ARCHIVIO PENALE - AracneArchivio Penale settembre–dicembre 2011 fascicolo 3 anno LXIII ISBN...

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ARCHIVIO PENALERIVISTA QUADRIMESTRALEDI DIRITTO, PROCEDURA E LEGISLAZIONE PENALE SPECIALE, EUROPEA E COMPARATA

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I edizione: dicembre

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La rivista «Archivio Penale» è documentata nel-l’Archivio DoGi dell’Istituto di Teoria e Tec-niche dell’Informazione Giuridica (ITTIG) delConsiglio Nazionale delle Ricerche, consultabileall’indirizzo www.ittig.cnr.it/dogi.La versione online è consultabile sul sito webwww.archiviopenale.it

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Indice

Editoriale

La “nuova” legislazione penale in tema di tutela dell’ambiente traillegittimità comunitaria e illegittimità costituzionaleAdelmo Manna

Confronto di idee su:«Scienza e giustizia penale»

Scienza e giustizia penale: introduzione al temaGiulio Garuti

Rilievi e accertamenti sulla scena del crimineSergio Sottani

L’errore tecnico–scientifico sulla scena del crimineDonatella Curtotti Nappi, Luigi Saravo

Il contributo degli esperti alla formazione del convincimento giu-dizialeSergio Lorusso

Considerazioni su diritto di difesa e prova scientificaPaolo Tonini

Chi ha paura delle neuroscienze?Ombretta Di Giovine

Sulla «prova» neuroscientificaMauro Ronco

Modesti prolegomeni per buon e prudente utilizzo della cono-scenza scientifica nel processo penaleCiro Santoriello

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xii Indice

La valutazione della prova scientifica fra verità processuale e ragio-nevole dubbioGiovanni Canzio

L’opinione

Il caso dei riots inglesi: le rappresentazioni sociali della rivoltaRosanna Romanelli

Cultura penale e spirito europeo

Problemi di prova in materia penaleMaria Mercedes Pisani

Quesiti

Recidiva riformata, attenuanti generiche e discrezionalitàGiovanni Caruso

Pubblicità dell’udienza in cassazione e regole europee: incongruen-ze sistematiche e ripensamenti inopportuniSandro Fùrfaro

Una questione senza pace: l’ibis et redibis del legittimo impedimen-to del Premier tra Parlamento, Corte costituzionale e referendumAngelo Zampaglione

Orientamenti

La responsabilità per gravi violazioni dei diritti umani tra dirittopenale interno e internazionaleConsiderazioni a partire dal caso FujimoriElena Maculan

Questo limite non è un termineTecnicismi «specifici» e «collaterali» nel contesto di un sistemapenale internazionalizzatoAlberto di Martino

Giudizio abbreviato, investigazioni difensive e «senso della realtà»Alessandro Pasta

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Indice xiii

Questioni aperte

Quando la Suprema Corte vuol provare troppo. . .Leonardo Filippi

La sentenza del giudice ricusato nelle more della verifica sull’in-compatibilitàDaniela Chinnici

L’ente responsabile di corruzione tra confisca e sequestro preven-tivoPasquale D’Anello

Custodia cautelare e successione di leggi nel tempoFabrizio Galluzzo

Abnormità del provvedimento dilatorio del “riesame reale” trasistema interno e assetto sovranazionaleMaria Concetta Marzo

Sulle forme di notificazione dell’avviso di deposito dell’ordinanzacustodialeMarco Galati

Funzione dei vice procuratori onorari e iniziative de libertateSilvia Alvares

Provocazione e stato d’ira nei reati contro l’onoreAnnalisa Boido

Reati sessuali e pene accessorie tra norma e prassiConcetta Guerra

Le idee degli altri

Recensione a Il giudizio di cassazione nel processo penale a cura diLorenzo Zilletti e Eriberto Rosso (Giuffrè, Milano, )Sandro Fùrfaro

Recensione a La giustizia patrimoniale penale a cura di Alfredo Bargie Alberto Cisterna ( voll., UTET, Torino, , pp.)Mario Guagliani

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EDITORIALEAdelmo Manna

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La “nuova” legislazione penale in tema di tuteladell’ambiente tra illegittimità comunitaria e

illegittimità costituzionale∗

Adelmo Manna

. Il D.Lgs. luglio , n. , ha dato attuazione alla direttiva / CEsulla tutela penale dell’ambiente nonché alla direttiva / CE, che a suavolta modifica la direttiva / CE relativa all’inquinamento provocatodalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni.

Per intendere appieno questo importante intervento del legislatore inmateria di tutela penale ambientale, che soprattutto si caratterizza per l’e-stensione ai reati ambientali della responsabilità da reato degli enti, è op-portuno premettere alcune brevi notazioni a livello italiano e comunitario,perché solo così si potrà comprendere completamente il senso ed i limitidel decreto legislativo oggetto delle nostre considerazioni.

Nel fu presentato in Parlamento un disegno di legge delega cheprevedeva l’introduzione del Titolo VI–bis, Delitti contro l’ambiente, all’in-terno del Libro II del codice penale, dopo il Titolo VI, relativo a delittiposti a tutela di un bene — l’incolumità pubblica — in stretta connessionecon l’ambiente. Questo disegno di legge, a sua volta, affondava le radiciin un articolato della Commissione interministeriale Ambiente–Giustizia,coordinata dal sottoscritto. Le caratteristiche principali dell’inserimentodei delitti ambientali nell’ambito del codice penale erano le seguenti: inprimo luogo, uno sfatare un fraintendimento: non era affatto intenzione nédella Commissione, né, poscia, del disegno di legge–delega del , elimi-nare le attuali contravvenzioni contro l’ambiente, ma, invece, aggiungere

∗. Testo, ampliato e con l’aggiunta delle note, della sintesi ricavabile dall’intervento alla TavolaRotonda su “La riforma dei reati ambientali” al Master di II livello in Diritto dell’ambiente, luglio ,Università La Sapienza di Roma, nonché della Relazione al III Corso di formazione per dottorandi indiritto e procedura penale su “La tutela penale dell’ambiente in prospettiva europea ed internazionale”,ISISC, Siracusa, – ottobre .

. In Guida dir., , n. , e in Dir. pen. e proc., , , con varietà di commenti.. Cfr. M, Realtà e prospettive della tutela penale dell’ambiente in Italia, in Riv. trim. dir. pen.

econ., , ss.; nonché, per il disegno di legge delega del , sia di nuovo consentito il rinvioa M, P, Una svolta epocale per il diritto penale ambientale italiano?, in Dir. pen. e proc.,, ss.

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ad esse una serie di delitti ambientali. In secondo luogo, per giustificare,appunto, il passaggio dal modello contravvenzionale a quello delittuosoera, a nostro avviso, gioco–forza, passare dal pericolo astratto e/o presunto,caratterizzante, per l’appunto, il modello contravvenzionale, al pericoloconcreto, come ipotesi–base ed al danno, soprattutto utilizzato per le circo-stanze aggravanti. Per fare ciò si dovettero utilizzare anche termini come“rilevante deterioramento”, con riferimento però non già ad un generico edomnicomprensivo concetto di “alterazione di un ecosistema”, come inveceera avvenuto nel Progetto Pagliaro di riforma del codice penale del ,bensì con riguardo ad ogni singolo settore del bene ambiente, cioè a direl’acqua, l’aria, il suolo, la flora, la fauna ed i beni culturali, che furono poitrasfusi nel successivo codice Urbani. L’uso dell’aggettivazione in oggettosuscitò però rilievi critici, perché soprattutto in sede parlamentare si osservòcome ciò poteva contrastare con il principio di determinatezza in materiapenale, ma ciò appare ingiustificato per una pluralità di ragioni. In primoluogo, non sembra risolutiva la diversa soluzione escogitata autorevolmentedal Catenacci e consistente nell’utilizzazione del reato di pericolo astratto,ma con una “clausola di riserva”, che si concreta nel fatto che l’imputatoè ammesso a provare l’innocuità della sua condotta criminosa in rappor-to al bene giuridico protetto. Questa soluzione, che risale al “Progettoalternativo” tedesco di riforma del codice penale e che da noi potrebbetrovare un suo sbocco più naturale nella norma relativa al reato impossibile,seppure sembra voler mantenere alla norma la sua efficacia di prevenzionegenerale, in realtà rischia di risolversi in un, seppur elegante, escamota-ge, giacché in tal modo il reato di pericolo astratto rischia di trasformarsi,seppure in modo surrettizio, in un reato di pericolo concreto. In secondoluogo, anche il D.Lgs. luglio , n. , adotta formule analoghe, giacché,ad esempio, esclude la punibilità nel caso dell’art. –bis c.p., nell’ipotesiin cui l’azione riguardi “una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia unimpatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie”. Orbene, laddovesi ritenga con autorevole dottrina, che il principio di determinatezza e/o

. Per tale fraintendimento cfr., invece, S, La tutela penale dell’ambiente — Bene giuridico etecniche di incriminazione, Milano, , ss.

. Sul Progetto Pagliaro cfr., per es., S, op. cit., ss.; tale concetto era, infatti, apparsoaffetto da una sorta di “gigantismo”, come tale di assai difficile dimostrazione probatoria, come,mutatis mutandis, avviene anche per i reati contro l’economia pubblica, su cui cfr., in tal senso, pertutti, P, voce Economia pubblica (delitti contro la), in Enc. dir., XIV, Milano, , ss.

. In argomento, per tutti, P, Il principio di determinatezza nel diritto penale, Padova, .. Così C, I reati di pericolo presunto fra diritto e processo penale, in Studi in onore di Giorgio

Marinucci, a cura di Dolcini, Paliero, II, Milano, , ss. e, spec. ss.; più in generale vedianche Id., La tutela penale dell’ambiente, Padova, .

. In tal senso, proprio in rapporto all’ «Alternativ–Entwurf » del , G, L’anticipazionedella tutela penale: i reati di pericolo e i reati di danno, in Riv. it. dir. proc. pen., , ss.

. Ad es., P, loc. ult. cit.

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La “nuova” legislazione penale in tema di tutela dell’ambiente

precisione riguardi anche le attenuanti e financo le cause lato sensu di nonpunibilità, allora si dovrebbe concludere che pure la norma in oggetto èsospetta di illegittimità costituzionale; ciò, però, rischierebbe di non tenerconto del fatto che le aggettivazioni in questione non sono introdotte contrareum bensì, anche nelle norme incriminatrici, di cui ai delitti ambientali, afavore del reo, per cui dette perplessità di ordine costituzionale sembranoperdere notevolmente la loro efficacia euristica.

Il secondo rilievo che venne opposto, soprattutto in sede parlamentare,era costituito dal (ritenuto) elevato carico sanzionatorio, che tuttavia nonappare condivisibile, almeno nella misura in cui le ipotesi–base non supera-vano mai i sei anni di reclusione, d’altro canto coessenziali all’utilizzazionedel modello più grave di reato, cioè a dire quello delittuoso.

Orbene, mentre le ragioni sinora indicate hanno impedito, allo stato, diintrodurre i delitti ambientali nell’ambito del codice penale, pur se va rileva-to che una parte del Progetto in esame fu stralciato e diede successivamenteluogo al decreto legislativo n. del sulla responsabilità da reato deglienti, ove furono esclusi, per una scelta politica certamente discutibile, neltesto definitivo sia i reati contro la sicurezza del lavoro che, appunto, i reatiambientali, la proposta della «Commissione Manna» ha, invece, avuto uninsperato successo in sede comunitaria.

. Per comprendere appieno questo problema e, soprattutto, l’originedella direttiva //CE che poi ha dato luogo al D.Lgs. n. del , ri-cordiamo che la direttiva in oggetto è stata preceduta dalla decisione-quadrodella UE, n. / GAI sulla protezione dell’ambiente mediante il dirittopenale. Detta decisione–quadro prevedeva, all’art. , una serie compostada ben sette ipotesi di reati intenzionali, mentre all’art. , prevedeva la loroperseguibilità anche laddove fossero commessi per negligenza o, quantomeno, per negligenza grave.

La decisione, infine, accoglieva sostanzialmente il modello c.d. parzial-mente sanzionatorio, nonché si utilizzavano sia i reati di pericolo concretoe/o di danno, che la responsabilità delle persone giuridiche.

Tuttavia, il settembre la Corte di Giustizia della Comunità Euro-pea annullò completamente la decisione–quadro di cui trattasi, per eccessodi competenza da parte del Consiglio, in quanto l’ambiente, che rientranelle politiche comunitarie, è materia del primo pilastro, per la quale ne-cessita di un atto legislativo (direttiva) e non è sufficiente un atto del terzopilastro (decisione–quadro). Da tali indicazioni è sorta una proposta di

. Per tutti, L (a cura di), Reati e responsabilità degli enti — Guida al DLgs. giugno , n., Milano, .

. In GUCE del febbraio , L. .. Fra tanti, P, Una nuova frontiera europea per il diritto penale, in Dir. pen. e proc., ,

ss.; Id., Diritto penale e tutela dell’ambiente: tra responsabilità individuali e degli enti, Bari, .. Corte Giust. CE., Grande chambre, sent. settembre , C–/ in Dir. pen. e proc., ,

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direttiva il febbraio , sulla tutela penale dell’ambiente, COM () def. — / (COD). Nel merito tale proposta di direttiva richiamavala decisione-quadro, soprattutto in tema di dolo o di colpa grave, nonché intema di responsabilità degli enti, ma ciò che costituiva un vero novum dellaproposta era la previsione di tre distinte cornici edittali di pena reclusiva,ovverosia da uno a tre anni, da uno a cinque anni e, infine, da cinque a diecianni. Correlativamente erano anche previste le sanzioni per le persone giu-ridiche, a partire da quella pecuniaria, prevista come necessaria, e modulata,anche qui, in tre diverse cornici edittali: da trecentomila a cinquecentomi-la euro; da cinquecentomila a settecentocinquantamila euro ed, infine, dasettecentocinquantamila ad un milione di euro. La Corte di Giustizia dellaComunità Europea intervenne, tuttavia, annullando la previsione sanziona-toria sia per le persone fisiche che per le persone giuridiche, evidentementeritenendo che, laddove la direttiva avesse sul punto troppo “calcato la mano”,avrebbe potuto produrre fenomeni di rigetto da parte degli Stati membri,nei confronti del neonato diritto penale europeo di creazione pretoria.Da questo complesso iter deriva, infine, la direttiva //CE, che, inparticolare, per quanto riguarda le sanzioni, in luogo della previsione di cuialla proposta di direttiva, poscia cassata, preferisce utilizzare la nota clausoladi stile, solitamente utilizzata in sede europea, ovverosia che le sanzionisiano “efficaci, proporzionate e dissuasive”. Ciò che, però, più rileva ai nostrifini è che l’art. della direttiva elenca quali sono le nove condotte che gliStati devono adoperarsi a prevedere come reati e, comunque, si prevedeche le stesse debbano essere poste in essere intenzionalmente o, quantomeno, per grave negligenza. Il modello di riferimento è, coma già ricordato,quello c.d. parzialmente sanzionatorio, ma ciò che più rileva, è che i reatirelativi: ) ai fatti di inquinamento; ) al traffico illecito di rifiuti; ) agli illecitirelativi alla gestione di attività particolari, come quelle relative al depositoo all’utilizzazione di sostanza o preparazioni pericolose; ) agli illeciti intema di specie animali o vegetali, selvatiche protette; ) agli illeciti in temadi tutela di specifiche componenti ambientali, come, ad esempio, il signifi-cativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto, sonotutti orientati al pericolo concreto o al danno. Ciò che, infatti, più interessanella previsione delle fattispecie criminose in oggetto è che il legislatoreha utilizzato non già il modello del reato di pericolo astratto e/o presunto,bensì, per l’appunto, quello legato al pericolo concreto e, addirittura, al dan-no, così mostrando di seguire la stessa falsariga dell’idealtipo a suo tempo

ss.; in argomento, M, loc. ult. cit.. Cfr. P, Una nuova frontiera, cit., ss., con ulteriori riferimenti bibliografici.. Cfr. Corte Giust. CE„ Grande chambre, ottobre , C–/, con il commento di

S, Verso la comunitarizzazione della potestà normativa penale: un nuovo “tassello” della Corte diGiustizia dell’Unione Europea, in Riv. it. dir. proc. pen., , ss.

. Cfr., in argomento, F, La tutela penale dell’ambiente, °, Milano, , –.

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La “nuova” legislazione penale in tema di tutela dell’ambiente

prefigurato con la proposta di inserimento dei delitti ambientali nel codicepenale italiano da parte della «Commissione Manna».

. Il testo del D.Lgs. luglio , n. , di cui è ora necessario affrontarefunditus l’analisi e che dà attuazione alle direttive comunitarie già menziona-te in apicibus e, per quel che più rileva, alla direttiva //CE sulla tutelapenale dell’ambiente, esordisce con l’introduzione di due nuove fattispecienel codice penale, ovverosia, in primo luogo, l’art. –bis, avente ad ogget-to: “L’uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specieanimali o vegetali selvatiche protette”. Com’è agevole constatare, trattasi diuna forma, in un certo senso, “anomala” di contravvenzione, giacché non è,come di regola avviene per questi tipi di reati, orientata al pericolo astratto,bensì viene caratterizzata addirittura dal danno, come, del resto, avverrà peril successivo articolo –bis c.p., di cui ci occuperemo in prosieguo.

Va, inoltre, rilevato che la norma qui in analisi suscita anche taluneperplessità di ordine costituzionale, con riguardo al principio di uguaglianza,perché parifica quoad poenam ipotesi nettamente diverse fra loro, comel’uccisione, la cattura o la detenzione di esemplari appartenenti ad unaspecie animale selvatica protetta.

Il principio di uguaglianza in senso formale, come è ormai ius recptumda parte della Corte costituzionale, prescrive infatti non solo trattamentiuguali di situazioni uguali, ma diversificazioni di situazioni diverse fra loro eciò si estende, almeno dagli anni ’ dello scorso secolo, anche alle corniciedittali di pena, in precedenza invece illogicamente sottratte al sindacatodella Corte. In secondo luogo, l’art. –bis c.p. potrebbe dar luogo ad unainteressante questione giuridica, ovverosia se fosse sufficiente ad integra-re il reato de quo anche l’uccisione, la cattura o la detenzione di un unicoesemplare: l’originaria formulazione della norma prevedeva infatti anchequest’ultima ipotesi ma, nella versione definitiva, si è preferito optare peruna pluralità di esemplari, per cui l’interpretazione legata all’unico esem-plare rischierebbe di dar luogo ad una inammissibile forma di analogia inmalam partem.

In terzo ed ultimo luogo, va rilevato come la norma contenga anche unacausa lato sensu di non punibilità, laddove l’azione riguardi una “quantità

. «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque fuori dai casi consentiti, uccide, cattura odetiene esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta è punito con l’arresto da uno o seimesi o con l’ammenda fino a . euro, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile ditali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie. Chiunque, fuori daicasi consentiti, distrugge, preleva o detiene esemplari appartenenti ad una specie vegetale selvatica protetta èpunito con l’ammenda fino a . euro, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di taliesemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie».

. Cfr. S, Sopravvivenza delle specie tutelata penalmente, in Guida dir., , n. , ss.;nonché M, op. cit., ss.

. Sia consentito sul punto il rinvio a M, Sull’illegittimità delle pene accessorie fisse — L’art. del codice civile, in Giur. cost., , I, ss.

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trascurabile” di tali esemplari ed abbia un “impianto trascurabile” sullostato di conservazione della specie.

Ebbene, anche in questo caso, il legislatore sembra costretto ad utilizzareformule alquanto vaghe, ma ciò, a nostro avviso, anche per quanto in prece-denza ricordato, non appare in contrasto con il principio di determinatezzae/o precisione, non solo perché si tratta di una norma di favore, ma ancheperché è una valvola fondamentale per assicurare l’elasticità della normaincriminatrice di riferimento e, quindi, per evitare eccessive rigidità delsistema penale, tutte a discapito del potenziale reo.

. L’art. –bis c.p. è la seconda ipotesi contravvenzionale introdotta dalD.Lgs. n. del ed ha ad oggetto: “La distruzione o deterioramento dihabitat all’interno di un sito protetto”.

Va a questo proposito rilevato che la versione definitiva del decreto legi-slativo in oggetto ha eliminato il concetto di “deterioramento significativo”in quanto evidentemente la preoccupazione del legislatore nostrano è sta-ta quella di un possibile contrasto con il principio di determinatezza e/oprecisione.

Ciò nonostante, le perplessità di ordine costituzionale non possono dirsidel tutto fugate perché anche in questo caso vengono parificate quoad poe-nam due condotte assai diverse fra loro, cioè a dire la distruzione, da unlato, di un habitat all’interno di un sito protetto e, dall’altro, comunque ilsuo deterioramento, compromettendone lo stato di conservazione. Ciò che,inoltre, lascia perplessi è che si sia continuato ad usare il modello contrav-venzionale che, come è risaputo, riguarda beni giuridici di minore rilievo,in relazione invece ad uno spettro di tutela particolarmente delicato, cioèquello relativo alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali edella flora e della fauna selvatiche sul territorio italiano, che addiritturatrovano precisi referenti costituzionali negli art. e Cost. In conclusione,parafrasando un noto volume del Donini, ci sembra che si sia di fronte, inrelazione alle fattispecie criminose sinora analizzate, ad una sorta di “con-travvenzione delittuosa”, nel senso che, pur di rispettare, nel caso di specie,i parametri comunitari, il legislatore ha introdotto fattispecie di pericolo con-creto e persino di danno, ma, per non venir meno alla “tradizione” dei reatiambientali vigenti in Italia, ha continuato, in modo evidentemente del tutto

. Cfr. S, Sugli habitat in siti protetti salvaguardia speciale in Guida dir., , n. , ss.;nonché M, op. cit., –; e, da ultimo, anche R R, Il decreto legislativo di recepimentodelle direttive comunitarie sulla tutela penale dell’ambiente: nuovi reati, nuova responsabilità degli enti dareato ambientale, in Dir. pen. contemp., , ss.

. Tanto ciò è vero che autorevolmente P, Il binomio irriducibile: la distinzione dei reatiin delitti e contravvenzioni tra storia e politica criminale, in Diritto penale in trasformazione, a curadi Marinucci, Dolcini, Milano, , , ritiene che una delle tre categorie configurabili comecontravvenzioni riguardi proprio i c.d. “delitti nani”, ovverosia quelli che, per l’appunto, offendonobeni giuridici di minore rilievo, almeno rispetto a quelli lesi o messi in pericolo dai delitti.

. D, Il delitto contravvenzionale, Milano, .

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non condivisibile, ad utilizzare il modello contravvenzionale, rischiandocosì una sorta di “truffa delle etichette”.

. L’aspetto, tuttavia, più rilevante del decreto legislativo in oggettoè quello di aver finalmente colmato una lacuna, giacché fra i reati per iquali è prevista la responsabilità da reato degli enti mancavano, dopo la“potatura” resasi necessaria per questioni squisitamente politiche, soltanto ireati ambientali fra quelli originariamente previsti nel testo del D.Lgs. n. del , poi, per l’appunto, decurtato, sia dei reati contro la sicurezza dellavoro, che dei reati ambientali.

L’omicidio colposo e le lesioni colpose, gravi o gravissime, commessecon violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro,furono, però, già introdotti come reati–presupposto della responsabilitàdegli enti, con l’art. , co. , L. agosto , n. , sostituito dall’art. D.Lgs. aprile , n. .

Mancavano, quindi, all’appello, rispetto al testo originario del decretolicenziato dai Ministeri dell’Ambiente e della Giustizia e fatto circolarepresso gli altri Ministeri, solo i reati ambientali, per cui il decreto legislativoqui in analisi ha sì colmato la suddetta lacuna, ma ora bisogna verificarein quali limiti. Va, in primo luogo, rilevato come il legislatore abbia pertutta una serie di reati contravvenzionali in tema di ambiente, compresele due nuove fattispecie testé analizzate, previsto essenzialmente la penapecuniaria, tranne due ipotesi, in cui, viceversa, si è ritenuto di introdurrele sanzioni interdittive, soltanto nel caso di condanna per i delitti indicati alco. , lett. a, n. ), b, n. ) ed f, e al co. , lett. b e c), ma per una durata nonsuperiore a mesi sei, nonché, laddove l’ente od una sua unità organizzativavengano stabilmente utilizzati allo scopo unico o prevalente di consentire oagevolare la commissione di reati di attività organizzate per il traffico illecitodi rifiuti (art. D.Lgs. n. del ) ed inquinamento marino doloso(art. D.Lgs. n. del ). Va, infine, rilevato che, per quanto attienealla sanzione interdittiva di durata non superiore a sei mesi, il legislatoreè incorso in un evidente lapsus, giacché, come abbiamo potuto constatare,le ha stabilite in caso di condanna per i delitti quando, in realtà, si tratta dicontravvenzioni (con l’unica eccezione dell’art. ) indicate nell’art. , co..

. Stabilito per sommi capi il contenuto del D.Lgs. luglio , n. ,dobbiamo in primo luogo rilevare che, per quanto attiene alla responsabilitàda reato delle persone giuridiche per i reati ambientali, come si può agevol-mente constatare, si è ricorso di preferenza alla sanzione pecuniaria, e solo

. Per un primo sguardo d’insieme, cfr. B, P, Imprese responsabili: scattanosanzioni pecuniarie, in Guida dir., , n. , ss.; Id., Sono illeciti dell’ente i reati delle figure apicali, ibid, ss.

. Nello stesso senso, R R, op. cit., .

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Adelmo Manna

in due ipotesi a quella interdittiva, con ciò evidentemente seguendo la falsariga già utilizzata per i reati societari, a dimostrazione che in entrambi icasi evidentemente per il legislatore italiano, i reati de quibus sono conside-rati, pur se a torto, di modesta entità. Il problema, tuttavia, più rilevanteche a questo punto è necessario porsi è se la normativa introdotta, sia perle persone fisiche che per le persone giuridiche, possa dirsi conforme alledirettive comunitarie su richiamate, in particolare alla direttiva //CE,e, di conseguenza, se possa porsi anche un problema di legittimità costitu-zionale per eventuale conflitto con l’art. , co. , Cost., così come sostituitodall’art. L. cost. ottobre , n. , che, al co. , stabilisce, come è noto,che “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalla Regioni nel rispettodella Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario edagli obblighi costituzionali”.

Questo problema si dipana sotto diverse forme: la prima riguarda il fattoche il legislatore italiano ha introdotto, seppure sotto forma di contrav-venzioni, soltanto due reati fra quelli previsti dalle direttive comunitarie,orientati al pericolo concreto ed al danno, mentre non ha trasfuso in leggele altre fattispecie che pure erano state previste dalle direttive comunitariemedesime. Il secondo profilo problematico che intendiamo affrontare èquello, probabilmente, più evidente e cioè il fatto che la responsabilità dareato degli enti non sia collegata a reati di pericolo concreto, né di danno,tranne le due ipotesi contravvenzionali introdotte con il decreto legislati-vo delegato in analisi, bensì alle tradizionali fattispecie contravvenzionaliin materia di ambiente già esistenti nel sistema penale ed orientate, perl’appunto, al modello del reato di pericolo astratto e/o presunto. Il terzoprofilo è quello di verificare se le sanzioni così introdotte possano dirsi, ono, conformi alla formula, che non è certo di stile, ma possiede una suaprecisa efficacia euristica, di fonte comunitaria, cioè alla necessità che lesanzioni siano “efficaci, proporzionate e dissuasive”.

Per quanto riguarda il primo profilo, cioè quello relativo alla mancataintroduzione di una serie di reati orientati al pericolo concreto e/o al danno,già ricordati precedentemente, siamo dell’avviso che il contrasto con ladirettiva comunitaria, che pure è stata ratificata anche dall’Italia e, quindi,costituisce un preciso obbligo a livello comunitario, sia palese e, conseguen-temente, contrasti anche con l’art. , co. , Cost. Il secondo problemarisulta, tuttavia, più complesso perché, secondo una parte della dottrina,il contrasto con la direttiva comunitaria //CE si porrebbe soltantoin rapporto alla responsabilità da reato degli enti, in quanto, per quanto

. Sia, sul punto, consentito il rinvio a M, La riforma dei reati societari: dal pericolo al danno,in Foro it., , V, ss.

. Di recente S, L’europeizzazione del diritto penale: problemi e prospettive, Milano, , spec. ss.

. Per quanto in particolare riguarda la direttiva //CE, cfr. M, op. cit., ss.

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La “nuova” legislazione penale in tema di tutela dell’ambiente

riguarda i soggetti persone fisiche, la sussistenza, nel nostro sistema penale,di altri tipi di reato di pericolo concreto, come il disastro ambientale, oppureil getto pericoloso di cose, ovvero di danno, quale il danneggiamento idrico,sono, per interpretazione giurisprudenziale, a torto o a ragione, destinataridei soggetti uti singuli, per cui, pur se dette ultime fattispecie non sono stateinserite nei reati presupposto della responsabilità dell’ente, consentirebberocomunque una conformità “sostanziale”, limitata ai soggetti–persone fisi-che, del sistema penale alla normativa comunitaria. Questa tesi, seppurfinemente argomentata, tuttavia non convince, proprio perché, se è purvero che il contrasto con la direttiva comunitaria e, quindi, con la normacostituzionale su richiamata, è più evidente e manifesta per quanto riguardala responsabilità da reato degli enti, non può, a nostro avviso, fondatamentesostenersi una legittimità comunitaria e, quindi, costituzionale della respon-sabilità penale delle persone fisiche, sol perché nel sistema penale esistonoaltre norme di pericolo concreto e di danno, giacché queste ultime nonfanno venir meno il fatto che il legislatore italiano, violando chiaramente gliobblighi comunitari, non ha introdotto tutti i reati di pericolo concreto e didanno previsti nelle direttive qui oggetto di analisi e ciò, a nostro giudizio,comporta un’evidente illegittimità comunitaria e, di conseguenza, ancheun’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. , co. , della Cartacostituzionale.

L’ultimo problema che intendiamo sottoporre all’analisi è se, più ingenerale, il sistema dei reati introdotto dal decreto legislativo in oggetto,nonché l’estensione alle persone giuridiche dei reati ambientali, utilizzandotuttavia par excellence la sanzione pecuniaria e solo in due ipotesi circoscritte,la sanzione interdittiva, possa dirsi conforme alla clausola comunitaria, chea nostro giudizio è di carattere “prescrittivo”, ovverosia che le sanzioni inoggetto siano “proporzionate, efficaci e dissuasive”.

Il discorso si dipana in due strade, di cui la prima riguarda le due contrav-venzioni introdotte nel codice penale e l’altra attiene alla responsabilità dareato degli enti per i reati ambientali. Per quanto riguarda il primo dei dueproblemi sollevati ci sembra di poter rispondere nel senso che le sanzioni ivipreviste non risultano compatibili con la clausola di carattere comunitario,soprattutto perché, trattandosi di contravvenzioni, il termine prescrizionalerisulta fortemente ridotto, e cioè di tre anni, più un anno e mezzo laddovesubentrino atti interruttivi, entro il cui termine complessivo è notoriamen-te ben difficile che possano esaurirsi i tre tradizionali gradi del giudizio,soprattutto per reati che, dal punto di vista processuale, possono risultare diindagine alquanto complessa e possono, altresì, richiedere l’espletamento di

. Così R R, Il decreto legislativo, cit., ; I., Diritto penale dell’ambiente,Torino, , ss.; analogamente L M, La direttiva //CE sulla tutela penale dell’ambiente: una (a dir poco)problematica attuazione, in Dir. e giur. agr. e amb., , .

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consulenze tecniche o, addirittura, di perizie d’ufficio, laddove, in particola-re, trattasi di reati di pericolo concreto e/o di danno. Sembrerebbe, invece,che, per quanto riguarda la responsabilità da reato degli enti, il discorsonon sia assimilabile a quello sinora esposto in quanto, come è noto, già illegislatore della legge delega in tema di responsabilità da reato degli enti(art. , co. , lett. r, Legge n. del ) ha imposto una prescrizionequinquennale, nonché di disciplinarne l’interruzione secondo le norme delcodice civile. Risulta, infatti, evidente l’affinità con l’art. Legge n. del secondo cui: “il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazionisi prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa laviolazione”.

Appare, quindi, chiara la scelta di omologare il regime della prescrizionesia dell’illecito amministrativo, che di quello relativo alla responsabilità dareato degli enti, a quanto previsto dagli art. ss. c.c.

In conclusione, ai sensi dell’art. D.Lgs. n. del “le sanzio-ni amministrative si prescrivono nel termine di cinque anni dalla data diconsumazione del reato”. Sembrerebbe, quindi, che, attraverso il diversomeccanismo prescrizionale, le sanzioni per le persone giuridiche, compre-se, ovviamente, quelle per i reati ambientali, risultino, almeno prima facie,conformi alla clausola comunitaria più volte richiamata.

Questa impressione è, tuttavia, subito fugata in quanto, come è statogiustamente rilevato, il legislatore delegato ha, come suol dirsi, “giocatod’astuzia” e, con l’art. , ha disposto che “non può procedersi alla con-testazione di cui all’[articolo precedente] quando il reato da cui dipendel’illecito amministrativo dell’ente è estinto per prescrizione”. Il regime diprescrizione dell’illecito è, insomma, rimasto quinquennale (art. ), ma glieffetti irragionevoli sono stati neutralizzati sul fronte procedurale. Ciò che,dunque, poteva far di primo acchito pensare ad una legislazione addiritturain chiave “progressista”, perché poteva apparire più sbilanciata a carico deglienti, ad una più attenta analisi non si è certo rivelata tale e, d’altro canto, ciòsarebbe risultato un fuor d’opera nell’ambito di una politica criminale chela compagine governativa che ha vissuto la riforma ha più volte orientatonel senso di una impostazione “ultraliberista”.

A chiusura di questa nostra analisi del D.Lgs. luglio , n. , condivi-diamo quanto di recente sostenuto dalla Madeo, che infatti termina il suosaggio in maniera icastica, cioè a dire: “La conclusione che traiamo, con unpo’ di ironia, è che il D. Lgs n. del appare in contraddizione più chein attuazione della Direttiva //CE”.

Ci piace, infine, ricordare quanto da ultimo ha affermato uno dei più

. Così, con ragione, D G O., Lineamenti sostanziali del nuovo illecito punitivo, in L(a cura di), Reati e responsabilità degli enti, cit., –.

. M, op. cit., .

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La “nuova” legislazione penale in tema di tutela dell’ambiente

grandi esperti internazionali di diritto penale dell’ambiente, purtroppo direcente prematuramente scomparso, che nell’ultimo suo saggio in materiae che in particolare sul punto altrettanto condividiamo appieno, ha avutooccasione di affermare in maniera categorica: « L’Italia, ad esempio, è ancoralontana anni luce da un’armonizzazione con gli standard europei ».

. H, Recenti sviluppi e principali questioni del diritto penale dell’ambiente in Europa, in Riv. trim.dir. pen. econ., , ss. e spec. ; analogamente A, Environmental Crime in Europe, ,passim.