Appropriatezza prescrittiva e - ANDI Brescia · In ambito clinico, l'appropriatezza prescrittiva...

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Gerardo Ghetti APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA E FARMACOVIGILANZA

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Gerardo Ghetti

APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA E

FARMACOVIGILANZA

INDICE

PREMESSA Capitolo 1

L’APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA Definizioni La Ricetta Medica Tipi di Ricettario Modalità di Prescrizione Farmaceutica Ricetta Ripetibile – RR Ricetta Non Ripetibile – RNR Particolari modalità Prescrittive del Ricettario Personale Tabella Riassuntiva Sanzioni al Medico per inosservanza delle norme sulla RNR Esempi di Ricette Personali Errate Capitolo 2

FARMACI DI USO COMUNE IN ODONTOIATRIA Considerazioni Generali FARMACI ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI – FANS Che cosa sono i FANS Principali indicazioni terapeutiche Effetti avversi più comuni Altri effetti avversi da considerare con attenzione Interazione con altri farmaci Emivita e dosaggi dei principali FANS FARMACI ANTIBIOTICI Che cosa sono gli Antibiotici Principali indicazioni terapeutiche Profilassi Antibiotica in Pazienti trattati ci Bifosfonati Cenni di Terapia Antibiotica in Odontoiatria Effetti Avversi degli Antibiotici Interazione con altri Farmaci ANESTETICI LOCALI PER USO ODONTOIATRICO Definizione Farmacologia Effetti avversi I vasocostrittori Utilizzo degli Anestetici Locali in Odontoiatria Capitolo 3

LE REAZIONI AVVERSE DA FARMACI – ADR Definizioni Classificazione delle reazioni da farmaci ADR Valutazione del Farmaco nella comparsa delle ADR Rilevazione delle ADR prima dell’immissione in commercio Incidenza e Costi delle ADRi Capitolo 4

LA FARMACOVIGILANZA Definizione ed Obiettivi Quadro Normativo La Segnalazione Spontanea delle ADR Farmaci ritirati dal commercio per ragioni di sicurezza Farmaci Off-Label

BIBLIOGRAFIA

Premessa L’Odontoiatra prescrive farmaci praticamente tutti i giorni, lo può fare lecitamente sulla base del dettato dell’art.2 della legge 409/85 che ha istituito la Professione di Odontoiatra e che recita:

Formano oggetto della professione di odontoiatra le attività inerenti alla diagnosi ed alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonchè alla prevenzione ed alla riabilitazione odontoiatriche. Gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all’esercizio della loro professione.

Per questo l’Odontoiatra può prescrivere i farmaci ritenuti necessari alla propria professione e perché ha avuto una formazione universitaria in Farmacologia e viene costantemente aggiornato sulle novità nel campo dei farmaci sia dagli informatori farmaceutici, sia partecipando ad attività formative che spesso, ma non sempre, insistono anche sull’aspetto farmacologico di determinati trattamenti. L’attività clinica odontoiatrica trova perciò uno dei suoi capisaldi nell’utilizzo del farmaco anche se a differenza dell’attività medica difficilmente e raramente il farmaco può rappresentare l’unico trattamento di una patologia odontoiatrica. E’ peraltro necessario che la prescrizione farmaceutica sia sempre coerente con la patologia che si vuole aggredire e congrua nella posologia secondo la pratica clinica consolidata ed anche secondo quanto riportato nel foglio illustrativo (bugiardino) che è sempre allegato al farmaco. Un utilizzo off-label, ovvero difforme da quanto previsto dalla scheda tecnica e dal foglio illustrativo, può di fatto comportare l’insorgenza di problematiche medico-legali e comunque richiede sempre il consenso informato specifico. Fatte queste debite premesse, di per sé molto generiche, si vuole sottolineare fin da ora che questo testo è frutto di una accurata ricerca documentale ma non può essere un testo di Farmacologia Odontoiatrica, né un complemento di Clinica Odontoiatrica, ma vuole semplicemente aggiornare l’Odontoiatra sugli aspetti formali e legali della prescrizione farmaceutica e su una particolare attività che per molti dei lettori può essere una novità : la Farmacovigilanza. Si parte perciò dal concetto ampio di “Appropriatezza Prescrittiva” che formalmente si estrinseca nella Ricetta Medica necessaria per la prescrizione della terapia farmacologica. Non tutte le ricette sono però uguali, nella forma come nella sostanza, basti pensare alla “Ricetta Bianca”, utilizzata dal Libero Professionista , ed alla “Ricetta Rosa” ,utilizzata nell’ambito del SSN. La Ricetta Medica ha però una sua validità temporale che varia in funzione del farmaco prescritto e della modalità di prescrizione , aspetti importanti che la possono rendere ripetibile o non ripetibile ed inoltre è bene sapere quando va necessariamente intestata o quando si può evirare di farlo. La Ricetta Medica è un Documento che ha lo scopo fondamentale di permettere al cittadino di entrare in possesso del farmaco prescritto realizzando in tal modo un vero e proprio Regime di Fornitura, ma in Italia vi sono ben 5 Regimi di Fornitura per il Farmaco. L’utilizzo del farmaco è quindi un atto scontato nella pratica odontoiatrica, da non sottovalutare, poiché se si conoscono bene le attività farmacologiche di un principio attivo spesso sono meno conosciuti gli effetti avversi senza trascurare nel contempo i fenomeni di interazione con altri farmaci anche perché si tratta di fenomeni che si sono certamente evoluti dopo l’immissione in commercio del farmaco. A questo punto compare un termine poco noto: ADR acronimo che sta per Advers Drug Reaction ovvero Reazione Avversa da Farmaci che si manifesta nelle più diverse forme e modalità. Una ADR deve essere gestita secondo le norme previste che sono quelle della Farmacovigilanza . Si tratta di una attività che fa capo all’AIFA , Agenzia Italiana del Farmaco, che è un ente autonomo sotto la direzione del Ministero della Salute. In definitiva questo testo vuole essere semplicemente uno strumento di supporto e di aggiornamento normativo nell’ambito di un’attività che l’Odontoiatra esercita quotidianamente. Per concludere la premessa si deve sottolineare la collaborazione alla stesura del testo da parte dell’Ing. Stefania Pirazzini e della struttura di Diennea che ha svolto un vero e proprio lavoro di “sherpa” nella ricerca documentale ad ha partecipato attivamente alla sua organizzazione logica. Dott. Gerardo Ghetti

Capitolo 1

L’APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA

Definizioni

Che cosa è l’appropriatezza? Secondo l’OMS, un trattamento è appropriato se il beneficio atteso è superiore ai possibili effetti negativi previsti con un margine sufficiente a giustificarne la scelta. Perciò in Sanità essa è la misura di quanto una scelta o un intervento diagnostico o terapeutico sia adeguato rispetto alle esigenze del paziente e al contesto sanitario in cui esso si realizza. Un intervento diagnostico o terapeutico risulta appropriato quando risponde il più possibile ai criteri di efficacia, sicurezza ed efficienza nel momento decisionale dell’atto medico. Questo per segnalare che potrebbe esservi un atto clinico corretto ma non appropriato. L’appropriatezza si distingue in:

Appropriatezza Clinica

Appropriatezza Prescrittiva

Appropriatezza Amministrativa o Generica

Che cosa è l’appropriatezza prescrittiva? In ambito clinico, l'appropriatezza prescrittiva dei farmaci si verifica quando essi sono prescritti per patologie per le quali l'indicazione terapeutica è riportata nella scheda tecnica. L'utilizzo del farmaco in modo difforme per indicazione e dosaggi prende il nome di Off-Label. L’ indicazione terapeutica riportata nella scheda tecnica testimonia che quel farmaco è stato studiato, nella sperimentazione clinica controllata, per verificarne l'efficacia in quella particolare indicazione terapeutica e la tollerabilità e che, pertanto, ha ottenuto il riconoscimento della comunità scientifica. L'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) avviene attraverso agenzie nazionali o comunitarie del farmaco, come FDA (U.S. Food and Drug Administration) od EMA (European Medicines Agency) L'autorizzazione in Italia viene rilasciata dall'Agenzia italiana del farmaco - AIFA Il sistema sanitario nazionale autorizza e rimborsa solo le prescrizioni appropriate dei farmaci. Sono elementi costitutivi dell’appropriatezza prescrittiva:

Indicazione corretta (AIC, note AIFA ...)

Posologia corretta

Tempistica e Durata corretta

Rapporto rischio/beneficio favorevole

Costo minore a parità di efficacia In definitiva: Il farmaco giusto al soggetto giusto, al momento e per il tempo giusto, nella misura giusta, da parte dell’operatore giusto, nella struttura giusta … ed al costo giusto

La Ricetta Medica

Normativa di Riferimento D.Lgs. 219/2006 Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonche' della direttiva 2003/94/CE. L'art.1 definisce “prescrizione medica” <<...ogni ricetta medica rilasciata da un professionista autorizzato a prescrivere medicinali...>> La prescrizione dei medicinali è riservata esclusivamente ai Medici Chirurghi ed agli Odontoiatri. La Ricetta Medica è un Documento che garantisce al Paziente l’accesso al medicinale attraverso le istruzioni che dà al Farmacista.

Tipi di Ricettario Le prescrizioni di prestazioni e farmaci devono essere effettuate in un "ricettario", che può essere:

Ricettario Personale (ricetta bianca)

Ricettario del SSN (ricetta rosa)

Ricetta Medica Ministeriale a Ricalco (RMR1 o RMR2) per Stupefacenti (Legge 309/90 aggiornata con Legge n. 49/2006);

Ricettario Personale Comunemente noto anche come "ricetta bianca", ma potrebbe essere di qualsiasi colore, è costituito da fogli di carta intestati o sottoscritti anche mediante la sola timbratura e firma autografa dal Medico, in modo tale da poter consentire l'individuazione del prescrittore poiché la sola firma non è considerata idonea a identificare il Medico. E’ valido su tutto il territorio nazionale. Il ricettario personale si utilizza per:

Prescrizioni di Prestazioni specialistiche e strumentali

Prescrizione di Farmaci non erogabili in regime di SSN

Prescrizioni di Farmaci in regime di Libera Professione La “ricetta bianca” è certamente valida purché contenga:

nome e cognome del medico ed eventuale struttura sanitaria di appartenenza

nome del farmaco e del principio attivo

luogo e data di compilazione

firma autografa del medico Possono essere presenti anche la qualifica, l’eventuale specializzazione ed il recapito del medico. E’ fortemente raccomandata l’indicazione del dosaggio in mancanza della quale il Farmacista è tenuto a consegnare la confezione con la minor quantità di principio attivo.

L’indicazione della posologia è anch’essa fortemente raccomandata. Anche nelle ricette con intestazioni di Ospedali o Case di Cura il medico prescrittore deve essere sempre riconoscibile poiché non è sufficiente la sola firma. Nella Ricetta Personale la prescrizione può essere scritta a mano, ma anche tramite computer: l'importante è che sia chiara e leggibile, in modo da evitare fraintendimenti od equivoci per il paziente o il farmacista. Vengono utilizzate, ma non sono obbligatorie, sigle, talora di origine latina, per introdurre la prescrizione: Sigla Latino Italiano Indicazione

R –Rp Recipe Prendi istruzione al farmacista

Sp Spedisci istruzione al farmacista

S Sumi Assumi istruzioni al paziente

Modalità di Prescrizione Farmaceutica Le ricette del proprio ricettario personale, “ricette bianche” , come pure le ricette del SSN, possono essere: RR Ricette Ripetibili RNR Ricette Non Ripetibili RRL / RNRL Ricette Limitative La consultazione del Prontuario Farmaceutico aggiornato dà esatta indicazione di quali siano i farmaci da prescrivere con i diversi tipi di ricetta. Il Prontuario Farmaceutico aggiornato fornisce anche più dettagliate informazioni come ad esempio quali sono i Centri ospedalieri o gli Specialisti autorizzati a prescrivere farmaci con ricetta medica limitativa. Per questo motivo è consigliato che ogni Medico sia dotato di tale strumento di lavoro.

Ricetta Ripetibile - RR Tab. n. 4 della Farmacopea Ufficiale – F.U. XII ed. e agg. - D.Lgs. 219/06 art. 88 – L. 49/2006 D.Lgs. 219/06 art. 88 comma 1 I medicinali sono soggetti a prescrizione medica quando: a) possono presentare un pericolo, direttamente o indirettamente, anche in condizioni normali di utilizzazione, se sono usati senza controllo medico; b) sono utilizzati spesso, e in larghissima misura, in modo non corretto e, di conseguenza, con rischio di un pericolo diretto o indiretto per la salute; c) contengono sostanze o preparazioni di sostanze la cui attività o le cui reazioni avverse richiedono ulteriori indagini; d) sono destinati ad essere somministrati per via parenterale, fatte salve le eccezioni stabilite dal Ministero della salute, su proposta o previa consultazione dell'AIFA. Sull’imballaggio esterno o, in mancanza, sul confezionamento primario deve essere riportato: “da vendersi dietro presentazione di ricetta medica”. Se invece il medicinale è incluso nella tabella II, sez. E, della L. 49/06 deve essere riportato anche: “Soggetto alla disciplina del DPR 309/90 e della Legge 49/06”

La Forma della Ricetta Ripetibile La forma deve rispettare quanto riportato precedentemente riguardo al “Ricettario Personale” con particolare riferimento a

data e firma autografa del medico

riconoscibilità del medico anche nei ricettari non personali Il Medico non è tenuto ad indicare i dati identificativi del paziente anche ai sensi del D.Lgs 196/2003

Art. 88. Medicinali non a carico del Servizio sanitario nazionale 1. Nelle prescrizioni cartacee di medicinali soggetti a prescrizione ripetibile non a carico, anche parziale, del Servizio sanitario nazionale, le generalità dell'interessato non sono indicate. 2. Nei casi di cui al comma 1 il medico può indicare le generalità dell'interessato solo se ritiene indispensabile permettere di risalire alla sua identità, per un'effettiva necessità derivante dalle particolari condizioni del medesimo interessato o da una speciale modalità di preparazione o di utilizzazione.

Per i Galenici Magistrali è auspicabile l’indicazione dei dati identificativi del paziente per dimostrare la personalizzazione della terapia e la posologia che il Farmacista deve riportare in etichetta. I dosaggi non devono superare quelli indicati nella Tabella 8 della F.U. XII ed.

La validità della Ricetta Ripetibile 6 mesi dalla data di compilazione per le altre Ricette Ripetibili (D.Lgs. 219/06 art. 88 comma 3) 30 gg per la ricetta contenente farmaci stupefacenti di cui alla Legge 49/06 30 gg per la ricetta del SSN

Ripetibilità della Ricetta Ripetibile La ripetibilità è consentita per non più di 10 volte. La ricetta non è comunque ripetibile se l’indicazione del numero di confezioni è superiore all’unità (D.Lgs. 219/06 art. 88 comma 3) Per i Farmaci riportati nella Tabella II sez. E del Dpr 309/90 (Benzodiazepine) il DM 07/08/06 ha limitato la ripetibilità a 3 volte in 30 giorni

Ricetta Non Ripetibile - RNR Tab. n. 3 (Veleni) e 5 della F.U. XII ed. - D.Lgs. 219/06 art. 89 – L. 49/2006 D.Lgs. 219/06 art. 89 comma 1 Sono soggetti a prescrizione medica da rinnovare volta per volta i medicinali che, presentando una o più delle caratteristiche previste dall'articolo 88, comma 1, possono determinare, con l'uso continuato, stati tossici o possono comportare, comunque, rischi particolarmente elevati per la salute.

Sull’imballaggio esterno o, in mancanza, sul confezionamento primario deve essere riportato: “da vendersi dietro presentazione di ricetta medica utilizzabile una sola volta” Se invece il medicinale è incluso nella tabella II sez. B-C-D della L. 49/06 deve essere riportato anche: “Soggetto alla disciplina del DPR 309/90 e della Legge 49/06”

La Forma della Ricetta Non Ripetibile La forma oltre a rispettare le indicazioni riportate precedentemente deve necessariamente riportare il codice fiscale del paziente o comunque i dati identificativi del paziente. Non ha validità la RNR priva dei dati identificativi del paziente e della data e della firma del Medico.

La validità della Ricetta Non Ripetibile Le ricette mediche non ripetibili hanno validità limitata a trenta giorni escluso quello del rilascio; esse devono essere ritirate dal farmacista, che è tenuto a conservarle per sei mesi, se non le consegna all'autorità competente per il rimborso del prezzo a carico del Servizio sanitario nazionale. Decorso tale periodo il farmacista distrugge le ricette con modalità atte ad escludere l'accesso di terzi ai dati in esse contenuti.

Casi Particolari di Ricette Non Ripetibili Non sono ripetibili le Ricette che riportano l’indicazione di più di una confezione dei Farmaci per i quali altrimenti la ricetta sarebbe ripetibile. Un caso particolare è rappresentato dalle prescrizioni di nimesulide. Con determina AIFA del 18.10.2007 (G.U. n. 250 del 26.10.2007) la fornitura di medicinali a base di nimesulide e di nimesulide/betaciclodestrina, è stata modificata da "prescrizione medica ripetibile" a " prescrizione medica da rinnovare volta per volta". In una nota informativa pubblicata sul proprio sito l'AIFA aveva limitato la prescrizione ad un trattamento di durata non superiore a 15 giorni, per ridurre il rischio di effetti dannosi a carico del fegato. In una nota del 25.01.2008, l'AIFA, rispondendo ad un quesito, ha ribadito che " anche in assenza di provvedimenti specifici che vietano una prescrizione di 2 confezioni da 30 unità posologiche, le evidenze disponibili e tutte le raccomandazioni emanate dalle autorità regolatorie devono portare a comportamenti prudenziali limitando la terapia a 15 giorni..... Il farmacista può evadere parzialmente la prescrizione fornendo al paziente una sola confezione e trattenendo la ricetta. Ne consegue che sarà rimborsata una sola confezione da parte della ASL in caso di prescrizione SSN con nota 66."

Particolari Modalità Prescrittive del Ricettario Personale

Ricetta Magistrale Non Ripetibile per Veleno La prescrizione di veleni a fini terapeutici deve essere effettuata dal Medico chirurgo riportando la dose del medicamento (cioè il quantitativo) scritta a lettere. Il farmacista deve trattenere la ricetta e trascrivere su di essa nome e cognome dell'acquirente, che deve aver compiuto i 16 anni di età.

Ricetta con Prescrizione di Sostanze Dopanti Le preparazioni galeniche, officinali o magistrali, che contengono principi attivi o eccipienti appartenenti alle classi farmacologicamente vietate - in quanto il loro uso è considerato doping - sono prescrivibili solo dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile (RNR). (art. 7, c.4 - L.14.1 2.2000, N. 376 "Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping", GU 18.12.2000 n. 294).

Ricetta con Prescrizione di Farmaci a Rischio Teratogeno (es. lsotretinoina) La ricetta deve riportare le informazioni previste nel Programma di prevenzione del rischio teratogeno. Validità della ricetta: 7 giorni dall'emissione. La ricetta deve riportare: data di certificazione, posologia (mg/Kg), terapia massima di 30 giorni. Le dosi di farmaco non utilizzate dal paziente alla fine della terapia devono essere restituite in farmacia per il corretto smaltimento delle stesse.

Ricetta con Prescrizione di Farmaci Anoressizzanti a Livello Centrale (DM 18.9.1997) Queste ricette sono ricette non ripetibili (RNR) ed al momento della loro presentazione in farmacia devono essere accompagnate da un piano di trattamento generale del paziente redatto da uno specialista in Scienza dell'Alimentazione o Endocrinologia e Malattie del Ricambio o Diabetologia o Medicina Interna, contenente specifiche indicazioni.

Tabella Riassuntiva D.Lgs 219/06 Farmaco Ricetta Ripetibilità Validità Dati

Identificativi del Paziente

Posologia

Art. 88 comma 1

Generico Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica

Ripetibile RR

10 volte 6 mesi Non obbligatori Non obbligatoria Fortemente Consigliata

Art. 88 comma 1

Benzodiazepine Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica

Ripetibile RR

3 volte 30 gg Non Obbligatori Non obbligatoria Fortemente Consigliata

Art. 89 comma 2

Generico Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica utilizzabile una sola volta

Non Ripetibile RNR

30 gg Obbligatori Codice Fiscale

Non obbligatoria Fortemente Consigliata

Sanzioni per il Medico per inosservanza delle norme sulla RNR Non osservanza delle modalità di prescrizione (art. 89 D.Lgs. n. 219/06)

Sanzione amministrativa da €. 300,00 a €. 1.800,00 (art. 148, c.9, D.Lgs. n.219

Esempi di Ricette Personali Errate

Esempio 1

Non si identifica chiaramente il Prescrittore – La sola Firma non è sufficiente

Esempio 2 Vanno inserite le generalità del Paziente – La richiesta di più di una confezione rende la Ricetta Non Ripetibile

Esempio 3 Vanno inserite le generalità del Paziente – La richiesta di Nimesulide rende la Ricetta Non Ripetibile

Capitolo 2

FARMACI DI USO COMUNE IN ODONTOIATRIA

Considerazioni Generali E’ già stato riportato nella premessa il dettato dell’art.2 della legge 409/85

Formano oggetto della professione di odontoiatra le attività inerenti alla diagnosi ed alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonchè alla prevenzione ed alla riabilitazione odontoiatriche. Gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all’esercizio della loro professione.

che permette agli Odontoiatri la possibilità di prescrivere i medicamenti/farmaci ritenuti necessari. Ma quali farmaci possono essere ritenuti necessari? Certamente alcune classi di farmaci più comunemente necessari alla professione odontoiatrica, quali gli analgesici-antinfiammatori, gli anestetici locali, gli antibiotici attivi sulla flora patogena del cavo orale ma non i farmaci per la terapia di malattie non odontoiatriche. Tutto questo vale per i casi normali, nel senso che in caso di emergenze che potrebbero verificarsi nell'attività odontoiatrica e che possono comportare danno grave o imminente pericolo di vita per il paziente, è senz'altro consentito all'odontoiatra l'uso e la prescrizione di farmaci di emergenza che devono peraltro essere presenti nello Studio Odontoiatrico. Si deve infine ritenere lecito anche l’uso e la prescrizione delle Benzodiazepine, in particolare Diazepam, Lorazepam e Temazepam, con funzione ansiolitica nei pazienti con “ansia dentale”. La prescrizione di farmaci da parte degli odontoiatri liberi professionisti deve necessariamente avvenire su "ricetta bianca", con costo a carico dell'assistito.

FARMACI ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI - FANS

Che cosa sono i FANS I Farmaci antinfiammatori si dividono in 2 categorie

Farmaci Steroidei – Corticosteroidi

Farmaci non Steroidei - FANS I FANS comprendono una serie di composti chimicamente eterogenei e non correlati tra loro, che condividono però gli effetti terapeutici e gli effetti collaterali (in particolare gastrointestinali). Sono ampiamente utilizzati nella pratica clinica per la loro azione

antinfiammatoria

analgesica

antipiretica. I FANS possono essere suddivisi in diverse classi:

salicilati, fra cui l’acido acetilsalicilico (principio attivo dell’aspirina) e il diflunisal.

L’acido acetilsalicilico oltre ad avere un effetto antinfiammatorio, antipiretico e analgesico ha anche un effetto antiaggregante piastrinico

derivati dell’acido acetico, fra cui l’indometacina, il diclofenac, il sulindac e il ketorolac;

derivati dell’acido propionico, fra cui l’ibuprofene, il flurbiprofene, il ketoprofene, il naprossene;

derivati dell’acido enolico, quali il piroxicam, il meloxicam e il nabumetone;

inibitori selettivi della COX-2 (coxib), quali celecoxib, valdecoxib, parecoxib, etoricoxib.

Altri FANS, che non rientrano nelle classi sopracitate, sono la nimesulide e il nabumetone. Trattando i FANS occorre considerare anche chi FANS non è ovvero il Paracetamolo per l’azione farmacologica ed il peculiare meccanismo d’azione che si esplica a livello del Sistema Nervoso Centrale e che risulta avere minori effetti collaterali poiché non inibisce la sintesi della Prostaglandine nei tessuti periferici. Deriva dal Catrame Minerale ed appartiene alla categoria degli Analgesici Anilinici.

Meccanismo di azione I FANS esercitano i loro effetti terapeutici essenzialmente attraverso l’inibizione della cicloossigenasi - COX, un enzima che permette la trasformazione dell’acido arachidonico a intermedi instabili, che portano alla produzione di trombossani, prostacicline e diversi tipi di prostaglandine (PG). Le prostaglandine sono sostanze chimiche che, in condizioni normali, svolgono un ruolo importante nel garantire l’integrità della mucosa gastrica, una normale circolazione renale intervenendo sul sistema renina-angiotensina-aldosterone e una funzione piastrinica efficiente, oltre a essere responsabili dell’aumento della temperatura corporea (febbre). L’enzima COX possiede due diverse isoforme, denominate COX-1 e COX-2, la prima delle quali regola la sintesi delle PG in condizioni fisiologiche, mentre la COX- 2 viene prodotta solo nelle sedi in cui si verifica un’infiammazione. La COX-1 è localizzata principalmente nei vasi sanguigni, nello stomaco e nel rene e la sua inibizione è responsabile della maggior parte degli effetti gastrolesivi tipici della terapia con FANS. La COX-2 è presente nel rene e nel cervello ed è coinvolta nella regolazione della funzione renale e di alcune funzioni del sistema nervoso (induzione della febbre, percezione del dolore, funzione cognitiva).1 Quindi l’effetto inibitorio dei FANS tradizionali, che si esplica su entrambe le forme della COX, produce necessariamente, oltre alla soppressione della infiammazione e del dolore, una serie di effetti dannosi sui meccanismi di protezione della mucosa gastrica, poiché le prostaglandine riducono ordinariamente la secrezione acida, stimolano la produzione di muco e bicarbonati, favoriscono l’irrorazione sanguigna della mucosa, garantendo in ultima analisi l’integrità della parete dello stomaco. Oltre a questa azione sistemica, i FANS hanno una azione lesiva locale gastrica mediata dalla loro capacità di favorire la penetrazione dell’acido cloridrico nella parete dello stomaco con effetti corrosivi sulla mucosa. Tutti i FANS, pur essendo un gruppo eterogeneo di composti, presentano un’attività simile nel ridurre le manifestazioni sia locali (dolor, tumor, calor, rubor, functio laesa) sia generali (febbre) del processo infiammatorio. Tutti inoltre agiscono sulle COX e inibiscono la produzione di prostaglandine: l’inibizione esercitata dall’acido acetilsalicilico è irreversibile e questo la contraddistingue dagli altri FANS perché la sua durata d’azione è legata al turnover delle ciclossigenasi nei diversi tessuti, mentre quella degli altri FANS dipende più direttamente dal tempo in cui il farmaco è disponibile.

Principali indicazioni terapeutiche Attività farmacologiche Le principali attività farmacologiche dei FANS sono:

azione analgesica nel trattamento del dolore i FANS, somministrati in dose singola occasionale, hanno efficacia sovrapponibile a quella del paracetamolo, che ha meno effetti avversi e che quindi andrebbe preferito. Le associazioni di FANS e oppiacei sono utili per trattare il dolore in oncologia;

azione antinfiammatoria i FANS sono utili nella terapia del dolore cronico di tipo flogistico (artrite reumatoide e in alcuni casi di artrosi). Quando la somministrazione prosegue per una settimana l’effetto antidolorifico che si ottiene con gli antinfiammatori non steroidei supera in questo caso le proprietà analgesiche del paracetamolo e anche degli oppiacei. Per avere un effetto antinfiammatorio completo possono servire 2-3 settimane di trattamento. Se trascorso questo periodo non si osservano risultati è necessario rivalutare la terapia;

azione antipiretica in caso di febbre i FANS abbassano la temperatura corporea determinando vasodilatazione periferica, sudorazione e conseguente dispersione di calore. Va segnalato tuttavia che nei bambini bisognerebbe sempre preferire il paracetamolo all’acido acetilsalicilico per il rischio di sindrome di Reye (vedi dopo).

Tabella 1 – Indicazioni di documentata efficacia dell’uso dei FANS

Affezioni non reumatologiche*

dolore colico (biliare, renale)

dolore dentale

dismenorrea

cefalea vasomotoria

dolore post traumatico e post operatorio

dolore neoplastico

infarto del miocardio, ictus, attacco ischemico transitorio (solo per l’acido acetilsalicilico e a basso dosaggio)

stati infiammatori vari (sinusite, otite media)

Affezioni reumatologiche**

artriti

artrosi

* i FANS non sono indicati per il dolore neuropatico, per la cefalea da ipertensione endocranica ** escluse quelle infettive

Sintesi Considerando che le principali attività farmacologiche sono l’azione antinfiammatoria, analgesica ed antipiretica, nonché antiaggregante piastrinica per i salicilati, i FANS trovano indicazione in tutte le condizioni cliniche in cui è necessario sedare il dolore e contrastare l’infiammazione, nella maggior parte delle condizioni reumatologiche ed in caso di dolore artrosico.

Effetti avversi più comuni Tutti i FANS presentano effetti avversi che non devono essere sottovalutati. Per ridurre i rischi di effetti avversi occorre limitare l’uso dei FANS, sostituendoli quando possibile con il paracetamolo che ha una minore tossicità (pur essendo a certi dosaggi epatotossico), oppure si dovrebbero scegliere FANS con una migliore tollerabilità gastrica (per esempio ibuprofene e naprossene). Si raccomanda di iniziare sempre la terapia a basse dosi e di sospenderla appena possibile.

Tabella 2. Principali effetti avversi dei FANS

Tipo A Legati all’inibizione della ciclo ossigenasi Dosedipendenti

Tipo B Non dipendenti dal meccanismo d’azione Meno frequenti ma si deve sospendere la terapia

effetti gastrointestinali

insufficienza renale funzionale

squilibri idroelettrolitici

scompenso cardiaco congestizio

broncocostrizione

nefrite interstiziale

discrasie ematiche

danno epatico

anafilassi

fotosensibilità

reazioni cutanee gravi

esantemi

cefalea

vertigini

Effetti avversi gastrointestinali Tutti i FANS possono essere gastrolesivi. Gli effetti avversi si manifestano per la maggior parte a livello del tratto gastrointestinale superiore e sono rappresentati da dispepsia, ulcere e sanguinamenti. Può essere colpito anche il tratto gastrointestinale inferiore con ulcerazioni, sangue vivo o occulto nelle feci, con conseguente sviluppo di anemia. Dispepsia e disturbi gastrointestinali si possono manifestare nel 10-20% dei soggetti trattati con FANS e di questi il 3% ha un’ulcera e l’1% un’emorragia. Gli eventi gastrointestinali gravi sono poco frequenti, ma rilevanti visto l’ampio utilizzo di questi farmaci: l’incidenza di eventi clinicamente importanti è del 3-4,5% dei soggetti trattati, mentre il rischio di eventi complicati gravi (sanguinamento gastrointestinale, perforazione) è dell’1,5%.4 I soggetti più a rischio di complicanze gastrointestinali sono quelli:

di età avanzata (>65 anni);

con storia di ulcera pregressa o di sanguinamento gastrointestinale;

in terapia con dosi elevate di uno stesso FANS o che in terapia con 2 o più antinfiammatori contemporaneamente (in particolare acido acetilsalicilico e un altro antinfiammatorio non steroideo);

esposti a terapie a lungo termine;

che assumono contemporaneamente corticosteroidi e anticoagulanti oppure che assumono alcolici in dosi eccessive;

con infezione da Helicobacter pylori, anche se questo aspetto è ancora controverso.

Inoltre occorre prestare attenzione ai soggetti con diabete mellito e scompenso cardiaco, anche se non ci sono ancora prove per considerare queste patologie come fattori di rischio.

La tossicità gastrointestinale è il principale fattore limitante della terapia con FANS: l’effetto lesivo sulla mucosa può portare ad alterazioni che vanno da petecchie sottomucose a erosioni fino a ulcere acute e croniche.

Una caratteristica delle lesioni gastriche da FANS, rispetto ad altri tipi di ulcera, è la maggior frequenza di complicanze, soprattutto emorragiche e la frequente asintomaticità delle lesioni. All’origine della lesione gastrica possono esserci 2 meccanismi diversi:

irritazione locale, legata all’assunzione del farmaco per bocca;

inibizione della sintesi delle prostaglandine PGI2 e PGE2 che agiscono da agenti protettivi della mucosa gastrica; queste prostaglandine intervengono sia sulla secrezione di muco citoprotettivo e di bicarbonati, sia sull’epitelizzazione della mucosa e sulla regolazione del suo flusso ematico. L’inibizione della sintesi delle prostaglandine aumenta la secrezione acida e l’esposizione della mucosa gastrica agli stimoli lesivi.

Tra i diversi FANS per via orale sono emerse differenze nel rischio di gravi effetti indesiderati a livello del tratto gastrointestinale superiore: l’ibuprofene sembra essere il FANS meglio tollerato; ketoprofene, indometacina, naprosse e diclofenac sono a rischio intermedio, mentre piroxicam e ketorolac avrebbero il rischio maggiore. La combinazione tra un FANS e l’acido acetilsalicilico a basso dosaggio impiegato nella profilassi cardiovascolare aumenta il rischio di effetti gastrointestinali, per cui tale associazione deve essere utilizzata solo se assolutamente necessaria e il soggetto in terapia deve essere monitorato. Sebbene al momento della loro immissione in commercio i coxib venivano indicati, data la loro selettività per la COX-2, come FANS privi di rischio gastrointestinale, i dati a oggi disponibili hanno dimostrato che il rischio di gastrolesività da parte di questi nuovi FANS è solo lievemente diminuito rispetto ai FANS tradizionali, mentre aumenta il rischio di effetti cardiovascolari. I coxib sono da preferirsi ai FANS tradizionali solo se vi è una indicazione specifica, come per esempio un rischio molto elevato di ulcera, perforazione o sanguinamento del tratto gastrointestinale e comunque solo dopo un attento esame del rischio cardiovascolare. Per limitare gli effetti irritativi locali a livello gastrico è utile assumere i FANS a stomaco pieno o con latte. In caso di dispepsia, dolore epigastrico, pirosi, il medico può provare a cambiare farmaco: se i sintomi persistono o se il soggetto è ad alto rischio il medico può consigliare di sospendere la terapia e prescrivere una gastroscopia per valutare la presenza di un’ulcera.

Quando è opportuna la gastroprotezione?

Si stima che tra il 15 e il 40% dei soggetti in terapia con FANS lamentino una dispepsia a seguito del trattamento. Le complicanze più gravi sono però rare ed il rischio di ospedalizzazione per una complicanza grave è infatti stimato fra l’1 e il 2% per anno e aumenta fino a 4-5 volte nelle categorie a rischio. La gastroprotezione dovrebbe essere riservata ai soggetti ad alto rischio in trattamento cronico con un FANS:

età avanzata (superiore ai 65 anni)

storia di pregresse emorragie digestive o di ulcera peptica non guarita con terapia eradicante

concomitante terapia con anticoagulanti orali o cortisonici.

Tali condizioni devono essere considerate fattori suggestivi di una popolazione a maggior rischio ma non raccomandazioni tassative per trattare, per esempio, tutti gli anziani o tutti coloro che assumono anticoagulanti con un protettore gastrico. Il farmaco per il quale esistono dati di efficacia (cioè in grado di ridurre le complicanze gravi) è il misoprostolo. La dose di 800 microg/die ha però una scarsa tollerabilità, causando nausea, cefalea, vertigini, dispepsia, diarrea, dolore e crampi addominali. E’ inoltre un potente abortivo e l’utilizzo è controindicato nelle donne in gravidanza e deve essere usato con estrema cautela nella donne in età fertile che non fanno uso di validi metodi contraccettivi. Il suo utilizzo è stato sempre più rimpiazzato dagli inibitori di pompa protonica. Gli inibitori di pompa protonica (omeprazolo, pantoprazolo, rabeprazolo, esomeprazolo e lansoprazolo) sono

i farmaci più efficaci sia nel guarire le ulcere sia nel prevenire le recidive, anche se non hanno mai dimostrato di ridurre le complicanze gravi che sono il parametro clinico più rilevante cui mira la profilassi farmacologica. Gli antagonisti dei recettori H2 (ranitidina, cimetidina e famotidina) non dovrebbero essere utilizzati poiché non vi sono prove di efficacia nella riduzione dell’incidenza di ulcere gastriche indotte da FANS e nella prevenzione di gravi complicanze gastrointestinali. In dosi standard non riducono significativamente l’incidenza di ulcera gastrica, che è il tipo più frequente in caso di trattamento con FANS, anche se hanno un’efficacia pressoché uguale al misoprostolo sulle ulcere duodenali.

Effetti avversi cardiovascolari E’ ancora aperta la questione se il rischio di complicanze cardiovascolari sia un effetto di classe limitato ai coxib e legato al loro meccanismo d’azione o sia un effetto diffuso a tutti i FANS. Una recente metanalisi sul rischio cardiovascolare di alcuni FANS, compresi i coxib in commercio in Italia (celecoxib ed etoricoxib), ha trovato che il principio attivo meno pericoloso dal punto di vista cardiovascolare è il naprossene. Tale esito era già emerso da precedenti studi di ampie dimensioni. Una metanalisi9 di 121 studi clinici randomizzati aveva trovato un aumento di due volte del rischio di infarto del miocardio a seguito dell’uso di coxib rispetto all’uso di naprossene. Inoltre nel 2006 una revisione dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), pur avendo confermato un rapporto di beneficio/rischio favorevole per l’intera classe dei FANS, non aveva escluso la possibilità che anche i FANS non selettivi potessero esporre i soggetti a un lieve aumento del rischio assoluto di eventi trombotici (in particolare infarto del miocardio e ictus), soprattutto se utilizzati a dosi elevate e per lungo tempo. Sulla base dei dati allora disponibili, era infatti emerso un aumento del rischio di infarto miocardico e di ictus con alte dosi di diclofenac (150 mg) e di ibuprofene (2.400 mg)/die ma non di naprossene. A seguito dei risultati di questi studi, l’EMA ha recentemente avviato una nuova revisione per valutare il rischio cardiovascolare correlato ai FANS non selettivi, focalizzando l’attenzione, visto il loro ampio utilizzo, su diclofenac, ibuprofene e naprossene ed ha concluso che non è possibile escludere anche per i FANS non selettivi la possibilità di un aumento del rischio di eventi trombotici. Tra i FANS non selettivi analizzati, il diclofenac ha mostrato il rischio cardiovascolare più elevato, comparabile a quello dei coxib. Sempre sulla base dei dati disponibili sembra vi sia una relazione dose-effetto, mentre non è stato possibile formulare conclusioni sul rischio associato alla durata del trattamento. Ibuprofene e naprossene sembrano avere il miglior profilo di sicurezza cardiovascolare, anche se non può essere escluso un lieve aumento del rischio di eventi trombotici con alte dosi di farmaco e dopo esposizione a lungo termine ed il naprossene ha mostrato il livello di rischio minore. Per gli altri FANS non selettivi non è stato possibile giungere ad alcuna conclusione a causa della scarsità dei dati disponibili. E’ comunque importante controllare la pressione arteriosa in tutti i soggetti trattati con FANS: nel corso di un trattamento prolungato si può verificare un aumento della pressione arteriosa con conseguente aumento del rischio di eventi cardiovascolari e di insufficienza cardiaca congestizia.

Nei soggetti con grave insufficienza cardiaca, i FANS sono controindicati ed i coxib sono controindicati anche nel caso di cardiopatia ischemica, nelle patologie cerebrovascolari e arteriose periferiche e nello scompenso cardiaco moderato e grave. I coxib dovrebbero inoltre essere usati con cautela nei soggetti con storia di insufficienza cardiaca, disfunzioni del ventricolo sinistro, ipertensione arteriosa e nel caso di edema per cause diverse, nonché in presenza di fattori di rischio cardiovascolare.

Meccanismo alla base del rischio cardiovascolare da FANS Le cicloossigenasi hanno un ruolo importante nella trombogenesi:

la COX 1 stimola la produzione piastrinica del trombossano A2, un potente aggregante e vasocostrittore

la COX 2 stimola la produzione endoteliale di prostaciclina, che inibisce l’aggregazione piastrinica ed è un potente vasodilatatore.

l’inibizione della COX 1 conduce a un effetto antiaggregante protettivo per cuore e vasi, ma aumenta il rischio emorragico, l’inibizione della COX 2 aumenta l’aggregazione piastrinica e la vasocostrizione aumentando il rischio di eventi cardiovascolari. I FANS non selettivi, invece, possono comportare un lieve aumento del rischio solo quando usati a dosi elevate e in trattamenti a lungo termine Gli inibitori selettivi della COX 2 dovrebbero essere preferiti ai FANS non selettivi solo quando sia presente una indicazione specifica (per esempio rischio molto alto di ulcera). Per quanto sopra precisato i soggetti con fattori significativi di rischio cardiovascolare (ipertensione, iperlipidemia, diabete mellito, abitudine al fumo) devono essere trattati con FANS solo dopo attenta valutazione. Il medesimo meccanismo di inibizione delle cicloossigenasi dà ragione del fatto che l’acido acetilsalicilico (attivo soprattutto su COX 1) venga usato in modo preventivo per inibire l’aggregazione piastrinica e ridurre l’incidenza di attacchi ischemici transitori, angina instabile, trombosi coronarica. Anche gli altri FANS non selettivi provocano riduzione dell’aggregazione piastrinica, fenomeno però reversibile che termina non appena il farmaco viene eliminato. Sintesi Gli effetti avversi dei FANS si possono suddividere in due categorie: tipo A - associati al meccanismo d’azione di inibizione delle cicloossigenasi tipo B - indipendenti dal meccanismo d’azione I primi sono i più frequenti e i più studiati, i secondi sono meno frequenti e hanno un meccanismo ignoto o non completamente chiaro. I principali effetti avversi di tipo A sono l’effetto gastrolesivo gli effetti cardiovascolari

I soggetti più a rischio di complicanze gastrointestinali sono quelli: di età avanzata (>65 anni); con storia di ulcera pregressa o di sanguinamento gastrointestinale; in terapia con dosi elevate di uno stesso FANS o che sono in terapia con 2 o più antinfiammatori contemporaneamente. Nei soggetti ad alto rischio è opportuno associare i FANS a un gastroprotettore. E’ ancora aperta la questione se il rischio di complicanze cardiovascolari sia un effetto di classe limitato ai coxib e legato al loro meccanismo d’azione o sia invece un effetto diffuso a tutti i FANS. E’ importante tenere sotto controllo la pressione arteriosa di tutti i soggetti in terapia a lungo termine con FANS. A differenza degli analgesici oppioidi, i FANS non comportano per il soggetto alcun rischio di dipendenza, ma possono essere associati ad abuso. Nel caso di effetti avversi di tipo B non legati al meccanismo d’azione è necessario sospendere immediatamente la terapia.

Altri effetti avversi da considerare con attenzione Gli altri possibili effetti avversi collegati all’utilizzo dei FANS sono

Effetti a livello renale

Effetti epatici

Ipersensibilità

Effetti cutanei

Effetti neurologici

Sindrome di Reye

Effetti avversi a livello renale A livello renale le Prostaglandine PGI2 e PGE2 esplicano un effetto vasodilatatore protettivo, aumentano infatti il flusso ematico renale, stimolano la diuresi, la natriuresi e la kaliuresi. Le prostaglandine inibiscono il riassorbimento d’acqua indotto dall’ormone antidiuretico (ADH) e stimolano la secrezione di renina dalla corticale renale per effetto diretto sulle cellule granulari iuxtaglomerulari. I FANS, inibendo la produzione di prostaglandine, possono provocare nefropatia e insufficienza renale soprattutto in soggetti a rischio che assumono FANS per un lungo periodo di tempo o che assumono contemporaneamente farmaci nefrotossici o che agiscono a livello renale (per esempio i diuretici). Una valutazione anamnestica e se necessario con richiesta dei parametri di laboratorio per la funzionalità renale è opportuna nei soggetti che rientrano in queste categorie:

soggetti con diabete mellito

ipertensione arteriosa

età > 60 anni

familiarità per patologie renali croniche e/o insufficienza renale. Non è a tutt’oggi definito se il controllo della funzionalità renale nei soggetti a rischio che stanno assumendo FANS riduca il tasso di mortalità e morbilità.

Effetti avversi a livello epatico Nel 5,4% dei soggetti trattati con acido acetilsalicilico e nel 2,9% di quelli trattati con altri FANS si registra un aumento transitorio delle transaminasi. Il disturbo è più frequente con diclofenac, sulindac e nimesulide, ma si può avere anche con inibitori selettivi della COX 2. In particolare, la nimesulide ha un rischio epatotossico maggiore degli altri FANS e per questo non può essere utilizzata per il trattamento cronico della osteoartrosi e delle altre patologie infiammatorie croniche. Occorre quindi valutare se il soggetto ha segni o sintomi di disfunzione epatica (nausea, anoressia, ittero, epatomegalia) e se sono alterati i test di funzionalità epatica. Il trattamento con i FANS deve essere interrotto se si osservano segni di insufficienza epatica o vengono riscontrate alterazioni persistenti dei test di funzionalità epatica. Generalmente le epatopatie da FANS sono dose-dipendenti, ma in alcuni casi si possono verificare anche indipendentemente dalla dose assunta.

Ipersensibilità Tutti i FANS possono provocare reazioni di ipersensibilità, ma tali reazioni sono più frequenti nei soggetti che assumono acido acetilsalicilico ove il 15% dei soggetti può andare incontro a reazioni di ipersensibilità. I sintomi vanno dall’orticaria generalizzata alla broncocostrizione, all’edema angioneurotico mentre è’ raro lo shock anafilattico che non si può comunque escludere.

Effetti avversi cutanei Molto raramente sono state riportate reazioni cutanee gravi, alcune delle quali fatali ed in particolare sono stati descritti casi di dermatite esfoliativa, sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi tossica epidermica.

Effetti avversi neurologici Gli effetti avversi sul sistema nervoso centrale sono rari e si manifestano soprattutto nelle persone anziane: in questi pazienti sono stati segnalati tinnito, deficit cognitivo e depressione e sono stati segnalati anche casi di cefalea, disturbi visivi, convulsioni, capogiri, sonnolenza, confusione mentale.

Sindrome di Reye Preparati a base di acido acetilsalicilico non dovrebbero essere somministrati al di sotto dei 16 anni per il rischio di sindrome di Reye. La sindrome di norma inizia con vomito protratto, disattenzione, irritabilità, confusione, comportamento irrazionale o convulsioni: sintomi associati allo sviluppo di un’encefalopatia non infiammatoria e a degenerazione adiposa del fegato. Con il progredire della sindrome si ha aumento delle transaminasi e dei livelli di ioni ammonio nel sangue. La condizione ha un’alta mortalità e, nei soggetti che sopravvivono possono residuare complicanze neurologiche a lungo termine.

A differenza dell’acido acetilsalicilico il Paracetamolo non presenta rischi di Sindrome di Reye .

Soggetti a maggior rischio di effetti avversi

Soggetti anziani (l’età avanzata è associata a un aumentato rischio di tossicità gastrointestinale).

Soggetti che assumono farmaci che possono aumentare il rischio di ulcerazione o emorragia gastro-intestinale (corticosteroidi, anticoagulanti, eparine, acido acetilsalicilico e altri antiaggreganti piastrinici, inibitori selettivi della ricaptazione della serotina).

Soggetti che assumono farmaci che hanno effetti sulla funzionalità renale (ACE-inibitori, sartani, diuretici, tacrolimus, ciclosporina).

Soggetti con fattori di rischio cardiovascolare come ipertensione, diabete, iperlipidemia, abitudine al fumo.

Soggetti con storia di malattia infiammatoria cronica intestinale (malattia di Crohn, colite ulcerosa).

Soggetti con reazioni bollose inclusa la sindrome di Stevens-Johnson e la necrolisi tossica epidermica.

Rischi associati all’uso dei FANS in gravidanza L’inibizione della sintesi di prostaglandine può interferire con la gravidanza e lo sviluppo embrionale e fetale. Risultati di studi epidemiologici hanno trovato un aumento del rischio di aborto, di malformazioni cardiache e di gastroschisi dopo l’uso di un FANS nel primo periodo della gravidanza. Il rischio assoluto di malformazioni cardiache aumentava da meno dell’1% fino a circa l’1,5% e sembra che il rischio aumenti con la dose e la durata della terapia. Durante il terzo trimestre di gravidanza tutti gli inibitori della sintesi di prostaglandine possono esporre il feto a tossicità cardiopolmonare (con chiusura prematura del dotto arterioso e ipertensione polmonare) e a disfunzione renale che può progredire in insufficienza renale. Al termine della gravidanza i FANS possono provocare nella madre e nel neonato un prolungamento del tempo di sanguinamento che può verificarsi anche a dosi molto basse e si può avere inoltre una inibizione delle contrazioni uterine con ritardo o prolungamento del travaglio. Ne consegue che l’analgesico di elezione in gravidanza è il Paracetamolo che non influisce sulla chiusura del dotto arterioso fetale e comunque è sempre da utilizzare previa consultazione col ginecologo.

Sintesi Oltre agli effetti avversi gastrointestinali, i FANS possono dare problemi a livello renale, epatico, cutaneo, neurologico. L’incidenza di questi effetti avversi è inferiore, tuttavia è opportuno valutare la durata e il dosaggio della terapia soprattutto nei soggetti che sono a rischio (per esempio nei soggetti con disfunzione epatica o renale).

Bisognerebbe inoltre evitare l’uso dei FANS in gravidanza perché possono esporre il feto a rischi di malformazioni cardiache e gastroschisi nel primo trimestre e di tossicità polmonare nel terzo trimestre, così come va evitato l’uso nei bambini dell’acido acetilsalicilico per il rischio di sindrome di Reye.

Interazione con altri Farmaci Un’interazione tra farmaci si verifica quando la risposta farmacologica o clinica alla somministrazione contemporanea di due o più farmaci è diversa da quella attesa sulla base degli effetti noti dei due o più farmaci somministrati singolarmente, o più semplicemente quando gli effetti di un farmaco vengono modificati dalla presenza di un altro farmaco. Si tratta di un aspetto da non sottovalutare e da considerare attentamente quando si prescrive un trattamento con FANS.

Tabella 3. Principali classi di farmaci e possibili interazioni con i FANS

Farmaco Interagente Effetto Note Particolari

antipertensivi riduzione dell’effetto antipertensivo

nei soggetti con funzione renale compromessa (per esempio soggetti disidratati o anziani) la somministrazione concomitante con un ACE inibitore o un antagonista dell’angiotensina II può portare a un deterioramento ulteriore della funzione renale, generalmente reversibile

anticoagulanti orali, antiaggreganti, eparine

aumento del rischio emorragico

i FANS hanno effetti gastrolesivi e antiaggreganti intrinseci; un recente studio condotto in Italia sulle segnalazioni spontanee ha trovato che l’associazione di FANS e antiaggreganti o anticoagulanti è responsabile della quasi totalità delle interazioni associate a esiti gravi o fatali3

Metotrexato (antineoplastico)

tossicità da metotrexato (leucopenia, trombocitopenia, anemia, nefrotossicità, ulcerazioni delle mucose)

i FANS possono ridurre l’eliminazione renale del metotrexato aumentandone le concentrazioni plasmatiche e la tossicità. Si sconsiglia l’uso di FANS entro dieci giorni dalla somministrazione di dosi elevate di metotrexato; usare cautela nella cosomministrazione con metotrexato a basse dosi (7,5-15 mg settimana) La somministrazione nelle 24 ore (prima o dopo) del trattamento con metotrexato deve essere fatta con cautela

litio tossicità da litio (astenia, tremore, sete eccessiva, confusione)

i FANS possono ridurre l’escrezione renale del litio aumentandone le concentrazioni plasmatiche. Se la somministrazione dei FANS è necessaria occorre controllare attentamente la concentrazione ematica di litio e regolare il dosaggio anche quando il trattamento con gli antinfiammatori viene interrotto

antidepressivi (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina o SSRI)

aumento del rischio di sanguinamenti gastrointestinali

antidiabetici orali (sulfoniluree)

ipoglicemia spiazzamento dalla proteine plasmatiche

acido acetilsalicilico (ASA) a basse dosi

riduzione dell’efficacia cardioprotettiva dell’ASA in caso di assunzione

l’ibuprofene può spiazzare l’ASA dal sito di legame sulla COX-1 riducendone l’efficacia. Si dovrebbe assumere l’ibuprofene almeno 2 ore prima dell’ASA oppure 8 ore

concomitante di ibuprofene dopo.3

immunosoppressori (ciclosporina e tacrolimus)

aumento degli effetti nefrotossici dell’immunosoppressore

inibizione della sintesi delle prostaglandine renali dovuta ai FANS

corticosteroidi aumento del rischio emorragico

effetti gastrolesivi additivi

digossina aumento del rischio di tossicità da digossina (nausea, vomito, aritmie cardiache)

i FANS possono aumentare la concentrazione plasmatica di digossina, in caso di cosomministrazione occorre monitorare i soggetti ad alto rischio di tossicità da digossina

Emivita e dosaggi dei principali FANS Per emivita si intende il tempo necessario a una sostanza per dimezzare la sua concentrazione plasmatica. Maggiore è l’emivita, minore è la necessità di ripetere la somministrazione nella giornata.

Tabella 4. Emivita dei principali farmaci antinfiammatori non steroidei2

FANS Emivita in ore Dosaggio

Salicilati acido acetilsalicilico 0,15-0,20 0,3-1 g ogni 4 ore

diflunisal 8-12 500 mg ogni 12 ore

dose massima ogni 8 ore

Derivati indolici indometacina 3 50-200 mg/die

sulindac 3 dose massima 400 mg/die

amtolmetina 5 600 mg/die

Derivati dell’acido acetico diclofenac 1-2 75-150 mg/die

ketorolac 4-6 10 mg ogni 4-6 ore

Derivati dell’acido propionico

ibuprofene 2 dose iniziale 1,2-1,8 g7die

dose di mantenimento 0,6-1,2 g/die

naprossene 14 0,5-1 g die

acido tiaprofenico 1,5-2,9 600 mg die

ketoprofene 2 50-200 mg die

flurbiprofene 6 50-100 mg ogni 4-6 ore

Acidi enolici piroxicam 50 dose iniziale 20 mg die

dose di mantenimento 10-30 mg die

cinnoxicam 20 30 mg die

meloxicam 15-20 7,5 mg die

tenoxicam 70 20 mg die

lornoxicam 3-4 8-16 mg/die

Acidi antranilici acido mefenamico 2-4 1,5 g/die

acido niflumico 2-4 750-1.000 mg/die

Coxib celecoxib 11 200 mg die

etoricoxib 22 60-120 mg/die

Altri nabumetone 23 1 g die

nimesulide 2-3 200-400 mg/die

Sintesi Il profilo tossicologico dei FANS suggerisce di adottare la dose più bassa che risulti efficace e, per quanto possibile, limitare la durata del trattamento , aspetto più critico soprattutto in caso di malattie croniche come le patologie osteoartrosiche e l’artrite reumatoide che prevedono assunzioni prolungate del farmaco. Nella scelta del tipo di FANS occorre tenere presente sia le caratteristiche individuali del soggetto in terapia sia l’emivita del farmaco: maggiore è l’emivita, minore è la necessità di ripetere la somministrazione nella giornata. La somministrazione intramuscolare è dolorosa, ha gli stessi effetti avversi a livello gastrico di quella per bocca ed è a più alto rischio di sovradosaggio e di complicanze renali.

ANTIBIOTICI

Che cosa sono gli Antibiotici L’Antibiotico nasce come una sostanza prodotta da un Microrganismo e capace di ucciderne altri. Il termine origina dal greco e significa: contro la vita. L’Antibiotico è di origine naturale, prodotto da funghi o da bacilli, mentre il Chemioterapico è un prodotto di sintesi.

Meccanismo d’azione Gli Antibiotici sono in grado di rallentare o fermare la proliferazione di batteri, ma non hanno di norma efficacia sui virus e sui parassiti, ed agiscono attraverso 2 principali meccanismi che li distingue in

Batteriostatici bloccano la riproduzione del batterio impedendone la scissione

Battericidi uccidono direttamente il batterio

Gli antibiotici non agiscono su una sola struttura batterica ma:

attaccano la parete cellulare: penicillina, cefalosporine, bacitracina, glicopeptidi (vancomicina)

attaccano la membrana plasmatica : polimixine

interferiscono con la sintesi degli acidi nucleici: chinoloni, rifampicina, nitrofurantoina

interferiscono con la sintesi proteica: amino glicosidi, tetracicline, cloramfenicolo, macrolidi, clindamicina

interferiscono col metabolismo energetico: sulfamidici, trimetoprim, isoniazide

Spettro d’azione Un’altra distinzione degli Antibiotici si realizza in funzione dello spettro d’azione ovvero dell’efficacia Vs

Aerobi - Gram+ : penicilline ad ampio spettro, vancomicina

Aerobi - Gram- : cefalosporine, chinoloni, tetracicline , amino glicosidi

Anaerobi – Gram+ : penicillina, clindamicina

Farmacocinetica e Farmacodinamica La farmacocinetica descrive l’Assorbimento, la Distribuzione, il Metabolismo e l’Escrezione (acronimo ADME) del medicamento. La farmacodinamica mette in relazione la concentrazione del medicamento con gli effetti farmacologici sui batteri nonché quelli tossicologici sull’ospite. Considerare gli aspetti cinetici è molto importante per evitare l’errore di confrontare i valori di sensibilità/resistenza del batterio individuato dal laboratorio o di quello supposto presente (in base alla conoscenza degli ospiti abituali di quella particolare sede, caso più comune in odontoiatria) con quelli delle concentrazioni, misurabili nel siero ematico, dell’antibiotico designato, nel presupposto, spesso erroneo, che concentrazioni ematiche e tissutali siano sovrapponibili. E’ opportuno quindi ricordare alcuni concetti di farmacocinetica: 1. Dopo aver somministrato un antibiotico, è necessario un certo intervallo di tempo affinché il farmaco

raggiunga il picco, dopodiché nel tempo e progressivamente il farmaco decresce come concentrazione, in base a quella che è la sua emivita. Nel cavo orale questi processi sono un po’ più ritardati, sia per quel che riguarda il raggiungimento del picco, sia per quel che riguarda la diminuzione di concentrazione nel tempo. Per tutto il primo periodo il farmaco somministrato è ad una concentrazione più alta di quella che è la MBC, minima concentrazione battericida. Poi si ha un periodo in cui la concentrazione è intermedia tra la MBC e la MIC, ovvero la concentrazione minima inibente, seguito da un’ulteriore decremento di concentrazione che comporta la ripresa della proliferazione batterica.

2. Dal punto di vista dinamico, gli antibiotici possono essere suddivisi in concentrazione-dipendenti tempo dipendenti e i differenti aspetti della dinamica sono esemplificati nella fig.1.

L’effetto degli Antibiotici concentrazione-dipendenza è il seguente : a concentrazioni minori della MIC il batterio cresce ma poco, a concentrazioni uguali della MIC c’è una certa caduta anche se non marcatissima della carica batterica ad una concentrazione 4,16 o 64 volte maggiori della MIC si osservano cadute più marcate e veloci della concentrazione batterica (studio in vitro).

Quindi più la concentrazione è elevata, più è rapida la morte dei batteri. Gli antibiotici di questo tipo devono essere somministrati perciò ad alte dosi e a lunghi intervalli di tempo. L’effetto degli antibiotici tempo-dipendenti è tale per cui quando si raggiunge la concentrazione pari alla MIC, si ottiene una stasi della crescita batterica. Quando si incrementa la dose fino a 4 volte la MIC c’è un certo effetto battericida, che tuttavia non aumenta sensibilmente aumentando la concentrazione di farmaco poichè questi antibiotici hanno bisogno di tempo per ottenere la risoluzione dell’infezione. Antibiotici di questo tipo sono rappresentati ad esempio da Betalattamine, penicilline e cefalosporine, il cui meccanismo d’azione si basa su un’attività di distruzione nei confronti della parete batterica.

Antibiotici concentrazione- dipendenti:

Fluorochinoloni

Claritromicina

Azitromicina

Ketolidi Antibiotici tempo-dipendenti:

Betalattamine

Macrolidi naturali come l’Eritromicina

Cefalosporine

Principali Indicazioni Terapeutiche La somministrazione di antibiotici in odontoiatria è un evento piuttosto frequente. Vengono riportate in dettaglio le indicazioni alla profilassi antibiotica prima di procedere a trattamenti odontoiatrici che possono causare una batteriemia nel paziente. Vengono inoltre riportati i protocolli farmacologici raccomandati sulla base delle ultime indicazioni fornite dalla American Dental Association in collaborazione con la American Heart Association e della American Academy of Orthopaedic Surgeons. Si deve sempre considerare che non tutte le procedure odontoiatriche sono in condizione di indurre una batteriemia, sia pure transitoria, nel paziente perciò prima ancore di stabilire l’opportunità o meno di sottoporre un paziente a rischio a una profilassi antibiotica, è necessario distinguere i trattamenti odontoiatrici potenzialmente a rischio di batteriemia, da quelli in cui non è indicata nessuna copertura antibiotica, anche in presenza di un paziente a rischio

Tabella 1 –Procedure Odontoiatriche e Profilassi Antibiotica

Procedure odontoiatriche in cui è opportuna la profilassi antibiotica nei pazienti a rischio

Procedure odontoiatriche in cui non è necessario eseguire la profilassi antibiotica

Estrazioni Dentali Procedure Conservative

Trattamenti Parodontali incluso il Sondaggio Presa delle Impronte

Detrartrasi, Levigatura Radicolare e gli Interventi Chirurgici di qualsiasi tipo

Rimozione di Suture

Posizionamenti di Impianti e Reimpianti Dentali Applicazione di Manufatti Protesici

Strumentazione Endodontica oltre Apice e Chirurgia Endodontica

Trattamenti Endodontici e Posizionamento della Diga e/o posizionamento di Perni

Posizionamento Iniziale di Bande Ortodontiche Posizionamento di Apparecchi Ortodontici Rimovibili e/o di Brackets

Anestesia Intraligamentosa Indagini Radiografiche

Anestesia Locale

Applicazione Topica di Fluoro

La copertura antibiotica deve essere eseguita in tutti i casi in cui il paziente è a rischio di endocardite infettiva. Questa viene definita come una alterazione infiammatoria di tipo essudativo-proliferativo dell’endocardio caratterizzata dalla colonizzazione batterica di vegetazioni preesistenti sulla superficie o nel contesto dell’endocardio ed il rischio è particolarmente alto nei portatori di Protesi Valvolari Cardiache. Queste vegetazioni, formate principalmente da piastrine e fibrina, si formano in seguito a una soluzione di continuo del rivestimento endoteliale causata da anomalie di sviluppo, patologie, corpi estranei o flussi ematici turbolenti.

Le condizioni cardiovascolari del paziente che rendono opportuna o addirittura necessaria una adeguata copertura antibiotica sono riportate nella tabella 2. Tabella 2 – Patologie Cardiache e Profilassi Antibiotica

Categorie ad Alto Rischio Categorie a Rischio Moderato

Protesi valvolari cardiache Tutte le altre malformazioni cardiache congenite

Pregressa endocardite infettiva Disfunzione valvolare acquisita

Malattie cardiache congenite con cianosi Cardiomiopatia ipertrofica

Shunts chirurgici polmonari Prolasso della valvola mitralica con rigurgito valvolare

La Profilassi Antibiotica non è raccomandata nelle seguenti condizioni Patologiche con rischio trascurabile:

Difetti isolati del setto atriale

Riparazione chirurgica di difetti del setto atriale o del setto ventricolare

Bypass coronarici

Soffi cardiaci fisiologici o funzionali

Pregressa malattia di Kawasaki senza disfunzione valvolare

Pregressa febbre reumatica senza disfunzione valvolare

Pacemakers cardiaci

Defibrillatori impiantati I protocolli farmacologici impiegati si basano sugli schemi proposti dalla American Heart Association. Nei pazienti non allergici alle penicilline e capaci di assumere farmaci per via orale, il farmaco consigliato è l’amoxicillina alla posologia di due grammi per os. un’ora prima dell’intervento. Questo rappresenta il regime profilattico standard che tuttavia può essere modificato da caso a caso come riportato nella seguente tabella

Tabella 3 - profilassi antibiotica nei pazienti a rischio sottoposti a trattamenti odontoiatrici con possibile batteriemia - Schemi di profilassi standard

PROFILASSI STANDARD

Amoxicillina. Adulti: 2 grammi per os. Bambini: 50 mg/Kg per os. La somministrazione viene effettuata 1 ora prima dell’intervento.

PROFILASSI STANDARD – IMPOSSIBILITA’ DI SOMMINISTRAZIONE PER OS

Ampicillina. Adulti: 2 g per IM o EV. Bambini: 50 mg/Kg per IM o EV. La somministrazione 30 minuti prima dell’intervento.

PAZIENTI ALLERGICI ALLE PENICILLINE

Clindamicina. Adulti 600 mg per os. Bambini: 50 mg/Kg per os. Somministrare 1 ora prima dell’intervento.

Cafalexina o cefadroxil.* Adulti: 2 g per os. Bambini: 50 mg/Kg per os. Somministrare 1 ora prima dell’intervento.

Azitromicina o claritromicina. Adulti: 500 mg per os. Bambini: 15 mg/Kg per os. Somministrare 1 ora prima dell’intervento.

PAZIENTI ALLERGICI ALLE PENICILLINE – IMPOSSIBILITA’ DI SOMMINISTRAZIONE PER OS

Clindamicina. Adulti: 600 mg per EV. Bambini: 15

mg/Kg per EV. Somministrare 1 ora prima dell’intervento.

Cefazolina* Adulti: 1 g per IM o EV. Bambini: 25 mg/Kg per IM o EV. Somministrare 30 minuti prima dell’intervento

* le cefalosporine non dovrebbero essere impiegate nei pazienti allergici alla penicillina per la possibile comparsa di reazione crociata

Un’altra tipologia a rischio è rappresentata dai pazienti portatori di protesi ortopediche anche perché negli ultimi anni un numero sempre maggiore di pazienti vengono sottoposti a questo tipo di interventi. L’infezione di un dispositivo protesico ortopedico (anca per es.) è un evento drammatico per il paziente, e può essere precoce oppure tardiva se compare dopo tre o più mesi dall’intervento chirurgico ed è in genere causata dall’impianto di batteri sulla superficie della protesi in conseguenza di una batteriemia. In una recente indagine statistica condotta su 2693 pazienti con protesi ortopediche, in un solo caso è stato possibile dimostrare un nesso causale fra l’infezione della protesi e il trattamento odontoiatrico (0.04%). Inoltre il rischio relativo di incorrere in uno shock anafilattico a seguito di una profilassi antibiotica è superiore rispetto al rischio relativo di andare incontro a un’infezione della protesi ortopedica dopo trattamento dentale. Per questo motivo la copertura con antibiotici nei portatori di protesi ortopediche non è consigliata, ad eccezione di casi particolari che sono:

il diabete di tipo I

l’ applicazione recente della protesi (entro 2 anni)

una precedente infezione della protesi ortopedica

malnutrizione o emofilia. Un discorso particolare deve essere fatto per quei pazienti portatori di cateteri, come per esempio gli shunt artero-venosi negli emodializzati, oppure quelli applicati per il drenaggio del liquor in presenza di idrocefalo. In linea generale questi cateteri di materiale sintetico sono particolarmente sensibili all’impianto di batteri provenienti dal circolo ematico.

La profilassi antibiotica dovrebbe essere eseguita in presenza di cateteri vicino alle cavità destre del cuore, nei pazienti in emodialisi con shunt arterio-venosi e in quelli con cateteri ventricolo- atriali per idrocefalo. Tabella 4 – Sommario Generico della Profilassi Antibiotica nei pazienti a Rischio.

Condizione Patologica Profilassi Protocollo

Malattie valvolari cardiache, pregressa endocardite, shunts Polmonari, cardiomiopatia ipertrofica

Si Protocollo AHA*

Prolasso della valvola mitrale con rigurgito Si Protocollo AHA

Protesi valvolari cardiache Si Protocollo AHA

Protesi ortopediche applicate da oltre 2 anni Se immuno-depressione

Protocollo AHA

Pacemaker o defibrillatori No

Innesti vascolari se applicati da oltre 6 mesi

Protocollo AHA

Bypass coronarici No

Emodialisi con shunt arteriovenosi Si Protocollo AHA

Shunt ventricolo atriali per idrocefalo Si Protocollo AHA

Shunt ventricolo peritoneali per idrocefalo No

Pazienti con immunodepressione No in genere

Prevenzione dell’infezione dei siti chirurgici raccomandato il trattamento dell’infezione prima della chirurgia

Nessun protocollo specifico

La Profilassi Antibiotica nei pazienti trattati con Bifosfonati

I bifosfonati vengono utilizzati come terapia di riferimento per diverse patologie metaboliche ed oncologiche coinvolgenti l’apparato scheletrico, dalle metastasi ossee all’ipercalcemia neoplastica, dal morbo di Paget all’osteogenesi imperfetta ed anche alle varie forme di osteoporosi (post - menopausale, maschile e da corticosteroidi) con effetti positivi evidenti. Presentano però tra gli altri un effetto indesiderato di interesse odontoiatrico ovvero la Osteonecrosi dei Mascellari ove la concomitante chirurgia dento - alveolare e le patologie del cavo orale rappresentano importanti fattori di rischio. se è necessario un intervento chirurgico nel cavo orale anche di minima entità è consigliata una adeguata preparazione iniziale (igiene professionale,istruzione di igiene, ultrasuoni ect.) ed un’adeguata profilassi antibiotica come ad esempio associando amoxicillina/ac. Clavulanico 1 g ogni 8 ore per 2 giorni prima e 7-10 giorni dopo l’intervento metronidazolo 500 mg ogni 12 ore per 2 giorni prima e 7-10 giorni dopo l’intervento gel di clorexidina sulla ferita fino a guarigione della stessa nel caso di estrazione, sutura ed eventuale chiusura con lembo e monitoraggio della ferita fino alla guarigione. Appare ovvia e scontata la necessità di acquisire il consenso informato del paziente.

Cenni di Terapia Antibiotica in Odontoiatria Considerando l’ambiente orale, gli agenti responsabili sono da cercarsi fra i Gram+ molto spesso sono gli streptococchi insieme a batteri anaerobi Gli streptococchi possono rivelarsi pericolosi perché si possono instaurare antibiotico- Tra gli antibiotici più utilizzati per il trattamenti delle comuni infezioni del cavo orale ci sono macrolidi e penicilline, oltre ad associazioni quali Amoxicillina ed Acido Clavulanico. Perciò l’uso in Odontoiatria è solitamente limitato a:

Betalattamine, soprattutto Amoxicillina con o senza associazione di inibitori delle betalattamasi;

Macrolidi, naturali o semisintetici fino agli Azalidi e ai Ketolidi

Chinoloni di terza generazione per infezioni complesse, a flora mista, in cui c’è rischio di contaminazione da parte di Gram-(pazienti anziani o immunodepressi)

I costi di questi farmaci restano sufficientemente contenuti. Specialmente per i primi 2 gruppi verso i quali va comunque indirizzata la scelta con queste indicazioni di dosaggio Amoxicillina 1 g ogni 8 ore Amoxicillina + Acido Clavulanico 1 g ogni 12 ore – meglio 1 g ogni 8 ore Claritromicina 500 mg ogni 12 ore Eritromicina 500 mg ogni 6 ore Azitromicina 500 mg al giorno per 3 gg ma potrebbe risultare insufficiente Spiramicina 3 mln unità 2-3 volte al giorno

Nota sugli Antibiotici Macrolidi I Macrolidi si distinguono in

Naturali la Eritromicina, la Josamicina e la Spiramicina – Sono Tempo Dipendenti

Semisintetici la Claritromicina, la Fluritromicina e la Azitromicina – Sono Dose Dipendenti Claritromicina e Fluritromicina hanno concentrazione più elevata nei tessuti parodontali rispetto alla Amoxicillina.

Effetti avversi degli Antibiotici La maggior parte dei pazienti non presenta effetti avversi durante l’assunzione di antibiotici mentre possono essere presenti effetti avversi ed i più comuni sono:

Disturbi Gastro-Intestinali con Nausea e Diarrea

Mal di Testa

Vertigini Si possono avere però effetti avversi gravi

Correlati alla dose ovvero Tossici

o Nefrotossicità o Convulsioni da Penicillina o Reazioni Anafilattoidi da Vancomicina

Reazioni Imprevedibili o Reazioni Idiosincrasiche o Reazioni Allergiche

Le Reazioni dose correlate si risolvono spesso riducendo il dosaggio e la durata della terapia. Nell’impiego degli Antibiotici Betalattamici (Amoxicillina ed altri) la preoccupazione principale è rappresentata dalle Reazioni Allergiche che possono manifestarsi in vario modo:

anafilassi ipersensibilità di tipo 1),

nefrite e anemia emolitica Coombs positiva (tipo 11, citotossica),

febbre da farmaci e malattia da siero (tipo III, da immunocomplessi),

dermatite da contatto (tipo IV cellulomediata) eruzione maculopapulare (tipo V, idiopatica).

La Reazione allergica può svilupparsi nel 1-4% dei soggetti trattati coi Betalattamici e l’Anafilassi è comunque molto rara, ma nel caso che il paziente presenti una storia di reazione al farmaco si deve prevedere l’utilizzo di Antibiotici Macrolidi

La Antibiotico Resistenza La resistenza agli antibiotici, o antibiotico-resistenza, è un fenomeno per il quale un batterio risulta resistente all'attività di un farmaco antimicrobico. L'abuso e l'utilizzo inappropriato degli antibiotici hanno contribuito alla comparsa di batteri resistenti. Il problema è ulteriormente aggravato dalla auto-prescrizione di antibiotici da parte di individui che li assumono senza la prescrizione di un medico qualificato, e dall'uso non terapeutico degli antibiotici come promotori della crescita in agricoltura. Gli antibiotici vengono spesso prescritti per Patologie in cui il loro uso non è giustificato oppure un antibiotico non corretto o sub-ottimale è prescritto nei casi in cui le infezioni possono risolversi senza trattamento. Un esempio comune di errore è la prescrizione e l'assunzione di antibiotici per trattare le infezioni virali come il raffreddore comune, su cui non hanno alcun effetto.

Sintesi L’utilizzo degli antibiotici deve essere limitato ai casi in cui essi sono assolutamente necessari, scegliendo il farmaco più indicato, nel dosaggio e per il tempo utile ad essere certamente efficace.

Interazione con altri farmaci

Le interazioni degli antibiotici con altri farmaci possono essere di tipo

Farmacocinetico quanto interviene sull’assorbimento, sul metabolismo e sull’escrezione dei farmaci

Farmacodinamico quando influenza il meccanismo d’azione dei farmaci

Si potrebbero pertanto verificare diverse situazioni:

Aumento/Diminuzione dell’azione dell’Antibiotico

Aumento/Diminuzione dell’azione del farmaco concomitante

Aumento/Diminuzione dell’azione di entrambi i farmaci

Antibiotici e Farmaci Anticoncezionali Gli Antibiotici a Largo Spettro ed in particolare

BetaLattamine

Tetracicline

Eritrocina Agiscono distruggendo anche la flora batterica intestinale riducendo in tal modo l’assorbimento del Farmaco Anticoncezionale con conseguente riduzione dell’efficacia dello stesso. La Rifampicina (antitubercolare) aumenta il metabolismo epatico del Farmaco Anticoncezionale Sintesi Occorre sempre verificare la contemporanea assunzione di altri Farmaci e valutare se vi può essere interazione con l’Antibiotico utilizzato e comportarsi di conseguenza. Leggere attentamente la scheda tecnica dei farmaci concomitanti.

ANESTETICI LOCALI IN ODONTOIATRIA

Definizione

Il termine Anestesia locale indica il blocco, transitorio e reversibile della conduzione nervosa, sensitivo-motoria in una area circoscritta del corpo che si attua mediante farmaci su pazienti vigili. Breve Storia 1860 Albert Nieman scopre effetto anestetico della cocaina 1884 Koller e Gartner descrivono l'anestesia locale 1884 Halsted inietta cocaina direttamente nel nervo mandibolare e nel plesso brachiale 1886 Coca-Cola e molti altri prodotti contenenti cocaina sono commercializzati 1904 Einhorn scopre la proca1na, termostabile (Novocaine) 1943 Lofgren scopre la lidocaina (Xylocaine) 1957 Ekenstam scopre la Mepivacaina 1969 Rushing sintetizza la Articaina

Farmacologia Gli anestetici locali bloccano la trasmissione dell’impulso nervoso impedendo l’ingresso degli ioni sodio attraverso i canali specifici situati nella membrana citoplasmatica delle fibre nervose. Per poter meglio comprendere il loro uso e la loro funzione occorre abbozzare una suddivisione dal punto di vista chimico farmacologico in due classi principali:

esteri che comprende o procaina o clorprocaina o tetracaina

amidi che comprende o prilocaina o etidocaina o lidocaina o mepivacaina o bupivacaina o articaina o ropivacaina o levobupivacaina

In ambito odontoiatrico si utilizzano prevalentemente anestetici appartenenti alla famiglia degli amidi, ottimamente tollerati e raramente responsabili di reazioni allergiche che sono

Mepivacaina

Articaina

Lidocaina

Prilocaina

Il tempo di latenza e la durata dell’anestesia dipendono da una serie di fattori, alcuni strettamente legati alle caratteristiche della molecola di anestetico, altri ai siti anatomici in cui vengono iniettati Tabella 1 – Fattori che influenzano la latenza e la durata dell’effetto anestetico

FATTORI CHE INFLUENZANO LA LATENZA E LA DURATA DELL’EFFETTO ANESTETICO

pH del tessuto

pKa del farmaco

Tempo di diffusione dal punto di iniezione al nervo

Tempo di assorbimento del farmaco dalla zona di iniezione

Morfologia della fibra nervosa

Concentrazione del farmaco

Liposolubilità del farmaco

In linea generale poiché tutti gli anestetici locali causano un certo grado di vasodilatazione, l’allontanamento del farmaco dal sito d’iniezione può essere ridotto associando un vasocostrittore come per esempio l’epinefrina. La presenza del vasocostrittore aumenta la durata dell’anestesia

Tabella 2 – Durata d’azione media dei vari farmaci utilizzati in odontoiatria Farmaco infiltrazione mascellare blocco alveolare inferiore Anestesia Plessica Anestesia Tronculare

Polpa Tessuti Molli

Polpa Tessuti Molli

Articaina 4% con epinefrina 1:100.000 o 1:200.000 60 190 90 230

Lidocaina 2% con epinefrina 1:50.000 o 1:100.000 60 170 85 190

Mepivacaina 2% con levonordefrina 1:20.000 50 130 75 185

Mepivacaina 3% 25 90 40 165

Prilocaina 4% con epinefrina 1:200.000 40 140 60 220

Prilocaina 4% 20 105 55 190

La metabolizzazione degli anestetici di tipo amidico avviene prevalentemente nel fegato. Nei pazienti con grave insufficienza epatica è necessario prendere precauzioni e quindi limitare l’entità del singolo intervento al fine di ridurre la dose d’anestetico.

Effetti Avversi

I farmaci impiegati in anestesia locale sono da considerarsi sicuri ma potenzialmente sono in grado di provocare reazioni avverse in cui sono coinvolti svariati meccanismi patogenetici che nella maggior parte dei casi sono solo ipotizzabili e non dimostrabili.

Tabella 3 – Effetti avversi più comuni

Reazioni Psicogene

Sincope

Iperventilazione

Nausea e vomito

Alterazioni frequenza cardiaca e pressione arteriosa

Reazione simil allergica

Reazioni Allergiche

Esteri (allergie alle amidi sono molto rare)

Metabisulfito (presente con epinefrina e levonordefrina)

Metilparaben (non più presente nelle soluzioni attuali)

Effetti Tossici

Principalmente a carico del sistema nervoso centrale

Sedazione, vertigini, diplopia, disturbi del sensorio, disorientamento

Una elevata concentrazione ematica può portare a tremori, depressione respiratoria, contrazioni tonico-cloniche

Il quadro può evolvere nel coma, arresto respiratorio e circolatorio

Metaemoglobinemia

Associata alla prilocaina, articaina e benzocaina

Parestesie

Apparentemente più frequenti con articaina e prilocaina

Aspetti particolari degli Effetti Avversi La Sincope e la reazione più comune dopo l’anestesia locale Le Reazioni Psicogene possono essere confuse per Reazioni Allergiche con orticaria e broncospasmo Le Reazioni allergiche sono molto rare e sono riconducibili più spesso ad un componente (es. metasulfito) piuttosto che al principio attivo e sono più frequenti negli Esteri. L’Epinefrina non produce allergia. Le Reazioni Tossiche sono dovute ad un eccessivo livello ematico dell’anestetico perciò occorre fare attenzione ai Bambini e ad effettuare un’aspirazione prima di iniettare durante l’anestesia tronculare.

La Parestesia Labiale e Linguale Avviene nel caso di anestesia con blocco del nervo alveolare inferiore. Solitamente è temporanea per un massimo di 8 settimane ma vi sono stati casi di Parestesia Permanente. E’ più frequente nel caso di utilizzo di

Prilocaina

Articaina

Ipertermia Maligna Si ritiene che l’utilizzo degli anestetici locali nei pazienti suscettibili di ipertermia maligna sia sicuro.

La valutazione del paziente con potenziale allergia all’anestetico locale La corretta valutazione del paziente a rischio di reazioni di ipersensibilità ad anestetici locali e di fondamentale importanza per prevenirne oppure prepararsi adeguatamente ad affrontarne la comparsa. I soggetti a rischio per reazioni di ipersensibilità agli anestetici locali sono coloro, che durante o nelle ore successive all’anestesia locale hanno presentato una o più delle manifestazioni cliniche sopradescritte. Pertanto, è necessario ottenere un’anamnesi clinica dettagliata che comprende il tipo di anestetico locale utilizzato ed il tipo di reazione avversa pregressa riferita. In taluni casi, in base alla sintomatologia riferita (agitazione, sudorazione, nausea, lieve bradicardia), è già possibile sospettare una reazione di tipo vaso-vagale escludendo pertanto a priori la sensibilizzazione allergica del paziente. E’ importante sottolineare a questo punto che l’atopia (stato allergico) non rappresenta un fattore di rischio per le reazioni di ipersensibilità a farmaci . Ciò significa che un paziente affetto da patologie allergiche come l’asma bronchiale, la rinocongiuntivite allergica, le allergie alimentari, dermatiti atopiche o da contatto, non è più a rischio di andare incontro a reazioni di ipersensibilità a farmaci rispetto ad un paziente non allergico.

Tuttavia, è di fondamentale importanza identificare rapidamente, tra i pazienti a rischio di reazioni di ipersensibilità ad anestetici locali, il paziente affetto da patologie concomitanti (asma bronchiale, cardiopatie etc,) che possono rappresentare di per se o in conseguenza dei farmaci assunti per il loro trattamento, fattori di rischio per la severità di una reazione anafilattica. A tal fine, è opportuno considerare che pazienti in trattamento con farmaci beta-bloccanti o ACE-inibitori possono presentare un decorso clinico più severo in corso di reazioni di ipersensibilità ad evoluzione anafilattica. Pertanto, quando il paziente deve essere esposto a stimoli potenzialmente scatenanti può essere opportuno disporre la sospensione di eventuali terapie con beta-bloccanti o ACE-inibitori. I pazienti affetti da asma bronchiale o patologie cardiovascolari, devono essere adeguatamente controllati. Nella diagnostica differenziale delle reazioni di ipersensibilità da anestetici locali deve essere tenuta in considerazione una possibile intolleranza a farmaci o sostanze utilizzate in concomitanza all’anestesia in ambito odontoiatrico, come la clorexidina, la formaldeide, il lattice che possono indurre fenomeni di ipersensibilità anche ad evoluzione severa. Inoltre, per lo stesso motivo, si dovrebbe sempre indagare sui farmaci assunti dal paziente per scopi profilattici o terapeutici (antibiotici, FANS) in previsione dell’intervento odontoiatrico. Di conseguenza, solo in caso di anamnesi positiva per reazione di ipersensibilità ad un farmaco anestetico locale il paziente deve essere inviato allo specialista allergologo che dovrà provvedere all’esecuzione dei test di tolleranza per identificare l’anestetico locale che potrà essere somministrato al paziente per i successivi interventi. Nel caso l’Anestetico Locale, causa della reazione, sia conosciuto, si dovrebbe considerare per il test di tolleranza un tipo di anestetico di un’altra classe: se per esempio è implicato un estere si dovrebbe utilizzare un’amide. Nel caso sia implicato un Anestetico Locale del gruppo amidico, si deve considerare un estere oppure un altro amide dato che non è stata mai descritta una rilevante cross-reattività tra i gruppi amidici. Le preparazioni utilizzate per i test di tolleranza dovrebbero essere prive di conservanti ed adrenalina che potrebbero modificare significativamente la reattività cutanea. L’esecuzione del test di tolleranza va effettuato in ambiente ospedaliero con la pronta disponibilità di farmaci per l’emergenza, con le seguenti modalità :

prick test con farmaco non diluito

iniezione intradermica con anestetico diluito in concentrazioni crescenti (1:100, 1:10, 1:1)

iniezione sottocute con anestetico locale non diluito in concentrazioni crescenti (0,1 ml, 0,3 ml, 0,5 ml). Le iniezioni vanno eseguite ogni 15 minuti.

Dopo l’ultima somministrazione il paziente rimane in osservazione per circa due ore. Ai fini diagnostici, l’esecuzione dei test cutanei e/o test in vitro, in assenza dei test di tolleranza sopradescritti, è stata dimostrata poco attendibile. E’ importante sottolineare che anche in presenza di un test di tolleranza negativo non si può escludere con assoluta certezza la possibilità di un meccanismo non IgE-mediato . Pertanto, in questi casi, è giustificata la prescrizione di un protocollo di premedicazione in soggetti con test di tolleranza negativi per anestetici locali ma con documentata pregressa reazione allergica o pseudoallergica.

Interazione con altri Farmaci Non vi è significativa interazione con altri farmaci, occorre cautela per il concomitante uso di

Oppiacei

Antistaminici che può provocare Epilessia nei bambini.

Vasocostrittori Essi sono importanti per aumentare la durata dell’effetto dell’anestesia locale.

I vasocostrittori usati negli anestetici locali di uso odontoiatrico sono

Epinefrina (Adrenalina)

Levonordefrina Sono più efficaci nell’anestesia plessica che nell’anestesia tronculare. Vengono di norma utilizzati a concentrazione 1:50.000 – 1:100.000 – 1:200.000 e la concentrazione maggiore è usata in chirurgia perché l’effetto emostatico permette la visibilità migliore del campo operatorio.

Interazione dei Vasocostrittori con altri Farmaci Si tratta di Farmaci che possono interagire fortemente perciò occorre conoscere bene gli altri farmaci usati ed operare con cautela nei pazienti con malattie cardiovascolari. Tabella 4 – Interazioni Farmacologiche di Epinefrina e Levonordefrina

β bloccanti non selettivi - nadololo, oxprenololo, pindololo, propranololo

L’interazione può determinare un aumento della pressione arteriosa Si consiglia di ridurre la dose di vasocostrittore

Antidepressivi triciclici - imipramina, amitriptilina, desipramina

L’interazione può determinare un aumento della pressione arteriosa

La levonordefrina è controindicata

Anestetici generali - alotano

L’anestesista deve essere avvisato se si intende impiegare un vasocostrittore.

Cocaina

L’interazione può determinare un aumento della pressione arteriosa e turbe del ritmo cardiaco

Utilizzo Clinico dell’Anestico Locale in Odontoiatria Nell’utilizzo clinico non si devono superare i dosaggi massimi consentiti Tabella 5 – Dose Massima consentita per un bambino di 15 kg

ANESTETICO FIALE

Articaina 4% 1 fiala

Lidocaina 2% 2,9 fiale

Mepivacaina 3% 1,8 fiale

Prilocaina 4% 1,67fiale

Tabella 6 – Dose Massima raccomandata di anestetico con vasocostrittore nell’adulto

ANESTETICO DOSE MASSIMA NUMERO MASSIMO FIALE

Articaina 7 mg/Kg 5 mg/Kg nei bambini

7

Bupivacaina 2 mg/Kg 10

Lidocaina 7 mg/Kg 13

Mepivacaina 6.6 mg/Kg 11

Prilocaina 8 mg/Kg 8

Anestetici locali in gravidanza e durante l’allattamento. E’ possibile l’utilizzo in sicurezza nelle pazienti in gravidanza. Però si deve sempre aspirare prima di iniettare. Sulla base della classificazione della FDA - Food and Drug Administration, la lidocaina e la prilocaina sono gli anestetici locali ideali. La lidocaina può in particolare essere preferibile in quanto disponibile a più bassa concentrazione.

Anestetici locali nei bambini

Per i bambini, l’avvertenza più importante è quella di evitare l’overdose. È pertanto molto importante conoscere il peso corporeo del bambino e non superare le dosi massime consigliate. Da questo punto di vista è preferibile la lidocaina con adrenalina 1:100.000

Anestetici locali negli anziani Occorre valutare le condizioni cliniche del paziente e le eventuali terapie farmacologiche concomitanti. E’ prudente stare al di sotto delle dosi massime raccomandate. Sintesi Possiamo ritenere sicuri gli Anestetici Locali utilizzati in Odontoiatria sempre però in rapporto alle condizioni generali del paziente e con alcuni accorgimenti frutto delle considerazioni fatte. Gli anestetici senza vasocostrittore sono da preferire per le anestesie tronculari e per interventi di breve durata o nel paziente sofferente di patologia cardiovascolare. La presenza del vasocostrittore è da preferire per gli interventi di lunga durata e per la chirurgia. La Lidocaina con adrenalina 1:100.000 è consigliabile nei bambini e nelle donne in gravidanza.

Capitolo 3

LE REAZIONI AVVERSE DA FARMACI

Definizioni Con il nome di reazione avversa a farmaco (ADR, Adverse Drug Reaction) o sindrome reattiva a medicamenti (SRM), secondo la normativa attualmente vigente in Italia ed in Europa si identifica qualsiasi effetto nocivo e non voluto conseguente all’uso di un medicinale. Si parla di eventi avversi da farmaci e di reazioni avverse da farmaci e si tende a dare lo stesso significato alle due definizioni e per uniformare il significato fra i vari paesi l'OMS ha fornito le seguenti definizioni: EFFETTO COLLATERALE Qualsiasi effetto non intenzionale di un farmaco che insorga alle dosi normalmente impiegate nell'uomo e che sia connesso alle proprietà del farmaco (es. secchezza delle fauci da anticolinergici o sonnolenza da antistaminici anti H1). Sono reazioni di tipo A. EVENTO AVVERSO Qualsiasi fenomeno clinico spiacevole che si presenta durante un trattamento con un farmaco, ma che non abbia necessariamente un rapporto di causalità o di relazione con il trattamento stesso. REAZIONE AVVERSA Risposta ad un farmaco che sia nociva e non intenzionale e che avvenga alle dosi normalmente usate nell'uomo per la profilassi, la diagnosi o la terapia della malattia o a seguito di modificazioni della fisiologia (WHO Technical Report No 498, 1972). Nella definizione vengono comprese tutte le dosi di farmaco prescrivibili clinicamente, ma viene esclusa l'overdose accidentale o deliberata. REAZIONE AVVERSA INASPETTATA Reazione avversa la cui natura e severità non è riportata nel foglietto illustrativo o nella autorizzazione alla commercializzazione del farmaco o che sia inattesa rispetto alle caratteristiche del farmaco stesso. Questa sottoclassificazione viene inclusa per facilitare la comprensione del tipo di reazione avversa. È questa la reazione più importante da comunicare ai centri di farmacovigilanza. REAZIONE AVVERSA O EVENTO AVVERSO SERIO Qualsiasi evento medico spiacevole che, per qualsiasi dose:

metta in pericolo la vita del paziente

richieda l'ospedalizzazione del paziente o prolunghi una ospedalizzazione già avvenuta

determini una persistente o significativa disabilità o incapacità

provochi la morte.

Classificazione delle Reazioni Avverse da Farmaci ADR Le reazioni avverse da farmaci sono multiformi, eterogenee e, spesso, anche inusitate, imprevedibili ed inaspettate. Possono essere, artificialmente, distinte in tre tipi: A, B e C, come inizialmente proposto da Inman

Reazioni avverse di tipo A Sono quelle più frequenti e vengono definite dall'OMS come e effetti collaterali.

Tendono ad essere piuttosto comuni, dose-dipendenti (più frequenti e gravi con le dosi più elevate), in gran parte prevedibili e spesso evitabili utilizzando dosaggi più appropriati (più bassi) per il singolo paziente. Esse possono rappresentare un eccesso dell'azione farmacologica principale (es. cefalea da nitroderivati, ipotensione da antipertensivi, secchezza delle fauci da antimuscarinici, parkinson da neurolettici) o di una attività farmacologica secondaria che il composto possiede (es. diarrea da penicilline, costipazione da morfina, attività anticolinergica degli antidepressivi triciclici). Possono anche essere dovute ad interferenze farmacocinetiche (es. inibizione del metabolismo di un farmaco da parte di un secondo farmaco, come nel caso della torsione di punta osservata quando alla terfenadina era associato il ketoconazolo). Sebbene la loro incidenza e morbidità sia elevata, raramente mettono in pericolo la vita del paziente.

Reazioni avverse di tipo B Sono spesso di natura allergica, immunologica o idiosincrasica, insorgono solo in una minoranza di pazienti (es. < 1/1000) e sono di norma inaspettate ed imprevedibili. Queste reazioni sono di solito gravi, hanno scarsa o nessuna relazione con la dose, non rappresentano una estensione dell'azione farmacologica e, per svariate ragioni, sono difficili da identificare. Prediligono alcuni organi: fegato (insufficienza epatica), apparato emopoietico (trombocitopenia, anemia emolitica, agranulocitosi, anemia aplastica) e cute (eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson, sindrome di Lyell). Nelle reazioni avverse di tipo B sono soprattutto la relazione temporale (assunzione del farmaco e comparsa dell'evento) e la bassa frequenza retrospettiva dell'evento osservato le ragioni principali che inducono a sospettare il farmaco quale causa della reazione. Ad eccezione che per quelle di ipersensibilità immediata (anafilassi), queste reazioni generalmente compaiono dopo almeno 5 giorni dall'inizio del trattamento (tempo in cui le cellule diventano ipersensibili al farmaco); non c'è però un limite temporale massimo, sebbene la maggior parte di esse insorge entro le 12 settimane. I pazienti hanno condizioni predisponenti, spesso non identificabili Alcune reazioni riconoscono una base immunologica e spaziano dai rashes cutanei all'anafilassi, dalle vasculiti all'anemia emolitica (es. metildopa). Altre riconoscono una predisposizione in un errore congenito del metabolismo o in una deficienza acquisita di un certo enzima, con conseguente anomala via metabolica o accumulo di metaboliti tossici (es. epatite da isoniazide, apnea protratta da succinilcolina).

Reazioni avverse di tipo C

I farmaci, specialmente quando assunti per periodi di tempo molto prolungati (alcuni anni o per il resto della vita), possono indurre nuove malattie o modificare l'incidenza di una malattia. Esempi di reazioni avverse di tipo C possono essere identificate con la possibile incidenza di tumori del seno indotta dai contraccettivi orali o con la relativa frequenza di complicazioni tromboemboliche con differenti contraccettivi orali.

La valutazione del ruolo del Farmaco nella comparsa della ADR

Si tratta di un classico processo di diagnosi differenziale perché bisogna escludere che vi siano altri i fattori. In uno studio clinico il 58% dei soggetti che ricevevano un placebo, accusarono uno o più "effetti collaterali" durante il trattamento, al punto che le infermiere, ignare di ciò che si stava somministrando, richiesero, per alcuni soggetti, la sospensione del trattamento a causa degli effetti apparentemente tossici del medicamento. In un altro studio l'81% di persone apparentemente sane, che non stavano assumendo nessun medicamento, lamentavano sintomi spesso sovrapponibili ad effetti indotti da farmaci, quali fatica, incapacità a concentrarsi e sonnolenza eccessiva.

È una diagnosi differenziale non semplice, perché le ADR possono insorgere attraverso le stesse vie fisiologiche e patologiche delle normali malattie. Infatti, molte delle reazioni avverse non rappresentano entità cliniche nuove, bensì sintomi o segni già ben conosciuti, che variano da banali effetti a malattie specifiche e gravi, così come esemplificato da Evans: 1) la stessa sintomatologia clinica (es. vomito o tosse) può essere prodotta da un largo numero di farmaci ed anche da cause non farmacologiche; 2) lo stesso farmaco (es. morfina) può produrre un gran numero di reazioni avverse; 3) il farmaco predominante in una data reazione avversa può variare in base a vari fattori (età della popolazione, indicazioni approvate per il farmaco, abitudini prescrittive); 4) nel singolo paziente è spesso impossibile provare il nesso causale del farmaco sospettato; 5) l'eziologia, la fisiopatologia e la frequenza di molti eventi comuni sono ancora ignoti. Talvolta è impossibile stabilire una connessione fra farmaco ed ADR. In uno studio condotto in Francia (13) sono state valutate 75 ADR, coinvolgenti 120 farmaci, sia interpellando 59 medici che applicando il metodo standardizzato di valutazione della causalità. Solo nel 6% dei casi si è ottenuto un accordo completo fra medici e metodo standardizzato. I medici hanno valutato il 60% delle ADR come molto probabili o probabili ed il 32% come dubbie/possibili. Con il metodo standardizzato di causalità le stesse ADR sono state valutate dubbie/possibili nel 89% dei casi e probabili solo in 11 casi. È una diagnosi eziologica che si basa sull'evidenza a favore o contro una relazione temporale fra farmaco ed insorgenza dell'evento indesiderato. Il criterio cronologico è di gran lunga quello più importante, quello più ovvio e quello meno opinabile per collegare l'evento al farmaco. Un evento avverso che insorga prima di iniziare un trattamento non può essere dovuto al trattamento. Al contrario, quando un evento compare dopo alcuni minuti o ore dalla somministrazione del farmaco, vi è una buona probabilità che esso sia imputabile al farmaco. Se l'intervallo è di alcuni giorni o settimane, la probabilità che il farmaco ne sia la causa dipenderà dall'evento. Il decorso della reazione avversa nel tempo è un altro elemento importante da tenere presente. Una reazione avversa che scompare mentre il trattamento è ancora in corso ha poche probabilità di essere causata dal farmaco. Le probabilità aumentano se l'interruzione della terapia fa scomparire l'evento o lo riduce. Una reazione che, dopo la sospensione del farmaco (dechallange), ricompaia nello stesso identico modo alcuni giorni o settimane senza una nuova assunzione del farmaco ha poche probabilità che sia stata indotta dal farmaco. Al contrario una reazione, che, scomparsa dopo la sospensione del farmaco, ricompare ad una successiva nuova somministrazione dello stesso farmaco (rechallange), ha una altissima probabilità di essere imputabile al farmaco.

FDA - schema nella valutazione di una ADR

assicurarsi che il farmaco prescritto si quello acquistato dal paziente

assicurarsi che il farmaco sia stato realmente assunto

verificare che la reazione ha avuto inizio dopo, e non prima, che il farmaco è stato assunto

determinare l'intervallo di tempo fra inizio del trattamento farmacologico ed inizio della reazione avversa

interrompere la somministrazione del farmaco (dechallange) e monitorare le condizioni del paziente, osservando se vi è un miglioramento della sintomatologia

se è possibile, somministrare nuovamente il farmaco (rechallange) e osservare se la reazione ricompare.

utilizzare la propria esperienza clinica e la letteratura relativa alle ADR per conferma. Consultare anche l'industria produttrice del farmaco. Ricordare che le reazioni avverse di tipo B insorgono raramente e pertanto l'ausilio della propria esperienza clinica e della letteratura è talvolta difficile se non impossibile

tenere presente la possibilità di interazioni farmaco - farmaco, farmaco - cibo e farmaco - mezzi diagnostici, poiché molti pazienti, specie se ospedalizzati, assumono più farmaci

quantificare, ove possibile, la concentrazione del farmaco nell'organismo. Alcuni farmaci permangono nell'organismo per settimane dopo che la somministrazione è stata interrotta.

WHO International Drug Monitoring Programme

Relazione di causalità fra farmaco e reazione avversa

CERTA. Quando è un evento (inclusa l'alterazione di un parametro di laboratorio) che insorge con una plausibile sequenza temporale dall'assunzione del farmaco e che non può essere spiegato dalla malattia per il quale il farmaco è impiegato, né dalla concomitante assunzione di altri farmaci o sostanze chimiche. La reazione deve essere già stata osservata per il farmaco sospettato. La reazione deve migliorare con il dechallange e ricomparire con il rechallange.

PROBABILE. Quando è un evento (inclusa l'alterazione di un parametro di laboratorio) che insorge con una plausibile sequenza temporale dall'assunzione del farmaco e che non può essere spiegato dalla malattia per il quale il farmaco è impiegato, né dalla concomitante assunzione di altri farmaci o sostanze chimiche. La reazione deve essere già stata osservata per il farmaco sospettato. La reazione deve migliorare con il dechallange. Non è necessario il rechallange perché la reazione avversa rientri in questa definizione.

POSSIBILE Quando è un evento (inclusa l'alterazione di un parametro di laboratorio) che insorge con una plausibile sequenza temporale dall'assunzione del farmaco e che non può essere spiegato dalla malattia per il quale il farmaco è impiegato, né dalla concomitante assunzione di altri farmaci o sostanze chimiche. La reazione deve essere già stata osservata per il farmaco sospettato. Non è necessario avere informazioni sull'effetto del dechallange.

IMPROBABILE. Quando è un evento (inclusa l'alterazione di un parametro di laboratorio) che insorge con una sequenza temporale dall'assunzione del farmaco che rende improbabile una connessione causale o in cui altri farmaci o sostanze chimiche o la malattia del paziente possono spiegare l'evento osservato.

CONDIZIONATA / INCLASSIFICATA. Quando è un evento (inclusa l'alterazione di un parametro di laboratorio) che viene riportato come una reazione avversa, che necessita di più dati per una appropriata valutazione o per la quale si stanno valutando dati ulteriori.

NON VALUTABILE / INCLASSIFICABILE. Una segnalazione che riporta una reazione avversa che non può essere giudicata a causa della mancanza o contradditorietà delle informazioni e che non può essere verificata o supportata da altre informazioni.

Rilevazione delle ADR prima dell’immissione in commercio Già nel 1970 il Committee on Safety of Drug inglese (oggi Committee on Safety of Medicines) nel suo rapporto annuale concludeva testualmente che: "È ben noto che nessun farmaco, che sia efficace, è sprovvisto di rischi. Inoltre non tutti i rischi possono essere individuati prima che il farmaco venga messo in commercio: né gli studi sugli animali né i trials clinici in pazienti riveleranno sempre tutti i possibili effetti collaterali di un farmaco. Questi potranno essere noti solo quando il farmaco sarà stato somministrato ad un gran numero di pazienti e per un prolungato periodo di tempo". È stato recentemente riportato che il 51% dei farmaci approvati presentano gravi reazioni avverse non scoperte prima della approvazione alla commercializzazione.

Le ADRs possono essere individuate sia durante le varie fasi di sperimentazione che portano alla autorizzazione del farmaco al commercio, sia dopo.

Studi pre-clinici Qualsiasi nuovo composto, terapeuticamente promettente, viene sottoposto dall'industria farmaceutica ad estese indagini farmacologiche pre-cliniche sia con studi sugli animali che con studi in vitro (cellule e tessuti isolati). In tal modo si cerca di apprendere quanto più possibile sulle proprietà che potrebbero avere importanza nella pratica clinica e sugli effetti collaterali. Nello stesso tempo vengo condotti studi di farmacocinetica e di tossicologia. Gli studi sugli animali hanno però molte limitazioni nella loro capacità di predire la tossicità.

Studi clinici Lo sviluppo clinico di un farmaco, prima della sua eventuale introduzione sul mercato, presenta una serie di limitazioni intrinseche caratterizzate da:

breve durata della sperimentazione clinica. Per farmaci che saranno di uso cronico (es. antiepilettici, antiinfiammatori, antiipertensivi, ecc.) la sperimentazione pre-marketing non potrà mai essere condotta per il periodo di tempo (anni, tutta la vita del paziente, ecc.) in cui è prevedibile che il farmaco verrà poi utilizzato.

popolazione selezionata. Nell'interesse del paziente volontario, e dello sperimentatore, gli studi clinici sono condotti selezionando i pazienti sulla base di criteri di inclusione ed esclusione. Verranno pertanto volontariamente esclusi neonati, donne in gravidanza, pazienti molto anziani o con patologie complicanti o con politerapie (es. pazienti con trapianto o con ipercolesterolemia, come nel su citato caso del mibefradil), ecc.

indicazione ristretta. Il farmaco verrà sperimentato nell'uomo in base alla indicazione per cui è stato previsto e precedentemente studiato negli animali. L'amantadina (farmaco oggi utilizzato anche nel morbo di Parkinson) fu pensato come farmaco antivirale e gli studi pre-clinici furono ovviamente condotti allo scopo di dimostrare questa attività. Pertanto in tali studi furono volutamente esclusi i pazienti con morbo di Parkinson.

ambiente della sperimentazione. La maggior parte degli studi clinici viene condotta in strutture ospedaliere, spesso molto prestigiose, dove i pazienti sono sottoposti a regimi dietetici e comportamentali strettamente controllati ed il paziente non è libero di gestire le proprie abitudini (alimentari, voluttuarie, ecc.) secondo una propria scelta.

numero ristretto di pazienti. Il numero di soggetti su cui viene studiato un farmaco, fra volontari sani e volontari pazienti, non supera le 5000-6000 unità. Per avere il 95% di probabilità di individuare una o più reazioni avverse, in base all'incidenza della stessa reazione avversa (26)sono necessari spesso numeri molto elevati

Ne consegue che solo reazioni avverse con incidenza approssimativa di 1 a 1000 o maggiori possono essere individuate negli studi pre-marketing. A causa di queste limitazioni i trials clinici pre-marketing raramente identificano o definiscono la frequenza di tutte le reazioni avverse serie. La scheda informativa (o il foglietto illustrativo) del farmaco riportano le informazioni disponibili al momento della approvazione del farmaco. Ne consegue che dopo la immissione in commercio il paziente (inconsciamente) ed il medico (coscientemente o meno) si trovano nella condizione di continuare a sperimentare il farmaco, in un mondo molto più reale di quello degli studi precedenti. La riporta le differenze fra sperimentazione pre-marketing (mondo irreale) e condizioni di uso del farmaco dopo l'immissione in commercio (mondo reale).

Tabella 1 – Indicazioni scaturite dopo immissione in commercio del farmaco

FARMACO INDICAZIONI PRE MARKETING INDICAZIONI POST MARKETING

Propanololo Aritmie Ipertensione

Sulfinpirazone Gotta Cardiopatia ischemica

Diazepam Ansia Stato epilettico

Fenobarbital Insonnia Epilessia

Fenitoina Epilessia Aritmia

Lidocaina Anestesia locale Aritmia ventricolare

Probenecid Associazione con penicillina Gotta

Minoxidil Ipertensione Alopecia androgenica

Captopril Ipertensione Scompenso cardiaco

Amantadina Infezioni virali M. di parkinson

Penicillamina Intossicazione (Antidoto) Artride reumatoide

FANS Artrosi Dismenorrea

Antistaminici Rinite Chinetosi

Beta-mimetici Asma bronchiale Parto prematuro

Incidenza e Costi delle ADR Le reazioni avverse da farmaci influenzano la salute della popolazione ed hanno anche elevati costi economici. Indagini su questo problema sono state condotte solo in periodi recenti, probabilmente poiché si è entrati in un'epoca di contenimento dei costi per la sanità. Da dati FDA pubblicati nel 2000 e riferiti ai soli USA sono stati stimati dai 44'000 ai 98'000 decessi/anno dovuti a errori medici di cui 7'000 dovuti nello specifico a reazioni avverse a farmaco D'altro canto altri studi effettuati su pazienti statunitensi ospedalizzati hanno evidenziato come una quota stimata del 6,7% di essi abbia avuto un ADR grave quale causa dell'ospedalizzazione o durante la degenza stessa. Assumendo la plausibilità di queste ultimi dati sono stati stimati circa 2'216'000 casi di ADR gravi in pazienti ospedalizzati per una quota stimata di 106'000 morti/anno, il che pone le reazioni avverse a farmaco al quarto posto come causa di morte in USA davanti a malattie respiratorie, AIDS, diabete e incidenti d'auto. È stato inoltre stimato un costo di circa 135 miliardi di dollari/anno associati alle ADR, superando così le stime per il costo annuale per gli USA legato patologie quali diabete e malattie cardiovascolari. Anche studi Europei hanno evidenziato dati simili collegandoli principalmente all’aumento del periodo medio di degenza dei soggetti con Adr rispetto alla media dei ricoveri.

Capitolo 4

LA FARMACOVIGILANZA

Definizione ed Obiettivi Il termine farmacovigilanza (FV) definisce i programmi - spesso pubblici e di rilevanza pubblica - per il controllo e la sorveglianza dei farmaci in commercio e l’AIFA la definisce come iol Complesso di attività finalizzate a valutare in maniera continuativa tutte le informazioni relative alla sicurezza dei farmaci e ad assicurare, per tutti i medicinali in commercio, un rapporto beneficio/rischio favorevole per la popolazione Essa è generalmente di competenza delle autorità sanitarie nazionali ed internazionali preposte ed origina dal bisogno di allargare il controllo dell'efficacia dei farmaci nel momento del suo uso su larga scala. La farmacoviglianza può considerarsi, dunque, un sistema di monitoraggio permanente, e costituisce propriamente la Fase IV della sperimentazione farmaceutica (post - marketing). L'obiettivo della farmacovigilanza è quello di tenere sotto costante controllo il profilo rischio/beneficio dei farmaci facendo in modo che quest'ultimo sia sempre a favore della salute del paziente. Per effettuare una corretta valutazione del profilo di sicurezza e efficacia dei farmaci occorre dunque segnalare e raccogliere in un unico database tutte le eventuali reazioni avverse a farmaco (ADR) osservate sul territorio. Un altro importante obbiettivo della farmacovigilanza è quello di monitorare eventuali interazioni tra farmaci, altrimenti difficili da valutare basandosi sui soli dati degli studi clinici obbligatori per l'ottenimento dell' autorizzazione all'immissione in commercio del prodotto farmaceutico. L'analisi delle segnalazioni di ADR inserite nei vari database di farmacovigilanza permette dunque di evidenziare eventuali farmaci pericolosi per la salute del paziente o di particolari categorie di pazienti a rischio quali, per esempio, bambini, anziani o donne in gravidanza. Nel caso di variazione del rapporto rischio/beneficio di un farmaco le agenzie regolatorie procederanno ad una rivalutazione del prodotto farmaceutico la quale può portare alla modifica del foglietto illustrativo sino, in casi estremi, ad un ritiro dal commercio del medicinale.

Quadro normativo La prima norma sulla farmacovigilanza fu il decreto legge 30 aprile 1987 n. 443, convertito nella legge 29 dicembre 1987 n. 531, che stabilì l’obbligatorietà della segnalazione spontanea. La normativa principale è oggi rappresentata da: Decreto del Ministero della Salute 21 novembre 2003 "Istituzione elenco dei farmaci da sottoporre a monitoraggio intensivo" Decreto del Ministero della Salute 12 dicembre 2003 “Nuovo modello di scheda unica di segnalazione" Decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 219.

"Attuazione della direttiva 2001/83/CE relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE " Regolamento UE 1235/2010 e Direttiva 2010/84/UE “Metodi utilizzati per la farmacovigilanza” In Italia i soggetti istituzionali direttamente coinvolti nella Farmacovigilanza sono principalmente

AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco

Istituto Superiore di Sanità

Regioni I responsabili della farmacovigilanza tra le regioni, si riuniscono periodicamente in convegni organizzati dall’AIFA per concordare le modalità operative più adatte all’assoluzione dei compiti previsti Su proposte dell’AIFA, in concorso con l’Istituto Superiore di Sanità, il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e le Regioni, vengono elaborate le linee guida, conformi comunque a quelle comunitarie, rivolte agli operatori sanitari, utili alla farmacovigilanza.

La segnalazione spontanea di sospette reazioni avverse ADR E’ un’importante fonte di informazioni per le attività di farmacovigilanza, in quanto consente di rilevare potenziali segnali di allarme relativi all’uso di tutti i farmaci disponibili sul territorio nazionale. Soggetti preposti alla segnalazione delle ADR sono:

medici;

farmacisti;

aziende farmaceutiche;

informatori scientifici del farmaco;

infermieri;

operatori sanitari;

privati cittadini; La segnalazione può avvenire tramite Scheda Cartacea o Scheda Elettronica La scheda cartacea può essere

richiesta al responsabile della FV della ASL di appartenenza;

richiesta alle AO (Aziende Ospedaliere);

richiesta all’Informatore scientifico del farmaco di qualsiasi industria farmaceutica

reperita direttamente sul sito dell'AIFA

(dove si può trovare anche l'apposita scheda elettronica di segnalazione di ADR per il cittadino);

ritagliata dal Bollettino di Informazione sui Farmaci;

La scheda cartacea, una volta compilata, va inviata

al responsabile della FV dell'ASL o della AO di appartenenza

consegnata all’Informatore Scientifico del Farmaco o all’azienda farmaceutica che commercializza il farmaco.

E’ possibile scaricare on-line la scheda elettronica di segnalazione di sospetta reazione avversa da

http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/modalit%C3%A0-di-segnalazione-delle-sospette-reazioni-avverse-ai-medicinali nella modalidà Operatore Sanitario o Cittadino essa va compilata on-line o salvata sul pc ed inviata per e-mail al Responsabile della Farmacovigilanza. L’elenco dei Responsabili della Farmacovigilanza sono reperibili sul sito http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili Scheda Unica di segnalazione di sospetta reazione avversa ADR

Sarà cura del Responsabile di Farmacovigilanza provvedere all’inserimento delle segnalazioni di sospette reazioni avverse nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza. In questo modo sarà realizzato un costante e continuo monitoraggio delle reazioni avverse e della sicurezza d’uso dei medicinali.

Farmaci ritirati dal commercio per ragioni di sicurezza In Francia, Germania e Gran Bretagna fra il 1961 ed il 1993 sono stati ritirati dal commercio per ragioni di sicurezza 126 farmaci, l'87% dei quali a causa di gravi reazioni avverse. In particolare, in Gran Bretagna in 22 anni (1972-1994) sono stati 583 i farmaci autorizzati per l'immissione in commercio. Il 3,7% di essi, pari a 21, sono stati ritirati a causa della loro tossicità. Tabella 2 – Esempio di Farmaci ritirati dal commercio dopo l’attività di Farmacovigilanza

FARMACO ED ANNO DI INTRODUZIONE

CLASSE TERAPEUTICA MOTIVO ED ANNO DEL RITIRO

Alfaxolone/alfadolone (1972) Anestetico Anafilassi (1984)

Polidexide (1974) Cardiovascolare Impurità (1979)

Perexilina (1974) Cardiovascolare Neuro/epatotossicità (1985)

Nomifensina (1976) SNC Anemia emolitica (1986)

Clomacron (1977) SNC Epatotossicità (1982)

Triazolam (1978) SNC Reazioni psichiatriche (1991)

Fenclofenac (1978) Muscolo-scheletrico Sindrome di Lyell (1984)

Feprazone (1978) Muscolo-scheletrico Tossicità multisistemica (1984)

Zomepirac (1980) Muscolo-scheletrico Anafilassi (1983)

Suprofene (1980) Muscolo-scheletrico Nefrotossicità (1986)

Benoxaprofene (1980) Muscolo-scheletrico Tossicità muscolo-sistemica (1982)

Zimeldina (1981) SNC Neurotossicità (1983)

Brotizolam (1982) SNC Carcinogeno nel roditore (1989)

Indoprofene (1982) Muscolo-scheletrico Tossocità gastrointestinale (1982)

Terodilina (1986) Urinario Aritmie (1991)

Metipranolo (1986) Occhio Uveite (1990)

Dilevalolo (1990) Cardiovascolare Epatotossicità (1990)

Remoxipride (1990) SNC Anemia aplastica (1994)

Temafloxacina (1991) Antinfettivi Tossicità multisistemica (1992)

Nebacumab (1991) Antinfettivi Mortalità (1993)

Fosequinan (1992) Cardiovascolare Mortalità (1993)

L'intervallo di tempo, fra l'immissione in commercio e il ritiro del farmaco, è andato, nel caso della Gran Bretagna, dai tredici anni del triazolam al solo anno dell'indoprofene e del dilevalolo. I seguenti tre casi spiegano perché farmaci introdotti sul mercato sono stati ritirati. NOMIFENSINA antidepressivo, fu approvata per la commercializzazione negli Stati Uniti dalla FDA nel luglio 1985, nove anni dopo l'introduzione sul mercato tedesco ed inglese (1976) e dopo essere già stata prescritta a circa 10 milioni di pazienti in quei paesi

Si avvertivano però i medici statunitensi (sul foglietto illustrativo) che il farmaco poteva causare una serie di reazioni di ipersensibilità reversibili, quali febbre, epatopatie, eosinofilia ed anemia emolitica All'epoca erano stati descritti meno di 20 casi di anemia emolitica, tutti non letali. Tuttavia nel 1985 cominciarono ad essere segnalati, in Europa, ripetuti casi mortali di anemia emolitica e la casa produttrice del farmaco il 21 gennaio 1986 ne annunciò il volontario ritiro dal mercato. TEMAFLOXACINA antibiotico fluorochinolonico, fu autorizzata alla commercializzazione nel gennaio 1992. Nell'aprile successivo la FDA aveva già ricevuto alcune segnalazioni di anemia emolitica insorta dopo l'assunzione del farmaco ed entro giugno il numero di casi era salito quasi a 100. La "sindrome da temafloxacina" iniziava dopo alcuni giorni di trattamento e si caratterizzava per la presenza di urine di colore scuro, molto spesso associate a dolore al fianco e a brividi, con tipica caduta della emoglobina. In quasi due terzi dei pazienti si sviluppava una insufficienza renale acuta che obbligava alla emodialisi. Nella metà dei pazienti era presente una moderata epatopatia ed in un terzo una coagulopatia, in un sottogruppo di pazienti la sindrome comparve subito dopo la somministrazione della prima dose del farmaco. Poiché questi pazienti avevano in precedenza assunto lo stesso farmaco, fu possibile stabilire che l'emolisi era anticorpo mediata. Sulla base di queste osservazioni, la casa produttrice ritirava il farmaco dal commercio nel giugno 1992, sei mesi dopo la commercializzazione. MIBEFRADIL calcio antagonista capace di bloccare i canali a basso (T) e ad alto voltaggio (L), fu approvato dalla FDA il 20 giugno 1997 in monosomministrazione giornaliera (50 mg) per la terapia dell'ipertensione lieve/moderata e per l'angina pectoris stabile. Entro il mese di dicembre (1997) furono segnalati 20 casi di grave bradicardia (rallentamento o completa riduzione dell'attività del nodo senoatriale) nonché 7 casi di rabdomiolisi in pazienti in cui il farmaco era stato prescritto in associazione con lovastatina o simvastatina o ciclosporina o tacrolimus. (Il mibefradil inibisce il metabolismo di questi farmaci). L'8 giugno 1998, a meno di un anno dall'introduzione in commercio, la casa produttrice ritirò il farmaco dal mercato mondiale alla luce delle ripetute segnalazioni di gravi interazioni anche con altri farmaci.

I Farmaci Off-Label Con il termine di off-label (fuori indicazione) si intendono i farmaci già registrati, ma usati dal medico in maniera non conforme a quanto autorizzato e previsto nella scheda tecnica del prodotto con riguardo a

indicazioni terapeutiche,

modalità di somministrazione,

dose, frequenza e durata di somministrazione

superamento delle controindicazioni più raramente, si tratta di nuovi farmaci non ancora autorizzati all’impiego per una specifica indicazione. L’alto uso di farmaci off-label è un problema comune che si presenta in tutti gli Stati, senza alcuna differenza significativa tra l’Europa e gli Stati Uniti. Lo studio Radley del 2004 precisa che circa il 21% delle prescrizioni farmaceutiche hanno un uso off-label. Questa percentuale sale fino a valori particolarmente elevati nei reparti pediatrici, di terapia intensiva, per la cura delle cefalee e nel corso di terapie oncologiche. Frequentemente, le ragioni di impiego di terapie off-label da parte dei medici sono riconducibili al loro uso consolidato – o inconsapevole – nella pratica clinica

Infine, una condizione particolare si riferisce all’uso compassionevole dei farmaci off-label per la cura di malattie a rapida ed infausta evoluzione. Il nodo principale sul quale si focalizza il dibattito tra medici specialisti, farmacologi e esperti di organizzazioni sanitarie, riguarda la precisa valutazione dell’appropriatezza di utilizzo del farmaco off-label, la ricerca critica di un equilibrio tra efficacia terapeutica e errore terapeutico, di un rapporto favorevole tra benefici e rischi assistenziali. In Italia la discussione si sposta dai temi legati alla pratica clinica, ai principi e valori della deontologia professionale; la legge finanziaria del 2008 fa “divieto al medico curante di impiegare un medicinale industriale per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, qualora per tale indicazione non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazione clinica di fase seconda”. Sembra che nel mondo medico persista un’insufficiente conoscenza degli ambiti di applicazione, poca consapevolezza degli obblighi professionali ed che sia ancora scarsa la percezione delle responsabilità penali e amministrative correlate all’uso di farmaci off-label. Sinteticamente, si possono identificare tre percorsi prescrittivi per la prescrizione di farmaci off-label, ben regolamentati dalle rispettive norme di riferimento e che il medico deve alternativamente utilizzare. 1. Utilizzo sistematico e diffuso di farmaci off-label (per es. in oncologia, pediatria, etc.) con riferimento alla Legge n. 648/1996 La Legge 648/96 ha istituito un elenco, periodicamente aggiornato, di farmaci che possono essere erogati per indicazione, dosaggio, frequenza di somministrazione, durata o via di somministrazione diversa rispetto a quella autorizzata e possono essere erogati a carico del SSN, qualora non esista una valida alternativa terapeutica. Si tratta solitamente di medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non sul territorio nazionale, oppure di farmaci non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica o, infine, di medicinali da impiegare per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata Il medico che utilizza un farmaco inserito nell’elenco è tenuto a prescrivere sulla base di Piano Terapeutico, a rispettare le condizioni e le modalità d’uso indicate per i singoli farmaci, ad acquisire il consenso informato dal paziente e a trasmettere i dati di monitoraggio clinico e i dati di spesa, utilizzando schede predisposte dall’AIFA. Dal 2007 l’AIFA ha istituito ulteriori elenchi di farmaci per uso consolidato che non comportano obbligo di trasmissione dei dati per il monitoraggio clinico e dei dati di spesa: si tratta di 6 allegati per altrettante branche specialistiche (oncologia per adulti e pediatrica, ematologia, neurologia, trapiantologia e radiofarmaci) e di 9 allegati per il trattamento di patologie pediatriche. L’elenco e gli allegati si possono consultare nel sito dell’AIFA. 2. Utilizzo di farmaci off-label per il trattamento limitato a singoli pazienti (NON sistematico) con riferimento alla Legge n. 94/1998 (Legge Di Bella) I limiti di impiego sono stati rafforzati dalle Leggi Finanziarie del 2007 e del 2008: possono essere utilizzati per il trattamento limitato a singoli pazienti (NON UTILIZZO SISTEMATICO E DIFFUSO), in assenza di una valida alternativa terapeutica, quando sono disponibili lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale con dati favorevoli di sperimentazioni cliniche di fase seconda, previa assunzione di responsabilità del medico e dichiarazione di acquisizione futura del consenso informato del paziente da conservare in cartella clinica. L’utilizzo di questi farmaci è condizionato all’autorizzazione del Direttore Sanitario delle Aziende Sanitarie o di un suo delegato. Deve essere ricordato che le condizioni di rimborsabilità da parte del SSN sono vincolate alla somministrazione dei farmaci in regime di ricovero ordinario o di day hospital (Direttiva Ministeriale del 4/7/2002) 3. Uso compassionevole di farmaci off-label (accesso allargato o anticipato a farmaci in sperimentazione clinica) in relazione al Decreto 8 maggio 2003 L’uso compassionevole è limitato ai casi di malattie gravi o malattie rare di condizioni morbose che pongono il paziente in pericolo di vita, qualora non esistano valide alternative terapeutiche.

Si tratta di un utilizzo anticipato o allargato di un farmaco sottoposto a sperimentazione con dati favorevoli di studi in fase terza o in fase seconda in condizioni particolari. Possono essere somministrati su richiesta motivata e con assunzione di responsabilità da parte del medico che trasmette i dati di monitoraggio all’AIFA, a seguito di acquisizione di consenso informato del paziente e di parere favorevole del comitato etico. Il farmaco è fornito dall’Impresa produttrice con oneri a carico della stessa.

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