Appunti di studio del testo di Egle Becchi I bambini nella storia

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1 RIASSUNTO LIBRO DI EGLE BECCHI: I BAMBINI NELLA STORIA Premessa 1)Fare storia dell’infanzia La conoscenza storica dell’infanzia si confronta con una certa incertezza discorsiva, difficoltà di identificazione dell’ oggetto; figure del passato ambigue (la donna il bambino l’anziano) che spesso non hanno lasciato traccia di sé;spesso si parla del passato dell’infanzia in due modalità: o la si immagina o viene documentata in quanto l’infanzia è presupposta non parlare non comunicare non dire di sé. Ariès si avvicina all’infanzia attraverso il concetto di sentimento non inteso come disposizione a reazione affettiva, ma come “idea di” “valore che si attribuisce a”. Per contro Erikson attraverso un’impostazione psicostorica intende il bambino piccolo come figlio cardine della teoria psicogenetica che indaga il trasformarsi delle relazioni genitori e figli. Ma il bambino può anche definirsi orfano, abbandonato, che socializza fuori dal nucleo familiare. Questi aspetti sono meno presenti nella storiografia dell’infanzia. si tenta perciò di dare coerenza agli indizi a documenti in cui si parla del bambino senza per questo esclusivizzare il testo sulla figura bambina. Questo lavoro di scavo fa da pendant a studi monografici ma mostra la possibilità e i pericoli che uno studio diacronico e globale della storia dell’infanzia che vogliono dare senso ad ogni costo al proprio oggetto considerandolo in un’ottica di tempi tanto lunghi da essere insostenibili ed inverosimili salvo che sul piano speculativo. 2)Griglie e fonti di lettura Gli universali metastorici della realtà puerile (es. la scuola, il gioco…)costituiscono universali metastorici che servono peer la creazione di griglie euristiche al fine di approcciarsi allo studio dell’infanzia di ieri e di oggi. Altra categoria sono i segni prodotti dal bambino stesso, da intendersi come cultura dell’infanzia, primo capitale del bambino. Un’altra categoria è l’identità dell’ oggetto. Chi è il bambino? Le risposte sono varie discordanti e poco univoche. E’ maschio o femmina con storie diverse? Vive in famiglia o non ha genitori? E’ schiavo? Va a scuola? I registri dunque cambiano e vanno da un estremo positivo e uno negativo fino al tragico. Per evitare di fare del bambino un personaggio di cui si dice vittima delle manovre narrative e descrittive in cui l’adulto lo irretisce, è in dispensabile cercare segni infantili, voci autentiche e non interpretate (ad es.

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RIASSUNTO LIBRO DI EGLE BECCHI: I BAMBINI NELLA STORIA

Premessa

1)Fare storia dell’infanzia

La conoscenza storica dell’infanzia si confronta con una certa incertezza discorsiva, difficoltà di identificazione dell’ oggetto; figure del passato ambigue (la donna il bambino l’anziano) che spesso non hanno lasciato traccia di sé;spesso si parla del passato dell’infanzia in due modalità: o la si immagina o viene documentata in quanto l’infanzia è presupposta non parlare non comunicare non dire di sé. Ariès si avvicina all’infanzia attraverso il concetto di sentimento non inteso come disposizione a reazione affettiva, ma come “idea di” “valore che si attribuisce a”. Per contro Erikson attraverso un’impostazione psicostorica intende il bambino piccolo come figlio cardine della teoria psicogenetica che indaga il trasformarsi delle relazioni genitori e figli. Ma il bambino può anche definirsi orfano, abbandonato, che socializza fuori dal nucleo familiare. Questi aspetti sono meno presenti nella storiografia dell’infanzia. si tenta perciò di dare coerenza agli indizi a documenti in cui si parla del bambino senza per questo esclusivizzare il testo sulla figura bambina. Questo lavoro di scavo fa da pendant a studi monografici ma mostra la possibilità e i pericoli che uno studio diacronico e globale della storia dell’infanzia che vogliono dare senso ad ogni costo al proprio oggetto considerandolo in un’ottica di tempi tanto lunghi da essere insostenibili ed inverosimili salvo che sul piano speculativo.

2)Griglie e fonti di lettura

Gli universali metastorici della realtà puerile (es. la scuola, il gioco…)costituiscono universali metastorici che servono peer la creazione di griglie euristiche al fine di approcciarsi allo studio dell’infanzia di ieri e di oggi. Altra categoria sono i segni prodotti dal bambino stesso, da intendersi come cultura dell’infanzia, primo capitale del bambino. Un’altra categoria è l’identità dell’ oggetto. Chi è il bambino? Le risposte sono varie discordanti e poco univoche. E’ maschio o femmina con storie diverse? Vive in famiglia o non ha genitori? E’ schiavo? Va a scuola? I registri dunque cambiano e vanno da un estremo positivo e uno negativo fino al tragico. Per evitare di fare del bambino un personaggio di cui si dice vittima delle manovre narrative e descrittive in cui l’adulto lo irretisce, è in dispensabile cercare segni infantili, voci autentiche e non interpretate (ad es. giocattoli prodotti dagli stessi bambini) . va disambiguato dalle fonti in cui il bambino si trova quasi sempre insieme ad una persona grande se non addirittura confuso con essa. Si tratta dunque di un viaggio in regioni ignote.

CAP. 1 SEGNI, VOCI, TRACCE

Un capitale di segni accompagna quasi in sordina la storia dell’infanzia:perlopiù anonimo, non è quasi possibile distinguere fra maschi e bambine. Ci testimoniano lo stare nel mondo dei bambini, dei suoi utilizzi nello spazio, dell’appropriarsi dei luoghi e talora del loro uso trasgressivo. Inoltre abbiamo costruzione di giocattoli, e voci:filastrocche ritornelli conte opere individuali o collettive. Ad esse si aggiungono prodotti grafici e verbali (lettere, diari, cronache di scuola, anche prodotti domestici ,story-telling, canti ripetuti in momenti rituali… canti per concorsi canori…). Talora è l’adulto ad aiutarlo, altre volte è il bambino che copia pagine di autori per esercitarsi nella scrittura della sua o altrui lingua (ad es. Ippolita Sfroza, sorella di Ludovico il Moro che a 13 anni copia il De senectute di Cicerone conservato nel British Museum). Tali documenti dell’esistenza e della cultura infantile sono rari:prodotti per lo più privati o fatti da quella scuola il tutto mal conservato. Questo disinteresse sta nell’idea che il bambino fa cose irrilevanti anche se si è accostata l’arte bambina con quella primitiva e delle avanguardie. Per questi motivi la storia dell’infanzia si

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fonda su documenti di adulti che non hanno avuto rapporti diretti o continuativi con i bambini di cui riferiscono.; ad es. autobiografie e ricordi d’infanzia scritti da autori non più bambini da cui emerge un quadro deformato.

Segni e tracce

a. Esercitarsi nell’alfabeto: testimonianze pompeiane del I sec . d. C di alfabeti disegnati sui muri delle case ad altezza bambino, ma non sappiamo se per consegna di una persona grande o invece spontanei, se individuali o di gruppo.

b. Prego vostra signoria: Carlo Sforza figlio naturale di Gian Galeazzo scrive brevemente al padre chiedendo il permesso per potersi esercitare alla caccia al falcone, se libero da impegni scolastici; emerge una ordinata quotidianità con confidente rispetto nei confronti del padre.

c. Nel quadro di Caroto, pittore veronese a cavallo tra il 1400 e il 1500 una bambina o bambino mostra soddisfatto il proprio disegno di una figura umana. Ciò fa ipotizzare una evoluzione grafica della rappresentazione della figura umana sostanzialmente omogeneo anche nelle diversità dei tempi e dei climi culturali

d. Luigi XIII di Francia diviene re a 9 anni ed esercita la sua grafia con brevi scritti a suoi familiari e alla governante; il suo crescere è documentato in un journal tenuto dal suo medico.

e. In questo documento sono visibili le prime tracce di alfabetizzazione (forse ad opera della madre in prigionia) del delfino Louis di Francia, figlio di Luigi XVI e morto a soli 10 anni.

f. Durante gli anni cinquanta in Inghilterra vennero raccolte cantilene e filastrocche che accompagnavano i giochi dei bambini e organizzate per temi, codici linguistici figure che appaiono e occasioni d’uso

g. Disegno di Marie Bonaparte tratto da un cahiers ritenuto da lei psicoanalista discepola e amica di Freud poco interessante ai fini di una sua ricerca psicoanalitica.

h. Il caso del piccolo Hans di S. Freud :nei dialoghi tra il padre che lo cura seguito da Freud e il piccolo Hans che manifesta una fobia per gli animali (cavallo) si sviluppa il percorso che porterà alla guarigione mediante una liberazione da relazioni malate con il padre, la madre e la sorella

i. I segreti delle bambine: Hermine von Hellmuth nel diario di una giovinetta raccoglie e riporta lettere antologizzate di bambine e bambini che si affacciano alla pubertà e tentano risposte alle loro domande.

j. Sono stata cattiva: Francoise Dolto scrive molto della propria infanzia non solo sul filo della memoria ma servendosi di suoi testi e immagini che la madre le ha consegnato in età adulta. Le lettere sono uno spaccato dl modello educativo francese prima della grande guerra l’essere stata cattiva o sage (saggia) come dichiara nei suoi scritti ai suoi familiari.

k. Prime parole: Clara (1877-1948) e William Stern (1871-1938), studiosi del linguaggio, hanno teorizzato fasi e caratteristiche di tale sviluppo sulla base di osservazioni condotte sui loro stessi figli.

l. I bambini del lager: Terezin città fortificata boema e luogo di passaggio dei bambini poi diretti ad Auschwitz, vennero lì istruiti abusivamente da insegnanti che raccolsero 4000 disegni e 66 poesie che testimoniano a parte il tenore artistico anche il senso di morte che anima l’esistenza di questi bambini

m. Le brutte parole: maria venuti Borruso negli anni sessanta raccoglie e studia produzioni spontanee di racconti fiabe storie fatti da bambini siciliani di centri non metropolitani della provincia di Palermo e Agrigento

n. Mario Lodi adotta tecniche di produzione alla freinet e trascrive produzioni verbali di alunni e li trasforma secondo il principio cominciare dal bambino

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o. Tracce:Fernand Deligny ha vissuto con psicotici e autistici e studiato altri linguaggi diversi dal verbale ma preverbale di questa realtà infantile che sta al bordo del sociale

p. I segni di questo disegno di un bambino di due anni e sette mesi rivelano le sue paure e le sue tenerezze, pregnanze di un segno infantile di appartenenza di alfabeti e sintassi complesse

q. Parole finte d’infanzia :Tillman Moser riedifica i primi anni di vita partendo dal punto di vista del disagio di un sé adulto che cerca sollievo dalla propria angoscia, ricostruendo e rendendo attuali una serie di vissuti di un periodo in cui assai piccino aveva vissuto con una giovanissima zia perdendo i contatti con le figure parentali.

CAP.2 CHI E’ IL BAMBINO

bambino = diminutivo di bambo cioè sciocco nell’accezione volgare del XIII sec.

pais puer=piccolo

infante=non parlante

qs termini indicano la nozione di minore, cioè con lacune e deficienze, dipendente da figure adulte forti. Dunque la storia dell’infanzia che collega adulti e bambini in società le più diverse si presenta come variegata. Bimbi perfetti se ben educati si alternano a bimbi cattivi insediati dal demonio, bimbi che crescono secondo natura e bambini che solo soggetti ad una institutio controllata riescono a giungere ad una condizione civile. Bambini scientificamente osservati nell’acquisizione di una forma mentis adulta:si tratta di bimbi dell’essere, ma soprattutto del dover essere, spostati fuori dal tempo e sovente anche dallo spazio come in Fourier che elaborò la società utopista. Anche filosofi come Rousseau tentarono frequentemente di uscire da tempi e spazi per entrare in climi utopici, ma anche pittori e poeti si dedicarono a ciò. Dunque molti sono i modi di denotare l’infanzia. Il bambino polimorfo sembra consentire meglio tale denotazione facendo saltare i vincoli spazio temporali. Le avventure di Pinocchio è un libro pedagogico che esalta furberie, cattivi comportamenti e le metamorfosi che producono la natura infantile ; fa la cronaca puntuale e ironica del diventar bambino umano di quel simulacro infantile che è il burattino protagonista:romanzo come metafora delle origini proposta per capire cos’è il bambino.

a. Il puer senex :Questa poesia composta ne Vi sec. a.C. è il bambino tanto abile astuto saggio da identificarsi con la figura molto matura, presente nella letteratura greca e latina. Qui il piccolo Ermes è capace di istituire connessioni reversibili, di realizzare ciò che al piccolissimo è naturalmente impossibile:riesce alla divinità una disambiguazione della natura infantile e un augurio per il suo divenire. “…figlio dalle molte arti, dalla mente sottile, predone, ladro di buoi, ispiratore di sogni …egli ben presto avrebbe compiuto famose gesta al cospetto degli immortali…”

b. Il bambino come uomo imperfetto:secondo la concezione aristotelica il bambino è assimilabile ad un animale che maschio può riscattarsi nel processo di crescita in quanto possiede la parte deliberativa dell’anima, ma non sviluppata. Egli è soggetto virtuale di una compiutezza fisica, gnoseologica,(teoria della conoscenza) e sociale che raggiungerà nel’età adulta.

c. Sant’Agostino:nelle Confessioni racconta e tenta di definire l’infanzia , un tempo dialettico , tra silenzio, pianto , incredulità e credo nel Signore, attraverso i propri ricordi e quelli degli adulti che l’hanno convissuta. Nella cultura medioevale l’infanzia era trascorsa da accezioni negative (luogo del peccato- disobbedienza-, della non parola, della corporeità non redenta) e positive (Cristo è stato bambino, ha chiamato i piccoli emblema della purezza)

d. Il Bambino Sacro: Nel bambino Santo di Cimabue (Maestà di santa trinità conservata agli Uffizi di firenze) il bambino è soprattutto un essere sacro e trascendente che dell’infanzia ha solo le ridotte

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dimensioni corporee per il resto ripete un infante fuori dal tempo:si tratta di un sentimento ancora imperfetto dell’infanzia proprio in una società e in una cultura che non distingue ancora pienamente le prime età della vita, non rappresentativo dei bambini terreni.

e. Conoscere l’indole del bambino:nel quattrocento italiano i testi vedono il bambino in général con accenni a profili di bambini reali, con accenni alla psicologia infantile (conoscer l’indole dei propri figli in modo da correggerne le abitudini, non diversamente da come i medici curano i corpi legata agli elementi naturali terra aria acqua fuoco), consigli in fatto di educazione del bambino:esso qui non è un ADULTO IN MINIATURA, è UN ESSERE educabile trasformabile da parte di buoni pedagoghi .

f. Putti o bambini? I bambini dipinti nella camera degli sposi da a mantegna sono bimbi della famiglia fonzaga, qualche servo e soprattutto putti bimbi paffuti dotati di ali multicolori. Si assiste alla laicizzazione dell’essere infantile semidivino, il putto dichiara la sua natura mondana:fa delle cose, si mostra molto meno statico e indifferente che non i putti antichi e forse anche gli Angeli i Bambini Gesù che il Mantegna ha raffigurato in molti altro quadri:questi putti rappresentano un nuovo essere di un nuovo sentire dell’infanzia che si afferma agli inizi dell’età moderna.

g. Il male nel bambino Nel 1600 in Francia la dottrina giansenista trovò nel monastero di Port Royal la sua roccaforte:nacque una scuola (petit écoles) in cui l’idea di infanzia è quella di un soggetto particolarmente indifeso e a rischio pertanto necessitante di cura salvifica. Queste idee sono integrazione vuoi delle tesi di Ariès sulla nascita di un sentimento nuovo dell’infanzia, vuoi nelle idee di marca agostiniana che circolavano negli ambienti religiosi della Francia del seicento. “se ben condotto il bambino poteva riuscire poiché aveva intelligenza e giudizio…hi pregato che lo si trattasse con dolcezza e che lo si punisse con la verga qualora facesse resistenza e perseverasse nell’errore:tutti questi difetti sono ancora connessi all’innocenza…facendo del bene a lui credevo di fari piacere a Dio….bisogna abbassarsi al livello del loro spirito e fare come nell’Incarnazione: Gesù cristo si è reso simile a noi per renderci simili a Lui…con saggia pazienza

h. I ninos Jesus del 1600 (statue conservate in monasteri spagnoli) si mostrano che mangiano, dormono, pregano, affermano un ‘idea d ‘infanzia in cui si iniziava in famiglia e in ampi circuiti sociali a considerare il bambino in una forma di statuto autonomo:la natura divina si trova tradotta in forme terrene.

i. Il lattante Nell’Emilio di Rousseau (1700) si tratta di questa fase della vita (fino a un anno) pur se lo studio sia arduo. In questo romanzo pedagogico progetto di rifondazione di una società nuova, non vi sono scansioni omogenee per anni della vita umana, né una rappresentazione del bambino come adulto in miniatura, ma si realizza quel monito di osservazione del non adulto che lo restituisce nella sua naturalità e quindi nella sua educabilità. Il bimbo piccolissimo è tratteggiato nelle sue condotte più vistose:bambino fittizio e insieme realissimo. “…la sola abitudine che si deve lasciar prendere al fanciullo è quella di non contrarne nessuna… preparate da lontano il regno della sua libertà e l’uso delle sue forze , lasciando al suo corpo l’abitudine naturale, mettendolo in grado di essere sempre padrone di sé…i pinai dei bambini sono all’inizio preghiere poi diventano ordini …essi sono ostinati nei loro tentativi, ma se avete più costanza di loro, essi si scoraggiano e non ci provano più…niente sonagli d’argento per distrarli, ma piccoli ramo d’albero con le loro foglie e frutti, una testa di papavero, un bastone di liquerizia che possa succhiare…”

j. Il bambino romantico durante il romanticismo avviene un ripensamento della figura infantile, considerata come realtà perfetta, auspicabile anche se fragile che vive in un mondo fiabesco, ludico ricco di sentimenti allo stato puro. Vengono delineati modelli pedagogici pertinenti alla peculiare natura del bambino con produzione di libri e giocattoli per l’infanzia. I brani sono tratti da “Levana” del 1807 di Johann Paul Friedrich Richter, in arte Jean Paul (Wunsiedel, 21 marzo 1763 – Bayreuth,

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14 novembre 1825), che è stato uno scrittore e pedagogista tedesco. Nella prima parte del brano si parla della percezione del dolore (che è brevissimo)da parte del bambino che avviene in maniera disperata cioè senza speranza. Da adulti poi nella memoria ma anche nei deliri febbrili ritornano il dolore fosco dell’infanzia. i bimbi debbono dimorare in un loro Paradiso come i progenitori primi veri bambini. Questi a differenza degli adulti gaudenti hanno soltanto piaceri brevissimi e quindi intensissimi. Il piacere in tal senso brucia come il fuoco della lente. Questi piacerei però agiscono sulle anime infantili e le rafforzano stimolandole a passare da questa a quell’altra attività. Ciò riguarda però solo i primi anni.

k. Un bambino alla rovescia: nella società utopica di Fourier (François Marie Charles Fourier (Besançon, 7 aprile 1772 – Parigi, 10 ottobre 1837) è stato un filosofo francese, che ispirò la fondazione della comunità socialista utopista chiamata La Reunion sorta presso l'attuale Dallas in Texas, oltre a diverse altre comunità negli Stati Uniti d'America (tra le quali ricordiamo Brook Farm, fondata nel 1841 vicino Boston e sciolta a seguito d'un incendio, nel 1849).Le radici del suo pensiero, che si può definire progressista se non rivoluzionario, sono da ricercarsi nell'Illuminismo e in particolare in Jean-Jacques Rousseau, soprattutto nel considerare la parità tra uomo e donna e nel nuovo metodo pedagogico, che dovrebbe favorire lo sviluppo libero e creativo dei bambini tramite la scoperta dei loro istinti individuali.) i bambini rivestono un ruolo fondamentale:distinti per età (quando iniziano a camminare passano dai pargoli ai folletti) essi vengono raggruppati per dominanti psicologiche, il naturel, peculiari in ogni fase evolutiva, ed educati collettivamente seguendo le loro inclinazioni originarie. Qui il bambino è alla rovescia:gaio nella sua sfrenata e precocissima laboriosità, soddisfatto anche in quelli che a noi appaiono vizi adultofoni, curioso fino all’indiscrezione. E’ l’ironizzazione dell’infanzia reale ed ideale in una società di benpensanti che Fourier si è ostinato a decostruire teoricamente per oltre un ventennio.

l. Metamorfosi:Pinocchio,burattino che si comportava da bambino cattivo, appresa la virtù, si trasforma in ragazzino per bene. Accanto a questo itinerario pedagogico per cui il bene viene premiato c’è anche un altro senso opposto: i buoni sono infelici (la fatina si ammala e va in ospedale) e Pinocchio non figura buona viene ricompensato con la sua metamorfosi in essere umano. Il connettivo possibile tra questi due sensi è la metaforizzazione dell’infanzia.dietro a questa ambiguità c’è ancora un essere indefinibile umano e non umano insieme (buratttino-bambino) che viene narrato prima di essere denotato. Nello stralcio si riporta Pinocchio che mantiene il genitore malaticcio, va al mercato per comprarsi un vestitino nuovo, incontra la lumaca che gli comunica la sorte della fatina in ospedale. Allora Pinocchio rinuncia all’acquisto del vestito per dare i soldi alla fatina. Quella notte sogna la fatina che lo ringrazia e al suo risveglio non è più burattino, ma bambino, la casa è bella, trova del denaro datogli dalla fatina come ricompensa per il suo agire virtuoso, il padre è guarito e il burattino che è stato si trova ciondoloni su una sedia. Guardandolo Pinocchio conclude: “Com’ero buffo quand’ero burattino!E come ora sono contento di essere diventato un ragazzino perbene!”

m. Il mondo bambino Piaget (1896-1980) indaga e teorizza la mente infantile. L’evolversi dell’intelligenza da forme di tipo senso motorio fino all’approccio operatorio è una delle teorie entro cui indagare aspetti specifici della crescita mentale. Fino al termine della sc. Elem. Il b/no si emancipa da prospettive di tipo animistico fino ad arrivare alla Weltanschauung (Il termine Weltanschauung appartiene alla lingua tedesca (pronuncia / ̍ v ɛ lt.an ˌʃ a ʊ . ʊ ŋ/ ) ed esprime un concetto fondamentale nella filosofia ed epistemologia tedesca, spesso applicato in vari altri campi, in primis nella critica letteraria e della storia dell'arte.

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Non è letteralmente traducibile in lingua italiana perché non esiste nel suo lessico una parola che le corrisponda appieno. Essa esprime un concetto di pura astrazione che può essere restrittivamente tradotto con "visione del mondo", "immagine del mondo" o "concezione del mondo" e può essere riferito a una persona, a un gruppo umano o a un popolo, come a un indirizzo culturale o filosofico o a un'istituzione ideologica in generale e religiosa in particolare. La Weltanschauung tende a trovare una collocazione in un ordine generale dell'Universo specialmente in senso filosofico, ma il concetto è stato utilizzato anche in riferimento a elementi di specie, geografici, linguistici e razziali: pertanto, si tratta di un concetto che trascende il singolo e attinge nel collettivo condiviso, e l'uso di questo termine nel linguaggio italiano al posto di "visione del mondo" ha il significato di estendere il concetto a una dimensione sovrapersonale di un determinato punto di vista) dove si danno fenomeni materiali ed immateriali, dove le cose esistono anche se non sono tangibili. Il brano è tratto da “La rappresentazione del mondo del fanciullo” (1926) attraverso colloqui clinici con bambini dai quattro ai 10 anni su argomenti vari: - il pensiero del fanciullo parte da un’indifferenziazione tra corpi inerti e viventi. (tutti i corpi per il fanciullo nascono e crescono). Un corpo fisico dispone solo del moto che ha ricevuto:un essere vivente crea quel moto. In quanto portato ad attribuire coscienza alle cose l’animismo infantile non è il risultato di una costruzione ponderata, ma risulta dall’indifferenziazione totale fra azione cosciente e movimento materiale. E’credenza in un continuo di coscienza. I perché fra i tre e sette anni non sono propriamente di ordine casuale né finale. Per il fanciullo la vera causa è l’intenzione che sarà insieme causa efficiente e ragion d’essere dell’effetto da spiegare . L’artificialismo infantile fa sostenere al bambino che la natura è stata fabbricata dagli uomini. Ma il bambino comincia con l’immaginare una fabbricazione delle cose ad opera dell’uomo e poi ricerca un’intenzione oppure è portato a cercare in ogni cosa l’intenzione e solo in seguito le classifica in intenzione dei creatori (artificialismo) o intenzione delle cose (animismo). Piaget segue la seconda strada. La natura presenta un continuo di vita. Il fanciullo a poco a poco isola in questo continuo alcuni centri di forza, animati di attività spontanea. La scelta di questi centri resta a lungo incerta.

n. Le ipotesi dello sviluppo: Lo psicologo Kagan ripropone la questione “innato=innatista” e “acquisito=ambientalista” in termini di continuità-discontinuità della crescita psichica e di permanenza delle qualità individuali:l’idea del bambino è che già agli esordi della sua vita psichica è un soggetto complesso, articolato, antesignano dell’adulto in termini di diversa ricchezza. La scienza moderna sta scoprendo che alcune facoltà sono talmente radicate nel genoma umano da non richiedere un’interazione sociale così intensa come ci eravamo immaginati. Anche l’attaccamento alla nutrice è una proprietà innata che non si può ignorare. La ricerca moderna ha inoltre scoperto la persistenza di taluni tipi di paure. Anche lo stato di incertezza costituisce un incentivo molto forte a pensare provare emozioni, agire. Gli studiosi del XVIII sec. ritenevano che il bambino fin dalla nascita agisse per massimizzare le sensazioni piacevoli e minimizzare quelle dolorose. Queste idee sono fuorvianti. Secondo Franklin è il disagio che rappresenta la spinta umana essenziale. I bambini e gli adulti sembrano impiegare gran parte del loro tempo nello spazio psicologico segnato dalla noia per il noto e dal terrore per l’ignoto.

o. Il punto di vista dell’adulto Francesco Tonucci ha rappresentato fino ad oggi un universo infantile cercando di mettersi dalla parte dei bambini, disambiguando quanto i grandi dicono e fanno per il bene del piccolo. Tonucci assume un’otica opposta a quella dell’esaltazione pubblicitaria del non adulto, vede il bambino sotto forme caricaturali.

CAP. 3 BAMBINE

Nella storia dell’infanzia quando il bambino diventa oggetto del discorso è perlopiù neutro per non dire maschio. I ritratti femminili sono continuamente ribaditi nella loro condizione di donne, di venir educate da donne come coloro che le hanno formate. Lo stare nello spazio materiale e simbolico della madre non viene interrotto anche quando la bambina vive in un tempio o in un convento. Quel tirocinio del mestiere di donna si è sviluppato nei secoli in famiglia, rendendo la vita delle bambine molto più uniforme di quella

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maschile. Può esistere in tal senso una storia della bambina proprio perché i modelli di allevamento e di educazione si ripetono quasi uguali, ma non dobbiamo scambiarla tout court con la storia della bambina, perché esistono vicende popolate da figure alternative. Le piccole vagabonde e abbandonate di cui dice Pestalozzi, la bambina diavolo curata da Anna Freud sono emblematiche di queste bimbe altre la storia della bambina dunque si presenta come una galleria di scene e di ritratti che sfumano da un estremo all’altro. Ci dicono la fatica di essere bambine, ma anche i potenziali di originalità emotività della piccola qualora i luoghi e i modi della sua pedagogia non siano da millenni quelli che sono sempre stati. E’ solo da una generazione che la donna ripensa alla propria infanzia da un punto di vista non meramente di accettazione o di ribellione, ma considerandola alla luce delle altre storie, non ultime quelle delle donne che l’hanno avuta in cura. Le riletture recenti del quadro di Velasques “Las Meninas” ad esempio da parte di Picasso che in vari quadri ha decostruito i personaggi mescolandone le tessere dove la figura infantile scompare riappare in un gioco di allusioni, testimoniano ciò.

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1. Le bambine della dea: nella Lisistrata (445-435 a.C) di Aristofane si narra brevemente di questo diventare adolescenti al servizio di Artemide, Atena della polis. Le piccole orse (che vivevano cioè in reclusione) sono emblematiche di una condizione infantile al femminile, fuori dalla famiglia, dove sono trasmessi gesti, rituali, ideologie in cui la bambina si fa donna fra donne in una forma mentis che garantisce sicurezza e linearità di sviluppo.

2. La piccola offesa: Nelle opere morali Plutarco ( 45- 125 d. C) definisce Carilla nelle feste delfiche. Questa figura femminile piccola suicida (impiccatasi poiché il re si era rifiutato di offrirle del cibo come forma di carità durante una carestia) emblematizza la debolezza di chi non ha famiglia, né stato giuridico, né nome, sia la natura di tramite tra il mondo dei vivi e quello dei defunti . Carilla anticipa le Puellae senes spesso demoniache non rare nella storia delle bambine.

3. Educare una bimba cristiana San Girolamo (347-420) dà consigli alla madre sull’educazione di Paula che poi si farà religiosa e l’assisterà: Poi si parla di Pacatula di cui nulla si sa a parte che era la figlia di Gaudenzio. Si consiglia come far crescere una giovinetta che la madre ha votato fin dalla nascita alla verginità. Girolamo si rivolge direttamente a Pacatula in un’attenzione raffinata alle condotte infantili e alle strategie didattiche pertinenti. “Quando si vorrà insegnarle a scrivere bisogPnerà condurle la mano oppure segnar prima le lettere sopra le quali passando ella con la penna possa imparare a ben formarle…” “…bisogna guardar bene che essa non prenda tedio o disgusto per lo studio...e che le difficoltà non possano imprimersi nella sua anima…imparare i nomi degli Apostoli dei Profeti e dei Patriarchi…fate che lo stesso suo abito le mostri che è destinata sposa di Cristo…guardatevi bene dall’ornarle il collo di oro e di diamanti…o dal vestirla in quella foggia profana …legga ogni giorno qualche stralcio istruttivo delle Sacre Scritture…dovrete istruirla assai più con l’esempio che con le parole…insegnatele a filar la lana…ella sarà educata in un monastero, vivrà fra i cori delle vergini. A PACATULA: purchè conosca le forme delle lettere, congiunga insieme le sillabe

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ed impari i nomi, coniughi i verbi…non vegga mai i giovinetti…la lascivia delle fanciulle si tengano lontane da lei…non sia oziosa né ciarliera, ma sobria, grave, lavoratrice della lana e parli solo di quelle cose le quali l’animo delle fanciulle nelle virtù ammaestrino…la nostra pacatula è nata in questi tempi fa questi trastulli passi la prima età, ed apprende prima le lacrime che il riso e sente prima il pianto che l’allegrezza…il dar poco si spiega con la volontà oppressa dalle sciagure, lo scriver nulla sarebbe trascurare l’amicizia”

4. L’infanzia di Maria nei Vangeli Apocrifi si individuano particolari leggendari sulla vita di Maria, nata per miracolo, cresciuta al tempio di Gerusalemme. Il testo è indicato come Codice Hereford versione XIII sec trovato in Inghilterra copia di un originale probabilmente del II sec. A tre anni venne affidata al tempio per essere educata e salì miracolosamente le 15 scale, come una adulta. La vergine del Signore meditava giorno e notte le lodi del Signore. Ogni giorno era frequentata dagli angeli. All’età di 7 anni camminava come una adulta. Studiava con tale diligenza da stupire tutti i dottori della legge. Il suo animo era paziente costante e immobile. E’ da lei che derivò il costume di salutarsi innanzitutto lodando e ringraziando Dio. Era poi attenta alle sue compagne. Godeva ogni giorno del servizio angelico e spesso la si vedeva parlare con l’angelo del Signore. Aveva il nutrimento corporale dagli angeli e quando toccava una persona afflitta da malattia essa riacquistava la salute.

5. La vergine al tempio questa xilografia di Durer rappresenta il momento della salita al tempio di Maria vista di spalle a sottolineare la straordinaria maturità ed eleganza mentre si avvia al su destino eccezionale.

6. Piccole e grandi nel monastero L’abbazia di Port Royale accoglieva nel 1600 bambine di età diversa non solo destinate alla vita religiosa. Il regolamento fu scritto da Jacqueline Pascal sorella di Blaise e responsabile delle novizie che insiste sulla trasparenza degli atti delle parole dei pensieri e delle relazioni sulla coerenza della disciplina esprimendo un’idea giansenista dell’infanzia femminile. Il pensionato venne chiuso nel 1661 ma rimane la pedagogia della chiarezza e dell’Amore di Dio che esalta e sublima la benedizione cristiana dell’educazione femminile. “…sveglia tra le 4 e le 5….preghiere, tutoraggio delle più grandi sulle piccole, per vestirsi e pregare…si abituino anche le piccole a non parlare sebbene si consenta loro di giocare a coppie se sono state diligenti…lo scrivere sia il copiare il loro esempio o trascrivano qualcosa quando sono già istruite e se glielo si consente, non è concesso scrivere secondo la propria fantasia…alla ricreazione le grandi siano separate dalle piccole…che giocano mentre le altre comunque adempiono ai loro doveri…è proibito stare sole o in gruppetti di due o tre…parlare a bassa voce, tutto deve essere sentito dalla maestra…non si deve ripetere ad alta voce qualunque cosa detta a bassa voce che sia malevola o potrebbe trasmettere cattivi insegnamenti…non si possono raccontare i sogni fatti la notte…le piccole apprendono a leggere se sono sole…verranno affiancate nell’esercizio di lettura da una grande intenzionata a prendere i voti che sia saggia e lo faccia per buon cuore e per l’amore di Dio.

7. Las meninas quadro del 1656 di Velazquez rappresenta l’infanta Margherita Maria collocata nel microcosmo proprio delle infanzie principesche dell’epoca:nobili, damigelle ….personaggi mostruosi e sulla sfondo l’autore. Ad una distanza più remota i regali dei genitori…la bimba a differenza degli altri è colta in una posa, che restituisce figure bambine nei contesti fastosi in cui si svolgeva il loro vivere e soprattutto il loro apparire.

8. Apprendere il mestiere di donna Nel romanzo epistolare di JJ Rousseau Giulia o la nuova Eloisa, che narrano di una passione e di un amore coniugale esemplare, entrano in scena tre bimbi: nel programma pedagogico esposto esistono delle mediazioni. E’ la cuginetta Enrichetta che bada al gioco dei cugini, li corregge mentre mostra la sua abilità nel cucito, assumendo il ruolo imitativo di figura della buona madre , vocazione di donna nella famiglia. Racconta del silenzio che prende il sopravvento nella stanza in cui stanno insieme adulti e bambini, ammutiscon le lingue e parlan l’alme.

9. Ti faccio vedere in questo quadro di Chardin raffigura interni borghesi e figure infantili che apprendono un mestiere, forse il quadro ha anche un significato simbolico tutto da disambiguare nel dettaglio delle cose e dei gesti intende esprimere messaggi che trascendono il contesto e i personaggi inscritti nel quotidiano.

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10. Mignon nel suo libro Goethe (la vocazione teatrale di Wilhem Meister) presenta agli esordi della cultura romantica tedesca, una figura infantile che racchiude in sé le incongruenze e le contraddizioni dell’immagine della donna e di quella dell’infanzia:de dedizione, dipendenza, pietà e insieme disordine di vita emozionalità tanto intensa da apparir ire sregolata, capacità di assumere condotte diversissime. Il protagonista prova un eros tra il seduttivo e il paterno. La fanciulla è antesignana delle bimbe delle lettere e dei ritratti fotografici (Lolita, Pretty Baby) Mignon inaugura la contro storia delle bambine che continua ai nostri giorni (vedi Mignon è partita di F. Archibugi). Venduta dalla compagnia di saltimbanchi ad una compagnia teatrale perché si era rifiutata di obbedire al capo, Mignon ora dopo aver provato a recitare e ,a detta di un’attrice, male viene utilizzata come factotum. Parla un tedesco storpiato e davanti a Guglielmo ripete una specie di inchino. Aveva forse 12 o 13 anni. Dopo un attacco forse di epilessia, Guglielmo decide di tenerla con sé come una padre.

11. Profili di bambine proletarie: nel saggio di Pestalozzi si riportano 37 ritratti di giovanissimi ospiti del suo istituto di Neuhof, fanciulli che egli aveva cercato di riscattare dalla miseria, altrimenti destinati a morte precoce o a una vita di stenti. L’esperimento ebbe durata breve ma permise a pestalozzi di sperimentare le sue idee sociali ed educative, a fondamento delle quali c’è l’idea rousseauniana che il bambino vada considerato sia agli esordi che nel corso del suo processo formativo. “Dovrebbe essere interessante per l’umanità che anche i bimbi di intelligenza così shakespeariane per l’infanzia, scrive in questo saggio testimonianze del vivere la scuola di bambine di buona famiglia inglesi all’inizio dell’ottocento. L’istruzione alle buone maniere è privilegiata, , esempi di vita sociale precoce in un’Inghilterra che si espande nelle colonie, dove il farsi donna è difficile e stimolante allo stesso tempo.

12. Diventare cortigiane: testo essenziale nella storia alternativa delle bambine è Mine-haha di Wedekin (1864-1918). In questo romanzo si narra di gruppi di bambine che si preparano ad entrare in un mondo che è quello del divenire cortigiane, con la mercificazione del proprio corpo, con la scoperta dell’illusorietà dell’amore. Questo itinerario di crescita è altrettanto protetto di quello che si svolge in casa e nel convento. L’autore lancia il suo j’accuse alla società benpensante del scarsa, che per una durezza d’animo assai diffusa sarebbero destinati al manicomio, possono venir salvati da una vita di internamento e avviati secondo le loro forze a guadagnare di che vivere e ad avere una vita libera e senza costrizioni, purchè li si guidi con amore.

13. Bambine a scuola nel primo ottocento: Mary Lamb, nota per i suoi racconti trasposizioni tempo, alle sue utopie libertarie, all’esaltazione della bellezza, nei suoi non detti pedagogici. “venne il grande momento della selezione… Lora aspirava a quell’onore…nel corso di quei quattro anni aveva ottenuto dal sul corpo una scioltezza…pur rimanendo allegra, clama, modesta…altre rivaleggiavano con lei…dovemmo spogliarci che strana sensazione, nessuna si era mai mostrata senza vestiti davanti a degli adulti…poi ci chiamarono per nome una dopo l’altra…studiarono ancora una volta tutte le ragazze…le signore presero con sé Diotima, Olympia, Fanny e Lora così com’erano e noi altre continuammo a ballare e a saltare come sempre.

14. La memoria materna: Virginia Woolf in questo patto autobiografico si raffina in riflessioni continue circa l’attendibilità e le lacune del ricordo. Spezzoni di due itinerari di epoche (quello della madre e della figlia) del diventare donna in generazioni successive. Scritte nel 1940 offrono tracce del mondo in cui queste due donne sono vissute, da piccole e da grandi , paesaggi dove le cose sono filtrate entrambe nei vissuti di chi le narra, sollievo della pena dell’esistere. “eccola mia madre il primo ricordo è del suo grembo:ricordo il ruvido della collana sulla mia guancia premuta contro il suo vestito…lei manteneva in essere ciò che nel mio linguaggio privato chiamo la panoplia (Panoplia è il termine usato per indicare l'insieme delle armi di offesa quali spada (xiphos), lancia (dóry) e di difesa quali elmo (krános), scudo (aspís), corazza (formata da due pezzi, thórax e epibraxiōníos, i quali proteggevano rispettivamente il petto e il ventre), bracciali (epipēkhýon), schinieri (knemis) e le protezioni per le caviglie (episphýrion) e per i piedi (epipodíon) in dotazione agli opliti ellenici. Il tutto pesava tra i 22 e i 35 kg.) della vita , quella vita che tutti vivevamo in comune. Capisco ora che lei viveva su una superficie così dilatata che non le restava il tempo , né l’energia, per concentrarsi se non per un attimo quando si era

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malati o in qualche crisi infantile, su di me, né su nessun altro a parte Adrian. Aveva 8 figli di cui una deficiente e un marito esigente. Se penso a lei spontaneamente la vedo sempre in una stanza piena di gente…e poi l’ultima immagine di lei ;stava morendo; ero andata a darle un bacio e mentre uscivo in punta di piedi dalla stanza lei disse : “Tieniti dritta capretta mia”…se penso a mia madre, com’è difficile distinguerla quale realmente era;immaginare i suoi pensieri:metterle in bocca una sola frase! Sogno ; m’invento scene di un pomeriggio d’estate”

15. Bambine cattive: il testo di Anna Freud del 1927 esemplifica le modalità di un approccio psicoanalitico con soggetti in età evolutiva e le difficoltà di un adulto nell’accostarsi a bambini psichicamente malati. La Freud si avvicina con rispetto al piccolo paziente, intavola con lui lunghe trattative prima di procedere all’analisi vera e propria, si cala nei mondi infantili e restituisce tranches di vita proprie di un’epoca e di una società dove l’educazione del bambino viene vissuta in modo particolarmente impegnativo. Il caso della bambina diavolo, della piccola ladra bugiarda, della bimba divisa tra la bambinaia e la psicoterapeuta mostrano le difficili mosse tecniche ed umane cui si deve impegnare il terapeuta infantile per conquistarsi il paziente, scardinare le resistenze esterne e avviare l’analisi.

16. Bambine che giocano a nascondino: della vita della bambina si studiano i suoi giochi con giocattoli (bambole);molto meno studiato è il gioco di regole ad esempio nascondino e le differenze con il gioco dei maschietti; Piaget nel 1932 nel suo Giudizio morale del fanciullo lo analizza definendo come le bambine siano meno incuranti della regola giuridica rispetto ai maschi. Saranno psicologhe dei nostri giorni a chiedersi se non si tratti di differenze più profonde e complesse e se tutte le ricerche sulla crescita psichica non vadano impostate e lette in maniera differenziale. La regola viene dapprima concepita come intangibile e di origine trascendente, poi una forma di cooperazione libera gli individui dal loro egocentrismo pratico e introduce una nozione di regola nuova ed immanente. Su questo accordo le bambine sono meno esplicite dei bambini:quando il gioco rende la regola è buona. Piaget si domanda se questa differenza deriva dal carattere un po’ mole del gioco del nascondino, oppure se dalla mentalità propria delle bambine. E’ una differenza che lo interessa molto, ma che non ha studiato.

17. Decostruire e ricostruire l’ìnfanta: alla fine degli anni 50 Picasso riscrive dipinti famosi tra i quali una cinquantina di versione de Lan meninas di Velasques; lo scorrere delle sguardo del pittore sul suo modello ricolloca la principessa nella sua dimensione di segno grafico e pittorico, nega che quanto offre Velasques sia un documento intangibile della realtà e afferma che la bimba regale non più infanta né infante è un caso di una sintassi del vedere che l’adulto escogita per cogliere ed esprimere il mondo.

CAP. 4 FAMIGLIA ABBANDONO VIOLENZA

i bimbi dei tempi assai remoti come ad es. la figura di Astianatte (figlio di Ettore da cui è separato) e i gemelli Romolo e Remo, vivono in famiglie diverse:biologica per il primo, adottiva per i gemelli romani. Questi bimbi crescono fino a diventare adulti celebri. La storia offre successivamente ritratti individuali e quadri generali dell’infanzia, mostrandoci gli affetti dei genitori nei confronti dei figli, le strategie di acculturazione, le obbedienze e le trasgressioni. Ma una storia del sentimento come la intende Aries (valore che si attribuisce a…) cioè rappresentazione che il figlio ha dei genitori lungo il filo della crescita è ancora tutta da scrivere. Documenti e tracce del passato danno tracce per ricostruirlo. Alcune caratteristiche dello stare in famiglia sono delineabili non tanto in fasi, ma quanto in figure principalmente responsabili dell’allevamento e dell’educazione. Fino a sei sette anni i fanciulli abitano con le donne, sono nelle loro mani, esse utilizzano strategie che l’avviano al sociale:filastrocche, canzoni, fiabe, gesti affettuosi, coccole…dove si contrappongono generazioni e origini sociali, è appunto nella prima età quella più precaria perché minacciata da morte precoce , dalla fine della madre, che il bambino è più a rischio; privo di uno o di entrambi i genitori esce dalla famiglia. La storia dell’infanzia nel passato ha come sfondo costante quello della famiglia, ma spesso la scena si sposta in ospizi per trovatelli. Concomitante alla vita in famiglia vi si svolge una vita collettiva. Ma vi sono altri di loro su cui la famiglia opera violenze:dall’esposizione dei neonati imperfetti nell’antichità, ai bimbi abbandonati, ai bimbi uccisi in famiglia. La morte è assai spesso una morte in famiglia . Peraltro nelle ultime generazioni sorgono forme originali ed inedite di famiglia,

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genitore solo, dove vengono sfruttate e richieste altre risorse del sociale dove il padre si fa carico della cura del figlio.

1. Astianatte e i suoi genitori: Astianatte (figlio di Ettore e Andromaca)nell’Iliade di Omero viene narrato da bimbo regale a piccolo orfano destinato a morte terribile (Fu ucciso da Neottolemo, che lo gettò dalle mura di Troia su consiglio di Ulisse, affinché la stirpe di Priamo non avesse discendenza, venne quindi seppellito da Ecuba che ne pose il corpo sullo scudo che era appartenuto ad Ettore. Secondo altre versioni del mito, il piccolo fu salvato da un'ancella, e, una volta diventato adulto, avrebbe rifondato la città di Troia. Secondo l'Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo (Libro III, Canto V), Andromaca avrebbe sostituito Astianatte con un altro bambino, che fu ucciso dai Greci al posto suo, lasciando il vero figlio nascosto in un bosco. Successivamente Astianatte sarebbe stato portato da un amico di Ettore in Sicilia, dove prima di essere assassinato dal greco Egisto, concepì con la Regina di Saragozza un figlio, Polidoro, dalla cui stirpe nacque il famoso Ruggero.) E’ piccolo, non parla ma Omero ne fa una specie di personaggio muto di un dramma. Un mondo di donne lo accudiscono, una madre tiepida, un padre orgoglioso. Astianatte è il primo bambino figlio la cui esistenza sociale è vista dipendere direttamente dai genitori, è il primo orfano:in questa fenomenologia infantile i termini sono la famiglia e la morte e sono anticipo emblematico di alcune condizioni ricorrenti nella vita del bambino:il suo essere in famiglia, il suo essere orfano, il suo morire.

2. Abbandoni e adozioni: la vicenda di Romolo e Remo raccontata nel I libro delle storie di Tito Livio (59 a.C-17-a.C.) dimostra che senza la famiglia (in questo caso adottiva che conosce il segreto e lo svela al momento opportuno) il piccolo dell’uomo ha un destino di morte ed è solo la foamiglai che gli consente di entrare nel sociale.

3. Le coccole della vecchia nutrice: nella commedia Samia di Menandro ( 342-290 a.C. circa) il piccino è figlio di Moschione e di una giovane vicina Plangone; nato da un’unione non consacrata viene dato alla schiava Samia che dal padre di Moschione ha avuto un figlio della stessa età del figlio di Moschione. La commedia si snoda complessa fino al lieto fine, consentendo scene di vezzeggiamento per i più piccini.

4. La Sacra Famiglia: in queste opere di Giovanni da Milano (1346-1369 circa) la rappresentazione di Gesù accanto a Maria e Giuseppe ricorda la vicenda mondana di Cristo. Il paradigma evangelico con la centralità della coppia madre Figlio e la posizione marginale di Giuseppe violano probabilmente il carattere patriarcale della famiglia del tempo in cui il padre era il capo e madri e figli avevano posizione subalterna.

5. Padri e figli: Leon Battista Alberti (1404-1474) Nel libro della famiglia, delinea la figura del padre che ha compiti di governo della casa e di cura formativa dei figli non disdegnando con esse con la madre il divertimento. I più piccini, pur se affidati alle cure delle donne, vedono nel ruolo del padre modificare relazioni domestiche, socializzazione, rapporti tra domesticità e comunità civile, , facendo della paternità una professione nuova che si instaurerà nelle società europee tra il 5 e il 7 cento

6. Nenie e lamenti: Giovanni Pontano, poeta (1429-1503) scrisse delle nenie e dei versi per il figlio Lucilio che morì a soli 50 giorni, immaginandolo fanciullo sano e florido anche più grande;successivamente nei versi del De tumulis restituisce a secoli di distanza il dolore dei genitori e un’immagine infantile assai recente:quella del bimbo che nasce precario e muore piccolissimo.

7. La famiglia del falegname:Rembrant dipinge nel 1645 questa Sacra Famiglia nella bottega del falegname. La madre che culla il bimbo leggendo un grosso libro memore della sua infanzia al tempio. Giuseppe in ombra intento nel suo lavoro. La culla in piena luce,.il dipinto rappresenta una laicizzazione del testo evangelico un’idea nuova di famiglia, di infanzia, di divinità:nel nucleo domestico al bambini venivano attribuiti ruoli e funzioni allora inediti.

8. Cecino: Nella favola toscana di Cecino il protagonista è figlio arrivato per caso (una maledizione), scampato ad un matricinio furibondo (la madre uccide i 100 figli perché nn può matenerli), ma amato dalla madre;il padre se lo porta come aiuto nel suo lavoro ma anche lo cede:Sarà poi lui a riscattare la famiglia dalla povertà. Cecino è fuori misura, precocissimo. La fiaba di Cecino è racconto di quanto ad un bimbo veniva fatto fare in un’epoca senza data del nostro passato e di

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come gli adulti se ne avvalevano ed è metafora di come un bimbo diveniva figlio anche nel mondo affettivo della madre e del padre.

9. La famiglia del Re: la famiglia di Carlo IV è un gruppo diversificato, colto da Goya con ironia nel 1800;nella scena di corte sembrano organizzati in una specie di summa delle età della vita dalla primissima infanzia all’adolescenza, con tutte le relazioni i vestiti, le pose e le espressioni che ogni età comporta. E’ un esempio di grande famiglia tra il 7 e l’8cento non importa se regale o povera, che costituisce il luogo per eccellenza nella quale si svolge la vita dell’individuo e nella quale il bambino apprende i ruoli del suo gruppo sociale. Secondo alcuni questo ritratto è ironico: il pittore prende in giro la famiglia reale, ma grazie alla sua fama e alla stupidità della corte, ciò non verrà mai scoperto né l'artista subirà sanzioni. Secondo una critica più recente, però, che fa capo allo storico dell'arte e biografo di Goya Robert Hughes, ogni intento caricaturale va escluso: Goya era il pittore di corte, aveva dipinto e dipingerà i membri della famiglia reale molte altre volte e non si sarebbe sognato mai di compromettere la sua posizione con un'inopportuna ironia. Anzi, forse cercò perfino di abbellire un poco i suoi sgradevoli committenti. E se i reali di Spagna non furono del tutto soddisfatti dell'opera, ciò avvenne perché la giudicarono troppo modesta come sfondo: l'angolo di una sala, due tele anonime alle spalle. La scena è illuminata da un raggio di luce che mette in risalto gioielli ed abiti dei regnanti. Tutti i personaggi sono in luce, ad eccezione di uno in fondo a sinistra che è in ombra: questo personaggio è Goya stesso, che si finge intento a dipingere una scena che sta dietro l'osservatore. Si tratta di un richiamo alla pittura di Velazquez. Carlo IV, figura emergente del gruppo di destra, viene ritratto con un volto ordinario, di persona sciocca e non sembra mostrare la sua potenza di re. È infatti Maria Luisa di Borbone-Parma, la moglie di Carlo IV, al centro del secondo gruppo, tra i due figli minori, la figura dominante nonché la potenza della famiglia. Sulla sinistra di chi guarda, in primo piano c'è il principe ereditario Ferdinando e dietro di lui il fratello minore Carlo: dietro si affaccia la testa di un'orrida megera, che è la loro zia, l'infanta Josefa, sorella di Carlo IV: sulla destra c'è la coppia ducale di Parma, cioè la figlia del re Maria Luisa con il marito Luigi: la giovane duchessa ha fra le braccia l'erede di pochi mesi, Carlo Ludovico. Dietro il re si affaccia il fratello minore, don Antonio Pasquale e fra quest'ultimo e i duchi di Parma c'è una testa di donna non perfettamente identificata. Allo stesso modo, fra il principe ereditario e la regina c'è la figura di una fanciulla dalla testa girata: la futura sposa dell'erede al trono, allora ancora sconosciuta dato che Ferdinando aveva sedici anni appena. I bambini raffigurati vicino a Maria Luisa sono Isabella, futura regina di Napoli, e Francesco di Paola. La pubblica voce attribuiva la paternità dei due piccoli a Manuel Godoy, onnipotente primo ministro, dato che Maria Luisa era molto screditata agli occhi dell'opinione pubblica e Carlo IV passava per un marito compiacente. Attraverso i giochi chiaroscurali i personaggi suggeriscono un senso di mistero. Quest’opera rappresenta l'opposto del neoclassicismo, infatti Goya lascia spazio all'imperfetto. Mentre lavora a quest'opera e ad altre commissionate dalla famiglia reale, Goya ha modo di riflettere sulla società spagnola e sulle condizioni del Paese. Si può notare il legame sempre più stretto tra l'artista e il nuovo clima culturale, suggestionato anche dall'Illuminismo; nell'opera, infatti, alla luce, che è l'elemento unificante del dipinto, viene assegnato il duplice compito di sottolineare il lusso degli abiti e il brillio dei gioielli e delle decorazioni, ma anche di far risaltare, che l'artista l'abbia voluto o no, la bruttezza, la follia e la presunzione degli illustri effigiati. Ma la luce esclude solo i bambini che non hanno niente a che fare con la società ormai corrotta.

10. Il bambino e la sua mamma: Stendhal (1783-1842) in questa autobiografia incompiuta intitolata “Vita di Henry Bruland” narra il rapporto con la madre morta di parto quando aveva sette anni e ricorda la passione-innamoramento- in termini quasi freuidiani del desiderio del corpo materno. Si procede in modo rapsodico in cui la madre è figura che entra di rado nel gioco della narrazione, ma quando è presente, illumina di sé il bambino, i luoghi e le persone del suo vivere rendendo attualissimo il ricordo.

11. Contrassegni di bambini abbandonati:Nell’Archivio dello Spedale degli Innocenti a Firenze sono conservati contrassegni, messaggi brevi scritti indicanti la data di nascita e il nome di bambino abbandonati e affidati allo Spedale:da essi emerge un legame che i genitori che abbandonano non vogliono interrompere e i disegni dovrebbero favorirne l’identificazione.

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12. L’arte di essere nonno: Victor Hugo (1802-1885) nel suo L’arte di essere nonno scrive del suo amore per i nipoti giorgio e giovanna figli del figlio carlo. Questi contrastano con i personaggi drammatici dei miserabili che poi attraverso l’aiuto di personaggi generosi avranno il loro riscatto. I nipoti invece trovano con il celebre nonno un rapporto di paritetica complicità, che sottolinea gli atteggiamenti mutati verso la prima età.

13. La foto ricordo: nella foto della famiglia N. di Trieste del 1897 si notano l’immagine non entusiasta dei figli accanto ad una mamma in attesa che sta in una posizione di mediazione tra il padre (in alto) e i figli. In questo ritratto di famiglia di ceto medio si assegnano ruoli diversi e gli sguardi che non si incrociano sembrano testimoniare questo difficile esistere genitori figli.

14. Violenza contro l’infanzia: una ricercatrice dell’Università di Bologna ha raccolto la quantità di articoli sulle violenze dei minori scritte su 4 quotidiani dal 1979 al 1985:nel 35% dei casi si tratta di violenze subite in famiglia- gli autori vanno dai 31 ai 40 anni; lo stupro è il tipo di violenza maggiormente subito dai maschi (8-11 anni) e femmine (dopo i 14 anni);si rileva una quota rilevante di abusi in contesti di ceto medio;il numero dei casi del sud è pari a quelli del nord. E’ un’analisi parziale, infatti quanti casi non sono denunciati?

15. Bambina con papà: in questo romanzo di Peter Handke(Griffen, 6 dicembre 1942è un romanziere e drammaturgo austriaco da madre slovena e da padre sconosciuto) descrive in forma autobiografica il rapporto padre e figlia in una famiglia monoparentale (la madre si è allontanata). Egli descrive il crescere della piccola e il farsi padre del protagonista:la bimba è presentata così come il padre la vive non come la piccola vive il papà. Si descrive cioè cosa è il bambino nella mente e negli affetti dell’adulto. “…tutto ciò confluì nella storia della bambina e di lei come persona , a parte i soliti aneddoti, all’adulto rimase in seguito impresso un aspetto caratteristico:che era gioiosa e sensibile”.

CAP.5 SCUOLE

Fin dall’antichità i bambini della collettività certo i più abbienti, apprendevano in situazioni organizzate, con un maestro, attrezzature e contenuti tanto da poter parlare di vere e proprie scuole. Gli altri non esperivano di un’istruzione organizzata, ma imparavano cose diverse in ambienti informali. La scuola dunque da millenni nel mondo occidentale si può considerare sede elettiva quansi alla stregua della famiglia. Anzitutto la scuola è un setting, ambiente organizzato:il essa il bambino ci va a partire da una certa età, per far cose che talora ripete ed elabora a casa. Anche l’istruzione domestica che si afferma a partire dal 400 prevede che ambienti all’interno della casa vengano lasciati liberi per consentire tali apprendimenti. I maestri cercano di motivare allo studio sovente in modo violento, regolando l’apprendimento con esercizi ripetuti e monotoni:la storia della scuola è stata fino a non molto tempo fa, la storia di discipline e disciplina. Inoltre la scuola ha la sua materialità: tavolette di cera, libri che durano generazioni…accanto agli oggetti ci sono rapporti tra pari:gli allievi fraternizzano fra di loro, imparano l’arte del primeggiare, il vizio del fare la spia, del marinare le lezioni…a partire dalla fine del XVIII sec. il tempo della scuola si estende:si cominciano ad istituire asili per i più piccoli. Le istituzioni assimilano quanto fa parte del mondo del bambino:giochi che diventano esercizi didattici, apprendimenti sociali. Per questa sua pervasività la scuola domanda delle testimonianze ai bambini:compiti a casa, voti, disegni, lavoretti…a scuola si imparano anche i ruoli sessuali: fino ai tempi più recenti maschi e femmine non hanno la stessa vicenda scolastica. Dispositivi scolastici sono stati a partire dalla fine del 1700 libri e periodici per l’infanzia.il bimbo può anche non saper leggere, ma c’è un adulto che lo introduce al testo. La scuola cerca di aiutare questa esperienza. Tuttavia il libro per l’infanzia è visto a casa come un oggetto, non come una fonte di comunicazione. La scuola del libro fallisce e altre fonti di apprendimento più impalpabili, ma certo più potenti,(computer) catturano il bambino: lui deve destreggiarsi a diventare grande in questa discontinuità, in questo rumore di offerte, nella pluralità non raccordata delle scuole.

1. Il maestro di scuola: questo testo scritto dal mimiambo di Eroda (Il termine mimiambo ci porta subito a pensare ad un vecchio poeta di cattiva fama tra i Greci benpensanti-

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Eroda, o Eronda (Alessandria d'Egitto o Kos, III secolo a.C. – Kos, inizio III secolo a.C.), è stato un poeta greco antico, compositore di mimiambi) forse vissuto a Cos nel III sec. a.C. tratteggia le figure del maestro (Lamprisco), della madre (Metrotima)che invoca aiuto, ma si lamenta per l’esborso e per gli scarsi risultati dell’insegnamento, le finalità della scuola (insegnamento delle discipline e della disciplina) e la figura dell’allievo Cotalo il cui profilo è ancora vivo e fino a non molto tempo fa ancora attuale.

2. Alessandro e il suo precettore. Esempi di figure di precettori e allievi sono Achille e il centauro Chitone, Alessandro magno ed Aristotele. Ma mentre per i primi si tratta di eccezionalità inimitabile, per la natura semidivina del pupillo e animale del precettore, nel secondo si è in una dimensione di eccellenza. In questa tavola del tardogotico francese, nella diade filosofo re si esplica una forma di cultura morale e politica trasmessa che ha a che fare con il sapere e il saper fare: gesti che non sempre sono messi in gioco quando l’azione del maestro di casa è meno nobile e paradigmatica di quella del filosofo antico.

3. In fuga dalla scuola: Nel Rationarum vitae, Giovanni Conversini da Ravenna (1343-1408 filosofo e letterato professore in vari studi dell’Italia Settentrionale) racconta l’infanzia e il travagliato itinerario di studi con maestri tanto violenti, quanto incapaci ricordato con particolare vivacità. Nella sua autobiografia, su modello delle Confessioni agostiniane, Conversini racconta gli incontri con le dolci monache di Ravenna e Bologna(…sono stato allevato con grandissimo amore e preoccupatissima attenzione, come se fossi stato messo al mondo dal ventre di tutte loro…), Filippino,un suo maestro sevum et ferreum (…sopportando la folle crudeltà di Filippino senza piegarmi, presi ad odiare le lettere e tutti i maestri…era un carnefice dei suoi allievi…) e l’effettiva vita in aula, le reazioni dei piccoli allievi, il sentimento che del bambino avevano molti adulti. Il protagonista fugge da scuola aiutato da alcuni mercanti si dirige verso Firenze.Poi raggiunto dai familiari viene riportato a casa, con la promessa poi non mantenuta che non andrà più alla scuola di Filippino;però non dormirà più lì. Ciò nonostante le angherie del maestro aumentano e lui fugge di nuovo; questa volta ripreso ottiene un nuovo maestro che non è crudele come il primo ma altrettanto arcigno e stupido. E’ rimasto sotto maestri sanguinari e pieni di cinismo, finchè vicende storiche lo riportarono a Ravenna dalle monache.

4. La scuola del principe: L’erede di Ludovico il Moro al ducato di Milano,Massimiliano, viene raffigurato in questa miniatura. Per lui venne allestita una scuola, gli vennero dati dei compagni, furono scritti testi come la grammatica del donato miniati da artisti famosi che rappresentavano il fanciullo intento a compiere beni principeschi. Il cartiglio sotto la figura recita un augurio per Massimiliano mai realizzato: non divenne né ottimo principe, né uomo colto.

5. Il bambino pansofico: L’ orbis sensualium pictus edito per la prima volta a Norimberga nel 1658, è il primo libro per l’infanzia sistematico ed illustrato. Si presenta come una enciclopedia illustrata di tutti gli elementi dello scibile umano:strumento di educazione morale e religiosa, testo di esercizi per l’occhio, la mente, la parola, la memoria il cuore. Le prime pagine mostrano tale intento il puer cui il maestro si rivolge è invitato al lungo viaggio attraverso tutto ciò che concorre ad imparare la saggezza. (pag.207)

6. I bambini e i loro modelli: una aristocratica famiglia veneziana quella dei Venier viene ritratta da Pietro Longhi tra il 1778 e il 1780. Al centro un bambino piccolo tenuto per mano dal precettore che gli indica come stare nel mondo:il piccolo infatti ha già appreso i gesti e gli atteggiamenti del corpo consoni ad un aristocratico.

7. Tra scuola ed arte: Thomas Bewick (1753-1825) che diventerà poi un celebre incisore, ricorda la sua infanzia con angoscia a causa della durezza del maestro e dei compagni. Ma a differenza di Conversini la sua fuga non sarà reale, ma nell’immaginario. Alla scuola del leggere, scrivere e far di conto contrappone l’esperienza formativa del disegno, il suo gusto infantile nel vedere tracciati segno ogni dove.. La sua vicenda si complica per lui bambino dotato ma non aiutato dalla scuola. Dopo un episodio di ribellione ad un punizione corporale, iniziò a marinare la scuola. Scoperto venne duramente picchiato dai genitori, poi affidato ad un maestro di indole opposta al precedente. Con lui fu felice e iniziò ad imparare con grande passione. Però il maestro morì giovane. Nella nuova scuola tutto tornò come prima fu costretto ad imparare a

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suon di frusta, intanto iniziava a riempire tutto gli spazi bianche dei fogli e dei libri con disegni. Poi passò ai portici con il gessetto e per questo venne deriso dal maestro “…a quell’epoca non avevo mai sentito parlare del disegno…anche mio padre trovò molto da ridire che sprecassi il mio tempo in occupazioni così futili…ma la vocazione per il disegno era talmente radicata che niente avrebbe potuto trattenermi dal seguirla”. Un amico poi gli diede la carta e così utilizzando inchiostro e succo di bacche selvatiche iniziò a disegnare più comodamente. E così iniziò la sua carriera.

8. Il piccolo Robinson L’autore del più celebre libro dell’infanzia tra il 700 e l’800, Campe, scrisse testi tra il didattico e il ricreativo. Nella “Descrizione di viaggi dell’infanzia” l’autore rappresenta spettacoli naturali ed antropici e soprattutto illustrazioni che favorendo la curiosità del lettore, dovevano favorire l’apprendimento. A pag.214 vi si trovano le descrizioni dei Samoiedi e delle illustrazioni.

9. Un registro di scuola: il registro del direttore di una scuola di un quartiere operaio nei pressi di Southampton di cui si riportano ampi stralci, documentano con efficacia la vita scolastica e soprattutto l’irregolarità delle presenze , la debolezza delle figure magistrali, gli assistenti poco più che bambini, la disomogeità delle classi, la demotivazione di grandi e piccoli per fatiche didattiche obsolete,impegni e distrazioni extrascolastiche degli allievi che rendevano lo stare a scuola gravosissimo. Il direttore tra l’altro non approva le punizioni corporali. Poi vi sono altre annotazioni del direttore che l’ha seguito.

10. La scuola della mamma: la scrittrice norvegese Sigrid Undset nella sua autobiografia Undici anni (del 1934) racconta la sua formazione che come per la maggior parte delle bambine dei ceti borghesi ed aristocratici avveniva in casa. Alla sua formazione concorre il padre archeologo che l’accultura informalmente e una madre intelligente che coniuga i saperi peculiari della donna con saperi specifici della scuola. L’impatto delle famiglia è forte e paradigmatico specie nel caso delle bambine.

11. Libri illustrati: la tradizione dei libri illustrati per l’infanzia in Inghilterra che ha tra i suoi autori Carroll con le sue illustrazioni per Alice nel paese delle meraviglie prosegue con gli animali di Beatrix Potter (1866-1943). Essi rappresentano vicende antropiche, nella miglior tradizione favolistica che a partire da Esopo ha accompagnate generazioni di lettori.

12. La classe e il suo diverso: in questo brano si parla di una classe alla periferia di Parigi che utilizza tecniche Freinet (tipografia, testo libero…) : è la storia di un tragitto educativo, il potere del gruppo classe , le difficoltà della maestra. Si tratta di una scolaresca omogenea nella quale emerge la figura di una bimba di colore difficile integrarsi nel gruppo. Alice questo è il nome della bambina viene tenuta a scuola, la famiglia fatica ad occuparsene Dopo una fase iniziale in cui il suo testo viene scelto dal gruppo perché si è sforzata (e lì è iniziata la sua integrazione) in un momento successivo racconta la propria storia e si racconta in una forma di ESSERE CON :il non intervento della maestra può forzare l’evoluzione del bambino ed essere decisiva.qui si rimette in discussione il ruolo tradizionale del maestro. Gli autori sono Aida Vasquez e Fernand Oury.

13. Prescuola :alcuni dati europei nei principali stati europei è costume far frequentare un’istituzione scolastica prima dei sei anni e questo servizio sul piano quantitativo è all’altezza delle richieste

CAP.6 LAVORO

I bambini lavoratori condividono con gli adulti la durezza della vita. Di questa infanzia (piccoli schiavi, garzoni di bottega, piccole ancelle, mendicanti…)la storia dà spesso notizie soprattutto nel secolo scorso. In questa storia si evidenziano le molte infanzie del sociale con grande chiarezza nei loro tragitti di crescita. All’interno di essa possiamo distinguere fra mestieri domestici, mestieri che impegnano il piccolo fuori casa, lavori che il bambino potrà svolgere anche nell’adolescenza e nell’età adulta, durante i quali hanno appreso saperi sociali ulteriormente spendibili. L’apprendistato infantile, soprattutto dei mestieri manuali, i son frutto di un esercizio realizzato sovente sotto la minaccia di punizioni fisiche, procedendo per imitazione. Anche nel lavoro domestico delle bambine. Si tratta di mimesi e del fare insieme pedagogico. Il più delle

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volte però lavora per necessità senza modelli né compagnie (es. il lavoro di mandriano, o in miniera) con rischi e pericoli enormi. Altri lavori sono occasione di socializzazione con il mondo adulto e quello di altri coetanei (apprendistato sociale). Ma la frattura più grossa di cui soffre il piccolo che produce e guadagna, non è tanto con il suo contesto familiare, quanto con le istituzioni educative extradomestiche. Nell’aula il maestro non è necessariamente il modello di ogni condotta che va appresa, non è la persona con cui si lavora, ha distanze molto forti con il bambino. Lavoro minorile e scuola sono dunque gli ambiti antitetici della vita del bambino. La scuola ha tentato di ovviare a questa realtà, preparando ad es. i bambini nella classe ad attività lavorative, oppure istituendo scuole tecniche. E’ riuscita molto lentamente a comporre la frattura fra aula e fabbrica più per il ridursi del lavoro minorile e non grazie all’inventiva didattica e culturale dei programmi.

1. Lavoro di strada: In questo mosaico pompeiano del II sec. a.C si osserva un bambino ai margini di un gruppo di musici tra cui una donna;egli forse ha una parte servile, magari richiedere l’obolo dopo l’esibizione. I luoghi e le funzioni sono altri rispetto a quelli di un bambino del ceto abbiente.

2. I mestieri del bambino: nella sua autobiografia Platter (1499-1582) nato da una povera famiglia del Vallese, narra dei suoi incontri con Zwingli, Erasmo da Rotterdam . Essi sono la testimonianza bambina tra un’ideologia religiosa e scolastica tardo medioevale e l’affermazione della riforma protestante, tra una cultura analfabeta e la raffinatezza del ritorno ai classici del sapere rinascimentale. Inizia come capraio (guardiano di capre) tra mille pericoli e molti rischi di morte. Poi prosegue come guardiano di vacche. Poi proseguì con l’apprendimento delle letter eper diventare ecclesiastico. Il maestro era violento. Poi racconta dell’avventuroso viaggio per arrivare in Germania ad una scuola.

3. La povera servetta. Ci sono figure di serve che sono state liberate da padrone benevoli. In questo testo, tratto da un libro di lettura per bambini scritto su commissione di un filantropo di Brandeburgo da cui prendeva avvio la redenzione dei ceti più deboli. Esso contiene insegnamenti religiosi, civili organizzati secondo la contrapposizione forte-debole, buono cattivo, povero ricco.

4. Il lavoro infantile nella società industriale inglese:Pubblicato nel 1845 da Engels questo è il testo più noto sul lavoro nelle fabbriche e nelle miniere in un’epoca di radicale cambiamento. Egli considera anche le modificazioni sulla vita privata, sulla salute. E’ il bambino di una società che paga un pesante prezzo ai propri cambiamenti e che viene analizzato nelle sue condizioni più drammatiche. Innaturalità dei modi di vita, deprivazioni…questa analisi darà origine a molti altri studi di questo tipo che proseguiranno fino ai nostri giorni. I bambini “schiavi del loro padrone” venivano utilizzati perché più adatti a maneggiare le macchine. Da principio si trattava di bambini degli asili (5 6 7 anni), per poi alzare il tetto a nove-dieci anni. Le condizioni di vita sono inimmaginabili (malnutrizione, malattie soprattutto per chi immerge le ceramiche finite in un liquido che contiene arsenico, piombo e altre sostanze velenose ) Anche l’istruzione scarseggia “i maestri delle scuole domenicali lamentano la grande sonnolenza e l’abbruttimento dei fanciulli, nonostante la grande voglia di apprendere.

5. Introiettare il valore del lavoro: in questo breve dialogo tra due fratellini poveri scritto da Marie Carpentier e destinato a a testo per le scuole materne, l’idea di fondo è questa:il lavoro dei bambini non è un male in assoluto è negativo solo se non è legato alla fatica onestà dipendenza competenza. Al bambino povero tocca sopportare con dignità e rassegnazione senza infrangere l’ordine sociale, i mali che il buon Dio gli ha inflitto.

6. Il piccolo pifferaio: Edouard Manet dipinge un pifferaio; a partire dalle guerre napoleoniche in poi nascono queste figure di bambini musici che allietano, motivano gli adulti soldati in guerra. Il mestiere del bambino è sui generis, viene retribuito con il mantenimento completo. Ha in questo caso la conferma esaltante dell’uniforme, l’unicità della propria carica all’interno di un gruppo di persone grandi. Questo rende questo mestiere più entusiasmante, ma anche più drammaticamente oneroso rispetto ad altri a causa della fatica della quotidianità in campo, dell’assenza di figure materne, dell’uniformità dei modelli di immedesimazione.

7. Leggi:la prima legge in merito alla regolazione del lavoro minorile è inglese del 1834 che proibisce il lavoro minorile al di sotto dei 9 anni. Essa però viene disattesa, né una successiva prussiana del 1839 e francese del 1841, modifica lo stato di fatto, eliminando il lavoro abusivo. Un altro

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provvedimento francese del 1874 eleva l’obbligo a 12 anni. La prima legge italiana è del 1886 e viene riportata nel testo: essa appare molto più antiquata di quella degli altri paesi europei, senza vincoli di scolarità. E’ proibito far lavorare i bambini di età inferiore ai 9 anni e tra i 9 e i 15 è obbligatorio un certificato medico. Solo oltre il 12esimo anno potranno lavorare per più di 8 ore al giorno. Sarà con il giugno 1902 che il limite in Italia sarà fissato a 12 anni e si alzerà con i decreti successivi fino al DPR n. 432 del 1976 che pone a 16 anni per i maschi e 18 per le femmine il livello minimo di età per essere adibiti a lavori pericolosi. Vi è poi legge 29 del 2006 che ha poi innalzato l’obbligo scolastico e l’età minima per avviarsi al lavoro (apprendistato compreso) ai 16 anni.

8. Il piccolo spazzacamino: in Cuore di De Amicis (1886) l’autore dedica il testo ai bambini delle scuole elementari per contribuire al loro cammino di crescita. La pedagogia deamicisiana si basa sugli esempi. Il piccolo spazzacamino è un figura che entra nel racconto (la cronaca scolastica di Enrico). Egli viene descritto anche nei vissuti che suscita in chi lo incontra: non stanno tanto nella scena di infanzia povera ed alienata, quanto nel sentimento di pietà che il piccolo lavoratore evoca , il suo essere altro rispetto alle bambine borghesi.

9. Incidenti e morte:la letteratura sociale dello scorso secolo è ricca di indagini governative e private in cui i dati riguardanti gli incidenti anche mortali sul lavoro vengo stigmatizzati. In questo stralcio vengono riportati i dati di indagini mediante raccolta d’incidenti apparsi sulle principali testate giornalistiche dal 1970 al 1974.

10. Solitudine: il lavoro è per il bambino occasione di socializzazione di incontro con altri bambini e con adulti . sia in bottega, sia in fabbrica egli è esposto ad esempi. Se i documenti, specie quelli del secolo scorso, testimoniano più esperienze soprattutto negative, la letteratura dell’epoca è ricca anche di incontri buoni (ad es. imbattersi in un compagno forte). Ma vi sono una serie di situazioni in cui il bambino lavora da solo soprattutto in zone agricole. Il rapporto è qui del bambino con le cose e gli animali, dove la solitudine non dà risposte e dove alle origini c’è un atto di violenza:ad es. l’essere venduto dalla famiglia in un crescere del corpo senza quasi stimoli per la mente e per gli affetti. Qui si parla del fenomeno in Puglia intorno al 1970 dove ragazzi di 10-12 anni stanno a padrone per un anno intero senza andare a scuola, adibiti alla pulizia delle stalle, governo delle bestie senza né tariffe, né orari, maltrattati e malnutriti. In particolare si narra la vicenda di Michele Colonna suicida a colpi di fucile. Dall’età di 12 anni era stato acquistato da un massaro poi rivenduto ad altri due, solo sempre solo privato di ogni gioco infantile:un’esistenza bruciata in una sconfinata solitudine che l’ha spinto a quel gesto.

11. Il lavoro nella scuola: il lavoro infantile è stato a lungo opposto della scuola. Problematica molto importante anche per quanto riguarda la questione del lavoro nella scuola che ha avuto la sua conclusione disciplinare con i programmi del 1955 in cui sotto la dizione di attività manuali e pratiche, si parla di attività manuali e pratiche differenziate tra maschi e femmine. La scuola primaria si riteneva avesse anche la funzione di valore diagnostico circa le capacità del bambino e potesse fungere anche da avviamento a competenze produttive peculiari del singolo intese come gioco lavoro.

CAP. 7 GIOCHI E GIOCATTOLI

La storia dei giochi e dei giocattoli non è ancora stata elaborata in modo sistematico. Però una vicenda di materialità ed atti simbolici lega il bambino che giocava in tempi antichissimi al puer ludens di oggi. L’esperienza del gioco è fenomeno centrale della vita umana, ma non per questo viene adeguatamente apprezzato e documentato. Una storia del gioco consentirebbe la ricostruzione di una dimensione peculiare della vita infantile e anche degli investimenti che in essa si sono fatti. Infatti nelle situazioni ludiche il mondo del bambino si intreccia con quello delle cose cui è il bambino stesso ad attribuire un significato (il gioco di ruoli del far finta prefigura ciò che il bambino sarà da adulto). In tale quadro è possibile inseguire delle costanti che percorrono secoli e culture:giochi per maschi e per femmine, giochi per bimbi più piccini e grandicelli, regole e turni…se alcuni aspetti (filastrocche, giochi della bambola, nascondino) rimangono invariati o subiscono rare mutazione, si è però estinto il giocattolo fatto in casa o costruito dal bambino stesso. Il gioco Spiel dal tedesco significa anche spettacolo:quindi oltre ai giochi del far finta di vi sono dei teatrini dell’Ottocento. Il gioco da momento disimpegnato viene assimilato dalla scuola in particolare del

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nido e dell’infanzia come sostegno all’esperienza di apprendimento. Il gioco del far finta di assume dimensione terapeutica e diagnostica a livello psicanalitico. Del bambino che gioca è rimasta scarsa traccia nei secoli e solo a partire dalla fine 700 inizi 800 che si è scorto il grande significato evolutivo sociale ed epistemico, preparatorio della vita futura e di sollievo dalle ansie.

1. Giocare nella polis ideale: Nelle Leggi Platone delinea la polis ideale meno utopistica rispetto a quelle della Repubblica. Definisce luoghi e norme di particolare importanza per la vita civile e la paideia dei non adulti. Quindi i bambini dai tre ai sei anni in temenoi consacrati agli dei sotto la guida di nutrici trascorreranno molte ore in giochi inventati da loro , apprenderanno tra fantasia e disciplina i primi rudimenti del mestiere di cittadino. Platone in questo stralcio appare capace di cogliere le peculiarità della natura infantile capace di tradursi in condotte utili allo stato.

2. Giochi e miracoli: in un vangelo apocrifo si narra di Gesù e dei suoi giochi di bambino . il testo al di là dei significati dottrinari e simbolici, è una breve testimonianza di come giocava un bambino dei primi tempi del cristianesimo, anche se non è possibile definire l’esattezza della testimonianza.

3. Un bambino gioca per la strada: in questa tavola è effigiato Andreas Schwarz che in una autobiografia andata perduta racconta la sua storia, serie di didascalie di episodi illustrati. Si coglie un momento della vita infantile agli inizi del XVI sec. e di vederli in un’ottica di chi li ha vissuti, li ricorda e fa tradurre in immagine la sua memoria.

4. I cavalli finti: Rabelais (1494-1553) in un suo testo racconta l’infanzia del gigante Gargantua, mantenendo molti tratti dell’origine popolare della storia. I cavalli di Gargantua sono dei giocattoli di legno che egli riveste con la fantasia. Nella microstoria del bimbo fuori misura che gioca tutto è al di là del reale e i personaggi che vi entrano finiscono col fuggire da tale mondo improbabile. Qui il gioco è qual fare dove il discrimine tra mondo effettuale e produzione dell’immaginario, non è definibile.

5. Un’enciclopedia illustrata di giochi: Pieter Bruegel il vecchio dipinse il grande quadro Giochi di bambini nel 1560: è probabilmente allegorico, alcuni hanno voluto trovare un primo affresco dedicato alle età dell’uomo, in cui il bambino è appare intento alla sua variegata attività elettiva, appunto il gioco. Piccoli e grandi si divertono insieme secondo in distinzione di età che Ariès ha evidenziato a più riprese e che si è protratta fino alla fine del 600. I giochi sono metastorici, fatti con attrezzi poveri, la gente appare catturata dalla vertigine del gioco. Secondo un’altra interpretazione la brulicante veduta della piazza di un paese ospita gruppi di bambini che mettono in scena circa ottanta giochi dell'infanzia. Il soggetto, già praticato nella miniatura medievale, viene qui per la prima volta riunito in un'unica scena. La veduta è infatti ottenuta tramite l'applicazione geometrica della prospettiva quattrocentesca, popolata da gruppi di figure e personaggi singoli equilibratamente sparpagliati, con un'organizzazione per zone facilitata dalla presenza di macchie colorate sul terreno, ora polveroso, ora fangoso, ora erboso, in piena luce oppure in ombra. I volti da adulti dei fanciulli, privi di qualsiasi allegria nell'atto giocoso, sono stati letti come un richiamo all'inutilità delle azioni umane, svolte in maniera meccanica e senza alcuna soddisfazione. I giochi sarebbero quindi un'imitazione della vita degli adulti. Lo stesso fanciullo che si vede alla finestra in alto a sinistra indossa una maschera da adulto per spaventare i passanti. Il lato sinistro del dipinto, dove oltre un'abitazione dalla parete rossa si vede un giardino e, più lontano, un'oasi frescheggiante sulle rive di un fiume, offre un punto di sosta e riposo per la mente dell'osservatore, con la piacevolissima veduta delle lontane case del villaggio.

6. Giocare ai dadi: i bambini di questa pittura di Mourillo (1617-1682) non sembrano né poveri né infelici;si vedono bambini che giocano a dadi (gioco considerato da adulti dunque potrebbe significare bisogno del bambino di crescere in fretta); ad essi sono affiancati altri che mangiano, lavorano chiedono le elemosina. Velasques aveva dipinto i piccoli principi senza sorrisi, qui invece vi è l’infanzia idealizzata nel sorriso, nel gesto di essere, nella vitalità dei ceti popolari con i loro gesti. Ciò avviene attraverso la prossemica dei gesti, dei volti, dei corpi.

7. Il castello di carte: in questo quadro Chardin (Jean-Baptiste-Siméon Chardin (Parigi, 2 novembre 1699 – Parigi, 6 dicembre 1779) è stato un pittore francese, autore soprattutto di pregevolissime nature morte e di quadri aventi come soggetto i giochi semplici dell'infanzia) raffigura un piccolo signore che seriamente costruisce il suo castello di carte. La sua idea di infanzia è la seguente: i

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ragazzini e le bimbe che si incontrano nelle scene borghesi del pittore francese, fanno tutto con grande serietà, per conto loro sorvegliati da adulti attenti e riservati:si sta facendo strada un’idea di infanzia in cui è consentito gioco, offerta di istruzione una spazio sicuro e silenzioso entro cui crescere.

8. La bambola proibita: Questo brano è una fiaba scritta nel 1838 da Clemens Brentano. Una famiglia grazie ad un anello magico diventa ricca. La figlia che non ha mai posseduto una bambola, scambia l’anello con un malvivente, proprio in cambio di una bambola bellissima, meccanica. Qui si narra il momento dello scambio con la bambola che sta anche ad indicare cosa può accadere se ad una bimba è negato il giocattolo femminile per antonomasia e gli effetti dannosi sulla maturazione ludica.

9. Il circo magico:nel corso dell’800 cresce la produzione di giochi di carta per bambini. Per fruirne data la loro complessità il bambino va accompagnato . qui viene riprodotto il cartone del circo magico realizzato intorno al 1910 a Milano che ha tre soggetti diversi e le istruzioni per il montaggio.

10. La miniera:Walter Benjamin ebreo(Charlottenburg, 15 luglio 1892 – Portbou, 26 settembre 1940) è stato un filosofo, scrittore, critico letterario e traduttore tedesco. Il 14 giugno del 1940 Parigi è occupata dai tedeschi. Benjamin fugge verso la Spagna nel tentativo di varcare il confine per raggiungere una località di mare e imbarcarsi verso gli USA dove già si erano rifugiati i suoi amici dell'Istituto per la ricerca sociale, tra cui Theodor W. Adorno. Nella notte del 25 settembre del 1940, presso la località di Port Bou nella Catalogna spagnola, nel tentativo di sfuggire alla probabile cattura da parte della polizia di frontiera spagnola e alla conseguente espulsione dalla Spagna verso il territorio francese, ormai saldamente nelle mani dell'esercito nazista, Benjamin decide di togliersi la vita ingerendo della morfina. Aveva con sé una valigia nera che custodiva gelosamente, in cui erano contenuti probabilmente dei manoscritti o delle pagine incompiute. Il giorno dopo ai suoi compagni di viaggio sarebbe stato permesso di proseguire per la loro destinazione. Altri suoi amici — tra cui Henny Gurland, futura moglie di Erich Fromm — provvidero alla sua tumulazione nel cimitero di Port-Bou, pagando il fitto del loculo per soli cinque anni. Dopo tale periodo non si sa dove possa essere finito il suo corpo, né la sua valigia nera fu mai più ritrovata. Oggi a Portbou esiste un memoriale che ricorda la figura di Walter Benjamin. Ironia della sorte vuole che il visto che stava attendendo per imbarcarsi per gli Stati Uniti arrivò il pomeriggio successivo al suo suicidio. Nella sua produzione si occuperà con tanta attenzione del gioco e del giocattolo, scoprendo la situazione del lavoro che non conosce. Partendo da una riflessione sul giocattolo prodotto in serie farà importanti riflessioni estetiche e sociologiche. Questa autobiografia di bambino della ricca borghesia ebrea dei primi del 900 narra nei suoi vissuti la saggezza e la meraviglia del bambino. La zia che andava a visitare gli metteva davanti un cubo trasparente contenente un’intera miniera vivente in cui i personaggi si mettevano in movimento al ritmo di un meccanismo ad orologeria. A lui però rimase sempre impresso il vestibolo dove l’inserviente lo portava per togliersi e rimettersi il cappotto in una sorta di rito simbolico (liberarmi di un peso all’ingresso e benedirmi quando gli calava il cappello all’uscita)

11. Il dialogo con la tappezzeria:Elias Canetti (Ruse, 25 luglio 1905 – Zurigo, 14 agosto 1994) è stato uno scrittore, saggista e aforista bulgaro naturalizzato britannico di lingua tedesca, insignito del Nobel per la letteratura nel 1981. È considerato l'ultima grande figura della cultura mitteleuropea, per quanto la sua opera risulti abbastanza eccentrica rispetto alla tradizione stessa che quella cultura ha formato tra l'inizio del '900 e la fine della seconda guerra mondiale. A parte Karl Kraus, figura dominante sino al 1960 e in seguito Hermann Broch, è difficile infatti trovare riferimenti precisi senza scorgere influssi taoisti e buddhisti nel pensiero canettiano. Nella sua autobiografia La lingua salvata racconta di sé e della sua infanzia in maniera rilevante. Il gioco non ha una parte importante nella vita del bimbo dove a libri, discorsi, rituali, rapporti con adulti è assegnaot una spazio maggiore. Là dove si parla di gioco esso è impregnato di una fantasia chiaramente acculturata, fortemente simbolico e drammatico, preludio di quel rapporto con il libro che è elemento di base nella vicenda esistenziale e culturale di Canetti. “In verità giocavo poco, parlavo piuttosto con la tappezzeria. I molti cerchi scuri nel disegno della tappezzeria li vedevo come persone”. “La loro compagnia era per me la più gradita , più gradita comunque di quella dei

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fratellini”. “I miei sentimenti li attribuivo a loro. Erano loro i vigliacchi” Scoperto dalla governante gli venne impedito il gioco, ma egli riuscì lo stesso ad effettuarlo anche in presenza di altri. Il suo rapporto col padre è fatto di dialoghi scherzi ed è estremamente positivo.

12. Il gioco del fort da: questo documento è stralcio del pensiero psicoanalitico di Freud. Il nipotino Ernst (di un anno e mezzo)uno dei pochissimi osservati direttamente da Freud, in Al di là del piacere (1920) produce una modifica nella sua teoria . Il gioco infantile viene interpretato in maniera pregnante:come assunzione di un ruolo attivo in alcuni momenti sgradevoli, come elaborazione di sentimenti difficilmente tollerabili. L’inscrivere l’attività ludica nella vita pulsionale, l’assegnarle un ruolo importante non solo nella sfera cognitiva e sociale, costituisce l’avvio di una serie di riflessioni ed ipotesi che nella storia della psicanalisi diverranno sempre più numerose ed affascinanti, dando un significato a comportamenti infantili apparentemente privi di senso. Il bambino buono aveva l’abitudine di scaraventare lontano da sé gli oggetti di cui riusciva ad impadronirsi. Quando lo faceva emetteva un ooo forte. Questo era il gioco:tirare un giocattolo tendendolo però attaccato a sé con filo e rocchetto che spariva sotto al letto e poi farlo ricomparire tirando il filo. Si trattava di una rinuncia pulsionale che consisteva nel permettere alla mamma di andarsene senza protestare. Infatti lo scopo del gioco era forse preludere al piacere della ricomparsa. Ma forse questa esperienza era stata trasformata in gioco per un altro motivo. Partendo dal presupposto che i bambini ripetono nel gioco tutto quello che nella vita reale ha suscitato una forte impressione diventano in questo modo padroni della situazione. Nella tragedia ad esempio si possono suscitare forme di godimento elevatissimo. Ciò avviene perché si trasforma ciò che in se stesso è spiacevole in un oggetto suscettibile di essere ricordato e psichicamente elaborato.

13. Guardia e ladri:i l giochi all’aperto o giochi di strada che ora rischiano di estinguersi per mancanza di spazi, tempo libero destinato ai bambini, occasioni di incontro. Sono oggetto di studio del folclore e più recentemente di alcuni psicologi. I games all’aperto sono però anche deposito della storia locale più o meno recente. Il gioco di guardie e ladri viene qui analizzato nella sue varie accezioni zonali (nomi diversi…)

14. Giochi e terapia: Melanie Klein in unsuo saggio del 1929 La personificazione del gioco infantile considera il significato analitico di alcune personificazioni dei giochi e il graduale sbloccarsi nel corso della terapia delle loro difficoltà con l’apparire di personaggi meno aggressivi. Infatti per la Klein lo psichismo infantile è caratterizzato da una struttura forte e originariamente aggressiva:il super-io. Il terapista ha la funzione di attenuare questa severità. Nella terapia del gioco che la Klein ha messo a punto l’analista deve assumere molti ruoli che il bambino gli assegna e aiutarlo nel trasformare i personaggi del gioco in figure soccorrevoli. La Klein evidenzia ed interpreta una serie di fenomeni che appaiono nel comportamento ludico importanti per comprendere lo psichismo infantile nella sua evoluzione, nella sua normalità, nella sua patologia. I bambini schizofrenici non sono capaci di un gioco vero e proprio, ripetono monotoriamente determinate azioni. Qui la Klein propone due casi di due bambine:la prima soffriva di una nevrosi ossessiva che nascondeva una forma di paranoia. Un’altra bambina soffriva di nevrosi ossessiva nella quale la figura del padre rappresentato dall’elefante che essa poneva ai piedi del lettino dove deponeva la sua bambola era colui che impediva alla bambola di andare nel letto dei genitori per depredarli di qualcosa. L’appagamento al desiderio consisteva nel fatto che l’elefante riuscisse ad impedire alla bambola di alzarsi. Questo conflitto tra es e super io che qui si palesa aveva riscontri diversi nei due casi:la prima paziente nel gioco appagava il desiderio attraverso l’alleanza con il super io mentre nel secondo caso ciò accadeva con la sconfitta del super io. Meccanismi che la Klein definisce psichici universali sono espressioni dei vari stadi di transizione del super io spaventosamente minaccioso . Durante la terapia la graduale trasformazione di queste figure di transizione via via più realistiche del padre e della madre può essere osservata costantemente nelle azioni del gioco. Il gioco dei bambini normali mostra un equilibrio migliore tra fantasia e realtà. L’analista che aspira a raggiungere fino alle primissime imago che generano angoscia e cioè colpire alle radici il super io non deve avere tendenze preferenziali ad assumere ruoli particolari;deve accettate quello che gli viene assegnato dalla situazione analitica.

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15. Mamma e bambino che giocano a cucù: nell’apparente semplicità e ripetitività del gioco di nascondere e scoprire il volto, esperienza metastorica e meta culturale di ogni mamma col suo bambino, Bruner individua genesi, dialettiche, promesse , svolgimenti successivi e il farsi occasione in questo scambio tra mamma e figlio piccino di gesti, vocalizzi gratificazioni di apprendimenti cognitivi e sociali molti importanti. Il successo del gioco dipende in parte dall’abilità del bambino di cogliere il momento giusto in cui scompare il volto dell’adulto ed esprime effetti più persistenti quando la sua ricomparsa varia. Queste aspettative sono caratterizzate da una ricca componente di strutture spazio-temporali. Un altro modo per valutare il gioco è quello di notare quando il bambino diventa più sensibile alle regole del gioco. E’ stato svolto a tal scopo una ricerca in cui il gioco veniva svolto in laboratorio da madri e figli secondo una tempistica definita. Le sedute vennero registrate e riesaminate. In avvio vi è una sorta di contatto ad es. il guardarsi in faccia o vocalizzando da parte della madre. Poi la prima mossa che è la concentrata attenzione. La seconda mossa è il nascondersi in alcuni casi controllato dalla madre in altri dal bambino. A 15 mesi il bambino controlla una nuova variante del gioco che consiste nell’assumere il ruolo di protagonista del gioco. Quindi entrano in gioco altre variabili pur sempre contenute nelle regole più importanti che sono:a.il contatto iniziale-b. la scomparsa-c. la ricomparsa-d. il ristabilirsi del contatto. Il bambino peraltro ricava un piacere dal processo stesso nel momento in cui cerca di scoprirlo.

CAP. 8 QUOTIDIANITA’

La giornata del bambino si intreccia con quella adulta , ma con tempi, modalità, esecuzioni diverse. Le ore di sonno tendono coi secoli a farsi peculiari come lunghezza , rituali. Il menù via via si fa più eterogeneo rispetto a quello dei grandi. Anche altro è l’uso del tempo impegnato e libero anch’esso eterogeneo anche per fasce di età infantile, giacchè verso i 6 7 anni interviene la scuola. Nel grande contenitore della giornata il bambino esperisce ed apprende dei rituali. Il rapporto tra casa-scuola, casa strada comporta azioni consentite ed interdette. Alcune categorie della vita infantile appaiono quasi metastoriche , invece l’articolarsi complesso della quotidianità è quello che muta più a lungo fra generazioni. Si passa da una promiscuità adulti e non adulti ad una progressiva differenziazione crescente di spazi, luoghi, distanze sociali ritualità, in un itinerario di acculturazione in cui sono costruite etichette e norme. La vita quotidiane è una sorta di teatro pedagogico. La prima differenziazione importante tra grandi e piccoli è la presenza di un adulto diverso accanto al bambino a seconda delle occasioni, soprattutto in quella grande realtà vissuta come particolarmente pericolosa che è la strada. Il pedagogo schiavo dell’antichità è il primo rappresentante. Altro moneto cruciale sono i rituali:il commiato quando si parte da casa a scuola, la preghiera quando si inizia una attività, soprattutto nei rituali proposti da Erasmo da Rotterdam (“Il galateo dei ragazzi”). Anche lo spazio si articola:distinzione casa scuola nell’antichità classica, poi casa e chiesa. Verso il 700 si afferma la nursery della stanza del bambino fatta di giocattoli, arredi, personale. Alla fien dell’800 si afferma la kinderstube, stanza del bambino ma anche buona educazione. Il bambino povero in vece non ha una stanza per sé vive nella promiscuità in casa o in strada, oppure in istituti per l’infanzia abbandonata. Quotidianità è anche la distinzione tra tempo normale e tempo delle vacanze. I più agiati viaggiano con la famiglia, alla fine del secolo per i meno abbienti compaiono le colonie marine o montane. Ci sono eventi propri della fisicità infantile che si avvia a divenire corpo sociale:la deambulazione e i suoi sostegni, l’educazione alla pulizia…

1. Tra casa e scuola: nel III sec. d. C manuali di storia insegnavano il greco con il testo latino a fronte . Essi sono testimoni di una didattica dove i figli vengono mandati a scuola sorvegliati da uno schiavo istruiti alle buone maniere. Il ragazzino che si racconta in questo documento ha una sua regia della giornata, ma restituisce la fatica della quotidianità divisa tra famiglia e aula momenti di indisciplina, di distrazione, di rissosità con i compagni.

2. I pasti dei trovatelli:Lo Spedale degli Innocenti, costruito da Brunelleschi tra il 1419 e il 1445 grazie ad un lascito di datini mercante di Prato del 1419, ha accolto e avviato al lavoro per secoli migliaia di bimbi abbandonati. Nel 1483 si contavano 171 bambini su un totale di 196 persone con una mortalità infantile del 50%. In questo brano vengono calcolati i mezzi finanziari per fornire i pasti a

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tutta la comunità. Si evidenzia la monotonia e la scarsità dei cibi somministrati e la sua insufficienza a far sopravvivere bimbi sottoposti a varie forme di contagio dunque esposti facilmente a malattia e morte.

3. Di prima mattina:La exercitatio linguae latinae di Vives scritta nel 1538 è un manuale di esercizi latini in una prospettiva di didattica attiva. Si tratta di un manuale di buone maniere sul modello erasmiano che ricorda agli allievi momenti sociali. In esso sono presenti personaggi diversi da quelli strettamente familiari, figure meno stereotipate, insieme a categoria metastoriche della vita del non adulto. E’ un dialogo tra Eusebio, un servo, Emanuele il ricco signore e la sua fantesca che lo sveglia di primo mattino lo aiuta nelle incombenze quotidiane (vestirsi… lavarsi…pregare)

4. La giornata del delfino: l’infanzia di Luigi XIII è forse quella più conosciuta:il suo medico personale Heroard l’ha attentamente osservata e scritta in un Journal , restituendo discorsi, azioni e reazioni di coloro che formavano l’entourage del bimbo. La giornata del piccolo viene ricostruita nei suoi ritmi. Mettendo al centro la fisicità, ma anche fantasie, paure, desideri infantili. È la vita eccezionale di un bambino del 600. Si racconta il rito della cacca, la colazione, il pasto (pastina e carne tritata e dolce). Poi si diverte fino all’una e mezza. Alle tre la merenda, la balia le dà indicazioni di carattere moraleggiante ( Monsieur sapete quel proverbio che avete imparato stamattina?- Dio vede tutto quello che facciamo…)- Poi gioco con il moschetto e di nuovo in giardino. Alle 18.00 cena , con preghiere e nanna dalle 8 e tre quarti fino alle sette della mattina del giorno dopo.

5. Primi passi: si tratta di un disegno di Rembrant conservato al British Museum. Ci sono tre personaggi.al centro il bambino che sorretto dai due adulti sta imparando a camminare. Probabilmente si tratta di una scena della vita domestica del pittore. Può rappresentare le età della vita, i pericoli dell’infanzia (come testimonia il copricapo sulla testa del bambino), la debolezza della prima età che anche la vecchiaia concorre a sorreggere.

6. Luoghi persone cose di casa: nella sua autobiografia “Casa e verità” del 1811, Goethe descrive la sua infanzia di bimbo appartenente alla borghesia della prima metà del 1700 con genitori attenti, avi benevoli e fantasiosi, bambini lasciati crescere con intelligenza e liberalità. Luoghi e oggetti hanno un forte significato culturale ed emotivo, anche per questo i percorsi infantili rimangono vivi nella memoria a decenni di distanza. Si raccontano delle monellerie del piccolo scrittore, come quella volta in cui distrusse una innumerevole quantità di stoviglie gettandole sul selciato gridando ancora e suscitando l’ilarità e l’applauso dei vicini di casa. Lo spazio casa era ritenuto adatto a suscitare nell’animo infantile brividi di paura. Si narra anche della predilezione del padre per la lingua italiana e di una serie di vedute di Roma che facevano bella mostra in anticamera. Poi della nonna che aveva loro offerto una volta una rappresentazione col teatrino delle marionette.

7. La conversazione infantile: in questa tavola sono immortalati i figli di Daniel Graham, farmacista inglese, ritratti nel 1742 da Hogarth. Maschi femmine piccoli e grandi stanno insieme in un ambiente che è probabilmente la nursery che si affermerà in epoca vittoriana, dove bimbi, animali domestici, giocattoli convivono in un luogo deputato alla prima età, alla sua crescita, alla sua protezione.

8. I figlioli che crescono nella via dell’onestà: Questo documento è uno stralcio del Giannetto di L A Parravicini (Parravicini, Luigi Alessandro. - Pedagogista (Milano 1799 - Vittorio Veneto 1880). Il suo Manuale di pedagogia e metodica generale (2 voll., 1842 e 1845), ispirato particolarmente alle idee di J.-H. Pestalozzi e di J.-B. Girard, rappresenta un tentativo, lodevole per il tempo, di offrire in forma sistematica, sebbene meramente empirica, i problemi della pedagogia e della didattica. Notevole, invece, Giannetto (1837), libro per le scuole elementari.) Questo testo ebbe più di 80 edizioni. In esso a nozioni di storia e geografia, relative ai mestieri e alla vita morale, si affiancano episodi dell’esistenza del protagonista narrati in prima persona. Emergono squarci di vita di un figlio di povere e oneste persone di un fanciullo con le sue imperfezioni che si correggono con soddisfazione di grandi e del piccolo. Giannetto è sovente un bambino reale, ma figura paradigmatica di incitamento allo studio e alla vita buona. Si racconta una vicenda in cui il piccolo viene accusato ingiustamente dalla sorella di essere ladro;poi facendo una commissione restituisce onestamente una ciambella caduta a un panettiere. La moglie del panettiere lo premia con due ciambelle e lui ne regala una alla sorella perdonandola.

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9. A passeggio: in questo quadro di Renoir intitolato Gli ombrelli (1884) si esprime l’arte del pittore che è quella di restituire bambini in contesti diversi, fortemente segnati di valore sociale:la bimba è al centro della scena a mostrare la sua grazia, il suo modo di farsi donna la sua importanza. La madre nonostante la pioggia l’ha agghindata nella inconsapevole certezza che abbigliamento e compagnia servano da dispositivo di acculturazione per la bimba.

10. La buonanotte: il rito della buonanotte è uno dei cardini dell’educazione tre 800 e 900. In queste pagine Proust ne fa un microromanzo infantile. Nel contesto della villeggiatura la giornata infantile appare scandita dal tempo degli adulti. L’avvio al sonno e i suoi rituali intersoggettivi, se smentiti o sospesi, suonano come una ferita narcisistica per il piccolo; la mamma viene spesso frettolosamente per il bacio della buonanotte e ciò fa soffrire il piccolo che ricorda con tenerezze le volte in cui ella si tratteneva a lungo. Altre volte in presenza di ospiti la mamma non saliva per il bacio, ma glielo dava prima di salire in camera. Egli allora in sala da pranzo si preparava osservando la mamma il punto della gota in cui gliel’avrebbe dato. Una volta non glielo diede allora lui giunto in camera fece pervenire un biglietto con la richiesta che la madre ignorò. Poi la aspettò sveglio. Lei salita se lo trovò davanti e lui le chiese la buonanotte. Giunse il padre e il piccolo era convinto che sarebbe stato punito. Invece inaspettatamente il padre concesse alla madre di stare con il figlio anzi di dormire con lui per una volta. La loro riparazione dà la misura dell’affetto materno.

11. Toilet training:l’educazione sfinterica è diventata nelle ultime generazioni problema da dove essere affrontato secondo regole psicologicamente e pediatricamente fondate. In particolare il dottor Spock , psicoanalista e pediatra, è sicuramente il più noto. Tali teorie fondate su una pedagogia familiare di tipo liberale, ma non radicale, dove il bambino viene avviato gradualmente all’uso sociale del proprio corpo, hanno una radice psicoanalitica laddove si parla di significato relazionale che le feci hanno per il piccolo, del suo autocontrollo dal rischio di condotte contro fobiche.

CAP. 9 ALTRI LUOGHI

Ci sono luoghi elettivi per far crescere l’infanzia, spazi protetti e di controllo, luoghi per così dire deputati alla vita infantile:la casa, la scuola, il monastero in momenti di pericolo e di miseria, il convento o comunque la comunità religiosa per la bambina, il recinto custodito come nell’utopia senofontea,la casa delle virtù nel progetto di Filarete. A tale categoria si contrappone la categoria dello spazio aperto, del luogo non controllato; dal piccolo dell’antichità classica accompagnato dal pedagogo al bimbo del nostro secolo pur sempre esposto ad allettamenti e pericoli :non sta fermo, ha occasioni imprevedibili di incontro sociale, oppure fugge, si nasconde, si allea con adulti ex lege di cui condivide costumi, pratiche. Una fenomenologia completa o comunque emblematica del bambino fuori di casa in tragitti non definiti come quelli tra domesticità e scuola, è rara sul piano della ricostruzione diacronica;si tratta invece di storie di bambini piccolissimi abbandonati sulla strada. Ma ci sono anche torme di bambini che scappano, evadono, si muovono collettivamente. Di questi fenomeni di vagabondaggio si danno anche descrizioni di fiction in cui i l bambino errante solo o in compagnia viene esaltato (es .i Miserabili di Hugo) sulla strada sembra mostrarsi nel modo migliore la natura primogenia dell’infanzia , fino ad arrivare alle figure di eccellenza morale della fiaba e dell’utopia (il piccolo principe,Peter pan), collocate in luoghi senza tempo e senza spazio. Accanto a spazi leciti e talvolta iperprotetti si trovano spazi per così dire capovolti quali i campi di concentramento poi diventati campi di sterminio dove bambini insieme ad adulti hanno atteso la morte. Anche questi luoghi sono inscritti nella storia dell’infanzia nel farsi di un sentimento della prima età che ne fanno a titolo plurimo un soggetto a rischio.

1. Lo spazio dei bambini: nella Ciropedia di Senofonte (426-355 a.C) grande affresco del monarca giusto, l’infanzia ha un posto importante anche se non si tratta solo della prima età del re, ma anche di quando dopo i 6-7 anni, il bambino viene affidato allo Stato che governa la sua crescita. L’infanzia persiana non ha scuole, ma luoghi collettivi di inculcamento e di esercizio della giustizia, controllati direttamente da funzionari statali. L’idea di uno spazio ricorrente di educazione si riprenderà anche nelle utopie successive al fin e di ottimizzare il farsi adulto sia dell’individuo che

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della collettività. si snoda qui la descrizione della piazza della libertà suddivisa in settori riservati alle varie fasce d’età. Essi sono diretti da anziani. Dai 6 ai 18 anni vanno a scuola ad imparare ad essere giusti, come da noi in Grecia si va a scuola per imparare a leggere e scrivere; qui si simulano processi, casi in una sorta di jjsow ante litteram. Poi imparano l’austerità.

2. La Crociata dei bambini: nel 1212 da molte parti d’Europa e su richiamo di un fanciullo tedesco, Nicola, bambini di varia provenienza si dirigono verso il Mediterraneo decisi ad andare in Terrasanta la Crociata ha esito tragico:molti bambini muoiono durante il viaggio. Non si sa se questo fatto sia storicamente accaduto (molti ritengono si tratti di una errata traduzione da pueri a fanciulli invece di poveri…). Questo evento però ha suscitato la fantasia di scrittori in particolare qui si tratta di un brano di Bertold Brecht che mostra l’immagine sociale del bambino debole individuo a rischio estremo della collettività.

3. I putti e le putte della città ideale: l’architetto Filarete dedica nel 1464 a Piero di Cosimo de’ medici, ma di fatto a Francesco Sforza un trattato di architettura in cui disegna la sua città ideale. In essa compaiono due case: una per i putti virtuosi dai 6 ai 24 anno e un’altra per le putte altrettanto virtuose dai 3 ai 17 anni. Edifici di grandi dimensioni dotati di refettori, camerate, laboratori, orti…nei quali organizzare la vita pedagogica dei bimbi.

4. Il casotto del borgogna: in quest’opera di Pietro Longhi (tav.29) una piccola folla più o meno affascinata, sta davanti ad un teatrino di strada,il casotto. Nelle figure sono descritti età,sessi e ceti di condizioni diverse. Tutti e quattro i bimbi hanno lo sguardo volto, quasi a identificarsi con il gioco che avviene sulla scena artificiale. Pr questo il quadro sembra moltiplicare i suoi piani e i suoi sensi assimilati nella dimensione dello spettacolo.

5. Cappuccetto Rosso: La fiaba della bimba che si espone ai rischi della strada emblematizza i pericoli cui vanno incontro i bambini. Nella versione “laica” priva della magia di Collodi, è anche la favola della fiducia di donne tra le quali trascorre la sua vita, della curiosità infantile, delle false buone maniere del mondo adulto, delle paure infantili e delle loro personificazioni,dell’irrimediabilità del male. “la storia di Cappuccetto Rosso fa vedere ai giovinetti e alle giovinette e segnatamente alle giovinette che non bisogna mai fermarsi a discorrere per strada con gente che non si conosce:perché di lupi ce n’è dappertutto e di diverse specie e i più pericolosi sono appunto quelli che hanno faccia di persone garbate e pieni di complimenti e di belle maniere.

6. Piccoli delinquenti: gli illuminati membri di una società censiscono e investigano sulle cause dello sviluppo della delinquenza minorile nella Londra del primo ottocento:nelle sei microstorie drammatiche si ritrovano alcuni tratti comuni:la quotidianità della strada in cui questi trascorrono il tempo tra comportamenti ludici e condotte che portano al furto e ad altri reati più gravi. Si indaga anche sulle reti relazionali che si istituiscono tra questi ragazzini. A. B. ha 13 anni“Il figlio abbandonava la casa e si aggregava a dei figuri che lo introducevano in ambienti del gioco d’azzardo…messo in prigione e condannato a morte tre volte”- E.F. ha 8 anni“Ha solo la madre. Era abituato a rubare. Per due volte è stato internato nella casa di correzione e per tre volte in prigione…” I.F. ha 13 anni “ suo padre è un soldato e sua madre è morta. Con un fratellino più piccolo venne mandato in una casa di lavoro che lo ha indotto a fuggire. Una volta il libertà si è aggregato ad uno spazzacamino, soffrì la fame, scappò con un orologio del suo padrone, riacciuffato fu portato in prigione” K.L. ha 13 anni “ non sa né leggere né scrivere, giocava d’azzardo per la strada. Venne giudicato colpevole e condannato ad essere frustato prima di essere rimesso in libertà.” Q. R. ha 12 anni “ sua madre lo manda a forza per strada ogni mattina e lo punisce severamente se torna a casa la sera senza qualche oggetto di valore” W.X. ha 12 anni “suo padre è ancora vivente. Si è aggregato ad una banda di ladri. Il padre era avvezzo a punire il bambino con crudeltà, il che non ha avuto altro risultato che inasprirlo. Ora vive di furti”.

7. Tra scuola strada e lavoro: la gang mista di bambini ed adulti è u fenomeno che si manifesta nell’Inghilterra tra la prima e la seconda metà del 1800. E’ la scuola ad avvertire per prima le conseguenze di una vita infantile divisa precipuamente tra strada e fatica produttiva e a leggere nell’abbandono la motivazione di grandi e piccoli a forme di esistenza dove la studio è estraneo e l’aula un luogo affatto occasionale. Il soccorso tra bambini, la rete di rapporti che si istituisce tra pari impegnati nella stessa fatica rappresentano alcuni aspetti della socialità infantile dell’epoca.

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“Molti genitori per quanto si dichiarino e si mostrino seriamente preoccupati che i loro figli vadano a scuola, quando viene la stagione del lavoro dei campi li lasciano saltare la scuola senza problemi.”

8. Il teatrino meccanico:grandi e piccoli assistono agli spettacoli di teatrini di strada. Nell’Emilio di Rousseau si parla con disappunto di un giocoliere che fa muovere un ochetta magnetizzata da un bambino di tre anni nascosto sotto il tavolo:un’infanzia alienata che serviva a far divertire bambini meno asserviti e sfruttati. Bimbi senza nome con il Remì di Senza Famiglia o personaggi di Hugo, De Amicis e Verne (come in questo stralcio) raccontano di questa infanzia. Nel lavoro di Verne si racconta la vicenda di un bambino abbandonato che riesce a 16 anni a divenire imprenditore e a riscattarsi. In questa parte della storia egli piccolissimo fa muovere un teatrino in uno spettacolo, Scoperto dal pastore protestante e dal pubblico viene accolto e protetto mentre il suo aguzzino (che aveva tentato di riprenderselo affermando di essere il padre) è costretto alla fuga.

9. Giocare per strada:Edward Thomas poeta inglese (1878-1917), lascia inedita alla sua morte, una serie di note autobiografie sulla sua infanzia e giovinezza, pubblicate postume nel 1938. Thomas ricorda con vivida memoria ciò che avveniva fuori da scuola, da casa alla chiesa. Nel clima eccitante di lotta tra bande, esperienza ricorrente di molteplici infanzie tra i due secoli, lo scrittore annota il costituirsi di riti e norme proprie della collettività infantile.

10. Al mare: la fotografia qui riprodotta come spesso succedeva tra la fine dell’800 inizi 900 restituisce squarci di vita altrimenti perduta ritraendo scene dell’esistenza. Ragazzi certo poveri, ignudi fanno il bagno, in un mare forse poco pulito; qui coesistono molti elementi della vita infantile dell’epoca.:l’essere povera, lo stare fuori di casa, il formare gruppo in modo spontaneo, il godere del corpo altrimenti disciplinato, il costituirsi in microsocietà omogenee, il vivere una vita peculiare dove le codificazioni degli obblighi sembrano sospese se non abolite.

11. Al giardino del Luxemburg: la pagina è scritta da Nathalie Sarraute . Qui i luoghi hanno pari importanza rispetto alle figure;ci sono i vissuti infantili e del ricordo dell’adulto che hanno un ruolo significativo. La bambine che la scrittrice è stata nella sua infanzia divisa tra la famiglia del padre e quella della madre (Russia e Parigi). I parchi con i luoghi deputati al divertimento governato dei bambini (si pensi a Renoir e Proust) tra la fine 800 e anteguerra hanno descritto, lasciando testimonianze di brani di realtà bambina e tracce di vissuti infantili oggi difficilmente ripetibili.

12. Il teatro infantile e la folla: bambini senza famiglia vagano per le strade della Russia sovietica dopo la rivoluzione del 17 organizzati in bande ex lege. Altri ospitati in orfanatrofi sono psicologicamente inibiti. Alcuni pedagogisti e artisti avvertono di questi bambini la straordinaria creatività e forza progettuale. Asja Lacis che ha un passato di regista psicologa se ne assume la cura ad Orel, organizzando un teatro infantile di strada. Il suo lavoro consiste nell’allestimento di spettacoli dove il bambino è in ogni momento e luogo della rappresentazione:ciò consente un allentamento delle separazioni fra ruoli tradizionali, poiché spazi reali e sociali sono per così dire esplosi. Il teatro dei bambini messo in piedi dalla Lacis diventa non solo episodico di una storia dello spettacolo per e di bambini, ma anche prius di quella attribuzione di significato ideologico all’infanzia che Walter Benjamin espresse nel suo “ programma per un teatro proletario di bambini”. Alla fine degli anni Sessanta, appare il saggio di Walter Benjamin dal titolo: Programma per un teatro proletario di bambini, che accentua la impostazione e la organizzazione collettiva del teatro con i ragazzi, che deve diventare "ambito globalizzato e privilegiato della educazione di classe del bambino proletario". Tale impostazione marxiana è temperata, in altre esperienze anche di cultura educativa cattolica, dal richiamo alla capacità creativa infantile suggerendo che non si limiti a "fare teatro" solamente per divertirsi, ma anche per riflettere sul mondo e concorrere a modificarlo. Si cerca di recuperare, in tal modo, una potenzialità educativa che in passato fu largamente affidata anche al teatro giovanile, scolastico, sempre tuttavia amministrato e condotto dagli adulti educatori. Si fa riferimento alle esperienze di Comenio1, o a S. Filippo Neri (per il teatro in musica) ed infine di Ignazio di Lojola per il teatro in prosa e per la danza e successivamente delle scuole dei Gesuiti, che: […] consideravano l'educazione per mezzo del teatro uno strumento fondamentale per la formazione dell'uomo, attraverso la sicurezza espressiva e la padronanza della lingua, e per ispirare buoni sentimenti negli spettatori. Si trattava di educare i giovani delle future classi dirigenti a padroneggiare le proprie capacità espressive, sia linguistiche che gestuali, imparando ad essere spigliati e sicuri di sé, in grado di farsi comprendere dagli interlocutori2. Questa esperienza è ancora viva nell'Ottocento con l'opera di Don Bosco, il salesiano educatore dei giovani proletari, che (sempre ricorda Viotto) non solo compose personalmente alcuni testi teatrali, come Disputa con un pastore protestante di argomento apologetico, e Sul sistema metrico decimale di argomento civile, per aiutare il

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Governo piemontese a diffondere i nuovi sistemi di calcolo, ma anche nei suoi scritti pedagogici indicò alla sua congregazione precise regole di metodologia educativa per le rappresentazioni teatrali.

Secondo F.M. Buongiovanni (citato da Piero Viotto), per Don Bosco il teatro deve essere ricreativo, istruttivo, occasione di apprendimento; educativo (stimolo alle creatività, iniziativa, impegno, crescita personale); semplice; breve (perché non deve stancare con la troppa lunghezza); morale (rifiuto di ogni atteggiamento antiumano). Molto importante - nella storia del teatro pedagogico - mi sembra l'esperienza di Don Bosco perché si tratta di un "teatro di ragazzi, fatto da ragazzi e diretto a ragazzi", ciò che anticipa in qualche modo le posizioni (già descritte) di Benjamin e il tentativo sperimentale ma breve del 68' italiano nel teatro scolastico (si vedano gli scritti raccolti, ad esempio, nel fascicolo 1-2 del 1971 di «Vita e Pensiero» , anno 54°)3.

Claudio Bernardi, nel 1987, tira le conclusioni con l'articolo Teatro ragazzi: il movimento, l'effimero, lo stabile4. In pochi anni, troviamo nella società una situazione profondamente cambiata della animazione teatrale. Il teatro, come tale, viene ormai proposto come possibilità espressiva più ampia, fuori della scuola e rivolto potenzialmente a tutti. Raramente è un insieme di dilettanti (ad esempio cooperative della "terza età"), normalmente è affidato a professionisti. Anche l'animazione si frammenta penetrando in tutti i luoghi comunitari attraverso operatori appositi, che non sono in generale attori professionali, anche se sono persone dotate di capacità di comunicazione. Essi operano (ad es. nelle case di riposo, nei luoghi turistici e villaggi vacanze etc.) con attività di intrattenimento e spettacolo che ricercano - se mai - l'effetto ludico e ricreativo, non certamente quello educativo.

Un particolare genere di animazione, questa volta condotta da Comunicatori particolarmente vivaci, si afferma in televisione nelle "sponsorizzazioni" di giochi mnemonici, concorsi a premio e così via. Scompare, in pratica, il teatro nella scuola, e si può ben condividere quanto ebbe a scrivere Bernardi: "Gli uomini di teatro, rifiutando di occuparsi di cose altrui (l'educazione), ricercavano il proprio campo specifico di azione e di ricerca, la propria identità ancora a teatro. Ai teatranti il teatro, agli educatori l'educazione5".

13. Una bambina nella città assediata:Zlata Philipovic ha antesignane illustri (Ella del diario di una giovinetta celebrato da Freud- Anna del Diario di Anna Frank):lo stile è quello del racconto di sé di episodi condivisi della sua vita. Tutto questo viene trasformato in poco tempo;nella Sarajevo assediata dei nostri tempi le dimensioni usuali di quotidianità saltano. Il termine senza diventa dominante nella pagina infantile. E tra quanto le viene sottratto o si riveste di pericolo mortale, l’uso dello spazio appare più drammatico:una bambina senza infanzia. Zlata riuscirà a fuggire da Sarajevo, assieme ai suoi genitori, ad andare in luoghi promessa di futuro, portando però con sé questa memoria di interruzione, di restringimento, di perdita che ha segnato la fine della sua infanzia.

CAP. 10 DEFORMITA’, MALATTIA, MORTE

Non si hanno dati generali sulla mortalità infantile fino all’inizio del XIX sec:in Francia agli inizi 800 morivano il 18% dei bambini, in Inghilterra il 22%. Lungo l’arco dell’ultimo secolo la mortalità si è ridotta drasticamente:nel 1991 in Europa è morto il 7,5% dei bambini entro il primo anno di vita. Il piccolo oggi muore perché prematuro, o per malformazioni congenite; nel secolo scorso di difterite, malattie gastrointestinali, meningite. Oggi i bambini periscono per incidenti sulla strada o perché annegano, perché i genitori non li controllano per lunghe ore, oppure li picchiano abusano quindi anche oggi, come nel passato per trascuranza e violenze degli adulti. L’immagine antica del bambino come messaggero del mondo dei morti, in quanto larva esposta a morte, trova riscontro nella realtà dei secoli scorsi, quando il non controllo delle gravidanze, le condizioni igieniche non consentivano grandi probabilità di sopravvivenza del bambino, specie quello piccolissimo. Una storia della morte in tenera età è tutta da fare. Ariès ha compiuto osservazioni preziose sul senso della morte dei non adulti, avvalendosi di iconografie funerarie e ritratti. Meno documentato è il senso della morte nel bambino stesso. Accanto a defunti individuabili ci sono innumerevoli bimbi senza nome:dagli esposti spartiani, a quelli ateniesi e romani fino ai bimbi spariti di cui si parla nelle fiabe (vedi il pifferaio di hamelin). Ma la pediatria antica denota in modo univoco solo poche malattie e quella più recente tra il 7 e l’8 cento descrive in modo più dettagliato solo alcuni morbi

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peculiarmente infantili :scrofola, rachitismo, morbillo,scarlattina. Di altri quadri morbosi si indicano i sintomi più vistosi. La storia della deformità che oggi chiamiamo handicap non ha un inizio. Le anormalità venivano riconosciute solo se molto vistose . I piccoli storpi, spastici, focomelici spastici erano più frequentemente abbandonati. Quando nei più grandi si evidenziavano comportamenti anomali dal punto di vista psichico (idioti, mongoloidi) l’abbandono era destino, oppure l’esposizione come fenomeno da baraccone. Solo alla fine dell’età dei lumi nascono una pediatria e una cura dell’handicap. Sordi e ciechi sono i primi ad essere aiutati nella loro vita sociale;poi l’enfant sauvage del dottor Itard apre la vicenda della normalizzazione psichiatrica e pedagogica dell’infanzia handicappata (scuole monterossiane…). Bimbi certamente diversi sia dalla gran parte di quelli che vivono, ma soprattutto di quelli che ogni madre e ogni società desidera per sé. Nella loro anomalia mostrano altre dimensioni possibili dell’infanzia,inoltre richiama su di sé attenzione e cure di solito non erogate all’infanzia. di contro ad un’infanzia che soffre la pubblicità da quasi un secolo a questa parte, ostenta un bambino sano bellissimo. Il bambino da reclame funge da prototipo che si desidera imitare e mettere in atto con i propri figli. Tra i due estremi sta la gestione del bambino ad opera di altri che curandolo ed educandolo, desiderano sempre per lui un livello di ottimalità.

1. Pan: Il dio Pan era, nella mitologia greca, una divinità non olimpica, mezzo uomo e mezzo caprone. Era solitamente riconosciuto come figlio del dio Ermes e della ninfa Driope. Egli dunqu sfugge alla sorte letale, l’abbandono e l’esposizione, viene accolto dal padre e presentato agli dei. Il bimbo semiferino (metà uomo, metà caprone) dall’apparenza teratologica (La teratogenesi (dal greco "creazione di mostri") indica lo sviluppo anormale di alcune regioni del feto durante la gravidanza, che si traduce nella nascita di un bambino che presenta gravi difetti congeniti. La scienza che studia le malformazioni e le anomalie congenite è detta teratologia) che fa scappare chi di solito accudisce i neonati, appena nato viene esibito alle divinità più eccelse. Anche pan è a suo modo un puer senex, un essere fuori dal tempo, quando nasce baffuto e bicorne, ma diversamente da Ermes (Ermes, Hermes od Ermète (in greco antico Ἑρμῆς) è una divinità della mitologia greca e della religione greca. Svolge il ruolo di messaggero degli dèi. Figlio di Zeus e della Pleiade Maia, è uno dei dodici dei Olimpi.) non ha una storia di sviluppo e condensa possibilità antitetiche ed originali nella sua infanzia:esso è partorito da donna (“diede un balzo e fuggì la nutrice”), ma affidato ad un uomo (“grandemente il dio [Ermes il padre] lo prese fra le braccia accogliendolo:grandemente il dio gioiva nell’animo”);viene alla luce imperfetto, ma muove a riso. Ha una maturazione quasi istantanea, impercettibile nei suoi rapidissimo movimenti. Anticipa un po’ l’immagine del diverso che è fisicità e non cultura (“lo chiamarono Pan poiché a tutti l’animo aveva rallegrato”)

2. Figli che muoiono:una parte del libro delle ricordanze di Matteo e Giovanni Corsini contiene le memorie di Matteo Corsini, (1407-1463) mercante e uomo politico fiorentino. Egli indica la nascita e la morte infantile con le cause del decesso dei suoi figli. Nell’arco di 19 anni la moglie partorì 17 figli di cui 6 periscono. Stupisce che la mano del padre non sembri tremare quando segna la data del decesso del bambino, come invece è sembrato commosso il padre Giovanni, quando nell’indicate la morte della prima moglie lamentava “tropi picoli mi rimasono questi fanciuli”. Da queste morti ricaviamo molte informazioni, in particolare il ripetersi dei nomi per ricordare i figli morti.

3. Studi di testine infantili:nella tavola 31 sono effigiate tre disegni di teste infantili di Durer (1506). Il capo spropositato sostenuto da collo esile fa pensare a idrocefalia o rachitismo. Forse questa condizione ai tempi del pittore era diffusa e non considerata morbosa. Un contrasto con i Bambini divini in braccio alle Madonne, con i paffuti esserini alati, con un’età bambina perfetta e immune da imperfezioni e malanni.

4. Il raffreddore del delfino: si riporta qui un altro brano del testo di Heroard in cui si narra della malattia del Delfino Luigi XIII, un raffreddore basta a rendere il piccolo (che ha quattro anni ed è sovente indisposto), più attento alla propria fisicità, in questo avviato e stimolato dal suo medico pedagogo, ma anche dall’entourage affettuoso femminile. Il bimbo esperisce il suo disagio:siamo agli albori di una pediatria domestica cui è chiamata la piccola corte che stava intorno al Delfino.

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5. Paul il bambino ritardato: sulla falsariga dell’esperienza di Itard , Seguin (Édouard Séguin (Clamecy, 20 gennaio 1812 – 28 ottobre 1880) è stato un medico francese ricordato per il suo lavoro con i bambini che hanno deficit cognitivi in Francia e negli Stati Uniti.) si occupò di questi bambini. In particolare nel testo l’Idiota del 1846 il medico propone una serie di monografie di casi da lui seguiti. Qui si parla di Paul, seguito dai 5 agli 8 anni; si descrive il quadro di come il bimbo si presentava, l’inizio della cura, le modalità rieducative fino all’esito. La monografia mostra come complessa fosse la sua imperfezione, non inscrivibile nella categoria dell’idiozia. Si narra di come Paul superasse, almeno parzialmente i suoi deficit, fino al distacco dalla tutela di Seguin, che ricorda con indulgente ironia l’approdo del ragazzino al collegio, al latino, agli allori degli studi classici. Descrizione fisica:“La faccia sembra quella di un vecchietto-corpo ben proporzionato-estremità corte-organi della parola difettosi-capelli radi e assenti a placche”. Comportamenti: “sta volentieri immobile su una sedia, cammina bene e abbastanza, ma un po’ a casaccio, la mano esita a lanciare un oggetto e non sa lanciarlo, non tenta di vestirsi e l’unica cosa che mangia da solo è la minestra, la spreca buttandola un po’ a destra e a sinistra” “Presta più attenzione alle parole che alle cose, le sue facoltà intellettiva appaiono inesistenti…del tempo conosce solo l’ora del pranzo…possiede la memoria dei luoghi dove è stato…non sa scrivere né leggere…ha il senso del bene e del male relativamente a tutto quello che può fare…lo stato intellettivo e morale era soltanto grave senza essere allarmante…” Terapia:”prescrizione di una dieta più sapida…precisai i movimenti , le funzioni della vista, mi fu difficile richiamare l’attenzione sui colori, gli piuaceva scarabocchiare e cominciai di lì per esercitarlo nei tratti regolari, gli feci disegnare figure solide alla lavagna e fu così che imparò le lettere, per imitazione, ma non parlava ancora, allora intrapresi a sviluppare la voce con due esercizi differenti; il primo prevedeva l’uso delle note variandole, il secondo movimenti articolatori svolti per imitazione…quando ha voluto cominciare a parlare al di fuori dei nostri esercizi è sorta la balbuzie, che è stata presto estirpata. Questi esercizi sulla parola sono durati un anno, contemporaneamente era impegnato in esercizi di conto lettura e scrittura. Ci vollero due anni perché fosse in grado di stabilire rapporti logici tra ciò che vedeva e l’intento dell’artista. Fine terapia: “a 7 anni e mezzo parlava se non correttamente, disegnava con gusto e precisione, scriveva copiando parole scritte traducendo in lettere le parole pronunciate. All’età di 8 anni ha iniziato ad imparare le cose che si insegnano agli altri bambini. La maestra proponeva il latino e la prospettiva dei suoi allori e si affrettava a riversare sull’allievo la sua affliggente scienza. Paul ha sostenuto questa rude provaa senza brontolare, senza indietreggiare;egli conosce le favole della mitologia, del catechismo…ecc. che posso aggiugere?Quest’anno è entrato in collegio, che la versione gli sia leggera!”

6. La morte di Echo: “il Doctor Faustus la vita del compositore tedesco Adrian Leverkuehn narrata da un amico” scritto da Thomas Mann nel 1947 metaforizza la vita del protagonista. In essa compare la figura infantile di Echo, il nipote del protagonista, figura originale rispetto ad altre presenti nelle opere di Mann in quanto il piccolo qui è egli stesso parte della tragedia, in qualche modo la rappresenta nelle sue tinte più aspre, nei contrasti tra la sua bellezza e la sua fine atroce, tra l’affetto che sapeva evocare e l’impotenza umana di fronte alla sua malattia, tra la speranza di salvezza del doctor faustus e la sua consapevolezza di non poter sfuggire al male (egli morì di meningite). Si tratta di una pagina mirabile di letteratura.

7. Bambini in ospedale: questo problema è stato in parte superato grazie alle ricerche già pionieristiche di Anna Freud. Le separazioni madre bimbo vengo da lui vissute come perdite. Descritte e filmate sono state distinte in una fase di protesta, disperazione, negazione diverse dalle età del bambino, dal tipo di malattia e dalla lunghezza della degenza. Qui si racconta la degenza di Barbara che è stata in ospedale per 18 mesi ricevendo visite settimanali dall’età di due anni all’età di tre anni e sei mesi. Nella fase della protesta iniziale rifiutò il cibo non si occupò di nessuno e fu impossibile consolarla. Sembrava assolutamente fuori di sé. Nella fase della disperazione (dopo 4 giorni di degenza) si mostrava inizialmente più tranquilla in attesa ansiosa della madre. Quando ella la visitò al quinto giorno ci mise un’ora per attirare l’attenzione della bambina e quando vi riuscì la doveva abbandonare. Allora la piccola reagiva con urla lancinanti. Così avvennero le visite per un mese. Nella fase della negazione progressivamente durante e dopo le visite i rapporti sembravano normalizzarsi, ma Barbara non cercava più il contatto fisico con la madre, non desiderava più

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questa intimità, né vi era in lei segno d’attaccamento. Di fatto aveva sviluppato sentimenti di distacco perché temeva la possibilità di essere ferita. Barbara tornò a casa dopo 18 mesi. Si dimostrò una bambina difficilissima iperattiva, era estremamente capricciosa, non teneva conto dei rimproveri. Era fondamentalmente distruttiva. Non sembrava aver bisogno di affetto. Aveva un eccessivo desiderio di dolci l’opposto di quello che mostrava per dei seri rapporti affettivi.

8. Sandrine la pazza e la sua casa: nell’atelier di pittura di Bonneuil , istituzione creata da Maud Mannoni negli anni sessanta dove si affrontano casi di psicosi infantili, cercando di non trascurare il sintomo e di dare espressione al desiderio, Sandrine, definita una rompiballe, è specchio della sua follia agli altri. Il suo disagio produce l’effetto di costringere gli altri a vivere il tempo in modo diverso, indice a relazioni di offerta di risposta a domande non sempre chiaramente formulate . nell’atmosfera libera e attenta di questo luogo per vivere il bambino può fare in modo di esprimere i suoi no, elaborando quanto gli viene detto in circostanze non istituzionalizzate che non lo costringono a schemi di condotta e di crescita normali. Una volta arrivò in ritardo voleva andarsene. Quella stessa giornata chiese ad una di noi: “Se la prossima settimana arrivo in orario posso venire?” era la prima volta che la sentivamo collocarsi nel tempo di tutti.

9. Renata, la famiglia, la cura, la morte: viene riportato qui uno stralcio di colloqui con bambini destinati a morire nei reparti di nefrologia, testi e disegni che l’analista tenta di codificare e disambiguare . Renata di otto anni affetta da cistinosi: è il caso presentato in modo più dettagliato, con la sua storia di va e viene tra vari ospedali, dei fratellini morti, del dolore crescente della madre, la consapevolezza di non poter guarire, il senso di smarrire l’integrità del corpo. Anche gli altri fratellini sono malati e in emodialisi. L’ultimo nato Denis è morto dopo pochi mesi. La madre si è fatta chiudere le tube.

10. Il bambino sano: nella tavola 31 viene presentato il bambino sano che conferma la bontà del prodotto per l’infanzia reclamizzato. Non si tratta solo di una mercificazione dell’infanzia, ma anche del risultato di una serie di operazioni selettive che muovono da quali aspetti siano culturalmente apprezzati nella fenomenicità del bambino, proseguono con la proiezione di questi su una ipotetica e abbozzata immagine di piccolo e piccolissimo e si concludono con la riproposta di tale immagine ai fruitori di beni per l’infanzia. il bambino sano diventa così involontariamente un piccolo e potentissimo pedagogo degli adulti-

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