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Lezione 19 23 aprile 2012 POLITICHE INDUSTRIALI: “ventaglio esteso d’interventi pubblici, diversi da quelli operanti attraverso strumenti macroeconomici, aventi come obiettivo almeno quello di migliorare la performance del sistema industriale” politiche industriali utilizzano strumenti microeconomici (governo della moneta e della spesa pubblica in quanto tale). Commesse pubbliche utilizzate nelle politiche industriali mostrano un confine labile tra gli strumenti micro e macro, ma in generale guardiamo a strumenti diversi da quelli macroeconomici. “incidere sulle capacità competitive del sistema industriale, nell’ambito di regole condivise che riguardano l’operare in economie aperte ed integrate” Si insiste sulle performance (capacità competitive), preoccupazione per gli aiuti di stato per le imprese (al sistema produttivo). Incidere su capacità competitiva ha dietro l’idea di competitività sull’export: Italia con industria manifatturiera importante, paese trasformatore, competitività= capacità di esportare in altri mercati. Obiettivo delle politiche: favorire l’evoluzione dell’economia verso direzioni ritenute desiderabili da 4 punti di vista: 1. Economico: migliorare l’efficienza 2. Sociale: migliorare l’equità 3. Ambientale: interesse sempre crescente (industria verde: motore potenziale di crescita soprattutto per i paesi trasformatori/ manifatturieri) 4. Politico: garantire interessi nazionali Le politiche industriali economiche possono essere distinte in altre 4 macro classi: 1. Per migliorare l’efficienza statica: far funzionare i mercati, corretta allocazione delle risorse scarse verso obiettivi alternativi, quindi come uso al meglio le risorse scarse. Poche risorse per fare poche cose, ma bene! Massima

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Lezione 19 23 aprile 2012

POLITICHE INDUSTRIALI:

“ventaglio esteso d’interventi pubblici, diversi da quelli operanti attraverso strumenti macroeconomici, aventi come obiettivo almeno quello di migliorare la performance del sistema industriale”

politiche industriali utilizzano strumenti microeconomici (governo della moneta e della spesa pubblica in quanto tale). Commesse pubbliche utilizzate nelle politiche industriali mostrano un confine labile tra gli strumenti micro e macro, ma in generale guardiamo a strumenti diversi da quelli macroeconomici.

“incidere sulle capacità competitive del sistema industriale, nell’ambito di regole condivise che riguardano l’operare in economie aperte ed integrate”

Si insiste sulle performance (capacità competitive), preoccupazione per gli aiuti di stato per le imprese (al sistema produttivo). Incidere su capacità competitiva ha dietro l’idea di competitività sull’export: Italia con industria manifatturiera importante, paese trasformatore, competitività= capacità di esportare in altri mercati.

Obiettivo delle politiche: favorire l’evoluzione dell’economia verso direzioni ritenute desiderabili da 4 punti di vista:

1. Economico: migliorare l’efficienza2. Sociale: migliorare l’equità3. Ambientale: interesse sempre crescente (industria verde: motore potenziale di crescita

soprattutto per i paesi trasformatori/ manifatturieri) 4. Politico: garantire interessi nazionali

Le politiche industriali economiche possono essere distinte in altre 4 macro classi:

1. Per migliorare l’efficienza statica: far funzionare i mercati, corretta allocazione delle risorse scarse verso obiettivi alternativi, quindi come uso al meglio le risorse scarse. Poche risorse per fare poche cose, ma bene! Massima quantità di beni al minor costo possibile o la migliore qualità di beni. Intervenire in caso di fallimenti di mercato: monopoli naturali o oligopoli, esternalità, asimmetria informativa. Quando i mercati sono mal funzionanti è necessario fare interventi che migliorino l’efficienza statica. Ed esempio: normativa antitrust è un tipico caso di politica che punta sull’efficienza statica.

2. Per migliorare l’efficienza dinamica: inseriamo la chiave temporale (statica: fotografia, dinamica= cinema). Efficienza NEL cambiamento: come si modificano le risorse e tutto il tema del cambiamento ossia l’innovazione ( di prodotti, processi, informatica… tutto ciò che genera cambiamento). Innovazione e cambiamento collegato al tema della competitività (innovare ad un ritmo non inferiore rispetto agli altri competitors). Trade off tra efficienza statica e dinamica: ottimizzando al medio-lungo periodo, posso avere dei cali nel breve periodo.

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3. Per assicurare il coordinamento: intervenire su investimenti complementari. L’affermarsi di un prodotto dipende anche dall’insieme dei servizi e dalla filiera che gli sta intorno e che consente a quel prodotto di aver successo. Esempio: auto elettrica ha bisogno delle condizioni per affermarsi, ad esempio i punti di ricarica che devono essere posti in molte parti della città.

4. Favorire le condizioni di contesto: infrastrutture, materie prime, conoscenze. Tutto ciò che rende possibile produrre in maniera efficiente.

Le politiche servono perché sviluppano degli obiettivi di utilità sociali, di bene pubblico. Se l’output della politica industriale fosse solo un bene privato, qualsiasi tipo di sostegno a favore dell’industria sarebbe un intervento redistributivo di cui beneficia solo il privato. La politica industriale è una struttura di incentivi che va a modificare la funzione obiettivo, al margine o sostanzialmente. Fa fare delle scelte (libertà del soggetto), al consumatore o all’imprenditore che non avrebbe fatto in assenza di politiche. Es: per forzare investimenti, regolamentazioni (incentivo) o incentivi finanziari perché riconosco l’esternalità positiva della comunità. La bontà degli incentivi si misura a seconda della capacità che questi hanno di modificare la funzione obiettivo e le azioni dei soggetti, e sull’efficacia (con quante poche risorse ottengo il max del risultato).

EVOLUZIONE STORICA DELLE POLITICHE INDUSTRIALI:

3 macro periodi dal ’70:

anni ’70: politiche industriali di tipo settoriale aggressive: interesse nel migliorare/sostenere la competitività internazionale delle proprie industrie e settori. Hanno successo industrie come ENI, ENEL IRI, BANCHE. Attenzione a consolidare, su determinati settori, una competitività nazionale e internazionale di grossi attori tramite un aiuto grosso e potente. Aiuti di stato pesanti, politiche che distribuiscono soldi per ricerca e innovazione, nuove tecnologie, join venture, nel campo energetico per esplorazione…

anni ’80: politiche difensive: inondazione di prodotti (mp e semilavorati, prodotti finali) a basso costo da competitors esterni. Accordi a livello internazionale per porre freni fisici.

Liberalizzazione del mercati e delle politiche: non più politiche verticali ma politiche orizzontali o di fattori che utilizzano strumenti diretti ed indiretti:Strumenti diretti: più invasivi (gestione partecipazioni statali, prezzi amministrati, monopoli di stato). Strumenti indiretti: la strumentazione orizzontale, strumentario standard (domanda pubblica e sussidi, agevolazioni fiscali)

Passaggio culturale: da politiche di settore (orizzontali) a politiche di fattore (verticali).

FATTI IN CERCA DI IDEE: mettere in crisi luoghi comuni sull’inefficacia e lo spreco delle politiche industriali nel sistema paese.

Non grande successo delle politiche industriali. Perché?

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Modello di specializzazione del modello produttivo italiano che dovrebbe essere diverso da quello che è. Tasso di crescita inferiore rispetto alle altre economie e perciò ci si interroga sulla scarsa produttività italiana. Si critica il modello di produttività italiana; Prima debolezza strutturale: piccole e micro imprese e pochissime medie imprese. Negli altri paesi il numero delle medie e grandi imprese è maggiore. Sistema orientato alla piccola impresa. Con le grandi dimensioni posso avere accesso ad investimenti grossi, nelle piccole imprese ciò non è possibile poiché spreco di risorse. Piccole imprese svantaggiata in ricerca e sviluppo e che quindi è svantaggiata anche nella competitività nazionale.Seconda debolezza: Italia specializzata in settori e prodotti maturi. Prodotti che non sono trainati dall’accumulazione di sapere dato da ricerca e sviluppo ma sono fondati su un saper fare.

Conclusione: sistema Italia è debole per due ragione: la dimensione piccola delle imprese e la specializzazione settoriale priva di tecnologia.

Italia non è pronta per una trasformazione da manifatturiera a terziaria quindi si hanno previsioni pessimistiche sul futuro della nazione. È arretrata nel terziario.

Si sprecano dunque molti soldi per l’industria privata con scarsa capacità di incidere.

Grafico: percentuali delle politiche sul PIL; quanto pesano le politiche.

92/93: anni di crescita delle politiche industriali settoriali. Primo orientamento a politiche orizzontali. Politiche industriali importanti che incidono molto sul bilancio, soprattutto il Italia e Germaniaanni 2000: crollo delle politiche industrialiOsservazione: Italia è crollata molto più degli altri paesi. Il sistema produttivo italiano era sostenuto da ingenti risorse pubbliche distribuite in maniera inefficacie solo negli anni 90 quindi ha dovuto affrontare la crisi autonomamente. Penalizzazione maggiore rispetto alle altre industrie, francese, spagnola, tedesca…

Per riassumere: 1. Diminuzione costante delle risorse erogate2. Aumento della pressione fiscale complessiva nei confronti delle società (calo solo nel 2008)3. I flussi finanziari non sono stati nel decennio fattore di supporto, le imprese hanno dovuto far fronte alla crisi “autonomamente”

Lezione 20 24 Aprile 2012

Le imprese italiane hanno ricevuto troppi aiuti senza raggiungere risultati apprezzabili?Osservazioni: 1) l’intervento finanziario per le imprese è tra i più bassi d’EuropaDati: trend decrescita di politiche industriali. Al di là degli interventi specifici per la crisi, gli interventi per le imprese sono stati comunque sviluppati. 2) il dibattito si focalizza sugli interventi al sud, con un giudizio ancor più negativo.Interventi nel sud sono diminuiti mentre quelli del sud sono aumentati. Nel 2009, ultimo anno di politiche industriali, abbiamo 1miliardo e 8 di interventi al sud. Calo

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relativo degli interventi negli ultimi anni del decennio 2000 tra sud e nord. Prima quota rilevante degli aiuti andavano al sud, ora nel 2009 sono diminuiti al sud e aumentati al nord. (il meridione non risulta più malmesso rispetto all’insieme allargato dell’Europa poiché entrano a far parte dell’obiettivo 1 regioni più povere). Somma di risorse importanti è sempre stata indirizzata al sud ma rispetto alle politiche nazionali, la massa di risorse per il sud non è cosi enorme ed è comunque una quota sempre decrescente. 3) elemento paradossale è che il giudizio di inutilità delle politiche diviene alibi per l’inerzia totale nel modificare strategie e modalità attuative. Inerzia nel cambiamento, logiche politiche distorte nel voler mantenere risorse decrescenti poiché date senza giustificazione, in modo poco rigoroso e senza valutazione e senza quindi suggerire miglioramento.

Esempio eclatante di questa difficoltà italiana di far funzionare le politiche industriali è industria 2015: progettato nel 2006 e doveva essere la risposta italiana agli obiettivi di Lisbona su come lo stato nazionale si attrezza su politiche di competitività per aiutare le proprie imprese a convergere agli obiettivi ambizioni che l’Europa si era prefissata. La logica era una logica per bandi, 6 grandi macro raggruppamenti, di filiera e non settoriali, trasversali come la dinamica di ricerca, tecnologia, innovazione. 6 macro obiettivi, l’idea di reti di progetti. Iter lunghissimo ma progetto non è mai decollato. Sono stati approvati i primo progetti ma senza avere le risorse necessarie. Le poche risorse esistenti hanno preso altre direzioni, ad esempio hanno coperto situazioni di emergenza (Abruzzo, Alitalia…): borsellino a cui attingere in attesa di tempi migliori. Mai abrogato il programma 2015, nessuna giustificazione per la mal riuscita.Problema della tempistica è rilevante. Nessuna legge industriale, dopo essere stata approvata in parlamento, è funzionante. Tempo tecnico perché i ministeri approvino i regolamenti attuativi + soggetti gestori + processo vero e proprio, tempistica per avere accesso e fare domanda, per la valutazione esterna e interna, analisi dossier, stilare graduatoria, banca fa le sue verifiche. La tempistica va da 4 a 5 anni.Spesso succede che le imprese attivano i progetti prima della fine dei tempi tecnici, anticipano. Problematiche: 1. lo stato pagatore viene meno e quindi non si hanno più le risorse (industria 2015). 2. Problema di ridondanza del finanziamento.

Bisogna fare attenzione a:1) Quantificazioni accurate e obiettivi impliciti delle politiche: quando si disegna una

politica bisogna avere un’idea dei potenziali beneficiari. Normative con meno domanda da parte delle imprese delle risorse messe a disposizione (perché il percorso risultava costoso in termini di energia per seguire il processo), oppure normative che sono prese d’assalto dalle imprese, sino all’esasperazione della lista di precedenza delle domande (ordine temporale in cui sono state presentate). Razionamento se le domande sono tante per decidere chi finanziare.

2) Procedure e strumentazioni tecniche vanno adeguate ai servizi offerti.3) Valutazione d’efficacia delle politiche: valutazione dei progetti (oggetti) sono molto

tecnici e ingegneristici e la valutazione delle politiche. 4) Stabilità finanziaria e dimensionamento adeguato dei programmi: politiche una tantum

o politiche ripetute? Politiche a sportello (requisiti/obiettivi/modalità molto rigidi e puoi far domanda quando vuoi, quanto è appropriato per il proprio percorso. Se hai i requisiti vieni finanziato, maggiore automatismo. Non c’è un’ulteriore selezione di qualità ) o politiche a bando (apertura e chiusura della procedura con meccanismo di valutazione implicito e emerge poi una graduatoria e a seconda di quanto è stringente il vincolo finanziario si finanzia dai primi sino ad esaurimento. Selettivo quando si

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sbaglia ad identificare potenziali target risorse a disposizione).Altre differenziazioni importanti:

Il bando, poiché è una tantum, non c’è la certezza che verrà riproposto in futuro tutti concorrono, poiché potrebbe essere l’ultima chance. Forzatura sulla decisione iniziale, sulla scelta. Forzatura sui tempi per fare selezione e scrematura (bando che esce ad agosto, ad esempio). Crea pressione nelle imprese.

Normativa a sportello ha un effetto permanenza che permette di fare richiesta quando si ritiene necessario e appropriato. Perché pochi bandi a sportello? Di solito le risorse sono coscientemente inferiori alla potenziale domanda e quindi ci si renderebbe conto di avere molte più domande rispetto alle risorse che metto a disposizione. Legge Sabbatini, per finanziare i nuovi macchinari, doveva essere rifinanziata periodicamente.

Precisazione tecnica Unità di misura delle politica: equivalente sovvenzione lorda (o netta). Nasce il problema di un’unità di misura comune perché gli aiuti e le sovvenzioni sono molto diversi a seconda della tipologia attuativa che utilizzano: in conto capitale: investimento di 1 milione di euro, 300 mila euro te li da la legge di finanziamento. Questa sovvenzione pesa il 30% rispetto all’investimento effettuato. Finanziamento su interessi: sempre su investimento di 1 milione, prendi in banca e io ti abbatto il tasso d’interesse dal 7% al 2% perché la legge mette la differenza. In conto interesse ti do il 5% (la differenza). Per sommare normative diverse, ho bisogno di un’unità di misura che renda congrua ogni tipologia attuativa. Devo trasformare tutto in ESL per sommare gli strumenti diversi. Metodologia richiesta e messa a punto da UE per superare le diversità nazionali e creare confronti. Netta perché su queste cifre le imprese pagano le imposte.Omogenizzare- paragonare.

Trend di netta decrescita di ESL in Italia. Le cifre possono anche essere ridotte nell’analisi degli impatti poiché tutte le cifre sono sul concesso, cioè quanto viene attribuito dopo aver superato la procedura, in chiusura, domanda valutazione e graduatoria (diverso da erogato, con modalità che dipende da ogni singola legge, magari anticipo e poi rate). Verifica formale della correttezza e dell’esecuzione effettiva del progetto finanziato. Erogato è ciò che viene effettivamente pagato da stato e ricevuto da impresa. Per misurare l’impatto di una politica è necessario valutare l’erogato. Troppe leggi di finanziamento ufficialmente aperte e operative. Quelli regionali hanno un vincolo territoriale definito. Maggiore razionalizzazione degli interventi.

Tre leggi fanno parte del leone: legge aeronautica/aerospaziale : da sempre ha una dimensione molto grande, sopra il

miliardo di euro. Molto rilevante tanto da fare ragionamenti senza quella legge per avere una visione più omogenea

credito d’imposta ricerca e innovazione: non concorre a fare la base imponibile su cui calcolo le tasse. Se 100 è la spesa, 25 non concorre a formare la base imponibile su cui calcolo le imposte.

credito d’imposta investimenti aree depresse redistribuzione della spesa verso il centro nord. Credito d’imposta viene indirizzato ad imprese collocate in aree del nord. Nel periodo 2002-2009 i fondi diminuiscono del 42%:

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3 territori (piccoli e autonomi) aumentano significativamente la quota [Province TN e BZ e Valle d’Aosta]

4 grandi regioni [Piemonte, Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna] sono comprese in una variazione moderata rispetto alla media Italia (+7,6% PIE -7,8% ER)

Altre 4 regioni [Umbria, Toscana, Veneto, Puglia] calano significativamente ma meno della media Italia

Tutte le altre regioni diminuiscono più della media [solo 2 sono regioni del Nord, Liguria e FVG].

Nel mezzogiorno c’è una presenza significativa dell’aeronautico che è quella che è crollata meno negli ultimi anni. C’è proporzionalmente molte meno imprese che fanno domanda su ricerca e sviluppo. Ciò causa un calo dei fondi.

Ritardi che minano l’operatività degli interventi (industria 2015).

Tre problemi attuativi: Autorizzazione UE al nuovo regime di aiuto è un processo obbligatorio ogni volta che

istituisco una nuova legge, verificando che non sia contraria ai principi europei della libera circolazione e dell’uguaglianza tra tutte le imprese indipendentemente dal territorio. Questi processi causano una tempistica ancora maggiore (circa di un anno). L’Italia è più disattenta di altri paesi nell’accorciare i tempo di queste autorizzazioni.

Selezione richieste secondo un criterio temporale. Meccanismo dello sgravio dell’imposta su spese già sostenute: incentivazione su spesa

già fatta (sulle spese che tu fai, io ti consento di… ). Questo meccanismo incentiva spese almeno dell’anno precedente. Modalità poco efficace in quanto finanzia ex post un profitto su investimenti che sono già stati fatti. Generalmente la normativa serve per incentivare un percorso invece che un altro. È debole invece quando il meccanismo di attuazione è il meccanismo dello sgravo di imposta (che ha comunque dei vantaggi).

Fasi essenziali del processo (da quando viene attivata una nuova normativa di carattere industriale che prevede benefici e finanziamenti per soggetti potenzialmente utilizzatori sino al saldo finale):

1. Criteri di ammissibilità: (visti in logica critica per creare miglioramento e un processo più efficace e veloce). Preoccupazione più giuridica che sostanziale. La gestione dei procedimenti è più orientata ad una verifica giuridico/formale. La fase di verifica di criteri è una fase di alto assorbimento di risorse e di tempo a causa della selettività formale fatta. (vizio di forma: la firma nel 17 documento su 18). Qual è la ratio che dice che errori di tipo formale (e quindi sanabili) non possono essere accettati e superati? Molto spesso è una scappatoia per fare scrematura a causa di errori formali. Meccanismo distorto di selezione

2. Processo di selezione (sostegno a bando o a sportello). Il bando ha qualche pregio e molti difetti. Lo sportello ha tanti pregi ed un unico grande difetto (ossia, il finanziamento ogni volta che le risorse mancano).

3. Tipologie di spese ammesse (per ridurre l’opportunismo). Sarebbe meglio vincolare a risultati e misurarli.

4. Tempi e modi dell’intervento: lentezze e ritardi burocratici (la sola procedura di valutazione prende 2-4 anni); lentezze e ritardi tecnici.

5. Forma tecnica del sostegno e meccanismi di erogazione del contributo (determinano la vera convenienza dello strumento).

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6. Problematiche di certificazione della spesa. Ci sono problemi di forma e di sostanza. Forma: complesso e cavilloso. Sostanza: la realtà può superare il progetto.

(manca una lezione)

Lezione 22 7 Maggio 2012

POLITICHE INDUSTRIALI IN EUROPA

L’Europa nasce sulle politiche industriali (carbone e acciaio). La nascita politiche industriali in Europa è datata proprio quando nasce il coordinamento, quando nasce la CECA.Poi le politiche diventano settoriali. Due grandi stagioni: fase aggressiva (costruzione), poi fase difensiva (tenuta rispetto alla competizione europea che si allarga.Fine anni 80 si inizia a ragionare per la formazione di un mercato unico (obiettivo da intraprendere per gli stati europei). Diventa una politica per fattori abbandonando le politiche settoriali per dar spazio alla nascita del mercato unico.Trattato di Maastricht: si capisce che in certi settori l’investimento privato non è sufficiente per politiche di innovazione e ricerca e sviluppo e perciò si ristruttura la politica europea per alcuni settori (politica aerospaziale ad esempio). Anni ’90, le politiche settoriali rinascono come politiche industriali moderne. Nuovo accento sulle politiche industriali e anche settoriali negli anni 2000.Driver per ridare vita e centralità alle politiche industriali e settoriali: crisi (2007-08) + deindustrializzazione europea.

Approccio liberista quando le cose vanno bene e le economie sono sviluppate e crescono, la domanda tira e il mercato si espande, maggiore ricchezza complessiva VS Approccio interventista quando le cose vanno male e il mercato da solo non ce la fa. Le politiche industriali seguono questo andamento. Fase ciclica che dalla fase dell’acciaio e carbone sino ad ora non seguono un andamento lineare ( da liberismo a interventismo).

Nuove politiche industriali che nascono con il trattato di Maastricht. Tre grandi pilastri che sono:

Formazione del mercato interno: lo specifico con cui il trattato di Maastricht nasce: approfondire e delimitare e ampliare il mercano unico. Formazione mercato interno verso tutti i paesi che stanno entrando a far parte (ad esempio, ora la Croazia), continua a mantenere una sua importanza.Elementi sostantivi: libero movimento Libertà economica e libertà sociale (libero radicamento: iniziare un’attività imprenditoriali in qualsiasi nazione e non avere vincoli per investimenti esteri)

Funzionamento del mercato interno: superamento dei fallimenti di mercato 1) Regole e codici di comportamento:

Armonizzazione crea il funzionamento del mercato ma su alcune tematiche non si riesce ad “armonizzare”. Abbiamo armonizzato molto bene sulle politiche monetarie, non abbiamo armonizzato la parte fiscale. Armonizzare significa un quadro omogeneo e coerente, dove le normative dei singoli stato-paese sono paragonabili tra loro e non hanno effetti distorsivi sulla concorrenza. Esempio: tassazione, carico fiscale per imprese non armonizzato. In Austria si paga il 27%

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e in Italia tra 50%-60% di tassazione.

2) Politiche competitive (Alderighi)

Politiche regionali e di coesione: possono tornare ad essere politiche verticali nella classica accezione europea, quella nel favorire le condizioni di partenza e mettere gli imprenditori nello stesso piano, senza considerarne uno svantaggiato perché opera in un’area meno infrastrutturata. Quindi:

Misure che rafforzano le infrastrutture. Misure per la formazione professionale e permanente: politiche di capitale

umano Supporti per aggiustamenti strutturali che seguono il declino industriale:

sensibile alle crisi territoriali con politiche di supporto. Soldi per riconvertire il settore produttivo tessile ad esempio, se la concorrenza fa crollare delle industrie, senza falsare la competizione.

Facilitazioni regionali e cross-border: interazione di frontiera. Eliminazione vincoli ambientali

Tre pilastri tutti compresenti. Logicamente la formazione del mercato unico è avvenuto antecedentemente ma comunque è ancora un pilastro esistente (si pensi all’ingresso di nuovi stati-paese nel mercato unico europeo).

Dobbiamo capire: 1) Ruolo degli stati nazionali2) Lo scenario in cui si muove l’Europa

Lungo percorso storico dove c’è una messa in crisi dello stato “dirigista” ed “interventista”. Due temi che “pressano” lo stato che sono: il ruolo crescente delle multinazionali e il ruolo dei territori (governace multilivello).Approfondiamo il rapporto industria-stato nelle economie contemporanee. Certamente l’onda lunga del liberismo degli anni 80 ha contribuito a diminuire fortemente l’area della gestione diretta dello stato nell’economia ma non necessariamente quella del controllo pubblico sull’economia e sull’intermediazione del valore aggiunto. Lo stato dovrebbe intervenire solo quando i meccanismi di mercato presentano fallimenti sufficientemente gravi ma, la politica industriale è sempre e comunque un sistema di incentivi che deve definire le funzionalità della macchina di produzione di ricchezza rispetto a degli interessi dello stato e di lungo periodo. Rapporto dialettico e continuamente aperto.

4 modelli e astrazioni teoriche di rapporto Stato-industria: Francia, Giappone, Germania, Italia: archetipi di questa modalità di strutturare il rapporto stato-industria con delle differenziazioni nazionali, logicamente.

Sovranità limitata, cosa si intende? Due questioni: primo, la sfida delle imprese globali, le multinazionali. Se si pensa a tutto il tema fiscale, si pensa a cosa lo stato riesce a tassare. Tutto ciò che è ancorato al territorio. La base imponibile è difficile da definire perché se è mobile, è difficile tassarla sul territorio. Se non riesco a catturare una parte importante di base imponibile, ho una sovranità limitata perché devo stabilire una tassazione omogenea nell’Europa per non creare fughe di capitali. Non più padrone in casa mia, ma esiste una sovranità sovraordinata per stabilire regole

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comuni. Secondo tema proviene dal basso, dalle economie territoriali, non soltanto dagli stati con conformazione federali ma per tutti. Due motivi: l’avvicinamento delle risorse ai problemi è più efficace nel dare risposta ai problemi. Principio della sussidiarietà (il livello più basso svolte le funzioni e decide) perché è efficace: migliore uso delle risorse, ad esempio.

In Francia e Italia esiste il tema delle partecipazioni ma spesso o quasi sempre è su infrastrutture di tipo pubblico, per esempio la Lombardia è azionista della Serravalle (dibattiti sulla possibile cessione delle quote perché le PA devono far cassa)

Regionalizzazione delle politiche: una politica applicata territorialmente. Processo da alto a basso che ripartisce territorialmente risorse, tasse, politiche (percorso italiano, sanità con processo top down).Regionalismo: strategie più bottom-up, di identificazione di una propria autonomia e via per decidere all’uso di risorse e regole.

Primo modello: STATO PERSUASORESe le politiche sono un sistema di incentivi che deve modificare il comportamento degli imprenditori, lo stato può avere come compito quello di persuadere i soggetti imprenditoriali per seguire comportamenti per realizzare gli interessi collettivi di medio-lungo. Persuadere i soggetti imprenditoriali a perseguire comportamenti in parte divergenti dagli interessi personali (nel breve) in grado di realizzare interessi collettivi (nel lungo). Lo stato può chiedere di investire perché è importante per la competitività di lungo periodo del paese, e l’imprenditore può essere incentivato non facendosi carico del rischio. Investire e innovare oltre (o prima) margini di rischio considerato sostenibile.Il tema dello stato persuasore è che lo stato non comanda ma persuade, contratta. Due questioni rilevanti:

1) Credibilità della PA: effetto annuncio. (Se la BI die che inflazione è del 1%, deve essere dell’1%. Ha in mano leve per tenere l’inflazione contenuta)

2) Legittimazione tecnicaTanto più bassa è la credibilità, tanto più bassa è la legittimazione tecnica, tanto meno persuasore è lo stato. In Italia lo stato non è persuasore perché mancano i requisiti di fondo. Deve sempre agire in conformità con il mercato, mai contro il mercato, per rafforzare nel tempo la credibilità. Vuol dire incentivi. Lo stato persuasore lavora di acceleratore di freno, la direzione è fatta dal mercato, lo stato crea incentivi per accelerare o frenare certe scelte e farle andare in uno o l’altra direzione.L’impresa è persuadibile? 3 grandi requisiti:

1) Chiara la positività dell’impatto, al netto di eventuali effetti negativi2) Verificare la validità del progetto finanziato3) Sempre agire su un principio di addizionalità (incentivo fa fare cose che altrimenti

non si farebbero)In assenza di questi elementi, qualsiasi sussidio viene percepito dall’impresa come canale finanziario alternativo e quindi preso a seconda delle convenienze del momento e con una dispersione di risorse. Ogni tanto lo Stato persuasore è anche imprenditore (intervento diretto della mano pubblica). Per persuadere meglio, lo stato opera in un certo campo o settore. implica una legittimazione sia tecnica(sono capace di farlo) che politica (sono autorizzato a farlo). Trend di smobilitazione dello stato imprenditore (in italia, IRI) Oggi si è spostato dal “fare industria” all’offerta di servizi reali alle imprese: lo stato si è ritratto dal manifatturiero in senso stretto ma su una serie di servizi è sempre presente. La PA

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è imprenditore molto più di quanto dovrebbe essere (manca legittimità tecnica e politica). Ultimo caso eclatante è quello Alitalia. Quando il ruolo della legittimazione è risolto e superato, allora il ruolo promozionale dello stato recupera importanza perché il mercato non riesce a offrire tutti i servizi soprattutto di accompagnamento globale di cui l’impresa ha bisogno per la competitività.

Secondo modello: LO STATO ESPERTOLo Stato interviene a tutto tondo con una funzione di guida del sistema produttivo fornendo spesso l’alta dirigenza. Caso francese: forte passaggio tra le alte cariche della PA e l’alta dirigenza del sistema industriale. Il DG del ministero diventa CEO della Peugeot. Lo stato forma una élite dirigenziale che è buona per il paese (pubblico e privato) con possibili passaggi di carriera. Ad esempio, TGV. Questo modo di gestire le cose aiuta il sistema industriale e il sistema statale ad essere sulla stessa sintonia. Maggior coordinamento e maggiore integrazione nel momento in cui si gestiscono le politiche industriali. Vantaggio: aiuta la competitività dei grandi gruppi (coerenza di fondo) e aiuta di molto il percorso di lobby presso la comunità europea (la Francia ha ben chiare le esigenze delle proprie imprese, sa quali sono le priorità). Svantaggio: ampio sistema di piccole medie imprese che non gode di nessun tipo di rappresentanza a causa della scarsa valenza. Traino. Separazione più netta tra grande dimensione e piccola dimensione. Caso Giapponese: molto differente da quello francese nonostante lo stato si presenti come “esperto” a causa della diversità delle amministrazioni e delle istituzioni. MITI: ministero del commercio internazionale dell’industria. Grosse competenze. Giappone e Germania mantengono le due competenze (politica industriale e commercio estero) dentro lo stesso ministero perché le due cose stanno insieme. Mentre in Francia sono due ministeri con molteplici momenti di raccordo. MITI è il più piccolo dei sistemi economici ma efficacia sta nella ricerca del consenso preventivo, con lunghe sessioni di confronto e tavoli di contrattazione. Quando si giunge a determinare scelte e decisioni politiche, queste sono state concordate con i soggetti beneficiari. I vertici ministeri possono scambiarsi e diventare presidente o vicepresidente nelle imprese private mantenendo questo collegamento tra ministeri e imprese, a livello alto. La capacità deriva da preparazione e forte selezione dell’élite: gente capace e formazione dei funzionari della PA. Elemento consolidato e radicato nella storia francese e giapponese.

Lezione 23 8 Maggio 2012

Terzo modello: STATO GARANTE5 requisiti per un buon sistema di sovvenzioni, all’interno dello stato garante, non si sostituisce al sistema ma garantisce i presupposti perché il mercato funzioni al meglio.

3)Coerenza: non contraddittorio dei fini e coordinato tra i diversi livelli statuari4) Efficienza: minimizzare il carico per il bilancio pubblico5) Temporaneità interventi: sovvenzioni mai perpetue

5 principi ampiamente condivisi, definiscono la buona pratica delle sovvenzioni.La burocrazia tedesca è priva di connotati elitari: tutori dell’ordine economico: in Germania non c’è un interscambio continuo tra i vertici del sistema politico ed economico ma la rete di relazioni è piuttosto esercitata dalle banche. I ruoli delle banche sono svolti in modo più integrato (non c’è differenziazione tra banche commerciali e banche normali): banche

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presenti come azionisti. La banca conosce dall’interno la realtà aziendale, in più ha una chiarezza e una visibilità e trasparenza di bilancio superiore rispetto a un esterno, e in più può orientare l’azione industriale del sistema. Costruisce una reta con gli operatori del sistema industriale, e con il campo della ricerca e sviluppo (istituzioni pubbliche, università…).In Francia: relazione tra vertici dei ministeri e vertici industrialiIn Giappone: interscambio di rappresentanza delle alte cariche della PAIn Germania: rete di relazioni con il sistema bancario che ha dato solvibilità alle imprese.

Un esempio interessante della modalità per esemplificare lo stato garante è il tema della normativa tecnica (elementi di garanzia di sicurezza + occasione di competizione). La regolamentazione della normativa tecnica nel caso tedesco: stato (livello centrale)dà le linee guida e gli obiettivi di performance da raggiungere (es: sicurezza di beni di consumo), poi viene demandato ai singoli organismi il declinare la performance tramite azioni a loro discrezionalità (il vincolo su “cosa devi fare” può essere superato a causa delle nuove tecnologie ad esempio). La normativa tecnica tedesca non vincola mai sul processo che è delegato a parti terze, pubbliche nella loro funzione ma spesso private. La self regulation è aggiornata in tempo reale, costruttori stessi che tentano di renderla più efficace possibile, non ci sono blocchi burocratici, normative etc. è una circolare di tipo tecnico. Buona esemplificazione di stato garante: lo stato è garante della performance, e poi si preoccupa della fase ispettiva (se è stata rispettata la sostanza). Come si produce il prodotto è un compito che non ricade sullo stato. Le banche costringono le imprese a rispettare la performance definita dallo stato e rispettare le normative.

Quarto modello: STATO NEGOZIALEStato come controparte negoziale delle parti sociali (paciere, parte terza che viene convocata dalle parti o convoca le parti per mediare). Un policy style (squilibrato) caratterizzato in senso consensuale piuttosto che impositivo e in senso reattivo piuttosto che anticipatorio. Concetto di reattività relativo al fatto che i problemi e le crisi vengono rincorsi piuttosto che anticipati. Crisi e quindi si apre un tavolo di trattative. Modello di tipo distributivo: distribuiamo gli oneri di uno shock (del mercato di disoccupazione, degli esuberi e licenziamenti etc) tra le parti sociali. Si è realizzato quando si è voluto facilitare il lavoro. Frammentazione

UN CONFRONTO TRA I MODELLIStato persuasore: mutare il grado di avversione al rischio delle imprese e degli imprenditori, le prospettive di breve periodo. Cerca di promuovere le convenienze economiche con un sistema di incentivi che per essere buono deve rispettare le 5 condizioniStato esperto: garantisce un know-how e l’esperienza al sistema produttivo, una trama di rapporti, personale di alto livello, forte identificazione tra vertici aziendali e vertici della pubblica amministrazione. Stato garante: luogo di mediazione e controllo che aiuta lo sviluppo di meccanismi di alta regolazioneStato negoziale: modalità operativa e conflittuale che garantisce, nel breve periodo, la compatibilità degli interessi.

3 colonne: 1) Grado di centralizzazione: centralità del processo decisionale dello stato (chi

decide?)2) Il grado di autonomia: autonomia del processo di decisione e quindi alla

“separatezza” tra stato e interessi economici.

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3) Il grado di organizzazione: quanto lo stato è organizzato e capace di mobilitare gli interessi imprenditoriali

Conclusione: STATO MODESTO (Michel Crozier, anni 80)Nel futuro, stato modesto ossia sobrio molte meno risorse a sua disposizione, maggiore orientamento al mercato, più peso all’UE, ma soprattutto intelligente (tecnici capaci, di dialogare, di svilupparsi ecc. ).

1) Credibilità verso l’esterno. 2) Apprendimento e pratica della propria condizione di sovranità limitata.

QUADRO DI EVOLUZIONE DELLE POLITICHE INDUTRIALI EUROPEEStrategia di Lisbona: sfida competitiva fare dell’economia europea la più competitiva e dinamica del mondo in un decennio, fondata sulla conoscenza. 2005: risultati molto deludenti per motivi ampi (anche perché gli obiettivi erano molto ambiziosi: i paesi dovevano investire il 3% del PIL in r&s: pochi paesi erano vicini a questa idea). Economia parte male nel 2000 e poi torna a crescere 2004. Scoppia bolla immobiliare e l’economia esplode. Crescita ed occupazione sono le parole d’ordine.Nel 2009 c’è il rapporto KOK + iniziativa dell’UE 2020 con obiettivo: la risposta alla crisi. Si parla di eurosclerosi o “european disease”:

1) Problema di conti pubblici deteriorati

2) Potenziale di crescita che rimane basso. Due motivi: 1.produttività in tutta Europa è bassa rispetto ad USA e non dinamica. 2. Domanda internazionale affaticata

3) Livelli di produttività bassi (in livello e dinamica): perché 1. Scarsità di investimento ed un accumulo nel tempo di scarsità d’investimenti che hanno deteriorato il capitale fisso sociale (beni pubblici, giustizia, trasporti, infrastrutture…) 2. Sistema di servizi di mercato ancora ingessato (liberalizzazione delle professioni, albi…) che rendono meno competitiva l’economia.

4) Invecchiamento della popolazione: 1. Si sposta nel tempo l’età di pensione e aumenta la vita anagrafica lavorativa che crea un problema di ricambio. Per far entrare i giovani nel mercato di lavoro devo avere una crescita economica.

Incastro di problemi, dilemma con due modi per uscire:1. Trainati dall’export (potere d’acquisto di un paese estero): Italia in questo primo

trimestre è cresciuto come quota % rispetto alle altre economie europee. Sistema dinamico ma non basta. Non compensa la domanda interna. Paesi esportatori di materie prime sono quelli più trainati dall’export e le grandi imprese manifatturiere tipo Cina.

2.

Lezione 24 9 Maggio 2012

Strategia UE 2020, costruita a partire dalla crisi greca. L’Europa in questo panorama internazionale vuole mantenere un elemento di credibilità forte

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a livello internazionale ed evitare situazioni di default.

La crisi greca un anno fa, poteva essere recuperabile e risolvibile con un intervento deciso ed unitario dell’Europa (ad esempio tramite una tassazione maggiore per gli altri paesi), quando il problema era la collocazione del debito. Problema della Grecia non è il permanere nell’aere euro. L’export greco riacquisterebbe fiato se si sgancia dalla moneta unica. Più competitività a livello europeo. Si favorirebbe il settore turistico e collegato a ciò, anche tutto il settore terziario e di servizi. Il problema stesso della Grecia è che il debito pubblico è andato oltre la sostenibilità (ossia quando il servizio del debito supera il differenziale tra tasso di crescita e tasso d’interesse). Sul piano nazionale, è possibile diminuire la spesa pubblica o aumentando la tassazione; sul piano internazionale è necessario contrattare il debito quindi dilazionandolo, ottenendo prestiti dalla BCE con tassi d’interesse molto bassi e diminuendo il costo del debito. L’Europa, per dargli questo credito, la banca centrale vuole in cambio che tagli strutturalmente le sue spese pubbliche in modo molto rilevante, così rilevante da incidere nella carne sociale (minori stipendi, licenziamenti nel settore pubblico…). è un aggiustamento di lungo periodo che andrebbero fatte in periodo di crescita, quando la domanda è in crescita poiché sarebbe più semplice redistribuire. Il problema che tanti paesi europei si sono trovati è proprio di non fare come ha fatto la Germania: fare riforme strutturali in periodo di crescita e quindi dilatandole nel lungo periodo, facendo crescere la possibilità di fare ridistribuzione (Germania, nel 1992). Tema delle riforme strutturali è un tema che richiede tempi lunghi.

L’Europa non è schizofrenica quando nel 2000 spera di arrivare nel 2010 ad un risultato di crescita e competitività. Nel contesto in cui gli obiettivi sono stati pensati avevano comunque una loro credibilità. Bisogna considerare il contesto internazionale e tutti gli eventi che possono succedere, ad esempio la crisi. Nel 2005 sono stati rivisti e riaggiustati.Nel 2009 il documento KOK fa il punto e riaggiusta il tiro agli obiettivi UE 2020: si parla di produttività, crescita ed occupazione. Come perseguire questi obiettivi? Con la crescita che è delineata da tre aggettivi che la qualificano:

1. Intelligente : ha a che fare con il know-how, e quindi riprende, contiene e riconferma UE2010 che esprime l’idea di un continente più “performante” rispetto alla conoscenza, al know-how e del capitale umano. Tema della conoscenza, innovazione, istruzione e società digitale

2. Sostenibile : uso efficiente delle risorse, la grande tematica ambientale e socio-ambientale. Sostenibilità delle materie prime, energetica (quindi ambientale) ma anche sostenibilità sociale, ossia bisogna fare crescita di tipo inclusivo.

3. Inclusiva : comprende più temi: 1. partecipazione più ampia al mercato del lavoro sapendo che questo ha due fronti: il tasso di attività che in UE è ancora basso rispetto ad altri continenti e quote crescenti di extracomunitari nel mercato del lavoro. 2. Lotta alla povertà.

Cinque obiettivi misurabili in cui si declinano le tre crescite:

1. MERCATO DEL LAVORO: 75% delle persone (tasso di occupazione) dai 20 ai 64 dovrà lavorare (dovrà lavorare= popolazione attiva e non fuori dal mercato del lavoro) Certi paesi scandinavi hanno raggiunto l’obiettivo o sono vicini. Questo perché il tasso di attività è condizionato dal tasso di attività di genere (le donne che non hanno la possibilità di essere sul mercato del lavoro). Il problema dell’innalzare il tasso di attività femminile è sì, di tipo culturale, nonostante ormai la scolarizzazione femminile sia molto elevato, ma anche un problema di servizi sociali di supporto offerti.

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L’altra politica è quella del part-time, che possono offrire più possibilità e opportunità di lavoro.

2. 3% del PIL investito in R&S: l’Italia è a 1/3 e in difficoltà nel mantenerlo. Sarebbero spese aggiuntive.

3. 20/20/20 in materia di clima ed energia: è lo slogan per indicare il tema ambientale. Vuol dire -20% di effetto serra per emissioni di gas (minori emissioni di anidride carbonica nell’aria, ad esempio), +20% di risparmio energetico (idrocarburi, pannelli fotovoltaici), +20% di energie rinnovabili (ancora abbastanza distanti, c’è un problema di disparità territoriale evidente: nord avvantaggiato presenta tanto idroelettrico, al sud idro eolico che si sta istallando). Mediazione tra livelli molto disomogenei tra i paesi europei.

4. CAPITALE UMANO: abbandoni scolastici sotto il 10% (numero di studenti che in età di obbligo non arriva a compimento. Media italiana: 20%); formazione secondaria (liceo) e terziaria (formazione universitaria. Tra i 19/20 e i 29/30, la media italiana è del 13%) sopra il 40%.

5. 20 ml. persone sottratte al rischio povertà: problema di aumentare il tasso di attività (mercato del lavoro), diminuire la disoccupazione, ed è soprattutto un problema di welfare e accompagnamento nelle fasi di passaggio quando si perde il lavoro. Nuovo problema: working poor ossia colore che hanno un lavoro e che guadagnano troppo poco, o sulla linea della povertà o poco più.

Cosa fa l’UE e cosa fanno gli stati nazionali?Schema sinottico che combina 3 aspetti:

1. La classificazione delle politiche2. La distinzione dei ruoli prevalenti Stati/UE: 5 tipologie

naz = poteri allo Stato nazionale UE = poteri alla UE UE/naz = poteri condivisi naz/UE = poteri condivisi prevalentemente naz naz/+UE = poteri nazionali con vincoli europei o inputs marginali

3. Applicazione della classificazione

1. CLASSIFICAZIONE DELLE POLITICHE

politiche che influenzano l'industria

politiche PER l'industria

politiche NON per l'industria (misure che la riguardano direttamente)

politiche industrialipolitiche NON per

l'industria (la riguardano indirettamente)

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Politiche per l’industria: Aspetti generali Politiche industriali orizzontali Politiche industriali specifiche o settoriali

LE POLITICHE INDUSTRIALI UEMaggiore attenzione sugli aspetti di contesto (guarda schema slides precedente)

I blocco: libero mercato. L’unione europea si è progressivamente mossa verso interventi complessivi generali che consolidino il libero mercato di fattori produttivi (beni e servizi). Uguaglianza delle condizioni di partenza è ciò su cui punta il libero mercato: politiche che mettono i cittadini e imprenditori nella condizione di competere in un libero mercato a parità di condizioni. Se un territorio è penalizzato, l’UE promuove politiche per dare pari opportunità. La filosofia delle politiche di libero mercato dell’UE è quella di distribuire pari condizioni e opportunità. Poi tolgo tutti i vincoli alla libera circolazione e alla competizione, tolgo gli aiuti di stato e regolamento, così da far competere cittadini ed imprese.

II blocco: politiche per fattori – politiche orizzontali (più recenti) forte influenza indiretta (la UE impone disciplina alle politiche industriali nazionali: non hanno una pertinenza specifica settoriale, non privilegio settori, ma sono politica di fattori ad esempio per migliorare il capitale umano, creo politiche appropriate indipendenti dal settore).

III blocco: politiche settoriali specifiche – politiche verticali (oggi politiche tecnologiche poiché è più difficile giustificare concettualmente una politica verticale e quindi vanno o nei cosi detti settori strategici –aeronautica, difesa- oppure aiuti di stato che vanno a livello micro, sulla singola impresa o a volte di tipo settoriale).

COMPETITIVITAAssumere le condizioni per la competitività dell’industria europea. L’interesse dell’Europa è di avere un’industria competitiva e vitale. L’Europa non è più interessata a politiche settoriali pesanti (aggressive o difensive degli anni 80) quindi in parte deve fare politiche orizzontali e trasversali e in parte deve puntare alla competitività. Il tema delle politiche industriali si è trasformato negli anni recenti nell’attenzione per la competitività dell’industria europea. Strategia verso cui si devono muovere le politiche:

1. Accelerare il cambiamento.2. Incoraggiare un ambiente favorevole allo sviluppo delle imprese.3. Incoraggiare un ambiente favorevole alla cooperazione.4. Migliorare lo sfruttamento del potenziale industriale.

A partire dal 2010, la commissione ha steso un rapporto annuale sulla competitività europea, fatta da agenti terzi ed esterni, per dichiarare lo stato di salute e la distanza dagli obiettivi posti. Inoltre per chiarire il concetto di competitività. Temi contenuti nel rapporto: 1) Elemento strutturale di cambiamento che ha interessato l’industria europea:

internazionalizzazione dei flussi di approvvigionamento, fenomeno nuovo che non riguarda, come prima, i mercati finali ma le materie prime.

2) Commercio orizzontale colpito dalla crisi3) Grande attenzione ad attività di R&S (investire nelle KET: nanotecnologie, micro e

nanoelettronica, biotecnologie industriali, fotonica, materiali avanzati e tecnologie avanzate di produzione- tecnologie facilitanti di base).

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Lezione 25 14 Maggio 2012

ALDERIGHI

IL FONDAMENTO ECONOMICO DELL’INTERVENTO PUBBLICOPolitiche alla concorrenza (antitrust: definire i mercati per verificare ad esempio una posizione dominante, come agisce il mercato e le conseguenze sui consumatori. Come definire i mercati e capire come funzionano i mercati.)

Come è stato visto l’intervento pubblico? Motivazione:

Pensatori liberali: tutto funziona da solo, il mercato funziona da solo (mano invisibile che aggiusta).

Adam Smith: laissez-faire Hayek: mercati hanno un aspetto favoloso: il prezzo aiuta ad indicare all’imprenditore

e consumatori cosa fare. Prezzo è un segnale, una direzione. Guardando quel prezzo abbiamo le informazioni sul funzionamento del mercato: induce imprenditore ad operare in quel mercato se conveniente; consumatore, se interessato, acquista sennò cambia mercato alloca le risorse nel modo migliore.

Certi: i mercati funzionano perfettamente e quindi è necessario l’intervento pubblico Keynes: è vero che il mercato si aggiusta nel lungo periodo e quindi il prezzo è un

segnale che indirizza consumatore e imprenditore, ma ciò funziona solo nel lungo periodo (nel lungo periodo siamo tutti morti) apre alle politiche d’intervento: spesa pubblica per politiche industriali.

Pigou: fallimenti del mercato e inefficienze. Buon funzionamento dei mercati se ci sono certe condizioni, se le condizioni mancano: malfunzionamento dei mercati e fallimento del mercato. Il mercato fallisce nel portare l’economia verso l’efficienza. In questi casi c’è bisogno di intervenire.

Le diverse teorie giustificano o meno l’intervento pubblico.

AMBITI D’AZIONE D’INTERVENTO PUBBLICODiversi ambiti d’azione:

1) Politiche industriali: lo scopo è la correzione dell’esternalità (qualsiasi azione posta in essere da un agente che incide su un altro agente senza passare attraverso il mercato e senza intervenire sul prezzo) che incidono sulle decisioni d’investimento e produzione delle imprese.

2) La regolazione economicaObiettivo: mantenere il buon funzionamento del mercato nelle fasi iniziali di sviluppo del mercato (in un mercato che non esiste o monopolistico, aggiustare le condizioni dove opera l’impresa in modo tale da dare una parvenza di mercato. Si disegna un mercato con le migliori caratteristiche.

3) Politica concorrenziale: interviene quando le imprese cercano di ridurre il grado di concorrenzialità. Si guarda il mercato per com’è, e se alcune imprese vanno a danneggiar/peggiorare il mercato e il suo funzionamento, interviene la politica concorrenziale.

4) Politica commerciali: disciplina gli scambi tra paesi

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RELAZIONI TRA DIVERSE POLITICHEDifficile definire i limiti esatti, punti di contatto e punti di conflitto: esempi

aiuti di stato vietata dall’UE e quindi limita tanto la possibilità dell’intervento nazionale (politica concorrenziale che chiude il margine di manovra della politica industriale). Rent-seeking: spendere parte delle proprie risorse per far capire che il fatto che io, monopolista, agisco da solo è meglio, anche attraverso consulenze esterne che lo testimonino. intervento pubblico crea un malfunzionamento perché non incentiva le imprese migliori.

Politica industriale e politica commerciale: attraverso la p. industriale (sussidio all’imprese per esportazioni), si può modificare il funzionamento del mercato a favore di certe imprese piuttosto che altre.

Alla normativa generale vengano concesse delle deroghe: immunità.

MOTIVAZIONI A FAVORE DELL’INTERVENTO PUBBLICO:Teorie dell’intervento pubblico:

Mano invisibile del mercato non funziona, bisogna intervenire (Smith) Lo stato interviene quando ci sono i fallimenti di mercato

Come si agisce? Politica industriale agisce su esternalità e asimmetria informatica e fallimenti

istituzionali tramite ricerca e sviluppo, creazione e sviluppo di mercato. La regolazione economica agisce più sul potere di mercato. Politica commerciale

Teorie dell’interesse privato Agenti pubblici perseguono obiettivi personali (politici come agenti interessati)

Stigler : Se il profitto dell’impresa è molto distante da quello che avrebbe in caso di intervento pubblico, quella differenza (delta) equivale alle risorse posso investire per beneficiare del profittoL’impresa non ha grande interesse a catturare se il delta è molto piccolo non metto risorse perché il beneficio è limitato

Peltzman : gruppi di pressione che tirano o da una parte o dall’altra quindi non c’è una grande distorsione del mercato.

McChesney : casello autostradale. Autostrada con un casello ogni 40 km: la politica mette come dei paletti (caselli) all’attività economica.

L’EFFICIENZA: si ha un fallimento di mercato quando non si raggiunge l’efficienza (il massimo benessere: profitto imprese+ surplus consumatori). Per essere efficienti non si devono sprecare risorse. Non sprecare: efficienza paretiana.

Diverse forme di efficienza: Efficienza produttiva: quando si produce al meglio, sull’isoquanto o al costo minimo. Si

è inefficienti (dal punto di vista tecnico) quando per produrre 30, utilizzo un maggiore mix produttivo di capitale e lavoro rispetto all’isocosto: spreco. Isoquanto: perfetta combinazione di k e lavoro per produrre al meglio, frontiera d’efficienza.Isocosto: combinazioni di k e lavoro che costano uguale all’impresa. Un mix produttivo su un isocosto più basso, costa meno. Se sono su un punto sull’isoquanto (punto A), ma sono su un isocosto più alto non sto usando il mix produttivo adatto.

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Efficienza allocativa: quando si produce il giusto. Curva di domanda o di beneficio marginale: beneficio di un consumatore se acquisto a 10 un’unità e mi da un’efficienza di 10. Se ad un prezzo di 11 domando 0, la prima unità sono disposta a pagarlo 10. Seconda unità: ad un prezzo di 9, la quantità domandata è 2. La 2 unità da un beneficio esattamente di 9 ossia il prezzo che è disposto a pagare. Costo marginale: costo ultima unità presa in considerazione. Il punto di incontro tra il costo marginale e la curva di domanda crea un area (superiore) che è la parte di beneficio. Per massimizzare il benessere, la curva di costo marginale deve coincidere con la curva di domanda. Quanto produrre: efficienza allocative (Le risorse sono allocate nella maniera giusta?)

Lezione 26 15/05/2012

Efficienza dinamica: Efficienza distributiva

Se le imprese sono efficienti (non sprecano, scelgono la giusta combinazione tra k e lavoro, scelgono le risorse giusto per la R&S), non c’è ragione per un intervento pubblico se non per curare l’equità orizzontale o verticale (gli individui con risorse simili per gli acquisti, per la ridistribuzione dei redditi e delle ricchezze) ma comunque attendo a non intaccare l’efficienza.

RAGIONI ECONOMICHE A FAVORE DELLA POLITICA INDUSTRIALEInterventi pubblici sì per:Esternalità in ricerca e sviluppa

Brevetti risolvono il problema parzialmente (risolviamo l’inefficienza dinamica) Inefficienza allocative Non posso brevettare ciò che inventerò nel futuro proteggendo un’innovazione non

siamo in grado di garantire che tutto il ritorno per la società venga assegnato all’impresa che ha innovato. Il brevetto non è sufficiente per garantire che l’impresa si appropri di tutti i benefici: torna l’argomento del free-riding. serve qualcuno che intervenga per stimolare la produzione di conoscenza. Politica industriale con sussidi e sgravi fiscali per incitare l’investimento.

Creazione e sviluppo di nuovi mercati Argomento industria nascente: aiutarle a nascere, cullarle e poi “lasciarle libere”.

Problema: rent seeking, un’impresa dopo essere cresciuta continuerà a chiedere denaro e non riuscirà a camminare da sola. I politici si trovano davanti ad un bivio per far fallire l’impresa o accompagnarla. Non riuscirà mai a diventare adulta. Economie d’apprendimento: decrescente perché economie di scala. Spostandomi lungo la curva economie di scala. Spostandomi da una curva all’altra economia d’apprendimento (se ho già prodotto, imparo e spendo meno).

Altre ragioni Politiche di contro-bilanciamento delle rigidità del mercato del lavoro: se il mercato del

lavoro in una determinata area non si aggiusta da solo (solitamente non accadono), bisogna intervenire per esempio a salvaguardare l’impresa e i suoi posti di lavoro

Politiche ambientali (esternalità): politica comunitaria a favore dell’agricoltura (PAC) con agricoltori che preservano il territorio, biodiversità etc e quindi il settore agricolo riceve forti finanziamenti.

Non basta un fallimento di mercato per intervenire: bisogna mettere su una bilancia costi e

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benefici (diverso da prima, “dove ci sono fallimenti si interviene”).

POLITICA INDUSTRIALE EUROPEADa politiche settoriali (1980) a politiche orizzontali (per tutti i settori, ad esempio per la ricerca di base, infrastrutturali…).Nel 2005: rafforzamento della leadership tecnologica ed economica.

LE RAGIONI ECONOMICHE A FAVORE DELLA REGOLAZIONE ECONOMICAPresenza di monopoli e potere di mercato: se le imprese grandi producono a prezzi bassi, possono vendere a prezzi più bassi e quindi invadere il mercato. Male se agisce tramite dumping o tenta di impossessarsi di certi mercati.

Public utility: infrastruttura con peso dominante, non replicabile come asset, allora l’impresa proprietaria diventa monopolista in quel mercato (es: Trenitalia): entrare e regolare questi mercati

Quando i mercati sono più sviluppati e maturi, li si può far funzionare da solo, se agli inizi bisogna accompagnarlo. Se i mercati sono più sviluppati, è possibile deregolare e affidarsi a politica concorrenziale (punire comportamenti scorretti). Regolazione ex ante: regolatore fissa le cose come devono essere fatteDeregolamentazione successiva: autorità vigila su tutti i mercati e interviene per punire comportamenti illeciti in quel mercato. Non interviene nel dire a quale prezzo, quante imprese etc. (esempio su slide).

LE RAGIONI ECONOMICHE A FAVORE DELLE POLITICHE COMMERCIALISe ci sono paesi diversi, le azioni possono essere a favore delle mie imprese per tutelare la produzione domestica. La forma più usata, in passato, è quella dei dazi. Sotto certe condizioni è meglio avere scambi tra paesi (vantaggi comparati). Tuttavia se un paese è in grado di mettere alti dazi, blocca merci dell’altro paese ma lui può continuare ad esportare e dunque avere benefici: dilemma del prigioniero. La politica commerciale è volta a coordinare le economie dei paesi perché la situazione migliore (equilibrio competitivo) è quella in cui tutti e due i paesi mantengono i dazi. La mano invisibile non porta alla migliore soluzione per i due paesi: non esiste il bene della collettività. È un esempio di fallimento di mercato se non si coordina.

MERCATO (nuovo plicco di slides)

Definizione serve per: concorrenziali: concentrazione o abuso potere domninante industriali: come indirizzare la nostra politica e vedere i suoi effetti (se avvantaggiare

una o un’altra impresa regolamentazione

TUTELA DELLA CONCORRENZA:Politica antitrust, nuovo, dagli anni 90 in Italia (USA: già dal 1880).

Italia: autorità garante delle concorrenza e del mercatoEuropa: ECJUSA: DOJ E FTC

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L’autorità antitrust non deve curare le imperfezioni del mercato. Il suo compito è quello di non far peggiorare la situazione attuale. (non è come l’autorità regolatoria che può costruirsi il mercato come vuole).Interviene per punire:

Accordo tra due o più parti volto a ridurre la competizione Abuso posizione dominante Concentrazione che riduce il benessere

USASherman antitrust: viene sanzionata ogni forma di azione che riduce la concorrenza (punisce gli accori) del mercato e che vuole monopolizzare il mercato (abuso posizione dominante).

EUROPADue articoli 101 e 102 del Trattato: copia di ciò che veniva detto nello Sherman act.Il primo punisce gli accordi e l’altro punisce l’abuso di posizione dominante. Cambia il motivo per il quale sono state create le autorità antitrust. In Europa, la motivazione è quella di favorire la creazione e il buon funzionamento di un mercato unico. Obiettivo in Europa: integrazione dei mercatiNegli USA, la motivazione è più di tipo economico ossia per andare contro i trust.L’interesse delle società antitrust è quella di permettere che si raggiunga l’efficienza del mercato.

LA DEFINIZIONE DEI MERCATI NELLA POLITICA CONCORRENZIALEImportante definire le concentrazioni e la posizione dominante di un mercato.

Concentrazioni: l’autorità permette le concentrazioni solo se non aumentano troppo il potere di mercato. Vantaggio: abbassare i costi di produzione e rendere il prodotto più accessibile ai consumatori (economie di scale). Svantaggio: aumenta la loro capacità di alzare i prezzi.Bisogna quindi capire qual è la forza più grossa.

Abuso di posizione dominante: dimostrare l’abuso ed è perciò necessario capire com’è fatto un mercato.

Tanto più un mercato è definito in modo ristretto, tanto maggiore sarà la probabilità di avere potere di mercato.

DEFINIZIONE DI MERCATO:

Luogo dove acquirenti e venditori si incontrano per scambiar un bene o servizi.Se i beni sono omogenei:

le borse sono il posto dove si scambiano i beni (commodities) Se ci sono varianti diverse Estensione geografica del mercato

Se i beni non sono omogenei: più difficile applicare la definizione.

Un mercato comprende una gamma di prodotti e quell’area geografica per la quale l’arbitraggio (se un mercato è unico, un produttore non può mettere un prezzo più alto o più basso sennò uno acquisterebbe al prezzo più basso e rivenderebbe al prezzo più alto. Se i mercati sono separati, i prezzi sono sganciati) fa si che i prezzi siano collegati (si muovono allo stesso modo). Marshall, 1890

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PRINCIPALI METODITutto per capire quando i beni sono nello stesso mercato.

SSNIP

ELASTICITA:Variazione % di una variabile a seguito di una variazione % di un’altra variabile. È la variazione % della quantità domandata del prodotto A a seguito di una variazione percentuale del prezzo del prodotto B.

Io A, concorrente B e aumenta del 10% i prezzi. Io trovo un incremento della quantità venuta del 5%. L’elasticità della quantità domandata del mio prodotto rispetto alla variazione di prezzo del mio concorrente sarà 5%/10%= 0,5. Idea di quanto i nostri prodotti sono collegati: beni sostituibili (simili agli occhi del cliente) allora l’elasticità incrociata sarà alta (se in concorrente alza i pressi, la quantità da me venduta aumenta di molto). Se non sono sostituibili: due scelte per il consumatore (smettere di acquistare oppure di acquistare ad un prezzo maggiore). Grazie a ciò possiamo avere un’informazione sull’appartenenza o meno dei due prodotti allo stesso prodotto. Se l’elasticità è alta: due prodotti appartengono allo stesso mercato, sono sostituti. Se l’elasticità è bassa: due prodotti non appartengono allo stesso mercato, non sono sostituti. Cosa bisogna conoscere per calcolare l’elasticità? I prezzi e le quantità.Problemi:

Cosa significa alta? La “cellophone trap”: l’elasticità incrociata varia a seconda dei prezzi che si

considerano. se l’acqua aumenta il prezzo, io andrò a bermi champagne ma non sono sostituti (problema).

Mancanza di simmetria (burger’s king e mc downald) Sostituti collettivi (se io alzo il prezzo del mio prodotto e la quantità domanda degli

altri prodotti aumenta poco ma ci sono molti concorrenti e quindi tanti sostituti, l’elasticità incrociata presa per singolo sostituto può essere bassa).