ARCHITETTURA COSTRUITA E PAESAGGIO RURALE IN … · piuttosto che sulla conformazione del tumulo,...

29
ARCHITETTURA COSTRUITA E PAESAGGIO RURALE IN ETRURIA MERIDIONALE: UN CONTRIBUTO DAL TERRITORIO CERITE 1. L'architettura costruita nel territorio cerite 1.1. Se in ambito funerario si intende per "costruita" quell'architettura che impiega elementi lapidei tagliati in blocchi, appena sbozzati o soltanto ridotti in lastre, il settore nord-occidentale del territorio cerite offre una documentazione tanto rilevante, quanto poco conosciuta sotto il profito delle tecniche, dei materiali e della cronologia. A partire, infatti, dalla metà dell'ottocento, gli entroterra costieri civitavecchiese e pyrgense e le aree pedemontane allumierasca e tolfetana hanno fornito una crescente mole di dati su sepolcreti e tombe isolate: ai primi scavi intorno al pagus di Pontone del Castrato (S. Marinella), fanno seguito negli anni '30 le esplorazioni sistematiche di R. Mengarelli e S. Bastianetti nelle necropoli della Castellina del Marangone (località di Boccella, Torre Marangone, Cava delle Volpelle, Volpelle, Spinare, Semaforo del Fosso Cupo, Fosso delle Guardiole) (S. Marinella) 1 . [193] La ricerca sarà poi estesa alle pendici meridionali dei Monti della Tolfa, a ridosso della media valle del Mignone: il recupero di un tumulo a camera costruita alle Pantanelle (Tolfa), effettuato da S. Bastianelli, frutterà nuovi materiali che saranno concentrati nel Museo Archeologico di Civitavecchia e andranno distrutti durante i bombardamenti dell'area portuale nel secondo conflitto mondiale 2 .[194] Negli anni 50, con lo scavo delle tombe di Pian Sultano (Tolfa) e l'avvio di un'attività sistematica di recuperi promossa da O. Toti nell'ampio distretto allumierasco compreso tra Colle di Mezzo, Macchia di Freddara e Bandita Grande, si metterà a fuoco un fenomeno di grande rilievo topografico, che sarà definito in senso culturale e cronologico da G. Colonna, nella cornice della cultura cerite 3 (Fig. 1). Tra gli anni '70 e '80, le ricerche promosse dalla Soprintendenza Archeologica per l'Etruria Meridionale (SAEM) in collaborazione con il Gruppo Archeologico Romano (GAR), inquadrate in un progetto di lavoro che ha visto in seguito la partecipazione dei Musei Civici di Allumiere e Tolfa, hanno meglio connotato aspetti e tipi dell'architettura funeraria costruita con la registrazione di nuovi tumuli, isolati o raccolti in necropoli anche consistenti 4 (Fig. 2).[195] Questo contributo è frutto di un invito esteso da Gilda Bartoloni ed Antonella Romualdi a partecipare alle giornate populoniesi con una relazione di confronto sull'Etruria meridionale: l’occasione mi ha consentito di proporre una sintesi dell'esperienza di ricerca da me a suo tempo coordinata, per conto dei Musei Civici di Allumiere e Tolfa, nell'area dei Monti della Tolfa e della valle del Mignone. In questo senso ricordo il debito contratto con Gianfranco Gazzetti, ispettore della SAEM, per aver facilitato in ogni modo la raccolta, lo stoccaggio e l'esposizione dei materiali qui illustrati e con Angelo Fedeli, assistente dello stesso Ufficio, vera "memoria storica" degli scavi e dei recuperi effettuati in zona. L'attuale direttore del Museo Civico Archeologico-Naturalistico "A. Klitsche de La Grange" di Allumiere, Odoardo Toti, ha coadiuvato la documentazione dei materiali della tomba Bandita Grande 1, esposti nelle vetrine del nuovo allestimento del museo. I rilievi pubblicati sono stati realizzati nell'ambito delle ricerche di superficie effettuate in collaborazione con il GAR tra il 1979 e il 1935: desidero ricordare il contributo di idee e spunti fornito da Celestino V. Petrizzi, in materia di architettura funeraria costruita, tra l'area dei Monti della Tolfa e dei Monti Ceriti; la documentazione grafica è stata realizzata da Valeria Acconcia. Le fotografie sono state eseguite dallo scrivente, se non altrimenti indicato. 1 La storia delle ricerche in area è condensata in PETRIZZI l990; per l’entroterra pyrgense, è utile consultare anche COLONNA 1963. 2 Per la tomba scavata alle Pantanelle nel 1934 BASTIANELLI 1942, pp. 255-256; 1988, pp.269-273; sulla necropoli a camera costruita (= Ara del frassino Fig. 3 n 35), cfr DEL CHIARO 1961, pp. 110-111; 1962, p. 51 e tav. 13, n. 14; BRUNETTI NARDI 1981, p. 174. 3 Una sintesi critica degli scavi e dei recuperi a Pian Sultano in COLONNA 1963; per la presentazione preliminare delle ricerche condotti negli anni '90 dal GAR e dal Museo Civico di S. Marinella in collaborazione con la SAEM, cfr. ora ENEI 1998. I risultati dei recuperi nel comprensorio di Colle di Mezzo sono illustrati in TOTI 1967, pp. 27-44; 1969. 4 BULGARELLI et al. 1977, pp. 7-32; il progetto di ricognizione topografica dell'acrocoro tolfetano e della media valle del Mignone, avviato alla metà degli anni '80, ha prodotto una quantità ingente di informazioni sui caratteri del popolamento etrusco nell'area. Per una sintesi dei dati, cfr. COCCIA et al. 1985; GAZZETTI, ZIFFERERO 1990. 1

Transcript of ARCHITETTURA COSTRUITA E PAESAGGIO RURALE IN … · piuttosto che sulla conformazione del tumulo,...

ARCHITETTURA COSTRUITA E PAESAGGIO RURALE IN ETRURIA MERIDIONALE: UN CONTRIBUTO DAL TERRITORIO CERITE∗

1. L'architettura costruita nel territorio cerite

1.1. Se in ambito funerario si intende per "costruita" quell'architettura che impiega elementilapidei tagliati in blocchi, appena sbozzati o soltanto ridotti in lastre, il settore nord-occidentale del territorio cerite offre una documentazione tanto rilevante, quanto poco conosciuta sotto il profito delle tecniche, dei materiali e della cronologia.

A partire, infatti, dalla metà dell'ottocento, gli entroterra costieri civitavecchiese e pyrgense e le aree pedemontane allumierasca e tolfetana hanno fornito una crescente mole di dati su sepolcreti e tombe isolate: ai primi scavi intorno al pagus di Pontone del Castrato (S. Marinella), fanno seguito negli anni '30 le esplorazioni sistematiche di R. Mengarelli e S. Bastianetti nelle necropoli della Castellina del Marangone (località di Boccella, Torre Marangone, Cava delle Volpelle, Volpelle, Spinare, Semaforo del Fosso Cupo, Fosso delle Guardiole) (S. Marinella)1. [193]

La ricerca sarà poi estesa alle pendici meridionali dei Monti della Tolfa, a ridosso della media valle del Mignone: il recupero di un tumulo a camera costruita alle Pantanelle (Tolfa), effettuato da S. Bastianelli, frutterà nuovi materiali che saranno concentrati nel Museo Archeologico diCivitavecchia e andranno distrutti durante i bombardamenti dell'area portuale nel secondo conflitto mondiale2.[194]

Negli anni 50, con lo scavo delle tombe di Pian Sultano (Tolfa) e l'avvio di un'attività sistematica di recuperi promossa da O. Toti nell'ampio distretto allumierasco compreso tra Colle di Mezzo, Macchia di Freddara e Bandita Grande, si metterà a fuoco un fenomeno di grande rilievo topografico, che sarà definito in senso culturale e cronologico da G. Colonna, nella cornice della cultura cerite3 (Fig. 1).

Tra gli anni '70 e '80, le ricerche promosse dalla Soprintendenza Archeologica per l'Etruria Meridionale (SAEM) in collaborazione con il Gruppo Archeologico Romano (GAR), inquadrate in un progetto di lavoro che ha visto in seguito la partecipazione dei Musei Civici di Allumiere e Tolfa, hanno meglio connotato aspetti e tipi dell'architettura funeraria costruita con la registrazione di nuovi tumuli, isolati o raccolti in necropoli anche consistenti4 (Fig. 2).[195]

∗ Questo contributo è frutto di un invito esteso da Gilda Bartoloni ed Antonella Romualdi a partecipare alle giornate populoniesi con una relazione di confronto sull'Etruria meridionale: l’occasione mi ha consentito di proporre una sintesi dell'esperienza di ricerca da me a suo tempo coordinata, per conto dei Musei Civici di Allumiere e Tolfa, nell'area dei Monti della Tolfa e della valle del Mignone. In questo senso ricordo il debito contratto con Gianfranco Gazzetti, ispettore della SAEM, per aver facilitato in ogni modo la raccolta, lo stoccaggio e l'esposizione dei materiali qui illustrati e con Angelo Fedeli, assistente dello stesso Ufficio, vera "memoria storica" degli scavi e dei recuperi effettuati in zona. L'attuale direttore del Museo Civico Archeologico-Naturalistico "A. Klitsche de La Grange" di Allumiere, Odoardo Toti, ha coadiuvato la documentazione dei materiali della tomba Bandita Grande 1, esposti nelle vetrine del nuovo allestimento del museo. I rilievi pubblicati sono stati realizzati nell'ambito delle ricerche di superficie effettuate in collaborazione con il GAR tra il 1979 e il 1935: desidero ricordare il contributo di idee e spunti fornito da Celestino V. Petrizzi, in materia di architettura funeraria costruita, tra l'area dei Monti della Tolfa e dei Monti Ceriti; ladocumentazione grafica è stata realizzata da Valeria Acconcia. Le fotografie sono state eseguite dallo scrivente, se non altrimenti indicato. 1 La storia delle ricerche in area è condensata in PETRIZZI l990; per l’entroterra pyrgense, è utile consultare anche COLONNA 1963. 2 Per la tomba scavata alle Pantanelle nel 1934 BASTIANELLI 1942, pp. 255-256; 1988, pp.269-273; sulla necropoli a camera costruita (= Ara del frassino Fig. 3 n 35), cfr DEL CHIARO 1961, pp. 110-111; 1962, p. 51 e tav. 13, n. 14; BRUNETTI NARDI 1981, p. 174. 3 Una sintesi critica degli scavi e dei recuperi a Pian Sultano in COLONNA 1963; per la presentazione preliminare delle ricerche condotti negli anni '90 dal GAR e dal Museo Civico di S. Marinella in collaborazione con la SAEM, cfr. ora ENEI 1998. I risultati dei recuperi nel comprensorio di Colle di Mezzo sono illustrati in TOTI 1967, pp. 27-44; 1969. 4 BULGARELLI et al. 1977, pp. 7-32; il progetto di ricognizione topografica dell'acrocoro tolfetano e della media valle del Mignone, avviato alla metà degli anni '80, ha prodotto una quantità ingente di informazioni sui caratteri del popolamento etrusco nell'area. Per una sintesi dei dati, cfr. COCCIA et al. 1985; GAZZETTI, ZIFFERERO 1990.

1

La ricognizione archeologica ha fatto emergere, al tempo stesso, la fisionomia del paesaggio rurale in questo settore dell’agro cerite, con il riconoscimento dei siti aperti: ad essi sono stati attribuite prevalenti funzioni produttive, permettendo cosi di integrare un tessuto insediativo formato dagli abitati di pianoro già noti nel bacino idrografico del Mignone, come Monterano (Canale Monterano) e San Giovenale (Blera) e da quella particolare categoria di abitati su pianoro tufaceo, di dimensioni molto maggiori occupati per settori distinti e con aree funerarie sparse in diversa concentrazione, contenute nello stesso ripiano (Pian Conserva, Pian dei Santi, Pian Cisterna, Poggio San Pietro, nel territorio comunale di Tolfa)5 (Figg. 3-4). [197]

1.2. Si deve a C.V. Petrizzi uno studio recente e molto dettagliato sull’architettura funerariacostruita, con particolare riferimento al distretto in esame: il lavoro ha preso le mosse da un'osservazione diretta sul terreno, attraverso la definizione topografica di nuovi nuclei, associata alla revisione dei materiali da Colle di Mezzo, parzialmente esposti e/o conservati nei magazzini del Museo Civico di Allumiere. Quest'analisi ha prodotto un vero censimento delle necropoli di tumuli a camera costruita, con conseguente inquadramento tipologico: per oggettive ragioni di cattiva conservazione dei monumenti, la definizione tipologica si è concentrata nella camera funeraria, piuttosto che sulla conformazione del tumulo, la cui struttura è comunque complessa, quasi mai oggetto di specifica indagine stratigrafica, seppure da considerarsi, nella maggior parte dei casi noti, parte integrante e organica dell'architettura della camera; in zona non mancano, peraltro, esempi di camere costruite integralmente in blocchi di tufo, secondo una tecnica edilizia adottata alla Castellina del Marangone6 (Figg. 5-18). [198]

1.4. Si elencano i quattro tipi identificati da C.V Petrizzi:

- tipo 1: consiste in un ambiente ristretto, a pianta rettangolare, chiuso da tutti i lati; le pareti sono predisposte con filari di pietre sbozzate o lastre, progressivamente rastremate verso l'alto; la copertura era effettuata con lastroni appoggiati sulle creste delle pareti.

- tipo 2: consiste in una camera di deposizione con pareti formate da blocchi di grande mole, impostati in senso verticale, chiusa da lastroni posti in orizzontale; nella parete d’ingresso si trova un'apertura collegata al dromos, realizzato in blocchi o lastroni;

- tipo 3: consiste in una camera di deposizione con pareti formate da filari di pietre sbozzate o lastroni, progressivamente rastremate verso l'alto; la presenza di blocchi e lastroni di grande mole si riduce alla parete di fondo o a quella d'ingresso, oltre alla copertura; nella parete d'ingresso si trova un'apertura collegata al dromos, realizzato in blocchi o lastroni;

- tipo 4: consiste in una camera di deposizione con pareti formate da filari di blocchi o lastre bene incolonnate, a profilo rettilineo. La pianta della camera tende spesso alla forma quadrata, mentre il dromos è anche molto esteso in lunghezza; nella parete d'ingresso si trova un'apertura collegata al dromos, realizzato in blocchi o lastroni;

Le deduzioni dell'autore si possono così riassumere:

- il tipo 1 è un ambiente chiuso, mentre i tipi 2, 3 e 4 sono camere funerarie con ingresso previstodal progetto costruttivo; [204]

5 I caratteri specifici degli abitati di pianoro in ZIFFERERO 1990 e ACCONCIA et al. 1996; cfr. anche RENDELI 1993, pp. 329-348.

PETRIZZI 1990; in generale sull'architettura e sulle ascendenze culturali dei tumuli etruschi, si rimanda a NASO 1996; 1998; per la tecnica edilizia (che utilizza prevalentemente la "scaglia") nella necropoli della Castellina del Marangone: BASTIANELLI 1936; 1937.

2

6

- le opere murarie del tipo 2 sono costituite da blocchi di grande mole (megaliti) mentre nei tipi 1, 3e 4 è prevalente l'impiego di blocchi e lastre di dimensioni più contenute; in particolare nelle tombe del tipo 3 gli elementi "megalitici" si riducono alla parete di fondo (talvolta formata da un solo lastrone) e a quella d'ingresso; in qualche caso, come nel tumulo 1 di Monte Palarese (Tolfa), la parete d'ingresso è formata da due grandi lastre infisse verticalmente nel suolo7 (Figg. 17-19). Nel tipo 4 l'impiego dei lastroni appare più sporadico; - la copertura delle camere funerarie nei tipi 1, 2 e 3 è formata soprattutto da lastroni di "pietraforte"o di "palombino", posti in piano; nelle tombe di tipo 4 è invece più complessa, essendo i lastroni collocati l'uno a coprire parzialmente l'altro, con progressivo aggetto verso l'alto, in modo da determinare una foggia semiogivale o trapezoidale a profilo scalare della pseudo-volta; [205] - le dimensioni degli spazi delle camere sono eterogenee e apparentemente correlate ai tipi 2 x 1.20m circa nel tipo 1; 2.40 x 1.90 m circa nel tipo 2; 2-2.50 x2 m circa nel tipo 3; 2.60-2.70x2.20-2.30 m circa nel tipo 4; spazi interni più estesi sembrano comunque caratterizzare le tombe del tipo 4; - crepidini distinte e rilevate sembrano associate ai tumuli con tombe di tipo 3 e 4; per ciò checoncerne l'orientamento, le tombe sono disposte in ogni direzione, anche se non mancano quelle con asse rivolto tra nord-ovest e sud;

I tipi 3 e 4 sono i più diffusi nell'area in esame: occorre tuttavia osservare come una parte consistente dell'impianto tipologico sia subordinata alla natura dei materiali utilizzati, appartenenti ai due grandi gruppi delle rocce vulcaniche (trachiti e quarzolatiti) e delle rocce sedimentarie (derivate dalla fratturazione superficiale del flysch): la tendenza allo sfaldamento in lastre, spesso di grandi dimensioni, di queste ultime condiziona le tecniche costruttive rispetto alla tendenza delle trachiti e quarzolatiti a formare blocchi, anche di grande mole8 (Fig. 20).

2. I corredi

Contrariamente a quanto l'elevato numero di tombe conosciute possa far pensare, i corredi pubblicati da tumuli a camera costruita si contano sulla punta delle dita: [207] i materiali meglio conosciuti sono quelli scavati nel 1934 da S. Bastianelli in una tomba alle Pantanelle (= Ara del Frassino, Tolfa) e quelli editi in forma preliminare da O. Toti, provenienti dall'ampio comprensorio di Colle di Mezzo; di altri recuperi da parte della SAEM, delle associazioni archeologiche e dei Musei Civici della zona, resta testimonianza negli Uffici Scavi della Soprintendenza e nei depositi museali ad Allumiere e Tolfa9.

Si tratta di contesti in condizioni spesso critiche, sempre molto frammentari perché sopravvissuti al crollo della copertura della camera, tuttora in attesa di uno studio analitico: in questo lavoro si presenterà una selezione molto limitata di reperti, pertinenti a due corredi, rispettivamente dal Monte Seccareccio (quota 202) (Tolfa) e dal comprensorio della Bandita Grande (Allumiere), utili per connotare la cronologia dell'architettura costruita e per meglio inquadrarla nel sistema di popolamento locale.

7 Per i due tumuli di Monte Palarese (= Fig. 3, n 51), cfr. BULGARELLI et al. 1977, pp. 7-32 e tavv. 9-12; PETRIZZI 1990, p. 77. 8 Un inquadramento geologico, e petrografico dell'area in esame in FAZZINI et al. 1972, con cartografia di dettaglio allegata; per una sintesi è utile consultare CONTOLI et al. 1980.

Informazioni sui recuperi in BRUNETTI NARDI 1972, pp.9-12; 1981, pp.10-14; 173-174; Dl GENNARO 1972; COLONNA 1978; FUGAZZOLA DELPINO 1982, pp.78-81.

3

9

2.1. I MATERIALI DAL TUMULO DEL MONTE SECCARECCIO (QUOTA 202)(TOLFA) (TAVV. I -3)

Il tumulo a camera costruita del Monte Seccareccio è stato identificato nel 1976, ma soltanto nell'estate del 1979 si provvide ad una prima documentazione fotografica e ad una raccolta di reperti, seguita da un sopralluogo e da un'ulteriore raccolta di frammenti nell'estate del 198410.

Il tumulo è stato infatti oggetto di recenti scavi clandestini, che ne hanno sconvolto strutture e corredo ed è ancora in attesa di un'indagine compiuta; è collocato sulla sommità della quota 202 a nord-ovest del Monte Seccareccio, in una posizione dominante la valle del Lenta, affluente di sini­stra del Mignone (IGMI 143 III NO, Bagni di Stigliano) (Fig. 3, n. 42).

Il monumento è piuttosto defilato rispetto a un piccolo nucleo di tombe a camera, scavate nel tufo, già registrate negli anni'60 e ascrivibili, timidamente agli aspetti dell'architettura e dei pochi materiali ceramici recuperati dalla SAEM alla fine del 1981, al periodo arcaico11

Il tumulo insiste su un substrato geologico di origine sedimentaria: dalla documentazione di archivio, si può osservare come si trattasse di un'opera di grandi dimensioni, violata al centro per accedere alla camera funeraria; questa aveva forma quadrangolare, con dromos di accesso e relativo ingresso sul lato corto: la tessitura delle pareti si intuisce dalla presenza di lastre di calcare marnoso di varie dimensioni che si distinguono nel terriccio rimosso dagli scavatori clandestini; grandi lastre di forma irregolare dovevano costituire la copertura originaria della camera (Figg. 21-22). [208]

La calotta di protezione era formata da un accumulo di pietre e lastre informi di medie e piccole dimensioni, miste a terra, che avvolgeva e progressivamente chiudeva in alto la camera funeraria; nei sopralluoghi dell'epoca non è stata osservata alcuna crepidine in grandi blocchi: non si può escludere fosse nascosta o ricoperta dal naturale assestamento del pietrame e del terreno foderante il tumulo.

È interessante osservare la presenza cospicua di blocchi e lastre in tufo, alcuni dei quali certamente riservati al letto (o ai letti) di deposizione, secondo una pratica consolidata nell'area, se non da ritenersi addirittura elementi dell'architettura del monumento: un interrogativo che soltanto lo scavo potrà sciogliere. Si presentano qui in dettaglio i materiali ceramici recuperati (insieme a resti antropologici) nei due sopralluoghi del 1979 e del 1984 attualmente conservati nel deposito SAEM presso l'ex Convento dei Cappuccini di Tolfa: nella denominazione delle forme ci si è attenuti il più possibile alla nomenclatura corrente della ceramica orientalizzante12,

Bucchero nero

1. Anfora. Vari frammenti pertinenti alla spalla e a parte del corpo: pareti sottili e superficie lucidata. Ornata con ventaglietti verticali, quasi completamente aperti sul collo e una fascia di linee parallele, tracciate a rotella, all'attacco tra collo e spalla cuspidi radiali a fasci di linee a rotella, partenti dall'attacco inferiore dell'ansa e fasci di linee a rotella, disposti in senso longitudinale sulle anse. Alt. conservata: 3.5 cm; diam. spalla: 13 cm. Simile a RASMUSSEN 1979 tipo 1a: tav.1, n.1 (Fig.23, Tav. 1, n. 1). 2. Kotyle. Conservati parte del bordo e dell'ansa; pareti sottili e superficie lucidata. 3. Kantharos (?). Vari frammenti adiacenti, pertinenti alla parte inferiore del vaso: piedino a tromba. Ornato con intacche verticali sulla carena. Alt. conservata: 6.3 cm; diam. piede: 5.7 cm. Cfr. RASMUSSFN 1979, tipo 3e: tav.32, nn.171-172; per la diffusione locale, RENDELI 1996, p. 71 s. (FE 9.5) (Tav. 1, n. 2).

10 Il corredo è menzionato in NASO et al. 1989, p. 550, nota 35 (con inquadramento cronologico); ZIFFERERO 1990, p. 117 e fig. 7;PETRIZZI 1990 pp. 76-77. 11 La necropoli di tombe a camera scavate nel piccolo ripiano tufaceo della q. 201 del Monte Seccareccio è segnalata in DEL CHIARO 1961, p. 111; 1962,p. 51 e tav. 13 n. 4; COLONNA 1963, fig. 4. n 11; BULGARELLI et al. 1977, p.7 e tav. 17, n. 14; per i rinvenimenti di età romana, cfr. anche BRUNETTI NARDI 1981, p. 177. 12 I reperti versano in cattive condizioni di conservazione l'abrasione delle superfici, che ha fortemente compromesso le decorazioni dipinte, è da attribuirsi al forte tasso, di acidità del suolo; attualmente sono privi di numero di inventario e contrassegnati soltanto con la sigla I2MS. Per la classificazione delle forme, cfr. ora PARISE BADONI 2000.

4

4. Vari frammenti, pertinenti a forme chiuse e forme aperte: si riconoscono in probabile attingitoio a paretisottili, ornato con fascio di tre solcature parallele a metà del collo; alcune kylikes di tipo ionico; kartharoi/kyathoi/calici a pareti spesse, con carena decorata a intacche.

Ceramica sub-geometrica

5. Anfora. Frammenti pertinenti al piede tronco-conico, con bordo a tesa: ornato con fasce orizzontali parallele, alternate a filetti in vernice brutta e ad un'ansa a nastro, decorata con linea spezzata in vernice bruna. Per la forma del piede e la decorazione a fasce cfr. DIK 1978; 1983, pp. 47-53; LE.ACH 1987, pp. 73-79; 108-111; RIZZO 1989. Alt. conservata: 7 cm; diam. piede: 15.6 cm (Tav. 1, n. 3).[210] 6. Coppa su alto piede. Vari frammenti di grandi dimensioni che permettono la ricostruzione del profilo di una grande coppa a vasca emisferica, con bordo a tesa. 7. Phiale. Frammento conservante il profilo del bordo e della vasca, ornato con filetti e fasce in vernice bruna; superficie interna della vasca decorata a fasce, su fondo a risparmio. Alt. conservata: 3.3 cm; diam. orlo: 14 cm. Cfr. LEACH 1987, p. 101, tipo 1 (bowl) (Tav. 1, n. 5). 8. Phiale. Vari frammenti, pertinenti al bordo e alla vasca; bugne in sequenza continua sul punto di massima espansione. Superficie completamente abrasa, con resti appena percettibili di vernice bruna. Alt. conservata: 4 cm; diam. orlo: 14.2 cm; diam. massima espansione: 15.3 cm. Cfr. LEACH 1987, p. 101 s., tipo 2 (bowl); RIZZO 1989, p. 33 (Tav. 1, n. 6).[212] 9. Piatto. Frammenti pertinenti al bordo e alla vasca, con resti molto abrasi di decorazione a fasce e filetti, in vernice bruna, sulla superficie esterna; fori di sospensione all'interno del bordo. Alt. conservata: 1.4 cm; diam. orlo: 27.1 cm. Cfr. LEACH 1987, pp. 96-100, tipo 1 (Tav. 1, n. 7). 10. Piatti. Vari frammenti pertinenti a piatti, con resti abrasi di decorazione a fasce e filetti in vernice rosso-bruna. Diam. piede: 7.1. cm. Cfr. LEACH 1987, pp. 96-100, tipo 1 (Tav. 1, n. 8). 11. Piatto carenato. Vari frammenti, pertinenti al bordo distinto e alla vasca; ornato all'esterno con fasce e filetti in sequenza, in vernice rosso-bruna. Fori di sospensione sulla vasca, in prossimità della carena. Superficie interna abrasa, con resti della decorazione a fasce. Alt. conservata: 2.4 cm; diam. orlo: 22.6 cm. Cfr. LEACH 1987, p. 100 s., tipo 2; RIZZO 1989, pp. 24-26 (Tav. 1, n. 9).

Ceramica protocorinzia

12. Tall kotyle. Due frammenti conservanti una parte del profilo e dell'ansa, ornata con fascia a filetti orizzontali arancio su fondo dello stesso colore, sovrastante un'area con filetti arancio su fondo a risparmio. Del pannello sul bordo restano pochi resti dei segmenti verticali, nella stessa tonalità cromatica. Argilla compatta, color crema, con superficie brillante. Cfr. DEHL 1984, con integrazioni in MARTELLI 1989 e RIZZO 1989, p. 21 s. e nota 36 (Fig. 25; Tav. 1, n. 10).

Ceramica etrusco-corinzia

13. Anfora. Vari frammenti, pertinenti al collo a profilo concavo e al piede troncoconico; bordo ingrossato eleggermente modanato, con cercine all'attacco tra collo e spalla; anse a nastro; dipinta con vernice bruna, coprente, sul collo. Superfici molto abrase; argilla rosata. Per la forma cfr. SGILÁGYI 1992, pp. 36-66 (Gruppo di Monte Abatone); CVA Grosseto, 2, tav. 3, con schede (Gruppo ad Archetti intrecciati); per la diffusione locale, RENDELI 1996, tipo n. 66. Diam. orlo: 19.1 cm; diam. massima espansione collo: 14.2 cm; diam. piede: 11.4 cm. 14. Anfora. Vari frammenti, pertinenti al collo ad echino e al piede tronco-conico; bordo ingrossato con orlo arrotondato; anse a nastro a profilo ricurvo; superfici molto abrase; argilla crema. Cfr. SGILÁGYI 1992, pp. 128-174 (Gruppo degli Anforoni Squamati); per la diffusione locale, BULGARELLI et al. 1977, p. 65 s. (Pian Conserva); ZIFFERERO 1985, p. 23 e tav. 2 (Poggio San Pietro). Diam. orlo: 18.1; diam. piede: 11.2 (Tav. 2, n. 1). 15. Piatto. Vari frammenti, pertinenti al bordo ingrossato e al piede a disco concavo; ansetta a cordone sul bordo; superfici molto abrase, con poche tracce di vernice bruna; argilla giallastra. Cfr. sul tipo CVA Grosseto, 2, tav. 33, con schede. Diam. orlo: 30.8 cm; diam. piede: 9.2 cm (Tav. 1, n. 11).

5

Tav. 1 – Materiali ceramici dal tumulo del Monte Seccareccio (quota 202) (Tolfa). Bucchero nero: nn. 1-2; ceramica subgeometrica: nn. 3-9; ceramica protocorinzia: n. 10; ceramica etrusco-corinzia: n.11.

6

Figg. 23-26 – Materiali ceramici dal tumulo del Monte Seccareccio (quota 202) (Tolfa). 23. Frammenti pertinenti ad anfora in bucchero nero (n.1 in elenco = Tav. 1, n. 1); 24. Coppa su alto piede in ceramica sub-geometrica, parzialmente ricomposta da frammenti (n. 6 in elenco = Tav. 1, n. 4); 25. Frammenti pertinenti a tall kotyle protocorinzia (n. 12 in elenco = Tav. 1, n. 10); 26. Coppa su alto piede in impasto bruno, ricomposta (n. 17 in elenco = Tav. 3, n. 1)

Impasto bruno

16. Anfore a spirali. Frammenti pertinenti a più di un esemplare a pareti sottili; si riconoscono lecaratteristiche incisioni a spirale sul punto dl massima espansione del vaso; superfici molto abrase. Per la forma in ambiente etrusco, cfr. BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 89. 17. Coppa su alto piede. Vari frammenti che permettono la ricostruzione del profilo di una piccola coppa a vasca emisferica, con bordo ingrossato e svasato, su piede tronco-conico, inornata; superfici molto abrase. Alt. conservata: 9.2 cm; diam. orlo: 10.6 cm. Per la forma, cfr. BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 91 (Fig. 26; Tav. 3, n. 1).[213] 18. Calice. Frammento conservante il profilo della vasca, ornata con cerchielli impressi in sequenza lineare, non continua, tra due targhe solcature orizzontali e parallele; superficie molto abrasa. Diam. orlo: 19.9 cm. Per la forma e la decorazione, cfr. BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 90 s. e nota 49 (Tav. 3, n. 2). 19. Kyathos. Frammento conservante parte dell'ansa bifora, inornata, con apici sporgenti e ingrossati; superficie abrasa. Per la forma, cfr. BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 90 (Tav. 3, n. 3).

7

[214]

8

[215]

Impasto nero

20. Olla. Frammento conservante l'attacco della spalla, ornata con coppia di costolature orizzontali sul collo, da cui si dipartono singole costolature verticali, poste a distanze regolari; superficie molto abrasa. Per la classe e la forma, cfr. BOSIO, PUGNETTI, p. 93. 21. Calice. Vari frammenti conservanti il profilo della vasca e di parte del piede; superficie con ingubbiatura compatta e lucidata; ornato con stampigli ad S in sequenza lineare, continua, in doppio registro sulla vasca, ripartita da due solcature orizzontali e parallele e sull'estremità del piede; probabile carena a punte di diamante. Diam. piede: 12.1 cm. Per la forma e la decorazione, cfr. PARETI 1947, p. 423, nn 529-530; BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 90 e nota 46; RIZZO 1989, p. 34 e fig. 68 (Tav. 3, n. 4).

Impasto rosso sovradipinto (?)

22-23. Coppia di anfore. Vari frammenti pertinenti a due anfore, di cui sopravvivono parte del collo, delle anse e dei piedi. Di una è ricostruibile parte del collo, a marcato profilo tronco-conico, con l'attacco delle anse, a targo nastro; grande piede a tromba, motto svasato. Dell'altra, di dimensioni minori, restano frammenti del collo e del piede a tromba. Le superfici sono molto abrase e danneggiate e hanno perso

9

l’originaria decorazione pittorica. Diam. conservato orlo: 14.5 cm; diam. piede: 18.3 cm. Cfr. MICOZZI 1994, pp. 32-35 (tipo A) (Tav. 3, nn. 5-6). 24. Olla/Pithos (?). Vari frammenti conservanti il profilo del collo cilindrico, con orto arrotondato; superfici abrase, con tenui tracce dell'originaria ingubbiatura rossastra. Diam. orlo: 17.6 cm. Cfr. MICOZZI 1994, pp. 27-31 (pithoi); 48-49 (olle tipo E)(Tav.3, n. 7), 25. Piatto. Frammento conservante parte della tesa; pareti spesse; superficie molto abrasa. Cfr. MICOZZI 1994, pp. 56-58.

Impasto rosso

26. Olla globulare. Frammenti conservanti il profilo del bordo svasato, con solcature concentriche all'interno e della spalla, segnata da una costolatura orizzontale. Superfici molto abrase. Diam. orlo: 19 cm. Per la forma, cfr BOSIO, PUGNETTI 1986, p.91 s.(Tav.3, n. 8). 27. Olla globulare. Frammento conservante il profilo del bordo svasato e ingrossato, con solcature concentriche all'interno. Superfici molto abrase. Diam. orlo: 18.6 cm. Per la forma, cfr BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 91 s. (Tav. 3, n. 9). 28. Olle globulari. Vari frammenti pertinenti al bordo, al corpo, alle anse di vari esemplari. Superfici molto abrase, con resti dell'ingubbiatura rossastra, 29 Piatto spanti. Vari frammenti pertinenti al bordo e alla vasca; fori di sospensione sulla tesa. Superficie con ingubbiatura rossastra, ben conservata. Diam. orlo: 26.1 cm. Per la forma, cfr. BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 92 s. (Tav. 3, n. 11).[216] 30. Vari frammenti, pertinenti a forme chiuse e a forme aperte: si riconoscono un'ansa a bastoncello verticalee due piedi ad anello espanso, molto sviluppati in altezza. Superfici molto abrase, con resti dell'ingubbiatura rossastra Diam. piede: 8.2. (Tav. 3, n. 10).

Pur considerando lo stato critico e la parzialità dei frammenti, si propongono due aggregazioni che dovrebbero corrispondere ad almeno due distinte deposizioni, avvenute ad una certa distanza di tempo:

Prima deposizione:

bucchero nero: I; 2;ceramica sub-geometrica: 5-11;ceramica protocorinzia: 12;impasto bruno 16-l9;impasto nero: 20-21;impasto rosso sovradipinto (?): 22-25;impasto rosso: 29seconda deposizione:bucchero nero: 3; 4;ceramica etrusco-corinzia: 13-15;riferibili ad entrambe le deposizioniimpasto rosso 26-28; 30

La prima deposizione è connotata da un'associazione di classi usuale nei corredi ceriti o provenienti dall'agro Cerite, compresi nella prima metà del VII secolo a.C.; tra esse spiccano i frammenti di tall kotyle protocorinzia (n. 12), ascrivibile per forma e decorazione ai tipi del PCM: una presenza peraltro non più isolata nella valle del Mignone, in quanto attestata nelle necropoli di Monterano e ora anche a Pian Conserva; la ceramica sub-geometrica offre un repertorio di forme che si collocano nei decenni iniziali dello stesso secolo, tra cui i resti di anfora su piede tronco-conico (n. 5), la coppa su alto piede decorata con fregio di aironi (n. 6) e la phiale con sequenza continua di bugne sul punto di massima espansione (n. 8); tra gli impasti, a parte i frammenti, riferibili a forme ben conosciute dell'impasto bruno, è meno sicura l'attestazione dell'impasto rosso sovradipinto, per le condizioni critiche dei materiali: compare comunque la

10

forma delle anfore su grande piede a tromba, molto svasato, correlato ai tipi più antichi (nn. 22-23)13.

Un elemento di interesse è costituito dal calice in impasto ingubbiato in nero decorato a stampigli (n. 21), che trova confronti con un esemplare della tomba 1 del Tumulo della Speranza di Cerveteri14.[217]

Ulteriori spunti di discussione sono offerti dal bucchero nero (nn. 1-2), con pareti eccezionalmente sottili e superfici brillanti, da inserire nella prima deposizione, per il confronto istituibile con l'anfora (proveniente con probabilità dalla stessa fabbrica dell'esemplare n. 1) dalla tomba 2 dei Casaletti di Ceri, collocata da G. Colonna tra le primissime produzioni del bucchero cerite15.

In base a queste considerazioni confermerei la datazione preliminare alla fine del primo quarto del VII secolo a.C., in una fase terminale dell'Orientalizzante Antico, in base alla classificazione proposta ancora da G. Colonna per alcuni corredi chiave dell'Orientalizzante cerite e sottolineata dalla recente analisi di M.A. RIZZO16,

La presenza del bucchero nero con forme nettamente più recenti, costituite da vasi potori (nn. 3-4) e della ceramica etrusco-corinzia, con la significativa attestazione di un esemplare del Gruppo degli Anforoni Squamati (n. 14), già noto nelle necropoli di Pian Conserva e di Poggio San Pietro (Tolfa), circoscrive un gruppo di vasi attribuibile ad una seconda deposizione; spicca, tra gli altri, anche un'anfora di produzione etrusco-corinzia (n. 13), con forme ben conosciute e condivise dai primi gruppi figurati della produzione. Per questo gruppo di vasi è sostenibile l'inquadramento nell'Orientalizzante Recente già avanzato a suo tempo, agli anni terminali del VII secolo a.C.17.

2.2. I MATERIALI DAL TUMULO 1 DELLA BANDITA GRANDE (ALLUMIERE) (Tavv.4-7)

I resti di questo corredo provengono da un tumulo a camera costruita posto nella tenuta della Bandita Grande (Allumiere), un vasto altopiano di formazione sedimentaria che digrada verso le Tufarelle: due località ben note per i ritrovamenti pre-protostorici e per la presenza di tumuli etruschi a camera costruita18 in (Fig. 3, nn. 13 e 48).

Il recupero dei materiali è avvenuto nel 1978, a cura della SAEM, nella persona dell'assistente A. Fedeli, a cui si devono tutte le informazioni relative alla scoperta e alle operazioni di scavo.

La tomba era venuta in luce in seguito agli spietramenti operati dall'Università Agraria di Allumiere: i reperti raccolti nello scavo d'emergenza sono stati conservati in cassette che recavano la dicitura "Recupero SAEM 1978, tra Bandita Grande e Tufarelle (a sinistra del Poggio degli Spiriti)".[218]

Le informazioni permettono di circoscrivere il sito circa 250 m a NNE della quota 378 della Bandita Grande, dove sono attualmente visibili resti di altri tumuli a camera costruita, sparsi sul pianoro marcato dalla quota (IGMI 142 II NE, Tolfa)19 (Fig. 3, n. 13).

La tomba è stata presentata in una scheda, con la denominazione di Bandita Grande 1 (BG1); la custodia in tufo proveniente dallo stesso monumento è stata oggetto di un breve commento da parte di C.V. Petrizzi20.

13 Per le tall kotylai protocorinzie in zona cfr. da ultimi ZIFFERERO 1992 (tomba in località Frassineta) = NASO et al.1989, p. 552, nota 41 e aggionamento; 1995b, p. 459 ed ACCONCIA et al. 1996, p. 16 (tomba Pian Conserva 98); laceramica sub-geometrica conservata nel Musco civico di Tolfa, proveniente in prevalenza da Pian Conserva, èmenzionata in BULGARELLI et al. 1977, pp. 64-66.14 Discussione e inquadramento cronologico del corredo della tomba I dal Tumulo della Speranza in RIZZO 1989, pp.29-38.15 COLONNA 1968, a cui adde DIK 1981, p. 50 e MICOZZI 1994, pp. 134-135, per la cronologia e i materiali dellatomba 2 da Casaletti di Ceri.16 COLONNA, VON HASE 1954, pp. 24-29; RIZZO 1989, pp. 12-3817 NASO et al., 1989, p. 550, nota 35.18 BRUNETTI NARDI 1972, p. 9; 1981, pp. 10-11; FUGAZZOLA DELPINO 1982, pp. 78-83.19 Dl GENNARO 1972; PETRIZZI 1990, pp. 79-80.

11

I reperti sono stati restaurati nel 1993, da A. Mazzoleni: un intervento che ha consentito di mettere a fuoco alcuni aspetti dell'originaria entità del complesso21.

Il materiale è oggi in parte esposto (privo di numeri d'inventario, ma con numerazione provvisoria conferita in occasione del restauro), nelle vetrine del Museo Civico di Allumiere, in parte conservato nell'attiguo Ufficio Scavi della SAEM; la custodia tufacea è visibile nelle sale del Museo

C'è da osservare come nell'Ufficio scavi siano conservati numerosi gruppi di cassette provenienti dalla stessa località, frutto di recuperi effettuati a varie riprese dalla fine degli anni '60, di una parte dei quali si è già dato conto in modo sintetico22.

Bucchero nero

1. Anforetta. In vari frammenti, ornata sul corpo e sulle anse con linee verticali graffite; pareti sottili. Simile a RASMUSSEN 1979, tipo 1b: tav. 2, n. 8. 2. Attingitoio. Vari frammenti, pertinenti al collo e al corpo; ansa a bastoncello rastremato alla sommità. Collo decorato con ventaglietti semiaperti orizzontali, disposti in sequenza su due registri, sopra e sotto un fascio di tre solcature orizzontali e parallele; corpo inornato. Simile a RASMUSSEN 1979, tipo 1a (jug): tav. 23; per la diffusione locale, cfr. RENDELI 1996, tipo n. 14. 3. Oinochoe. Vari frammenti ricomposti, pertinenti al collo alto con bocca trilobata e coppia di apofisi ai lati dell'ansa a nastro; inornata. Simile a RASMUSSEN 1979, tipo 3a: tavv. 7-8. 4. Oinochoe. Vari frammenti, pertinenti al collo trilobato, con ansa bifida; inornata. Simile a RASMUSSEN 1979, tipo 7f: tavv. 17-18. 5. Oinochoe. Vari frammenti ricomposti, pertinenti al collo e alla spalla; collo corto con bocca trilobata e corpo ovoide; superfici molto abrase; inornata. Alt. conservata: 9 cm; diam. orlo: 10.2 cm. Simile a RASMUSSEN 1979, tipo 8a: tavv. 18-19; per la diffusione locale, cfr. RENDELI 1996, tipo n. 12 (Tav. 4, n. 1). 6. Oinochoai. Vari frammenti, pertinenti a colli diversi, tra i quali si riconosce un esemplare inornato, con ansa a bastoncello a sezione poligonale, simile a RASMUSSEN 1979, tipo 8a: tavv. 18-19.[219] 7. Frammento conservante il piede a disco e parte della parete di una forma chiusa; ornato con coppie dilinee oblique disposte ad angolo sul registro inferiore della parete (cuspidi radiali?). Alt. conservata: 3.8 cm; diam. piede: 6 2 cm (Tav. 4, n. 2). 8. Frammento conservante il piede a disco, molto sviluppato in altezza, di una forma chiusa. Diam. 8 cm.(Tav. 4, n. 3). 9. Frammento conservante il piede ad anello di una forma chiusa. Diam. 9.1 cm (Tav. 4, n. 4).

20 Una scheda sintetica del corredo in ZIFFERERO 1995a, pp. 425-426; la custodia tufacea è menzionata in PETRIZZI1990, p. 79.21Del lotto di materiali restaurati con fondi della Regione Lazio, facevano parte i resti di altri due corrediconvenzionalmente denominati da chi scrive Bandita Grande 2 (BG2) e Bandita Grande 3 (BG3).22 ZIFFERERO l995a.

12

[220]

10. Vari frammenti di pareti pertinenti a forma chiusa, ornata sul corpo da linee graffite verticali, delimitatein atto da una solcatura orizzontale. 11. Vari frammenti di anse (a nastro, a bastoncello, bifida) e pareti pertinenti a forme chiuse, inornati.12. Kantharos. Ricostruito e integrato da vari frammenti; carena liscia con piede a tromba, vasca inornata; lettere incise a crudo sotto il piede e alla base dell'ansa: rispettivamente a (alt. 12 mm) e c (alt. 11.5 mm). Alt. 10.7 cm; diam. orlo: 10.8 cm; diam. piede: 5.2 cm. Per la forma, RASMUSSEN 1979, tipo 3e: tavv.31-32; per la diffusione locale, cfr. RENDELI 1996, esemplari dalla Riserva del Ferrone (FE 7.2-7.3; FE 8.2; FE 11.2, FE 13.3; FE 17.5). Per i segni alfabetici su vasi potori da Caere e da San Giovenale, tra VII e VI secolo a.C., vedi ThLE, ss.vv. a e c , a cui adde P. FORTINI in REE 1987-88, n. 88, pp. 319-320, dall'area limitrofa di Monte Romano (Tav. 4, n. 5).

13

13. Kantharos. Ricostruito da vari frammenti, ma privo delle anse; carena decorata con intacche oblique,piede a tromba; vasca inornata. Alt. conservata: 7.1 cm; diam. orlo: 10.5 cm; diam. piede: 5.5 cm. Cfr.RASMUSSEN 1979, tipo 3e: tavv. 31-32 (Tav. 4, n. 6).14. Kantharos. Ricostruito da vari frammenti; carena liscia con piede ad anello; vasca inornata, con superficimolto abrase. Alt. 9.7 cm; diam. orlo: 9.3 cm; diam. piede: 5.2 cm. Cfr. RASMUSSEN 1979, tipo 3h: tav.33,n.175; per la diffusione locale,RENDELI 1996, tipo n. 27 ed altri esemplari dalla Riserva del Ferrone (FE 1.2; FE 2.4-2.5; FE 17.6) (Tav.4, n. 7).15. Kantharos (?). Ricostruito da vari frammenti, ma privo di parte delle anse; carena liscia con piede adanello; vasca inornata. Alt. conservata: 7.5 cm; diam. orlo: 11.6 cm; diam. piede: 7 cm. Cfr. RASMUSSEN1979, tipo 3h: tav. 33, IT. 175 (Tav. 4, n. 8).16. Kantharos (?). Ricostruito da vari frammenti, ma privo di parte delle anse e del piede, probabilmente atromba; carena decorata con intacche oblique; vasca inornata. Alt. conservata: 6.4 cm; diam. orlo: 12.2 cm(Tav. 4, n. 9).17. Kyathos. Ricostruito da vari frammenti ed integrato, ma privo di parte dell'ansa; carena liscia con piedead anello; vasca inornata. Alt. conservata: 11.9 cm; diam. orlo: 12.9 cm; diam. piede: 7.4 cm. Cfr.RASMUSSEN 1979, intermedio tra i tipi 1d e 1f: tavv. 34-35; per la diffusione locale, RENDELI 1996, tipon. 23 ed altri esemplari dalla Riserva del Ferrone (FE 3.2 in bucchero grigio; FE 3.3; FE 7.1; FE 16.7-16.8;FE 17.4) (Tav. 4, n. 10).18. Kyathos (?). Vari frammenti conservanti il profilo della vasca e del piede a tromba; carena ornata adintacche; superfici molto abrase.19. Calice su basso piede. Ricostruito da vari frammenti; carena liscia con piede ad anello; ornato a metàdelta parete con fascio di tre solcature orizzontali e parallele. Alt.: 6 cm; diam. orlo: 13.5 cm; diam. piede: 8cm. Cfr. RASMUSSEN 1979, tipo 4b (chalice): tav. 29, n. 152 (Tav. 4, n. 11).20 Calice su basso piede. Vari frammenti conservanti il profilo della vasca; carena liscia e piede ad anello,inornato. Cfr. RASMUSSEN 1979, tipo 4b (chalice): tav. 29.[221]21. Kyathos/calice su basso piede. Vari frammenti conservanti il profilo della vasca; carena liscia e piede adanello, inornato. Cfr. RASMUSSEN 1979, tipo 4b (chalice): tav.29. 22.22. Vari frammenti di piedi a tromba pertinenti a forme aperte.23. Vari frammenti di anse (a nastro) e pareti pertinenti a forme aperte (kantharoi/ kyathoi), inornati.

Bucchero grigio

24. Attingitoio. Ricostruito da vari frammenti, ma privo di parte dell'ansa; spalla a profilo arrotondato, piede a disco rilevato; inornato, con superfici molto abrase. Alt. conservata: 13.2 cm; diam. orlo: 7.3 cm; diam. piede: cm 5.2. Cfr. RASMUSSEN 1979, tipo 1b (jug): tavv. 23-24 (Tav. 4, n. 12). 25. Kyathos miniaturistico. Frammento conservante in parte il profilo della vasca; inornato, con superfici molto abrase. Cfr. RASMUSSEN 1979, tipo le: tavv.34-35; per la diffusione locale, RENDELI 1996, tipo n. 26.

Ceramica etrusca a figure nere

26. Olpe. Ricostruita e integrata, con bordo distinto a sezione quadrangolare, corpo irregolarmente ovoide, ansa a nastro sormontante e piede a echino con profilo inferiore concavo e modanato. Argilla beige, poco compatta, con superficie totalmente abrasa: sopravvivono soltanto alcune linee verticali, affiancate da punti circolari in vernice nero-bruna; pochi resti di vernice nera sul bordo e all'interno di esso. Per la diffusione locale, cfr. RENDELI 1996, tipo m 113. Alt.: 27.9 cm; diam. orlo: 10.3 cm; diam. piede: 9.3 cm (Tav. 4, n. 13).

Ceramica etrusca a vernice nera

27. Kylix (?). Vari frammenti comprendenti un piede ad anello; argilla bruno-chiara, con resti dl vernice nera coprente; superfici abrase. 28. Vari frammenti di pareti pertinenti a forme aperte e chiuse, con resti di vernice nera coprente, argillabeige e arancio.

14

Ceramica depurata acroma

29. Vari frammenti di piede ad anello e pareti pertinenti a forme non identificabili; argilla beige e giallastra.

Impasto bruno

30. Kotyle. Vari frammenti pertinenti al bordo, al corpo e al piede a disco con profilo concavo; pareti sottili esuperfici molto abrase. Ornata con fascia a denti di lupo in sequenza e con apici in alto, campiti a punteggioe racchiusi tra linee orizzontali. Airone gradiente verso destra, campito a punteggio, graffito con doppia lineadi contorno sulla vasca. Diam. orlo: 8 cm; diam. piede: 3.4 cm. Cfr. in zona una kotyle con decorazionesimile dalla tomba P(ian) C(onserva) 95 ACCONCIA et al. 1996, pp. 9-11; ZIFFERERO 1995b, pp.456-459; per la decorazione sulla forma e in generale sulla classe si rimanda a BOSIO, PUGNETTI 1986, p.89 s. (Tav. 5, m 1).31. Coppa su alto piede. Vari frammenti che permettono la ricostruzione del profilo di una coppa a vascaemisferica, con bordo a tesa, su piede a tromba; ornata con linea graffita a molla sulla sommità della tesa,delimitata da due linee concentriche; superfici abrase. Alt. ipotetica: 12.5 cm; diam. orlo: 11.9 cm; diam.piede: 8.4 cm.[222]Per la forma e la decorazione cfr. BOSO, PUGNETTI 1986, p. 91 e nota 74; per la decorazione sulla classevedi anche GUIDI et al. 1996, p. 183 e fig. 26 (Tav. 5, n. 2).

Fig. 27-28 – Materiali ceramici del tumulo Bandita Grande 1 (Allumiere). 27. Coppa su alto piede in impasto bruno, parzialmente ricomposta (n. 32 in elenco = tav. 5, n. 38); 28. Craterein impasto rosso, ricomposto (n. 40 in elenco = Tav. 7, n. 1).

32. Coppa su alto piede. Vari frammenti che permettono la parziale ricostruzione del profilo di una coppa a vasca emisferica, con bordo piano e lievemente svasato verso l'interno ed attacco del piede a tromba; inornata e con superfici molto abrase. Alt. conservata: 9.3 cm; diam. orlo: 11.4 cm (Fig. 27; Tav. 5, n. 3). 33. Coppa su piede. Ricostruita da vari frammenti; vasca emisferica compressa, con piccolo piede a tromba; inornata. Alt. 4.2 cm; diam. orlo 8.5 cm; diam. piede 4.2 cm. Cfr. Ia forma corrispondente nel bucchero: RASMUSSEN 1979, tav. 42, n. 275 (small stemmed bowl) (Tav. 5, n. 4). 34. Calice. Ricostruito da vari frammenti; carena liscia con alto piede a tromba; ornato a metà della parete con due solcature orizzontali e parallele; superfici abrase. Alt. 12 cm; diam. orlo 15 cm; diam. piede: 9.5 cm. Per la forma, cfr BOSO, PUGNETTI 1986, p. 91 (Tav. 5, n. 5).

15

35. Calice su basso piede. Ricostruito e integrato da vari frammenti; carena liscia con piede a tromba; ornato a circa metà della parete con fascio di tre solcature orizzontali e parallele; superfici molto abrase. Alt.: 8 cm; diam. orlo 14.4 cm; diam. piede 6.8 cm. Cfr. BOSO, PUGNETTI 1986, p. 91; per la forma corrispondente in bucchero: RASMUSSEN 1979, tipo 3a (chalice): tav. 28 n. 147; per la diffusione locale in bucchero, RENDELI 1996, tipo n. 19 (Tav. 5, n. 7). 36. Calice. Vari frammenti pertinenti alla vasca di un calice su alto/basso piede; carena liscia. Ornato a metà della parete con fascio di tre solcature orizzontali e parallele; superfici molto abrase. Alt. conservata: 4.4. cm; diam. orlo 14.9 cm. Per la forma, cfr. BOSO, PUGNETTI 1986, p. 91 (Tav. 5, n. 6). 37. Kantharos. Vari frammenti che permettono la parziale ricostruzione del profilo di un kantharos con anse bifide, a cordone, collo cilindrico e vasca ornata con solcature verticali; superfici abrase. Alt. conservata: 6.9 cm; diam. massima espansione vasca: 10.9 cm. Per la forma e la sua diffusione cfr. POHL 1981, pp. 62-64 (Tav. 5, n. 8). 38. Vari frammenti di ansa (a bastoncello) e pareti, di dimensioni minute; superfici molto abrase.[223]

Tav. 5 – Materiali ceramici dal Tumulo della Bandita Grande 1 (Allumiere). Impasto bruno: nn. 1-8; impasto rosso: nn. 10-12. [224]

16

Impasto rosso

39. Cratere. Ricostruito e integrato, con collo cilindrico e bordo a tesa; corpo globulare, tendente all'ovoide, su piede ad anello; anse a maniglia collegate alle placche quadrangolari per mezzo di un piccolo setto; superficie ricoperta da scialbatura rossastra, variamente abrasa, in particolare su una delle placche; inornato. Alt. 29.9 cm; diam. orlo: 28.8 cm; diam. massima espansione: 30.5 cm; diam. piede: 15.1 cm, diam. placche: 10.4x7.9. Per la diffusione locale, cfr. TOTI 1969, p. 573 (Colle di Mezzo, t. 6); 575 (Colle di Mezzo, t. 16); RENDELI 1996, tipo n. 123 (Tav. 6, n. 1 ). 40. Cratere. Ricostruito e integrato, con collo cilindrico e bordo a tesa, svasato verso l'interno; corpo globulare, schiacciato, su piede ad anello; anse a maniglia direttamente collegate alle placche quadrangolari; superficie ricoperta da scialbatura rossastra, variamente abrasa; inornato. Alt. 22.9 cm; diam. orlo: 21.8 cm; diam. massima espansione: 25.9 cm; diam. piede: 12.9 cm; diam. placche: 6.6x 5.2. Riprodotto in ZIFFERERO 1995a, tav. Lb (Fig. 28; Tav. 7, n. 1). 41. Cratere. Vari frammenti che permettono la ricostruzione parziale del profilo con bordo a tesa, svasato verso l'interno; corpo globulare, con attacco dell'ansa a maniglia sulla spalla; superficie ricoperta da scialbatura rossastra, variamente abrasa; inornato. Alt. conservata: 12.2; diam. orlo: 22.4 cm; diam. presunto massima espansione:30.5 cm. (Tav.5, n. 9). 42. Olla globulare. Ricostruita e integrata, con corto bordo svasato e affinato, ornato con solcature concentriche all'interno; base piana, con anse a maniglia impostate sul punto di massima espansione; superficie ricoperta da una scialbatura bruna, in buone condizioni. Alt. 23.4 cm; diam. orlo: 14.5 cm; diam. massima espansione: 24.5 cm, diam. base: 7.7 cm. Per la forma, cfr. BOSO, PUGNETTI 1986, p. 91 s.; per la diffusione locale, RENDELI 1996, tipo n. 127 (Tav. 7, n. 2). 43. Olla globulare. Vari frammenti, conservanti parte del profilo con bordo svasato e lievemente ingrossato, ornato con singole solcature all'interno; superfici variamente abrase. Alt. conservata: 10.8 cm; diam. orlo: 16.4 cm. Per la forma, cfr. BOSO, PUGNETTI 1986, p. 91 s. (Tav. 5, n. 10).44. Olla globulare. Frammento conservante il profilo del bordo svasato e ingrossato, con solcature concentriche all'interno. Superficie abrasa. Per la forma, cfr. BOSO, PUGNETTI 1986, p. 91 s. 45. Olla globulare. Frammento conservante il profilo della spalla, segnato da una costolatura orizzontale, da cui si dipartono costolature verticali, allineate sul corpo; superficie ricoperta da una scialbatura rossastra. 46. Olla globulare. Vari frammenti pertinenti ad esemplare di dimensioni ridotte, ansato; superfici abrase. 47. Olle globulari. Vari frammenti pertinenti al bordo, al corpo, alle anse di vari esemplari. Superfici molto abrase, con resti dell'ingubbiatura rossastra. 48. Olla globulare (?). Frammento pertinente al piede (tronco-conico?) di una forma chiusa, con foro passante sul fondo del vaso. 49. Poculum. Ricostruito da vari frammenti, con bordo svasato, ornato in origine da solcature concentriche all'interno; corpo globulare su piede ad anello sagomato; superficie ricoperta da ingubbiatura rossastra. Per la diffusione locale, cfr. TOTI 1969, fig. 18, n. 11; RENDELI 1996, tipo n. 129. Alt.: 9.4 cm; diam. orlo: 9.8 cm.; diam. piede: 6.2 cm (Tav. 5, n. 11). 50. Poculum. Vari frammenti pertinenti al bordo, ornato da solcature concentriche all'interno, al corpo e al piede ad anello sagomato; superfici abrase.[225]

17

Tav. 6. Materiali ceramici dal tumulo della Bandita Grande 1 (Allumiere). Impasto rosso: n. 1.[226]

Tav. 7 – Materiali ceramici del Tumulo della Bandita Grande 1 (Allumiere). Impasto rosso: n. 1-2. [227]

18

51. Poculum. Frammento pertinente al bordo, ornato da solcature concentriche all'interno. 52. Piatto carenato. Ricostruito e integrato, con bordo distinto da una lieve carenatura e vasca poco profonda; piede ad anello appena accennato; superfici estremamente abrase. Alt.: 3.1 cm; diam. orlo: 23.2 cm; diam. piede: 6 cm. Per la forma cfr. BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 92 s.; per la diffusione locate, OSTENBERG; 1969, p. 13, n.31 (Tav.5, n. 12). 53. Piatto carenato. Vari frammenti pertinenti ad esemplare simile al n. 52. Per la forma, cfr. BOSIO, PUGNETTI 1986, p. 92 s. 54. Vari frammenti di ansa (a bastoncello) e pareti (uno con piccola apofisi), pertinenti a forme chiuse;superfici molto abrase.

Varie

55. Un nocciolo di frutto, non identificato.

Elementi lapidei

56. Custodia, formata da due pezzi: la cassa, costituita da un blocco parallelopipedo in tufo, molto abraso,con grana a grandi vacuoli (dimensioni: lungh. 67 cm; largh. 48 cm; alt. 35 cm), lavorato in modo approssimativo e privo di rifinitura esterna, con angoli smussati, presenta all'interno un incasso di forma rettangolare, meglio rifinito e con spigoli vivi (dimensioni: lungh. 46 cm; largh. 33 cm; alt. 22 cm). Il coperchio è ricavato da un blocco più basso, ha forma displuviata ed è leggermente più lungo e rifinito della cassa; la superficie è abrasa, con varie scalfiture, anche profonde (dimensioni: lungh. 75 cm; largh. 49 cm; alt. 29 cm al vertice). All'interno è presente un incasso di foggia regolare (non misurabile nell'attuale allestimento), che aumenta il volume e la capacità di quello della cassa. La posizione originaria della custodia non è determinabile, perché lo spietramento meccanico aveva sostanzialmente distrutto la camera funeraria: è comunque verosimile che fosse posta in origine nella camera o inserita nella calotta del tumulo (Figg. 29-30).

Per questo corredo si propongono quattro aggregazioni, probabilmente corrispondenti ad altrettante deposizioni: si consideri che i materiali potrebbero anche provenire da sepolture ricavate nel tumulo, esterne alla camera, come è stato già documentato nell'area23:

Prima deposizione:impasto bruno: 30-32;impasto rosso: 45Seconda deposizione:bucchero nero: 1-3; 7; 10;impasto bruno: 35-36; [228]Terza deposizione:bucchero nero: 4-6; 12-13; 16-19;impasto bruno 33;Quarta deposizione:bucchero nero: 14-15;bucchero grigio: 24-25;ceramica etrusca a figure nere: 26;ceramica etrusca a vernice nera 27-28;ceramica depurata acroma: 29;Riferibili alla prima o alla seconda deposizione:impasto bruno 34; 37;Probabilmente riferibili alla seconda deposizione:impasto rosso 40 associato con 52; 41 associato con 53;

23 Per le sepolture minori, spesso di infanti, inserite all'interno o a margine della calotta dei tumuli a camera costruita di Pian Sultano, già attribuite dallo stesso scavatore al periodo etrusco, cfr. PUGLISI 1954, pp. 5-8 (tumulo 1); pp. 11-13 (area 3). Inseriti nella calotta dei tumuli di quest'ultima, si rinvennero una cista ed un sarcofago (dimensioni 110x50x30 cm in travertino, quest'ultimo segnalato in ENEI 1998, p. 185 (PS10 e PS 18).

19

26

Riferibili alla seconda o alla terza deposizione:bucchero nero: 8-9; 11; 22;impasto rosso: 39; 42-44; 46-51; 54;ceramica depurata acroma: 29 (se da ritenere in parte etrusco-corinzia);Riferibili alla terza o alla quarta deposizione:bucchero nero: 20-21; 23;

Il primo gruppo di materiali in impasto bruno, molto frammentari, potrebbe far pensare ai resti parziali di una deposizione avvenuta intorno al secondo quarto del VII secolo a.C., forse ancora alla fine dell'Orientalizzante Antico[229]: depone a questo favore soprattutto la presenza della kotyle graffita con denti di lupo e airone campito a punteggio (n. 30), in una forma più evoluta (per ciò che appare dalla ricostruzione grafica), dell'esemplare recuperato nella tomba P(ian) C(onserva) 95, all'interno di un contesto di ultimo quarto-fine VIII secolo a.C.24.

L'attribuzione dubitativa del calice di impasto bruno n. 34 alla prima o alla seconda deposizione è dovuta al profilo rettilineo della vasca e alla foggia del piede, tipica degli esemplari più recenti della classe.

Un secondo gruppo di materiali si colloca nell'Orientalizzante Recente e si compone di bucchero con superfici graffite e decorate a ventaglietti, al quale si può aggregare la forma del calice su basso piede in impasto bruno (nn. 35 e forse 36); un margine di incertezza connota il kantharos con anse bifide legate a cordone (n. 37), forma tipica dell'Etruria interna, che può essere inserito nel primo o nel secondo contesto in base ad un'associazione analoga nella tomba 16 di Colle di Mezzo25.

Un problema a sé è costituito dai crateri in impasto rosso, i cui prototipi vanno cercati nella ceramica corinzia e che hanno l'epicentro della produzione tra la media valle del Mignone e l'acrocoro tolfetano: questa forma attende ancora un inquadramento sistematico, a fronte di un numero di esemplari in continuo incremento26.

L'esperienza locale propone crateri anche nell'impasto rosso sovradipinto: i caratteri di variabilità sono concentrati nelle anse e nel piede: è interessante osservare come una lettura accurata dei pezzi in corso di restauro abbia consentito di associare uno dei tre esemplari (il n. 40, di dimensioni più contenute), al piatto carenato n. 52, permettendo cosi di istituire un simile rapporto tra l'altro cratere (n. 41) e il piatto in impasto rosso gemello del precedente (n. 53), entrambi molto frammentari, ma assimilabili nelle dimensioni27.[230]

24 Descrizione sintetica del corredo in ACCONCIA et al 1996, pp.9-14; ZIFFERERO 1995b, p. 457. 25 TOTI 1969, p. 575.

Sui crateri d'impasto rosso, di prodozione locale, cfr. il commento di COLONNA 1985, p. 575, nota 4; per la cospicua diffusione nei corredi da tumuli a camera costruita dell'area pedemontana allumierasca, TOTI 1967, pp. 27-44; 1969. È interessante osservare i contatti tra questa produzione e quella dell'impasto rosso decorato a stampo e/o cilindretto nella media valle del Mignone, documentata da un cratere decorato sulla spalla con cilindretto formato dalla sequenza leone, cavaliere con lancia gradiente a destra, cervo pascente, cinghiale, tra cornici a dentelli (= CVA Stockholm 1, tav.32, su pithoi dal mercato antiquario romano), attestato in zona a Pian Conserva, a Poggio San Pietro e alla Riserva del Ferrone: RENDELI 1996, pp. 23-30. Il cratere, inedito, proviene dal riempimento del canale di deflusso dell'acqua esterno alla tomba PC 40: GAZZETTI, ZIFFERERO 1990, p. 446. 27Come fa osservare A. Mazzoleni nella relazione "Restauro di materiali ceramici e metallici custoditi presso il Musco Civico di Allumiere" conservata in copia originale presso gli uffici dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Allumiere, allegata al lotto menzionato supra a nota 21: «...Un altra particolarità riscontrata riguarda il n. 16 (= n. 52 dell'elenco qui proposto, ndr) del recupero SAEM 1978 un piatto carenato d'impasto, molto deteriorato e sfaldato in superficie, che, una volta ricostruito, appariva molto deformato. Quasi casualmente si è potuto scoprire che questa deformazione corrisponde esattamente all'andamento del bordo dell'olla crateriforme n. 14 (= n. 40 dell'elenco qui proposto, ndr), dove il piatto si adagia perfettamente. Si può quindi ipotizzare che si tratti di un "piatto coperchio", deformatosi insieme al cratere sul quale poggiava durante la giacitura nel terreno. Un solo frammento di un piatto simile (n. 19) (= n. 53 dell'elenco qui proposto, ndr) e un altro cratere molto lacunoso (n. 15) (= n. 41 dell'elenco qui proposto, ndr) fanno anche pensare all'esistenza di oggetti gemelli nel corredo…». Dalla stessa relazione si evince il collegamento del reperto paleobotanico (n. 55 in elenco), con il contenuto del grande cratere di impasto rosso, n 39.

20

In base a quanto già emerso a Colle di Mezzo, dove è attestata la pratica della deposizione di vasi cinerari entro custodie di tufo, si potrebbe pensare ad un impiego di almeno uno degli esemplari più piccoli come urna con coperchio, per la compatibilità con il cavo nel blocco tufaceo; le analisi paleobotaniche permetteranno forse di riconoscere anche un'offerta rituale di cibo legata al grande cratere (n. 39)28.

Una circostanza che alimenterebbe nuove prospettive sull'inclusione del cratere nei corredi della zona, di solito deposto in singolo esemplare, con prevalente connotazione simposiaca: è evidente come la presenza dei tre esemplari nella tomba BG 1, sia dovuta con tutta probabilità, almeno nel caso del grande cratere (n. 39), al susseguirsi delle deposizioni29.

Se si accoglie l'ipotesi di includere le coppie piatto-cratere nell'arco cronologico del secondo gruppo, per l'attestazione dei piatti che sono ancora una variante del tipo spanti, sia pure con carena molto marcata e tesa più accentuata e ricurva, questo insieme potrebbe agevolmente essere posto alla fine dell'ultimo quarto del VII secolo a.C., inserendovi anche alcuni minutissimi frammenti di ceramica depurata, per i quali l'attribuzione alla classe etrusco-corinzia resta sempre possibile.

Ad un terzo contesto può essere attribuito il gruppo più consistente di vasellame in bucchero, costituito in prevalenza da vasi potori, con superfici inornate e decorazione limitata alle intacche sulla carena dei kantharoi. Il gruppo dei vasi in impasto rosso, rappresentato soprattutto da olle globulari, potrebbe essere assegnato a questo, come al gruppo precedente.[231] In base ad analogie con simili associazioni registrate in area, si propone un inquadramento nel secondo quarto del VI secolo a.C.30.

L'esistenza di un quarto ed ultimo contesto è suggerita dall'olpe etrusca a figure nere (n. 26), ben nota nei corredi della Riserva del Ferrone, intorno a cui si possono enucleare probabilmente una coppia di kantharoi m bucchero nero (nn. 14-15), i vasi in bucchero grigio (nn. 24-25), oltre agli scarsissimi resti di ceramica etrusca a vernice nera e di parte della ceramica depurata acroma. L'associazione dei kantharoi (intermedi tra i tipi 3h e 3i di T. Rasmussen), con l'olpe farebbe pensare ad una possibile deposizione nell'ultimo quarto del VI secolo a.C.

3. Architettura costruita e formazione del paesaggio rurale

I contesti presentati suggeriscono alcune riflessioni di carattere cronologico e topografico: per la cronologia, è evidente come la prima deposizione del tumulo del M. Seccareccio sia la più attendibile (anche se molto frammentaria), per fissare un termine intorno alla fine del primo quarto del VII secolo a.C., almeno per l'architettura costruita nel versante della media valle del Mignone: un dato che consente di anticipare sensibilmente l'avvio del fenomeno in zona, a suo tempo agganciato alle fasi iniziati dell'Orientalizzante Recente31.

Pur essendo molto meno netta, per la scarsità dei materiali superstiti, la prima deposizione della Bandita Grande (BG 1) offre invece lo spunto per operare una rilettura di vari reperti provenienti dai tumuli costruiti nel settore pedemontano allumierasco, tuttora in attesa di uno studio sistematico dopo la presentazione curata da O. Toti alla fine degli anni '60. Già in sede di analisi

28 Per la presenza di tombe ad incinerazione di età arcaica, con urna racchiusa entro blocchi di tufo modanati, dall'area di Colle di Mezzo, cfr. TOTI 1967, p 32 e fig. 10; 1969, p. 576, figg. 8 e 22 (tombe 18 e 19). Per custodie tufacce, di foggia diversa, che dovrebbero evidentemente segnalare l'impiego dello stesso rito nella necropoli di Pian Conserva, si consulti GALLUCCIO 1998b. 29 Tra i corredi editi, connotati in senso simposiaco dal cratere, cfr il Ferrone 1: RENDELI 1996, pp 13-21. Tra i numerosi contesti conservati nel Museo Civico di Tolfa, includenti tale forma vascolare, si segnala per tutti la tomba Grottini di Rota 1, in corso di pubblicazione da parte di chi scrive: può essere ripartito in due deposizioni, con una palese intenzione di comporre un servizio utile alla mescita del vino, almeno nella prima. Questa deposizione può essere inquadrata nell'Orientalizzante Recente, verosimilmente negli anni intorno al 600 a.C. e comprende un cratere d'impasto rosso di piccole dimensioni, con anse a fascia di tipo arcaico: un elenco dei vasi del gruppo in BROCATO 1998, pp. 44-45. 30 Per un quadro generale si rimanda alla discussione dei corredi, con la ripartizione delle deposizioni successive, proposta in COLONNA 1985 (Ferrone 17) e RENDELI 1996; i materiali esposti nelle vetrine del Musco Civico di Tolfa sono ora elencati in BROCATO 1998. 31 L'inquadramento cronologico è determinato in COLONNA 1963 e seguito da PETRIZZI 1990.

21

35

preliminare si è osservato, senza alcuna pretesa di completezza, come la morfologia di certi vasi fosse collocabile con difficoltà nei tipi dell'Orientalizzante Recente: in particolare, il calice su alto piede in impasto bruno, con pareti a profilo concavo, carena marcata e piede a tromba molto svasato, dalla tomba 16 dall'area di Colle di Mezzo, oppure l'olletta carenata in impasto bruno e la grande olla ovoidale con anse verticali, datta tomba 20 della stessa necropoli, sono bene inquadrabili ancora nella prima metà del VII secoto a.C.32. [232]

Una conferma indiretta viene dai resti del corredo (supra menzionato) scavato da S. Bastianelli nel 1934 alle Pantanelle, nel versante sud-orientale dell'acrocoro tolfetano: commentato da G. Colonna nel suo lavoro sull'architettura costruita nell'entroterra pyrgense, questo gruppo è oggi percepibile con maggiore dettaglio nei taccuini dello stesso Bastianelli, contenenti la riproduzione dei singoli reperti, sia pure attraverso schizzi di scavo33 (Fig. 31).

La presenza di forme ceramiche tipiche delle fasi antica e media dell'Orientalizzante (quale, p.es., un calice con vasca baccellata in impasto bruno) offre l'opportunità di retrodatare la costruzione del tumulo ad una fase precedente l'Orientalizzante Recente, a cui è comunque da riportare la deposizione più consistente34. [234]

I dati, per quanto ancora disorganici, permettono di riconsiderare l'architettura costruita nel contesto di sviluppo del tessuto rurale: si è già rilevato più volte come l'avvio di tale fenomeno sia da leggere in parallelo con l'insorgenza del sistema produttivo della zona, organizzato nei siti aperti.

Una chiara tendenza dei tumuli a camera costruita è di distribuirsi in modo sparso in aree non difese, con aggregazioni di poche tombe o con nuclei più numerosi (Fig. 32). La consistenza di questi nuclei è variabile: se la norma è di poche unità, non mancano necropoli dove si è registrato un numero di tombe e tumuli superiore alla dozzina, come nel caso del Monte Acqua Tosta (Tolfa)35 (Figg. 33-36).

32 In particolare dalla tomba 16: TOTI 1967, p 42 e tav XII,1 n. 2, 1969, p. 575 e fig. 19 (calice in impasto bruno); dalla tomba 20 TOTI 1969, p 576 e fig 20 (olletta carenata in impasto bruno e grande olla in impasto). Per queste osservazioni, cfr. anche ZlFFERERO 1991a, p. 223, nota 43. 33 Per la tomba alle Pantanelle (= Ara del Frassino, Fig 3, n. 35) scavata il 9/9/1934 edizione descrittiva (e sintetica) dei materiali è in BASTIANELLI 1942 pp. 255-256 commentata in COLONNA 1963, pp. 160-161 La recente pubblicazione avvenuta in forma quasi "clandestina", del formidabile patrimonio di informazioni raccolte dal cultore civitavecchiese nei suoi taccuini di campagna, ha permesso di incrementare i dati sul contesto del recupero e soprattutto sul corredo, descritto e illustrato quasi integralmente: BASTIANELLI 1988, pp. 269-271. 34 Si segnalano, riportando la trascrizione dello stesso Bastianelli (1988 p. 271):«...13) Varii frammenti appartenenti ad un vaso d'impasto di color marrone scuro, a forma di cratere (?). E decorato, nell'orlo piatto, da una serie di linee incise formanti degli angoli. (u. figura). 14) Frammenti di un anforetta di tipo laziale decorata presso il collo da una serie di puntine fra due linee parallele incise, sormontate da una linea a zig-zag e sul corpo dalle solite spirali graffite. Le anse a nastro hanno una decorazione di linee parallele incise (v. figura). 15) Frammento di una tazza ad orlo leggermente svasato, col corpo decorato di protuberanze coniche. È d'impasto color marrone. Alt. dell'orlo 40 mm. (v. figura)...». Questi frammenti sono cosi descritti in sintesi nell'edizione definitiva: a...sono venuti in luce anche alcuni frammenti di una anforetta, del così detto tipo laziale con le solite spirali graffite sul corpo; ed alcuni pezzi dell'orlo di un vaso d'impasto color marrone scuro, con decorazione a fasa di linee angolari graffite...» (BASTIANELLI 1942, p. 256).

Nell'area del Monte Acqua Tosta (Tolfa) (= Fig. 3, n. 50), sono presenti varie concentrazioni di tumuli a camera costruita, di diversa entità: il nucleo principale è venuto in luce negli anni'70 con la costruzione dell'elettrodotto ENEL (che attraversa le pendici meridionali dell'acrocoro tolfetano) ed è stato in breve tempo devastato dagli scavi clandestini (BRUNETTI NARDI 198l, p. 173); è localizzato poco a N della q. 487 (IGMI 143 III SO, 5. Severa) Ad esso fa riferimento la documentazione allegata, prodotta alla fine degli anni'70 dall'Ufficio Tecnico del GAR: come si può osservare dalla Fig. 33, si tratta di un nucleo cospicuo di tumuli a camera costruita, sparsi su un'ampia area pianeggiante. In occasione delle operazioni di rilievo, si provvide a raccogliere in superficie ciò che restava dei frammenti relativi ad alcuni corredi, oggi conservati nel deposito SAEM presso l'ex Convento dei Cappuccini di Tolfa: la ceramica superstite è pertinente ad un orizzonte prevalentemente arcaico e tardo-arcaico. Una prima relazione sul nucleo in oggetto è apparsa in BULGARELLI et al. 1977, pp. 7-32 e tavv. 12-13, a cura di C.V. Petrizzi, che è ritornato sul sito in PETRIZZI 1990, pp 78-79. Gli altri nuclei (composti anche di tombe isolate, associate a materiale edilizio di prima fase, nelle immediate vicinanze) sono distribuiti sulle pendici nord-occidentali e sud-occidentali del rilievo: quest'ultimo gruppo, identificato nel 1984 e collocato sui contrafforti meridionali dell'acrocoro, in una delle zone con vegetazione ad alto fusto di maggiore interesse ambientale dei Monti della Tolfa, presentava ancora alla fine degli anni '80 alcuni tumuli intatti, distinguibili per la calotta emisferica in pietre e terra, nascosta dalla vegetazione.

22

Le straordinarie capacità di adattamento all'ambiente, non devono, comunque, far passare in secondo piano l'intenzione di riproporre nel progetto costruttivo dei tumuli a camera costruita, sia pure attraverso l'aggiunta invece della sottrazione del materiale edilizio, vere e proprie repliche degli omologhi monumenti ricavati nel tufo, completi di crepidine e rampa, per accedere alla sommità della calotta36 (Fig. 37).

Una piena comprensione del fenomeno dell'architettura costruita non può prescindere, evidentemente, dai rapporti tra i modelli insediativi individuati nella zona e rappresentati, in estrema sintesi, dagli abitati di pianoro e dai siti aperti. Si è già intervenuti per sottolineare i caratteri originali dei primi, espressione del tipo che si imporrà nella media valle del Mignone tra la fine dell'età del ferro e gli inizi dell'Orientalizzante Antico.[235] A differenza dei centri dell'Etruria medio-tirrenica e dei vicini abitati di Monterano, Luni sul Mignone (Blera) e San Giovenale (misuranti rispettivamente 9.5, 5.3 e 3.4 ettari, secondo la determinazione di S. Judson e P. Hemphill), la peculiare collocazione delle aree abitate e di quelle funerarie sulla sommità e sulle pendici di uno stesso ripiano tufaceo (esteso, nel caso di Pian Conserva, il sito meglio conosciuto, per 32.2 ettari), suggerisce un diverso schema interpretativo: le ricerche di superficie hanno fatto emergere, aldilà di ogni dubbio, un'occupazione della superficie e delle pendici del pianoro per nuclei sparsi (Fig. 38).

[238] Soltanto a partire dall'Orientalizzante Recente tali nuclei raggiungeranno una maggiore compattezza e coesione, segno di un più maturo livello di integrazione dei gruppi gentilizi che, almeno fino al terzo quarto del VII secolo, ne avevano utilizzato in modo indipendente le varie porzioni37.[239]

Agli abitati di pianoro (o centri intermedi nel sistema politico mediotirrenico, con funzioni concentrate di produzione artigianale, di scambio e d mercato a lungo raggio, secondo una recente classificazione di M. Rendeli), fa riscontro e si oppone in qualche maniera la rete dei siti aperti, fortemente connotati in senso produttivo, per essere collocati di norma su aree collinari dal profilo arrotondato, nella valle del Mignone e nel vasto settore pedemontano allumierasco e tolfetano38.

Dall'Orientalizzante Recente e per tutto it VI secolo a.C., esisterà una precisa correlazione, cronologica e topografica, tra l'architettura funeraria costruita ed i siti aperti: i quadri sinottici qui proposti racchiudono in forma sintetica le linee di sviluppo e la dialettica insita in questi processi (Tabb. T e 2).

Nello scenario prospettato esistono, tuttavia, diversi problemi di ordine interpretativo: una prima difficoltà è nella manifesta anteriorità cronologica di alcuni tumuli a camera costruita, rispetto all'avvio del popolamento rurale, che non sembra poter essere, almeno allo stato attuale delle ricerche in zona, portato più in alto dell'Orientalizzante Recente; una seconda risiede invece nella posizione periferica dei tumuli a camera costruita più antichi, nei confronti degli abitati di pianoro attivi nello stesso periodo. Un fenomeno che si è tradotto in un modello, in cui la tendenza centrifuga dei tumuli dipendeva dal bisogno di determinare e marcare gli agri gentilicii delle aristo­crazie etrusco-meridionali, sottolineando al tempo stesso il principio del possesso (se non della proprietà) della terra coltivabile39 (Fig. 39).[240]

In base a questo modello è plausibile correlare alcune tombe, anche molto distanti dai più vicini abitati di pianoro, ad una compagine aristocratica che risiedeva in essi ma si faceva seppellire a contatto con la terra, di cui deteneva strettamente il controllo.

Il caso del tumulo de. M. Seccareccio sembra esemplare della tendenza: se a suo tempo se ne è sottolineata la sostanziale equidistanza dai centri di Pian Conserva e Monterano, la nuova evidenza costituita da ceramica della fase recente dell'età del ferro/Orientalizzante Antico dalle pendici del piccolo ripiano tufaceo di Rota (Tolfa), potrebbe indiziare un collegamento con un sito

36 Per la funzione delle rampe, cfr. da ultimo NASO 1996, p. 74 e nota 16.37 JUDSON, HEMPHILL 1981, p. 196; per la topografia degli abitati di pianoro della media valle del Mignone, cfr.ACCONC1A et al. 1996, pp. 5-9.38 RENDELI 1993, pp. 307-329; tra i numerosi siti aperti della zona, l’unico indagato con lo scavo è nella Macchia diFreddara, a S del M. La Tolfaccia: DEBERNARDI, ZIFFERERO 1992.39 ZIFFERERO 1991b.

23

che, pur rivestendo una posizione strategica nella media valle del Mignone, non ha poi avuto continuità di vita, probabilmente a causa delle dimensioni molto contenute40 (Fig. 40).

La stessa chiave di lettura potrebbe essere applicata alle tombe più antiche gravitanti sul comprensorio di Colle di Mezzo e al tumulo Bandita Grande 1: indicatori di possesso della terra (alienata, attraverso la sepoltura, all'uso comune), da parte di gruppi gentilizi abitanti la sommità e parte delle pendici del M.te La Tolfaccia (Allumiere), un sito che ha rivelato un'evidenza estremamente promettente a partire dalla metà circa dell'VIII, fino alla prima metà del VII secolo a.C.[243]

Questo abitato di altura, la cui funzione di controllo dell'area pedemontana era stata a suo tempo intravista da O. Toti, è oggi identificato da materiale ceramico residuale, contenuto nei riempimenti del borgo medievale di Tulfa nova: l'insediamento è certamente da collegare ai lacerti di una piccola necropoli della fase recente dell'età del ferro, posta sulle pendici meridionali del rilievo, costituita da tombe a incinerazione e a fossa, emersa durante gli scavi della villa tardo-repubblicana ed imperiale della Fontanaccia41.[244]

Non sembra azzardato istituire un rapporto dello stesso centro con l'area delle Pantanelle (Tolfa), anche se la fisionomia dei siti di altura nella fase orientalizzante è tutta da definire è lecito presumere una funzione di controllo aristocratico dell'agro, probabilmente richiesta da una frontiera in corso di formazione, legata al consolidamento e all'espansione del territorio cerite, di cui viene condivisa la cultura materiale42.

Il fenomeno dei progressivo allontanamento delle sepolture gentilizie dai centri abitati si verifica tra l'ultimo quarto dell'VIII e la prima metà del VII secolo a C è probabile che tale tendenza abbia avuto un'evoluzione subordinata all'incremento familiare dei gruppi aristocratici e quindi alla necessità di predisporre accanto ai primi tumuli ulteriori sepolture, giustificate da vincoli di consanguineità più o meno diretta la crescita di molte necropoli, tra l'Orientalizzante antico e l'Orientalizzante recente, potrebbe essere dipesa dalla volontà di trasmettere alle nuove generazioni il controllo sulla terra coltivabile In questo senso si possono forse spiegare alcuni sviluppi del sistema di popolamento nella zona in esame se, infatti, il sito di Pian Conserva prospetta una connessione tra nuclei di tombe orientalizzanti e gruppi legati da stretti vincoli familiari (che soltanto a partire dall'Orientalizzante Recente troveranno il modo di convivere in forme più integrate con gli altri gruppi attivi sul pianoro), per la necropoli della Riserva del Ferrone il pro­blema si pone in termini diversi; le ricerche in corso hanno infatti permesso di retrodatare l'uso del ripiano tufaceo per scopi funerari all'Orientalizzante Antico, senza mettere a fuoco l'abitato di riferimento43 (Fig 41)

40 Per la cronologia dei materiali di Rota (= Fig. 3, n. 23), anticipati in NASO et al 1989, p. 549, nota 30, cfr. ora PERSIANI 1992: si tratta di frammenti che attestato un'occupazione multifase, dall'età del bronzo al tardo ferro-inizi dell'Orientalizzante Antico. Una tomba a fossa pertinente alla fase recente della prima età del ferro potrebbe essere quella scavata da A. KLITSCHE DE LA GRANGE (1891), nella tenuta di Rota, presso il castello omonimo. 41 I ritrovamenti protostorici alla sommità del M. La Tolfaccia sono ora pubblicati in BOENZI 1998 (con riferimento ai reperti in impasto e ceramica depurata con decorazione geometrica, ascritti ad un arco cronologico compreso tra l'VIII e gli inizi del VII secolo a.C.); per la necropoli della fase recente della prima età del ferro, una sintesi in D'ERCOLE 1993. Il ruolo strategico dell'altura nel popolamento etrusco del settore è proposto in TOTI 1969; cfr anche IAIA, MANDOLESI 1993, p 26. 42 Per l’articolazione e l’evoluzione della frontiera tra lo stato cerite e quello tarquiniese, coincidente con il settore nord-occidentale dell'acrocoro tolfetano si ritarda a quanto proposto in ZIFFERERO 1995c; cfr nella stessa sede le osservazioni sul molo di un altro sito di altura con funzione strategica, Monte Rovello (Allumiere) (Fig 3, n. 8), rioccupato nella fase orientalizzante probabilmente con una funzione specifica di controllo del territorio. I materiali ceramici sono editi in BIANCOFIORE, TOTI 1973. 43 Sul centro di Pian Conserva, oltre a NASO 1990 per l'inquadramento generale del sito, cfr ora sulle fasi più antiche GAZZETTI, ZIFFERERO 1990, pp, 443-446; ACCONCIA et al. 1996 Per la necropoli del Ferrone (= Fig 3, n. 29), il cui avvio è stato di recente fissato all'0rientalizzante Antico, attraverso l'analisi del corredo della tomba a camera F40, semicostruita entro tumulo al centro dell'area monumentale, si rimanda a BROCATO, GALLUCCIO 1992; BROCATO et al. 1992; COLUCCI, SABATINI 1996 (con piante di fase della necropoli); BROCATO 1997.

24

Un centro limitrofo esiste ed è la Piana di Stigliano, la cui cronologia, pur emersa da ripetuti recuperi di superficie, non riesce a salire prima dell'inizio del VI secolo a C e coincide con quella di alcune piccole necropoli poste nelle sue immediate vicinanze44.[245]

Ciò che emerge con chiarezza al Ferrone è l'aggregazione della necropoli arcaica e tardo-arcaica intorno a singole tombe più antiche, la cui posizione potrebbe aver consentito (a partire dalla prima metà del VII secolo a.C.) ad un gruppo gentilizio, non direttamente insediato nei pressi, di segnalare il controllo su quell'area attraverso la sepoltura dei suoi componenti45.

Se i meccanismi precisi di tale controllo ancora sfuggono, almeno nell’Etruria meridionale interna la necessità di sottolineare il possesso familiare della terra potrebbe aver determinato il successo e l'incremento di certe aree funerarie, aprendo poi la strada alla formazione di poli insediativi attigui alle stesse necropoli, ma periferici rispetto agli abitati di pianoro una delle cause va individuata nell'ampliamento e nella crescita delle compagini sociali all'interno di questi ultimi, in una fase storica che vede il definitivo maturare della forma urbana nelle grandi città medio-tirreniche46.[246]

Il sito della Piana di Stigliano rappresenta un esito non canonico di tale processo, come si è già avuto modo di osservare: si potrebbe trattare in ogni caso di un nuovo polo demografico che ha poi giustificato la pianificazione delle aree circostanti l'abitato ad uso funerario, con l'impianto di nuove necropoli47.

A partire dal periodo arcaico, la stessa presumibile tendenza all'isonomia potrebbe aver indotto fenomeni di divisione e/o distribuzione delle terre aristocratiche, operata dagli stessi abitati di pianoro: l'impianto di nuovi nuclei di tumuli a camera costruita anche in luoghi non marcati da tombe più antiche, dovrebbe segnalare con chiarezza la residenza stabile di piccoli gruppi familiari nei siti aperti (la cui area odierna di dispersione dei frammenti in superficie non supera spesso l'ettaro), che seppellivano a contatto con la terra coltivata; il fenomeno troverà piena espressione nel compimento del processo di organizzazione della frontiera, necessaria a garantire la visibilità dei limiti del territorio (e quindi la difesa del tessuto rurale) controllato dallo stato cerite48.

Questo sistema di popolamento, avviato nell'Orientalizzante Recente, avrà il periodo di massimo sviluppo nel periodo arcaico, subendo una battuta d'arresto intorno alla metà del V secolo a.C., in coincidenza con una fase documentata di crisi nel rapporto tra città e territorio in molte zone dell'Etruria meridionale: una forma contratta di vita degli abitati di pianoro, almeno nella media valle del Mignone, garantirà comunque la sopravvivenza di alcuni siti aperti nel settore pedemontano, quasi fino all'annessione nello stato romano, avvenuta agli inizi del III secolo a.C.49.

ANDREA ZIFFERERO∗

44 In attesa della nuova edizione dei materiali (ZIFFERERO, in prep. ), per la Piana di Stigliano (= Fig. 3, n. 28), si faccia ancora riferimento a ZIFFERERO 1980 e ora a GALLUCCIO 1998a; in questa sede è opportuno sottolineare la sincronia tra la ceramica dell'abitato e le prime deposizioni nella necropoli dei Grottini di Rota (Canale Monterano) (Fig. 3, n. 43), riferibili agli anni intorno al 600 a. C. 45 Si dovrebbe immaginare perciò, nelta logica degli agri gentilicii di cui supra, un gruppo residente a Monteran oppure, più verosimilmente, a Rota. 46 Su questi processi cfr., per l'Etruria meridionale, RENDELI 1993. 4 7 Individuabili comunque nelle necropoli dei Grottini di Rota (Canale Monterano) (= Fig. 3, n. 43), della Piana di Stigliano (Canale Monterano) (= Fig. 3, n. 44) e, a partire dalla fase avanzata dell'Orientalizzante Recente, della Riserva del Ferrone (Tolfa) (= Fig. 3, n. 29) e del Monte Seccareccio, quota 201 (Tolfa) (= Fig. 3, n. 42): per la localizzazione in dettaglio di questi siti è utile consultare la cartografia allegata a GALLUCCIO 1998a (in particolare la fig. 13), del quale, tuttavia, nonostante la buona impostazione critica del lavoro, dispiace non poter condividere le conclusioni, ispirate da una visione topografica palesemente elementare rispetto alla manifesta complessità del settore. 48 ZIFFERERO 1990. 49 Per la fase di frequentazione classica degli abitati di pianoro si rimanda a NASO 1993 e ad ACCONCIA, VALLELONGA 1995; la sopravvivenza di forme contratte di popolamento, nei siti aperti dell'area pedemontana allumierasca, è deducibile nella fase ellenistica dalle nuove deposizioni documentate nei tumuli a camera costruita: TOTI 1969, p. 572; BOENZI, ZIFFERERO 1995; il fenomeno si osserva anche a Pian Sultano: ENEI 1998, p. 186. ∗ Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti - Università di Siena, Via Roma 56, 53100 Siena.

25

Bibliografia

V. ACCONCIA, F. VALLELONGA, 1995, Pian Conserva (Tolfa), in Scavi e Scoperte, “Studi Etruschi”, LXI (1996), pp.460-462.

V. ACCONCIA, F. CESARI, R. MANGONI DI S. STEFANO, A. ZIFFERERO, 1996,Nuove ricerche nella necropoli etrusca di Pian Conserva (Tolfa, Roma): 1993-1994, “Archeologia Uomo Territorio”, 15, 1996, pp. 5-22.

S. BASTIANELLI, 1936, I Castronovani, “Studi Etruschi”, X, pp. 447-461. S. BASTIANELLI, 1937, Territorio dei Castronovani. Scoperte nella necropoli pre-romana,

“Studi Etruschi”, XI, pp. 451-472.[247] S. BASTIANELLI, 1942, Il territorio tolfetano nell’antichità, «Studi Etruschi», XVI, pp.

229-260. S. BASTIANELLI, l988, Appunti di campagna, Edizioni COAC (Comitato di Coordinamento

per le Attività Culturali), Roma. F. BIANCOFIORE, O. TOTI, 1973, Monte Rovello. Testimonianze dei Micenei nel Lazio

(Incunabula Graeca LIII), Edizioni dell'Ateneo, Roma. G. BOENZI, 1998, Tolfaccia (Allumiere-RM). L'insediamento protostorico, «Quaderni del

Museo Civico di Tolfa», 1, pp. 121-132. G. BOENZI, A. ZIFFERERO, 1995, Granciare (Allumiere), in Scavi e Scoperte, «Studi

Etruschi», LXI (1996), pp.423-425. B. BOSIO, A. PUGNETTI (edd.), 1986, Gli Etruschi di Cerveteri, Edizioni Panini, Modena. P. BROCATO, 1997, Recensione a M. Rendeli, La necropoli del Ferrone, Roma 1996,

«Archeologia Classica», XLIX, pp. 511-514. P. BROCATO, 1998, Il Museo Civico di Tolfa e alcune pagine di storia dell'archeologia

tolfetana, “Quaderni del Museo Civico di Tolfa”, 1, pp. 19-56. P. BROCATO, F. GALLUCCIO, 1992, Tolfa. Località Riserva del Ferrone: ricerche nella

necropoli etrusca, «Bollettino di Archeologia», 16-18, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, pp. 57-72.

P. BROCATO, F. GALLUCCIO, G.P. ORSINGHER 1992, Tolfa (Roma), in Scavi e Scoperte, «Studi Etruschi», LVIII (1993), pp. 560-563.

G. BRUNETTI NARDI, 1972, Repertorio degli scavi e delle scoperte archeologiche nel-l'Etruria meridionale. II (1966-1970), Comitato per le Attività Archeologiche nella Tuscia, Roma.

G. BRUNETTI NARDI, 1981, Repertorio degli scavi e delle scoperte archeologiche nel-l'Etruria meridionale. III (1971-1975), Comitato per le Attività Archeologiche nella tuscia, Roma.

F. BULGARELLI, D. MAESTRI, V. PETRIZZI, 1977, Tolfa etrusca e la necropoli di Pian Conserva, (Quaderni del GAR, 13), Roma.

S. COCCIA, R.L. DE PALMA, G.M. DI NOCERA, P. FELICIATI, G. GAZZETTI, S.MAMMINI, A. NASO, M. RENDELI, A. ZIFFERERO, 1985, Il progetto Monti della Tolfa-Valle del Mignone: una ricerca topografica nel Lazio settentrionale, «Archeologia Medievale», XII, pp. 517-534.

G. COLONNA, 1963, Prima ricognizione dell'entroterra pyrgense, con particolare riguardo al problema delle tombe di Pian Sultano, «Studi Etruschi», XXXI, pp.149-167.

G. COLONNA, 1968, Caere, in Rivista di Epigrafia Etrusca, «Studi Etruschi», XXXVI, pp.265-271.

G. COLONNA, 1973, Pyrgi, in Scavi e Scoperte, «Studi Etruschi», XLI, pp. 547-548. G. COLONNA,1985, Un iscrizione paleolitalica dall'agro tolfetano, «Studi Etruschi», LI, pp.

573-590. G. COLONNA, F.-W. VON HASE, 1984 Alle origini della statuaria etrusca: la tomba delle

Statue presso Ceri, «Studi Etruschi», LII (1986), pp.13-59. D. COLUCCI, S. SABATINI, 1996, La necropoli etrusca della Riserva del Ferrone (Roma),

«Archeologia Uomo Territorio», 15, 1996, pp.23-37.

26

L. CONTOLI G. LOMBARDI, F. SPADA, 1980, Piano per un parco naturale nel territorio di Allumiere e Tolfa (Lazio), Istituto Poligrafico dello Stato, Roma.

T. DEBERNARDI, A. ZIFFERERO, 1992, Allumiere (Roma), loc. Macchia di Freddara, in Scavi e Scoperte, «Studi Etruschi», LVIII (1993), Dp. 479-480.

C. DEHL, 1984, Die korinthische Keramik des 8. und fruher 7. Jabrbunderts v. Chr. in Italien. Untersuchungen zu ibrer Chronologie und Ausbreitung, AM, Beiheft 11.

M.A. DEL CHIARO, 1961, Saggio di esplorazione archeologica del territorio di Tolfa e Allumiere (Provincia di Roma), «Rendiconti dell'Accademia dei Lincei», XVI, pp.108-116.

M.A. DEL CHIARO, 1962, An Archaeological-Topographical Study of the Tolfa-Allumiere District: Preliminary Report, «American Journal of Archaeology», 66, pp.49-55.[248]

V. D’ERCOLE, l993, Tolfa, loc. Tolfaccia (Prov. di Roma), «Rivista di Scienze Preisto­riche», XLV (1995), p. 291.

F. DI GENNARO, 1972, Necropoli della Tolfa, “Archeologia” 3, (nuova serie), pp. 28-30. R. DIK, 1978, Some Observations on two Closely Related Groups of Etruscan Painted

Amphorae from Caere, «Archaeologica Traiectina», 13, pp. 21-44. R. DIK, 1981, Un'anfora orientalizzante etrusca nel museo Allard Pierson, «BABesch», 56,

pp. 45-74. F. ENEI, 1998, La necropoli etrusca di Pian Sultano (Tolfa): nuove scoperte ed acquisizioni,

«Quaderni del Museo Civico di Tolfa», 1, pp. 179-193. P. FAZZINI, R. GELMINI, M.P. MANTOVANI, M. PELLEGRINI, 1972, Geologia dei

Monti della Tolfa (Lazio settentrionale; province di Viterbo e Roma), «Memorie Società Geologica Italiana», XI, 1, pp. 65-144.

M.A. FUGAZZOLA, A. DELPINO, 1982, La preistoria e la protostoria nell'Etruria meridio­nale: nota preliminare su alcune scoperte degli ultimi anni, in Archeologia nella Tuscia, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma, pp. 76-94.

F. GALLUCCIO, 1998a, Nuovi rinvenimenti nell'abitato etrusco di Piana di Stigliano, «Quaderni del Museo Civico di Tolfa» 1, pp. 133-156.

F. GALLUCCIO, 1998b, Sculture funerarie etrusche a Pian della Conserva, «Quaderni del Museo Civico di Tolfa» 1, pp. 195-207.

G. GAZZETTI, A. ZIFFERERO (edd.), 1990, Progetto Monti della Tolfa -Valle del Mignone: Secondo rapporto di attività (1985-1989), “Archeologia Medievale”, 17, pp. 435-476.

A. GUIDI, F. BISTOLFI, A. ZIFFERERO, O. COLAZINGARI, M.T. FULGENZI, A.ARNOLDUS HUYZENVELD, M. RUFFO, 1996, Cures Sabini: lo scavo, le strutture, la cultura materiale, le attività economiche, in Identità e Civiltà dei Sabini (Atti del XVIII Convegno di Studi Etruschi e Italici), L.S. Olschki Editore, Firenze, pp. 143-204.

C. IAIA, A. MANDOLESI, 1993, Topografia dell'insediamento dell'VIII secolo a.C. in Etruria meridionale, «Journal of Ancient Topography», III, pp. 17-48.

S. JUDSON, P. HEMPHILL, 1981, Sizes of Settlements in Southern Etruria. 6th-Sth Centuries B.C., «Studi Etruschi», XLIX, pp. 193-202.

A. KLITSCHE DE LA GRANGE, 1891, Tolfa, in Notizie Scavi di Antichità, pp. 28-29. S.S. LEACH, 1987, Subgeometric Pottery from Southern Etruria, P. Astroms Forlag,

Goteborg. A. MAFFEI, F. NASTASI (edd.),1990, Caere e il suo territorio. Da Agylla a Centumcellae,

Istituto Poligrafico dello Stato, Roma. M. MARTELLI, 1989, La ceramica greca in Etruria: problemi e prospettive di ricerca, in

Atti II Congresso Internazionale Etrusco, 11, Roma, pp. 781 -811. M. MICOZZI, 1994, "White-on-red". Una produzione vascolare dell'orientalizzante etrusco,

Gruppo Editoriale Internazionale, Roma. A. NASO, 1990, Osservazioni sullo sviluppo topografico e sulla periodizzazione della

necropoli etrusca di Pian della Conserva, in MAFFEI, NASTASI, 1990, pp. 83-92. A. NASO, 1993, Scavi sui Monti della Tolfa nel secolo XIX: documenti e materiali,

«Archeologia Classica», 45, 1, pp. 55-117.

27

A. NASO, 1996, Osservazioni sull'origine dei tumuli monumentali nell'Italia centrale, «Opuscula Romana», XX, pp. 69-85.

A. NASO, 1998, I tumuli monumentali in Etruria Meridionale: caratteri propri e possibili ascendenze orientali, in Archaologische Untersuchungen zu den Beziehungen zwischen Altitalien und der zone nordwarts der Alpen wahrend der fruhen Eisenzeit Alteuropas, Universitatsverlag Regensburg Gmbh, pp. 117-157.

A. NASO, M. RENDELI, A. ZIFFERERO, 1989, Note sul popolamento e sull’ economia etrusca in due zone campione degli entroterra vulcente e ceretano, in Atti II Congresso Internazionale Etrusco, I, Roma, pp. 537-572.[249]

C.E. OSTENBERG, 1969, San Giovenale I, 7. The Necropolis at Castellina Camerata, AIRRS, 26, 1, 7, Stockholm.

L. PARETI, 1947, La tomba Regolini-Galassi del Museo Gregoriano Etrusco e la civiltà dell'Italia centrale nel sec. VII a.C., Città del Vaticano.

F. PARISE BADONI (ed.), 2000, Ceramiche d'impasto dell'età orientalizzante in Italia. Dizionario terminologico, Fratelli Palombi Editori, Roma.

C. PERSIANI, 1992, Presenze preistoriche sui Monti della Tolfa appendice a M.A. FUGAZZOLA DELPINO, Note di topografia preistorica, «Bullettino di Paletnologia Italiana», (n. s.) 83, pp. 279-322.

C.V. PETRIZZI, 1990, La diffusione delle tombe costruite sui Monti della Tolfa, in MAFFEI, NASTASI (edd.) 1990, pp. 76-82.

I. POHL,1981, San Giovenale II, 4. The Semi-Subterranean Building in Area B, AIRRS, 26, 2, 4, Stockholm, pp. 19-84.

S.M. PUGLISI, 1954, Civiltà appenninica e sepolcri di tipo dolmenico a Pian Sultano (S. Severa), «Rivista di Antropologia», XLI, pp. 3-33.

S.M. PUGLISI, 1956, I "dolmen" con muri a secco di Pian Sultano. Nuovi scavi e precisazioni, «Bullettino di Paletnologia Italiana», 65, 1, pD. 157-174.

T.R. RASMUSSEN, 1979, Bucchero Pottery from Southern Etruria, Cambridge University Press.

M. RENDELI, 1993, Città aperte. Ambiente e paesaggio rurale organizzato nell'Etruria meridionale costiera durante l'età orientalizzante e arcaica, Gruppo Editoriale Internazionale, Roma.

M. RENDELI, 1996, La necropoli del Ferrone, G. Bretschneider Editore, Roma. M.A. RIZZO, 1989, Ceramica etrusco-geometrica da Caere, «Miscellanea Ceretana», I

(QuadAEI, 17), Roma, pp. 9-39. J.G. SGILAGY, 1992, Ceramica etrusco-corinzia figurata. Parte I. 630-580 a.C., L.S.

Olschki Editore, Firenze. O. TOTI, 1967, Allumiere e il suo territorio, Comitato per le Attività Archeologiche nella

Tuscia, Roma. O. TOTI, 1969, La civilizzazione etrusca nel territorio di Allumiere alla luce delle più recenti

scoperte, in Hommages à Marcel Renard (Collection Latomus 103), 3, pp. 563-578. A. ZIFFERERO,1980, L’abitato etrusco di Piana di Stigliano (Quaderni del GAR, 14),

Roma. A. ZIFFERERO, 1985, Nuove presenze etrusche e romane a Poggio S. Pietro (Tolfa):

osservazioni preliminari, «Ricognizioni Archeologiche», 1, pp. 21-31. A. ZIFFERERO, 1990, Città e campagna in Etruria meridionale: indagine nell'entroterra di

Caere, in MAFFEI, NASTASI (edd.) 1990, pp. 60-70. A. ZIFFERERO, 1991a, Miniere e metallurgia estrattiva in Etruria meridionale: per una

lettura critica di alcuni dati archeologici e minerari, «Studi Etruschi», LVII, pp. 201-241. A. ZIFFERERO, 1991b, Forme di possesso della terra e tumuli orientalizzanti nell'Italia

centrale tirrenica, in The Archaeology of Power 1. (Fourth Conference of Italian Archaeology), London, pp. 107-134.

28

A. ZIFFERERO, 1992, Canale Monterano (Roma), in Scavi e Scoperte, «Studi Etruschi», LVIII (1993), pp. 499-501.

A. ZIFFERERO, 1995a, Bandita Grande (Allumiere), in Scavi e Scoperte, «Studi Etruschi», LXI (1996), pp. 425-426.

A. ZIFFERERO, 1995b, Pian Conserva (Tolfa), in Scavi e Scoperte, «Studi Etruschi», LXI (1996), pp. 456-459.

A. ZIFFERERO, 1995c, Economia, divinità e frontiera: sul ruolo di alcuni santuari di confine in Etruria meridionale, «Ostraka», 2, pp. 333-350.

A. ZIFFERERO, in prep., L'abitato etrusco della Piana di Stigliano (Canale Monterano, Roma): saggio di classificazione tipologica della ceramica d'impasto.[250]

29