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La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare PUBBLICAZIONI MEDICO SCIENTIFICHE A cura di Pietro F. Tropeano Presentazione Prof. Antonio Girolami

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1La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

La malattia

tromboembolica

venosa

Approccio multidisciplinare

PUBBLICAZIONI MEDICO SCIENTIFICHE

A cura di

Pietro F. Tropeano

Presentazione

Prof. Antonio Girolami

2 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

NOTA: L’Editore non si assume alcuna responsabilità per le affermazioni o le opinioniespresse in questo libro. Gli Autori e l’Editore hanno compiuto ogni ragionevole sfor-zo per assicurare che le terapie descritte siano accurate ed in accordo con gli standardaccettati al momento della pubblicazione. Si consiglia tuttavia ai lettori di controlla-re che non siano intervenute variazioni riguardo i dosaggi o le controindicazioni rela-tive alla somministrazione di farmaci. Questa raccomandazione riveste particolare im-portanza nell’uso di farmaci nuovi o di impiego poco frequente. L’Editore non si as-sume alcuna responsabilità, espressa od implicita, riguardo l’accuratezza delle infor-mazioni contenute in questo libro e declina qualsiasi tipo di responsabilità legale ri-spetto ad eventuali errori od omissioni.

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Prima Edizione: gennaio 2005

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comprese le copie fotostatiche, anche ad uso interno o didattico,senza il precedente consenso scritto dell’Editore.

3La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Presentazione

Durante le ultime decadi, diagnosticate ed inquadrate lemalattie emorragiche, gli esperti in coagulazione hanno tenta-to di trovare la base biologica o molecolare della trombosi. Inparticolare della trombosi venosa in quanto la trombosi arterio-sa, nelle sue forme più eclatanti, quali l’infarto del miocardio el’ictus ischemico, ha già ricevuto particolare attenzione attra-verso gli studi sulla funzionalità piastrinica. La trombosi veno-sa è stata sempre considerata come meno grave e meno impor-tante. Data la limitatezza degli esami diagnostici, la marriorparte delle morti per embolia polmonare era attribuita ad infartodel miocardio o a morte elettrica.

La prima dimostrazione dell’importanza della malattia trom-boembolica venosa scaturisce da ricerche autoptiche. Negli anni’50 e ’60, infatti, vari studi anatomo-patologici hanno richiama-to l’attenzione sulla frequenza con cui, all’autopsia, vengono tro-vati emboli in arteria polmonare. Questo avviene tanto in per-sone decedute per varie cause e che avevano presentato nell’ul-timo periodo della loro vita trombosi venosa agli arti, tanto inpazienti senza apparenti manifestazioni trombovenose note.

In seguito si è visto che l’embolia polmonare è presente il cir-ca il 30-40% dei pazienti con TVP. Inoltre è stato visto che cir-ca il 20-30% delle embolie polmonari si manifesta in pazientisenza TVP clinicamente apparente. Un grande ostacolo alla cor-retta diagnosi della TVP scaturiva dal fatto che molti medici era-no restii a far eseguire una flebografia, unica procedura diagno-stica disponibile e gravata da numerose complicanze.

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Negli anni ’80, con la grande diffusione delle procedure eco-grafiche e pletismografiche la flebografia è passata in secondopiano. La non invasività e la semplicità di queste procedurehanno permessola loro estensione ad un numero sempre mag-giore di pazienti.

Allora si è iniziato a vedere la reale frequenza del fenomenotrombotico pari a circa 1/1.000 persone per anno. Una diagnosiprecoce ha portato ad una terapia più mirata con una riduzio-ne della morbilità e mortalità.

Sul versante della conoscenza delle cause predisponenti oscatenanti, congenite ed acquisite, della TVP esistono ancoradubbi. Infatti, nonostante l’individuazione di vari, più o menogravi, difetti della coagulazione e nonostante le note cause dicondizioni acquisite (traumi, immobilizzazione, farmaci, stasi,ecc.) circa il 30% di tutte le trombosi venose devono essere de-finite come idiopatiche o primitive.

Si deve concludere pertanto che, pur avendo fatto grandi pro-gressi, lo studio della malattia tromboembolica venosa necessitaancora di studi e conoscenze. Questo riguarda anche e soprat-tutto l’adeguata informazione del medico pratico. Un adeguato,pronto sospetto clinico, specie nel contesto di un paziente disp-noico, tachicardico e collassato, può portare ad una correttadiagnosi di embolia polmonare e ad una pronta ed efficace tera-pia.

In questo contesto l’opera del Dott. Tropeano è encomiabileper la sua semplicità e perché, avvalendosi del contributo diesperti, può fornire una visione aggiornata in un contesto emi-nentemente clinico-pratico del problema della malattia trombo-embolica venosa.

Il manuale appare completo, semplice ed include ancheaspetti, quali l’assistenza infermieristica ed i risvolti medico-legali, spesso trascurati anche nella trattatistica più volumino-sa.

Mi auguro che il volume possa avere l’accoglienza che meri-ta e contribuire all’aggiornamento dei medici pratici ed anchedei medici ospedalieri delle varie specialità. Tale aggiornamen-

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to si tradurrà di conseguenza nella riduzione della morbilità emortalità per malattia tromboembolica venosa. Questo deveessere, in fondo, l’obiettivo principe di un buon medico.

Prof. Antonio GirolamiOrdinario di Medicina Interna

Università di Padova

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Introduzione

È con molto piacere che ho curato la nuova edizione del testosulla Malattia Tromboembolica Venosa pubblicato, per la primavolta, alcuni anni fa. L’occasione mi è stata fornita dal Corso diAggiornamento sulla tematica tromboembolica, giunto ormai alsuo IV° appuntamento, organizzato dall’ambulatorio di Emosta-si e Trombosi della nostra Azienda Ospedaliera. In sintonia conil Corso, il manuale, vuole fornire un approccio multidisciplina-re e pratico nella gestione del tromboembolismo venoso, unacondizione medica frequente, subdola e trasversale, responsa-bile di un elevato costo socio-economico sia per la notevole pre-valenza nella popolazione generale, sia perché gravata da com-plicanze potenzialmente fatali o invalidanti. Negli ultimi anni siè osservato un aumento costante dell’incidenza di questa pato-logia legato all’allungamento della vita media, alla prolungatasopravvivenza dei pazienti affetti da neoplasie e malattie croni-che, all’aumento della patologia traumatica, all’estensione degliinterventi chirurgici a fasce di età superiori, all’utilizzo semprepiù frequente di cateteri venosi centrali e alla diffusione dellaterapia estrogenica sia sostitutiva che contraccettiva. Questomanuale è rivolto ai Medici Ospedalieri, ai Medici di MedicinaGenerale, agli Infermieri Professionali e alle varie figure specia-listiche sempre più coinvolte nella gestione di una patologiaconsiderata spesso “non di propria competenza” e proprio perquesto, a volte, non adeguatamente valutata e trattata.

Debbo ringraziare per la disponibilità dimostrata nell’acco-gliere il mio invito e per la consueta padronanza scientifica de-gli argomenti trattati i Relatori ed Autori dei vari capitoli di cui

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si compone il testo: i cari amici Prof. Paolo Prandoni, Prof. Gual-tiero Palareti, Prof. Domenico Prisco, Dott.ssa Anna Falanga,Dott. Gianluigi Scannapieco, Dott. Giovanni Del Ben, Dott.Gianni Segalla e la Signora Lucia Basso.

Un sentito ringraziamento va al Dr. Valter Donadon, CapoDipartimento di Medicina I e al Dr. Luigi Virgolini Responsabi-le dell’Unità Operativa di Medicina II per aver contribuito alla re-alizzazione dell’ambulatorio di Emostasi e Trombosi all’internodella nostra Azienda Ospedaliera.

Ed infine un grazie per la consueta competenza e professio-nalità alla Casa editrice PMS Pubblicazioni Medico Scientificheche ha curato la parte grafica-editoriale del testo.

Pordenone, Novembre 2004Pietro F. Tropeano

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Collaboratori

Lucia BassoDipartimento di Medicina I, A.O. “Santa Maria degli Angeli”, Pordenone

Benilde CosmiU.O. di Angiologia e Malattie della Coagulazione “Marino Golinelli”Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

Giovanni Del BenDirezione Sanitaria, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano PN

Anna FalangaDivisione di Ematologia, Ospedali Riuniti di Bergamo

Gualtiero PalaretiU.O. di Angiologia e Malattie della Coagulazione “Marino Golinelli”Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

Paolo PrandoniIstituto di Clinica Medica II, Università di Padova

Domenico PriscoDipartimento di Area Critica Medico-chirurgica, Centro Trombosi,A.O.U. Careggi, Firenze

Gianluigi ScannapiecoU.O Medicina I, Comitato per la Malattia TromboembolicaOspedale “Cà Foncello”, Treviso

Gianni SegallaMedico di Medicina Generale ASS n° 6 “Friuli Occidentale”

Pietro F. TropeanoUnità di Emostasi e Trombosi, Dipartimento di Medicina IA.O. “Santa Maria degli Angeli”, Pordenone

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Indice

Presentazione ......................................................................... 3Introduzione ........................................................................... 7Collaboratori .......................................................................... 91. La diagnosi della malattia tromboembolica venosa ........ 15

1.1 Diagnosi della trombosi venosa profonda ................. 17Flebografia degli arti inferiori ................................... 17Ecotomografia a compressione seriata ..................... 18Ecografia con compressione e D-dimero ................... 21Ecografia con compressione e probabilità clinica .....22D-dimero e probabilità clinica .................................. 24

1.2 Diagnosi dell’embolia polmonare .............................. 25Diagnosi clinica e probabilità clinica ........................ 25Iter diagnostico nei pazienti con sospetta EP ........... 28Possibilità diagnostiche alternative .......................... 33

1.3 Bibliografia consigliata ............................................. 352. La terapia della malattia tromboembolica venosa .......... 41

2.1 Anticoagulazione....................................................... 43Limiti della eparina non frazionata ........................... 44Vantaggi del trattamento con EBPM ......................... 46L’uso delle EBPM per la terapa delle TEV ................. 48Controllo di laboratorio della terapia con EBPM ......49

2.2 Il trattamento domiciliare della MTEV ...................... 502.3 Trattamento dei pazienti con cancro e MTEV ........... 542.4 Nuovi farmaci antitrombotici nel trattamento

del tromboembolismo venoso ................................... 562.5 Bibliografia consigliata ............................................. 57

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3. Il ruolo del Medico di Medicina Generale nellagestione della malattia tromboembolica venosa ............. 613.1 Il management della MTEV ed il MMG...................... 633.2 La profilassi della MTEV sul territorio ...................... 683.3 Bibliografia consigliata ............................................. 71

4. La gestione integrata del paziente con trombosivenosa profonda ............................................................. 734.1 Il sospetto diagnostico di trombosi venosa

profonda ................................................................... 754.2 Score di probabilità clinica di malattia trombo-

embolica venosa ....................................................... 774.3 Trattamento domiciliare del paziente con

trombosi venosa profonda ........................................ 84Scheda personalizzata di diagnosi e cura ................. 88

4.4 Il trattamento domiciliare della tromboflebitesuperficiale ............................................................... 93

4.5 Bibliografia consigliata ............................................. 945. Profilassi e terapia della malattia tromboembolica

venosa nel paziente oncologico ....................................... 975.1 La profilassi del tromboembolismo venoso nel

paziente oncologico ................................................. 100Chirurgia ................................................................ 100Cateteri venosi centrali ........................................... 101Chemioterapia ........................................................ 102

5.2 La terapia del tromboembolismo venoso nelpaziente oncologico ................................................. 104

5.3 Conclusioni ............................................................. 1055.4 Bibliografia consigliata ........................................... 106

6. La malattia tromboembolica venosa in ostetriciae ginecologia ................................................................. 1096.1 La malattia tromboembolica venosa in gravidanza .111

Quando sospettare una condizione di trombofilia? 115Quali test usare per la ricerca dei polimorfismidel fattore V? .......................................................... 117

6.2 Profili di rischio per MTEV in gravidanzae tromboprofilassi ................................................... 120

13La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

6.3 Rischio tromboembolico e tromboprofilassiin chirurgia ginecologica......................................... 124

6.4 Tromboembolismo venoso acuto in gravidanzae nel puerperio: diagnosi e terapia.......................... 125

6.5 Anestesia spinale/epidurale e profilassiantitrombotica ........................................................ 129

6.6 Tromboembolismo venoso e terapia estro-progestinica ............................................................ 130

6.7 Bibliografia consigliata ........................................... 1327. La profilassi della malattia tromboembolica venosa

in medicina interna ...................................................... 1377.1 Il rischio di tromboembolismo in medicina interna 139

Scompenso cardio-circolatorio ............................... 141Infarto miocardico .................................................. 141Ictus cerebrale ........................................................ 142Insufficienza respiratoria ........................................ 143Malattie infiammatorie croniche intestinali ............ 143Sindrome nefrosica ................................................. 143Cateteri venosi centrali ........................................... 144

7.2 La profilassi del tromboembolismo venosoin medicina interna ................................................ 144

7.3 La profilassi del TEV nei pazienti cronicamenteallettati ................................................................... 148

7.4 Raccomandazioni della SISET per la profilassidel TEV in medicina interna ................................... 151

7.5 Raccomandazioni dell’ACCP per la profilassidel TEV in medicina interna ................................... 152

7.6 Bibliografia consigliata ........................................... 1538. Nursing e malattia tromboembolica venosa ................. 159

8.1 Individuare il rischio tromboembolico neipazienti ospedalizzati .............................................. 162

8.2 Rilevare le eventuali manifestazioni di complicanzetromboemboliche e legate alla terapia .................... 163

8.3 Misure di profilassi non farmacologichedella MTEV ............................................................. 165

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8.4 La gestione infermieristica della terapiaeparinica e anticoagulante orale ............................. 167

8.5 Come attuare l’educazione sanitaria ...................... 1678.6 Conclusioni ............................................................. 1688.7 Bibliografia consigliata ........................................... 169

9. Nuovi farmaci antitrombotici per la profilassie la terapia del tromboembolismo venoso .................... 1719.1 Inibitori del complesso fattore VIIa/TF ................... 1749.2 Inibitori del fattore Xa ........................................... 1769.3 Inibitori diretti della trombina (Fattore IIa) ............ 1819.4 Altri farmaci antitrombotici .................................... 188

Inibitori dei Fattori Va e VIIIa ................................. 188Derivati eparinici .................................................... 188Eparinoidi ............................................................... 189

9.5 Conclusioni ............................................................. 1899.6 Bibliografia consigliata ........................................... 191

10. Aspetti medico-legali della malattia tromboembolicavenosa .......................................................................... 19510.1 La responsabilità professionale ............................ 19710.2 Bibliografia consigliata ......................................... 201

Glossario ............................................................................ 203Indice analitico ................................................................... 205

15La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

LA

DIAGNOSI

DELLA

MALATTIA

TROMBOEMBOLICA

VENOSA

1.

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17La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

1. LA DIAGNOSI DELLA MALATTIA

TROMBOEMBOLICA VENOSA

Paolo PrandoniIstituto di Clinica Medica II, Universit� di Padova

Numerosi studi compiuti negli ultimi decenni hanno dimo-strato che il sospetto clinico di trombosi venosa profonda (TVP)ed embolia polmonare (EP) è confermato da indagini obiettivesolo nel 30-50% dei pazienti. Alla raccolta delle informazionicliniche compete pertanto il solo compito di indurre il sospettodi TVP, ponendo così l’indicazione per l’esecuzione dei test obiet-tivi destinati a confermarla o ad escluderla.

1.1 DIAGNOSI DELLA TROMBOSI VENOSA PROFONDA

Flebografia degli arti inferiori

Per molti anni la flebografiadegli arti inferiori ha rappresen-tato lo standard di riferimentoper la diagnosi di TVP. Tale inda-gine fornisce una dimostrazionediretta della trombosi e consentela più completa delineazione del-la sua estensione nel vivente (Fi-gura 1). Essa è l’unica metodicain grado di identificare con accu-ratezza la trombosi isolata delle

Figura 1. Flebografia dell’arto infe-riore. Trombosi delle vene del polpac-cio (frecce).

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vene muscolari del polpaccio, dove ha quasi sempre insorgenzala TVP. Tale indagine presenta però numerosi inconvenienti: èinfatti costosa ed invasiva; inoltre la sua esecuzione ed interpre-tazione richiedono considerevole esperienza. Per tale motivo laricerca degli ultimi 20 anni si è indirizzata verso metodiche al-ternative. Tra queste, quelle che hanno ricevuto i più ampi con-sensi a motivo di una elevata accuratezza, praticità di esecuzio-ne ed ampia disponibilità sono indicate di seguito.

Ecotomografia a compressione seriata

L’approccio più collaudato e praticabile ai pazienti con so-spetta TVP è oggi rappresentato dall’ecotomografia real-time(ETG), applicando il criterio della compressibilità dei vasi veno-si(1). Se la vena esaminata è pervia, una lieve pressione eserci-tata direttamente su di essa con la sonda ecografica determinail completo collasso del lume; quando invece il lume è occupa-to da un trombo, il suo calibro non si modifica, o si modifica soloparzialmente con la compressione (Figura 2). Di ogni arto inesame vengono esplorate la vena femorale comune all’inguine indecubito supino e la vena poplitea nel cavo omonimo in decubitoprono. Tale modalità di approccio consente la rapida e agevoleidentificazione di tutti i casi in cui la trombosi venosa interes-sa il distretto prossimale (coinvolgente cioè la vena poplitea e/o vene profonde più prossimali), dato che l’uno o l’altro dei duepunti di repere sopra indicati sono pressoché costantemente in-teressati dall’affezione(2).

La straordinaria accuratezza di tale metodica per la diagno-si di TVP prossimale è stata ben dimostrata(1,3). Il limite di talemetodica è rappresentato dalla difficoltà di valutare le vene sot-topoplitee. È stato però dimostrato che lasciare indiagnostica-ta la trombosi distale isolata non è pericoloso per i pazienti, acondizione che la vena poplitea sia indagata in modo estensivofino alla sua triforcazione nelle vene distali, e l’esame strumen-tale venga ripetuto dopo una settimana in pazienti con test ba-

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sale negativo, allo scopo di cogliere i rari casi in cui la trombo-si si estende prossimalmente(4,5).

L’ETG può essere combinata con Doppler pulsato nel cosid-detto “Duplex scanning”, che consente di variare la profonditàdel segnale Doppler e di misurarlo con precisione in corrispon-denza dei vasi visualizzati nell’immagine ecografica. Tale valu-tazione selettiva del flusso venoso elimina ogni confusione consegnali provenienti da eventuali circoli collaterali e migliora ul-teriormente le possibilità diagnostiche dell’ETG.

Negli ultimi 10 anni si è affermata una tecnica di esecuzioneche accoppia nella medesima immagine le informazioni dell’ETGreal-time ad un mappaggio colorimetrico delle velocità di flus-so ottenuto dalla elaborazione di segnali Doppler pulsati (color-Doppler). Il color Doppler consente perciò una rappresentazio-ne diretta sia della parete venosa che del flusso all’interno del

Figura 2. Ecografia con compressione della vena femorale comune(scansione trasversale). La vena femorale risulta totalmente comprimibile(assenza di TVP).

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lume; l’immagine risultante può essere considerata una vera epropria “flebografia ecografica” simile per certi versi alla flebo-grafia (Figura 3). La TVP acuta si rende evidente come un’assen-za di colore (difetto di flusso) all’interno del lume, di ecogenici-tà diversa a seconda dell’età del trombo (Figura 4). I dati dispo-nibili in letteratura nella valutazione diagnostica dei pazienticon sospetta TVP indicano che il color Doppler non migliora i giàeccellenti risultati dell’ETG con compressione nella diagnosidelle trombosi prossimali(6-8). Un potenziale vantaggio è rappre-sentato dalla possibilità di visualizzare con maggiore accuratez-za le vene della gamba. Tuttavia tale requisito richiede il confor-to di indagini rigorose, capaci di identificare e validare estensi-vamente criteri di diagnosi semplici, riproducibili e dotati di ele-vata specificità, che non sono state ancora eseguite. A tutt’oggiun solo studio ha dimostrato la sicurezza dell’astensione della

Figura 3. Ecocolordoppler della vena femorale comune (scansione lon-gitudinale). La vena femorale, identificata dal colore blu, risulta totalmen-te comprimibile (assenza di TVP).

21La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Figura 4. Ecocolordoppler della vena poplitea. Il lume della vena popli-tea è ingrandito ed occupato da materiale ipoecogeno. Il flusso è assen-te (assenza di colore). Rilievo compatibile con TVP.

terapia anticoagulante in pazienti con normale indagine color-Doppler dell’intero asse venoso profondo(9). Resta poi da valutarel’implicazione della diagnosi sistematica di una TVP distale iso-lata: il riconoscimento di tale condizione ha infatti la potenzia-lità di esporre un gran numero di individui ai costi ed ai rischidi un trattamento anticoagulante probabilmente destinato apochi.

Ecografia con compressione e D-dimero

La strategia diagnostica testè descritta (ETG con compressio-ne seriata) presenta un evidente inconveniente, quello cioè dellanecessità di ripetere il test dopo una settimana in tutti i pazienticon il sospetto diagnostico dell’affezione per identificare queipochi (2-5%) in cui un’eventuale trombosi distale si estende

22 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

prossimalmente rendendosi riconoscibile. La ricerca di questiultimi anni si è pertanto indirizzata verso l’identificazione diparametri, clinici o laboratoristici, in grado di selezionare, tra ipazienti sintomatici con test non invasivo negativo, quelli chenon necessitano di ripetizione dell’esame strumentale nei gior-ni successivi. Dato che da numerosi anni erano disponibili in-formazioni che suggerivano un’elevata sensibilità (associata adun elevato valore predittivo negativo) della ricerca del D-dime-ro nei confronti del tromboembolismo venoso(10), due ricercherecenti hanno testato la sicurezza di un approccio combinatoche risparmiasse la ripetizione dell’ETG in pazienti con testbasale negativo combinato con un D-dimero negativo: in una èstato impiegato un test semiquantitativo rapido su plasma (In-stant I.A.)(11), nell’altra un latex-test eseguibile con rapidità alletto del paziente su sangue intero ottenuto con puntura deldito(12). La ripetizione dell’ETG veniva invece mantenuta nei pa-zienti con D-dimero positivo. In entrambe le ricerche, secondoun disegno ben collaudato, i pazienti con ETG negativa furonoosservati per tre mesi in assenza di anticoagulazione, registran-do eventi tromboembolici con frequenze oscillanti tra 0.2 e1.0%, che sono del tutto confrontabili con quelle registrate ne-gli studi che avevano utilizzato l’ETG seriata. In considerazionedei risultati di tali ricerche, percentuali oscillanti dal 70 al 90%dei pazienti che giungono all’osservazione con i sintomi di TVPpossono oggi ricevere una diagnosi pro o contro l’esistenza diuna TVP acuta in prima giornata, analogamente a quanto siverifica con l’impiego della flebografia, ma in totale assenza degliinconvenienti di tale metodica invasiva.

Ecografia con compressione e probabilità clinica pre-test

Negli ultimi anni è stato suggerito e validato un secondo ap-proccio, basato sulla combinazione di una ETG negativa conuna bassa probabilità clinica “a priori” di TVP. In una primaparte della ricerca furono identificati i parametri clinici associati

23La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

con differenti probabilità di malattia. La ricerca di tali parame-tri venne effettuata in un’ampia coorte di pazienti sintomatici,assegnando ad ogni paziente il grado di probabilità che conse-guiva dall’applicazione dei criteri indicati in Tabella I prima del-l’esecuzione di una flebografia(13). Nella seconda parte della ri-cerca i pazienti con ETG negativa, applicando il criterio dellacompressibilità dei vasi venosi, e bassa probabilità clinica pre-test dell’affezione furono congedati come esenti da trombosi,mentre la ripetizione dell’ETG veniva mantenuta in pazienti conprobabilità intermedia; nei rari casi di discordanza tra ETG (ne-gativa) e probabilità clinica (alta) veniva raccomandata l’esecu-zione della flebografia. I pazienti con ETG negativa furono osser-vati clinicamente per tre mesi, registrando una bassa inciden-za di eventi tromboembolici sintomatici (0.6%)(14). Tale strategiadiagnostica si affianca pertanto a quella precedentemente de-scritta che contempla l’esecuzione del D-dimero, indicando unapproccio valido e sicuro per tutte quelle circostanze in cui taletest di laboratorio non sia ottenibile in tempi rapidi.

Tabella I. Modello clinico per la determinazione della probabilità clinicapre-test di TVP.

Cancro in fase di attività 1Paralisi, paresi od ingessatura di un arto inferiore 1Recente allettamento e/o chirurgia maggiore 1Tensione localizzata lungo la distribuzione del sistema

venoso profondo 1Rigonfiamento generalizzato dell’arto 1Aumento della circonferenza del polpaccio

(> 3 cm rispetto al lato sano) 1Edema improntabile dell’arto sintomatico 1Vene collaterali superficiali (non varicose) 1Diagnosi alternativa -2

Calcolo della probabilità: Alta > 3Moderata 1-2Bassa < 0

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È interessante il rilievo che uno studio recentissimo ha testa-to con successo un approccio che incorpora nello stesso algorit-mo entrambe le strategie sopra descritte(15). In un gruppo di 811soggetti con sospetta TVP l’ETG basale degli arti inferiori non èstata ripetuta non solo in pazienti con bassa probabilità clinicapre-test, ma nemmeno in coloro che, pur avendo una probabi-lità clinica medio-alta, avevano un D-dimero negativo, regi-strando una scarsissima incidenza di eventi clinici nel follow-updei pazienti congedati con una sola ETG.

D-dimero e probabilità clinica pre-test

Ulteriori semplificazioni dell’approccio diagnostico a pazien-ti con sospetta TVP sono state recentemente proposte e valida-te. Esse prevedono la totale soppressione di ogni test diagnosti-co strumentale in pazienti con bassa probabilità clinica e D-di-mero negativo(16-20). Con l’ausilio di tale approccio percentualivicine al 50% dei pazienti che giungono all’osservazione con ilsospetto di TVP possono ricevere una corretta interpretazionediagnostica senza l’ausilio di test diagnostici. Al di là del fattoche tale strategia possa giocare un ruolo tutt’altro che trascu-rabile in contesti geografici di scarsa accessibilità a strutturediagnostiche, non ci sentiamo di raccomandare agli operatoril’impiego routinario di tale approccio, che potrà tutt’al più esse-re utilizzato in circostanze (come ad esempio le ore notturne odi giorni festivi) in cui non sono disponibili indagini strumenta-li: nell’attesa che queste possano essere eseguite, molti soggettipotranno essere esentati con sufficiente sicurezza da costosi epericolosi provvedimenti anticoagulanti “d’attesa”.

Uno studio ha anche testato la sicurezza di congedare comenon aventi TVP soggetti con D-dimero negativo, prescindendodalla probabilità clinica a priori(21). Va tuttavia segnalato che ilsuccessivo follow-up condotto nei pazienti in cui la TVP era sta-ta in apparenza esclusa ha segnalato una frequenza di eventitromboembolici nei tre mesi successivi (2.6%) decisamente più

25La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

alta di quella riscontrata impiegando le strategie precedente-mente descritte, cosicché tale approccio non sembra raccoman-dabile.

1.2 DIAGNOSI DELL’EMBOLIA POLMONARE

La diagnosi dell’embolia polmonare (EP) rimane ancor oggiuno dei problemi clinici più comuni e al tempo stesso più diffi-cili da risolvere. La totale aspecificità dei sintomi e dei segniclinici dell’EP, comunemente presenti anche in numerose affe-zioni cardiache e polmonari, ostacola la corretta formulazionedel sospetto clinico, in modo particolare nei soggetti anziani,cosicchè l’incidenza di tale affezione è clinicamente sottostimatacon l’aumento dell’età dei pazienti. Come dimostrato da nume-rosi attendibili studi autoptici, l’EP viene correttamente diagno-sticata nel vivente in meno della metà dei casi, e l’accuratezzascende a valori inferiori al 30% nella popolazione anziana.

La mortalità per EP rimane molto elevata in assenza di unadeguato trattamento; tuttavia la mortalità nei pazienti che si-ano sopravvissuti almeno un’ora all’insulto embolico scende dacirca il 32% nei pazienti non diagnosticati a circa l’8% nei casiin cui la malattia viene riconosciuta e adeguatamente tratta-ta(22).

Data la natura proteiforme dell’EP e le differenti modalitàcliniche di presentazione, la diagnosi clinica richiede pertantoun alto indice di sospetto e l’avvio dell’appropriato iter diagno-stico per consentire una sicura definizione tutte le volte che siformula il sospetto clinico.

Diagnosi clinica e probabilità clinica pre-test

La sintomatologia dell’EP è quanto mai variabile ed aspecifi-ca, essendo correlata sia con l’entità delle alterazioni emodina-miche, a loro volta dipendenti dal numero e dal volume degliemboli, sia con le preesistenti condizioni dell’apparato cardiore-

26 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

spiratorio. Nei soggetti senza precedenti affezioni cardiache opolmonari gli emboli di piccole dimensioni sono nella maggiorparte dei casi clinicamente del tutto silenti. Nelle Tabelle II e IIIsono elencati i principali sintomi e segni presenti all’esordiodell’EP, ricavati dai risultati di un importante studio multicen-trico statunitense (UPET) del 1973, ripartiti tra forme massive(cioè con riduzione della vascolarizzazione polmonare documen-tata angiograficamente > 50%) e forme submassive(23,24). Nessu-no dei sintomi o segni obiettivi riportati nelle tabelle, sia consi-derati separatamente che in varia associazione fra loro, è pato-

Tabella II. Frequenza dei principali sintomi clinici di embolia polmona-re (da studio UPET).

Sintomi EP massiva % EP submassiva % Totale

dispnea 79 83 81dolore toracico 62 84 72ansia 61 56 59tosse 50 60 54emottisi 27 44 34sudorazione 27 24 26sincope 22 4 14

Tabella III. Frequenza dei principali segni obiettivi di embolia polmonare(da studio UPET).

Segni EP massiva % EP submassiva % Totale

rantoli 50 57 53aum. T2 polmon. 60 44 53segni di TVP 42 21 333°-4° tono 47 17 34cianosi 28 6 18tachipnea - - 87tachicardia - - 44febbre - - 42

27La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

gnomonico dell’EP. Essi sono infatti condivisi da moltissimecomuni cardiopatie e pneumopatie sia acute che croniche. Que-sto spiega l’elevata incidenza di diagnosi sbagliate, in modo par-ticolare nell’età avanzata, data la più frequente concomitanza diaffezioni cardiache o polmonari croniche di altra natura, i cuisintomi di esordio sono spesso indistinguibili da quelli dell’EP.

Nei pazienti anziani, soprattutto se affetti da preesistente in-sufficienza cardiorespiratoria, la diagnosi di EP è particolar-mente difficile perché la sintomatologia può essere mascheratadal substrato clinico dell’affezione di base. In alcuni casi l’em-bolia può manifestarsi semplicemente come improvviso aggra-vamento delle condizioni cliniche, come un aumento della disp-nea, la comparsa di un’insufficienza ventricolare sinistra o diuna fibrillazione atriale.

La diagnosi dell’EP richiede pertanto un alto indice di sospet-to e l’avvio di un appropriato iter diagnostico includente la ri-chiesta di scintigrafia polmonare ogni qual volta i rilievi cliniciabbiano suggerito la possibilità di un’embolia. Una ragionevoleeccezione è rappresentata da pazienti con bassa probabilità cli-nica “a priori” dell’affezione e concomitante negatività del D-di-mero. Sulla base infatti dei rilievi di recentissimi studi prospet-tici, in tali pazienti la diagnosi può essere scartata immediata-mente(25-28). Per probabilità pre-test si intende l’arbitraria asse-gnazione del paziente ad una tra tre differenti categorie (bassa,intermedia o alta probabilità di EP) da formulare fin dal tempodella iniziale osservazione del paziente tenendo conto dei se-guenti fattori: maggiore o minore tipicità della presentazione cli-nica, presenza o assenza di uno o più fattori di rischio per ma-lattia tromboembolica venosa, presenza o assenza di affezioniconcomitanti o preesistenti che possono entrare in diagnosticadifferenziale. È generalmente accettato che essa possa essereformulata dopo aver acquisito anche le informazioni provenientida indagini che sono abitualmente ottenibili con rapidità: l’ECG,la radiografia del torace e l’emogasanalisi. Allo scopo di agevo-lare l’applicazione di tale criterio, è stata recentemente propo-

28 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

sta e validata una classificazione semplificata (Tabella IV), checonsente l’assegnazione dei pazienti con sospetta EP a due soleclassi di probabilità, bassa e alta(26). Nel caso di un D-dimero ne-gativo e di una bassa probabilità clinica pre-test (score < 4 ap-plicando i criteri della Tabella IV), si potrà evitare il ricorso allascintigrafia polmonare, da riservare invece a tutte le altre circo-stanze.

Iter diagnostico nei pazienti con sospettaembolia polmonare

La mancanza di specificità dei criteri clinici di diagnosi del-l’EP e l’intrinseca pericolosità dei farmaci anticoagulanti impon-gono il ricorso a test obiettivi per confermare od escludere lapresenza dell’affezione.

L’arteriografia polmonare è l’unico metodo in grado di identi-ficare con sicurezza emboli polmonari, anche di piccole dimen-sioni, o di escluderne la presenza ai fini pratici (Figura 5). Essanon può però essere impiegata come metodo di screening sia perla sua invasività che per motivi di costo, di praticità e di dispo-nibilità. Si rende pertanto indispensabile selezionare i pazienticandidati a tale indagine attraverso il ricorso ad una appropria-ta sequenza diagnostica.

Tabella IV. Modello clinico per la determinazione della probabilità clini-ca pre-test di EP.

Segni e sintomi di TVP 3Alternativa diagnostica meno probabile dell’EP 3Frequenza cardiaca > 100/min 1.5Immobilizzazione o chirurgia nelle precedenti 4 settimane 1.5Precedente TVP/EP 1.5Emottisi 1Cancro in fase di attività 1

Calcolo della probabilità: Alta >4Bassa <4

29La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Una volta formulato il sospetto clinico è necessario procede-re con rapidità ad un prelievo di sangue venoso per la determi-nazione di alcuni test ematologici (esame emocromocitometrico,PT e APTT) e del D-dimero, prediligendo un metodo ad elevatasensibilità. I primi hanno lo scopo di escludere l’esistenza dialterazioni coagulative, congenite o acquisite, che controindica-no l’impiego dell’eparina e di ottenere i valori di riferimento peril controllo successivo della terapia anticoagulante. Quanto alD-dimero, l’elevato valore predittivo negativo di tale test puòconsentire di escludere con ragionevole probabilità la diagnosi,orientando verso patologie alternative, soprattutto nei casi ascarsa probabilità clinica(21,29). Va effettuato inoltre senza indu-gio un prelievo di sangue arterioso in aria ambiente per la deter-minazione dell’emogasanalisi, che in alcuni casi consente diacquisire preziose informazioni a sostegno del sospetto clinico.

Figura 5. Arteriografia polmonare destra. Evidenti difetti di riempimen-to. Alcuni vasi risultano bruscamente interrotti. Rilievo compatibile conembolia polmonare.

30 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Infatti una ipossiemia arteriosa, in presenza di tensione parzialedella CO2 normale o ridotta, è pressoché costante nell’EP, ed èinversamente proporzionale all’estensione del processo emboli-co.

Dopo la copertura con eparina, indispensabile per protegge-re fin dalle fasi iniziali i pazienti con EP, l’iter diagnostico pre-vede l’esecuzione dell’ECG e della radiografia del torace. A que-

Figura 6. Scintigrafia perfusoria con normale distribuzione del mezzo dicontrasto.

31La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Figura 7. Scintigrafia ventilo-perfusionale dei polmoni. Ventilazione so-stanzialmente conservata nei segmenti ipoperfusi. Rilievo ad alta proba-bilità di embolia polmonare.

sti test compete principalmente il compito di escludere affezio-ni che possono entrare in diagnostica differenziale. La loro nor-malità, infatti, non esclude la possibilità dell’EP.

La scintigrafia di perfusione rappresenta l’elemento chiavedella diagnosi strumentale di EP per la sua elevata sensibilità aidifetti di perfusione causati dalle ostruzioni emboliche. Essadovrebbe essere eseguita in tutti i pazienti con sospetta EP chepresentino un D-dimero positivo e/o un’alta probabilità clinica(score > 4 applicando i criteri della tabella IV), che non si trovi-no in condizioni così critiche da far preferire il ricorso immedia-to all’angiografia polmonare. Nei pazienti con scintigrafia diperfusione negativa si può praticamente escludere la presenzadi un’EP angiograficamente dimostrabile e non sono necessariulteriori test diagnostici (Figura 6)(30-32). In tutti gli altri casi ègiustificato il ricorso alla scintigrafia ventilatoria (Figura 7) (Ta-

32 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

bella V: PIOPED). L’elevato valore predittivo positivo della pre-senza di uno o più difetti di perfusione segmentari o più grandiin aree in cui la scintigrafia ventilatoria è normale è stato con-fermato anche da recenti studi prospettici(33-35). In tali pazientil’arteriografia polmonare è per lo più ritenuta superflua ed esi-stono sufficienti indicazioni al mantenimento della terapia an-ticoagulante, i cui rischi sono considerati più accettabili dellepossibili complicazioni e del costo di un’angiografia di conferma.

Tabella V. Studio PIOPED - Criteri scintigrafici per la diagnosi di EP.

Probabilità Reperti scintigrafici e radiografici

Nessuna Perfusione normale

Bassa 1) Piccoli difetti di perfusione, indipendentemente dalloro numero e dai risultati di SV e RT

2) Difetti di perfusione sostanzialmente più piccoli diuna corrispondente alterazione radiologica

3) Difetti di perfusione con corrispondente SV normalein < 50% di un polmone o < 75% di una zona polmo-nare; RT normale o quasi normale

4) Singolo “medio” difetto di perfusione con RT norma-le (SV irrilevante)

5) Difetti di perfusione non segmentari

Intermedia Anormalità che non possono essere definite né ad“alta” né a “bassa” probabilità di EP

Alta 1) Due o più difetti di perfusione grandi; SV e RT nor-mali

2) Due o più difetti di perfusione grandi, sostanzialmen-te più estesi delle corrispondenti anormalità SV e/oRT

3) Un difetto di perfusione grande + due o più difetti diperfusione medi; SV e RT normali

4) Quattro o più difetti medi; SV e RT normali

Legenda: SV = scintigrafia da ventilazione; RT = radiografia del to-race; zona = un terzo di un polmone diviso in senso cranio-cauda-le.

33La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Le opinioni più contrastanti riguardano il comportamento daadottare nella frequente eventualità di una scintigrafia ventilo-perfusionale non diagnostica. In tutti questi casi appare giusti-ficato il ricorso ad un test diagnostico non invasivo a carico degliarti inferiori (ETG od ecocolor-Doppler). La diagnosi di EP è ge-neralmente accettata in presenza di una TVP documentataobiettivamente, che pone comunque l’indicazione all’instaura-zione o al mantenimento della terapia anticoagulante. Nel casodi un test negativo è consigliabile il ricorso all’arteriografia pol-monare, i cui inconvenienti e rischi sono considerati inferiori aquelli del mantenimento della terapia anticoagulante.

Possibilità diagnostiche alternative

Possibilità alternative sono oggi fornite dalla ripetizione seria-ta del test non invasivo a carico degli arti inferiori, dalla riso-nanza magnetica nucleare, dalla tomografia spirale del polmo-ne, dall’ecocardiografia e dalla misurazione dei livelli ematicidella troponina. Il primo approccio è scarsamente praticabile(36),il secondo si scontra con i costi attualmente proibitivi della ri-sonanza magnetica(37,38).

Un giustificato ottimismo è stato recentemente suscitato daibrillanti risultati ottenuti con l’impiego della modernissima to-mografia spirale e dal loro confronto con l’angiopneumografia inpazienti con sospetta EP severa(39,40). Ricerche su larga scalahanno dimostrato la reale utilità diagnostica di tale indagine,che si prospetta con caratteristiche tecnologiche tali da lasciar-ne prevedere un diffuso impiego, in considerazione anche dellarapidità di esecuzione di tale test sprovvisto di ogni invasività(41-

44) (Figura 8). La tomografia spirale sia da sola(41,42) che combina-ta con negatività dell’ETG degli arti inferiori e/o bassa probabi-lità clinica pre-test(43,44) ha escluso la diagnosi di EP in studi incui tale rilievo diagnostico è stato confortato dal successivo fol-low-up clinico dei pazienti che erano stati esentati dalla terapiaanticoagulante. È opinione dello scrivente che fin d’ora la tomo-

34 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

grafia spirale possa essere richiesta come primo test diagnostico(invece della scintigrafia polmonare) in pazienti anziani, o concardio-pneumopatie preesistenti, o con importanti anormalitàradiografiche, dato che la frequenza di scintigrafie non diagno-stiche in tali contesti è inaccettabilmente elevata. La scarsasensibilità della tomografia spirale per i piccoli emboli subseg-mentari impone però un approfondimento diagnostico per lomeno nei casi in cui la negatività di tale indagine si associa conun’alta probabilità clinica pre-test e/o la positività del D-dime-ro.

Un discorso a parte merita l’ecocardiografia (convenzionale otransesofagea), oggi comunemente eseguita nel sospetto diagno-stico di EP. Il solo rilievo ecocardiografico che consente la dia-gnosi di EP con elevatissimo grado di accuratezza è la diretta

Figura 8. TAC spirale dei polmoni. Difetto ipodenso ben evidente a ca-rico dell’arteria lobare inferiore destra e di alcuni rami segmentari (frec-ce). Rilievo compatibile con embolia polmonare.

35La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

visualizzazione di trombi nell’atrio, nel ventricolo destro o all’in-terno delle arterie polmonari. Tra gli altri rilievi, il solo che hadimostrato una elevata specificità, anche se è risultato scarsa-mente sensibile, è la combinazione della dilatazione del ventri-colo destro con rigurgito tricuspidale > 2.7 m/s(45). Tutti gli al-tri rilievi (dilatazione dell’atrio e del ventricolo destro, aumentodel rapporto tra le dimensioni del ventricolo destro e quelle delventricolo sinistro in telediastole, ecc.) sono scarsamente spe-cifici, essendo di comune rilievo anche in pazienti con cardio-pneumopatie di altra natura(46,47). Recenti segnalazioni attribu-iscono ad alcuni rilievi dell’ecocardiografia (dilatazione del ven-tricolo destro, ipocinesia del ventricolo destro, sbandieramentodel setto interventricolare) ed alla valutazione della pressionearteriosa polmonare che essa consente in molti casi un così ele-vato valore ai fini della prognosi dei pazienti con EP, ed in modoparticolare ai fini della identificazione di coloro che sono mag-giormente esposti al rischio di morte ed a quello di sviluppare latemibile ipertensione polmonare cronica post-tromboemboli-ca(48-51), da giustificarne l’esecuzione in tutti i pazienti in cui ladiagnosi di EP sia stata posta applicando l’iter appena descrit-to.

Per finire, va ricordato che le recentissime segnalazioni diuna elevazione dei livelli della troponina (sin qui consideratavirtualmente diagnostica di infarto miocardico acuto) in moltipazienti con EP, soprattutto in coloro che presentano le formeclinicamente più impegnative, consente da una parte di pro-muovere un ulteriore elemento di sospetto diagnostico (per lomeno nei casi in cui i rilievi clinici ed elettrocardiografici abbia-no escluso l’infarto miocardico), dall’altra di formulare un crite-rio prognostico di severità dell’episodio embolico(52-55).

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LA

TERAPIA

DELLA

MALATTIA

TROMBOEMBOLICA

VENOSA

2.

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I pazienti con tromboembolia venosa (TEV) acuta richiedonoun immediato trattamento anticoagulante che ha lo scopo, nelbreve periodo, di prevenire l’estensione della trombosi venosaprofonda (TVP) o la recidiva di embolia polmonare (EP), e a di-stanza di ridurre il rischio di recidive tromboemboliche e di mi-nimizzare i sintomi associati alla sindrome post-trombotica. Iltrattamento si basa sull’immediata anticoagulazione con epari-na (ENF) o suoi derivati, eparine a basso peso molecolare(EBPM), seguita da un trattamento a lungo termine con terapiaanticoagulante orale (TAO). Altri approcci terapeutici possonoincludere, in casi particolari, la somministrazione di agentitrombolitici o il posizionamento di filtro cavale.

2.1 ANTICOAGULAZIONE

Un’adeguata e immediata anticoagulazione riduce il rischio direcidiva di TEV di circa l’80%(1), mentre il rischio di emboliapolmonare fatale si riduce fino allo 0,4%(2). Alcuni autori(3), manon tutti(4), hanno inoltre osservato che il livello di anticoagula-zione con eparina deve essere adeguato sin dall’inizio del trat-tamento, altrimenti si darebbe origine ad una condizione di pre-disposizione ad una maggior incidenza di recidive di TEV anchetardive. Il livello idoneo di anticoagulazione deve inoltre essereraggiunto rapidamente in quanto è stato visto che l’incidenza direcidive era più alta (23% rispetto a 4-6%) se livelli terapeuticiadeguati erano raggiunti solo dopo 24 ore(5).

2. LA TERAPIA DELLA MALATTIA

TROMBOEMBOLICA VENOSA

Gualtiero Palareti, Benilde CosmiU.O. di Angiologia e Malattie della Coagulazione ìMarino GolinelliîPoliclinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

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Un adeguato trattamento anticoagulante implica la sommini-strazione immediata e a dosi adeguate di ENF o EBPM e la con-temporanea somministrazione di un anticoagulante orale peralmeno 5 giorni; il trattamento eparinico potrà essere interrot-to dopo almeno 5 giorni e dopo 2 giorni consecutivi con un In-ternational Normalized Ratio (INR) > 2.0(6). La TAO dovrà esse-re continuata, con un range terapeutico di 2.0-3.0 INR, per al-meno 3 mesi. Sebbene tuttora la durata ottimale di trattamen-to sia ancora discussa ed è dipendente da specifici fattori di ri-schio presenti in ciascun paziente e dalla natura dell’eventotrombotico (idiopatico, secondario a fattore non rimuovibile osecondario a fattore rimuovibile), in linea generale viene racco-mandata una durata di tre mesi per le TEV secondarie a causarimuovibile, di almeno 6 mesi per quelle idiopatiche e a tempoindefinito per quelle associate a fattori di rischio permanentiquali ad esempio la presenza di tumore o particolari condizionitrombofiliche(6).

Che un iniziale trattamento eparinico sia assolutamente ne-cessario è stato dimostrato da un recente studio(7) il quale hafatto registrare un’elevata incidenza di TEV quando l’anticoagu-lazione iniziale consisteva nella sola somministrazione di anti-coagulanti orali.

Limiti della Eparina Non Frazionata

Una porzione variabile ma importante delle molecole di Epa-rina Non Frazionata (ENF) in circolo si lega in modo aspecificoa una serie di proteine plasmatiche, alcune della fase acuta e acellule ematiche o endoteliali(8). Questa caratteristica farmaco-cinetica spiega perché la risposta anticoagulante della ENF nonè prevedibile e perché i pazienti richiedono quantità diverse dieparina e addirittura lo stesso soggetto ne richieda quantità chevariano nel tempo. L’ENF non può pertanto essere somministra-ta a dosi standard, ma secondo l’effetto anticoagulante che pro-duce e che deve essere accertato mediante test ematici ai qualideve seguire un’opportuna regolazione della dose da sommini-

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strare. È solitamente accettato che sia necessario un livello pla-smatico di eparina compreso tra 0,2 e 0,4 UI/ml (mediante tito-lazione con solfato di protamina) per contrastare efficacementeil processo trombotico(9). Tuttavia, il test più usato per monito-rare la terapia con ENF è il tempo di tromboplastina parzialeattivata (aPTT), test globale della coagulazione influenzato davari fattori oltre l’eparina stessa. È stato dimostrato che valoridi aPTT < 1.5 (rapporto tra tempo del soggetto in esame e tem-po del controllo) erano associati ad un più alto rischio di recidive(20-25 %)(10). Per evitare valori di aPTT inferiori a 1.5 o superio-ri a 2.5 (associati questi ultimi ad un più alto rischio emorragi-co), la somministrazione di ENF, sia per infusione continua cheper via sottocutanea, deve essere regolata mediante l’impiego dinomogrammi che regolano la quantità somministrata di ENFsulla base dei valori di aPTT ottenuti serialmente(11,12).

Altre limitazioni del ENF includono la possibile comparsa dicomplicanze cliniche importanti quali la trombocitopenia indot-ta da eparina (HIT) e l’osteoporosi. La HIT si associa molto spes-so a gravi trombosi arteriose e venose, complicanze che compa-iono in più del 20% dei pazienti che presentano questa altera-zione e con alta mortalità(13). Di solito la HIT comincia dopo 5-15giorni di trattamento con eparina; tuttavia può avvenire piùprecocemente nei soggetti che siano già stati esposti all’eparinastessa. L’incidenza di questa alterazione è stata riscontrata incirca il 3% dei soggetti esposti all’eparina in un recente trialrandomizzato. Fratture ossee associate ad osteoporosi sono ri-portate in circa il 2-3% dei pazienti trattati con ENF per un pe-riodo superiore a 3 mesi(14).

Occorre inoltre considerare che il trattamento delle TEV me-diante infusione in pompa di ENF si associa a rilevanti proble-mi pratici ed organizzativi che conferiscono a tale trattamentoaspetti indaginosi, potenzialmente fonte di numerosi possibilierrori dovuti alla preparazione della soluzione di eparina da in-fondere, al prelievo per il monitoraggio dello aPTT, alla velocitàd’infusione e agli aggiustamenti della dose conseguenti ai con-

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trolli ematici(15). In uno studio recente in più del 60% dei pazientitrattati il livello di anticoagulazione era o eccessivo o insuffi-ciente entro le prime 24 ore dall’inizio del trattamento(16).

Vantaggi del trattamento con Eparinaa Basso Peso Molecolare

Le Eparine a Basso Peso Molecolare (EBPM) sono ricavatedall’ENF per depolimerizzazione chimica o mediante tecnicheenzimatiche. Si ottengono frammenti che sono di grandezza cir-ca un terzo quella dell’ENF, con un peso molecolare medio di4.000-6.000 daltons. Si tratta di prodotti diversi, sia come pesomolecolare che per meccanismi di attività anticoagulante; infat-ti, mentre l’ENF si lega all’antitrombina modificandone la con-formazione e permettendole così di legarsi molto più rapidamen-te ai fattori della coagulazione Xa e Trombina che vengono inquesto modo inattivati. Per essere inattivata, dunque, la trom-bina deve formare un complesso terziario con l’eparina legataall’antitrombina; mentre il fattore Xa, per essere inattivato, ne-cessita solamente del legame con la molecola antitrombinicache ha cambiato conformazione. La maggior parte delle catenedi EBPM è di lunghezza insufficiente per legarsi sia all’antitrom-bina che alla trombina per cui viene inattivato selettivamentesolo il fattore Xa (Figura 1). La composizione delle diverse EBPMcommerciali è varia; tutte contengono il pentasaccaride, che èindispensabile per il legame con l’antitrombina III e attraversoquesta con il fattore X attivato; inoltre possono contenere unaserie di unità saccaridiche in numero vario. Se il totale delleunità saccaridiche (compreso il pentasaccaride) è uguale o su-pera le 18, la molecola può legarsi alla trombina ed avere un ef-fetto anticoagulante diretto (effetto anti-IIa). Nei prodotti com-merciali sono presenti il 25-50% di molecole di questo genere;per il rimanente, le molecole contengono meno di 18 unità e nonpossono unirsi alla trombina. Tutte però agiscono sul fattore Xa(effetto anti-Xa) in quanto, come già detto, il legame con questo

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si realizza tramite l’antitrombina. Conseguentemente, mentre laENF ha un rapporto tra effetto anti-Xa e anti-IIa di 1:1, le EBPMcommerciali hanno un diverso rapporto che può variare da 4:1a 2:1 a seconda della distribuzione del peso molecolare dellemolecole che le compongono.

Figura 1. L’eparina standard (ENF) si lega all’antitrombina modifican-done la conformazione e permettendole così di legarsi molto più rapida-mente ai fattori della coagulazione Xa e trombina che vengono, in questomodo, inattivati. Per essere inattivata, la trombina deve formare un com-plesso ternario con l’eparina e l’antitrombina. Il fattore Xa, invece, peressere inattivato deve soltanto legarsi all’antitrombina legata all’epari-na. Le catene più corte dell’eparina a basso peso molecolare (EBPM) sonoquindi parimenti efficaci nell’inattivare Xa rispetto alle catene più lungheche caratterizzano l’eparina standard non frazionata.

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Rispetto all’ENF le EBPM presentano i seguenti vantaggi: 1)il legame non specifico con proteine plasmatiche, cellule ema-tiche e cellule endoteliali è di gran lunga minore e conseguen-temente è maggiore la prevedibilità dell’effetto anticoagulante ri-spetto alla dose somministrata ed è minore la variabilità indivi-duale; 2) il tempo di emivita è maggiore e la biodisponibilitàdopo somministrazione sottocutanea è molto elevata; 3) l’inci-denza di HIT è minore(13) così come quella dell’osteoporosi (Ta-bella I). Un vantaggio fondamentale per il trattamento della TVPconsiste nel fatto che non è necessario un monitoraggio di labo-ratorio per regolare la dose indicata, che è invece calcolata sullabase del peso del paziente e somministrata per via sottocutaneadue volte o anche una volta al giorno. Infine va tenuto presen-te che la via di somministrazione sottocutanea è sicuramentepiù facile per i pazienti e per il personale sanitario e meno sog-getta ad errori rispetto a quella infusionale.

L’uso delle EBPM per la terapia delle TEV

Numerosi studi di livello 1 e metanalisi hanno confrontatol’efficacia e la sicurezza dell’impiego di EBPM per il trattamen-

Tabella I. Caratteristiche delle eparine a basso peso molecolare (EBPM)rispetto all’eparina non frazionata (ENF).

EBPM ENF

Attività anti-fattore Xa/attività anti fattore IIa 4:1 1:1Assorbimento per via sottocutanea +++ +Legame con le cellule endoteliali + +++Emivita lunga breveEffetto sulla lipoproteinlipasi + ++Potenziamento della fibrinolisi ++ +Interazione con le piastrine + ++Passaggio trans-placentare - +Antigenicità + +Neutralizzazione della protamina + ++

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to della TVP rispetto alla ENF(17-25). Tutti questi studi hanno con-cluso che le EBPM erano almeno altrettanto efficaci della ENF.Qualche autore ha anche segnalato un minor rischio di emorra-gie maggiori, di recidive di TEV e persino una riduzione dellamortalità(26).

La non necessità di eseguire indagini di laboratorio per mo-nitorare il trattamento e la via di somministrazione sottocutaneauna o due volte al dì sono aspetti fondamentali dell’impiego delleEBPM che hanno reso possibile il trattamento domiciliare dimolti pazienti con TVP ed anche con embolia polmonare (EP).

Controllo di laboratorio della terapia con EBPM

È noto che l’eparina a basso peso molecolare viene sommini-strata in Unità per Kg di peso corporeo e non in base al suo ef-fetto su un test di laboratorio. Quindi per questo tipo di terapiaeparinica non è necessario alcun controllo di laboratorio(27). Soloin alcune specifiche condizioni è indicato l’impiego di un test dilaboratorio, che in questo caso sarà un dosaggio cromogenico(in genere è utilizzato il metodo che impiega il fattore Xa): a) incaso di pazienti con grave insufficienza renale; b) in pazienti conpeso corporeo inferiore a 50 Kg o superiore a 100 Kg; c) duran-te una terapia per TEV acuta in gravidanza.

Durante e alla fine di un trattamento eparinico è consigliabilecontrollare il numero di piastrine al fine di diagnosticare tempe-stivamente la rara, ma possibile, insorgenza della “heparin in-duced thrombocytopenia” – HIT – che come già detto rappresen-ta una grave complicanza del trattamento eparinico. Essa com-pare dopo almeno 7-10 giorni di trattamento, ma anche più pre-cocemente se vi è stata una precedente somministrazione dieparina, e spesso provoca la comparsa di gravi complicanzetrombotiche, soprattutto arteriose(13). Il meccanismo consistenella comparsa di anticorpi (IgG) diretti verso il complesso epa-rina-PF4 che inducono un’attivazione piastrinica attraverso il le-game del complesso IgG-eparina-PF4 a recettori piastrinici. Il

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rischio di comparsa di HIT è minore se vengono usate le EBPMinvece che la ENF(13). Tuttavia, poiché è alta la probabilità di unaimmunizzazione crociata con le EBPM, si deve considerare cheuna volta comparsa la piastrinopenia da eparina l’impiego diEBPM non solo non è affatto raccomandabile, ma è addiritturacontroindicato (probabilità di reazioni crociate > 90% in vitro)con un rischio di fallimento terapeutico clinico stimato tra il 25e il 50%(28). È buona norma quindi, durante un trattamento epa-rinico, specie se prolungato, eseguire un controllo del numerodelle piastrine (basale, ogni 4-7 giorni e alla fine del trattamen-to). Poiché in caso di HIT è indispensabile sospendere comple-tamente il trattamento sia con ENF che con EBPM occorre lasicurezza della diagnosi di HIT e pertanto è necessario avere lapossibilità di eseguire un test specifico per l’identificazione de-gli anticorpi anti-PF4(29).

2.2 IL TRATTAMENTO DOMICILIARE DELLA MALATTIATROMBOEMBOLICA VENOSA

Sia in ospedale che a domicilio il trattamento della Trombo-si Venosa Profonda (con o senza embolia polmonare) è costitui-to dalla somministrazione di dosi adeguate di eparina, embri-cando questo trattamento con gli anticoagulanti orali. Vi sonoalcune specifiche condizioni nelle quali è ancora obbligo l’usodella ENF. Queste condizioni sono rappresentate sostanzial-mente da: a) pazienti in cui la presentazione clinica sia costitu-ita da una embolia polmonare clinicamente importante, e b)soggetti con controindicazioni all’uso di EBPM (pazienti con in-sufficienza renale, obesi, donne in gravidanza in prossimità delmomento del parto, e quando siano previste manovre chirurgi-che o invasive). È evidente che l’impiego di ENF richiede neces-sariamente l’ospedalizzazione del paziente. L’impiego di EBPMè invece raccomandabile nella maggior parte dei pazienti conTEV e, grazie alle loro caratteristiche, consente un trattamentodomiciliare, infatti esse: a) sono somministrate due volte al gior-

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no (od anche una sola) sottocute invece che per infusione endo-venosa continua e b) non richiedono aggiustamenti posologicisulla base di ripetuti test di laboratorio. Il trattamento domici-liare dei pazienti con TVP può essere o immediato e completo,oppure essere rappresentato da una dimissione precoce dopoun breve ricovero iniziale (24-48 ore, invece della media attua-le di 7-9 gg), con monitoraggio della terapia a domicilio per iprimi 7 gg dopo la diagnosi. Questo avanzamento delle possibi-lità terapeutiche può risultare estremamente vantaggioso, siaper i pazienti che per le strutture sanitarie, grazie alla riduzio-ne dei giorni di ricovero ed al conseguente notevole risparmio dispesa. È stato calcolato che, rispetto al trattamento ospedalie-ro con infusione di eparina, quello domiciliare con EBPM com-porta un sostanzioso risparmio di spesa, valutato intorno al 50-60%(30-32). La diminuita ospedalizzazione fa ridurre il rischio dicomplicanze iatrogene ed è in genere gradita dai pazienti miglio-rando sensibilmente la qualità di vita(23).

La fase iniziale del trattamento della TVP non è esente da ri-schi, rappresentati dalla possibile comparsa di complicanzetromboemboliche (EP sintomatica), o emorragiche (secondariealla terapia anticoagulante stessa). Gli studi clinici(22-24) che han-no esaminato l’efficacia e la sicurezza dell’impiego di EBPMsomministrate s.c. nella fase iniziale della terapia della TVP inconfronto alla infusione continua di eparina standard, hannodimostrato che le prime sono almeno altrettanto efficaci (recidi-ve di tromboembolie: 6,1 % verso 7,5%, rispettivamente) e sicu-re (emorragie maggiori: 1,3% verso 1,5%) di quest’ultima. Que-sti studi hanno anche dimostrato che l’incidenza di complican-ze era la stessa, sia che il trattamento con EBPM fosse ospeda-liero o domiciliare.

Va comunque tenuto in considerazione che non è possibileescludere il verificarsi di eventi avversi proprio nei primi giornidel trattamento domiciliare. Sebbene ciò possa accadere nellastessa misura durante il ricovero ospedaliero o a domicilio, tut-tavia non si può negare un maggior impatto psicologico (se non

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di conseguenze cliniche) in quest’ultimo caso. Per questo moti-vo si ritiene indispensabile garantire ai pazienti il massimo diefficacia e sicurezza terapeutica e contemporaneamente le mi-gliori condizioni di vita. Per conseguire risultati ottimali dal trat-tamento domiciliare sono necessarie quindi azioni coordinate,effettuate da operatori sanitari sia dentro che fuori dall’ospeda-le. Innanzitutto va effettuata una opportuna selezione dei casi(Tabella II) ed inoltre va garantito che siano messi in opera siaun’adeguata sorveglianza dei pazienti che i necessari servizi in-fermieristici domiciliari integrati con quelli ospedalieri. In ca-

Tabella II. Controindicazioni al trattamento domiciliare.

Condizioni che escludono il trattamento domiciliare� Abitazione lontano dall’ospedale� Sintomi importanti di embolia polmonare� Emorragie in atto o malattie emorragiche note� Emorragia intracranica entro 2 mesi� Insufficienza renale marcata� Malattie epatiche severe (PT di base < 50%)� Piastrinopenia (< 100.000)� Obesità > 120 Kg� Phlegmasia e/o dolore intenso dell’arto� Patologie associate rilevanti che richiedono terapia acuta� Ulcera gastro-duodenale in fase acuta (ultime 4 settimane)� Previsione di manovre invasive o intervento chirurgico a breve ter-

mine

Condizioni che sconsigliano il trattamento domiciliare� Gravidanza� Trombosi cavale e/o iliaca� Inaffidabilità o incapacità di applicare il trattamento (anziani soli,

dipendenza da droghe, pazienti psichiatrici, alcoolisti se non accu-diti da familiari responsabili)

� Condizioni di vita e abitative disagiate� Stato terminale o condizioni generali molto scadute (se non richie-

sto esplicitamente da paziente/familiari)� Diabete scompensato� Ipertensione arteriosa non controllata

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renza di queste condizioni il trattamento domiciliare può risol-versi in un danno per i pazienti, con inadeguata applicazionedelle terapie necessarie, peggioramento dei risultati terapeuti-ci a breve (rischi tromboembolici accresciuti) e a lunga distan-za (sindrome post-trombotica), necessità di spostamenti delpaziente per gli indispensabili controlli di laboratorio e clinici eaumento del disagio e di spese sostenute da pazienti e familia-ri.

Quali dunque i criteri per un adeguato trattamento domicilia-re:a) Una adeguata selezione dei pazienti che possono essere trat-

tati a domicilio è il presupposto indispensabile (vedere a que-sto scopo nella Tabella II la lista delle condizioni che contro-indicano o sconsigliano tale trattamento).

b) Occorre verificare, con contatto telefonico o con invio a domi-cilio di infermiere specificatamente addestrato, che sia appli-cato il corretto standard terapeutico della TVP, e in partico-lare che l’EBPM sia somministrata s.c. correttamente duevolte al dì o in monosomministrazione, alla dose/Kg di pesocorporeo opportunamente stabilita da ciascuna ditta produt-trice e prescritta al momento della diagnosi, e che sia assuntol’anticoagulante orale alla dose prescritta e facendo i neces-sari controlli periodici dell’INR. Il paziente deve indossaredurante il giorno calza elastica a compressione graduata,classe di compressione I o II e deve muoversi evitando di ri-manere troppo a letto.

c) Occorre monitorare le condizioni cliniche dell’arto interessa-to e quelle generali per valutare la possibile insorgenza dicomplicanze.

d) In caso di sospetto di complicanze è necessario che vi sia unchiaro punto di riferimento a livello ospedaliero e che il Me-dico di Medicina Generale possa indirizzare con urgenza ilpaziente per gli opportuni accertamenti utilizzando un canaledi accesso privilegiato e diretto.

e) È necessario assicurarsi che il paziente effettui le previstevisite di controllo clinico, il monitoraggio della terapia antico-

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agulante orale (TAO) e pratichi le misure atte a ridurre il ri-schio della sindrome post-trombotica. Dopo una TVP, a cau-sa del danno dei sistemi valvolari delle vene profonde e diquelle perforanti, compaiono molto frequentemente i segni esintomi dell’insufficienza venosa cronica dovuta alla cosid-detta sindrome-post-trombotica (edema, discolorazione cuta-nea, dilatazioni venulari specie in zona perimalleolare, rischiodi lesioni trofiche cutanee). Per ridurre l’incidenza di questidisturbi è importante convincere il paziente ad utilizzare alungo la calza elastica compressiva (solitamente si consigliaper oltre due anni) e a fare adeguata attività motoria.

2.3 TRATTAMENTO DEI PAZIENTI CON CANCRO E MTEV

Il trattamento ottimale dei pazienti con cancro e MTEV acu-ta è controverso. Questi pazienti sono maggiormente propensiad eventi ricorrenti rispetto ai soggetti senza cancro(33). Comor-bidità, chemioterapia, difficoltà nell’accesso venoso e l’aumen-tato rischio emorragico possono rendere difficoltosa la terapiaanticoagulante orale. L’uso dei cateteri venosi centrali aumen-ta il rischio di trombosi.

In uno studio prospettico a coorte Palareti et al.(34) hanno va-lutato le complicanze del trattamento anticoagulante orale in 95pazienti con neoplasia e MTEV in confronto con le complicanzeosservate in 733 pazienti senza neoplasia e con MTEV. Duran-te un follow-up di 744 anni/paziente, la frequenza di emorragiemaggiori (5.4% vs. 0.9%), minori (16.2% vs. 3.6%) e totali(21.6% vs. 4.5%) erano significativamente maggiori nei pazien-ti con cancro rispetto a quelli senza. Si è osservata anche unatendenza ad una maggiore frequenza di complicanze tromboti-che in pazienti con cancro (6.8% vs. 2.5%; p = 0.058), ma la dif-ferenza non ha raggiunto la significatività statistica. Nei pazienticon cancro, la frequenza di emorragie era simile tra i differentilivelli di INR ed era indipendente dal valore di INR temporalmen-te associato all’emorragia. Al contrario, nei pazienti senza can-cro la frequenza di emorragie aumentava solo in associazione a

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valori elevati di INR (maggiori di 4.5). Questi dati indicano chei pazienti con TEV acuta e cancro attivo sono a maggior rischiodi complicanze sia emorragiche che trombotiche durante il trat-tamento con anticoagulanti orali rispetto a quelli senza cancro.Un trattamento antitrombotico più sicuro ed efficace sarebbenecessario in questo gruppo di pazienti.

Meyer et al.(35) hanno randomizzato 146 pazienti con MTEV ecancro a ricevere warfarin per 3 mesi o enoxaparina (1.5 mg/kguna volta al giorno) in uno studio in aperto. Dei 71 pazienti chehanno ricevuto warfarin, 15 (21.1%) hanno avuto MTEV ricor-rente o emorragia maggiore rispetto a 7 pazienti (10.5%) nelgruppo che ha ricevuto enoxaparina (p = 0,09). Nel gruppo trat-tato con warfarin, 6 pazienti hanno avuto una emorragia fatalementre nessuna emorragia fatale si è osservata nel gruppo trat-tato con enoxaparina. Nessuna differenza è stata osservata ri-guardo alla progressione del cancro o morte correlata al cancro.Anche se lo studio non ha raggiunto la potenza statistica perdimostrare una vera differenza, questi dati indicano come iltrattamento prolungato con EBPM possa essere efficace quan-to il warfarin e più sicuro nei pazienti con cancro e MTEV.

Lee et al.(36) (studio CLOT) hanno randomizzato 672 pazienticon tromboembolismo venoso acuto (TVP o/e EP) a riceveredalteparina alla dose di 200 IU pro kg per 5-7 giorni embricatae seguita da terapia anticoagulante orale per 6 mesi (INR target:2.5) o dalteparina da sola per 6 mesi alla dose di 200 IU pro kgper un mese seguita dalla dose di 150 IU pro kg per 5 mesi.Durante i sei mesi di trattamento sono stati osservati 27 episodiricorrenti (8%) nel gruppo trattato con la sola dalteparina e 53recidive (15.8%) nel gruppo trattato con terapia anticoagulanteorale (hazard ratio: 0,48; p = 0,002), senza differenze significa-tive nella frequenza di emorragie o di mortalità. I risultati diquesto studio indicano come la dalteparina sia più efficace dellaterapia anticoagulante orale nel ridurre il rischio di recidivatrombotica durante il trattamento senza far aumentare signifi-cativamente l’incidenza delle complicanze emorragiche.

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I risultati dello studio di Meyer e dello studio CLOT inidica-no come le eparine a basso peso molecolare siano più efficaci ealmeno ugualmente sicure della terapia anticoagulante orale neipazienti con cancro e MTEV.

2.4 NUOVI FARMACI ANTITROMBOTICI NEL TRATTAMENTODEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO

Il pentasaccaride (fondaparinux) è un nuovo agente antitrom-botico di sintesi costituito dalla sequenza con specifica attivitàanticoagulante tipica dell’eparina e rivolta verso il fattore X at-tivato. Lo studio MATISSE-PE(37) ha mostrato che il trattamen-to iniziale dei pazienti con embolia polmonare emodinamica-mente stabile basato su un’unica somministrazione giornalieraper via sottocutanea di fondaparinux, a dose fissa secondo ilpeso corporeo, è altrettanto efficace dell’eparina non frazionataper via endovenosa, senza aumento delle complicanze emorra-giche.

Lo ximelagatran è un inibitore diretto specifico della trombi-na, attivo per via orale in dosi fisse senza necessità di monito-rare l’attività anticoagulante. Per il trattamento della TVP acu-ta, con o senza EP, lo ximelagatran (somministrato alla dose di36 mg per os 2 volte al giorno per 6 mesi) si è dimostrato altret-tanto efficace quanto l’enoxaparina (alla dose di 1 mg/kg per 2volte al dì per via sottocutanea embricata e seguita da warfarin- INR 2.0-3.0 - per 6 mesi) senza far osservare differenze signi-ficative per quanto riguarda la comparsa di complicanze emor-ragiche (studio THRIVE treatment; Francis et al. per ora pubbli-cato solo come abstract in Blood 2003). Nello studio THRIVEIII(38) lo ximelagatran, somministrato alla dose di 24 mg 2 volteal dì per os per 18 mesi dopo 6 mesi di anticoagulazione stan-dard in seguito ad un primo episodio di TVP e/o EP, si è dimo-strato più efficace del placebo nel ridurre il rischio di recidive,senza provocare un significativo aumento del rischio emorragi-co.

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2.5 BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

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61La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

IL RUOLO DEL

MEDICO

DI

MEDICINA

GENERALE

NELLA GESTIONE DELLA

MALATTIA

TROMBOEMBOLICA

VENOSA

3.

62 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

63La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Al modello tradizionale di gestione della malattia tromboem-bolica venosa, caratterizzato da un ricovero ospedaliero piutto-sto lungo (mediamente dai 7 ai 10 giorni), dal trattamento ini-ziale con eparina non frazionata e dalla dimissione del pazien-te già in terapia anticoagulante efficace si è sostituito, negli ul-timi anni, un nuovo modello caratterizzato dalla cosiddetta ge-stione integrata o domiciliare della trombosi venosa profonda edell’embolia polmonare. Tale modalità prevede sempre la con-ferma strumentale del sospetto diagnostico, l’impostazione te-rapeutica con l’uso di eparine a basso peso molecolare ed anti-coagulanti orali e, in assenza di controindicazioni, la non ospe-dalizzazione o la dimissione del paziente dopo una degenza bre-ve (48-72 ore).

Studi convincenti hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezzadi questo approccio(1,2,5) nonché il favorevole rapporto costi-be-nefici.

3.1 IL MANAGEMENT DELLA MTEV ED IL MEDICODI MEDICINA GENERALE

Un modello ideale di gestione domiciliare della malattia trom-boembolica venosa (MTEV) deve prevedere un ruolo per il medicodi medicina generale?

La risposta non può che essere affermativa; è necessario cheil medico di medicina generale (MMG) sia coinvolto nel manage-ment globale di questa patologia ed in particolare nelle fasi del-l’identificazione dei soggetti a rischio, del sospetto diagnostico,del trattamento e del follow up.

3. IL RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA

GENERALE NELLA GESTIONE DELLA

MALATTIA TROMBOEMBOLICA VENOSA

Gianni SegallaMedico di Medicina Generale ASS n∞ 6 ìFriuli Occidentaleî

64 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

I motivi di questa necessità sono:• epidemiologici – l’incidenza della MTEV in Italia è tale da

farne la terza più comune malattia cardiovascolare dopo lacardiopatia ischemica e l’ictus cerebrale: 80 nuovi casi di em-bolia polmonare/100.000 abitanti per anno, 160 nuovi casi ditrombosi venosa profonda per anno, oltre 250 casi/100.000abitanti/anno di tromboflebite superficiale; la gestione di unapatologia così comune, con modalità il più possibile omoge-nee, secondo le linee guida esistenti richiede l’integrazionedei pochi centri specialistici esistenti con la rete dei MMG,capillarmente distribuita sul territorio;

• legati ad una visione globale del paziente - la MTEV spes-so si verifica in pazienti già affetti da altre patologie, più omeno importanti, note o sconosciute (importante il significatoparaneoplastico della TVP nel 30% delle forme idiopatiche);ciò rende fondamentale la conoscenza della storia familiare epersonale, dell’ambiente e delle abitudini di vita, della perso-nalità del paziente, nonché la continuità dell’assistenza, tuttecaratteristiche proprie e peculiari della medicina generale;

• derivanti dalla funzione di coordinamento gestionale cheil MMG deve assumere nei confronti di pazienti con proble-matiche multifattoriali e su cui intervengono contemporane-amente o in successione più specialisti; una silenziosa sottra-zione a questo compito, sicuramente accaduta in passato,sarà sempre più difficile (anche per possibili implicazionimedico legali).I compiti che spettano al MMG nella gestione domiciliare del-

la trombosi venosa profonda sono:• valutare attentamente il rischo tromboembolico individuale

(Tabella I);• formulare tempestivamente il sospetto diagnostico e validarlo

utilizzando uno score di probabilità clinica;• avviare in urgenza più o meno differibile il paziente alla indi-

spensabile conferma diagnostica strumentale (ecografia va-scolare a compressione seriata o ecocolor-doppler);

65La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

• prescrivere correttamente le eparine a basso peso molecola-re (EBPM), istruire il paziente e/o i familiari, controllare lacorrettezza della somministrazione;

• controllare l’emocromo con piastrine al 5° e 10° giorno dal-l’avvio di una terapia con EBPM (rischio raro, ma presente, dipiastrinopenia da eparina);

• consigliare la deambulazione precoce e la contenzione elasti-ca con l’adozione di calze elastiche a compressione graduata;controllarne l’uso corretto;

• dare al paziente informazioni complete per una corretta ese-cuzione della terapia anticoagulante orale (TAO) con l’inten-sità e la durata necessarie al caso specifico;

• dosare il warfarin in modo da mantenere il range di INR de-siderato (INR compreso tra 2 e 3);

Tabella I. Valutazione del rischio tromboembolico.

Rischio basso:� chirurgia minore in pazienti con età <40 anni, senza altri fattori di

rischio tromboembolico

Rischio moderato:� chirurgia minore in pazienti con fattori di rischio addizionali� chirurgia maggiore in pazienti con età <40 anni, senza fattori di

rischio addizionali� chirurgia non maggiore in pazienti con età 40-60 anni, senza fat-

tori di rischio addizionali

Rischio elevato:� chirurgia non maggiore in pazienti con età >60 anni, o con fattori

di rischio addizionali� chirurgia maggiore in pazienti con età >40 anni, o con fattori di ri-

schio addizionali

Rischio molto elevato:� chirurgia maggiore in pazienti con età >40 anni con neoplasia, o

con pregresso TEV o con trombofilia; artroplastica dell’anca o delginocchio; chirurgia per frattura di femore, gravi traumi

66 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

• valutare eventuali interferenze farmacologiche e/o condizio-ni non farmacologiche interferenti con la TAO;

• stabilire la cadenza dei controlli dell’INR;• monitorare l’eventuale insorgenza di complicanze della pato-

logia o della terapia;• eseguire, se indicati, e valutare gli accertamenti volti a stabi-

lire l’eventuale espressione paraneoplastica della TVP (Rx to-race - eco addome - esami ematologici con PSA e altri markersneoplastici e sangue occulto nelle feci);

• eseguire, se indicati, gli accertamenti adatti a svelare condi-zioni trombofiliche ereditarie o acquisite (Tabella II);

• prevenire e curare la sindrome post-trombotica (Figura 1).Queste attività devono essere svolte dal MMG mantenendo il

contatto con il gruppo di esperti del problema più vicino logisti-camente, concretizzando quell’integrazione funzionale (con con-divisione di conoscenze e percorsi di cura) tra medicina generalee specialistica che è la risposta più efficace alla crescente com-plessità dei problemi assistenziali.

Tabella II. Condizioni di trombofilia ereditaria ed acquisita.

Eredofamiliari:� deficit AT III� deficit proteina C� deficit proteina S� mutazione R506Q: mutazione puntiforme del gene del fattore V di

Leiden, in grado di conferire resistenza alla funzione anticoagulan-te di una proteina endogena, la proteina C (APC r)

� mutazione G20210A (protrombina)

Miste:� iperomocisteinemia� aumento fattore VIII

Acquisite:� sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APA)� lupus anticoagulant (LAC)

67La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Figura 1. Sindrome post-trombotica.

In questo contesto è fondamentale che venga elaborato unprotocollo di management della malattia, strutturato, condivi-so e rapportato alla realtà territoriale in cui deve essere appli-cato.

Questa modalità di gestione deve essere condivisa dal pazien-te, opportunamente informato, e devono essere chiari i ruoli e icompiti di ciascuno (chi fa che cosa, con quale periodicità, chiinterviene in caso di problema urgente).

In Italia oggigiorno, anche in questo campo, la realtà è estre-mamente variegata, a macchia di leopardo; accanto a situazio-ni, poche purtroppo, in cui esiste già una buona integrazione efunzionalità ne esistono molte altre in cui fenomeni di derespon-sabilizzazione, accentramento, incomunicabilità rendono la re-

68 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

altà del management della MTEV molto lontana dal modello ide-ale.

I punti di maggiore criticità per la medicina generale nella ge-stione integrata della malattia tromboembolica venosa sono:• scarsa sensibilità e cultura della MTEV,• mancanza di percorsi diagnostico-terapeutici condivisi da

MMG e specialisti,• problema dei tempi di attesa per la conferma del sospetto dia-

gnostico e l’inizio della terapia,• necessità di vie di contatto preferenziali legate al problema,• insufficiente familiarità con i problemi di gestione della TAO,• incertezza sulla validità effettiva e sulla migliore modalità di

utilizzo dei coagulometri portatili.È innegabile d’altro canto che anche nella gestione globale di

questa patologia il medico, sia di medicina generale che specia-lista, sente la pressione dovuta alla maggiore consapevolezzagenerale del paziente, alla necessità di utilizzare razionalmen-te le risorse, all’aumento dei rischi medico legali.

Bisogna perciò trovare la volontà e il coraggio di mettere in di-scussione, tutti assieme, le abituali procedure alla ricerca di mo-delli gestionali che diano il massimo di efficacia ed efficienza.

Dobbiamo riconoscere alle Società Scientifiche (SISET, SIA-PAV e tante altre) che riuniscono gli esperti di questo settoreuna intensa opera, negli ultimi anni, di elaborazione e di divul-gazione di linee guida sull’argomento, unita ad iniziative di for-mazione e aggiornamento delle componenti mediche più interes-sate al problema, come chirurghi, ortopedici, internisti e medi-ci di medicina generale.

3.2 LA PROFILASSI DELLA MTEV SUL TERRITORIO

Altro compito importante del MMG è quello della profilassidella MTEV sul territorio, attuabile spesso in un contesto di ope-ratività integrata con lo specialista ospedaliero ma anche nel-l’ambito dell’attività autonoma del generalista.

69La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Le situazioni più frequenti ed importanti sono:• La gestione del paziente post chirurgico (chirurgia ortopedi-

ca maggiore, chirurgia generale, urologia, ginecologica mag-giore, specie se oncologica, neurochirurgia). Numerose evi-denze scientifiche convincenti hanno dimostrato che per gliinterventi di chirurgia ad alto rischio, il passaggio da unaprofilassi “ breve “ (mediamente 7 gg.) ad una “prolungata”(30 gg.) determina una riduzione del 50% dell’incidenza diMTEV. Poiché in generale la degenza ospedaliera di questi pa-zienti non supera i 7–10 gg è compito dei MMG completare iltrattamento profilattico sorvegliando la compliance del pa-ziente, monitorando gli eventuali effetti collaterali o le com-plicanze, provvedendo alla prescrizione del farmaco e al suocorretto utilizzo.

• L’artroscopia del ginocchio, la traumatologia “non maggiore”degli arti inferiori (fratturativa, contusiva, distorsiva), il po-litrauma comportante allettamento sono altre situazioni diintegrazione tra specialista e generalista; questi pazienti oggi,il più delle volte, non vengono ricoverati, ma trattati in regi-me di day surgery o di pronto soccorso; la profilassi dellaMTEV viene quindi svolta quasi integralmente sul territorioper un periodo che va dalle 2 settimane fino alla completamobilizzazione.

• Pazienti internistici affetti da insufficienza cardiaca congesti-zia, insufficienza respiratoria, infezione acuta (broncopolmo-nite, broncopatia cronica riacutizzata, infezione urinaria),connettiviti sistemiche, patologia osteoarticolare degenerati-va in fase di acutizzazione algica, decadimento psico-fisico edepressione nell’anziano quando comportanti riduzione im-portante della mobilità sono suscettibili di profilassi perMTEV.Esistono evidenze scientifiche (studio MEDENOX in primis)

che ne dimostrano l’utilità, limitatamente però alla condizionedi degenza ospedaliera; questi malati tuttavia subiscono ricoverisempre più brevi, che spesso non esauriscono la condizione di

70 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

rischio o addirittura non vengono ricoverati ma trattati a domi-cilio o presso strutture “intermedie” (casa di riposo, residenzasanitaria assistenziale, ospedale di comunità); la loro gestioneè quindi affidata al MMG.

Obiettivo razionale deve essere in questi casi non una profi-lassi generalizzata, improponibile se non altro in termini di rap-porto costi/benefici, ma personalizzata in base alla valutazionedi una serie di parametri che, oltre alla patologia in atto, sono:• l’età,• l’aspettativa di vita,• la durata prevista dell’ipomobilità,• il peso,• le condizioni associate,• l’anamnesi.

Anche il paziente oncologico tende a rientrare, sempre piùspesso, in questo tipo di valutazione.

Il MMG è il sanitario che assieme allo specialista ginecologoed eventualmente all’ematologo esperto in patologie della coagu-lazione, gestisce l’indicazione, la prescrizione e il monitoraggiodella contraccezione ormonale (CO) e della terapia ormonalesostitutiva (TOS); è documentato che entrambe queste praticheaumentano il rischio di MTEV e che esistono delle condizioni, ditipo genetico e/o acquisito che incrementano ulteriormentequesto rischio (vedi Tabella II).

Sull’opportunità di ricercare o non eseguire uno screenig perpossibili deficit della coagulazione si assiste alle più disparatemodalità di comportamento pratico nonostante le indicazioni dimolta letteratura internazionale; va pertanto ribadito che, adoggi, non è giustificato eseguire uno screening trombofilico atutte le donne candidate ad un trattamento estroprogestinico ditipo contraccettivo ed ancor meno sostitutivo; come non ha unrazionale la ripetizione seriata di alcuni esami della coagulazio-ne. Viceversa, appare evidente che un approccio olistico, perso-nalizzato e non routinario alla contraccezione permette di in-dividuare quel piccolo sottogruppo di donne con anamnesi fami-

71La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

liare positiva che può avere una indicazione selettiva all’esecu-zione degli accertamenti di trombofilia. Esistono situazioni par-ticolari in cui è compito specifico del MMG intervenire per laprevenzione della MTEV; tali sono consigliare la sospensionedella CO o della TOS prima di interventi di chirurgia maggiorein elezione ma anche di chirurgia minore ed interventi laparo-scopici, dopo traumi o durante malattie intercorrenti compor-tanti immobilizzazione prolungata.

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72 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

73La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

LA

GESTIONE INTEGRATA

DEL PAZIENTE CON

TROMBOSI

VENOSA

PROFONDA

4.

74 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

75La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

L’estrema manegevolezza, l’ottima affidabilità ed efficacia del-l’eparina a basso peso molecolare, confermate da una numero-sissima letteratura internazionale hanno rivoluzionato l’approc-cio di tipo diagnostico e terapeutico nei pazienti sintomatici chesi rivolgono al Medico di Medicina Generale ma anche al Medi-co di Pronto Soccorso e allo Specialista per un sospetto di ma-lattia tromboembolica venosa(1-4). La gestione tutta ospedalieradi questi pazienti ha lasciato da alcuni anni spazio ad una ge-stione integrata territorio-ospedale e in molti casi ad una gestio-ne tutta domiciliare del paziente con trombosi venosa profonda.

4.1 IL SOSPETTO DIAGNOSTICO DI TROMBOSI VENOSAPROFONDA

Il primo momento, sia per pazienti ambulatoriali esterni cheper coloro che giungono spontaneamente in Ospedale è la defi-nizione del sospetto clinico di MTEV sia essa trombosi venosaprofonda o embolia polmonare. Una corretta anamnesi e unaattenta valutazione dei fattori di rischio e predisponenti laMTEV, la valutazione dei segni riscontrati e dei sintomi riferitiassieme ad una mirata diagnostica differenziale sono le basi sucui formulare la nostra ipotesi diagnostica (Tabelle I e II).

4. LA GESTIONE INTEGRATA DEL PAZIENTE

CON TROMBOSI VENOSA PROFONDA

Pietro F. TropeanoUnit� di Emostasi e Trombosi, Dipartimento di Medicina IA.O. ìSanta Maria degli Angeliî, Pordenone

76 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tabella I. Fattori di rischio e predisponenti per la malattia tromboembo-lica venosa.

� Età >70 anni, fumo, obesità� Familiarità per malattie tromboemboliche� Pregressi episodi di TVP e/o EP� Allettamento prolungato, apparecchio gessato� Gravidanza, puerperio, terapie estroprogestiniche prolungate� Stati di ipercoagulabilità ereditari (deficit di AT III, di proteina C, di

proteina S, mutazione fattore V Leiden) o acquisiti (APA, LAC, iper-omocisteinemia)

� Neoplasie in atto (pancreas, rene, polmone, apparato digerente egenitale femminile)

� Sepsi e gravi ustioni� Utilizzo prolungato di cateteri venosi� Interventi chirurgici con anestesia generale >30 minuti� Politraumi� Patologie croniche coesistenti (sindrome nefrosica, ictus, collage-

nopatie, scompenso cardiaco congestizio, malattie mielo e linfopro-liferative)

Tabella II. Diagnosi differenziale di TVP.

� Patologie muscolari e nervose MiopatieStiramenti muscolariDistorsioneCausalgie

� Patologie osteo-articolari TendinitiCisti di BackerArtriti

� Patologie cute e sottocute CellulitiErisipeleLinfangitiLinfedemi

� Patologie vascolari non trombotiche Compressione venosaVasculitiInsufficienza venosa

77La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

4.2 SCORE DI PROBABILITÀ CLINICA DI MALATTIATROMBOEMBOLICA VENOSA

Il nostro sospetto clinico iniziale va tuttavia verificato e sti-mato su alcuni scores, ormai internazionalmente validati, diprobabilità clinica come quelli proposti da Wells (opportuna-mente completato da alcune nostre valutazioni aggiuntive) eWiki e coll. (Tabella III, IV)(5-7).

Lo score clinico iniziale, sia nell’ipotesi di una TVP o di unaEP, deve essere sempre fatto sul paziente sintomatico ambula-toriale e serve a quantificare la probabilità clinica a priori che ilnostro assistito abbia una patologia trombotica e/o tromboem-bolica (Figura 1). L’esecuzione di uno score iniziale condiziona

Tabella III. Score di probabilità clinica di trombosi venosa profonda

� Neoplasia in atto ........................................................................ (1)� Paralisi, paresi o recente ingessatura arti inferiori ..................... (1)� Allettamento >3 giorni o intervento di chirurgia maggioreentro 4 settimane ....................................................................... (1)

� Dolorabilità localizzata lungo la distribuzione del sistemavenoso profondo......................................................................... (1)

� Edema generalizzato dell’arto..................................................... (1)� Edema del polpaccio (> 3 cm rispetto all’arto asintomatico) ....... (1)� Edema improntabile (maggiore nell’arto sintomatico) ................. (1)� Presenza di vene superficiali collaterali (non varicose) ............... (1)� Diagnosi alternativa .................................................................. (-2)

Probabilità clinica elevata > 3

Probabilità clinica bassa < 0

Probabilità clinica intermedia 1 - 2

� Criteri aggiuntivi: Pregressi eventi tromboembolici, familiaritàper malattia tromboembolica venosa, deficit accertati di fattoridella coagulazione, uso di estroprogestinici, stato di gravidanza opuerperio, recenti interventi chirurgici minori (day surgery, artro-scopici, laparoscopici).

78 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tabella IV. Score di probabilità per embolia polmonare: score di Wells eGeneva score a confronto.

SCORE DI WELLS

Storia di Malattia trombo-embolica venosa ................. 1.5

Frequenza cardiaca>100 batt/min ................... 1.5

Recente intervento chirur-gico o immobilizzazione ...... 1.5

Segni clinici di trombosivenosa profonda .................... 3

Nessuna diagnosi alternati-va all’embolia polmonare ....... 3

Emottisi ................................ 1

Neoplasia attiva ..................... 1

Probabilità clinica di EPBassa ................................. 0-1Intermedia ......................... 2-6Alta ..................................... >7

% di EP correlateBassa ............................... 12%Intermedia ....................... 40%Alta .................................. 91%

GENEVA SCORE

Storia di Malattia trombo-embolica venosa .................... 2

Frequenza cardiaca>100 batt/min ....................... 1

Recente intervento chirur-gico ........................................ 3

Età60-79 ..................................... 1>79 ........................................ 2

Saturazione di PaCO2

>36 mmHg ............................. 236-39 mmHg.......................... 1

Saturazione di PaO2

<4936 mmHg ......................... 449-60 mmHg.......................... 360-71 ..................................... 271-82 ..................................... 1

Rx ToraceImmagini di atellettasie ......... 1Emidiaframma sollevato ........ 1

Probabilità clinica di EPBassa................................. 0-4Intermedia ......................... 5-8Alta ...................................... >9

% di EP correlateBassa................................ 13%Intermedia ........................ 38%Alta ................................... 67%

79La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Figura 1. Sistema venoso degli arti inferiori.

v. cava inferiore

v. iliaca comune

v. iliaca esterna

v. femorale comune

v. femorale superficiale

v. poplitea

v. tibiale posteriore

v. tibiale anteriore

v. peroniera

Le vene del circolo profondo degli arti inferiori e della pelviche possono essere fonte di trombosi venosa profonda

80 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

ed influenza il successivo iter diagnostico e che risente nel pa-ziente con sospetto di TVP di due momenti temporalmente di-stinti in relazione alla possibilità di effettuare subito l’esame ul-trasonografico di conferma o differirlo nei giorni successivi. Ri-cordiamo che per una diagnosi definitiva di TVP è sempre neces-sario eseguire un test ultrasonografico di conferma e che sonoconsiderati equivalenti i test come l’ecografia vascolare concompressione (CUS), l’indagine duplex o l’esame ecocolordop-pler; in molte strutture ospedaliere non è possibile accederedurante tutti i giorni della settimana e/o durante tutte le ore delgiorno a questo tipo di diagnostica, in particolare i periodi “noncoperti” sono nella maggior parte dei casi il fine settimana, igiorni festivi e le ore notturne (Figura 2)(8).

Ed è proprio quest’ultima situazione che deve prevedere unachiara e documentata programmazione, un iter clinico-diagno-stico ben definito che tuteli il paziente e la buona pratica dei

Figura 2. Ecocolordoppler. TVP vena femorale superficiale.

81La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

medici; ciò assume maggiore rilievo anche in relazione alla ne-cessità di una definitiva diagnosi che deve avvenire sempre inuna struttura ospedaliera. Suggeriamo adesso alcuni schemi dicomportamento per il paziente che accede in Ospedale con so-spetto di TVP quando non è possibile effettuare immediatamen-te l’esame ultrasonografico di conferma (Tabella IV).

È consigliabile in questa condizione che il paziente sintoma-tico sia inviato dal medico di medicina generale alla strutturaospedaliera di accoglimento con uno score di probabilità clini-

Pazientesintomatico

ambulatoriale

fattori di rischio sospetto diagnostico di diagnosisegni e sintomi Trombosi Venosa Profonda alternative

score clinico d-dimer testdi probabilità

probabilità probabilità probabilitàalta intermedia bassa

CUS entro 24 ore CUS entro 24-48 ore se d-dimero negativotrattenere in ospedale d-dimero negativo programmare CUS sutrattare con EBPM dimettere con profilassi persistenza di sintomid-dimero non necessario d-dimero positivo se d-dimero positivo

dimettere con terapia programmare CUSentro 24-72 ore

CUS +: diagnosi di TVP CUS +: diagnosi di TVP CUS +: diagnosi di TVPCUS -: test seriati CUS -: test dopo 1 sett. CUS -: esclusa TVP

Tabella IV. Sospetto diagnostico di TVP: cosa fare? (in bianco, il percor-so se CUS disponibile; in giallo, se CUS non disponibile).

82 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

ca. Allo stesso modo il Medico di Pronto Soccorso che accoglieil paziente sintomatico giunto spontaneamente deve iniziare lavisita con uno score di probabilità associandolo, in entrambi icasi, al successivo dosaggio dei d-dimeri (Tabella V)(9,10,11,12). Lavalutazione successiva terrà conto dei risultati combinati delpretest clinico e di laboratorio nel seguente modo:

1. Score clinico di bassa probabilità e d-dimero negativo.È necessario escludere la possibile presenza di altre patologie,è indicato programmare l’esecuzione dell’esame ultrasonografi-co su persistenza dei sintomi e segni clinici; il paziente continuaad essere seguito dal medico curante senza alcuna terapia.

2. Score clinico di bassa probabilità e d-dimero positivoe Score clinico di intermedia probabilità e d-dimero nega-tivo. È opportuno programmare l’ultrasonografia in tempi bre-

Tabella V. Dosaggio dei d-dimeri.

� Il test permette di misurare la concentrazione plasmatica dei pro-dotti di degradazione della fibrina, che sono espressione della fibri-nolisi endogena ed aumentano nei giorni successivi ad un eventotrombotico.

� È opportuno accertarsi della sensibilità e specificità del test impie-gato dal servizio immunotrasfusionale o dal laboratorio di chimicaclinica (test al lattice, immunoenzimatico, test quantitativi tipoELISA).

� È necessario standardizzare le metodiche usate a livello provinciale(il test ELISA ora disponibile anche per l’urgenza è quello che offreil migliore rapporto sensibilità e specificità).

� Nelle valutazione dei risultati dei d-dimeri è corretto valutare sem-pre il valore predittivo negativo del test (che in alcune metodichepuò raggiungere il 96%) per la possibile presenza di condizioni difalsa positività (ematomi sottocutanei, ferite chirurgiche, esteselesioni cutanee, ustioni, ascite e versamenti pleurici o pericardici,angina instabile, gravidanza, neoplasie attive); anche se non si pos-sono escludere condizioni di falsa negatività (inadeguata scelta deivalori di cut-off, condizioni di ipofibrinolisi, presenza di sintomi cli-nici datanti da più di 7-10 giorni, recente trattamento anticoagu-lante).

83La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

vi ed in ogni caso non oltre le 48-72 ore dalla prima visita; even-tuale profilassi con EBPM.

3. Score clinico di intermedia probabilità e d-dimero po-sitivo. È necessario programmare ultrasonografia in tempi bre-vi (24-48 ore). Iniziare trattamento a dosaggio aggiustato o tera-peutico con EBPM e trattenere in osservazione o rinviare a do-micilio il paziente dopo adeguato counselling.

4. Score clinico di alta probabilità (d-dimero non neces-sario). È necessario iniziare un trattamento con EBPM a dosag-gio terapeutico, trattenere il paziente in ospedale fino a diagnosiultrasonografica di conferma e comunque non oltre le 24 ore.Infine, va sicuramente ribadito che solo l’esecuzione della CUSo dell’ecocolordoppler può confermare o escludere la presenza diuna trombosi venosa profonda.

Tabella VI. Criteri di esclusione per un trattamento domiciliare dellaTVP.

� TVP prossimale con sospetto diagnostico o diagnosi di embolia pol-monare.

� TVP prossimale bilaterale o estesa a più segmenti venosi (trombo-si cavale e/o iliaca).

� TVP in pazienti con trombocitopenia.� TVP in pazienti gravide o purpere.� TVP in pazienti con miocardiopatie in labile compenso, grave insuff.

renale, severa epatopatia, diabete scompensato, severa ipertensione.� TVP in pazienti con anamnesi positiva per sanguinamenti (ulcere

gastriche o duodenali recenti, varici esofagee, emorragia cerebra-le, etc.).

� TVP in pazienti con recenti interventi chirurgici maggiori o traumimaggiori.

� TVP in pazienti con anamnesi positiva per disordini acquisiti o con-geniti di stati di ipercoagulabilità.

� TVP in pazienti con scarsa compliance per disturbi del comporta-mento, alcolismo, senectus.

� Phlegmasia e/o dolore intenso all’arto sintomatico.

84 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Dopo l’avvenuta conferma della trombosi venosa profondadeve essere sempre valutata la possibilità di trattamento domi-ciliare del paziente (outpatient); a questo proposito è opportunovalutare attentamente la presenza di criteri che possano esclu-dere tale possibilità (Tabella VI)(13-15).

4.3 TRATTAMENTO DOMICILIARE DEL PAZIENTECON TROMBOSI VENOSA PROFONDA

Al paziente che rientra a domicilio per una gestione della suapatologia trombotica acuta o che vuole essere seguito domici-liarmente dal proprio Medico Curante deve essere garantita unaconferma diagnostica sempre in una struttura ospedaliera.Come abbiamo precedentemente visto, l’iniziale sospetto clini-co deve essere inquadrato ambulatorialmente con score clinicopretest, e successivamente con un test laboratoristico e ultra-sonografico ed in caso di conferma del sospetto iniziale con lavalutazione dei criteri di esclusione per outpatients. Questo per-corso garantisce efficacia e sicurezza al successivo trattamen-to che deve comprendere alcuni momenti ben precisi:• terapia con eparina a basso peso molecolare per almeno 5

giorni adattata al peso corporeo secondo schema allegato alladimissione con controllo dell’emocromo con piastrine al 5° e10° giorno dall’inizio della terapia e alla fine del trattamento;

• terapia con warfarina sodica entro 48 ore dalla diagnosi peril raggiungimento precoce di un INR efficace compreso tra 2e 3 (è consigliabile partire con 5 mg di warfarina e prosegui-re con tale dosaggio fino al raggiungimento del valore minimoprevisto); dopo 48 ore di INR efficace è possibile sospenderela EBPM e continuare con il solo trattamento anticoagulan-te orale secondo criteri provenienti dalla letteratura interna-zionale e concordati con l’ospedale di riferimento (TabellaVII)(16,17);

• precoce mobilizzazione(18);• calze elastiche a compressione graduata (classe di compres-

85La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

sione I o II) fin dai primi giorni per permettere precocementeuna deambulazione protetta(18);

• nuovo controllo ultrasonografico se ingravescenza dei sinto-mi d’ingresso o al momento della sospensione della TAO pervalutare l’avvenuta ricanalizzazione o la presenza, la sede e ildiametro di eventuali residui trombotici(19);

• eseguire in alcuni casi ben codificati uno screening per pos-sibili deficit dei fattori della coagulazione(20)(Tabella VIII).La gestione domiciliare della TVP, ma anche una eventuale

dimissione precoce dell’evento tromboembolico polmonare sonocondizioni che prefigurano una necessaria gestione integrataterritorio-ospedale e che devono essere supportate da alcunimomenti ben precisi:

Tabella VII. Criteri per una corretta durata della TAO.

� Nei pazienti con un primo episodio di TVP secondaria a cause rever-sibili si consiglia almeno 3 mesi di TAO.

� Nei pazienti con un primo episodio di TVP idiopatica si consigliaalmeno 6 mesi di TAO (anche se il rischio di recidiva rimane altodopo i 6 mesi).

� Nei pazienti con TEV e neoplasie in fase attiva, portatori di deficitdei fattori della coagulazione (APA; proteina C e S, ATIII, fattore VLeiden, variante protrombinica) si consiglia TAO prolungata (so-prattutto se TVP spontanea).

� Nei pazienti con TVP idiopatiche ricorrenti si consiglia TAO prolun-gata (>12 mesi).

Tabella VIII. Condizioni che consigliano uno screening per trombofilia.

Comparsa di TVP in età giovanile.TVP idiopatica (senza apparenti cause scatenanti).TVP recidivante.Trombosi venose in sedi non usuali.Storia familiare di malattia tromboembolica venosa.Associazione di TVP con perdita fetale.Necrosi cutanea indotta da TAO.Porpora fulminante neonatale.

86 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tabella IX. Test consigliati per uno screening di trombofilia.

Antitrombina IIIProteina CProteina SResistenza alla proteina C attivata (se alterata, ricerca della mu-tazione nota come fattore V Leiden)Mutazione G20210A del gene della ProtrombinaRicerca degli anticorpi antifosfolipidi: Lupus Anticoagulant (LAC)e anticorpi anticardiolipina (ACA)Omocisteina sierica basale

Tabella X. Indicazioni per la terapia anticoagulante orale in corso diinterventi chirurgici.

� punture e cateterismi di veneed arterie superficiali

� punture sternali� biopsie cutanee, piccola chi-

rurgia dermatologica, biopsiedi mucose facilmente accessi-bili ed esplorabili (cavo orale,vagina), piccola chirurgia ocu-listica

� esami endoscopici senza ma-novre chirurgiche

� estrazioni dentarie sempliciin assenza di infezione e diincisioni chirugiche; in questicasi risultano utili gli emosta-tici locali, la sutura dei bordialveolari e l’applicazione disciacqui orali con soluzioni diacido tranexamico al 5%

� posizionamento di stimolato-ri cardiaci (PMCA)

� chirurgia maggiore elettivagenerale o specialistica

� punture esplorative di cavità(toracentesi, paracentesi, ra-chicentesi)

� biopsie di tessuti profondi(fegato, rene, osso, ancheTAC o ecoguidate) o di muco-se (gastroenteriche, respira-torie, genitali) non accessibi-li ad una ispezione diretta

� anestesie peridurali/epidura-li

NOTA: va ricordato che in alcunecondizioni di tipo medico odi pre- e post- chirurgia laTAO può essere efficace-mente sostituita dal-l’EBPM.

Quando sospendere la TAOQuando continuare la TAO(anche con range di

anticoagulazione ridotto)

87La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

• Fornire una adeguata educazione al paziente sulle tecniche diautosomministrazione dell’EBPM e sulle modalità di condu-zione del trattamento anticoagulante orale, condizioni che po-trebbero rientrare in un adeguato programma di nursing (Ta-bella X e Tabella XI);

• Fornire sempre con la lettera di dimissione una scheda diistruzioni per il paziente in trattamento anticoagulante.

• Garantire al paziente, comunque dimesso ed inviato al curan-te per una gestione domiciliare, una programmazione a bre-ve della terapia anticoagulante orale ed una eventuale esecu-zione programmata in ambiente ospedaliero dei primi con-trolli della TAO se ciò dovessere risultare di difficile attuazio-ne domiciliarmente.

• Garantire al paziente e al curante la rivalutazione immedia-ta del caso in struttura ospedaliera se ingravescenza dei sin-tomi o segni d’ingresso o comparsa di complicanze.

• Comunicare al curante la tipologia delle misure elastocom-pressive (grado di contenzione elastica e tipo di calza) daadottare nel paziente con TVP.

• Comunicare al curante un adeguato programma di riabilita-

Tabella XI. Alimenti ad alto contenuto di vitamina K che diminuisconol’effetto degli anticoagulanti orali.

Cibo Contenuto di vitamina Kper porzione (ng)

Fegato di bovino 118Fegato di maiale 100Tè verde 1700Broccoli 103Cavolini di Bruxelles 620-2320Cavolfiore 191Ceci 264Ravizzone 151Spinaci 144Cime di rapa 490

88 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

zione vascolare nelle sindromi postromboflebitiche e nelle in-sufficienze venose severe.

• Comunicare al Curante il rientro a domicilio del paziente conTVP e/o con tromboembolia polmonare.

Scheda personalizzata di diagnosi e cura

Per garantire la sicurezza del paziente, il migliore rispetto diun percorso clinico-diagnostico-terapeutico condiviso da piùmedici, un possibile riscontro pratico e scientifico abbiamo cre-ato una scheda che potesse racchiudere i momenti essenzialinella valutazione di un paziente sintomatico che si rivolge a noi– Medici di Medicina Generale, Medici Ospedalieri, Specialisti –per escludere una possibile patologia trombotica. La scheda,certamente da perfezionare ed adeguare alla struttura di appar-tenenza, dovrebbe sempre accompagnare il paziente ed esserecompletata dopo ogni valutazione(21).

89La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Data ingresso gg �� mese �� anno ����

nome ................................................................data di nascita ................................via ....................................................................citt� ................................................tel ................................................................................................................................altre informazioni .......................................................................................................

Sospetto di trombosi venosa profonda, score di probabilit‡ clinica

Tempo di insorgenza dei sintomi:

� meno di 48 ore; � 3-6 giorni; � oltre 7 giorni;

Caratteristiche cliniche

� Neoplasia in atto ............................................................................................... (1)� Paralisi, paresi o recente ingessatura arti inferiori ............................................ (1)� Allettamento >3 giorni o intervento di chirurgia maggiore entro 4 settimane .. (1)� Dolorabilit� localizzata lungo la distribuzione del sistema venoso profondo .. (1)� Edema generalizzato dellíarto .......................................................................... (1)� Edema del polpaccio (> 3 cm rispetto allíarto asintomatico) .......................... (1)� Edema improntabile (maggiore nellíarto sintomatico) ..................................... (1)� Presenza di vene superficiali collaterali (non varicose) .................................... (1)� Diagnosi alternativa ......................................................................................... (-2)

� Probabilit� clinica elevata > 3

� Probabilit� clinica bassa < 0

� Probabilit� clinica intermedia 1 - 2

Criteri aggiuntivi: Pregressi eventi tromboembolici, familiarit� per malattiatromboembolica venosa, deficit accertati di fattori dellacoagulazione, uso di estroprogestinici, stato di gravidanza opuerperio, recenti interventi chirurgici minori (day surgery,artroscopici, laparoscopici).

Trombosi Venosa Profonda: percorso personalizzato di diagnosi e cura

(da conservare e portare ad ogni controllo successivo)

90 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Sospetto clinico confermato con

� CUS� Ecocolordoppler� Altro ..................................................................................................................esito ......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

Presenza di criteri di esclusione per trattamento domiciliare

� TVP prossimale con sospetto diagnostico o diagnosi di embolia polmonare.� TVP prossimale bilaterale o estesa a più segmenti venosi (trombosi cavale e/o

iliaca).� TVP in pazienti con trombocitopenia (<100.000).� TVP in pazienti gravide o purpere.� TVP in pazienti con miocardiopatie in labile compenso, insufficienza renale,

gravi epatopatie, severa ipertensione.� TVP in pazienti con anamnesi positiva per sanguinamenti (ulcere gastriche o

duodenali recenti, varici esofagee, emorragia cerebrale, etc.).� TVP in pazienti con recenti interventi chirurgici maggiori o traumi maggiori.� TVP in pazienti con anamnesi positiva per disordini acquisiti o congeniti di stati

di ipercoagulabilit�.� TVP in pazienti con scarsa compliance per disturbi del comportamento, alcolismo,

senectus.� Phlegmasia e/o intenso dolore allíarto sintomatico.

Altri suggerimenti

� Non Ë possibile al momento eseguire esame diagnostico strumentale di conferma,si presenti il ............................................... ora ............................................in ................................................................. (e comunque non oltre 48-72 ore ).

� Si esegue diagnostica di laboratorio:d-dimeroÖ..Ö.ÖÖÖÖÖÖ. (metodicaÖÖÖ..................................................);INR.....................; aPTT ............................; Plt ................................;Hb.......................; altro ..................................................................................

In caso di episodio idiopatico o recidivante valutare sempre un possibile deficit della

coagulazione prima di iniziare la terapia con eparina o 20 gg. dopo la conclusione

della TAO: � proteina C, � proteina S, � Antitrombina III, � omocisteinemia, �

resistenza alla proteina C attivata (se alterata ricerca della mutazione del gene del

fattore V Leiden), � anticorpi antifosfolipidi (APA), � lupus anticoagulant (LAC).

Test eseguiti in data ..................................................................................................

91La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Si consiglia la seguente terapia

� Eparina a basso peso molecolare ....................................................................

� Eparina calcica ................................................................................................

� Eparina sodica e.v. (solo in ospedale) ............................................................

Dose iniziale ..................................................data .........................ora .............

luogo di somministrazione ...................................................................................

Dose iniziale ..................................................data .........................ora .............

luogo di somministrazione ...................................................................................

Controindicazioni assolute alla terapia eparinica: grave episodio emorragico inatto, recente intervento neurochirurgico o recente emorragia a carico del sistemanervoso centrale, grave diatesi emorragiche congenite o acquisite;Controindicazioni relative: ipertensione arteriosa di grado elevato resistente allaterapia, trauma cranico recente, endocardite batterica, recenti episodi disanguinamento gastrointestinale, piastrinopenia (plt <100.000).Nella diagnosi di TVP la terapia va proseguita per almeno 5 giorni e comunquefino a quando líINR non abbia raggiunto il range terapeutico voluto per due gior-ni consecutivi.Controllare in 5a-10a giornata líemocromo e la conta piastrinica.

Prosegua con anticoagulazione orale a dosi profilattiche INR tra 2 e 3

Warfarina* ........... mg (.......... cpr) alle ore ............... data ................................;Ritorni in ..................................... per controllo laboratoristico ed aggiustamen-to terapeutico il .................................. ora (INR ........................).Warfarina* ........... mg (.......... cpr) alle ore ................ data ...............................;Ritorni in ......................................per controllo laboratoristico ed aggiustamen-to terapeutico il .................................. ora (INR ........................).Warfarina* ........... mg (.......... cpr) alle ore ............... data ................................;Ritorni in ..................................... per controllo laboratoristico ed aggiustamen-to terapeutico il .................................. ora (INR .........................).Controindicazioni assolute alla TAO: gravidanza, emorragia maggiore (<30gg.),mancata compliance o collaborazione del paziente.Alcune indicazioni in caso di sovradosaggio o di complicanze emorragiche:� INR <6 senza emorragie: sospendere la TAO per alcuni giorni;� INR >6 senza emorragie o con emorragie minori: vitamina K 5 mg. corrispon-

denti a 5 gocce da modulare in base ai maggiori valori di INR;� emorragia maggiore con qualsiasi INR: ospedalizzare il paziente, uso di vita-

mina K parenterale..*Si consiglia prendere il farmaco in unica dose alla sera.

92 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Altri consigli pratici

� Deambulazione precoce e normale;

� Usare calza elastica a compressione graduata;

(classe di compressione ............................. mmHg .....................................);

altro ................................................................................................................

...................................................................................................................;

� In caso di riacutizzazione dei sintomi iniziali o comparsa di nuovi sintomi o

comparsa di emorragie avvertire sempre il Curante.

� Contattare sempre il medico prima di assumere aspirina o antinfiammatori,

iniziare terapie intramuscolo o eseguire estrazioni dentarie.

Per qualsiasi consiglio o ulteriori informazioni telefonare al n∞ .........................

chiedere del dr. .....................................................................................................

Il medico Il paziente (consenso informato)

--------------------------------- ---------------------------------------

Comunicazioni ed osservazioni

(richiesta di prima/ulteriore valutazione, effetti collaterali alla terapia in corso,mancata compliance del paziente, sospetta recidiva di TVP, altro).

...............................................................................................................................

...............................................................................................................................

...............................................................................................................................

...............................................................................................................................

...............................................................................................................................

...............................................................................................................................

...............................................................................................................................

...............................................................................................................................

93La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

4.4 IL TRATTAMENTO DOMICILIARE DELLATROMBOFLEBITE SUPERFICIALE

La tromboflebite superficiale (TFS) indica un processo occlu-sivo del sistema superficiale degli arti sia inferiori che superio-ri (Figura 2), e rientra nell’ambito delle malattie tromboemboli-che venose trattate prevalentemente a domicilio. Mancano dati

Figura 2. Sistema venoso degli arti inferiori.

Grande Safena

Inizia comeprosecuzionedella venamarginale medialeal bordo delmalleolo tibiale.Si anastomizzatramite il reticolodella gamba (venetibiali e peroniere)con la piccolasafena.Raggiunge laradice della cosciae a 3 cm circa dallegamentoinguinale si faprofonda e sboccanella venafemorale.

Piccola Safena

Inizia comeprolungamento

della venamarginale laterale

e si dirigeverticalmente in

alto.Raccoglie vasi del

reticolosuperficiale del

polpaccio.Raggiunta la fossa

poplitea sboccanella sottostante

vena poplitea,appartenente al

circolo profondo.La piccola safena

(o safena esterna)si estende dal

collo del piede alcavo popliteo.

94 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

attendibili di tipo epidemiologico ma anche precise linee guidao schemi di comportamento internazionalmente condivisi. Ladiagnosi di tromboflebite delle vene superficiali è inizialmenteclinica: la comparsa di un cordoncino palpabile, duro, dolenteed arrossato lungo il decorso di una vena superficiale rende fa-cilmente diagnosticabile questa patologia. Importante è la lo-calizzazione anatomica: vena grande safena, vena piccola safe-na, vene superficiali della piega del gomito, varicoflebite, il com-portamente migrante, ricorrente e l’eventuale propagazione delprocesso trombotico. Una tromboflebite su vena sana, sia inte-ressante la piccola o la grande safena, deve essere prontamen-te diagnosticata e trattata con dosi aggiustate o terapeutiche dieparina a basso peso molecolare per almeno due settimane perevitare una eventuale propagazione del processo trombotico nelsistema profondo o la comparsa di una complicanza tromboem-bolica polmonare descritta da numerosi Autori. Per questi mo-tivi nel sospetto di propagazione del processo tromboflebitico e/o di mancata risposta al trattamento farmacologico è consiglia-bile sempre eseguire una CUS o ecocolordoppler; infatti trova-re una tromboflebite che aggetti anche per pochi mm in venafemorale comune o che sia a pochi cm dalla crosse safeno-femo-rale rende opportuno iniziare un trattamento come una patolo-gia venosa profonda. Diversamente nel caso di interessamentodi vene superficiale minori il trattamento può giovarsi di EBPMa dosaggi profilattici o aggiustati per 2 settimane circa. Impor-tante inoltre considerare le tromboflebiti superficiali migranti orecidivanti come una possibile spia per patologie sistemicheocculte e dunque avviare sempre uno screening per trombofiliaed una ricerca per un eventuale processo neoplastico fino ad al-lora misconosciuto(22-24).

4.5 BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

1. Koopman MMW, Prandoni P, Piovella F et al. for The TASMANSTUDY GROUP. Treatment of venous thrombosis with intrave-

95La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

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97La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

PROFILASSI

E

TERAPIA

DELLA

MALATTIA

TROMBOEMBOLICA

VENOSA

NEL

PAZIENTE

ONCOLOGICO

5.

98 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

99La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

La malattia neoplastica è una nota condizione di trombofiliaacquisita. L’associazione tra trombosi venosa e cancro è statamessa in evidenza per la prima volta da Trousseau nel 1865; eglidocumentò l’elevata incidenza di trombosi venose in un gruppodi pazienti affetti da carcinoma gastrico (Figura 1). È stato sti-mato che circa il 15% di tutti i pazienti neoplastici va incontroa trombosi nel corso della propria malattia e che gli eventi trom-boembolici influenzano sia la morbosità che la mortalità di que-sta malattia(1,2). Pertanto la profilassi e la terapia del TEV nelcancro costituiscono un problema clinicamente rilevante. È im-portante riconoscere che, anche in assenza di sintomi di trom-bosi manifesta, quasi tutti i pazienti neoplastici presentano ano-malie di laboratorio della coagulazione, che configurano un qua-dro di attivazione subclinica o stato di ipercoagulabilità(3).

Sono stati identificati diversi fattoripatogenetici, che dimostrano come l’at-tivazione della coagulazione sia un fe-nomeno complesso, che coinvolge mol-ti meccanismi del sistema emostatico(Figura 2)(4). A questo riguardo un ruo-lo importante viene riconosciuto ad al-

5. PROFILASSI E TERAPIA DELLA

MALATTIA TROMBOEMBOLICA VENOSA

NEL PAZIENTE ONCOLOGICO

Anna FalangaDivisione di Ematologia, Ospedali Riuniti di Bergamo

Figura 1. Trousseau, che per primo de-scrisse nel 1865 la sidrome della trombofle-bite migrante associata a cancro.

100 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

cune proprietà intrinseche delle cellule tumorali, le quali produ-cono propri fattori procoagulanti e fibrinolitici e stimolano lecapacità protrombotiche di piastrine, monociti e cellule endote-liali.

Recenti studi clinici prospettici dimostrano in modo chiaroche la trombosi venosa idiopatica può essere la prima manife-stazione di una neoplasia non ancora diagnosticata. Pertanto ipazienti con TEV idiopatico hanno un rischio significativamen-te più elevato di avere una diagnosi di cancro rispetto a pazienticon TEV secondario a cause note (es. interventi chirurgici, trom-bofilia congenita, gravidanza, immobilizzazione, etc.)(5,6).

Un altro aspetto ben dimostrato è che i pazienti con diagno-si nota di tumore sono a più alto rischio di sviluppare trombo-si venose “secondarie” in condizioni scatenanti(7). Non vi sonoevidenze, al momento, che vi sia un beneficio nell’attuare unaprofilassi antitrombotica su larga scala in tutti i pazienti neopla-

Figura 2. Attivazione della coagulazione e cellule tumorali.

101La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

stici, ma vi sono indicazioni ad attuare o valutare l’uso di talimisure in presenza di fattori di rischio aggiuntivi, quali: gli in-terventi chirurgici, l’uso di cateteri venosi centrali e la sommi-nistrazione di terapie antitumorali.

5.1 PROFILASSI DELLA MTEV NEL PAZIENTE ONCOLOGICO

Chirurgia

La profilassi antitrombotica in chirurgia si avvale di un mag-gior numero di conoscenze rispetto alle condizioni non-chirur-giche. In questi pazienti la profilassi peri-operatoria con bassedosi di eparina non frazionata (UFH), eg. 5.000 UI sottocute co-minciate 2 ore prima e proseguite ogni 8-12 ore dopo l’interven-to, è efficace nel ridurre significativamente l’incidenza di trom-bosi post-operatorie ed embolie polmonari fatali. Ugualmente ef-ficaci si sono dimostrate le eparine a basso peso molecolare(EBPM) in monosomministrazione sottocute ogni 24 ore(8). Que-ste ultime presentano un migliore profilo di sicurezza dal pun-to di vista emorragico. Uno studio di paragone fra due dosi diEBPM (2.500 e 5.000 UI), in pazienti operati per cancro, ha di-mostrato una riduzione significativa dell’incidenza di trombosicon la dose più alta (da 14.9% nel gruppo che riceveva le 2.500UI a 8.5% in quello che riceveva le 5.000 UI, p < 0.001) senzaincrementare le complicanze emorragiche(9). Nuovi orientamentistanno emergendo anche per quanto riguarda la durata dellaprofilassi post-operatoria. Un importante studio ha recentemen-te dimostrato che il prolungamento della tromboprofilassi inchirurgia oncologica fino ad un mese dopo l’intervento comportaun ulteriore e significativo vantaggio nel ridurre l’incidenza delTEV secondario post-operatorio(10).

Tali dati sono stati confermati da un altro studio, denominatoFAME, che è in corso di pubblicazione(11). Pertanto la profilassiprolungata è destinata a costituire un nuovo standard in que-sto tipo di chirurgia.

102 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Cateteri venosi centrali (CVC)

La profilassi nelle condizioni non chirurgiche, come in corsodi chemioterapia e/o in presenza di CVC, rimane un problemaancora aperto. L’inserzione di CVC, molto comune nei pazientioncologici perché facilita la somministrazione delle chemiotera-pie, predispone alle complicanze trombotiche sia degli arti su-periori che degli arti inferiori che, a loro volta, possono genera-re embolie polmonari(12). L’incidenza delle complicanze trombo-tiche da CVC nei pazienti neoplastici, tuttavia, non è ben stabi-lita: i dati differiscono sensibilmente in funzione del criterio dia-gnostico adottato (da 0.02 a 0.92 trombosi venose sintomati-che/1000 giorni catetere). Naturalmente le incidenze sono moltopiù alte negli studi in cui vengono rilevate le trombosi asintoma-tiche con metodi oggettivi, come la flebografia(12).

Oggigiorno si può dire che i dati rimangono ancora incerti. In-fatti, rispetto ai primi studi clinici che riportavano incidenzemolto più alte e dimostravano un’efficacia della profilassi condosi fisse di 1 mg/die di warfarina oppure con EBPM(13,14), i datipiù recenti non confermano l’efficacia della profilassi e indica-no valori decisamente inferiori di trombosi correlate ai CVC (in-cluse le occlusioni dei CVC su base trombotica). Questo è pro-babilmente dovuto a vari motivi, come il miglioramento delletecniche chirurgiche di inserzione dei CVC, la minore tromboge-nicità dei nuovi materiali di costruzione utilizzati, la miglioremanutenzione quotidiana e la sterilità nelle manovre di aperturae chiusura dei CVC. Comunque la profilassi va sempre tenuta inconsiderazione, eventualmente individualizzata, in relazione aifattori di rischio nel singolo paziente. In questo caso le strate-gie di profilassi rimangono quelle citate: warfarina 1 mg/die(dose fissa) oppure le EBPM in unica dose giornaliera per 3 mesi.Nessuno studio ha valutato la profilassi oltre questo periodo.

Chemioterapia

Il ruolo della tromboprofilassi nei pazienti che ricevono che-

103La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

mioterapia e/o ormonoterapia è ancora in corso di valutazione.Ciò è dovuto in gran parte alla mancanza di informazioni perquantificare in maniera precisa il rischio di trombosi durantequesti trattamenti.

Un’importante eccezione è costituita dal carcinoma dellamammella. L’analisi degli studi clinici di efficacia delle terapieantitumorali in questa neoplasia, ha consentito di avere molteinformazioni, raccolte in maniera prospettica, sull’incidenzadelle complicanze trombotiche, in categorie di pazienti ben de-finite per stadio e stato menopausale. In sintesi:1. In assenza di trattamenti, l’incidenza di complicanze trombo-

tiche è bassa (0.2-0.9%).2. La presenza di chemioterapia porta tale incidenza al 5-13%,

con i valori più alti nei gruppi di pazienti in post-menopausa(età >50 anni).

3. Lo stadio avanzato della malattia incrementa ulteriormente ilrischio trombotico, fino ad un’incidenza del 17.5% in pazientisottoposte a chemioterapia per tumore metastatico.

4. L’aggiunta di tamoxifene alla chemioterapia aumenta il ri-schio trombotico rispetto alla chemioterapia da sola ed al ta-moxifene da solo(1).In tutti i suddetti studi, gli eventi trombotici si sono verificati

durante il periodo di somministrazione dei cicli di chemiotera-pia. Il ruolo causativo dei regimi di polichemioterapia convenzio-nale nel precipitare gli eventi trombotici nel carcinoma dellamammella è stato ben stabilito dallo studio prospettico di Levineet al.(15), in cui venivano valutati gli eventi in due gruppi di pa-zienti, uno che riceveva la chemioterapia per 12 settimane e unoper 36 settimane. Tutti gli eventi si verificarono solo durante lasomministrazione dei cicli chemioterapici (nelle 12 settimanenel primo gruppo e nelle 36 settimane nel secondo gruppo). Nes-sun evento era registrato dopo il termine della chemioterapia.Pertanto, il carcinoma della mammella è l’unica condizione incui il rischio di trombosi in corso di chemioterapia è ben quan-tificato ed in cui è stato condotto uno studio di tromboprofilas-

104 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

si durante la chemioterapia(16). Tale studio ha dimostrato chebasse dosi scoagulanti di warfarina (INR 1.3–1.9) sono efficacie sicure nel ridurre l’incidenza di trombosi in donne con carci-noma della mammella metastatico (stadio IV) che ricevono che-mioterapia, con una riduzione dell’85% del rischio relativo nelgruppo in profilassi (p = 0.03).

In altri tipi di tumori, e rispettivi schemi di trattamento, nonvi sono ad oggi livelli di evidenza paragonabili a quelli del car-cinoma della mammella per quantificare il rischio di trombosi.Fra gli altri tumori diversi dal carcinoma mammario, che si as-sociano verosimilmente ad un più alto rischio tromboembolicoin corso di trattamenti anti-tumorali, vanno ricordati gli adeno-carcinomi del retto e del pancreas e gli adenocarcinomi gastro-intestinali in stadio avanzato. In alcune situazioni sono dispo-nibili dati utili a quantificare con precisione tale rischio, comenel carcinoma ovarico, nei glioblastomi cerebrali, e nei linfominon-Hodgkin(17).

Per quanto riguarda la tromboprofilassi in oncologia medica,lo studio di riferimento, al momento, rimane quello delle mini-dosi di warfarina nel carcinoma mammario, sopra menziona-to(16). Tuttavia date le difficoltà del monitoraggio, l’indicazionegenerale è quella di utilizzare questo tipo di profilassi solo neicasi ritenuti a rischio molto elevato. Più di recente, l’avventodelle EBPM ha suscitato molto interesse in questo settore. Varistudi clinici di tromboprofilassi durante la chemioterapia sonoattualmente in corso. In attesa dei risultati di questi studi, ne-gli altri tipi di tumori in presenza di altri fattori di rischio si puòmutuare lo stesso tipo di schema con warfarina dal carcinomamammario, oppure mutuare lo schema di profilassi con EBPMdal paziente medico ad alto rischio.

5.2 LA TERAPIA DEL TEV NEL PAZIENTE ONCOLOGICO

La terapia anticoagulante del TEV nei pazienti con cancrocomporta numerose difficoltà, poiché è gravata sia da un mag-

105La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

gior numero di fallimenti (maggiore rischio di recidive trombo-emboliche durante il trattamento con anticoagulanti), sia da unmaggior rischio di emorragie, come ben dimostrato da uno stu-dio prospettico recente(18). Il trattamento standard di un primoepisodio di TEV consiste nella somministrazione di eparina(ENF o EBPM) nei primi 5-7 giorni, embricata con la terapia an-ticoagulante orale con warfarina (INR 2-3) prolungata per 3-6mesi. Nei pazienti con cancro viene usato lo stesso approccio te-rapeutico dei pazienti senza cancro. Tuttavia vi sono delle par-ticolarità in questi pazienti, che rendono il trattamento più dif-ficile, come ad esempio la necessità di frequenti sospensioni perinsorgenza di piastrinopenie o per l’esecuzione di manovre inva-sive (endoscopia, biopsie, ecc.). Inoltre le infezioni, la malnutri-zione, la terapia antalgica, le disfunzioni epatiche possono cau-sare imprevedibili cambiamenti della dose/risposta agli antico-agulanti orali, con importanti fluttuazioni dell’INR. Questo creaulteriori difficoltà legate alla necessità di più frequenti monito-raggi dell’INR, e quindi più frequenti prelievi da accessi venosispesso resi difficoltosi. Tutto ciò complica le decisioni nella pra-tica clinica quotidiana.

Un ulteriore importante quesito riguarda la durata della tera-pia. Non è infatti chiaro quando sospendere l’anticoagulazionein questi pazienti e se i 3-6 mesi di trattamento, stabiliti per ipazienti non oncologici, sono sufficienti anche in questa situa-zione, in cui lo stimolo protrombotico (ad es., la neoplasia) puòessere ancora persistente oltre tale termine.

Nuovi studi clinici si stanno oggigiorno concentrando sullavalutazione dell’efficacia di nuovi farmaci anticoagulanti, in al-ternativa alla warfarina. Le EBPM sono state tra i primi farma-ci ad essere valutati, come alternativa alla warfarina, per il trat-tamento del TEV a lungo termine (oltre la fase iniziale). Esse,infatti, presentano una serie di potenziali vantaggi, come: a) nonnecessità di monitoraggio di laboratorio; b) risposta anticoagu-lante più uniforme, poiché non subiscono interferenze da par-te di fattori dietetici o altri farmaci concomitanti; c) maggiore

106 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

maneggevolezza in caso di interruzioni/ripristino della terapiaanticoagulante. Inoltre evidenze preliminari indicherebbero unloro ruolo nel limitare la crescita tumorale.

Recentemente lo studio clinico CLOT ha paragonato la tera-pia con la EBPM Fragmin per 6 mesi verso la terapia standardcon dicumarolici per 6 mesi, per un primo episodio di TEV in pa-zienti oncologici. Tale studio randomizzato multicentrico inter-nazionale ha reclutato circa 670 pazienti e i risultati hanno di-mostrato una riduzione del 50% delle recidive trombotiche nelbraccio trattato con EBPM(19).

5.3 CONCLUSIONI

Attualmente si raccomanda, nei pazienti oncologici con TEV,nella fase acuta, il trattamento iniziale con ENF o EBPM secon-do le modalità usuali (l’impiego delle EBPM potrebbe essere pre-feribile poiché si associa ad un beneficio sulla mortalità). Per laprofilassi secondaria, a lungo termine, si raccomanda, in alter-nativa ai dicumarolici, la somministrazione di EBPM. Infine, perquanto riguarda la durata della profilassi secondaria con anti-coagulanti orali, la raccomandazione attuale è quella di prolun-gare tale durata per tutto il tempo in cui la malattia neoplasti-ca è considerata in fase attiva o vi siano terapie antitumorali incorso, a meno che non sussistano controindicazioni.

Per ulteriori delucidazioni si rimanda alle Linee Guida dellaS.I.S.E.T. (Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e dellaTrombosi) recentemente pubblicate(20).

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109La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

LA

MALATTIA

TROMBOEMBOLICA

VENOSA

IN

OSTETRICIA

E

GINECOLOGIA

6.

110 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

111La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Quando si parla di malattia tromboembolica venosa (MTEV)in ostetricia e ginecologia ci si riferisce a tre precise categorie didonne:• donne in gravidanza o nel puerperio;• donne sottoposte ad interventi di chirurgia addomino-pelvi-

ca;• donne in trattamento estroprogestinico a scopo contraccetti-

vo (CO) o sostitutivo in postmenopausa (HRT);

6.1 LA MALATTIA TROMBOEMBOLICA VENOSAIN GRAVIDANZA

La malattia tromboembolica venosa è la causa predominan-te di morbilità e mortalità durante la gravidanza ed il puerperio.L’incidenza esatta della TEV è difficile da stabilire, si stima chevari da 0,5 a 1,3/1.000 donne in gravidanza rispetto a 1/10.000delle donne in età fertile(1). Il rischio di tromboembolismo veno-so non varia significativamente nei trimestri della gravidanzama è più alto nel post-partum(2). Negli ultimi 20 anni si è assi-stito ad un notevole decremento della mortalità in gravidanzaassociata ad emorragia, eclampsia e sepsi; di contro la morta-lità per embolia polmonare è rimasta invariata, al primo postotra le cause più frequenti di mortalità materna. La gravidanza èun fattore di rischio per MTEV aumentando di circa 7 volte il ri-schio relativo rispetto ad una donna non gravida. Alcune don-

6. LA MALATTIA TROMBOEMBOLICA VENOSA

IN OSTETRICIA E GINECOLOGIA

Pietro F. TropeanoUnit� di Emostasi e Trombosi, Dipartimento di Medicina IA.O. ìSanta Maria degli Angeliî, Pordenone

112 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

ne hanno un rischio individuale ancora più alto in relazione allapresenza di fattori di rischio addizionali e/o di cause predispo-nenti (Tabella I). È importante in queste condizioni fornire unadeguato “counselling” nel periodo pre-gravidico e ottimizzare lescelte condivise di profilassi nel periodo della gravidanza.

Nella genesi della MTEV in gravidanza sono coinvolti oltre aifattori di rischio specifici visti in precedenza alcuni meccanismifisiopatologici presenti in ogni gravidanza con precisi adatta-menti posturali e strutturali: fattori meccanici (Tabella II, Figure1 e 2), variazioni ormonali (Tabella III) e variazioni nei fattoridella coagulazione che spostano la bilancia coagulativa in sen-so procoagulante (Tabella IV).

La malattia tromboembolica venosa in gravidanza è dunqueun disturbo multifattoriale che si innesca quasi sempre su al-cune condizioni protrombotiche “acquisite” (Tabella V) perma-nenti o transitorie e su alcune condizioni di trombofilia “eredi-taria” (Tabella VI). Non tutte le donne con trombofilia sviluppanoMTEV in gravidanza; questo dipende dal tipo di trombofilia, dal-le concause conosciute o ignote di tipo acquisito, dai fattori am-bientali, dalla storia clinica e dalla presenza o meno di una ade-guata profilassi.

Tabella I. Fattori di rischio specifici per TEV in gravidanzaTrombofilia ereditaria o acquisita

• Pregressi episodi di TEV idiopatici e non• Storia di familiarità per TEV o per patologia gravidica• Trombofilia ereditaria o acquisita• Eta (> 35 anni)• Peso > 80 kg (BMI >30 Kg/m2)• Taglio cesareo• Multiparità (> 4)• Pre-eclampsia• Gravi patologie associate• Immobilità prolungata (> 4 giorni)• Grosse vene varicose• Recenti interventi addomino-pelvici• Infezioni ricorrenti, sepsi

113La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tabella II. Fattori meccanici coinvolti nella gravidanza normale

• Modifica della postura con atteggiamento di iperlordosi (dal Vmese), ipertensione venosa determinata dall’ostruzione al deflus-so venoso profondo: • la vena cava inferiore viene compressa dai visceri dislocati in

sede sottodiaframmatica; • la vena renale sx viene stirata ed appiattita nel suo passaggio

ante-aortico; • la vena iliaca comune di sx viene ulteriormente compressa con-

tro il rachide dall’arteria iliaca comune di dx; • le vene iliache esterna e comune sono dislocate lateralmente e

compresse dall’utero.• La stenosi funzionale della giunzione reno-cavale determina l’in-

versione di flusso nelle vena ovarica sx. e dunque la comparsa divarici ovariche sx.

• Il deflusso venoso del rene di sx trova nuovi meccanismi di com-penso attraverso la comparsa di varici vaginali, di varici del ples-so retropubico e della regione sopra-inguinale di dx (cavernomainguinale dx).

Figura 2. Varici faccia anterioredi coscia (cavernoma inguinale dx).

Figura 1. Compressione dell’ute-ro sulla colonna vertebrale e sullavena cava inferiore dal V° mese digravidanza.

114 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tabella III. Fattori ormonali coinvolti nella gravidanza normale.

• Il progesterone, agendo sui recettori specifici presenti sui diversitessuti, tra cui le fibrocellule muscolari della parete venosa, de-termina il loro rilasciamento con conseguen-te riduzione del tono venoso, aumento deldiametro delle vene, favorisce l’ipertensio-ne venosa e lo sviluppo di varicosità.

• Gli estrogeni determinano vasodilatazio-ne, aumento della permeabilità capillare,neovascolarizzazione, ed inoltre il rimaneg-giamento della parete venosa in corrispon-denza degli strati della media e dell’endotelio, riducendone la re-sistenza.

Tabella IV. Fattori della coagulazione nella gravidanza normale.

•Aumentata attivazione piastrinica.•Aumento dei livelli di fibrinogeno.•Aumento dei livelli dei fattori VIII e X.•Acquisita resistenza alla proteina C attivata (in assenza di F V Leiden).•Riduzione dei livelli di antitrombina III e di proteina S (proteina Slibera).

•Aumento dei livelli di PAI-1 e PAI-2 (ipofibrinolisi).

Tabella V. Condizioni protrombotiche acquisite.

• Anticorpi antifosfolipidi (APA), lupus anticoagulant (LAC), anticorpianticardiolipina IgG-IgM (ACA).

• Iperomocisteinemia (deficit di folati, vitamine B6 e B12).• Immobilizzazione.• Estrogenoterapia (pillola, terapia ormonale sostitutiva).• Stati post-chirurgici.• Traumi e politraumi.• Neoplasie attive.• Sindrome nefrosica.• Disturbi mieloproliferativi (policitemia vera, trombocitemia essen-

ziale).• Emoglobinuria parossistica notturna.• Vasculiti sistemiche.• Chemioterapia.• Cateteri venosi centrali.• Trombocitopenia indotta da eparina (tipo II).

115La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tabella VI. Condizioni di trombofilia ereditaria.

• Antitrombina (ATIII,1965).• Proteina C (1981), Proteina S (1984).• Mutazione del Fattore V (fattore V di Leiden, 1994).• Resistenza alla proteina C attivata (aPCR).• Mutazione del fattore II (protrombina) G20210A (1996).• Mutazione ciclo omocisteina (polimorfismo gene per MTHFR,

1995).• Alterazioni rare : disfibrinogenemia, displasminogenemia, aumen-

to PA-I (ipofibrinolisi), aumentati livelli fattore VIII.

Quando sospettare una condizione di trombofilia?

Certamente quando si ha un’età giovanile di comparsa del-l’evento tromboembolico in assenza o in presenza di cause ac-quisite transitorie o permanenti; in presenza di MTEV idiopati-ca o ricorrente indipendentemente dall’età; in presenza di trom-boflebiti superficiali recidivanti e/o migranti; quando sono pre-senti trombosi venose in sedi inusuali (viscerali, cerebrali, reti-niche); quando è presente familiarità per tromboembolie veno-se o tromboflebiti ricorrenti o migranti; se è presente trombofi-lia accertata in un familiare di primo grado; in donne sintoma-tiche per patologia gravidica intesa come comparsa di morte in-trauterina oltre la 20a settimana, di due o più aborti spontaneiconsecutivi, di preeclampsia severa o di limitazione intrauteri-na di sviluppo (IUGR). Meno frequentemente vediamo una ne-crosi cutanea indotta da anticoagulanti orali o una porpora ne-onatale fulminante che devono comunque farci sospettare unatrombofilia sottostante. Certamente importante nel definire unoscreening di laboratorio nel sospetto di una condizione di trom-bofilia è l’epidemiologia dei singoli difetti nella popolazione sanae nella popolazione affetta da malattia tromboembolica venosa(Tabella VII).

116 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Mentre i deficit delle proteine anticoagulanti naturali (ATII,Proteine C e S) comportano, a livello di cascata coagulativa, unaperdita di funzione venendo a mancare la “fisiologica” protezioneanticoagulante, le mutazioni del fattore V e della protrombinacomportano un guadagno di funzione accelerando la formazio-ne di fattori procoagulanti.

Il fattore V Leiden è la seconda più comune causa di trombo-filia ereditaria in Europa e si riscontra nel 90% dei casi con re-sistenza alla proteina C attivata (aPCR). Normalmente l’aggiuntadi aPCR causa un prolungamento dell’aPTT dovuto all’inibizio-ne dei fattori V e VIII attivati, ciò non avviene in questa condi-zione trombofilica e l’anomalia osservata è stata denominataresistenza alla proteina C attivata ad indicare il comportamen-to del test di laboratorio. La causa risiede in una singola muta-zione (adenina al posto di guanina) nel nucleotide 1691 del gene

Tabella VII. Trombofilia: prevalenza ed effetti.

Difetto Effetti Popolazione Popolazionesana con TEV

APC resistance Mutazione fattore Vnon inibito da proteinaC attivata 2-6% 10-20%

Fattore V Leiden vedi sopra 2-6% 10-20%

Mutazione 20210 Aumento delladella protrombina protrombina 2-4% 6-14%

Antitrombina III No inibizione deifattori IIa, Xa, XIa, XIIa 0.3% 3%

Proteina C No inibizione deifattori Va, VIIIa 0.3% 3%

Proteina S No inibizione deifattori Va, VIIIa 0.3% 3%

Anticorpi Lupus anticoagulant (LAC)antifosfolipidi Anticorpi anticardiolipina

(ACA-IgG, IgM) 2% 14%

Iperomocisteinemia Danno endoteliale 5% 10-20%

117La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

che codifica per il fattore V, che in presenza della mutazione ri-sulta avere una sostituzione aminoacidica (glutamina al postodi arginina) in posizione 506, proprio in uno dei siti di legamecon la proteina C attivata. Il fattore V Leiden si riscontra in for-ma eterozigote ed omozigote con differenze notevoli di prevalen-za e soprattutto di rischio trombotico (Tabella VIII).

Ancora controversa la strategia ideale nei confronti delle don-ne gravide con fattore V Leiden eterozigote senza storia di pre-gresse trombosi o patologie gravidiche; sebbene alcuni autoriraccomandino di iniziare una profilassi farmacologica anche du-rante la gravidanza, un comportamento condiviso da molti Cen-tri italiani, compreso il nostro di Pordenone, è quello di usare lacompressione elastica durante la gravidanza e una profilassicon eparina a basso peso molecolare + contenzione elastica nel-le prime 4-6 settimane del puerperio.

Quali test usare per la ricerca dei polimorfismi del fattore V?

Ci sono comunemente due tipi di esami che servono a rivelarela presenza di una mutazione V Leiden: la resistenza alla prote-

Difetto Stato Prevalenza su Rischiopopolazione sana relativo

Fattore V Leiden eterozigote 1 su 25 5

Fattore V Leiden omozigote 1 su 625 10-80

Fattore II o eterozigote 1 su 50 4protrombina

Fattore II o omozigote 1 su 2500 ?protrombina

Fattore V Leiden Eterozigoti 1 su 2500 20e protrombina entrambi

Tabella VIII. Prevalenza e rischio relativo delle mutazione V Leiden eProtrombina.

118 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

ina C attivata (aPCR) e un secondo test di tipo genetico con tec-niche di DNA molecolare. L’aPCR è un test molto comune di tipofunzionale che mette in relazione l’aPTT del paziente rispetto adun’aPTT standard, ed il risultato è espresso come “ratio” tra idue valori. Il test genetico per il fattore V Leiden valuta diretta-mente il genotipo del paziente ed i risultati comprendono unacondizione di omozigosi normale, di eterozigosi Fattore V Leideno di omozigosi Fattore V Leiden. È consigliabile eseguire in pri-ma battuta il test funzionale (eccetto in quelle condizioni che ve-dremo successivamente e che possono condizionarlo) e per bas-si valori di ratio eseguire il test genetico di conferma. Non sem-pre la presenza di una resistenza alla proteina C attivata implicaautomaticamente la presenza di una mutazione V Leiden: sonoinfatti presenti alcune condizioni come l’aumento dei livelli difattore VIII, la presenza di Lupus anticoagulante, la gravidanzastessa che causano resistenza alla proteina C attivata. Altrodifetto, acquisito ma anche genetico, che va sicuramente valo-rizzato è l’iperomocisteinemia che può essere dovuta sia al de-ficit eterozigote di cistationina B sintetasi o ancora ad un defi-cit eterozigote od omozigote per la Metilenetetraidrofolato redut-tasi (MTHFR) e infine ad un deficit di folati o di vitamina B12.Resta tuttavia non ben chiaro il significato della cosiddetta “li-gtht or mild hyper-homocysteinemia”, per valori di omocisteinacompresi tra 16 nml/L e 80 nml/L, non infrequente nella pra-tica clinica e che si accompagna in alcuni casi come unico fat-tore di rischio all’evento trombotico vascolare sia esso venosoche arterioso, condizione sicuramente da profilassare con ade-guate dosi di acido folico, vitamina B6 e vitamina B12. Dopoaver visto alcune condizioni genetiche e non di ipercoagulabili-tà e i test da eseguire nel sospetto di trombofilia analizziamo il“timing” di queste indagini rispetto ad alcune situazioni fisiolo-giche (gravidanza) e patologiche (trattamento eparinico o warfa-rinico in atto) che potrebbero alterarne i risultati (Tabella IX).

In linea generale dunque è utile non eseguire uno screeningper trombofilia durante la fase acuta di un evento trombotico,

119La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

durante la terapia anticoagulante in atto, durante il trattamentoestro-progestinico, durante la gravidanza ed in presenza di graviepatopatie; ciò naturalmente non è valido per i test di geneticamolecolare che possono essere eseguiti in qualsiasi momento.

Tabella IX. Screening della trombofilia: timing e condizioni che ne alte-rano i risultati.

Test Effettodella

gravidanza

Effettodel

warfarin

Effettodella

eparina

Resistenzafunzionalealla proteinaC attivata

MutazioneFattore VLeiden (95%di aPCR)

Mutazione delgene dellaprotrombina20210A

antitrombinaIIIProteina CProteina S(carenza)

Anticorpiantifosfolipidi

Omocisteina

Dosaggio funzionale peraPCR

Genetica molecolare permutazione Fattore VLeiden (G1691A)

Genetica molecolare permutazione gene dellaprotrombina (G20210A)

Dosaggio antitrombina IIIDosaggio funzionaleproteina CDosaggio funzionaleproteina SLivelli di proteina S libera

Dosaggio Lupus anticoa-gulantaPTT-LAdRVVTKCTElisa per anticorpi anti-cardiolipinaneutralizzazione fosfolipi-dica esagonale

Omocisteina plasmatica adigiunoGenetica molecolare permutazione del gene MTHFR

A l t e r a t o(aumentataresistenzaa aPCR)

Nessuno

Nessuno

RidottoNessuno

Ridotto

Ridotto

Nessuno

Alterato (ri-dotto I e IItrimestre)Nessuno

Alterato

Nessuno

Nessuno

NessunoAlterato

Alterato

Nessuno

NessunoNessunoNessunoNessunoNessuno

Nessuno

Nessuno

Nessuno

Nessuno

AlteratoNessuno

Nessuno

Nessuno

AlteratoAlteratoAlteratoNessunoNessuno

Nessuno

120 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

6.2 PROFILI DI RISCHIO PER MTEV IN GRAVIDANZAE TROMBOPROFILASSI

Abbiamo identificato quattro profili di rischio a cui ricondurrela maggior parte delle concause che contribuiscono allo svilup-po di una patologia trombotica nel feto o nella madre. Compren-dono un basso rischio inteso come una gravidanza non compli-

Tabella X. Profilo di rischio moderato per tromboembolismo venoso ingravidanza e tromboprofilassi.

• età >35 aa., obesità > 29 BMI (a,e)• parità > 3 (a,e)• infezioni ricorrenti, sepsi (a,e)• grosse vene varicose (a,c,d,e)• preeclampsia (a,c,d,e)• immobilizzazione a letto >/= 4gg. (c,d,e)• precedente chirurgia addominale (a,e)• singolo precedente episodio trombotico associato

con un fattore di rischio temporaneo (chirurgia,trauma) senza trombofilia (a,c,d,e,f)

• trombofilia ereditaria (eccetto deficit di antitrombinaIII, omozigosi per il fattore V di Leiden o per il fatto-re II, defici combinati) in paziente asintomatica sen-za storia di MTEV con o senza storia familiare diMTEV (a,c,d,e,f)

• patologie severe concomitanti (disturbi cardiaci opolmonari, neoplasie attive, sindrome nefrosica, ret-tocolite ulcerosa) (c,d,e,f)

• parto cesareo non elettivo o cesareo elettivo con pre-senza di fattori di rischio (a,c,d,e)

a) precoce mobilizzazione ed idratazioneb) profilassi pre-partum con EBPM a dosaggi profilat-

tici (3000-4000 UI una volta al giorno)c) calze elastiche antitrombod) calze elastiche a compressione graduatae) attenta sorveglianza clinicaf) profilassi post-partum con anticoagulante orale o

EBPM

Rischiomoderato

Trombo-profilassinel ri-schiomoderato

121La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tabella XI. Profilo di rischio moderato-alto per tromboembolismo veno-so in gravidanza e tromboprofilassi.

• trombofilia ereditaria (deficit di antitrombina III,omozigosi per il fattore V di Leiden o per il fattore II,deficit combinati) in paziente asintomatica con osenza storia di MTEV

• trombofilia ereditaria in paziente con storia di MTEV• storia di MTEV durante una precedente gravidanza,

durante l’uso di pillola contraccettiva o in presenzadi stabili fattori di rischio (età, obesità, grosse venevaricose)

• pregresse patologie della gravidanza; storia di mor-te intrauterina del feto (>20a settimana), di ricorren-te perdita del feto (>2), IUGR (intra uterine growthrestriction) e di severa preeclampsia

• EBPM 4000 UI (dose profilattica) durante tutta lagravidanza

• calze elastiche antitrombo• calze elastiche a compressione graduata• profilassi post-partum con anticoagulante orale o

EBPM per almeno 4-6 settimane dal parto

Rischiomodera-to-alto

Trombo-profilassinel ri-schiomodera-to-alto

cata con nessun fattore di rischio accertato con o senza un ce-sareo elettivo che può avvalersi di una precoce mobilizzazione edi una buona idratazione; seguono un rischio moderato, un ri-schio moderato-alto ed un rischio alto di evento tromboembolicovenoso. Abbiamo cercato di fornire alcuni suggerimenti di trom-boprofilassi da adottare nelle varie condizioni della gravidanza(Tabella X, XI, XII). Tutte le opzioni consigliate dovranno esse-re discusse e concordate con la paziente mediante un “counsel-ling” preciso e con lo specialista ginecologo di fiducia. Dovràessere ribadito, nel caso di una tromboprofilassi con EBPM, cheil farmaco può essere usato con sicurezza in gravidanza poichéha un ottimo profilo farmacocinetico: i rapporti tra dose inietta-ta, picco di attività anti Xa ed area sottesa sotto la curva sono

122 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tabella XII. Profilo di rischio alto per tromboembolismo venoso in gra-vidanza e tromboprofilassi.

• >2 precedenti episodi di MTEV• donne in trattamento anticoagulante orale per re-

cente episodio di MTEV• donne che hanno un episodio trombotico durante la

gravidanza (rischio di recidiva)• donne che hanno un difetto confermato prima della

gravidanza di antitrombina III con o senza storia diMTEV

• donne con una sindrome confermata di anticorpiantifosfolipidi

• EBPM 400 UI una volta die, 0.5-1.0 mg/Kg ogni 12ore per tutta la gravidanza

• aspirina 75 mg/die per tutta la gravidanza• ATIII concentrati in bolo e/o mantenimento• calze elastiche antitrombo• calze elastiche a compressione graduata• profilassi post-partum con anticoagulante orale o

EBPM per 6-12-24 settimane dal parto o a tempoindeterminato

Rischioalto

Trombo-profilassinel ri-schio alto

lineari (Figura 3); non attraversa la placenta e non viene secre-to nel latte materno; può comportare un pur minimo rischio ditrombocitopenia immune (consigliabile dunque emocromi seria-ti al 5°, 10° e 20° giorno dall’inizio della profilassi) e di osteopo-rosi. Al contrario i farmaci antagonisti della vitamina K (warfa-rina e acenocumarolo) attraversano la placenta e sono assolu-tamente da non usare in gravidanza per il rischio di sanguina-mento materno e fetale e di embriopatia fetale; non hanno effet-to anticoagulante sul neonato allattato al seno e possono esse-re usati nel puerperio.

Abbiamo visto in precedenza come le complicanze ostetrichelegate ad un elavato rischio tromboembolico possono realizzareuna trombosi placentare che è spesso la cause di gravidanze non

123La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Figura 3. Livelli plasmatici di EBPM a vari dosaggi e tempi di dimezza-mento.

portate a termine per aborto al II trimestre, IUGR (difetto intrau-terino di accrescimento), morte intrauterina del feto, severa pre-eclampsia. Per nostra fortuna non tutte le donne trombofilicheo portatrici di fattori di rischio tromboembolico sviluppano unatrombosi placentare, ciò può essere messo in relazione al tipo ditrombofilia, alla presenza di più fattori di rischio spesso scono-sciuti presenti nello stesso momento, a fattori ambientali, allastoria clinica e alla presenza o meno di una adeguata e tempe-stiva tromboprofilassi.

124 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Altra situazione non ancora completamente chiarita è quellache vede protagoniste donne con anomalie trombofiliche candi-date a induzione farmacologica dell’ovulazione tramite feconda-zione assistita. Le condizioni di trombofilia ereditaria come l’ete-rozigosi per il fattore V di Leiden o l’eterozigosi per il fattore IIpossono avvalersi di una profilassi farmacologica con EBPMdurante la fase di induzione “farmacologica” dell’ovulazione perpoi proseguire con la sola contenzione elastica fino al parto eriprendere comunque con entrambe le misure nel puerperio, peralmeno sei settimane. Le altre condizioni di trombofilia eredita-ria (deficit di AT III, omozigosi per fattore V di Leiden o fattore II,difetti combinati) possono avvalersi di una profilassi farmacolo-gica per tutta la durata della gravidanza e nel post-partum peralmeno sei settimane.

Di sicuro tra tutte le condizioni a rischio viste in precedenzanon dobbiamo e non possiamo sottovalutare la positività confer-mata per gli anticorpi antifospolipidi (LAC e ACA) che si accom-pagnano in modo lineare ad un aumentato rischio di abortivitànel primo trimestre. Infatti le gestanti con positività per LAC eACA hanno una probabilità di aborto del 90% se non vengonoprese misure terapeutiche di prevenzione. Di contro, il 15% delledonne con aborti ripetuti presenta positività per gli anticorpi an-tifosfolipidi. Quali dunque le raccomandazioni da consigliarenelle gravidanze a rischio per presenza di anticorpi antifosfoli-pidi? Sicuramente nel graduare la profilassi va valutata la sto-ria clinica della gravida, la presenza di precedenti episodi diMTEV, il titolo anticorpale più volte confermato, la presenza diulteriori fattori di rischio; tutta la durata della gravidanza e leprime sei settimane del puerperio dovranno essere “protette” conEBPM a dosaggi variabili tra il sub-terapeutico-aggiustato (0,5mg/Kg due volte die) al dosaggio pieno 1,0 mg/Kg due volte algiorno a cui va aggiunta l’aspirina nel dosaggio di 75 mg/die. Iltrattamento dovrà proseguire, in relazione alle condizioni anam-nestiche, per 6, 12, 24 settimane dopo il parto (solo EBPM o an-ticoagulante orale) o, in alcuni casi, a tempo indeterminato.

125La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

6.3 RISCHIO TROMBOEMBOLICO E TROMBOPROFILASSIIN CHIRURGIA GINECOLOGICA

Nella chirurgia ginecologica, come in chirurgia generale, inassenza di profilassi si ha un’incidenza oscillante tra il 7% ed il35% di eventi tromboembolici. La probabilità di sviluppare unacomplicanza tromboembolica dipende da alcuni fattori di rischiocorrelabili alla storia clinica della paziente (età, peso, neoplasia,precedente MTEV, trombofilia) ma anche al tipo di intervento(durata, tipo di anestesia, immobilità pre e post operatoria, chi-rurgia dopo laparoscopia, tipo di anestesia, sepsi intercorrenti).

Abbiamo cercato di schematizzare e graduare i vari fattori dirischio coinvolti nella chirurgia ginecologica (Tabelle XIII e XIV)

Tabella XIII. Profilo di rischio tromboembolico moderato in chirurgiaginecologica.

• Chirurgia minore (<30 min) in pazienti con storia diMTEV con o senza trombofilia. Chirurgia maggiore(>30 min)

• Chirurgia dopo laparoscopia• Obesità >29 BMI• Età >60 anni• Grosse vene varicose• Infezioni intercorrenti, sepsi• Immobilizzazione a letto (>4 giorni)• Patologie severe intercorrenti (patologie cardiache o

polmonari, sindrome neforsica, rettocolite ulcerosa)

• Eparina non frazionata (calcica) 5000 UI preoperato-riamente ed ogni 12 ore postoperatoriamente per al-meno una settimana

• Eparina a basso peso molecolare 2000 UI (low dose)- 4000 UI al giorno da continuare per 1-2 settimanealla dimissione assieme alla calza elastica a com-pressione graduata, calze elastiche antitrombo ocompressione pneumatica intermittente (IPG) intra-operatoriamente e postoperatoriamente per 24 ore

Chirurgiaginecolo-gicaRischiomoderato

Chirurgiaginecolo-gicaRischiomoderatoTrombo-profilassi

126 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tabella XIV. Profilo di rischio tromboembolico alto in chirurgia gineco-logica.

• Presenza di >3 fattori di rischio moderato• Chirurgia maggiore (<30 min.) in pazienti con storia

di MTEV con o senza trombofilia• Chirurgia pelvica o addominale per neoplasia gineco-

logica• Chirurgia d’emergenza in donne in trattamento

estroprogestinico

• Eparina non frazionata (calcica) 5000 UI preoperato-riamente ed ogni 8 ore postoperatoriamente per al-meno una settimana, calze elastiche antitrombo ocompressione pneumatica intermittente (IPG) intra-operatoriamente e postoperatoriamente, calze elasti-che a compressione graduata alla dimissione

• Eparina a basso peso molecolare 4000 UI al giornopreoperatoriamente e postoperatoriamente da conti-nuare per almeno 4 settimane alla dimissione assie-me alla calza elastica a compressione graduata, cal-ze elastiche antitrombo o compressione pneumaticaintermittente (IPG) intraoperatoriamente e postope-ratoriamente per 24 ore

Chirurgiaginecolo-gicaRischioalto

Chirurgiaginecolo-gicaRischioaltoTrombo-profilassi

e presenti nella letteratura internazionale distinguendo, comefatto in precedenza per il profilo di rischio della paziente gravi-da, un rischio basso negli interventi di chirurgia minore (< 30min) senza fattori di rischio aggiuntivi e negli interventi di chi-

rurgia maggiore (< 30 min) in donne con età inferiore ai 40 annie prive di fattori di rischio aggiuntivi da trattare con precoce mo-bilizzazione ed idratazione, un rischio moderato ed un rischioalto e completando i profili di rischio con corrispondenti misu-re di tromboprofilassi.

127La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

6.4 TROMBOBOEMBOLISMO VENOSO ACUTO INGRAVIDANZA E NEL PUERPERIO: DIAGNOSI E TERAPIA

L’incidenza esatta della malattia tromboembolica durante lagravidanza è difficile da stabilire; si stima tra 0,7-1,3 ogni 1000donne gravide verso il rapporto di 1/10.000 nelle donne nongravide in età fertile. Il rischio di MTEV non varia significativa-mente nei vari trimestri della gravidanza ma è più alto nel post-partum. L’embolia polmonare rimane comunque la causa piùfrequente di mortalità materna in gravidanza. La trombosi veno-sa profonda colpisce più frequentemente l’arto inferiore sinistroin relazione al problema meccanico valutato in precedenza e puòessere iliaco-femorale ma anche interessare le vene pelviche edovariche rendendo difficile la diagnosi. Diagnosi già complessaper l’edema, la dilatazione del sistema venoso superficiale e peruna componente algica a livello popliteo espressione di stasivenosa in assenza di fatti trombotici evidenti. L’ecografia vasco-lare e l’esame doppler sono indispensabili per fare diagnosi per-mettendoci di visualizzare il trombo, di dimostrare la non com-primibilità del segmento esplorato e l’assenza di dilatazione allemanovre di Valsalva con assenza di un flusso respiro-modula-to. L’esame che ha una affidabilità del 100% (la normalità cipermette di escludere una diagnosi di TVP e viceversa) è pursempre un test operatore dipendente e può non cogliere unatrombosi ileo-cavale o una trombosi delle vene ovariche. Altritest non invasivi sono l’equilibrio acido-base il cui valore di gra-diente alveolo-arterioso (A-a)* è poco sensibile nelle donne gra-vide e l’altro test di laboratorio comunemente usato, il dosaggiodel D-dimero, poco affidabile perché i valori tendono ad aumen-tare con l’avanzare dell’età gestazionale. Sicuramente utile aifini di una diagnostica differenziale e per la presenza di un so-vraccarico ventricolare dx l’ECG e l’ecocardiogramma come pure

* Il gradiente alveolo-arterioso “P(A-a)O2” si ricava con la seguente formula:150-1,25(PaCO2-PaO2) espresso in mmHg (v.n. 20±4)

128 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

un RX torace. Ma quali sono gli esami sicuri per il feto che cipermettono di fare diagnosi di embolia polmonare in gravidan-za? Certamente la scintigrafia perfusionale (o ventilo-perfusio-nale) a cui si è aggiunta recentemente, per affidibilità e sicurez-za, la TAC spirale anche “multi-slice” che ci consente di ridur-re ulteriormente l’esposizione stimata di radiazioni al feto (Ta-bella XV).

La terapia dell’episodio acuto durante la gravidanza prevedel’uso dell’eparina a basso peso molecolare a dosaggi terapeuti-ci (1 mg/Kg ogni 12 ore) per tutta la durata della gravidanzainterrompendola e sostituendola con dosaggi profilattici in pros-simità dell’induzione del travaglio o di un parto cesareo pro-grammato con anestesia spinale o epidurale. In alternativa lafase iniziale può prevedere un bolo di eparina sodica non frazio-nata (ENF) (2.500-5.000 UI) seguito da un mantenimento 25.000UI in 500 cc di S.F. impostando la pompa da infusione tra 20-26 ml/h che corrispondono rispettivamente a circa 1.000-1.300U/h di ENF. La durata di questo trattamento in infusione con-

Tabella XV. Esposizione stimata del feto alle radiazioni nella diagnosti-ca strumentale della MTEV.

Esposizione stimata in rad

0.0180.009

0.004-0.0190.007-0.0350.001-0.005

0.013-0.026

0.01

Scintigrafia polmonare di per-fusione con Tecnezio (Tc99mMAA)• 3 mCi• 1.5 mCi

Scintigrafia polmonare di ven-tilazione con• Xenon (Xe133)• Tc99mDTPATc99mSC

TAC spirale toracica

Rx torace

129La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tabella XVI. Schema di terapia con eparina non frazionata (ENF).

Ratio aPTT Modifica Altri interventi Controlliinfusione aPTT

(ml/h)

<1.5 + 4 ml/h nuovo bolo e.v. dopo 6 ore1.6-1.9 + 2 ml/h dopo 6 ore2.0-2.5 goal al mattino2.6-3.0 - 2 ml/h successivo3.1-3.8 - 4 ml/h stop infusione 30 min. dopo 6 ore>3.9* - 4 ml/h stop infusione 60 min. dopo 6 ore

*Per valori >3.0 si consiglia di ripetere il prelievo da un’altra vena.

tinua non supera di solito 7 giorni, raggiungendo e mantenen-do un valore ottimale di aPTT ratio verosimilmente compreso tra2 e 2,5; sono necessari controlli seriati dell’aPTT ed aggiusta-menti in corso d’opera (Tabella XVI).

La terapia deve prevedere una embricazione con l’EBPM adosaggi terapeutici e proseguire, come detto, per tutta la dura-ta della gravidanza. Alcuni Autori consigliano di eseguire ognidue mesi controlli dei livelli di eparina (anti-factor Xa) eseguen-do il test dopo 4-6 ore dalla prima delle due dosi giornaliere inmodo da raggiungere livelli di anti-factor Xa tra 0,5 e 1,2 U/ml.Il trattamento con EBPM dovrebbe riprendere 6-12 ore dopo ilparto iniziando possibilmente con un dosaggio profilattico. Dalterzo giorno è possibile iniziare l’embricazione con la terapiaanticoagulante orale che va proseguita mantenendo l’INR tra 2e 3 per almeno 6 mesi.

6.5 ANESTESIA SPINALE/EPIDURALE E PROFILASSIANTITROMBOTICA

Quali i possibili fattori di rischio di ematomi spinali duranteuna tromboprofilassi con EBPM? Possono essere correlati alla

130 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

paziente (solitamente età avanzata), all’anestesia (traumatismidi posizionamento di ago/catetere, permanenza del catetereepidurale durante la somministrazione di EBPM) e alla profilassifarmacologica (somministrazione immediatamente pre-intrao-peratoria, somministrazione immediatamente post-operatoria,doppia somministrazione giornaliera, somministrazione conco-mitante di antiaggreganti piastrinici ed anticoagulanti). È ne-cessario, dunque, rispettare alcune regole:• Per dosi profilattiche (solitamente 3.000 UI-4.000 UI) il posi-

zionamento o la rimozione del catetere dovrebbero essere ri-tardati di 8-12 ore dopo la somministrazione dell’ultima dosedi EBPM.

• Per dosi maggiori, terapeutiche (1,0 mg/Kg ogni 12 ore ) oaggiustate (0,5 mg/Kg due volte/die) il posizionamento o larimozione del catetere dovrebbero essere ritardati di 24 oredopo la somministrazione dell’ultima dose di EBPM.

• La prima dose successiva dovrebbe essere somministrata nonprima di 6 ore dopo la rimozione del catetere iniziando prefe-ribilmente con un dosaggio profilattico.

6.6 TROMBOEMBOLISMO VENOSO E TERAPIAESTROPROGESTINICA (CONTACCETTIVI ORALIE TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA)

Nel 1960 vennero introdotti i contraccetivi orali (CO) nellapratica clinica e dopo alcuni mesi venne descritto il primo casodi embolia pomonare in una giovane donna in trattamento conCO. Negli anni successivi numerosi studi internazionalmentevalidati collegarono l’impiego di CO al rischio di sviluppareMTEV. In particolare veniva attribuito un rischio di MTEV mag-giore di 3-4 volte alle donne che facevano uso di CO rispetto achi non ne faceva uso. L’aumento del rischio si manifestavaentro 3 mesi dall’assunzione, non veniva influenzato dalla du-rata dell’assunzione e cessava con la sospensione della pillola.La percentuale di rischio risultava maggiore in donne con altri

131La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

fattori di rischio concomitanti, in presenza di alterazioni trom-bofiliche e in relazione al tipo di contraccetivo usato. In partico-lare si è visto che il rischio relativo delle pillole contenenti pro-gestinici di seconda generazione (levonorgestrel) era di circa 4,mentre il rischio relativo delle pillole contenenti progestinici diterza generazione (desogestrel, gestodene) era di circa 7. LaMTEV non è, comunque, un evento frequente, nelle giovani don-ne che utilizzano i CO; si calcola una incidenza media di 3 eventiper 10.000 donne/anno. La concomitante presenza di fattore VLeiden ne aumenta l’incidenza a 25-30 eventi per 10.000 don-ne/anno. Nonostante ciò non vi è alcuna evidenza dimostratadella necessità di eseguire uno screening per il fattore V Leidena tutte le donne che vogliano assumere la terapia estroprogesti-nica. È stato calcolato che, sulla base delle stime di incidenzaattuale, per evitare una MTEV bisognerebbe sconsigliare l’usodella pillola a circa 350 donne trovate positive per il fattore V diLeiden, ma per diagnosticare tutte queste alterazioni genetichebisognerebbe screenare oltre 12.000 donne.

Lo screening potrebbe essere limitato a donne con una storiapersonale o familiare di MTEV (questo dato è stato recentementemesso in dubbio da alcuni Autori) o familiare di trombofilia oancora storia di patologia gravidica. Tutto ciò ci porta a conclu-dere come al momento della prescrizione di un CO sia necessa-rio raccogliere un’anamnesi personale e familiare accurata e, inpresenza di fattori di rischio, sia necessario un adeguato “coun-selling” da parte del medico curante e dello specialista del Cen-tro Trombosi per valutare insieme alla paziente i possibili ri-schi/benefici e le possibili alternative ad un trattamento a vol-te “pericoloso” (Tabella XVII).

Sicuramente meno ricca di dati bibliografici è la ricerca del ri-schio di MTEV in corso di trattamento ormonale sostitutivo(TOS). Studi anche metanalitici hanno comunque dimostrato unrischio relativo di circa 2-3 volte rispetto a chi non fa uso deltrattamento. È interessante tuttavia notare come queste modi-ficazioni avvengano in modo differente a seconda della via di

132 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

somministrazione della terapia stessa ed in particolare l’uso dipreparati transdermici sarebbe associato ad una minore fre-quenza di anomalie della coagulazione e questo potrebbe tra-dursi in un minor rischio protrombotico.

6.7 BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

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Tabella XVII. Il counselling e le indicazioni alla prescrizione di contrac-cettivi orali.

Controindicazione alla prescrizione• Donne sintomatiche per TEV o tromboflefiti superficiali recidivanti

con o senza trombofilia accertata.• Donne asintomatiche, con o senza storia familiare positiva per TEV

o tromboflebiti superficiali, con trombofilia (a tipo difetto di ATIII,omozigosi per Fattore V Leiden o per Fattore II, difetti combinati).

Controindicazione relativa, accurato counselling, eventuale usodi estroprogestici di seconda generazione• Donne asintomatiche senza trombofilia nota con storia familiare

positiva per TEV o tromboflebiti superficiali.• Donne asintomatiche, con o senza storia familiare positiva per

TEV o tromboflebiti superficiali e trombofilia, e portatrici a lorovolta di una alterazione trombofilica (eccetto difetto di ATIII, omo-zigosi per Fattore V Leiden o per Fattore II, difetti combinati).

Nessuna controindicazione alla prescrizione (dopo adeguata in-formazione)• “Mild” iperomocisteinemia (dopo adeguata correzione dei livelli ba-

sali con supplementi di folati).• Donne asintomatiche, con familiarità per TEV o trombofilia, sen-

za deficit trombofilici accertati.

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136 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

137La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

LA

PROFILASSI

DELLA

MALATTIA

TROMBOEMBOLICA

VENOSA

IN

MEDICINA

INTERNA

7.

138 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

139La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

7. LA PROFILASSI DELLA MALATTIA

TROMBOEMBOLICA VENOSA IN

MEDICINA INTERNA

Gianluigi ScannapiecoU.O Medicina I, Comitato per la Malattia Tromboembolica Ospedale ìC� Foncelloî, Treviso

7.1 IL RISCHIO DI TROMBOEMBOLISMO VENOSOIN MEDICINA

Il tromboembolismo venoso (TEV) rappresenta una causaprincipale di morbilità e mortalità nei pazienti ospedalizzati,compresi quelli con patologie internistiche acute. Studi autop-tici suggeriscono che oltre il 10% delle morti osservate in am-biente ospedaliero sono attribuibili ad embolia polmonare(1).

La frequenza degli eventi tromboembolici venosi è ben defini-ta nei pazienti chirurgici, dal momento che sono stati condottinumerosi studi epidemiologici e di profilassi antitrombotica sunon meno di 100.000 pazienti, che hanno permesso un’attendi-bile definizione dell’entità del rischio tromboembolico. Nei pa-zienti chirurgici è possibile stratificare il rischio di TEV in 4categorie (basso, moderato, alto, altissimo), con prevalenze ditrombosi venosa profonda prossimale ed embolia polmonaresintomatica che variano dallo 0,4% al 10-20% e dallo 0,2% al 4-10% rispettivamente(2). Nei pazienti chirurgici è stato ampia-mente dimostrato l’effetto protettivo della profilassi antitrombo-tica, con una riduzione del rischio di TEV nei pazienti a rischiopiù elevato superiore al 50%(3).

Nei pazienti di tipo internistico il rischio di TEV è meno bendefinito, in quanto sono stati portati a termine un numero infe-riore di studi, che hanno complessivamente coinvolto un nume-ro molto minore di pazienti. Inoltre molti studi di efficacia del-

140 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

la profilassi con eparina contro placebo sono relativamente vec-chi e hanno utilizzato metodi diagnostici inadeguati. Da questoderiva che le stime della frequenza di TEV nei pazienti interni-stici siano meno precise di quelle calcolate per i pazienti chirur-gici e siano molto variabili da uno studio all’altro, anche in con-siderazione dell’estrema eterogeneità dei pazienti studiati.

Dal 50 al 70% degli episodi di tromboembolia venosa sinto-matica e dal 70 all’80% degli episodi di EP fatale si verifica neipazienti acuti ospedalizzati con patologie non chirurgiche(1,4).Tuttavia, l’uso della profilassi nei pazienti internistici non èuniversalmente accettato o adottato, anche se questi pazientipresentano un elevato rischio di tromboembolia venosa: un re-cente studio(5) ha dimostrato che la profilassi nei pazienti inter-nistici che in seguito avrebbero sviluppato un episodio di TEVnon veniva praticata in circa il 60% dei casi. Inoltre, anchequando vengono adottate misure di profilassi, queste possonoessere inadeguate a prevenire il TEV(5).

Complessivamente i pazienti internistici (con eccezione del-l’ictus e dell’infarto miocardico acuto), presentano un rischiobasso-moderato di eventi TEV: l’incidenza della TVP asintoma-tica è del 15% usando il metodo del fibrinogeno radiomarcato(6-

9) o la flebografia(10) e del 5-7% usando la compressione ultraso-nografica(11) come metodiche di screening. In uno studio è sta-ta osservata un’incidenza del 6%(12) in 234 pazienti screenati al-l’ingresso con metodica ecografica in una divisione di medicinainterna; nel 90% dei casi la trombosi era limitata al polpaccio,l’incidenza era del 18% nei pazienti di età > 80 anni e nulla sottoi 55 anni; durante la degenza un 2% dei pazienti (tutti sopra i 70anni) ha sviluppato una trombosi venosa profonda (Figura 1).

Sono stati fatti vari tentativi di individuare i fattori di rischioper la TEV nei pazienti internistici ospedalizzati(10,13-15). I princi-pali fattori di rischio sono rappresentati dallo scompenso cardi-aco (classe III–IV NYHA), riacutizzazioni di broncopneumopatiacronica ostruttiva e sepsi; fattori di rischio aggiuntivi sono l’etàavanzata, la storia di TEV, il cancro, l’ictus con paresi/plegia

141La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

degli arti inferiori, l’allettamento. Solitamente il tipico pazienteinternistico presenta fattori di rischio multipli(10).

Vi sono alcune situazioni cliniche nelle quali l’incidenza diTEV è meglio definita.

1) Scompenso cardio-circolatorio

Lo scompenso cardiaco è associato ad un aumento del rischiodi TEV, anche se non vi sono studi prospettici che abbiano af-frontato specificamente il problema. Nello studio MEDENOX(10),la maggior parte dei pazienti inclusi nello studio presentavascompenso cardiaco con classe NYHA III o IV: nel gruppo rando-mizzato a placebo la prevalenza di TEV è risultata del 14,9%. Ilrischio di TEV sintomatico sembra essere inversamente propor-zionale ai valori di frazione d’eiezione: in uno studio retrospet-tivo il rischio relativo globale di TEV nei pazienti con scompen-so cardiaco era pari a 2,6, ma arrivava fino a 38,3 nei pazienticon frazione d’eiezione inferiore al 20%(16).

2) Infarto miocardico

L’incidenza di eventi tromboembolici venosi è elevata, inquanto arriva fino al 20% ed è legata verosimilmente, oltre allasituazione clinica specifica, anche ad una serie di fattori asso-

Figura 1. Trombosivenosa profonda fe-moro-poplitea.

142 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

ciati, quali l’allettamento, lo scompenso cardiaco, l’età(2). I datiepidemiologici si riferiscono a studi di molti anni fa, prima del-l’introduzione routinaria in cardiologia di strategie terapeutichepiù aggressive basate sull’uso di trombolitici, anticoagulanti eantipiastrinici: è verosimile che l’impatto di queste terapie nel-le sindromi coronariche acute sia rilevante, ma non sono staticondotti studi clinici per testare questa ipotesi.

3) Ictus cerebrale

L’incidenza di TEV nei pazienti con ictus cerebrale può arri-vare al 55%, soprattutto nei pazienti con paresi o plegia degliarti inferiori(2); le complicanze trombotiche si concentrano fra il2° e il 7° giorno dall’evento acuto(17), coinvolgendo per lo più l’ar-to paralizzato e spesso sono clinicamente silenti. L’EP è unacausa frequente di morbosità e mortalità nel paziente con ictuscerebrale ischemico: l’International Stroke Trial ha evidenziatoun’incidenza di EP clinicamente evidente nel gruppo placebopari allo 0,8%(18); un precedente studio retrospettivo su 697 pa-zienti aveva mostrato un’incidenza analoga di EP, pari all’1%(19).Si tratta in entrambi i casi verosimilmente di una sottostima inquanto questi studi non erano stati disegnati ad hoc. Un vecchiostudio prospettico ha infatti stimato un’incidenza di EP del13%(20). L’EP è responsabile del 13-25% delle morti precoci inquesti pazienti(21). Un recentissimo studio(22) condotto su 102pazienti con ictus acuto (in profilassi con acido acetilsalicilicoe calze elastiche graduate) studiati con risonanza magnetica hamostrato un’incidenza di TEV totale, TVP prossimale ed EP al21° giorno di osservazione pari al 40%, 18% e 12% rispettiva-mente; tali dati di incidenza aumentavano al 63%, 30% e 20%rispettivamente nei pazienti più gravi (Barthel index <9); unaTVP e un’EP clinicamente evidenti si osservavano complessiva-mente nel 3% e nel 5% dei casi, ma è verosimile che tale dato siasottostimato perché i pazienti, sottoposti a screening sistema-tico, venivano trattati e quindi la storia naturale della TEV

143La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

subclinica veniva modificata dallo screening e dall’uso di anti-coagulanti.

L’alto rischio di TEV permane anche dopo la fase acuta nelperiodo riabilitativo: uno studio condotto su 1.506 pazienti conictus ischemico o emorragico ammessi in una struttura riabili-tativa, ha dimostrato un’incidenza globale di TEV clinicamenteevidente del 3,9%, con un rischio più alto nei pazienti con ri-schio più grave(23); un effetto protettivo nei confronti della TEVè stato dimostrato per l’uso degli anticoagulanti a dosi terapeu-tiche, ma non per gli antiaggreganti.

I pazienti permanentemente allettati o in sedia a rotelle sonorisultati a maggior rischio di complicanze: secondo i dati di unampio studio di popolazione, con disegno caso-controllo, il ri-schio relativo di TVP in pazienti con paresi è di 3.0(24).

4) Insufficienza respiratoria

Gli unici studi prospettici in questo ambito si riferiscono apazienti ricoverati in terapia intensiva e quindi a rischio parti-colarmente elevato di complicanze TEV. Lo studio di Fraisse ecoll.(25) ha evidenziato un’incidenza di TVP (diagnosticata conflebografia) del 28%. Questi dati, insieme a quelli dello studioMEDENOX(10)in cui erano presenti molti pazienti con BPCO ria-cutizzata, fanno ipotizzare una significativa incidenza di TEV,che va però confermata in studi prospettici.

5) Malattie infiammatorie croniche intestinali

In questi pazienti è stimato un aumento del rischio di 3 vol-te rispetto a quello della popolazione normale(26), in particolarenei pazienti di età inferiore ai 40 anni.

6) Sindrome nefrosica

La complicanza trombotica più frequente è la trombosi dellevene renali, con una prevalenza che varia dal 5 al 50% nelle for-

144 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

me asintomatiche(27). Non mancano manifestazioni trombotichepiù tipiche quali la TVP o l’EP, sebbene con minore frequenza.

7) Cateteri venosi centrali

Non esistono dati certi sul rischio di TEV e l’impiego di cate-teri venosi centrali (CVC) poiché l’incidenza varia con il tipo dicatetere impiegato, la sede, la metodica diagnostica alla qualeveniva sottoposto il paziente, e la patologia sottostante. Heit etal. hanno riscontrato un rischio relativo di TEV aumentato di 6volte(24) nei pazienti con inserzione di CVC. L’EP può complica-re la trombosi su catetere nel 12% dei casi. Sono in corso studiprospettici, come lo studio ETHICS, che forniranno dati impor-tanti sull’incidenza delle complicanze TEV in questi casi e sul-l’efficacia della profilassi con EBPM.

7.2 LA PROFILASSI DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSOIN MEDICINA INTERNA

Nessuno studio randomizzato ha valutato la prevenzione del-la TEV nei pazienti internistici con mezzi meccanici, anche seuno studio limitato(28) ha mostrato che l’uso di calze elastichegraduate ha ridotto la frequenza di TEV in pazienti con ictus.

Sei studi su pazienti internistici hanno confrontato l’uso dieparina non frazionata (ENF) a basso dosaggio o eparina a bassopeso molecolare (EBPM) con placebo(6-11): complessivamente, laprofilassi con entrambi i tipi di farmaci ha ridotto il rischio diTVP (rilevata con il metodo del fibrinogeno radiomercato) di cir-ca il 70% senza incrementare il rischio di emorragie. Nello stu-dio MEDENOX(10) è stato confrontato l’uso di enoxaparina (20 o40 mg) s.c. una volta al giorno con placebo in 1.102 pazienti in-ternistici ospedalizzati, la maggior parte dei quali presentavanouno scompenso cardiaco congestizio, insufficienza respiratoriaacuta, o un’infezione in fase acuta. L’incidenza di TVP evidenzia-ta con flebografia o ecografia è risultata del 14,9% nei 288 pa-zienti trattati con placebo, del 15,0% nei 287 pazienti trattati

145La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

con enoxaparina 20 mg e del 5,5% nei 291 pazienti trattati conenoxaparina 40 mg (p < 0,001), senza un significativo aumentodelle complicanze emorragiche e senza una differenza di morta-lità (Figura 2). La protezione osservata con enoxaparina 40 mgsi estendeva a ciascuno dei principali sottogruppi, compresiquelli con infezione acuta, scompenso cardiaco e insufficienzarespiratoria(29).

Lo studio PREVENT(11) ha confrontato l’efficacia e la sicurez-za della profilassi con l’eparina a baso peso molecolare daltepa-rina, 5.000 u. sc. al dì per 14 giorni, con placebo in 3.706 pa-zienti internistici ospedalizzati, caratterizzati da un rischiomoderato di TEV; end point dello studio era l’incidenza globaledi TEV al 21° giorno, data dalla somma delle TVP sintomatiche(prossimali e distali), confermate obiettivamente, EP fatale o

Figura 2. Studio Medenox: eventi tromboembolici venosi durante il trat-tamento.

146 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

non fatale sintomatica confermata obiettivamente, morte im-provvisa (morte inspiegata entro 24 ore dall’insorgenza dei sin-tomi) e trombosi venose profonde prossimali documentate dal-la ecografia con compressione al giorno 21; il follow up era di 90giorni. La somministrazione di dalteparina ha ridotto l’incidenzadi TEV dal 4,96% (73/1473 pazienti nel gruppo placebo) al2,77% (42/1518 pazienti nel gruppo dalteparina), con una ridu-zione assoluta del rischio del 2,19% e una riduzione relativa delrischio del 45% (rischio relativo da 0,80 a 0,55 p< 0,0015); ilbeneficio osservato era mantenuto a 90 giorni. L’incidenza com-plessiva di emorragie maggiori è risultata complessivamentebassa ma maggiore nel gruppo dalteparina (9 pazienti 0,49%)rispetto al gruppo placebo (3 pazienti 0,16%; p=0,15). La popo-lazione studiata nello studio PREVENT presentava un rischiocomplessivo di TEV inferiore rispetto a quella studiata nel ME-DENOX; inoltre nello studio MEDENOX l’incidenza globale diTEV era attribuita principalmente alla trombosi distale asinto-matica, mentre nello studio PREVENT sono stati presi in consi-derazione gli eventi tromboembolici clinicamente sintomatici ele trombosi venose prossimali asintomatiche. Mentre lo studioMEDENOX ha dimostrato che un’eparina a basso peso moleco-lare può essere efficace in una popolazione medica ad alto ri-schio, lo studio PREVENT ha esteso quindi questa osservazionead una popolazione a rischio inferiore e dovrebbe portare adestendere l’applicazione delle misure di profilassi in una popo-lazione ancora più ampia.

L’ENF e l’EBPM sono state confrontate direttamente in cinquestudi clinici randomizzati(30-34). Quattro di questi studi non han-no mostrato differenze statisticamente significative nell’inciden-za di TVP o complicanze emorragiche(30-32,34). In uno studio con-dotto su 877 pazienti con screening flebografico di routine(33),l’end point composito TEV o morte è stato osservato nel 22% deipazienti randomizzati all’uso di ENF 5.000 U s.c. x 2 al dì e nel15% dei pazienti randomizzati a enoxaparina 40 mg s.c. al dì (p= 0,04), senza differenze significative per quanto riguarda leemorragie maggiori.

147La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

In una metanalisi(35) non è stata rilevata alcuna differenzasignificativa fra l’incidenza di TEV e mortalità nei pazienti trat-tati con ENF o EBPM, ma la terapia con EBPM è risultata asso-ciata ad una minore incidenza di emorragie maggiori (1,2% con-tro 0,4%). Una più recente rassegna sistematica(36) non ha peròconfermato la maggiore incidenza di emorragie maggiori neipazienti trattati con ENF rispetto a quelli trattati con EBPM.

Due studi clinici randomizzati hanno valutato l’effetto del-l’ENF sulla mortalità(37,38). In entrambi i casi i pazienti, ospeda-lizzati per patologie internistiche, erano stati randomizzati a ri-cevere ENF 5.000 U s.c. x 2 o nessuna profilassi: nel primo stu-dio(37) si è osservata una riduzione della mortalità nei pazientitrattati con ENF (dal 10,9% al 7,8%; p < 0,05); nel secondocaso(38) non si è osservata alcuna differenza in termini di mor-talità, mentre è stata rilevata una riduzione degli eventi TEV nonfatali nei pazienti trattati con ENF (p = 0,001).

Tre studi clinici randomizzati hanno valutato l’effetto delleeparine a basso peso molecolare sulla mortalità(9,10,39): in nessu-no dei tre è stata rilevata una riduzione statisticamente signifi-cativa della mortalità nei pazienti trattati con eparine a bassopeso molecolare.

Analisi di tipo farmaco-economico hanno concluso che la pro-filassi del TEV con ENF o eparina a baso peso molecolare rap-presenta un intervento cost-effective nei pazienti internisti-ci(40,41).

Tra i nuovi farmaci antitrombotici impiegati in sperimenta-zioni cliniche (inibitori del fattore Xa, inibitori diretti della trom-bina, inibitori del fattore VIIa/TF), solo il pentasaccaride fonda-parinux, inibitore del fattore Xa, è stato valutato nella profilas-si antitrombotica del paziente medico. Nello studio ARTEMIS,recentemente presentato ma non ancora pubblicato(42), i pazientisono stati randomizati a ricevere in doppio cieco fondaparinux(2,5 mg s.c.), oppure placebo per 6-14 giorni. L’end point prima-rio era rappresentato dalla combinazione del riscontro flebogra-fico di TVP asintomatica e degli eventi tromboembolici venosi

148 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

clinicamente rilevanti. L’incidenza complessiva degli eventitromboembolici venosi è stata del 5,6% nel gruppo trattato confondaparinux e del 10,5% nel gruppo placebo, con una riduzio-ne statisticamente significativa (p=0,029; OR 0,49); anche l’EPfatale è stata ridotta significativamente nei pazienti trattati confondaparinux (5 eventi nel gruppo placebo contro 0 eventi nelgruppo fondaparinux). L’incidenza delle emorragie è stata bas-sa e sovrapponibile nei due gruppi (0,2%).

Un’ultima considerazione riguarda la durata ottimale dellaprofilassi nei pazienti con patologie internistiche acute. I dati at-tualmente disponibili in letteratura suggeriscono l’opportunitàdi una profilassi prolungata in alcune categorie di pazienti chi-rurgici ad alto rischio TEV: i pazienti sottoposti ad interventi dichirurgia ortopedica maggiore(43) e i pazienti sottoposti ad inter-venti di chirurgia oncologica(44). In entrambi i casi è stato dimo-strato che il prolungamento della profilassi per 4-5 settimanedopo l’intervento ha ridotto in modo significativo l’incidenza dieventi tromboembolici venosi. Non abbiamo ancora dati dispo-nibili in tal senso per quanto riguarda i pazienti internistici. Giàlo studio MEDENOX aveva evidenziato un’incidenza non indif-ferente di complicanze TEV nei tre mesi successivi alla sospen-sione della profilassi antitrombotica ed era stato ipotizzato chei 6-14 giorni di profilassi previsti dal protocollo fossero insuffi-cienti in alcuni pazienti. Lo studio EXCLAIM (Extended ClinicalProphylaxis in Acutely Ill Patients), ancora in corso di svolgi-mento è il primo studio che si propone con disegno metodologicoassolutamente rigoroso, di chiarire l’effettiva utilità della profi-lassi prolungata in un’ampia popolazione di pazienti con pato-logia medica acuta ad elevato rischio di TEV(45).

7.3 LA PROFILASSI DEL TEV NEI PAZIENTICRONICAMENTE ALLETTATI

L’esatta incidenza di TEV nei pazienti cronicamente allettatinon è nota, come pure non vi sono studi sulla reale necessità esulla durata ottimale delle misure di profilassi in questi pazienti

149La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

(ricoverati in Lungodegenza e Case di riposo, assistiti in regimedi assistenza domiciliare integrata). D’altra parte, sono semprepiù numerosi (e verosimilmente aumenteranno in futuro) i pa-zienti che, per patologie croniche, sono sottoposti a prolungatiperiodi di allettamento e sono quindi potenzialmente esposti alrischio di andare incontro ad eventi TEV; a prescindere da quellifatali, tali eventi potrebbero complicare notevolmente la gestio-ne di questi pazienti, causando o peggiorando problemi di com-penso cardiaco e insufficienza respiratoria, come pure renden-do necessario instaurare terapie anticoagulanti a lungo termi-ne, di gestione particolarmente difficile in questa tipologia dipazienti.

I dati in letteratura sono limitati e per lo più derivano da studiche non avevano come end point principale la rilevazione dellecomplicanze tromboemboliche. Uno studio americano condottosu pazienti con ictus sottoposti a riabilitazione, ha evidenziatoun incidenza di TEV del 5,2%, correlata al livello di disabilità(46).Uno studio italiano condotto su pazienti ricoverati in Lungode-genza ha rilevato un’incidenza di TEV del 4,9%(47). Recentementeè stato pubblicato uno studio multicentrico francese(48) condot-to in 36 strutture di Lungodegenza su 852 pazienti di età > 64anni, valutati con indagine ecografia sistematica (esclusi i pa-zienti con storia di pregressa TEV); lo studio era cross-sectionale non prevedeva follow up. L’incidenza di TVP prossimale è ri-sultata del 5,9% e quella di TVP distale del 9,9%, per un’inciden-za complessiva del 15,8%; la TVP era sintomatica solo nel 25,2%dei casi. La profilassi antitrombotica era stata utilizzata media-mente nel 56,1% dei casi e l’uso era tanto più frequente quan-to più numerosi erano i fattori di rischio tromboembolico.

Successivamente è stato pubblicato uno studio israeliano re-trospettivo di coorte su pazienti ricoverati in casa di riposo, 348deambulanti e 220 non deambulanti, con età media di 85anni(49); sono stati rilevati solo gli eventi TEV clinicamente im-portante. L’incidenza di TEV è risultata del 5,2% nei pazienti de-ambulanti e del 3,6% nei pazienti non deambulanti (p=0,77).

150 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Uno studio preliminare retrospettivo, condotto nell’ospedaledi Treviso su circa 900 pazienti(50), ha mostrato un’incidenza dieventi TEV clinicamente evidenti nei pazienti ricoverati in Lun-godegenza di circa il 3%. Possibili fattori di rischio per la TEVsono risultati l’ictus, e la storia di pregressa TEV, mentre vi èsolo una debole correlazione con l’età; in particolare, l’adozionedi misure farmacologiche di profilassi della TEV non sembraridurre in modo significativo l’incidenza di TEV. Questo puòvoler significare che le misure di profilassi non sono efficaci o,più verosimilmente, che alcuni pazienti sono sottoposti a misu-re di profilassi inadeguate, mentre altri probabilmente non ri-chiedono alcuna profilassi. È quindi fondamentale arrivare aduna stratificazione del rischio TEV per poter predisporre ade-guate misure di profilassi solo in chi effettivamente ne ha biso-gno. Un altro dato rilevante emerso da questo studio è che,mentre durante il ricovero in Lungodegenza il 52% dei pazientiera sottoposto a qualche misura di profilassi farmacologica, alladimissione solo al 21,4% veniva prescritta una profilassi farma-cologica domiciliare, pur persistendo spesso le stesse situazio-ni di rischio. Va anche ricordato che la somministrazione croni-ca di eparina in questa particolare categoria di pazienti potrebbeessere gravata da rischi rilevanti (emorragie, trombocitopenia,osteopenia), oltre che associata ad implicazioni di carattere far-macoeconomico facilmente intuibili.

Per poter procedere ad una corretta adozione di misure diprofilassi in questa tipologia di pazienti, è fondamentale ricor-rere ad uno studio prospettico coinvolgente un adeguato nume-ro di pazienti, in modo da individuare con precisione i soggettia rischio maggiore, ai quali riservare adeguate misure di profi-lassi. Tale dato risulterebbe prezioso anche per una correttagestione dei pazienti cronicamente allettati a domicilio. Le im-plicazioni di carattere farmaco-ecomico in questo ambito sonoovviamente di estrema rilevanza. È attualmente in corso un’im-portante studio osservazionale prospettico multicentrico italia-no, lo studio TERSICORE (ThromboEmbolic Risk Stratificationin ChrOnically bedRidden patiEnts), patrocinato dalla FADOI

151La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

(Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Inter-nisti), i cui risultati potranno consentire di individuare conmaggiore precisione i soggetti e il periodo a maggiore rischiotrombotico, e di suggerire pertanto la migliore strategia di pro-filassi antitrombotica in questa categoria di pazienti.

7.4 RACCOMANDAZIONI DELLA SISET PER LA PROFILASSIDEL TEV IN MEDICINA INTERNA

Vengono di seguito riportate integralmente le raccomandazio-ni recentemente pubblicate dalla SISET (Società Italiana per loStudio dell’Emostasi e Trombosi) per la profilassi del TEV inmedicina interna(51). Fra parentesi è indicato il grading dellaraccomandazione.• In pazienti di età > 60 anni allettati per patologia medica acu-

ta (soprattutto per insufficienza respiratoria, infezioni escompenso cardiaco) si raccomanda la somministrazione diEBPM o ENF sc per una durata di almeno 7 giorni (1A); sonoattualmente in corso studi per valutare l’utilità di una profi-lassi prolungata fino a 4 settimane in questa categoria di pa-zienti.

• Per le EBPM si raccomanda l’impiego di enoxaparina 40 mg/die (1A), mentre la dose di ENF raccomandata per la trombo-profilassi in medicina interna è di 5.000 U. x 3 (2A). Le EBPMoffrono un profilo di sicurezza migliore rispetto alla ENF perquanto riguarda le complicanze emorragiche (2A).

• In pazienti con ictus ischemico acuto associato a paralisi diun arto inferiore, si raccomanda la somministrazione di ENFalla dose di 5.000 U. x 2 sc (2A) o enoxaparina 40 mg/die(1B). In caso di contemporanea somministrazione di aspirinasi raccomanda ENF in dose non superiore a 5.000 U x 2 pur-ché non sia presente un rischio emorragico elevato (2A). Inpresenza di controindicazione all’eparina si raccomanda l’im-piego della compressione pneumatica intermittente o dellecalze elastiche (1C).

152 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

• In pazienti con infarto miocardio acuto che non ricevano te-rapie antitrombotiche multiple che includano ENF o EBPMper il trattamento della trombosi coronaria, si raccomandaENF alla dose di 5.000 UI x 3 (2A) o EBPM (dalteparina 5.000U antiXa/die o enoxaparina 40 mg/die o nadroparina 3.800U antiXa/die) (1C) per la prevenzione del TEV.

• Nei pazienti in terapia intensiva il rischio di TEV è elevato eduna profilassi è raccomandata (1A). Se non sussistono con-troindicazioni legate ad elevato rischio emorragico si racco-manda ENF 5.000 UI x 2 sc (1A) o nadroparina (in dosi aggiu-state in base al peso corporeo: 3800 U antiXa/die fino a 70kg, 5.700 U antiXa/die oltre i 70 kg) (1C), che è stata valutatasolo in pazienti affetti da broncopneumopatia sottoposti aventilazione assistita. La profilassi con mezzi fisici è racco-mandata in alternativa a quella con eparine per i pazienti arischio emorragico elevato (1C).

7.5 RACCOMANDAZIONI DELL’ACCP (AMERICAN COLLEGEOF CHEST PHYSICIAN) PER LA PROFILASSI DEL TEV INMEDICINA INTERNA

Vengono di seguito riportate integralmente le raccomandazio-ni recentemente pubblicate dall’ACCP (American College ofChest Physician) per la profilassi del TEV in medicina interna(2).Fra parentesi è indicato il grading della raccomandazione.• Nei pazienti medici (internistici, non chirurgici) con patologie

acute, ricoverati in ospedale per scompenso cardiaco conge-stizio o insufficienza respiratoria (patologie respiratorie gra-vi), o che sono allettati e presentano uno o più fattori di ri-schio aggiuntivi (come il cancro, precedente TEV, sepsi, pa-tologia neurologica acuta, o malattia infiammatoria cronicaintestinale), si raccomanda profilassi con ENF a basso dosag-gio (Grado 1A) o EBPM (Grado 1 A).

• Nei pazienti medici (internistici, non chirurgici) con fattori dirischio per TEV e nei quali c’è una controindicazione alla pro-

153La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

filassi con farmaci anticoagulanti, si raccomanda l’uso di pro-filassi meccanica con calze elastiche graduate o compressio-ne pneumatica intermittente (Grado 1C+).

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158 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

159La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

NURSING

E

MALATTIA

TROMBOEMBOLICA

VENOSA

8.

160 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

161La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Il nursing è la disciplina che analizza le necessità dei singolie fornisce risposte ai bisogni specifici di aiuto espressi od ine-spressi, reali o potenziali, della persona e della collettività inambito sanitario.

Il metodo utilizzato è il processo di nursing, ossia un insiemedi azioni attuate per mantenere il benessere dell’utente e/o for-nire la quantità e la qualità di assistenza infermieristica che lasituazione richiede.

L’attenzione che il mondo scientifico attualmente pone allamalattia tromboembolica e la sua pesante incidenza nella real-tà clinica inducono alla necessità di identificare precisi e forma-lizzati itinerari operativi che accompagnino il paziente nel per-corso spazio-temporale della malattia.

A tale scopo l’approccio multidisciplinare appare essenzialenell’affrontare tale problematica.

L’infermiere, attraverso l’applicazione del processo di nur-sing, assicura un piano coordinato di cure; contribuisce allariduzione della variabilità nell’utilizzo delle procedure clinico-assistenziali; educa il paziente ed i suoi familiari sul percorsoche li attende in ospedale e successivamente, al rientro a domi-cilio; migliora la comunicazione con i pazienti, riducendo l’an-sia, le paure, le incertezze; è stimolo alla guarigione o alla ge-stione autonoma della malattia.

Quale nursing quindi?Un nursing che esalti una competenza infermieristica carat-

terizzata dal “saper agire” ossia attivare tutte le risorse personali

8. NURSING E MALATTIA

TROMBOEMBOLICA VENOSA

Lucia BassoDipartimento di Medicina I, A.O. ìSanta Maria degli Angeliî, Pordenone

162 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

per interpretare, comprendere i bisogni, scegliere e attuare in-terventi efficaci.

Definita l’area di competenza infermieristica possiamo ad-dentrarci nella parte più clinica dell’intervento in cui la malat-tia tromboembolica trova la sua espressione, fissando i princi-pali obiettivi assistenziali e traducendoli in azioni.

8.1 INDIVIDUARE IL RISCHIO TROMBOEMBOLICONEI PAZIENTI OSPEDALIZZATI

La profilassi della MTEV nei pazienti ricoverati in ospedalecon patologie internistiche è ancora troppo spesso disattesa oprescritta empiricamente ed in relazione ad una percezione sog-gettiva del rischio del paziente a sviluppare un evento trombo-embolico. Goldhaber ha dimostrato che, in un gruppo di 384pazienti con malattie mediche degenti o dimessi dal Brighamand Women’s Hospital che hanno sviluppato una MTEV, il 52%riceveva una profilassi a dosi inappropriate. Le moderne strate-gie di prevenzione della MTEV si basano sulla valutazione dellivello di rischio dei singoli pazienti in presenza di fattori di ri-schio di MTEV e questo ci permette di stabilire quali siano i pa-zienti che necessitano di una profilassi per la MTEV nei repartidi Medicina. Già Autar nel 1996 aveva proposto una scala infer-mieristica di valutazione del rischio di TVP basata su alcuni fat-tori di rischio: età, peso, uso di contraccettivi orali, condizionedi gravidanza o di puerperio, presenza di traumi, in attesa diinterventi di chirurgia minore o maggiore, concomitante presen-za di alcune patologie internistiche (rettocolite ulcerosa, polici-temia, neoplasie, scompenso cardiaco, vene varicose, precedentiepisodi di TVP o di accidenti cerebrovascolari) (Tabella I). Adognuno di essi veniva attribuito un punteggio che determinavale successive misure di profilassi. Lo sforzo di Autar e di moltialtri suoi Colleghi è la proposta di un metodo che vede una va-lutazione iniziale infermieristica del rischio trombotico dei pa-zienti ricoverati nei reparti medici o chirurgici o specialistici, va-

163La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

lutazione che verrà inserita nella cartella clinica infermieristi-ca all’atto del ricovero e che servirà al clinico per un trattamentodi profilassi adeguato e personalizzato alle condizioni basali dirischio.

8.2 RILEVARE LE EVENTUALI MANIFESTAZIONI DICOMPLICAZIONI TROMBOEMBOLICHE E LEGATEALLA TERAPIA

Certamente la complicanza tromboembolica più pericolosa èl’insorgenza di un’embolia polmonare, evento che può seguireun evento trombotico degli arti inferiori o essere associata atraumi, chirurgia ortopedica, addominale, pelvica maggiore,scompenso cardiaco congestizio, stati di ipercoagulabilità e diimmobilizzazione prolungata.

AnagraficaNome__________________Data di nascita_________Reparto________________

Gruppi per età Score10-30 031-40 141-50 251-60 3>60 4

Interventi ScorechirurgiciChir. minore<30 minuti 1Chir. maggiore 2Chir. emergenza 3Chir. toracica 3Chir. addominale 3Chir. urologica 3Neurochirurgia 3Chir. ortopedica 4

Rischi particolari ScoreContraccettivi orali20-35 anni 1>35 anni 2Gravidanza/puerperio 3

Body Mass Index BDI Score16-18 019-25 126-30 231-40 3>41 4

Patologie a alto rischio ScoreRettocolite ulcerosa 1Policitemia, anemia emol. 2Cardiopatia grave 3IMA 4Neoplasia 5Grosse vene varicose 6Pregressa TVP 7

Trauma risk ScoreTesta 1Polmone 1Traume spinale 2Pelvico 3Arti inferiori 4

Mobilizzazione ScoreDeambulante 0D. difficile 1D. limitata 2In sedia 3Allettamento 4

Protocolli di rischioNessun rischio <6R. basso 7-10R. moderato 11-14R. elevato >15

Tabella I. Scala di valutazione del rischio di trombosi venosa profonda(Autar, 1996).

164 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Può presentarsi con una sintomatologia aspecifica spessofugace e transitoria, oppure con manifestazioni più definite qua-li: tachipnea, dispnea improvvisa, dolore toracico di tipo pleu-rico, irrequietezza, senso di oppressione, sudorazione, ipoten-sione, pallore e cianosi.

L’intervento infermieristico è prevalentemente collaborativocon il medico e consiste nell’osservare attentamente il pazientea rischio di sviluppare questa temibile complicanza e nell’atti-vare misure di sostegno dello stato respiratorio e vascolare:somministrazione di ossigeno per alleviare l’ipossiemia e l’insuf-ficienza respiratoria, esecuzione dell’emogasanalisi, predisposi-zione di un accesso venoso per l’infusione dei farmaci (dopami-na per sostenere la pressione, trombolitici, ecc.), monitoraggiodei parametri vitali, posizionamento di catetere vescicale per ilmonitoraggio della diuresi, esecuzione di prelievi per esamiematochimici.

Altra complicanza trombotica che può insorgere durante il ri-covero è la trombosi venosa profonda; l’interessamento del si-stema venoso profondo si manifesta solitamente con edema etumefazione dell’arto interessato, dolenzia alla digitopressione,iperemia cutanea e, in rari casi, phlegmasia cerulea dolens. Incaso di tromboflebite superficiale solitamente si può osservareeritema, calore e cordone venoso lungo il decorso della vena,con dolore localizzato.

Altro momento importante delle attività infermieristiche è larilevazione precoce di eventuali complicanze della terapia epa-rinica o con anticoagulanti orali in pazienti con episodio trom-botico o embolico acuto. Tra queste ricordiamo la piastrinope-nia da eparina, definita come un calo piastrinico superiore al50% rispetto ai valori basali, o la comparsa di un nuovo eventotrombotico nonostante la terapia in atto e si avvale, dove possi-bile, della dimostrazione di anticorpi anti-eparina/piastrina.Altre temibili complicanze sono le manifestazioni emorragiche,spesso minori e di relativa importanza (epistassi, ematuria, gen-givorragie), ma più raramente severe, che necessitano di una

165La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

precoce individuazione e trattamento (emorragie sottofasciali-ileo-psoas in primis, emorragie cerebrali).

8.3 MISURE DI PROFILASSI NON FARMACOLOGICHEDELLA MTEV

Una grande importanza riveste la conduzione delle misure diprofilassi non farmacologica ad opera dell’infermiere professio-nale. Professionalità e conoscenza sono due momenti indispen-sabili nell’affrontare un percorso di questo tipo. L’infermierepuò attivamente fare profilassi mettendo in atto misure idoneea promuovere il ritorno venoso e ad evitare la stasi.

La mobilizzazione precoce dopo un intervento chirurgico, siacon esercizi a letto in maniera attiva o attiva assistita, sia instazione eretta, assume una valenza importante nella prevenzio-ne della MTEV.

La sindrome post-trombotica costituisce una complicanzatemibile e spesso invalidante della trombosi venosa profonda esi presenta con uno spettro di alterazioni che vanno dall’edemacronico alle ulcere flebostatiche recidivanti. La contenzione ela-stica, se correttamente e precocemente eseguita, è in grado diridurre fino al 50% l’incidenza della comparsa di sindrome post-trombotica (Brandijes, 1997). L’utilità della contenzione elasti-ca, con le classiche calze antitrombo o con le calze a compres-sione graduata si concretizza nella capacità di realizzare unaspinta pressoria che si contrappone dall’esterno all’ipertensio-ne e alla stasi venosa e che contribuisce a garantire la funzio-ne di pompa dei gruppi muscolari al di sopra dei quali si realizzala contenzione. Importante a questo proposito la conoscenzadella tipologia delle calze in commercio (Tabella II) e le modali-tà con cui prendere le misure e far indossare le calze (Figura 1).

Anche le modalità di impiego di strumenti a compressionepneumatica che esercitano una pressione intermittente sullegambe devono essere conosciute dal personale infermieristico.Queste misure fisiche sono un utile presidio in combinazione

166 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tabella II. Calze elastiche antitrombo (usate abitualmente nei repartidi chirurgia, ortopedia ed ostetricia-ginecologia della A.O. di PN).

Classe di compressione mmHg

CAT 2000 KKL 0 18 alla caviglia

Thrombexin KKL 0 18 alla caviglia

Struva 23 KKL 0-1 23 alla caviglia

Struva 35 KKL 1-2 35 alla caviglia

Figura 1. Calze elastiche a compressione graduata

Classe di mmHgcompressione coscia/caviglia

KKL 1 20-30

KKL 2 30-40

KKL 3 40-50

KKL 4 50-60

Le calze elastiche a compressione graduata vanno indossate durante l’atti-vità giornaliera e tolte durante il riposo notturno; in primis perché l’azionedel tutore elastico è strettamente correlata con l’attività delle pompe musco-lari (binomio compressione-deambulazione) e poi perché la calza elasticapuò definirsi un materiale ad allungamento lungo (>140% della lunghezzainiziale) e quindi esercita pressioni superficiali a riposo alte rispetto ai ma-teriali ad allungamento corto o nullo (bendaggi rigidi) così da provocare pos-sibili disturbi dolorosi nell’immobilità prolungata, specie in posizione clino-statica.

Le calze elastiche antitrombo o antiembolo (da 18 mmHg alla caviglia finoa circa 5 mmHg alla coscia) vanno indossate in pazienti a rischio costrettiall’immobilità e dunque in condizioni di prevalente riposo (a letto).

167La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

con mezzi farmacologici in pazienti a rischio trombotico eleva-to o come modalità unica di profilassi nei pazienti a rischioemorragico o con controindicazioni alla terapia antitrombotica.

Altro ambito di intervento infermieristico è la gestione dieventuali lesioni trofiche in pazienti con insufficienza vascola-re severa o sindrome post-trombotica avanzata.

8.4 LA GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA TERAPIAEPARINICA ED ANTICOAGULANTE ORALE

Esistono dei protocolli infermieristici di gestione e controllodella terapia e di sorveglianza dei possibili effetti collaterali?Nella maggior parte dei casi la risposta è negativa. La terapiacon eparina sodica in pompa è sicuramente una terapia impe-gnativa dal punto di vista infermieristico: il raggiungimento diun aPTT ottimale implica frequenti variazioni del dosaggio esoprattutto frequenti controlli laboratoristici. Adottare un co-mune e condiviso nomogramma di valutazione degli aggiusta-menti terapeutici e dei controlli di laboratorio può sicuramen-te ottimizzare il percorso terapeutico (Tabella III). Anche la con-duzione della terapia con eparina a basso peso molecolare ri-chiede alcuni accorgimenti come una buona conoscenza dellatecnica di iniezione, da saper trasmettere al paziente o ai fami-liari nel caso di autosomministrazione a domicilio del farmaco,ed una buona conoscenza dei possibili effetti collaterali dellaterapia già visti in precedenza.

8.5 COME ATTUARE L’EDUCAZIONE SANITARIA

Certamente di grande importanza è l’attività di educazionesanitaria che l’infermiere professionale può svolgere nel favorirela conduzione sicura ed efficace del trattamento anticoagulan-te orale.

La somministrazione dell’anticoagulante orale richiede ancheun’attività d’informazione ed educazione del paziente e dei “caregiver” per la successiva gestione domiciliare della terapia.

168 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Questa potrebbe essere favorita dalla consegna ed illustrazio-ne da parte dell’infermiere di opuscoli informativi che fornisca-no una guida per un sicuro ed efficace trattamento anticoagu-lante: caratteristiche del farmaco, possibili interazioni farmaco-logiche, interazione con i cibi, segni di sanguinamento anoma-li, gradazione dei controlli di laboratorio.

La relazione con la persona ha anche l’obiettivo di renderlaconsapevole delle caratteristiche della malattia e del suo anda-mento, fornendo tutte le indicazioni utili ad una gestione auto-noma, da quelle relative allo stile di vita: abitudini voluttuarie,dieta, attività fisica; alla gestione corretta della terapia e allaprevenzione delle complicanze della stessa, nonché della pato-logia di base e delle malattie spesso correlate.

8.6 CONCLUSIONI

Concludendo, si può affermare che l’assistenza infermieristi-ca al paziente con MTEV racchiude una vasta gamma di inter-venti che devono essere pianificati sulla base delle sue abilitàresidue, con tappe in cui l’intervento può essere completamen-te compensatorio, o parzialmente supplettivo, fino ad esseresolamente istruttivo.

Tabella III. Schema di terapia con eparina non frazionata (ENF).

Ratio aPTT Modifica Altri interventi Controlliinfusione aPTT

(ml/h)

<1.5 + 4 ml/h nuovo bolo e.v. dopo 6 ore1.6-1.9 + 2 ml/h dopo 6 ore2.0-2.5 goal al mattino2.6-3.0 - 2 ml/h successivo3.1-3.8 - 4 ml/h stop infusione 30 min. dopo 6 ore>3.9* - 4 ml/h stop infusione 60 min. dopo 6 ore

*Per valori >3.0 si consiglia di ripetere il prelievo da un’altra vena.

169La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Tutto ciò che l’infermiere attua nei confronti del paziente conMTEV ha successo tanto più è condiviso con le altre figure pro-fessionali che operano nel team assistenziale.

Enfatizzare l’integrazione delle responsabilità e delle risorseè la condizione essenziale per migliorare l’efficacia degli inter-venti.

8.7 BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

1) Carpenito L.J. Diagnosi infermieristiche. Applicazione alla prati-ca clinica. Edizioni Sorbona, Milano, 1996.

2) Crafen R.F., Hirnle C.J. Principi fondamentali dell’assistenza in-fermieristica. Sostegno delle funzioni fisiologiche. Volume 2. CEA,Milano, 1998.

3) Autar R. Calculating patients’ risk of deep vein thrombosis. Bri-tish Journal of Nursing, 1998.

4) Wallis M, Autar R. Deep vein thrombosis: clinical nursing mana-gement. Nursing Standard. Continuing Professional Development,2001.

5) Cavicchioli A., Canova M., Casson P., Pomes A., Tromca A., Za-nella G. Elementi di base dell’Assistenza infermieristica. CEA,Milano, 1994.

6) Brandijes D.P.M., Buller H.R., et al. Randomized trial of effect ofcompression stockings in patients with symptomatic proximal-vein thrombosis. Lancet, 1997; 349:759-62.

7) Goldhaber S.Z., Dunn K., MacDougall R.C. New onset of venousthromboembolism among hospitalized patients ad Brigham andWomen’s Hospital is caused more often by prophylaxis failurethan by withholding treatment. Chest, 2000; 118:1680.4.

170 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

171La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

NUOVI FARMACI

ANTITROMBOTICI

PER LA

PROFILASSI

E LA

TERAPIA

DEL

TROMBOEMBOLISMO

VENOSO

9.

172 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

173La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Da oltre 50 anni la profilassi farmacologica e la terapia deltromboembolismo venoso (TEV) si avvalgono di due classi di far-maci: l’eparina e gli anticoagulanti orali (AO). All’eparina nonfrazionata (ENF) usata per prima, si sono affiancate, per poispesso sostituirla, le eparine a basso peso molecolare (EBPM).I classici farmaci anticoagulanti hanno però una serie di proble-mi nel loro impiego clinico tali da essere ben lungi da poter es-sere considerati soddisfacenti, nonostante l’impiego delle EBPMabbia costituito un significativo avanzamento.

Negli ultimi dieci anni sono stati sviluppati numerosi nuovifarmaci anticoagulanti. Per la maggior parte questi nuovi anti-trombotici possiedono bersagli specifici a differenti livelli dellacascata coagulativa e ciò deriva dalla premessa che una migliorselettività dovrebbe garantire un miglior controllo della terapiastessa. Valuteremo dunque i composti che sono in fase di spe-rimentazione clinica più avanzata e che in alcuni casi hanno giàtrovato una loro indicazione nell’ambito della terapia antitrom-botica.

Per schematicità distingueremo i nuovi farmaci antitrombo-tici in quattro grandi categorie: gli inibitori del complesso fattoreVIIa/fattore tissutale, gli inibitori del fattore Xa, gli inibitori di-retti della trombina (fattore IIa) ed infine gli altri farmaci anti-trombotici (inibitori dei fattori Va e VIIIa, derivati eparinici edeparinoidi) (Tabella I, Figura 1).

9. NUOVI FARMACI ANTITROMBOTICI

PER LA PROFILASSI E LA TERAPIA

DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO

Domenico PriscoDipartimento di Area Critica Medico-chirurgica, Centro Trombosi,A.O.U. Careggi, Firenze

174 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Molecola Via Stato Indicazione

Fattore TFP IV Fase II SepsiVIIa/TF VIIai SC Fase II PTCA

NAPc2 SC Fase II Prevenzione TEV chi-rurgia del ginocchio

Fattore Xa Pentasaccaride SC Fase III Prevenzione TEVchirurgia ortopedicamaggiore, terapiaTEV, profilassisecondaria TEV

Fattore IIa Irudina IV Approvato HITMelagatran SC Fase III Prevenzione TEV chi-Ximelagatran Orale rurgia ortopedica

maggiore, terapiaTEV, profilassi secon-daria TEV o della FA

Irulog IV Approvato HIT, PTCAArgatroban IV Approvato HIT

Fattore Proteina C IV Fase III SepsiVa/VIIIa attivata

Trombomodulina SC Fase II Prevenzione TEVchirurgia d’anca

Derivati Bemiparina SC Approvato Prevenzione TEV ineparinici chirurgia e terapia

TEVEparinoidi Dermatansolfato IM Fase III Prevenzione TEV in

chirurgiaDanaparoid SC Approvato Prevenzione TEV in

chirurgia, HIT

Tabella I. Nuovi farmaci antitrombotici.

9.1 INIBITORI DEL COMPLESSO FATTORE VIIA/TF

Gli inibitori della via del fattore tissutale (TF) agiscono su unostadio precoce della via estrinseca della coagulazione, inibendoil complesso Fattore VII attivato/Fattore Tissutale. Ciò contra-sta il momento iniziale della cascata della coagulazione, ma po-trebbe avere un impatto minore sulla sua amplificazione.

175La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Al momento tre farmaci sono stati valutati nei trials clinici.Il TFPI è un inibitore naturale, bivalente, che modula l’avvio

della coagulazione inibendo il complesso fattore VIIa/TF. Il TFPIprima lega e inibisce il fattore Xa ed il complesso che ne derivainibisce il VIIa. Al momento è stato valutato in due trial di fasedue nella sepsi.

Il fattore VIIai è un inibitore che compete con il fattore VIIaper il legame con il TF. Al momento è stato utilizzato con risul-tati deludenti in un trial di fase due in pazienti sottoposti aPTCA.

Il NAPc2 è uno dei nuovi farmaci provvisto di documentazio-ne clinica nel TEV, ma che non sappiamo se vedremo mai in Ita-lia. È la forma ricombinante di un anticoagulante derivato da unNematode (Ancylostoma caninum). Esso si lega a un sito non

��

��

Sedi d’azione dei nuovi farmaci anticoagulanti

Tappe nellacoagulazione

Cascata dellacoagulazione

Farmaco

Avvio

Propagazione

Attivitàtrombinica

Fibrinogeno Fibrina

TF = fattore tissutale

FVIIa = fattore VIIa attivo bloccato

II = protrombina

IIa = trombina

TFPI = inibitore della via del fattore

tissutale

NAPc2 = peptide anticoagulante

nematodico

APC = proteina C attivata

a = attivato

Pentasaccaride

DX9065a

Irudina

Bivalirudina

Argatroban

Ximelagatran

APC

FVIIai

TFPI

NAPc2

+

+

+

+

+

+

+

TF/VIIa

X

IXa

VIIIa

+

IIa

II

Xa

Va

Figura I. Sito d’azione dei nuovi farmaci antitrombotici.

176 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

catalitico situato sia nel fattore Xa che nello zimogeno e formaun complesso che inibisce il fattore VIIa sito nel complesso fat-tore VIIa/fattore tissutale. Ha somministrazione parenterale,buona biodisponibilità (90%), lunga emivita (50 ore dopo som-ministrazione sc,con la possibilità di una somministrazione ogni48 ore). Ha dimostrato buona efficacia nella profilassi del TEVin uno studio aperto di dose-finding di fase II in 293 pazientisottoposti a chirurgia maggiore del ginocchio. NAPc2 era som-ministrato da 1 a 12 ore dopo l’intervento e poi a dì alterni perun massimo di 4 dosi. La massima efficacia era raggiunta alladose di 3 microg/kg iniziata un’ora dopo l’intervento.

9.2 INIBITORI DEL FATTORE Xa

I pentasaccaridi sono i concorrenti più avanzati delle EBPM,che costituiscono tuttora lo standard di riferimento nella profi-lassi e nel trattamento del TEV.

Il pentasaccaride fondaparinux è stato confrontato con leEBPM in quattro studi di fase III in pazienti sottoposti a chirur-gia ortopedica maggiore, dimostrandosi significativamente piùefficace. È perciò interessante confrontare il meccanismo d’azio-ne e la farmacocinetica di queste due classi di farmaci. Le EBPMsono ricavate da preparazioni di ENF di origine estrattiva ani-male, sono dirette contro diversi fattori della coagulazione (IIa,IXa e Xa) e la loro azione è mediata dal legame con l’antitrom-bina (ATIII). Il fondaparinux è interamente ottenuto per sintesichimica. Mostra alta affinità per l’ATIII che possiede uno speci-fico sito di legame per il pentasaccaride. Questo legame deter-mina la inibizione selettiva del fattore Xa mediata dall’ATIII. Ilfattore Xa gioca un ruolo centrale nella cascata della coagulazio-ne e la sua inibizione comporta una forte inibizione della forma-zione di trombina e della crescita del coagulo.

Tra la dose di fondaparinux e l’inibizione della generazione ditrombina attraverso le vie intrinseca ed estrinseca della coagu-lazione esiste una correlazione lineare. Studi di fase I su volon-tari sani hanno mostrato una cinetica essenzialmente lineare

177La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

sia nei giovani che negli individui anziani. La biodisponibilità difondaparinux è completa per somministrazione sc, con rapidainsorgenza di azione e bassa variabilità di efficacia. L’emivita delfondaparinux è più lunga di quella dell’EBPM: 15-20 ore controcirca 4-6 ore.

In profilassi, una sola dose quotidiana di fondaparinux assi-cura un completo effetto antitrombotico per 24 ore. Di conse-guenza, allo scopo di dimostrare un miglior rapporto rischio/be-neficio nei confronti delle EBPM, una singola dose quotidiana difondaparinux è stata scelta per gli studi di fase II e III nella pro-filassi del TEV in chirurgia ortopedica maggiore.

Attraverso un ampio programma di studi di fase I e II, il fon-daparinux è stato valutato in una grande varietà di situazionicliniche ed in un’ampia gamma di profili di pazienti. Il program-ma di fase II ha stabilito la efficacia e la sicurezza della molecolain prevenzione e trattamento acuto del TEV e della malattiatromboembolica arteriosa.

Per quanto riguarda la prevenzione del TEV in ortopedia, unasomministrazione quotidiana di 2,5 mg di fondaparinux, coninizio post-operatorio, è stata scelta per gli studi di fase III diprofilassi in chirurgia ortopedica maggiore. A tutt’oggi sono staticompletati quattro studi di fase III di prevenzione del TEV inpazienti sottoposti a protesi elettiva d’anca (due studi, 4.584pazienti), protesi elettiva di ginocchio (uno studio, 1.049 pazien-ti), e in pazienti operati per frattura d’anca (uno studio, 1.711pazienti). Questo programma è stato completato in 24 Paesi,coinvolgendo più di 7.000 pazienti.

Gli studi, prospettici, randomizzati, in doppio cieco, compa-rativi, per gruppi paralleli, hanno utilizzato lo stesso dosaggio difondaparinux per tutti i pazienti in tutte le procedure chirurgi-che descritte, ed un unico farmaco di confronto (enoxaparina).In tutti i quattro studi la verifica primaria di efficacia si basavasulla flebografia bilaterale.

I risultati hanno inequivocabilmente dimostrato la maggioreefficacia del fondaparinux rispetto al comparatore nella preven-

178 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

zione del TEV in pazienti sottoposti ad intervento chirurgico perfrattura d’anca ed in pazienti sottoposti ad intervento chirurgi-co di protesi elettiva d’anca o di ginocchio, con una riduzioneglobale del rischio a favore del fondaparinux del 55.3%, statisti-camente altamente significativa. Una superiore efficacia neiconfronti della EBPM è stata dimostrata in tutti i tipi di chirur-gia oggetto degli studi. Questo vantaggio rimane consistente intutti i sottogruppi di pazienti, senza relazione con l’età, il sesso,il tipo di anestesia, l’uso del cemento e la durata dell’interven-to chirurgico.

La superiorità nei confronti del comparatore in termini di ef-ficacia è stata raggiunta senza un aumento significativo del ri-schio di emorragia clinicamente rilevante (emorragia fatale,emorragia in organi critici, emorragia che porta al re-interven-to). Infine, la mortalità è risultata molto bassa in entrambi igruppi degli studi.

Nel 2003 è anche apparso lo studio PENTHIFRA PLUS che haparagonato fondaparinux somministrato per una sola settima-na con fondaparinux somministrato per quattro settimane dopointervento per frattura di femore evidenziando una notevole dif-ferenza nella efficacia relativa (- 96% di Riduzione del RischioRelativo con la profilassi prolungata).

Fondaparinux è stato anche studiato in profilassi nella chi-rurgia addominale ad alto rischio (studio PEGASUS) e nei pa-zienti medici (studio ARTEMIS).

Il PEGASUS ha paragonato il fondaparinux con dalteparina(iniziata preoperatoriamente) nella profilassi del TEV in pazientisottoposti a chirurgia addominale ad alto rischio (in gran parteoncologica). Sono stati arruolati 2.927 pazienti di età superiorea 60 anni oppure con età superiore a 40 anni ma con almeno unfattore di rischio addizionale per TEV. I pazienti erano randomiz-zati a dalteparina (2.500 UI 2 ore prima dell’intervento, 2.500 UIla sera dell’intervento e poi 5.000 UI sc al dì) o fondaparinux 2.5mg sc/die (iniziando 6 ore dopo l’intervento) per 7+2 giorni.L’end-point primario (TVP flebografica fra il 5° ed il 10° giorno +

179La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

TEV sintomatico nei primi 10 giorni) era raggiunto nel 6.1% enel 4.6% dei pazienti con una differenza non significativa. Inun’analisi post hoc limitata ai pazienti oncologici (circa il 70%del totale) si osservava invece una differenza significativa (7.7%vs 4.7%). Nessuna differenza in termini di emorragie maggiori(2.4% vs 3.4%) o mortalità (1.4% vs 1%). Ovviamente sono ne-cessari nuovi studi disegnati ad hoc per valutare la consisten-za di questa osservazione.

Nello studio ARTEMIS, recentemente presentato ma non an-cora pubblicato, sono stati arruolati 849 pazienti di età superio-re ai 60 anni, ospedalizzati per scompenso cardiaco, insufficien-za respiratoria, malattie infettive o infiammatorie acute richie-denti un periodo di immobilizzazione superiore ai 4 giorni. Ipazienti sono stati randomizzati a ricevere in doppio cieco fon-daparinux (2.5 mg/die s.c.) oppure placebo per 6-14 giorni.L’end-point primario era rappresentato dalla combinazione delriscontro flebografico di TVP asintomatica al termine del perio-do di trattamento e degli eventi tromboembolici venosi clinica-mente importanti (embolia polmonare, TVP). L’incidenza com-plessiva degli eventi tromboembolici venosi è stata del 5.6 % nelgruppo trattato con fondaparinux e del 10.5 % nel gruppo pla-cebo, con una riduzione statisticamente significativa (p = 0.029;OR 0.49). L’incidenza delle emorragie maggiori è stata bassa esovrapponibile nei due gruppi (0.2%).

Un esteso programma di sviluppo clinico si è rivolto anchealla terapia del TEV. Tale programma è stato completato con dueampi studi di fase III che avevano lo scopo di verificare l’effica-cia e la sicurezza del fondaparinux nel trattamento della TVP(studio MATISSE DVT) e nel trattamento dell’embolia polmona-re (studio MATISSE PE). In tali studi, pubblicati nell’ultimo anno,fondaparinux si è dimostrato almeno equivalente all’enoxaparina.

Nel MATISSE DVT 2.205 pazienti con TVP acuta sintomaticasono stati randomizzati a ricevere fondaparinux 7.5 mg sc/die(5 mg nei pazienti < 50 kg e 10 mg in quelli > 100 kg) o enoxa-parina 1 mg/kg sc x 2 per almeno 5 giorni fino a che la terapia

180 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

con AO non portava l’INR a valori superiori a 2. A 3 mesi il 3.9%dei pazienti trattati con fondaparinux contro il 4.1% di quellitrattati con enoxaparina avevano avuto una recidiva di TEV.Anche l’incidenza di emorragie maggiori (1.1% e 1.2%) e quelladi morte (3.8% e 3%) erano simili nei due gruppi.

Nel MATISSE PE 2.213 pazienti con embolia polmonare acu-ta sintomatica sono stati randomizzati a ricevere fondaparinux7.5 mg sc/die (5 mg nei pazienti < 50 kg e 10 mg in quelli > 100kg) o un’infusione endovenosa continua di ENF, aggiustata permantenere il PTT a valori fra 1,5 e 2,5 volte il valore di control-lo, per almeno 5 giorni fino a che la terapia con AO non porta-va l’INR a valori superiori a 2. A 3 mesi il 3.8 % dei pazienti trat-tati con fondaparinux contro il 5% di quelli trattati con enoxa-parina avevano avuto una recidiva di TEV. Anche l’incidenza diemorragie maggiori (1.3% e 1.1%) e quella di morte (5.2% e4.4%) erano simili nei due gruppi.

Fondaparinux è l’unico fra i nuovi farmaci anticoagulanti giàin commercio in Italia, sia pure per uso ospedaliero e con indi-cazione limitata alla profilassi del TEV in chirurgia ortopedicamaggiore.

Un pentasaccaride analogo del fondaparinux, l’idraparinux,che ha una lunga emivita (130 ore) che ne permette la sommi-nistrazione settimanale, sempre per via sc, è stato impiegatocon successo in uno studio di fase II nella profilassi secondariadel TEV in confronto con gli AO. Nello studio PERSIST, 659 pa-zienti con TVP prossimale venivano randomizzati, dopo 5-7 gior-ni di trattamento con enoxaparina, a ricevere 2.5, 5, 7.5, o 10mg di idraparinux sc una volta la settimana o warfarin con untarget di INR di 2-3 per 12 settimane. L’outcome di efficacia pri-mario era composito: modificazione della massa trombotica(mediante ecografia venosa e scintigrafia polmonare) alla 12°settimana + eventi clinici di TEV. I tassi di normalizzazione opeggioramento erano simili per i diversi dosaggi di idraparinuxe per il warfarin. Per le emorragie maggiori c’era un chiaro effet-to dose-risposta per l’idraparinux. Per la dose di 2.5 mg le emor-ragie maggiori erano meno numerose rispetto al trattamento con

181La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

warfarin. Tale dose dunque sembra una valida alternativa allaclassica terapia con dicumarolici nella prevenzione secondariadella TVP.

È in corso uno studio di fase III con idraparinux nella terapiadel TEV (Studio Van Gogh).

Gli altri inibitori del fattore X sono assai più indietro dei pen-tasaccaridi nello sviluppo clinico.

Il DX-9065a è un derivato argininico non peptidico che legail sito attivo del Xa. È stato valutato nella cardiopatia ischemi-ca ma non nel TEV.

Il razaxaban (DPC 906) è un agente orale che è stato con-frontato con l’enoxaparina (30 mg x 2/die) in uno studio di dose-finding di fase II condotto in 656 pazienti sottoposti a chirurgiamaggiore del ginocchio (25, 50, 75 e 100 mg x 2/die). Un effet-to dose risposta è stato documentato sia per l’efficacia che perla sicurezza. La bassa dose (25 mg) era quella più sicura ed eracomunque più efficace dell’EBPM.

L’YM466 monomesilato è un inibitore selettivo diretto nonpeptidico del fattore Xa. Si somministra per os due volte al gior-no. In uno studio ancora non pubblicato, multicentrico, aperto,di dose-escalation, YM466 è stato somministrato a 138 pazien-ti sottoposti a chirurgia elettiva dell’anca a 3 dosaggi (25, 50 e100 mg x 2) iniziando 8 ore dopo l’intervento. 109 pazienti era-no valutabili. La somministrazione iniziava in oltre il 90% deipazienti fra 6 e 12 ore dopo la chirurgia e si protraeva per 5-6giorni. Il tasso di TVP flebografiche era 39%, 22% e 4% nei tregruppi mentre quello di emorragie maggiori era rispettivamen-te 0%, 5% e 7%.

9.3 INIBITORI DIRETTI DELLA TROMBINA (fattore IIa)

Gli inibitori diretti della trombina, come l’irudina, agisconodirettamente sulla trombina (senza necessità di legame conl’ATIII), bloccando la sua attività ed il meccanismo di feed-backlegato alla trombina stessa.

182 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

L’irudina, un polipeptide di 65 amminoacidi prodotto dalleghiandole salivari di una sanguisuga medicinale (Hirudo medi-cinalis, Figura 2) rappresenta il più potente anticoagulante pre-sente in natura. Viene attualmente prodotta mediante la tecni-ca del DNA ricombinante e si è dimostrata in alcuni studi piùefficace della EBPM nella prevenzione della TVP dopo chirurgiaortopedica (protesi elettiva d’anca) e può essere utilizzata effica-cemente nei pazienti affetti da piastrinopenia da eparina. Sonostate di recente commercializzate due irudine ricombinanti, lalepirudina e la desirudina.

L’irulog è anch’esso un inibitore bivalente della trombina ene è stato recentemente approvato il suo uso in pazienti sotto-posti ad angioplastica coronarica.

L’argatroban è un diretto inibitore della trombina il cui usoè stato approvato nei pazienti affetti da piastrinopenia da epa-rina.

Farmaci forniti di ampia documentazione ma non ancora incommercio in Italia sono melagatran ed il suo precursore xi-

Figura 2. Hirudo Me-dicinalis.

183La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

melagatran, antitrombinici diretti. Il melagatran è un potenteinibitore selettivo diretto e reversibile della trombina. Ha un ra-pido onset/offset d’azione e non necessita di monitoraggio rou-tinario. Viene somministrato per via sottocutanea. Ha un effet-to altamente prevedibile ed una scarsa variabilità individuale. Èattivo nei confronti sia della trombina libera che di quella lega-ta al trombo. La sua azione è indipendente dalla AT e dai fatto-ri che neutralizzano l’eparina. Esso costituisce il maggior meta-bolita dello ximelagatran, un profarmaco somministrabile pervia orale. Lo ximelagatran viene assorbito senza interferenzacon il cibo e rapidamente trasformato in melagatran dopo as-sunzione orale. Ximelagatran raggiunge il picco di concentrazio-ne plasmatica a circa 2 ore dalla somministrazione orale. Hauna biodisponibilità del 20%, un legame alle proteine plasma-tiche inferiore al 15%, un’emivita nei pazienti di 4-5 ore ed unaeliminazione prevalentemente renale. Ne deriva una farmacoci-netica prevedibile che spiega il fatto che non sia necessario unmonitoraggio dell’azione anticoagulante ed un aggiustamentoterapeutico

Negli ultimi anni questo inibitore della trombina è stato va-lutato in numerosi studi clinici di fase II e III su prevenzione etrattamento della TVP, della trombosi arteriosa e della fibrilla-zione atriale.

Ximelagatran, somministrato per via orale, è stato studiatonella profilassi del TEV in chirurgia ortopedica maggiore (even-tualmente preceduto da 1 o 2 somministrazioni iniziali per viaparenterale di melagatran), nella terapia della fase acuta e cro-nica del TEV e nella profilassi secondaria prolungata del TEV. Intutte queste indicazioni si è mostrato equivalente o superioreall’EBPM e agli anticoagulanti orali. L’interesse di questo farma-co è legato essenzialmente alla sua somministrazione orale.

L’efficacia del melagatran sottocute seguito da ximelagatranper os in chirurgia ortopedica maggiore è stata valutata in 4 trialeuropei mentre l’efficacia di un trattamento solo con ximelaga-tran orale è stata valutata in cinque trials americani.

184 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

In uno studio di dose-ranging europeo, melagatran iniziatopreoperatoriamente alla dose di 3 mg x 2/die sc seguito da xi-melagatran orale 24 mg x2/die è risultato più efficace di dalte-parina 5.000 UI/die nella prevenzione del TEV in pazienti ope-rati di protesi d’anca o di ginocchio (METHRO II). In un altrostudio (METHRO III) non c’erano differenze significative nellaprevenzione del TEV fra melagatran (3 mg somministrati scdopo la chirurgia e seguiti da ximelagatran 24 mg x 2 per os)versus enoxaparina 40 mg/die. Rispetto all’enoxaparina, eranoosservati tassi significativamente minori di TVP prossimale e/o embolia polmonare e di episodi di TEV somministrando il me-lagatran (2 mg) prima e (3 mg) dopo l’intervento seguito dallaconsueta dose orale di ximelagatran (studio EXPRESS).

Tre studi americani di fase III hanno confrontato ximelaga-tran iniziato dopo l’intervento alla dose di 24 o di 36 mg/die conwarfarin nella prevenzione del TEV in pazienti operati di prote-si d’anca o ginocchio. Il Platinum-knee trial che valutava la dose24 mg x 2 mostrava una sostanziale equivalenza con il warfarin.Nello studio EXULT-A che valutava sia la dose 24 mg x 2 che 36mg x 2, quest’ultima dose era più efficace del warfarin con ana-logo tasso di complicanze emorragiche. Lo studio EXULT B chevalutava solo la dose di 36 mg x 2 confermava i risultati di cuisopra.

Ximelagatran da solo o dopo melagatran era generalmenteben tollerato in termini di emorragie o necessità di trasfusionirispetto al trattamento di paragone. In un’analisi post-hoc il nu-mero di trasfusioni era minore con ximelagatran che con enoxa-parina.

Una metanalisi dei 3 principali studi europei di fase 3(METHRO II, METHRO III, EXPRESS) presentata da Cohen alCongresso dell’ISTH del 2003 indica che un buon bilancio fraefficacy e safety si ottiene con lo schema che prevede 2 mg sc dimelagatran preoperatorio seguito da 3 mg postoperatorio e poidallo ximelagatran.

In realtà la recente registrazione in Germania di ximelagatran(Exanta®) per l’indicazione profilassi del TEV in ortopedia è stata

185La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

fatta secondo lo schema dello studio METHRO III privilegiandola safety alla efficacy. È ragionevole che in questa indicazione ilfarmaco sarà disponibile in Italia nel 2005 (il nome commercialesarà Exarta per problemi sulla registrazione in Italia del nomeExanta).

Una serie di studi clinici hanno valutato lo ximelagatran neltrattamento del TEV acuto. Come nei trial di profilassi lo xime-lagatran è stato somministrato per os a dose fissa senza moni-toraggio di laboratorio dell’effetto anticoagulante né aggiusta-mento della dose. Due studi pilota hanno usato la progressione/regressione del trombo o nuovi episodi embolici come end-point.In uno studio dei dose-finding (THRIVE I), randomizzato, con-trollato, multicentrico è stata valutata l’efficacia e la tollerabi-lità di ximelagatran nei confronti di dalteparina seguita da war-farin, nel trattamento della TVP degli arti inferiori. 350 pazien-ti con TVP acuta hanno ricevuto diverse dosi di ximelagatran peros (24, 36, 48 o 60 mg x 2/die) o dalteparina (200UI/kg/die)seguita da warfarin (INR 2-3) per 2 settimane. La valutazioneflebografica di confronto (14 gg vs basale) disponibile in 295pazienti mostrava la regressione del trombo nel 69% sia deipazienti trattati con ximelagatran che con dalteparina con similimodificazioni dello score di Marder. Simile anche la riduzionedel dolore e dell’edema mentre rari e bilanciati erano gli episo-di emorragici che rendevano necessaria la sospensione del trat-tamento. In uno studio aperto di coorte 12 pazienti con embo-lia polmonare (THRIVE IV) venivano trattati con ximelagatranalla dose di 48 mg x 2 per 6-9 gg e successivamente con epari-na/warfarin. Un buon risultato clinico era ottenuto in tutti ipazienti senza complicanze emorragiche. Il quadro scintigraficopeggiorava solo in un paziente con neoplasia.

Non ancora pubblicato in extenso è il THRIVE treatment stu-dy, comunicato nel 2003 all’ISTH ed all’ASH. In questo studiorandomizzato, doppio cieco, 2.491 pazienti con TVP acuta, 37%dei quali avevano un’embolia polmonare confermata, venivanorandomizzati a ricevere ximelagatran 36 mg x 2 per os per 6

186 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

mesi o enoxaparina 1 mg/kg x 2 sc per almeno 5 gg seguita dawarfarin (target INR 2-3) per 6 mesi. Tutti i pazienti avevano unaCUS bilaterale ed una scintigrafia polmonare di ventilazione-perfusione basali. Lo scopo dello studio era dimostrare la noninferiorità del trattamento in esame nei confronti di quello dicontrollo. La scelta di un trial di non inferiorità deriva dalla noneticità di un trial contro placebo. End-point principale eranoepisodi di TEV ricorrente. Altri end-point la mortalità e le emor-ragie. Ximelagatran era somministrato a 1.241 pazienti mentre1250 ricevevano enoxaparina e warfarin. I gruppi erano ben bi-lanciati. Per nessuno degli end-point considerati (recidiva diTEV, mortalità totale, emorragie maggiori, recidiva di TEV e/oemorragia maggiore) si osservavano differenze fra i due gruppi.ALT elevate (> 3 volte il limite superiore normale) erano trovatenel 9.8% dei pazienti trattati con ximelagatran e nel 2% dei pa-zienti del trattamento di controllo. Tali alterazioni si osservava-no essenzialmente fra il secondo ed il terzo mese di trattamen-to. Come in altre esperienze col farmaco, queste alterazioni nonsi accompagnavano a sintomi e regredivano spontaneamente siache il trattamento fosse interrotto sia che fosse proseguito. Untrend favorevole per ximelagatran era osservato per le emorra-gie maggiori e la mortalità all’analisi intention-to-treat. Interes-sante notare che il tasso di mortalità all’analisi on treatment erainvece molto basso in entrambi i gruppi (0.6%).

L’ipotesi del THRIVE treatment study era più “radicale” diquella di altri studi in quanto esso valuta la possibilità di sosti-tuire non solo il warfarin ma anche l’eparina fin dall’inizio deltrattamento e per tutto il periodo di sei mesi di profilassi secon-daria. Questi dati dimostrano un’equivalente protezione rispettoal trattamento standard senza i suoi problemi e le sue limitazio-ni.

In un trial internazionale (18 paesi), multicentrico (142 cen-tri) in doppio cieco pubblicato lo scorso anno, il THRIVE III, xi-melagatran è stato utilizzato per la prevenzione secondaria pro-lungata del TEV. 1.233 pazienti con TEV (di cui il 15% con em-

187La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

bolia polmonare isolata) che avevano completato un periodo di6 mesi terapia anticoagulante orale standard, venivano rando-mizzati a continuare la profilassi con ximelagatran 24 mg x 2/die o placebo per altri 18 mesi. I pazienti eseguivano all’iniziouna ecografia venosa bilaterale degli arti inferiori ed una scin-tigrafia polmonare di perfusione. 1.223 pazienti furono inclusinell’analisi intention-to-treat. La durata media del trattamentofu di 505 giorni e la compliance di circa il 90%. Fra i 612 pazien-ti trattati con ximelagatran solo 12 ebbero una recidiva sinto-matica di TEV, contro ben 71 dei 611 trattati con placebo (HR0,16, IC 95% 0.09-0.30). Tutte le recidive venivano verificate conmetodica oggettiva. Ridotto era anche l’end-point compositorecidiva di TEV + mortalità. Non differivano fra i due gruppi néla mortalità totale (6 e 7 pazienti nei due gruppi) né le emorra-gie maggiori (solo 6 e 5 rispettivamente e nessuna fatale) e mi-nori (queste ultime particolarmente frequenti: 128 e 106). I tassidi emorragie totali erano 23.9% e 21% nei due gruppi senza dif-ferenze significative. Un incremento delle transaminasi superio-re a 3 volte il valore superiore normale, anche se generalmenteasintomatico e reversibile, era osservato nel 6.4% dei pazientitrattati con ximelagatran contro l’1.2% del gruppo placebo. Col-pisce in questo trial la frequenza delle emorragie minori ma vadetto che si trattava di qualunque evento che non rientrava nel-la definizione di emorragia maggiore e dunque anche i numerosieventi assolutamente privi di rilevanza clinica. Va ricordato chela standardizzazione delle definizioni di emorragia già imperfettaper quelle maggiori è assai variabile da trial a trial per quelleminori. Interessante notare che il 7% dei pazienti trattati conximelagatran (contro il 9% di quelli trattati con placebo) assu-mevano anche farmaci antipiastrinici (soprattutto aspirina) sen-za che questo si sia associato ad un evidente aumento delleemorragie. Da notare che il tasso annuo di emorragie maggioridi circa l’1% è inferiore a quello osservato negli studi con war-farin a dose piena (3-4%) e simile a quello degli studi con war-farin a basso dosaggio.

188 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

9.4 ALTRI FARMACI ANTITROMBOTICI

Inibitori dei fattori Va e VIIIa

La maggior parte delle ricerche nell’ambito di farmaci che au-mentano l’attività anticoagulante endogena si è recentementeconcentrata sulla Proteina C attivata. Un aumento della prote-ina C attiva può essere ottenuto dalla somministrazione nellasua forma ricombinante o di trombomodulina solubile. La pro-teina C attivata attualmente disponibile sotto forma di derivatiplasmatici o di agente ricombinante, è stata approvata per l’usonelle coagulopatie indotte da sepsi sulla base di uno studio difase III, mentre non esistono esperienze nel TEV.

La trombomodulina solubile si lega alla trombina e induce mo-dificazioni del suo sito attivo che la rendono un potente attiva-tore della proteina C. Un analogo ricombinante della porzioneextracellulare della trombomodulina solubile, che ha un’emivitadi 2-3 giorni dopo somministrazione sc, è stato valutato in unostudio di dose-escalating di fase II in 312 pazienti sottoposti achirurgia elettiva d’anca.

Derivati eparinici

Molti sono i derivati eparinici in studio ma si farà cenno quisoltanto ad una nuova EBPM di prossima uscita in Italia, la be-miparina.

Bemiparina è un’EBPM derivante dalla mucosa intestinalesuina. Si ottiene in forma di sale sodico per frazionamento me-diante depolimerizzazione per β-eliminazione in mezzo non ac-quoso. La struttura chimica conferisce alcune qualità e caratte-ristiche che differenziano la bemiparina da tutte le altre EBPMe fanno sì che possa essere considerata una nuova eparina diseconda generazione di EBPM. Bemiparina ha un peso moleco-lare (PM) medio di 3.600 Daltons (D), il minore delle EBPM at-tualmente commercializzate. La percentuale di frammenti conPM superiore a 6.000 D è molto minore rispetto alle altre EBPM,

189La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

e la maggior parte dei frammenti è al di sotto della lunghezzacritica. Come conseguenza, il rapporto attività anti-FXa/attivi-tà anti-FIIa è di 8:1. La sua biodisponibilità è pressoché comple-ta (96%). In studi di farmacocinetica è stato osservato che puòessere ottenuto un adeguato effetto anticoagulante per almeno18 ore dopo la somministrazione sottocutanea. La sua emivitadi eliminazione (5,3 ore) è la più lunga tra tutte le altre EBPM.Esistono al momento numerosi studi su profilassi e terapia delTEV condotti con bemiparina.

Eparinoidi

Tra gli eparinoidi accenneremo al Dermatansolfato e al Dana-paroid. Il dermatansolfato è un glicosaminoglicano naturaleestratto anch’esso dalla mucosa intestinale suina, che induceun effetto antitrombotico principalmente attraverso l’attivazio-ne del cofattore II dell’eparina. Alcuni studi hanno valutato lasua efficacia clinica nella prevenzione delle TVP post-operatoriee nei pazienti neoplastici sottoposti a vari interventi di chirur-gia generale.

Il Danaparoid è un eparinoide a basso peso molecolare con-tenente una miscela di eparansolfato (80%), dermatansolfato(10-15%) e condroitinsolfato (5%) estratto dalla mucosa intesti-nale suina e capace di interagire sia con l’antitrombina III checon il cofattore eparinico II inibendo la formazione di fibrina. Èstato valutato nella profilassi della TEV dopo interventi di chi-rurgia generale ed ortopedica, in pazienti con ictus cerebrale edinoltre si è dimostato efficace in corso di piastrinopenia da epa-rina. Non è in commercio in Italia.

9.5 CONCLUSIONI

Le EBPM e (con qualche riserva, almeno in Europa) gli AOsono farmaci sicuri ed efficaci per la profilassi del TEV in chi-

190 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

rurgia ortopedica maggiore. Fondaparinux rappresenta unanuova alternativa a questi farmaci ed è approvato in questa in-dicazione. Gli studi disponibili hanno dimostrato che fondapa-rinux riduce in maniera importante le TVP flebografiche rispettoai trattamenti classici ma non gli episodi di TEV sintomatico,peraltro rari sotto EBPM. Tale effetto, la cui rilevanza clinica èstata lungamente dibattuta, può avere un impatto importantesulla riduzione della sindrome postrombotica a distanza di tem-po. Anche ximelagatran è almeno equivalente ai farmaci classiciin questa indicazione ma al momento ha iniziali approvazioni inEuropa e dovrebbe essere disponibile in Italia nel corso del2005. Per quanto riguarda la profilassi prolungata (4-5 settima-ne) ormai divenuta uno standard in chirurgia ortopedica mag-giore, fondaparinux è risultato efficace nei pazienti operati perfrattura d’anca nello studio PENTHIFRA-PLUS mentre non esi-ste una simile documentazione al momento per ximelagatran.Le alternative sono dunque, laddove si inizi il trattamento coni nuovi farmaci, o quella di passare a EBPM per tutto il periodoa rischio o, nel caso di fondaparinux, di proseguirlo per 35 gior-ni. Molto attraente per alcuni pazienti l’ipotesi di proseguire xi-melagatran per via orale, ma questo dovrà essere suffragato daidati provenienti da trials in corso.

Le EBPM sono anche efficaci e sicure per il trattamento ini-ziale del TEV acuto. I due trial MATISSE, pubblicati recente-mente, hanno dimostrato che fondaparinux è efficace e sicuro intale indicazione con risultati equivalenti a quelli ottenuti coneparina standard in pompa e con EBPM. Comunicati ma nonpubblicati sono invece al momento gli analoghi dati di confrontoper ximelagatran che mostrano anche in questo caso una equi-valenza anche se non esiste uno studio per embolia polmonaresolido come il MATISSE PE del fondaparinux. Ma il vero interes-se clinico in questo campo riguarda la profilassi secondaria alungo termine e la possibilità di sostituire gli anticoagulantiorali con i nuovi farmaci. In questo campo è in corso uno studiocon il pentasaccaride idraparinux, un analogo di fondaparinux

191La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

a lunga emivita che ne permette la somministrazione per viasottocutanea una volta la settimana. Tale studio si basa sui datipromettenti dello studio di fase II PERSIST. Sono necessari pe-raltro diversi anni prima di avere, in caso di efficacia, disponi-bilità di tale farmaco in clinica per questa indicazione. Più bre-ve sembra invece il percorso per la disponibilità di ximelagatran,che, in base ai risultati degli studi THRIVE, si presenta comealternativa efficace al warfarin nella prevenzione secondaria delTEV a medio e lungo termine. Da definire ancora l’impatto cli-nico delle alterazioni degli enzimi epatici sull’utilizzo pratico diquesto farmaco.

Per entrambi i farmaci restano poi da valutare:• l’impatto economico e le decisioni circa la rimborsabilità che

saranno prese dalle agenzie regolatorie,• i problemi di compliance in rapporto alla mancanza di un

controllo di laboratorio in grado di svelarla,• la tossicità e gli effetti indesiderati a lungo termine,• il rischio di uso inappropriato per la semplificazione eccessi-

va della terapia.Infine, è presumibile che bemiparina, per le sue caratteristi-

che innovative, conquisti una fetta del mercato delle EBPM,anche se al momento le indicazioni restano quelle delle altremolecole.

9.4 BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

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195La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

ASPETTI

MEDICO-LEGALI

DELLA

MALATTIA

TROMBOEMBOLICA

VENOSA

10.

196 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

197La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

È di conoscenza comune che una patologia trombotica e/otromboflebitica degli arti è talvolta causa di tromboembolia pol-monare con possibilità di exitus, forse è meno noto quanto talepatologia venga sottostimata o sia misconosciuta in ambito sa-nitario. La malattia tromboembolica venosa risulta essere, dopol’infarto miocardico e l’ictus cerebri, la terza più comune malat-tia cardiovascolare; negli ultimi trent’anni l’incidenza delle com-plicanze non si è ridotta, al tavolo autoptico, nonostante le al-tre vasculopatie siano diminuite: l’incidenza varia dal 10 al 25%dei riscontri autoptici. Certamente una grande importanza rive-ste la bassa specificità della diagnosi clinica che determina unabuona percentuale di casi misconosciuti di trombosi venoseprofonde “silenti”. D’altra parte, per lo stesso motivo, la TVP puòessere confusa con altre patologie non trombotiche in fase didiagnostica differenziale. Importante è la valutazione dei fatto-ri di rischio predisponenti già ampiamente visti in precedenza.Tra questi sicuramente gli interventi chirurgici ed in particolare lachirurgia ortopedica rappresentano una condizioni a notevole ri-schio trombotico, basti pensare che, nell’artroprotesi d’anca, l’in-cidenza di TVP in assenza di profilassi è intorno al 50% e con laprofilassi eparinica l’incidenza si riduce al di sotto del 10%.

10.1 LA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE

Generalmente il coinvolgimento del medico legale in ambitodi patologia tromboembolica venosa riguarda la responsabilità

10. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA MALATTIA

TROMBOEMBOLICA VENOSA

Giovanni Del BenDirezione Sanitaria. Centro di Riferimento Oncologico, Aviano PN

198 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

professionale del sanitario ed avviene quando i problemi sonogià in atto.

L’esperienza insegna che difficilmente si passa indenni in unprocesso derivante da ipotesi di lesioni personali, ma più spes-so per ipotesi di omicidio colposo, come più volte appare sullastampa nazionale (Figura 1). A questo proposito i criteri indicatidalla Cassazione in tema di valutazione della responsabilità ci-vile del medico specialista sono molto chiari (Figura 2).

Quindi un richiamo specifico alla diligenza, intesa come pe-rizia professionale ovvero conoscenza ed attuazione delle rego-le tecniche proprie di una determinata professione. In quest’ot-tica la professione medica si è trasformata da “obbligazione dimezzi”, quale era, in “obbligazione di risultato”. Il paziente chenon vede realizzata la quarigione, si può rivolgere al giudicechiedendo i danni subiti a causa dell’evento lesivo e della cuipossibilità che si potesse verificare non era stato adeguatamen-te reso edotto. Viane così ribadito il concetto di “consenso infor-mato” come momento di grande importanza nella relazione me-dico-paziente.

Figura I. Rischi medico-legali legati alla MTEV.

199La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

I giudizi del magistrato, ma anche del medico legale incarica-to di sostenere le ipotesi accusatorie, sono condizionati dalla co-noscenza che gli eventi sono andati clinicamente male.

In un’esperienza giudiziaria ventennale, l’accusa ha sempreavuto facile gioco; la difesa, anche se strenua e puntigliosa,usualmente fallisce in quanto non sostenuta da adeguata pro-va di impegno professionale per prevenire o trattare la trombo-si venosa profonda o la sua complicanza più grave costituitadall’embolia polmonare, talora fatale.

In ambito ospedaliero sono pochi i clinici che non s’imbatto-no nella problematica diagnostica o terapeutica e/o di profilassidella trombosi venosa profonda; i medici di medicina generale –e anche quelli di continuità assistenziale – possono essere sfa-vorevolmente coinvolti in processi per esito fatale di emboliapolmonare. Nei trattati di patologia speciale medica o chirurgi-ca si definiva come “grande simulatrice” l’embolia polmonare el’esperienza ci conferma che le cose, spesso, stanno propriocosì.

L’approccio del medico nei confronti della malattia trombo-embolica venosa deve tener conto di alcune caratteristiche:

Figura 2. Responsabilità civile: gli ultimi orientamenti della Cassazio-ne.

“...Nell’adempimento delle sue prestazioni professionali ilmedico è tenuto ad una diligenza che non è quella cosid-detta del “buon padre di famiglia” (art. 1176, 1° comma delCodice Civile), ma quella specifica del cosidetto “debitorequalificato” (cioè del soggetto tenuto ad effettuare la pre-stazione richiesta), come previsto dall’art. 1176, 2° commadel Codice Civile, la quale comporta il rispetto di tutte leregole e gli accorgimenti che nel loro insieme costituisconola conoscenza della professione medica, compreso l’obbli-go di sorveglianza della salute del soggetto operato anchenella fase post-operatoria”.

Cassazione Civile, Sezione III, sent. n° 342 del 2.5.2002

200 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

• Malattia prevedibile.• Malattia prevenibile.• Malattia diagnosticabile anche precocemente.• Malattia curabile.• Effetti collaterali della terapia e/o della profilassi.Ma anche:• Malattia con complicanze note e prevedibili.• Malattia con complicanze prevenibili.• Malattia con complicanze diagnosticabili anche precocemen-

te.• Malattia con complicanze curabili.

Quando il medico legale è chiamato, a posteriori, a ricostru-ire un fatto esitato in danno, ricostruisce il percorso relativo allaprevedibilità (in relazione ai vari e molteplici fattori di rischio),alla prevenibilità (approccio farmacologico differenziato e indi-vidualizzato, uso di presidi o procedure meccanico-pneumatico,qualità assistenziale anche infermieristica), alla diagnosticabi-lità precoce (sintomi, segni clinici e/o di laboratorio e/o stru-mentali; osservazione) e alla terapia (farmacologica, interveni-va, ecc.).

Ciò che è stato detto per la malattia vale, a maggior ragione,per le complicanze.

La documentazione sanitaria dovrà essere esaustiva; per pre-sunzione ciò che non è indicato nella cartella clinica è statoomesso.

Qualche possibilità di uscire indenni da una “sventura” pena-listica per danni da malattia tromboembolica venosa sta nelleannotazioni – se adeguate e giustificate - in cartella clinica cir-ca la ricerca metodica ed esplicita dei sintomi e dei segni di as-senza/presenza della malattia e/o delle sue complicanze.

Possiamo fare altre considerazioni:• ci sono medici che si comportano ancora in modo empirico:

“facciamo quello che si è sempre fatto e che è andato bene”piuttosto che in modo scientifico;

• ci sono medici che non parlano con i pazienti, non li informa-no, non li coinvolgono nel processo di prevenzione/diagnosi

201La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

e/o cura e non li rendono edotti del rapporto rischio-benefi-cio dei trattamenti intrapresi;

• ci sono medici che ritengono che occuparsi della malattiatromboembolica venosa “competa” agli altri medici che par-tecipano al processo di cura e/o di continuità assistenziale.Per preparare questa breve relazione ho richiamato alla men-

te i casi nei quali ho svolto attività peritale accusatoria e/o neiquali la difesa è stata vana: tutti appartenevano ad una dellecategorie appena citate.

Ecco allora che gli aspetti medico-legali, d’interesse per i Col-leghi Clinici coinvolti nella cura dei pazienti, si compendiano inuna esortazione: fate sì che la vostra professione vi faccia esseredestinatari di stima e di fiducia da parte dei pazienti (e dei lorofamiliari) e rifuggite da comportamenti che danneggiano il rap-porto medico-paziente preparando così un terreno fertile a pro-blematiche medico-legali.

10.2 BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

1) Angus GB, Belcaro G, Gensini F. Trombosi, Malpractice e Medici-na Legale. Edizioni Minerva Medica 1999.

2) Belcaro G, Cesarone MR. Linee guida e consensus conferences:strumenti scientifici e di tutela. Edizione Minerva Medica. 1999.

3) Norelli GA, Gabrielli M. La tromboembolia post-traumatica: con-siderazioni medico-legali da una rassegna casistica. Arch MedLeg Ass 6,164: 1984.

4) Lo Terzo G, Sciacca G. Profilassi delle trombosi venose profondepost-chirurgiche e responsabilità professionale. Zacchia 62,13.1989.

5) Palareti G, Genovese U, Marra A: Profilassi del tromboembolismovenoso in ortopedia: aspetti clinici e medico-legali. Passoni Edito-re, 2003.

6) Corte di Cassazione, sez. III, sent. n° 342, 2.5.2002.

202 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

203La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Glossario

ACA anticorpi anti-cardiolipineACCP American College of Chest Physicians

AO anticoagulanti oraliAPA anticorpi anti-fosfolipidi

aPCR proteina C attivataaPTT tempo parziale di tromboplastina attivataAT III antitrombina III

BMI Body Mass IndexCO contraccezione orale

CUS ecografia vascolare con compressioneCVC catetere venoso centrale

EBPM eparina a basso peso molecolareECG elettrocardiogrammaENF eparina non frazionata

EP embolia polmonareETG ecotomografiaHIT trombocitopenia indotta da eparina

HRT trattamento sostitutivo in menopausaIgG immunoglobuline GIgM immunoglobuline MINR international normalized ratio

IUGR limitazione intrauterina di sviluppoKg chilogrammomg milligrammo

MMG medico di medicina generaleMTEV malattia tromboembolica venosa

MTHFR metilenetetraidrofolato reduttasiPAI-1/2 inibitore dell’attivatore del plasminogeno

204 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

PF4 platelet factor 4PIOPED Prospective Invastigation of Pulmonary Embolism

DiagnosisPSA prostate specific antigen

SIAPAV Società Italiana di Angiologia e Patologia VascolareSISET Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della

TrombosiTAO terapia anticoagulante oraleTEV tromboembolia venosa

TF fattore tissutaleTFS tromboflebite superficialeTOS terapia ormonale sostitutivaTVP trombosi venosa profonda

UI unità internazionaliUPET Urokinase Pulmonary Embolism Trial

205La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Indice analitico

Aacenocumarolo ............................................................................ 122Ancylostoma caninum ................................................................. 171anestesia spinale/epidurale ......................................................... 129angiopneumografia ........................................................................ 33anticoagulanti orali ................................................................ 44, 169anticoagulazione ............................................................................ 43antitrombina .................................................................................. 46argatroban ................................................................................... 178arteriografia polmonare ................................................................. 28

Bbemiparina .................................................................................. 184

Ccateteri venosi centrali ........................................................ 101, 141chemioterapia .............................................................................. 102color-Doppler ................................................................................. 19compressione pneumatica intermittente ...................................... 161condizioni protrombotiche acquisite ............................................ 112consenso informato...................................................................... 194contenzione elastica ..................................................................... 161contraccettivi orali ....................................................................... 130

Dd-dimeri, dosaggio dei .................................................................... 81D-dimero........................................................................... 21, 24, 29Danaparoid .................................................................................. 185dermatansolfato ........................................................................... 185desogestrel ................................................................................... 130Doppler pulsato ............................................................................. 19DPC 906 ...................................................................................... 177Duplex scanning ............................................................................ 19DX-9065a .................................................................................... 177

206 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Eecocardiografia ........................................................................ 33, 34ecocolordoppler .............................................................................. 80ecografia con compressione ..................................................... 21, 80ecotomografia a compressione seriata ............................................ 18

real-time...................................................................................... 18embolia polmonare ............................ 17, 25, 43, 64, 75, 137, 159

criteri scintigrafici ....................................................................... 32diagnosi della .............................................................................. 25iter diagnostico ............................................................................ 28sintomatologia ............................................................................. 25

emogasanalisi ................................................................................ 27eparina ................................................................................. 43, 169

a basso peso molecolare .............................................................. 75non frazionata ..................................................................... 44, 169

eparine a basso peso molecolare ............................................ 46, 169caratteristiche ............................................................................. 48

Ffattore II o protrombina................................................................ 117fattore V Leiden............................................................................ 116

VIIai .......................................................................................... 171fibrinogeno radiomarcato ............................................................. 138filtro cavale .................................................................................... 43flebografia .................................................................................... 138

degli arti inferiori ......................................................................... 17ecografica .................................................................................... 20

fondaparinux ........................................................................ 56, 172

Ggestione domiciliare della TVP ........................................................ 85gestodene ..................................................................................... 130

Hheparin induced thrombocytopenia ............................................... 49Hirudo medicinalis ....................................................................... 178

Iictus cerebrale ............................................................................. 139idraparinux .................................................................................. 176infarto miocardico ........................................................................ 139Instant I.A. ..................................................................................... 22insufficienza cardiorespiratoria ..................................................... 27

respiratoria ............................................................................... 141

207La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

ipertensione polmonare cronica post-tromboembolica ................... 35irudina ......................................................................................... 178irulog ........................................................................................... 178

Llevonorgestrel .............................................................................. 130lupus anticoagulante ................................................................... 118

Mmalattia tromboembolica venosa.................................................... 75

in gravidanza............................................................................. 111terapia della ................................................................................ 43

malattie infiammatorie croniche intestinali .................................. 141melagatran................................................................................... 178mobilizzazione precoce ................................................................. 161MTEV, profilassi della sul territorio ................................................ 68

NNAPc2 .......................................................................................... 171nursing ........................................................................................ 157

Oosteoporosi .................................................................................... 45

Ppatologia trombotica ...................................................................... 77pentasaccaride ................................................................ 46, 56, 172polimorfismi del fattore V ............................................................. 117probabilità clinica pre-test di TVP .................................................. 23profilassi antitrombotica in chirurgia........................................... 100

della MTEV ................................................................................ 158non farmacologica ..................................................................... 161

progestinici di seconda generazione ............................................. 130di terza generazione................................................................... 130

proteina C attivata .............................................................. 116, 184

Rradiografia del torace ..................................................................... 27razaxaban .................................................................................... 177responsabilità professionale......................................................... 193risonanza magnetica nucleare ....................................................... 33

Sscintigrafia dpolmonare ................................................................. 27

perfusionale .............................................................................. 127

208 La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

ventilatoria .................................................................................. 31ventilo-perfusionale .................................................................... 33

scompenso cardiaco ..................................................................... 139score clinico di probabilità ............................................................. 77screening di trombofilia, test consigliati ......................................... 86

per trombofilia............................................................................. 85sindrome nefrosica ...................................................................... 141

post-trombotica ............................................................ 53, 66, 161solfato di portamina ....................................................................... 45

Ttamoxifene ................................................................................... 102terapia anticoagulante .......................................................... 51, 104

anticoagulante orale .................................................................... 65estroprogestinica ....................................................................... 130ormonale sostitutiva.................................................................. 130

TFPI ............................................................................................ 171tomografia spirale del polmone ...................................................... 33trattamento domiciliare, controindicazioni .................................... 52

criteri di esclusione ..................................................................... 83trombina ........................................................................................ 46trombo ........................................................................................... 18trombocitopenia indotta da eparina ............................................... 45tromboembolismo venoso........................................ 22, 43, 137, 169trombofilia ................................................................................... 115

acquisita ..................................................................................... 99ereditaria................................................................................... 112ereditaria ed acquisita ................................................................. 66

tromboflebite superficiale ........................................................ 64, 93trombolitici .................................................................................... 43trombomodulina solubile ............................................................. 184tromboprofilassi in oncologia medica ........................................... 103trombosi distale isolata ............................................................ 17, 18trombosi venosa profonda ................................... 17, 43, 75, 64, 160

diagnosi di ................................................................................... 17diagnosi differenziale ................................................................... 76score di probabilità clinica .......................................................... 77sospetto diagnostico .................................................................... 75

troponina ....................................................................................... 33

Uulcere flebostatiche ...................................................................... 161

209La malattia tromboembolica venosa Approccio multidisciplinare

Vvaricoflebite ................................................................................... 94vena femorale comune ................................................................... 18

poplitea ....................................................................................... 18vene sottopoplitee .......................................................................... 18

Wwarfarina ......................................................................... 65, 84, 122

Xximelagatran ......................................................................... 56, 178

YYM466 ......................................................................................... 177