APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI...

10
VINCENZO ABBATE APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI N on deve meravigliare se su ll a scia della notizia di una cospicua presenza di opere di Mattia Preti in Sicili a, Lione Pascoli potesse affermare tranquillamente, nella "vita " del pittore, che questi " ... partito (da Napoli) per la patria, dove non so quanto si trattenesse, se ne andò in Sicilia e lavorò in molte di quelle chiese, case e palagj ,.'> La conoscenza di dipinti pretiani esistenti, oltre che in chiese dell 'isola, presso 1a nobiltt! siciliana (" ... anne il ricevitor Minutoli, il Commendator Stagno, iJ Commen · dator Calvario, ed iJ marchese Gregorj. Ne ha il principe della Scaletta, il duca di Collereale, e quello della Sa- ponara ... ,), la notizia, sia pur dubbiosa, di impegni contratti dal pittore a Palermo, a ndati in fumo - sempre a detta del Pascoli - per le brighe del Gran Maestro dell 'Ordi ne Gerosolimitano, che lo volle ad ogni costo a Ma lta, non avrebbero potuto far pensare altrimenti. A parte possibili soste più o meno brevi, che senz'altro dovettero esserci, mancano in realtà gli appigli per ip tizzare un soggiorno continuato ed operoso del Preti in Sicilia: al riguardo non esiste, almeno sino ad oggi, alcuna prova do cumentar ia e neppure un larvato accenno nell a biog rafia del De Domini ci, che ce rtamente nei fatti della vita del Preti, per ovvi motivi, dovette essere ben più addentro di qualsiasi altro. Il biografo napoletano infatti nelle sue ri ghe con mo lta parsimonia e cautela si limita a dire che " per la Sicilia fece molte opere a vari Signori, e fece un quadro nella Chiesa di S. Gio. nella città di Messina, ed al tr i quad ri a ll a città di Paler mo ,. 2 > Di conseguenza mi pare che si debba parlare non tanto di una produzione siciliana del Preti, quanto di una pro- d uzione del Preti per la Sicilia, da collocare in pieno pe- riodo maltese e della quale però non fanno a.ssolutamente parte le opere del pittore più largamente note agli stu · diosi e conservate nei p ri ncipa li musei I dipi nt i destinati a chiese o a privati siciliani sono rimast i completamente sconosciuti o quasi, ridotti come sono a pochissime unità e ubicati a volta io posti del tutto estranea ai consueti itinerari isolani. Non c'è dubbio, però, che essi, stando a quanto dicono le fonti, dovettero nell'assieme costituire un numero cospicuo; n umero che in realtà non meraviglia più, data l'e norme produzione pittorica del Preti che ancora continua a venir fuori da og ni parte e che lo pone a ll o stesso piano dell'altro grande suo contemporaneo che fu L uca Giordano. I rapporti del Preti con l'isola, per venire subito al nocciolo della questione, si muovono lungo una direttrice ben precisa che fa capo al Sovrano Ordine di Malta; ad esso, com'è noto, si lega la vi ta e gran parte della pro - duzione de ll 'artista divenuto cavaliere nel 1642 e pittore ufficiale dell'Ordine almeno dal t66I, anno in cui si trasferisce definitivamente a Malta per morirvi nel r6gg.4l Storicamente si inquadrano nella grande Sicilia spa- gnola, magniloquente, ricca di pompe e cerimonialità, ma in realtà decadente, logorata com'è dalle epidemie e dall e carestie, scossa da ll e rivolte popolari di metà secolo e da ll e rivendicaziom autonomistiche. I cana li attraverso i quali passano in gran parte le com- messe siciliane del cavalier calabrese trovano in parti- colare un punto fermo nella città di Messina, sede del Gran Priorato di San Giovanni di Malta che, secondo u na notevolissima organizzazione territoriale, nell 'ambito dell a Lingua d'Italia, att raverso il giro capillare di com- mende e baliaggi, curava nell 'isola gli int eressi del- l' Ordine,sl tradizionale a ll eato de ll a nonché di quel Don Antonio Ru ffo dell a Scaletta, ' padrone osser- vantissimo , e mecenate per eccellenza del Preti (fig. 8). I legami di casa Ruffo con l'O rdine di Malta dovevano essere in quei tempi molto più stretti d i quanto non sembra : un ramo della casata deteneva infatti il Baliaggio della Bagnara, ossia lo ius-pat ro natus della Commenda di San Giova nni Battista della Bagnara.6l Antonio Ruff o, originario della Calabria, ultimo figlio di Don Carlo Ruffo e Spinelli, duca di Bagnara, sin dall'arrivo a Mes- sina, dove s'era stabilito con la madre nel son tuoso pa· lazzo a ppositamente f atto costruire nella strada Emmnuela, aveva o ttenuto la gabella del bi scotto, ossia l'appalto della fornitura del biscotto specialmente per le galee de ll ' Ordine dei Cavalieri di Malta nonché quello della fornitura di legname per la costruzione e riparazione delle navi dell'Armata Reale e della flotta dell'Ordine di Malta. Tali prerogative assieme alla gabella parimenti detenuta sui frumenti, le farine, la seta, la neve, ai proventi rica- vati dal traffico dei suoi bastimenti col commercio della seta, del legname, lardo, carne salata e formaggi di Calbria, fa cevano del Ruffo il maggior rapprese nt ante di quella aristocrazia mercantile che - nell'attivissimo centro commer ciale quale fu la Messina del '6oo - appoggiata da un ceto medio di produttori, sosteneva i pnvilegi municipali contro la tendenza imperante dei vicerè st' agnoti di limitare il potere del Senato messinese e q uinda le " liber tà, ci ttadine. L'ammissione al patriziato della " Mastra Nobile, messinese, tramite il matrimonio con una nobile del luogo, Donna Alfonsina Gorho, gli aveva permesso inoltre dì essere el etto nel 1645 tra i senatori nobili della c itt à e quindi militare nella politica attiva.?> Le cari che pubbliche ricoperte nei vari anni non gli impedirono però - da lungimirante mecenate e uomo di grande gusto qual' era - di iniziare nel frattempo, e precisamente dal 1646, la raccolta di opere di artisti contemporanei per la sua quadreria e intra ttenere rap· porti epistolari coi migliori pittori italiani e stranieri dell'epoca. Proprio per questo suo ampio respiro, la il cui incremento continuo assorbì i maggiori anteressi del Ruffo dot'o il ritiro dalla politica attiva, avvenuto - come si dirà - dopo il r66t , rappresentò " un'isola chiusa, una cittade ll a della c ultura europea nell'acqua morta del senescente impero spagnolo ,. 8 ) I ten tativi comunque di aprire le porte di questa citta· della ci furono da parte di Don Antonio, sopratt utto quando rivestendo la carica di senatore si adoperò per fare avere in Messina pubbliche commesse al Guercmo e al Preti. Il Cavaliere calabrese, a quanto pare, doveva già conosciuto dal Ruffo ancor prima del r66o, anno in cua inizia il sistematico rapporto epistolare tendente a pro· curargli degli incaricha in Si ci lia.ol Che poi tale cono ·

Transcript of APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI...

Page 1: APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI N on deve meravigliare se sulla scia della notizia di una cospicua presenza

VINCENZO ABBATE

APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI

N on deve meravigliare se sulla scia della notizia di una cospicua presenza di opere di Mattia Preti in

Sicilia, Lione Pascoli potesse affermare tranquillamente, nella "vita " del pittore, che questi " ... partito (da Napoli) per la patria, dove non so quanto si trattenesse, se ne andò in Sicilia e lavorò in molte di quelle chiese, case e palagj ,.'>

La conoscenza di dipinti pretiani esistenti, oltre che in chiese dell'isola, presso 1a nobiltt! siciliana (" ... anne il ricevitor Minutoli, il Commendator Stagno, iJ Commen· dator Calvario, ed iJ marchese Gregorj. Ne ha il principe della Scaletta, il duca di Collereale, e quello della Sa­ponara ... ,), la notizia, sia pur dubbiosa, di impegni contratti dal pittore a Palermo, andati in fumo - sempre a detta del Pascoli - per le brighe del Gran Maestro dell'Ordine Gerosolimitano, che lo volle ad ogni costo a Malta, non avrebbero potuto far pensare altrimenti.

A parte possibili soste più o meno brevi, che senz'altro dovettero esserci, man cano in realtà gli appigli per ipo· tizzare un soggiorno continuato ed operoso del Preti in Sicilia: al riguardo non esiste, a lmeno sino ad oggi, alcuna prova documentaria e neppure un larvato accenno nella biografia del De Dominici, che certamente nei fatti della vita del Preti, per ovvi motivi, dovette essere ben più addentro di qualsiasi altro. Il biografo napoletano infatti nelle sue righe con molta parsimonia e cautela si limita a dire che " per la Sicilia fece molte opere a vari Signori, e fece un quadro nella Chiesa di S. Gio. nella città di Messina, ed altri quadri alla città di Palermo ,.2>

Di conseguenza mi pare che si debba parlare non tanto di una produzione siciliana del Preti, quanto di una pro­duzione del Preti per la Sicilia, da collocare in pieno pe­riodo maltese e della quale però non fanno a.ssolutamente parte le opere del pittore più largamente note agli stu· diosi e conservate nei principali musei dell'Isola.~>

I dipinti destinati a chiese o a privati siciliani sono rimasti completamente sconosciuti o quasi, ridotti come sono a pochissime unità e ubicati a volta io posti del tutto estranea ai consueti itinerari isolani. Non c'è dubbio, però, che essi, stando a quanto dicono le fonti, dovettero nell'assieme costituire un numero cospicuo; numero che in realtà non meraviglia più, data l'enorme produzione pittorica del Preti che ancora continua a venir fuori da ogni parte e che lo pone allo stesso piano dell'altro grande suo contemporaneo che fu L uca Giordano.

I rapporti del Preti con l'isola, per venire subito al nocciolo della questione, si muovono lungo una direttrice ben precisa che fa capo al Sovrano Ordine di Malta; ad esso, com'è noto, si lega la vi ta e gran parte della pro­duzione dell'artista divenuto cavaliere nel 1642 e pittore ufficiale dell'Ordine almeno dal t66I, anno in cui si trasferisce definitivamente a M alta per morirvi nel r6gg.4l

Storicamente si inquadrano nella grande Sicilia spa­gnola, magniloquente, ricca di pompe e cerimonialità, ma in realtà decadente, logorata com'è dalle epidemie e dalle carestie, scossa dalle ~randi rivolte popolari di metà secolo e dalle rivendicaziom autonomistiche.

I canali attraverso i quali passano in gran parte le com­messe siciliane del cavalier calabrese trovano in parti-

colare un punto fermo nella città di Messina, sede del Gran Priorato di San Giovanni di Malta che, secondo una notevolissima organizzazione territoriale, nell 'ambito della Lingua d'Italia, attraverso il giro capillare di com­mende e baliaggi, curava nell 'isola gli interessi del­l'Ordine,sl tradizionale alleato della Spa~na, nonché di quel Don Antonio Ruffo della Scaletta, ' padrone osser­vantissimo , e mecenate per eccellenza del Preti (fig. 8).

I legami di casa Ruffo con l'Ordine di Malta dovevano essere in quei tempi molto più stretti d i quanto non sembra : un ramo della casata deteneva infatti il Baliaggio della Bagnara, ossia lo ius-patronatus della Commenda di San Giovanni Battista della Bagnara.6l Antonio Ruffo, originario della Calabria, ultimo figlio di Don Carlo Ruffo e Spinelli, duca di Bagnara, sin dall'arrivo a Mes­sina, dove s'era stabilito con la madre nel sontuoso pa· lazzo appositamente fatto costruire nella strada Emma· nuela, aveva ottenuto la gabella del biscotto, ossia l'appalto della fornitura del biscotto specialmente per le galee dell'Ordine dei Cavalieri d i Malta nonché quello della fornitura di legname per la costruzione e riparazione delle navi dell'Armata Reale e della f lotta dell'Ordine di Malta. Tali prerogative assieme alla gabella parimenti detenuta sui frumenti, le farine, la seta, la neve, ai proventi rica­vati dal traffico dei suoi bastimenti col commercio della seta, del legname, lardo, carne salata e formaggi di Cala· bria, facevano del Ruffo il maggior rappresentante di quella aristocrazia mercantile che - nell'attivissimo centro commerciale quale fu la Messina del '6oo -appoggiata da un ceto medio di produttori, sosteneva i pnvilegi municipali contro la tendenza imperante dei vicerè st'agnoti di limitare il potere del Senato messinese e q uinda le " libertà, cittadine.

L'ammissione al patriziato della " Mastra Nobile, messinese, tramite il matrimonio con una nobile del luogo, Donna Alfonsina Gorho, gli aveva permesso inoltre dì essere eletto nel 1645 tra i senatori nobili della città e quindi militare nella politica attiva.?>

Le cariche pubbliche ricoperte nei vari anni non gli impedirono però - da lungimirante mecenate e uomo di grande gusto qual' era - di iniziare nel frattempo, e precisamente dal 1646, la raccolta di opere di artisti contemporanei per la sua quadreria e intrattenere rap· porti epistolari coi migliori pittori italiani e stranieri dell'epoca .. Proprio per questo suo ampio respiro, la ~aUeria, il cui incremento continuo assorbì i maggiori anteressi del Ruffo dot'o il ritiro dalla politica attiva, avvenuto - come si dirà - dopo il r66t, rappresentò " un' isola chiusa, una cittadella della cultura europea nell'acqua morta del senescente impero spagnolo ,.8) I tentativi comunque di aprire le porte di questa citta· della ci furono da parte di Don Antonio, soprattutto quando rivestendo la carica di senatore si adoperò per fare avere in Messina pubbliche commesse al Guercmo e al Preti.

Il Cavaliere calabrese, a quanto pare, doveva già esser~ conosciuto dal Ruffo ancor prima del r66o, anno in cua inizia il sistematico rapporto epistolare tendente a pro· curargli degli incaricha in Sicilia.ol Che poi tale cono·

Page 2: APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI N on deve meravigliare se sulla scia della notizia di una cospicua presenza

scenza fosse avvenuta tramite i can01li dell'Ordine di Malta, di cui già il Preti faceva parte, non è detto, ma può essere un'ipotesi plausibile dato che uno degli incaricati del Ruffo per l'acquisto a Napoli e a Malta di opere destinate alb costituenda quadreria era Don Fabrizio Ruffo, parente di Don Antonio, Bali di Gran Croce dell'Ordine di Malta e Priore della Bagnara. E proprio da Napoli infatti arrivava la prima lettera del pittore (12 giugno 166o) relativa a commesse siciliane.

Per sorte avversa nessuna delle grandi imprese decora­tive del Preti a Messina andò in porto, nonostante l'ampia disponibilità del pittore " per fare che anche in Sictlia ci sieno opere mie à fresco ... mentre per tutta Italia ne ho fatte, (lettera del 12 giugno 166o), •o> e l'appoggio del Ruffo in seno al Senato messinese. In realtà, per quanto riguarda gli affreschi da eseguirsi in Duomo, la pretesa di un pagamento di 100 scudi a figura (pur tenendo presente che altrettanti ne prendeva il Lanfran ­co, mentre il Domenichino addinttura '' d alli Signori del T esoro di Napoli , s'era . fatto dare 130 ducati a figura), ponteggi, opera e ca.lce a parte, dovette sco­raggiare non poco i senatori messinest. Ma a quanto pare il discorso dovette andare avanti se in una lettera del 1° gennaio 1661, inviata da Roma, il pittore diceva di aver ricevuto il 27 dicembre 166o, assieme ad una lettera del Ruffo, iJ modello deH'ambiente in cui si sarebbe dovuto dipingere.

Ma quando il Preti, che già da tempo in proposito do­veva avere bene in mente" la vageza della composirione ", scrisse iJ 13 marzo del 1661 da Roma scusandosi di non avere potuto mandare prima i disegni per via degli im­pegni tmpellenti a San t Andrea della Valle e promettendo

66

l - CATANTA, MUSEO DI CASTELLO URS!NO M. PRETI: SAN LUCA PITTORE

di inviarli quanto prima, il povero Don Antonio aveva ben altro cw pensare. Per aver sostenuto come senatore e Regio Segreto di Messina i privilegi della città contro la Spagna, era stato messo al bando il 5 marzo di quell'anno dal vicerè AyaJa, e proprio in quei giorni rasentava addi­rittura la confisca di tutti i beni, che poi scampò mira ­colosamente grazie al regio decreto del 5 ottobre x662 che confermò i privilegi della città. Fu quella però una scottatura che non solo mandò in fumo l'opera in Duomo ma segnò il ritiro dalla vita politica e la" completa consa­crazione all'arte e al mecenatismo: un'es.perienza che, se indice di certa politica spagnola nei riguardi del ceto nobile isolano, nesce sufficientemente a spiegare l'atteg­giamento tenuto più in là dal Ruffo nella rivolta antispa­gnola di Messin:~ del 1674-78.

Come questa, sempre a Messina, fallirono le imprese decorative in un salone del palazzo di citt.ì ( 1663) e nella chiesa dei Gesuiti (r667), pure caldeggiate dal Ruffo.nl

Nel giro di questi anni il Preti, che intanto quale esperto e connoisseur, in un rapporto di grande attacca­mento personale devoto e sincero, era diventato l'a~ente del Ruffo in Malta per l'acquisto di dipinti di p1ttori famosi destinati aJla Galleria (tra le altre cose il Ruffo chiedeva espressamente (lettera del 23 apriJe x66g) opere del Caravaggio che, a parer suo, a M alta si sarebbero potute trovare con ma~giore facilità), mandav:~ in cas:~ di Don Antonio, quah " tribbuto del mio debbito , in segno di riconoscenza per la protezione, i regali, le pensioni ricevute, alcuni suoi dipinti da Malta.

Nel novembre 1662- già preannunziato in una lettera del 18 settembre r661 che accompagnava " un pezzo di quadro con una meza figura che anche lega il torbante in testa come l'altre due che tiene assai belle ,•:al -arri­vava infatti il ' Dionisio Seragoseno maestro di scola ' che nella quadreria andava ad aggiungersi agli altri due dipinti del c.1Labrese, ivi ~ii\ pervenuti per altra via, cioè la ' Soffonisba che piglia il veleno con 4 altre mezze figure ' e una ' Storia di Rachele a mezz.a figura • .131

Nel x66g, invece, come si evince dalla lettera del 10

marzo, veniva inviato il 1 San Luca sopra il bove che sta pintando la Madonna' (fig. x), - l'unic.1 opera del Preti per la Galleria og~i nota - testimonianza coi suoi toni c.1ldi, bruno-ocratl, stemperati e fumosi, " della ripresa della attenzione per la pittura veneta mentre si riduce la tensione d'origine caravaggesca ,.'4)

Collateralmente alle pur fallite commesse tramite il Ruffo, in un lasso di tempo che corre tra il 166o ed il 1674 - proprio gli anni che vedono a Messina la diffusione del culto della '' Madonna della L ettera , , patrona della città, la cui particolare devozione assume un preciso signi­ficato di identità civile e politica, tendenzialmente e con­sapevolmente '' repubblicana , , per il popolo messinese e si esemplifica nell'arrivo della tela del Preti con ' L' Am­basceria alla Vergine 1 per l'Oratorio di San Giovanni Decollato (fif 2) •si - prendevano sempre più corpo i lavori che gh venivano commissionati per la Sicilia dal Gran Prioraro di Messina, nel momento in cui nella carica di Gran Maestro si succedevano a Malta i due Cotoner, Rafael (x66o-x663) e Nicolas (1663-80) (fig. g), che ormai del Preti facevano il pittore ufficiale delJ'Ordine.

La collocazione - presurnibiJmente negli anni '6o -nella Chiesa Priorale di San Giovanni a Messina di una pala d'altare del pittore calabrese raffigurante il gesuita 1 San Francesco Saverio ' (Pascoli), inviata da Malta, era d'altronde indice di una politica di avvicinamento da parte della Sacra Religione Gerosolimitana alla Compa-

Page 3: APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI N on deve meravigliare se sulla scia della notizia di una cospicua presenza

::! - MESSINA, MUSEO REGIONALE - M. PRETI E AIUTI: AMBASCERIA ALLA VI!RCINE

Page 4: APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI N on deve meravigliare se sulla scia della notizia di una cospicua presenza

gnia di Gesù, che - iniziata nel 1658 dal Gran Maestro De Redin, quando tramite i Gesuiti di Napoli si faceva inviare per la Cappella di Aragona in San Giovanni a Malta il 'San F rancesco Saverio ' di Mattia Preti e intrat­teneva rapporti epistolari col Generale della Compagnia per ricevere reliquie di quel Santo •6> - toccava punte significative nella scelta dello stesso artista, tramite il Ruffo e i Gesuiti di Malta affiliati alla Provincia Sicula S.J., per la decorazione della volta della Chiesa di San Nicolò dei Genti luomini, annessa alla Casa Professa messinese, poi non andata in porto come s'è detto.

Tramite il Gran Priorato dovettero ~iungere in Sicilia i dipinti pretiani ricordati dal Pascoli per il ricevitor Minutoli, il commendatore Stagno, il Commendator Calvario, il marchese Gregorio, appartenenti tutti a famiglie nobili messinesi, a volte già possessori di gallerie private e di per sé legati in certo qual modo con la Re­ligione di Malta:•7l i titoli di " ricevitore , e "commen­datore , indicano infatti una carica ben precisa rivestita in seno all'Ordine.

Sempre tramite il Gran Priorato dovettero pervenire dipinti per alcune chiese di commende siciliane, quali le pale con i ' Santi Giuliano e Giovanni Battista ' per la Chiesa di Santa Maria dell'Itria a Ragusa, opera in gran parte di bottega, e quella con la ' Predica del Battista ' (fig. 3 e TAv. t) per la chiesa palermitana di San Gio­vanni alla Guilla. •8)

La paternità pretiana della inedita tela palermitana, verso cui m'ero già orientato in fase di restauro e che oggi conferma le asserzioni del Pascoli e del De Dominici circa gli impegni del pittore con la citt.ì di Palermo, trovò la piena convalida nella ricerca d'archivio che nel frattempo affiancavo alla direzione dell'intervento. I n­fatti nel vari " cabrei , della Chiesa di San Giovanni alla Guilla- ossia in quelle descrizioni a carattere giuridico e legale dei beni posseduti dalle varie commende, stilate in ge.nere ogni venticinque anni dai commendatori - con­sultati presso l'Archivio di Stato di Palermo, in seno alla descriz1one dettagliata della chiesa trovai specificamente citato l'altare ma~giore " con suo cap,Pellone, nel quale vi è il quadro d1 San Giovanni predtcante nel diserto, opera del Cavalier Mattias, ... adornato con cornice di legno indorato ingastata in una gran cornice di stucco bianco Il' •9>

Certamente il dipinto, venuto com'era da fuori, do­vette essere tenuto in gran conto (forse per devozione verso il Battista patrono dell'Ordine melitense e titolare della Chiesa, forse per la nobile paternità, o magari per quello che era costato) se il commendatore Fra D. O ttavio Emmanuele Scarampi D el Cairo intorno al 1723 si affrettava a spendere " di suoi propri danari ... onza una e tarì dieci per compra d 'un velo di tela bianca fine con sua frinza di filo bianco, cordicella, ferro, orecchini e anellucci per conservazione del quadro di S. Giovanni riparo per la polvere ,.20>

Per quanto riguarda in particolare le fi la storiche che portarono il dipinto a Palermo, non è difficile imma­ginarsele.

Nel 1669 la Chiesa di San Giovanni alla Guma veniva " riedificata dà fondamenti ,, ad opera del " Commen­dator Fra D. Giovanni T arascon Piacentino ,. Tale data, confermata da altre fonti settecentesche siciliane, è abbastanza attendibile in quanto ci viene tramandata dal Castellucci che pubblica il suo Giornale Sacro nel x68o, a soli undici anni, quindi, di distanza.:ar) Era questo oltretutto il periodo più florido per la commenda paler­mitana grazie alle sue rendite molto alte, inferiori sol-

68

tanto a 9.uelle del G ran Priorato di Messina, della Com­menda d1 Polizzi e della Commenda di San Giovanni di Rodi a Marsala.

Solo nell'ambito di questo rinnovamento totale va vista la commissione del dipinto per l'altare maggiore della nuova chiesa: commissione caldeggiata e vagliata dal Gran Priorato di Messina, dal quale dipendeva, come si è detto, la commenda palermitana.

In guesti anni fra l'altro si instauravano rapporti stret­tissimt tra il Gran Maestro Nicolas Cotoner e il Gran Priore di Messina Frà Flaminio Balbiano da Chieri (t 65o-1676 ?), il quale proprio nel 1671 mandava a Malta una ingente somma di denaro per la costruzione nel por to di Valletta di un munito baluardo, chiamato poi " La baracca d' I talia ,.221

Per quanto riguarda la scelta del pittore, a parte i citati legami col Coroner, pare che lo stesso Frà Flaminio Balbiano già dal 1660 fosse in rapporto col Preti, aven­dogli commissionato una tela destinata alla Cappella della Madonna del Filermo, all' interno di quella stessa Concattedrale di San Giovanni che di li a qualche anno avrebbe visto l'immensa opera del calabrese; non bisogna dimenticare però i rapporti che dovettero esistere tra il Priore Balbiano, a quet tempi pure Generale delle galee di Malta, e Don Antonio Ruffo, fornitore speciale, come s'è detto, di legname per la costruzione e riparazione delle navi dell'Ordine.

Tenendo conto dell'anno di inizio dei lavori nella chiesa palermitana (166g) e del fatto che la figura del Battista mostra chiare assonanze stilistiche e tipologi­che con il 'San Giovanni Battista,' della Chiesa di San Domenico a Taverna (jigg. 4 e 5) databile verso il r672,23l credo che l'esecuzione della tela di Palermo debba porst verosimilmente tra il x66g e i primissi mi anni del decennio successivo.

Sbizzarrendosi nella sua creazione, il pittore scandisce i piani in sequenza ravvicinata, intesse diagonali, qui, come del resto in altre sue composizioni, puntellate dalle masse delle fi~ure che ai bordi della tela nel breve spazio si fanno architetture. Componente essenziale, anche qui, la luce: quella luce che, direttrice stessa delle diagonali, coi suoi fasci radenti abbarbica le forme dal sotto in sù quasi a volerle tirare fuori dall'ombra, le plasma, mate­rializza le figure e le proietta verso l'alto come in un pro­scenio di palcoscenico.

Alle spalle del dipinto palermitano con la reiterata adozione di modelli e pose ormai convalidate da decenni (la donna col bambino, i due astanti, il vecchio con le gambe accavallate) c'è l'ultimo soggiorno napoletano dell'artista con le reminiscenze del migliore Seicento partenopeo frammiste ad echi bolognesi e guercineschi, 1n una tavolozza intessuta di toni caldi, di predominanti rossastre, con chiare inclinazioni verso la pmura ve.neta, e parimenti - quasi diretta desunzione dal Seicento fiorentino e toscano - giuocata su deliziosi effetti a velatura di luminosità cangiante (certi gialli che sfumano nel rosa, certi accordi verdemare-violetto, che si trovano anche nel Guercino).

Ed il tutto si concretizza in un timbro più vigoroso del colore, in una pennellata più densa e corposa, con esiti paralleli ad opere maltesi press'a poco di questo periodo -quali ad es. 'la Vergine col Bambino e i Santi Pietro, Nicola e Raffaele' di Casal Lija, o la ' Vergine col Bam­bino e i Santi Giovanni Battista e Antonio Abate ' della Cappella di Palazzo Verdala al Rabato (Boschetto), entrambe eseguite per Nicolas Cotoner - o giù di li come la cosidetta ' Cortigiana ' già in Collezione Bolesi,

Page 5: APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI N on deve meravigliare se sulla scia della notizia di una cospicua presenza

3 - PALERMO, SAN GIOVANNI ALLA CUILI.A - M. PRETI: PREDICA DEL BATTISTA

6g

Page 6: APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI N on deve meravigliare se sulla scia della notizia di una cospicua presenza

ora Lemme a Roma, che negli amp1 nsvolù cartacei della veste nprende in modo sorprendente quelli del manto del vecchio a destra nel dipinto palermitano.a.~l

Non mancano in quest'opera parti certamente deboli o quanto meno condotte con certa frettolosità, soprattutto nelle figure laterali (la donna, o il viso del vecchio a sinistra, lo stesso modo andante del fare delle mani, lo stesso imposto un po' forzato se si vuole del vecchio di destra). Non mi meraviglia se, abbozzata l'idea dell'in ­sieme, il Preti avesse lasciato le parti marginali e di minor conto all'esecuzione degli aiuti di cui si avvalse regolar­mente nella fase maltese, riservandosi di intervenire di­rettamente nelle parti principali.

È il caso dello stupendo 'San Giovanni ' (TAV. 1) che, plasmato nella luce, superbo nella sua prorompente vitalità, ripete " l'impostazione plastico-eroica di molti santi delle pale partenopee, (Carandente) fino a trovare calzanti riferimenti nel San Nicasio della pala napoletana di Sant'Agostino degli Sc.1lzi, raffigurante la ' Madonna di Costantinopoli '.asl

Differenti potrebbero sembrare le vie che portarono m Sicilia un'altra bella opera del Preti scarsamente cono­sciuta : la • Llpidazione di Santo Stefano ' della Chiesa del Carmine di Mazzarino (figg. 6 e J:), pervenutaci in pess1me condizioni di conservazione. f Ma trattasi in realtà di semplici apparenze, perché anche questa volta esse si risolvono in seno all'Ordine di Malta.

4- TAVERNA, SAN DOMENICO M. PRETI! SAN GIOVANNI DATTtsTA

(loto Soprintendenza BB. A.A.AS., Cosenza)

Solo che l'opera, g1à erroneamente attribuita a Filippo Paladini 211 e da datare senz'altro dopo il 1675, ebbe una gestazione assai lunga, i cui inizi sono da collegare a fatti connessi con la cospirazione siciliana del 1649 che intese sottrarre la Siciha al dominio spagnolo, per fare dell'isola uno stato indipendente.

Anima della con~iura, accanto all'elemento intellettuale rappresentato dagli avvocati Antonio Lo Giudice e Giu­seppe Pesce, furono non pochi nobW ed ecclesiastici, ~uali Giuseppe Branciforu, conte di Mazzarino, per l appunto, Giuseppe Requesens, fratello del Principe di Pantelleria, il conte Racalmuto del Cerretto, Giuseppe Ventimiglia dei Marchesi di Geraci, un abate Gaetani, il parroco Don Simone Rao e perfino il duca di Montalto di casa Moncada, già presidente del Regno e vicerè spagnolo in Sardegna. In previsione della morte di Fi­lippo IV ritenuta imminente, in mancanza di eredi le­gmimi, si sarebbe proclamato il Moncada re di Sicilia.aBI

Ma il segreto della cospirazione fu svelato all'ultimo momento dal Conte di Mazzarino e dal parroco Rao e la repressione spagnola fu dura: il processo, istruito dal consultore Ronquillo e sono la presidenza del vicerè in carica D. Giovanni d'Austria, portò alla condanna di sei imputati alla pena capitale, fra i quali il Lo Giudice, il Pesce, il conte di Racalmuto e l'abate Gaetani.

Ebbero salva la vita per il perdono concesso a causa delle rivelazioni il parroco Rao e tl conte dt Mazzarino Branciforti che, per sciogliere il voto per lo scampato pericolo, volle successivamente dedicare iJ cappellone e l'altare maggiore della nuova Chiesa del Carmine, che intanto faceva costruire a sue spese, al protomartire Santo Stefano, cui s' era rivolto nel momenro più terribile del pericolo.

In punto di morte, nel suo testamento in data 15 aprile r675, disRose testualmente che entro il termine d1 un anno dali apertura del testamento si portassero a compi­mento i lavori di abbellimento del Venerabile Cappellone, nominato erede di diverse sue sostanze, " ... quanto più sontuoso sia possibile, e spedito ornarlo di un quadro coll'immagine di esso glorioso Santo, di mano di perito dipintore, tutto a spese dell'eredità e dei più vivi effetti di essa ,.29l

Fedeli alle disposizioni testamentarie gli eredi non do­vettero tardare ad ottemperare alla volontà del defunto con l'erigere quello splendido altare marmoreo ricco di statue e farvi collocare più tardi il dipinto di Santo Stefano che dovette essere commissionato al Preti tramite i soliti canali dell'Ordine di Malta.

Ma per quale via 1 Morto il Branciforti senza eredi diretti, i beni, le sostanze, gli immensi feudi passavano al nipote napoletano Carlo Maria Carafa (fig. 10), figlio di Don Fabrizio Carafa, Principe della Roccella, e delJa sorella del Branciforti, Donna Asata; il quale ereditava in tal modo i titoli eminentissimi di Principe di Butera e Grande di Spagna e particolari privilegi come quelli di primo Signore del Regno e capo del braccio militare del Parlamento Siciliano.JOl

Il legame di Casa Carafa con l'Ordine di Malta è noto: come i Ruffo che ebbero lo ius-patronaws della C-ommenda della Bagnara, cosi anche i Carafa detennero il Baliaggio della Roccella, fondato nel r614 da Don Girolamo Carafa, nonno di Carlo Maria, per il fratello Francesco; numerosi membri della famiglia ricoprirono inoltre cariche impor­tanti in seno ali'Ordine.J•l

Ma sin qui nulla di straordinano per quanto riguarda presunti rapporti diretti con il Preti, se D. Carlo Maria non fosse stato nipote di tanto zio: quel Don Gregorio

Page 7: APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI N on deve meravigliare se sulla scia della notizia di una cospicua presenza

5 TAVERNA, SAN DOMENICO M. PRETJ: SAN GIOVANNI BATTISTA. PARTICOLARE CO N L'AUTORITRATTO DEL PITTORE

7I

Page 8: APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI N on deve meravigliare se sulla scia della notizia di una cospicua presenza

6 - MAZZARINO, CHTESA DEL CA..RMlNE ~. PRETI: LAPIDAZlONE DI SANTO STEFANO

Carafa (fig. n) che proprio in quegli anni in qualità di Priore della Roccella teneva rapporti strettissimi con Nicolas Cotooer e che, alla sua morte, doveva succedergli nella carica dj Gran Maestro.

Don Gregorio - che da Gran Maestro diveruva il committente ufficiale del Cavalier Mattias, come dimostra la pala con San Gregorio della chlesa di San Francesco a Valletta, che porta il suo ritratto- doveva già da prima conoscere il Preti, durante i suoi frequenti viaggi a Malta. Ed al Preti certamente dovette pensare come " insigne dipintore,, quando recatosi a Mazzarino per prendere possesso dei beru del Branciforti in nome del nii?ote Carlo Maria, trattenuto da impegru a Napoli, si dtede ad adempiere alle disposizioni del defunto conte.

Infatti dice testualmente l' Aldimari che " nell'aprile del 1676 Don Carlo comunicava aJ Re di Spagna la sua successione al Principato di Butera. In assenza del Signor Principe, ne prese il possesso il Signor Priore deJia Roccella, hoggi Gran Maestro della Sacra Religione Gero­solimitana, che per tre anni lo governò 11 •

Che la committenza al Preti avverusse nell'arco di questi tre anni di rettorato non ci sono dubbi; non si sa invece quando l'opera arrivò a Mnzzal'ino, se prima o dopo il viaggio che Don Carlo Maria fece a Malta (1681) per

72

far visita allo zio nel frattempo divenuto Gran Maestro, per poi recarsi- via Augusta, Messina, Napoli- a Roma a consegnare in qualità di " Ambasciatore straordinario di Sua Maestà Cattolica , la chinea ad Innocenzo XI.~:1l

La pala, con la sua triplice successione di fasce in altezza, si imposta in apparenza secondo canoni che potremmo definire ancora controriformistici. Ma solo m apparenza, perché alla semplice spirale o all'allinea­mento per piani paralleli della composizione tipica dei dipinti di primo Seicento di attardata matrice il Preti contrappone la sua geometria di angoli acuti e ottusi, che procede per " fratture e angolosità" in queste figure che mai si allineano con il piano della tela per porsi, con la loro particolare visione di scorcio e di sghembo, io posa ortogonale rispetto ad esso. Un ammasso di corpi che la luce sbo~a e porta fuori sino a materializzare i gesti dei due forzuti manigoldi di primo piano e a cogliere l'ascesi mistica del Santo nel momento supremo del martirio.

Un'atmosfera drammatica, di inquietudine emana da questi gesti convulsi, da questa calca furibonda, maggior­mente sottolineata dal tono cupo del colore, fortemente brunato, solcato solamente da• bagliori rossastri di un cielo serotino e dalle sferze di luce che qua e là fa risaltare certi incarnati lividi, certi bianchi o il rosso della dalma­tica del Santo.

Neppure la Tri.nità, io alto, con la sua presenza riesce a mitigare la tragicità de1 momento, configurandosi con quel Cristo potente e minaccioso, cosi denso di echi guer­cinesch.i, come supremo tribunale di giustizia.

Il dipinto, che stilisticamente si accosta ad altre opere preriaoe pressappoco di questo periodo quali ad es. il

Martirio di San Pietro Martire ' della Chiesa di San Domenico a Taverna, la • Predica di San Bernardino ' del Duomo di Siena, la ' Lapidazione di Santo Stefano ' di Zurrieq o il • Martirio di Santa Caterina ' del Palazzo Magistrale a Valletta, dovette rispondere pien::tmente nei

7 - MAZZARINO, CHtESA DEL CARMINE M. PRETI; LAPIDAZIONE DI SANTO STEFANO (PARTICOLARE)

Page 9: APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI N on deve meravigliare se sulla scia della notizia di una cospicua presenza

contenuti e nell'impianto a ben prectse scelte della com­mittenza se st pensa al temperamento, alla cultura, alle componenti religiose tipiche det due Carafa, in quel mo­mento storico che, dopo le grandi rivolte di metà secolo e gli ultimi bagliori della rivoluzione messinese del 1678 vedeva la " restaurazione , degli anni 'So: vale a dir~ il ritorno completo alla Spagna, al Santo Uffizio, al devo­ztonismo spinto e all 'ascesi morbosa " che aggredisce il corpo per salvare l'anima , (Giarrizzo) e che si esemplifica nella vita e nell'operato di Carlo Maria Carafa autore, fra l'altro, di particolari trattati quali L' instrutllone Chri­stiana per i Principi lJ Regnanti cavata dalla Scrillura Sacra (1687), o l'Ebdomada Mariana o Il Cammino sicuro del Cielo, che contiene il modo di ben vivere per giungere all'eterno godimento.n>

Era questa la stessa politica religios(l e filospagnola che in quegli stessi anni seguiva l'Ordine dei Cavalieri Ge­rosolimitani di Malta e cbe, per i soli ti motivi di prote­zione, avrebbe finito per coinvol~ere anche il Prett.

Il Preti che, all'iruzio della nvoluzione antispagnola di Messina del '74 a difesa degli antichi privilegi, forte forse della analoga posizione tenuta in quet frangenti dai suoi committenti messinesi, il ceto nobile e il Gran Peio­raro, aveva simpatizzato per i F rancesi del Duca di Vivonne sino a dipingere un ritratto allegorico di Luiçi XIV, proponendosi di farne omaggio al monar~ in vtsta di una potenziale protezione. Ma quando le osti­lità tra Francia e Spagna presero una piega davvero cri­tica e il Gran Maestro Coroner, istigato dalle autorit.1 spagnole, ruppe completamente i rapporti col Gran Prio­rato di Messina, il pittore ben presto si rese conto del­l'lmprudem;a di un simile gesto 10 relazione allasua posi­zione a Malta e pensò di vendere altrove il suo quadro.34l

Un comportamento analogo in definitiva a quello del suo vecchio mecenate siciliano, Don Antonio Ruffo; il quale, pur non condividendo la politica della Spagna, preferì in quei momenti restare neutrale e ritirarsi a Palmi in Calabria, portandosi dietro la sua famosa quadreria.

1) L . PASCOLI, Vile dè Prcum, Scultorr ed Arcluumi moderni, ed. Roma 1736, rist. 311ast. Roma 1933, vol. II, pp. 103-II4, in part. p. 108.

2) B. DE D oM!l'IICI, Vite dtl P1ttori, Scultort ed Archuerti nopole­tom, Napoli, MDCCXLII, Per Fmncesco e Cristoforo Ricctardo

8 - MESSINA, CONFRATERNITA 9 TRAPA.'II, DECLI AZZURRI ANON IMO MUSEO PC:POLI SEC. XVII:

SEC. XVII : RITRATTO RITRATTO DI DON ANTONIO RI1FFO DI NICOLÒ COTONER

s tJmpaton del Real Pala::::o , rist anast., Bologna 1971, vol. Il , pp. 314-388, m part . p. n •·

3) Le opere gtà conservate presso ti veccluo Museo Naztorole e O~tl!i nella Gallena Regtonale dt Palauo Abatellis in Palermo, raffi gurantt • Cnsto e d centunone • (inv. n. 5176, vecchio utv. Museo Naztonale n. 374), · Cns to e la Cananea ' (mv. n . 184, v. t. n. 367), 'Cnsto e l'adultero' (in v. n. 339, v.i. n. 366), 'l quanro Evangelisti • (mv. n. 340, v.i. n . 391) giunsero in Sicilia per dono di Frilncesco l di Borbone. ln realtà provengono tune da Napoli, dove il De Do· minici (op. cit., pp. 373, 374, 339) li vtde rispettivamente m casa de l Due;~ Maddaloru Caraffa, di Don Gabriele Boragine e dt Don Antonio Caputo, presidente della Summaria.

Un altro dipinto auributbile al Preti (comunicazione di T . Ftni­paldi) raffigurante • Abramo t 1 tre Angeli ' (inv. n. 18g) pervenne .11 Museo Nazionale per dono del marchese G.G. li.lus, precenore di Ferdjnando II di Borbone.

Anche 1 dipinti preti311i del Museo Pepoli dt Traparu ~unsero tn Stctlia per aJLre vie: • G tuseppe e la mogJte di Putifarre • (mv. n. 333) fu acquistato a Napoll cbl Gen. G .B. Fardelb, minjstro di Ferdi · nando I e eli Francesco l dJ Borbone, nella t • met:ì deii'Soo e legato poi, JSSieme a tutta 1.1 Sllil qundreria, aJ Museo; J'' Adoraztone det M1g1 • (inv. n. t66), at tri buito a Scuola di M . Preu, fu invece acqui­s tuttl dal com e A. Pepoh che nel 1908 fondò il Museo trapanese. (Cfr.: V. Scl1DER1, l/ Museo Na::1onnle Pepoli in Trapani, Roma 1965, pp. 1:1 e ;15, fig. 32). Nello stesso Museo si conserva pure un ' S. Andrea' (inv. n. ao8) copta de l • Sant'Andrea' dell:l Parisb Cburch d i Zurrieq a Ml lta.

Un elenco incompleto dì opere dt Mania Preti m Stdha, alcune delle quali di dubbia autogmfl3, St trova tn Mattia Prttt ed il Sercento Italiano, catalogo delle opere a cura d t A. PELAGGI, Catanuro, s.a. (ma 1972).

4) Per le nouzte btografìche sul Preti dr. anche V. MAJUANt, Mattia Preti a M alta, Rom.1 1929; C. REFtCE T ASCI:!Et'TA, M awa Preti, Contributi alla conoscenza del CaJJalier Calabrese, Bnndtsi 1959·

5) Per tutta Ja bilillografia relauva alla storia e all'ordinamento deii'Ordme di Malta cfr.: The Order of St. john in Malta, cat. mo· stra, Vallerta, Malta 1970, p. to8 e ss. Per i rapporu con La Stcilla tn particolare cfr.: C. MARULLO DI CoNDOJANNt, La Sicilia e il Sovrano Mililflre Ordm~ tli Molca, Messina 1953.

6) La Commenda fu fondata da Francesco Ruffo, due;~ dj Bagn.1ra, c n conosduta da Urbano VIU Barberini con bolla del 10 apri le 1642. In segujto col ùtolo di Bahaggto p3SSÒ al figlio Fabritto Ruffo, entrato oeli'Ordme nel 1631 e nommato successivamente Pnore dt Bagnara. Cfr.: M . GATTINI, l Priora ti, i B altaggi, e le Commende del Sovrano M ilitare Ordme dr Sun Gtovanni di Gerusalemm11 nelle provmce mendionalt d' / talla pnma della cadula di M alta, Napoh I 9:18, p. 123•

7) Per le notiZie biOgrafiche su A. Ruffo cfr.: V. R UFro, Gallerta Ru/fo nel sec. XVJJ in M es.sma, m Bolleuino d'Arte, a.X., 1916, fase. I li, genoa.io-febbraJo, p. 2r e ss.; O. M osCHELLA, Il collt· donismo a M es.s111a nel sec. XV/l, ivi, 1977, p. 4:2 e ss.

8) F. HAsKELL, MecenaLi e plltori, studiO sui rapporti tra arte e società nell'età barocro, ed. it., Ftrenze 1966, pp. 326-328.

9) Per le lettere del Pre11 al Ruffo dr.: V. RUFro, op. e loc. cit., part. fnsc. VII/Vlll, lugUo-agosto, pp. 237--256; fase. rx-X, set · tembre-ottobre, pp. 284-287; queste let tere erano state già pubblicate

IO - PALERMO, BIBLIOTECA CENTRALE - SEC. XVll: RITRAT· TO DI CARLO MARIA CAR'\FA

(DA B. ALDIMARJ)

J l - PALERMO, BIBLIOTECA CENTRALE-SEC. XVll: RITRAT· TO DI DON GREGORIO CARAFA

(DA B. AU>tMARI)

73

Page 10: APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI · APPUNTI PER LA COMMITTENZA SICILIANA DI MATTIA PRETI N on deve meravigliare se sulla scia della notizia di una cospicua presenza

dallo stesso V. Ruffo nell'articolo Lettere e quadri di M attia Preti per la Galleria Ruffo, in Archwio Storico della Calabria, Il, 1914, pp. 21- 42 e 15z-ilh .

IO) Vedi V. RUFFO, op. cit ., p. 239· 11) Vedi rispeuiv.lmente le lettere da Malta del 27 marzo 1663 e

del 17 marzo 1667 (V. RTJFFO op. ctt., pp. 248 e 284). 12) Lettera da Malta del xB seuembre 1661 (V. RTJFro1 op. cit.,

p. 24t ). Presumibilmente la " meza figura con torbante 1n test:~ , (che anche lega - in atto di leggere?) è da identificare con la mezza figura di Profeta? del Museo di Castell.o Ursino a Catania (inv. n. 6852), di cui si sconosce la provenienza ma che benJssimo potè far parte, come altri dipinti dello stesso museo, della Galleria Ruffo; in essa già stavano, con analogo soggetto, per l'appunto, un "Ari· stotele ' del Rembrandt e un ' Cosmografo • del Guercino.

L 'attribuzione dell'opera al " Maestro del Giudizio di Salo­mone, da parre di F. Bologna (in Paragone 39, mano 1953, pp. 49-51), riconfermata recentemente da V. Librando (in ca ta· logo IX Mostra di opere d'arte restaurate, Palermo, 1974, pp. 120 e 121) f3 rresupporre l'allenante Ipotesi dell'acquisto del dipinto da parte de Preti e per conto del Ruffo sul mercato romano, durante l'ultimo soggiorno dell'artista in città prima della partenza definitiva per Malra (estate r66r), da dove, poi, sarebbe stato invi3to in Sicih3.

13) Il dipinto con la 1 SofonJsba che si avvelena', di pllmi 6> 8, era stato acquistato a Roma per Don Antonio da l fra t l'Ilo Don Flavio, come si ricava dal libro dei conti di Casa Ruffo (Cfr.: V. Ruffo, op.cit., in particolare pp. 30 e 35). L'altro con 1 Storia di RJchele •, pure di pafmi 6 ...- 8, era pervenuto a Don Antonio tramite la ma· dre dal lascito del fratello Don Flavio, morto di peste a N3poli nel 1656 (V. RTJFFo, op. cit.l p. 305).

Non andava in porto il piazzamento in Sicilia, sempre tramite il Ruffo, di "un quadro di palmi nove e 7, donde ci è un Pilato che si lava le mani della morte di nostro Sign.re con molte figure e il Cristo che va al patibolo assai travagliato e di buon gusto,, di cui il Preti mandava un disegno nel dicembre del 1663, sia pur " fano di un mio giovane mallamente 11 , con chiare sollecitazioni per via del grande bisogno di denaro dovuto alle oontinue mancanze di pagamento da parte drii'Ordine di Malta per i suoi lavori nella Concattedrale di San Giovanni. (Cfr.: V. RuFFo, op. clt., in parti · colare p. 254).

14) Vedi V. Runo, op_. cit., pp. 284 e 285. Per notizie e riscontri più deuagliati su quest opera rimando alla scheda di V. L lBRANDO, 10 op . c.it., pp. 123-126.

15) Tela, cm. 272 x 170; fu portata al Museo Regionale (in v. n. 1 171) dopo il terremoto de.l 19o8; cfr.: Terremoto di Messina, orere d'arte recuperate, Palermo I9I5, p. 39· Per gli aspetti re.lativi a culto della Madonna della Lettera dr.: G. GIARRIZZO, in Storia della Sicilia, V'I, Napoli 1978, in part. p. 124 e ss. Per l'iconot~rafia cfr.: P. SAMPERI, lconologw della gloriosa Vergine Madre d1 Dio Maria, Protettrice di Messina, Messina MDCXLJV, p. 73 e ss.

16) l documenti relativi sono stati pubblicati recentemente da J .T. SPIKE, Mattia Preti's passage 10 Malta, in The Burlington Ma ­gazine, vol. CXX, n. 905, agosto 1978, pp. 497-507, in par ticolare

pp. 502v-5d~l· M . d l G P . d . M . l d F I 7) e 1 e tmorre t ran rrorato 1 essrna rocco te a ra Don Andrea M inuto/o ... cavaliero gerosolimitano ... , Messina nella Stamperia Camerale di V. D'Amico, r699, p. 53 e ss.; O. Mo­SCHELLA, op. cii., pp. II, 28 e 31.

18) Dal Gran Priorato di Messina dipesero direttamente le se­guenti commende siciliane, che ne costituirono anche il suo patri· monio : San Giovanni Battista alla GuiUa, Santo Stefano delli Scbet· tini e Sant'Antonio deU'AJbigiana con sede tutte a Palermo nella Chiesa di San Giovanni alla Guilla le commende di Polizzi, di Agrigento, di Marsala, di Piazza, d.i Modica, di Vizzini, di Ragusa, di Butera e di Mazzarino.

Per la tela di Ragusa (olio su tela, cm. 28ox 170, foto Arch. Fot. Sopr. B.A.S. Palermo, n. 19077), comunemente riferita al Preti ma eseguita con l'ampia oollaboraZJone della bottega, cfr.: F. SOLARINO, La Contea di Modica, Ragusa, 1886, p. 224.

19) Palermo, Arc.hivio di Stato, Commenda della M agione e suoi aggregati, Gran Priorato di M essina, Commende, vol. 394 (a. 1723), ff. 12 e 31; vol. 395 (anni 1762-1773) ff. 21 e 41; vol. 396 (anno 1772), !. 36 e ss.

Per notizie più dettagliate sul dipinto (olio su te!J, cm. 250..< 18o) rimando alla mia scheda in Xl catalogo di opere d'arte restaurate, in corso di pubblicazione.

20) Cfr. tn particolare Cabreum Commendae S.ti }oannis Villae H. V.P. Die quinto j ulii P.mae lnd.nls 17::t3, Fondo Arch., cit., vol. 394, f. 30 v.

74

21) Cfr.: G.B. CASTELLUCCI, Giornale Sacro Palermitano ... , Pa­lenno t 68o, p. 78. Fra Giovanni T arascona a quanto pare fu però di Parma, non di Piacenza; entrò nell 'Ordine il 26 setlembre t647· Cfr.: Ruolo Generale dè Cavalieri Gerosolimitani della Veneranda Lingua d'Italia, raccolto dal Comm.re Fr. Bartolomeo Del Pozzo per fino all'anno 1689, continuato dal Comm.re Fr. Roberto Solaro di Govone per /lltto l'anno 1713, Torino MDCCXJV, p. 232.

22) Cfr.: C. MA.Rouo 01 CONDOJANNl, op. ci t., p. 82. 23) Cfr.: V. MARJAm, op. ci t. , pp. 66 e 67; C. REFI CE T ASCHETTA,

op. cit., p. 78; G . CARANOENTE, Mattia Preti a Tovemll, Roma­Milano 1966, pp. 19 e 20.

24) Vedile riprodotte in The Order of Se. f ohn, cir., rispettivn· mente tavv. 81, So e 68.

25) Per i problemi di datazione relativi a quest'opera dr.: R. CAU· SA, lA pinura del Seicento a N apoli dal Naturalis:mo al Barocco, in Storia di N apoli, vol. V/2, Cava dei Tirreni 1972, in particolare P· 992, n. 147·

26) li dipinto {olio su tela, m. 5,00 x 3,10), come si evince da una re lazione del 1932, conservara presso l'Archivio della Sopcinten· denza B.A.S. Palermo, fu colpito da un fulmine nel 19o8 e quindi danneggiato. Rimosso nel 1920 dietto sollecitazioni del Prof. E. Ga· brici, venne trasferito in una cappella laterale della Chiesa. Ma qui l ':~bbandono totale per parecch1 anni arrecò danni maggiori di quell i causati dal fulmine. Subl un intervento di restauro negli anni 1932-33 che solo in parte hJ potuto rimediare aJ cattivo stJto di conservazione.

27) Cfr.: G. D1 MARZO, Di Filippo Paladini pittore fiorentino de la fine del sec. XVI e de' primordi del sec. XVll, in Arch1vio Storico Italiano, IV serie, t. IX, 1882, pp. 174-197, in particolare pp. 185 e 186.

In un ::monimo manoscritto del sec. XVIII dal titolo Breve det · taglio iscorrco della Città di Mazzarino - che non ho reperiro nel corso di queste mie ricerche, ma citato da P. D1 GtORCio-lNCALA, Ricerche e considerazioni storiche sull'antichissima dttà di Mazzarino, Calranissetta 1900, p. 141 - l'opera ven iv:~ giustamente attribuita al Preti: "le chiese sono adorne di preziosi quadri, fra dei quali quella del Car111:ine ove s! trova quello del Protomartire S. Stefano, ope.ra del Cavahere Maruas ,. (sic).

L'attribuzione al Preti si trova anche nella guidJ del T .C.I., Sicilia, ed. 1968, p. 335ì per quanto rnJ risulta, l'opera è sconosciu ta alla critica.

28) Cfr.: G. E. Dr BLAsJ, Storia cronologica dei Vicer~ Luogote· nenti e Presidenti del Regno di Sicilia, Palermo 1790; cons. III ed., Palermo 1867, p. 358 e ss.; S.F. RoMANO, B reve Storia della Sicìlia, Torino 1970, in particolare p. 264; G . GlARRtzzo, op.cit., p. 121.

29) Cfr. : P. 01 GIORCio-INcALA, op. w ., p. 141 , e inoltre pp. 147, 149, 391 e 396.

30) Per notizie dettagliat issime su C.M. Carafa cfr.: H /storia Genealogica della Famiglia Cara/a, opera del Sign. D. Bragro A/di· mari ... , a cura di A. BULISON, Napoli MDCLXXXXI, neUJ Stampe.ria di G. Raillard, t. I, p. 457 e ss.

3 1) Cfr.: B. Al.oiMARJ, op. eu., t. I, pp. 338 e 409 ; M . GAITINI, op. cit., p. 79·

32) Cfr .: B. Al.oiMAR.I, op. ci t ., 1. I, p. 461 e ss. 33) Cfr.: B. Al.DIMARt, op. d t., t . I, pp. 503-5o8. Alla sua morte,

avvenuta all'età di 49 anni nel1695, il Carafa si sarebbe fatto seppe!· lire sulla nuda terra col saio francescano nella Chiesa di Santa Maria di Gesù dei PP. Minori Osservanti a Mazzarino.

34) Cfr.: B. DE DOMINICI, op.cit., ed. 1843, IV, p. 50; F. HASKELL, op. cit., p. 298; C. MA.Ruuo or CoNDOJANNl, op. cit., pp. 63-71.

Dal " ca12logo siciliano , di Mattia Preti sono da espungere le seguenti opere: ' Annunciazione', Barrafranca (CL), Chiesa del · l'Itria; • Deposizione', Scicli (SR), Chiesa di San Bartolomeo, Itria :mr. in T.C.I., Sicilia, ed. 1968, pp. 335 e 682; 'Madonna col Bambino e le Sante Agata e Lucia ', S1racusa, Chiesa dei Cappuccini, aur. da G. ACNELLO, Mattia Preti e alc.une sue tele sconosciute, in Per l'Arte Sacra, a. IX, luglio-dicembre, 1932,_!asc. 3-4, pp. 53-57·

Il ' Martirio di Santa Caterina ' della Chiesa Madre di Pedara (CT) è copia (possibilmente dì bottega) con leggere varianti della tela con omonimo soggetto nella Chiesa di Santa Caterina della Lingua d'Italia a Vallerta.

In attesa di un restauro chiarificatore, mi riservo iJ_ giudizio sul· l'autografia della tela della Chiesa di Santa Orsola in Termini Ime· rese (PA) raffigurante • San Benedetto Abate che risuscita un con· fratello', concordeme.nte attribuitagli da B. CRlMJRRJ-A. FRAN· CTPANE, Mattia Preti, detto il Cavalier Calabrese, Milano 1914, p. 26; R. CusTMANO, Brevi cenni di storia tumitalla, Palermo 1926, p. 71; G. CoRRIERI, La Chiesa di Santa Orso/a ìn Termini Imerese, s.I. 1972, p. r5 e ss. con bibl. prec.