Appunti Di Fisica

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Fondazione Opera Monte Grappa APPUNTI di FISICA

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Page 1: Appunti Di Fisica

Fondazione Opera Monte Grappa

APPUNTI di

FISICA

Page 2: Appunti Di Fisica

Le grandezze fisiche

La misura delle grandezze fisiche

II Sistema Internazionale

Misure di lunghezza, superficie e volume

La massa

La densità

Strumenti di misura

Le leggi fisiche e la loro rappresentazione

Le leggi fisiche e il metodo sperimentale

Come si rappresentano le leggi fisiche

Grandezze direttamente proporzionali

Grandezze inversamente proporzionali

Page 3: Appunti Di Fisica

Le forze e l'equilibrio

Le forze e i loro effetti

II peso e l'unità di misura della forza

La misura statica delle forze

Forze e vettori

Forza risultante e operazioni con i vettori

L'equilibrio meccanico

La pressione

La pressione dei liquidi e la legge di Stevino

II principio di Archimede

La pressione atmosferica

La misura della pressione

Page 4: Appunti Di Fisica

La temperatura e l'equilibrio termico

La temperatura

La dilatazione termica

L'equilibrio termico

Il calore e i passaggi di stato

Che cos'è il calore

La relazione tra calore e temperatura

Il calore specifico

Passaggi di stato e calori latenti

La trasmissione del calore

Page 5: Appunti Di Fisica

Le leggi gas

Un modello microscopico della materia

La materia allo stato aeriforme e il gas perfetto

Le leggi dei gas

L'equazione di stato dei gas perfetti

La descrizione del moto

Lo studio del moto

La rappresentazione del moto

Velocità e accelerazione

II moto rettilineo uniforme

Moto uniformemente accelerato: legge oraria

II moto di caduta dei gravi e l'accelerazione di gravità

Page 6: Appunti Di Fisica

Le forze e il moto

La prima legge della dinamica

La seconda legge della dinamica

Forza peso e forza d'attrito

Principio di azione e reazione

L'energia e le sue forme

L'energia

Trasformazioni e conservazione dell'energia

Lavoro ed energia cinetica

Energia potenziale ed energia meccanica

Page 7: Appunti Di Fisica

Carica elettrica e corrente elettrica

Cariche elettriche e fenomeni di elettrizzazione

Legge di Coulomb

Campo elettrico

Corrente elettrica

Circuito elettrico

Intensità di corrente

Differenza di potenziale elettrico

Le leggi di Ohm e la resistenza elettrica

Collegamenti in serie e in parallelo

L'effetto termico della corrente

Page 8: Appunti Di Fisica

Magnetismo ed elettromagnetismo

I magneti e i campi magnetici

L'effetto magnetico della corrente elettrica

Azione dei campi magnetici sulle correnti

Intensità del campo magnetico

L'induzione elettromagnetica

La corrente alternata

I trasformatori

Page 9: Appunti Di Fisica

Onde meccaniche e suono

Onde

Caratteristiche delle onde

La propagazione delle onde

II suono e le sue caratteristiche

Onde elettromagnetiche e luce

La natura della luce

Riflessione e rifrazione

Luce e colore

La riflessione della luce

La rifrazione della luce

La riflessione interna totale

La dispersione della luce

Il colore dei corpi

Lo spettro delle onde elettromagnetiche

Le onde radio

Le microonde

Le radiazioni infrarosse

Le radiazioni ultraviolette

I raggi X e raggi gamma

Page 10: Appunti Di Fisica

Misura delle grandezze fisiche

Una affermazione scientifica riguardante un fenomeno naturale deve essere

oggettiva, e verificabile. Per questo gli studi dei vari fenomeni devono basarsi su caratteristiche che possano

essere misurate. Queste caratteristiche misurabili sono chiamate "grandezze fisiche".

Una grandezza fisica è una caratteristica che può essere misurata.

Definizione di una grandezza fisica Per confrontare le proprietà degli oggetti o valutare fenomeni, occorre esprimere le grandezze fisiche con

valori numerici ottenuti mediante misurazioni.

1. Prima bisogna scegliere l'unità di misura. A questa grandezza di riferimento viene dato il valore 1.

2. La grandezza da misurare va poi confrontata con l'unità di misura per stabilire quante volte quest'ultima è

contenuta nella grandezza:

Misurare vuol dire confrontare la grandezza di cui vogliamo ricavare il valore con l'unità di misura.

Dire, per esempio, che un oggetto è lungo 10 cm significa che l'unità di misura scelta è il centimetro e che

questa è contenuta 10 volte nella lunghezza dell’oggetto.

Questo quadro è lungo 70 cm: l'unità di misura (1 cm) è contenuta 70 volte nella sua lunghezza.

Esercizio 001

Page 11: Appunti Di Fisica

MISURA DI UNA GRANDEZZA FISICA

Per ottenere il valore della grandezza fisica, è necessario eseguire il confronto con l'unità di misura, usando

uno strumento opportuno:

Lo strumento di misura consente di operare il confronto tra grandezza e unità di misura Così, per esempio, utilizzeremo il metro (rigido o avvolgibile) per misurare le lunghezze dei corpi, il termometro per misurare la temperatura e l'orologio per misurare il tempo.

Il metodo di misura consiste nella scelta della particolare strategia che deve essere adottata per effettuare il

confronto tra la grandezza fisica e l'unità di misura.

La misura può essere di due tipi: diretta e indiretta.

Una misura si dice diretta quando la grandezza da misurare è confrontata direttamente con la corrispondente unità di misura.

Vi sono casi in cui non è possibile utilizzare il metodo diretto. In questi casi bisogna ricorrere alla misura

indiretta:

Una misura si dice indiretta quando il valore della grandezza fisica è ottenuto applicando opportune formule

matematiche basate su grandezze misurabili direttamente.

Per misurare il volume di un oggetto di forma regolare si utilizza il metodo indiretto. Il volume di un blocchetto

di legno a forma di parallelepipedo (Figura sotto) è dato dal prodotto delle sue tre dimensioni: la larghezza, la

lunghezza e lo spessore. Prima si misurano le dimensioni l1 (larghezza), l2 (lunghezza) e l3 (spessore) con il

metodo diretto, poi si moltiplicano tra loro le tre misure.

Per definire con precisione una grandezza fisica bisogna fornire informazioni relative all'unità di misura

scelta, allo strumento di misura utilizzato e al metodo di misura adottato.

Esercizio 002

Alcuni comuni strumenti di misura: una bilancia, un metro e un termometro digitale.

Il prodotto l1 • l2 • l3 è una misura indiretta del volume.

Page 12: Appunti Di Fisica

Il Sistema Internazionale

Tutte le unità di misura delle grandezze fondamentali sono rappresentate da un campione di riferimento che

non deve assolutamente cambiare nel tempo. Questi campioni sono conservati, in condizioni ottimali, in un

apposito Museo Internazionale dei Pesi e delle Misure a Sèvres, vicino a Parigi.

Fino al 1960, ciascuna nazione adottava un proprio sistema di unità di

misura; questo rendeva complicato lo scambio di dati, il confronto di

risultati scientifici, ma anche operare transazioni commerciali tra

popoli diversi. Nel 1960 la comunità scientifica ha deciso di adottare

un unico sistema di unità di misura chiamato Sistema Internazionale

di unità di misura, indicato con l'abbreviazione SI. Nel SI i campioni

di unità di misura sono definiti soltanto per sette grandezze fisiche,

che costituiscono le grandezze fondamentali del sistema di misura

<< Il cilindro di platino-iridio che definisce il kilogrammo

Le grandezze fondamentali del SI e le relative unità di misura sono elencate nella tabella sottostante. Grandezze fisiche fondamentali e loro unità di misura nel SI

Molto spesso è opportuno ricorrere a multipli o sottomultipli dell'unità prevista nel S.I.; per esempio il kilogrammo è poco indicato per esprimere la massa di un anello d’oro o anche quella di un grosso camion. Il SI è un sistema di tipo decimale. In Tabella sotto sono riportati i multipli e i sottomultipli di uso comune.

II campione dell'unità di misura della massa.

Page 13: Appunti Di Fisica

Le grandezze derivate

Si chiamano grandezze derivate tutte quelle che per essere determinate, hanno bisogno di un calcolo.

Le loro unità di misura si ottengono applicando le relazioni matematiche che le legano alle grandezze

fondamentali.

Le grandezze fisiche derivate sono una combinazione per moltiplicazione o divisione delle grandezze fisiche fondamentali

La superficie, il peso, la velocità, e la pressione sono grandezze derivate. Altri esempi sono elencati nella Tabella sotto.

Occorre tener presente, infine, che non tutte le grandezze fondamentali si determinano confrontandole con

l’unità di misura; la temperatura, è un esempio di grandezza fondamentale che non è misurabile direttamente.

Alcune grandezze derivate e loro unità di misura nel SI

Grandezza Nome dell'unità di misura Simbolo

area metro quadrato m2

volume metro cubo m3

densità kilogrammo al metro cubo kg/m3

forza newton N = kg • m/s2

pressione pascal Pa = N/m2

energia joule J = N • m

velocità metro al secondo m/s

Misure di lunghezza, superficie e volume

La lunghezza

La lunghezza (o distanza) è una grandezza fisica che serve per misurare le dimensioni dei corpi (lunghezza, larghezza, altezza, spessore, profondità, distanza, spostamento).

la lunghezza è la grandezza fisica che rappresenta la distanza geometrica tra due punti.

Se i due punti sono alle estremità di un corpo, allora la lunghezza rappresenta una

dimensione lineare.

Se i due punti sono due posizioni dello

spazio, occupate successivamente da un

corpo in movimento, allora la lunghezza

rappresenta il suo spostamento.

Esercizio 003

Page 14: Appunti Di Fisica

Se, infine, i due punti appartengono a due corpi diversi, per

esempio alla Terra e alla Luna, la lunghezza esprime la

distanza che li separa.

La lunghezza, è una grandezza fondamentale del SI e la sua

unità di misura è il metro (m).

Il metro di riferimento è una barra di platino/iridio, (un materiale che non subisce variazioni). Su tale barra si

trovano incise due tacche sottilissime la cui distanza corrisponde esattamente a un metro.

Lo strumento comunemente usato per le misure di lunghezza è l'asta metrica, ma sono disponibili molti altri

“metri”. Per la misura di lunghezze molto piccole si utilizzano strumenti particolari, quali il calibro e il

micrometro.

Area della superficie

Qui sotto sono riportate le formule per il calcolo dell'area A di alcune figure piane.

Nel SI l'unità di misura dell'area di una superficie è il metro quadrato (m2), che rappresenta la superficie di

un quadrato che ha il lato lungo un metro.

Volume

Qui sotto sono riportate le formule per il calcolo del volume V di alcuni solidi regolari.

Nel SI il volume si misura in metri cubi, indicati con il simbolo m3; 1 m3 rappresenta il volume occupato da un

cubo avente lo spigolo lungo un metro.

V = 1 m • 1 m • 1 m = 1 m3

.Altre unità di misura usate sono il decimetro cubo (dm3) che corrisponde a un litro (1L) e il centimetro cubo (cm3) detto anche millilitro (1mL).

Esercizio 004

Page 15: Appunti Di Fisica

Il volume di un recipiente viene spesso indicato in litri:

1 litro corrisponde alla quantità di liquido che può essere contenuta in un recipiente di forma

cubica il cui lato misura 1 dm.

Per volumi più piccoli vengono utilizzati i sottomultipli; decilitri centilitri e millilitri (centimetri cubi cc).

Page 16: Appunti Di Fisica

La massa

Una palla da golf e una palla da ping pong

hanno circa la stessa forma e lo stesso

volume. Però provando a sollevarle ci

rendiamo conto della notevole differenza

tra questi due oggetti. Tale differenza

dipende dal fatto che la materia di cui sono

fatte è diversa: la palla da golf contiene una

quantità di materia superiore a quella

della palla da ping pong.

La massa delle due palle è diversa

Oltre che alla quantità di materia, il concetto di massa è strettamente connesso con altre due proprietà il

peso e l’inerzia, che è la resistenza che i corpi oppongono alle forze che tendono a cambiare il loro stato di

quiete o di moto.

Bisogna fare attenzione, però, a non confondere la massa con il peso. Il peso è la forza (gravità) con cui un

corpo è attratto dal pianeta in cui si trova e dipende dal luogo in cui viene misurato. La massa, invece, è una

caratteristica dei corpi che non dipende dal luogo in cui essi si trovano: la massa di una mela rimane la stessa

sia che questa si trovi sull’albero, su un tavolo o nel frigorifero. La massa di un corpo rimane la stessa anche

quando si trova in un luogo diverso dalla Terra, per esempio la Luna!

Definizione di massa

Come per le altre grandezze fisiche, anche per definire la massa occorre applicare un sistema di misura ed

usare un opportuno strumento.

Nel SI la massa, grandezza fondamentale, si misura in kilogrammi e il suo simbolo è kg.

Il campione di riferimento consiste in un cilindro di platino/iridio cui è stata assegnata per convenzione la massa

di 1 kg.

I multipli e i sottomultipli del kilogrammo sono riportati nella tabella qui sotto. Nome Simbolo Valore in kg

megagrammo (tonnellata) Mg (ton) 1000 = 103

kilogrammo kg 1= 100

ettogrammo hg 0,1 = 10-1

decagrammo dag 0,01 = 10-2

grammo g 0,001 = 10-3

milligrammo mg 0,000001 = 10-6

Lo strumento usato per la misura della massa è la bilancia a

due bracci, costituita da un'asta rigida orizzontale (giogo) che

può oscillare sopra un punto fisso, detto coltello o fulcro.

Dalle estremità del giogo, a uguali distanze dal fulcro, pendono

due piattelli. La bilancia si trova in equilibrio solo quando nei

due piattelli sono posti corpi che hanno la stessa massa. Per

misurare la massa di un corpo, bisogna appoggiarlo su uno dei

due piattelli e porre nell'altro tanti campioni di massa quanti ne

sono necessari per portare lo strumento in equilibrio.

Schema di una bilancia a due bracci

Esercizio 005 Esercizio 006

Esercizio 007

Page 17: Appunti Di Fisica

La definizione della massa è dunque:

la massa è la grandezza fisica che si misura con la bilancia a due bracci.

Principio di conservazione della massa Il principio di conservazione può essere così enunciato: Indipendentemente dalle trasformazioni subite da un corpo, la sua massa rimane sempre la stessa. Per questo motivo la massa è una delle proprietà invarianti della materia, cioè proprietà che non variano.

La densità

La massa di una data sostanza dipende dal suo volume: per esempio, una quantità d'acqua che occupa il

volume di 100 mL ha una massa doppia rispetto alla quantità d'acqua che occupa il volume di 50 mL.

La Figura qui sotto illustra un semplice esperimento che consiste nel misurare, con una bilancia, le masse di

volumi diversi di acqua. Prima si azzera con il bicchiere vuoto, poi si versano nel bicchiere prima 50 poi 100

100 mL

Volumi diversi di una stessa sostanza risultano direttamente proporzionali alle masse

corrispondenti.

50 mL d'acqua hanno massa 50 g, 100 mL d'acqua hanno massa 100 g e così via. Questa semplice

misurazione ci permette di verificare che la massa e il volume di una sostanza sono grandezze

direttamente proporzionali.

Esercizio 008

Page 18: Appunti Di Fisica

Per l'acqua possiamo scrivere:

Indicando con m la massa di una certa quantità di una qualsiasi sostanza e con V suo volume, possiamo

affermare che, a pressione e temperatura costanti, il rapporto tra queste due grandezze è costante, essendo

esse direttamente proporzionali. Indicandolo con d, il valore di tale rapporto, sarà:

d = m / V

La d è un'importante grandezza fisica che prende il nome di densità.

A pressione e temperatura costanti, il valore della densità rimane costante e non dipende dalle

dimensioni del corpo, ma soltanto dal tipo di sostanza (vedi la Tabella).

Se nella formula d = m / V poniamo V = 1m3, la densità d risulta uguale alla massa m del corpo.

Possiamo così concludere che:

La densità è una proprietà caratteristica di un corpo e coincide con la massa del suo volume unitario.

Densità di alcune sostanze (alla temperatura di 0 °C e alla pressione atmosferica normale)

Sostanza Densità (kg/m3) Sostanza Densità (kg/m3) acciaio inox 7800 ghiaccio 900

acqua distillata 1000 idrogeno 0,089

acqua marina 1020 mercurio 13500

alcol etilico 800 olio d'oliva 920

alluminio 2700 oro 19 600

argento 10480 piombo 11345

aria 1,29 platino 21300

benzina super 734 rame 8800

ferro 7880 sughero 300

La densità è una grandezza derivata e nel Sistema Internazionale la sua unità di misura è kg/m3.

Siccome il volume di un corpo varia al variare della pressione e della temperatura, la densità dipende

dalle condizioni fisiche cui il corpo è sottoposto. Per confrontare fra loro le densità di sostanze

diverse occorre pertanto riferirsi a uguali condizioni di temperatura e di pressione.

Dalla formula d = m / V si possono ricavare le seguenti formule inverse:

m = d V V = m / d

La prima permette di calcolare la massa di un corpo conoscendo la sua densità ed il suo volume, la seconda

permette di calcolare il volume conoscendo la massa e la densità.

Esercizio 009

Esercizio 010 Esercizio 011

Page 19: Appunti Di Fisica

Strumenti di misura

Per definire una grandezza fisica, oltre a scegliere l'unità e il metodo di misura, è molto importante la scelta dello strumento di misura adeguato.

Se vogliamo pesare un libro certamente non sarebbe adeguato il bilancino dell'orefice, che può pesare oggetti di qualche decina di grammi; è più opportuno usare la bilancia di casa, che può arrivare fino a 5 kg.

Se vogliamo misurare 500 mL di benzina per preparare la miscela, non conviene usare un cilindro graduato da 10 mL, meglio usare quello da 1 L (1000 mL). Una caratteristica degli strumenti di misura è la "portata":

Si definisce portata ii valore massimo della grandezza che uno strumento è in grado di misurare.

Un'altra importante caratteristica di uno strumento è la "sensibilità":

Si definisce sensibilità il valore più piccolo della grandezza che uno strumento è in grado di apprezzare.

Possiamo dire, per esempio, che la bilancia da laboratorio ha una portata di 100 g e una sensibilità di 1 decimillesimo di grammo, mentre il bilancino dell'orefice ha una portata di 50 g e una sensibilità di 0,01 g..

Prima di eseguire qualsiasi misurazione è dunque opportuno scegliere uno strumento che abbia la portata e la sensibilità adatte. Bisogna inoltre tener presente che, quanto maggiore è la portata di uno strumento, tanto

minore sarà la sua sensibilità e viceversa. Riassunto 11

Le leggi fisiche e il metodo sperimentale

Leggi fisiche

Per esprimere in formula la legge fisica che regola un fenomeno naturale è necessario individuare le

grandezze indispensabili a descriverlo.

Consideriamo, per esempio, il moto verso il basso (caduta) di un corpo lasciato libero a una certa altezza. Le

grandezze fisiche necessarie per descrivere il fenomeno sono due: l'altezza h da cui viene lasciato cadere e

il tempo t che il corpo impiega a raggiungere il suolo (Figure sotto). La legge fisica che regola la caduta dei

corpi deve dimostrare la relazione esistente tra l'altezza h e il tempo di caduta t.

Queste bilance hanno una sensibilità

adeguata agli oggetti che devono

pesare

0 secondi 1 secondo 2 secondi 3 secondi

Page 20: Appunti Di Fisica

In termini più generali:

Una legge fisica rappresenta la relazione esistente tra le grandezze fisiche che intervengono in un

fenomeno.

Tale relazione viene espressa in forma matematica

Metodo sperimentale

Per passare dalla semplice descrizione di un fenomeno alla formulazione di una legge fisica, bisogna seguire

una precisa sequenza di operazioni, che, nel loro insieme, costituiscono il metodo sperimentale o metodo

scientifico. La formulazione di tale metodo si deve allo scienziato Galileo Galilei (1564-1642) ed è alla base

della scienza moderna.

Il metodo scientifico può essere suddiviso schematicamente nelle sei fasi descritte nello schema qui di

seguito. In questa fase si individuano gli aspetti rilevanti del problema trascurando quelli secondari.

Vengono individuate le grandezze fisiche più adatte a descrivere il fenomeno.

Utilizzando la matematica, si avanza un'ipotesi relativa alla legge fisica che lega le grandezze individuate nella fase precedente.

Si progettano e si eseguono degli esperimenti finalizzati a verificare la correttezza dell'ipotesi.

Si confrontano gli esiti degli esperimenti con l'ipotesi formulata precedentemente.

Se gli esperimenti sono compatibili con l'ipotesi, allora è possibile formulare la legge sperimentale. Nel caso in cui l'ipotesi non venga confermata, bisogna formularne una diversa e sottoporla nuovamente a verifica sperimentale.

La legge fisica che descrive il moto di caduta di un corpo è:

Dove: h = altezza di caduta in metri g = costante chiamata accelerazione di gravità, il cui valore, pari a circa 9,8 m/s2, è uguale per tutti i corpi a condizione di trascurare la resistenza dell'aria.

t = tempo in secondi Esercizio 12

Page 21: Appunti Di Fisica

Come si rappresentano le leggi fisiche

Le leggi fisiche vengono rappresentate tramite tabelle, grafici cartesiani e formule matematiche.

Tabelle e grafici cartesiani

Valutiamo quello che succede nella fase di accelerazione

di un caccia sulla pista di decollo. Registriamo le velocità

progressive raggiunte dall’aereo al passare dei secondi.

Nella tabella sotto sono raccolti i dati relativi

all'esperimento. Nella prima colonna della tabella sono

riportati i tempi, nella seconda colonna le corrispondenti

velocità in m/s. La tabella da sola non fa capire il tipo di

relazione che intercorre tra le grandezze rappresentate.

Un metodo molto più efficace per rappresentare i dati di

un esperimento consiste nel riportare i valori delle due

grandezze in un piano cartesiano.

Si ottiene un grafico (sopra) che mostra la relazione esistente tra le due grandezze. In Figura è mostrato il

grafico cartesiano corrispondente al precedente esperimento di accelerazione. Il diagramma permette di

visualizzare meglio della tabella il legame tra tempi e velocità del corpo.

Formule matematiche

Il modo più immediato per esprimere una legge fisica consiste nel rappresentarla tramite una formula

matematica. Quando serve calcolare una grandezza, se si conoscono tutti i valori delle varie altre

grandezze presenti nella formula, basta applicare la relativa formula. Per esempio con la formula già vista

dove g è noto perché = 9,8 m/s, conoscendo il tempo t si calcola facilmente l’altezza h e viceversa.

Inserendo nella formula un qualsiasi valore di una delle due grandezze essa permette di ricavare il valore

dell'altra grandezza, senza il bisogno di eseguire alcun esperimento.

Esercizio 013 Esercizio 014

Page 22: Appunti Di Fisica

Grandezze direttamente proporzionali

La proporzionalità diretta esprime una relazione tra le variabili tale che, al crescere di una delle due

grandezze, cresce anche l'altra, (il loro rapporto si mantiene costante).

Indicando le due grandezze con i simboli x e y , la formula matematica che esprime la proporzionalità

diretta è:

dove k è la costante di proporzionalità, un numero che non cambia al variare dei valori delle due

grandezze.

Rispetto alla grandezza y , si può anche scrivere

Legge di allungamento di una molla Un esempio di legge fisica esprimibile mediante una proporzionalità diretta è la legge di allungamento di una molla.

La Figura sopra illustra una semplice apparecchiatura utilizzabile per verificare tale legge. La molla è disposta verticalmente, con l'estremità superiore fissata a un gancio. All'estremità inferiore vengono appesi

successivamente dei corpi di diverso peso P e si misura l'allungamento L subito dalla molla. La Tabella e il grafico sottostanti riportano i dati di un esperimento effettuato con questo apparecchio. I pesi

P sono espressi in grammi e gli allungamenti della molla L sono espressi in centimetri.

Osservando i dati, possiamo notare che:

• I rapporti P / L tra coppie corrispondenti di valori sono tutti uguali tra di loro: • Il rapporto che intercorre tra i pesi e i corrispondenti allungamenti è pertanto una proporzionalità diretta. Tale legge può essere espressa nel modo seguente:

• Nel grafico cartesiano si ottiene una retta passante per l'origine degli assi.

Possiamo così formulare la legge di allungamento di una molla, detta anche legge di Hooke:

L'allungamento di una molla è direttamente proporzionale al peso ad essa applicato.

Esercizi 015 - 016

Page 23: Appunti Di Fisica

Grandezze inversamente proporzionali

La proporzionalità inversa tra due grandezze esprime una relazione per la quale, al crescere di una

grandezza, l'altra diminuisce. Possiamo dire che:

La proporzionalità inversa esprime una relazione tra due grandezze, tale che il loro prodotto si mantiene

costante.

Indicando le due grandezze con x e y , la formula matematica che esprime la proporzionalità inversa è:

x y = k

dove k è la costante di proporzionalità, un numero che non cambia al variare dei valori delle due grandezze.

Rispetto alla grandezza y , si può anche scrivere:

y = k / x

Esempio di grandezze inversamente proporzionali Un esempio di proporzionalità inversa riguarda il rapporto esistente tra la velocità di spostamento e il tempo.

Quanto tempo impiega un’auto da corsa a percorrere una distanza pari a 60 metri?

Dipende dalla sua velocità: se la velocità è 60 metri al secondo (216 km/h) impiega esattamente 1 secondo. La tabella che segue contiene i dati rilevati a diverse velocità:

Dall'analisi dei dati in tabella possiamo rilevare quanto segue:

• Al diminuire della velocità v, aumenta il tempo t necessario a coprire al distanza

• Il prodotto v • t tra coppie di valori corrispondenti risulta sempre uguale (60 m).

• Ciò significa che le due grandezze v e t sono inversamente proporzionali.

Possiamo scrivere la formula: v · t = k

dove la costante di proporzionalità inversa k è la distanza da percorrere.

Page 24: Appunti Di Fisica

• Riportando sull'asse delle ordinate i valori della velocità v e sull'asse delle ascisse il tempo impiegato t, si

ottiene la curva mostrata qui sotto, che costituisce un ramo di iperbole equilatera.

Il tempo che serve a coprire una certa distanza è inversamente proporzionale alla velocità di

movimento.

Riassunto 017; Esercizi 018 – 019; Riassunto 020; Esercizi 021 - 023

L'equilibrio meccanico

Le forze e i loro effetti

La rappresentazione mentale di una forza è di solito legata ad uno sforzo muscolare che si compie. Serve

forza, per esempio, per lanciare una pietra, spingere una macchina in panne. Serve forza anche per fermare

qualcosa in movimento o per deviarne la direzione. Sollevare, spingere, spostare, comprimere, sono tutte

azioni che richiedono l'intervento della forza muscolare.

Oltre alla forza muscolare, in natura esistono molti altri tipi di forze:

1. la forza elastica, che riporta i corpi deformati alla loro forma primitiva

2. la forza d'attrito, che si oppone al movimento dei corpi in contatto tra loro

3. la forza di gravità, che attira i corpi verso Terra

4. la forza magnetica, che provoca l'attrazione tra un oggetto di ferro e una calamita,

Le prime due sono esempi di forze che agiscono per contatto mentre le altre due sono esempi di forze che

agiscono a distanza.

■ Corpi soggetti all'azione di una forza: a sinistra, la pallina cade per effetto della forza di gravità esercitata dalla Terra; a destra, le graffette vengono attratte dalla forza magnetica della calamita.

Page 25: Appunti Di Fisica

Quando una forza viene applicata a un corpo, essa può produrre due diversi effetti:

• un effetto statico, se provoca sulla materia una deformazione;

• un effetto dinamico, nel caso in cui metta in moto un corpo fermo (modificando il suo stato di quiete)

ovvero acceleri, rallenti o arresti un corpo in movimento (modificando il suo stato di moto).

Pertanto possiamo dare la seguente definizione di forza: Una forza è un'azione in grado di produrre sul corpo su cui agisce una deformazione (effetto statico) o una variazione di velocità (effetto dinamico).

Esercizio 024

Il peso e l'unità di misura della forza Per definire la grandezza "forza" possiamo scegliere come esempio: la forza peso.

La forza peso Se lasciamo libero un oggetto qualsiasi, esso spontaneamente cade, a meno che non venga sostenuto, per esempio da un tavolo o da una mano. Questo si verifica perché la Terra attira tutti gli oggetti con una forza, chiamata forza di gravità o forza peso. Le principali caratteristiche della forza peso sono le seguenti:

è sempre verticale

è sempre rivolta verso il basso

la sua intensità dipende dal luogo in cui si trova il corpo (dipende dalla distanza che il corpo ha dal centro della Terra)

la sua intensità è direttamente proporzionale alla massa del corpo.

■ Anche un satellite artificiale è

soggetto all'attrazione terrestre.

Il Newton Nel SI l'unità di misura della forza (quindi anche della forza peso) è il newton (N): la sua scelta è basata

sull'effetto dinamico della forza che ha carattere generale. Alle nostre latitudini e al livello del mare:

La forza di 1 Newton è uguale al peso di un corpo avente una massa pari a 1 / 9,8 kg

Page 26: Appunti Di Fisica

La relazione tra peso e massa di un corpo La massa e il peso di un corpo sono grandezze direttamente proporzionali; indicando con g la costante di proporzionalità, possiamo scrivere:

peso = massa • g

La costante g viene chiamata accelerazione di gravità (g = 9,8 N/kg) Le relazioni tra peso e massa di un corpo sono : peso (N) = massa (kg) • 9,8 N/kg

massa (kg) = peso (N)/9,8 N/kg

Tali relazioni valgono soltanto sulla superficie terrestre e alle nostre latitudini. Il valore dell'accelerazione di gravità cambia con la posizione sulla terra per due ragioni:

la rotazione della Terra, che produce una forza centrifuga che si oppone all'attrazione gravitazionale; questo effetto fa sì che l'accelerazione di gravità sia 9,82 m/s² ai poli e 9,79 m/s² all'equatore (il valore convenzionale di g è una media di questi due valori);

lo schiacciamento della Terra ai poli, che allontana dal centro della Terra ogni corpo che si avvicina all’equatore; la forza di gravità diminuisce leggermente, dato che è inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra i baricentri del corpo e della Terra.

Se pesassimo sulla Luna un corpo con una massa di 1 kg (9.8N sulla terra), otterremmo un valore di 1,6 N.

Sulla Luna il valore di g è 1,6 N/kg, cioè circa un sesto del valore che ha sulla Terra. .

Esercizio 025 Esercizio 026 La misura statica delle forze Quando subiscono delle deformazioni gli oggetti si comportano in modi diversi:

alcuni si deformano in modo permanente, cioè rimangono deformati quando finisce l'azione della forza. Questi corpi vengono chiamati corpi plastici.

altri corpi, come una molla o una palla elastica, tornano alla forma iniziale non appena cessa la forza applicata. Questi altri corpi vengono chiamati corpi elastici.

Tutti i corpi elastici soddisfano la legge di Hooke secondo la quale:

l'allungamento L di una molla è direttamente proporzionale alla forza F a essa applicata; la proporzionalità è espressa dalla formula:

F = k L La costante k è una proprietà della molla, chiamata costante elastica: a parità di forza applicata, tanto più grande è la costante elastica, quanto meno il corpo si deforma. Nel SI l'unità unità di misura di k è N/m.

■ Sulla Luna la

forza di gravità

si riduce a circa

un sesto del

valore che ha

sulla Terra

■ L’accelerazione di gravità varia,

anche se poco, con la latitudine

Page 27: Appunti Di Fisica

Ogni corpo elastico ha però, un limite di elasticità oltre il quale non può essere sollecitato. Se si supera il suo carico di rottura, inteso come la forza in grado di spezzarlo, il corpo si rompe o si deforma in modo permanente.

Il dinamometro Il dinamometro è lo strumento più comune per la misura delle forze ed il suo funzionamento si basa sulla legge di Hooke. Un dinamometro è una molla tarata in Newton, Una estremità della molla è fissa mentre l’altra estremità libera, fornita di indice, scorre su una scala graduata sulla quale si legge il valore della forza. La Figura qui sotto illustra il funzionamento di un dinamometro a molla.

Per tarare la molla occorre affiancare ad essa una scala graduata che serve a indicare il valore della forza applicata. Si applicano alla molla pesi di valore diverso, segnando sulla scala graduata il valore del peso applicato.

I dinamometri usati in laboratorio sono costituiti essenzialmente da una molla tarata. Ad una delle due estremità è collegato un cilindretto con un gancio e sul quale è incisa la scala suddivisa in Newton. II sistema è protetto da un guscio cilindrico al quale viene agganciata l'altra estremità della molla, come rappresentato in Figura.

Dopo aver fissato il gancio superiore ad un sostegno, basta caricare il peso al gancio inferiore. A causa della forza applicata, la molla si allunga e il cilindretto fuoriesce dall'involucro. Il valore della forza può dunque essere letto sulla scala graduata.

Esempi di corpi elastici

Dinamometro a molla

Dinamometro da

laboratorio e

bilancia a molla

Page 28: Appunti Di Fisica

Le bilance da negozio e le bilance domestiche sono quasi sempre dei dinamometri, solo che esse sfruttano

la compressione della molla piuttosto che il suo allungamento. Esercizio 27 Esercizio 28

Forze e vettori

Per definire l’efficienza di una forza è necessario misurare la sua intensità. Da sola però l’intensità non è

sufficiente per descrivere la forza in modo completo. Supponiamo di dover spostare un carrello con sopra

degli oggetti.

Per riuscire a muoverlo, oltre ad applicare una forza sufficientemente

intensa, in un preciso punto di applicazione (il punto

del corpo dove la forza agisce) bisogna scegliere la

direzione (per esempio, se ci troviamo all’interno di una

stanza possiamo scegliere di muoverci parallelamente,

diagonalmente o perpendicolarmente rispetto ad una

parete). Per raggiungere la porta, dovremo scegliere

anche il verso (verso la porta). Dall'esempio si deduce

che, per riuscire a descrivere in modo completo una

forza, occorre definire non soltanto la sua intensità, ma

anche il punto di applicazione, la sua direzione e il suo verso.

Grandezze vettoriali e grandezze scalari La forza non è la sola grandezza fisica cui bisogna associare una direzione e un verso. (Es: spostamento, velocità, accelerazione). Le grandezze fisiche definite, oltre che dalla intensità (numero), anche da una direzione e da un verso sono chiamate grandezze vettoriali. Altre grandezze fisiche (carica elettrica, massa, densità, pressione, temperatura, volume, energia potenziale, lunghezza d'onda) sono completamente descritte indicando il numero corrispondente alla loro misura. Le grandezze fisiche delle quali è sufficiente conoscere il valore numerico vengono chiamate grandezze scalari.

Vettori

Tutte le altre grandezze vettoriali vengono rappresentate mediante un vettore.

Un vettore è un segmento orientato, come mostrato in figura:

In esso possiamo osservare i seguenti elementi:

• l'estremo 0 del segmento è detto origine del vettore (punto di applicazione);

• l'estremo F del segmento è detto fine del vettore;

• la lunghezza del segmento, confrontata con una unità di misura, rappresenta l'intensità, detta anche

modulo. al (valore assoluto della grandezza, cioè senza considerarne il segno);

• la direzione del segmento coincide con la direzione del vettore;

• il verso del vettore è indicato dalla punta della freccia.

Per distinguere una grandezza vettoriale si usa porre sopra il simbolo di tale grandezza fisica una piccola

freccia; per esempio, per indicare una forza, scriveremo F⃗ Esercizi 029 - 030

F = Forza

d = direzione

v = verso

p = punto di

applicazione

Page 29: Appunti Di Fisica

Operazioni con i vettori Quando su un corpo agiscono contemporaneamente più forze con lo stesso punto di applicazione (sistema di forze), cioè forze concorrenti, per determinare l'effetto comune che esse producono bisogna ricavare la risultante del sistema di forze.

La risultante �⃗⃗� di un sistema di forze è una forza che, se fosse applicata da sola, produrrebbe lo stesso effetto.

La risultante R⃗⃗ di un sistema di forze coincide con la somma dei vettori che rappresentano le singole forze del sistema. Sommare i vettori però, non è come sommare i numeri: le regole di calcolo, valide per i numeri reali, non possono essere applicate ai vettori. Esaminiamo ora i casi che si possono presentare. • Vettori che hanno la stessa direzione e lo stesso verso Il vettore a e il vettore b , paralleli tra loro, hanno la stessa direzione e la stessa intensità (3).

Il vettore somma ( �⃗� ), detto risultante, ha la stessa direzione e lo stesso verso dei due vettori originali e

l'intensità pari alla somma delle intensità dei due vettori.

Per calcolare l'intensità del vettore risultante si procederà nel seguente modo:

�⃗� = a + b = 3 + 3 = 6

• Vettori che hanno la stessa direzione, verso opposto Il vettore risultante ha la direzione e il verso del vettore che ha maggiore intensità. L’intensità della risultante è la differenza delle due intensità.

Per calcolare l'intensità del vettore risultante si procederà nel seguente modo:

�⃗⃗� = a - b = 6 - 5 = 1 • Vettori che hanno direzione diversa La risultante dei due vettori si determina graficamente tramite la regola del parallelogramma. Essa consiste nel costruire un parallelogramma tracciando dalla punta di ciascun vettore la retta parallela all'altro.

La diagonale R⃗⃗ del parallelogramma è la risultante dei due vettori.

Page 30: Appunti Di Fisica

Un altro modo è il cosiddetto metodo del poligono o metodo testa-coda. Si applica per trovare la risultante di tanti vettori non uniti. Si parte dal primo e si applica il secondo all'estremità del primo e il terzo all'estremità del secondo, e così via fino all'ultimo (naturalmente rispettando la loro direzione). Alla fine salta fuori un poligono aperto. Il poligono si chiude unendo l'origine del primo con il vertice dell'ultimo. Quella è la risultante vettoriale.

• Vettori con direzioni perpendicolari Quando le direzioni dei due vettori sono perpendicolari, il parallelogramma si

riduce a un rettangolo e la risultante R⃗⃗ coincide con la sua diagonale. In questo

caso valore di R⃗⃗ può essere calcolato applicando il teorema di Pitagora. Si ha infatti:

R⃗⃗ = √𝑎2 + 𝑏2 Esercizio 031 Esercizio 032

L’EQUILIBRIO MECCANICO Un sistema (un corpo puntiforme, un insieme di particelle, un corpo rigido,...) è in equilibrio meccanico quando la somma di tutte le forze esterne risulta nulla.

Un corpo è in equilibrio meccanico quando è fermo oppure si muove con velocità costante. Lo studio dell'equilibrio meccanico è molto importante nello sviluppo delle molteplici attività dell'uomo sia quelle complesse, come costruire un grattacielo o molto più semplici, come sostituire una ruota all’auto. L’equilibrio meccanico è studiato da quella parte della fisica chiamata statica II punto materiale Per semplificare lo studio dell'equilibrio dei corpi, in fisica è stato introdotto il concetto di punto materiale. Si definisce punto materiale, un corpo le cui dimensioni siano trascurabili rispetto al fenomeno in studio. Ad esempio un pianeta può essere considerato un punto materiale confrontato con l’universo intero, una molecola nello studio delle leggi dei gas e così via. In generale un punto materiale è solamente caratterizzato dalle tre coordinate spaziali, dalla velocità e dalla sua massa. La schematizzazione di un corpo come punto materiale prevede di trascurare l'esistenza dei alcune caratteristiche: un punto materiale ad esempio non può ruotare su se stesso, scaldarsi o comprimersi elasticamente. Un pianeta può essere trattato come corpo rigido, piuttosto che come punto materiale, se si è interessati alla sua rotazione. L'utilità del concetto di punto materiale sta nel poterlo considerare come punto geometrico e quindi poter operare nel sistema di assi cartesiani.

In fisica il punto materiale è utilizzato

per descrivere la dinamica di corpi

estesi quando è possibile trascurarne

la struttura interna Nell'immagine il

corpo (in grigio) è approssimato come

un punto materiale nel suo centro di

massa (in nero). Tutta la massa del

corpo è concentrata in un punto.

Page 31: Appunti Di Fisica

Quando un punto materiale non è sottoposto ad alcuna forza, risulterà in equilibrio, ma lo sarà anche nel

caso in cui le forze agenti sono tali da annullarsi reciprocamente, ovvero quando la loro risultante è nulla.

Possiamo enunciare il seguente principio:

un punto materiale è in equilibrio quando la risultante delle forze applicate è nulla.

Se R⃗⃗ è la risultante di un sistema di forze, la condizione di equilibrio si avrà se e soltanto se:

R ⃗⃗ ⃗= 0

Evidentemente, che se R ⃗⃗ ⃗≠ 0, il punto materiale non è in equilibrio. Esercizi 033 - 036

La pressione

■ Due forze uguali ed opposte applicate a un punto materiale hanno risultante �⃗⃗� =0; il punto è pertanto in equilibrio meccanico.

■ Le racchette, aumentando la superficie di appoggio, diminuiscono la pressione esercitata dalla forza peso ed evitano di affondare nella neve.

■ Se si colpisce un muro con un martello, al massimo si produce un piccolo incavo. Se si applica la stessa forza a un chiodo, messo tra il martello e il muro, la forza si concentra su una superficie molto più picco-la, ( punta), e il chiodo riesce a penetrare nel muro.

■ Un sottomarino in immersione è sottoposto alla pressione idrostatica.

Page 32: Appunti Di Fisica

Gli effetti di una forza dipendono non soltanto dalla sua intensità, ma anche dalla superficie attraverso la quale tale forza si trasmette: tanto più piccola è la superficie su cui una forza viene applicata, maggiore sarà il suo effetto. Oltre alla forza, è necessario definire un'altra grandezza fisica, chiamata pressione, che dipende dall'intensità della forza applicata e dalla superficie su cui essa agisce.

Per valutare la pressione esercitata da una forza 𝐅 su una superficie s, bisogna considerare la componente

F della forza perpendicolare alla superficie. Solo questa parte è efficace.

Se la componente F coincide con forza la pressione è massima (a).

Diversamente, la componente F , che ha intensità minore, produce una pressione minore (b).

Nel caso in cui la componente di F è nulla, la pressione prodotta è nulla (c).

Se consideriamo una forza F⃗ applicata non perpendicolarmente ad una superficie di area S (Figura),

la forza effettiva che agisce sulla superficie S è la componente F⃗ perpendicolare alla superficie.

La pressione P è definita come il rapporto tra la componente 𝐅 della forza, perpendicolare alla superficie sulla quale agisce e l'area S della superficie stessa. La pressione è una grandezza direttamente proporzionale alla forza applicata e inversamente proporzionale alla superficie su cui tale forza agisce. L'unità di misura della pressione nel SI è il pascal (Pa), che corrisponde alla pressione esercitata dalla forza di 1 N applicata perpendicolarmente alla superficie di 1 m2:

Se si conosce il valore della pressione P esercitata su una superficie di area S e si vuole ricavare

l'intensità della forza F⃗ r , bisogna applicare la formula inversa:

𝐅 = P · S

Esercizio 037

■ Una stessa forza può esercitare una diversa pressione in funzione dell'angolo tra la sua direzione e la superficie su cui agisce

Page 33: Appunti Di Fisica

Il principio di Pascal e la legge di Stevino

Quando si studiano le proprietà dei liquidi è di fondamentale importanza conoscere concetto di pressione.

La forza che un liquido esercita sulle pareti del contenitore in cui è posto, è sempre una forza distribuita,

sull'intera superficie di contatto.

Il principio di Pascal.

Se, mediante uno stantuffo, esercitiamo una certa forza sul liquido

contenuto in un recipiente (Figura), osserviamo che il liquido zampilla

non solo dal foro più in basso, ma anche da qualsiasi altro foro praticato

sulle pareti. Ciò significa che la pressione provocata dallo stantuffo sulla

superficie del liquido si trasmette in ogni suo punto.

Questa proprietà, valida per tutti i fluidi, è nota come principio di Pascal

e può essere così enunciata:

La pressione esercitata su una superficie di un liquido, ovunque

essa sia orientata, si trasmette in tutte le direzioni e con la stessa

intensità su ogni altra superficie che si trova a contatto con il

fluido.

Su questa proprietà dei liquidi basano il loro funzionamento numerose “macchine idrauliche” che sono

in grado sia di amplificare le forze applicate, sia di trasmetterle da un punto a un altro.

Uno di questi dispositivi è il torchio idraulico, schematizzato in Figura, che serve per il sollevamento

di carichi pesanti. E’ costituito da due cilindri di sezioni molto diverse nei quali scorrono due pistoni a

tenuta. I due cilindri sono collegati tra loro da un tubo e vengono riempiti con un liquido, generalmente

olio. Il dispositivo consente di equilibrare una forza grande (peso dell’auto𝐅 2) applicandone una più

piccola(𝐅 1).

Le pressioni sulle due superfici (A1;A2), per il principio di Pascal, devono essere uguali, per cui la forza

sullo stantuffo di sezione maggiore è tante volte più intensa quante volte è più estesa la sua superficie.

Dall'uguaglianza delle pressioni sulle due superfici si ricavano:

Per esempio se A1 è un quarto di A2, per sollevare il peso F2 (auto) caricato

sul pistone grande sarà sufficiente applicare all'altro pistone una forza F 1 pari

a un quarto di F2

Il ponte elevatore, chiamato anche martinetto, utilizzato nelle officine meccani-

che per sollevare gli autoveicoli, e i freni idraulici delle automobili basano il loro

funzionamento sul principio del torchio idraulico.

■Ponte elevatore

(martinetto) basato

sul principio del

torchio idraulico

■ La pressione si trasmette in

tutti i punti del fluido.

Page 34: Appunti Di Fisica

I vasi comunicanti

Un esperimento molto semplice e conosciuto, proposto da Pascal, serve a spiegare il comportamento della

pressione nei liquidi: i vasi comunicanti. Una serie di contenitori, di forma e sezione diverse, sono collegati tra

loro in maniera da permettere all'acqua passare liberamente da uno all'altro.

■ In un sistema di vasi comunicanti un liquido continua a fluire dai vasi in cui ha raggiunto livelli superiori ai vasi dove il livello è più basso fino a raggiungere un uguale livello in tutti i vasi.

Come si comprende nelle Figure, quando l'acqua viene versata in un contenitore qualsiasi tra quelli collegati,

il livello in ciascuno di essi sale finché non raggiunge quello più alto.

In tutti i punti alla stessa quota la pressione assume lo stesso valore.

La pressione di un liquido in un contenitore dipende soltanto dalla sua profondità, per cui a

livelli uguali corrispondono uguali pressioni.

Questo è il principio dei vasi comunicanti.

La legge di Stevino

La pressione esercitata da un liquido dipende non soltanto dalla profondità h, ma anche da quanto è pesante

il liquido sovrastante; la pressione dipende anche dalla densità. La relazione tra la pressione e la densità è

riassunta dalla legge di Stevino:

La pressione P esercitata da un liquido è direttamente proporzionale alla profondità h e alla

densità d del liquido

P = d · g · h

dove g = 9,8 N/kg è l'accelerazione di gravità, cioè la costante di proporzionalità tra peso e massa di un corpo.

La pressione calcolata con la formula precedente è chiamata pressione idrostatica e rappresenta la

pressione esercitata soltanto dal liquido. Se sopra la superficie libera del liquido grava una pressione esterna

(per esempio la pressione atmosferica) quest'ultima va sommata alla pressione idrostatica per ottenere il

valore della pressione totale Ptot

Ptot = Pest + (d · g · h)

Esercizi 038 - 039

Page 35: Appunti Di Fisica

II principio di Archimede Quando si immerge in acqua o in un qualunque altro fluido un oggetto, la sua massa rimane invariata ma sembra pesare meno. Ciò è dovuto al fatto che, in opposizione alla forza peso diretta verso il basso, agisce una forza diretta verso l'alto, chiamata spinta di Archimede o spinta idrostatica. Archimede per primo si accorse dell'esistenza di questa spinta, che, in suo onore, prende il nome di. Il principio di Archimede stabilisce che: Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta verso l'alto uguale al peso del liquido da esso spostato.

Corpo immerso in un liquido

Possono verificarsi tre casi (illustrati da sinistra a destra in Figura):

Il corpo tende a cadere fino a raggiungere il fondo se la forza di Archimede è minore del peso, FA < Fp.

Il corpo si trova in una situazione di equilibrio se la forza di Archimede è uguale al peso, FA = Fp.

Il corpo tende a risalire fino alla superficie dove galleggia se la forza di Archimede è maggiore del peso, FA > Fp.

. La relazione tra il volume del corpo immerso e la spinta ricevuta è facilmente verificabile misurando la differenza tra il peso che ha un corpo, rispettivamente nell'aria e nell'acqua, con un dispositivo come quello mostrato in Figura, che ci consente anche di misurare il volume di liquido spostato

La spinta non dipende dal corpo, ma dal tipo dil liquido in cui esso è immerso. La spinta è una forza pari al

peso di liquido spostato e questo a sua volta dipende dalla densità del liquido, secondo la formula.

Spinta = densità del liquido · volume spostato · 9,8

Esercizio 040

Page 36: Appunti Di Fisica

In generale, un corpo galleggia quando la sua densità è inferiore a quella del liquido nel quale è immerso.

Pertanto, una nave riesce a galleggiare, anche se è d'acciaio (che è un materiale più denso dell'acqua),

perché non è un blocco compatto, ma cavo, quindi la sua densità media risulta inferiore a quella dell'acqua.

Esercizio 041

La pressione atmosferica Il globo terrestre è circondato dall'atmosfera, una “pellicola” gassosa che è spessa circa 100 km. Sopra la superficie della terraferma e sul mare preme il peso dei gas atmosferici (azoto, ossigeno, anidride carbonica…). Il valore della pressione atmosferica è stato misurato per la prima volta da Evangelista Torricelli nel XVII secolo.

Il dispositivo ideato da Torricelli è chiamato barometro a mercurio ed è costituito da un tubo di vetro chiuso ad un'estremità, che viene riempito completamente di mercurio. L'estremità aperta del tubo, tenuta chiusa con un dito, viene immersa in una vaschetta contenente a sua volta mercurio. Togliendo il dito, il mercurio non scende del tutto ma si ferma ad un'altezza di 760 mm al di sopra del livello del liquido contenuto nella vaschetta (Figura a fianco). Nella parte alta del tubo si è creato il vuoto (assenza di aria). Si stabilisce un equilibrio tra la pressione (peso) esercitata dalla colonna di mercurio e la pressione atmosferica che agiscono entrambe sul livello del liquido della vaschetta .La pressione che l'atmosfera esercita sulla Terra varia da un giorno all'altro con il mutare delle condizioni meteorologiche.

Il sommergibile sfrutta la spinta di

Archimede:

Quando le camere allagabili sono

vuote (A) il peso specifico del battello è

inferiore a quello dell’acqua, quindi

galleggia. Riempiendo le camere (B, C)

con acqua diventa più pesante e si

immerge. Per riemergere deve

svuotare le camere.

Page 37: Appunti Di Fisica

Calcolo della pressione atmosferica Per misurare la pressione atmosferica nel barometro basta calcolare la pressione idrostatica della colonna di mercurio alta 760 mm (0,76 m). Applicando la legge di Stevino, sapendo che la densità del mercurio è 13 600 kg/m3:

Patm = h •d •g = 0,76 m • 13 600 kg/m3 • 9,8 N/kg = 101.292 Pascal

Una vecchia unità di misura della pressione è denominata atmosfera (atm). L’atmosfera standard è la pressione misurata alla temperatura di 0 °C e a livello del mare:

1 atm = 101.325 Pa

A causa della grande diversità di grandezza tra il Pa e l'atm, spesso si utilizza il bar:

1bar = 1000 Pa 1 atm = 101.325 Pa = 1,013 bar

Un'altra unità di misura usata per misurare la pressione atmosferica sono i millimetri di mercurio (mmHg), chiamati anche Torricelli (Torr):

1 atm = 760 Torr =760 mmHg Siccome la densità dell'aria diminuisce al crescere dell'altitudine, anche la pressione atmosferica diminuisce in proporzione. Ad una altitudine di 9000 m la pressione dell'aria è pari a circa 0,32 atm.

Esercizio 042

La misura della pressione Lo strumento usato per misurare la pressione è il manometro. I manometri differenziali permettono di ottenere la misura della pressione per differenza fra due ambienti (uno è l'atmosfera).

E’ composto da un tubo di vetro a forma di U, all'interno del quale si trova una certa quantità di mercurio (Figura a sinistra). Una estremità del manometro è in comu-nicazione con l'ambiente contenente il fluido di cui si vuole misurare la pressione, l'altra è aperta quindi sottoposta alla pressione atmosferica. Il dislivello h che si viene a stabilire tra i due livelli del mercurio è proporzionale alla differenza tra la pressione da misurare e quella atmosferica. Applicando la legge di Stevino, si può facilmente mostrare che: Patm - Px = h · d · g dove h è il dislivello, d è la densità del mercurio, g è l’accelerazione di gravità. Per ottenere la pressione è sufficiente misurare il dislivello h ed inserire il valore Patm della pressione atmosferica.

Page 38: Appunti Di Fisica

Il manometro a tubo di Bourdon (vedi la Figura a fianco) è costituito da un

tubo (a) di forma circolare (ma può essere avvolto anche a forma di spirale), detto appunto tubo Bourdon. Un tubo di tale forma tende ad aumentare il proprio raggio di curvatura all'aumentare della pressione interna. Una estremità è fissa mentre l’altra è libera di muoversi quando aumenta la pressione interna; alla seconda estremità è connesso un sistema di leve (b,c) che amplifica lo spostamento, e lo trasforma nel movimento circolare di un indice (d) lungo una scala graduata (e). I manometri Bourdon costituiscono la stragrande maggioranza dei misuratori

di pressione oggi usati.

Esercizio 043 – Riassunto 044 – Esercizi 045 - 047

La temperatura e l’equilibrio termico

La temperatura è la proprietà fisica che registra il trasferimento di energia termica da un sistema ad

un altro.

La temperatura è una proprietà intensiva, che indica lo stato termico di un corpo o sistema; la differenza di temperatura tra due sistemi in contatto, determina un flusso di calore in direzione del sistema più freddo, fino al raggiungimento dell'equilibrio termico. La temperatura è la misura di ciò che nel linguaggio comune chiamiamo "caldo" o "freddo".

Manometro Bourdon

Page 39: Appunti Di Fisica

.

Termometri Un termometro è uno strumento che serve a misurare la temperatura, oppure le variazioni di temperatura. Per il loro funzionamento, i termometri sfruttano la variazione, anche minima di una qualche grandezza fisica che varia con la temperatura che tipicamente può essere:

la dilatazione termica di una sostanza;

la resistenza elettrica di un materiale;

altre grandezze fisiche. Come tutti gli altri strumenti di misura, si tratta comunque di dispositivi tarati ovvero opportunamente regolati attraverso precise procedure. Principali tipi di termometro

Termometro a mercurio: è composto da un tubo di vetro chiuso contenente mercurio. La variazione di temperatura provoca una variazione di volume del mercurio, che viene letta su una scala graduata.

Termometro a gas: misura la temperatura attraverso la variazione di volume o di pressione di un gas contenuto all'interno di un tubo di vetro. I termometri a gas sono molto precisi e vengono usati per la taratura di altri termometri.

Page 40: Appunti Di Fisica

Termometro digitale: usa un sensore collegato ad un circuito elettronico. Le variazioni di temperatura provocano nel sensore variazioni di resistenza elettrica, che il circuito elettronico converte in numeri visualizzati su uno schermo di piccole dimensioni (display)

.

Per esser certi che il termometro funzioni correttamente è necessario fare la taratura. La taratura del termometro si esegue scegliendo due temperature di riferimento, chiamate punti fissi: di solito si scelgono la temperatura di fusione del ghiaccio e quella di ebollizione dell’acqua.

La scala Kelvin La temperatura è una delle grandezze fondamentali del Sistema Internazionale. La scala termometrica adottata nel SI non è quella Celsius che si impiega comunemente in Italia, ma la scala Kelvin o scala assoluta delle temperature, la cui unità di misura è il kelvin (K). In questa scala le temperature sono sempre espresse con numeri positivi; 0 K costituisce la temperatura minima raggiungibile in natura chiamata zero assoluto, che corrisponde a -273,1 6 °C. La scala Kelvin è in realtà la scala centigrada spostata all'indietro di 273,16 °C. In questo modo 0 °C corrispondono a 273,16 K.

Per trasformare in kelvin una temperatura espressa in gradi centigradi basta usare questa formula: K = 273,16 + °C Viceversa, per passare dalla scala Kelvin a quella centigrada si utilizza la relazione inversa:

°C= K - 273,16 Esercizi 048 - 049

Page 41: Appunti Di Fisica

La dilatazione termica Quando la temperatura di un corpo cambia, cambiano anche le sue dimensioni. Questo fenomeno prende il nome di dilatazione termica e si osserva in tutti i corpi, sia solidi, che liquidi o aeriformi. In Figura sotto puoi osservare un giunto di dilatazione di un ponte stradale: il giunto, consente di assorbire l’allungamento o il ritiro delle barre di cemento armato in seguito a variazioni di temperatura, in modo da evitare fratture.

La dilatazione lineare nei solidi Per dilatazione lineare si intende l’allungamento (o accorciamento) di un corpo in cui la lunghezza è molto più grande delle altre dimensioni, per esempio un binario ferroviario, un’asta metallica o un filo elettrico. La dilatazione lineare può essere evidenziata con il dispositivo sperimentale di Figura sotto.

L’estremità fissa (a) di un tubo metallico cavo (t) è collegata ad un recipiente (b) che, immettendo vapore, lo riscalda in tutta la sua lunghezza. L'altra estremità del tubo (c), libera di scorrere su un supporto, è collegata ad un indice in grado di ruotare su un'apposita scala tarata, che visualizza anche dilatazioni di lieve entità. Riscaldando aste metalliche di diverso materiale e diverse lunghezze (d) e misurando gli allungamenti si

nota che l'allungamento l dell'asta è direttamente

proporzionale sia alla variazione di temperatura T sia alla lunghezza iniziale l0 dell'asta.

La formula che esprime la legge della dilatazione lineare è: l = l0 · T

La costante di proporzionalità , (lambda) che compare nella formula è denominata coefficiente di dilatazione

lineare. Il valore di (vedi Tabella sotto) è caratteristico del materiale. La legge della dilatazione lineare può venire formulata come segue: la variazione di lunghezza subita da un corpo sottoposto a una variazione di temperatura è direttamente proporzionale alla lunghezza iniziale e alla variazione di temperatura

Coefficienti di dilatazione lineare di alcuni solidi

Materiale Coefficiente di dilatazione lineare (1/°C)

diamante 1 • 10-6

alluminio 1,5 • 10-6

porcellana 2 • 10-6

vetro 9 • 10-6

acciaio 12 • 10-6

ferro 12 • 10-6

rame 17 • 10-6

argento 19 • 10-6

stagno 21 • 10-6

piombo 29 • 10-6

zinco 30 • 10-6

Giunto di dilatazione

Dilatazione; effetti

Page 42: Appunti Di Fisica

La dilatazione cubica Se si riscalda un oggetto di forma non allungata, non si può considerare solo la variazione della sua

lunghezza, ma la variazione di volume, poiché tutte le dimensioni del corpo cambiano. Se la temperatura del

corpo aumenta passando da un valore iniziale T0 a un valore finale T1, ciascuna dimensione del corpo

(altezza, larghezza e spessore) aumenta secondo la legge della dilatazione lineare. Il volume del corpo

subisce un incremento V, passando dal valore iniziale V0 al valore finale Vf (Figura).

Tale fenomeno prende nome di dilatazione cubica e si verifica nei solidi, nei liquidi e nei gas.

La legge della dilatazione cubica è espressa dalla relazione: V = α · V0 · T

Per i solidi, si nota che α = 3, essendo il coefficiente di dilatazione lineare del materiale di cui è fatto il

solido.

Esercizi 050 – 051

a - La sfera fredda, passa attraverso l’anello

b - Si riscalda la sfera

c - La dilatazione fa aumentare il volume, la

sfera non passa più attraverso l’anello

■ Dilatazione lineare:

Diagramma riferito a tre diversi

materiali. Dalla diversa

pendenza delle tre linee si

intuisce il differente coefficiente

di dilatazione lineare dei tre

materiali

Page 43: Appunti Di Fisica

L'equilibrio termico Mettiamo a contatto due corpi con temperature diverse, (T1 > T2), chiusi in ambiente isolato. Il grafico di Figura sotto mostra i valori progressivi delle temperature al passare del tempo.

Il corpo più caldo (curva rossa decrescente) si raffredda, mentre quello più freddo (curva blu crescente) si riscalda. Il processo continua fino a quando i due corpi non raggiungono la stessa temperatura. Raggiunta la temperatura di equilibrio, il processo si arresta; i due corpi che hanno la stessa temperatura non la cambiano più perché hanno raggiunto l'equilibrio termico. Due corpi che si trovano inizialmente a temperature diverse, posti a contatto, si portano alla stessa temperatura, raggiungendo l'equilibrio termico. La temperatura di equilibrio

La temperatura di equilibrio assume sempre un valore intermedio tra le due temperature; se mescoliamo, ad esempio acqua calda con acqua fredda, otteniamo acqua tiepida (Figura a sinistra) Ma in che modo è possibile prevedere il valore esatto della temperatura di equilibrio? Basta applicare la formula:

TE = (𝐦𝟏·𝐓𝟏) + (𝐦𝟐·𝐓𝟐)

𝐦𝟏 + 𝐦𝟐

TE = temperatura di equilibrio m1 ; m2 = masse da mescolare

T1 ; T2 = temperature iniziali

N.B. : Questa formula per il calcolo della temperatura di equilibrio è applicabile solo se i due corpi posti a contatto sono dello stesso materiale.

Esercizi 052 – 053 – Riassunto 054 – Esercizio 055

Page 44: Appunti Di Fisica

CALORE E CAMBIAMENTI DI STATO

Che cos'è il calore I corpi possono aumentare o diminuire la loro temperatura. Se vogliamo "riscaldare" un corpo dobbiamo fornirgli calore, mentre per "raffreddare" dobbiamo toglierlo. Il calore può essere quindi considerato come “il responsabile” delle variazioni di temperatura dei corpi: Il calore è una forma di energia interna a un corpo che deriva dal disordinato e rapidissimo delle molecole che lo compongono; si trasmette da un corpo a un altro quando tra questi ci sia una differenza di temperatura, passando da quello a temperatura maggiore a quello a temperatura minore. Il calore è energia

Per gli scienziati dei secoli scorsi, in particolare Antoine-Laurent de Lavoisier (1743-1794), il calore era un "fluido invisibile” contenuto in quantità variabile in tutti i corpi a seconda della loro temperatura. Questo "fluido invisibile", (fluido calorico), entrando e uscendo dai corpi faceva variare la loro temperatura.

La teoria del fluido calorico non poteva però spiegare alcuni fenomeni legati al calore: per esempio non giustificava il calore che “nasce” quando due corpi vengono sfregati tra loro, il calore prodotto per attrito. Studi successivi, soprattutto da parte dello scienziato britannico James Prescott Joule (1818-1889), consentirono di precisare la natura del calore. Esso non è una sostanza contenuta nei corpi, come immaginava Lavoisier, ma una delle diverse forme in cui può manifestarsi l'energia.

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Bisogna ricordare che il calore e la temperatura sono grandezze ben distinte. Il calore si trasmette da un corpo a un altro, quindi è una proprietà legata all'interazione termica tra più corpi. La temperatura, invece, è una grandezza associata a un singolo corpo. Al calore si avvicina il concetto di quantità mentre per la temperatura può essere fatta solamente una valutazione di qualità.

Unità di misura del calore Poiché il calore è una forma di energia, per esprimere la quantità di calore bisogna usare l'unità di misura dell'energia. Nel SI tale unità viene chiamata joule (J). Il joule è l’unità di misura dell'energia e corrisponde al lavoro compiuto dalla forza di 1 newton quando sposta il suo punto di applicazione di 1 metro nella sua stessa direzione (N · m). L'unità di misura più usata per il calore continua comunque ad essere la caloria (cal), definita come segue: La caloria è la quantità di calore necessaria per innalzare la temperatura di 1 g di acqua pura da 14,5 °C a 15,5 °C alla pressione di 1,01 • 105 Pa, cioè alla pressione atmosferica standard. Spesso si usa anche la kilocaloria (kcal); 1 kcal = 103 cal. Per convertire le calorie in joule e viceversa occorre ricordare che: 1 c a l = 4,187J e 1 J = 0,239 cal.

Esercizi 056 – 057 Relazione tra calore e temperatura Calore la temperatura sono grandezze fisiche ben distinte; tra esse esistono però relazioni molto strette. Per evidenziarle, è utile eseguire esperimenti fornendo o togliendo calore ad un corpo:

• Fornendo (o togliendo) quantità di calore diverse allo stesso corpo (A - masse d'acqua uguali, tempi di riscaldamento diversi) le variazioni di temperatura sono direttamente proporzionali al calore fornito (o tolto);

• Fornendo (o togliendo) la stessa quantità di calore a corpi diversi (B - masse d'acqua diverse, stesso tempo di riscaldamento), le variazioni di temperatura risultano inversamente proporzionali alle masse;

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Se individuiamo con Q la quantità di calore acquistata o ceduta da un corpo di massa m, e se T è la conseguente variazione di temperatura, possiamo scrivere la seguente relazione:

Q = c s m T ( equazione della calorimetria) dove cs è il calore specifico spiegato di seguito. La formula stabilisce le relazioni tra il calore scambiato da un corpo e la conseguente variazione di temperatura, ed è chiamata equazione della calorimetria.

Il calore specifico La costante cs che compare nell'equazione della calorimetria è il calore specifico, il cui valore (Tabella) dipende dal materiale di cui è fatto il corpo sottoposto a riscaldamento. Esprimendo la formula rispetto a cs, otteniamo:

cs = 𝐐

𝐦 · 𝐓

Il calore specifico di una sostanza rappresenta la quantità di calore che fornita a 1 g di tale sostanza ne provoca l'innalzamento della temperatura di 1 °C.

L’unità di misura del calore specifico è cal / g · K, equivalente a kcal / kg · K. Il prodotto m · cs che compare nell'equazione della calorimetria è la capacità termica (simbolo: C)

C = m · cs La capacità termica di un corpo dipende sia dalla natura del materiale sia

dalla sua massa. Esercizio 058

La temperatura di equilibrio Durante uno scambio termico tra due corpi a temperature diverse (sistema isolato), la quantità di calore ceduta dal corpo più caldo è uguale alla quantità di calore assorbita dal corpo più freddo: il calore si conserva. Applicando questo principio si può ottenere la formula per calcolare temperatura di equilibrio raggiunta da corpi di diverso materiale e diversa massa che scambino calore:

TE = (𝐂𝟏·𝐓𝟏) + (𝐂𝟐·𝐓𝟐)

𝐂𝟏 + 𝐂𝟐

dove C1 e C2 sono le capacità termiche dei due corpi.

Esercizi 059 - 060

Sostanza Calore specifico cal/g

• K

acqua 1,00

corpo umano 0,83

legno 0,63

olio 0,58

ghiaccio a 0 °C 0,54

aria 0,24

alluminio 0,22

ferro 0,12

vetro 0,12

rame 0,093

ottone 0,091

argento 0,056

mercurio 0,033

piombo 0,031

Calore specifico di alcune sostanze in

calorie / grammi · Kelvin

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Passaggi di stato La materia possiede la capacità di cambiare il suo stato fisico se sottoposta a variazioni di temperatura o di pressione o di entrambe queste grandezze. Le trasformazioni da uno stato fisico a un altro vengono chiamate passaggi di stato.

Un cubetto di ghiaccio lasciato a temperatura ambiente si trasforma rapidamente in acqua liquida; allo stesso modo riscaldando la cera di una candela questa inizia a fondere; persino il ferro se riscaldato ad alte temperature diventa liquido. Questi sono tutti esempi di passaggi di stato.

La stessa sostanza, a seconda delle condizioni fisiche in cui si trova, può presentarsi nei tre diversi stati fisici: solido, liquido e aeriforme. L’acqua allo stato liquido ottenuta dal cubetto di ghiaccio se viene riscaldata oltre i 100 °C si trasforma in vapore, mentre se viene raffreddata fino a 0 °C ridiventa ghiaccio solido. Le trasformazioni tra i vari stati fisici si chiamano passaggi di stato e sono schematizzate nella Figura.

I passaggi di stato di una sostanza pura avvengono in corrispondenza di particolari valori di temperatura (punti fissi), propri della sostanza considerata e che rimangono costanti per tutta la durata del cambiamento. A esempio, il ghiaccio fonde a 0 °C e durante il processo di fusione la temperatura non varia.

Calore latente Durante i passaggi di stato la temperatura rimane costante, perché il calore fornito viene utilizzato dalla sostanza per cambiare il suo stato fisico. Il calore latente è la quantità di calore che serve a provocare il passaggio di stato completo di 1 kg di sostanza. Si distinguono il calore latente di fusione, utile al passaggio da solido a liquido, e il calore latente di evaporazione, che serve per il passaggio da liquido ad aeriforme. Anche i calori latenti sono proprietà caratteristiche delle sostanze.

- CAMBIAMENTI DI STATO: i cambiamenti di stato sono causati da scambi di calore tra il corpo e l'ambiente esterno. - Una sostanza che assorbe calore passa da solida a liquida (fusione) e da liquida ad aeriforme (vaporizzazione). - Una sostanza che cede calore passa da aeriforme a liquida (condensazione) e da liquida a solida (solidificazione). - La sublimazione è il passaggio diretto da solido ad aeriforme - Il brinamento è il passaggio diretto da aeriforme a solido

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La Tabella sottostante riporta i calori latenti di fusione e di evaporazione e i corrispondenti punti fissi di alcune sostanze.

Sostanza Temperatura di fusione

Calore latente di fusione

Temperatura di ebollizione

Calore latente di evaporazione

acqua 0 79,7 100 539

alcol -115 25,0 78 210

alluminio 660 77,0 2477 2520

argento 961 24,0 2212 565

azoto -210 6,2 -196 48

etere -116 23,2 34 85

ferro 1536 65,0 2450 1600

mercurio -39 2,8 357 69

oro 1063 16,1 2600 380

piombo 327 5,5 1744 210

rame 1083 50,0 2595 1150

stagno 232 14,0 2270 463

Tabella delle temperature di fusione ed ebollizione (°C) e dei calori latenti di fusione e di evaporazione corrispondenti (kcal/kg) a pressione atmosferica.

Fra il calore Q assorbito durante i passaggi di stato e la massa m di una sostanza esiste una proporzionalità diretta. Pertanto si ha:

Q = Qf · m Qf è il calore latente di fusione di una determinata sostanza.

Esercizi 061 - 062 La trasmissione del calore Il trasferimento (propagazione) del calore può avvenire in tre modi diversi, che dipendono soprattutto dallo stato fisico della materia:

• conduzione;

• convezione;

• irraggiamento. La conduzione riguarda soprattutto i solidi, la convezione, invece, i fluidi (liquidi e aeriformi). La conduzione e la convezione si compiono per contatto diretto. L'irraggiamento si verifica anche nel vuoto.

Conduzione

. Se riscaldiamo una estremità di un oggetto metallico (Figura a sinistra), noteremo che dopo un certo tempo il riscaldamento interesserà anche il resto dell'oggetto. Il calore assorbito dalla parte esposta alla fiamma si trasferisce all'altra estremità dell'oggetto attraversando tutto il corpo. Noteremo che nel fenomeno descritto non si verifica alcuno spostamento di materia: le particelle della barra metallica, infatti, rimangono tutte al loro posto. Ciò che si trasferisce è soltanto calore.

Per conduzione termica si intende il trasferimento di calore che avviene tra corpi solidi (liquidi , aeriformi) a contatto, o che avviene all'interno di uno stesso corpo, senza spostamento di materia, dalle zone a temperatura più alta verso quelle con temperatura minore.

Page 49: Appunti Di Fisica

Convezione I liquidi e i gas sono pessimi conduttori di calore e per consentirne il trasloco sono costretti a trasferire materia. Nei liquidi e nei gas il calore viene trasferito principalmente grazie a flussi di materia chiamati movimenti convettivi. La convezione è il trasferimento di calore che si verifica grazie al trasferimento di materia.

Questo sistema di spostamento spiega come mai il calore emesso da un radiatore termico può propagarsi da una parte all'altra di una stanza. Quando una massa d'aria viene scaldata, il suo volume aumenta (dilatazione), l’aria diventa più leggera per cui tende a galleggiare rispetto all'aria più fredda e pesante che la circonda. Si formano così una corrente d'aria calda meno densa che sale ed una corrente di aria più fredda e più densa, che scende verso il basso. Le correnti convettive influenzano in maniera decisiva il clima. I venti non sono altro che enormi masse d'aria che si spostano per convezione, trascinandosi dietro le nuvole.

La convezione nei liquidi ci permette di comprendere come mai l'intera massa d'acqua contenuta in una pentola riesce a bollire nonostante il calore venga fornito soltanto alla parte più bassa.

La convezione, inoltre, è il principio sul quale è basato il funzionamento degli impianti di riscaldamento a termosifone delle abitazioni Figura a lato. La caldaia è posta nel punto più basso dell'impianto: l'acqua riscaldata tende spontaneamente a salire verso l’alto, mentre quella più fredda ritorna alla caldaia per essere nuova-mente riscaldata.

Page 50: Appunti Di Fisica

L'irraggiamento

I raggi solari riescono a scaldare la terra attraversando milioni di chilometri di spazio vuoto. Ciò è possibile

grazie al fenomeno dell'irraggiamento, un modo di propagazione del calore. Il calore, infatti, nel vuoto non

potrebbe essere trasmesso né per conduzione né per convezione.

L'irraggiamento consiste nella trasmissione di calore che si verifica anche in assenza di materia.

Le superfici esposte al sole sono molto più calde delle zone d'ombra, così come la notte è più fredda rispetto

al giorno. Le zone fredde sono quelle prive di irraggiamento.

Esercizio 063 – Riassunto 064 – Esercizio 065 Atomi e molecole Per comprendere ed interpretare in maniera approfondita numerosi fenomeni fisici è necessario conoscere la composizione microscopica delle sostanze Gli scienziati hanno formulato un modello microscopico della materia che può essere brevemente riassunto come segue:

atomi - particelle piccolissime composte da un nucleo centrale e da orbitali elettronici.

protoni - si trovano nel nucleo, hanno massa = dalton e carica intera positiva.

neutroni - si trovano nel nucleo, hanno massa = dalton e carica neutra.

elettroni - sono distribuiti negli orbitali attorno al nucleo, hanno massa =1/1836 dalton e carica intera

negativa

L’atomo è la più piccola particella di un elemento che non subisce alterazioni nelle reazioni chimiche.

Oggi si conoscono oltre100 tipi diversi di elementi con differenti numeri di protoni e di elettroni.

L’atomo più semplice è quello dell’elemento idrogeno (H) che contiene un solo elettrone e un solo protone;

di seguito, nella tavola periodica, troviamo l'atomo di l'elio (He), che contiene 2 elettroni e 2 protoni, poi il

litio (Li), con tre elettroni e tre protoni, e così via.

Dall’unione di atomi si formano le molecole.

Page 51: Appunti Di Fisica

La molecola è un insieme di almeno due atomi (dello stesso elemento o di elementi diversi) uniti da un

legame chimico.

La molecola più semplice è quella dell’idrogeno, formata da due atomi uguali

di idrogeno elementare (Figura a sinistra).

Altre molecole sono costituite da atomi diversi.

La molecola d'acqua è formata da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno

(Figura a destra).

Tutti i corpi sono costituiti da molecole, tenute assieme da forze di natura elettrica. L’intensità delle forze

intermolecolari dipende dalla distanza alla quale si trovano le molecole stesse. Le forze intermolecolari,

infatti, tendono a tenere unite le molecole però, se le molecole si avvicinano al di sotto di una certa distanza,

queste forze diventano repulsive e tendono ad allontanarle. Le molecole di un corpo possono quindi essere

immaginate come tante piccolissime sferette legate l'una all'altra da microscopiche molle che permettono

loro di muoversi continuamente. Il movimento limitato, più o meno energico, dipende dalla temperatura del

corpo e viene chiamato moto di agitazione termica. Si può dire che:

quando aumenta la temperatura di un corpo aumenta l'energia di movimento, quindi aumenta la velocità,

delle sue molecole.

Lo stato di aggregazione (solido, liquido, aeriforme) della materia dipende dalla prevalenza tra le forze

intermolecolari, che tendono a mantenere le molecole vicine l'una all'altra limitandone il movimento, e

l'agitazione termica che tende, invece, ad allontanarle. Nei solidi prevalgono le forze intermolecolari, nei

liquidi queste sono molto deboli, nei gas non hanno effetto, visto che le molecole sono molto distanti fra loro

e possiedono una grande quantità di energia di movimento.

Page 52: Appunti Di Fisica

La struttura microscopica dei corpi

Nei solidi prevalgono le forze intermolecolari: le

molecole sono costrette a rimanere vicine l'una

all'altra, con una libertà di movimento molto limitata.

Le molecole possono sistemarsi assumendo le

posizioni geometriche precise del reticolo

cristallino oppure posizioni casuali come nei solidi

amorfi (Figura a destra). All'interno di tali strutture

ciascuna molecola oscilla intorno a una posizione di

equilibrio. Questi modelli microscopici giustificano il

fatto che un corpo allo stato solido ha forma e

volume propri.

Nei liquidi l'agitazione molecolare è consistente e questo garantisce alle molecole una maggiore libertà di

movimento: interi strati di molecole possono scorrere l'uno sull'altro facendo in modo che il liquido assuma la

forma del contenitore in cui viene versato

Negli aeriformi l'agitazione termica prevale sulle forze molecolari: le molecole sono del tutto slegate l'una

dall'altra e si muovono in modo indipendente e disordinato. Per questo un gas non ha né forma né volume

propri; le sue molecole riempiono tutto lo spazio disponibile.

Page 53: Appunti Di Fisica

Le grandezze di stato di un gas Lo stato fisico dei gas dipende da tre grandezze: il volume V, la temperatura T e la pressione P; queste sono le loro grandezze o variabili di stato e permettono di studiare le leggi che descrivono il loro comportamento. Il volume di un gas è il volume del contenitore in cui esso si trova.

La temperatura di un gas esprime livello di agitazione termica delle sue particelle.

La pressione di un gas è la forza che esso esercita sulle pareti del contenitore in cui è posto.

Le molecole del gas, muovendosi in maniera caotica, urtano ripetutamente contro le pareti del contenitore. Ogni centimetro quadrato della superficie interna è sottoposto all'urto di milioni e milioni di particelle. Un singolo urto non produce un effetto apprezzabile ma la somma degli urti di un elevatissimo numero di particelle genera una forza notevole, il cui effetto è una pressione continua e uniforme su tutta la superficie interna del recipiente.

Contenitori per gas; il loro volume

coincide con quello del gas che

contengono.

Page 54: Appunti Di Fisica

I gas perfetti Per semplificare lo studio del comportamento dei gas si fa quasi sempre riferito a un sistema ideale, chiamato gas perfetto. Un gas ideale deve avere le seguenti caratteristiche: • le particelle devono essere tanto piccole e distanziate tra loro che il loro volume può essere considerato trascurabile rispetto al volume reale occupato dal gas; • le particelle devono essere completamente indipendenti, cioè non devono esistere legami intermolecolari;

• gli urti tra le particelle devono essere perfettamente elastici.

I gas reali non sempre possiedono tali qualità. Tuttavia, quando la temperature è sufficientemente alta e la

pressione abbastanza bassa si comportano in modo simile a quello dei gas perfetti.

Studiare le proprietà dei gas significa soprattutto valutare le dipendenze tra le tre variabili di stato (P, V, T).

Per poter determinare tali dipendenze è opportuno analizzare cosa succede tra due delle variabili

mantenendo costante la terza.

Esercizio 066

Le leggi dei gas

Scegliendo di volta in volta di mantenere costante una delle tre variabili di stato si osservano tre tipi di

trasformazione:

trasformazione isoterma (T= costante);

trasformazione isobara (P = costante);

trasformazione isocora (V= costante).

Lo studio di queste tre trasformazioni permette di ricavare le tre leggi dei gas:

la legge di Boyle, che descrive le trasformazioni isoterme;

la prima legge di Gay-Lussac, che descrive le trasformazioni isobare;

la seconda legge di Gay-Lussac, che descrive le trasformazioni isocore.

La legge di Boyle La legge di Boyle (e Mariotte) afferma che, a temperatura costante, la pressione e il volume di un gas (ideale) sono inversamente proporzionali, ovvero che il prodotto della pressione del gas per il volume da esso occupato è costante. Se una aumenta, l’altro diminuisce in proporzione e viceversa

P · V = costante

La legge di Boyle è detta anche legge isoterma. Nell’esperimento (Figura a sinistra), condotto a temperatura costante, se si dimezza il volume, abbassando il pistone, si osserva nel manometro che la pressione raddoppia. La legge isoterma può anche essere formulata come segue:

P1 · V1 = P2 · V2 Esercizio 067

Page 55: Appunti Di Fisica

La prima legge di Gay-Lussac La prima legge di Gay-Lussac afferma che, a pressione costante, il volume e la temperatura di un gas (ideale) sono direttamente proporzionali, ovvero che il rapporto del volume occupato dal gas fratto la sua temperatura è costante. Se uno aumenta, anche l’altra aumenta in proporzione e viceversa.

𝐕

𝐓= 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞

La prima legge di Gay-Lussac è detta anche legge isobara. Nell’esperimento (Figura a sinistra), condotto a pressione costante, se si fornisce calore, aumenta la temperatura e il pistone si solleva facendo aumentare il volume in proporzione. La legge isoterma può anche essere formulata come segue:

𝐕𝟏

𝐓𝟏=

𝐕𝟐

𝐓𝟐

La seconda legge di Gay-Lussac La seconda legge di Gay-Lussac afferma che, a volume costante, la pressione e la temperatura di un gas (ideale) sono direttamente proporzionali, ovvero che il rapporto della pressione del gas fratto la sua temperatura è costante. Se una aumenta, anche l’altra aumenta in proporzione e viceversa.

𝐏

𝐓 = costante

La seconda legge di Gay-Lussac è detta anche legge isocora. Nell’esperimento (Figura a sinistra), condotto a volume costante, se si aumenta la temperatura, fornendo calore, si osserva nel manometro che la pressione aumenta in proporzione. La legge isocora può anche essere formulata come segue:

𝐏𝟏

𝐓𝟏=

𝐏𝟐

𝐓𝟐

Esercizio 068

Page 56: Appunti Di Fisica

Massa molecolare, mole, legge di Avogadro Prima di continuare lo studio delle leggi dei gas per riassumerle in una unica formula è necessario conoscere il significato dei termini massa molecolare, mole e numero di Avogadro. La massa molecolare è la massa di una singola molecola espressa con una particolare unità di misura: il Dalton (U.M.A.). La massa molecolare si ottiene sommando le masse di tutti gli atomi che formano le molecole.

Ad esempio, la molecola dell’acqua contiene due atomi di idrogeno e uno di ossigeno; per calcolare la sua massa molecolare bisogna sommare le masse dei due idrogeni (1 Dalton + 1 Dalton) a quella dell’ossigeno (16 Dalton), per un totale di 18 Dalton.

La mole è una grandezza fondamentale utilizzata per esprimere la quantità di sostanza. Una mole (mol) di una sostanza è una quantità in grammi, pari alla massa molecolare in Dalton della sostanza stessa. Mantenendo lo stesso esempio di prima, una mole di acqua sono 18 grammi. Una mole di qualsiasi sostanza contiene un numero di molecole ben preciso: Na = 6,022 • 1023. Il numero Na è un'importante costante, chiamata numero di Avogadro.

Legge di Avogadro:

Una mole di un qualsiasi gas (ideale) che si trova in condizioni standard, vale a dire a una temperatura assoluta T0 = 273 K (0 °C) e alla pressione P0 = 1 atm, occupa un volume V0 = 22,4 L. L'equazione di stato dei gas perfetti Con opportune trasformazioni matematiche, si può ricavare un'unica equazione che evidenzia i legami che esistono tra le variabili di stato P, V, T di un gas ideale. Supponiamo che un gas passi da condizioni iniziali Pi, Vi, Ti, a condizioni finali Pf, Vf, Tf. Sfruttando le proprietà delle uguaglianze, applicate alle formule delle tre leggi dei gas, si può ottenere la seguente equazione:

𝐏𝐢 · 𝐕𝐢

𝐓𝐢 =

𝐏𝐟 · 𝐕𝐟

𝐓𝐟

Questa equazione viene chiamata equazione di stato dei gas perfetti. Utilizzando anche la legge di Avogadro è possibile esprimere tale equazione in una forma più utile. Consideriamo un gas a condizioni iniziali standard: Pi = 1 atm, Ti = 273K e Vi = n · 22,4 L, (dove n indica il numero di moli del gas). L'equazione precedente assume la forma:

𝟏𝐚𝐭𝐦 · 𝐧 ·𝟐𝟐,𝐋

𝟐𝟕𝟑 𝐊 =

𝐏𝐟 · 𝐕𝐟

𝐓𝐟

dalla quale si ricava:

Pf · Vf = n · ( 𝟏 𝐚𝐭𝐦 ·𝟐𝟐,𝟒 𝐋

𝟐𝟕𝟑 𝐊 ) · Tf generalizzando, P · V = n · (

𝟏 𝐚𝐭𝐦 ·𝟐𝟐,𝟒 𝐋

𝟐𝟕𝟑 𝐊 ) · T

Page 57: Appunti Di Fisica

I valori che, nelle formule precedenti, si trovano tra parentesi sono costanti; moltiplicandoli fra loro otterremo una costante fisica, che indicheremo con il simbolo R (costante universale dei gas perfetti); il suo valore è

R = 1 atm ·22,4 L

273 K = 0,0821

L · atm

mol ·K

Ricordando che 1 atm = 1,013 ·105 N /m2 e che 1 L = 10-3 m3, il valore di R nel SI è:

R = 8,31 J

mol ·K

Il valore R non riguarda un gas particolare ma vale per qualsiasi gas che si comporti in maniera ideale; R è una delle costanti universali della natura.

Equazione generale di stato dei gas perfetti:

P · V = n · R · T

P = pressione (Pascal) V = volume (m3) N = numero di moli (mol)

R = costante universale dei gas (8,31 J

mol · K )

T = temperatura (K) Questa equazione è applicabile a qualsiasi gas con comportamento simile a quello di un gas perfetto. E’ molto utile perché permette di ricavare una qualsiasi delle tre variabili di stato, conoscendo le altre due e il numero di moli del gas. Per la soluzione dei problemi che riguardano i gas sono utili anche le formule inverse:

P = 𝐧 · 𝐑 · 𝐓

𝐕; V =

𝐧 · 𝐑 · 𝐓

𝐏; n =

𝐏 · 𝐕

𝐑 · 𝐓; T =

𝐏 · 𝐕

𝐧 · 𝐑

Esercizi 069 – 070 – Riassunto 071 – Esercizi 072 - 074

Page 58: Appunti Di Fisica

Lo studio del moto Tutti i corpi, dalle enormi galassie composte da miliardi di stelle a quelli estremamente piccoli, come gli atomi e le molecole che compongono la materia, sono in continuo movimento. Un corpo è in movimento quando la sua posizione cambia al passare del tempo. La fisica si occupa anche dello studio del moto (movimento) dei corpi, sia per conoscerne la natura, sia per studiare le cause che lo determinano.

La meccanica La parte della fisica che studia il moto dei corpi si chiama meccanica. All'interno della meccanica si individuano tre sezioni: la cinematica, la dinamica e la statica, ciascuna delle quali segue un particolare aspetto del moto.

• La cinematica è la parte della meccanica che studia il moto dei corpi, indipendentemente dalle cause che lo provocano o lo modificano, e le grandezze fisiche che servono per distinguere i diversi tipi di moto.

• La dinamica è la parte della meccanica che studia il moto dei corpi in relazione alle cause che lo

determinano.

• La statica è la parte della meccanica che studia l'equilibrio dei corpi e le condizioni per cui si verifica.

Per semplificarne lo studio, conviene considerare il corpo in movimento come un punto materiale, cioè un punto senza dimensioni spaziali, ma dotato di massa, coincidente con quella del corpo.

Le caratteristiche del moto Le grandezze fondamentali che permettono di descrivere il moto dei corpi (grandezze cinematiche) sono: la posizione, il tempo, la velocità, l'accelerazione, la traiettoria e lo spostamento.

La posizione (s) è il luogo in cui si trova il corpo in movimento;

il tempo (t) è la dimensione che permette la distinzione tra inizio e fine di un movimento specifico;

la velocità ( v ) indica la rapidità con cui un corpo si muove, cioè varia la sua posizione. Si ottiene dal

rapporto tra la distanza percorsa da un corpo e l’intervallo di tempo impiegato a percorrerla; l'accelerazione (a) indica la rapidità con cui varia (aumenta o diminuisce) la velocità del corpo;

la traiettoria o distanza è la linea, retta o curva, che unisce le varie posizioni occupate dal corpo in movimento;

lo spostamento (s) è il segmento rettilineo che unisce il punto di inizio A con quello di fine movimento B.

Page 59: Appunti Di Fisica

Il sistema di riferimento Il moto di un corpo dipende dal punto di osservazione; uno stesso corpo può essere fermo rispetto ad un osservatore e in moto per un altro. Per esempio, un passeggero seduto in un treno che viaggia ad alta velocità da Milano verso Bologna valuta ferma la sua borsa appoggiata sul sedile e in movimento a velocità ridotta verso Milano un altro passeggero che si sposta verso il vagone di coda.

Prima di studiare il moto di un corpo è necessario precisare quale è il sistema (insieme di oggetti) rispetto al quale si misurano le posizioni in cui si trova il corpo al passare del tempo. E necessario, cioè, fissare il sistema di riferimento dal quale si osserva il moto. Il sistema che rende più semplice lo studio del moto è quasi sempre la Terra: a meno che non sia specificato diversamente, la Terra sarà sempre il riferimento rispetto alla quale misureremo la posizione del corpo. Esercizio 075 Le rappresentazioni del moto La descrizione del moto di un corpo è tanto più attendibile e precisa quanto maggiori sono i dati riguardanti lo spazio ed il tempo: in ogni istante, si deve conosce la posizione occupata dal corpo. Il legame tra le posizioni occupate dal corpo e il tempo viene chiamata legge oraria del moto.

Grafico orario Un metodo semplice ed efficace per rappresentare la legge oraria consiste nel costruire un grafico cartesiano che mostri il legame tra la posizione s e il tempo t.

La tabella a lato, che viene chiamata tabella oraria, si riferisca al moto di un'automobile: nella colonna a sinistra sono elencati i valori delle posizioni dell'auto, misurate a intervalli regolari di 5 minuti( seconda colonna).

Per ottenere il grafico, è sufficiente riportare su un piano cartesiano tutte le coppie di valori corrispondenti di s e di t.. Congiungendo i punti corrispondenti si ottiene un grafico che prende il nome di grafico orario o diagramma orario.

Questo grafico è la rappresentazione del legame che

intercorre fra le due variabili del moto: non corrisponde

necessariamente alla traiettoria seguita dal corpo mentre si

muove.

Posizione Tempo

s (km) t (min)

0 0

10 5

20 10

30 15

Page 60: Appunti Di Fisica

Equazione oraria La relazione che lega spazio e tempo può talvolta venire espressa attraverso una formula semplice che

permette di calcolare la posizione s occupata dal corpo in un qualsiasi istante di tempo t e viceversa. Nel

caso dell'auto dell’esempio precedente, dato che il grafico è una retta che passa per l'origine degli assi

cartesiani, le variabili s e t sono direttamente proporzionali. Il rapporto s / t tra coppie di valori

corrispondenti vale sempre 2 (km/min). L'equazione oraria che rappresenta questo tipo di moto può essere

quindi espressa come:

𝐬

𝐭= 𝟐

𝐤𝐦

𝐦𝐢𝐧

Questa formula viene chiamata equazione oraria.

Esercizi 076 – 078 Velocità e accelerazione

La velocità (rapidità con cui un corpo cambia posizione) dipende sia dalla distanza s percorsa dal corpo,

sia dall'intervallo di tempo t impiegato a percorrerlo.

Velocità media

Per misurare la velocità di un corpo in movimento, per esempio di una automobile, bisogna cronometrare il tempo che impiega a percorrere una determinata distanza.

Se il corpo, durante l’intervallo di tempo t = t2 — t 1 subisce uno spostamento s = s2 – s1 possiamo applicare la seguente formula:

𝐯 = 𝐬

𝐭=

𝐬𝟐 − 𝐬𝟏𝐭𝟐 − 𝐭𝟏

La velocità media v di un corpo relativa all'intervallo di tempo t è il rapporto tra la distanza s

percorsa dal corpo e l'intervallo di tempo t impiegato a percorrerla,

Poiché nel SI la distanza si misura in metri e la durata in secondi, la velocità sarà espressa in metri al secondo (m/s). Nella pratica sono spesso usati i chilometri orari km/h).

Esercizio 079

Page 61: Appunti Di Fisica

La velocità istantanea Se un treno ha impiegato 2 ore per andare da Bologna

a Milano, sapendo che le due città sono distanti 200

km, è facile dire che ha viaggiato ad una velocità

media di 100 km/h. Questo non vuol dire che la velocita

del treno lungo tutto il percorso sia rimasta sempre la

stessa: alcuni tratti saranno stati coperti a velocità

maggiore e altri a velocità minore. I moti reali sono moti

vari, caratterizzati dal fatto che la velocità cambia

continuamente assumendo valori diversi nei diversi

istanti di tempo (intervalli di tempo brevissimo).

Per descrivere con precisione un moto vario è necessario conoscere il valore della velocità istante per

istante. Se vogliamo calcolare la velocità istantanea dobbiamo scegliere un intervallo di tempo talmente

piccolo da poter considerare costante la velocità. E’ evidente che, tanto più piccolo è l’intervallo di tempo

t considerato, tanto più precisa è la misura della velocità.

La velocità istantanea (costante) è la velocità di un corpo misurata in corrispondenza di un determinato

istante di tempo.

L’accelerazione Se la velocità di un corpo aumenta o diminuisce si dice che il corpo accelera o decelera, rispettivamente. L’accelerazione (positiva o negativa) esprime la variazione di velocità nel tempo.

Se indichiamo con vi la velocità iniziale e con vf la velocità finale, cioè la velocità dopo che è trascorso

l’intervallo di tempo t (tf – ti) per calcolare l’accelerazione possiamo usare la seguente formula:

𝐚 = 𝐯

𝐭=

𝐯𝐟 − 𝐯𝐢𝐭𝐟 − 𝐭𝐢

L’accelerazione di un corpo è il rapporto tra la variazione di velocità v del corpo e il tempo t in cui

essa si verifica.

Se la velocità aumenta (vf maggiore di vi), l’accelerazione è positiva; se la velocità diminuisce (vf minore di vi) l’accelerazione è negativa, cioè si tratta di una decelerazione. Nel SI l’accelerazione si esprime in metri al secondo quadrato (m/s2). Così come per la velocità, anche per l’accelerazione è opportuno introdurre il concetto di accelerazione istantanea, che rappresenta il valore che l’accelerazione assume in un dato istante di tempo. L’ accelerazione istantanea (costante) è l’accelerazione di un corpo misurata in corrispondenza di un determinato istante di tempo.

Page 62: Appunti Di Fisica

Esercizio 080 Il moto rettilineo uniforme Come si può definire il movimento di un’auto che corra in un tratto rettilineo di autostrada mantenendo rigorosamente sempre la stessa velocità? Si tratta di moto rettilineo uniforme! Un corpo si muove con moto rettilineo uniforme quando si sposta lungo una retta con velocità costante.

Nel moto rettilineo uniforme quindi la velocità istantanea non cambia col passare del tempo ed è uguale alla velocità media. Nel grafico a fianco, se si sceglie un intervallo di tempo da due secondi, in qualsiasi punto dell’asse orizzontale, lo spostamenti Δs risulta sempre 20 metri. Le formule da applicare per questo tipo di moto sono:

𝐯 = 𝐬

𝐭 𝐬 = 𝐯 𝐭

Equazione oraria Per ricavare una formula semplice, applicabile al moto rettilineo uniforme conviene agire come segue:

indicare con t0 = 0 l’istante di tempo iniziale;

indicare con s0 la posizione iniziale occupata dal corpo;

indicare con t l’istante di tempo finale,

indicare con s la posizione finale occupata dal corpo; La formula per il calcolo della velocità nel moto rettilineo uniforme diventa:

𝐯 = 𝐬

𝐭=

𝐬 − 𝐬𝟎𝐭 − 𝐭𝟎

=𝐬 − 𝐬𝟎

𝐭

Ricavando la formula inversa rispetto a s, otteniamo:

s = (v t) + s0

La formula qui sopra è detta equazione oraria per il moto rettilineo uniforme.

Page 63: Appunti Di Fisica

Grafico orario

Per mostrare graficamente il comportamento dei corpi in movimento bisogna prima compilare una tabella con tutte le coppie di valori corrispondenti, detta tabella oraria. La tabella oraria serve a ricavare i grafico orario: riportando sul piano cartesiano i dati della tabella otteniamo il Grafico A. La relazione spazio-tempo è rappresentata da una retta che interseca l’asse delle posizioni in corrispondenza della posizione iniziale s0 = 2 m.

Se indichiamo genericamente con s0 la posizione iniziale del corpo e con v la sua velocità costante, il grafico orario è una retta che interseca l’asse verticale nel punto s0 e la cui pendenza dipende dal valore della velocità v (Grafico B): la retta sarà tanto più inclinata rispetto all’asse dei tempi quanto maggiore è la velocità v. In particolare, se il corpo è fermo, cioè v = 0, il grafico diventa una retta orizzontale.

Il moto uniformemente accelerato Esercizio 081 Nel caso particolare in cui il movimento del corpo cambi velocità, mantenendo sempre la stessa accelerazione, si parla di moto uniformemente accelerato. Poiché l’accelerazione si ottiene dividendo

la variazione di velocità v fratto l’intervallo di tempo t, possiamo affermare che:

In un moto uniformemente accelerato la variazione di velocità che subisce il corpo è direttamente proporzionale all'intervallo di tempo in cui essa si verifica.

Per questo tipo di moto è possibile ricavare facilmente sia la formula che lega la velocità al tempo, sia l’equazione oraria (spazio-tempo).

Per ricavare una formula semplice, applicabile al moto uniformemente accelerato conviene agire come segue:

indicare con t0 = 0 l’istante di tempo iniziale;

indicare con v0 la velocità iniziale occupata dal corpo;

indicare con t l’istante di tempo finale;

indicare con v la velocità finale.

La formula per il calcolo della accelerazione nel moto uniformemente accelerato diventa:

𝐚 = 𝐯

𝐭=

𝐯 − 𝐯𝟎𝐭 − 𝐭𝟎

=𝐯 − 𝐯𝟎

𝐭

Ricavando la formula inversa rispetto a v, otteniamo: v = (a t) + v0

A) Grafico orario di un corpo che si muove coni moto rettilineo uniforme con posizione iniziale s0 = 2 m.

B) Grafico orario di un corpo che si muove con moto rettilineo uniforme con posizione iniziale s0. Maggiore è la velocità, più grande è l'ampiezza dell'angolo α.

Posizione Tempo s (m) t (s)

2 0

6 1

9 2

13 3

Page 64: Appunti Di Fisica

Il grafico velocità-tempo derivante da questa equazione

(Figura a sinistra) è una retta che incontra l’asse verticale in

corrispondenza del valore v0 (velocità iniziale). La pendenza

della retta dipende dal valore dell’accelerazione a. Se a = 0,

il grafico è una retta orizzontale e il corpo si muove con moto

uniforme a velocità costante.

Esercizio 082

Legge oraria del moto uniformemente accelerato

Per avere una idea quantitativa dello spostamento che subisce un corpo, indipendentemente dal tipo di moto,

basta valutare, nel diagramma velocità-tempo, l'area sottostante la linea del grafico.

Nell’esempio a sinistra, che riguarda un moto uniformemente accelerato, lo spostamento del corpo dopo un tempo t è pari all’area A della superficie del trapezio rettangolo evidenziato in giallo.

Area =(b+B) h

2=

(v0+v) t

2=

v0 t+vt

2=

1

2 v0t +

1

2 vt = v0t −

1

2 v0t +

1

2 vt = v0t +

1

2 vt −

1

2 v0t =

= v0t + 1

2t (v − v0) = v0t +

1

2t (v − v0)

𝑡

t = v0t +

1

2t2 (

v−v0t

)

Inoltre, poiché Area = s = s – s0 e 𝐯−𝐯𝟎

𝐭 = 𝐚 (accelerazione) potremo scrivere la legge

oraria del moto uniformemente accelerato:

𝐬 − 𝐬𝟎 = 𝐯𝟎𝐭 +𝟏

𝟐𝐚𝐭𝟐

Nel caso particolare in cui la velocità iniziale nulla, cioè v0 = 0 e s0 = 0 , l’equazione oraria si riduce alla semplice formula:

𝐬 =𝟏

𝟐𝐚𝐭𝟐

In questo caso lo spostamento s del corpo risulta direttamente proporzionale al quadrato del tempo t.

Esercizio 083

Essendo la base minore b del trapezio uguale a v0, la base maggiore B uguale a v e la sua altezza h pari a

t, risulta:

Page 65: Appunti Di Fisica

Come mostrato in Figura a sinistra, il grafico orario di un moto uniformemente accelerato è un ramo di parabola, che incrocia l’asse verticale nel punto s0 che corrisponde alla posizione iniziale del corpo.

Se il moto di un corpo è uniformemente decelerato (cioè la sua velocità diminuisce), la variazione di

velocità che esso subisce e, di conseguenza, la sua accelerazione risulteranno negativi.

L’accelerazione del corpo si indica con a; i grafici sono quelli riportati nelle Figure sotto.

Grafico velocità-tempo e grafico orario di un

corpo che si muove di moto uniformemente

decelerato

Esercizio 084

Il moto di caduta dei gravi e l'accelerazione di gravità

Un corpo qualsiasi in caduta libera varia la sua velocità da zero fino al

valore v che assume quando raggiunge il suolo: il moto del corpo

(trascurando l’attrito) risulta uniformemente accelerato. Il Grafico a sinistra mostra le distanze progressive e parziali percorse da un corpo che cade in assenza di attriti: con i dati disponibili sarebbe possibile calcolare le varie velocità e ricavare il valore dell’accelerazione Quando la resistenza dell’aria è trascurabile, tutti i corpi cadono con la stessa accelerazione g, detta accelerazione di gravità. Galilei riuscì a trovare un valore soltanto approssimato della g: circa10 m/s2. Dopo 1 secondo di caduta la velocità passa da zero a 10 m/s, dopo 2 secondi raggiunge il valore di 20 m/s, dopo 3 secondi 30 m/s e così via, finché il corpo non arriva al suolo. Studi più accurati, eseguiti con strumenti molto precisi, hanno permesso di determinare per l’accelerazione di gravità g il valore di 9,81 m/s2. Il valore 9,81 m/s2 è anche il fattore di conversione da massa (kg) a peso (N). L’attrito dell’aria frena il moto di un corpo in caduta perciò la misura dell’accelerazione di gravità deve essere effettuata all’interno di un tubo a vuoto. In queste condizioni tutti i corpi cadono allo stesso modo, con la stessa accelerazione.

Esercizi 085 – 086 – Riassunto 087 – Esercizio 088

Page 66: Appunti Di Fisica

Le forze e il moto Le leggi della dinamica Dopo aver studiato il moto dei corpi e le grandezze fisiche che consentono di descriverlo, valuteremo ora la dinamica del moto cioè il modo in cui le forze influenzano il movimento. La dinamica si fonda su tre leggi:

prima legge della dinamica (principio di inerzia);

seconda legge della dinamica;

terza legge della dinamica (principio di azione e reazione).

La prima legge della dinamica La prima legge della dinamica (o principio d'inerzia) afferma che un corpo tende a mantenere il proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme fino a quando non intervengono cause esterne a sollecitarlo. L’osservazione di semplici fenomeni quotidiani ci induce tuttavia a pensare che questa legge non sia attendibile: osserviamo per esempio che, per mantenere un corpo in movimento, è necessario applicare una forza continua: se smettiamo di spingere il carrello della spesa si ferma, una bicicletta continua a correre finché il ciclista pedala, il pallone calciato da un giocatore dopo un certo tempo si ferma. In tutte le circostanze sopra elencate e per qualsiasi corpo in movimento, non dobbiamo dimenticare la presenza delle forze d’attrito. Sono queste forze, infatti, che, opponendosi al moto dei corpi, li rallentano fino a fermarli.

Il moto in assenza d'attrito

Se colpiamo con una mazza un disco di metallo fermo, appoggiato su un pavimento di cemento, questo si mette in movimento e si sposta ad una distanza proporzionata alla forza del colpo. Se rivestiamo il pavimento con uno strato di ghiaccio e ripetiamo l’esperienza precedente, ci accorgiamo che, con la stessa spinta il disco percorre una distanza di gran lunga maggiore prima di fermarsi. L’attrito del disco con il ghiaccio è molto minore. Nel gioco del curling (Figura a sinistra), una piccola spinta del giocatore e sufficiente a lanciare il pesante disco che scivola sul ghiaccio. Se fossimo in grado eliminare del tutto l’attrito, il corpo continuerebbe a muoversi senza subire alcun rallentamento.

Uno strumento molto utile per lo studio del moto in assenza di attrito è la guidovia a cuscino d’aria già vista, che fa muovere un carrello mantenendolo sospeso su un cuscino d’aria, quindi praticamente senza attrito.

La posizione del carrello sulla cursore (Figura) viene misurata a intervalli di tempo regolari mediante un sensore a ultrasuoni o mediante fotocellule. Registrando come varia la posizione del carrello nel tempo, è possibile ricavare la velocità e l’accelerazione.

Dagli esperimenti condotti con la guidovia si può concludere che, in assenza di attrito,non è necessaria l’applicazione di alcuna forza per fare in modo che un corpo, posto inizialmente in moto, continui a muoversi con velocità costante.(principio di inerzia o prima legge della dinamica)

Page 67: Appunti Di Fisica

La seconda legge della dinamica

Per spostare un corpo, inizialmente fermo, bisogna applicare su di esso una forza grande abbastanza da vincere l’attrito esistente tra il corpo e il piano d’appoggio. La forza applicata provoca una variazione di velocità. Se il corpo è già in movimento, quale effetto ha su di esso l’applicazione di una forza? Il gioco del biliardo aiuta a capire quello che succede:

L'effetto dinamico delle forze Sia che un corpo sia fermo o in movimento, una forza che agisce su di esso produce sempre variazioni di velocità (accelerazione, rallentamento). La forza è la causa dell'accelerazione dei corpi. Se la forza applicata a un corpo è grande, è grande anche la sua accelerazione e viceversa:

L’accelerazione è direttamente proporzionale all’intensità della forza applicata al corpo.

Se applichiamo forze uguali a corpi che hanno massa diversa, quanto maggiore sarà la massa del corpo, tanto minore sarà la sua accelerazione:

L’accelerazione è inversamente proporzionale alla massa dei corpi.

A) Il giocatore colpisce la

biglia con la stecca. La biglia bianca, inizialmente ferma, si mette in moto.

B) La biglia bianca colpisce quella gialla fermandosi o cambiando direzione e velocità.

C) La biglia gialla, messa

in movimento da quella

bianca, passa tra le altre,

colpisce la sponda

rimbalza cambiando

velocità e direzione.

Page 68: Appunti Di Fisica

Dalle osservazioni precedenti si ricava la seconda legge della dinamica: La forza F applicata a un corpo produce un'accelerazione a direttamente proporzionale alla forza e inversamente proporzionale alla massa m del corpo. La seconda legge della dinamica è espressa con la formula:

F = m a F = forza (Newton) m = massa (kg) a = accelerazione (m/s2) Formule inverse:

𝐚 = 𝐅

𝐦 ; 𝐦 =

𝐅

𝐚

L’inerzia di un corpo, è la resistenza che il corpo oppone alle forze che tendono a variare la sua velocità. La massa è una misura dell’inerzia, per questo viene anche detta massa inerziale.

Esercizi 089 – 090

Forza peso

La forza peso (o semplicemente peso) è la forza con cui la Terra attrae tutti i corpi.

Il peso di un corpo, oltre che con il dinamometro, può essere misurato applicando la seconda legge della dinamica. Se si elimina l’attrito dell’aria, qualsiasi corpo lasciato libero ad una certa altezza da terra, cade verso il basso con un’accelerazione g , detta accelerazione di gravità, uguale per tutti, che vale circa 9,8 m/s2. Se moltiplichiamo la massa m del corpo per l’accelerazione di gravità g , otteniamo la forza F , con cui la Terra lo attrae. cioè il suo peso:

F = m a (la forza F è il peso del corpo) Il peso e la massa, anche se esprimono proprietà diverse della materia, sono tra loro direttamente proporzionali. Il peso è una forza, quindi si misura in Newton; la massa, invece, rappresenta l’inerzia che il corpo oppone al moto e si misura in chilogrammi.

Page 69: Appunti Di Fisica

Forza d'attrito

Una forza di cui talvolta non ci rendiamo conto è la forza d’attrito: questa forza agisce sulle superfici di due corpi posti a contatto e si oppone al loro movimento. Per studiare l’attrito consideriamo il ciclista della figura sotto: La sua corsa è ostacolata da diversi tipi di attrito per vincere i quali e proseguire deve fornire una forza spingendo sui pedali.

a) Forze attrito (aria, perni, terreno) b) Forza peso c) Forza di spinta del ciclista d) Forza di sostegno del terreno

Si definisce forza d'attrito Fa, la minima forza che bisogna applicare ad un corpo fermo per metterlo in moto, oppure ad un corpo già in movimento per mantenere costante la sua velocità.

La forza d’attrito dipende dalla natura delle superfici di contatto ed è direttamente proporzionale al peso F p del corpo secondo la formula:

Fa = µ Fp

dove µ (si legge “mu”), è il coefficiente d’attrito, proporzionale la ruvidità delle superfici poste a contatto.

Esercizi 091 – 092 Il principio di azione e reazione La forza è conseguenza di un’azione reciproca tra due o più corpi: se su un corpo agisce una forza, allora esiste un secondo corpo che tale forza ha prodotto, il quale, a sua volta, risente di una forza prodotta dal primo corpo.

per sollevarsi da terra, bisogna esercitare uno sforzo muscolare che viene trasmesso al pavimento; maggiore è lo sforzo muscolare, maggiore la spinta esercitata in risposta dal pavimento, più in alto si salta.

al momento dello sparo (azione) un fucile esercita sulla spalla del tiratore una spinta (reazione), comunemente chiamata rinculo.

Page 70: Appunti Di Fisica

nei motori a reazione, all’azione dei gas espulsi si contrappone la “reazione” che spinge il velivolo verso l’alto (Figura a sinistra).

Se un corpo A esercita su B una forza FA, allora il corpo B eserciterà su A una forza FB; le due forze hanno la stessa intensità e la stessa direzione ma verso opposto. La frase evidenziata esprime la terza legge della dinamica o principio di azione e reazione,

La validità del principio di azione e reazione non sempre risulta evidente, specialmente quando la massa di

uno dei due corpi è molto più grande della massa dell’altro.

Tra la terra e la luna si manifestano reciproche forze di attrazione. Siccome le

due masse sono molto diverse gli effetti sono diversi. L’attrazione terrestre

impedisce alla luna di allontanarsi, nonostante la rotazione; l’attrazione lunare

genera il fenomeno delle maree.

Se lanciamo una palla contro una parete, essa rimbalza a causa della reazione esercitata dalla parete sulla palla. L’azione esercitata dalla palla sulla parete, invece, non produce effetti osservabili a causa della massa molto grande della parete.

Esercizi 093 – 094 – Riassunto 095 - Esercizi 096 – 097

L'energia e le sue forme Tutti i corpi possiedono energia e in tutti i processi produttivi e gestionali (trasporti, riscaldamento, illuminazione, processi industriali…) si verificano trasferimenti o trasformazioni di energia. L'energia è la grandezza fisica che misura la capacità di un corpo o di un sistema di compiere lavoro. L’energia si presenta in varie forme: l’energia cinetica, l’energia termica, l’energia chimica, l’energia solare, l’energia nucleare. Tutte queste forme in cui può manifestarsi l’energia sono tuttavia riconducibili a due soli tipi fondamentali: l’energia meccanica e l’energia termica.

Energia meccanica

L’energia meccanica di un corpo è la somma di due tipi di energia:

l’energia potenziale, che dipende dalla posizione del corpo; l’energia cinetica o energia di movimento, che dipende dalla velocità del corpo.

Page 71: Appunti Di Fisica

L’energia potenziale non si manifesta direttamente, rimane nascosta fin quando non si trasforma in altre forme di energia. L’acqua di una diga localizzata in alta montagna possiede una notevole quantità di energia potenziale; quando viene fatta scendere in maniera controllata, può alimentare una centrale idroelettrica dove l’energia potenziale si trasforma in energia cinetica delle pale della turbina, quindi in energia elettrica.

L'energia cinetica è l'energia che possiede un corpo, per il movimento che ha: è definita anche il lavoro necessario per portare un corpo da una velocità nulla a una velocità v. Quando un corpo varia la sua velocità, varia anche la sua energia cinetica. L'energia cinetica è associata alla velocità e alla massa del corpo che si muove.

Esercizio 098

Energia Termica

L’energia termica di un corpo dipende dalla sua temperatura e, quando si trasferisce da un corpo a un altro, si manifesta sotto forma di calore. L'energia termica è il calore che viene generato dal moto degli atomi e delle molecole all'interno di un corpo. Quando un corpo viene scaldato aumentano il movimento, le vibrazioni e le collisioni degli atomi. L'energia termica è posseduta da qualsiasi corpo. L'energia termica può essere utilizzata direttamente oppure trasformata in altre forme di energia.

Trasformazioni e conservazione dell'energia

La caratteristica principale dell'energia è quella di passare da una forma all'altra. Questa possibilità di trasformazione è alla base delle attività produttive perché permette di avere a disposizione la forma di energia più adatta al lavoro da svolgere.

L’energia, quindi, si trasforma continuamente; questi sono solo alcuni dei moltissimi casi di trasformazioni

energetiche:

In una centrale termoelettrica, l'energia termica sviluppata bruciando combustibile consente di produrre vapore ad alta pressione che, attraverso una turbina e un alternatore, produce energia elettrica.

L'energia elettrica può essere ritrasformata in energia meccanica nei motori elettrici, in energia termica nelle stufe elettriche, in energia luminosa nelle lampadine.

Nella lavatrice l’energia elettrica si trasforma in energia cinetica del cestello e in energia termica dell’acqua che si riscalda.

In un impianto eolico le pale di una turbina sono messe in rotazione dall’energia cinetica del vento e il loro movimento viene poi trasformato in elettricità.

Una cella fotovoltaica utilizza l’energia solare che, venendo assorbita da particolari sostanze, come il silicio, si converte in corrente elettrica.

Page 72: Appunti Di Fisica

Esempi di trasformazione di una forma di energia in un'altra

CONVERTITORI ENERGIA IN

ENTRATA ENERGIA IN USCITA

motore elettrico energia elettrica energia meccanica

pila energia chimica energia elettrica

motore a vapore energia chimica energia meccanica

resistenza elettrica energia elettrica energia termica

motore a

combustione interna energia chimica energia meccanica

dinamo energia meccanica energia elettrica

accumulatore energia elettrica energia chimica

bruciatore energia chimica energia termica

L’energia può trasformarsi e può trasferirsi da un corpo a un altro, ma il suo ammontare totale non cambia. L’energia non può essere creata né consumata: in ogni processo di trasformazione la quantità di energia presente all’inizio del processo si ritrova inalterata anche alla fine. Possiamo dunque affermare che l’energia si conserva.

Lavoro della forza Per capire meglio cos’è l’energia è necessario conoscere una nuova grandezza fisica chiamata lavoro della forza. Questa nuova grandezza è strettamente legata all’energia: infatti misura la quantità di energia che si trasferisce da un corpo a un altro o si trasforma da un tipo ad un altro. Il lavoro è legato sia alla forza applicata, sia allo spostamento che tale forza produce.

Nel caso più semplice, un corpo, soggetto a una forza costante F, si sposta di un tratto s lungo la direzione di applicazione della forza.

In questo caso il lavoro L della forza è dato dal prodotto della forza F per lo

spostamento s del corpo:

L = F s

Nel grafico cartesiano a destra, il lavoro corrisponde all’area gialla.

Se però il corpo subisce uno spostamento che ha una direzione diversa da quella della forza (Figura sotto), allora per calcolare il lavoro bisogna considerare la componente Fs che è la proiezione della forza applicata F sulla direzione dello spostamento; soltanto questa parte della forza contribuisce al moto del corpo.

In questo caso il lavoro si calcola con la formula:

L = Fs s

Page 73: Appunti Di Fisica

Possiamo quindi dare la seguente definizione:

Il lavoro compiuto da una forza F su di un corpo è il prodotto dello spostamento s del corpo per la componente Fs della forza lungo la direzione dello spostamento. Nel caso in cui la forza e lo spostamento abbiano la stessa direzione sarà F = Fs L’unità di misura del lavoro è la stessa dell’energia: il joule (J). Il lavoro compiuto da una forza di 1 N che sposta un corpo di 1 m lungo la sua direzione di applicazione equivale a 1 Joule. Il lavoro è:

positivo quando la forza F o la sua componente Fs hanno lo stesso verso dello spostamento s (Figura a);

negativo quando F ha verso opposto a quello dello spostamento (es: forza d’attrito) (Figura b);

nullo quando la forza F è perpendicolare allo spostamento. In questo caso F = 0 (Figura c).

Esercizio 099

Il significato che comunemente diamo al termine “lavoro” non sempre coincide con la definizione scientifica. Se pensiamo, ad esempio, ad una persona che porta una pesante valigia, siamo convinti che stia facendo un notevole lavoro. Tuttavia, se si muove orizzontalmente, tenendola sollevata per il manico, non compie alcun lavoro perché la forza esercitata dalla sua mano è perpendicolare alla direzione di moto della valigia e, pertanto, la sua componente lungo la direzione di moto è nulla (Figura c precedente).

Energia cinetica Consideriamo un corpo di massa m che si muove con una velocità v. Sappiamo già che, in virtù dello stato di moto in cui si trova, esso possiede una quantità di energia, che abbiamo chiamato appunto energia cinetica Ec. Questa energia dipende dalla massa e dalla velocità del corpo secondo la relazione:

𝐄𝐜 = 𝟏

𝟐 𝒎 𝒗𝟐

L’unità di misura dell’energia cinetica è il kg m2 / s2. Questa unità di misura coincide con l’unità di misura

del lavoro, poiché vale l’equivalenza:

1kg m2 / s2 = 1 N m = 1 J Notiamo, dunque, che al pari del lavoro anche l’energia cinetica si misura in Joule.

Page 74: Appunti Di Fisica

Teorema dell'energia cinetica Se si applica ad un corpo una forza per un certo tempo, effettuando un lavoro, l'energia cinetica finale del corpo risulta uguale alla somma dell'energia cinetica iniziale e del lavoro effettuato.

Consideriamo un corpo fermo, di massa m; la sua energia cinetica, essendo v = 0 è nulla.

Applichiamo ora al corpo una forza costante F che produca uno spostamento s (Fig. sotto). Siano v0 = 0 la

velocità iniziale e v la velocità dopo che il corpo ha percorso il tratto s.

Applicando la seconda legge della dinamica, si può dimostrare che il lavoro della forza e l’energia cinetica del corpo sono uguali.

𝐋 = 𝟏

𝟐 𝒎 𝒗𝟐 –

𝟏

𝟐 𝒎 𝒗𝟎𝟐 ► siccome v0 = 0 ► 𝐋 =

𝟏

𝟐 𝒎 𝒗𝟐

La variazione di velocità del corpo e la conseguente variazione di energia cinetica dipendono sia dalla forza applicata sia dallo spostamento, quindi dal lavoro svolto per spostare il corpo stesso. L'energia cinetica di un corpo di massa m è il lavoro necessario per portarlo da una velocità iniziale nulla ad una velocità finale v. Questa definizione viene detta teorema dell'energia cinetica.

Indicando con E la variazione di energia cinetica, il teorema dell’energia cinetica può essere espresso mediante la semplice formula:

L = Ec

Nel caso in cui il lavoro è negativo, anche la variazione di energia cinetica risulta negativa. In questo caso l’energia cinetica del corpo diminuisce anziché aumentare

Esercizio 100

La potenza

La potenza è la grandezza fisica che esprime quanto rapidamente viene fornita energia cinetica ad un corpo;

dipende dall’intervallo di tempo t durante il quale viene compiuto lavoro su di esso. La potenza di una forza si calcola facendo il rapporto tra il lavoro L compiuto dalla forza e l'intervallo di

tempo t impiegato per compierlo:

𝐏 = 𝐋

𝐭

Nel SI l’unità di misura della potenza è il J / s ed è chiamata Watt (W).

Page 75: Appunti Di Fisica

Dato che, per il teorema dell’energia cinetica, si ha L = E, si può anche scrivere:

𝐏 = 𝐄𝐜𝐭

Esercizio 101

Energia potenziale ed energia meccanica

Forze conservative Una forza conservativa è una forza che conserva l'energia meccanica. La forza di gravità, la forza elettrica o la forza elastica esercitata da una molla, sono forze conservative. A tutti i corpi soggetti all’azione di una forza conservativa è possibile associare un’energia potenziale. La formula per il calcolo dell’energia potenziale dipende dal tipo di forza cui è soggetto il corpo. Energia potenziale gravitazionale La forza di gravità è una forza conservativa che interessa tutti i corpi: ogni corpo tende spontaneamente a cadere sotto l’azione della forza di gravità, o forza peso. Se vogliamo sollevare un corpo di massa m per portarlo ad una altezza h rispetto al punto in cui si trova, dobbiamo compiere un lavoro contro la forza peso, che possiamo calcolare con la formula:

Lavoro = forza peso • spostamento = m • g • h Il lavoro svolto viene immagazzinato nel corpo sotto forma di energia potenziale E p .

Ep = m • g • h

Questo tipo di energia è denominata energia potenziale gravitazionale, perché si tratta di un lavoro ottenuto contro la forza di gravità. Se viene lasciato libero di cadere il corpo restituisce tutta l’energia

potenziale sotto forma di energia cinetica Esercizio 102

Page 76: Appunti Di Fisica

Conservazione dell'energia meccanica L’energia meccanica Em di un corpo è la somma dell’energia cinetica Ec e dell’energia potenziale Ep :

Em = Ec + Ep

Se un corpo è sottoposto all’azione di forze conservative, come la forza di gravità, la sua energia meccanica si mantiene costante, cioè si conserva. Per comprendere il principio della conservazione dell’energia meccanica, consideriamo un corpo di massa m lasciato cadere da una certa altezza h.

Nell’istante prima della caduta il corpo è fermo, ed ha energia potenziale massima (m • g • h ) .

Durante la caduta, parte dell’energia potenziale si trasforma in

energia cinetica (𝟏

𝟐 𝒎 𝒗𝟐)

Nell'istante in cui il corpo raggiunge il suolo, l'energia cinetica è massima, e quella potenziale è nulla.

Se non intervengono forze esterne (attrito), durante la caduta la perdita in energia potenziale gravitazionale, dovuta alla riduzione dell’altezza, corrisponde istante per istante all’energia cinetica acquistata dal corpo. L'energia totale rimane la stessa, "non si crea e non si distrugge, ma si trasforma".

Ec = -E p 𝟏

𝟐 𝒎 𝒗𝟐 = m • g • h

La variazione di energia potenziale di un corpo soggetto alla forza di gravità viene compensata esattamente da una opposta variazione dell'energia cinetica; in questo modo l'energia meccanica del corpo si mantiene costante . In un sistema isolato (cioè che non può scambiare né materia né energia con l’ambiente) soggetto a forze conservative, l’energia meccanica totale si conserva: Em = Ec + Ep = costante Nel caso in cui il corpo venga lanciato verso l’alto con una velocità iniziale v, allora si verifica la trasformazione opposta di energia cinetica, che va diminuendo, in energia potenziale, che va aumentando.

Esercizi 103 – 104 Dissipazione dell'energia Quando su un corpo agiscono forze non conservative (per esempio l’attrito che dipende dal percorso, non dallo spostamento) l’energia meccanica tende a dissiparsi, trasformandosi in energia termica.

Per esempio, se procediamo ad alta velocità in auto e vediamo un ostacolo, premiamo sul pedale del freno: la forza d’attrito, opponendosi al moto dell’auto ne dissipa l’energia cinetica, compiendo lavoro negativo. La perdita di energia cinetica, quindi meccanica del corpo è compensata da un uguale aumento di energia termica: infatti la superficie dell’asfalto e le gomme subiscono un riscaldamento.

Se un corpo è soggetto a forze non conservative, la sua energia meccanica viene dissipata trasformandosi in altre forme di energia. La dissipazione è quindi una trasformazione da una di energia ad un’altra e resta valido il principio di conservazione dell’energia: In un sistema isolato, una diminuzione di energia meccanica è sempre compensata da un uguale aumento di energia termica; un aumento di energia meccanica è sempre compensato da una uguale diminuzione di energia termica: l'energia totale (meccanica + termica) del sistema si mantiene costante.

Page 77: Appunti Di Fisica

Se indichiamo con Em la variazione di energia meccanica di un sistema chiuso e con Et la variazione di energia termica, valgono:

Em = -Et Em + Et = costante

Equivalenza lavoro – calore

Sappiamo che il calore è legato agli scambi di energia termica tra i corpi: se due corpi hanno temperatura diversa, tra essi si verifica un passaggio di calore dal più caldo, che si raffredda, al più freddo, che si riscalda. Il corpo più caldo cede energia termica a quello più freddo: il calore coincide con la quantità di energia termica che passa dall’uno all’altro. Il calore e il lavoro sono grandezze equivalenti, perché rappresentano entrambi un flusso di energia (trasferita o trasformata). Tuttavia non è sempre si comprende questa equivalenza. Per rendersi conto di ciò, torna molto utile studiare il funzionamento del “mulinello di Joule” rappresentato in Figura.

Si tratta sostanzialmente di un particolare tipo di calorimetro isolato termicamente, contenente acqua; le palette ruotano rimescolando l’acqua perché sono soggette ad una forza dovuta alla caduta di due pesi, liberi di muoversi sotto l'effetto della gravità. Si instaura un regime di attrito tra le palette del mulinello e l’acqua, che provoca un aumento della temperatura dell'acqua e la caduta rallentata dei pesi. Quando i pesi hanno raggiunto il suolo, si misura l'innalzamento di temperatura: l’energia meccanica è stata trasformata in energia termica a causa dell’attrito tra l’acqua e le pale. Dall’aumento della temperatura dell’acqua Joule poté risalire alla quantità di lavoro necessaria per provocare un corrispondente aumento di energia termica.

Per ottenere 1 caloria di energia termica (calore) occorrono sempre 4,184J di lavoro.

Esercizio 105

Il primo principio della termodinamica

Il principio di conservazione dell’energia può essere espresso in una forma diversa, spiegando il ruolo svolto dal calore e dal lavoro.

Se si indica con Q il calore che il sistema scambia con l'ambiente circostante (che è positivo se viene assorbito dal sistema, negativo se invece è il sistema a cedere calore all'ambiente circostante) e si indica con L il lavoro (anche in questo caso il lavoro sarà positivo se si tratta di lavoro compiuto dall'ambiente sul sistema, negativo se è il sistema che compie lavoro), allora il bilancio energetico del sistema termodinamico, che rappresenta il primo principio della termodinamica, si scrive:

E = Q + L

La variazione di energia interna E di un sistema termodinamico è uguale alla somma (algebrica) del calore e del lavoro entranti nel sistema. Il principio di conservazione dell'energia non distingue tra una forma di energia e un'altra (si può dire che esso coglie l'aspetto quantitativo dell'energia senza coglierne l'aspetto qualitativo).

Esercizio 106 – Riassunto 107 – Esercizi 108 - 114

Page 78: Appunti Di Fisica

Le cariche e le correnti elettriche

I fenomeni di elettrizzazione e le cariche elettriche Nel VI secolo a.C. il filosofo greco Talete aveva notato che un pezzetto di ambra (in greco élektron, da cui deriva il termine elettricità) strofinato con un panno di lana acquista la capacità di attirare corpi leggeri (per esempio piccole foglie o piume). L'esperimento è facilmente ripetibile: è sufficiente strofinare con un pezzo di lana una biro e avvicinarla a dei pezzetti di carta e la biro li attirerà a sé. Quando un corpo ha acquistato tale capacità si dice che è elettrizzato, o carico di elettricità statica; i fenomeni legati alla condizione di elettrizzazione sono detti fenomeni elettrici. Un corpo può venire elettrizzato in tre modi diversi: per strofinio, per contatto o per induzione. Elettrizzazione per strofinio

Strofinando una bacchetta di vetro (materiale isolante) con un panno di seta, il vetro si elettrizza positivamente perché alcuni elettroni vengono strappati al vetro dalla seta. Viceversa strofinando una bacchetta di plastica con un panno di lana (Figura sotto), la plastica si carica negativamente perché è la plastica che strappa alcuni elettroni al panno.

Elettrizzazione per contatto

Nei conduttori alcuni elettroni superficiali (detti elettroni di conduzione) hanno libertà di movimento e possono spostarsi da un atomo all’altro. Se mettiamo a contatto il conduttore con un corpo carico positivamente questi elettroni sono attirati dal corpo. Il conduttore perde elettroni e si carica positivamente.

Elettrizzazione per induzione

Se avviciniamo senza contatto un corpo carico positivamente ad un conduttore, gli elettroni vengono richiamati verso la parte del conduttore più vicina al corpo. Se avviciniamo invece un corpo carico negativamente, gli elettroni vengono spinti verso la parte più lontana Se il corpo carico viene allontanato il conduttore ritorna neutro.

Page 79: Appunti Di Fisica

Come mostrato in Figura sotto, proviamo a strofinare una sbarretta di ambra e una di vetro ciascuna con un diverso panno di lana e a sospendere una delle due a un supporto, tramite un filo sottile; osserviamo il comportamento in situazioni diverse.

Se avviciniamo due materiali diversi le sbarrette si attirano, se ripetiamo lo stesso esperimento utilizzando due sbarrette dello stesso materiale, prima entrambe di ambra e poi entrambe di vetro, le sbarrette si respingono. Nello strofinio l’ambra e il vetro hanno acquisito diversi tipi di carica elettrica: per convenzione (scelta) la carica acquistata dal vetro è positiva, quella acquistata dall’ambra è negativa. Possiamo così riassumere i risultati dell’esperienza precedente:

i fenomeni di elettrizzazione sono dovuti ad una proprietà della materia chiamata carica elettrica;

cariche elettriche dello stesso segno si respingono, cariche di segno opposto si attraggono;

all’interno di un corpo si trovano sia cariche negative sia cariche positive;

quando il corpo non è elettrizzato, le quantità di cariche di segno opposto sono uguali (si dice che è elettricamente neutro);

quando un corpo viene elettrizzato le quantità di cariche positive e negative non sono più uguali: le cariche elettriche in eccesso determinano la carica positiva o negativa del corpo.

Protoni, neutroni, elettroni La materia è costituita da atomi. Ogni atomo è formato da: protoni, neutroni, ed elettroni.

Ciascun protone possiede una carica elettrica positiva;

i neutroni non possiedono carica;

ciascun elettrone possiede una carica elettrica negativa;

la carica positiva del protone e la carica negativa dell'elettrone, sono uguali in valore assoluto.

In condizioni normali un atomo possiede un ugual numero di protoni e di elettroni e perciò è elettricamente neutro; di conseguenza sono neutri anche i corpi formati da atomi neutri. In certe circostanze gli atomi possono perdere o acquistare elettroni (gli elettroni sono "mobili", a differenza dei protoni, che sono aggregati nel nucleo). Quando gli atomi di una sostanza acquistano elettroni, la caricano negativamente, cioè la sostanza possiede un eccesso di elettroni; viceversa, quando perdono elettroni, la sostanza è carica positivamente, cioè è in difetto di elettroni.

Mobilità degli elettroni Gli elettroni sono disposti attorno al nucleo dell'atomo in strati concentrici. Quando si fornisce agli elettroni dello strato più esterno una quantità di energia sufficiente a vincere la forza che li tiene uniti al resto dell'atomo, questi elettroni possono passare da un corpo all'altro o muoversi all'interno del materiale e condurre la loro carica elettrica da un punto all'altro del materiale stesso. Per esempio nei metalli, gli elettroni superficiali, debolmente "legati" al nucleo, sono liberi di muoversi negli spazi tra gli atomi. In altri tipi di materiali, invece, gli elettroni sono fortemente "legati" agli atomi ed è necessaria una quantità di energia molto più elevata per renderli liberi di muoversi. Un atomo che ha perso uno o più elettroni, e che quindi è carico positivamente, è detto ione positivo; gli elettroni persi da un atomo possono anche essere ceduti ad altri atomi, che diventano carichi negativamente, trasformandosi in ioni negativi (cioè in atomi che hanno acquistato uno o più elettroni).

Page 80: Appunti Di Fisica

Conduttori e isolanti In Figura è rappresentato un dispositivo chiamato pendolino elettrico: al supporto è appesa una sfera di metallo. Se tocchiamo la sferetta del pendolino con un corpo elettrizzato, (Figura a sotto), osserviamo che, dopo il contatto, il pendolino e il corpo elettrizzato si respingono (Figura b sotto). Infatti, una parte della carica presente sul corpo elettrizzato si è trasferita alla sferetta metallica, che acquista una carica dello stesso segno.

Se ripetiamo l’esperimento sostituendo la sferetta metallica con una sferetta di vetro, di ambra o di plastica, dopo il contatto non osserviamo alcun effetto.

Per quanto riguarda le proprietà elettriche, i materiali possono essere suddivisi in due grandi categorie: i conduttori, tra cui tutti i metalli, e gli isolanti o dielettrici (come la plastica, il vetro, il legno), che si elettrizzano soltanto per strofinio. Nei materiali isolanti l’elettrizzazione avviene, ma le cariche elettriche in eccesso non sono libere di muoversi, rimanendo localizzate nel punto in cui sono state create.

Un conduttore è una sostanza in cui gli elettroni possono scorrere facilmente. I metalli, oro e argento in particolare, sono buoni conduttori perché i loro atomi hanno elettroni liberi di muoversi, che trasferiscono facilmente l'energia.

Un isolante è una sostanza in cui gli elettroni non scorrono facilmente. La plastica e la gomma sono buoni isolanti perché gli elettroni nei loro atomi hanno poca libertà, perciò non si trasferiscono con facilità da un atomo all'altro. Esercizi 115 – 116

Page 81: Appunti Di Fisica

La legge di Coulomb Sappiamo che la carica elettrica è la quantità di elettricità (positiva o negativa) posseduta da un corpo; essa è sempre un multiplo intero della carica elementare e = 1,602·10-19 Coulomb (la più piccola quantità di carica elettrica esistente, pari alla carica dell'elettrone). La forza elettrica F di attrazione (cariche di segno opposto) o di repulsione (cariche di segno uguale) fra due cariche puntiformi (cioè di dimensioni trascurabili) Q1 e Q2, è direttamente proporzionale al prodotto delle cariche ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza r:

Legge di Coulomb

Q1 e Q2 sono le due cariche elettriche espresse in Coulomb;

La costante di proporzionalità k dipende dal mezzo in cui si trovano le cariche; nel vuoto, in unità del Sistema Internazionale (S.I.), si ha: k = 9 • 109 N • m2 / C2;

Le forze esercitate da Q1 su Q2 e da Q2 su Q1 sono uguali e opposte ed hanno valore uguale a F;

L’unità di misura della carica elettrica, è il Coulomb (C), che si definisce come segue: Due cariche elettriche uguali sono pari a 1 Coulomb se, poste nel vuoto alla distanza di 1 m, si

respingono con una forza F = 9 • 109 N. Esercizio 117 Per quanto riguarda la direzione e il verso delle forze elettrostatiche, in Figura sotto è rappresentata l’influenza reciproca tra due corpi puntiformi con carica di segno opposto (a) e dello stesso segno (b). I due corpi si attraggono o si respingono con due forze uguali e opposte F orientate lungo la linea che congiunge le due cariche.

Intensità: direttamente proporzionale alle cariche e inversamente proporzionale al quadrato della distanza; Direzione: lungo la congiungente delle cariche; Verso: attrattivo per cariche discordi (a), repulsivo per cariche concordi (b). Il principio di sovrapposizione Nel caso in cui fossero presenti tre o più cariche nello stesso sistema, può essere utilizzata la legge di Coulomb nella stessa forma? L’esperienza mostra che vale il principio di sovrapposizione: In un insieme di tre o più cariche, la forza con la quale interagiscono due qualunque di loro può essere calcolata come se le altre non ci fossero.

Page 82: Appunti Di Fisica

In un sistema di cariche, la forza su una carica Q è la somma vettoriale delle forze esercitate su Q da ciascuna delle altre cariche del sistema

Il campo elettrico Abbiamo visto che una carica, in presenza di un’altra carica, risente di una forza elettrostatica la cui intensità dipende dal valore di entrambe le cariche. Ogni carica elettrica modifica le proprietà dello spazio circostante creando un campo elettrico, che può essere rilevato mediante una carica di prova q.

La carica puntiforme Q modifica lo spazio attorno a sé generando un campo vettoriale, detto campo elettrico. Ponendo in un punto P una seconda carica q, il campo elettrico E nel punto P è dato da:

La carica Q è detta sorgente o generatrice mentre la carica q che si trova nel punto P è detta carica di prova. Nel SI, il campo elettrico si misura in newton/coulomb (N/C).

Applicando la formula di Coulomb, il campo elettrico generato da una carica puntiforme Q è un vettore che nel punto P a distanza r da Q ha:

Intensità o modulo: 𝑬 = 𝑭

𝒒=

𝒌 𝑸 𝒒

𝒓𝟐

𝒒=

𝑘 𝑄

𝑟2

Direzione: la congiungente Q e P Verso: uscente se la carica sorgente del campo Q è positiva, entrante se Q è negativa.

Page 83: Appunti Di Fisica

Le linee di forza del campo elettrico Le linee di forza rappresentano graficamente il campo elettrico.

Le linee di forza partono dalle cariche positive e si arrestano su quelle negative;

la retta tangente alla linea di forza in un determinato punto fornisce la direzione della forza elettrostatica alla quale sarà soggetta una carica immersa nel campo;

le linee di forza sono più fitte laddove il campo elettrico ha maggiore intensità. Il numero di linee di forza per unità di area che attraversano una superficie ad esse perpendicolare è proporzionale all’intensità del campo elettrico in corrispondenza della superficie (si addensano dove l’intensità del campo è maggiore);

le linee di forza non si incrociano mai (il campo è univocamente definito);

se ci sono cariche di un solo segno, le linee si chiudono all’infinito. La presenza delle linee di forza in prossimità di una carica, o di un sistema di più cariche, può essere messa in evidenza tramite l’apparato rappresentato in Figura.

Due sbarrette metalliche (i conduttori), opportunamente elettrizzate, sono immerse in una bacinella piena di olio sulla cui superficie viene disperso uno strato sottile di polvere con densità tale da galleggiare (per esempio, polvere di semolino). I minuscoli granelli di polvere, elettrizzandosi per effetto delle cariche, si dispongono seguendo le linee di forza del campo, evidenziandole con tracce ben visibili.

Se le due barrette sono parallele, il campo elettrico che si instaura tra esse è uniforme, cioè ha la medesima intensità e direzione in tutti i punti, perciò le linee di forza appaiono parallele. Se si sostituisce una sbarretta con una sfera, le linee di forza si concentrano dove la carica è più concentrata. Esercizi 118 - 119

Page 84: Appunti Di Fisica

La corrente elettrica La corrente elettrica è un flusso ordinato di cariche elettriche, definito come la quantità di carica elettrica che attraversa una determinata superficie nell'unità di tempo. . Tale flusso è paragonabile a quello dell’acqua che, immessa in una rete idraulica, circola lungo i tubi a causa di un dislivello o spinta da una pompa. Per generare una corrente elettrica occorre far muovere gli elettroni in un sistema costituito da un filo conduttore, un interruttore e un generatore elettrico. Il generatore, creando un campo elettrico, è in grado di mettere in moto gli elettroni liberi che si trovano nel conduttore. Quando, azionando l’interruttore, si chiude il circuito, gli elettroni cominciano a fluire sempre nella stessa direzione, generando una corrente elettrica continua.

Il circuito elettrico L’insieme di elementi che, opportunamente collegati, consentono il passaggio della corrente è definito circuito elettrico.

Nella versione più semplice esso è costituito da un generatore di tensione (per esempio una pila), un filo conduttore, un carico utilizzatore (per esempio una lampadina) e un interruttore (Figura a sinistra). Inizialmente si pensava che la corrente elettrica fosse un flusso di cariche positive che dal polo positivo si muovono verso il polo negativo; per questo ancora oggi il verso della corrente elettrica è convenzionalmente quello che va dal polo positivo (+) al polo negativo (-), come mostrato in figura.

Il generatore di tensione Il generatore più comune è la pila: questo apparecchio, sfruttando energia chimica, costringe gli elettroni a muoversi lungo il circuito. Ogni generatore di corrente continua possiede due terminali, chiamati rispettivamente polo positivo (+) e polo negativo (-). Gli elettroni escono dal polo negativo e, dopo aver percorso il circuito, rientrano dal polo positivo. Il carico utilizzatore Il carico utilizzatore è un qualsiasi apparecchio che funziona in seguito al passaggio della corrente elettrica e che trasforma l’energia elettrica fornita dal generatore in un’altra forma di energia (termica, luminosa ecc.). Il dispositivo più semplice è la lampadina, che funziona anche come rivelatore (accendendosi, evidenza il passaggio della corrente).

L’interruttore L’interruttore è un meccanismo che consente o interrompe il passaggio di corrente elettrica. Quando l’interruttore è chiuso il circuito è chiuso ed è attraversato dalla corrente elettrica (la lampadina si accende); quando invece l’interruttore è aperto il circuito è aperto e non consente il passaggio di corrente.

I circuiti elettrici e i loro componenti descritti prima, vengono di solito rappresentati usando appositi simboli, universalmente accettati.

Page 85: Appunti Di Fisica

Differenza di potenziale Una pila, una dinamo o un alternatore sono apparecchi in grado di produrre una differenza di potenziale (d.d.p.), grandezza fisica responsabile del moto degli elettroni nei circuiti elettrici. La differenza di potenziale, a volte chiamata anche tensione elettrica, si misura in volt (V) in onore del fisico italiano Alessandro Volta che, per primo, costruì la pila, un dispositivo in grado di produrre una differenza di potenziale. Lo strumento che misura la differenza di potenziale è il voltmetro In un campo elettrico uniforme, per spostare una carica q dal punto A al punto B la forza elettrica compie un lavoro. Il lavoro compiuto dalle forze del campo è:

LAB = F s (1) LAB = q E s (2) Dalla formula (2) del lavoro, si ricava:

𝑳𝑨𝑩𝒒

= 𝑬 𝒔 = 𝑽

La differenza di potenziale V fra due punti A e B di un campo elettrico è il rapporto tra il lavoro L compiuto dalle forze del campo per spostare la carica q dal punto A al punto B e la carica stessa.

.

Intensità di corrente La corrente elettrica, ovvero il flusso ordinato di cariche elettriche, è la diretta conseguenza dell'applicazione di una differenza di potenziale elettrico agli estremi di un conduttore, come può essere il filo di rame di un circuito. In un conduttore, vi sono degli elettroni liberi di muoversi (elettroni degli orbitali esterni) e proprio questi, sottoposti a una differenza di potenziale, iniziano a muoversi, creando un flusso di carica. Si definisce Intensità di corrente elettrica (I) la quantità di carica Q che passa in una sezione del conduttore nell'unità di tempo t.

𝑰 = 𝑸

𝒕

L'intensità di corrente è una grandezza scalare, l'unità di misura è l'ampere (A) e si misura con l'amperometro. 1 Ampere corrisponde a un flusso di carica elettrica di 1 Coulomb per ogni secondo.

L’intensità di corrente dipende dalla differenza di potenziale V fornita dal generatore.

Esercizi 120 – 121

Page 86: Appunti Di Fisica

Le leggi di Ohm e la resistenza elettrica

La corrente elettrica che attraversa un conduttore è prodotta dalla d.d.p. applicata agli estremi del conduttore; al crescere della d.d.p. aumenta il valore dell’intensità della corrente.

Per verificare la relazione tra la d.d.p. V e I è sufficiente allestire un circuito come quello mostrato in Figura. Il circuito è costituito da un conduttore metallico R, che funge da carico utilizzatore, e da un generatore E la cui tensione può essere modificata. L’amperometro A e il voltmetro V misurano rispettivamente il valore dell’intensità di corrente e quello della d.d.p..

Dopo una serie di misure sperimentali i risultati vengono riportati in grafico cartesiano. Il grafico mostra che il legame

tra la d.d.p. V e l’intensità di corrente / è rappresentato da una retta che passa per l’origine degli assi (Figura). Ciò evidenzia che le due grandezze sono direttamente proporzionali.

La prima legge di Ohm L'intensità della corrente elettrica che fluisce attraverso un conduttore è direttamente proporzionale alla d.d.p. esistente ai capi del conduttore .

V = R I 𝑰 = 𝐕

𝑹

Il simbolo R che compare nella prima legge di Ohm è un valore che esprime la resistenza che il conduttore oppone al passaggio della corrente e dipende dalle caratteristiche fisiche del conduttore: La resistenza si misura quindi in volt/ampere che per brevità si chiamano ohm, e si indica con la lettera greca "omega" maiuscola (Ω). Un ohm è quindi la resistenza di un conduttore a cui è applicata una tensione di un volt ed in cui scorre una corrente di un ampere, cioè:

𝟏𝜴 = 𝟏 𝒗𝒐𝒍𝒕

𝟏 𝒂𝒎𝒑𝒆𝒓𝒆=

𝟏 𝑽

𝟏 𝑨 Esercizio 122

La seconda legge di Ohm Non tutti i conduttori oppongono la stessa resistenza al passaggio della corrente; la resistenza elettrica aumenta al crescere della lunghezza del conduttore e diminuisce all’aumentare della sua sezione. Inoltre la resistenza dipende dal tipo di materiale usato. Tutto ciò può essere dimostrato sperimentalmente e riassunto dalla seconda legge di Ohm, che così si esprime: La resistenza R di un conduttore è direttamente proporzionale alla sua lunghezza e inversamente proporzionale alla sua sezione.

𝑹 = 𝝆𝒍

𝑺

Dove: R = resistenza in Ohm (Ω); ρ = resistività in Ohm • metro (𝜴 • m); l = lunghezza del conduttore (m); S = sezione del conduttore (m2)

Page 87: Appunti Di Fisica

La resistività ρ (leggi “rho”) è la resistenza elettrica di una porzione di conduttore di lunghezza e sezione unitaria; dipende dal tipo di materiale e varia con la temperatura. Nel S.I. la resistività ha come unità di misura l’ohm • metro (𝜴 • m), mentre nel sistema pratico le dimensioni

della resistività sono 𝜴 • mm2/m.

Materiale

Argento 0.016

Rame 0.017

Oro 0.024

Alluminio 0.028

Tungsteno 0.055

Platino 0.10

Ferro 0.13

Acciaio 0.18

Piombo 0.22

Mercurio 0.94

Costantana (lega 60% Cu, 40% Ni) 0.49

Carbonio 35

Germanio 6000

Silicio 2.3 × 109

Ambra 5 × 1020

Vetro 1016 ÷ 1020

Mica 1017 ÷ 1021

Zolfo 1021

Legno secco 1014 ÷ 1017

Esercizi 123 – 124 Collegamenti in serie e in parallelo I componenti di un circuito elettrico (resistenze, condensatori, generatori di tensione…) possono essere collegati fra loro in serie oppure in parallelo per mezzo di conduttori elettrici (ad esempio fili metallici) che trasportano gli elettroni per il funzionamento del circuito stesso.

Page 88: Appunti Di Fisica

Collegamenti in serie Si parla di collegamento in serie quando due o più componenti sono collegati in modo da formare un percorso unico per la corrente elettrica che li attraversa; nel caso di componenti a due terminali (detti bipoli) il collegamento in serie prevede che l'estremità di ciascuno di essi sia collegata solo con l'estremità di un altro. Il primo e l'ultimo componente hanno una estremità libera, e a queste si applica la tensione elettrica. (Presa elettrica, batteria o qualsiasi altro generatore di corrente). Il generatore produce un flusso di corrente, che permette il funzionamento di tutto l'insieme. Il collegamento in serie è schematizzato in Figura, dove i tre carichi sono rappresentati da tre lampadine.

I tre componenti sono disposti l’uno di seguito all’altro, pertanto vengono attraversati dalla stessa corrente I. A circuito chiuso si può osservare che le lampadine si accendono, ma svitandone una anche le altre si spengono. Ciò è dovuto al fatto che lo scollegamento di una lampadina provoca l’apertura del circuito, e l’in-terruzione del passaggio di corrente anche sulle altre.

Le d.d.p. V1, V2 e V3 sono diverse, come si può verificare collegando un voltmetro ai contatti di ciascuna lampadina.

La somma delle energie assorbite dalle tre lampadine coincide con l’energia fornita dal generatore (principio di conservazione dell’energia); la somma delle tre d.d.p. misurate ai contatti dei carichi sarà

uguale alla d.d.p. V erogata dal generatore: V = V1 + V2 + V3 D’altra parte, se consideriamo le resistenze dei tre filamenti delle lampadine come una resistenza complessiva R (detta resistenza equivalente del circuito), applicando la prima legge di Ohm all’intero circuito possiamo scrivere anche: R = R 1 + R 2 + R 3 Un collegamento in serie di tre resistenze si comporta come una sola resistenza equivalente, data dalla somma delle singole resistenze.

Esercizio 125

Page 89: Appunti Di Fisica

Collegamenti in parallelo Si parla di collegamento in parallelo quando i componenti sono collegati ad una coppia di conduttori in modo che la tensione elettrica sia applicata a tutti quanti allo stesso modo.

Come esempio si pensi ad una fila di persone che salgono, in maniera corretta, una scala mobile, usando entrambe le mani per sostenersi ai corrimani disposti su entrambi i lati.

Il generatore produce un flusso di corrente, che permette il funzionamento di tutto l' insieme. Il collegamento in serie è schematizzato in Figura sotto, dove i tre carichi sono rappresentati da tre lampadine.

Le tre lampadine hanno resistenze R1, R2 e R3. I loro terminali vengono posti a contatto di modo che la d.d.p.

V ai capi delle tre resistenze sia la stessa, mentre l’intensità della corrente elettrica che li attraversa ha diverso valore. Infatti, la corrente elettrica / si divide nelle tre correnti /1, /2 e /3 che fluiscono separatamente nelle tre sezioni del circuito, per dare origine nuovamente alla corrente / all’uscita del parallelo.

L'intensità della corrente che fluisce attraverso un circuito collegato in parallelo, è uguale alla somma delle intensità delle singole correnti elettriche che attraversano i rami del parallelo

I = I1 + I2 + I3 L’intensità della corrente elettrica che attraversa ciascun carico del parallelo dipende dalla resistenza di tale carico: quanto più grande è il valore della resistenza, tanto più piccola è l’intensità della corrente che lo attraversa. La formula che permette di calcolare la resistenza complessiva R del parallelo è:

𝟏

𝑹=

𝟏

𝑹𝟏+

𝟏

𝑹𝟐+

𝟏

𝑹𝟑

Un collegamento in parallelo di tre resistenze si comporta come una sola resistenza equivalente, il cui reciproco è dato dalla somma dei reciproci delle singole resistenze.

Esercizio 126

Page 90: Appunti Di Fisica

La potenza elettrica

Nei circuiti elettrici l’energia elettrica, prodotta dal generatore viene consumata per far funzionare un

dispositivo, per esempio, una lampadina. L'energia del generatore è energia potenziale elettrica, che

viene trasformata in altre forme di energia (calore e luce nel caso della lampadina).

La quantità di energia spesa nell'unità di tempo è la potenza elettrica P (in meccanica la potenza è

data dal prodotto del lavoro compiuto per il tempo impiegato a compierlo).

Un circuito in cui circola una corrente di intensità I e ai cui estremi viene applicata una differenza di

potenziale V consuma una potenza:

P = V I

L'unità di misura della potenza è il Watt (simbolo W) pari a 1 joule al secondo.

Una lampadina da 100 W, consuma 100 J in 1 s. Per conoscere il consumo preciso di un apparecchio

elettrico bisogna conoscere anche il valore dell'intensità della corrente alla quale il dispositivo funziona.

Un dispositivo elettrico assorbe una potenza di 1 W se in esso circola una corrente di 1 A quando ai suoi

estremi è applicata una differenza di potenziale di 1 V. Nel caso della lampadina da 100 W, si applica la

formula inversa I = P / V e si ottiene I = 100 W / 220 V = 0,45 A

Poiché il Watt è una misura relativamente piccola (una lampadina circa 60 W, un aspirapolvere domestico

800 W), in genere si usano dei multipli di questa grandezza: i kilowatt, (1 kW= 1000 W), i megawatt (1

MW= 1 milione di Watt), o i gigawatt (1 GW = 1 miliardo di Watt).

Per valutare i consumi negli impianti elettrici domestici si usano i kilowattora (kWh), che misurano la

potenza consumata dal circuito in 1 ora).

L'effetto termico della corrente elettrica L'energia elettrica è così utile all'uomo perché può facilmente essere convertita in altre forme di energia,

in particolare energia termica (calore). Questo può essere facilmente osservato in un resistore (resistenza

elettrica), che quando è percorso da una corrente elettrica si riscalda, ovvero libera (dissipa) una parte

dell'energia elettrica sotto forma di calore. Anche nella lampadina il principale effetto del passaggio di

corrente è il calore, che fa diventare incandescente il filamento (energia luminosa). Un ferro da stiro o una

stufetta elettrica sfruttano proprio questa proprietà.

È detto effetto Joule, dal nome del fisico inglese James Prescott Joule (1818-1889) che lo scoprì, il

fenomeno per cui il passaggio di corrente elettrica attraverso un conduttore è accompagnato dallo

sviluppo di calore.

Page 91: Appunti Di Fisica

La potenza dissipata da un resistore percorso da corrente di intensità I, e ai cui estremi è applicata una

differenza di potenziale V, è data da:

P = V I

Dalla prima legge di Ohm sappiamo che: V = R I

quindi si può ricavare:

P = R I2

La quantità di energia elettrica che viene trasferita al resistore nell'intervallo di tempo t è quindi R I2

t. Se tutta questa energia viene trasformata in calore, si ricava la quantità di calore Q prodotto da un

conduttore di resistenza R, attraversato da una corrente I, nell'intervallo di tempo t:

Q = R I2 t

Il calore prodotto per effetto Joule è direttamente proporzionale alla resistenza del conduttore e al quadrato dell'intensità della corrente che lo attraversa.

Esercizi 127 – 128 – Riassunto 129 – Esercizi 130 – 133

Il magnetismo e l'elettromagnetismo

Il magnetismo Gli antichi greci conoscevano già la proprietà della magnetite (un minerale di ferro) di attrarre oggetti di natura ferrosa. Il fenomeno viene detto magnetismo dal nome di questo minerale, e tutti i corpi che si comportano come la magnetite vengono denominati magneti o calamite. Una calamita (o magnete) è un corpo con la capacità di generare, nello spazio circostante, un campo magnetico mediante il quale interagisce con alcuni metalli esercitando su di essi una forza magnetica. Il campo magnetico è lo spazio entro il quale una calamita esercita la sua azione. Esso è caratterizzato da linee di forza. Le linee di forza sono linee chiuse che escono da un polo ed entrano nell’altro: per convenzione, escono dal polo nord e rientrano al polo sud del magnete. Le linee di forza danno anche una indicazione della forza del campo magnetico: sono più fitte dove il campo magnetico

ha maggiore intensità.

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Se si avvicina una calamita a un oggetto metallico, per esempio uno spillo di acciaio, quest’ultimo verrà attratto dalla calamita, rimanendovi attaccato. Qualunque sia la forma del magnete, la forza magnetica è più intensa nelle estremità opposte della calamita, che ne costituiscono i poli, chiamati “polo nord” (N) e “polo sud” (S).

Le proprietà del magneti I magneti possono essere naturali o artificiali. Quelli naturali sono costituiti da particolari minerali che hanno la proprietà di attirare i materiali ferrosi. Quelli artificiali, invece, sono materiali magnetizzati artificialmente dall’uomo (per esempio per contatto con magneti naturali): la calamita è un magnete artificiale permanente, perché conserva le proprietà magnetiche che ha acquisito.

Se proviamo ad avvicinare due calamite, le loro estremità si respingono se vengono avvicinati due poli dello stesso tipo, mentre si attraggono quando il polo nord di una è vicino al polo sud dell’altra. Poli magnetici uguali si respingono, poli magnetici opposti si attraggono.

I poli di un magnete non possono essere isolati; infatti, se spezziamo in due parti una calamita, ciascuno dei due pezzi diventa a sua volta una calamita con i due poli opposti. Il magnetismo può trasmettersi da un corpo a un altro: un pezzetto di ferro già attratto da una calamita, ne attira a sua volta un altro, e così via (Figura). Ciò accade per tutti gli oggetti composti da materiali che

risentono del campo magnetico.

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Il magnetismo terrestre Il campo magnetico terrestre (geomagnetico) è un fenomeno naturale presente sulla Terra, simile al campo magnetico generato da un magnete naturale. Esso fa assomigliare la Terra a un’enorme calamita: i poli del campo geomagnetico hanno l’asse inclinato di circa 11,5° rispetto all'asse di rotazione terrestre e non sono perfettamente statici. Anche altri corpi celesti, come il Sole o Giove, generano un loro campo magnetico. Se sospendiamo una barretta magnetica a un filo, legato al suo baricentro, possiamo osservare che essa tende ad orientarsi lungo una determinata direzione, con un’estremità rivolta più o meno verso il Nord geografico. La barretta interagisce con il campo geomagnetico e si orienta lungo le sue linee di forza.

Il funzionamento della bussola è basato proprio sul magnetismo della Terra; il suo ago non è altro che un piccolo magnete libero di ruotare attorno al suo baricentro (Figura a sinistra), che orienta sempre il proprio asse verso il cosiddetto nord magnetico, abbastanza prossimo al nord geografico. L’ago magnetico della bussola serve quindi per individuare la direzione nord. Le linee di forza del campo geomagnetico sono del tutto simili a quelle di un magnete (Figura); l’unica differenza è che escono dal polo sud magnetico ed entrano nel polo nord magnetico (è solo una questione di consuetudine). ■ Figura a lato: II Polo Nord geografico non coincide esattamente con il polo nord magnetico; lo stesso vale per il Polo Sud geografico.

Esercizio 134

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Il campo magnetico di un filo percorso da corrente Se si avvicina una bussola ad un filo percorso da corrente elettrica, si osserva che l’ago magnetico viene deviato. Spostando la bussola in varie posizioni, si nota che la forza che devia l’ago agisce in modo circolare. Il passaggio di corrente elettrica attraverso un conduttore crea un campo magnetico.

La Figura mostra l’andamento del campo magnetico generato da un filo conduttore quando è percorso da corrente; per evidenziarne l’andamento è stata posta una bussola vicino al filo. Le linee di forza del campo magnetico generato dalla corrente che fluisce in un filo conduttore rettilineo hanno forma circolare, giacciono su un piano perpendicolare al filo e sono concentriche al filo. Il campo magnetico è più intenso in prossimità del filo; la sua polarità si inverte se viene invertito il verso della corrente.

La parte della fisica che studia la relazione tra fenomeni magnetici ed elettrici è l’elettromagnetismo.

Il campo magnetico di un solenoide

Se il filo conduttore attraverso cui si fa passare corrente viene avvolto in spire, si ottiene un solenoide; il campo magnetico generato è simile a quello di una barra magnetica. Le linee di forza passano lungo l’asse del sole-noide: all’interno del solenoide il campo è pressoché uniforme.

Se all’interno del solenoide si introduce una barretta metallica si realizza un elettromagnete, il cui campo magnetico risulta più intenso. E’ possibile, entro certi limiti, produrre il campo magnetico desiderato; infatti il campo magnetico cresce all’aumentare del numero di spire e dell’intensità di corrente che lo attraversa.

Esercizio 135

Page 95: Appunti Di Fisica

Azione dei campi magnetici sulle correnti Lo scienziato inglese Michael Faraday (1791-1867) dimostrò che, così come un campo elettromagnetico è in grado di esercitare delle forze su una calamita (ago della bussola), anche il campo magnetico di una calamita esercita delle forze su un conduttore percorso da corrente elettrica.

La forza di Lorentz Se un filo percorso da corrente viene posto in un campo magnetico, siccome la corrente è costituita da cariche in movimento, ogni particella carica che si muove lungo il filo, subisce una forza, detta forza di Lorentz, la cui direzione è perpendicolare sia alla direzione del filo sia a quella del campo magnetico.

Per stabilire la direzione e il verso di tale forza si ricorre a una regola empirica, nota come regola della mano sinistra: disposte le prime tre dita della mano sinistra perpendicolarmente fra loro, come in Figura a lato, si punta l’indice nella direzione e verso del campo magnetico e il medio nella direzione e verso della corrente; la direzione e il verso della forza di Lorentz che agisce sul filo conduttore sono indicati dal pollice.

L’intensità della forza F di Lorentz è direttamente proporzionale sia all’intensità di corrente / sia alla lunghezza L del conduttore:

F = k l L

Intensità del campo magnetico La costante k che compare nella formula precedente è una proprietà che dipende soltanto dal sistema che genera il campo magnetico e può essere indicata come l’intensità B del campo magnetico stesso. Si può scrivere:

F = B l L Per calcolare l’intensità B del campo magnetico in un particolare punto bisogna:

individuare la direzione e il verso del campo tramite l’ago magnetico di una bussola;

mettere un filo conduttore, di lunghezza L attraversato da una corrente / lungo la direzione

perpendicolare al campo;

misurare l’intensità della forza di Lorentz che agisce sul filo.

Bisogna poi applicare la formula inversa seguente:

𝐁 = 𝐅

𝐈 𝐋

B = Intensità del campo magnetico (Tesla) F = Forza di Lorentz (Newton) I = Intensità di corrente (Ampere) L = Lunghezza del conduttore (metri)

L’unità di misura dell’intensità di campo magnetico è il tesla (T): 1 Tesla = 1 Newton / (1 Ampere 1 metro). Un sottomultiplo del tesla di frequente utilizzo è il Gauss (G): 1 Gauss = 10-4 Tesla.

Page 96: Appunti Di Fisica

Il motore elettrico La forza di Lorentz può essere sfruttata per trasformare l’energia elettrica in energia meccanica, utilizzando l’effetto prodotto da un campo magnetico su una spira percorsa da corrente. Un motore elettrico è un dispositivo che permette di trasformare l'energia di un campo elettromagnetico in movimento. Uno schema semplificato del funzionamento è il seguente: Gli oggetti N e S sono i due poli di un magnete che crea, nella zona al centro, un campo magnetico pressoché uniforme B. Il rettangolo è una spira rigida fatta di materiale conduttore ed è attraversata da corrente alternata, cioè una corrente che dopo un intervallo di tempo fisso, cambia verso di percorrenza. L'effetto globale (effetto motore) sul sistema del motore elettrico, è quello di mettere in rotazione la spira con una velocità di rotazione che dipende dall'intensità della corrente e da quella del campo magnetico. È possibile sincronizzare l’alternanza della corrente con la rotazione della spira in modo da creare una moto rotatorio continuo, che poi può essere usato per muovere direttamente degli oggetti o essere trasmesso a delle ruote per mettere in moto un veicolo. Tutti i dispositivi elettrici in cui c'è qualcosa in movimento, presentano all'interno un dispositivo che funziona mediante motore elettrico: si va dagli elettrodomestici alle scale mobili, ai tergicristalli degli autoveicoli. Attualmente sta sempre più sviluppandosi anche l'impiego nei veicoli per il trasporto umano.

L'amperometro

L’effetto motore può anche essere sfruttato per realizzare strumenti di misure elettriche: per esempio nell’amperometro una bobina mobile viene posta tra i due poli di un magnete, in modo che ruotando attorno al suo asse verticale fa muovere un indice, la cui estremità si sposta su una scala tarata e graduata. Poiché l’entità della rotazione dipende dall’intensità e dal verso della corrente, nella scala graduata si può leggere l’intensità di corrente.

Esercizio 136

Page 97: Appunti Di Fisica

La corrente indotta Sperimentando le interazioni tra calamite naturali e corrente elettrica, Faraday scoprì la possibilità di produrre corrente elettrica facendo ruotare un solenoide collegato a un circuito elettrico all’interno di un magnete.

In Figura sopra è schematizzato un sistema elementare che mostra come si può generare una corrente elettrica in un solenoide facendolo ruotare all’interno di un magnete. La corrente che viene a generarsi è inviata a un circuito, nel quale si inserisce una lampadina oppure uno strumento di misura che consente di rilevare l’intensità ed il verso della corrente. Si osserva che la corrente viene prodotta fintanto che il solenoide è in movimento rispetto al magnete, mentre cessa quando il solenoide viene fermato. Questo fenomeno è denominato induzione elettromagnetica, mentre la corrente generata è detta corrente indotta. L’induzione elettromagnetica comporta trasformazione di energia meccanica in energia elettrica, che è l’opposto della trasformazione che si verifica nei motori elettrici. Si osserva inoltre che invertendo il senso di rotazione del solenoide, anche la corrente inverte il proprio verso. La cosiddetta legge di Lenz, afferma che: Il verso del campo magnetico della corrente generata per induzione è opposto a quello del campo magnetico che l'ha generata. L’intensità della corrente indotta, dipende dalla velocità di rotazione del solenoide.

La corrente indotta si può generare anche con apparecchi che funzionano sempre con lo stesso principio ma con componenti utilizzati in maniera opposta; nella comune dinamo per biciclette la ruota fa girare un magnete permanente all’interno di un solenoide fisso (bobina) dal quale si ottiene corrente.

Page 98: Appunti Di Fisica

La corrente alternata Nel generatore con magnete fisso esterno (Figura sotto), la spira che ruota genera una corrente indotta con andamento alternato, perché ad ogni rotazione completa offre ciascuno dei due rami di filo conduttore una volta al polo nord e un’altra al polo sud del magnete. Collegando la spira ad uno strumento di misura, come mostrato in figura, è possibile osservare che l’indice dello strumento oscilla da un valore massimo ad un valore minimo passando per lo zero. Durante la rotazione, la corrente assume il valore massimo (A) quando la spira è in posizione orizzontale; dopodiché, man mano che la spira ruota, si ha una diminuzione fino al valore zero (B), che viene raggiunto quando le facce della spira sono perpendicolari alle linee del campo. Continuando la rotazione la corrente raggiunge il minimo (C) quando la spira ritorna orizzontale dopo aver fatto mezzo giro.

Se la rotazione della spira è abbastanza lenta si nota che, ad ogni suo giro, si verifica una oscillazione completa della lancetta dello strumento (esempio dal massimo nuovamente al massimo). L’andamento risultante è quello mostrato in Figura a sinistra. Questo generatore (alternatore) produce corrente alternata. La corrente alternata cambia continuamente il suo verso di percorrenza nel circuito. Se la rotazione della spira è troppo veloce non si può osservare l’oscillazione dell’indice dello strumento ma se colleghiamo una lampadina rimarrà sempre accesa.

Gli enormi alternatori usati nelle centrali elettriche sfruttano tecnologie molto più complesse. In genere, infatti, si preferisce far ruotare il magnete (rotore) anziché la spira, mentre numerose bobine (al posto di una sola spira) sono montate su una struttura fissa, detta statore. Il moto rotatorio del magnete viene assicurato da turbine, che vengono messe in moto sfruttando energia ottenuta in vari modi.

Page 99: Appunti Di Fisica

I trasformatori Molto spesso serve convertire una corrente di un certo voltaggio in una di diverso voltaggio; per esempio, per

alimentare il computer o ricaricare il cellulare, che funzionano con tensioni molto più basse di quella fornita

dalla rete elettrica. In questi casi serve un trasformatore.

Il trasformatore è una macchina elettrica che serve per variare (trasformare) tensione e intensità di corrente

in ingresso rispetto a quelle in uscita, mantenendo costante la potenza elettrica.

Se la tensione di arrivo è maggiore di quella di partenza, si parla di trasformatore elevatore, altrimenti di

trasformatore riduttore.

Il dispositivo viene realizzato avvolgendo due solenoidi ai lati opposti di una piastra metallica rettangolare forata al centro (b) (Figura sotto).

Il primo circuito è detto circuito primario (a), mentre l’altro è il circuito secondario (c).

Se colleghiamo il circuito primario a un generatore di corrente alternata, ad ogni oscillazione della corrente

corrisponde un’oscillazione del campo magnetico, che produce a sua volta una corrente alternata di pari

frequenza nel circuito secondario. Variando opportunamente il numero delle spire nel secondario, si otterrà,

una corrente indotta, che sarà maggiore se il numero delle spire viene aumentato e minore nel caso contrario.

La regola del trasformatore Le tensioni nei circuiti primario e secondario di un trasformatore dipendono direttamente dal numero delle loro

spire. Se indichiamo con Np il numero delle spire del primario, con Ns il numero delle spire del secondario, con

Vp il voltaggio del circuito primario e con Vs il voltaggio del secondario, possiamo scrivere la seguente

uguaglianza, nota come regola del trasformatore:

𝑵𝒔

𝑵𝒑=

𝑽𝒔

𝑽𝒑

La tensione finale Vs che si ottiene al circuito secondario è legata alla tensione Vp di partenza nella formula inversa:

𝑽𝒔 = 𝑽𝒑 𝑵𝒔

𝑵𝒑

Un trasformatore ottimale dovrebbe generare nel circuito secondario una potenza uguale a quella del

circuito primario. Poiché la potenza elettrica è data dal prodotto I V, si avrebbe:

Ip Vp = Is Vs

Ip = intensità di corrente del circuito primario Vp = tensione del circuito primario Is = intensità di corrente del circuito secondario Vs = tensione del circuito secondario Un trasformatore riduttore (Vs < Vp) diminuisce la tensione ed aumenta l’intensità di corrente. Un trasformatore elevatore (Vs > Vp) aumenta la tensione e diminuisce l’intensità di corrente.

Esercizio 139 - Riassunto 140 - Esercizi 141 – 147

Page 100: Appunti Di Fisica

Oscillazioni e onde Se si getta un sasso dentro uno specchio d’acqua tranquillo, l’impatto del sasso provoca una agitazione (perturbazione) che si propaga progressivamente su tutta la superficie del liquido (Figura sotto). Si formano delle circonferenze concentriche chiamate onde, aventi centro nel punto in cui il sasso entra in acqua. Tali onde sono caratterizzate dalle cosiddette creste (punti di massimo) e gole (punti di minimo).

Le molecole di acqua, frenando il sasso (attrito), assorbono energia, ed oscillano dall’alto verso il basso, perpendicolarmente alla superficie del liquido. Il movimento di oscillazione o vibrazione è un movimento che periodicamente si inverte e viene trasmesso alle molecole adiacenti che, a loro volta, fanno muovere quelle vicine e così via: in questo modo la perturbazione si propaga in tutte le direzioni.

Definizione di onda Se nell’acqua si trova un oggetto galleggiante, quando viene raggiunto da un’onda, inizia a muoversi in su e in giù senza spostamenti orizzontali. Questo dimostra che il trasferimento di energia che accompagna l’onda non comporta alcun trasporto di materia:

Una onda è una perturbazione che si propaga nello spazio e che può trasportare energia da un punto all'altro. Tale perturbazione è costituita dalla variazione di qualunque grandezza fisica (es. variazione di pressione, temperatura, intensità del campo elettrico, posizione, ecc..). Il mezzo in cui si propaga l’onda si definisce mezzo materiale, mentre si dice sorgente ciò che provoca la formazione dell’onda

Diversi tipi di onde Le onde possono essere classificate in base al mezzo in cui si propagano, in base al modo di propagazione, oppure in base alla forma del fronte d’onda.

Classificazione in base al mezzo in cui si propagano Una onda meccanica è un’onda in cui si verifica la variazione di grandezze di natura meccanica (per esempio l’altezza, la velocità, l’energia cinetica, l’energia potenziale, etc.). Le onde meccaniche hanno bisogno di un mezzo materiale per propagarsi e tramite di esse si propaga energia meccanica. Le onde meccaniche si dividono in: - onde elastiche, che si propagano in un mezzo elastico (ad esempio una corda tesa, una molla, etc.); - onde sonore, in cui la perturbazione consiste nella variazione locale della pressione.

Una onda elettromagnetica è un’onda in cui si assiste alla variazione dell’intensità del campo elettrico e del campo magnetico a esso concatenato. Sono esempi di onde elettromagnetiche la luce, i raggi X, le onde radio, etc. Le onde elettromagnetiche non hanno bisogno di un mezzo materiale per propagarsi e tramite di esse si propaga energia elettromagnetica.

Classificazione in base al modo di propagazione Se fissiamo una corda ad una estremità e generiamo un’onda facendo muovere l’altra estremità, la perturbazione fa vibrare i punti della corda in su e in giù; Invece, se comprimiamo e rilasciamo una molla, la vibrazione la farà muovere in avanti e indietro fino a raggiungere la posizione di equilibrio.

In un’onda trasversale gli elementi del mezzo materiale vibrano in direzione perpendicolare rispetto al moto dell’onda. Un esempio di onda trasversale è quella che si genera quando un’onda si propaga su una corda.

In un’onda longitudinale gli elementi del mezzo materiale vibrano in direzione parallela rispetto al moto dell’onda. Un esempio di onda longitudinale è quella che si genera comprimendo una molla. N.B. Su una molla è possibile generare sia onde trasversali che onde longitudinali. Infatti, la compressione di una molla genera un’onda longitudinale, invece, se facciamo muovere una molla in su e in giù come nel caso di una corda legata ad un’estremità, sulla molla si genera un’onda di tipo trasversale.

Classificazione in base alla forma del fronte d’onda In base alla forma le onde possono essere classificare come segue:

onde piane, ovvero quelle onde che hanno come fronte d’onda una retta (per esempio le onde del mare);

onde circolari, ovvero quelle onde che hanno come fronte d’onda una circonferenza (per esempio le onde generate da un sasso che cade in acqua);

onde sferiche, ovvero quelle onde che hanno come fronte d’onda una sfera (per esempio le onde sonore, le onde luminose, etc.) N.B. Il fronte d’onda l’insieme dei punti che appartengono a una cresta o a una gola dell’onda.

Page 101: Appunti Di Fisica

Parametri caratteristici delle onde

Proviamo a immaginare un ragazzo che si diverte a saltare su una tavola a molla (Figura sotto)

La molla (a), per effetto del peso, oscilla in senso verticale. Se applichiamo all’estremità mobile della molla un indice dotato di pennino (c), potremo rappresentare graficamente su un rotolo di carta, scorrevole a velocità prefissata (b), il moto oscillatorio della molla in funzione del tempo. La curva che ne deriva è una sinusoide.

Guardando attentamente il diagramma ottenuto (Figura sotto), possiamo definire quali sono i parametri

caratteristici delle onde.

Essi sono:

i punti di massimo e di minimo, ossia i punti in cui l’onda raggiunge rispettivamente il suo valore

massimo e il suo valore minimo;

la lunghezza d’onda, cioè la distanza (“lambda”) fra due massimi consecutivi;

la velocità di propagazione dell’onda, che si indica con v , e che rappresenta la velocità con cui si

spostano un punto di massimo o di minimo dell’onda. Essa dipende dalle caratteristiche del mezzo in cui

l’onda si propaga;

il periodo dell’onda, che indica l’intervallo di tempo T necessario affinché in un dato punto la perturbazione compia un’oscillazione completa;

la frequenza dell’onda, che corrisponde al numero di volte in cui, in un determinato punto del mezzo, la perturbazione raggiunge il suo valore massimo nell’unità di tempo. La frequenza è l’inverso del periodo,

cioè 𝒇 =𝟏

𝑻 . Nel S.I. l’unità di misura della frequenza è l’hertz (Hz), che corrisponde a 1/s;

l’ampiezza dell’onda, ossia il valore che assume la perturbazione in un punto di massimo.

Relazione tra periodo e velocità dell'onda

La distanza percorsa da un'onda in un periodo è pari alla sua lunghezza d’onda.

I parametri , T e v di un’onda sono legati dalla relazione fondamentale:

= v ·T ; v = / T ; v = · f

La lunghezza e la frequenza di un'onda sono inversamente proporzionali

Esercizi 149 – 150

Page 102: Appunti Di Fisica

Fenomeni connessi con la propagazione delle onde

Molte scuole sono dotate di un dispositivo per

studiare le onde che si formano sulla superficie

dell'acqua (ondoscopio). Si tratta di una vaschetta

trasparente piena con un centimetro d'acqua ed un

sistema ottico che proietta su di uno schermo le

creste e le gole delle onde che si formano sull'acqua.

A pelo dell'acqua si può inserire una bacchetta

messa in verticale per generare onde circolari o

orizzontale per generare onde piane. La bacchetta

può avere una frequenza di oscillazione regolabile.

La velocità delle onde sulla superficie dell'acqua

dipende dalla profondità dell'acqua. Perciò versando

più o meno acqua cambierà la distanza tra le onde:

la lunghezza d'onda è proporzionale alla velocità

dell'onda.

Durante la propagazione di un’onda possono verificarsi quattro diversi fenomeni: la riflessione, la rifrazione, la

diffrazione e l’interferenza.

Tali fenomeni possono essere facilmente osservati analizzando le onde che si propagano sulla superficie

dell’acqua. Prima di iniziare a studiare il comportamento delle onde è necessario ricordare che viene detto fronte

d'onda l'insieme dei punti che appartengono a una cresta o a una gola dell’onda.

La forma del fronte d’onda (una circonferenza, una sfera o altre forme) dipende dal modo in cui viene generata

l’onda e dalle caratteristiche del mezzo in cui essa si propaga. Il fronte d’onda è sempre perpendicolare alla

direzione di propagazione dell’onda: il comportamento dell’onda è quindi ricavato dal comportamento dei suoi

fronti d’onda che sono ben visibili.

Quando un’onda è prodotta in un punto, si propaga su di un piano con la stessa velocità in tutte le direzioni; i

fronti d’onda risulteranno delle circonferenze centrate nel punto di origine.

Quando un’onda, anziché su un solo punto, viene originata contemporaneamente su un insieme di punti allineati,

i fronti d’onda risulteranno delle linee parallele. Le direzioni di propagazione sono detti raggi dell’onda. Nel

primo caso corrispondono ai raggi delle circonferenze, nel secondo caso i raggi dell’onda sono le rette perpen-

dicolari al fronte d’onda (Figure sotto).

Un sasso gettato nell'acqua produce un'onda circolare, cioè un'onda i cui fronti sono delle circonferenze. Una barretta fatta oscillare sulla superficie di uno

specchio d'acqua produce un'onda i cui fronti sono rettilinei.

Page 103: Appunti Di Fisica

La riflessione

Il fenomeno della riflessione si ha quando il fronte d’onda, incontrando un ostacolo che

ne impedisce l’ulteriore propagazione, viene rimandato indietro. Un esempio molto

semplice di riflessione può essere quello che si osserva nel caso di onde circolari generate

per semplice immersione di una penna nella bacinella dell’ondoscopio. Come si può

vedere dalla Figura a sinistra, le onde circolari così ottenute non possono propagarsi oltre

le pareti della bacinella, le quali, fungendo da superficie riflettente, generano le onde

riflesse.

Le onde riflesse appaiono come provenienti da un punto “immagine” virtuale posto dietro il piano riflettore. La direzione di propagazione dell’onda riflessa forma con la perpendicolare all’ostacolo un angolo (a) uguale a quello dell’onda incidente (b), come in Figura a sinistra.

La rifrazione La rifrazione è un fenomeno fisico che si verifica quando un’onda passa oltre la superficie di separazione tra due mezzi con proprietà diverse: l’onda non procede il suo cammino in linea retta, ma viene deviata di un angolo che dipende dalla sua inclinazione rispetto la superficie e dalle caratteristiche dei due mezzi. Il fenomeno, riguarda qualunque tipo di onda.

Il fenomeno della rifrazione può essere evidenziato facendo uso di un laser che produce un’onda luminosa molto intensa quindi ben visibile. La Figura a sinistra mostra come viene modificata la direzione dell’onda luminosa quando passa da un mezzo (aria) ad un altro (acqua). L’angolo di incidenza (a) e quello dell’onda riflessa (b) sono uguali, mentre quello dell’onda rifratta (c) è diverso.

La diffrazione La diffrazione è un fenomeno fisico che si verifica nella propagazione delle grandezze ondulatorie: quando un’onda incontra un piccolo ostacolo o una piccola fenditura praticata in un ostacolo di grandi dimensioni, si propaga al di là di essi come un insieme di onde sferiche, seguendo direzioni diverse da quella di origine. Per capire meglio il significato della diffrazione si pensi a una persona nascosta dietro a un albero. E’ possibile udirla tuttavia non è possibile vederla. La lunghezza d'onda delle onde sonore emesse dalla persona è dello stesso ordine di grandezza delle dimensioni dell'albero. Tali onde, grazie alla diffrazione, sono quindi in grado di superare l'ostacolo, consentendo così di udire la voce di una persona, anche se nascosta. La lunghezza d'onda della luce è molto più piccola delle dimensioni dell'albero e quindi la luce non riesce a "girarci attorno": essa viene completamente bloccata dall'albero.

Page 104: Appunti Di Fisica

Il fenomeno della diffrazione può essere spiegato soltanto se si ammette che ciascun raggio dell’onda viene “deviato” in modo da permettere alla perturbazione di propagarsi al di là dell’ostacolo o della fenditura, non soltanto con direzione rettilinea ma diffondendosi in tutte le direzioni.

In Figura a sinistra viene mostrata la diffrazione subita da un’onda a fronte longitudinale quando attraversa una fenditura di apertura variabile: se la fenditura è ampia (a) il fenomeno è appena percettibile e diventa sempre più evidente man mano che la fenditura si restringe (b; c).

L'interferenza L’interferenza è un fenomeno fisico dovuto alla sovrapposizione di due o più onde. L'intensità (o ampiezza) dell'onda nei punti di interferenza può variare tra un minimo, nel quale non si osserva alcun fenomeno ondulatorio, ed un massimo dove l’intensità totale coincide con la somma delle intensità delle singole onde. Per tutte le onde vale il principio di sovrapposizione, secondo il quale se, nello stesso spazio, si propagano due onde, in ogni punto di questo spazio, l’intensità dell’onda “risultante” è data dalla somma delle intensità che le singole onde produrrebbero da sole. Quando due onde di uguale frequenza si sovrappongono, si possono verificare due situazioni estreme di sovrapposizione: l’interferenza costruttiva e l’interferenza distruttiva.

L’interferenza costruttiva si ha quando le due onde oscillano “in fase”, cioè raggiungono i punti di massimo e di minimo agli stessi tempi; in questo caso l'ampiezza dell'onda risultante è uguale alla somma delle ampiezze delle singole onde interferenti.

L’interferenza distruttiva si ha quando una delle due onde raggiunge il massimo quando l’altra raggiunge il suo valore minimo. Pertanto l'ampiezza dell'onda risultante è pari alla differenza delle ampiezze delle singole onde; è dunque pari a zero nel caso in cui le due onde interferenti abbiano ampiezza uguale. La Figura a (sotto) mostra l’interferenza di due onde a fronte circolare realizzata mediante l’ondoscopio.

In essa sono chiaramente visibili i punti relativi alle zone d’interferenza costruttiva e quelli relativi alle zone d’interferenza distruttiva.

Esercizio 151

Page 105: Appunti Di Fisica

Il suono I suoni sono originati da onde sonore, onde meccaniche che si propagano attraverso un fluido (aria o acqua), ma anche attraverso un solido (metalli).

Propagazione delle onde sonore Le onde sonore sono onde longitudinali. Sono originate da compressione e rarefazione e, come una molla compressa e rilasciata, si propagano nella stessa direzione dell’oscillazione. Le corde di un violino, le membrane di un altoparlante, le corde vocali, vibrando cioè oscillando rapidamente, comprimono l’aria circostante producendo l’onda sonora. Qualsiasi corpo elastico che oscilla con sufficiente rapidità da produrre un’identica oscillazione del valore della pressione dello strato di aria con cui esso è a contatto può produrre un’onda sonora cioè un suono.

Quando un’onda sonora raggiunge il timpano, che si trova nella parte interna dell’orecchio, questo vibra con le stesse caratteristiche dell’oggetto che ha generato il suono.

Il suono non può propagarsi nel vuoto: le sue onde viaggiano solo attraverso la materia, sia essa allo stato solido, liquido o gassoso. La verifica del fatto che il suono non può propagarsi nel vuoto può essere fatta usando una apparecchiatura come quella mostrata in Figura a sinistra. Un campanello, posto dentro una cappa di vetro, viene fatto suonare: il suono si produce se la campana contiene aria (a), mentre non si produce se nella cappa viene fatto il vuoto (vibra ma non suona) (b).

Caratteristiche del suono Le onde sonore sono caratterizzate, a seconda della natura, delle dimensioni, e dello stato di tensione del corpo

elastico che entra in vibrazione, nonché dalla causa che origina tale vibrazione, da alcune grandezze che ne

definiscono l’andamento: frequenza (o altezza), ampiezza (o intensità) e timbro.

La frequenza indica l’altezza del suono: in particolare con l’aumentare della frequenza un suono diviene più

acuto (alto), col diminuire diviene più grave (basso). La frequenza si esprime in Hertz.

L’ampiezza (o intensità) di un suono è una caratteristica legata all’ampiezza delle onde sonore. L’aumento del volume di una sorgente audio corrisponde all’aumento dell’ampiezza delle onde emesse dall’altoparlante. Come tutte le onde, anche il suono trasporta energia man mano che si propaga. Per questo possiamo associare ad ogni sorgente sonora una potenza. La potenza è l'energia che viene emessa dalla sorgente diviso l'intervallo di tempo nel quale questa energia viene emessa. Anche la potenza del suono si misura in Watt.

Il timbro è la caratteristica che ci permette di distinguere due suoni che hanno la stessa altezza e la stessa intensità. L’onda sonora è quasi sempre la conseguenza della sovrapposizione di onde diverse (fondamentali e armoniche). Il timbro dipende dalla sorgente (forma e composizione) e dalla maniera in cui il corpo elastico viene fatto oscillare. In parole più semplici il timbro è la qualità del suono che ci permette di distinguere la “voce” di un violino da quella di un flauto, quando i due strumenti stiano emettendo una stessa nota. Si può dire che il timbro rappresenta la carta di identità del suono.

La velocità del suono La velocità di propagazione del suono dipende dallo stato fisico della materia attraverso la quale si propaga. Nei gas la velocità del suono dipende anche dalla temperatura: tanto più alta è la temperatura, tanto più elevata è la velocità. Nell’aria, alla temperatura di 20 °C, la velocità del suono è di 340 m/s (1224 km/h).

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Gli ultrasuoni L’orecchio umano è in grado di udire solo i suoni con frequenze comprese tra 20 e 18000 Hz. Si chiamano ultrasuoni i suoni con frequenze superiori o inferiori a questi limiti. Molti animali (cani, pipistrelli, balene…) sono in grado di udire gli ultrasuoni.

Nell’ecografia le onde emesse da una sorgente ad ultrasuoni, cambiano velocità quando attraversano tessuti diversi. Le onde riflesse che riemergono, vengono trasformate in immagini di organi interni. In Figura a sinistra, l’immagine tridimensionale di un feto di 29 settimane ottenuta con la tecnica dell’ecografia ad ultrasuoni.

L'effetto Doppler

Un fenomeno acustico particolare è l’effetto Doppler, che consiste nella variazione di frequenza dell'onda

"percepita" da un ascoltatore (osservatore) quando la sorgente sonora si avvicina o si allontana

dall’ascoltatore stesso: in realtà la frequenza del suono emesso dalla sorgente non cambia. Per

comprenderne l’effetto doppler, possiamo considerare la seguente analogia: Un lanciatore di una squadra di

baseball, lancia verso il ricevitore una serie di palle ogni secondo, con velocità costante. Se il lanciatore è

fermo, al ricevitore arriva una palla ogni secondo. Se il lanciatore, continuando a lanciare una palla al secondo

(frequenza costante), si avvicina al ricevitore, quest’ultimo ne riceverà un numero maggiore perché le palle

devono percorrere sempre meno strada. Quando il lanciatore si ferma, la situazione ritorna come all’inizio. Se

il lanciatore si allontana si verifica l’effetto contrario. Ciò che cambia è quindi la distanza (definita propriamente

lunghezza d'onda); come conseguenza, la frequenza (altezza) del suono percepito cambia. L’effetto Doppler

è la causa del “bang” prodotto dagli aerei quando superano la velocità del suono (Figura sotto).

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L'eco L’eco è un suono che rimbalza da una parete riflettente. Poiché la velocità v del suono è costante, il tempo t

che il suono impiega per andare alla parete riflettente e tornare alla sorgente si calcola con la formula:

𝒕 = 𝟐𝒅

𝒗

dove d è la distanza della parete dalla sorgente.

Il suono riflesso dalla parete viene percepito come eco, solo se il tempo impiegato dal suono per andare e

tornare è maggiore di 0,1 secondi. Infatti l'orecchio umano distingue due suoni solo se essi gli giungono

distanziati di almeno 0,1 secondi; se il tempo è inferiore si sente un fastidioso rimbombo.

Oltre che in medicina (ecografia) questi principi

sono sfruttati per il funzionamento

dell’ecoscandaglio o sonar: onde sonore, in

genere ultrasuoni, inviate verso il fondo del mare

vengono riflesse fino a tornare all’imbarcazione

dalla quale provengono (Figura a sinistra).

Dal tempo impiegato dall’emissione del suono

fino alla rilevazione dell’eco da parte dello

strumento si può risalire alla profondità del

fondale o registrare l’eventuale passaggio di un

branco di pesci.

Riassunto 154 Esercizi 155 – 158 Le onde elettromagnetiche e la luce La luce Le onde meccaniche (elastiche, sonore), sono strettamente connesse alla materia. In assenza di materia, infatti, nessuno di tali fenomeni potrebbe aver luogo. Le onde elettromagnetiche, pur essendo generate dalla materia, si possono propagare nel vuoto. La luce è un esempio di onda elettromagnetica. Essa viene generata da reazioni e fenomeni materiali (reazioni chimiche, flusso di elettroni ...) ma può viaggiare anche nel vuoto. La distanza tra la Terra ed il Sole è pari a milioni di chilometri, lo spazio tra i due corpi è per la maggior parte vuoto; nonostante questo il Sole riesce a trasmetterci la sua luce, fondamentale per la sopravvivenza del nostro pianeta.

Natura elettromagnetica della luce a combustione o altre reazioni chimiche possono talvolta dar luogo a emissioni di energia anche sotto forma di luce. La “luce elettrica” deriva da fenomeni legati al passaggio di elettroni attraverso un conduttore. Il trasferimento di elettroni è la fonte comune delle varie forme di energia luminosa. La luce è quindi originata da fenomeni di natura elettrica. Quando in un processo sono coinvolti degli elettroni che si muovono con velocità variabile (esempio: corrente alternata) si genera una onda elettromagnetica, anche in assenza di materia, con trasporto di energia, che chiameremo energia elettromagnetica.

La velocità di propagazione della luce Lo scienziato scozzese J.C. Maxwell (1831-1879), riuscì a calcolare la velocità della luce nel vuoto, trovando un valore pari all’incirca a 3 • 108 m / s (precisamente c = 2,997925 • 108 m / s, circa trecentomila km / s). In un mezzo materiale, però, la velocità di propagazione della luce è minore di c, perché la materia assorbe parte dell’energia luminosa. Più alto è l’indice di rifrazione n del mezzo, più la luce viene rallentata. Per calcolare la velocità della luce in un mezzo materiale, basta applicare la formula v = c / n La velocità della luce nell'aria (n = 1,0003) coincide praticamente con quella nel vuoto. Nell'acqua (n = 1,33) avremo invece che la luce si propaga a 225 000 km / s. Nel vetro (n = 1,52) la velocità di propagazione dei

raggi luminosi è ancora più piccola: 197 000 km / s. Esercizio 159

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Caratteristiche delle onde elettromagnetiche Le onde elettromagnetiche (quindi anche la luce) come tutti gli altri tipi di onda, hanno una frequenza f e

una lunghezza d’onda . La frequenza f è la frequenza con la quale oscillano il campo elettrico E ed il campo magnetico B .

La Figura a sinistra è una rappresentazione grafica di un’onda elettromagnetica: il campo elettrico E ed il campo magnetico B, sono descritti da vettori che oscillano su piani perpendicolari tra loro. La direzione di propagazione dell’onda è perpendicolare a entrambi i vettori.

Per le onde elettromagnetiche è valida nel vuoto la relazione:

c = f · (c = velocità della luce nel vuoto) Anche le onde elettromagnetiche sono soggette ai fenomeni tipici, come la riflessione, la rifrazione, la diffrazione e l'interferenza. Quando un'onda elettromagnetica incontra un mezzo materiale, la sua energia può essere assorbita dal mezzo o può venire trasmessa. L'interazione delle onde elettromagnetiche con la materia dipende sensibilmente dalla loro frequenza.

Esercizio 160 La riflessione della luce Il fenomeno della riflessione della luce si verifica quando un suo raggio incontra una superficie riflettente, per

esempio quella dello strato d’argento distribuito dietro il vetro di uno specchio. In questo caso il raggio di luce

non riesce a penetrare all’interno del corpo, venendo rimandato indietro.

Quando la luce proveniente da una sorgente luminosa incontra una superficie ben levigata (ad esempio uno specchio o una superficie metallica priva di asperità) parte della luce torna indietro nell'aria (luce riflessa). Esistono due leggi che regolano la riflessione della luce, dovute a Cartesio:

La prima legge della riflessione afferma che il raggio incidente, il raggio riflesso e la perpendicolare alla superficie riflettente giacciono sullo stesso piano, detto piano di incidenza. La seconda legge della riflessione afferma invece che l'angolo di incidenza i e l'angolo di riflessione r sono uguali tra loro: i = r, dove l'angolo di incidenza i è l'angolo che il raggio incidente forma con la perpendicolare alla superficie, mentre r è l'angolo del raggio riflesso. Le leggi della riflessione valgono anche se la superficie riflettente non è piana. In tal caso però le perpendicolari alla superficie hanno direzioni diverse pertanto anche i raggi luminosi vengono riflessi in varie direzioni e si dice che la luce viene diffusa dalla superficie.

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La rifrazione della luce Quando la luce colpisce la superficie di separazione tra due materiali trasparenti, in genere si divide in due parti, come mostra la Figura A: una parte viene riflessa con un angolo (b) uguale all’angolo di incidenza (a) e una parte continua a propagarsi oltre la superficie di separazione. Se il raggio incidente non è perpendicolare alla superficie di separazione, il raggio che penetra nel secondo materiale (raggio rifratto) ha una direzione diversa da quella del raggio incidente.

• Figura A: quando la luce passa da un mezzo con indice di rifrazione minore (aria) a uno con indice di rifrazione maggiore (acqua), il raggio rifratto si avvicina alla perpendicolare (a = b; c minore di a e di b); • Figura B: quando la luce passa da un mezzo con indice di rifrazione maggiore (acqua) a uno con indice minore (aria), il raggio rifratto si allontana dalla perpendicolare (a’ = b’; c’ maggiore di a’ e di b’). In entrambe le situazioni l’angolo di incidenza (a, a’) l’angolo di riflessione (b, b’) e l’angolo di rifrazione (c, c’) sono misurati rispetto alla retta perpendicolare alla superficie di separazione nel punto di incidenza. La rifrazione consiste nella deviazione che subiscono i raggi di luce quando attraversano la superficie di

separazione fra due mezzi diversi.

Osservando dall’esterno un pesce immerso in acqua, l’occhio vede una immagine in posizione sbagliata. I raggi del sole vengono riflessi dagli oggetti e, uscendo dall’acqua, vengono deviati dalla rifrazione,

mostrando una immagine in posizione virtuale che non corrisponde quella reale posizione (Figura sopra). Per avere una indicazione del comportamento di un singolo materiale rispetto alla rifrazione, si fa riferimento all’indice di rifrazione assoluto di una sostanza: esso rappresenta l’indice di rifrazione di tale sostanza rispetto al vuoto. Questa grandezza fisica varia da sostanza a sostanza e costituisce un’ulteriore proprietà della materia (Tabella sopra).

Indici di rifrazione assoluto di alcuni materiali

Mezzo Indice

aria 1,00

ghiaccio 1,31

acqua 1,33

alcol etilico 1,36

olio di oliva 1,46

glicerina 1,47

vetro per bottiglie 1,52

diamante 2,42

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La riflessione interna totale Quando un raggio di luce passa da un mezzo più denso ad uno meno denso, per effetto della rifrazione esso si allontana dalla perpendicolare (Figura a).

Man mano che aumenta l’angolo di incidenza i, aumenta

progressivamente anche l’angolo di rifrazione r fino a quando, per un

particolare valore dell’angolo di incidenza, il raggio rifratto esce

parallelamente alla superficie di separazione tra i due mezzi (Figura

b).

L’angolo particolare viene detto angolo critico; il valore dell’angolo

critico dipende dal tipo di materiale.

Se l’angolo di incidenza i supera il valore critico, si verifica l’effetto

della riflessione interna totale (la superficie di separazione, pur

essendo trasparente, si comporta come uno specchio (Figura c).

Le fibre ottiche

Le fibre ottiche sfruttano il fenomeno della riflessione

interna totale; sono costituite da cavi tubolari di materiale

trasparente flessibile (core), avvolto da un altro materiale

con indice di rifrazione più basso (cladding) entrambi

contenuti in una guaina protettiva (Figura a). Quando un

raggio di luce entra nella fibra, viene totalmente riflesso

tutte le volte che colpisce la superficie di contatto tra i due

materiali. In tal modo il raggio, sottoposto a continua

riflessione (Figura b), rimane confinato nella fibra e si

propaga in essa senza perdere l’energia che possedeva

in ingresso.

Le fibre trovano importanti applicazioni in telecomunicazioni, diagnostica medica e illuminotecnica.

Page 111: Appunti Di Fisica

La dispersione della luce

Se indirizziamo un fascio di luce bianca (sole, lampadina) sulla superficie di un prisma di vetro, il fascio di luce si disperde in una serie di raggi con colori diversi (Figura a). Se mettiamo uno schermo bianco oltre il prisma, su di esso si distingue una successione di colori dal rosso al viola (colori dell’iride). La dispersione è un fenomeno fisico che causa la separazione di un'onda in componenti con diverse lunghezze d'onda.

Siccome la luce bianca è costituita da un insieme di onde luminose di diversa lunghezza d’onda, la dispersione di tale luce dipende essenzialmente da due fattori:

la diversa velocità delle onde nel mezzo attraversato, che dipende dalla diversa lunghezza d'onda;

il diverso valore dell’angolo di rifrazione che è direttamente proporzionale alla velocità di propagazione. Quando il fascio di luce bianca incide sulla superficie del prisma di vetro, l’angolo di rifrazione di ciascuna delle sue componenti risulterà diverso, poiché esse si propagano nel vetro con velocità diverse. La dispersione è anche chiamata dispersione cromatica; un mezzo che mostra questa caratteristica nei confronti dell'onda luminosa è detto mezzo dispersivo. In Figura sotto è mostrata la corrispondenza tra lunghezza d’onda (espressa in nanometri) e colore della luce. Il colore che corrisponde alla lunghezza d’onda maggiore (frequenza minore) è il rosso, quello a cui corrisponde la lunghezza d’onda minore è il viola.

Il colore dei corpi Quando una componente della luce bianca colpisce un corpo si possono verificare tre fenomeni che, in genere, non si escludono a vicenda. trasmissione: una o più componenti della luce bianca riescono ad attraversare il corpo, che pertanto risulta trasparente rispetto a tali componenti; assorbimento: una o più componenti vengono assorbite dal corpo. Parte della radiazione assorbita viene riemessa. L’assorbimento produce un aumento di temperatura diffusione o dispersione: una o più componenti del raggio di luce che incide sull’oggetto vengono riflesse in modo disordinato, sparpagliato (scattering). La riflessione diffusa si manifesta sulla superficie dei solidi opachi (non riflettenti ne perfettamente trasparenti) e restituisce al nostro occhio luce diffusa, con colore diverso, a seconda se la luce incidente è stata solo dispersa o anche assorbita più o meno selettivamente. Il colore di un corpo dipende dalla capacità che esso ha di diffondere alcune componenti colorate della luce bianca piuttosto che altre.

Page 112: Appunti Di Fisica

Un oggetto appare rosso perché riflette prevalentemente la componente rossa della luce, ed assorbe tutti gli altri colori. Un corpo appare nero quando assorbe tutti i colori; viceversa, appare bianco quando non assorbe nessun colore. Il rosso, il blu e il verde sono chiamati colori primari additivi perché quando vengono mescolati si sommano e possono originare tutti gli altri colori. Il rosso, il giallo e il blu sono invece colori primari sottrattivi. Le Figure sotto mostrano i colori prodotti quando i tre colori primari vengono proiettati su uno schermo. La luce bianca si ottiene quando si sovrappongono tutti e tre i colori primari. La sovrapposizione di due colori primari genera un altro colore, detto colore secondario. Per esempio, sovrapponendo il rosso e il giallo si ottiene l’arancio, mentre il colore blu sovrapposto al colore rosso dà il magenta.

Esercizio 161 Lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche La luce è solo una piccola parte delle onde elettromagnetiche: le lunghezze d’onda delle radiazioni elettromagnetiche coprono infatti un ampio intervallo che va circa da meno di 10-16 m (i raggi X e le radiazioni gamma) a più di 103 m (le onde radio). Tutte le onde elettromagnetiche si propagano con la stessa velocità nel vuoto, mentre il loro comportamento nei diversi mezzi dipende dalla lunghezza d’onda e dal tipo di materiale. L’occhio umano è in grado di “vedere” solo le onde elettromagnetiche le cui frequenze ricadono nell'intervallo compreso fra 4 • 1014 Hz e 7,9 • 1014 Hz. L’insieme delle onde elettromagnetiche suddivise in base alle frequenze (o alle lunghezze d’onda) è definito spettro elettromagnetico (Tabella sotto).

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Le onde radio Le onde radio o radioonde sono radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d'onda da 1 mm all'infinito. Le onde radio con lunghezza d’onda elevata, grazie al fenomeno della diffrazione, riescono ad aggirare ostacoli di grandi dimensioni; per questa caratteristica sono utilizzate nelle comunicazioni a grandi distanze.

Le onde sonore (voce, musica, rumori) fanno vibrare la membrana del microfono, collegata ad un circuito elettrico oscillante che genera un’onda radio (trasduzione) che, dopo opportuna modulazione di ampiezza e di frequenza, viene trasmessa da una antenna. Attraverso l’antenna del ricevitore l’onda radio rimodulata arriva ad un circuito elettrico simile a quello precedente che la ritrasforma in segnale elettrico, poi in vibrazione della membrana dell’altoparlante.

Le microonde Le microonde sono radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d'onda compresa tra le gamme superiori delle onde radio e la radiazione infrarossa (lunghezze d'onda tra 10 cm e 1 mm circa). Sono in grado di penetrare in diversi materiali. Quando attraversano un materiale, generano delle oscillazioni degli ioni, il cui movimento provoca un riscaldamento. Questo effetto termico è chiamato diatermia ed è utilizzato a scopo

terapeutico in medicina per riscaldare zone limitate del corpo umano. Non raggiungendo temperature troppo elevate, esse riescono a curare artriti, borsiti, strappi muscolari e danni traumatici in genere. Interagiscono con le molecole d’acqua, le quali, messe in vibrazione, sviluppano calore: per questo vengono utilizzate per la cottura dei cibi che, al loro interno, contengono acqua. Sono utilizzate anche per telecomunicazioni spaziali perché sono in grado di trasportare molte informazioni. Per inviare o ricevere segnali a microonde vengono utilizzate grandi antenne paraboliche (Figura a sinistra).

Le radiazioni infrarosse Le radiazioni infrarosse (IR, InfraRed) sono radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d'onda compresa tra 700 nm e 1 mm (banda infrarossa); si trovano oltre la zona rossa dello spettro visibile. Sono anche dette radiazioni termiche perché sono emesse dai corpi caldi.

In medicina sono stati messi a punto degli analizzatori a raggi infrarossi che vengono impiegati per rivelare i “punti caldi” all’interno del corpo umano; sullo stesso principio sono basate le telecamere all’infrarosso (Figure ai lati).

Page 114: Appunti Di Fisica

Le radiazioni ultraviolette Le radiazioni ultraviolette (UV, UltraViolet) sono radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d'onda compresa tra 400 nm e 10 nm. Sono contenute nelle radiazioni solari ma non sono percepibili dai nostri occhi perché hanno frequenze maggiori rispetto a quelle della zona del visibile. Sono dannose per gli occhi, ma hanno un potere abbronzante per la pelle perché stimolano la produzione della melanina.

Oltre che come abbronzanti (UVA), le lampade ultraviolette sono anche usate per potabilizzare l'acqua e per sterilizzare ambienti e strumenti usati in ospedali e laboratori biologici, perché uccidono quasi tutti i virus ed i batteri.

I raggi X e raggi gamma I raggi X sono radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d'onda compresa tra 10 nanometri (nm) e 1/1000 di nanometro (1 picometro). I raggi gamma, sono radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d'onda inferiore a 1 picometro. Queste radiazioni hanno un elevato potere penetrante (Figure sotto).

I raggi X hanno la proprietà di penetrare i tessuti ma di essere bloccati dalle ossa: per questo sono usati principalmente nella diagnostica medica per ottenere le radiografie. Poiché le radiazioni possono provocare seri danni alla salute, è necessario evitare un uso eccessivo e proteggere le parti non interessate con schermi di piombo, un materiale in grado di bloccarli. Tabella riassuntiva delle frequenze e delle lunghezze d’onda delle radiazioni elettromagnetiche.

Tipo di radiazione elettromagnetica Frequenza Lunghezza d'onda

Onde radio ≤300 MHz ≥1 m

Microonde 300 MHz – 300 GHz 1 m – 1 mm

Infrarossi 300 GHz – 428 THz 1 mm – 700 nm

Luce visibile 428 THz – 749 THz 700 nm – 400 nm

Ultravioletti 749 THz – 30 PHz 400 nm – 10 nm

Raggi X 30 PHz – 300 EHz 10 nm – 1 pm

Raggi gamma ≥300 EHz ≤1 pm

Esercizio162

Riassunto 163

Esercizi 164 -169