l'adozione di un provvedimento didiniego in ragione di motivi ulteriori” (106), anche in forza del giudicato (107); del resto pure nelmodello tedesco di azione di adempimento l'amministrazione può introdurre nel corso del giudizioi fatti impeditivi al rilascio del provvedimento richiesto (108).

Questa impostazione è sicuramente più in linea con il modello processuale vigente, sebbene nonsiano configurabili barriere preclusive analoghe a quelle previste nel processo civile (109), perchéè innegabile che, alla luce del principio di non contestazione (art. 64, comma 2, c.p.a.) (110), nonopporre alcunché alle affermazioni ed allegazioni del ricorrente circa la sussistenza dei requisitiper ottenere il provvedimento richiesto equivarrebbe per l'amministrazione ad ammetterel'insussistenza di fatti preclusivi (111).

Non vanno tuttavia sottaciute le implicazioni problematiche anche di questo approccio: se sulpiano sistematico l'esigenza che l'amministrazione possa integrare ex post la motivazione deldiniego è in qualche modo connaturata ad un giudizio che non verta solo sulla legittimità atto(112) (soprattutto ove si discuta di provvedimenti vincolati (113)), è innegabile il rischio di unasostanziale abdicazione da parte dell'amministrazione stessa al ruolo normativamente assegnatole(114), con “scivolamento” di ogni questione dalla sede procedimentale a quella processuale (115).

Ma è soprattutto sul piano più strettamente processuale che la facoltà di allegare in giudizio i fattiimpeditivi apre questioni molto delicate, poiché è in ultima analisi la difesa dell'amministrazione(si badi, non l'amministrazione in quanto tale) a “disporre” dei fatti rilevanti ai fini della condanna(116). Con tutta evidenza non si tratta di un problema avvocatesco o etico (117), in altre parole diqualità della difesa tecnica, ma giuridico-sistematico: infatti, stante l'innegabile connessione fradisponibilità dei fatti e disponibilità della posizione sostanziale in un consimile modello digiudizio, le scelte difensive finiscono per costituire indirettamente una modalità di disposizionedel potere amministrativo (alla stregua di quanto accade nel giudizio civile con riferimento tuttaviaai soli diritti disponibili).

8. La disciplina dell'azione di adempimento non sembra lasciare margine alcuno allesopravvenienze.

Secondo la dottrina, l'attività successiva alla condanna pubblicistica non è esercizio di potere o loè soltanto negli stretti limiti dell'attuazione della condanna (118) e “da ciò discende chel'accertamento definitivo del giudice relativo alla sussistenza di determinati presupposti relativialla pretesa del ricorrente non potrà non essere vincolante nei confronti dell'azioneamministrativa” (119); diversamente opinando, l'utilità (della previsione stessa) di una consimileazione sarebbe pressoché azzerata (120).

Lo scopo dell'azione di adempimento è assicurare al ricorrente il provvedimento che egli avevatitolo ad ottenere quando l'ha richiesto (appunto, “il provvedimento richiesto”, stando alla letteradell'art. 34 c.p.a.) (121). A ciò si ricollegano due importanti conseguenze.

In primo luogo, il ricorrente ha titolo al provvedimento a suo tempo richiesto, non ad un quidpluris: perciò, la condanna non può conferire al provvedimento che ad essa conseguaun'ultrattività temporale o una resistenza che il provvedimento — ove rilasciato al tempo dovuto esua sponte dall'amministrazione — non avrebbe avuto.

Inoltre, il provvedimento oggetto della condanna deve essere identico a quello chel'amministrazione avrebbe dovuto rilasciare a suo tempo: perciò, dopo la condanna, sarà semprerilasciato con l'implicita clausola ora per allora (122); il che dovrebbe sicuramente togliere rilievoalle sopravvenienze normative (123), in ragione di un'applicazione coerente del principio deltempus regit actum.

Se tuttavia si scende dal piano delle enunciazioni generali a quello della casistica, molte certezzene escono inevitabilmente indebolite, soprattutto con riferimento alle sopravvenienze fattuali. Èdavvero pensabile che, in esecuzione di una sentenza di condanna, l'amministrazione rilasci lapatente a chi medio tempore ha perso i requisiti di capacità visiva per poter guidare senzacostituire pericolo per sé o per gli altri? O è sostenibile — per restare ad un caso già esaminatodalla giurisprudenza (124) — che il giudice possa condannare l'Università alla “chiamata” di undocente quando ormai le esigenze didattiche cui far fronte con la suddetta chiamata potrebberonon essere più ravvisabili? Ed ancora: è precluso all'amministrazione di intervenire nuovamente suconsimili provvedimenti, sol perché rilasciati a seguito di una condanna del giudice?

È bene premettere che negli esempi esposti non è sostenibile un paragone con l'impossibilitàsopravvenuta di stampo civilistico (art. 1256 c.c.): infatti, la prestazione è ancora pienamentepossibile, il problema è se essa sia ancora dovuta.

In realtà, se si accetta l'idea che il provvedimento rilasciato sia del tutto simile a quello chel'amministrazione avrebbe dovuto rilasciare a suo tempo (in quanto dovuto), la permanenza deisuoi effetti si palesa per quel che è, vale a dire una questione che attiene alla disciplina sostanzialedel potere, che non tocca il processo: in particolare, se gli effetti di tale provvedimento sonoistantanei, si produrranno ex tunc, con tutte le conseguenze che ciò avrebbe comportato ovel'amministrazione avesse emanato l'atto al tempo dovuto (125); se invece gli effetti delprovvedimento hanno carattere durevole, e permangono, potranno essere oggetto di revoca,sempre ove ne sussistano i presupposti (in particolare, ai sensi dell'art. 21 quinquies l. n. 241/1990,dovrebbe assumere rilievo il “mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momentodell'adozione del provvedimento”).

In questo si apprezza la differenza fra i due esempi appena sopra illustrati, dal momento che la“chiamata” ora per allora del professore universitario avrà già istantaneamente prodotto — siapure ora per allora — il suo effetto e non potrà essere più oggetto di revoca; viceversa, ben potrà(e dovrà) essere revocata la patente del soggetto che non presenti più i requisiti di idoneità visivaper la guida: ciò non toglie, peraltro, che sia fatta salva la facoltà di chiedere il risarcimento deidanni (126) in relazione al periodo antecedente per il quale il soggetto non ha potuto beneficiaredel provvedimento abilitativo (127).

Con il che non si intende in alcun modo subordinare l'efficacia della condanna e del giudicatoall'insussistenza di sopravvenienze, cui peraltro anche la dottrina più critica non ha maidisconosciuto del tutto rilievo (128), ma semplicemente contestualizzare gli effetti delprovvedimento amministrativo rilasciato (ora per allora) a seguito della condanna.

Emerge in tal senso anche la differenza con quanto accade in occasione dell'ottemperanza di unasentenza di solo annullamento o sul silenzio, ove le sopravvenienze non possono non incidere suquello che è a tutti gli effetti un esercizio ex novo del potere da parte dell'amministrazione o delcommissario ad acta che l'ha sostituita (129).

9. La trattazione ha fatto emergere una nutrita serie di problemi, ma ciò non può certo giustificarel'opposizione — a mo' di battaglia di retroguardia — ad un'azione che è ormai indiscutibilmenteprevista dal diritto positivo.

Alcuni di tali problemi hanno finora comportato una marginalizzazione dell'azione diadempimento, che ha generato una casistica molto limitata (soprattutto se non si tiene conto delcontenzioso sui contratti pubblici); tuttavia, l'istituto presenta indubbie potenzialità nella direzionedi una maggiore efficacia del processo, sebbene allo stato sia possibile soltanto intravederle (comeè del resto consueto rispetto a strumenti di tutela di recente introduzione).

L'azione di adempimento non prelude ad un nuovo esercizio del potere, ma all'esercizio “coatto”del medesimo potere che avrebbe dovuto essere a suo tempo esercitato (con tutto quanto ne

consegue sul piano della tutela dei terzi e dell'incidenza delle sopravvenienze). Ciò non vuol dire“compattare” in un unico processo cognizione ed esecuzione (130), poiché di un processo diesecuzione vi è pur sempre necessità in assenza di una spontanea esecuzione della sentenza; vuoldire invece cambiare completamente la sostanza di quell'esecuzione: infatti, la correttaindividuazione anche sotto il profilo temporale dell'oggetto della condanna (il provvedimentorichiesto), per un verso, impone all'amministrazione di tenere distinto ciò che avrebbe dovuto farein passato (e non ha fatto) da ciò che dovrà fare per il futuro; per altro verso, nei limiti delpossibile, tiene il giudice dell'ottemperanza fuori dall'ambito proprio dell'amministrazione (131)(soprattutto, in relazione alle sopravvenienze).

Tutto questo è ovviamente possibile nella misura in cui il ruolo dell'amministrazione successivoalla sentenza di condanna sia meramente esecutivo, consistente nel semplice ed incondizionato“rilascio” di un provvedimento già dovuto (laddove il termine “rilascio” sembra evocare, comenell'art. 2930 c.c., un'utilità che è già nel patrimonio giuridico dell'avente diritto, quantunquecostui non ne sia ancora materialmente in possesso).

Al di là di ogni considerazione di ammissibilità di ulteriori forme di condanna pubblicistica,questo elemento differenziante in larga misura si perderebbe se la sentenza dovesse coinvolgerel'amministrazione come soggetto ancora deputato a compiere vere e proprie valutazioni: comeaccadrebbe con la condanna all'emanazione di un provvedimento discrezionale, sia pureaccompagnata dall'indicazione dei criteri da seguire per l'esercizio del potere, auspicata da piùparti in dottrina (132).

In questi casi la differenza fra la condanna ed effetto conformativo della sentenza di annullamentotende inevitabilmente a sfumare (133), risolvendosi entrambi nella fissazione di una serie di criteriche l'amministrazione deve seguire nel nuovo esercizio di potere.

Si potrebbe obiettare, a questo punto, che a fronte dell'accoglimento di una domanda diadempimento non è chiara la ragione per la quale a rilasciare il provvedimento debba esserecomunque l'amministrazione e non direttamente il giudice: infatti, potrebbe dirsi con la dottrinache “il rinvio all'amministrazione per l'emanazione dell'atto sarebbe un'inutile ipocrisia, inomaggio ad un pregiudizio nella forma e, nella sostanza, una fonte di possibili ulteriori ingiustizieper il cittadino” (134).

In realtà, il senso della previsione è probabilmente proprio quello di conservare al provvedimentola natura sua propria, quella di atto amministrativo (che è in fondo ciò che a suo tempo è statoinvano chiesto all'amministrazione), di cui deve continuare ad essere responsabile (nell'accezionepiù ampia del termine) l'amministrazione che avrebbe dovuto comunque emanarlo e sul quale deveessere comunque possibile intervenire con gli istituti propri del diritto sostanziale, ove se ne pongal'esigenza e nel rispetto dei limiti in cui la legge lo consenta.

A partire dal 2010 nel processo amministrativo è stata introdotta l'azione di condannaall'emanazione del provvedimento amministrativo negato o omesso (altrimenti detta, azione diadempimento). La dottrina aveva auspicato l'introduzione di tale azione già da diversi decenni, mala sua operatività pratica ha posto gli interpreti di fronte ad alcuni problemi, che riguardano nonsoltanto i limiti normativamente previsti alla sua ammissibilità, ma anche l'individuazione dellaratio di alcune regole di ordine strettamente procedurale: si pensi soprattutto alla necessità che ladomanda di condanna sia proposta congiuntamente a quella di annullamento o di accertamentodell'inerzia dell'amministrazione. Dall'esame di tali problemi emerge una proposta interpretativaper due questioni di fondo: in primo luogo, la differenza fra condanna all'emanazione di unprovvedimento ed effetto conformativo della sentenza di annullamento; in secondo luogo,l'individuazione di un equilibrato assetto del regime delle sopravvenienze. Parole chiave: Processoamministrativo - Provvedimento omesso o negato - Decisioni di condanna all'emanazione di unprovvedimento - Sentenze di annullamento - Sopravvenienze.

Mandatory order and its limits in the Italian judicial review proceedings.

Since 2010 mandatory orders are available in front of the Italian Administrative Courts. Scholarshad been urged the introduction of this remedy for decades, but now its practical functioningpresents several problems, concerning not only the legal limits to its admissibility, but also therationale behind certain strictly procedural rules: especially, the application for a mandatory ordermust be made asking together a quashing order or a declaratory judgment (declaring a publicbody's failure to act unlawful). The paper examines those issues and reasons about twofundamental questions: first, the difference between mandatory orders and mandatory effects ofquashing orders; secondly, the identification of a balanced framework of procedural rulesconcerning events occurred pending proceedings. Keywords: Judicial review proceedings - Deniedor omitted administrative act - Mandatory order - Quashing order - Events occurred pendingproceedings.

Note:(1) Il presente scritto trae spunto dalle considerazioni svolte in occasione dell'incontro dal titolo“L'azione di adempimento ed i suoi confini” (Trento, 17 marzo 2016).(2) Secondo G. Miele, Questioni vecchie e nuove in materia di distinzione del diritto dall'interessenella giustizia amministrativa, in Foro amm., 1940, IV, 61 ss., e poi in Scritti giuridici, I, Milano,1987, 279, “esiste dunque un interesse sostanziale distinto dall'interesse come condizione delricorso ed è il primo che la legge intende tutelare attraverso l'esercizio del diritto di ricorso [...]Altra cosa è, invece, [...] determinare i limiti entro cui quell'interesse viene garantito: perché,appunto, il modo e la misura con cui l'interesse sostanziale ottiene protezione differenziano questodal diritto soggettivo” (corsivo nel testo).(3) M. Nigro, Linee di una riforma necessaria e possibile nel processo amministrativo, in Riv. dir.proc., 1978, 254 ss., e poi in Id., La riforma del processo amministrativo, Milano, 1980, 119. Suicaratteri fondamentali dell'azione di adempimento prevista nel processo amministrativo tedescocfr. D. de Pretis, L'azione e i poteri del giudice, in AA.VV., La tutela dell'interesse alprovvedimento, Trento, 2001, in part. p. 12 ss., nonché R. Bifulco, La giustizia amministrativanella repubblica federale di Germania, in G. Recchia (a cura di), Ordinamenti europei di giustiziaamministrativa, Padova, 1996, in part. p. 309 ss.; cfr. pure D. Corletto, La tutela dei terzi nelprocesso amministrativo, Padova, 1992, 189 ss.(4) Secondo F. Merusi, Verso un'azione di adempimento?, in AA.VV., Scritti in onore di GiovanniMiele, Milano, 1979, 337, “una vera e propria sentenza di condanna non potrebbe venir introdottache da una riforma legislativa”.(5) G. Greco, Silenzio della pubblica amministrazione e problemi di effettività della tutela degliinteressi legittimi, in Riv. dir. proc., 1979, 413 ss.; si veda pure Id., L'accertamento autonomo delrapporto nel giudizio amministrativo, Milano, 1980, 212 s., ove l'A. auspicava l'introduzione pervia pretoria di una nuova azione di accertamento del rapporto (se non di adempimento, ad essamolto simile): a tale riguardo, l'A. rilevava che la mancanza di una disposizione espressa, analogaa quella prevista per il processo amministrativo tedesco, “non è di per sé preclusiva della vigenzadell'azione di accertamento autonomo del rapporto amministrativo”, perché anche nel processocivile manca “un esplicito riconoscimento normativo generale dell'azione di accertamento” eoccorre “ritenere il potere di accertamento del giudice (civile) come un potere connaturato alconcetto stesso di giurisdizione”.(6) M. Nigro, L'appello nel processo amministrativo, Milano, 1960, 26, aveva riconosciuto già inprecedenza che l'effetto conformativo “è troppo poco perché si parli di azione di condanna,abbastanza perché i lineamenti tipici del processo costitutivo ne escano alterati in alcuni profili”.(7) Secondo F. Merusi, Versi un'azione di adempimento?, cit., 334, in caso di impugnazione di undiniego “un'azione indirettamente, ma sostanzialmente di adempimento esiste già”; così nonaccade per il silenzio: infatti, “mentre è difficile che una decisione relativa ad un rifiuto di unprovvedimento non investa, almeno parzialmente, a seguito dell'esame della motivazione delrifiuto, la fattispecie dell'atto rifiutato, nel silenzio-rifiuto l'oggetto dell'inerzia amministrativarimane sempre al di fuori della decisione”.(8) M. Nigro, Linee di una riforma necessaria, cit., 118 ss. concepiva l'azione di adempimentocome “rimedio contro l'inosservanza da parte dell'amministrazione del dovere di emanazione di un

atto amministrativo”, poiché in tale ambito si osservava “la grave lacuna esistente nel nostroordinamento”; nello stesso senso cfr. G. Greco, Silenzio della pubblica amministrazione, cit., 409ss.(9) Cfr. Cons. Stato, ad. plen., 10 marzo 1978, n. 10; in precedenza, invece, secondo la tesi di F.La Valle, Azione d'impugnazione e azione d'adempimento nel giudizio amministrativo dilegittimità, in Jus, 1965, 187, un'azione di adempimento “nascosta” vi era già “nel caso in cuiformalmente è pronunciato l'annullamento del silenzio dell'amministrazione, ma poi in sede diottemperanza al giudicato è valorizzato l'accertamento del dovere dell'amministrazione, che sinasconde sotto quell'annullamento”; l'A. ne faceva conseguire la proposta di un formalericonoscimento legislativo dell'azione di adempimento, così adeguando “il dato legislativo al datologico-normativo”. Secondo M. Ramajoli, Forme e limiti della tutela giurisdizionale contro ilsilenzio inadempimento, in questa Rivista, 2014, 722, fintanto che il silenzio era stato equiparatoad un diniego espresso “il processo era caratterizzato da un'istruttoria vera e propria,l'amministrazione resistente nel corso del giudizio era tenuta a far valere i motivi sostanziali agiustificazione del proprio diniego tacito e, infine, in taluni casi il giudice giungeva a formulare laregola giuridica vincolante per il caso concreto”.(10) Superata la fictio del diniego tacito, l'unico effetto conformativo che si poteva riconoscerealle sentenze di accoglimento del ricorso sul silenzio atteneva infatti all'obbligodell'amministrazione di provvedere (cfr. G. Greco, Il silenzio della pubblica amministrazione, cit.,412).(11) Cfr. la versione vigente ratione temporis dell'art. 2, comma 8, secondo periodo, l. 7 agosto1990, n. 241 come modificato dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35 conv. in l. 14 maggio 2005, n. 80.Secondo N. Di Modugno, Fermenti di novità in tema di azioni proponibili nel processoamministrativo tra codice e secondo correttivo, in questa Rivista, 2013, 799, tale previsionegarantiva una tutela più ampia e penetrante nel giudizio sul silenzio rispetto all'impugnazione delprovvedimento negativo.(12) Cass., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500, in part. punto 9 della motivazione.(13) Secondo G. Falcon, Il giudice amministrativo tra giurisdizione di legittimità e giurisdizione dispettanza, in AA.VV., La tutela dell'interesse al provvedimento, cit., 230 ss., “solo se ilprovvedimento richiesto ‘spetta' c'è vera lesione dell'interesse al bene della vita, dunque (con ilconcorso del danno e della colpa) diritto al risarcimento”: pertanto, sempre secondo l'A. (p. 247)“se il giudizio sul danno presuppone un giudizio sulla spettanza, e se la pronuncia sul danno deveessere legata da un rapporto di consequenzialità con la pronuncia resa sull'azione esercitata, la solavia d'uscita [...] consiste nell'attribuire alla giurisdizione generale sugli interessi anche,all'occorrenza, il senso e i caratteri di una giurisdizione di spettanza” (corsivo nel testo).(14) Cfr. G. Falcon, Il giudice amministrativo tra giurisdizione di legittimità e giurisdizione dispettanza, cit., 254. Si distinguono da questa posizione i coevi tentativi della giurisprudenza difondare un'azione di adempimento sulla previsione relativa alla reintegrazione in forma specificanell'art. 35 d.lg. 31 marzo 1998, n. 80: sul punto si vedano le considerazioni critiche di A. Travi,La reintegrazione in forma specifica nel processo amministrativo fra azione di adempimento eazione risarcitoria, in questa Rivista, 2003, 227, secondo il quale “i due piani, quello del dovere(ancora) da adempiere e quello del pregiudizio da rifondere, rimangono distinti e riguardanooggetti diversi”.(15) Secondo M. Clarich, Tipicità delle azioni e azione di adempimento nel processoamministrativo, in questa Rivista, 2005, 584, quando in presenza di un potere vincolatol'amministrazione “non adempia al correlato dovere primario di un “facere” giuridico, cioè aldovere di provvedere in un modo determinato” si determina uno “specifico bisogno di tutela cherichiede soddisfazione nel processo amministrativo, già nella fase di cognizione, attraverso unasentenza dichiarativa del dovere di provvedere e di condanna a emanare il provvedimento dovuto”.(16) M. Clarich, Tipicità delle azioni, cit., 577 ss.(17) Cfr. F. Merusi, In viaggio con Laband..., in Giorn. dir. amm., 2010, 658 e Id., A volteritornano...il correttivo del codice del processo amministrativo, in Giorn. dir. amm., 2012, 1124; aproposito delle norme del codice (nella loro versione originaria) sull'azione di adempimento V.Cerulli Irelli, Giurisdizione amministrativa e pluralità delle azioni, in questa Rivista, 2012, 483,osserva una “forse voluta ambiguità”.(18) Cfr. Cons. Stato, ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3; si veda inoltre Cons. Stato, ad.plen. 29 luglio

2011, n. 15, in questa Rivista, 2011, 171 con nota di L. Bertonazzi, Natura giuridica della s.c.i.a. etecnica di tutela del terzo nella sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 15/2011 enell'art. 19, comma 6-ter, della legge n. 241/90; su tale sentenza cfr. pure E. Scotti, Tra tipicità eatipicità delle azioni nel processo amministrativo (a proposito di Ad.plen. 15/11), in Dir. amm.,2011, 765.(19) Cfr. Tar Lombardia, Milano, sez. III, 8 giugno 2011, n. 1428; nel medesimo senso, prima ditale sentenza, cfr. A. Comino, La condanna “atipica” nel nuovo codice del processoamministrativo, in Giur. it., 2011, 966.(20) Per i fondamenti teorici delle due tesi contrapposte cfr. A. Travi, Tipologia delle azioni nelprocesso amministrativo, in AA.VV., La gestione del nuovo processo amministrativo:adeguamenti organizzativi e riforme strutturali (Atti del LVI Convegno di Studi di scienzadell'amministrazione, Varenna 23-25 settembre 2010), Milano, 2011, 79 ss.(21) Il riferimento è ovviamente al d.lg. 14 settembre 2012, n. 160, il cui art. 1, comma 1, lett. e),ha introdotto nel corpo dell'art. 34 c.p.a. l'espresso riferimento all'azione di adempimento.(22) Secondo F.G. Scoca, Il secondo correttivo al codice del processo amministrativo, in Corr.giur., 2012, 1415, il secondo correttivo ha chiarito che “tra le misure cui l'amministrazione puòessere condannata rientra anche la emanazione del provvedimento inutilmente richiesto edillegittimamente non rilasciato”; secondo tale A. l'azione di adempimento sarebbe peraltro unaspecies di un più ampio potere di condanna dell'amministrazione all'adozione delle misure idoneea tutelare la situazione giuridica soggettiva del ricorrente.(23) R. Villata, Addendum ad Ancora “spigolature” sul nuovo processo amministrativo, in Id.,Scritti di giustizia amministrativa, Milano, 2015, 139, ritiene che — in forza dei limiti introdottidal legislatore — “effetto conformativo e giudizio di ottemperanza diano luogo ad una tutela nonsostanzialmente minore” rispetto a quella offerta dall'azione di adempimento.(24) In tal senso si veda Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 23 febbraio 2016, n. 407, secondocui “la previsione per la quale l'azione di adempimento può essere proposta solo unitamente adaltra azione è collegata, chiaramente, al disposto del secondo comma dell'art. 34, per il quale innessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancoraesercitati”.(25) Cfr. C. Guacci, La tutela avverso l'inerzia della pubblica amministrazione secondo il codicedel processo amministrativo, Torino, 2012, 195 ss.(26) In questa logica, secondo Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 23 maggio 2015, n. 933, “ilrequisito della contestualità ... non appare surrogabile dalla preesistenza di un giudicato diannullamento”.(27) Cfr. R. Villata, Pregiudizialità amministrativa dell'azione risarcitoria e responsabilità daprovvedimento, in Id., Problemi attuali della giurisdizione amministrativa, Milano, 2009 ed ora inId., Scritti di giustizia amministrativa, cit., 411 ss.(28) Con riferimento alla versione originaria del codice A. Travi, Tipologia delle azioni nelprocesso amministrativo, cit., 92 s., aveva rilevato come “nella formulazione generica dell'art. 30,comma 1, c.p.a. potrebbe inserirsi dunque anche una nozione più ampia di condanna, comprensivadell'azione di adempimento”; lo stesso A. aveva tuttavia concluso nel senso che questa come altredisposizioni del codice sono “più che norme fondanti di un istituto”, vale a dire l'azione diadempimento, “‘frammenti di norme', probabilmente frutto di un coordinamento impreciso nellafase finale di redazione del decreto legislativo”.(29) In tal senso cfr. I. Pagni, Il cumulo di domande nel processo amministrativo, in questaRivista, 2014, 1173, secondo la quale la formulazione dell'art. 30, comma 1, c.p.a. allude “adazioni necessariamente diverse da quella risarcitoria e perciò appunto all'azione di condannaall'emanazione del provvedimento” (corsivo nel testo); nello stesso senso E. Follieri, Le azioni diannullamento e di adempimento, in Dir. e proc. amm., 2011, 465 ss.(30) Si veda in tal senso Cons. Stato, sez. VI, 23 febbraio 2016, n. 736, secondo cui — ove sianonecessari adempimenti istruttori complessi — la domanda di adempimento sarebbe “incompatibiletra l'altro con la natura semplificata del giudizio sul silenzio e della decisione che deve definire ilgiudizio medesimo”. Come ha rilevato criticamente M. Ramajoli, Forme e limiti della tutelagiurisdizionale, cit., 735, dall'esame della giurisprudenza “si ricava l'impressione che il ritospeciale venga sempre più scarnificato dal legislatore, allo scopo di garantire sì una tutelaimmediata, ma non piena della pretesa fatta valere”.

(31) In base all'art. 117, comma 6, c.p.a., “se l'azione di risarcimento del danno ai sensidell'articolo 30, comma 4, è proposta congiuntamente a quella di cui al presente articolo, il giudicepuò definire con il rito camerale l'azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario ladomanda risarcitoria”.(32) In proposito A. Travi, Alla ricerca dell'azione di adempimento, relazione all'incontrodell'Associazione dei giudici amministrativi italiani, francesi e tedeschi (Milano, 7 ottobre 2011),6, osserva che “nel primo caso [sentenza di annullamento] l'amministrazione puo` esercitareancora il potere, negando nuovamente il permesso di costruire, seppur per ragioni diverse daquelle del primo diniego; nel secondo caso [sentenza di condanna] l'amministrazione puo` solorilasciare il permesso richiesto dal cittadino” e “l'attività successiva dell'amministrazione, diesecuzione della sentenza, non può essere considerata esercizio di potere, perché la sentenzaassorbe i profili piu` caratteristici del potere amministrativo”; nello stesso senso cfr. L. Ferrara,Domanda giudiziale e potere amministrativo. L'azione di condanna al facere, in questa Rivista,2013, 665, “dopo la condanna [...] rileva, e dunque sussiste, solo l'obbligo sottoposto acoercizione, perché l'esercizio del potere permane esclusivamente come strumento di attuazione diquell'obbligo” e “in questo senso, non è più potere, se per tale si intende potere riservato alla p.a.”.(33) A tale proposito, anche la sentenza meramente dichiarativa sul silenzio produce un (unico elimitato) effetto conformativo, costituito dall'affermazione dell'obbligo di provvedere (sul punto,cfr. M. Ramajoli, Forme e limiti della tutela giurisdizionale, cit., 741).(34) Secondo M. Ramajoli, Forme e limiti della tutela giurisdizionale, cit., 741 ss., se l'effettoconformativo è limitato all'obbligo di provvedere, “l'attività richiesta al commissario risulta di tiposostitutivo pieno” e questi è pertanto “chiamato non tanto a dare esecuzione ad un precedentedictum, quanto piuttosto a provvedere del tutto autonomamente, con l'unica differenza che nelcaso di specie la nomina è di tipo giudiziale”. In proposito secondo la giurisprudenza “ritenere cheladdove il Giudice non si sia pronunciato sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio,ugualmente — ove sia stato nominato un commissario ad acta, ed unicamente a cagione di talecircostanza — sia consentito al Giudice (a cagione di tale — solo eventuale — nomina) conosceredel successivo sviluppo del contenzioso in sede di giurisdizione di merito, e con i poteridell'ottemperanza, renderebbe inutile e superflua la previsione di cui all'art. 31 del c.p.a. primacitata, pervenendosi ad una interpretatio abrogans della medesima” (così Tar Lazio, Roma, sez. II,21 ottobre 2015, n. 12059; ma negli stessi termini si veda già in precedenza Cons. Stato, sez. IV,19 marzo 2015, n. 1511).(35) Cfr. Cons. Stato, ad. plen., 15 gennaio 2013, n. 2; Cons. Stato, sez. VI, 8 aprile 2016, n. 1402;Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, 1º aprile 2016, n. 291.(36) D'altro canto, una contraddizione non certo minore si porrebbe ove, a fronte di una primapronuncia che annullasse l'atto o dichiarasse l'obbligo di provvedere, la domanda di condannaproposta in un momento successivo venisse rigettata “nel merito”; il problema è stato in qualchemisura preso in considerazione da Cons. Stato, sez. IV, 736/2016, secondo cui il giudice potrebbepronunciare (in senso negativo) sulla fondatezza della pretesa quando “l'istanza siamanifestamente infondata, sicché risulti del tutto diseconomico obbligare l'Amministrazione aprovvedere laddove il provvedimento conclusivo, esplicito e formale, non potrebbe che esseresfavorevole al soggetto istante”; contra, cfr. Cons. Stato, sez. III, 8 settembre 2016, n. 3827secondo cui “all'esito del giudizio sul silenzio dell'amministrazione il giudice amministrativo develimitarsi a rilevare se un obbligo di provvedere vi sia e se il provvedimento sia stato emesso”, nonpotendo rigettare il ricorso per l'insussistenza dei requisiti in capo all'istante per ottenere ilprovvedimento medesimo.(37) Si veda in proposito la definizione di D. Vaiano, Pretesa di provvedimento e processoamministrativo, Milano, 2002, 608, che fa riferimento ai “soggetti la cui posizione si traducenell'interesse ad una sentenza che mantenga in vita un provvedimento a contenuto negativo,essendo questi titolari di una posizione qualificata a che altri non ottengano dalla pubblicaamministrazione vantaggi dai quali discenderebbe loro un concreto pregiudizio”.(38) Si noti a tale proposito che, fatti salvi casi molto peculiari (come il giudizio elettorale), nelprocesso non è prevista alcuna forma di pubblicità, mentre per il procedimento amministrativogeneralmente sì, nei limiti in cui operano gli istituti dell'accesso e della trasparenza.(39) Cfr. il precedente § 2.1.(40) C.G.A. 19 marzo 2014, n. 142. Sul punto cfr. le considerazioni critiche di D. Corletto, La

tutela dell'interesse al provvedimento ed i terzi, in AA.VV., La tutela dell'interesse alprovvedimento, cit., 125 ss.(41) Tar Lazio, Roma, sez. I, 29 gennaio 2014, n. 1133.(42) Cfr. Tar Calabria, Catanzaro, sez. II, 8 ottobre 2015, n. 1539.(43) In questo senso cfr. già G. D'Angelo, Il giudizio sul silenzio fra novità giurisprudenziali emodifiche legislative, in Foro amm.-TAR, 2005, 995 ss.(44) La circostanza che tali soggetti siano rimasti estranei al giudizio conclusosi con la condannaad emanare il provvedimento fa sì che essi non possano in alcun modo essere limitati nella lorofacoltà di agire in giudizio dal precedente giudicato: con il risultato che — secondo D. Corletto, Latutela dell'interesse, cit., 128 — in caso di accoglimento anche della seconda impugnazionel'amministrazione sia al contempo vincolata da due decisioni, “visto che la prima sentenza, nonannullata o revocata, non cessa di per sé di produrre i suoi effetti”.(45) Prima dell'espressa introduzione dell'azione di adempimento, A. Travi, La tipologia delleazioni, cit., 93, aveva rilevato che la previsione della notifica ai controinteressati non aveva alcunsenso ove riferita all'azione di condanna al risarcimento dei danni, nella quale la domanda“inerisce a un rapporto obbligatorio fra il ricorrente e l'amministrazione soltanto”.(46) D. Vaiano, Pretesa di provvedimento, cit., 612 ss.(47) Cfr. Tar Umbria, sez. I, 5 maggio 2014, n. 241, che ha riqualificato ex art. 32 c.p.a. comedomanda di adempimento la richiesta di accertamento del diritto ad ottenere il rilascio delpermesso di costruire negato e l'ha ritenuta ammissibile nonostante fosse stata formulata soltantocon i motivi aggiunti.(48) Cfr. Tar Lombardia, Milano, sez. II, 30 aprile 2015, n. 1071. Con riferimento alla tutela deiterzi nei confronti della s.c.i.a., F. Merusi, Metamorfosi nell'intervento pubblico nell'economia.Dall'autorizzazione alla riserva di provvedimento inibitorio, in Dir. amm., 2015, 586, ritieneinvece che l'interessato, “se non ha diffidato la p.a., può esperire l'azione di adempimento o [...]può esperirla in alternativa al silenzio se non ha formalizzato la procedura del silenzio rifiuto”.(49) Nel senso che l'art. 34, comma 1, c.p.a. già impone al giudice di decidere “nei limiti delladomanda” (anche nel caso delle azioni di condanna di cui alla lettera c).(50) Si pensi, oltre al diritto alla giusta indennità di esproprio (la cui determinazione può esserechiesta direttamente al giudice anche in assenza di determinazione in via amministrativa), ai diritticonnessi alla riservatezza dei dati personali, che ai sensi dell'art. 145, comma 1, d.lg. 30 giugno2003, n. 196 “possono essere fatti valere dinanzi all'autorità giudiziaria o con ricorso al Garante”:sul punto si rinvia a P. Cerbo, Giudice ordinario e sostituzione della pubblica amministrazione, inRiv. trim. dir. proc. civ., 2012, 744 ss.(51) Cfr. Tar Sicilia, Catania, sez. II, 9 giugno 2016, n. 1432 relativa all'inibitoria all'assunzione diprovvedimento di demolizione.(52) Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 26 febbraio 2015, n. 420 ha dichiarato inammissibile unadomanda di condanna diretta non “all'adozione di un provvedimento satisfattivo del bene della vitacui l'interessato aspira [...], ma alla ‘riattivazione' del procedimento amministrativo che, allo stato— e per quanto emerge dall'istruttoria documentale — non si è ancora concluso con unprovvedimento espresso di rigetto” (né era stata proposta la tutela avverso il silenzio).(53) Cfr. Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 407/2016; contra cfr. Cons. Stato, sez. V, 27novembre 2012, n. 6002, secondo cui “l'omessa adozione di un atto nei tempi imposti dalla legge”(si trattava della mancata indizione delle elezioni) è “ex se idonea a ledere l'interesse dei ricorrentie a legittimare la proposizione del generale rimedio volto ad ottenere una pronuncia che impongaall'amministrazione l'esercizio doveroso del potere”, senza necessità di una previa istanzaall'amministrazione; in senso adesivo si veda A. Carbone, Pluralità delle azioni e tutela di meroaccertamento nel nuovo processo amministrativo, in questa Rivista, 2013, 880 ss.(54) Per l'ammissibilità dell'azione di adempimento con riferimento a provvedimenti chel'amministrazione deve adottare d'ufficio, cfr. Cons. Stato, sez. V, 6002/2012; in tal senso si vedapure Tar Lazio, Roma, sez. I ter, 7 marzo 2016, n. 2902, che ha condannato la Regione adindividuare entro un termine stabilito la rete integrata degli impianti di smaltimento dei rifiuti.(55) Secondo Cons. Stato, ad.plen., 27 aprile 2015, n. 5, sulla base di una lettura dell'art. 34,comma 2, c.p.a. “d'indole soggettiva, il riferimento è anche ai poteri non esercitati dall'autoritàcompetente, ovvero quella chiamata a esplicare la propria volontà provvedimentale in base almicro ordinamento di settore”.

(56) Cfr. Adunanza plenaria, 5/2015.(57) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 2015, n. 4499, relativa ad un caso di incompetenza perl'illegittima composizione della commissione di gara.(58) Non mi pare che il problema possa dirsi superato — come ritenuto da Adunanza plenaria,5/2015 con riguardo all'azione di annullamento — solo perché il ricorrente potrebbe comunquedecidere di non proporre il motivo di ricorso relativo all'incompetenza: infatti, diversamente daquanto accade per un'azione di annullamento “secca”, nel caso di specie potrebbe ben accadereche sia il controinteressato a far valere l'incompetenza al limitato fine di scongiurare la condannadell'amministrazione ad adottare il provvedimento che lo pregiudicherebbe.(59) Cfr. Tar Campania, Napoli, sez. VIII, 4 settembre 2015, n. 4334, che ha dichiaratoinammissibile la domanda di rilascio del provvedimento di condono, in quanto residuavano“ancora profili tecnici da esaminare da parte dell'amministrazione quali presupposti per l'adozionedel provvedimento”.(60) L'affermazione secondo la quale il carattere non discrezionale dell'attività è requisito diammissibilità dell'azione di adempimento è del tutto neutra rispetto al problema dell'ammissibilitàdi un'azione di condanna “generica” anche con riguardo a poteri discrezionali: escludere in caso diattività discrezionale l'ammissibilità di una condanna all'emanazione di un provvedimentospecifico (azione di adempimento) non significa escludere in questi stessi casi anchel'ammissibilità di una condanna non finalizzata all'emanazione di un provvedimento specifico(azione di condanna, ma non di adempimento). In definitiva, l'ammissibilità di una condannagenerica anche a fronte di poteri discrezionali va quindi valutata alla luce della questione piùgenerale sulla tipicità o atipicità delle azioni nel processo amministrativo.(61) Cons. Stato, sez. III, 30 ottobre 2015, n. 4987, ha ritenuto che il docente universitario dellaFacoltà di Medicina il quale aspira a svolgere attività assistenziale vanta una posizione di interesselegittimo che si concreta “in una pretesa che trova un fisiologico limite nella ‘potestà' (intesa come‘funzione pubblicistica' e dunque come ‘potere-dovere') dell'Amministrazione di ‘organizzare' ilServizio Sanitario in modo da renderlo massimamente efficiente ed efficace, al fine prioritario difarlo rispondere alle reali e concrete esigenze degli utenti e di salvaguardare il preminente dirittoalla salute di questi ultimi”; nella stessa logica, Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2015, n. 2426 —ritenuto che il richiedente la assegnazione ad una sede di servizio vicina a figli minori di tre annisia titolare di una posizione di interesse legittimo — ha precisato che “all'amministrazione spettavalutarne la richiesta alla luce delle esigenze organizzative e di efficienza complessiva delservizio”.(62) Con riferimento alla pretesa all'erogazione di un contributo, Tar Lazio, Roma, sez. I, 8 giugno2015, n. 8032 ha negato la condanna affermando che “il contributo in questione rientra nellamodulazione delle pubbliche risorse annualmente stanziate”; si vedano, nel medesimo senso, TarCalabria, Catanzaro, sez. II, 17 gennaio 2015, n. 110 e Tar Sicilia, Catania, sez. I, 14 aprile 2015,n. 1080.(63) M. Nigro, Problemi veri e falsi della giustizia amministrativa dopo la legge sui tribunaliregionali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1972, 145 ss. e poi in Id., La riforma del processoamministrativo, cit., 67.(64) Secondo R. Villata, Giustizia amministrativa e giurisdizione unica, in Riv. dir. proc., 2014,287 ss., ed ora in Id., Scritti di giustizia amministrativa, cit., 523, proprio sulla base della notaformula chiovendiana occorre escludere che “ogni ‘bisogno di tutela' prospettato venga ritenutomeritevole di soddisfazione da parte del giudice, senza neppure indagare sul grado e modo diprotezione, in forza delle norme sostanziali, delle situazioni dedotte; come se l'effettività avesseconferito al processo il carattere di strumento per conseguire qualsivoglia utilità, seppur nondefinita a priori”.(65) L. Ferrara, Domanda giudiziale, cit., 646.(66) Cfr. il successivo § 6.(67) Secondo F. Ledda, Il rifiuto di provvedimento amministrativo, Torino, 1964, 262 e 267, nelcaso siano stati sollevati solo vizi formali o procedurali l'impugnazione del diniego mira “arendere nuovamente attuale per l'autorità amministrativa la necessità giuridica di agire in ordineall'oggetto cui si riferisce l'attesa del privato” e “con il ripristino del dovere, si riapre quel ciclodella funzione amministrativa che l'illegittimo diniego aveva chiuso”.(68) La dottrina in argomento è molto ampia: da ultimo, per un'interpretazione restrittiva dell'art.

21 octies, comma 2, l. n. 241/1990 si vedano le considerazioni di P. Provenzano, I vizi nella formae nel procedimento amministrativo, Milano, 2015, 297 ss.(69) Secondo G. Falcon, Il giudice amministrativo tra giurisdizione di legittimità e giurisdizione dispettanza, cit., 255, nella logica del giudizio di spettanza risulterebbe superata “la tradizionaleconcezione dell'azione di annullamento quale azione rivolta a far valere qualunque illegittimità”(corsivo nel testo).(70) Come rilevato da R. Villata, L'esecuzione delle decisioni del Consiglio di Stato, Milano,1971, 511, “non pare che l'annullamento per vizi di forma importi l'accertamento del rapporto insenso favorevole all'autorità”; nello stesso senso si veda G. Greco, L'accertamento, cit., 183, ilquale rileva che diversamente il ricorrente sarebbe costretto a dedurre sempre tutti i possibili vizidell'atto.(71) In questo senso cfr. F. La Valle, Azione d'impugnazione, cit., 162, secondo il quale “ilriconoscimento da parte del giudice amministrativo del concreto dovere inadempiutodell'amministrazione...implica l'accertamento dell'illegittimità del positivo provvedimentoemanato in luogo di quello dovuto, per violazione della norma che imponeva...all'amministrazionedi emettere tale ultimo provvedimento”.(72) D. de Pretis, L'azione e i poteri del giudice, cit., 18, aveva avvertito che l'adozione nel nostroordinamento di un'azione di adempimento sul modello tedesco imponesse di “individuare inmaniera rigorosa il confine fra ciò su cui il giudice può intervenire in positivo e ciò che invece èinterdetto al suo controllo” e pertanto anche di “risolvere il problema dei caratteri e del regime delfenomeno della discrezionalità tecnica”.(73) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 736/2016.(74) Cfr. Tar Puglia, Lecce, sez. III, 1 marzo 2016, n. 403.(75) Cfr. Tar Lazio, Latina, sez. I, 16 febbraio 2015, n. 167, secondo cui è riservatoall'amministrazione “il compimento di un'istruttoria volta a ricostruire quali fossero esattamente ledimensioni del balcone in contestazione”.(76) Cfr. Tar Campania, Salerno, sez. I, 4 febbraio 2016, n. 315, che ha ritenuto inammissibile ladomanda di condanna al rilascio di un parere di compatibilità paesaggistica, in quanto laSovrintendenza aveva assunto la decisione negativa impugnata senza esaminare lecontrodeduzioni dell'interessato ai sensi dell'art. 10 bis l. n. 241/1990.(77) Cfr. Tar Basilicata, sez. I, 22 ottobre 2015, n. 649, relativa ai progetti individuali perrealizzare la piena integrazione delle persone disabili, prodromici alla concessione della relativaassistenza specialistica; cfr. pure Tar Lazio, Roma, sez. I, 18 marzo 2015, n. 4301, relativa alprocedimento di nomina dell'avvocato generale dello Stato aggiunto, nel quale successivamentealla proposta di nomina non si era svolta la fase procedimentale presso la Presidenza del Consigliodei Ministri.(78) Cfr. Tar Sicilia, Palermo, sez. III, 14 aprile 2015, n. 914.(79) Cfr. Tar Basilicata, sez. I, 15 febbraio 2016, n. 115; in senso analogo cfr. Tar Lazio, Roma,sez. II, 30 aprile 2015, n. 6236.(80) Cfr. Tar Campania, Napoli, sez. III, 9 marzo 2016, n. 1310, relativa ad un caso in cui ilComune aveva erroneamente disconosciuto ad un'istanza di condono efficacia sospensiva delprocedimento di demolizione, non esaminandola di conseguenza nel merito e provvedendodirettamente a sanzionare l'abuso.(81) Cfr. Tar Campania, Napoli, sez. VI, 18 febbraio 2016, n. 908.(82) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 luglio 2014. n. 3364.(83) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2016, n. 85.(84) Cfr. Tar Lazio, sez. II quater, 11 novembre 2015, n. 12761.(85) Adunanza plenaria 3/2011 aveva ritenuto ammissibile l'azione di adempimento a condizioneche non vi ostasse “la sussistenza di profili di discrezionalità amministrativa e tecnica”.(86) In proposito Cons. Stato, sez. VI, 736/2016 richiama espressamente un “contesto valutativonon privo di difficoltà”.(87) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 luglio 2013, n. 3666 ha ritenuto ammissibile la condanna adadottare i provvedimenti sanzionatori di cui agli artt. 27 ss. d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380,rilevando che “gli adempimenti istruttori risultano compiuti sulla base della consulenza tecnicasvolta dal giudice di primo grado”.(88) Sul punto Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 2014, n. 1669 ha ritenuto che qualora il Giudice Vivat

la decisione “sulla base di propri calcoli o proprie valutazioni, vi sarebbe uno sconfinamento nelmerito amministrativo al di fuori dei casi in cui la legge prevede una giurisdizione di merito”;invece, secondo Tar Lombardia, sez. I, 14 febbraio 2014, n. 484 al giudice è consentito“correggere meri errori applicativi che hanno potuto essere facilmente emendati con semplicioperazioni aritmetiche senza rimettere in discussione le basi estimative del giudizio effettuatodalla commissione” di gara.(89) Si pensi alle valutazioni tecniche di cui all'art. 17 l. n. 241/1990 ed ai peculiari meccanismisostitutivi previsti in caso di inerzia.(90) Tutto ciò naturalmente non vuol dire che su questo tipo di valutazioni il sindacato del giudicesia escluso tout court. Come aveva evidenziato già V. Ottaviano, Giudice ordinario e giudiceamministrativo di fronte agli apprezzamenti tecnici dell'amministrazione, in Riv. trim. dir. e proc.civ., 1986, 1 ss., ora in Scritti Giuridici, I, Milano, 1992, 241, “l'ordinamento circonda gliaccertamenti tecnici demandati alla p.a. di particolari cautele, stabilendo la composizione degliorgani che li debbono eseguire, l'iter procedimentale attraverso cui vi si deve pervenire e viadicendo”: quindi, “il ritenere che il giudice possa sostituire il suo giudizio a quellodell'amministrazione significherebbe non tenere conto delle norme che così dispongono”; ciò nonvuol dire che esista una sfera di attività sottratta al giudice, ma che “debbono individuarsi lemodalità del riscontro che questo deve esercitare, le quali devono permettere di accertare la suaconformità al diritto”.(91) In tale senso è parso orientato, di recente, Cons. Stato, sez. VI, 736/2016, che ha confinatol'ammissibilità di una pronuncia di accoglibilità dell'istanza alle sole “ipotesi di manifestafondatezza della pretesa dedotta in giudizio”; nello stesso senso, prima del secondo correttivo alcodice, R. Gisondi, Via libera all'azione di adempimento per ottenere il rilascio del permesso dicostruire, in Urb. app., 2012, 595, secondo il quale non riveste “grande importanza il fatto chel'accertamento che il giudice può compiere riguardi circostanze già acquisite al procedimento,oppure elementi della realtà non preventivamente conosciuti dalla p.a.”.(92) Secondo F. Merusi, L'ingiustizia amministrativa, cit., 17, il “criterio direttivo” per stabilirequando la “sentenza del giudice potrebbe tener luogo del provvedimento” dovrebbe essere sulmodello tedesco quello dello “affare maturo per la decisione”, che si verifica “quando ci sononella pratica tutti gli elementi necessari per adottare il provvedimento”.(93) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 85/2016.(94) Sul punto si rinvia a P. Cerbo, Il limite del ‘merito' nel sindacato sul rapporto di lavoroprivatizzato: le recenti riforme legislative, in AA.VV. (a cura di G. Falcon-Marchetti), Pubblico eprivato nell'organizzazione e nell'azione amministrativa, Padova, 2013, 340 ss.(95) Cfr. Cass., sez. I, 23 giugno 2011, n. 13817 e Id., 25 ottobre 2010, n. 21860.(96) Cfr. Cass., sez. II, 4 marzo 2011, n. 5254.(97) Cfr. A. Travi, Alla ricerca dell'azione di adempimento, cit., 10; nel medesimo senso, cfr. A.Carbone, L'azione di adempimento nel processo amministrativo, Torino, 2012, 210; si veda pureL. Ferrara, Domanda giudiziale, cit., 646 ss., secondo il quale il vizio di legittimità, “nellaprospettiva dell'azione di condanna, non rileverà quale fatto costitutivo del diritto all'annullamentodel provvedimento amministrativo, ma integrerà l'inadempimento, precisamente, l'inesattoadempimento”.(98) G. Miele, Introduzione in AA.VV., Atti del convegno nazionale sulla risarcibilità degliinteressi legittimi (Napoli 27-29 ottobre 1963), Milano, 1965, 22.(99) Cfr. I. Pagni, Il cumulo di domande, cit., 1175.(100) Si veda ad esempio Tar Lombardia, Milano, sez. I, 30 giugno 2014, n. 1691, che ha dispostola condanna al rilascio del porto d'armi negato, preso atto che l'amministrazione non avevacompiuto tutti gli accertamenti istruttori richiesti dal giudice all'esito della fase cautelare (lasentenza è stata riformata in appello da Cons. Stato, sez. III, 10 agosto 2016, n. 3604); più direcente Tar Lazio, Roma, sez. III, 20 gennaio 2015, n. 945 ha condannato l'amministrazione adaggiudicare la gara al ricorrente con la clausola “in assenza di ragioni ostative estranee allapresente controversia”: tuttavia, l'effetto di una consimile statuizione, comportando ilriconoscimento all'amministrazione di un ruolo non meramente esecutivo nella fase successiva allacondanna, non si discosta molto nella sostanza dallo “ordinario” effetto conformativo di unasentenza di annullamento.(101) Il rilievo di tale disposizione nella logica dell'azione di adempimento era già stato segnalato

da M. Clarich, Tipicità delle azioni, cit.; dopo l'entrata in vigore del c.p.a. F. Saitta, Ancora sullacondanna dell'amministrazione ad adottare il provvedimento richiesto: un'azione di adempimentoche c'è, ma non si vede?, in Giur. it., 2012, 2679, — ritenuto che l'art. 10 bis l. n. 241/1990imporrebbe “una rigida correlazione tra motivi esternati e decisione assunta” — ha concluso nelsenso che “non v'è ragione per dare alla pubblica amministrazione che abbia sbagliato bersagliouna seconda cartuccia da sparare”, ipotizzando per tale via “l'antidoto al potere infinitodell'amministrazione”; nello stesso senso cfr. D. Vaiano, L'azione di adempimento nel processoamministrativo: prime incertezze giurisprudenziali, in Giur. it., 2012, 720; cfr. pure I. Pagni, Ilcumulo di domande, cit., 1195, secondo la quale per l'azione di adempimento una chiaradistribuzione dell'onere probatorio (soprattutto in termini di distinzione fra fatto costitutivo e fattoimpeditivo) “probabilmente è possibile in modo pieno solo a patto che si intenda l'art. 10 bis l. n.241/1990 nel senso che all'amministrazione sia imposto di comunicare tutti i motivi ostativiall'accoglimento dell'istanza prima di rigettare la pretesa o che in ogni caso si reputi che la p.a.debba versare nel corso del giudizio le ragioni che fanno da premessa alla decisione” (corsivo neltesto).(102) Secondo F. Saitta, Ancora in tema, cit., 2679, “il preavviso di rigetto, pertanto, pur noncontenendo un divieto assoluto all'introduzione di motivi nuovi, id est non comunicati nel primoprocedimento, può nondimeno giovare ad innalzare sensibilmente il livello delle garanziepartecipative”.(103) Si veda, fra le tante, Tar Lazio, Roma, sez. II ter, 12 aprile 2016, n. 4340, secondo cui l'art.10 bis “non può certo impedire l'affinamento e l'arricchimento delle originarie motivazioniimpeditive con ulteriori rilievi e argomentazioni convergenti a sorreggere il medesimo assunto giàenunciato in sede di preavviso di rigetto”.(104) Già G. Greco, L'accertamento autonomo, cit., 182 ss., aveva constatato la figura dello “attonegativo pregiudiziale o preliminare che, comportando una conclusione anticipata della funzioneamministrativa, preclude che siano deducibili sotto il profilo del vizio dell'atto quelle componentidella funzione amministrativa che non siano effettivamente esplicate e, dunque, quelle componentidel rapporto amministrativo che l'atto negativo non ha in concreto disciplinato”.(105) In tal senso si veda G. Veltri, Le azioni di accertamento, adempimento, nullità edannullamento nel codice del processo amministrativo, in www.giustiziamministrativa.it., in part. §8, ove si afferma che “l'azione di adempimento per l'ipotesi di silenzio ha la medesima logicagiustificatrice della tipizzazione legislativa del silenzio, con la differenza che, in quest'ultimo caso,la tutela del cittadino è garantita dal semplice decorso del termine massimo, mentre nel primo latutela passa attraverso il conferimento al giudice del potere di vagliare il fondamento della pretesasostanziale e, se del caso, di ordinare l'emanazione dell'atto favorevole”.(106) Cfr. A. Carbone, L'azione di adempimento, cit., 253, il quale rileva pure che la bozza dicodice elaborata dalla commissione incaricata della redazione aveva previsto che le partiallegassero in giudizio “tutti gli elementi utili ai fini dell'accertamento della fondatezza dellapretesa” (la disposizione è stata poi espunta dal testo definitivo del codice); nel medesimo sensocfr. L. Ferrara, Domanda giudiziale, cit., 650, secondo cui va escluso che “la p.a. dopo la sentenzapossa negare l'atto richiesto adducendo ragioni diverse da quelle contenute nel primo diniego”.(107) Secondo S. Baccarini, “Scelta” delle azioni e valutazioni sulla “necessità” dell'annullamentoper la tutela del ricorrente, in questa Rivista, 2011, 1280, “vale nel giudizio di adempimento laregola che il giudicato copre il dedotto e il deducibile: esso è il luogo processuale in cuil'amministrazione ha l'onere di eccepire ogni fatto impeditivo o estintivo [...], in mancanza di chenon potrà farlo successivamente”.(108) Cfr. M. Clarich, Il processo amministrativo a “rito ordinario”, in Riv. dir. proc., 2002, 1070;cfr. altresì D. de Pretis, La giustizia amministrativa, in AA.VV. (a cura di G. Napolitano), Dirittoamministrativo comparato, Milano, 2007, 314.(109) Cfr. F. Follieri, Il principio di non contestazione nel processo amministrativo, in questaRivista, 2012, 1024. Secondo Tar Sicilia, Catania, sez. II, 27 marzo 2013, n. 898, “il processoamministrativo non contempla le preclusioni processuali di cui all'art. 167 c.p.c., secondo cui nellacomparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fattiposti dall'attore a fondamento della domanda (primo comma) e a pena di decadenza deve proporrele eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sianorilevabili d'ufficio (secondo comma)”.

(110) G. Tropea, Considerazioni sul principio di non contestazione, anche alla luce delle sue primeapplicazioni giurisprudenziali, in questa Rivista, 2012, 1191 (in part. nota 125), rileva cheparadossalmente “il principio di non contestazione, almeno nelle modalità in cui appareconfigurato dalla prima giurisprudenza, sembra allontanare il giudizio amministrativo dalla‘verità', a favore di una ‘verità negoziata'”.(111) Secondo M. Clarich, Le azioni nel processo amministrativo tra reticenze del Codice eapertura a nuove tutele, in www.giustizia-amministrativa.it, § 4, mentre il ricorrente è onerato di“allegare in giudizio gli elementi di fatto atti a dimostrare la fondatezza della pretesa”,“l'amministrazione ha invece l'onere di contestare specificamente tali fatti perché altrimenti ilgiudice potrebbe porli a fondamento della decisione”.(112) Secondo A. Piras, Interesse legittimo e giudizio amministrativo, II, Milano, 1962, 563, inpart. nota 132, il giudizio sul rapporto presuppone la facoltà per l'amministrazione di renderemanifesta e persino di integrare la motivazione del proprio provvedimento anche nel corso delprocesso.(113) A. Cassatella, Il dovere di motivazione nell'attività amministrativa, Padova, 2013, 333 —sebbene nell'ambito di una posizione critica nei confronti dell'ammissibilità di un'integrazione ingiudizio della motivazione — ritiene che nel caso dell'impugnazione di provvedimenti vincolati“nulla preclude che la pur conclamata violazione dell'art. 3 l. n. 241/1990 possa essere in tal casoassorbita da un diretto apprezzamento dei presupposti della decisione, laddove ciò sia chiesto dalleparti e lo stesso giudice possa sostituirsi alla p.a. nell'apprezzamento dei presupposti delladecisione”; si veda altresì G. Tropea, La c.d. motivazione “successiva” tra attività di sanatoria egiudizio amministrativo, in Dir. amm., 2003, 531, secondo il quale la problematicità sul pianosistematico della motivazione successiva si attenua a fronte di “un giudizio che possatendenzialmente esaurirsi compenetrandosi col procedimento” e “ove sia dimostrabile come ineffetti provvedere durante il processo o dopo sia la medesima cosa, in quanto comunque sussistanoin concreto le ragioni sostanziali della decisione”.(114) A tale proposito M. Clarich, Il processo amministrativo, cit., 1070, osserva che “il rischio èche l'amministrazione si limiti a individuare il dispositivo del provvedimento, rinviandol'esplicitazione della motivazione, se del caso, a un secondo momento, e specificamente allorchésorga la necessità di difendere la legittimità del provvedimento in giudizio, oltretutto costringendoil ricorrente ad attivare lo strumento della tutela giurisdizionale, all'atto pratico, al solo fine diessere reso partecipe delle ragioni che stanno alla base della determinazione”.(115) Sul punto, con riferimento al giudice ordinario (ma con considerazioni a valenza generale),si rinvia pure a P. Cerbo, Giudice ordinario e sostituzione della pubblica amministrazione, cit., 764ss.(116) Cfr., in senso critico, L. Bertonazzi, L'istruttoria nel processo amministrativo di legittimità:norme e principi, Milano, 2008, 581. Secondo F. Follieri, Il principio di non contestazione, cit.,1018, non si porrebbe un problema di disponibilità, poiché i fatti non contestati noncostituirebbero comunque prova legale.(117) Secondo F.G. Scoca, Commento all'art. 64 c.p.a., in AA.VV. (a cura di A. Quaranta-V.Lopilato), Il processo amministrativo, Milano, 2011, 550, il principio pone un problema di“eventuale non contestazione fraudolenta”, ma ad esso “possono porre rimedio i poteri officiosidel giudice”.(118) Cfr. il precedente § 2.(119) Cfr. Adunanza plenaria 2/2013.(120) Con specifico riferimento alle sopravvenienze, M. Nigro, Linee di una riforma, cit., 147,aveva affermato che “il processo diventa letteralmente un gioco, se si ammette che la durata vadaa sfavore dell'attore”; più di recente G. Verde, Il riparto di giurisdizione secondo Riccardo Villata,in questa Rivista, 2016, 700 ss., ha espresso il convincimento che “se il giudicato del giudiceamministrativo non assorbe e non è in grado di assorbire il potere dell'amministrazione, lagiustizia che questo giudice è in grado di erogare sarà sempre erogata con la clausola rebus sicstantibus; non sarà mai definitiva e, quindi, per definizione non sarà effettiva o avrà un grado dieffettività ridotta”.(121) Secondo A. Di Majo, La tutela civile dei diritti, Milano, 2003, 281, attraverso la condannaall'adempimento “si tende a porre il creditore nella medesima posizione in cui egli si sarebbetrovato ove vi fosse stato un adempimento spontaneo”.

(122) In tal senso, mi pare, anche G. Greco, Ancora sulla SCIA: silenzio e tutela del terzo (allaluce del comma 6-ter dell'art. 19 l. 241/1990), in questa Rivista, 2014, 667, quando afferma che“l'annullamento opera ex tunc, riapre il circuito dell'azione amministrativa e apre la strada allacondanna all'emissione del provvedimento”.(123) Con riferimento alle sopravvenienze normative “generate” dalla stessa amministrazionetitolare del potere (come nel caso delle modifiche della pianificazione urbanistica) F. Merusi,L'ingiustizia amministrativa in Italia, in F. Merusi-G. Sanviti, L'ingiustizia amministrativa inItalia, Bologna, 1986, 12 ss., parla di “sopravvenienza disponibile da parte del Principe”, che può“cambiare le regole del gioco quando dovrebbe emanare un atto sgradito per qualsivoglia motivo”.(124) Cfr. Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 30 gennaio 2014, n. 340.(125) Si veda ad esempio Tar Friuli V.G., sez. I, 31 marzo 2015, n. 167, il quale ha statuitodirettamente ed “ora per allora” la conferma in ruolo di un docente (più volte negata dallecommissioni via via nominate a seguito delle sentenze di annullamento) “con tutto ciò che neconsegue sotto il profilo retributivo, contributivo, previdenziale e pensionistico”.(126) Secondo S. Baccarini, “Scelta” delle azioni, cit., 1280, anche in caso di proposizionedell'azione di adempimento, “può capitare che il soggetto non consegua l'utilità attesa” e “in questicasi il risarcimento per equivalente deve neutralizzare la perdita definitiva, totale o parziale,dell'utilità attesa”.(127) Vi è da verificare, alla luce delle modifiche introdotte dal primo correttivo, se ciò possaavvenire tramite la proposizione della domanda ex art. 112, comma 3, c.p.a. in sede diottemperanza o debba invece avvenire con giudizio ordinario: si consideri, a tale riguardo, chedopo la modifica introdotta dall'art. 1, comma 1, d.lg. 15 novembre 2011, n. 195 nell'ambito delgiudizio di ottemperanza la domanda di risarcimento può essere proposta soltanto per “i danniconnessi all'impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale oparziale, del giudicato o alla sua violazione o elusione”.(128) M. Nigro, Linee di una riforma, cit., 148 ss., pur consapevole che si trattasse di criterioelastico, proponeva di tenere conto, in deroga al principio di irrilevanza delle sopravvenienze, solodi quei fatti nuovi che “determinano una situazione radicalmente nuova, assolutamenteincompatibile con (l'attuazione del) la pronuncia giudiziaria”.(129) Secondo Cons. Stato, ad. plen., 9 giugno 2016, n. 11, “la sopravvenienza è strutturalmenteirrilevante sulle situazioni giuridiche istantanee, mentre incide su quelle durevoli nel solo trattodell'interesse che si svolge successivamente al giudicato, [...] anche per le situazioni istantanee,però, la retroattività dell'esecuzione del giudicato trova, peraltro, un limite intrinseco eineliminabile (che è logico e pratico, ancor prima che giuridico), nel sopravvenuto mutamentodella realtà — fattuale o giuridica — tale da non consentire l'integrale ripristino dello status quoante (come esplicitato dai risalenti brocardi factum infectum fieri nequit e ad impossibilia nemotenetur) che semmai, ove ne ricorrano le condizioni, può integrare il presupposto esplicito dellaprevisione del risarcimento del danno, per impossibile esecuzione del giudicato, sancita dall'art.112, co. 3, c.p.a.”.(130) Si tratta della tesi di B. Sassani, Arbor actionum. L'articolazione della tutela nel codice delprocesso amministrativo, in Riv. dir. proc., 2011, 1364.(131) Cfr. I. Pagni, L'azione di adempimento nel processo amministrativo, in Riv. dir. proc., 2012,339 s.; in tal senso cfr. pure G. Greco, Silenzio della pubblica amministrazione, cit., 402, che —con riferimento alla pronuncia di accertamento del mero obbligo di provvedere — segnala lo“slittamento della cognizione del rapporto, dalla sede naturale del giudice del giudizio dilegittimità alla sede diversa del giudizio di ottemperanza”.(132) Cfr. in multis N. Di Modugno, Fermenti, cit., 806, che fonda tale conclusione sullaprevisione nell'art. 34, comma 1, lett. e), c.p.a. del potere del giudice di disporre le “misure idoneead assicurare l'attuazione del giudicato e delle pronunce non sospese”; altre volte questa tipologiadi condanna è stata invece fondata sulla previsione delle “misure idonee a tutelare la situazionegiuridica soggettiva protetta” (art. 34, comma 1, lett. c), primo periodo, c.p.a.).(133) Tale conclusione è tanto più vera in un contesto nel quale, proprio in ragione dell'effettoconformativo, la sentenza di annullamento non si limita certo a riportare il rapporto allo statoantecedente all'emanazione dell'atto di diniego (come affermato da F. Benvenuti, Appunti didiritto amministrativo, Padova, 1959, 271, secondo cui il giudice “può emanare soltanto sentenzecostitutive del rapporto che egli rimette nello stato in cui si trovava prima dell'intervento dell'atto

annullabile”).(134) F. Merusi, L'ingiustizia amministrativa, cit., 18.Utente: Universit? Milanowww.iusexplorer.it - 14.11.2017

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