Appunti e esercizi di algebra lineare e geometria...

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Appunti e esercizi di algebra lineare e geometria analitica Cristina Bardelle , Diego Giovannini 24 gennaio 2006

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Appunti e esercizi di algebra lineare egeometria analitica

Cristina Bardelle , Diego Giovannini

24 gennaio 2006

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Indice

1 Sistemi lineari 11.1 Matrici quadrate m = n . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

1.1.1 Regola di Cramer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

2 Spazi vettoriali 122.1 Definizioni ed esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122.2 Sottospazi vettoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152.3 Indipendenza e dipendenza lineare, generatori e basi . . . . . . 17

3 Applicazioni lineari 233.1 Definizioni ed esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233.2 Sottospazi associati ad una applicazione lineare . . . . . . . . 293.3 Matrice associata ad una applicazione lineare . . . . . . . . . . 293.4 Cambiamenti di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

4 Diagonalizzazione di operatori lineari 47

5 Geometria analitica del piano 67

6 Geometria analitica dello spazio 71

I

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Capitolo 1

Sistemi lineari

Sistema di m equazioni lineari in n incognite x1, . . . , xna11x1 + a12x2 + · · ·+ a1nxn = b1

a21x1 + a22x2 + · · ·+ a2nxn = b2...

am1x1 + am2x2 + · · ·+ amnxn = bm

(1.1)

Sia K un insieme ad es K = C, R, Q, . . . La matrice associata A ∈ Mm,n(K)al sistema e

A =

a11 a12 · · · a1n

a21 a22 · · · a2n...

.... . .

...am1 am2 · · · amn

x = (x1, . . . , xn)t ∈ Kn, b = (b1, . . . , bm)t ∈ Km. Il sistema si puo riscriverecome Ax = b ovvero

a11 a12 · · · a1n

a21 a22 · · · a2n...

.... . .

...am1 am2 · · · amn

x1

x2......

xn

=

b1

b2...

bm

Il sistema si dice omogeneo se b1 = b2 = . . . = bm = 0. Una soluzione delsistema 1.1 e un elemento (X1, . . . , Xn)t ∈ Kn che e soluzione simultanea

1

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delle m equazioni 1.1. Il sistema si dice compatibile (incompatibile o impos-sibile) se possiede almeno una soluzione (se non possiede soluzioni). Ognisistema omogeneo e sempre compatibile in quanto ammette almeno una so-luzione (0, . . . , 0)t, che viene detta soluzione banale. Un sistema compatibilesi dice determinato se ammette un’unica soluzione e si dice indeterminato seammette infinite soluzioni.

1.1 Matrici quadrate m = na11 a12 · · · a1n

a21 a22 · · · a2n...

.... . .

...an1 an2 · · · ann

x1

x2...

xn

=

b1

b2...bn

Esercizio 1.1.

2x + 3y − z = 1x + 4y + 2z = 2

3x − y − z = 3

1.1.1 Regola di Cramer

Teorema 1.1 (di Cramer). Il sistema Ax = b ha una ed una sola soluzione⇔ det(A) 6= 0.

Le soluzioni sono date da

xi =det(Ai)

det(A)i = 1, . . . , n

dove la matrice Ai si ottiene sostituendo la colonna i-esima della matrice Acon il vettore colonna b. Soluzione esercizio 1.1 Il sistema si puo riscrivere

nella seguente forma: 2 3 −11 4 23 −1 −1

xyz

=

123

2

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Applichiamo il metodo di Cramer:

det(A) =

∣∣∣∣∣∣2 3 −11 4 23 −1 −1

∣∣∣∣∣∣ = 30 6= 0 det(A1) =

∣∣∣∣∣∣1 3 −12 4 23 −1 −1

∣∣∣∣∣∣ = 36

det(A2) =

∣∣∣∣∣∣2 1 −11 2 23 3 −1

∣∣∣∣∣∣ = −6 det(A3) =

∣∣∣∣∣∣2 3 11 4 23 −1 3

∣∣∣∣∣∣ = 24

x =det(A1)

det(A)=

6

5y =

det(A2)

det(A)= −1

5z =

det(A3)

det(A)=

4

5.

Esercizio 1.2. 2ix + z = −1ix + iz = ix + y + z = 2

Il sistema si puo riscrivere nella seguente forma: 2i 0 1i 0 i1 1 1

xyz

=

−1i2

Applichiamo il metodo di Cramer:

det(A) =

∣∣∣∣∣∣2i 0 1i 0 i1 1 1

∣∣∣∣∣∣ = 2 + i 6= 0 det(A1) =

∣∣∣∣∣∣−1 0 1i 0 i2 1 1

∣∣∣∣∣∣ = 2i

det(A2) =

∣∣∣∣∣∣2i −1 1i i i1 2 1

∣∣∣∣∣∣ = 2 + i det(A3) =

∣∣∣∣∣∣2i 0 −1i 0 i1 1 2

∣∣∣∣∣∣ = 2− i

x =det(A1)

det(A)=

2i

2 + i=

2

5+

4

5i

y =det(A2)

det(A)=

2 + i

2 + i= 1

z =det(A3)

det(A)=

2− i

2 + i=

3

5+

4

5i.

3

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Il metodo di Cramer puo essere utilizzato solo nel caso in cui in un sistemail numero di equazioni e uguale al numero di incognite (n = m), ovvero lamatrice associata al sistema e quadrata. Negli altri casi possiamo utilizzareil metodo di Rouche-Capelli; tale metodo pero da informazioni solo sullacompatibilita o meno del sistema e sul numero di soluzioni, ma non ci dicecome determinarle (affronteremo successivamente questo problema). Dato il

sistema Ax = b indichiamo con A|b la matrice orlata, ottenuta dalla matriceA aggiungendo il vettore dei termini noti b:

A|b =

a11 a12 · · · a1n

a21 a22 · · · a2n...

.... . .

...an1 an2 · · · ann

∣∣∣∣∣∣∣∣∣b1

b2...bn

Teorema 1.2 (Rouche-Capelli). Il sistema Ax = b ha soluzioni se e solo seil rango di A e uguale al rango di A|b.

Il sistema Ax = b ha ∞n−r soluzioni dove n e il numero di incognite delsistema e r e il rango di A.

Esercizio 1.3. Discutere il seguente sistema linearex3 + 2x4 = 3

2x1 + 4x2 − 2x3 = 42x1 + 4x2 − x3 + 2x4 = 7

Utilizziamo il Teorema di Rouche-Capelli per risolvere l’esercizio.

A =

0 0 1 22 4 −2 02 4 −1 2

A|b =

0 0 1 22 4 −2 02 4 −1 2

∣∣∣∣∣∣347

Calcoliamo il rango di A. Le sottomatrici quadrate di ordine 3 (ovvero matrici3× 3) sono: 0 0 1

2 4 −22 4 −1

0 0 22 4 02 4 2

0 1 22 −2 02 −1 2

0 1 24 −2 04 −1 2

4

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Risulta che i minori1 di ordine 3 sono tutti uguali a 0, mentre esiste un minoredi ordine 2 diverso da 0; ad esempio la sottomatrice(

1 2−2 0

)ha determinante 6= 0. Dunque r(A) = 2. Calcoliamo ora il rango di A|b.Ovviamente r(A) ≤ r(A|b) ≤ 3 e poiche i minori di ordine 3 sono tutti ugualia 0 il rango e 2. Dato che r(A) = r(A|b) = 2 il sistema e compatibile.

Esercizio 1.4. Discutere il seguente sistema linearex1 − 2x3 + 3x4 + x5 = 2

−2x1 + x2 + x5 = 6x2 − 4x3 + 6x4 + 5x5 = 7

A =

1 0 −2 3 1−2 1 0 0 30 1 −4 6 5

A|b =

1 0 −2 3 1−2 1 0 0 30 1 −4 6 5

∣∣∣∣∣∣267

Si ha che r(A) = 2 e r(A|b) = 3. Poiche r(A) 6= r(A|b) il sistema eincompatibile.

Esercizio 1.5. Discutere, al variare del parametro k, il seguente sistemalineare

x − y + z = 1kx − ky + z = 1x − k2y + k2z = 1

A =

1 −1 1k −k 11 −k2 k2

det(A) = −k3 + k2 + k − 1 = (k − 1)(1− k2)

Se k 6= +−1 allora det(A) 6= 0 ( ⇒ r(A) = 3 ⇒ r(A|b) = 3 ⇒ sistema

compatibile). Per Cramer si puo inoltre stabilire che se k 6= +−1 esiste ed e

unica la soluzione.

1Il minore di una matrice A ∈ Mm,n(K) e il determinante di una sua sottomatricequadrata. L’ordine del minore e l’ordine della sottomatrice quadrata corrispondente.

5

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• CASO k = 1

A =

1 −1 11 −1 11 −1 1

Si ha che r(A) = 1, quindi il sistema ha ∞2 soluzioni.

• CASO k = −1

A =

1 −1 1−1 1 11 −1 1

Si ha che r(A) = 2, quindi il sistema ha ∞1 soluzioni.

Esercizio 1.6. Discutere, al variare dei parametri k e h, il seguente sistemalineare

x + 2y − z = 0x + y + 2z = 1

2x + hy + z = k

A =

1 2 −11 1 22 h 1

det(A) = −3h + 9

Se h 6= 3 allora det(A) 6= 0 ( ⇒ r(A) = 3 ⇒ r(A|b) = 3 ⇒ sistemacompatibile). Per Cramer si puo inoltre stabilire che se h 6= 3 esiste ed eunica la soluzione (∀k). CASO h = 3

A =

1 2 −11 1 22 3 1

Si ha che r(A) = 2.

A|b =

1 2 −11 1 22 3 1

∣∣∣∣∣∣01k

Se k = 1 si ha che r(A|b) = 2, se k 6= 1 allora r(A|b) = 3. Riassumendo:

• se h = 3 e k = 1 il sistema e compatibile con ∞1 soluzioni,

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• se h = 3 e k 6= 1 il sistema e incompatibile.

Esercizio 1.7. kx + kz = 1

−5x + y + z = 2−k2x + z = 3

Discutere il sistema in R e in C.

A =

k 0 k−5 1 1−k2 0 1

A|b =

k 0 k−5 1 1−k2 0 1

∣∣∣∣∣∣123

det(A) = k + k3 = k(k2 + 1)

In R, det(A) = 0 per k = 0. Se k = 0 il sistema e incompatibile (si notasubito dalla prima eqz.); se k 6= 0 per Cramer si puo stabilire che esiste ede unica la soluzione. In C, det(A) = 0 per k = 0 e k 6=+

− i. Se k 6= 0 ek 6=+

− i per Cramer si puo stabilire che esiste ed e unica la soluzione; se k = 0il sistema e incompatibile (si nota subito dalla prima eqz.); se k =+

− i si har(A) = 2 e r(A|b) = 3, dunque il sistema e incompatibile.

Definizione 1.1. Date

a1x1 + · · ·+ anxn = b1 (1.2)

α1x1 + · · ·+ αnxn = β1 (1.3)

diciamo che 1.2 e 1.3 sono equivalenti se ogni soluzione di 1.2 e an-che soluzione di 1.3 e viceversa. Analogamente si definiscono i sistemiequivalenti.

Esempio 1.1. Le equazioni

x− y = 1

2x− 2y = 2

sono equivalenti. Infatti hanno le stesse soluzioni (nota che la seconda eqz.e il doppio della prima).

OPERAZIONI ELEMENTARI SUI SISTEMILa nozione di sistemi equivalenti risultera utile nella risoluzione di sistemilineari; l’idea di base e quella di trasformare un dato sistema in uno equiva-lente di piu semplice risoluzione. Le operazioni che permettono di fare questatrasformazione (e che corrispondono a determinate operazioni sulla matriceassociata al sistema) sono:

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• cambio l’ordine delle equazioni (; scambio di righe nella matriceassociata)

• cambio l’ordine delle incognite (; scambio di colonne nella matriceassociata)

• moltiplico una equazione per uno scalare non nullo (; moltiplico unariga della matrice associata per uno scalare non nullo)

• somma di due equazioni che va sostituita ad una di esse

(; somma di due righe della matrice associata)

METODO DI RIDUZIONE DI GAUSS Sia dato il sistemaa11x1 + a12x2 + · · ·+ a1nxn = b1

a21x1 + a22x2 + · · ·+ a2nxn = b2...

am1x1 + am2x2 + · · ·+ amnxn = bm

(1.4)

Posso supporre a11 6= 0, altrimenti scambio la prima riga con un’altra in cuiai1 6= 0. Al posto della seconda riga (eqz.) metto l’equazione ottenuta daR2− a21

a11R1. In generale sostituisco la riga Ri con la riga Ri− ai1

a11R1 ed ottengo

un sistema della formaa11x1 +a12x2 + · · ·+ a1nxn = b1

0 +a22x2 + · · ·+ a2nxn = b2...0 +am2x2 + · · ·+ amnxn = bm

Riapplico lo stesso ragionamento al sottosistemaa22x2 + · · ·+ a2nxn = b2

...am2x2 + · · ·+ amnxn = bm

Proseguendo in questo modo si ottiene un sistema equivalente a quello iniziale1.4 che si presenta nella forma

a11x1 + a12x2 + . . . +a1nxn = b1

a22x2 + . . . +a2nxn = b2...

ammxm + . . . +amnxn = bm

(1.5)

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cosiddetta forma a gradini, in cui a11 · a22 · . . . · amm 6= 0. Parto dall’ultimaequazione ed asplicito xm:

xm = a−1mm[bm − (amm+1xm+1 + · · ·+ amnxn)].

Dalla penultima si ha:

xm−1 = a−1m−1m−1[bm−1 −

n∑i=m

am−1ixi]

e cosı via fino ad ottenere x1.

Esercizio 1.8. Riprendiamo l’esercizio 1.3 e risolviamo il sistema col metododi Gauss.

La matrice orlata associata e 0 0 1 22 4 −2 02 4 −1 2

∣∣∣∣∣∣347

Scambiamo R1 con R2: 2 4 −2 0

0 0 1 22 4 −1 2

∣∣∣∣∣∣437

Al posto di R3 mettiamo R3 −R1: 2 4 −2 0

0 0 1 20 0 1 2

∣∣∣∣∣∣433

Al posto di R3 mettiamo R3 −R2: 2 4 −2 0

0 0 1 20 0 0 0

∣∣∣∣∣∣430

Possiamo eliminare la terza riga e scambiare la seconda colonna con la terza:(

2 −2 4 00 1 0 2

∣∣∣∣ 43

)9

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E’ a gradini con x2 e x4 libere (∞2 soluzioni). Le soluzioni sono:x2 = tx4 = sx3 = 3− 2sx1 = 5− 2s− 2t

Esercizio 1.9. Riprendiamo l’esercizio 1.4 e risolviamo il sistema col metododi Gauss.

La matrice orlata associata e 1 0 −2 3 1−2 1 0 0 30 1 −4 6 5

∣∣∣∣∣∣267

Dopo vari passaggi si ottiene: 1 0 −2 3 1

0 1 −4 6 50 0 0 0 0

∣∣∣∣∣∣2103

R3 ci dice che il sistema e incompatibile.

Esercizio 1.10. Riprendiamo l’esercizio 1.5 e risolviamo il sistema colmetodo di Gauss.

La matrice orlata associata e 1 −1 1k −k 11 −k2 k2

∣∣∣∣∣∣111

Riduco a gradini: 1 −1 1

0 1− k2 k2 − 10 0 1− k

∣∣∣∣∣∣10

1− k

Se (1− k2)(1− k) 6= 0 cioe se k 6=+

− 1 abbiamo un unica soluzione:x = 1y = 1z = 1

10

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Se k = 1 la matrice diventa (1 − 1 1 | 1) e si hanno ∞2 soluzioni:y = tz = sx = 1 + t− s

Se k = −1 la matrice diventa(1 −1 10 0 2

∣∣∣∣ 12

)e si hanno ∞1 soluzioni:

y = tz = 1x = t

Esercizio 1.11. Riprendiamo l’esercizio 1.6 e risolviamo il sistema colmetodo di Gauss.

La matrice orlata associata e 1 2 −11 1 22 h 1

∣∣∣∣∣∣01k

Riduco a gradini: 1 2 −1

0 −1 30 0 3h− 9

∣∣∣∣∣∣01

k + h− 4

Se 9− 3h 6= 0 cioe se h 6= 3 esiste un’unica soluzione (∀k ∈ R). Se h = 3 lamatrice diventa 1 2 −1

0 −1 30 0 0

∣∣∣∣∣∣01

k − 1

Si ottiene che

• se h = 3 e k 6= 1 il sistema e incompatibile

• se h = 3 e k = 1 il sistema ha ∞1 soluzioni.

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Capitolo 2

Spazi vettoriali

Introduciamo in questo capitolo la nozione di spazio vettoriale, un concettodi grande importanza in algebra lineare che giochera un ruolo fondamentalein tutti i capitoli successivi. Partiamo con i richiami delle definizioni e degliesempi basilari di spazi vettoriali, per poi arrivare al concetto di sottospaziovettoriale, ai concetti di indipendenza lineare, di sistema di generatori e dibase e dimensione di uno spazio vettoriale.

2.1 Definizioni ed esempi

Cominciamo questa sezione richiamando immediatamente la definizione dispazio vettoriale.

Definizione 2.1. Un insieme V e detto spazio vettoriale sul campo1 degliscalari K, se sono definite due operazioni:

somma di vettori + : V × V → V : (v1, v2) 7→ v1 + v2;

prodotto per uno scalare · : K× V → V : (λ, v) 7→ λv

che soddisfano le seguenti proprieta :

1. ∀v1, v2, v3 ∈ V : (v1 + v2) + v3 = v1 + (v2 + v3);

2. ∃0V ∈ V : 0V + v = v + 0V = v, ∀v ∈ V ;

3. ∀v ∈ V, ∃w ∈ V : v + w = w + v = 0V ;

1in generale possiamo pensare a R o C

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4. ∀v1, v2 ∈ V : v1 + v2 = v2 + v1;

5. ∀v ∈ V : 1 · v = v;

6. ∀α, β ∈ K,∀v ∈ V : (α + β)v = αv + βv;

7. ∀α ∈ K,∀v1, v2 ∈ V : α(v1 + v2) = αv1 + αv2;

8. ∀α, β ∈ K,∀v ∈ V : (αβ)v = α(βv).

Possiamo passare subito ad esibire alcuni esempi notevoli di spazi vettoriali.

Esempio 2.1. Per ogni n ≥ 1 l’insieme Rn ha la struttura di spazio vettorialesu se stesso, con le seguenti operazioni:

somma (x1, x2, . . . , xn) + (y1, y2, . . . , yn) = (x1 + y1, x2 + y2, . . . , xn + yn);

prodotto α · (x1, x2, . . . , xn) = (αx1, αx2, . . . , αxn).

E’ immediato verificare che l’elemento neutro di Rn rispetto alla somma ri-sulta essere 0Rn = (0, 0, . . . , 0), cosı come l’inverso di (x1, x2, . . . , xn) risultaessere la n-upla (−x1,−x2, . . . ,−xn). Lasciamo le altre verifiche come eser-cizio allo studente, il quale le potra trovare su un qualsiasi testo di algebralineare.

Esempio 2.2. Utilizzando le stesse definizioni dell’esempio precedente e im-mediato dimostrare che lo spazio Cn ha la struttura di spazio vettoriale su sestesso. Inoltre, e possibile dare a Cn una struttura di spazio vettoriale su R,semplicemente sostituendo il prodotto di un elemento di Cn con un elementodi R anziche con un elemento di C. Torneremo dopo ad analizzare questoesempio in dettaglio.

Esempio 2.3. Indichiamo con Mm,n(R) l’insieme delle matrici a coefficientireali con m righe ed n colonne; vogliamo dare a tale insieme la struttura dispazio vettoriale su R. Iniziamo a definire le due operazioni:

somma se A, B ∈ Mm,n(R), con A = (aij), B = (bij), allora definiamo:C = A + B ponendo C = (cij) = (aij + bij);

prodotto se α ∈ R e A ∈ Mm,n(R), definiamo αA = (αaij) .

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Anche in questo caso lasciamo le verifiche allo studente, ricordando che tuttesi deducono piuttosto facilmente dalle proprieta delle matrici. Ricordiamo so-lo che l’elemento neutro di tale spazio risulta essere la matrice con coefficientitutti nulli.

Esempio 2.4. Indichiamo con Rn[x] l’insieme dei polinomi nell’indetermi-nata x di grado minore od uguale ad n e con coefficienti reali; un genericoelemento di tale insieme risulta essere dunque

p(x) = a0 + a1x + a2x2 + . . . + anx

n.

Definiamo la somma di polinomi ed il prodotto di un polinomio per un numeroreale nel modo usuale:se p(x) = a0 + a1x + a2x

2 + . . . + anxn e q(x) = b0 + b1x + b2x

2 + . . . + bnxn

allorap(x) + q(x) = a0 + b0 + (a1 + b1)x + (a2 + b2)x

2 + . . . + (an + bn)xn,e se λ ∈ R:λp(x) = λa0 + λa1x + λa2x

2 + . . . + λanxn

In tal caso l’elemento neutro e il polinomio nullo (con tutti i coefficienti ugualia 0), mentre l’opposto del polinomio p(x) = a0+a1x+a2x

2+. . .+anxn risulta

essere il polinomio −p(x) = −a0 − a1x− a2x2 − . . .− anx

n. Anche in questocaso lasciamo le altre verifiche come esercizio allo studente.

Esempio 2.5. E’ possibile dare all’insieme V = {f : [a, b] → R} dellefunzioni definite su un intervallo [a, b] a valori in R la struttura di spaziovettoriale mediante le seguenti definizioni:

somma (f + g)(x) = f(x) + g(x);

prodotto (λf)(x) = λf(x).

Facciamo qualche verifica:associativita : verifichiamo che ∀f, g, h ∈ V si ha che (f + g) + h =f + (g + h). Vogliamo dimostrare che la funzione di primo membro coincidecon quella di secondo membro; per fare questo e sufficiente vedere che il lorovalore in ogni punto x ∈ [a, b] e lo stesso. Per definizione:[(f+g)+h](x) = (f+g)(x)+h(x) = (f(x)+g(x))+h(x) = f(x)+g(x)+h(x),e quest’ultima ugualglianza segue dal fatto che f(x), g(x), h(x) sono numerireali.

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In modo analogo si vede che [f + (g + h)](x) = f(x) + g(x) + h(x), e questoconclude la dimostrazione.commutativita : (f + g)(x) = f(x) + g(x) ed essendo questi numeri realisi ha che:f(x) + g(x) = g(x) + f(x) = (g + f)(x), cioe f + g = g + f .elemento neutro : e la funzione costante uguale a zero: 0V = 0,∀x ∈ [a, b].Verifichiamo, ad esempio, anche una delle due proprieta distributive, lascian-do le altre verifiche come esercizio:∀α ∈ R,∀f, g ∈ V voglio far vedere che α(f +g) = αf +αg. Anche in questocaso dimostriamo che queste due funzioni coincidono:[α(f +g)](x) = α((f +g)(x)) = α(f(x)+g(x)) = αf(x)+αg(x) = (αf)(x)+(αg)(x)

Dopo questa breve rassegna di esempi di spazi vettoriali, possiamo passare astudiare nella prossima sezione alcuni particolari sottoinsiemi, che prendonoil nome di sottospazi vettoriali.

2.2 Sottospazi vettoriali

Definizione 2.2. Sia V uno spazio vettoriale su K; un sottoinsieme W ⊂ Ve detto sottospazio di V se sono soddisfatte le due seguenti proprieta :

1. ∀w1, w2 ∈ W : w1 + w2 ∈ W ;

2. ∀λ ∈ K,∀w ∈ W : λw ∈ W

Tali proprieta prendono il nome rispettivamente di chiusura rispetto allasomma ed al prodotto.

Passiamo dunque ad esaminare alcuni esempi di sottospazi degli spazivettoriali che abbiamo visto nella precedente sezione.

Esempio 2.6. Nello spazio V = R2 consideriamo il sottoinsieme:

W = {(x, y) ∈ R2|x− y = 0}

e verifichiamo che si tratta di un sottospazio di V . Osserviamo innanzituttoche gli elementi di W sono caratterizzati dal fatto che la differenza tra laprima e la seconda componente e pari a zero. Si ha che:

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1. ∀(x1, y1), (x2, y2) ∈ W : (x1, y1) + (x2, y2) = (x1 + x2, y1 + y2) e dunquela differenza tra la prima e la seconda componente del vettore sommae : x1 + x2 − y1 − y2 = x1 − y1 + x2 − y2 = 0 + 0 = 0 dove abbiamosfruttato il fatto che (x1, y1), (x2, y2) ∈ W cioe x1− y1 = 0, x2− y2 = 0.

2. ∀λ ∈ R,∀(x, y) ∈ W : λ(x, y) = (λx, λy) per definizione, e si ha che :λx− λy = λ(x− y) = λ0 = 0, poiche (x, y) ∈ W .

Questo conclude la dimostrazione.

Esercizio 2.1. Dimostare che i seguenti insiemi risultano essere sottospazivettoriali degli spazi in cui sono contenuti:

1. U = {(x, y, z) ∈ R3|2x− y − z = 0}

2. V = {(x, y, z) ∈ R3|x + y = x− z = 0}

3. W = {(x1, x2, x3, x4) ∈ R4|2x2 + 4x4 = 3x1 + x3 = 0}

Esempio 2.7. Consideriamo lo spazio vettoriale Mn(R) delle matriciquadrate di ordine n. Il sottoinsieme:

W = {A ∈ Mn(R)|A = At}

e detto insieme delle matrici simmetriche di ordine n. Verifichiamo che esottospazio vettoriale:

1. se A, B ∈ W , allora A = At, B = Bt; dunque si ha che (A + B)t =At + Bt = A + B, cioe A + B ∈ W ;

2. siano λ ∈ R, A ∈ W : allora (λA)t = λtAt = λA poiche A ∈ W ed iltrasposto di un numero reale coincide con se stesso.

Abbiamo dunque un esempio importante di sottospazio dello spazio dellematrici.

Esercizio 2.2. Seguendo lo schema dell’esempio precedente, lo studente provia dimostrare che il sottoinsieme:

U = {A ∈ Mn(R)|A = −At}

e un sottospazio vettoriale di Mn(R); tale spazio e detto insieme delle matriciantisimmetriche di ordine n.

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2.3 Indipendenza e dipendenza lineare, gene-

ratori e basi

Uno dei concetti di maggior importanza in algebra lineare e quello diindipendenza lineare tra vettori, secondo la seguente

Definizione 2.3. Sia V uno spazio vettoriale sul campo K; i vettoriv1, . . . , vn sono detti linearmente indipendenti se per ogni n-upla di scalari(α1, α2, . . . , αn) si ha che :

α1v1 + α2v2 + . . . + αnvn = 0V ⇒ α1 = α2 = . . . = αn = 0

cioe l’unica combinazione lineare di questi vettori che fornisce il vettore nulloe quella con coefficienti tutti nulli.

Definizione 2.4. Un insieme di vettori v1, v2, . . . , vk di uno spazio vettorialeV e detto essere un sistema di generatori per lo spazio se ogni vettore v ∈ Vsi puo scrivere come combinazione lineare dei vettori vi, ovvero se:

∀v ∈ V, ∃α1, . . . , αk ∈ K : v = α1v1 + . . . + αkvk

Definizione 2.5. Una base per uno spazio vettoriale V e un insieme divettori B = {v1, v2, . . . , vn} tali che:

1. v1, v2, . . . , vn sono linearmente indipendenti;

2. v1, v2, . . . , vn sono un sistema di generatori.

In particolare, il numero di elementi di una base di un dato spazio vettorialeviene detto dimensione dello spazio vettoriale.

Esempio 2.8. Una base per lo spazio R2 e costituita da B = {e1, e2}, dovee1 = (1, 0), e2 = (0, 1).Piu in generale, una base per lo spazio Rn e : B = {e1, e2, . . . , en} dove ei eil generico vettore a n componenti che risultano essere tutte nulle tranne lai-esima che e pari ad 1.Si conclude che in generale : dim(Rn) = n.

Esempio 2.9. Determinare una base per i seguenti sottospazi:

U = {(x, y, z) ∈ R3|5x− y = x− y + z = 0}

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V = {(x1, x2, x3, x4) ∈ R4|x1 + 2x2 + 3x3 + 4x4 = x2 − x3 = 0}soluzione Le equazioni che caratterizzano U costituiscono un sistema lineareomogeneo; risolviamolo mediante il metodo di riduzione:(

5 −1 01 −1 1

)→

(5 −1 00 4 −5

)da cui, prendendo come variabile libera la z si ottiene:

z = t, y = 5/4t, x = 1/4t

cioe il generico vettore di U e nella forma :

u = (1/4t, 5/4t, t) = t(1/4, 5/4, 1).

Dunque il sottospazio U ha dimensione pari ad 1, ed una sua base e :

BU = {(1/4, 5/4, 1)}.

Per comodita sarebbe meglio prendere un vettore proporzionale a quello tro-vato, per evitare di avere coefficienti frazionari, come, ad esempio, il vettore(1, 5, 4), ottenuto moltiplicando per 4 il primo vettore.Per determinare la base di V risolviamo il sistema omogeneo delle equazioni,la cui matrice e gia nella forma a gradini:(

1 2 3 40 1 −1 0

)prendiamo come variabili libere x3, x4. Si ottiene :

x3 = tx4 = sx2 = tx1 = −5t− 4s

Dunque il generico vettore di V e nella forma:

v = (−5t− 4s, t, t, s) = t(−5, 1, 1, 0) + s(−4, 0, 0, 1)

e possiamo concludere che :

BV = {(−5, 1, 1, 0), (−4, 0, 0, 1)}

e dim(V ) = 2.

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Esercizio 2.3. Determinare una base per i seguenti sottospazi:

1. U = {(x, y) ∈ R2| − 2x + 5y = 0}

2. V = {(x, y, z) ∈ R3|x + 3y + 2z = 2x + 2y − 7z = 0}

3. W = {(x1, . . . , x5) ∈ R5|2x1 +x3 +5x5 = x1−x2−x3 = 3x3 +2x5 = 0}

Esempio 2.10. Trovare la base dello spazio vettoriale

V = {A ∈ M3(R)|A = −At}.

Una matrice A e la sua trasposta sono del tipo

A =

a11 a12 a13

a21 a22 a23

a31 a32 a33

At =

a11 a21 a31

a12 a22 a32

a13 a23 a33

Ponendo A = −At cioe a11 a12 a13

a21 a22 a23

a31 a32 a33

=

−a11 −a21 −a31

−a12 −a22 −a32

−a13 −a23 −a33

si ottiene

a11 = a22 = a33 = 0a12 = −a21

a13 = −a31

a23 = −a32

ovvero

A =

0 a12 a13

−a12 0 a23

−a13 −a32 0

Troviamo ora una base:

A = a12

0 1 0−1 0 00 0 0

+ a13

0 0 10 0 0−1 0 0

+ a23

0 0 00 0 10 −1 0

Notiamo che dim V = 3.

E lasciata allo studente la verifica del fatto che, dato V = {A ∈ Mn(R)|A =

−At} la dimensione di V e uguale a n(n−1)2

.

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Esercizio 2.4. In R3 sono dati i sottospazi

U = {(x, y, z) ∈ R3|x = y = z}V = {(x, y, z) ∈ R3|x + y − 2z = 0}W = {(x, y, z) ∈ R3|2x + 3z = 0}

a) Determinare U ∩V , U ∩W , V ∩W , dim U , dim V , dim W , dim(U +V ),dim(U + W ), dim(V + W );

b) Completare la base di U a R3.

a)U ∩ V = {(x, y, z) ∈ R3|x = y = z, x + y − 2z = 0}U ∩W = {(x, y, z) ∈ R3|x = y = z, 2x + 3z = 0}V ∩W = {(x, y, z) ∈ R3|x + y − 2z = 0, 2x + 3z = 0}

Determiniamo le dimensioni e le basi dei vari sottospazi

U = {(x, y, z) ∈ R3|x = t, y = t, z = t} =< (1, 1, 1) >V = {(x, y, z) ∈ R3|x = −t + 2s, y = t, z = s} =< (−1, 1, 0), (2, 0, 1) >W = {(x, y, z) ∈ R3|x = −3/2t, y = s, z = t} =< (−3, 0, 2), (0, 1, 0) >U ∩ V = {(x, y, z) ∈ R3|x = t, y = t, z = t} =< (1, 1, 1) >U ∩W = {(0, 0, 0)}V ∩W = {(x, y, z) ∈ R3|x = −3/2t, y = 7/2t, z = t} =< (−3, 7, 2) > .

Si hadim U = 1dim V = 2dim W = 2dim(U ∩ V ) = 1 ed in particolare U ∩ V = Udim(U ∩W ) = 0dim(V ∩W ) = 1

Per determinare le dimensioni degli spazi somma utilizziamo la formula diGrassmann

dim(U + V ) = dim U + dim V − dim(U ∩ V ) = 2dim(U + W ) = dim U + dim W − dim(U ∩W ) = 3dim(V + W ) = dim V + dim W − dim(V ∩W ) = 3.

b) Per completare la base di U =< (1, 1, 1) > a R3 prendiamo un vettoreperpendicolare a (1, 1, 1), ad esempio (−1, 1, 0) (infatti (1, 1, 1) · (−1, 1, 0) =0). Il terzo vettore della base e dato da (1, 1, 1) × (−1, 1, 0) = (−1,−1, 2).Quindi U =< (1, 1, 1), (−1, 1, 0), (−1,−1, 2) >= R3.

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Esercizio 2.5. In R4 sono dati i sottospazi:

U =< u1,u2,u3 >, V =< v1,v2 >

doveu1 = (0, 0,−1, 1) u2 = (1, 0, 1, 0) u3 = (k, 0, 1, 1)v1 = (0, 1, 0, 1) v2 = (0, 1,−1, 0)

con k parametro reale.

a) Determinare al variare di k dim U , dim V , dim(U + V ), dim(U ∩ V );

b) Stabilire per quali k vale la decomposizione R4 = U ⊕ V ;

c) Dato w = (61, π, 2,−1), stabilire se w ∈ U + V .

a) Per stabilire la dimensione di U ci chiediamo se i suoi generatori sonovettori linearmente indipendenti cioe se

(0, 0,−1, 1)x + (1, 0, 1, 0)y + (k, 0, 1, 1)z = (0, 0, 0, 0) (2.1)

ha come unica soluzione (x, y, z) = (0, 0, 0). Riscriviamo la 2.1 comey + kz = 0

−x + y + z = 0x + z = 0

La matrice associata al sistema e 0 1 k−1 1 11 0 1

Il suo determinante si annulla per k = 2, quindi se k 6= 2 il sistema ammetteun’unica soluzione (nulla essendo il sistema omogeneo), mentre se k = 2 lamatrice ha rango 2. Si ricava che dim U = 3 per k 6= 2 e dim U = 2 perk = 2. Calcoliamo la dimensione di V . Ponendo

(0, 1, 0, 1)x + (0, 1,−1, 0)y = (0, 0, 0, 0) (2.2)

si ottiene l’unica soluzione (x, y) = (0, 0), da cui dim V = 2. Per calcolarela dimensione di U + V =< u1,u2,u3,v1,v2 > calcoliamo il rango della

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matrice 0 0 −1 01 0 1 0k 0 1 10 1 0 10 1 −1 0

Possiamo utilizzare il metodo di Gauss e si trova che il rango e 4 ∀k, quindidim(U + V ) = 4 ∀k. Per calcolare dim(U ∩ V ) utilizziamo la formula diGrassmann vettoriale

dim(U ∩ V ) = dim U + dim V − dim(U + V )= 3 + 2− 4 = 1 per k 6= 2= 2 + 2− 4 = 0 per k = 2

b) Poiche per k = 2 si ha dim(U ∩ V ) = 0 i sottospazi vettoriali (di R4) U eV sono in somma diretta. Inoltre dim(U +V ) = 4 per ogni k. Ne deduciamoche R4 = U ⊕ V . c) Dato che dim(U + V ) = 4 per ogni k si ha R4 = U + V ,ed essendo w un vettore di R4 vale che w ∈ U + V .

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Capitolo 3

Applicazioni lineari

Questo capitolo e dedicato allo studio delle applicazioni lineari; iniziamo conle definizioni base ed i primi esempi di applicazioni lineari nella prima sezione,per poi passare allo studio dei sottospazi associati ad ogni morfismo tra spazivettoriali.

3.1 Definizioni ed esempi

In questa sezione indicheremo in generale con V, W due spazi vettoriali sul-lo stesso campo K (che sara quasi sempre il campo dei numeri reali, salvoalcuni casi in cui considereremo spazi vettoriali su C) di dimensioni n,mrispettivamente.

Definizione 3.1. Una applicazione ϕ : V → W e detta lineare se sonoverificate le seguenti condizioni:

1. ∀v1, v2 ∈ V : ϕ(v1 + v2) = ϕ(v1) + ϕ(v2);

2. ∀v ∈ V, ∀λ ∈ K : ϕ(λv) = λϕ(v).

In base alla definizione possiamo subito esibire alcuni esempi di applicazionilineari tra spazi vettoriali. Cominciamo con due esempi piuttosto standard(lo studente, ad una prima lettura, puo pensare che gli spazi vettoriali concui si lavora siano Rn e Rm).

Esempio 3.1. Consideriamo l’applicazione nulla tra due spazi vettorialidefinita da

0 : V → Wv 7→ 0W

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che manda ogni vettore di V nel vettore nullo di W . Tale applicazione risultaessere chiaramente lineare in quanto:

1. 0(v1) + 0(v2) = 0W + 0W = 0W = 0(v1 + v2);

2. λ0(v) = λ0W = 0W = 0(λv).

Esempio 3.2. Un esempio importante di applicazione lineare e l’applicazioneidentica di uno spazio in se stesso:

id : V → Vv 7→ v

lasciamo allo studente la verifica della linearita di tale mappa.

Possiamo considerare anche applicazioni lineari tra spazi vettoriali non usuali,come dimostrato nel seguente:

Esempio 3.3. Abbiamo visto in precedenza che l’insieme Rn[x] dei polinomidi grado minore od uguale ad n nell’indeterminata x a coefficienti reali ha lastruttura di spazio vettoriale. Consideriamo l’operazione di derivazione:

D : Rn[x] → Rn−1[x]p(x) 7→ D(p(x)) = p′(x).

In generale, l’operazione di derivazione risulta essere lineare sullo spazio ditutte le funzioni derivabili, poiche 1:

1. D(f(x) + g(x)) = D(f(x)) + D(g(x));

2. D(kf(x)) = kD(f(x))

per ogni coppia di funzioni derivabili f, g e per ogni scalare k ∈ R. Dunque,a maggior ragione, tale operazione risultera essere lineare sul sottoinsiemedei polinomi.

Nei primi tre esempi visti, la definizione della applicazione lineare non hafatto uso di coordinate; vediamo ora un primo esempio in cui l’applicazionein questione e definita mediante la scrittura esplicita delle coordinate delcodominio in funzione di quelle del dominio.

1rimandiamo ad un testo di analisi la dimostrazione di questi fatti

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Esempio 3.4. Consideriamo l’applicazione:

ϕ : R2 → R2

(x, y) 7→ (x + y, 2x− 3y)

Se indichiamo con (x′, y′) le coordinate nel codominio, tale mappa e indivi-duata dalla sostituzione lineare omogenea:{

x′ = x + yy′ = 2x− 3y

Verifichiamo che tale mappa e lineare:

1. ∀(x1, y1), (x2, y2) ∈ R2 si ha:

ϕ((x1, y1) + (x2, y2)) = ϕ((x1 + x2, y1 + y2))= (x1 + x2 + y1 + y2, 2x1 + 2x2 − 3y1 − 3y2)= (x1 + y1, 2x1 − 3y1) + (x2 + y2, 2x2 − 3y2)= ϕ((x1, y1)) + ϕ((x2, y2))

2. ∀(x, y) ∈ R2,∀λ ∈ R:

ϕ(λ(x, y)) = ϕ((λx, λy))= (λx + λy, 2λx− 3λy)= (λ(x + y), λ(2x− 3y))= λ(x + y, 2x− 3y)= λϕ(x, y)

In generale non e necessario verificare che mappe come la ϕ siano lineari; esufficiente osservare che l’espressione in coordinate e data mediante equazionilineari omogenee.

Dopo aver visto i primi esempi di applicazioni lineari, continuiamo la nostratrattazione ricordando un importante fatto: le applicazioni lineari trasfor-mano combinazioni lineari in combinazioni lineari. Infatti, sia {v1, . . . , vn}una base di V ; ogni vettore v ∈ V si scrive come combinazione lineare dei vi:v = α1v1 + · · · + αnvn =

∑ni=1 αivi. L’immagine del vettore v mediante una

applicazione lineare ϕ : V → W risultera essere del tipo:

ϕ(v) = ϕ(∑n

i=1 αivi)=

∑ni=1 αiϕ(vi)

= α1ϕ(v1) + · · ·+ αnϕ(vn).

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In particolare, da questa osservazione, e possibile dedurre che l’azione dellamappa ϕ e completamente determinata dalla definizione di ϕ su una base deldominio. Consideriamo dunque il seguente:

Esempio 3.5. Indichiamo con {e1, e2, e3} ed {e′1, e′2} la basi canoniche di R3

ed R2 rispettivamente; consideriamo dunque l’applicazione:

ϕ : R3 → R2

e1 7→ 2e′1 − e′2e2 7→ 3e′1e3 7→ e′1 + 5e′2

Tale mappa risulta sicuramente essere lineare; vogliamo determinare la suaespressione in coordinate. Indicate con (x, y, z) le coordinate nel dominio, siha:

ϕ(x, y, z) = ϕ(xe1 + ye2 + ze3)= ϕ(xe1) + ϕ(ye2) + ϕ(ze3)= xϕ(e1) + yϕ(e2) + zϕ(e3)= x(2e′1 − e′2) + y(3e′1) + z(e′1 + 5e′2)= (2x + 3y + z)e′1 + (−x + 5z)e′2= (2x + 3y + z,−x + 5z)

cioe la sostituzione lineare omogenea sulle coordinate e data da:{x′ = 2x + 3y + zy′ = −x + 5z

dove (x′, y′) rappresentano le coordinate nel codominio.

Nei prossimi due esempi consideriamo il caso di applicazioni lineari definite suspazi vettoriali che non abbiamo ancora preso in esempio in questo capitolo;nel primo caso consideriamo lo spazio vettoriale C come spazio vettoriale sulcampo R, mentre nel secondo prendiamo in considerazione lo spazio dellematrici.

Esempio 3.6. Consideriamo lo spazio vettoriale C su R. Ricordiamo chetale spazio ha dimensione pari a 2 ed una sua base e {1, i} 2. Consideriamol’operazione di coniugio su C, definita da:

ϕ : C → Cz 7→ z

2ogni elemento z ∈ C si puo sempre scrivere come combinazione lineare z = a + ib cona, b ∈ R, cioe come combinazione lineare dei vettori 1 e i

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E’ immediato verificare che tale applicazione e lineare; infatti

1. ϕ(z1 + z2) = z1 + z2 = z1 + z2 = ϕ(z1) + ϕ(z2)

2. ϕ(λz) = λz = λz = λz

poiche λ ∈ R.

Esempio 3.7. Prendiamo in esame il caso in cui il dominio dell’applicazionee costituito dall’insieme delle matrici quadrate a coefficienti reali. Sia A =(aij) ∈ Mn(R) una matrice quadrata di ordine n; ricordiamo che la traccia3

di A e definita da:

tr(A) =n∑

i=1

aii

La funzione traccia associa dunque un numero reale ad ogni matrice quadrata;in pratica, e definita una funzione:

tr : Mn(R) → R

che risulta essere lineare (vedi nota).

Terminiamo questa sezione riportando alcuni esempi di mappe tra spazivettoriali che non risultano essere lineari.

Esempio 3.8. Consideriamo l’applicazione definita in coordinate da:

ϕ : R2 → R2

(x, y) 7→ (x− y, 2x + y + 1)

ovvero definita dalla sostituzione sulle coordinate:{x′ = x− yy′ = 2x + y + 1

3per comodita , riportiamo al lettore le proprieta fondamentali della funzione traccia,le cui dimostrazioni si possono trovare su un qualsiasi testo di algebra lineare:

1. tr(A + B) = tr(A) + tr(B)

2. tr(kA) = ktr(A)

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Tale mappa risulta essere non lineare in quanto, ad esempio, non esoddisfatta la linearita rispetto alla somma; infatti:

ϕ((x1, y1) + (x2, y2)) = ϕ((x1 + x2, y1 + y2))= (x1 + x2 − y1 − y2, 2x1 + 2x2 + y1 + y2 + 1)

mentre si ha che:

ϕ((x1, y1)) + ϕ((x2, y2)) = (x1 − y1, 2x1 + y1 + 1) + (x2 − y2, 2x2 + y2 + 1)= (x1 + x2 − y1 − y2, 2x1 + 2x2 + y1 + y2 + 2)

Esempio 3.9. Sappiamo che il determinante di una matrice quadrata a coef-ficienti reali e un numero reale; in altri termini risulta definita una fun-zione tra lo spazio vettoriale delle matrici quadrate e lo spazio vettorialeunidimensionale R:

det : Mn(R) → RA 7→ det(A)

che non risulta essere lineare, perche in generale vale la seguente formula:

det(kA) = kndet(A) ∀k ∈ R.

Lasciamo come esercizio per lo studente la dimostrazione del fatto che, ingenerale, non vale neanche:

det(A + B) = det(A) + det(B)

(lo studente fornisca un esempio di due matrici che non soddisfano taleproprieta ).

Esempio 3.10. Riprendiamo in esame lo spazio vettoriale C, considerandoloquesta volta come spazio vettoriale su se stesso 4; in tal caso il coniugio

ϕ : C → Cz 7→ z

non e lineare! Ad esempio, si ha che:

ϕ(iz) = iz = iz = −iz

4ricordiamo che in questo caso una base e costituita, ad esempio, dal solo numero 1

28

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3.2 Sottospazi associati ad una applicazione

lineare

Iniziamo questa sezione ricordando allo studente che si indica con Hom(V, W )l’insieme delle applicazioni lineari (o morfismi) da V in W , mentre conEnd(V ) indicheremo l’insieme di tutte le applicazioni lineari di uno spazioV in se stesso. Ricordiamo inoltre che una applicazione lineare ϕ : V → We detta isomorfismo se risulta essere biunivoca (e, quindi, invertibile). Unisomorfismo di uno spazio V in se stesso e detto automorfismo.

Ad ogni applicazione lineare ϕ : V → W tra spazi vettoriali, risultanoassociati due sottospazi, detti nucleo ed immagine, definiti da:

1. Ker(ϕ) = {v ∈ V |ϕ(v) = 0};

2. Im(ϕ) = {w ∈ W |∃v ∈ V, ϕ(v) = w}.Lo studio di questi sottospazi puo aiutare a comprendere meglio la funzioneϕ; vale, ad esempio, la seguente:

Proposizione 3.1. Una applicazione lineare ϕ : V → W risulta essereiniettiva se e solo se:

Ker(ϕ) = {0V }Di notevole importanza risulta essere anche il teorema delle dimensioni:

Teorema 3.1. Sia ϕ : V → W una applicazione lineare; allora vale laseguente formula:

dim(Ker(ϕ)) + dim(Im(ϕ)) = dim(V ) (3.1)

Prima di passare a vedere altri esempi di applicazioni lineari e pero necessariointrodurre un nuovo concetto, ossia quello di matrice di una applicazionelineare

3.3 Matrice associata ad una applicazione li-

neare

Sia {v1, v2, . . . , vn} una base dello spazio vettoriale V , e sia {w1, w2, . . . , wm}una base di W ; consideriamo una applicazione lineare tra questi due spazi:

ϕ : V → W.

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Tale applicazione lineare trasforma ogni vettore vi della base di V in unvettore di W , che si potra dunque scrivere come combinazione lineare deivettori wj; in altri termini, e possibile scrivere:

ϕ(v1) = a11w1 + a21w2 + · · ·+ am1wm

ϕ(v2) = a12w1 + a22w2 + · · ·+ am2wm...

ϕ(vn) = a1nw1 + a2nw2 + · · ·+ amnwm

ovvero, in termini piu compatti: ϕ(vi) =∑m

j=1 ajiwj. Risulta dunque deter-minata una matrice A ∈ Mm,n(R), ottenuta mettendo nella i-esima colonnai coefficienti del vettore ϕ(vi) nella base {wj}:

A =

a11 a12 · · · a1n

a21 a22 · · · a2n...

.... . .

...am1 am2 · · · amn

In particolare, dalla costruzione fatta, si deduce che le colonne della matrice Arisultano essere un sistema di generatori per lo spazio Im(ϕ); dunque, per de-terminare una base di Im(ϕ) e sufficiente considerare le colonne linearmenteindipendenti della matrice A.

Siamo in grado ora di vedere alcuni esempi significativi di studi di applicazionilineari.

Esercizio 3.1. Consideriamo l’applicazione lineare definita sulla base:

ϕ : R3 → R3

e1 7→ e1 + e3

e2 7→ e2

e3 7→ e1 + e2 + e3

Determinare la matrice di ϕ, scrivere le equazioni in componenti e studiarela mappa ϕ (nel senso di determinare il nucleo e l’immagine, e stabilire se einiettiva e/o suriettiva).Soluzione. Notiamo innanzitutto che abbiamo considerato la base canonica{e1, e2, e3} sia nel dominio che nel codominio. Poiche la mappa ϕ e definitasu una base, risulta immediato scrivere la matrice associata all’applicazione

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lineare: e sufficiente mettere in colonna i coefficienti delle immagini dei vet-tori della base del dominio! Dunque, la prima colonna di A risulta essereil vettore (1, 0, 1)t. Ragionando in modo analogo per le altre due colonne,risulta che:

A =

1 0 10 1 11 0 1

Scriviamo ora le equazioni di ϕ in componenti:

ϕ((x, y, z)) = ϕ(xe1 + ye2 + ze3)= xϕ(e1) + yϕ(e2) + zϕ(e3)= xe1 + xe3 + ye2 + ze1 + ze2 + ze3

= (x + z)e1 + (y + z)e2 + (x + z)e3

= (x + z, y + z, x + z)

cioe la sostituzione lineare omogenea di coordinate e :x′ = x + zy′ = y + zz′ = x + z

nota bene:la trasformazione di coordinate si puo leggere direttamente dallamatrice associata A, ed in particolare sulle righe. Piu precisamente vale laseguente: x′

y′

z′

= A

xyz

che risulta dunque essere in qualche modo equivalente alla scrittura:

w = ϕ(v)

posto w = (x′, y′, z′) e v = (x, y, z). Passiamo ora a determinare il nucleo ditale applicazione; per definizione si ha:

v = (x, y, z) ∈ Ker(V ) ⇔ ϕ(v) = 0W

⇔ Av = 0W

dunque ogni elemento del nucleo deve essere soluzione del sistema lineareomogeneo: 1 0 1

0 1 11 0 1

xyz

=

000

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Osserviamo subito che la terza riga di tale sistema e equivalente alla primae la eliminiamo; il sistema e gia nella forma a gradini, da cui si vede che,scegliendo la z come variabile libera, la soluzione e nella forma:

x = y = −z

cioe il nucleo di ϕ risulta essere lo spazio generato dal vettore (1, 1,−1), equindi e un sottospazio di dimensione 1 in R3. Dunque possiamo concludereimmediatamente che l’applicazione in questione non e iniettiva. Inoltre ilteorema delle dimensioni ci permette di concludere che dim(Im(ϕ)) = 2, edunque la mappa non e nemmeno suriettiva; in particolare, una base per lospazio immagine si ottiene prendendo due colonne linearmente indipendentidella matrice A (ad esempio le prime due). Concludiamo dunque che:

Im(ϕ) = < (1 0 1) , (0 1 0) >

Concludiamo questo esercizio con il fornire un metodo generale che si utilizzaper determinare le equazioni di un sottospazio vettoriale, una volta nota unabase per il sottospazio stesso. E’ proprio il caso del sottospazio immagine, dicui ora conosciamo una base, e di cui vogliamo determinare l’equazione incoordinate; procediamo secondo il seguente ragionamento: (x, y, z) ∈ Im(ϕ)se e solo se (x, y, z) e combinazione lineare dei vettori della base di Im(ϕ).Questo e equivalente ad imporre che la matrice:

M =

1 0 x0 1 y1 0 z

abbia rango 2, poiche la terza colonna deve essere linearmente dipendentedalle altre; alternativamente questo equivale a dire che tale matrice abbiadeterminante nullo:

det(M) = 0

Sviluppando questo determinante rispetto alla seconda colonna con il metododi Laplace, si ottiene:

z − x = 0

cioe si ottiene l’equazione che descrive lo spazio immagine:

Im(ϕ) = {(x, y, z) ∈ R3|x = z}

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Esercizio 3.2. Prendiamo ora in considerazione lo spazio vettoriale dellematrici quadrate di ordine 2 a coefficienti reali: V = M2(R), e definiamo lamappa:

ϕ : V → VX 7→ 1

2(X + X t)

Lasciamo allo studente la verifica del fatto che tale applicazione risulta esserelineare, mentre ci preoccupiamo nel seguito di scrivere la matrice associata aϕ. Scrivere la sua espressione in coordinate e determinare infine nucleo edimmagine. Sia X ∈ V ; possiamo scrivere

X =

(x1 x2

x3 x4

)(come elemento nel dominio); si ha che

ϕ(X) = 12

[ (x1 x2

x3 x4

)+

(x1 x3

x2 x4

) ]=

(x1

x2+x3

2x2+x3

2x4

)Indicate con (y1, y2, y3, y4) le coordinate nel codominio, si ha che lasostituzione lineare omogenea e espressa dalle relazioni:

y1 = x1

y2 = (x2 + x3)/2y3 = (x2 + x3)/2y4 = x4

La matrice associata a ϕ e pertanto:

A =

1 0 0 00 1/2 1/2 00 1/2 1/2 00 0 0 1

E’ immediato verificare che la matrice A ha rango pari a 3, e dunque lamappa ϕ risulta essere non iniettiva e neppure suriettiva. Determiniamoinfine nucleo ed immagine dell’applicazione:

X ∈ Ker(ϕ) ⇔ 1

2

(X + X t

)= 0 ⇔ X = −X t

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cioe il nucleo corrisponde all’insieme delle matrici antisimmetriche (ricor-diamo che tale spazio ha dimensione 1). Per determinare una base di Im(ϕ)prendiamo le colonne linearmente indipendenti della matrice A (ad esempio,le prime due e l’ultima). La prima colonna corrisponde alla matrice:(

1 00 0

)Ragionando in modo analogo si conclude che:

Im(ϕ) =<

(1 00 0

),

(0 11 0

),

(0 00 1

)>

ossia tale spazio coincide con lo spazio delle matrici simmetriche (hadimensione 3).

Esercizio 3.3. Data l’applicazione lineare:

ϕ : R2 → R2

(x, y) 7→ (2x− 3y, x,−x + 2y)

scrivere la matrice associata a ϕ, determinare nucleo ed immagine e stabilirese i vettori w1 = (−6, 3, 5), w2 = (3, 1,−6) ∈ Im(ϕ).soluzione E’ immediato scrivere la matrice associata, leggendo nellatrasformazione delle coordinate le righe della matrice stessa. Risulta:

A =

2 −31 0

−1 2

Per quanto riguarda il nucleo di questa applicazione e sufficiente risolvere ilsistema omogeneo associato, ovvero ridurre la matrice A. 2 −3

1 0−1 2

2 −30 20 1

che fornisce l’unica soluzione x = y = 0, cioe :

Ker(ϕ) = {(0, 0)}

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Dunque la dimensione del nucleo e pari a zero (questo implica che ϕ e iniet-tiva)e, dal teorema delle dimensioni, si ricava che dim(Im(ϕ)) = 2. In talcaso significa che le due colonne della matrice associata risultano essere unabase per lo spazio immagine.Passando all’ultimo quesito dell’esercizio, ragioniamo come segue:w1 ∈ Im(ϕ) ⇔ ∃(x, y) ∈ R2 : ϕ((x, y)) = w1.Dal punto di vista matriciale, questo equivale a scrivere: ∃(x, y) ∈ R2 taleche 2 −3

1 0−1 2

(xy

)=

−635

che corrisponde quindi alla risoluzione di un sistema lineare non omogeneo.Utilizzando il metodo di Gauss si ha: 2 −3 −6

1 0 3−1 2 5

2 −3 −60 2 80 1 4

da cui si conclude che il sistema e risolubile, e dunque w1 ∈ Im(ϕ).Analogamente per w2 si ha: 2 −3 3

1 0 1−1 2 −6

2 −3 30 2 −50 0 −23

da cui si vede che il rango della matrice orlata e maggiore di quello dellamatrice del sistema, e pertanto w2 6∈ Im(ϕ).

Esercizio 3.4. Data la mappa lineare

ϕ : R3 → R3

e1 7→ 2e1 − e2 + 7e3

e2 7→ e1 + 3e3

e3 7→ 2e1 + 3e2 + 3e3

dire per quali vaolri di k ∈ R il vettore w = (−1, k, 2) ∈ Im(ϕ).soluzione E’ sufficiente imporre che sia risolubile il sistema lineare la cuimatrice orlata e : 2 1 2 −1

−1 0 3 k7 3 3 2

35

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Utilizzando ancora una volta la riduzione di Gauss si arriva ad ottenere: 2 1 2 −10 1 8 2k − 10 0 0 2k + 10

da cui si conclude che il sistema e risolubile se e solo se k = −5.

Esercizio 3.5. Nello spazio vettoriale R2[x] dei polinomi a coefficienti realidi grado non superiore a 2, consideriamo la mappa:

ϕ : V → Vp(x) 7→ p(1)x2 + p(0)x

Verificare che ϕ e un endomorfismo di V e studiarlo.soluzioneRicordato che la base canonica di V e BV = {1, x, x2}, in termini di tale baseun generico elemento di V si scrive come p(x) = a + bx + cx2, dove abbiamoindicato con (a, b, c) le coordinate nel dominio. In termini di tali coordinatesi ha che:

p(1) = a + b + c; p(0) = a

e dunque:ϕ(p(x)) = ax + (a + b + c)x2.

Se indichiamo con (x′, y′, z′) le coordinate nel codominio, la sostituzione edata da:

a′ = 0b′ = ac′ = a + b + c

che risulta dunque essere lineare (in quanto e una sostituzione lineareomogenea). Ricaviamo inoltre la matrice associata:

A =

0 0 01 0 01 1 1

E’ immediato vedere che r(A) = 2; dunque dim(Im(ϕ)) = 2, e dal teoremadelle dimensioni si conclude che dim(Ker(ϕ)) = 1. In particolare si ha che:

Im(ϕ) = < C1, C2 >= < (0, 1, 1), (0, 0, 1) >= < x + x2, x2 >

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Per determinare il nucleo di questa applicazione e come al solito sufficienterisolvere il sistema lineare omogeneo associato alla matrice A: 0 0 0

1 0 01 1 1

abc

=

000

Risolvendo tale sistema si ottiene: a = 0, b = −c, da cui si deduce che

Ker(ϕ) =< (0, 1,−1) >=< x− x2 >

Esercizio 3.6. Verificare che l’endomorfismo di R3:

ϕ : R3 → R3

(x, y, z) 7→ (−3x + 3z, y, 2x + y − z)

e invertibile5,e determinare l’espressione in coordinate dell’applicazioneinversa.soluzioneLa matrice associata e :

A =

−3 0 30 1 02 1 −1

Per verificare che ϕ e invertibile e sufficiente dimostrare che il nucleo dell’ap-plicazione e banale. In tal caso infatti siamo sicuri che ϕ e iniettiva; inoltreil teorema delle dimensioni ci consente di affermare che la dimensione del-lo spazio immagine coincide con quella del codominio, e dunque ϕ e anchesuriettiva. Se consideriamo il sistema omogeneo associato alla matrice A, efacile vedere che tale sistema ha una sola soluzione in quanto, sviluppando ildeterminante con la regola di Laplace rispetto alla seconda riga, si ottiene:det(A) = −3. L’unica soluzione possibile deve pertanto essere quella banale:

Ker(ϕ) = {(0, 0, 0)}.

In tal modo abbiamo verificato l’esistenza della mappa inversa

ϕ−1 : R3 → R3 : (x′, y′, z′) 7→ (x, y, z),

5si dice che ϕ e un automorfismo di R3

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dove abbiamo indicato con (x′, y′, z′) le coordinate di un generico elementodel codominio di ϕ.Vale dunque la seguente relazione (in notazione funzionale)

w = ϕ(v) ⇔ ϕ−1(w) = v

che si riscrive in termini matriciali come:

(x′, y′, z′)t = A(x, y, z)t ⇔ A−1(x′, y′, z′)t = (x, y, z)t

cioe la matrice A−1 ci fornisce l’espressione in coordinate della funzioneinversa. Si ha che:

A−1 =

1/3 −1 10 1 0

2/3 −1 1

L’espressione in coordinate di ϕ−1 risulta essere:

x = 13x′ − y′ + z′

y = y′

z = 23x′ − y′ + z′

Esercizio 3.7. Dati i sottospazi vettoriali:

U = {(x, y, z) ∈ R3|x+y = y+z = 0}, V = {(x, y, z) ∈ R3|−x+2z = 0}

determinare, se possibile, una applicazione lineare

ϕ : R3 → R3

tale che:

1. Ker(ϕ) = U ;

2. Im(ϕ) = V

soluzioneUtilizziamo sia nel dominio che nel codominio la base canonica {e1, e2, e3}di R3, ed indichiamo con (x, y, z) e (x′, y′, z′) le coordinate in dominio ecodominio rispettivamente.

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Sappiamo che lo spazio immagine e generato dalle colonne linearmente in-dipendenti della matrice associata; in tal caso conosciamo lo spazio imma-gine, dunque possiamo ricavarne una base ed ottenere qualche colonna dellamatrice associata.Guardando le equazioni di V , e facile dedurre che una base per tale spaziorisulta essere:

BV = {(0, 1, 0), (2, 0, 1)}dunque tale sottospazio ha dimensione 2 ed abbiamo ottenuto due delle trecolonne della matrice associata, che sara della forma:

A =

0 2 a1 0 b0 1 c

dove il vettore colonna (a, b, c)t risultera essere combinazione lineare dellabase di V . Per determinare le incognite a, b, c proviamo ad imporre la condi-zione che il nucleo dell’applicazione che cerchiamo coincida con il sottospazioU .Prima di tutto osserviamo che U =< (1,−1, 1) > (questo si deduce piuttostofacilmente dalle equazioni di U), e dunque imponiamo che tale vettore sia unelemento del nucleo, cioe : 0 2 a

1 0 b0 1 c

1−11

=

000

da cui si ricava il sistema:

−2 + a = 01 + b = 0

−1 + c = 0

Dunque la matrice associata all’applicazione lineare e nella forma: 0 2 21 0 −10 1 1

cioe l’endomorfismo di R3 con le caratteristiche richieste e :

ϕ : R3 → R3

(x, y, z) 7→ (2y + 2z, x− z, y + z)

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3.4 Cambiamenti di riferimento

Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n. Considerate due basi di V :

B = {v1, v2, . . . , vn}

B′ = {w1, w2, . . . , wn}

risulta che ogni vettore wj ∈ B′ si puo scrivere come combinazione linearedei vettori vi:

w1 = a11v1 + a21v2 + · · ·+ an1vn =∑n

i=1 ai1vi

w2 = a12v1 + a22v2 + · · ·+ an2vn =∑n

i=1 ai2vi...

wn = a1nv1 + a2nv2 + · · ·+ annvn =∑n

i=1 ainvi

(3.2)

Sia ora u ∈ V un generico vettore; esso si potra scrivere sia comecombinazione lineare dei vi che come combinazione lineare dei wj:

u = x1v1 + x2v2 + · · ·+ xnvn = x′1w1 + x′2w2 + · · ·+ x′nwn

Sostituendo ai wj le espressioni fornite dalla (3.2) si ottiene:

u = x′1w1 + x′2w2 + · · ·+ x′nwn

= x′1(a11v1 + a21v2 + · · ·+ an1vn) + · · ·+ x′n(a1nv1 + a2nv2 + · · ·+ annvn)

= (x′1a11 + x′2a12 + · · ·+ x′na1n)v1 + · · ·+ (x′1an1 + x′2an2 + · · ·+ x′nann)vn

da cui si ottengono le cosiddette espressioni del cambio di coordinate:x1 = x′1a11 + x′2a12 + · · ·+ x′na1n

x2 = x′1a21 + x′2a22 + · · ·+ x′na2n...

xn = x′1an1 + x′2an2 + · · ·+ x′nann

(3.3)

La (3.3) si puo esprimere in forma matriciale:

X = AX ′ (3.4)

40

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dove:

X =

x1

x2...

xn

X ′ =

x′1x′2...

x′n

mentre A e la matrice quadrata di ordine n ottenuta mettendo in colonna icoefficienti dei vettori wj rispetto alla base B:

A =

a11 a12 . . . a1n

a21 a22 . . . a2n...

.... . .

...an1 an2 . . . ann

La (3.4) fornisce dunque il legame esistente tra le coordinate (xi) del vettoreu espresso in termini della base B, e le coordinate (x′i) dello stesso vettore urispetto alla base B′.Osservazioni

1. la matrice A risulta essere invertibile, in quanto le sue colonne sonolinearmente indipendenti (essendo i vettori di una base);

2. A e la matrice che esprime i vettori della base B′ in funzione della baseB; in generale indicheremo dunque tale matrice con AB,B′ .

Vediamo un esempio per chiarire il tutto:

Esempio 3.11. In R2, la matrice di passaggio dalla base canonica B ={e1, e2} alla base B′ = {v1(2, 1), v2(−1, 3)} si ottiene semplicemente mettendoin colonna i vettori della base B′ espressi in termini di B. Dunque:

AB,B′ =

(2 −11 3

)Ricordiamo che tale matrice fornisce le componenti (x, y) di un vettore di R2

rispetto a B, una volta note le sue componenti rispetto a B′; ad esempio, seu = (1,−1) rispetto a B′, allora le sue componenti (x, y) rispetto a B sonofornite da: (

xy

)=

(2 −11 3

) (1−1

)41

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cioe x = 3, y = −2. Dunque:

u = v1 − v2 = 3e1 − 2e2

Esercizio 3.8. In R3, con base canonica B = {e1, e2, e3}, si considerino altredue basi:B′ = {v1(1, 2, 3), v2(−1, 0, 4), v3(5,−2, 3)}B′′ = {w1(3, 0, 3), w2(−1, 2, 2), w3(1, 2, 5)}Determinare le coordinate dei vettori u = 3v1 + 2v2 − 2v3 e w = −w1 +4w2 − 7w3 rispetto alla base canonica, utilizzando la matrice del cambio dicoordinate.

Un importante risultato che riguarda il cambiamento di coordinate e fornitodalla seguente proposizone, che risultera utile anche nello svolgimento dialcuni esercizi:

Proposizione 3.2. Sia V uno spazio vettoriale, e siano B,B′,B′′ tre basidistinte di V . Indicate con MB,B′ , MB′,B′′ le matrici che descrivono il cambiodi coordinate da B a B′ e da B′ a B′′, rispettivamente, allora valgono i seguentifatti:

1. MB,B′′ = MB,B′MB′,B′′;

2. MB′,B = M−1B,B′.

Vediamo l’immediata applicazione di tale risultato nel seguente:

Esercizio 3.9. Sia V = R3; indichiamo con B = {e1, e2, e3} la sua basecanonica. Consideriamo le basi :

B′ = {v1(1, 1, 0), v2(2, 1, 1), v3(0,−2, 1)}

B′′ = {w1(−1, 0, 1), w2(1,−2,−3), w3(1, 1, 1)}

Determinare il cambio di coordinate da B′ a B′′.soluzione E’ immediato scrivere le matrici di passaggio da B a B′ e B′′;

MB,B′ =

1 2 01 1 −20 1 1

42

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MB,B′′ =

−1 1 10 −2 11 −3 1

La proposizione precedente ci consente di affermare che:

MB′′,B′ = MB′′,BMB,B′

e cheMB′′,B = M−1

B,B′′ .

Dunque, calcolando l’inversa di MB,B′′ si ha:

M−1B,B′′ =

1/2 −2 3/21/2 −1 1/21 −1 1

In conclusione:

MB′′,B′ =

1/2 −2 3/21/2 −1 1/21 −1 1

1 2 01 1 −20 1 1

=

−3/2 1/2 11/2−1/2 1/2 5/2

0 2 3

Ad esempio, se conosciamo le coordinate di un vettore rispetto a B′′, possiamofacilmente conoscere le sue componenti rispetto a B′. Sia

u = 2w1 + 3w2 + w3 = (2, 3, 1)B′′ ;

allora le sue componenti rispetto a B′ sono: xyz

B′

=

−3/2 1/2 11/2−1/2 1/2 5/2

0 2 3

231

=

439

Lo studente dovrebbe essere ora in grado di risolvere da solo i seguentiesercizi:

43

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Esercizio 3.10. Per le seguenti coppie di basi di R2 determinare la matriceMB,B′:

1. B = {(1,−1), (1, 1)},B′ = {(1, 0), (1, 1)};

2. B = {(2, 1), (2, 2)},B′ = {(√

5,−√

5), (√

5,√

5)}.

Esercizio 3.11. Determinare la matrice del cambio di coordinate per leseguenti coppie di basi di R3:

1. B = {(1, 0, 1), (1, 1, 0), (0, 1, 1)},B′ = {(1, 1, 1), (0, 1, 1), (0, 0, 1)};

2. B = {(1,−1, 1), (−1, 1, 1), (1, 1, 1)},B′ = {(13, 5,−6), (8,−10,−4), (−17, 0,−7)}

Una importante applicazione del cambiamento di coordinate si ha nel-lo studio delle applicazioni lineari. Siano V, W spazi vettoriali, con basiBV = {e1, . . . , en},B′V = {e′1, . . . , e′m}, e sia

ϕ : V → W(x1, . . . , xn) 7→ (y1, . . . , ym)

una applicazione lineare tra questi spazi. Indicata con A la matrice associataa tale applicazione lineare, sappiamo che vale la scrittura:

Y = AX

dove Y = (y1, . . . , ym)t ∈ W, X = (x1, . . . , xn)t ∈ V .Vogliamo vedere cosa succede se cambiamo le basi nei due spazi. Indicatecon B′V ,B′W due nuove basi, rispettivamente in V ed in W , abbiamo vistoche:

X = MBV ,B′VX′, Y = MBW ,B′WY ′

sono le relazioni che legano le coordinate di uno stesso vettore rispetto a basidifferenti nello stesso spazio vettoriale. Possiamo dunque scrivere che:

MBW ,B′WY ′ = AMBV ,B′VX′

e poiche MBW ,B′W e invertibile:

Y ′ = M−1BW ,B′W

AMBV ,B′VX′ (3.5)

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ovvero:Y ′ = BX ′

con B = M−1BW ,B′W

AMBV ,B′V .

In altre parole, la (3.5) non e altro che la notazione matriciale dellaapplicazione ϕ rispetto alle due nuove basi.Si osservi che le matrici A e B rappresentano la stessa applicazione lineare(e sempre la ϕ), definita solo su basi differenti. Le due matrici sono detteequivalenti.Vediamo un esempio:

Esempio 3.12. Consideriamo la mappa

ϕ : R3 → R2

e1 7→ 2e′1 + e′2e2 7→ e′1 − e′2e3 7→ 5e′1

dove E = {e1, e2, e3}, E ′ = {e′1, e′2} sono le basi canoniche di R3, R2 rispetti-vamente. Sappiamo che la corrispondente matrice associata a ϕ (rispetto aqueste basi!) e :

A =

(2 1 51 −1 0

)e la corrispondente sostituzione di coordinate e :{

y1 = 2x1 + x2 + 5x3

y2 = x1 − x2

dove (x1, x2, x3) sono le coordinate nel dominio e (y1, y2) nel codominio.Cerchiamo di capire cosa succede quando cambiamo base in entrambi gli spazi.Consideriamo, ad esempio, le nuove basi:B = {v1(1, 0, 2), v2(1, 2, 0), v3(1, 1, 2)}B′ = {w1(3, 1), w2(1, 0)}e proviamo a determinare qual e la matrice associata a ϕ rispetto a tali basi.Iniziamo a determinare le matrici dei cambi di coordinate:

ME,B =

1 1 10 2 12 0 2

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mentre

ME ′,B′ =

(3 01 1

)La (3.5) ci dice che:

Y ′ = M−1E ′,B′AME,BX

dove Y ′ = (y′1, y′2)

t ∈ R2 sono le coordinate di un vettore rispetto a B′,X ′ = (x′1, x

′2, x

′3)

t ∈ R3 sono quelle rispetto a B. Dunque:

B = M−1E ′,B′AME,B

=

(1/3 0−1/3 1

) (2 1 51 −1 0

) 1 1 10 2 12 0 2

=

(4 4/3 13/3−3 −7/3 −13/3

)e la matrice che rappresenta ϕ rispetto alle basi B,B′. La sostituzioneomogenea di coordinate e pertanto data da:{

y′1 = 4x′1 + 4/3x′2 + 13/3x′3y′2 = −3x′1 − 7/3x′2 − 13/3x′3

Esercizio 3.12. Sia ϕ : R2 → R3 l’applicazione lineare definita da:

ϕ(x1, x2) = (x1 + x2, x1 − 2x2, x1)

Determinare MB′,B, dove:

B = {(1, 1), (0,−1)},B′ = {(1, 1, 1), (1,−2, 0), (0, 0, 1)}

cioe la matrice associata a ϕ rispetto alle nuove basi.

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Capitolo 4

Diagonalizzazione di operatorilineari

In questo capitolo indicheremo con V uno spazio vettoriale n-dimensionalegenerico su un campo K, e con ϕ un endomorfismo di tale spazio, cioe unaapplicazione lineare di V in se stesso. Iniziamo richiamando le principalidefinizioni.

Definizione 4.1. Sia v ∈ V, v 6= 0; v e detto autovettore per ϕ se

ϕ(v) = λv (4.1)

con λ ∈ K. In tal caso lo scalare λ e detto autovalore di ϕ.

Osservazioni:

1. L’insieme Vλ = {v ∈ V : ϕ(v) = λv} di tutti gli autovettori associatiall’autovalore λ e detto autospazio associato a λ. Questo insieme risultaessere un sottospazio vettoriale di V .

2. Se esiste una base BV = {v1, . . . , vn} di V costituita da autovettori perϕ, cioe tale che ϕ(vi) = λivi, allora la matrice A associata a ϕ rispettoa questa base e in forma diagonale:

A =

λ1 0 · · · 00 λ2 · · · 0...

.... . .

...0 0 · · · λn

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Definizione 4.2. Diciamo che ϕ (ovvero la matrice associata A) ediagonalizzabile se esiste una base di autovettori.

Un semplice criterio che si utilizza negli esercizi per il calcolo degli autovettorie fornito dal seguente risultato:

Proposizione 4.1. Uno scalare λ ∈ K e autovalore di ϕ se e solo se:

det(A− λI) = 0 (4.2)

dove A−λI e la matrice ottenuta togliendo l’incognita λ dagli elementi delladiagonale della matrice A.

Si noti che il primo membro della (4.2) risulta essere un polinomio di gradon nella incognita λ, detto polinomio caratteristico:

P (λ) = (−1)nλn + a1λn−1 + . . . + an−1λ + an

dove an = det A. Le radici di P (λ) = 0 sono dunque gli autovaloridell’endomorfismo ϕ.

Teorema 4.1 (di Cayley-Hamilton). Ogni matrice quadrata annulla il suopolinomio caratteristico, cioe

(−1)nAn + a1An−1 + . . . + an−1A + anI = 0.

Possiamo ora iniziare ad esaminare i primi esempi.

Esempio 4.1. L’endomorfismo ϕ : R2 → R2 : (x, y) 7→ (x − 2y, x + 4y) hamatrice associata:

A =

(1 −21 4

)La (4.2) ci dice che gli autovalori si ottengono da:

det

(1− λ −2

1 4− λ

)= 0

Sviluppando il determinante si ottiene l’equazione

λ2 − 5λ + 6 = 0

che fornisce le due soluzioni reali: λ1 = 2, λ2 = 3.Ci proponiamo ora di determinare gli autospazi associati a ciascun autova-lore:

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V2: e l’insieme dei vettori che soddisfano l’equazione Av = 2v, ossia sonole soluzioni del sistema lineare omogeneo

(A− 2I)v = 0R2 .

Andiamo dunque a risolvere tale sistema:(−1 −21 2

) (xy

)=

(00

)Osserviamo subito che la seconda riga della matrice dei coefficienti eproporzionale alla prima e, dunque, la eliminiamo. Questa e una ovviaconseguenza del fatto che l’autovalore λ1 = 2 annulla il determinantedella matrice A− λI, la quale dunque non ha rango massimo.

In conclusione, la matrice ha rango pari ad 1, e ci sono ∞2−1 soluzio-ni, ovvero l’autospazio V2 ha dimensione 1. Per trovare una sua basedobbiamo risolvere il sistema; l’unica equazione da considerare e dun-que: −x− 2y = 0. Prendendo y come variabile libera si ottiene che lagenerica soluzione e nella forma:{

x = −2ty = t

e quindi si conclude che BV2 = {v1(−2, 1)}.

V3: e l’insieme dei vettori che soddisfano l’equazione Av = 3v, ossia sonole soluzioni del sistema lineare omogeneo

(A− 3I)v = 0R2 .

Andiamo dunque a risolvere tale sistema:(−2 −21 1

) (xy

)=

(00

)Osserviamo subito che la seconda riga della matrice dei coefficienti eproporzionale alla prima; in tal caso eliminiamo la prima riga.

Come prima, la matrice ha rango pari ad 1, e ci sono ∞2−1 soluzioni,ovvero l’autospazio V3 ha dimensione 1. Per trovare una sua base dob-biamo risolvere il sistema; l’unica equazione da considerare e dunque:

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x + y = 0. Prendendo y come variabile libera si ottiene che la genericasoluzione e nella forma: {

x = −ty = t

e quindi si conclude che BV3 = {v2(−1, 1)}.

Abbiamo cosı determinato una coppia di autovettori linearmente indipenden-ti, cioe una base di autovettori per R2: BR2 = {v1, v2}. Questo significa chel’applicazione lineare ϕ e diagonalizzabile, poiche la matrice associata a ϕ intale base e nella forma diagonale:(

2 00 3

)Concludiamo questo esercizio riprendendo quanto detto nella sezione dedicataai cambiamenti di riferimento per le applicazioni lineari, e vediamo comefunziona il tutto nel caso particolare degli endomorfismi.Iniziamo con il ricordare che A e la matrice associata a ϕ espressa rispettoalla base canonica E(e la stessa base sia nel dominio che nel codominio);possiamo sottolineare questo fatto indicando tale matrice con AE,E .Se ora vogliamo trovare la matrice B associata a ϕ rispetto ad una nuovabase B dobbiamo ricordarci che vale la relazione:

B = MB,EAE,EME,B

dove ME,B e la matrice le cui colonne sono fornite dai coefficienti degli e-lementi della nuova base B rispetto alla base canonica, ed inoltre MB,E =M−1

E,B.Proviamo dunque a vedere qual e la matrice associata a ϕ rispetto alla basedi autovettori B = {v1(−2, 1), v2(−1, 1)}. In tal caso si ha:

ME,B =

(−2 −11 1

)

M−1E,B =

(−1 −11 2

)

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e dunque la matrice associata a ϕ rispetto alla nuova base e :

B = MB,EAE,EME,B

=

(−1 −11 2

) (1 −21 4

) (−2 −11 1

)=

(2 00 3

)come, del resto, avremmo dovuto aspettarci!

Osservazione: l’ultima parte dell’esercizio precedente puo esseregeneralizzata secondo il seguente ragionamento:sia A la matrice associata ad un endomorfismo di uno spazio V ; dopo avercalcolato gli autovalori di tale matrice (gia a questo livello potrebbero essercidei problemi), si determina una base di autovettori per ogni autospazio. Sel’unione di tutte queste basi risulta essere una base per V, allora la matrice Ae diagonalizzabile, e la sua forma diagonale D si ottiene nel seguente modo:

D = M−1AM

dove M e la matrice ottenuta mettendo in colonna tutti gli autovettori dellanuova base trovata.M prende il nome di matrice diagonalizzante per A.

Non e sempre possibile diagonalizzare una matrice, come evidenziato nelseguente:

Esempio 4.2. La matrice di ordine 3:

A =

2 1 −10 0 50 0 0

ha come polinomio caratteristico:

p(λ) = det

2− λ 1 −10 −λ 50 0 −λ

= λ2(2− λ)

e dunque i suoi autovalori sono λ1 = 0, λ2 = 2. Si osservi che l’autovaloreλ1 compare due volte come radice del polinomio caratteristico; diremo allorache l’autovalore λ1 ha molteplicita algebrica 2.

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In generale, chiameremo molteplicita algebrica di un autovalore la sua mol-teplicita come radice di p(λ), ed indicheremo questa quantita con ma(λ).Nel nostro esempio si ha che ma(0) = 2 e ma(2) = 1.Passiamo al calcolo degli autospazi associati:

V0:

2 1 −10 0 50 0 0

xyz

=

000

la matrice ha rango 2, dunque

dim(V0) = n− r(A) = 1

Tolta l’ultima equazione, dalla seconda si ottiene z = 0, e sostituendotale risultato nella prima si ha 2x + y = 0; presa x libera, si ottiene:

x = ty = −2tz = 0

Dunque V0 =< v1(1,−2, 0) >.

V2:

0 1 −10 −2 50 0 −2

xyz

=

000

la matrice ha rango 2, dunque

dim(V2) = n− r(A− 2I) = 1

Togliendo una equazione, ad esempio la seconda, si ottiene che lamatrice dei coefficienti ridotta e :(

0 1 −10 0 −2

)L’ultima equazione fornisce z = 0, e sostituendo tale risultato nellaprima si ha che y = 0. In conclusione rimane libera la variabile x, epertanto la soluzione di tale sistema e :

x = ty = 0z = 0

e si ottiene che V2 =< v2(1, 0, 0) >.

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In conclusione ho trovato solo una coppia di autovettori indipendenti, e dun-que non sono in grado di costruire una base diagonalizzante per la matriceA.

L’esempio precedente ci permette di intravedere uno dei motivi che sono cau-sa della non diagonalizzabilita di una matrice; infatti abbiamo osservato chel’autovalore nullo compare due volte come radice del polinomio caratteristico(abbiamo espresso questo concetto dicendo che ma(0) = 2), ma l’autospazioassociato a tale autovalore ha dimensione pari ad 1 ed una base di tale au-tospazio sara pertanto costituita da un solo autovettore. E’ conveniente, aquesto punto , introdurre anche il concetto di molteplicita geometrica.

Definizione 4.3. Sia λ un autovalore di un endomorfismo ϕ; si chiama mol-teplicita geometrica di λ, e si indica con mg(λ), la dimensione dell’autospazioassociato a tale autovalore. In altri termini:

mg(λ) = dim(Vλ).

Ricordiamo innanzitutto che se λ e un autovalore di ϕ ∈ End(V ), allora valesempre la relazione

1 ≤ mg(λ) ≤ ma(λ) (4.3)

Queste considerazioni dovrebbero farci capire il motivo della non diagonaliz-zabilita della matrice dell’esempio precedente; la (4.3) ci assicura che l’au-tospazio V2 ha dimensione 1, pertanto troveremo una base costituita da unsolo autovettore anche per questo autospazio.Quando considero l’unione delle basi di tutti gli autospazi trovati riesco adeterminare un sistema di vettori che non risultera essere una base per lospazio di partenza R3 in quanto costituito da soli 2 vettori.

Definizione 4.4. Sia λ un autovalore di ϕ; diciamo che λ e regolare se

ma(λ) = mg(λ)

Il ragionamento che abbiamo fatto ci permette di concludere che una condi-zione necessaria per la diagonalizzabilita di un operatore lineare e che tuttigli autovalori siano regolari, secondo la precedente definizione.Ci chiediamo ora se tale condizione risulta essere anche sufficiente. Perrispondere a tale domanda basta considerare il seguente esempio!

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Esempio 4.3. Consideriamo l’endomorfismo di R3:

ϕ : R3 → R3

e1 7→ 3e1 − e2

e2 7→ e1 + 3e2

e3 7→ −2e3

la cui matrice associata e :

A =

3 1 0−1 3 00 0 −2

Il calcolo degli autovalori ci fornisce:

p(λ) = det

3− λ 1 0−1 3− λ 00 0 −2− λ

= (λ2 − 6λ + 10)(−2− λ)

Le radici di tale polinomio risultano essere non tutte reali poiche il fattoreλ2− 6λ + 10 ha discriminante negativo. L’unica soluzione reale (cioe l’unicoautovalore reale) e pertanto λ1 = −2, con ma(−2) = 1; dunque questo au-tovalore e sicuramente regolare, ma non riusciamo a costruire una base diautovettori (reali!) per R3.In conclusione, l’endomorfismo ϕ non e diagonalizzabile in campo reale;diverso sarebbe il discorso in campo complesso, come vedremo dopo.

Abbiamo dunque fornito un esempio in cui gli autovalori trovati sono tuttiregolari ma l’endomorfismo risulta essere non diagonalizzabile. In questocaso, la causa risiede nel fatto che il polinomio caratteristico non si fattorizzain modo completo su R, ma possiede alcune radici in C.

Abbiamo ora tutti gli elementi per formulare una condizione necessaria esuffciente per la diagonalizzabilita di un operatore lineare:

Teorema 4.2. Un endomorfismo ϕ e diagonalizzabile sul campo K se e solose:

1. tutti gli autovalori sono in K;

2. ogni autovalore e regolare

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o, equivalentemente, se vale la condizione:∑i

mg(λi) = n

cioe se la somma diretta di tutti gli autospazi ha come risultato lo spazio V .

Dal punto di vista pratico, questo teorema e di semplice applicazione: dopoaver calcolato il polinomio caratteristico della matrice A, calcolo le sue ra-dici e verifico che siano tutte in K; in caso di risposta affermativa, passo alcalcolo degli autospazi per controllare che tutti gli autovalori siano regolari,confrontando la loro molteplicita algebrica con quella geometrica. In caso diulteriore risposta affermativa, posso concludere che la matrice e diagonaliz-zabile e la base diagonalizzante si ottiene prendendo l’unione delle basi ditutti gli autospazi trovati.

Esercizio 4.1. Studiare la digonalizzabilita della matrice:

A =

1 1 11 1 11 1 1

soluzioneIl polinomio caratteristico di A e :

p(λ) = det

1− λ 1 11 1− λ 11 1 1− λ

= λ2(3− λ)

pertanto ci sono 2 autovalori reali: λ1 = 0, ma(0) = 2 e λ2 = 3, ma(3) = 1.Quest’ultimo autovalore risulta essere sicuramente regolare; la matrice A ediagonalizzabile se mg(0) = ma(0) = 2.Andiamo dunque a determinare l’autospazio V0 risolvendo il sistema lineareomogeneo: 1 1 1

1 1 11 1 1

xyz

=

000

E’ immediato verificare che la matrice dei coefficienti ha rango pari ad 1,pertanto:

mg(0) = dim(V0) = n− r(A− 0I) = 3− 1 = 2 = ma(0)

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e dunque anche λ1 = 0 e un autovalore regolare.Il teorema (4.2) ci assicura pertanto la diagonalizzabilita della matrice A.Per trovare una base diagonalizzante e necessario determinare i dueautospazi;

1. l’unica equazione che descrive V0 e : x + y + z = 0. Prendendo comevariabili libere y, z si ottiene che:

x = −t− sy = tz = s

da cui si vede che BV0 = {v1(−1, 1, 0), v2(−1, 0, 1)}.

2. Per determinare V3 risolviamo il sistema: −2 1 11 −2 11 1 −2

xyz

=

000

Riducendo per righe la matrice dei coefficienti si ottiene:

A −→(

1 −2 10 −1 1

)Prendendo z = t libera, si ottiene:

x = ty = tz = t

cioe BV0 = {v3(1, 1, 1)}.

Esercizio 4.2. Sia F : R3 → R3 l’operatore lineare

F (x, y, z) = (y − z,−x + 2y − z, x− y + 2z).

Dimostrare che F e diagonalizzabile, trovando una base b di R3 formata daautovettori di F . Determinare la matrice che rappresenta F in tale base.

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La matrice A che rappresenta F nella base canonica e 0 1 −1−1 2 −11 −1 2

Per calcolare gli autovalori poniamo det(A− λI) = 0:∣∣∣∣∣∣

−λ 1 −1−1 2− λ −11 −1 2− λ

∣∣∣∣∣∣ = 0

Le soluzioni sono λ = 1, 2 con ma(1) = 2, ma(2) = 1.Calcoliamo ora gli autovettori associati all’autovalore 1 ponendo −1 1 −1

−1 1 −11 −1 1

xyz

=

000

.

Il sistema ha ∞2 soluzioni date da x− y + z = 0. Lo spazio delle soluzioni el’autospazio associato all’autovalore 1:

V1 = {(x, y, z) ∈ R3|x = s− t, y = s, z = t; t, s parametri}= < (−1, 0, 1), (1, 1, 0) > .

La dimensione V1 e 2 cioe mg(1) = 2.Poiche ma(1) = mg(1), ma(2) = mg(2) e ma(1) + ma(2) = 3 la matrice A ediagonalizzabile. Gli autovettori associati all’autovalore 2 sono dati da −2 1 −1

−1 0 −11 −1 0

xyz

=

000

.

che si riduce a {x + z = 0y + z = 0

Il sistema ha ∞1 soluzioni. Lo spazio delle soluzioni e l’autospazio associatoall’autovalore 2:

V2 = {(x, y, z) ∈ R3|x = −t, y = −t, z = t; t parametro}= < (−1,−1, 1) > .

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La dimensione di V2 e 1 cioe mg(2) = 1.Poiche ma(1) = mg(1), ma(2) = mg(2) e ma(1) + ma(2) = 3 la matrice A ediagonalizzabile.Si ha che R3 = V1 ⊕ V2 =< (−1, 0, 1), (1, 1, 0), (−1,−1, 1) > e la matrice delcambiamento di base e data da

M =

−1 1 −10 1 −11 0 1

e la sua inversa e

M−1 =

−1 1 01 0 11 −1 1

Ponendo D = M−1AM si ottiene

D =

1 0 00 1 00 0 2

.

D e la matrice diagonale che rappresenta l’operatore F nella base costituitadagli autovettori.

Esercizio 4.3. Date le matrici A, B, M ∈ Mn(K) con M invertibiledimostrare che se B = M−1AM allora ∀k ∈ N vale Bk = M−1AkM .

La dimostrazione e lasciata allo studente.

Osservazione 4.1. In particolare si osserva che se λ e autovalore di unamatirice A ∈ Mn(K) allora λk e autovalore della matrice Ak.

Esercizio 4.4. Con riferimento al testo dell’esercizio 4.2 determinarel’operatore F 5 : R3 → R3 rispetto alla base canonica.

Consideriamo la matrice diagonale D associata ad F rispetto alla base diautovettori calcolata nell’es 4.2. Allora una matrice diagonale associata a F 5

e D5 (nella stessa base di autovettori):

D5 =

1 0 00 1 00 0 32

.

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Per calcolare la matrice associata ad F nella base canonica basta porreMD5M−1: −1 1 −1

0 1 −11 0 1

1 0 00 1 00 0 32

−1 1 01 0 11 −1 1

=

−30 31 −31−31 32 −3131 −31 32

.

Quindi F 5 : R3 → R3 rispetto alla base canonica e definito da

F (x, y, z) = (−30x + 31y − 31z,−31x + 32y − 31z, 31x− 31y + 32z).

Esercizio 4.5. Sia F : K3 → K3 (K = R o K = C) l’endomorfismo definitoda

F (x, y, z) = (x− z, 2y, x + y + z).

1. Stabilire se F e diagonalizzabile ed in caso affermativo calcolare unabase di autovettori.

2. Detta A la matrice associata ad F calcolare A−1 utilizzando il teoremadi Caley-Hamilton.

1. La matrice che rappresenta F nella base canonica e 1 0 −10 2 01 1 1

.

Per calcolare gli autovalori poniamo det(A− λI) = 0:

(2− λ)(λ2 − 2λ + 2) = 0 (4.4)

In R l’unico autovalore possibile e 2 con ma(2) = 1 in quanto in R l’eqz 4.4ammette come unica soluzione il valore 2. Poiche le altre due soluzioni nonstanno in R si conclude che A non e diagonalizzabile in R.In C ci sono tre autovalori distinti 2, 1+

−i (tutti con molteplicita algebrica 1),dunque A e diagonalizzabile in C.Calcoliamo gli autovettori associati all’autovalore 2 ponendo −1 0 −1

0 0 01 1 −1

xyz

=

000

59

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che si riduce a {x + z = 0y − 2z = 0

Il sistema ha ∞1 soluzioni. Lo spazio delle soluzioni e l’autospazio associatoall’autovalore 2:

V2 = {(x, y, z) ∈ C3|x = −t, y = 2t, z = t; t parametro}= < (−1, 2, 1)) > .

La dimensione V1 e 1 cioe mg(1) = 2.L’autospazio associato all’autovalore 1 + i e dato da −i 0 −1

0 1− i 01 1 −i

xyz

=

000

.

che si riduce a {ix + z = 0

y = 0

Il sistema ha ∞1 soluzioni. Lo spazio delle soluzioni e dunque:

V1+i = {(x, y, z) ∈ C3|x = t, y = 0, z = −it; t parametro}= < (1, 0,−i) > .

La dimensione di V1+i e 1 cioe mg(1 + i) = 1.Gli autovettori associati all’autovalore 1− i sono dati da i 0 −1

0 1 + i 01 1 i

xyz

=

000

.

che si riduce a {ix − z = 0

y = 0

Il sistema ha ∞1 soluzioni. Lo spazio delle soluzioni e l’autospazio associatoall’autovalore 1− i:

V1−i = {(x, y, z) ∈ C3|x = t, y = 0, z = it; t parametro}= < (1, 0, i) > .

60

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La dimensione di V1−i e 1 cioe mg(1 + i) = 1.Si ha che R3 = V2⊕V1+i⊕V1−i =< (−1, 2, 1), (1, 0,−i), (1, 0, i) > e la matricedel cambiamento di base e data da

M =

−1 1 12 0 01 −i i

Si ha che D = M−1AM dove

D =

2 0 00 1 + i 00 0 1− i

.

D e la matrice diagonale che rappresenta l’operatore F nella base costituitadagli autovettori.2. Riprendendo l’eqz 4.4 si ha che il polinomio caratteristico e

P (λ) = −λ3 + 4λ2 − 6λ + 4

Per il teorema di Cayley-Hamilton P (A) = 0, cioe

A3 − 4A2 + 6A− 4I = 0

Moltiplicando per A−1 si ottiene

A2 − 4A + 6I − 4A−1 = 0

da cui si ricava

A−1 =1

4(A2 − 4A + 6I).

Svolgendo i conti si ha

A−1 =1

4

2 −1 20 2 0−2 −1 2

.

Esercizio 4.6. Sia A la matrice 7 4 −44 1 8−4 8 1

Calcolare gli autovalori di A ed una base ortonormale di autovettori.

61

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Poniamo det(A− λI) = 0:∣∣∣∣∣∣7− λ 4 −4

4 1− λ 8−4 8 1− λ

∣∣∣∣∣∣ = 0

da cui si ottiene(9− λ)(λ2 − 81) = 0.

Gli autovalori sono λ = 9 (ma(9) = 2) e λ = −9 (ma(−9) = 1).Calcoliamo gli autovettori associati all’autovalore 9: −2 4 −4

4 −8 8−4 8 −8

xyz

=

000

.

che si riduce a x− 2y + 2z = 0. Il sistema ha ∞2 soluzioni. Lo spazio dellesoluzioni e l’autospazio associato all’autovalore 9:

V9 = {(x, y, z) ∈ R3|x = 2s− 2t, y = s, z = t; t, s parametro}= < (−2, 0, 1), (−2, 1, 0) > .

La dimensione di V9 e 2 cioe mg(9) = 2.Calcoliamo gli autovettori associati all’autovalore -9: 16 4 −4

4 10 8−4 8 10

xyz

=

000

.

che si riduce a {4x +y −z = 0

y +z = 0

Il sistema ha ∞1 soluzioni. Lo spazio delle soluzioni e l’autospazio associatoall’autovalore -9:

V−9 = {(x, y, z) ∈ R3|x = t/2, y = −t, z = t; t, s parametro}= < (1,−2, 2) > .

La dimensione di V−9 e 1 cioe mg(−9) = 1.

62

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Una base di autovettori e data da

{v1 = (−2, 0, 1), v2 = (−2, 1, 0), v3 = (1,−2, 2)}.

Utilizziamo il metodo di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt per ottenerea partire da {v1 = (−2, 0, 1), v2 = (−2, 1, 0), v3 = (1,−2, 2)} una base divettori {u1, u2, u3} ortonormali.v1 = (−2, 0, 1)‖v1‖ =

√5 (norma di v1)

u1 = v1

‖v1‖ = (− 2√5, 0, 1√

5) (u1 ha lunghezza 1)

v2− < u1, v2 > u1 = (25, 1, 4

5)

‖( 2√5, 1, 4√

5)‖ = 3√

5

u2 =( 2√

5,1, 4√

5)

‖( 2√5,1, 4√

5)‖ =

√5

3(2

5, 1, 4

5) = ( 2

3√

5,√

53

, 43√

5)

v3 e gia perpendicolare a u1 e u2 in quanto non appartiene all’autospazio V9,quindi basta dividerlo per la sua norma.‖v3‖ = 3 (norma di v3)u3 = v3

‖v3‖ = (13,−2

3, 2

3).

La matrice ortogonale del cambiamento di base e

M =

− 2√5

23√

513

0√

53

−23

1√5

43√

523

Essendo M una matrice ortogonale M−1 = MT . La matrice A e simile allamatrice diagonale

MT AM =

9 0 00 9 00 0 −9

.

Esercizio 4.7. Si consideri lo spazio vettoriale reale dei polinomi R2[X]. Siaα : R2[X] → R2[X] l’operatore definito da

α(P [X]) = XdP

dX−X

(3

2X + 1

)d2P

dX2.

1. Verificare che α e un endomorfismo e scriverne una matrice rispettoalla base {1, X,X2} di R2[X].

2. Trovare autovalori e autovettori di α.

63

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Essendo la derivata un operatore lineare anche α e lineare, dunque un en-domorfismo. E lasciata allo studente la verifica della linearita mediante iconti.Poicheα(1) = 0,α(X) = X,α(X2) = −X2 − 2X,la matrice A associata ad α e 0 0 0

0 1 −20 0 −1

.

Essendo la matrice triangolare si vede subito che ci sono tre autovalori distinti0,1,-1. La matrice e quindi diagonalizzabile.E lasciato allo studente trovare gli autovettori.

Esercizio 4.8. Sia f : M2(R) → M2(R) l’applicazione definita da

f(A) = A− 2At.

1. Verificare che f e un endomorfismo.

2. Trovare autovalori ed autospazi di f e dire se f e diagonalizzabile.

Il punto 1. e lasciato allo studente.2. Calcoliamo gli autovalori ponendo f(A) = λA ovvero A − 2At = λA, dacui

(1− λ)A = 2At. (4.5)

Da questa eqz deduciamo che A deve essere proporzionale ad At (ovviamenteA 6= 0). Si presentano allora due casi:A = At (A simmetrica)Dall’eqz 4.5 si ottiene l’autovalore λ = −1. L’autospazio associato sara lospazio delle matrici simmetriche

V−1 ={A ∈ M2(R)|A = At

}=

{(a bb c

)|a, b, c ∈ R

}= <

(1 00 0

),

(0 11 0

),

(0 00 1

)>

64

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Notiamo che dim V−1 = 3 (mg(−1) = 3).A = −At (A antisimmetrica)Dall’eqz 4.5 si ottiene l’autovalore λ = 3. L’autospazio associato sara lospazio delle matrici antisimmetriche

V3 ={A ∈ M2(R)|A = −At

}=

{(0 a−a 0

)|a ∈ R

}= <

(0 1−1 0

)>

Notiamo che dim V3 = 1 (mg(3) = 1).Poiche M2(R) = V−1 ⊕ V3 f e diagonalizzabile (ne deduciamo ma(−1) = 3 ema(3) = 1).

Si puo arrivare allo stesso risultato procedendo nel modo standard. In questocaso consideriamo la base canonica di M2(R)

E1 =

(1 00 0

), E2 =

(0 10 0

), E3 =

(0 01 0

), E4 =

(0 00 1

)e data una matrice

A =

(a bc d

)= aE1 + bE2 + cE3 + dE4

vale

f(A) = A− 2At =

(a bc d

)− 2

(a cb d

)=

(−a b− 2c

c− 2b −d

).

Considerando le matrici di M2(R) come vettori di R4 cioe

E1 =

1000

, E2 =

0100

, E3 =

0010

, E4 =

0001

,

A =

abcd

, f(A) =

−a

b− 2cc− 2b−d

65

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possiamo scrivere la matrice B associata ad f :

B =

−1 0 0 00 1 −2 00 −2 1 00 0 0 −1

.

Per calcolare gli autovalori procediamo come al solito ponendo det(B−λI) =0. Lo studente puo proseguire e verificare che si trova lo stesso risultatoottenuto sopra.

Esercizio 4.9. Stabilire per quali valori del parametro reale h la matrice

A =

0 0 0 h0 0 1 00 1 h + 1 0−1 0 0 0

e diagonalizzabile.

66

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Capitolo 5

Geometria analitica del piano

Fissato un sistema di riferimento R(O, i, j) indichiamo con (x, y) le coordinatedi un punto P tali che

P −O = xi + yj. (5.1)

Distanza tra due punti P1(x1, y1) e P2(x2, y2)

d(P2, P1) = ‖P2 − P1‖ =√

(x2 − x1)2 + (y2 − y1)2. (5.2)

Una retta nel piano si puo rappresentare mediante un’equazione del tipo

ax + by + c = 0 eqz. cartesiana implicita (5.3)

dove n(a, b) e un vettore perpendicolare alla retta data; oppure medianteun’equazione del tipo

y = αx + β eqz. cartesiana esplicita (5.4)

dove α e il coefficiente angolare della retta. Una retta si puo rappresentareanche mediante un’equazione parametrica del tipo{

x = x0 + uxty = y0 + uyt

(5.5)

dove t e il parametro, P0(x0, y0) e un punto della retta e u = (ux, uy) e unvettore parallelo alla retta. ux, uy sono detti parametri direttori della retta.Il coefficiente angolare della retta e dato da

α = −a

b=

uy

ux

(5.6)

67

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Equazione di una retta passante per due punti P1(x1, y1) e P2(x2, y2):

x− x1

x2 − x1

=y − y1

y2 − y1

eqz cartesiana (5.7)

oppure {x = x0 + (x2 − x1)ty = y0 + (y2 − y1)t

eqz parametrica (5.8)

Due rette r e r′ sono parallele se hanno lo stesso coefficiente angolare

α = α′;a

a′=

b

b′;

ux

u′x=

uy

u′y. (5.9)

Due rette r e r′ sono perpendicolari se:

ur · ur′ = 0 i vettori ur e ur′ sono perpendicolari

oppurenr · nr′ = 0 i vettori nr e nr′ sono perpendicolari

oppure

α = − 1

α′.

La totalita delle rette passanti per un punto P0(x0, y0) si dice fascio propriodi centro P0 e si rappresenta mediante

a(x− x0) + b(y − y0) = 0 al variare di a, b. (5.10)

La totalita delle rette parallele ad una retta assegnata r : ax + by + c = 0 sidice fascio improprio di direzione individuata da r e si rappresenta mediante

ax + by + k = 0 al variare di k. (5.11)

Il fascio di rette individuato da due rette distinte di equazione r : ax+by+c =0 e r : a′x + b′y + c′ = 0 si rappresenta nella forma

λ(ax + by + c) + µ(a′x + b′y + c′) = 0 (5.12)

al variare dei parametri omgenei λ, µ.Distanza di un punto P0(x0, y0) da una retta r : ax + by + c = 0:

d(P0, r) =|ax0 + by0 + c|√

a2 + b2. (5.13)

68

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Angolo di due rette r e r′

cosurur′ =+−

ur · ur′

‖ur‖‖ur′‖. (5.14)

r e r′ sono perpendicolari se lo sono i vettori ur e ur′ :

ur · ur′ = 0.

Esercizio 5.1. Data la retta r : x + 2y − 4 = 0 e la retta

s :

{x = 1 + 2ty = 3 + t

Determinare l’eqz della retta appartenente al fascio individuato da r e s esoddisfacente ad una delle seguenti condizioni:

(a) passante per il punto P (3, 1);

(b) parallela alla retta 3x− y + 7 = 0.

(a) Eliminando il parametro t dall’eqz parametrica di s otteniamo la sua eqzcartesiania

x− 2y + 5 = 0.

Il fascio individuato da r e s e dato da

λ(x + 2y − 4) + µ(x− 2y + 5) = 0

Imponendo il passaggio per P si ha λ + 6µ = 0; una possibile soluzione eλ = −6 e µ = 1. Sostituendo tali valori all’eqz del fascio si ottiene la retta

5x + 14y − 29 = 0.

(b) Riscriviamo l’eqz del fascio nel modo seguente:

(λ + µ)x + 2(λ− µ)y − 4λ + 5µ = 0.

Imponendo la condizione di parallelismo

λ + µ

3=

2(λ− µ)

−1

si ottiene 7λ− 5µ = 0; una soluzione e ad es λ = 5 e µ = 7. Sostituendo talivalori all’eqz del fascio si ottiene la retta

12x− 4y + +15 = 0.

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Esercizio 5.2. Trovare il luogo dei punti equidistanti dai punti A(−1, 2) eB(0, 4).Determinare i punti C appartenenti al luogo dei punti equidistanti da A e Btali che d(C, A) =

√5.

Il punto medio del segmento AB e dato da

M =

(xA + xB

2,yA + yB

2

)(5.15)

Nel nostro caso M(−1

2, 3

). Calcoliamo il vettore AB = OB−OA = (0, 4)−

(−1, 2) = (1, 2) e troviamo un vettore (x, y) perpendicolare ad esso:

(1, 2) · (x, y) = (0, 0)

da cui x + 2y = 0; una soluzione e ad es (x, y) = (2,−1).Il luogo dei punti equidistanti da A e B e una retta r passante per M eparallelo al vettore (2,−1), quindi di eqz parametrica:{

x = −12

+ 2ty = 3− t

Eliminando t si ottiene l’eqz cartesiana x + 2y − 112

= 0.Si poteva arrivare allo stesso risultato sfruttando il fatto che tutti i punti dir hanno la stessa distanza da A e B, cioe

d(P, A) = d(P, B)

dove P e un punto generico di r.Un generico punto C di r e C =

(−2t + 11

2, t

)(si ricava dall’eqz parametrica

di r). Da d(C, B) = 52

(uso d(C, B) per semplicita di conti) si ottiene√(−2t +

11

2

)2

+ (t− 4)2 =5

2

. Le soluzioni sono t = 4 e t = 2, a cui corrispondono rispettivamente i punti(32, 2

)e

(−5

2, 4

).

70

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Capitolo 6

Geometria analitica dello spazio

Fissato un sistema di riferimento R(O, i, j,k) indichiamo con (x, y, z) lecoordinate di un punto P tali che

P −O = xi + yj + zk. (6.1)

Distanza tra due punti P1(x1, y1, z1) e P2(x2, y2, z2)

d(P2, P1) = ‖P2 − P1‖ =√

(x2 − x1)2 + (y2 − y1)2 + (z2 − z1)2. (6.2)

Un piano si puo rappresentare mediante un’equazione del tipo

ax + by + cz + d = 0 eqz. cartesiana (6.3)

dove n = (a, b, c) e un vettore perpendicolare al piano, oppure medianteun’equazione parametrica

x = x0 + uxt + vxsy = y0 + uyt + vysz = z0 + uzt + vzs

(6.4)

dove u = (ux, uy, uz) e v = (vx, vy, vz) sono vettori paralleli al piano eP0(x0, y0, z0) e un punto del piano.L’equazione cartesiana di un piano passante per un punto P0(x0, y0, z0) eparallelo ai vettori u = (ux, uy, uz) e v = (vx, vy, vz) e data da

(P − P0) ∧ u · v = 0 (6.5)

71

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ovvero ∣∣∣∣∣∣x− x0 y − y0 z − z0

ux uy uz

vx vy vz

∣∣∣∣∣∣ = 0 (6.6)

Due piani α : ax+ by + cz + d = 0 e α′ : a′x+ b′y + c′z + d′ = 0 sono parallelise n = (a, b, c) e n′ = (a′, b′, c′) sono vettori paralleli ovvero se

a

a′=

b

b′=

c

c′. (6.7)

e sono perpendicolari se n = (a, b, c) e n′ = (a′, b′, c′) sono vettoriperpendicolari ovvero se

n · n′ = 0. (6.8)

L’intersezione di due piani α e α′ e data da una retta r che si puo quindiesprimere mediante

r :

{ax + by + cz + d = 0a′x + b′y + c′z + d′ = 0

(6.9)

L’equazione (parametrica) di una retta passante per un punto P0(x0, y0, z0)e parallelo al vettore u = (ux, uy, uz) e data da

x = x0 + uxty = y0 + uytz = z0 + uzt

(6.10)

con t parametro, oppure, in forma equivalente, mediante

x− x0

ux

=y − y0

uy

=z − z0

uz

. (6.11)

Se r e una retta intersezione di due piani π e π′ allora il vettore ur(ux, uy, uz)(parallelo a r) e dato dal prodotto vettoriale di nπ e nπ′ :

ur = n1 × n2 =

∣∣∣∣∣∣i j ka b ca′ b′ c′

∣∣∣∣∣∣ = uxi + uyj + uzk

La totalita dei piani passanti per una retta r si dice fascio proprio di asse laretta r e si rappresenta mediante

λ(ax + by + cz + d) + µ(a′x + b′y + c′z + d′) = 0 (6.12)

72

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al variare dei parametri omgenei λ, µ e dove ax + by + cz + d = 0 e a′x +b′y + c′z + d′ = 0 sono due piani qualsiasi passanti per r.La totalita dei piani paralleli ad un piano assegnato π : ax + by + cz + d = 0si dice fascio improprio di piani e si rappresenta mediante

ax + by + cz + k = 0 al variare di k. (6.13)

Due rette r e r′ (forma parametrica) sono complanari se∣∣∣∣∣∣x′0 − x0 y′0 − y0 z′0 − z0

ux uy uz

u′x u′y u′z

∣∣∣∣∣∣ = 0 (6.14)

altrimenti sono dette sghembe.La distanza di un punto P0(x0, y0, z0) da un piano π : ax + by + cz + d = 0 edata da

d(P0, π) =|ax0 + by0 + cz0 + d|√

a2 + b2 + c2. (6.15)

La distanza di un punto P0(x0, y0, z0) da una retta r e data da

d(P0, r) =‖(P0 − P1) ∧ u‖

‖u‖(6.16)

con P1 ∈ r.Se r e r′ sono due rette sghembe, la loro distanza (detta minima distanza) ela distanza di un punto qualsiasi di r dal piano π passante per s e paralleload r; la retta di minima distanza di r, s e la retta perpendicolare ed incidenter, s; essa determina su r, s due punti R,S la cui distanza coincide con laminima distanza delle due rette.Angolo di due rette r e r′

cosurur′ =+−

ur · ur′

‖ur‖‖ur′‖. (6.17)

r e r′ sono perpendicolari se lo sono i vettori ur e ur′ :

ur · ur′ = 0.

r e r′ sono parallele se lo sono i vettori ur e ur′ .

73

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Angolo di due piani π e π′

cosnn′ =+−

n · n′

‖n‖‖n′‖. (6.18)

Sia θ l’angolo individuato da una retta r e la sua proiezione ortogonale su unpiano π. Allora

sin θ = cos(π

2− θ

)=

nπ · ur

‖ur‖‖nπ‖. (6.19)

La retta r e perpendicolare al piano π se il vettore ur e parallelo al vettorenπ.

Esercizio 6.1. Dati v = (1, 0, 1), w = (−1, 0, 1), u = (0, 1, 1) siaU il piano passante per l’origine e generato da u e v,V il piano passante per l’origine e generato da v e w.Determinare:la retta r = U ∩ V ;la retta r′ passante per l’origine e perpendicolare a V ;per quali k il vettore z = (1, 0, k) ∈ V ?per quali k il vettore z = (k2, 0,−k) e perpendicolare a U?

L’eqz parametrica del piano U e

U = t(1, 0, 1) + s(0, 1, 1)

mentre da ∣∣∣∣∣∣x y z0 1 11 0 1

∣∣∣∣∣∣ = 0

si ottiene l’eqz cartesiana di U : x + y − z = 0.L’eqz parametrica del piano V e

U = t′(1, 0, 1) + s′(−1, 0, 1)

mentre da ∣∣∣∣∣∣x y z1 0 1−1 0 1

∣∣∣∣∣∣ = 0

si ottiene l’eqz cartesiana di V : y = 0.

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L’eqz. cartesiana della retta r = U ∩ V e

r :

{x = zy = 0

mentre l’eqz parametrica e

r :

x = ty = 0z = t

La retta r′ deve essere parallela a nU = (0, 1, 0) ed e

r′ :

x = 0y = λz = 0

Il vettore z = (1, 0, k) ∈ V se (1, 0, k) = t′(1, 0, 1) + s′(−1, 0, 1) cioe se{1 = t′ − s′

k = t′ + s′

Il sistema si puo ridurre in forma a gradini ∀k (e compatibile ∀k), dunquez ∈ V ∀k.Il vettore z(k2, 0,−k) e perpendicolare a U se

k2

1=

0

1=−k

−1

quindi per k = 0.

Esercizio 6.2. Sia r la retta di equazione

r :

{x− (k + 1)y − z = k − 12x + (1− 2k)y + z = 2k + 1

Per quali k la retta r e:

(a) parallela alla retta s di equazione

s :

x = 3t + 1y = 2tz = 2− 2t

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(b) parallela al piano π : 2x− y + 3z = 1;

(c) passante per il punto A(1, 1, 1).

(a) Mettiamo r in forma parametrica (risolviamo il sistema che larappresenta) (

1 −k − 1 −12 1− 2k 1

∣∣∣∣ k − 12k + 1

)Utilizziamo il metodo di Gauss(

1 −k − 1 −10 1 1

∣∣∣∣ k − 11

)da cui si ottiene

r :

x = 2k − kty = 1− tz = t

r e parallela a s se ur(−k,−1, 1) e parallelo a us(3, 2,−2) cioe se

−k

3=−1

2=

1

−2

da cui si ottiene k = 32.

Oppure si puo risolvere trovando ur come prodotto vettoriale di n1 = (1,−k−1,−1) e n2 = (2, 1− 2k, 1) che sono rispettivamente i vettori perpendicolariai piani la cui intersezione e r:

ur = n1 × n2 =

∣∣∣∣∣∣i j k1 −k − 1 −12 1− 2k 1

∣∣∣∣∣∣ = −3ki + 3j + 3k

e poi procedere come sopra.(b) Affinche r sia parallela al piano π deve essere ur(−k,−1, 1) perpendicolarea nπ(2,−1, 3):

ur · nπ = 0

da cui k = 2.(c) Per vedere se A ∈ r andiamo a sostituire le sue coordinate (1, 1, 1) nell’eqzdi r {

1− (k + 1)− 1 = k − 12 + (1− 2k) + 1 = 2k + 1

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Svolgendo i conti si arriva a {k = −k4k = 3

Il sistema e incompatibile, quindi A /∈ r qualunque sia il valore di k.

Esercizio 6.3. Dati la retta

r :

x = 2t− 3y = tz = 2− t

ed il piano π : x + z − 5 = 0 determinare:

(a) il piano passante per r e perpendicolare a π;

(b) i piani passanti per r e che formano con π un angolo di π3.

(a) Il piano passante per r e perpendicolare a π e un piano generato daivettori ur = (2, 1,−1) e da nπ = (1, 0, 1) e passante per un punto qualsiasidi r ad esempio per (−3, 0, 2) (ottenuto per t = 0). Esso ha eqz parametrica

x = −3 + 2t + sy = tz = 2− t + s

Dall’eqz parametrica ricaviamo quella cartesiana: x− 3y − z + 5 = 0.Si puo arrivare allo stesso risultato trovando l’eqz cartesiana di r:{

x− 2y + 3 = 0y + z − 2 = 0

e scrivendo l’eqz del fascio proprio di piani di asse la retta r

λ(x− 2y + 3) + µ(y + z − 2) = 0.

Riscriviamo tale eqz nel seguente modo

λx + (µ− 2λ)y + µz + 3λ− 2µ = 0.

Il vettore perpendicolare a tale piano e (λ, µ − 2λ, µ) e deve essereperpendicolare a nπ(1, 0, 1):

(λ, µ− 2λ, µ) · (1, 0, 1) = 0

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da cui si ottieneλ + µ = 0

Una soluzione e ad esempio (λ, µ) = (1,−1). Andando a sostituire tali valorinell’eqz del fascio si ottiene x− 3y − z + 5 = 0.(b) I piani passanti per r sono rappresentati dall’eqz del fascio. Imponiamoora la seconda condizione

cosπ

3=

(λ, µ− 2λ, µ) · (1, 0, 1)

‖(λ, µ− 2λ, µ)‖‖(1, 0, 1)‖=

λ + µ√λ2 + (µ− 2λ)2 + µ2

√2

Svolgendo i conti si ottiene l’eqz

λ(3λ− 8µ) = 0

che ha due soluzioni: una e λ = 0 e µ arbitrario ad es µ = 1, l’altra e ad esλ = 8 e µ = 3. Andando a sostituire tali valori nell’eqz del fascio si ottengonorispettivamente i piani y + z − 2 = 0 e 8x− 13y + 3z + 18 = 0.

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