APPRENDERE E PROGETTARE SUPPORTI DIDATTICI · formativa svolta dalla didattica metacognitiva si...

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APPRENDERE E PROGETTARE SUPPORTI DIDATTICI 113 Comitato scientifico Guido Benvenuto (UniLaSapienza), Luigino Binanti (UniSalento), Larry Hickman (UniCarbondale), Emilio Lastrucci (UniBasilicata), Giuseppe Spadafora (UniCalabria), Ignazio Volpicelli (UniTorVergata)

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APPRENDERE E PROGETTARESUPPORTI DIDATTICI

113

Comitato scientifico

Guido Benvenuto (UniLaSapienza), Luigino Binanti (UniSalento),Larry Hickman (UniCarbondale), Emilio Lastrucci (UniBasilicata),

Giuseppe Spadafora (UniCalabria), Ignazio Volpicelli (UniTorVergata)

Giacomo Mondelli

La didattica metacognitivaper la promozionedelle competenze

Fare metacognizione nella scuola della conoscenza

ISBN: 9788867090587

© 2013 – Editoriale Anicia s.r.l.Via S. Francesco a Ripa, n. 10400153 Roma – Tel. (06) 5898028/5894742Sede legale: Via di Trigoria, n. 4500128 Roma – Tel. 06.50653118

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Indice

Introduzione 9

PARTE PRIMA

LA METACOGNIZIONE: SFIDA EDUCATIVA E DIDATTICA

NELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA

Capitolo primoLa metacognizione a sostegno degli allievi

nella società complessa 13

Capitolo secondoLa società complessa come “lago digitale” 27

Capitolo terzoLa metacognizione nella società complessa

per sostenere e potenziare l’autonomia dell’allievo 39

Capitolo quartoDirezioni educative e metacognizione 51

Capitolo quintoLa didattica metacognitiva per far partecipare l’allievo

all’acquisizione delle competenze 61

PARTE SECONDA

IL PROGETTO EDUCATIVO, FORMATIVO

E CURRICOLARE METACOGNITIVO

Capitolo sestoI fondali metodologici della didattica metacognitiva 77

5

Capitolo settimoL’“egocentrismo” degli insegnanti 91

Capitolo ottavoLe caratteristiche degli obiettivi metacognitivi 101

Capitolo nonoCompetenza e (è) metacognizione 111

Capitolo decimoLe competenze metacognitive per le imprese,

per l’Europa e per assolvere l’obbligo scolastico 131

Capitolo undicesimoLa metacognizione nei curricoli scolastici:

la Scuola dell’Infanzia e del Primo Ciclo 141

Capitolo dodicesimoLa metacognizione nei curricoli scolastici:

la scuola del Secondo Ciclo 167

PARTE TERZA

LA PROGETTAZIONE DIDATTICA DELL’INTERVENTO METACOGNITIVO

Capitolo tredicesimoLa metacognizione nella progettazione didattica

e le linee fondamentali dell’intervento metacognitivo 201

Capitolo quattordicesimoLa conoscenza dei repertori mentali degli allievi

(da parte degli insegnanti) 213

Capitolo quindicesimoL’osservazione e la valutazione (metacognitiva)

nei documenti di riforma scolastica 227

Capitolo sedicesimoAlcune tecniche di osservazione (e valutazione)

metacognitiva 239

6

Capitolo diciassettesimoGli obiettivi dell’intervento didattico metacognitivo 267

Capitolo diciottesimoModalità e tecniche di sviluppo: abilità di metaconoscenza

e di controllo metacognitivo 285

Capitolo diciannovesimoModalità e tecniche di sviluppo delle strategie

di memoria e di attenzione 295

Capitolo ventesimoModalità e tecniche di sviluppo delle strategie

di pensiero e degli stili cognitivi 311

Capitolo ventunesimoPer potenziare il pensiero: tecnologie digitali

e strategie di pianificazione 333

PARTE QUARTA

ESPERIENZE DIDATTICHE METACOGNITIVE

Capitolo ventiduesimoMetacognizione al Primo Ciclo 349

Capitolo ventitresimoMetacognizione al Secondo Ciclo 361

Bibliografia 403

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Introduzione

Oggi, ancora di più rispetto al tempo della pubblicazione del volumedel quale il presente vuole costituire l’ideale e pratica continuazione1, sirende quanto mai necessaria un’azione riflessiva, da parte di quanti lavo-rano nella scuola, per interrogarsi sul ruolo e, in qualche modo, sul destinodella scuola nel mondo contemporaneo e con riguardo al futuro, perlo-meno a quello più prossimo.

In realtà, nella nostra realtà, e a fronte dei cambiamenti che, senza solu-zione di continuità, stiamo vivendo e, nei quali veniamo coinvolti, talvoltasenza neanche rendercene conto, è necessario riprendere a pensare un’altraidea di scuola. La quale per poter essere plausibilmente formulata ha biso-gno, innanzitutto, proprio di un’azione, da una parte, esplorativa e descrit-tiva e, dall’altra, interpretativa della stessa società contemporanea.

Del resto, è di tutta evidenza che la scuola, se vuole migliorare effetti-vamente la qualità della sua azione formativa, è chiamata – ovvero, desti-nata – a elevare la capacità di inserire i processi educativi e di insegnamentoche progetta e attiva all’interno dei processi sociali, culturali, relazionali,nell’insieme, di vita che vengono partecipati dagli individui.

E, il primo passo da compiere in tal senso, è rendersi protagonista diun’azione di conoscenza e di interpretazione di quegli stessi fenomeni.

Per questa ragione, si cercherà, qui, di cogliere gli aspetti salienti della societàcontemporanea e di provare a individuare – o di ipotizzare – le trasformazioniche si vanno manifestando nei contesti e nei processi formativi. Allo scopo diaccompagnarle, sostenerle, prepararle, sfruttarle (se le si ritiene accettabili, po-sitive, necessarie), ovvero, anche, di provare a contrastarle, limitarle, scongiurarle(se, al contrario, ci si preoccupa per la loro virulenta e nefasta influenza).

Nel volume, perciò, verranno inizialmente presentati alcuni degli aspettipiù eclatanti e formativamente significativi della società contemporanea, de-scritta in vario modo, a seconda delle differenti connotazioni che si voglionoesplicitare: complessa, globale, conoscitiva, virtuale, digitale, dell’immagine,tecnologica o dell’informazione e della comunicazione.

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1 C. Guido, G. Mondelli, Didattica e Metacognizione, Anicia, Roma, 1999.

In seguito, si centrerà il ragionamento sulla complessità presente nellacongiuntura sociale, culturale ed esistenziale della nostra contemporaneità.Tale scelta è motivata in sé e rispetto alle altre che legittimamente potevanoessere operate, innanzitutto, da ragioni di economicità testuale e di opportunitàargomentativa. Dovendo, infatti, necessariamente restringere il campo delleriflessioni da proporre e del percorso di ricerca da promuovere, è sembratoopportuno puntare su una “descrizione” della società in grado di “includere”le altre. La società complessa, in realtà, ingloba società della conoscenza,mondializzata, tecnologica, virtuale, digitale, della rete, ecc. ed è da questerappresentata, innervata, continuamente generata, d’altronde secondo moda-lità, forme, contenuti sempre mutevoli. A sostenere l’opzione effettuata hannocontribuito in maniera determinante le accezioni di significato che va assu-mendo, proprio ai nostri giorni, la complessità (della vita, delle relazioni, dellaconoscenza, ecc.). Queste, da un lato, sembrano decisamente in linea con leattuali e più pregnanti preoccupazioni educative e con i più recenti e diffusiinterrogativi di carattere formativo; dall’altro lato, offrono la “giustificazione”più fondata alla promozione di processi riflessivi di insegnamento e di ap-prendimento. Ossia alla predisposizione e all’attuazione di percorsi orientatialla e dalla didattica metacognitiva. Ritenuta qui, di fatto, una delle correntimetodologiche e di strategia formativa in grado di sostenere gli alunni e glistudenti – al tempo, per l’appunto della società complessa – nel persegui-mento sempre più autonomo e consapevole delle proprie conoscenze e com-petenze e, pertanto, nella continua autorealizzazione della propria persona.

L’esplorazione della società dei nostri giorni ci obbligherà anche a trat-tare (e a orientare in senso formativo) argomenti che nella prima pubblica-zione del volume, erano rimasti sotto traccia ovvero appena annotati. Ci siriferisce, in particolare, alla società digitale e della rete e alle derive di que-sta, oltre che nell’esistenza, nelle relazioni e nelle occupazioni quotidianedegli individui (e, soprattutto, dei bambini e dei ragazzi), nel territorio deiprocessi educativi e formativi.

Oggi, riprendere a pensare un’altra idea di scuola vuole anche, se nonsoprattutto, affermare che questa deve fare i conti ovvero non può trascuraredi considerare due processi attualmente in corso nei territori formativi:l’orientamento verso l’acquisizione delle competenze e la riforma del si-stema scolastico nazionale.

E pertanto, è proprio inserendosi in questi processi, finalizzati del restoalla maturazione della persona dell’alunno, intesa sia nella sua specificitàcognitiva, sia nella progressiva autonomia di pensiero e di azione che rag-giunge, che la didattica metacognitiva, oggi può opportunamente finalizzaree rendere estremamente efficace il suo contributo.

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PARTE PRIMA

LA METACOGNIZIONE: SFIDA EDUCATIVA

E DIDATTICA NELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA

Capitolo primo

Il senso e i significati della metacognizionenella società complessa

Premessa

In generale, riesce particolarmente difficoltoso provare a definire il signi-ficato di un concetto, di un termine, di un fenomeno, specie quando si riferiscealle azioni e alle relazioni umane, “staccandolo” dal contesto esperienziale,sociale e culturale che, in massima parte contribuisce a determinarlo.

È questo il caso della metacognizione, la cui significatività e valenza,soprattutto nel territorio delle azioni educative e formative, non può esserecompresa appieno senza l’esplicitazione del “suo” legame con alcune dellepiù rilevanti connotazioni della società contemporanea. Queste, in realtà –come vedremo in seguito – in qualche modo, la “generano”, nel senso che,determinano le condizioni (ossia il bisogno) della sua messa in atto.

Però qualcosa, comunque, va detta, anche se in maniera estremamentesintetica (e, quindi approssimativa) circa il suo senso generale e a riguardodell’importanza della sua “traduzione” didattica (perché è di questo che cioccuperemo nello sviluppo del discorso).

Subito dopo, proveremo a rappresentare alcuni tratti della società con-temporanea che, soprattutto, perché complessa, richiede – a nostro giudizio– l’attuazione di un complessivo progetto formativo di orientamento meta-cognitivo. Nel farlo, indirettamente, contribuiremo a definire i suoi diversi,anche se intrecciati significati.

1. Il senso e i significati essenziali della metacognizione

Dobbiamo risalire agli studi di Flavell e di altri ricercatori sulla memoria(anni settanta) per “entrare” nei significati che ha via via assunto la meta-cognizione. Il nucleo concettuale di questa, a distanza di oltre quaranta annidalla sua introduzione, è rimasto lo stesso: la metacognizione attiene alla

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conoscenza che l’individuo ha dei propri processi mentali e di pensiero edei prodotti (per tutti, le conoscenze dichiarative e procedurali) che ne de-rivano. Oltre che alla conoscenza dei processi cognitivi implicati da o inuna particolare attività di studio, di apprendimento, di lavoro, di relazioneo, più in generale, di vita, la metacognizione si riferisce al controllo attivo,alla verifica e alla valutazione personale e alla conseguente regolazione emodifica delle operazioni mentali e pratiche.

Pertanto, i versanti lungo i quali la metacognizione orienta i suoi inte-ressi sono essenzialmente due:

a) le conoscenze che un individuo possiede ed esplicita (a diversi livellidi profondità corrispondenti anche alla propria condizione evolutiva,culturale e sociale) intorno a un determinato atto cognitivo e a unospecifico compito esecutivo;

b) la riflessione sulle proprie attività di pensiero, di lavoro, di studio mentrele stesse si stanno svolgendo e la relativa gestione personale delle stesse.

Puntando maggiormente l’attenzione verso i processi formativi che ve-dono coinvolti i nostri alunni e studenti, possiamo affermare che la meta-cognizione si riferisce alla capacità di riflessione di un soggetto sul «… suopercorso mentale durante l’azione, per pianificare, adeguare, verificare evalutare il suo processo di apprendimento»1.

2. Perché, a scuola, abbiamo bisogno di metacognizione?

Se quelle appena presentate costituiscono, in generale, le caratteristichesalienti della metacognizione, si può ben intuire quale e quanta rilevanzapossa assumere il contributo offerto all’allievo da un’azione educativa e di-dattica orientate in senso metacognitivo, soprattutto in una congiuntura so-ciale, culturale ed esistenziale così complessa e problematica come lo èquella presente nella società contemporanea.

- Innanzitutto, perché, mediante attività formative modulate in sensometacognitivo si intende invitare l’allievo a conoscersi e a ricono-scersi mentre studia, a ricavare informazioni sulle proprie attitudini,sulle sue capacità, sulle strategie operative che adopera, a rendere in-tenzionale e consapevole il suo impegno, a controllare la sua attività.E, questa, è un’operazione educativa che non può non imprimere unsegno notevole e, tutto positivo, sulla costruzione progressiva e re-sponsabile della “persona” dell’alunno e dello studente.

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1 AA.VV., Metacognizione ed educazione, FrancoAngeli, Milano, 2003, p. 61.

- In secondo luogo, perché attraverso un’azione orientata in tal senso,le attività di studio lo sollecitano a partecipare attivamente all’ac-quisizione delle sue conoscenze e competenze, oltre che alla stessaesperienza di vita scolastica.

In ragione di tali orientamenti si può affermare che l’azione educativa eformativa svolta dalla didattica metacognitiva si propone di sostenere l’al-lievo nella conquista della sua autonomia di pensiero, di giudizio e diazione e, insieme, nella crescita e maturazione della sua persona.

La “metacognizione” è, infatti, possibile definirla anche come la disposi-zione, la sensibilità, la capacità di pensiero e di azione, presente a livelli dif-ferenti negli individui e orientata a rendere consapevole a sé stesso il soggettomentre agisce, opera, studia e apprende. L’introduzione a scuola della didat-tica metacognitiva va proprio nella direzione di promuovere, negli alunni enegli studenti impegnati in compiti di apprendimento, una quota sempre piùestesa e livelli progressivamente di elevati di controllo e di consapevolezza.

- Una terza essenziale ragione è costituita dal fatto che la crescita dellaconsapevolezza operativa e della capacità di controllo cognitivo pro-mossa dalla didattica metacognitiva a riguardo delle azioni di ap-prendimento degli alunni e degli studenti migliora le loro capacità distudio e permette una più adeguata acquisizione e padronanza delleloro conoscenze;

- La didattica metacognitiva, inoltre, sostenendo gli allievi nella co-noscenza e nel controllo dei loro processi mentali, contribuisce allacostruzione continua dell’identità, dell’autonomia personale e delleloro competenze e, nel contempo, si rivela una delle più opportunerisposte da fornire alla domanda di individualizzazione dei percorsidi insegnamento e di personalizzazione dei processi di studio e di ap-prendimento. In realtà, la frequentazione della didattica metacogni-tiva porta i docenti a rendere sempre più efficace l’azione diinsegnamento perché, oltre a renderla più calibrata rispetto alle ef-fettive caratteristiche cognitive degli allievi, scommette sulla possi-bilità di miglioramento degli loro esiti formativi attraverso lasollecitazione della disposizione sempre più curata a conoscere e adagire su sé stessi mentre studiano e apprendono;

- L’attenzione ai differenti “repertori cognitivi” e alle peculiari dispo-sizioni operative, la messa in atto di azioni didattiche che riconoscanoe valorizzino le più diverse inclinazioni e i personali stili di apprendi-mento porta la didattica a orientamento metacognitivo a rispettare esviluppare, nel vivo dell’esperienza di studio degli allievi, la loro di-versità cognitiva. E, questo, oltre che costituire un indubbio fattore di

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qualità dell’azione formativa espressa dalla scuola, fa della stessaun’effettiva palestra di pluralità e di democrazia cognitiva e culturale.

Il notevole contributo che l’introduzione della metacognizione a scuolapromette di offrire viene ancora di più avvalorato dalla necessità, avvertitanella generalità dei contesti educativi, di sostenere l’allievo, di fronte allacomplessità del mondo contemporaneo, sia nell’acquisizione di abilità econsuetudini mentali e di studio funzionali ed efficaci, sia, più in generale,nella disposizione – non esclusivamente cognitiva – a fronteggiare consa-pevolmente le emergenze della contemporaneità. D’altronde, è proprio nellasocietà contemporanea (per rispondere alle sue richieste, sfruttarne le op-portunità, scongiurarne i pericoli, interpretarne, vivendo il continuo cam-biamento) che dovranno essere espresse quelle capacità di autonomiapersonale, quelle disposizioni alla riflessione e alla scelta consapevole,quello stesso sviluppo del senso di responsabilità che, nell’insieme, costi-tuiscono le ragioni più salienti dell’azione didattica metacognitiva.

Tocca, perciò, giunti a questo punto, provare a esplorare un po’ più da vi-cino la nostra società. Anche per cogliere con evidenza ancora maggiore lanecessità di puntare sulla metacognizione in campo educativo e formativo.

3. Le immagini e le rappresentazioni della società contemporanea

La società che chiamiamo “complessa” è stata, in questi ultimi anni, defi-nita in vario modo. Confermando, anche in tal modo, la sua reale complessità.

Le sue descrizioni ne colgono effettivamente degli aspetti significativi,ma comportano il rischio, talvolta, di semplificarla eliminando tutto ciò chenon vi corrisponde, non vi fa parte, non è così rappresentabile.

Le differenti descrizioni della società si rivelano, in effetti, delle lettureparziali dell’universo sociale contemporaneo, quindi giammai esclusive,talvolta tra loro “alternative”, in altri casi “compatibili”.

Del resto, non si può negare l’evidenza di alcuni stringenti legami tra lediverse “forme” attribuite alla società dei nostri giorni (ad esempio, traquella tecnologica e quella dell’informazione e della comunicazione), ov-vero la generatività o la reciproca interazione dell’una rispetto all’altra (adesempio, tra la società tecnologica e quella conoscitiva e tra queste e la so-cietà immateriale).

Per queste ragioni, le svariate descrizioni devono, in primo luogo, essereconsiderate proprio come sono: descrizioni differenti, distintive e parzialirealizzate e fruite in ambiti spaziali, temporali, economici, sociali, culturali,nell’insieme “umani”, distinti e differenti.

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In secondo luogo, è bene che siano intese come tra loro potenzialmente“compatibili”, “componibili” e “integrabili”. Come è giusto che accada inuna società complessa e da uomini e donne che, di quella, fanno parte e checosì la sentono e definiscono.

Qui, tra le diverse “descrizioni” della società, come già detto, scegliamodi puntare proprio su quella che la interpreta come complessa, sia perché cipare la più rappresentativa dell’attuale condizione degli uomini e delledonne, sia perché non fatica a includere al suo interno le altre descrizionidella società (che, in realtà, è complessa, anche e soprattutto perché tecno-logica, dell’immagine, dell’informazione, ecc.), sia, infine, perché è proprionel rispondere alle sue caratteristiche e agli effetti che genera che la meta-cognizione trova il senso educativo e formativo più pieno.

4. La società contemporanea è complessa perché esprime le difficoltà

degli individui

Quando si prova a definire la complessità del mondo contemporaneo spessosi ricorre alle sensazioni provate, ai comportamenti espressi, alla più globaleesperienza vissuta. La quale, allora, viene descritta o, forse, sarebbe più oppor-tuno dire, raccontata, narrata, esplicitando le dimostrazioni di malessere provato.

Tra queste, segnaliamo, innanzitutto, il senso di confusione e di diso-rientamento provocato da un numero eccessivo e variegato di stimoli, dauna serie plurima e anche contraddittoria di interessi, dall’esecuzione –spesso quasi in contemporanea – di una molteplicità di azioni, del resto nontutte volute e neanche consapevoli2.

Altri indicatori significativi della condizione di disagio vissuta dagli in-dividui nella società contemporanea sono, da una parte, la difficoltà di com-prensione di eventi, fenomeni e situazioni, causata dal numero, dalla varietàe dalla velocità delle sollecitazioni quotidiane e dalla urgenza richiesta perfarvi fronte e, dall’altra, la difficoltà di interpretazione, intesa sia come dif-ficoltà di leggere e di esprimere giudizi personali, sia come incapacità diassumere consapevolmente e coerentemente un ruolo adeguato alla situa-zione vissuta o da vivere e a sé stesso.

A tali difficoltà di lettura e di interpretazione si collega strettamente l’in-capacità di riflettere e concentrarsi, generata da modi di vita che rendonoper certi versi difficilmente praticabile, oltre che desueta, l’attenzione con-sapevole e l’interesse prolungato.

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2 C. Turcke, La società eccitata, Bollati Boringhieri, Torino, 2012.

La situazione di disagio esistenziale degli individui viene, altresì, dimo-strata dal senso di vuoto, di inutilità, di impotenza provato a più riprese enelle circostanze più diverse, sul lavoro, nello studio, nella vita di ognigiorno e dalle sensazioni di ansia, affanno, stanchezza3 che proviamo congrande continuità e nelle più diverse circostanze del vivere, anche in quelleche non sembrano non giustificarne la presenza.

Da segnalare, ancora, da una parte, la contrapposizione tra un attivismoestremo e, spesso, ingiustificato e la voglia di inazione, di disimpegno, dievasione e, dall’altra, i disagi relazionali e le difficoltà nel condividere at-tivamente situazioni comunicative e, in generale, di vita quotidiana e il ri-fugio nelle pratiche individuali di esistenza, di studio e di lavoro.

Infine, non possiamo trascurare di menzionare, tra le conseguenze piùproblematiche derivanti dal vivere nelle nostre società, sia la sensazione diindifferenza provata nei confronti di quanto accade nel mondo, agli altri,talvolta anche a se stessi, sia l’incapacità di dare un senso “forte” all’esi-stenza e la scelta più o meno consapevole di attribuire alla stessa, al con-trario, collezioni accidentali ed effimere di significati minimali, ordinari,semplicemente da amministrare.

A queste difficoltà del vivere quotidiano vanno, senz’altro, sommate al-cune delle più diffuse modalità di comportamento che gli individui espri-mono per rispondere – ovvero cor-rispondere – alle tensioni, alle richieste,alle sollecitazioni, alle tentazioni più forti che la società contemporaneaesprime. Ci riferiamo, in maniera particolare, a quelle provocate dalla suaanima mercantile, produttivistica e consumistica, quella che, d’altronde,vede crescere esponenzialmente la sua sfera di influenza in tutti i campi diattività e di pensiero degli uomini e delle donne anche a causa della spintache riceve dalle moderne tecnologie di informazione e comunicazione4.

Le annotiamo rapidamente avvertendo che si tratta di categorie di com-portamento così legate tra di loro che riesce difficile distinguerle singolar-mente:

- individualismo sfrenato che si esprime in ogni ambito del vivere enella generalità dei contesti relazionali e comunicativi

- voglia ossessiva di competizione orientata al successo personale,ovunque e comunque;

- desiderio smodato di apparire – spesso in pubblico – non importa aquale costo e, talvolta anche, non importa neanche come (l’impor-tante è farsi vedere e sapere che gli altri ci vedono!);

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3 Byung-Chul Han, La società della stanchezza, Nottetempo, Roma, 2012.4 L. Gallino, La lotta di classe dopo la lotta di classe, Laterza, 2012.

- concezione superficiale, quando non strumentale, dei rapporti affet-tivi e relazionali, adottata nei confronti della generalità delle personecon le quali si entra in contatto;

- disposizione a una vita sostanzialmente solitaria, se non alla rotturadelle relazioni con le altre persone, comprese quelle considerate tra-dizionalmente più vicine (genitori, figli, coniuge, compagni di scuolae di lavoro, ecc.);

- forte propensione al possesso e alla proprietà esclusiva di qualsiasibene, servizio e – anche – individuo;

- desiderio compulsivo di comprare qualsivoglia ovvero di acquistareoggetti e prestazioni alla moda, griffati, non considerando né la loroeffettiva utilità, né il loro costo;

- ansia ininterrotta di “consumare” ovvero di “bruciare” quanto pos-seduto, anche se comprato da poco, non tanto mediante il suo usocontinuo e logorante, quanto – paradossalmente – per disaffezione,abbandono e incuria e, perciò, mediante la rapida sostituzione conun nuovo acquisto.

5. La società è complessa anche perché rappresenta, al tempo stesso,

globalità e pluralità, relazionalità libera e interdipendenza di fatto

La società complessa non è, però, soltanto un macrocontesto umano esociale caratterizzato da difficoltà e complicato da vivere. Si rivela, anchepiù propriamente, come una società progressivamente “composta” e “com-posita”, perché risultante dall’unione di più cose o di più parti collegate (e,soprattutto, consapevole di questi legami e in grado di valorizzarli).

Perciò, non è una società basica, elementare, semplice, uniforme; al con-trario, presenta molteplici aspetti, caratteristiche, forme e funzioni ed è,quindi, variegata, poliedrica, polivalente, plurale.

La società complessa, ancora, è una società che, in generale, mediantelo straordinario, per molti versi impressionante, dinamicamente articolatosviluppo tecnologico e, nello specifico, attraverso il contributo offerto dallaRete, esalta le connotazioni di:

- totalità e globalità del mondo contemporaneo (una sorta di pre-con-dizione strutturale alla sua mondializzazione);

- unione o di collegabilità tra le sue parti, i suoi settori, gli individuiche la compongono;

- struttura e di organizzazione, sia pure flessibili, che sostengono icontesti e le trame della vita degli individui;

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- interazione e integrazione tra individui, gruppi, culture, saperi, com-petenze.

Infine, proprio le caratterizzazioni della società contemporanea si river-berano sugli individui e li stimolano a modificare le loro modalità di pen-siero, di ragionamento, di studio e fin’anche a modulare differentemente imodi secondo i quali percepiscono l’esistente e le sue stimolazioni5. Gene-rando e alimentando, del resto, in molte circostanze di vita, da una parte,inedite e straordinarie opportunità di vita, di relazione, di conoscenza e dilavoro e, dall’altra parte, quelle gravi difficoltà alle quali ci siamo già riferiti(quando abbiamo rappresentato il primo dei due blocchi di significato col-legabili alla società complessa).

Considerando queste accezioni, la complessità diviene anche luogo eparadigma di relazioni, interazioni, dipendenze, interdipendenze.

Inoltre, nella vita di ogni giorno facciamo una continua esperienza dellaconnessione di fatti e avvenimenti apparentemente distanti. Del resto, e cor-relativamente, lo stesso pensiero degli uomini, oggi ancora più di ieri, per-corre itinerari che lo inducono a ricercare collegamenti plurimi tra duefenomeni piuttosto che un’unica dipendenza.

La nostra sensibilità di contemporanei, inoltre, non pare più essere sod-disfatta dalla nozione di “oggetto” come entità misurabile e dai paradigmiconoscitivi, epistemologici, operativi fin qui utilizzati per osservarlo, co-noscerlo, determinarlo, utilizzarlo6. Però, più che pervenire alla dissoluzionedell’oggetto, ci orientiamo a definirlo mediante le relazioni in cui si è posto,la funzione che esercita, gli effetti che provoca, le influenze alle quali è sot-toposto. Perciò

- definiamo molto più agevolmente oggetti, persone, qualità, collocan-doli all’interno di contesti di riferimento e sperimentando una semprepiù accentuata consapevolezza dell’importanza del nostro punto divista e di osservazione;

- siamo sempre più definiti dai contesti di vita e di azione nei quali cicollochiamo o veniamo, anche solo virtualmente, collocati dagli altri.

All’oggetto e al soggetto si sostituiscono contesti, situazioni e reti co-stituiti da con-presenze, funzioni per…, contatti tra…, di azioni con, luoghidi vita, circuiti di interazione, ecc.

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5 V. De Angelis, La logica della complessità, Mondadori, Milano, 1996.6 E. Laszlo, Il nuovo mondo della scienza, RIZA, Milano, 2002.

6. La società complessa adotta una concezione reticolare della cultura,

del sapere, dell’economia e della società

La “rete” è una delle più emblematiche metafore della società com-plessa. La troviamo nei luoghi più diversi della nostra contemporaneità.

Iniziando dalla nostra mente: non la si vede più come sorretta da un’im-palcatura gerarchica di funzioni cognitive; al contrario, è considerata unarete iper-connessa. Nonostante il crollo dell’impalcatura, però, la sua strut-tura pare non ne abbia risentito in misura particolare; anzi, forse, così de-scritta, la mente sembra anche più forte perché più duttile, efficace,adeguabile, “flessibile”7.

È reticolare, anzi tentacolare, il mercato dell’economia globalizzata.Oggi, infatti, non v’è angolo del pianeta che non sia potenzialmente colle-gabile (ovvero raggiungibile, utilizzabile, sfruttabile). Una grande e intricatarete di comunicazioni, di scambi, di traffici, ci avvolge da un capo all’altrodel mondo anche perché sostenuta, accelerata, innervata da un’altra poten-tissima rete, la “Rete” per antonomasia: Internet.

Ancora: la stessa struttura dell’azienda non è più piramidale, ma assumeforme organizzative più piatte, flessibili, mobili. Può, in tal modo, ridefinirecontinuamente la propria struttura per adeguarla alle sue finalità produttivee alle esigenze del mercato.

Invece, la famiglia sembra, almeno in apparenza, non aderire perfetta-mente alle caratteristiche della “rete” se si pensa, ad esempio, alla ormaiscarsa numerosità degli attori che la partecipano e alle comunicazioni realiche vi si sviluppano.

Per altri versi, però, la metafora della “rete” le si può adattare. In parti-colare, se si pensa alla configurazione in senso “orizzontale” che va assu-mendo. Infatti, essa vede pesantemente ridurre delle presenze di individuiappartenenti a generazioni precedenti già portatori di interazioni orientatealla verticalità gerarchica. Al tempo stesso, inoltre, muta le forme dei rap-porti che si sviluppano all’interno della famiglia: questi sono sempre menofondati sull’autorità dei genitori ovvero dei soggetti più anziani8.

A “rete” sta divenendo la struttura dei saperi, sempre più definita – comeabbiamo già visto – non in sé, quanto dagli usi per i quali li si adopera, daiproblemi che risolvono e, perciò, anche dalla cooccorrenze, dalle relazionicon altri campi di conoscenza, dalla contaminazioni dei linguaggi e delleprocedure di ricerca necessarie ad affrontare la specifica situazione9.

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7 B. Bara, Scienza cognitiva, Bollati Boringhieri, Torino, 1990.8 A. Giddens, Il mondo che cambia, Il Mulino, Bologna, 2000.9 P.K. Feyerabend, Ambiguità e armonia, Laterza, Roma-Bari, 1996.

“Reticolare” diviene – per quanto riguarda noi direttamente – anche l’or-ganizzazione complessiva del servizio di istruzione su tutto il territorio na-zionale attraverso la il collegamento funzionale tra gli istituti dotati diautonomia scolastica.

Per lo stesso sapere da promuovere a scuola, inoltre, vengono previsticriteri più mobili, trasversali e funzionali di aggregazione delle conoscenzenei curricoli di studio. Le medesime istituzioni scolastiche, nella progetta-zione del Piano dell’Offerta Formativa, non trascurano di considerare anchequanto può essere utilmente raccolto dal pur disordinato e caotico, ma ef-fervescente e stimolante repertorio di informazioni, dei messaggi, delle co-noscenze promosso dalle tecnologie contemporanee.

7. La complessità contemporanea è nei messaggi, nelle lingue e delle

culture nella società

Tra i fenomeni riferibili alla società complessa, come già detto, ve ne sonoalcuni – d’altronde tra di loro strettamente connessi – che interessano le mo-dalità di elaborazione, di costruzione, di diffusione e di fruizione della cono-scenza. Nell’elencarli, anticipiamo aspetti che ritroveremo quando esploreremola società della conoscenza. Lo facciamo per due motivi: in assenza, le nostreriflessioni rimarrebbero monche; si tratta di fenomeni che possono avere fortiricadute nei confronti dei processi educativi e di apprendimento.

In primo luogo, è da sottolineare la varietà (in molti casi anche la novità)delle culture, delle lingue e dei messaggi presenti contemporaneamentenello stesso spazio (fisico e virtuale) e nello stesso tempo. A questa varietàcorrisponde – ovvero è permessa da – una forte pluralità di strumenti, mezzi,forme espressive che trovano la loro occasione e ragione di funzionare einteragire.

Strettamente connesso alla pluralità e alla varietà presente nella societàd’oggi e, talvolta, loro propulsore diretto è la velocità secondo la quale cigiungono le stimolazioni percettive cognitive, emozionali, culturali. L’acce-lerazione dei ritmi percettivi, lavorativi e di vita, da una parte, va modifi-cando la “visione” e la “sensazione” del tempo (in generale e nello specificodelle nostre azioni) e, dall’altra, aggiunge una nuova e determinante com-ponente alla definizione della qualità delle nostre esperienze di vita.

Sono, da segnalare, ancora in stretta connessione sia alla velocità chealla varietà del nostro vivere, la frammentarietà, l’episodicità, la casualitàdei messaggi e delle stimolazioni che produciamo e che riceviamo. Conse-guenza diretta diviene la difficoltà di attribuire loro senso e significati coe-renti, sia quando siamo fruitori che produttori degli stessi.

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Una qualità che sempre più connota il nostro universo sociale è costituitadalla progressiva immaterialità di gran parte delle modalità di lavoro, dicomunicazione10 e, in generale, di vita. Si assiste, infatti, ovvero si vive inun contesto umano sempre più caratterizzato – o invaso – da una prevalente“codificazione simbolica” di abilità, di procedure e di attività non più “fi-siche” in campi di esperienza che quella fisicità tradizionalmente, oltre chenaturalmente, richiedono.

È l’annuncio o il trionfo della cosiddetta società immateriale, faccia ov-vero veicolo della società conoscitiva della quale diremo in seguito.

8. Complessità come problematizzazione e trasformazione dei saperi

Le trasformazioni che hanno interessato e stanno interessando il mondodella conoscenza possono essere considerate quali ulteriori portatrici dicomplessità, soprattutto a causa della loro carica e portata innovatrice: re-visione dei territori del sapere, interdipendenza e interazione tra le disci-pline, complicazione della nozione di causa, problematizzazione delsignificato di scienza e di verità11.

Dimensioni significative della complessità nel territori del sapere, sonod’altronde, nell’insieme, i medesimi fenomeni che caratterizzano la com-plessità del vivere nella società contemporanea: riduzione di stabilità e gua-dagno di flessibilità e velocità, adozione di modalità di informazione e dicomunicazione inedite, impatto tecnologico nelle procedure di lavoro enell’elaborazione di pensieri e conoscenza12, proliferazione degli stimoliinformativi (messaggi, informazioni, linguaggi) e dei luoghi di provenienzadegli stessi, adozione di modalità di pensiero “complesso” (relato, siste-mico, di “confine”, trasversale, laterale, divergente, in rete, ecc.).

In questo gioco di trasformazioni vengono coinvolti i costituenti episte-mologici delle discipline (oggetto e scopi, linguaggi, procedure e strumentidi lavoro, interessi di ricerca, concetti e contenuti centrali) e, d’altronde, lestesse trasformazioni risentono anche del ruolo, delle funzioni e della piùgenerale significatività (emergente o declinante) assunte dei saperi nella so-cietà.

Qui, della complessità nel mondo dei saperi si vogliono, però, rimarcaretre connotazioni che interessano direttamente i processi formativi e di ap-prendimento: la flessibilità dei/nei territori della conoscenza, la visione re-

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10 AA.VV., Facebook come. Le nuove relazioni virtuali, Franco Angeli, Milano, 2009.11 G. Vattimo, Della realtà, Garzanti, Milano, 2012.12 F. Antinucci, Parola e immagine, Laterza, Roma-Bari, 2011.

ticolare della cultura e del sapere, la pluralità e la diversità degli uomini,delle culture e delle conoscenze.

9. Un mondo complesso in sé?

Il mondo che conosciamo e che viviamo è complesso in sé oppure, inogni epoca, si è avuta la medesima sensazione di vivere in una “societàcomplessa”? Ovvero, soltanto oggi, da una parte, si vive in maniera incerta,problematica, difficile e, dall’altra parte, ci si rende conto che la società ècomposita, non semplice, relata, variegata, plurima, poliedrica, ecc.?

In realtà, spesso, soprattutto nei momenti di transizione e di cambia-mento, è stata avvertita, certo secondo modalità contestuali ai diversi luoghi,culture e tempi storici, quella medesima sensazione di difficoltà che avver-tiamo oggi.

Ma è l’altro significato della “complessità”, quello che esalta e incrociale dimensioni della relazionalità, pluralità, diversità della nostra contempo-raneità, a fornire, probabilmente, la cifra caratteristica della nostra attualesocietà e a costituire, al tempo stesso, l’elemento di maggior originalità ri-spetto alle epoche precedenti.

È, infatti, sotto gli occhi di tutti la straordinaria intensificazione deglielementi di pluralità, di variabilità, di relazionalità, di interdipendenza pre-sente nella nostra società.

Si tratta di un fenomeno il cui sviluppo, nell’insieme, viene provocato,promosso, determinato ed esaltato dalle continue e sempre più diffuserealizzazioni scientifico-tecnologiche. Ad esempio, quelle che hanno in-teressato l’evoluzione dei mezzi di trasporto e degli strumenti di comu-nicazione13.

Le innovazioni prodotte, da un lato, hanno sensibilmente ridotto le di-stanze tra gli individui, favorendone l’incontro “fisico”, dall’altro lato, vi-ceversa ne hanno reso, per certi versi almeno, inutile la presenza e lo stessospostamento materiale.

Con l’abbattimento delle barriere spaziali e temporali, il nostro mondonon si caratterizza più per i chilometri che occorrono a percorrerlo o cheseparano un luogo o un evento dall’altro, quanto, piuttosto per la numero-sità, la qualità, l’intensità, la struttura delle reti e delle relazioni innervate oinnervabili all’interno di un pianeta i cui estremi si toccano.

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13 A. Abruzzese e M. Ferraresi (a cura di), Next. Identità tra consumo e comunicazione, Lu-petti, Bologna, 2009.

10. La società complessa rappresenta il “cambiamento” e apre alla so-

cietà globale

L’odierna società complessa, come si può ben vedere, rappresenta nel-l’insieme i processi di trasformazione che hanno interessato e interessanola nostra società e il nostro modo di vivere, di lavorare, di pensare. Forseanche per questa stessa ragione, essa si sviluppa sulle medesime piste, strut-ture e culture che sembrano essere proprie della società globalizzata. Permolti versi, del resto, la società complessa ne prepara o ne annuncia l’av-vento14.

Gli effetti di questa condizione se sono effettivamente strabilianti per leopportunità che offrono – ancora del resto inesplorate a dovere –, non losono da meno per quanto riguarda i danni che possono generare15. Tra que-ste sono da considerare:

- le perturbazioni valutarie e di mercato che determinano gli smotta-menti del territorio delle occupazioni e dei mestieri, provocando pe-ricolose conseguenze per la vita degli individui16;

- la crisi della democrazia partecipata, generata talvolta proprio dallastraordinaria potenzialità di espressione delle proprie opinioni offertadai mezzi massmediali e dalla consuetudine di ricorrervi continua-mente17;

- la messa in discussione delle antiche e collaudale modalità di pen-siero, di comunicazione, di relazione18;

- le straordinarie, ma per niente auspicabili, trasformazioni climatichealle quali stiamo assistendo inerti (effetti entrambe, “trasformazioni”e “inerzia” politica e civile, della contaminazione, di pratiche – pro-duttive/di vita – oramai diffuse nel pianeta iperconnesso).

Le trasformazioni tecnologiche hanno modificato, in taluni casi in ma-niera straordinariamente rilevante interessi, bisogni, modalità e ritmi di vitadegli individui.

Inoltre, hanno scavato sempre più il solco tra le disposizioni e le esi-genze, per così dire naturali di ogni soggetto e quelle richieste e indottedalle nostre società a tecnologia avanzata. Basti, a tal proposito, pensare alconfronto – e, per certi versi, al conflitto – tra l’esorbitante (per numero e

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14 Z. Bauman, Dentro la globalizzazione, Laterza, Roma-Bari, 2001.15 E. Morin, La via, R. Cortina, Milano, 2012.16 R. Sennett, L’uomo flessibile, Feltrinelli, Milano, 1999.17 Z. Bauman, La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano, 1999. 18 R. Dahrendorf, Quadrare il cerchio, Laterza, Roma-Bari, 1995.

varietà) proliferazione delle informazioni erogate dall’esterno, la loro ve-locità e intensità e la capacità di controllo, di scelta intenzionale, di rispostaconsapevole del singolo individuo.

La distinzione prima affermata, tra la complessità intesa come “difficoltàdel vivere” e la complessità rilevata attraverso indici oggettivi di relazio-nalità, compositività, pluralità, ecc. caratteristiche della società contempo-ranea, in realtà salta non tanto sotto il profilo logico, quanto sotto quelloesistenziale.

La separazione, infatti, si frantuma se guardiamo alla vita di ogni giorno,laddove si può individuare una forte corrispondenza tra momento esisten-ziale e condizioni – del mondo “complesso” – che concorrono a determi-narlo. Al punto da farci ritenere che l’uomo contemporaneo provi, spesso,difficoltà a vivere proprio a causa dell’amplificazione delle possibilità direlazione, interazione, informazione, comunicazione diffuse nella societàcomplessa.

Una complessità, allora, che è tale per effetto delle trasformazioni tec-nologiche, scientifiche, culturali in senso lato (che del resto non nasconoda sole, né per proprio conto si diffondono tra gli individui), ma anche per-ché per noi costituisce un problema vivere nella società che da quelle tra-sformazioni viene sempre più connotata. E, ovviamente, è con questacomplessità che deve fare i conti qualsiasi progetto educativo19.

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19 Z. Bauman, Conversazioni sull’educazione, Erickson, Trento, 2012.

Capitolo secondo

La società complessa come “lago digitale”

1. La società complessa è (anche) la società virtuale e digitale

La società complessa, in virtù, soprattutto dell’evoluzione e della diffu-sione delle innovazioni tecnologiche che direttamente si incistano nelletrame di pensiero, comunicative, relazionali e sociali che interessano indi-vidui e gruppi fino al punto di esaltarne le componenti cognitive, è definitaanche come società conoscitiva.

Questa, d’altronde, a causa delle sue peculiari connotazioni sembra sem-pre più promuovere e diffondere modalità immateriali di vita, di relazione,di studio e di lavoro1.

La conoscenza va assumendo un ruolo sempre più decisivo sia nelle esi-stenze quotidiane degli abitanti del pianeta, sia nella generalità dei contestidi relazione, vita, studio e lavoro del mondo contemporaneo.

Prendendo ad esempio il settore dell’economia (anche allo scopo di rin-tracciare delle derive in senso formativo), non possiamo fare a meno di se-gnalare come il riconoscimento del ruolo fondamentale che la conoscenza(in particolare, quella incapsulata nelle macchine e nelle strumentazioni eda loro diffusa anche sotto forma di sollecitazioni metodologiche e proce-durali) sta modificando le modalità di fabbricazione e di commercializza-zione dei prodotti (oltre che la loro consistenza fisica e materiale, nel sensoche se ne vanno producendo di sempre più leggeri, quando non prodotti maservizi, programmi, occasioni, ecc.) e diviene la forza produttiva principale.

Perciò, la ricchezza “creata” dipende sempre meno dal tempo e dallaquantità di lavoro impiegata; al contrario, essa si rivela decisamente più di-pendente da ulteriori e, per molti versi, inediti fattori: lo stato generale dellascienza, il progresso della tecnologia, le nuove conoscenze e competenzedei collaboratori (non più o non soltanto considerati dei lavoratori).

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1 A. Gorz, L’immateriale, Bollati Boringhieri, Torino, 2003.

Queste ultime, però, sono e sempre più dovranno essere – a parere diGorz – differenti rispetto a quelle in possesso e adoperate dai tradizionalilavoratori dipendenti, i quali dovevano dimostrarsi idonei a produrre ma-nufatti e merci in contesti lavorativi segnati dalla fisicità, dalla materialità,dalla quantificabilità dei prodotti eseguiti e delle stesse prestazioni realiz-zate.

I collaboratori delle aziende d’oggi e, soprattutto, di domani, devono/dovranno, invece, imparare a fare – anche – altro e, in particolare, essere ingrado di “gestire” i flussi continui di informazione (in questa operazionesembra che, oramai, si vada trasformando, buona parte del “lavoro”) e di-mostrare spiccate qualità comportamentali (incluse quelle comunicative ecooperative), espressive e immaginative e, insieme, un forte coinvolgimentopersonale nel compito da svolgere. Quest’ultimo, d’altronde, non può cherivelarsi il contesto emotivo e motivazionale ideale per la promozione dellequalità prima indicate.

In conclusione, la fonte del “valore” (del prodotto/prestazione), piuttostoche nel tempo della macchina, sembra risiedere sempre più in conoscenze,capacità, disposizioni personali del lavoratore/collaboratore.Per questa ra-gione, di converso, il “lavoratore” non dovrà più essere valutato (compen-sato, pagato, incentivato) in base al numero di ore di presenza prestateovvero di manufatti realizzati, quanto sulla base degli obiettivi raggiunti edella qualità dei risultati.

2. Le conoscenze e le capacità dei lavoratori necessarie alle imprese e

il ruolo della scuola

In un contesto economico di tal genere, notevole peso acquista il ruoloche dovrà svolgere la scuola e, nel contempo, complessi e impegnativiappaiono i suoi compiti. D’altronde – seguendo ancora Gorz –, si potrebbeaffermare che perché si produca “conoscenza” è necessaria proprio l’operae immissione di “conoscenze” da parte dei soggetti che collaborano al-l’impresa.

Queste sono determinanti per il successo dell’impresa e paradossal-mente, non costano assolutamente nulla, dato che fanno parte della per-sona dell’individuo e ne costituiscono l’autentico bagaglio esistenziale/culturale.

Le stesse conoscenze, d’altronde, sia pure espresse direttamente neiprocessi lavorativi da ciascun soggetto-lavoratore, non “appartengono”esclusivamente al singolo individuo, ma, viceversa, devono la loro elabo-

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razione e costruzione alla cultura comune di un gruppo, di una comunità,di una società (oggi anche di tipo “planetario”). È, questa, una cultura co-stituta dall’insieme di conoscenze, abilità e credenze proprie di qualsiasiambito del vivere sociale, perciò sia ordinarie e quotidiane sia esperte especialistiche.

Pertanto, la modifica in senso “immateriale” dei processi produttivi ac-quista una considerevole rilevanza per i processi formativi.

Infatti, se il “lavoro” si basa sempre più sulle capacità e conoscenze per-sonali e immateriali degli individui piuttosto che su quelle specialistiche,fisiche o, comunque, direttamente riconducibili ad un particolare prodottoo merce, ciò può/deve provocare e/o codeterminare l’orientamento versofinalità educative, opzioni epistemologiche, scelte curricolari, strategie me-todologiche, nell’insieme, corrispondenti ovvero conseguenti. Ne ipotiz-ziamo di seguito, alcune.

In primo luogo, va messa in risalto la necessaria attenzione che dovrà/deveessere rivolta allo sviluppo armonico della persona degli alunni e degli stu-denti e alla promozione di una buona se non elevata cultura generale

Poi, va riconosciuto il ruolo determinante svolto dalla motivazione edal pieno coinvolgimento anche progettuale del soggetto nelle attività (oggidi studio, domani lavorative), in una con la piena valorizzazione delle dif-ferenti propensioni individuali.

Ancora, una spinta decisiva dovrà essere assicurata allo sviluppo neglialunni e negli studenti del pensiero divergente e delle capacità creative dirisoluzione dei problemi e degli impegni di studio.

Nel farlo, toccherà aderire a una visione evolutiva e innovativa dei pro-cessi della conoscenza e dell’apprendimento, d’altronde, mai come oggi,curiosamente in linea con quelli emergenti nei processi lavorativi e produt-tivi a causa dell’oramai notevole “vicinanza” strutturale e procedurale deidue tipi di processo. La ragione, ultima, è da credere sia da ricondurre allacospicua quota di cognitività e di conoscenza contenuta nelle attività pro-duttive e di lavoro.

Ricordiamo, di passaggio, come, soprattutto, le ultime due scelte indicateper consentire ai soggetti in formazione di reggere l’impatto della modernitàtecnologica e virtuale e di provare anche a fare di questa un’occasione disviluppo delle sue competenze e di maturazione della sua persona, ricalcanoi tracciati educativi e formativi che “giustificano” l’introduzione della me-tacognizione a scuola.

Un’ulteriore cura va assegnata alla promozione di una forte e flessibilecompetenza comunicativa di carattere generale e di valide abilità e cono-scenze comunicative specifiche (da quelle strettamente linguistiche a quelleinformatiche e multimediali, passando per le abilità non verbali, ecc.), in

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entrata (fruizione, comprensione, raccolta, selezione, ecc.) e in uscita(espressione, utilizzazione, contestualizzazione, ecc.).

Particolare attenzione, a riguardo, deve essere rivolta al perseguimentodi competenze informatiche di notevole livello, mirate nell’insieme al go-verno dei flussi di informazione, di conoscenze, di immagini e sviluppateattraverso una serie di abilità e capacità specifiche, anche se tra loro corre-late e integrate: lettura attenta e contestualizzata, analisi ragionata e inter-pretazione flessibile, raccolta selettiva e archiviazione intelligente, recuperoe utilizzazione ponderata, elaborazione e ri-elaborazione efficace e creativa,monitoraggio e controllo continuo, problematizzazione opportuna, strategieadeguate di risoluzione dei problemi, valutazione globale e settoriale, ecc.

Va sollecitata, inoltre, la progettazione e l’attivazione di processi edu-cativi, di ambienti di apprendimento, di strategie metodologiche e di con-testi organizzativi e didattici in grado di promuovere e sviluppareconsuetudini, attitudini, capacità di coordinamento e di cooperazione.L’orizzonte di riferimento, in tal caso, non è soltanto quello di corrispondere“funzionalmente” ai fini economici dell’impresa, ma, anche, quello di evi-tare al soggetto le secche di una vita da destinare esclusivamente alla “pro-duzione” e all’azienda, da una parte, e all’acquisizione continua di meriti eguadagni individuali dall’altra parte.

Infine, deve essere concessa l’importanza che merita allo sviluppo di co-noscenze e competenze trasversali sulle quali, del resto, i processi formativisi stanno già orientando da qualche tempo. Lo scopo è abilitare bambini eragazzi a riuscire adeguati rispetto alla complessità del vivere, del lavoraree del conoscere oggi. Nella società della conoscenza.

Nel corso e nel corpo del lavoro, vedremo come e perché entrambe leultime due preoccupazioni educative incrociano quelle richiamate dalla me-tacognizione e come, proprio mediante l’attivazione di interventi e percorsididattici metacognitivi, possono essere effettivamente perseguite e promet-tere buoni risultati.

3. Nella società immateriale i nostri bambini e ragazzi: ovvero i digital

natives

Si può affermare che le nostre scuole sono frequentate sostanzialmenteda due grandi, fondamentali e tradizionali categorie di individui: quella co-stituita dai soggetti deputati a educare, formare, a far crescere (insegnanti,collaboratori scolastici, genitori, ecc.) e quella costituita dai soggetti chedevono essere aiutati a educarsi, a formarsi, a crescere. Da una parte, quindi,gli adulti, dall’altra parte i bambini e i ragazzi.

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Nonostante la società contemporanea, i suoi contesti di vita, di espe-rienza, di lavoro e di relazione vedano incrementare per ogni suo compo-nente adulto in maniera esponenziale la quota di immaterialità e di virtualitàrispetto a quella tradizionalmente fisica e materiale e, per quanto, oggi, cisi bagni tutti nello stesso immenso lago digitale, i primi (gli adulti) si com-portano e sono dei digital immigrants, i secondi (i bambini e i ragazzi) di-mostrano di essere e di vivere come dei digital natives2. Semplicementeperché sono nati e crescono al tempo dello sviluppo, dell’evoluzione e delladiffusione, in larga scala e in buona parte delle attività umane, degli stru-menti tecnologici digitali.

I bambini e i ragazzi di oggi, infatti, non fruiscono soltanto e neancheprevalentemente del mezzo televisivo (che, in generale e anche se non piùcome fino a qualche anno fa per i loro predecessori, li “cattura” soprattuttoall’inizio della loro crescita), quanto, piuttosto, dell’uso combinato del per-sonal computer, di internet e del telefonino cellulare3. Con l’ausilio di questistrumenti, essi trascorrono gran parte del tempo che hanno a disposizioneovvero che cercano di ritagliarsi anche recuperando maniacalmente spez-zoni temporali limitati (che vengono così sottratti ai tempi, ritenuti “morti”)rivenienti da altre pratiche di vita nelle quali, di necessità, vengono impe-gnati. Pensiamo, ad esempio, a quelli ricavati durante la colazione, il pranzoo la cena, oppure mentre si attende una chiamata o l’inizio di una nuova at-tività. O, ancora, utilizzando l’intervallo scolastico o quello di un avveni-mento sportivo, anche di quelli ai quali partecipano in prima persona.

Inoltre, i ragazzi di adesso riescono, a differenza degli adulti e dei loropredecessori, a svolgere diverse operazioni contemporaneamente. E, per-tanto, spesso utilizzano senza soluzione alcuna di continuità i mezzi digitalidei quali dispongono. Questi dal canto loro, si prestano particolarmente atale forma compulsiva di operatività, al tempo stesso, ibrida, multidimen-sionale e multimediale.

4. Cosa fanno i bambini con gli strumenti tecnologici che maggiormente

adoperano

Innanzitutto, letteralmente, “stanno” e “fanno”: passano, cioè, buonaparte del tempo a disposizione (e ne trovano tanto, togliendolo, oltre chead altre attività, al sonno) davanti al video del computer o del televisore,

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2 P. Ferri, Nativi digitali, Mondadori, Milano, 2012.3 P. Baccalario, Se i ragazzi della generazione “clik” ora hanno un’intelligenza digitale, in“La Repubblica”, 20.05.2012.

digitando sulla tastiera, manovrando la play station, muovendo il mouse,accedendo a internet, mentre inviano messaggi con il telefonino e ascoltanomusica4.

Quindi, giocano guardando e guardano giocando. E giocano per diver-tirsi, per competere, per conoscersi, per entrare nella realtà, in una realtà5.Che non è quella di tutti i giorni, ma un’altra: quella nella quale, almeno perun po’, vogliono stare, per fare qualcosa di diverso dal quotidiano, per viverediversamente e per essere diversi da come si è a casa, a scuola, con gli amici.Giocano qualche volta in compagnia “fisica” di qualcuno, il più delle volteapparentemente da soli (non è detto, però, che non stiamo giocando con“amici” contattati in Rete e appartenenti ad altri stati e culture). Comunque,isolandosi completamente dal resto dei componenti della famiglia. Con gliocchi, con le dita e con la mente degli occhi e delle dita. Lasciando fuori, dalgioco e da sé, le altre parti del corpo. Assolutamente inutili.

Ancora: tramite internet, esplorano il mondo, entrano nel mondo, inqualche modo facendolo diventare il “loro” mondo, dato che vi accedonoper soddisfare le personali esigenze e curiosità (comprese quelle che nonhanno e che, in seguito, acquisteranno). Nel visitarlo, lo costruiscono comeproprio. In realtà, se ne servono anche per costruire sé stessi o, almeno, perprovare a farlo. Sperimentando nuove strade, inoltre, trovano nuove mete.Vi si fermano, si allontanano fino a perderle, per poi, ritrovarle. Tante voltepercorrendo itinerari casuali, in altri casi voluti. Talvolta anche “proibiti”.In effetti, oggi, i bambini diventano ragazzi e i ragazzi diventano giovanianche transitando per i siti della Rete. Da soli.

E poi, viaggiando nella Rete, si fermano a guardare filmati e film ed adascoltare musiche e canzoni, ciò che ai ragazzi più piace e che più li prendee, perciò, poi le rubano. Più dei film. Per riascoltarle, ma anche per “essere”con quelle, con le loro parole, con il loro ritmo, con la voce e la vita di chile canta e le suona. Mettendole in una lista, in più liste “personalizzate”, inun MP3, in una pen drive. Per riascoltarle in auto, per strada, quando sicorre, a scuola.

Con il telefonino cellulare e tramite Internet, i ragazzi, soprattutto, maanche i bambini, comunicano: a voce, per immagini, scrivendo e leggendo.In particolare, utilizzano i social network e la comunicazione, così, pur oproprio perché priva-ta della presenza fisica dell’interlocutore, è sollecitataa divenire “virtualmente” multimediale e multidimensionale6. Ma è pure,

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4 F. Antinucci, L’algoritmo al potere, Laterza, Roma-Bari, 2011.5 M. Ferraris, Manifesto del nuovo realismo, Laterza, Roma-Bari, 2012.6 V. Schiavazzi, Bimbi su Internet, la svolta dei pediatri: “Anche a 7 anni se i genitori vigi-lano”, in “La Repubblica”, 20.11.2011.

nello stesso tempo, socializzante e personalizzante, sincronica (perchéespressa e fruibile in tempo reale) e diacronica (ricevibile in un tempo altroe realizzata con materiali di diversa fattura temporale). Inoltre, l’uso di taliveicoli mediatici, oltre che produrre cambiamenti circa le modalità, i tempi,i limiti, gli strumenti del comunicare, quantomeno ne amplia o amplifica ilsuo tradizionale significato. Inoltre, sembra abbandonare il principio del-l’ideale equidistanza ed equipollenza tra la fase espressiva e quella ricettivadella comunicazione a vantaggio della prima e di chi la produce. Comun-que, sfruttando le nuove tecnologie della comunicazione, i nostri ragazzi siparlano o meglio si scrivono, si divertono. E, quindi, si cercano, si ricono-scono, fanno gruppo e, talvolta, comunità. Ma anche, si selezionano per in-teressi comuni e si escludono perché non li hanno. E poi, voglionodimostrare di esserci e, perciò, di essere conosciuti, sia pure sotto spogliedifferenti, generalmente migliori, rispetto a quelle espresse nella vita ma-teriale. Del resto, sono tanti (tutti) i ragazzi che entrano in contatto virtualeanche perché non costa “personalmente” quasi nulla e perché «così fantutti». Soprattutto, gli adolescenti non amano essere considerati “diversi”se proprio non sono loro a voler apparire tali.

I ragazzi, ancora, adoperano gli strumenti tecnologici per immagazzi-nare, depositare, archiviare notizie, dati, indirizzi, numeri telefonici. Perrecuperali velocemente all’occasione, dato che, tra l’altro, oggi qualsiasicosa la si deve fare sempre rapidamente. Altrimenti è inutile farlo; chi hatempo, del resto, per aspettare? Perciò, la memoria della mente delle per-sone, non serve più, siccome non soltanto è limitata, parziale, fallibile, manon può essere rapida come quella digitale. Fa niente che non esercitandola,se non casualmente, la si perda; fa niente che quando si rompe il cellularenon si sappia come e cosa fare. Salvo entrare nel panico. E disperarsi. Manon cambiare e riprendere a ricordare soprattutto col pensiero.

Infine, svolgono tutte le attività che abbiamo segnalato e altre ancora,nello stesso tempo o quasi. Possono farlo perché “accedono” a strumentidigitali (quali le cosiddette “tavolette” o smartphone iPod e iPad, ovvero aistessi telefonini di ultimissima generazione) che, sempre più e in manieraprogressivamente più perfezionata (e, nel contempo, sofisticata tecnologi-camente, ma semplificata nella sua utilizzazione) “riassumono” le differentifunzioni già espletate dai singoli mezzi tecnologici7.

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7 A. Rastelli, Più smartphone che computer: cambiano i linguaggi digitali, in “Il Corrieredella Sera”, 22 marzo 2011.

5. Le difficoltà che vivono bambini e adolescenti

Proviamo, allora a individuare, al netto delle grandi opportunità che lenuove tecnologie offrono e aprono all’intelligenza e al pensiero dei bambinie dei ragazzi, alcuni degli aspetti rappresentativi in negativo, dell’attualecondizione di vita di questi ultimi al tempo della società virtuale e digitale.

- Come abbiamo già detto, una quota rilevante del loro tempo libero lodedicano alla visione, fruizione, uso di mezzi tecnologici quali la televi-sione, il personal computer con annessa navigazione in internet e il telefo-nino cellulare.

Con questi strumenti, i ragazzi praticano attività che, in precedenza,erano sviluppate prevalentemente con il supporto diretto e materiale delcorpo e dei suoi organi e tessono e animano relazioni e comunicazioni chenon richiedono né la propria né l’altrui presenza fisica.

Di conseguenza, se da una parte, si assiste alla genesi, allo sviluppo ealla proliferazione di pratiche di studio, di gioco e di intervento di tipo im-materiale (paradossalmente proprio presso quei soggetti umani – i bambinie i ragazzi – che maggiormente sembrano più portati all’attività fisica, almovimento del corpo, all’espressione per contatto della propria affettività),dall’altra parte – e corrispondentemente – si sostituisce al rapporto direttoe in presenza quello a distanza e virtuale.

- Inoltre, i bambini e i ragazzi quando non sono a scuola, dedicando tantotempo alla fruizione di tali mezzi, lo sottraggono ad attività tradizionalmentelegate alla conoscenza, sia obbligate che, per così dire, “libere”. Non rimanemolto tempo, infatti, per lo studio che, già di suo (è inutile negarlo) non hamai appassionato molto la generalità degli alunni e degli studenti. Perciòleggono poco e con scarsa attenzione gli argomenti da studiare, scrivonoancora di meno e con poca concentrazione; né “trovano” il tempo (ovverohanno la pazienza di impegnarlo) per pensare a risolvere problemi – di ma-tematica e non solo –. Né rimane tempo ulteriore (anche nel senso chequello che c’è lo si impegna diversamente) per praticare spontaneamentela lettura di qualche passo di narrativa oppure per sviluppare liberamentealtri interessi conoscitivi.

- Ancora, gli alunni utilizzando il PC e navigando in Internet (anche pereseguire a casa velocemente e senza particolare sforzo i compiti di studioloro assegnati), finiscono per privilegiare modalità di impegno, specificheoperazioni mentali e, in generale, stili cognitivi più consoni all’uso di queglistrumenti. Ovviamente a discapito di altri modi di lavoro intellettivo. Infatti,se lo scopo è, innanzitutto, eseguire i compiti nel più breve tempo possibile(e, oggi, tra l’altro, la voglia/esigenza di velocità è diffusa ossessivamente atutti i livelli e nella generalità dei contesti di vita), la ricerca rapida in Rete

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è quello che serve. Ed è ciò che i nostri ragazzi fanno, anche perché a lororisulta estremamente congeniale, oltre che semplice. Indipendentementedalla effettiva qualità del risultato che, del resto, toccherà a qualcun altro (e,cioè, all’insegnante) valutare. Di più, la frequentazione di Internet per usoscolastico, pur o proprio perché facile, seducente e apparentemente di suc-cesso, raramente stimola gli studenti a mettere in atto delle operazioni co-gnitive di cautela o di salvaguardia (attenta lettura, ricerca della compren-sione, tempi di riflessione, individuazione di nodi critici, selezione ragionatadelle informazioni, ecc.) per la buona riuscita dell’impegno.

- Queste ultime dimenticanze provocano un’ulteriore effetto negativo: di-sabituano, disabilitano gli alunni all’adeguata messa in atto di operazioni co-gnitive e di conoscenze. E questo accade sia nell’immediato, a scuola,laddove non ritrovano i medesimi sostegni tecnologici a cui affidarsi per svol-gere i loro impegni di studio, sia nel futuro – più o meno prossimo – ossianel proseguo degli studi o nel mondo delle occupazioni. In questi “luoghi”,infatti, essi non sempre potranno affrontare adeguatamente argomenti di co-noscenza o risolvere situazioni problematiche perché non si ritrovano in pos-sesso degli strumenti concettuali, metodologici e procedurali. D’altronde, èda qualche tempo che dalle pagine della carta stampata (quotidiani, rivistepiù o meno specializzate, libri) si alzano grida a difesa delle capacità (di let-tura, di scrittura, di memorizzazione, ecc.) che sembra si vadano perdendoproprio perché trascurate a vantaggio dell’utilizzazione continua delle tec-nologie informatiche8. L’impatto di queste sulle attività rivolte alla cono-scenza renderebbe deboli e inadeguate quelle capacità soprattutto perché nenullifica l’importanza o il loro stesso senso. Del resto, è difficile negare unacerta validità a un ragionamento simile «perché mi devo sforzare di ricordarequalcosa quando con un semplice clic posso trovare ciò che mi serve?»; op-pure al successivo «perché affaticarsi a elaborare un pensiero impegnativo ea comporre una frase significativa da dedicare a qualcuno quando c’è Internetche può farlo per me, meglio di me e che mi fa fare anche bella figura».

- L’esposizione, in particolare, al mezzo televisivo, contribuisce a rifor-mulare gli interessi, i gusti, i desideri, le mete, insieme alle modalità prefe-rite di comportamento, di comunicazione e di espressione dei ragazzi e aricondurli all’interno dell’orizzonte di riferimento valoriale che (non è datosapere con quale grado di consapevolezza) la tivù adotta o, meglio, genera.All’interno di questo sfondo, si collocano le azioni e gli stili di vita propa-gandati dai suoi programmi improntati, da un lato, all’individualismo, alpossesso, alla competizione e alla voglia di successo costi quel che costi e,

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8 N. Carr, Internet ci rende stupidi, R. Cortina, Milano, 2011.

dall’altro lato – e, per molti versi, corrispondentemente – all’apparire, al-l’effimero e di moda, al divertimento perenne e in qualsiasi circostanza9.

6. Inoltre, i digital natives vanno (male) a scuola

I docenti, specie della scuola secondaria, sono usi attribuire alla spro-positata fruizione del mezzo televisivo e alla sempre più diffusa utilizza-zione di pc, internet e telefonini cellulari, buona parte delle ragioni aspiegazione dello scarso rendimento scolastico dei loro alunni. E dichiaranoche gli effetti sono sotto gli occhi di tutti:

- stanchezza e sonnolenza derivante dalla consuetudine di fare tardidavanti al computer10, dimostrata specialmente durante le prime oredella giornata scolastica, tradizionalmente ovvero fino a pochi annifa, le più proficue sotto il profilo dell’impegno e della qualità delleprestazioni;

- debole e incostante interesse per le attività di studio che vengono pro-mosse dai docenti e per gli argomenti introdotti, assolutamente per-denti rispetto alle proposte televisive, della rete e degli stessitelefonini;

- scarsa attenzione, diffusa distrazione, debolissima concentrazione eincapacità di reggere un impegno continuo (talvolta, anche, soltanto,di “concepirlo”) nelle attività di studio, del resto, molto più “lente”e “insignificanti” di quelle proposte dalle nuove tecnologie11;

- mancanza di disposizione e di consuetudine allo “sforzo” (per nondire, al “sacrificio”), atteggiamento di richiesta continua di aiuto(anche mediante l’uso di sostanze farmacologiche ovvero “do-panti”)12 e persistente rinuncia a contare sulle proprie forze (ancheperché né le si conosce, né le si vuole impegnare – si fa fatica! –);

- spiccata predisposizione alla chiacchiera con uno o più compagni diclasse e incuranza dello stato di confusione che si determina (d’al-tronde, si ascolta poco ciò che dice l’altro).

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9 M. Belpoliti, Senza vergogna, Guanda, Milano, 2010.10 E. Dusi, Ora la buonanotte arriva con Internet, in “La Repubblica”, 8 marzo 2011.11 J. Marias, Quei ragazzi convinti che il sapere è irrilevante, in “La Repubblica”, 8 dicembre2009.12 F. Tonacci, Il doping degli adolescenti nel mese prima degli esami, in “La Repubblica”,27.05.2012.

Questi e altri fenomeni, tradotti in termini di apprendimento a parere deidocenti, determinano, in generale, risultati particolarmente negativi, inquelle aree della conoscenza e in quelle attività di studio che maggiormentenecessitano che vengano predisposte e sviluppate alcune condizioni. E, cioè,da una parte, una buona dose di interesse, attenzione, concentrazione, im-pegno e spirito di sacrificio e, dall’altra parte, contesti di studio caratterizzatida silenzio, calma, tranquillità, mancanza di confusione e di disordine. Arisentire, in maniera straordinaria, della mancata presenza di tali condizioni,sono le capacità di (e la disposizione a):

- riflessione e ragionamento;- lettura e comprensione testuale;- scrittura (anche di semplici e brevi testi)13;- comprensione dei discorsi e delle spiegazioni (in particolar modo dei

docenti);- individuazione delle situazioni problematiche, di “lettura” e risolu-

zione dei problemi;- pianificazione delle attività di studio.

Considerando che le suddette capacità e disposizioni sono richieste (eattivabili) nella maggior parte (e con il contributo) dei campi di conoscenzae delle attività di studio e di apprendimento (ivi comprese le prove di veri-fica orale e scritta), si può ben arguire come e in quale misura la loro ina-deguatezza, nel repertorio di risposte cognitive e operative dei nostri alunni,possa contribuire a determinare il loro grave insuccesso scolastico.

Una pesante conferma la si riceverebbe dagli stessi rilevamenti nazionalie internazionali, organizzati, d’altronde, intorno a prove di apprendimentoche proprio quelle capacità e disposizioni intendono fare venire allo sco-perto e valutare.

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13 M. Crosetti, Quando la grammatica è un’opinione, in “La Repubblica”, 8 dicembre 2009.

Capitolo terzo

La metacognizione, nella società complessa persostenere e potenziare l’autonomia dell’allievo

1. Le difficoltà di vita dei bambini e dei ragazzi nella società complessa

e digitale

Abbiamo in precedenza provato a definire la complessità del mondocontemporaneo ricorrendo in maniera impressionistica alle sensazioni ne-gative vissute, ai comportamenti complicati espressi, alla più globale espe-rienza di disagio vissuta dagli individui. Tra questi, quelli che maggiormentehanno risentito e risentono degli effetti provocati dai rapidi e pervasivi cam-biamenti avvenuti e tutt’ora in corso sono i soggetti più giovani. Sia perché,in generale, più plastici e performabili rispetto agli adulti, sia perché, nellospecifico, particolarmente attratti e coinvolti dagli strumenti tecnologici chesono all’origine di buona parte di quelle trasformazioni (di vita, di pensiero,di relazione) che contribuiscono a determinare lo stato di disagio nel qualeversano.

Per questa ragione, probabilmente, la maniera più opportuna per rappre-sentare le difficoltà di vita, di pensiero e di relazione dei bambini e dei ra-gazzi (d’altronde, spesso da loro neanche riconosciute come tali) è quelladi riportare espressamente le situazioni di disagio vissute – oggi, al tempodella società complessa anche perché digitale – dalla generalità degli indi-vidui, riferendole, però, direttamente alla condizione attuale dell’infanziae dell’adolescenza.

Allora, ricordiamo le difficoltà e riferiamole ai bambini e ai ragazzi:- senso di confusione e di disorientamento provocato, soprattutto con

il concorso dell’accesso generalizzato alla Rete e dei programmi te-levisivi, dalla proliferazione di stimoli, interessi, azioni, stili e mo-delli di vita contraddittori (e raramente educativi), ecc.;

- difficoltà di comprensione a riguardo di quanto accade, si vede o sisente, determinata dal numero, dalla varietà, dalla velocità delle sol-

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lecitazioni e dalla urgenza – spesso immotivata – richiesta per farvifronte;

- difficoltà di interpretazione, intesa sia come difficoltà di leggere e diesprimere giudizi personali a fronte della molteplicità dei messaggie delle opinioni circolanti (in televisione, in Rete, nella società), siacome incapacità di assumere consapevolmente un ruolo adeguato allasituazione vissuta o da vivere;

- incapacità di riflettere e concentrarsi, generata anche da modi di vita,di relazione di utilizzazione del tempo libero che non “esercitano”l’attenzione consapevole e l’interesse prolungato, ma che, anzi, di-spongono alla superficialità, all’episodicità, alla frammentarietà degliinteressi, degli impegni e dei rapporti umani;

- senso di vuoto, di inutilità, di impotenza, provato a più riprese e nellecircostanze più diverse, sul lavoro, nello studio, nella vita di ogni giornoanche a causa della vacuità ed episodicità degli interessi perseguiti;

- contrapposizione tra un attivismo estremo, determinato anche dallamoltiplicazione delle stimolazioni e delle sollecitazioni provenientidall’esterno e la voglia di inazione, di disimpegno, di evasione;

- sensazioni di ansia, affanno, stanchezza che i bambini e i ragazziprovano con grande continuità e nelle più diverse circostanze del vi-vere, studiare, relazionarsi, giocare;

- disagi relazionali e difficoltà nel condividere attivamente situazionicomunicative e, in generale, di vita quotidiana e rifugio nelle praticheindividuali di esistenza, di gioco e di studio;

- sensazione di indifferenza provata nei confronti di quanto accade diveramente importante nel mondo e nella vita, agli altri e, talvolta,anche a se stessi, al contrario dell’interesse dimostrato verso situa-zioni esistenziali artificiose;

- incapacità di sostenere il rispetto di regole o, talvolta, persino di“concepirne”1 la necessità, sia durante le attività obbligate o guidate(in famiglia, a scuola, per strada), sia, addirittura, nello svolgimentodi pratiche libere e ludiche (giochi, divertimenti, relazioni, comuni-cazioni, ecc. effettuati con i propri pari o simili);

- incapacità di dare un senso “forte” all’esistenza anche come conse-guenza, da una parte, della latitanza di modelli educativi significativie, dall’altra, della proliferazione mediatica di stili di vita superficiali,contraddittori, accidentali, incoerenti.

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1 M. De Bac, Gli adolescenti e il vuoto di regole da riempire, in “Il Corriere della Sera”, 30novembre 2010.

A tali dimostrazioni delle difficoltà dei soggetti più giovani si aggiun-gono alcuni problematici stili di comportamento diffusi oggi tra i bambinie i ragazzi sottoposti alle sollecitazioni, alle tentazioni, alle mode che ven-gono veicolate, soprattutto attraverso i media, nella società contemporanea:individualismo sfrenato, voglia ossessiva di competizione, desiderio smo-dato di apparire, concezione superficiale dei rapporti affettivi e relazionali,disposizione a una vita solitaria, forte propensione al possesso, desideriocompulsivo di acquistare qualsivoglia oggetto (specie se “firmato”), ansiaininterrotta di “consumare” o di “bruciare” quanto posseduto.

2. La digitalizzazione del pensiero e delle relazioni nella vita dei ragazzi

Lo studioso Vittorio Andreoli2 parte da una constatazione: il telefonino,diventa, da strumento individuale di comunicazione che era in origine, ilterminale “integrato” di altre tecnologie innovative prima separate (regi-stratore audio e video, macchina fotografica, telecamera, iPod, videogioco,orologio, computer, tv, internet, ecc.). Siccome quegli strumenti erano – esono sempre più – importanti per gli uomini e le donne dato che coprono einfluenzano ambiti progressivamente più estesi della loro esperienza (pen-siero, desiderio, immaginazione, relazione, lavoro, divertimento, ecc.), iltelefonino mobile che li “riassume”, diventa un – o, meglio, il – mondo in-tero. Così cambia l’uomo perché ne cambia la vita. E, tra l’altro – aggiun-giamo noi – la individualizza ancor più, trasferendo alla ricerca e soluzionepersonale quanto si realizzava o si realizza ancora con il contributo profes-sionale, dialogico e sociale di altre persone o gruppi. Pensiamo alla ridu-zione – o quantomeno alla delimitazione – delle richieste di intervento daparte di fotografi e di video operatori, come alla rinuncia a chiedere infor-mazioni stradali agli abitanti del posto.

Tutto questo potere d’uso assunto dal telefonino, la quantità e la pluralitàdi mansioni e di azioni che svolge, l’importanza che queste, oggi, assumonoper l’esistenza degli individui – soprattutto, di quelli più giovani – e la me-desima individualizzazione alla quale il cellulare conduce, provoca un du-plice risultato: da un lato, in generale, ci dà conferma della sua capacità dicambiare l’uomo e, dall’altro, nello specifico, ci dimostra che tale cambia-mento passa per digitalizzazione. Ossia per la capacità di usare le dita su econ strumenti tecnologici che delle dita hanno bisogno per svolgere le piùdifferenti mansioni e operazioni.

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2 V. Andreoli, La vita digitale, Rizzoli, Milano, 2007.

Una delle conseguenze più dirompenti, nel bene e nel male, è costituita,secondo lo studioso, dalla possibilità/prospettiva sempre più realistica diconsegnare lo “sviluppo” del cervello, la “costruzione” del pensiero e la“formazione” della mente all’esercizio della digitalizzazione e alla frequen-tazione della vita digitale. Che è come affermare che le idee, l’immagina-zione, la memoria, la capacità di comprendere e l’abilità nel risolvereproblemi dipenderanno, in misura progressivamente maggiore, dai nostripolpastrelli (e da come sapremo adoperarli). Ovviamente, in tale deriva nonè coinvolto esclusivamente l’ambito cognitivo e conoscitivo, ma tutti glialtri territori dell’esperienza umana e sociale che, tra l’altro, fortementeconcorrono allo sviluppo e al consolidamento del primo.

Ci riferiamo, particolarmente, all’ambito relazionale che sebbene, perAndreoli, costituisca il propellente, talvolta anche la ragione, della crescitadi ciascun individuo, vede attualmente di molto depotenziata la sua impor-tanza a causa dell’esplosione digitale e della conseguente solitudine (defi-nita “antibiologica”) che comporta e provoca3.

In realtà, secondo lo psicologo, la crisi delle relazioni umane più che es-sere dovuta al telefonino, ne spiega sia il successo sia il legame che stringecon l’uomo. Altri effetti, tutti particolarmente gravi a riguardo delle condi-zioni di esistenza degli individui e del destino dell’umanità, potranno deri-vare, a parere del grande studioso dall’uso ancora più esclusivo e pervasivodel telefonino, in concorso con internet e tv:

- l’uccisione del pensiero, ora guidato soltanto dall’operare e interes-sato a vivere senza nulla chiedersi;

- la fine del desiderio tradizionale (a vantaggio del desiderio-spot), uc-ciso dagli strumenti digitali e dai loro programmi che trasformano ilfuturo in presente, il presente nel possesso e nel consumo;

- la dissoluzione dei principi, sostituiti dai modelli (d’altronde, sempretrasformabili) da vedere, in una vita “sempre accesa”;

- la discarica dei dati (non sempre riciclabili) e lo spostamento dellamemoria dal cervello a internet;

- la scomparsa dell’abitudine e della conseguente capacità di simbo-lizzazione, di concettualizzazione, di analisi e di sintesi;

- la conseguente trasformazione delle modalità di ricerca della verità(e della verità medesima) dalla sua “valutazione” ponderata da partedell’uomo alla sua “collocazione” decisa dal numero (e, talvolta,dalle opinioni) dei frequentatori della Rete;

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3 L. Di Gregorio, Psicopatologia del cellulare, FrancoAngeli, Milano, 2003.

- la difficoltà nel saper decidere e scegliere quando è necessario e im-portante farlo, determinata dalla consuetudine a operare per “im-pulso” ovvero mediante il tocco compulsivo della tastiera.

Alla fine, lo scenario esistenziale, sociale e culturale che, al tempo deltelefonino, si apre davanti e dietro di noi e che avvolge tutti gli individui e,soprattutto, quelli più giovani, è caratterizzato, da una parte, da un saperedigitale, nel senso che basta digitare per cercarlo/trovarlo/produrlo e, dal-l’altra, da un autismo digitale, perché chiude all’altro, gli uomini e le donnedel nostro pianeta.

3. Il senso della didattica metacognitiva a sostegno dei digital natives

Esiste una forte ambivalenza nei pensieri, nei giudizi, negli stessi processidi cambiamento che l’umanità sta attualmente vivendo, guardando in partico-lare a quello che succede ai nostri bambini e ai nostri ragazzi4. Per questa ra-gione, ci pare che l’atteggiamento più opportuno da tenere e da diffondereall’interno della scuola a riguardo di aspetti rilevanti, ma controversi, del cam-biamento in corso nelle esistenze degli alunni, debba essere, fondamental-mente, quello della ricerca di un equilibrio tra la messa in evidenza di situazioniproblematiche (da affrontare, risolvere, contrastare, limitare) e l’individuazionedelle opportunità (da “sfruttare” a vantaggio, soprattutto, degli allievi)5.

La progettazione e l’attuazione di percorsi metacognitivi deve anch’essaprocedere in questa direzione anche in ragione della sua specificità educa-tiva e formativa. E, cioè, proprio perché rivolta a promuovere negli studentiuna elevata consapevolezza e capacità di controllo delle operazioni cogni-tive e delle azioni di studio, deve sostenere ciascun allievo, da un lato, nel-l’affrontare autonomamente, i problemi derivanti – nella fattispecie –dall’immersione nel lago digitale e, dall’altro lato, nello “sfruttamento” re-sponsabile delle opportunità che offre6.

Pertanto, sarà bene orientare l’azione didattica metacognitiva lungo al-cune importanti direzioni di marcia, tutte sostenute da un accurato lavorodi riflessione, effettuato, in primo luogo, dagli insegnanti durante la fase oi momenti di progettazione didattica e curricolare e, in secondo luogo, di-rettamente con gli allievi7.

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4 A. Baricco, I Barbari, saggio sulla mutazione, Feltrinelli, Milano, 2006.5 D. Demetrio, L’educazione non è finita, R. Cortina, Milano, 2009.6 A. Calvani, Comunicazione e apprendimento in Internet, Erickson, Trento, 1999. 7 A. Calvani, A. Fini, M. Ranieri, La comptenza digitale nella scuola, Erickson, Trento, 2010.

Le elenchiamo: esplorare il territorio delle operazioni pratiche e cogni-tive frequentato personalmente dagli allievi con il concorso delle nuove tec-nologie; aiutarli ad acquisire consapevolezza del loro uso, anche a riguardodegli eventuali danni che possono derivare alla salute, alla persona, alle re-lazioni condivise con altri; condividere, tra docenti e con gli allievi, la ri-cerca di “contrappesi” di interesse e di attività alla numerosità e allaproblematicità delle frequentazioni digitali; riflettere e ragionare sulle oc-casioni e sulle modalità di “sfruttamento” adeguato, a ogni livello e senzaescludere preventivamente alcun ambito di interesse o impegno, delle nuovetecnologie; sperimentare, con il coinvolgimento intenzionale degli alunni,forme controllate di utilizzo delle stesse a scuola.

Tre sono, fondamentalmente, per noi, gli scopi, al tempo stesso, edu-cativi e formativi da perseguire: contribuire a rendere gli alunni consa-pevoli e responsabili circa l’uso delle tecnologie digitali dentro e fuoridalla scuola (inteso anche come scelta delle attività da effettuare, dellaquantità di tempo da dedicare, delle “persone” con le quali adoperarle);stimolarli ad adoperare le stesse tecnologie per migliorare la qualità deiloro apprendimenti, anche attraverso l’uso metacognitivo delle strumen-tazioni e dei programmi digitali; sostenerli nell’acquisizione delle stessecompetenze digitali, mettendo alla prova le loro capacità di pianifica-zione, controllo e regolazione. Quest’ultimo scopo diviene sempre piùprioritario (perseguirlo) perché occorre contrastare le pericolose spinteall’accentuazione delle distanze tra gli individui determinate propriodall’accesso e dall’uso diseguale delle nuove tecnologie (il cosiddetto di-gital divide). Non solo: ma è quanto mai opportuno che la scuola si pre-occupi di preparare e abilitare ciascun soggetto in formazione alle inediteforme di occupazione e, quindi, all’acquisizione delle competenze infor-matiche, digitali o di altro genere che vengono ovvero che potranno essererichieste da un mercato del lavoro in continua evoluzione.

Infine, formuliamo altri tre specifici propositi che la proposizione didat-tica della metacognizione può contribuire a mettere in atto: il contrasto al-l’irriflessività e all’irresponsabilità da promuovere mediante iniezioni dipratiche riflessive, partecipate, consapevoli; una rinnovata ricerca di sensoe di significato nelle attività di studio (e, in generale, di vita), da realizzareattraverso una minore artificiosità delle stesse attività e una maggiore “co-noscenza” dei compiti di apprendimento da effettuare; una consapevolespinta alla promozione della personale autonomia di pensiero, di giudizio,di scelta, a fronte delle sollecitazioni omologanti provenienti dalla societàdei consumi.

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4. L’insegnante e l’esperienza della complessità

L’insegnante è nella società complessa e vive l’esperienza della com-plessità, al tempo stesso, da individuo, come partecipante della cultura, inqualità di educatore e di professionista dell’insegnamento.

1. Da individuo percepisce e, per molti versi subisce, i condizionamenti,le richieste, le sollecitazioni del mondo contemporaneo. Perciò, non puòevitare di vivere l’ambivalenza così tipica oramai della società contempo-ranea.

Da una parte, quindi, l’insegnante “sfrutta” a suo vantaggio le innova-zioni tecnologiche e scientifiche che essa produce e mette a disposizione.Ne ricava una più elevata sensazione sia di libertà che di onnipotenza, unforte (e, talvolta, anche soddisfatto desiderio) di successo e di conquista, lavoglia continua di esplorare nuovi campi di conoscenza e di esperienza, laconvinzione di sentirsi protetto da un gran numero di pericoli. Inoltre, si fastrada, tra le sue convinzioni, la consapevolezza delle straordinarie possi-bilità che gli si aprono.

Dall’altra parte, però, lo stesso docente, sperimenta, forse come tutti, ladifficoltosa ricerca della propria identità, l’impervia ricerca di senso nellepratiche di vita, la conseguente sensazione di vuoto e di disorientamento,la delusione per le mancate realizzazioni che sembravano a portata di mano.Sulla sua pelle sperimenta, così, l’inutilità se non la sofferenza del vivere,la coscienza, talvolta ossessiva e ossessionante dei propri limiti, vissuti,spesso, come cause di fallimento. Anche quando, in realtà, non ha nessunaresponsabilità o colpa. Se non, appunto, quella di vivere.

2. L’insegnante come partecipante della cultura contemporanea ne con-divide la crisi dei “fondamenti” delle scienze e dei saperi; laddove “crisi”non esprime valenze esclusivamente negative.

Perciò, della cultura contemporanea, sperimenta su di sé, la sua ambi-valenza, originata dalle sue medesime caratteristiche: riduzione se non ab-battimento degli steccati e delle gerarchie tradizionali tra e nei saperi,modifica radicale dei “paradigmi” epistemologici, rinnovamento degli in-teressi e degli argomenti conoscitivi, consapevolezza della varietà e dellapluralità delle culture, ecc.

L’insegnante, allora, può vivere la cultura contemporanea quale occa-sione di evoluzione intellettuale, di creatività progettuale, di consapevolezzadelle proprie capacità di pensiero, ma, al tempo stesso, “soffrirla” a causadel disorientamento e della confusione a cui lo induce.

Ad aggravare quest’ultima condizione giunge l’assenza degli ancoraggiideologici, religiosi, politici, valoriali e anche estetici dei quali gli insegnanti

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avevano potuto usufruire fino a qualche tempo prima. Fino a quando, cioè,l’abito critico, oramai sempre più adottato, non ha portato la riflessione cul-turale a mettere via via in dubbio le precedenti certezze.

Inoltre, il docente esposto alle emergenze della complessità, è chiamato,anche a causa della pelle professionale che lo riveste, a rispondere intellet-tualmente alle offerte culturali della società e alle nuove caratteristiche cheassumono.

3. In qualità di educatore e professionista dell’insegnamento, il docenteriprende a porsi degli interrogativi ai quali non può più dare risposta con ilrichiamo degli antichi schemi ideologici e politici: Qual è il ruolo dell’in-segnante oggi? Come esprimerlo in una scuola che va cambiando?

5. Ulteriori immersioni dell’insegnante nel lago della complessità for-

mativa ed educativa

I docenti, si diceva prima, respirano e si nutrono del continuo accrescersidelle conoscenze, delle strutture, dei linguaggi disciplinari e delle strumen-tazioni tecnologiche delle quali i diversi saperi si servono per lo sviluppodelle attività di studio e di ricerca. Le sollecitazioni culturali giungono finoal cuore degli interessi educativi e pedagogici degli insegnanti e ne pro-muovono serie modifiche.

Uno degli esempi più rappresentativi è costituito dalla riflessione pro-vocata dalle recenti acquisizioni scientifiche sulla mente degli individui,sulle modalità di sviluppo cognitivo e psicologico, sulla diversità dei loropotenziali intellettivi.

Inoltre, si fa strada, finalmente, la consapevolezza della non autorefe-renzialità delle discipline scolastiche e, nel contempo, della necessità di ca-librarne l’utilizzazione – all’interno dei curricoli scolastici e delle quotidianeattività di studio – in virtù del contributo formativo che sono in grado diassicurare per la crescita intellettuale, culturale, umana e civile dei bambinie dei ragazzi.

L’insegnante, oggi, di più, è chiamato a manifestare una maggiore sen-sibilità alla vita dell’infanzia e dell’adolescenza. Egli, infatti, non può nonprestare particolare attenzione all’osservazione e alla conoscenza delle ca-ratteristiche cognitive degli alunni. A fare ciò, del resto è sollecitato daglieffetti indotti dalle stesse emergenze delle contemporaneità prime segnalatee dalla messa in dubbio, delle teorizzazioni piagetiane circa lo sviluppo evo-lutivo dei bambini.

Inoltre, il docente, oramai anche della scuola secondaria superiore, av-verte la necessità di occuparsi di una componente fondamentale dell’espe-

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rienza scolastica dell’allievo: quella affettiva. Questa, fin qui era consideratasolo “laterale” rispetto al percorso dei processi di apprendimento ovveroveniva richiamata soltanto in occasione del manifestarsi dei disturbi com-portamentali degli alunni8.

Si rende, del resto, sempre più conto che – lo voglia o no – partecipadella vita, della maturazione psicologica, della costruzione cognitiva e cul-turale di individui in formazione. I quali, da un lato, sembrano più in lineacon le connotazioni (strumentali, linguistiche e comunicative) della societàcomplessa e dell’immagine, dall’altro, forse proprio per questo, risultanomeno difesi e protetti. Mentre, viceversa, sembrano meglio attrezzati ad op-porre una forte e, talvolta, virulenta resistenza all’intervento strettamente etradizionalmente “scolastico”.

Si può ben comprendere come, in riferimento a tale condizione vissutadagli allievi, l’azione del docente risulti quanto mai educativamente deter-minante.

6. Rischio e bisogno di autonomia personale nella società contemporanea

Per rappresentare il rischio e il relativo bisogno di autonomia degli in-dividui nella società contemporanea, ricorriamo a due fenomeni tra loro,del resto, strettamente connessi: l’esplosione delle conoscenze e il cambia-mento avvenuto nei territori del sapere; la moltiplicazione, la diversità el’ambivalenza degli stimoli e delle sollecitazioni di qualsiasi genere e tipo.

1. Come abbiamo già più volte detto, oggi le conoscenze si moltiplicano,si evolvono, si modificano, si perdono anche, in maniera straordinaria e aritmo incessante.

Cambiano, del resto, come abbiamo già visto, gli stessi territori disci-plinari, il loro modo di guardare o di abbracciare il mondo, i paradigmi epi-stemologici. Aumentano le connessioni, le interazioni, i legami tra lediscipline, contemplando, all’interno di reti cognitive e trame conoscitive,la compresenza di sguardi disciplinari altrimenti separati e paralleli.

Inoltre, l’esposizione degli individui e delle società alla cultura tecno-logica e alle sue strumentazioni ogni giorno più evolute e contaminanti, ali-menta l’emergere e la costituzione di nuovi saperi. Situata all’interno di unsimile contesto, la scuola né può rimanere indifferente, né può pensare dicavarsela con poco ovvero con operazioni e scelte che lascino incontami-

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8 D. Goleman, Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1996.

nata la sua cultura didattica pur aprendosi apparentemente al nuovo cheavanza.

In un universo conoscitivo in continua estensione ed evoluzione, piut-tosto che rincorrere o introdurre nuovi saperi e nuovi contenuti, occorre chela scuola promuova negli alunni e negli studenti, non tanto l’acquisizionedi sempre più diverse, maggiori, nuove conoscenze, quanto la capacità diacquisirle, abilitando l’allievo nell’imparare ad imparare.

2. La società complessa esprime spinte intense, variegate e ambivalentie provoca tensioni contraddittorie, determinando negli individui, da unaparte, difficoltà di “assorbimento”, “lettura”, “interpretazione” e “gestione”e, dall’altra, l’esigenza di limitarle, contrastarle, superarle. Ovviamente,anche a scuola9.

In una simile congiuntura esistenziale e per superare le difficoltà che de-termina, l’obiettivo che comincia a essere sempre più condiviso e da perse-guire nella vita di ogni giorno è quello di non cedere al disorientamento trale diverse opportunità, di non perdersi nel groviglio di messaggi, informa-zioni, sollecitazioni, di ritrovare il senso e la intenzionalità delle proprieazioni. In una parola si ha bisogno di esprimere, nonostante tutto, la propriaautonomia di pensiero, di giudizio e di vita.

7. La didattica metacognitiva per l’autonomia degli alunni e degli stu-

denti

Le esigenze prima rappresentate, di imparare a imparare e di costruireed saper esprimere la personale autonomia di studio e di comportamento,devono essere prese in considerazione dalla scuola e a scuola. Qui, nei con-fronti di soggetti in età e condizione di formazione che più di altri “accu-sano” la necessità di soddisfare quei bisogni, si devono predisporre azioni,percorsi e contesti perché tanto accada e perché divengano – da esigenze –disposizioni e competenze personali degli allievi.

La didattica metacognitiva si propone di lavorare in questa direzione,sollecitando l’allievo a conoscersi e a riconoscersi mentre studia, a ricavareinformazioni sulle proprie attitudini, sulle sue capacità, sulle strategie ope-rative che adopera, a rendere intenzionale e consapevole il suo impegno, acontrollare la sua attività. Lo invita e lo sollecita, perciò, a partecipare atti-vamente all’acquisizione delle sue conoscenze e competenze, oltre che allastessa esperienza di vita scolastica.

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9 F. Antinucci, La scuola si è rotta, Laterza, Roma-Bari, 2001.

In ragione di tali orientamenti si può affermare che l’azione educativa eformativa svolta dalla didattica metacognitiva si propone di sostenere l’al-lievo nella conquista della sua autonomia e, insieme, nella crescita e matu-razione della sua persona.

La “metacognizione” è, infatti, possibile definirla anche come la dispo-sizione, la sensibilità, la capacità di pensiero e di azione, presente a livellidifferenti negli individui e orientata a rendere consapevole a sé stesso ilsoggetto mentre agisce, opera, studia e apprende. L’introduzione a scuoladella didattica metacognitiva va proprio nella direzione di promuovere,negli alunni e negli studenti impegnati in compiti di apprendimento, unaquota sempre più estesa e livelli progressivamente di elevati di controllo edi consapevolezza.

Essa, per perseguire esiti formativi qualificati e per dimostrare l’impor-tanza della sua attuazione a scuola, deve svilupparsi lungo un itinerario che(anticipiamo quanto sarà in seguito sviluppato) è opportuno parta dalla co-noscenza da parte degli insegnanti dei repertori mentali degli allievi10 e sisnodi attraverso un effettivo percorso didattico metacognitivo.

8. Il senso e gli scopi della metacognizione a scuola

Se per “metacognizione” s’intende, in generale e rubando un’espressionecara a Edgar Morin, la «conoscenza della conoscenza», allora alcune delleragioni perché essa venga didatticamente perseguita a scuola possono esserele seguenti:

a) Rendere sempre più efficace l’intervento didattico, scommettendosulla possibilità di miglioramento degli esiti formativi degli allieviattraverso l’investimento sulla loro capacità di conoscere sé stessimentre studiano e apprendono.

b) Consentire ad ogni soggetto che apprende di conoscere il proprio re-pertorio di risposte mentali, per poterlo sostenere e potenziare al finedi favorire l’efficace elaborazione e attuazione di interventi autonomie consapevoli.

c) Sostenere l’allievo, di fronte alla complessità del mondo contempo-raneo, nell’acquisizione di efficaci abilità e consuetudini mentali edi studio, da un lato, consapevoli e durature e, dall’altro lato, flessibiliperché adattabili alle diverse situazioni di vita e di conoscenza.

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10 P.C. Rivoltella, Neurodidattica, R. Cortina, Milano, 2012.

d) Rispettare e sviluppare, nel vivo dell’esperienza di studio degli al-lievi, la loro diversità cognitiva, a vantaggio del singolo soggettocome della collettività.

e) Favorire la messa in disparte e l’abbandono di modalità stereotipatedi intervento didattico grazie ad una nuova considerazione del sog-getto che apprende, quella che lo vuole elaboratore autonomo di co-noscenze e di abilità.

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Capitolo quarto

Direzioni educative e metacognizione

1. L’insegnamento nella società contemporanea: all’incrocio di quattro

direzioni di marcia

L’opzione a vantaggio della didattica metacognitiva va inquadrata al-l’interno di una cornice di ricerca pedagogica e metodologica che si proponedi promuovere processi di educativi e di insegnamento che, al tempo stesso,si dimostrino:

- in linea con le caratteristiche evolutive degli alunni e consoni a pro-muovere la loro autonoma maturazione come persone;

- adeguati alla condizione degli uomini e delle donne al tempo dellasocietà contemporanea (complessa, conoscitiva e globalizzata, tec-nologica, ecc.);

- idonei a favorire l’acquisizione di una sempre più piena cittadinanzaglobale;

- in grado di fornire gli strumenti indispensabili per sostenere gli allievinella costruzione della loro identità personale, sociale e culturale.

Allo scopo, ci pare, debbano essere intraprese alcune direzioni di marciaeducativa, tra loro incrociate: mettere l’alunno e gli alunni al centro del pro-cesso educativo e formativo, procedere verso una riforma dei saperi scola-stici che si leghi alla riforma della conoscenza, elaborare e diffondere lacultura e la pratica di una nuova cittadinanza, promuovere, in ogni alunno,l’autonomia di pensiero e di azione1.

2. Mettere l’alunno e gli alunni al centro del processo educativo

Lo studente – è oramai un’intenzione pedagogica quasi abusata – deveessere messo al centro dell’azione educativa e dell’azione didattica: con i

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1 F. Dell’Oro, Cercasi scuola disperatamente, Urra, Milano, 2012.

suoi bisogni e i suoi desideri, le sue caratteristiche, le domande esistenzialiche pone. Perché possa, sollecitato e guidato dall’azione pedagogica e diinsegnamento della scuola, crescere e maturare come soggetto e come per-sona e costruire autonomamente il personale progetto di vita.

L’originalità soggettiva dell’allievo non va vista, però, come costituitada connotazioni individuali apparentemente “neutre” e staccate dai suoicontesti di vita. Al contrario, a definire la costruzione personale dell’allievoe a sostenere lo sviluppo delle sue potenzialità prima e oltre la scuola con-corrono le relazioni che lo legano alla famiglia e ai diversi contesti socialie culturali da lui frequentati. È a questo alunno/studente, “integrato” nellatrama delle sue appartenenze e frequentazioni ambientali e relazionali, dellesue esperienze di vita e di conoscenza, delle sue vocazioni e propensionicognitive, che la scuola e i docenti devono guardare per stimolarne lo svi-luppo intellettivo e la maturazione della persona.

Potremmo affermare, perciò, che la centralità della persona dell’allievoè da intendere in un duplice senso: la persona è al centro dell’azione for-mativa della scuola perché (e se e quando) ne costituisce la causa originaria,ne determina il processo di conoscenza che si progetta e attua, ne definiscela meta; la persona è costitutivamente al centro di una rete di relazioni, ap-partenenze, esperienze che nella connessione complessa delle sue intera-zioni e integrazioni la connotano, la fanno crescere, contribuisconoprogressivamente a costruirne e a definirne l’identità sua propria.

Il ruolo della metacognizione, a riguardo, se ribadisce l’attenzione nei con-fronti della peculiarità soggettiva di ciascun alunno, intende promuovernel’autonoma maturazione personale, assicurandogli un significativo contributonella trama esistenziale e scolastica delle sue relazioni. Pertanto, una dellepiste di ricerca che converrà seguire consisterà nell’intrecciare i fili della di-dattica metacognitiva con quelli dell’insegnamento e dello studio cooperativo.

La scuola ha il compito di promuovere la maturazione della persona e,sembrerebbe paradossale, è chiamata a farlo attraverso la promozione diuna duplice pluralità: quella connessa al riconoscimento, alla valorizza-zione, all’interazione e alla integrazione delle diverse intelligenze e pro-pensioni conoscitive di cui ogni studente è portatore e quella legataall’esplicitazione delle differenti appartenenze sociali e culturali e delle spe-cifiche esistenze individuali.

I processi educativi, pertanto e allo stesso modo, più che puntare esclusi-vamente (o ideologicamente) sulle singole vocazioni cognitive ovvero sullaglobalità astratta della sua persona, più che aver di mira lo sviluppo cognitivoo il successo formativo del singolo individuo o, piuttosto, la crescita collettivadella classe o del gruppo, devono prendere un’altra direzione, forse più tor-tuosa, ma al tempo stesso, più realistica e, oggi, del resto, ineludibile.

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La strada è quella di adottare, nella promozione dei processi di studio edi apprendimento, un’unica strategia di fondo, articolata, però, in due mo-menti tra di loro integrati:

- sostenere la crescita particolare o individuale (di una vocazione trale altre vocazioni individuali, del singolo allievo tra gli altri allievidella classe) mediante la relazione, la connessione, l’integrazionedelle personali differenti intelligenze e dei diversi individui che fannoparte del gruppo o della classe, a vantaggio della globalità e un uni-tarietà della persona;

- credere nella possibilità di miglioramento globale della persona e delgruppo di esperienza e di studio, attraverso lo sviluppo, da una parte,delle propensioni individuali e, dall’altra, attraverso la crescita per-sonale di ciascun componente del gruppo.

È, questo, un itinerario formativo segnato dall’adozione e dall’adatta-mento alla scuola e ai processi formativi del paradigma della complessità2.È lo stesso, del resto, che, nella società civile viene adottato quando si provaa renderla più democratica ovvero progressivamente ed effettivamente in-clusiva e interculturale3.

La complessità della condizione vissuta da donne e uomini e, in parti-colare, di quelli più giovani, insieme alla possibilità di sfruttare convenien-temente a vantaggio dell’individuo e della comunità, le straordinarieopportunità di vita, di comunicazione e di conoscenza offerte, chiede allascuola di intervenire convenientemente.

E l’intervento deve essere indirizzato, innanzitutto, a sostenere l’allievonell’acquisizione della capacità di dare senso alla varietà delle esperienzee nella disponibilità a adoperarla sempre più adeguatamente nella vita (perl’acquisizione delle sue conoscenze e delle sue competenze e allo scopo disostenere la complessiva crescita e maturazione personale).

La scuola e i suoi docenti devono, perciò, attraverso i processi di ap-prendimento che sollecitano, la relazione educativa che animano, le con-crete scelte didattiche che programmano, aiutare ogni studente a cercarecostantemente il senso di quello che fa, il significato delle conoscenze cheapprende, l’importanza delle abilità e delle capacità che sperimenta e ac-quisisce.

Inoltre, alle istituzioni scolastiche e ai docenti, sempre allo scopo di ga-rantire un più sicuro e unitario senso formativo, tocca anche tornare a ri-

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2 V. De Angelis, La logica della complessità, Mondadori, Milano, 1996.3 G. Baumann, L’enigma multiculturale, Il Mulino, Bologna, 2003.

flettere e a individuare le contromisure circa i rischi di frammentazionedelle conoscenze4.

Il sostegno all’alunno nel dare senso alle esperienze che vive e alle co-noscenze che acquisisce passa anche attraverso la predisposizione di con-dizioni educative idonee, da un lato, a fargli acquisire una sempre maggioreautonomia di pensiero, di giudizio, di scelta e di azione e, dall’altro lato,una sempre più elevata consapevolezza e capacità di controllo e regolazionecognitiva e operativa. Che è quanto si propone di stimolare il progetto for-mativo metacognitivo.

3. Riformare i saperi, per riformare l’insegnamento, per riformare il

pensiero

Come afferma Edgar Morin5, la riforma del pensiero è la “sfida delle sfide”che l’umanità – e la scuola con essa e per essa – è chiamata a combattere.

Oggi, all’inadeguatezza che si avverte, nel mondo della cultura, tra sa-peri disgiunti e realtà complesse (queste, talvolta, neanche decifrabili conquei saperi), risponde – o corrisponde – un’altra decisamente più rilevante:quella degli individui, considerati nella loro singolarità ovvero nei gruppio nelle comunità che costituiscono. Gli uomini e le donne del pianeta siscoprono sempre più inadatti a fronteggiare situazioni di vita problematichecon gli strumenti concettuali, i mezzi operativi, le strategie di pensiero dicui dispongono e che si richiamano a conoscenze e abilità anch’esse setto-riali acquisite, nel tempo e, soprattutto, a scuola.

Si avverte, pertanto, la necessità di promuovere un cambiamento nelmodo di pensare e, quindi, il bisogno impellente di modificare il “pensiero”stesso. Il quale, se, da una parte, deve essere orientato a riconoscere, trattare,affrontare e risolvere problemi complessi, dall’altra, deve dimostrarsi ingrado di organizzare e connettere le conoscenze che elabora (e non più sol-tanto essere capace di acquisirle e accumularle in compartimenti stagno),in vista della risoluzione delle situazioni problematiche che quelle cono-scenze richiamano.

Per Morin, la conoscenza è organizzazione, messa in relazione e in con-testo delle informazioni e così dev’essere e funzionare il pensiero delledonne e degli uomini che devono acquisire un’attitudine generale a porree a trattare i problemi, a saper elaborare e adoperare principi organizzatoriin grado di connettere i saperi e di dare loro senso.

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4 E. Morin, La via, R. Cortina, Milano, 2012.5 E. Morin, La testa ben fatta, R. Cortina, Milano, 2000.

Occorre, cioè, favorire la generazione e l’evoluzione di una “testa benfatta” e perché ciò accada c’è bisogno di attuare altre due grandi riforme:la prima, epistemologica ovvero della conoscenza, per adeguare i “saperi”alla – avvertita – complessità della realtà attuale; la seconda, dell’insegna-mento, per adeguare le scelte didattiche e metodologiche alla complessitàdella persona dell’allievo e, più in generale, della condizione umana.

Il cambiamento nei territori della cultura e delle scienze deve consentiredi superare l’attuale inadeguatezza (tra discipline separate e fenomeni e pro-blemi di conoscenza complessi), per convergere verso un’idea di cono-scenza plurale ma connessa, specifica e al tempo stesso globale. Si deveadottare una visione epistemologica che preveda l’integrazione di proce-dure e linguaggi disciplinari orientati verso l’esplorazione e la conoscenzadi realtà complesse e per la risoluzione conoscitiva di situazioni problema-tiche che la condizione umana vive a livello individuale, comunitario, pla-netario.

Allo stesso modo, il cambiamento nel campo dell’insegnamento – rilan-ciato dal processo di riforma epistemologica che, a sua volta, contribuiscea dinamicizzare e far evolvere – deve promuovere, l’oltrepassamento diconsuetudini di studio e di apprendimento esclusivamente rivolte allo spe-cialismo disciplinare.

Lo scopo è proprio quello di perseguire, attraverso l’evoluzione dei pro-cessi e delle pratiche di insegnamento, la riforma del pensiero dell’umanitàpartendo dalla riforma del pensiero dei bambini e dei ragazzi.

In questi, la formazione della “testa ben fatta” dev’essere promossa me-diante la frequentazione di situazioni di conoscenza reali, problematiche,complesse, da affrontare e risolvere con il contributo intenzionalmente e pro-gettualmente integrato di conoscenze di svariata provenienza disciplinare.

All’insegnamento, Morin affida un altro importante compito: far con-vergere, nella mente e negli studi degli allievi, le discipline (i loro repertoriculturali, concettuali e cognitivi, il loro particolare sguardo conoscitivo,ecc.) verso una presa di coscienza della nostra comunità di destino. Ascuola, così, si deve apprendere a vivere e a diventare “cittadini” del nostropianeta.

Si tratta, in conclusione di tre grandi e, probabilmente, indifferibili ri-forme che si richiamano l’un l’altra e, ognuna delle quali, com’è facile ar-guire, abbisogna del potenziamento delle capacità riflessive, diautodeterminazione e di autoregolazione nelle pratiche di studio che la di-dattica metacognitiva promette di perseguire.

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4. Elaborare e diffondere la cultura e la pratica di una nuova cittadi-

nanza

Oramai, la cittadinanza assume connotazioni che ne ampliano la sua ori-ginaria portata e ne modificano, in qualche modo e suggestivamente il suosenso. Così all’idea – tradizionale – di cittadinanza si sostituisce progressi-vamente la cultura della cittadinanza. Consideriamo, a riguardo, alcune trale più significative caratterizzazioni che questa va assumendo.

1. (La cittadinanza) Si allarga a divenire effettiva condizione di paritàdi vita e di espressione tra tutti gli abitanti di un determinato territorio e,pertanto, non viene più concepita esclusivamente come una mera “condi-zione giuridica” che ne distingue o privilegia alcuni (i “cittadini”) rispettoad altri (quelli che “cittadini” non sono).

2. Estende progressivamente il suo raggio di azione e la sua “validità” –anche legislativa – su un’area territoriale progressivamente internazionale esu più popoli e, quindi, non viene più definita dal suo ancoraggio al territorionazionale e a vantaggio di un particolare popolo. È questo il caso, ad esempio,della cittadinanza europea.

3. Diviene planetaria. All’epoca dell’abbattimento delle barriere politichee ideologiche, della irreversibile riduzione delle distanze fisiche e dell’esten-sione straordinaria delle opportunità di spostamento, di informazione, di rela-zione e di comunicazione, essa prova a superare i suoi stessi confini territoriali,demografici e anche culturali. Diviene, quindi, valore universale e, al tempostesso, sensibilità umana e culturale e, perciò, terreno fertile su cui fondare lacostruzione di un’effettiva globalizzazione dei diritti (che si rivolga a ricono-scere e a garantire il soddisfacimento di tutti i diritti e dei diritti di tutti gli in-dividui). Di conseguenza, la “cittadinanza” al tempo della mondializzazionetende a divenire planetaria e a rappresentare i diritti universali dell’umanità.

4. La sua costruzione è continua e si apre al cambiamento. La cittadi-nanza, infatti non è e non può essere definita una volta per tutte, conservatacon ossequio e rigidamente adottata sempre e dovunque, ma – allo stessomodo della generalità dei processi sociali e culturali – è destinata a cambiarenel tempo, a modificarsi a seconda dei diversi contesti di vita e, infine, aessere continuamente “ricostruita” anche per effetto dell’evoluzione delleconcezioni degli individui.

5. Appartiene al popolo che la adotta ed è espressione della sua auto-nomia. Oggi, si crede in una cittadinanza che non possa essere acquistata oricevuta e, correlativamente, che non possa essere offerta o imposta comeè accaduto nel passato prossimo o remoto (dalla cittadinanza romana aquella francese a quella sovietica), per quanto non manchino tentativi cheviaggiano pericolosamente in controtendenza rispetto a questa direzione di

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marcia. In generale, sempre più si vuole che un popolo esprima, adotti ediffonda sul territorio di sua competenza, le proprie consapevoli scelte di“cittadinanza”.

6. Si costruisce con la partecipazione dei cittadini. In ragione di buonaparte delle caratteristiche già presentate, si fa sempre più strada l’idea diuna cittadinanza elaborata attraverso il concorso della generalità dei citta-dini e che richieda la partecipazione democratica e convinta alla sua costru-zione come anche al suo rispetto. La cittadinanza così passa dall’esseresoltanto posseduta ovvero concessa, all’essere costruita o anche conquistatadalla generalità – ovvero dalla parte prima esclusa – dei cittadini.

7. È multietnica, multiculturale e “multisociale”. All’epoca della glo-balizzazione economica, sociale e culturale, la cittadinanza non può più ri-ferirsi o essere destinata a una sola componente della popolazione (quellaoriginaria, la più numerosa o potente, quella che adotta la lingua nazionale,ecc.), ma tiene sempre più in conto della diversità delle presenze e delleidentità che animano la società.

L’idea di cittadinanza, in conclusione, quindi, sembra – anche se nondappertutto e superando resistenze di non poco conto – evolversi in culturadella cittadinanza e in progetto democratico e condiviso di riconoscimento,di inclusione, di valorizzazione delle differenti identità – personali, culturali,etniche, religiose – oramai compresenti all’interno della società.

4.1 Come la scuola deve contribuire a promuovere una nuova cittadinanza

Perché la scuola possa offrire il suo contributo alla diffusione di unanuova idea di cittadinanza, riteniamo che occorra preordinare e concreta-mente mettere in atto una serie di azioni a quel fine rivolte.

1. Innanzitutto, la scuola deve sostenere ciascun allievo nell’acquisi-zione della capacità di dare senso alla varietà delle sue esperienze, ri-ducendone la frammentazione e l’episodicità. Cercare di attribuire il sensoalle varie esperienze è anche un’operazione finalizzata a capire dove ci sitrova, cosa accade e si sta facendo, ciò che è meglio fare e come farlo.

2. Alla prima preoccupazione, è opportuno far seguire la disposizione ela capacità di fornire supporti adeguati allo sviluppo di un’identità aperta

e consapevole nella società multiculturale e sempre a tutela della personadell’allievo.

3. Da ricordare è anche la determinazione a debellare – nella societàdella conoscenza – insieme alle tradizionali forme di analfabetismo e diemarginazione culturale, i fenomeni che determinano gli analfabetismi di

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ritorno e le più recenti forme di deprivazione culturale. Lo scopo ultimo èquello di garantire, mediante l’azione educativa e formativa della scuola,effettivamente a tutti gli individui l’esercizio pieno dei diritti di cittadi-

nanza. La scuola, per contribuire a far conseguire questo obiettivo, deveporre le basi per lo sviluppo, in ciascun allievo, di un percorso (auto)for-mativo sempre più “consapevole” e che proseguirà durante tutta la vita.

4. Orientata, ancora, a promuovere una nuova cittadinanza è anche ladeterminazione a sostenere ogni persona nei percorsi di cambiamento ge-nerati dall’interazione tra processi produttivi e innovazioni tecnologiche eche richiedono a ogni individuo di modificare e far evolvere le proprie com-petenze e le personali propensioni lavorative. La sollecitazione della scuolaa far sì che ciascun allievo sia “abilitato” a partecipare alla vita sociale, la-vorativa, culturale e, quindi, ad acquisirne a pieno titolo la cittadinanza,passa attraverso la formazione di una persona salda sul piano cognitivo

e culturale perché possa affrontare l’incertezza e la mutevolezza degli sce-nari sociali e professionali. E qui, trova ulteriore convalida la scelta meto-dologica fatta propria dall’introduzione della metacognizione a scuola:abbandonare definitivamente la trasmissione standardizzata delle cono-scenze e, ingegnarsi, al contrario, nel fornire a ogni studente le chiavi perapprendere ad apprendere e per costruire e trasformare le mappe dei “pro-pri” saperi. Lo scopo ultimo è quello di predisporre e attrezzare la personae il “cittadino” a vivere nella società del cambiamento.

5. Sono da riferire, ancora, al tentativo di permettere a tutti gli studentidi acquisire le chiavi di accesso alle opportunità della società contempo-ranea e ad abilitarli a partecipare a una cittadinanza sempre più evoluta

ed effettiva, piena e responsabile, alcune delle finalità specifiche dellascuola:

- offrire agli studenti occasioni di apprendimento dei saperi e dei lin-guaggi culturali di base;

- stimolare gli studenti nell’acquisizione di strumenti di pensiero ne-cessari ad apprendere come selezionare le informazioni;

- promuovere in loro la capacità di elaborare metodi e categorie ingrado di orientarli nella individuazione ed elaborazione degli itine-rari personali;

- favorire l’autonomia di pensiero degli studenti, orientando l’azionedidattica verso la costruzione dei saperi partendo dai loro bisogniformativi.

6. Infine, possiamo ricondurre alla volontà della scuola di adottare unadiversa è più evoluta visione della cittadinanza anche la determinazione apromuovere appieno la maturazione della “persona” dell’allievo, non

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considerandolo, però nella sua solitudine conoscitiva ed esistenziale, ma,al contrario, all’interno di ricche trame relazionali e cooperative.

Come si può ben notare, non v’è finalità collegata alla promozione dellacultura e dei saperi di cittadinanza che non possa trovare preziosi appoggi,sostegni e contributi in un progetto didattico orientato allo sviluppo dellametacognizione.

5. Promuovere, in ogni alunno, l’autonomia di pensiero e di azione

Con tutta evidenza, buona parte del discorso fatto a proposito della co-struzione e dello sviluppo della cultura di cittadinanza può essere ripetutaa proposito di una delle finalità educative fondamentali che ogni scuola eogni docente dovrebbe impegnarsi a perseguire: la promozione dell’auto-nomia personale di pensiero e di azione dell’allievo.

Infatti, questa è strettamente legata alla medesima esigenza e all’effettivapossibilità di sostenere ogni alunno e ogni studente lungo l’itinerario di ac-quisizione e messa in pratica di una cittadinanza sempre più estesa, consa-pevole e responsabile. Non si può puntare alla seconda senza lavorare allosviluppo della prima finalità. Viceversa, quale senso avrebbe l’autonomiacognitiva, critica, operativa dello studente se non si riempisse di riflessionie di pratiche orientate al perseguimento della piena cittadinanza.

I percorsi formativi metacognitivi, realizzati con il concorso di inten-zionali operazioni didattiche (dei docenti) e di studio (degli alunni), abili-tando, nella concreta esperienza scolastica, alla responsabilità e all’autono-mia personale, sostiene e sollecita, nei fatti, l’acquisizione di una cittadi-nanza attiva e responsabile. Basti considerare, a riguardo, le medesime fi-nalità educative e le stesse direzioni di marcia formativa che orientano ipercorsi della didattica metacognitiva. Tra le quali ultime, nello specificodi quanto stiamo trattando, segnaliamo:

- Rendere sempre più efficace l’intervento didattico puntando sulla capa-cità degli alunni di conoscere sé stessi mentre studiano e apprendono;

- Consentire ad ogni soggetto che apprende di conoscere il proprio re-pertorio di risposte mentali, per favorire l’efficace elaborazione eattuazione di interventi autonomi e consapevoli;

- Sostenere l’allievo, di fronte alla complessità del mondo contempo-raneo, nell’acquisizione di efficaci abilità e consuetudini mentali edi studio;

- Rispettare e sviluppare la diversità cognitiva degli allievi, a vantag-gio del singolo soggetto come della collettività.

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Capitolo quinto

La didattica metacognitiva per far parteciparel’allievo all’acquisizione delle sue competenze

1. Metacognizione e cultura della partecipazione dell’allievo

Come si è già detto, l’introduzione della metacognizione tra le paretiscolastiche intende promuovere la consapevolezza e il controllo delle atti-vità cognitive da parte degli studenti per consentire loro di raggiungere tra-guardi sempre più elevati di competenza e per concorrere alla progressivarealizzazione della loro autonomia di pensiero e di giudizio e, quindi, dellaloro persona. Perché il tentativo, abbia, però, successo, occorre che, nellascuola, tra gli insegnanti, tra i genitori e tra gli stessi alunni, si diffonda unapiù convinta cultura della partecipazione dell’allievo all’acquisizione dellesue conoscenze e delle sue competenze.

In realtà, sulle capacità spontanee del bambino (e dell’alunno) la peda-gogia ha da parecchio tempo provato a puntare gran parte delle sue scom-messe educative: a favore della sua progressiva autodeterminazione e alloscopo di promuoverne la più ampia autonomia di pensiero, di giudizio e diazione. Il pensiero se va, innanzitutto, a Rousseau1 autentico portabandieradi quelli che, oggi, chiamiamo “diritti del bambino” (e, cioè, diritto allavita, alla crescita, alla libertà, al gioco, alla conoscenza ovvero, nell’insiemee soprattutto, a essere bambino), si allunga e, poi, si ramifica a ricordaretanti altri educatori, pedagogisti o, in generale, uomini di pensiero che hannointeso dare un significativo contributo all’emancipazione dei bambini neipiù diversi territori: dal campo biologico-fisico, a quello emotivo-affettivo-relazionale, a quello psico-cognitivo, ecc.2

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1 J.J. Rousseau, Emilio, Roma-Bari, 2003.2 A riguardo, ci limitiamo a citare alcuni studiosi ed educatori e le loro opere più significative:B. Ciari, Le nuove tecniche didattiche, Editori Riuniti, Roma, 1971; C. Freinet, Le mie tecniche,La Nuova Italia, Firenze, 1969; R. Cousinet, Il metodo di lavoro libero per gruppi, La NuovaItalia, Firenze, 1973; T. Gordon, Insegnanti efficaci, Giunti e Lisciani, Firenze, 1991; J.S. Bruner,La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 1997; M. Baldacci, L’istruzione individualizzata,La Nuova Italia, Firenze, 1993; H. Gardner, Educare al comprendere, Feltrinelli, Milano, 1993.

È stato, ed è, però, un cammino accidentato perché controcorrente, datoche la cultura educativa dominante (ossia le opinioni in materia diffuse tralarghi strati della popolazione) procedeva e, nei fatti, spesso procede in di-rezione contraria.

D’altronde, gli studi di psicologia (generale, evolutiva e dell’apprendi-mento)3, che dovevano puntellare e sostenere tale percorso, hanno realizzatoun debole impatto sulle reali convinzioni e sui concreti comportamenti deglieducatori e degli insegnanti. Quando, di più, non proponevano soluzioniche tendevano a lasciare il bambino nella sua condizione di minorità, dipassività e di dipendenza. In accordo, quindi, con le convinzioni veicolatedalla già richiamata cultura educativa dominante.

È, questo, a nostro parere, il caso delle – notevoli – derive nel territorioeducazionale delle teorie dell’istruzione orientate all’associazionismo e alcomportamentismo4, le quali anche quando si sono evolute, non hanno ab-bandonano, comunque, il paradigma di intervento “formativo” prediletto:azione esterna tramite stimolo ovvero trasmissione di informazioni, cono-scenze, esempi di abilità (da parte dell’educatore/insegnante) nei confrontidel soggetto ricevente (bambino/allievo), allo scopo di provocare in lui unareazione che deve essere espressa mediante comportamenti (ovvero cono-scenze e abilità) corrispondenti agli stimoli ricevuti.

Tale impostazione teorica, anche in virtù della sua semplice praticabilitàdidattica e dei facili (però effimeri, spesso) risultati immediati che permettedi ottenere, anima sottotraccia buona parte delle intenzioni e delle azioniformative diffuse ancora oggi praticate e diffuse. Una sua deriva è, del resto,significativamente presente nel repertorio degli attrezzi concettuali didatticiposseduto e agito dalle istituzioni scolastiche e dai docenti ed è costituitadalla programmazione per obiettivi5. La quale, grossomodo, si fonda sul-l’identico paradigma sopra richiamato: definizione (nel dettaglio) di tra-guardi formativi standard (ricavati dall’interazione dei contenuti disciplinaricon le potenzialità cognitive degli allievi) da far raggiungere alla generalitàdegli alunni/studenti, conseguente intervento didattico (lo stimolo dal-l’esterno verso l’interno) mirato a provocare la reazione cognitiva e cono-scitiva voluta (la risposta dall’interno verso l’esterno) sotto forma diapprendimenti (conoscenze e abilità).

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3 Citiamo alcune opere di psicologia evolutiva e dell’apprendimento: C. Pontecorvo (a curadi), Manuale di psicologia dell’educazione, Il Mulino, Bologna, 1999; P. Boscolo, Psicologiadell’apprendimento scolastico, UTET, Torino, 1999; AA.VV, Psicologia cognitiva dell’ap-prendimento, Erickson, Trento, 2003. 4 G. Mondelli, La progettazione formativa personalizzata, Anicia, Roma, 2006.5 D. Cristanini, Programmare e valutare nella scuola moderna, Fabbri, Milano, 1997.

Per questa ragione, ci pare che anche le migliori intenzioni dei docentirivolte a promuovere la partecipazione dell’allievo alle attività di studio elo sviluppo di una sua sempre più elevata autonomia di pensiero e di azione,abbiamo complessivamente fin qui ottenuto scarsi risultati in tal senso.

Probabilmente, invece la strada da percorrere per potenziare progressi-vamente la capacità di autodeterminazione e di autonomia dell’alunno esulla quale puntare per fargli conseguire migliori e più qualificati esiti diapprendimento (ossia traguardi sempre più elevati di “competenza”), deveprendere le mosse da altri e più idonei fondamenti teorici di psicologia evo-lutiva e dell’apprendimento. E, provare a tradurli sotto il profilo educativo,didattico e metodologico.

Stiamo parlando di studi, ricerche e ipotesi teoriche e progettuali che,nel tempo, hanno provato ad andare, come si diceva prima, in “controten-denza” (rispetto alle teorie e alla convinzioni più diffuse) o, addirittura, in“controevidenza” (rispetto a quello che il bambino sembra esprimere con isuoi comportamenti). E che, non sembri strano, paiono “curiosamente” cor-rispondere a visioni altrettanto innovative che procedono lungo la medesimadirezione e che stanno aprendosi analoghi e significativi varchi nei più sva-riati campi: ricerche sull’intelligenza artificiale e sulle neuroscienze, studiepistemologici o sulla conoscenza, tendenze sociali e culturali, opinioni ecomportamenti educativi diffusi, scelte metodologiche e didattiche, ecc. Inrealtà, stiamo, forse, partecipando alla stesura di una nuova e corale parti-tura, se non proprio di una inedita “opera”, educativa.

2. L’allievo: dalla dipendenza all’autodeterminazione (nella psicologia

evolutiva e nelle teorie dell’istruzione)

- Una prima, ma già forte, sollecitazione al riconoscimento delle pecu-liarità evolutive dei bambini e dei ragazzi e della conseguente necessità dirispettarle nell’azione educativa, è stata espressa dalle ipotesi teoriche diPiaget 6 perlomeno in tre direzioni di ricerca strettamente correlate:

a) la scoperta di modalità di pensiero, linguaggio, azione e relazionedei bambini, decisamente differenti rispetto a quella degli adulti;

b) la convinzione che le stesse evolvono verso livelli sempre più elevatiattraverso l’esperienza e la costruzione personale del soggetto im-pegnato in processi fisici, psicologici, cognitivi, relazionali;

c) la conseguente consapevolezza di consentire al bambino/allievo di co-struirsi da sé le proprie strutture concettuali, operative, conoscitive.

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6 J. Piaget, Giudizio e ragionamento nel bambino, La Nuova Italia, Firenze, 1988.

Alla scuola, agli educatori tocca, soltanto, mettere il bambino nelle mi-gliori condizioni perché partecipando del contesto fisico, sociale, culturalepredisposto, possa “naturalmente” o, meglio, “spontaneamente” costruirela propria crescita personale.

La lezione piagetiana sposta la causa – ossia la “dipendenza” – dei ri-sultati dell’apprendimento dall’esterno all’interno: è la mente del bambino(mediante la sua esperienza attiva e riflessiva nell’ambiente fisico, lingui-stico e relazionale) che, spontaneamente, si evolve, raggiungendo traguardisempre più elevati sulla strada della sua completa emancipazione verso lameta stabilita: la capacità di pensare, di parlare e di agire dei soggetti adultidefinita dalle modalità più tipiche della logica simbolico-formale. Un belpasso avanti, non c’è dubbio, salvo, forse, per la “destinazione finale” del-l’itinerario di sviluppo psicologico infantile: un pensiero, un linguaggio,uno stile relazionale “altro”, già stabilito dall’esterno per tutti gli individui,compresi i bambini e i ragazzi (gli alunni e gli studenti).

- Il secondo sostegno teso, al tempo stesso, a riconoscere la specificaidentità psicologica del bambino e del ragazzo e a richiedere e stimolare lasua attiva partecipazione alla propria crescita e maturazione attraverso l’ac-quisizione di conoscenze e abilità, viene fornito alle scuole e agli insegnantida Vygotskij7. Lo studioso russo, infatti, con l’intuizione della presenza neiprocessi di apprendimento di una zona di sviluppo prossimale determinatadall’azione del singolo soggetto in formazione, ci consegna una visionemeno deterministica dello sviluppo infantile rispetto a quella piagetiana. Ariguardo, in particolare, della rigidità e univocità degli stadi, Vygotskij operala scelta teorica di sottrarre i bambini e i ragazzi all’omogeneizzazione dellefasi della maturazione evolutiva e valorizza il ruolo dell’azione dei parinell’evoluzione delle modalità di pensiero e di linguaggio. Egli, perciò, apredelle crepe nel rigido impianto teorico di impronta bio-naturalistica e con-cedendo al bambino l’opportunità di crescere mediante la sua attiva parte-cipazione ai processi di comunicazione e di pensiero che si sviluppanointorno a lui, lo sistema ancora più al centro dei processi di apprendimento.L’esperienza partecipata del bambino diviene sempre più veicolo, motoree propellente per le progressive acquisizioni cognitive, concettuali, cono-scitive e relazionali e, perciò, nell’insieme per la sua crescita personale.

- Da Bruner, ci giungono ulteriori spinte a considerare l’importanzadell’attività consapevole del soggetto nella promozione delle sue compe-tenze e, in generale, della sua maturazione. Segnaliamo, in primo luogo, la

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7 Di L.S. Vygotskij sono da segnalare perlomeno: Il processo cognitivo, Bollati Boringhieri,Torino, 1987; Pensiero e linguaggio, Laterza, Roma-Bari, 1998; Storia delle funzioni psi-chiche superiori, Giunti, Firenze, 2008.

scelta di pensare e di adottare una teoria dell’istruzione basata su fonda-menta cognitiviste e su un impianto strutturale costruttivista: cioè, da unlato, sulla ricerca e sul riconoscimento delle effettive e più profonde ope-razioni della mente degli individui e, dall’altro lato, sulla messa in evidenzae sulla valorizzazione educativa della costruzione individuale di ciascunsoggetto alla sua maturazione culturale e concettuale. Da qui, la sua azionedi contrasto nei confronti delle visioni e delle procedure associazioniste-comportamentiste diffuse nel mondo della scuola e la spinta a favore di unamaggiore e migliore conoscenza delle caratteristiche psicologiche e cogni-tive degli allievi. In secondo luogo, a Bruner va riconosciuta l’importanzaattribuita alla “fase attiva” – ossia pratica, operativa, di esperienza personale– nello sviluppo degli individui8. La quale è da intendere, non soltanto qualepartenza genetica ovvero storico-culturale di un’evoluzione intellettuale(dell’individuo come della società) che si completa attraverso, prima, la“fase iconica” e, poi, la “fase simbolica”; ma anche quale momento iniziale– spesso da ripercorrere – di qualsivoglia acquisizione conoscitiva e di ognistruttura cognitiva.

Ancora, dallo stesso studioso e da altri esponenti del cognitivismo psi-copedagogico americano, ci giungono ulteriori sollecitazioni a favore diun’azione educativa che punti sulla partecipazione attiva e sempre più au-tonoma dell’allievo. Ci riferiamo, in particolare, sia alla determinazioneper un insegnamento orientato alla promozione in ogni studente di unostile di pensiero adeguato, sia alla convinzione della necessità di intenderei saperi quali territori culturali dell’umanità da far ripercorrere agli allievisecondo le loro capacità e mediante le modalità di rappresentazione (at-tiva, iconico, simbolica) più confacenti al soggetto e alla situazione di ap-prendimento.

- Ausubel 9, invece, chiede a quanti si occupano di educazione e di for-mazione di provocare negli studenti apprendimenti significativi. Questi sirealizzano quando i materiali conoscitivi proposti del docente si integranoin una nuova struttura di conoscenza realizzata nell’allievo. Di tutta evi-denza il ruolo attivo e partecipativo che, in tale processo di ri-elaborazioneconoscitiva, deve essere esercitato dall’alunno, pena l’impossibilità – ap-punto – di poter assicurare alle conoscenze effettiva significatività, ossiaimportanza, sensatezza, durata, flessibilità, riutilizzabilità, ecc.

Un ulteriore elemento in grado di assicurare significatività agli esiti co-noscitivi derivanti dai processi di insegnamento (dei docenti) e di studio

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8 J.S. Bruner, Verso una teoria dell’istruzione, Armando, Roma, 1967.9 D.P. Ausubel, Educazione e processi cognitivi, FrancoAngeli, Milano, 1995.

(degli alunni e studenti) è costituita dalla scelta di promuovere, proprio me-diante la partecipazione anche collegiale degli alunni, apprendimenti situatie distribuiti.

Col contributo anche incrociato offerto dalle summenzionate ipotesi teo-riche di psicologia dell’apprendimento e dalle ricerche realizzate da altristudiosi dei processi di istruzione10 sono stati ideati, progettati e diffusi mol-teplici modelli metodologici e didattici innovativi, tutti rivolti a riconoscerel’importanza della partecipazione dell’allievo all’acquisizione delle sue co-noscenze e competenze. Ne citiamo soltanto alcuni: didattica per concetti,insegnamento e apprendimento cooperativo, didattica per problemi e persituazioni, lavorare per moduli11, didattica laboratoriale, progettazione mo-dulare.

3. La partecipazione degli alunni al loro apprendimento

Quindi, dicevamo, c’è un altro aspetto che, oltre la conoscenza delle ca-pacità e delle disposizioni mentali degli allievi, ogni docente dovrebbe pren-dere in seria considerazione: la loro reale partecipazione all’acquisizionedi saperi e abilità12. Che è anche un modo, forse quello più consono e ade-guato, di fare venire allo scoperto le loro disposizioni, conoscenze e stilicognitivi.

In un certo senso, una delle conferme più probanti ci viene offerta, a ri-guardo, dalla sfida che la complessità del mondo, della società, della culturaci lancia: per fronteggiarla – come sappiamo – una delle strade da percorrereè quella del promuovere in tutti gli individui e, quindi, negli allievi la con-sapevolezza del conoscere. La quale, evidentemente, presuppone la pienae attiva partecipazione del discente nei processi di apprendimento.

Oggi, urge acquisire abilità flessibili di studio e di ricerca, capacità didiscriminazione e di selezione delle informazioni e degli stimoli di varianatura, disposizioni a migliorare continuamente le modalità personali difruizione, comprensione, rielaborazione della conoscenza. V’è la necessitàdi organizzare in categorie significative le sollecitazioni plurime, rapide,spesso sovrapposte che giungono alla nostra sensibilità percettiva e psichicadalle fonti più diverse di esperienza e di conoscenza. Bisogna, inoltre, prov-

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10 P. Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolastico, UTET, Torino, 1999. 11 E. Damiano (a cura di), Guida alla didattica per concetti, Juvenilia, Bergamo, 1995.12 A.F. Ashman, R.N.F. Conway, Guida alla didattica metacognitiva, Centro Studi Erickson,Trento, 1991.

vedere a fornire risposte, spesso tempestive, mediante forme di elaborazionee di rappresentazione adeguate alle diverse circostanze.

Sempre più si avverte l’esigenza di assicurare una maggiore cifra di con-sapevolezza ai nostri atti cognitivi e comportamentali proprio quando la ve-locità e la pluriformità delle stimolazioni e delle richieste sembra indurci,anche per effetto del pesante sfruttamento della Rete da parte dei potentatieconomici nazionali e internazionali13, a una forte dose di automatizzazionedelle risposte. Una consapevolezza, del resto, alla quale la maggior partedei soggetti ha l’esigenza di essere preparata mediante proposte di istruzioneche permettano la presa di contatto tra l’alunno e il mondo dei saperi e sti-molino l’appropriazione diretta e responsabile di conoscenze e di abilitàcognitive e operative.

Al soddisfacimento di questo bisogno, ci pare che debbano essere indi-rizzati gli interessi prioritari e gli sforzi più convinti e coerenti dei processiformativi organizzati dalle istituzioni scolastiche pubbliche. Anche perchéè a questo livello che, oramai, si deve raccogliere la sfida per garantire,prima, la costruzione di strutture concettuali e cognitive di base per tutti glialunni e, poi, le condizioni per promuovere uno sviluppo sempre più elevatodelle potenzialità intellettuali di ogni soggetto.

Secondo Morin14, ogni conoscenza ha bisogno di riflettersi, di ricono-scersi, di problematizzarsi, perciò non si dà conoscenza senza conoscenzadella conoscenza.

Una ragione in più, quindi, per promuovere la partecipazione direttadegli alunni alla costruzione delle loro abilità e delle loro conoscenze: solocosì, infatti, avranno possibilità più frequenti ed elevate di riflettere e con-trollare quello che sanno e che fanno. Anche perché sentiranno l’esigenzadi farlo.

4. La consapevolezza del docente circa l’importanza della partecipa-

zione dell’allievo

Perché l’insegnante s’impegni a favorire la consapevole partecipazionedell’allievo all’acquisizione delle sue conoscenze e competenze deve essereconvinto che, così facendo, il suo intervento, da un lato, riesca efficace,dall’altro, corretto.

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13 L. Lessig, Il Futuro delle idee, Feltrinelli, Milano, 2006.14 E. Morin, La conoscenza della conoscenza, Feltrinelli, Milano, 1989.

Efficace perché:- i docenti avranno la possibilità di stimolare negli alunni l’attivazione

di processi cognitivi più evoluti e in maniera più adeguata, determi-nando spinte favorevoli all’apprendere mediante la promozione diinteressi significativi;

- gli alunni e gli studenti potranno, con il coinvolgimento diretto e laspinta conoscitiva derivante, raggiungere migliori risultati in ordinealle acquisizioni conoscitive e di abilità, mettendo alla prova e ade-guando i propri stili cognitivi e operativi.

Corretto perchè:- non verrà trascurata la soggettività mentale e umana dell’allievo

nell’acquisizione del suo sapere, anzi la si esplorerà per sostenerla,arricchirla e, anche, per contribuire a modificarla, contando sul suopersonale contributo (provocandolo, stimolandolo, valorizzandolo).

Nella consapevolezza, inoltre, che gli apprendimenti efficaci, perché si rea-lizzino (e non si volatilizzino in poco tempo) devono essere “processati” nellamente dell’allievo e che, oltre che più economico, è anche più giusto che sial’individuo in situazione di studio e di ricerca a determinare cosa, quanto, comee perché apprendere. Come è, nel contempo, giusto che sia il docente a indivi-duare, organizzare e mettere in atto le condizioni perché tanto si realizzi.

Un’azione, quella dell’insegnante, che, però, non può percorrere le pistedel lasciar fare, ma che, al contrario, deve partire da quello che l’allievo sagià fare e sa già pensare, per intervenire a suo vantaggio e perché questo in-tervento miri proprio, per così dire, a promuovere una sempre maggiore e piùfunzionale autogestione e autoregolazione dei processi cognitivi e conoscitivi.

5. I vincoli metacognitivi dell’insegnante a partire dal superamento del-

l’egocentrismo docente

Riteniamo che l’insegnante debba “sentire” costantemente operanti sudi sé alcuni vincoli, del resto già menzionati, se vuole realmente attuare unitinerario didattico in grado di promuovere la diretta partecipazione del-l’alunno/studente. Li esplicitiamo:

a) la conoscenza dell’alunno – intesa in senso generale e a livello delle spe-cifiche soggettività – a riguardo dei contenuti conoscitivi che possiede,delle sue strutture concettuali e categoriali, del suo stile cognitivo15;

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15 H. Gardner, Educare al comprendere, Feltrinelli, Milano 1993.

b) il superamento di uno stile docente egocentrico e nell’abitudine aconfinare l’alunno ad un ruolo passivo durante lo sviluppo dei pro-cessi di insegnamento-apprendimento;

c) l’elaborazione e il perseguimento di strategie metacognitive per con-sentire ad ogni soggetto la costruzione consapevole delle sue cono-scenze e delle sue abilità.

Della necessità di conoscere l’alunno abbiamo già detto in precedenza; con-centriamoci un po’, invece, sul superamento dello stile docente egocentrico.

Abbiamo già accennato all’abitudine del docente a mettere sé stesso alcentro dell’attività didattica ed ad assegnare all’allievo un ruolo di mero ese-cutore o di semplice consumatore di cibi didattici preconfezionati, piuttostoche di reale ri-elaboratore delle sue conoscenze e delle sue competenze.

La faccenda si complica, per chi deve apprendere, quando si moltiplicail numero dei docenti che interagiscono ogni singolo gruppo-classe. Conl’aumento del numero degli insegnanti, specie nelle attività di “progetto”,con l’apertura della scuola al confronto e alla collaborazione di genitori edi altri adulti nell’attuazione del progetto educativo di territorio, aumentanocorrispondentemente le possibilità di espansione dell’egocentrismo docenteo degli adulti.

Non è negli intenti di chi scrive pronunciarsi a favore di un processo direstaurazione dell’antico, come pure si sta tentando di fare con il ripristinodell’insegnante unico nelle scuole dell’infanzia e primarie. Neanche si vuolepropugnare la separatezza tra i docenti di scuola media inferiore e superioreche pur fanno parte dello stesso consiglio di classe e la chiusura della scuolaa tutte quelle forme di partecipazione in entrata (del territorio) e in uscita(nel territorio). Si vuole, invece, solamente, mettere in evidenza una situa-zione di fatto: l’aumento del numero degli adulti e la conseguente prolife-razione ed espansione relativa del loro modo di intendere il mondo, la vita,la conoscenza. Senza, da una parte, la dovuta attenzione a come e a cosagli alunni e gli studenti pensano e alle loro modalità espressive, generazio-nali e individuali; dall’altra, che ci si preoccupi di assicurare dei “contrap-pesi” alla preponderante presenza/potere degli adulti.

A riguardo, perciò, occorre intervenire e, secondo noi, è innanzitutto ne-cessario che l’insegnante, il gruppo degli insegnanti:

- non si accanisca in una pianificazione dell’intervento didattico che,proprio perché pregiudizialmente improntato al perseguimento diobiettivi di carattere disciplinare, finisca per ignorare le occasioni, leesigenze e i bisogni di apprendimento di chi l’apprendimento se lodeve costruire (e che possono scaturire ed essere soddisfatti o scatu-rire, da una parte, dalla reale e quotidiana prassi didattica e, dall’altra,

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dalle differenti disposizioni e disponibilità culturali e cognitive diogni singolo alunno);

- si impegni, piuttosto, nella cura e nella predisposizione dei contestieducativi e di apprendimento (intesi sia sotto l’aspetto fisico, cultu-rale e organizzativo che presenta, sia a riguardo delle condizioni mo-tivazionali, relazionali e di partecipazione attiva che consente esviluppa) quali “luoghi” stimolanti e aperti per la promozione, esplo-razione e sperimentazione della conoscenza;

- prediliga, alla “consegna” di concetti preconfezionati e già definiti apriori, la sperimentazione costruttiva e la progressiva ricerca, elabo-razione e conquista di “significati” da parte degli alunni;

- non favorisca, negli alunni, l’acquisizione di abilità e di capacità me-diante la semplice presentazione/esposizione di attività da copiare/reiterare o, comunque esclusivamente da eseguire, senza che gli stessiallievi ne possano cogliere senso e necessità;

- preveda forme di azione diretta, di manipolazione libera o guidata(ma non per rispondere esclusivamente a semplici comandi) degli al-lievi sulle cose, sui materiali di studio, sui testi, con opportune stru-mentazioni di supporto (anche da costruire);

- solleciti e organizzi modalità di lavoro scolastico non solo di tipo“diretto” della serie «io spiego, tu ascolti», ma anche di tipo “indi-retto”, mediante la strutturazione di ambienti di attività e di appren-dimento (aule-laboratorio, spazi e luoghi opportunamente attrezzati,locali formativamente identificabili), la proposizione e l’accogli-mento di iniziative di ricerca, l’organizzazione e il sostegno a gruppidi lavoro e di mutuo insegnamento;

- consideri il “territorio” come occasione non subalterna né episodicae casuale di apprendimenti, ma, al contrario, avente lo stesso rangodell’aula scolastica purché convenientemente individuato e didatti-camente preparato e frequentato (vi si potranno, così, sperimentareattività, interessi, linguaggi “caldi”, stimolanti, di uso comune, nonformalizzati e perciò in grado, nel contempo, di avvicinare maggior-mente gli alunni agli argomenti di studio e di colmare la distanza cul-turale tra i docenti e gli alunni medesimi);

- affronti argomenti di studio ritenuti significativi anche senza esserein possesso di una preparazione specifica ed esauriente (l’allievo spe-rimenterà così, insieme alla non onniscienza del suo docente, il de-siderio di realizzare una conquista realmente personale perché nondata e non ancora in possesso di alcuno; l’insegnante riscoprirà, in-sieme al senso della sua inadeguatezza conoscitiva, il bisogno diporvi rimedio studiando e ricercando con i suoi allievi).

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6. La consapevolezza metacognitiva del soggetto che apprende

L’alunno, lo studente che, mentre si impegna in un’attività di studio, ri-flette su quello che sta facendo, su come sta pensando, su quello che ricorda,fa “metacognizione”. Quando, prima di iniziare a leggere una qualsiasi pa-gina scritta, si organizza mentalmente e si dispone anche fisicamente ad ac-coglierla a seconda del tipo di testo specifico del quale fa parte o a cui, per“genere” appartiene, ebbene anche in quella circostanza, fa “metacogni-zione”. Quando ogni soggetto riflette, considera, analizza l’impegno men-tale e pratico al quale si sta sottoponendo e lo regola, lo modula, lo correggeper eseguirlo, per renderlo adeguato, per rettificarlo, mette in atto azioni“metacognitive”.

Allora, se ogni individuo è, per così dire, “metacognitivo” che senso hala scelta di proporre un curricolo di attività metacognitive a scuola? Non sipotrebbe semplicemente assistere alla naturale e spontanea evoluzione diquelle abilità metacognitive in ogni soggetto?

Una risposta può venire dal considerare quanto avviene a proposito dimolte altre abilità e competenze che la scuola si propone di far conseguireai suoi allievi ai livelli più elevati e che pure fanno parte del loro repertorio– in atto e/o potenziale – prima che varchino i portoni della scuola. Pen-siamo all’abilità linguistica, a quella logico-matematica, a quella motoria:i bambini sanno parlare, realizzare ragionamenti matematici, camminare,correre, saltare. A scuola, allora, ci si occupa dello sviluppo delle stesse abi-lità che spontaneamente i soggetti dimostrano già di possedere, e lo si faperché sono delle abilità di straordinaria rilevanza per lo sviluppo e per lastessa esistenza di tutti gli individui. Per questa ragione, da un lato, le siconsolida, dall’altro lato, le si aiuta a maturare e ad evolversi.

Lo stesso percorso, quindi, nella scuola si può tentare di predisporlo edi perseguirlo a vantaggio dello sviluppo e della valorizzazione delle per-sonali predisposizioni all’uso delle pratiche metacognitive, specie a ri-guardo di quelle attività per le quali è richiesta una più elevata capacità dioperare sui simboli e in astratto.

Un’altra risposta all’interrogativo circa l’utilità didattica e formativa di uncurricolo metacognitivo proviene dalla constatazione della diversità di gradoe di livello di controllo mentale dimostrata dagli individui quando pensano,studiamo, agiscono, lavorano. La scuola deve consentire a tutti i suoi scolaridi realizzare il meglio possibile nei campi dell’esperienza e della conoscenzapiù vari; in particolare, si deve occupare di dare di più a chi ha di meno. Anchea riguardo delle abilità metacognitive, soprattutto per il ruolo che possono ri-coprire per il più generale sviluppo cognitivo e culturale della mente. Consi-derando, perciò, il legame – già prima evidenziato – tra successo scolastico,

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abilità metacognitive degli alunni e loro appartenenza socioculturale, pareproprio necessaria una cura particolare per la dotazione di repertori metaco-gnitivi validi ed efficaci degli alunni più deprivati.

Ancora, la proposta e l’attuazione di attività che stimolino lo sviluppodelle individuali abilità metacognitive, mette l’allievo nelle condizioni dicontrollare “come” sta imparando, di regolare il suo impegno e i suoi sforzi,di rettificare o consolidare modalità e atteggiamenti di studio e di pensiero.Così partecipa del suo apprendimento, lo segue da vicino, ne è consapevole.Ne è l’autore.

7. Gli ostacoli della scuola allo sviluppo delle abilità metacognitive degli

allievi

Una scuola che spesso mortifica la mente degli allievi sottoponendola apratiche di studio e di lavoro artificiose e ripetitive, che ha come fine pre-minente la memorizzazione del maggior numero possibile di conoscenze eche valuta i risultati dell’insegnamento in termini di prodotti dello stesso,non è sicuramente l’ambiente ideale dove il soggetto può sperimentare lacrescita delle proprie abilità mentali, dirette e riflesse.

Al contrario, si può a ragione ritenere che talvolta addirittura ostacoli losviluppo della mente del soggetto che la frequenta, provocando quasi unaatrofizzazione delle naturali disposizioni intellettive. Mentre l’ambientescolastico dovrebbe strutturarsi e organizzarsi proprio per consentire la spe-rimentazione diretta e diversificata delle competenze mentali al fine di per-seguire lo sviluppo, il consolidamento, l’arricchimento delle stesse.

Una delle strade da individuare e battere è quella di provocare, anche ascuola, apprendimenti spontanei come nella vita di ogni giorno. Per farloda un lato, occorre che si tenga conto del patrimonio di conoscenze e diabilità intellettive dei soggetti così come, fino a quel momento, in quel set-tore del sapere, spontaneamente sono state realizzate. Dall’altro lato, è ne-cessario che i locali scolastici diventino realmente luoghi dove al bambino,al ragazzo non riesca difficile acquisire conoscenze e competenze; dovepossano mettere alla prova le loro disposizioni, vocazioni, attitudini; dovepossano perseguire, spontaneamente, lo sviluppo di queste ultime.

Come? Basterebbe considerare come sono fatti i luoghi, quali sono leattività e le occasioni, quali i tempi e le motivazioni che caratterizzano lasperimentazione e l’acquisizione spontanea delle abilità (cognitive e meta-cognitive) fuori della scuola, nel mondo. In seguito, occorrerebbe soltantofare un semplice confronto con quanto avviene a scuola e trarne le oppor-tune conclusioni.

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8. Forse ciò che veramente serve, però, è cambiare le scuole!

Le scuole, in primo luogo, dovremmo cambiarle modificando sostan-zialmente la loro struttura fisica. Non occorre, però, non serve buttarle giù;basta costituirle come effettivi contesti di apprendimento. L’idea è quelladi fare di ogni locale scolastico un ambiente – di attività, di relazioni e diapprendimenti – che abbia una sua fisionomia, una sua identità culturale,funzionale, esistenziale (e, perciò, anche conoscitiva e cognitiva), come ac-cade per i contesti della vita e del mondo fuori dalla scuola (mercati, abita-zioni, piazze, uffici, discoteche, officine, cinematografi, ecc.).

Per altri versi, ancora, il contesto scolastico dovrebbe rivelarsi analogoai “luoghi” specializzati del mondo della cultura e delle professioni (labo-ratori tecnici e scientifici, studi professionali, musei e biblioteche).

In conclusione, quindi, non aule differenziate tra loro soltanto per l’ana-grafe degli allievi, ma personalizzate per attività e funzioni.

In secondo luogo, occorre cambiare le scuole in riferimento alle opera-zioni che vi si svolgono: considerare il bagaglio di conoscenze e di abilitàche ogni allievo porta con sé a scuola e che ha conseguito al di fuori dellastessa, significa provare a individuare quali sono state le attività – e i modidi effettuazione delle medesime – che tale guadagno conoscitivo, cognitivoe metacognitivo hanno consentito. Per mettersi sulla loro scia (o anche perinvertirne, se necessario, il senso di marcia), per realizzare, anche a scuola,apprendimenti significativi e duraturi come quelli spontanei.

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PARTE SECONDA

IL PROGETTO EDUCATIVO, FORMATIVO

E CURRICOLARE METACOGNITIVO

Capitolo sesto

I fondali metodologicidella didattica metacognitiva

1. La didattica metacognitiva è figlia del nostro tempo

Probabilmente non parleremmo di metacognizione e, soprattutto, non ciaffanneremmo a promuoverne l’introduzione a scuola se il “contesto” so-ciale e culturale (all’interno dei quali vanno incluse anche le convinzionipedagogiche diffuse negli ambienti scolastici e le medesime pratiche didat-tiche e professionali mediante le quali i docenti le esplicitano), in qualchemodo, non ne avesse permesso e promosso l’adozione.

A riguardo, potremmo attribuire contributi perlomeno parziali a svariateinfluenze dirette e indirette determinate dall’impatto delle condizioni e stilidi vita, di relazione e di pensiero diffuse nella società contemporanea. Pre-feriamo, invece, puntare in particolare su un fenomeno: il riconoscimentodella soggettività, della specificità e, quindi, della diversità di ogni essereumano. Tale convincimento, da un lato, porta ad assegnare a ciascun indi-viduo un’alterità esclusiva nei confronti dei suoi simili e, dall’altro lato,conduce a negare l’esistenza (o anche, soltanto, la supremazia) di una par-ticolare (ovvero unica) forma di espressione dell’intelligenza umana ovverodei suoi processi e prodotti. Lo stesso discorso può essere esteso nei con-fronti dei gruppi di individui, dei popoli e, quindi, delle loro culture di vita,di relazione, di lavoro. Laddove la diversità riconosciuta, oltre che portaredirettamente al riconoscimento della relativa legittimità, conduce sia al per-seguimento effettivo della tanto agognata società aperta1, sia all’adozionedi una più plurale e complessa visione della condizione umana.

Questa situazione, connotata dalla scoperta della pluralità e dal rispettoe dalla valorizzazione della diversità è stata, inutile dirlo, consolidata e svi-luppata – quando non decisamente cogenerata – dal sostegno garantito da

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1 K. Popper, La società aperta e i suoi nemici, Armando, Roma, 1996.

due potentissimi vettori di cambiamento (e, perciò, di promozione della di-versità e della pluralità): l’esplosione tecnologico-digitale e la mondializ-zazione e internazionalizzazione della generalità dei contesti sociali.

In una simile temperie culturale, la metacognizione, “riconoscendo” alsingolo soggetto le sue peculiari modalità di elaborazione cognitiva e scom-mettendo sulla valorizzazione della piena autonomia individuale di studionelle diverse situazioni di apprendimento, ha trovato il suo ideale brodo dicoltura. È nata, si è diffusa a livello di consapevolezza teorica, sta trovando– sia pure faticosamente – forme di applicazione didattica sempre più ade-guate e convincenti.

A questo punto, però, sempre allo scopo di individuare gli elementi dicontesto sociale e culturale che hanno dato il loro contributo alla genesi eallo sviluppo della metacognizione – soprattutto nel territorio formativo –conviene provare a scorgere alcuni aspetti di un particolare e per noi privi-legiato ambito della società contemporanea: gli studi di psicologia del-l’istruzione e dell’apprendimento.

2. La metacognizione per “corrispondere” alla psicologia dell’appren-

dimento

In estrema sintesi, proseguendo il discorso sulle corrispondenze tra me-tacognizione e psicologia dell’apprendimento scolastico introdotto nel pre-cedente capitolo, si potrebbe affermare che sono sostanzialmente due (e traloro strettamente connesse) le direzioni di ricerca teorica che paiono, altempo stesso, ispirare e richiedere l’introduzione di strategie di didatticametacognitiva per la promozione efficace dei processi formativi: l’orienta-mento socioculturale e l’approccio costruttivista. Mentre il primo spinge aconsiderare la pluralità esistenziale, cognitiva e concettuale degli individui,il secondo punta sulla partecipazione attiva del soggetto nelle attività di stu-dio e di apprendimento. Come si può ben giudicare, ci troviamo in presenzadelle condizioni di base e strategiche per l’attuazione del progetto didatticometacognitivo.

- Come sappiamo, già Bruner 2 affermava che l’apprendimento, da unlato, avviene per scoperta (e, di conseguenza, mediante la costruzione co-gnitiva del soggetto) e, dall’altro lato, poggia il suo sviluppo sulle matricisocioculturali dei diversi individui e gruppi.

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2 J.S. Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 1997.

Gli faceva eco Ausubel3, maggiormente interessato a individuare le com-ponenti necessarie a generare nei soggetti in formazione apprendimenti ef-ficaci, quando dichiarava che questi ultimi si realizzano, mediante ilconcorso attivo dell’allievo, nell’integrazione di materiali conoscitivi po-tenzialmente significativi nelle strutture di conoscenza.

In generale, occorre precisare che l’orientamento cognitivista nella psi-cologia dell’apprendimento (scolastico) si è evoluto in direzione di unamaggiore complessità e, quindi, di plausibilità di ricerca. Infatti, da unaparte, ha arricchito il parco degli interessi da prendere in considerazione(finalmente trovano spazio anche motivazioni, affettività e gioco delle re-lazioni umane) e, dall’altra parte, ha definitivamente abbandonato l’origi-nario e pressoché esclusivo ancoraggio all’information processing peresplorare i processi di apprendimento laddove realmente si verificano enelle forme secondo le quali effettivamente si realizzano.

- Un approdo significativo è stato raggiunto con la nozione di schema(Bartlett, Rumelhart, Norman, Shank, Abelson, ecc.)4: struttura organizzatadi conoscenze per rappresentare unità di conoscenze unite insieme. Essodefinisce le modalità essenziali di apprendimento e poggia su una conce-zione più dinamica di acquisizione della conoscenza e adeguata a coglierela linea di continuità (fatta anche di rimaneggiamenti, correzioni, evolu-zioni, trasformazioni) tra le nuove e le precedenti conoscenze (tra le quali,iniziano ad assumere un ruolo rilevante quelle “procedurali”).

L’apprendimento che ne risulta, oltre che costruttivo, è attivo e si realizzaconvenientemente attraverso la scelta e l’utilizzazione appropriata dellestrategie, le quali vengono considerate alla stregua di metodi per affrontareun compito ovvero per raggiungere un obiettivo. Caratteristiche salientidelle strategie si rivelano due qualità che minano profondamente la tradi-zionale (statica, monolitica, unilaterale) concezione dei processi di istru-zione e di apprendimento: la variabilità (da un individuo all’altro e nellostesso individuo – a seconda del compito, della situazione, delle propensionie delle conoscenze dello stesso soggetto, ecc. –) e la modificabilità (neltempo, nello spazio, in riferimento alle condizioni di contesto – culturale,conoscitivo, anche emotivo e motivazionale – delle attività di studio e diricerca).

Conseguentemente, vengono sollecitati dei cambiamenti a riguardo dellefinalità ovvero delle modalità di promozione delle attività formative: ciòche è veramente importante è condurre lo studente a governare e gestire ilproprio apprendimento – e, perciò, le attività di studio che lo permettono –

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3 D. P. Ausubel, Educazione e processi cognitivi, FrancoAngeli, Milano, 1990.4 R.C. Shank, Il lettore che capisce, La Nuova Italia, Firenze, 1992.

mediante l’individuazione e l’attivazione di strategie ritenute adeguate daldiscente (ovvero a lui consone).

Inutile soffermarsi a considerare le corrispondenze tra tali convinzioniteoriche sui processi di apprendimento e le finalità che si propone di perse-guire la metacognizione. Può bastare, semplicemente, ricordare come la di-dattica metacognitiva, nel perseguire i suoi scopi formativi, poggi sullavalorizzazione della diversità cognitiva di ciascun allievo e punti sul soste-gno che intende assicurare alla costruzione personale e sempre più auto-noma delle proprie conoscenze. In particolare, mediante, la scelta e la messain atto di strategie di studio efficaci rispetto alle caratteristiche del compito,ma anche adeguate alla peculiarità cognitive e operative dell’allievo.

- La ricerca sull’apprendimento sviluppatasi nell’ultimo decennio, oltrea – e nel – consolidare l’evoluzione del paradigma cognitivista già indicatapoco sopra, si rivolge, in particolare, da un lato, a esplorare il complessoterritorio della conoscenza (in direzione dell’influenza che questa esercitasui processi cognitivi) e, dall’altro lato, a valorizzare ancor più l’influssoesercitato dal “contesto” sugli stessi processi di apprendimento.

Nel primo caso, l’attenzione si orienta verso le conseguenze negativeche la conoscenza pregressa di un individuo può arrecare alle acquisizionidi ulteriori o più adeguate conoscenze e abilità, non tanto perché inadeguata,quanto perché inerte, rigida, stereotipica, anche perché implicita e non pie-namente consapevole.

Nel secondo caso, si rimarca il carattere “situato” dell’apprendimentoe, quindi, della dipendenza di questo dal “contesto”5 (spaziale, strumentale,affettivo, relazionale, ovvero, nell’insieme “culturale”). Di passaggio, pro-poniamo due annotazioni riflessive: in primo luogo, va considerato che que-sto orientamento di ricerca (di particolare rilevanza in vista dellapromozione efficace delle attività formative), si è sviluppato all’incrociodegli interessi dell’approccio socioculturale di matrice vigotskiana conquelli rivenienti dagli studi di psicologia interculturale; in secondo luogo,è da rilevare che viene messa in discussione, insieme alla “neutralità” degliambienti formativi, la concezione tradizionale di apprendimento scolasticointeso come processo individuale, a favore di un processo di costruzionesociale della conoscenza.

Anche qui, non è difficile identificare i legami tra queste ipotesi di ri-cerca e la metacognizione.

Infatti, da una parte, la presa in carico del ruolo della conoscenza qualemotore dell’evoluzione delle strutture cognitive e non più soltanto – come

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5 A. Antonietti, Contesti di sviluppo-apprendimento come scenari di scuola, in C. Scurati (acura di), Infanzia scenari di scuola, La Scuola, Brescia, 2003.

nella visione piagetiana – punto di approdo delle medesime strutture spon-taneamente (ovvero biologicamente maturate) offre al docente l’opportunitàdi individuare le modalità più adeguate per fare dei compiti di apprendi-mento delle occasioni idonee a far crescere negli alunni alcune significativedisposizioni metacognitive: analisi del compito, identificazione e pianifi-cazione delle attività di studio da sviluppare, orientamento circa i tempi ne-cessari al suo svolgimento, ecc.

Dall’altra parte, invece, la promozione di apprendimenti situati, contri-buisce a spingere il docente a trasformare significativamente le proprie mo-dalità di azione didattica in direzione di una minore direttività (del rapporto)e trasmissività (dei contenuti del sapere da promuovere) e di una maggioreattenzione alle condizioni (fisiche, strumentali, culturali, organizzative,ecc.) che possono mettere l’alunno il grado di partecipare sempre più auto-nomamente alle attività di studio e, perciò, all’acquisizione e utilizzazionedelle proprie conoscenze e competenze. Che è quanto si propone di realiz-zare l’orientamento metacognitivo del progetto formativo.

3. Un approccio olistico ed ecologico

Il discorso metacognitivo si sviluppa affrontando argomenti collegatiallo studio e all’investigazione della mente. Nell’effettuarlo, ci si trovaspesso al cospetto di territori d’indagine contigui, di strategie di esecuzioneo di controllo mentale ambivalenti, di processi cognitivi difficilmente di-stinguibili per origine e destinazione. Sarà opportuno, perciò, da una parte,non perdere di vista l’intrinseca e “necessaria” relazionalità delle compo-nenti mentali (lettura ecologica) e, dall’altra parte, tener continuamentepresente la globalità e unitarietà del soggetto che apprende e dei suoi atti dipensiero e di azione (lettura olistica). Senza tali convinzioni si rischia dirimanere lontani, rispettivamente, sia dal gioco effettivo delle componenticognitive nel loro reale funzionamento, sia dal senso generale e dai signi-ficati particolari da attribuire al lavoro della mente. Questa, d’altronde, sol-tanto nella sua compiutezza, può dar ragione alle specifiche variabilicognitive interessate nelle e dalle sue elaborazioni.

Esprimere tali preoccupazioni e intendimenti vuol dire, per quanto ri-guarda, in particolare, la lettura ecologica:

- non aderire ad un’impostazione della mente – e dell’individuo –quale luogo di operazioni cognitive articolato in settori distinti e insezioni autonome e separate;

- dare il proprio consenso, al contrario, a una concezione della mentequale territorio di operazioni cognitive che, seppur organizzate se-

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condo caratteristiche e funzioni tendenzialmente specifiche, sono traloro interrelate, risentono della contiguità o della vicinanza funzio-nale di altre operazioni, ne subiscono l’influenza ovvero, a loro volta,la provocano;

- mettere in evidenza, in particolare a riguardo delle relazioni tra ope-razioni cognitive e metacognitive, da un lato, la difficoltà nel trac-ciare un confine in grado di separare nettamente le prime dalleseconde e, dall’altro lato, il significativo influsso che vicendevol-mente si arrecano;

- evidenziare, allo stesso modo, la difficile distinzione tra capacità ge-nerali e/o settoriali (di concettualizzazione e di ragionamento, stra-tegie di lavoro mentale e stili cognitivi, ecc.);

Per quanto concerne, invece, la lettura olistica, si intende: - mettere in evidenza l’interezza e la globalità, sia dei fatti di espe-

rienza sia dei fatti conoscenza, del soggetto, il quale, inoltre, mentreapprende, rimane lo stesso individuo con proprio corpo, la sua cul-tura, dei desideri e delle vocazioni che gli appartengono e che lo ca-ratterizzano;

- affermare la circolarità delle azioni e delle operazioni nelle quali l’in-dividuo si cimenta;

- considerare i processi di insegnamento e quelli di apprendimento, lesollecitazioni educative e quelle didattiche, le esperienze di cono-scenza e quelle di sviluppo, all’interno di una complessiva situazioneesperienziale vissuta e alla luce di espliciti propositi pedagogici;

- tracciare un itinerario di ricerca articolato per fasi di lavoro che, sep-pur sistemate in successione diacronica, si rivelano spesso compre-senti e sincroniche.

4. Per “preparare” il progetto didattico metacognitivo

Per approntare un efficace intervento didattico metacognitivo, accantoalla consapevolezza del docente circa i vantaggi formativi arrecati all’al-lievo da una elevata capacità metacognitiva e all’adozione di un’imposta-zione ecologico-olistica del programma di ricerca e di sviluppo), a parernostro, occorre una sorta di “preparazione” di carattere generale.

Innanzitutto, sarà bene predisporre un clima relazionale positivo e coin-volgente, perché l’allievo si senta ben accolto, abbia fiducia nelle personeche lo assistono; possa, perciò, senza remore, esprimere le sue peculiari ca-ratterizzazioni cognitive, farle conoscere ai suoi insegnanti, riconoscerle ed

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esserne consapevole, controllarle, regolarle e potenziarle autonomamentequando si impegna nelle attività di studio.

In secondo luogo, risulterà quanto mai conveniente adottare un’imposta-zione didattica orientata verso modalità di programmazione dell’interventoformativo a “maglie larghe” e “aperte”. E, cioè: da un lato, non preordinateal perseguimento di obiettivi minimi, minuziosamente definiti in partenza e ri-gidamente perseguiti; dall’altro lato, in grado di tener conto (in partenza e incorso d’opera) delle possibilità e alle capacità dell’allievo, oltre che alle emer-genze provenienti dalle medesime esperienze di studio e di vita scolastica.

Ancora, si dovranno individuare e proporre contenuti e attività didatti-che in grado di promuovere il perseguimento di abilità, competenze, mo-dalità di studio “trasversali” e di portare allo scoperto i personali repertoridi pensiero dell’allievo per provocare consapevolezza e autocontrollo.

Queste preliminari condizioni, dovranno essere accompagnate e soste-nute da ulteriori orientamenti di lavoro dei docenti. Tra questi, segnaliamo:

- l’adozione di stili professionali orientati, da un lato, a esprimere unsignificativo rifiuto nei confronti di “kit didattici” preconfezionati daservire agli allievi e, dall’altro lato, a valorizzare la partecipazioneindividuale e collegiale degli stessi all’acquisizione delle loro cono-scenze e competenze;

- l’abitudine a sperimentare su di sé, sia a riguardo delle proprie mo-dalità di intervento didattico, sia per quanto concerne le proprie epersonali disposizioni cognitive in azione durante l’esecuzione di at-tività intellettuali (leggere, scrivere, ecc.) una riflessione e una vigi-lanza metacognitiva per promuovere più efficacemente attività estrategie metacognitive con gli allievi;

- la disponibilità a tenere conto dei repertori culturali e di pensierodegli allievi, di contro ad una pratica didattica, da un lato, rigida-mente ossequiosa dei contenuti disciplinari e degli obiettivi didatticiche da quelli direttamente derivano e, dall’altro lato, dimentica delleconoscenze possedute dal soggetto in situazione di apprendimento edelle sue modalità di elaborazione e rappresentazione mentale;

- l’individuazione, la predisposizione e l’allestimento di spazi didatticiin grado di far “muovere le menti”, perché adeguati e attrezzati pergli argomenti di studio, idonei inoltre a consentire confronti, scambidi opinione, possibilità di lavoro in comune (cosìcché la collegialitàsi riveli una risorsa per lo sviluppo delle abilità di ogni soggetto);

- la scelta, l’articolazione, l’organizzazione dei “tempi” delle attivitàmetacognitive (mediante l’individuazione di momenti specifici o tra-sversali allo sviluppo di ognuna delle discipline del curricolo).

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5. Verso un cambio di prospettiva: dal “cosa” al “come” insegnare

Nelle scuole di ogni ordine e grado e, in misura crescente con il saliregli scalini del sistema scolastico, la preoccupazione più grande sembra es-sere quella di far raggiungere agli allievi traguardi formativi di natura cul-turale e cognitiva. Grosso modo, tali traguardi, pur se differentementemodulati a seconda del grado di istruzione e/o della tipologia di istituto sco-lastico (di scuola secondaria superiore) frequentato, vengono complessiva-mente “dettati” dai saperi tradizionalmente consolidati o di recente ingressonel mondo della cultura contemporanea e nelle aule scolastiche. La tensioneeducativa e didattica dei docenti tende, perciò, a favorire l’acquisizione diconoscenze e di abilità “disciplinari” – talvolta, e ancora, più le prime delleseconde! – che si ritiene debbano essere possedute e dimostrate dal-l’alunno/studente.

Per questa ragione si dà una straordinaria importanza a “cosa” insegnare:i contenuti più rilevanti, i concetti “forti” della disciplina, gli argomenti piùsignificativi.

Ma porre una grande enfasi sul “cosa” insegnare, non vuol dire, neces-sariamente, mettere gli allievi nelle migliori condizioni per realizzare ap-prendimenti, per favorire il più complessivo sviluppo intellettuale ovveroper contribuire a promuovere la costruzione della loro persona.

Le difficoltà di apprendimento dimostrate da un gran numero di alunni,i numerosi casi di insuccesso scolastico, la scarsa “resistenza” nel tempodelle stesse acquisizioni cognitive realizzate a scuola, forniscono prove elo-quenti circa la non facile traducibilità dell’insegnamento basato su contenutidisciplinari in termini di risultati soddisfacenti di apprendimento.

Allora occorre mutare prospettiva, o meglio, allargarla, provando a pren-dere in considerazione sia il “cosa” sia il “come” insegnare. E quest’ultimapreoccupazione non può che guardare – insieme alle mete formative fornitedagli specifici territori di conoscenza – anche:

a) alle caratteristiche, alle disposizioni, alla cultura del soggetto in con-dizione di apprendimento;

b) alle finalità educative che una scuola pubblica, in un contesto sociale,culturale e di vita come quello contemporaneo, deve proporsi di per-seguire.

Ovviamente, nella pratica didattica, il docente s’imbatte continuamente inoperazioni interessate al “come” insegnare i contenuti disciplinari suddetti:

- “traduzione” linguistica dei concetti e degli argomenti della disciplinaperché possano essere compresi e acquisiti dagli allievi;

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- “riduzione” dei contenuti delle materie disciplinare sempre a vantag-gio, oltre che delle possibilità reali di svolgimento e completamentodel “programma”, delle capacità di comprensione e di apprendi-mento;

- scelta e messa in evidenza (anche mediante forme di ripetizione e disintesi) di concetti fondamentali, di conoscenze significative, di par-ticolari procedure di studio.

Fin qui, il “come” insegnare, se si preoccupa di non lasciare completa-mente solo l’allievo di fronte alla complessità dello studio delle discipline,non prende, però, in considerazione “come” l’allievo – per il quale pur sifa scuola! – pensa, elabora le sue conoscenze, costruisce le sue abilità distudio. Preoccupazione che, invece, come vedremo, costituisce il fonda-mento stesso dell’azione didattica metacognitiva.

6. Fare scuola guardando alle caratteristiche dei soggetti in situazione

di apprendimento

Per insegnare convenientemente occorre, allora, guardare realmente allecaratteristiche degli allievi e, cioè, proporsi di conoscere:

a) in primo luogo, “cosa sanno e cosa sanno fare” intorno ad un argo-mento e/o in riferimento a un determinato settore di competenza;

b) poi, in quale forma di rappresentazione e di azione e a quale livello6

preferiscono o sono in grado di elaborare ed esprimere le conoscenzee le abilità che hanno fin lì acquisito;

c) quindi, le procedure di lavoro, le operazioni e le strategie mentaliadottate

d) infine, lo stile operativo e cognitivo messo in atto.

Forse, però, tornando al notevole peso esercitato dai saperi di riferi-mento nella costruzione dei curricoli di studio, oltre che fatale, è oppor-tuno che, almeno in parte, così sia. Infatti, essi, in fondo, non fanno cheesprimere con maggior compiutezza ed esaltare secondo le procedure piùefficaci e attraverso i linguaggi più diversi e idonei agli specifici interessi,insieme al pensiero e alle azioni dell’uomo, la sua insopprimibile esigenzadi attribuire significati al mondo7.

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6 J.S. Bruner, Verso una teoria dell’istruzione, Armando, Roma, 1972.7 J.S. Bruner, La ricerca del significato, Bollati Boringhieri, Torino, 1992.

Questo riconoscimento del ruolo delle discipline non deve comunqueprovocare, nell’organizzazione e nella gestione della pratica didattica, di-sinteresse nei confronti della situazione cognitiva, culturale e operativa vis-suta dall’allievo. Anche perché nessun apprendimento può realizzarsi senon si inserisce all’interno delle strutture concettuali, delle disposizioni,delle competenze in possesso del soggetto in situazione apprendimento.

In realtà, l’insegnare mediante curricoli “disciplinari“, spesso può ac-compagnarsi a una dimenticanza (quando non la induce, provoca o avva-lora) nei confronti dell’allievo:

- a riguardo di ciò che sa e che sa fare - a riguardo delle maniere preferenziali mediante e secondo le quali

riesce (ed è fin lì riuscito) a realizzare le sue acquisizioni conoscitive,concettuali, operative.

A causa di entrambe le dimenticanze, l’insegnante non si trova nelle mi-gliori condizioni per potere arrecare vantaggi formativi al soggetto che ap-prende.

Infatti, in primo luogo, gli riesce difficoltoso prevedere se e quanto delsuo intervento educativo potrà plausibilmente essere occasione di reale ap-prendimento dell’alunno medesimo. Non è neanche facile, di conseguenza,che l’insegnante sappia come fare per rendere il più possibile efficace, avantaggio dell’allievo, il suo intervento.

E, come se non bastasse, la scarsa conoscenza dei contenuti e delle ope-razioni della mente dell’allievo (o, piuttosto la stessa consuetudine a disin-teressarsene) non permette nemmeno di conoscere con buona approssi-mazione, a conclusione dell’azione didattica, l’esito formativo realizzato.Un altro elemento deve essere messo in gioco sia per ricavare maggiori in-formazioni circa le caratteristiche del soggetto che apprende, sia, di conse-guenza, per migliorare l’efficacia dell’intervento didattico: l’allievomedesimo e la sua consapevolezza metacognitiva. Quanto più l’allievo siconosce mentre s’impegna nello studio tanto più potrà fornire dati probanticirca le sue modalità di lavoro mentale.

Questa stessa esplicitazione favorirà, inoltre, da un lato, la regolazionedell’attività didattica dell’insegnante e, dall’altro, il miglioramento delleprestazioni di un soggetto che, imparando a conoscersi, impara anche ameglio studiare e apprendere. Entriamo così nel campo della metacogni-zione.

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7. Convinzione (e interrogativi) di partenza

Ci affidiamo ad una convinzione la cui fondatezza ci viene dimostrataquotidianamente a scuola, prima ancora che dalle ricerche sul campo: qual-siasi alunno o studente impara di più e meglio se e quando riesce ad essereconsapevole delle conoscenze che possiede ed è in grado di controllare eregolare il proprio impegno nello svolgimento delle attività di studio. Con-vinzione, questa, del resto, che potremmo estendere a gran parte dei campinei quali si svolge l’attività degli uomini e delle donne8: sul lavoro e persvolgere le più diverse mansioni, nelle pratiche sportive e ludiche, nellafruizione e nell’espressione artistica, quando si parla e si ascolta, a casacome per strada.

Da questa sorta di assunto derivano almeno un paio di conseguenze: 1) Gli alunni che praticano in maniera più assidua operazioni indivi-

duali di metacognizione ottengono migliori risultati a scuola;2) Gli alunni, invece, che non hanno dimestichezza con simili opera-

zioni, generalmente, conseguono i risultati scolastici meno apprez-zabili.

A queste consapevolezze, a nostro parere, può fare naturalmente seguitouna duplice constatazione: gli alunni che conseguono i migliori risultati eche sviluppano strategie metacognitive provengono da ambienti meno de-privati; gli altri, quelli che realizzano i risultati meno soddisfacenti e chenon praticano con efficacia e di concreto operazioni metacognitive, appar-tengono, invece, ad ambienti più deprivati.

Continuando il ragionamento, ci si imbatte in una questione teorica si-gnificativa e nei conseguenti complessi interrogativi.

La questione: «Si può o no affermare che in ogni attività della nostramente sono all’opera procedure metacognitive?».

Le domande conseguenti: «Per qualificare le attività metacognitive cometali basta che, in qualche modo, in qualche luogo della nostra mente, ci siaun sorta di controllo e di regolazione – automatico, implicito – delle opera-zioni mentali, percettive, sensoriali, motorie (anche quando l’individuo nonne è consapevole)?» «Oppure c’è bisogno di qualcos’altro?».

Qui non andiamo oltre l’annuncio: nei prossimi capitoli, invece, affron-teremo direttamente la questione e cercheremo di dare risposta alle do-mande conseguenti.

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8 C. Cornoldi, Metacognizione e apprendimento, Il Mulino, Bologna, 1995.

8. Facciamo il punto sui significati “metacognizione”

Crediamo che occorra intendersi, adesso, se non sul significato definitivoo esclusivo da attribuire al termine “metacognizione”, quantomeno sullasua area semantica ovvero sul territorio di senso al quale ci riferiamoquando lo utilizziamo. Ebbene, partendo da una base comune e da condivi-dere, iniziamo col dire che:

a) nella “metacognizione” viene necessariamente incorporato il riferi-mento alla consapevolezza del soggetto nelle attività di pensiero, distudio e, in generale, di vita nelle quali viene coinvolto e partecipa;

b) una consapevolezza che include, al proprio interno, la conoscenzasempre più adeguata dell’individuo a riguardo del processo conosci-tivo e cognitivo nel quale è impegnato9.

Riteniamo necessaria una precisazione: non tutti gli apprendimenti, leacquisizioni concettuali, le operazioni mentali, avvengono quando e mentreil soggetto è a conoscenza di quello che sta accadendo nella propria mente.Si apprende, cioè, anche in assenza di una quota elevata di riflessività dipensiero sui fatti cognitivi nei quali si è impegnati, anche senza una signi-ficativa dose di consapevolezza e di controllo a riguardo dei processi co-noscitivi che ci interessano. Di conseguenza, si impara, anche quando nonsi fa, per così dire, “metacognizione”.

Vi sono, però, apprendimenti – ma anche attività di studio e processi dipensiero – realizzabili convenientemente solo con una buona dose di pro-cedure metacognitive, interne e spontanee o indotte dall’esterno. Gli ap-prendimenti scolastici – e le attività di impegno cognitivo che a quellivengono rivolte – spesso appartengono a questa categoria.

C’è da dire, inoltre, che il livello della loro acquisizione, la qualità, lapermanenza o la “solidità” degli stessi, sembra legarsi significativamenteproprio alla all’attualizzazione di strategie di pianificazione e controllo delleattività della mente. Il riferimento va, soprattutto, a quegli apprendimentiche richiedono un’elaborazione mentale e operativa più complessa. Anno-tazione questa che, in seguito, approfondiremo, aprendo delle finestre di si-gnificativa rilevanza sull’opportunità di adottare oramai una visione menolineare e più articolata, relata e ramificata dei processi di apprendimento(in linea, del resto, con la visione reticolare della conoscenza). In partico-lare, nella scuola secondaria, laddove si rende assolutamente necessaria so-prattutto in considerazione dell’evoluzione psicologica e cognitiva degli

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9 M. Comoglio, Modelli di metamemoria, in “Orientamenti Pedagogici”, n. 5/6, SEI, Torino,1990.

alunni e della medesima progressiva complessità delle conoscenze e dellecompetenze da promuovere e acquisire.

9. Una delle ipotesi preliminari di lavoro

Per promuovere una maggiore qualità dell’apprendere, appare, quindi,opportuna l’attivazione, da parte dei docenti, di strategie didattiche che abi-litino progressivamente gli alunni e gli studenti ad adottare comportamentidi studio metacognitivi. Riteniamo, però, che gli insegnanti possono dimo-strarsi più adeguati e meglio attrezzati nella realizzazione di tale impegnoformativo se riescono a mettere sotto osservazione – in analogia con quantovogliono che facciano gli studenti – il proprio stile cognitivo e didattico.

Per poter insegnare a pensare, prendendo a prestito un affermazione diDe Beni10, «… occorre prima di tutto essersi formati e formarsi in continua-zione, lungamente e con metodo, alla scuola del pensiero». A questa capacità,a tale consuetudine, è bene che gli insegnanti siano preparati, formati.

Il docente deve orientare il controllo metacognitivo, innanzitutto, versoi processi cognitivi – da lui – impegnati nell’azione didattica. Perciò, la sua“vigilanza” non sarà tanto riferita a quanto effettivamente fa e, cioè all’in-tervento formativo che concretamente propone e realizza, quanto alle ope-razioni mentali che concorrono a determinarlo e regolarlo.

Si tratta, in realtà, di due livelli di controllo differenti eppure tra loro cor-relati. Infatti, un adeguato controllo della personale azione didattica finisceper provocare delle conseguenze benefiche a riguardo delle operazioni men-tali che la consentono e a vantaggio di una maggiore consapevolezza dellemedesime da parte del docente. Mentre, una più attenta “lettura” della propriaattività mentale, esercitata, dal docente, durante l’elaborazione e l’esplica-zione dell’azione didattica, fornisce un notevole contributo all’attuazioneconsapevole di un determinato intervento didattico, non foss’altro che per lasensibilità e l’attenzione ai processi cognitivi – propri e altrui – che stimola.

Il controllo metacognitivo dell’insegnante si deve rivolgere, quindi, so-prattutto verso lo stile cognitivo comunque interessato in attività intellettuali(lettura, scrittura, risoluzione di problemi logici e matematici, ecc.). È, que-sto, un terreno di riflessione, di analisi e di attenzione più ampio, complesso,anche di più difficoltosa osservazione e interpretazione che, di sicuro, inte-ragisce, ma non sempre è identificabile, con il controllo metacognitivodell’azione didattica.

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10 M. De Beni, Costruire l’apprendimento, La Scuola, Brescia, 1993, p. 123.

Infatti, una faccenda è mettere sotto osservazione il proprio modo di“leggere” un saggio o un romanzo, un’altra è controllare come “insegniamoa leggere” (ovvero cosa facciamo quando intendiamo “far leggere” una pa-gina di scienza, di storia o un brano di narrativa ai nostri alunni e studenti).

L’autocontrollo del docente a riguardo del proprio stile cognitivo è, co-munque, di straordinaria rilevanza professionale e formativa per una seriedi ragioni. Ne elenchiamo qualcuna:

- la possibilità di accedere o, perlomeno, di avvicinarsi alle modalitàdi pensiero degli alunni partendo dalle proprie;

- il privilegio poter di cogliere nelle prestazioni meno accettabili, nelledifficoltà di acquisizione e di apprendimento dimostrate dagli alunniuna deriva, un’amplificazione di quelle sperimentate in prima per-sona, su di sé;

- la sperimentazione e la presa d’atto nei fatti, nel confronto tra i propricomportamenti cognitivi e quelli di altri soggetti (alunni compresi),della pluralità e diversità dei modi di agire sotto il profilo cognitivo;

- la possibilità di individuare e promuovere (riflettendo anche sulleproprie) le procedure cognitive e metacognitive più efficaci.

L’utilizzazione delle strategie metacognitive del docente su sé stesso,diviene, nel contempo, una palestra di “cognizione” e di “metacognizione”e una prova della opportunità se non della necessità della stessa.

Non sono da sottovalutare, inoltre, le risposte che la frequentazione e ladisponibilità metacognitiva del docente possono dare ad alcune questionidi notevole rilevanza educativa: l’egocentrismo del pensiero e del linguag-gio dell’insegnante e la partecipazione dell’alunno all’acquisizione dellesue conoscenze.

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Capitolo settimo

L’“egocentrismo” degli insegnanti

1. L’egocentrismo del pensiero e del linguaggio infantile

Tra le pareti delle scuole dell’infanzia e primarie, è ormai un luogo co-mune usare il termine “egocentrico” – di stretta derivazione piagetiana –quando ci si riferisce al modo di pensare, di ragionare e di parlare dei bam-bini, non ancora in grado di distinguere il proprio sé da quello di altri1.

L’egocentrismo del pensiero e del linguaggio dei bambini, quindi, sa-rebbe causato, innanzitutto, da un’incapacità di differenziazione, da un as-sorbimento del suo io nelle cose e tra i suoi simili. Da qui, deriverebbero lemodalità inadeguate di ricezione e di elaborazione del pensiero e del lin-guaggio infantile, caratterizzate innanzitutto dall’assenza di relatività, nel-l’elaborazione del pensiero e del linguaggio e dal non tener conto dell’altroquando si pensa, si parla, si ascolta.

a) L’assenza di relatività: quello che i bambini esprimerebbero sarebbeessenzialmente un punto di vista unidirezionale, senza alcuna possi-bilità di ritorni e di inversioni di tendenza. Nel campo delle relazioniumane, nel territorio degli scambi comunicativi, tale caratteristicanon consentirebbe al bambino di prendere in considerazione punti divista differenti dal proprio. Non a causa di una consapevole scelta diesclusione dell’altro, quanto, al contrario, per una sorta di incolpevoleinconsapevolezza della altrui presenza.

b) Il non tener conto dell’altro: secondo la teoria piagetiana, il bambinopare che colga solo alcuni aspetti di quello che fa o dice la personacon la quale si relaziona ovvero di quello che accade nelle diversesituazioni. Sostanzialmente, coglierebbe solo quegli aspetti maggior-mente in linea con le proprie attese, con i propri bisogni; oppure, sa-rebbe in grado di recepire soltanto quelli più eclatanti, dirompenti.Quelli, cioè, che impongono all’osservatore e all’ascoltatore, con la

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1 J. Piaget, Il linguaggio e il pensiero del fanciullo, La Nuova Italia, Firenze, 1967.

loro presenza, un tasso elevato di attenzione, di interesse, di parteci-pazione.

Più o meno, lo stesso accade – sempre secondo Piaget – quando i bam-bini da fruitori diventano produttori di pensiero e di linguaggio: pur volendoesprimere all’interlocutore il contenuto del proprio pensiero, pare che nontengano, in effetti, in gran conto la situazione di ricezione comunicativa deldestinatario. Non si preoccuperebbero della sua volontà e delle sue possi-bilità di ascolto, della sua capacità di comprensione; non lo considerereb-bero effettivo “interlocutore” e, cioè, trascurerebbero le interruzioni cheprovoca, le domande che pone, le risposte che dà. Piaget, dopo aver indivi-duato le caratteristiche salienti dell’egocentrismo infantile, lo ritenne unsorta di passaggio obbligato per la mente e per il linguaggio di qualsiasi in-dividuo.

Successivamente il soggetto (a causa, soprattutto di processi di matura-zione interni di natura biologica, ma anche assecondato dal concorso di fat-tori culturali e sociali), sempre secondo Piaget, abbandona modalitàegocentriche di pensiero e di linguaggio. Prende coscienza della sua distin-zione rispetto ad altri corpi, ad altri oggetti e ad altri individui e, di conse-guenza, considera il suo punto di vista come uno dei tanti possibili.L’egocentrismo sociale ed epistemico fatalmente scomparirebbe a causadella coordinazione graduale delle azioni, radice comune del sistema delleoperazioni della ragione e della cooperazione tra individui.

L’egocentrismo iniziale, esprimente l’irreversibilità delle azioni, ver-rebbe, perciò, debellato; le azioni coordinandosi si trasformerebbero in ope-razioni più complesse e – perché – in grado di consentire la reversibilitàdel pensiero: la capacità, cioè, di ritornare al punto di partenza e di tenerconto della compresenza e alla pluralità dei differenti punti di vista.

2. L’egocentrismo come modalità di pensiero e di linguaggio di ogni in-

dividuo

L’ipotesi teorica piagetiana, anche mediante l’attribuzione della conno-tazione egocentrica al pensiero e al linguaggio infantile, ci ha “regalato” eaiutato a “pensare” un bambino differente dall’adulto. E, questo, è un beneperché così il primo non viene più omologato completamente al secondo.La scuola, soprattutto quella dell’infanzia e della prima alfabetizzazioneculturale, ha dovuto tener conto della diversità evolutiva dei bambini, sianell’elaborazione dei suoi programmi che nell’organizzazione e attuazionedell’intervento didattico.

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Però, lo stesso Piaget, ha forse peccato di ottimismo nel ritenere che leforme di rappresentazione e di espressione egocentrica sarebbero, neltempo, progressivamente scomparse per lasciare il posto a modalità più ade-guate di pensiero e di linguaggio. Invece, cosa che si può sperimentare quo-tidianamente e nei più diversi contesti di esperienza e di comunicazione,non è inusuale rilevare caratteristiche egocentriche nel modo di pensare edi parlare anche degli adulti.

Altri studi, altre impostazioni teoriche e di ricerca, altri risultati hannoridisegnato, almeno in parte, la mappa delle strategie e delle operazioni dipensiero del bambino e hanno descritto e giustificato in maniera inedita leprestazioni linguistiche infantili. Hanno, inoltre, di conseguenza, provatoad avvicinare i due mondi – quello degli adulti e quello dei bambini – purrispettando le relative caratteristiche, considerandole, però, più come di-versità di livello e di grado che come diversità di sostanza.

Da più parti, infatti, sono stati elaborati contributi che intrecciandosihanno portato a una sorta di “revisione” del bambino piagetiano e a una piùattenta considerazione delle sue caratteristiche evolutive. Ad esempio:

1) dal campo della linguistica è stata recuperata l’ipotesi dell’universa-lità e dell’innatismo delle strutture linguistiche profonde e con essail dubbio sulla non dipendenza completa del linguaggio dallo svi-luppo della mente2.

2) dal campo degli studi di psicologia evolutiva sono giunti richiami auna valutazione più realistica e quotidiana dell’universo infantile, ingrado di restituirgli una minore distanza rispetto al mondo degliadulti3.

3) dai territori dell’intelligenza artificiale e delle scienze cognitive, oltreche dal campo delle neuroscienze e degli studi sul cervello, arrivanosuggestioni teoriche che mettono a dura prova le convinzioni piage-tiane in materia di pensiero, di linguaggio e di modelli ideali di co-municazione e di ragionamento logico4.

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2 N. Chomsky, Riflessioni sul linguaggio, Einaudi, Torino, 1981; D. Parisi, Il linguaggiocome processo cognitivo, Bollati Boringhieri, Torino, 1972.3 M. Donaldson, Come ragionano i bambini, Edizioni Emme, Trieste, 1980.4 M. Minsky, La società della mente, Adelphi, Milano, 1989; P.N. Johnson, Modelli mentali,Il Mulino, Bologna, 1988; R. Viale (a cura di), Mente umana mente artificiale, Feltrinelli,Milano, 1989; P. Tabossi, Intelligenza naturale e intelligenza artificiale, Il Mulino, Bologna,1988; B.G. Bara, Scienza cognitiva, Bollati Boringhieri, Torino, 1990.

3. L’egocentrismo nelle concrete esperienze di vita

Al di là della definizione di “egocentrismo” data da Piaget e così accet-tata dalla letteratura specializzata, con tale termine si designa più comune-mente una consuetudine di interazione sociale e comunicativa, un’abitudinedella mente e del linguaggio, caratterizzata dalla dimenticanza dell’altro,delle sue prerogative, delle sue esigenze e bisogni. Quale che sia la ragioneche lo causa: se l’indifferenziazione tra sé e l’oggetto, tra sé e l’altro oppurela centrazione esagerata sulla propria soggettività.

L’espressione egocentrica del sé, nel pensare e nel parlare, diviene, così,una prassi di pensiero e di linguaggio non più agita esclusivamente da sog-getti in una particolare fascia d’età, ma, al contrario, frequentata o frequen-tabile da parte di tutti gli individui quale che sia la loro età. Piuttosto cheall’anagrafe, deve la sua messa in atto e, sempre secondo modalità perso-nalizzate, a tutta una serie di fattori che, insieme all’età e al sesso, finisconoper giocare un ruolo determinante. Quali:

- L’oggetto, l’argomento, dell’attività di pensiero e di elaborazione lin-guistica (conosciuto/non conosciuto, consueto/desueto, compresente/non compresente, concreto/astratto, vicino/lontano, ecc.);

- La situazione comunicativa, il contesto ambientale ed esperienzialevissuto (familiare/non familiare, paritario/non paritario, stimolante/non stimolante, ansiogeno/tranquillizzante, ecc.);

- Il livello socioculturale di appartenenza dei protagonisti delle attivitàdi pensiero e di linguaggio;

- Il tempo e lo spazio a disposizione;- Le differenti attitudini, vocazioni e abilità, l’area specifica di impe-

gno lavorativo, gli interessi dell’individuo, ecc. (una faccenda è chea parlare del motore di un’auto sia il meccanico, un’altra è che lo fac-cia uno dei suoi clienti più distratti);

- Altre caratteristiche individuali (dai dati caratteriali alle preferenzeaffettive, dalla disponibilità al lavoro e al sacrificio all’incostanza ealla mancanza di perseveranza nella assolvimento di una mansione,di un compito, ecc.).

4. Latitanza della didattica ed egocentrismo docente

Le modalità egocentriche di elaborazione mentale e linguistica appar-tengono anche agli insegnanti. Però, sia la funzione educativa da espletareche gli specifici compiti di istruzione per i quali sono stati preposti, dovreb-bero contribuire a renderli maggiormente avvertiti dell’opportunità di tenere

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in debito conto, nell’espletamento della loro funzione di insegnamento, ipropri interlocutori: gli allievi.

Inoltre, la stessa età del soggetto in formazione (insieme alla relativaminorità psicologica, cognitiva, concettuale e culturale, avvertita quotidia-namente dallo stesso docente) dovrebbe stimolare la presa d’atto dell’altro,dell’allievo all’interno tanto delle relazioni comunicative quanto delleazioni didattiche da promuovere5.

Peculiarità del lavoro didattico è quella di trovare le maniere più oppor-tune e adeguate per sostenere l’allievo nell’acquisizione di conoscenze eabilità. Esso – è quasi una banalità affermarlo – riesce tanto più efficacequanto più risulta rispondente ai bisogni formativi del soggetto che ap-prende e in grado di tener conto delle conoscenze e delle abilità che, insiemeal repertorio delle strutture concettuali e cognitive, possiede.

Mentre, di converso, laddove l’azione didattica si “allontana” dal mondodell’allievo, si condanna, al tempo stesso, al fallimento. Proprio perché chila conduce non è capace di de-centrarsi, di spostarsi dalla prospettiva dipropria pertinenza (centrata, sulla propria condizione esistenziale, concet-tuale, conoscitiva, professionale, educativa di adulto “colto” e istituzional-mente designato alla formazione intellettuale di altri individui, più giovanie meno colti).

Non è in grado di elaborare ed esprimere, in sostanza, – per esprimercicon Piaget – quella reversibilità operatoria che permette di prendere in con-siderazione, insieme al proprio punto di vista – operativo, di pensiero e dilinguaggio –, quello dell’altro, dell’allievo. E rimane, perciò, ancorato amodalità “egocentriche” di conduzione dell’intervento didattico. Al contra-rio, una promessa di didattica efficace è quella fondata su un’accurata co-noscenza delle caratteristiche evolutive e su un attento ascolto delledisposizioni individuali dell’allievo. Ed è, in buona sostanza, anche espres-sione di un significativo proposito di distacco da procedure egocentricheed “adultocentrate” (o adultocentriche) di pensiero e di relazione. Sempli-ficando, pare che si possa concludere affermando che l’aumento della sen-sibilità didattica nei docenti è direttamente proporzionale all’abbandono,perlomeno all’interno della scuola e con gli alunni, di pratiche egocentrichedi elaborazione mentale e linguistica. E viceversa.

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5 B. Benelli, Lo sviluppo dei concetti del bambino, Giunti-Barbera, Firenze, 1989.

5. Le scelte della Legislazione Scolastica per un’azione didattica non

egocentrica

In sostanza, adottare l’orientamento metacognitivo a scuola vuol direesplorare le possibilità di un intervento didattico che si dimostri realmentein grado, da un lato, di tenere conto della mente dell’allievo e, dall’altrolato, di consentire, sempre più, allo stesso, di conseguire, insieme, capacitàdi autocontrollo cognitivo e capacità di saper scegliere e adoperare le stra-tegie di apprendimento più adeguate.

La didattica metacognitiva, si qualifica in tal modo, come una propostaa sostegno dello sviluppo conoscitivo e cognitivo dell’allievo, perché in-tende fronteggiare e superare i rischi di egocentrismo connaturati alla pra-tica dell’insegnare.

In effetti, ciò che connota come autenticamente didattica l’opera dell’in-segnante è, il prendersi carico, non soltanto, del repertorio sintattico/seman-tico delle diverse discipline, ma anche e soprattutto, delle caratteristicheevolutive, culturali e individuali dei soggetti che apprendono. Verso la pro-mozione delle quali, viste in direzione della più complessiva maturazionedell’allievo e della sua persona, orientare – appunto – il contributo offertodagli stessi ambiti disciplinari.

Una grossa mano in tal senso possono offrirla anche alcune scelte e in-dirizzi di carattere legislativo che si rivelano quasi condizioni basilari perlo sviluppo in senso metacognitivo dell’impegno didattico dei docenti.

In primo luogo, è da segnalare la sempre più convinta riformulazionedei curricoli (o piani di studio) nazionali da “programmi” prescrittivi dicontenuti e attività da eseguire in indicazioni orientative per il persegui-mento di traguardi di competenza. Questo cambiamento è fondamentale perrendere più qualificata ed efficace l’azione didattica, rivolta finalmente allareale promozione delle potenzialità degli allievi. Ribadiamo una convin-zione già espressa: quanto più la meta formativa è costituita da prescrizionicontenutistiche da far realizzare ai soggetti in apprendimento – inoltre –mediante processi didattici di tipo trasmissivo, tanto meno gli alunni sa-ranno (e si sentiranno coinvolti) nelle attività di studio (e, di conseguenza,sarà ben difficile che conseguano buoni risultati). Al contrario, quanto piùla meta formativa diviene occasione di sviluppo delle caratteristiche e dellepotenzialità personali in ordine a un quadro di competenze (disegnato dalcentro e poi contestualizzato opportunamente dalle singole scuole e dai pro-pri docenti), tanto meno gli allievi saranno (e si sentiranno) in condizionedi dipendenza culturale ed educativa nei confronti delle scelte operate dagliinsegnanti e, potranno, con maggiore convinzione esprimere le proprie ca-pacità e potenzialità. Pertanto, la riduzione della prescrittività dei pro-

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grammi (e della trasmissività dell’azione didattica) a vantaggio della mag-giore autodeterminazione progettuale (e operativa) voluta dall’emanazionedelle Indicazioni per la costruzione dei curricoli delle istituzioni scolastiche,può giocare un ruolo determinante a favore di proposte didattiche orientatea riconoscere e a valorizzare le peculiarità cognitive e culturali di ciascunalunno. Ed è quanto si propone di fare la metacognizione.

In secondo luogo, come avremo modo di approfondire successivamente,è da mettere in risalto la sostanza medesima delle mete formative che il le-gislatore “indica” alle istituzioni scolastiche di far conseguire agli allievi.Ovvero: da un lato, la loro caratteristica (o, meglio, “qualità”) generale;dall’altro, la loro significatività e adeguatezza rispetto alle concezioni psi-copedagogiche attualmente più convincenti e diffuse, alle visioni epistemo-logico più evolute, alle connotazioni, alle richieste e alle sfide proposte dallasocietà contemporanea. A riguardo della questione più di carattere generale,va considerato che sia la “competenza” sia i relativi traguardi includonouna forte connotazione riflessiva e auto-regolativa. In riferimento, invece,alla qualità specifica delle mete formative, valga la considerazione chequanto più queste si avvicinano al mondo, alla cultura e alla mente e alcorpo degli studenti tanto più riesce didatticamente difficoltoso escluderela loro diretta e intenzionale partecipazione alle operazioni cognitive dasvolgere, alle conoscenze da acquisire e alle competenze da padroneggiare.

A sostenere legislativamente e con forza la torsione educativa a vantaggiodel riconoscimento delle caratteristiche dell’allievo e della sua partecipa-zione attiva all’acquisizione delle competenze, ha, infine, concorso l’attri-buzione alle scuole dell’autonomia scolastica. In realtà, è questa la mossalegislativa che ha permesso e sostenuto la genesi e la messa in atto deglistessi indirizzi normativi prima segnalati. La scelta di attribuire “autonomia”– e, cioè, diretta responsabilità erogativa del servizio di istruzione e, quindi,capacità di autodeterminazione progettuale, organizzativa e operativa – alleistituzioni scolastiche è, probabilmente, la mossa legislativa che responsa-bilizzando e liberando la progettualità formativa di scuole e insegnanti mag-giormente può contribuire a “passare” dalla parte del soggetto che apprende.Basti citare una delle ragioni più significative e originarie a sostegno delprogetto di concessione di autonomia alle scuole: la ricerca dell’efficaciaformativa da realizzare mediante la predisposizione di un servizio scolasticoeffettivamente adeguato alle caratteristiche e ai bisogni dell’utente scolastico.Per realizzarlo, le scuole e i loro docenti, piuttosto che eseguire prescrizioninormative di carattere generale in materia di insegnamento, devono provaread “avvicinarsi” al mondo del bambino, alla sua cultura, al suo territorio perproporre un corrispondente e intenzionale progetto educativo, didattico e or-ganizzativo. Tutto ciò, almeno in linea teorica, non può che esaltare e re-

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sponsabilizzare la capacità di progettazione curricolare e didattica di scuolee docenti; condizione, anch’essa alla base di una proposta didattica, comequella metacognitiva, che punta a riconoscere e valorizzare la diversità co-stitutiva di ciascun alunno per promuoverne lo sviluppo.

Se, allora, anche il legislatore scolastico – a differenza che nel passato– parteggia per l’allievo, tocca al docente aderire a un orientamento didat-tico non egocentrico e provare ad esprimere una forte dose di piagetiana“reversibilità”, nella proposizione degli interventi di insegnamento. E,quindi, egli, nel tentativo di assicurare il necessario sostegno allo sviluppodel pensiero, del linguaggio e dell’azione degli studenti, è chiamato a rico-noscere, accogliere, sostenere il loro repertorio di conoscenze, di propen-sioni, di stili cognitivi e operativi.

6. Modalità di superamento dello stile didattico egocentrico

Per ribadire quanto già affermato e per meglio “entrare” nel territoriodella metacognizione, presentiamo alcune delle modalità di superamentodello stile di insegnamento egocentrico, a riguardo sia della progettazionesia della messa in atto di attività metacognitivamente orientate ovvero diveri e propri percorsi didattici metacognitivi.

In via preliminare, occorre, innanzitutto, assicurare minore pianifica-zione e maggiore flessibilità e apertura dei percorsi didattici. Questo alloscopo di permettere alla conoscenza che si sviluppa in classe o in laboratorioe ai processi di apprendimento che interessano gli alunni di scorrere conmaggiore fluidità e senza particolari impacci.

È quanto mai, necessario, poi, per consentire agli alunni quella maggioreautonomia e libertà di elaborazione e di espressione che è alla base dell’in-tervento metacognitivo, ridurre sensibilmente, nella fase di lancio e di pro-posta dell’attività didattica (quella che tradizionalmente viene chiamata“lezione”) la “trasmissione” di informazioni, contenuti di conoscenza, mes-saggi e concetti.

D’altronde, come conseguenza di una forte contrazione della fase tra-smissiva nei processi di insegnamento/apprendimento, è, corrispondente-mente, da limitare l’azione di “recupero” dei materiali trasmessi, organiz-zata dai docenti – attraverso l’assegnazione dei compiti di studio e la “pia-nificazione” e attuazione delle interrogazioni, dei compiti in classe o di altremodalità di verifica – allo scopo di acquisire degli elementi di valutazionecirca l’apprendimento degli allievi.

Inoltre, come vedremo in seguito, è tutta l’azione valutativa che vienerimessa in discussione quando ci si propone di predisporre azioni didattiche

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metacognitive. Infatti, queste, come non assegnano all’alunno un ruolo dipassivo contenitore di cognizioni trasmesse da altri e di inconsapevole ese-cutore di esercitazioni proposte, così non possono orientare in tal senso lepratiche di verifica e di valutazione. Avendo in mente, al contrario, di pro-muovere, attraverso il riconoscimento dei personali stili cognitivi e il so-stegno e la valorizzazione della personale autonomia di studio, appren-dimenti intenzionali, partecipati, diversificati.

Ancora, la rivisitazione delle modalità di “spiegazione” (considerata nonpiù unico e neanche preferenziale strumento di insegnamento e di promo-zione dell’apprendimento) apre una finestra sull’opportunità di orientaretutta l’azione di insegnamento in senso laboratoriale. Direzione di marciache, considerata in senso metacognitivo, invita a:

- stimolare una maggiore e più convinta partecipazione dell’allievo,in ragione della necessità di procedere sulla strada della personaleacquisizione di conoscenza e competenza;

- proporre argomenti di studio non completamente ovvero esaustiva-mente conosciuti, per evitare di “cedere” alla trasmissione e per par-tecipare al gioco della conoscenza;

- utilizzare il territorio quale ambito didattico-formativo, non soltantoperché significativo e coinvolgente, ma anche perché, in generale,non completamente incapsulato/incapsulabile in conoscenze da tra-smettere;

- provocare apprendimenti spontanei, mediante l’utilizzazione di si-tuazioni di esperienza coinvolgenti, di ambienti di apprendimentostimolanti e di contesti culturali e relazionali significativi.

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Capitolo ottavo

Le caratteristiche degli obiettivi metacognitivi(anche “disciplinari”)

1. Metacognizione e discipline di studio

La didattica metacognitiva si propone di sviluppare livelli sempre più ele-vati di conoscenza e di competenza attuando forme di riflessione e autocon-trollo sulle proprie operazioni mentali. Queste, se è vero, che generalmenterisultano trasversali ai più diversi campi del sapere e dell’esperienza umana,è altrettanto vero che giammai si rivelano “neutre“, ma, al contrario, si rife-riscono e afferiscono a contesti specifici di esperienza pratica e conoscitiva.

L’intervento didattico metacognitivo, di conseguenza, dovrà sicuramentee in primo luogo, essere orientato a vantaggio dello sviluppo più comples-sivo dell’individuo e delle sue facoltà intellettuali e operative. Ma anche,ovviamente, non potrà fare a meno di frequentare il territorio dei saperi di-sciplinari anche o proprio perché questi ultimi costituiscono, in fondo, leforme di rappresentazione e di elaborazione mentale-simbolico-culturaletradizionalmente praticate a scuola. E non a caso, ma per il contributo chepossono offrire in vista della maturazione cognitiva e culturale dell’allievoe per l’acquisizione delle sue competenze.

Del resto, se così non fosse, come, in quali campi, seguendo quali argo-menti, si potrebbero, a scuola far esercitare le abilità cognitive e metaco-gnitive degli allievi? L’importante è che non si trascuri la “strumentalitàformativa” delle discipline e che non si dimentichi che le abilità da conse-guire, tutte, devono concorrere alla formazione intellettuale e culturale delsoggetto che apprende.

Ed è proprio in considerazione di quest’ultima finalità che le strategiedidattiche metacognitive possono fornire un significativo contributo. Per-ché, cioè, non ci si preoccupi a scuola, in maniera pressoché esclusiva ditrasmettere contenuti e di perseguire obiettivi disciplinari; ma, al contrario,si tenti costantemente di aiutare l’alunno, lo studente nell’acquisizione per-sonalizzata e conveniente di procedure di studio e di lavoro, di stili cogni-

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tivi, di capacità di concettualizzazione e di ragionamento, di atteggiamentie consuetudini intellettuali.

Infine, segnaliamo un ulteriore elemento a sostegno della opportunitàdi lavorare “con” le discipline scolastiche (il che vuole anche dire “nei”saperi che le originano): oramai, i curricoli (ovvero i piani di studio) na-zionali, veicolati attraverso Linee Guida o Indicazioni, sono organizzatiper “competenze”. Queste, come abbiamo già visto e come, successiva-mente, ancora di più vedremo, presuppongono, sia nel significato comunedel quale partecipano e che concorrono a convalidare, sia nel significatospecifico che assumono in riferimento al proprio territorio culturale, co-noscitivo ed esistenziale, una forte quota di intenzionalità, di consapevo-lezza, di responsabilizzazione connessa alla padronanza cognitiva eoperativa che esprimono.

Pertanto, i contenuti e le attività promosse attraverso l’insegnamento di-sciplinare, fatalmente, si incrociano con gli interessi, le finalità, le sceltedidattiche di impronta metacognitiva, a tutto vantaggio della maturazionepersonale, autonoma e distintiva di ciascun allievo.

2. Gli obiettivi didattici metacognitivi

Tocca ora, comunque, provare a esplicitare il significato formativo com-plessivo della progettazione didattica metacognitiva che si intende soste-nere partendo da ciò che caratterizza profondamente gli obiettivimetacognitivi rispetto agli altri obiettivi didattici. Ebbene, la loro specificitàconsiste nell’essere traguardi per il conseguimento di abilità e competenzedi secondo ordine: di consapevolezza, di autocontrollo, di autoregolazione.Mete formative, quindi, che si collocano “oltre” ovvero “dentro” la cono-scenza e che vengono avvicinate dal progressivo lavoro, da parte dell’al-lievo, sulle sue forme e sui suoi contenuti di conoscenza. Per poterintervenire su di essi a vantaggio di ulteriori possibilità conoscitive.

Gli obiettivi cognitivi, generali o specifici, rappresentano – come sap-piamo – traguardi di sapere e di saper fare. La sostanza, invece, degli obiet-tivi metacognitivi è costituita dalle capacità dell’allievo di conoscere econtrollare quel “sapere” e quel “saper fare”1.

«Contare, sia in senso progressivo che regressivo…» è un obiettivo co-gnitivo; «Essere in grado di riconoscere in sé la capacità di contare» è, in-vece, un obiettivo metacognitivo.

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1 B. Martini, La metacognizione, in F. Frabboni e M. Baldacci (a cura di), Didattica e suc-cesso formativo, FrancoAngeli, Milano, 2004.

«Saper leggere e capire i testi di uso quotidiano» è un obiettivo – almenoin apparenza, come vedremo – cognitivo; «Essere consapevole della pro-pria abilità di lettura e di comprensione, saper controllare le operazionicognitive impegnate, saper rettificare, ecc.» sono da intendere, viceversa,“più” come obiettivi metacognitivi.

Esprimiamo una preliminare, forse banale, duplice convinzione: comeè facile notare pure in questi primi esempi, i traguardi di apprendimentometacognitivi, proprio perché esprimono la loro forte natura riflessiva a ri-guardo del possesso di elementi di conoscenza e di abilità, sono anche “co-gnitivi”; viceversa, gli obiettivi didattici relativi alla conoscenze o allecompetenze degli alunni, sono anche, almeno in parte, metacognitivi, datoche non si può escludere la presenza e l’azione di una quota più o meno ri-levante di consapevolezza e di controllo nella loro acquisizione e messa inatto.

Pertanto, la medesima formulazione degli obiettivi metacognitivi è“complessa” (nel senso, soprattutto, di integrata e reticolare) e, talvolta, nonè neanche facile differenziare nettamente i traguardi didattici metacognitividagli altri traguardi didattici. In realtà, spesso capita non solo di dover ope-rare delle “traduzioni” da quelli cognitivi ovvero di scavarne la componentemetacognitiva, come anche di doverne “prenderne” delle parti.

Consideriamo, a riguardo, uno dei traguardi di sviluppo delle compe-tenze proposti dalle Indicazioni per il curricolo delle scuole primarie e se-condarie di primo grado:

«L’alunno è capace di interagire in modo efficace in diverse situazionicomunicative, sostenendo le proprie idee con testi orali e scritti, che sianosempre rispettosi delle idee degli altri. Egli ha maturato la consapevolezzache il dialogo, oltre ad essere uno strumento comunicativo, ha anche ungrande valore civile e lo utilizza per apprendere informazioni ed elaborareopinioni su problemi riguardanti vari ambiti culturali e sociali».

Ebbene, già dalla lettura del primo periodo (che pure sembra consegnarciuna quasi spontanea, oltre che fatale, capacità di interazione linguistica daparte del bambino), si possono estrapolare due spie del lavoro riflessivo chedovrà effettuare l’alunno per conseguire il traguardo di competenza previ-sto: la qualità della comunicazione “provata” dalla sua efficacia in differentisituazioni comunicative; il supporto del quale deve servirsi l’allievo e, cioè,il sostegno alle proprie idee mediante «…testi orali e scritti rispettosi delleidee degli altri». Infatti, sia la capacità di comunicare efficacemente in varicontesti linguistici, sia la capacità di sostenere le idee personali (tra l’altro,con “testi” e non, a esempio, con frasi), necessitano, per essere conseguite,di esercitazioni continue, mirate e riflessive (sotto il profilo della consape-volezza, del controllo e della regolazione).

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La seconda parte del “traguardo di apprendimento” è, invece, più esplicitaa riguardo della sua sostanza metacognitiva. Riferisce, infatti, di una tripliceconsapevolezza (del resto, al di là dell’apparente semplicità dell’enuncia-zione, tutt’altro che semplice da conseguire) circa la funzione del dialogo,considerato, al tempo stesso, strumento comunicativo, valore civile, mezzodi fruizione conoscitiva e di espressione di pensiero e di giudizio.

3. Considerazioni sparse sugli obiettivi metacognitivi

La prima considerazione attiene all’implicita operatività riflessiva e me-tacognitiva sollecitata nel corso del capitolo. Ragionando sugli obiettivi di-dattici curricolari, stiamo sperimentando una delle procedure più tipichedell’armamentario metodologico della metacognizione: la messa in atto diuna capacità lettura riflessiva e che non si fermi alla superficie del compitodi apprendimento (quale e come questo sia e si presenti), ma, al contrario,scavi fino a recuperare la sostanza del significato. Nel nostro caso, costi-tuito dalla presenza di quote più o meno rilevanti di metacognitività nei tra-guardi di apprendimento cognitivi e conoscitivi.

La seconda considerazione, sempre di carattere metodologico e sempreorientata allo stile metacognitivo da adottare quando si devono “riconoscere”le mete formative metacognitive ricavabili dagli obiettivi didattico-discipli-nari, in realtà esplicita un problema: quello della difficoltà di individuare obiet-tivi metacognitivi (o, meglio, “metaconoscitivi”) nei traguardi di appren-dimento relativi alle “conoscenze”, quando l’impianto curricolare di riferi-mento separa – come in questo caso – nettamente gli obiettivi di abilità daquelli di conoscenza. E, d’altronde, anche la medesima individuazione delletracce metacognitive nei traguardi delle “abilità” non si rivela agevole.

La terza considerazione vuole segnalare, insieme a un paradosso, la ne-cessità di scioglierlo o di superarlo migliorando la qualità didattica conl’adozione di uno stile di insegnamento metacognitivo. È paradossale, in-fatti, che si predisponga per le scuole secondarie di secondo grado (sssg)un impianto curricolare così ricco di venature e di sollecitazioni metaco-gnitive (che rimandano a una traduzione progettuale e operativa particolar-mente qualificata e curata) per docenti così tradizionalmente poco attenti eriflessivi sotto il profilo didattico e metodologico.

La questione, però, non va risolta giudicando non plausibile – perchéutopica e didatticamente irrealizzabile – la torsione metacognitiva dei cur-ricoli della secondaria superiore. Al contrario, questa non soltanto è, a nostroparere, opportuna se non necessaria, specie in considerazione della progres-siva maturazione psicologica, conoscitiva, cognitiva e operativa degli stu-

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denti, oltre che in ragione della qualità e complessità degli apprendimentida promuovere. Ma, soprattutto, può significare l’inizio di una vera e pro-pria inversione di tendenza a proposito delle modalità di insegnamento piùdiffuse nelle sssg, in vista di significativo processo di riqualificazione di-dattica realizzato mediante l’adozione di scelte metodologiche che puntanomolto di più delle attuali sul protagonismo conoscitivo degli studenti.

La faccenda, piuttosto, va condotta nella direzione di abilitare i docentia tradurre didatticamente – ossia metacognitivamente – i contenuti, le atti-vità e gli argomenti curricolari che richiedono e che permettono praticheriflessive e di regolazione cognitiva.

4. La “debolezza” degli obiettivi metacognitivi

Un’ulteriore considerazione ci viene da fare a proposito della sostanzadegli obiettivi metacognitivi: essi appaiono meno “deterministici” rispettoagli obiettivi cognitivi. Ciò sta a significare che i traguardi formativi pro-posti all’interno di un itinerario metacognitivo e le stesse competenze chepresentano forti venature metacognitive (ovvero gli obiettivi specifici diapprendimento che ne scandiscono il percorso di progressiva padronanzaconsapevole) non hanno il carattere di prescrittività degli – altri – obiettivididattici disciplinari, sia di conoscenza che di abilità. Ne esplicitiamo al-cune ragioni.

1. Mettono in primo piano e tengono in conto privilegiato il personalerepertorio di risorse e di risposte conoscitive e cognitive delle qualiil soggetto dispone.

2. Si riferiscono a compiti cognitivi di secondo ordine (ossia cioè di ri-flessione e di controllo della conoscenza e delle abilità) e, perciò, dif-ficilmente definibili quantitativamente mediante le tradizionali unitàdi misura cognitiva che vengono adottate convenzionalmente per ten-tare di eseguire delle operazioni di verifica adeguate al compito diapprendimento svolto (o da svolgere).

3. Gli obiettivi metacognitivi sembrano maggiormente sgravati – per-lomeno a breve termine – dalle pressioni esercitate dalle disciplinedi studio a riguardo del rispetto delle scadenze di acquisizione e deilivelli di prestazione da raggiungere.

4. La volontà – connessa alla minor prescrittività degli obiettivi didatticimetacognitivi – di permettere a ciascun allievo, non solo di conse-guire traguardi di consapevolezza e di controllo rapportati al propriobagaglio cognitivo e metacognitivo, ma anche di scegliere, tra lestrade possibili, quella o quelle che più gli riescono congeniali.

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L’esplicitazione di quest’ultima ragione a sostegno della minore pre-scrittività degli obiettivi metacognitivi, ci consente di ribadire uno degliorientamenti didattici – a parere nostro – fondamentali per la promozionedi sensibilità riflessive, di consapevolezza operativa e di controllo cognitivo:in un percorso didattico metacognitivo, non si dovrebbe indurre gli allievia preferire l’adozione di una particolare strategia di studio ovvero una par-ticolare modalità di apprendimento (né generale, né settoriale, né specifica).E, di conseguenza, neanche un unico modello di stile cognitivo da imitare.Perché gli individui sono differenti cognitivamente e, il più delle volte, “fun-zionano” comunque.

Il criterio, allora, per suggerire – e non per prescrivere – determinatestrategie metacognive, deve provenire da considerazioni in ordine all’effi-cacia, alla funzionalità, all’economicità, alla produttività nel tempo e nellospazio, delle soluzioni sperimentate e di quelle che si ritiene opportuno farsperimentare.

Poiché difficilmente prescrittivi, né plausibilmente prescrivibili, gliobiettivi metacognitivi appaiono, almeno in superficie, più “deboli”: piùche mete univocamente determinate e comunque da raggiungere, indicanodirezioni di percorso, prospettive di evoluzione. Sempre rettificabili e aperteal nuovo. Proprio a causa dell’aumento delle possibilità di scelta e di azionecognitiva degli allievi, provocata dalla messa in atto di intenzioni metaco-gnitive da parte della scuola.

Nell’affermare tale orientamento, ci discostiamo da tutte quelle sceltedi progettazione formativa e didattica che, in nome del potenziamento dellecapacità mentali degli allievi, finiscono per azzerarne le diversità, propo-nendo forme di omogeneizzazione degli esiti e processi cognitivi sulla basedi un modello predeterminato e, apparentemente, vincente.

Inoltre, una riflessione che potrebbe apparire paradossale all’interno diun progetto formativo teso alla conoscenza e al riconoscimento delle mo-dalità di lavoro delle menti degli allievi, allo scopo di valorizzarne stili epotenzialità: occorre scongiurare il pericolo della manipolazione dell’intel-ligenza altrui (cioè del soggetto in formazione). Infatti, è da mettere in pre-ventivo il rischio di interferenza e di invadenza in uno dei territorimaggiormente significativi e identificativi della soggettività altrui quandoci si avvicina – troppo – alla sorgente dei pensieri degli individui.

Lo sappiamo: più si conosce un individuo e più si ha la possibilità – e ilpotere – di scegliere per lui, di condizionarlo, di confezionarlo. La scuola,gli insegnanti, devono rendersi conto dei pericoli che si nascondono dietroo all’interno di un’impostazione didattica che pur si propone, come quellametacognitiva, di liberare e valorizzare le intelligenze. E, perciò, occorrepassare velocemente, dalla fase di eterosservazione e valutazione degli al-

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lievi alla fase di autoconoscenza e autogestione dei processi cognitivi che,progressivamente, deve essere fatta propria ed espressa dagli stessi studenti.

Così operando, diminuiscono le circostanze di invasione delle aree dipensiero e di azione degli alunni da parte dei docenti e le – conseguenti –tentazioni di indurlo a fare delle scelte corrispondenti alle nostre volontàovvero – obbligatoriamente – in linea con quelle espresse dalla generalitàdei suoi compagni. E, nel contempo, si valorizza sempre più la voce auto-noma dell’allievo e se ne certifica il diritto alla piena cittadinanza.

5. Annotazioni a margine

La prima annotazione la esprimiamo ancora a proposito della “debo-lezza” degli obiettivi metacognitivi, la seconda a proposito dei compiti e,quindi anche, degli obiettivi della didattica metacognitiva, la terza a ri-guardo della variabilità metacognitiva dei soggetti (anche collegata alla lorocompetenza cognitiva).

- Abbiamo, in precedenza, parlato di obiettivi “deboli” perché non fon-dati pesantemente su “forti” determinazioni provenienti dall’esterno (i ter-ritori di conoscenza, le discipline di studio, la catena dei traguardi didattici)e perché non devono assumere cogenza prescrittiva nei confronti di chi lidovrà, deve perseguirli. Da questa debolezza, però, promana anche la loro“forza”, la loro reale possibilità di riuscire a essere identificati dai soggettiche apprendono come direzioni e modalità di sviluppo cognitivo che è nelledeterminazioni personali di ognuno provare a percorrere.

- Compito peculiare di una didattica metacognitiva è sostenere e attivare,più che tecniche specifiche di metacognizione a proposito di particolaricampi di intervento cognitivo dell’allievo, atteggiamenti e consuetudiniadeguate di consapevolezza metacognitiva. Lo scopo è, quindi, quello difavorire, nell’allievo, una generale e consueta attitudine a riflettere sul pro-prio modo di lavorare con la mente, a controllare le proprie operazioni co-gnitive, a scegliere le modalità più opportune di intervento, a pianificarerazionalmente l’attività da svolgere e l’impegno da assicurare.

- Le vocazioni metacognitive variano per qualità e livello tra un allievoe l’altro e si collegano, secondo relazioni di dipendenza, di implicazione,di reciproco sostegno, con le stesse disposizioni e vocazioni cognitive. Per-ciò, ad esempio, si può ragionevolmente scommettere sull’attivazione diprocedure metacognitive più funzionali ed efficaci nelle attività collegateallo studio della matematica proprio nei soggetti che dispongono di una do-tazione di risposte cognitive più adeguate in quel medesimo campo disci-plinare. E, viceversa. Inoltre, la variabilità dell’abilità metacognitiva degli

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allievi a seconda degli ambiti delle sue applicazioni interagisce più o menodirettamente con le più generali predisposizioni e consuetudini metacogni-tive dei medesimi e indica all’insegnante le due direzioni fondamentali diindividuazione e di perseguimento degli obiettivi metacognitivi:

- il sostegno e lo sviluppo di una sempre più evoluta sensibilità metaco-gnitiva generale (utilizzabile anche per ottenere risultati più soddisfa-centi nei più diversi territori di conoscenza e di competenza);

- il sostegno e lo sviluppo di sempre più efficaci competenze metaco-gnitive settoriali e specifiche (anche per favorire una maggiore e ge-neralizzata disponibilità e sensibilità metacognitiva).

6. L’orientamento metodologico di fondo

Esprimiamo una preferenza generale di ordine metodologico: meglionon puntare sull’individuazione di ambiti didattici “neutri” e specificata-mente mirati allo esclusivo sviluppo delle abilità metacognitive, senza alcunriferimento alle discipline di studio. Al contrario, devono essere promosseun’ambientazione e un orientamento metodologico all’interno di tutte le di-scipline, sulla base di intese educative e formative di carattere collegiale. Imotivi che sostengono tale opzione si riferiscono:

- alla necessità, comunque, di aver a che fare, sia a scuola sia nella vitacon l’universo dei saperi (in vista della costruzione di capacità con-cettuali sempre più evolute, per l’acquisizione di conoscenze plurimee significative, a vantaggio di competenze cognitive e operative ditipo generale e/o specifiche);

- al collegamento riscontrato tra la qualità e la quantità delle cono-scenze e delle competenze possedute ed esplicate nei differenti ter-ritori disciplinari, da un lato, e il livello delle conoscenze e dellecompetenze metacognitive dimostrato, dall’altro lato;

- all’auspicata “trasferibilità” delle competenze metacognitive (di quellegenerali a vantaggio di quelle specifiche, di quelle specifiche a vantag-gio delle altre competenze specifiche, di quelle specifiche a vantaggiodella più generale sensibilità metacognitiva), le quali competenze, inassenza di luoghi in qualche modo commensurabili – sia pur differen-temente definiti – come lo sono le discipline di studio, difficilmente po-trebbero trasferire forme, stimoli, suggestioni verso luoghi altri da sé.

Alla definizione dell’orizzonte metodologico di riferimento concorre, dauna parte, l’adesione a una determinata concezione della mente dell’allievoe, dall’altra, le determinazioni didattiche di fondo che da quella concezione

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derivano. La mente che deve ispirare l’intervento metacognitivo non può es-sere “passiva” e predisposta soltanto a ricevere, contenere, emettere infor-mazioni. Altrimenti non potremmo parlare di “stili” cognitivi, di strategie diapprendimento personalizzate, di differenti sensibilità metacognitive. Ci tro-veremmo al cospetto, invece, di repertori omologhi di risposte cognitive, lacui eventuale diversità non potrebbe essere addebitata se non a una differenteesposizione alle stimolazioni emesse. E l’azione didattica, conseguente-mente, non potrebbe connotarsi se non attraverso modalità omogeneizzantie, al più compensatorie (dare di più a chi ha di meno) di intervento.

La didattica metacognitiva, al contrario, intende battere altre strade, pro-prio perché parte da una concezione della mente diametralmente opposta aquella prima delineata. È una mente attiva, costruttrice di concetti e di abilità,ricostruttrice del patrimonio culturale dell’umanità (e qui la cultura viene in-tesa in senso storico e utilizza antiche e nuove forme di conoscenza) e dellasocietà. Partecipe all’acquisizione di conoscenze e competenze che, altri-menti, o non si realizzano oppure risultano evanescenti ed effimere.

Pensiamo a una “mente” che accolga gli stimoli provenienti dall’esternonon in maniera casuale, ma in qualche modo, condizionata dalle piste di or-ganizzazione percettiva presenti al proprio interno; che li elabori e li traducain informazioni che consolidano, integrano o entrano in conflitto con i ri-sultati cognitivi e concettuali di precedenti elaborazioni mentali; che pro-ceda per strutturazione, ristrutturazione, adattamento di schemi, piani ecopioni di rappresentazione cognitiva per consentire al soggetto di viverela sua esperienza di vita e di conoscenza2.

Corrispondentemente, pensiamo a un’impostazione metodologica di fondo,orientata a favorire, a potenziare, a valorizzare, negli allievi, lo spontaneo epersonale lavorio di costruzione conoscitiva e concettuale, mediante:

- l’accurata osservazione dei repertori mentali degli allievi;- l’impostazione metacognitiva delle specifiche attività didattiche;- l’ambientazione metacognitiva dei luoghi di apprendimento, di studio

e di ricerca;- la caratterizzazione metacognitiva del curricolo scolastico mediante

a. il riconoscimento e la valorizzazione della quota metacognitivacontenuta nelle diverse competenze in uscita;

b. l’individuazione degli obiettivi metacognitivi inclusi nei curricolinazionali (in qualità di obiettivi specifici di apprendimento disci-plinari) e in quelli ri-elaborati dall’istituzione scolastica nel cur-ricolo di istituto;

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2 D. Corno, G. Pozzo (a cura di), Mente, linguaggio, apprendimento, La Nuova Italia, Fi-renze, 1991.

c. la ricerca e l’enfatizzazione didattica della parte metacognitivacontenuta negli stessi obiettivi disciplinari ovvero la loro tradu-zione e orientamento in senso metacognitivo;

d. la scelta di contenuti e attività in grado di rendere possibili edi stimolare in ciascun allievo e nel gruppo operazioni meta-cognitive;

e. l’articolazione dei contenuti e delle relative attività di insegna-mento (dei docenti) e di studio e apprendimento (degli studenti)secondo modalità organizzative e di gestione (script, frame, co-pioni di apprendimento, ecc.) in grado di “avvicinarsi” – per esal-tarle in ciascun allievo – alle spontanee attività mentali degliindividui impegnati in attività cognitive e operative via via piùcomplesse.

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Capitolo nono

Competenza e (è) metacognizione

1. All’origine della ricerca della “competenza”

Il senso formativo attribuito alla “competenza” ovvero al perseguimentodelle “competenze” sembra collocarsi all’incrocio di diverse e convergentiragioni/tensioni, tra le quali individuiamo,

all’interno della scuola:- la visione sempre più costruttivista1, complessa, partecipativa della

mente dell’individuo e dell’allievo;- l’adozione di modelli più aperti, dinamici, reticolari di descrizione e

di spiegazione epistemologica2;- la conseguente diffusione di un’idea di “sapere” da un lato, più fluida

e contaminabile da parte della società e dagli uomini che la compon-gono e, dall’altro lato, più situata e contestuale rispetto agli interessi,ai destinatari e ai luoghi della conoscenza;

- l’evoluzione degli itinerari e dei modelli di predisposizione e prepa-razione dell’azione formativa e didattica (in particolare, dalla pro-grammazione per obiettivi didattici alla progettazione per competen-ze – appunto –, passando per la costruzione di moduli didattici e/odi unità di apprendimento);

- la sempre più convinta adesione agli orientamenti e alle pratiche dialcune delle più efficaci didattiche interattive (metacognitiva, modu-lare, per concetti, cooperativa, ecc.) e, più in generale, della didatticalaboratoriale (la quale, sovente, quelle didattiche “include” e fa con-venientemente interagire);

all’esterno degli ambienti scolastici, nella società:- la volontà di aderire, in molti contesti sociali, lavorativi e professio-

nali, alla cultura della qualità che, sia che venga perseguita nell’ero-

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1 A. Carletti, A. Varani, Didattica costruttivista, Erickson, Trento, 2005.2 E. Morin, Il Paradigma perduto, Feltrinelli, Milano, 1994.

gazione di un pubblico servizio a vantaggio del cittadino o del-l’utente, sia che venga promossa da un’impresa privata nell’offrirebeni e prestazioni alla persona o al cliente, stimola la ricerca dellacompetenza da offrire o della quale fruire3;

- la diffusione generalizzata tra gli individui e in buona parte delle or-ganizzazioni professionali e di lavoro dello spirito competitivo, inlinea con il “trionfo” del pensiero – unico? – economico e dello svi-luppo delle conseguenti pratiche antagonistiche;

- l’adozione pressoché generalizzata nei più diversi contesti relazio-nali, professionali e lavorativi di una nozione di competenza che,anche con il concorso della diffusione della cultura tecnologica, su-pera la tradizionale antinomia semantica e concettuale tra conoscenze(teoriche) e abilità (pratiche), inglobandole al suo interno;

- la “desacralizzazione” ovvero la “secolarizzazione” dei processi diconoscenza (non più “puri”, al contrario, intrisi di interessi ancheprosaici e di differente provenienza) e la conseguente spinta pro-mossa, oltre che dalla medesima cultura tecnologica, dalla società e,soprattutto, dall’economia per forzare le porte dei curricoli formativie sistemarvisi tra le sue pareti, in nome – e per lo sviluppo – dellacosiddetta società conoscitiva4;

- la diffusione generalizzata, anche se talvolta eccessiva, acritica e nonpienamente giustificata, di procedure rivolte alla cosiddetta “certifi-cazione delle competenze”.

Senza entrare troppo nel merito, si può però, ascrivere al perseguimentodelle competenze nella scuola una serie di significative realizzazioni.

Tra queste segnaliamo, in primo luogo, la scelta di elaborare e di (far)riconoscere traguardi formativi finali di più ampia estensione, di maggioreprofondità e, nel contempo, di più chiara comprensibilità.

In secondo luogo, è da rimarcare la conseguente funzione di orizzontedi riferimento formativo svolta dalle competenze terminali per la predispo-sizione del progressivo e articolato processo/percorso curricolare e didatticoe per il perseguimento/conseguimento di tappe iniziali e intermedie di ap-prendimento (le quali acquistano significato e valore proprio in vista deiprefissati livelli di competenza finale)5.

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3 W. Levati, M.V. Saraò, Il modello delle competenze: un contributo originale per la defini-zione di un nuovo approccio all’individuo e all’organizzazione nella gestione e sviluppodelle risorse umane, FrancoAngeli, Milano, 1998.4 J.F. Lyotard, La società postmoderna, Feltrinelli, Milano, 1983.5 A.M. Di Fabio, V. Majer, Il bilancio di competenze. Prospettive di approfondimento, Fran-coAngeli, Milano, 2004.

Ancora, è da attribuire alla recente promozione della competenza, lamaggiore adeguatezza acquisita dal discorso formativo e didattico. Infatti,se da una parte, gli obiettivi di insegnamento/apprendimento “ritornano”alla scuola e, in particolare, ai docenti, dall’altra, le competenze diventanoproprie degli alunni e degli studenti6.

I docenti, in ragione delle capacità, della cultura generale e professionalee delle funzioni educative loro assegnate, formulano gli obiettivi didattici,li individuano, li adottano, li adattano e, in vista del loro conseguimento daparte degli alunni, li partecipano a questi ultimi, stimolandoli all’interesse,allo studio e alla ricerca. Allo scopo, poi, predispongono itinerari didatticicorrispondenti alle mete formative e alle caratteristiche degli allievi.

Gli alunni, in quanto soggetti in formazione e destinatari del processocomplessivo di istruzione, sono chiamati a conseguire livelli sempre piùelevati, diversificati e consapevoli di competenza. Due (e tra loro relate) lefinalità essenziali: piena valorizzazione della propria persona e sviluppodelle personali capacità, propensioni e vocazioni; sempre più matura acqui-sizione dei saperi di cittadinanza e delle conoscenze/competenze necessariealla efficace prosecuzione negli studi e all’adeguato inserimento nel mondodel lavoro e delle occupazioni.

Inoltre, il perseguimento delle competenze contribuisce a rendere uni-tario e coerente l’intero sistema formativo il quale, pur se composto da gradie ordini di scuola differenti e da diverse articolazioni di corso o indirizzodi studi, si ricompatta intorno ai traguardi di apprendimento da far conse-guire alla generalità degli alunni. Un probante esempio, a riguardo, ci è for-nito dal Documento sulle competenze chiave da far perseguire agli studential termine della scuola dell’obbligo.

Infine, la costruzione di curricoli scolastici mirati alla promozione dellecompetenze (come è, del resto, previsto dallo stesso Regolamento per l’Au-tonomia Scolastica) e, per certi versi, la loro conseguente certificazione, si-stemano la scuola lungo l’itinerario o la strada della competenza. Soprat-tutto, nel senso che la vincolano a promuovere esiti formativi elevati, visi-bili, spendibili nel mercato della conoscenza e del lavoro e la invitano arendersi responsabile rispetto alle esigenze da soddisfare, agli impegni presi,alle aspettative e alle attese da corrispondere.

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6 P. Perrenoud, Costruire competenze a partire dalla scuola, Anicia, Roma, 2003.

2. Quali competenze a scuola?

Le competenze da promuovere sono di vario tipo e, perciò, a poco ser-vono interpretazioni esclusive ed escludenti. Potremmo dire, però – antici-pando una valutazione che successivamente proveremo ad argomentare –che buona parte dei traguardi di competenza hanno in comune una notevolepercentuale di metacognitività.

In realtà, la competenza non è soltanto quella dell’esperto, ma anche.Pertanto, si faccia conto di assicurare all’intervento educativo una forte dosedi concretezza, di operatività, di attività di lavoro e di ricerca. Allo scopodi far percorrere all’allievo un cammino che lo conduca a toccare traguardisuccessivi di padronanza di conoscenza e abilità, i quali per essere raggiuntinecessitano di una dote sempre più cospicua di consapevolezza, di capacitàdi controllo e di autoregolazione, di pianificazione e di valutazione perso-nale del lavoro effettuato (identico scopo formativo della metacognizione).

La competenza, ancora, non è nemmeno soltanto l’acquisizione di unaabilità significativa o di una capacità specifica o di un insieme di abilità edi capacità, ma lo è anche. Per questa ragione, a scuola ci si attrezzi a ga-rantirne l’acquisizione a differenti e progressivi livelli di sviluppo e in re-lazione alle caratteristiche evolutive dell’allievo e del grado e del tipo discuola che frequenta. E, anche in questo caso, la spinta verso la qualitàdell’abilità o della conoscenza da apprendere, si collega – nei fatti, oltreche in teoria – con la sempre più elevata intenzionalità e autonomia da ga-rantire a ciascun alunno nella partecipazione alle attività di studio (obiettivodichiarato, come sappiamo, dei percorsi didattici metacognitivi)

La competenza a scuola non può essere considerata, inoltre, come qual-cosa che deve essere necessariamente certificato perché, altrimenti, si correil rischio di snaturare – riducendolo alla sua certificabilità – tutto l’impiantodel sistema formativo e l’insieme delle sue finalità. Ma anche. Soprattutto,oggi che si ha bisogno, nella società come nella formazione, di attestazioniche si riferiscano alle effettive capacità possedute, piuttosto che, generica-mente, al corso di studi frequentato (diploma, laurea, ecc.).

Infine, l’idea di competenza ci offre un ulteriore duplicità semantica eformativa. Infatti, da una parte, ci fa pensare di non esaurirla o chiuderla inuna particolare dimostrazione di abilità o in un insieme concluso di esse e,viceversa, ci invita ad attribuirle un senso di progressività continua (inavanti, in profondità, in estensione, in consapevolezza, ecc.) e di collega-mento diretto con i livelli evolutivi e con i riferimenti ambientali e culturalidel soggetto. Dall’altra parte, però, non ci autorizza ad escludere qualsiasipossibilità di delimitarla, sia pure “convenzionalmente” e in riferimento aparticolari aspetti/ambiti da considerare. E, sempre, nel primo come nel se-

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condo caso, alla stessa stregua della didattica metacognitiva, considerandoi traguardi di autocontrollo, autoregolazione, autonomia che studiando, la-vorando, sperimentando si raggiungono.

Partendo, per così dire, dall’alto e proseguendo verso il basso, potremmodistinguere le competenze in: generali o di fondo, trasversali, disciplinari.Con un’avvertenza: le rispettive posizioni “gerarchiche” delle competenzetrasversali e disciplinari possono mutare a seconda delle situazioni educa-tive. Capita, infatti, che, spesso, le prime siano di sostegno o di stimolo al-l’acquisizione più puntuale e rigorosa delle seconde e che quindi,operativamente e funzionalmente possano anche precederle. Inoltre, com-petenze trasversali e disciplinari, possono risultare indistinguibili le unedalle altre, oppure essere attivate e perseguite al tempo stesso.

3. Le competenze generali

Un sistema formativo (ed educativo) deve, innanzitutto, provvedere apreparare il soggetto a vivere nella società del suo tempo. Come fu affer-mato nel Programma quinquennale di progressiva attuazione della – abro-gata – L.30/2000 di Riordino dei cicli di istruzione, la scuola deve «Aiutarele giovani e i giovani a collocarsi in un mondo in rapida trasformazione,rendendoli consapevoli dei processi oggettivi e soggettivi già avvenuti efornendoli degli strumenti per governare quelli aperti: sarà questo il compitodella nuova scuola». Inutile sottolineare, anche qui come nelle competenzegenerali di seguito elencate, la cifra metacognitiva contenuta.

- Le competenze di carattere generale che, perciò, ciascun soggetto do-vrebbe acquisire al termine del percorso formativo di istruzione devono,innanzitutto “abilitarlo” a vivere nella società contemporanea, godendodelle opportunità che offre a sé e ai suoi simili, fronteggiando i pericoli inessa presenti, limitando i danni che può portare alla salute fisica, psicologicae relazionale propria e degli altri individui.

- Al tal riguardo, quindi, fondamentale importanza rivestono le compe-tenze di carattere psicologico, relazionale e sociale che aiutino il soggettoa costruirsi la sua identità personale, a stabilire equilibrati rapporti con glialtri individui, a sviluppare sempre più convenientemente la propria auto-nomia di giudizio, di scelta e, in generale, di pensiero.

- Per attrezzarsi a vivere degnamente l’avventura della contemporaneitàè quanto mai necessario, inoltre, dotarsi di abilità e di strumenti di lettura,di modalità e di capacità di conoscenza e di interpretazione e, perché no,anche di trasformazione del mondo e dei suoi fenomeni. Perciò occorrono,da una parte, forti competenze nel campo sempre più in movimento degli

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alfabeti, dei linguaggi e delle conoscenze della società contemporanea e,dall’altra, valide capacità operative unite a una significativa propensione econsuetudine all’utilizzazione del pensiero e dell’azione divergente.

- Inoltre, proprio perché “gettati” in un contesto e in situazioni in rapidoe continuo cambiamento, i giovani dovranno essere in grado di far muoverevelocemente le loro menti (auspicabilmente in maniera non semplicementeesecutiva, ma anche critica e progettuale) allo scopo di orientarsi opportu-namente al cospetto della complessità di vita e di lavoro e di rispondererapidamente e adeguatamente alle più diverse emergenze e/o – magari – dicontribuire a creare le condizioni dell’innovazione, senza necessariamentesubirlo. Insieme, perciò, allo sviluppo di propensioni al pensiero divergente,la scuola dovrà abilitare il soggetto ad acquisire capacità di adeguamentodelle idee e delle soluzioni alle diverse circostanze di vita, di studio e di la-voro. È il campo della flessibilità da interpretare in senso lato (intellettuale,conoscitiva, progettuale, operativa), piuttosto che come luogo e arte del-l’arrangiarsi e del rassegnarsi.

- In stretto collegamento con simili capacità vanno sviluppate compe-tenze di osservazione, verifica, monitoraggio, valutazione, problematizza-zione che devono costituire i requisiti di qualsiasi modifica delle scelteadottate e attuate.

- In linea con l’attenzione allo sviluppo di capacità critiche e progettuali,non va assolutamente trascurata la possibilità di promuovere competenzeche abilitino l’individuo a cercare e a percorrere itinerari in controtendenzarispetto alle tendenze emergenti nell’attuale società (individualismo, anta-gonismo, volontà di successo a tutti i costi, consumismo e mercificazionedella vita e dei comportamenti umani, ecc.).

E non è vero che aiutare bambini e ragazzi a camminare controventonon serva a nulla. Intanto, li si sostiene nella consapevolezza di essere in-dividui e, perciò, dotati di capacità di pensiero e di scelta (anche originalie divergenti). Quindi, si prova a controbilanciare, sia pur in minima parte econ modesti mezzi (però contando sulle capacità di crescita e di sviluppodegli allievi) lo strapotere delle tendenze imperanti. Infine, si attivano pro-cessi che, oggi, deboli, domani potrebbero, anch’essi come i ragazzi, cre-scere e risultare determinanti. Talvolta accade: si pensi alla straordinariadiffusione dell’attuale sensibilità ecologica. Fino a un quindicennio fa a chiapparteneva? E quindici anni corrispondono, guarda caso, agli anni occor-renti a percorrere l’itinerario dell’intero sistema educativo di istruzione edi formazione: dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria, dai tre aidiciotto anni.

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4. Le competenze trasversali

Le competenze trasversali (che, non sempre almeno, riesce facile distin-guere da quelle generali ovvero che possono essere intese anche comeespressioni o conseguenze dirette della loro progressiva acquisizione) at-traversano tutti i diversi campi dell’esperienza scolastica7 e sono grosso-modo identificabili in capacità/abilità/conoscenze:

- di pensiero, cognitive e metacognitive, adoperabili in diverse situa-zioni di studio e di vita;

- relazionali, idonee a realizzare rapporti interpersonali soddisfacenti;- linguistiche e comunicative, che consentano all’individuo di com-

prendere e produrre discorsi e messaggi;- per acquisire e rielaborare informazioni e conoscenze;- per svolgere prestazioni in contesti diversi da quello originario;- per controllare le strategie adoperate per realizzare prodotti.

L’attualizzazione consapevole di tali (o analoghe) capacità/conoscenze/abilità costituisce l’insieme delle competenze trasversali che il sistema edu-cativo e di istruzione dovrebbe far conseguire a ciascun allievo.

Competenze trasversali e disciplinari, nel loro costituirsi come nel lorosvilupparsi e partecipare delle vicende di studio e di vita dei bambini e deiragazzi, possono apparire come legate in un rapporto formativamente ge-rarchico (le seconde devono “servire” lo sviluppo delle prime). In realtà,invece, intrecciano i loro percorsi, spesso fanno confondere le loro originie i relativi tempi di nascita, crescita e sviluppo, si prestano, all’interno deifatti e dei fenomeni cognitivi e relazionali, mutualmente soccorso.

Infatti, accade che, di frequente, siano le capacità trasversali a ricevere,nel loro manifestarsi e nel loro sviluppo, il contributo formativo, metodo-logico, procedurale delle singole discipline e attività. E, ciò accade quando,ad esempio, la pratica del ragionamento matematico si insinua in altri luo-ghi diversi dal proprio specifico o anche nella vita di ogni giorno, fornendoal soggetto buone propensioni all’esame delle diverse situazioni, alla loroproblematizzazione, all’individuazione di soluzioni idonee e alla loro ve-rifica.

Ma è usuale, anche, che si verifichi il contrario e che, cioè, sia una pra-tica, una consuetudine, una capacità trasversale a stimolare non solo il con-solidamento e l’evoluzione di una specifica capacità disciplinare, ma la suastessa origine. È il caso, ad esempio, della capacità di lettura alfabetica che,

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7 B. Rey, Ripensare le competenze trasversali, FrancoAngeli, Milano, 2003.

almeno inizialmente, deve potersi fondare su un’essenziale e precedentecapacità trasversale di lettura e di comprensione di segni e messaggi, perpoter successivamente sostenere, qualificare, evolvere e “differenziare di-sciplinarmente”.

Da questo intreccio non sono, ovviamente, escluse quelle competenzetrasversali di natura “comportamentale”, “sociale” e “relazionale”. Delresto, si è sempre più consapevoli dell’importanza del contesto affettivoe relazionale di appartenenza (compreso quello scolastico) circa le possi-bilità di riuscita nell’apprendimento e di come le consuetudini di vita co-stituiscano delle autentiche premesse allo sviluppo – regolare, incerto,rapido, ecc. – delle abilità trasversali che prima abbiamo indicato. Lastessa consapevolezza, credo, debba essere raggiunta a proposito dellapossibilità che un simile condizionamento si verifichi in direzione oppo-sta. Che, cioè, sia operato dalla scuola e dai processi formativi attivati neiconfronti delle individuali e spontanee propensioni al pensiero, al ragio-namento, alla comunicazione, ecc. (assimilabili a capacità trasversalispontanee) e, anche, nei confronti delle abitudini relazionali, delle prefe-renze affettive e delle modalità secondo le quali esprimerle, dei modellidi vita praticati.

D’altronde, proprio questa volontà di “educare” i comportamenti, le con-suetudini, le relazioni individuali o di gruppo, è stata una delle più impor-tanti scommesse che l’istruzione, nel nostro paese, ha provato negli anni avincere, soprattutto a vantaggio degli allievi provenienti dai ceti meno ab-bienti e più culturalmente deprivati.

5. Le competenze disciplinari

Le competenze disciplinari attengono a particolari mondi della cono-scenza tradotti a scuola nelle discipline scolastiche, le quali ne trasformano,senza perderlo, il contributo culturale in apporto formativo ed educativo.Gli allievi, al termine dell’intero percorso curricolare (all’uscita dalla scuolasecondaria) e, di passaggio, al termine del corso di studi della scuola dibase, devono dimostrarne il pieno possesso.

Consistono, perciò, in un’adeguata capacità di padroneggiare i conte-nuti attivati durante i processi di insegnamento-apprendimento. Per con-seguirla, gli allievi devono assimilare adeguatamente le conoscenzetrasmesse, nel senso che la loro acquisizione e uso non deve essere di tipoframmentario, passivo e acritico, ma, al contrario, organizzato e articolato,partecipato e critico.

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In questo caso, con il riferimento puntuale a conoscenze e contenuti tra-smessi, alla loro acquisizione e uso intelligente e consapevole da parte deglialunni e degli studenti, alla disponibilità e alla capacità di trasferirli oppor-tunamente in campi e contesti diversi, le competenze richieste appaionosempre più chiaramente come competenze disciplinari. Le ritroviamo al ter-mine di ogni ciclo scolastico e costituiscono i risultati attesi, i profili diuscita di ogni disciplina di studio.

Sono i traguardi formativi da far raggiungere a ciascun allievo.Le competenze disciplinari finali – come abbiamo già detto – circoscri-

vono e definiscono il senso formativo dell’intero percorso di studi (dire-zione e traguardo verso cui si deve tendere). Per questa ragione, incombinazione con i riferimenti evolutivi degli allievi e con le specificitàpedagogiche ed educative di ciascun ciclo scolastico, esse finiscono perconsentire la definizione accurata e significativa dei traguardi di fine ciclo(e/o corso di studi) mediante le relative competenze da acquisire e di quelliintermedi e/o annuali. Indicano, quindi, la meta, segnalano la direzione dimarcia, segnano la strada.

Consentono, di conseguenza, da una parte, una più efficace corrispon-denza tra le finalità formative da perseguire e le scelte curricolari da adottare(considerate sia in termini di impianto complessivo che di specifiche disci-pline, contenuti e attività da promuovere) e, dall’altra, una più soddisfacenteprogressione e articolazione temporale degli stessi curricoli (con le oppor-tune regolazioni a livello di organizzazione dei contesti e dei processi di in-segnamento e di apprendimento, a livello di scelta dei contenuti e delleattività da selezionare, introdurre e promuovere e a livello, più in generale,metodologico-didattico).

6. Costruire curricoli per competenze

Oggi, i curricoli scolastici sono costitutivamente “autonomi” (vengono,infatti, definiti e deliberati dai singoli collegi dei docenti), “flessibili”8

(ossia, modulabili dinamicamente sotto il profilo formativo e organizzativoda ciascuna istituzione scolastica), “partecipati” e ri-costruiti dal basso (at-traverso le scelte progettuali delle scuole). Perciò, non possono essere co-struiti (almeno non esclusivamente) intorno ai “fondamenti” delle disciplineche, del resto, nella società contemporanea (complessa, flessibile, conosci-tiva, globalizzata, tecnologica, ecc.), come abbiamo già detto, non sono più

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8 G. Mondelli, Il curricolo di istituto nella scuola della conoscenza, Anicia, Roma, 2001..

solidi. Le discipline medesime, in realtà, poi, non nascono di per sé stesse,né mantengono in eterno lo stesso corpo, la stessa veste e i medesimi signi-ficati culturali e formativi. Si modificano, oltre che per cambiamenti pro-mossi dall’interno, anche a causa delle spinte che ricevono dalla società,dall’economia, dalla/e cultura/e del tempo9.

Neanche è opportuno che gli stessi curricoli scolastici si costruiscanoattraverso l’automatica riproposizione delle tradizionali materie di studio,le quali, d’altronde, a scuola, per esserci, devono dimostrarne funzione evalidità. Ossia, sono chiamate a corrispondere a istanze formative ed edu-cative che ne reclamano la presenza.

Esse, infatti, almeno tra le pareti scolastiche, non hanno diritto di citta-dinanza di per sé stesse, per una sorta di dotazione valoriale costitutiva ma,viceversa, le si insegna per il senso formativo che possiedono, per lo scopoeducativo che servono: lo sviluppo e la crescita degli alunni e degli studenti.Chissà che, piuttosto che assumerle incondizionatamente e automatica-mente, non siano – paradossalmente – proprio scuola e didattica a “rifon-dare” le discipline o a restituire/individuare nuove direzioni di sensoepistemologico10.

Col tempo, i curricoli nazionali (ovvero i Piani di Studio) nazionali edi istituto hanno iniziato a battere una strada differente rispetto al passato,soprattutto perché si orientano verso le “competenze” da promuovere11.Queste:

- tradotte pedagogicamente, innanzitutto, si riferiscono e concorronotutte alla costruzione/crescita del soggetto (secondo la direzione dimarcia già indicata dagli Orientamenti del 1990 per la scuola dell’in-fanzia: identità, autonomia, competenza);

- a differenza di un passato anche recente, in qualche modo, “riassu-mono”, fanno proprie, contestualizzano sotto il profilo formativo edidattico le correnti culturali, le procedure di lavoro e di ricerca, lestrumentazioni tecnologiche diffuse nella società contemporanea;

- assumono il significato di capacità di vario genere, però, non più po-tenziali, quanto, da una parte, esplicite, effettive, operative e, dall’al-tra, soprattutto idonee a selezionare, recuperare, utilizzare, quindi a“mobilitare” le conoscenze e le abilità possedute per affrontare nuovesituazioni di esperienza, di studio e di ricerca;

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9 G. Gargani, Il sapere senza fondamenti, Einaudi, Torino, 1975. 10 R. Maragliano, I saperi della scuola, La Nuova Italia, Firenze, 1990.11 I. Bassotto (a cura di), Il curricolo per competenze nella scuola elementare, Fabbri Editori,Milano, 2002.

- pertanto, da un lato, esprimono una forte valenza metodologica e pro-cedurale, dall’altra, nel farlo, rivelano connotazioni disposizionali eattitudinali, e, perciò, “personali”;

- includono, “costitutivamente”, connotazioni comportamentali e re-lazionali, le stesse che oggi, vengono ritenute rilevanti dalle più av-vedute ipotesi di psicologia dell’apprendimento e, al tempo stesso,considerate necessarie per lo svolgimento efficace dei processi pro-duttivi;

- in realtà, non devono essere considerate come traguardi “definitivi”e “conclusivi” (neanche al termine del corso di studi), quanto piutto-sto mete formative da perseguire a livelli successivi di padronanzadurante l’intero percorso formativo;

- pertanto, rivelano o acquistano connotazioni evolutive (il riferimentoè l’età psicologica dell’allievo e il suo sviluppo cognitivo) e sogget-tive (a misura del singolo individuo e delle sue caratteristiche perso-nali, collegabili alle appartenenze socioculturali) e vengono scanditesecondo traguardi o livelli progressivi di padronanza, complessità,approfondimento e arricchimento;

- infine, si qualificano storicamente e culturalmente (guardando al mo-mento storico/sociale/culturale e al contesto territoriale).

7. I luoghi di elaborazione di destinazione delle competenze

Se allora, si deve partire dalla individuazione delle competenze da pro-muovere, due, essenzialmente (e tra loro correlati), sembrano i livelli o iluoghi della loro elaborazione, richiesta e definizione. In riferimento ai quali– o all’interno dei quali – sono maturate le domande di istruzione e di for-mazione alle quali la scuola tenta di dare delle risposte adeguate attraversola costruzione dell’intero sistema formativo12: da una parte, la società con-temporanea, dall’altra parte, l’intreccio tra le caratteristiche evolutive delsoggetto e le connotazioni culturali e formative delle discipline.

a) Della società contemporanea vanno presi in considerazione:- i suoi modelli di vita diversificati e/o prevalenti- le caratteristiche del mondo dell’economia e del lavoro- le tendenze, le mode e le prospettive culturali più diffuse o emergenti - le potenzialità crescenti e il ruolo assunto dalle tecnologie- lo sviluppo, la moltiplicazione, la diversificazione, il cambiamento

dei saperi e delle scienze.

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12 G. Mondelli, Il curricolo di istituto nella scuola della conoscenza, cit.

La società, contribuisce, non solo in linea di principio, ma anche di fatto,a definire i significati reali della “competenza” da far realizzare.

Guardando a “questa” società, la scuola, per prepararsi a dare una rispo-sta di istruzione e di educazione complessivamente adeguata e di qualità,si pone sostanzialmente tre o quattro domande che, nel contempo, contri-buiscono a determinare la destinazione/definizione educativa e formativafinale da garantire al suo impegno nei confronti dell’allievo.

Innanzitutto, si interroga su cosa dovrebbe sapere (e come) uno studenteal termine degli studi. In secondo luogo, si chiede, soprattutto, sulla scortadelle tensioni contemporanee (della società, ma anche interne al sistemascolastico), cosa dovrebbe saper fare (e come). In realtà, queste due do-mande non sono state espresse in maniera esaustiva, perché ciò che contapoi è come fare in modo che sia le conoscenze che le abilità si trasforminoin competenze (quindi, anche nella capacità da dimostrare in riferimento aun inedito compito o scopo di apprendimento, da una parte, di riconoscerle,recuperarle, sceglierle e, dall’altra, di adoperarle, contestualizzarle, ade-guarle e metterle in relazione tra di loro).

Quest’ultima richiesta non può che richiamare la necessità di esplicitareun’ulteriore composito interrogativo: infine, come dovrebbe essere l’al-lievo? quali disposizioni personali nei confronti dello studio dovrebbe espri-mere? e che tipo di persona dovrebbe dimostrare di voler/poter diventare?

Le stesse domande, la scuola se le rivolge, prima a livello generale eglobale (gli obiettivi generali dell’istruzione, le finalità del singolo cicloscolastico), poi, a livello delle singole aree disciplinari, discipline o attività.Passa, cioè, dalla determinazione delle competenze/mete generali/trasversali(area di senso ultimo educativo e formativo) all’individuazione delle com-petenze/ mete settoriali/disciplinari (area delle concretizzazioni cognitive,operative, disposizionali che, rappresentando gli sbocchi reali delle metegenerali/trasversali, ricevono da queste ultime il loro orizzonte di signifi-cato).

b) Il secondo livello/luogo – come dicevano – si apre, si definisce, sicolloca tra le caratteristiche evolutive del soggetto e le connotazioni cultu-rali e formative delle discipline13. Comporta, perciò, da una parte, la de-scrizione in senso “evolutivo” delle competenze “traversali”/“settoriali” daperseguire, con le opportune corrispondenze in sede di individuazione degliobiettivi/abilità da perseguire nei diversi cicli scolastici riformati. Richiede,dall’altra, la riflessione sulle discipline (o sulle aggregazioni disciplinari) e

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13 J. Piaget, R. Garcia, Psicogenesi e storia delle scienze, Garzanti, Milano, 1995.

sulle attività e sui contenuti (e sulla loro articolazione all’interno del set-tennio) che dovrebbero consentirne o agevolarne il conseguimento. Guar-dando, nel farlo, oltre che agli aspetti culturali dei quali esse (discipline,aggregazioni, attività e conoscenze) sono portatrici, agli aspetti più auten-ticamente educativi e formativi. E, cioè, alle possibilità di sviluppo (psico-logico, cognitivo, culturale, operativo, relazionale, ecc.) dell’allievo chepossono contribuire a determinare i saperi scolastici.

La domanda, allora, nel primo caso, quello che si riferisce alla compe-tenza trasversale o settoriale da definire, descrivere o rappresentare in sensoevolutivo, è «cos’è la competenza?». Nel secondo, quello collegabile alleconnotazioni delle discipline l’interrogativo diviene: «con quali discipline/aggregazioni disciplinari e/o attività/contenuti/conoscenze perseguirla?».

8. Condizioni didattiche essenziali (e metacognitive) per la promozione

delle competenze

L’orientamento educativo e culturale oramai diffuso nei più diversi con-testi verso il perseguimento delle competenze (e, d’altronde, come sap-piamo, sostenuto dalle Raccomandazioni dell’Unione Europea e tradottolegislativamente a livello nazionale14), da un lato, necessita, dall’altro lato,sollecita la predisposizione e la messa in atto di condizioni idonee a garan-tirne l’effettiva attuazione.

Intanto, esplicitiamo un assunto banale: per promuovere effettivamentele competenze c’è bisogno di mettere in atto una efficace azione didattica15.Questa, – come abbiamo più volte detto – per riuscire effettivamente taledeve puntare sulla partecipazione attiva e sempre più consapevole e auto-noma degli allievi all’acquisizione e al potenziamento delle loro cono-scenze, abilità e capacità (e, cioè, delle loro competenze). Progettare eattuare una didattica efficace, quindi, vuol dire proporre percorsi formativifortemente metacognitivi. Nei fatti, perciò, anche indipendentemente dallaconsapevolezza dei docenti di aderire a un simile orientamento educativo emetodologico. E ciò, innanzitutto, sia a causa della già dichiarata forte com-ponente metacognitiva inclusa sia nella stessa definizione della “compe-tenza”, sia, come vedremo successivamente, nella sostanza culturale eformativa delle specifiche “competenze” che il sistema scolastico nazionale

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14 In particolare, mediante le Indicazioni per il Curricolo del Primo Ciclo, il Documentosull’obbligo scolastico e, infine, con i Regolamenti sul Riordino della Scuola Secondaria diSecondo Grado.15 D. Maccario, Insegnare per competenze, SEI, Milano, 2006.

indica quali traguardi di apprendimento da perseguire lungo tutto l’itinerarioformativo (sia pure a livelli differenti di complessità e di qualità).

Per questa ragione, riteniamo che una didattica efficace e, perciò, apertaalle caratteristiche degli alunni e orientata alla promozione della partecipa-zione personale all’acquisizione delle conoscenze e abilità, se, da un lato,permette di puntare con convinzione al perseguimento delle competenze(ovvero, della “competenza”), dall’altro lato, non può che rilevarsi forte-mente metacognitiva.

Proviamo, di seguito, a “riconoscere” e a presentare sinteticamente lecondizioni essenziali (ovvero le “variabili didattiche” in gioco) per la messain atto di un’azione didattica che si riveli, al tempo stesso, idonea al perse-guimento delle competenze e (perché) metacognitiva.

a) Condizioni essenziali di natura progettualeQueste condizioni, da un lato, costituiscono la struttura/cultura di base

per la promozione formativa delle competenze a scuola e, dall’altro lato,disegnano la cornice di riferimento formativo, progettuale ed organizzativo.Al suo interno, dovrà essere promossa e sostenuta una più generale, ma fat-tiva, “cultura della competenza” estesa a tutta l’istituzione scolastica (e che,in primo luogo, per studenti e insegnanti, significhi anche sviluppo della“sensibilità metacognitiva”).

Da qui, deriverà, poi, la progettazione e l’attuazione degli specifici per-corsi didattici, a loro volta caratterizzati da opportune soluzioni metodolo-giche.

Proviamo, perciò, a segnalare gli elementi salienti che dovranno/po-tranno consentire la promozione di un’azione didattica (anche perché d’im-pronta metacognitiva) orientata al perseguimento delle competenze:

1. Individuazione, riconoscimento, assunzione ed esplicitazione daparte dei docenti dell’istituzione scolastica delle finalità formativeche ai più diversi livelli vengono elaborate (sistema scolastico na-zionale, grado e indirizzo scolastico, obbligo scolastico, profili inuscita dal corso). La ragione principale risiede nel fatto che le mede-sime finalità sono prioritariamente rivolte, mediante la sollecitazionenegli studenti di forme sempre più cospicue ed elevate di autonomianello studio, allo sviluppo della “persona” dell’allievo e all’acquisi-zione personale delle competenze.

2. Costruzione del curricolo di istituto attraverso la valorizzazione delleprerogative attribuite alle scuole dal Regolamento sull’AutonomiaScolastica. La scuola dell’autonomia – come sappiamo – è la scuoladel “curricolo di istituto”. Per questa ragione, non può accontentarsidi mettere in atto un progetto formativo completamente deciso in altri

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luoghi (ovvero dal centro). Anzi, ogni istituzione scolastica è chia-mata a esaltare – proprio mediante la costruzione del “suo” curricolo– le prerogative di autonomia formativa, progettuale e organizzativache le sono state concesse allo scopo di rendere sempre più efficaceil servizio scolastico. Tanto deve essere realizzato orientando l’azioneeducativa e didattica al soddisfacimento dei bisogni formativi deisuoi allievi. E, pertanto, soprattutto mediante la costruzione di uncurricolo di istituto partecipato, plurale, flessibile. A tal ultimo ri-guardo, segnaliamo alcune delle connotazioni di flessibilità currico-lare, idonee a rendere più adeguata ai diversi soggetti cheapprendono l’azione di insegnamento: adattività e regolabilità, in-tenzionalità e opzionalità, sperimentabilità e innovatività, località econtestualità, partecipatività e corresponsabilità, pluralità e diversi-ficazione. La capacità delle scuole di dotare di simili caratteristichedi flessibilità il progetto/documento curricolare di istituto, insiemealla già segnalata disponibilità a progettare percorsi formativi a ma-glie larghe, consente ai docenti di attuate azioni didattiche più ido-nee, da un lato, a valorizzare le potenzialità cognitive e gli interessiconoscitivi dei diversi allievi (contribuendo, così, a sostenere i po-tenziali di apprendimento nell’acquisizione di competenze signifi-cative) e, dall’altro lato, a rendere progressivamente più consapevoleciascun soggetto nel proprio impegno di studio (provocando, perciò,un deciso orientamento verso lo sviluppo della propria autonomiadi pensiero, giudizio e azione).

3. Contestualizzazione ed eventuale significativa riformulazione – a li-vello di competenze/profilo da promuovere – del curricolo nazionalenella costruzione del curricolo di istituto. Come conseguenza del-l’orientamento qui espresso, all’interno dell’istituzione scolasticadeve essere promossa una riflessione attenta e un confronto serratosui traguardi di apprendimento (competenze e obiettivi specifici) de-finiti a livello nazionale e sull’adattamento degli stessi alla realtàdell’istituzione scolastica. La riflessione deve interessare – soprat-tutto per quanto riguarda le scuole secondarie di secondo grado – nonsoltanto le competenze di base (ovvero quelle generali), ma anche le“competenze professionalizzanti” (previste da Linee Guida o Indi-cazioni Nazionali) e ulteriori e inedite competenze che vengono ri-conosciute, individuate, elaborate, definite dal collegio dei docenti.Il perseguimento di queste ultime “risente” della “lettura” educativae formativa degli insegnanti della scuola nei confronti della societàe della cultura contemporanee, della loro attenzione alle caratteristi-che dell’utenza scolastica e del territorio (ivi comprese le sollecita-

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zioni culturali, civiche ed economiche presenti), della volontà di per-seguire particolari e sperimentali interessi formativi (talvolta, anche,con il concorso di imprese e associazioni). Ne deriva un’estensione,un approfondimento, una diversificazione, una contestualizzazionedel progetto formativo nazionale a livello di singola istituzione sco-lastica/corso di studio/classe/gruppo di alunni. E, di conseguenza,viene provocata una sorta di “personalizzazione” dello stesso pro-getto curricolare a vantaggio delle caratteristiche e degli interessi per-sonali dello studente e in linea con le innovative scelte educative eformative degli insegnanti. L’individuazione e il perseguimento cur-ricolare e didattico di ulteriori competenze rispetto a quelle previstedai documenti programmatici nazionali, in primo luogo, ridefiniscee attualizza il profilo culturale e professionale dello studente in uscita.In secondo luogo, proprio la sua innovatività e sperimentabilità, laconseguente messa in discussione della prevedibilità curricolare, ri-chiede ai docenti di ridurre la quota delle conoscenze da trasmettere,a tutto vantaggio di una maggiore e attiva partecipazione dell’allievoal processo conoscitivo.

4. Definizione di un modello/contenitore didattico idoneo a promuovereil perseguimento delle competenze. Le scelte curricolari, insieme aquelle più strettamente metodologiche, per poter essere consapevol-mente, oltre che efficacemente, messe in atto, vanno inserite in per-corsi didattici adeguati alla promozione degli obiettivi diapprendimento relativi alle competenze da perseguire. La nozione di“competenza”, la sua “complessità”, l’essere le competenze non per-seguibili – anche quando di natura “disciplinare” – mediante travasodi contenuti o attraverso attività di studio semplicemente da far ese-guire, la più volte rilevata quota di “metacognitività” in esse veico-lata, la necessità di perseguirle legandole tra di loro (nello stesso oin differenti territori disciplinari), tutto questo e altro ancora, spingea disegnare un “contenitore didattico” che presenti forma e caratte-ristiche dell’unità di apprendimento. Ci riferiamo, innanzitutto, allasua significativa “estensione” nello spazio e nel tempo, dovuta siaall’orientamento a medio-lungo termine verso l’acquisizione di“competenze” (e non più come le unità didattiche, verso il raggiun-gimento di obiettivi minimi), sia, conseguentemente, in ragione dellapluralità dei contenuti da introdurre, delle attività da sollecitare, degliobiettivi specifici da perseguire – e sempre riferibili alle stesse com-petenze). Una delle ragioni a sostegno della maggiore ampiezzadell’unità di apprendimento (rispetto, di nuovo, all’unità didattica)risiede anche in una sua altrettanto importante connotazione: la

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“complessità”. Ossia, nella potenziale apertura alla ricezione di con-tributi – da connettere e orientare verso mete formative unitarie –provenienti da diversi territori disciplinari.

b) Condizioni organizzative e didattiche1. Individuazione e messa in atto di modalità didattiche partecipate e di

impronta costruttivista. A riguardo, rimandiamo a quanto già più volteaffermato a favore di un’azione didattica che, proprio se e perché apertaalla partecipazione diretta, consapevole e responsabile dell’alunno, nemotiva e sostiene l’impegno, gli permette di riconoscere interessi, po-tenzialità, limiti; lo abilita, quindi, progressivamente all’autonomia distudio e di apprendimento e lo mette sulla strada della competenza. Diconseguenza, i docenti, nella promozione delle attività didattiche, do-vranno operare scelte metodologiche orientate, ad esempio, alla didat-tica laboratoriale, allo insegnamento e all’apprendimento cooperativo,alla didattica modulare e a quella metacognitiva.

2. Articolazione modulare dei tempi e delle attività di insegnamento.Lo scopo è quello di consentire sia agli studenti sia ai docenti (attra-verso la riduzione del “parco” settimanale delle discipline da inse-gnare e apprendere), da un lato, di lavorare in maniera più distesa,intensa ed esaustiva per l’acquisizione efficace di conoscenze e abi-lità significative in vista del progressivo sviluppo delle competenzee, dall’altro lato, di scegliere e adottare soluzioni metodologiche edidattiche innovative e – perché – maggiormente partecipate dagliallievi.

3. Progressiva sostituzione dell’aula-classe con l’aula di attività didat-tica. Si vuol mirare, da una parte, a ottimizzare e valorizzare gli spazidisponibili generalmente ridotti e inadeguati e, dall’altro lato, a con-notarli e identificarli sotto l’aspetto culturale (ovvero epistemologicoper sfruttare adeguatamente i linguaggi e gli strumenti specifici e tra-sversali dei saperi) e formativo (ovvero didattico per consentire unapartecipazione più adeguata ai processi di apprendimento).

4. Utilizzazione didattica “critica” delle nuove tecnologie. Diversi pos-sono essere gli obiettivi connessi a tale area di interesse: da quellieducativi riconducibili alla modifica degli stili di vita e di relazionedegli studenti (ma anche dei docenti!) a quelli strettamente didatticifinalizzati all’esplorazione delle opportunità (e dei rischi) derivantidalla promozione delle ITC nei processi di conoscenza e di insegna-mento/apprendimento, senza trascurare le eventuali implicazioni dicarattere organizzativo. Per il perseguimento di simili obiettivi (a lorovolta finalizzati alla promozione sempre più efficace di processi di

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conoscenza e di apprendimento idonei a sostenere gli studenti nel-l’acquisizione consapevole delle loro competenze), le scuole e i lorodocenti devono, innanzitutto, avvertire l’esigenza di conoscere e in-terpretare criticamente la ricchezza e la complessità delle stesse of-ferte tecnologiche provenienti dal mondo contemporaneo.L’intenzione di fondo deve essere quella di individuarne e sfruttarnele straordinarie opportunità a vantaggio degli studenti. Segnaliamo,a riguardo, alcuni campi di interesse e di intervento che la scuola do-vrebbe/potrebbe frequentare: - Esplorazione delle modalità di informazione, conoscenza, comu-

nicazione, svago e divertimento, impegno cognitivo degli studenti - Recupero formativo, approfondimento e diversificazione delle atti-

vità di studio da realizzare attraverso processi di istruzione a distanza - Interazione con gli studenti e con le loro famiglie e messa a di-

sposizione di materiali e servizi culturali- Predisposizione materiali didattici stimolanti e adeguati alle mo-

dalità di studio e di conoscenza degli studenti (dispense, filmati,esercitazioni, ecc.)

- Confronto su temi di carattere generale e di carattere specificata-mente educativo collegabili all’utilizzazione – dentro e fuori dellascuola – delle nuove tecnologie

- Esplorazione, ricerca e messa in atto di modalità inedite ed effi-caci di studio (da parte degli studenti) e di insegnamento (da partedei docenti).

Le azioni appena elencate – d’altro canto collegabili alle condizioni pocosopra indicate – devono/possono essere rivolte essenzialmente a:

a. offrire un servizio formativo migliore agli studenti, mediante la messaa loro disposizione di maggiori opportunità di conoscenza e di mi-gliori possibilità di apprendimento;

b. promuovere processi di innovazione didattica e di riqualificazioneculturale e formativa del personale docente e non docente;

c. estendere e migliorare le occasioni di relazione e di comunicazionetra tutti i soggetti che fanno parte della scuola, al fine di iniziare acostruirla come comunità di vita e conoscenza.

Come si può ben vedere – lo ripetiamo da un po’ – notevoli sono le cor-relazioni tra la didattica metacognitiva e la didattica per competenze, lequali, talvolta, arrivano persino a far abitare agli alunni territori formativicomuni, oltre che far richiedere, per la messa in atto di entrambe, la predi-sposizione delle medesime condizioni culturali, organizzative e didattiche.

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D’altronde, non potrebbe essere altrimenti se si torna a considerare la so-stanziale – e per molti versi, “pregiudizievole” – quota metacognitiva con-tenuta nella “competenza” e nelle “competenze” e la necessità di provare aprogettare azioni di insegnamento coerenti metodologicamente con tale evi-denza.

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Capitolo decimo

La competenze metacognitive servono alle imprese,all’Europa e per assolvere l’obbligo scolastico

1. Le competenze (metacognitive) richieste dalle imprese nella società

conoscitiva

Per provare a offrire un quadro più esaustivo del repertorio delle com-petenze oggi necessarie alle persone e, pertanto, richieste alle istituzionipreposte principalmente alla loro promozione (scuola e università), con-viene riflettere su un ulteriore aspetto della nostra società conoscitiva: latrasformazione del lavoro a causa dell’evoluzione tecnologica e dell’utiliz-zazione massiccia di conoscenza nelle attività lavorative.

Il cambiamento è non solo emblematico ma anche sostanziale: si sta pas-sando, a parere di Gorz1 (e come abbiamo già visto) da un lavoro di produ-zione materiale a un lavoro di produzione immateriale che assumeconnotazioni, per molti versi assolutamente inedite e destinate a modificare,se non a sconvolgere, attività produttive, mercati e vite degli uomini.

Per Gorz, la conoscenza, assume un ruolo sempre più decisivo nell’eco-nomia contemporanea e ne diviene la forza produttiva principale. La ric-chezza è “creata”, infatti sempre più, da una parte, dallo stato generale dellascienza e dal progresso della tecnologia e, dall’altra parte, dall’opportunitàdelle imprese di avvalersi di lavoratori/collaboratori forniti di conoscenzee di competenze adeguate allo scopo.

Queste ultime, però, non potranno più essere quelle adoperate dai tradi-zionali lavoratori dipendenti, idonei a produrre manufatti e merci in contestilavorativi segnati dalla fisicità, dalla materialità, dalla quantificabilità deiprodotti eseguiti e delle stesse prestazioni realizzate.

Dovranno, invece, riguardare, da una parte, la gestione dei flussi con-tinui di informazione (in questa operazione sembra che, oramai, si vada

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1 A. Gorz, L’immateriale, Bollati Boringhieri, Torino, 2003.

trasformando, il “lavoro”) e, dall’altra, l’esplicitazione di qualità com-portamentali, espressive e immaginative e il coinvolgimento personalenel compito da svolgere. Si tratta, in realtà, di competenze che, già daoggi, permettono di migliorare in maniera significativa la qualità delleprestazioni dell’azienda e la sua capacità di stare nel mercato oramai glo-balizzato.

Da segnalare, ancora, l’interesse dell’impresa a puntare sulle capacitàdi comunicazione e di cooperazione degli operatori, ritenute parte integrantedella natura del “lavoro”.

In conclusione, la fonte del “valore” (del prodotto/prestazione) sembrarisiedere sempre più:

- nell’intelligenza, nell’immaginazione, nel sapere personale dell’in-dividuo che lavora;

- nel savoir-faire, nella motivazione, nello scrupolo del collaboratorea soddisfare i desideri della clientela;

- nel suo comportamento e nella sua competenza sociale ed emotiva;- nella sua capacità di comunicare e di cooperare con altri individui –

non necessariamente appartenenti alla stessa azienda – per la realiz-zazione degli scopi dell’impresa.

Le imprese, quindi, hanno più che mai bisogno della conoscenza (pos-seduta, aggiornata, diffusa, controllata, rettificata, sviluppata, ecc.) degliindividui e della capacità di questi di metterla a disposizione dell’organiz-zazione, coordinandola con la conoscenza degli altri soggetti lavoratori/col-laboratori2.

Perciò, si potrebbe affermare che perché si produca “conoscenza” (fi-nalizzata all’aumento del “valore” dei prodotti, al miglioramento della qua-lità delle prestazioni, allo sviluppo della ricchezza a vantaggio degliindividui) è necessaria l’opera e immissione di “conoscenze” da parte deisoggetti che collaborano all’impresa.

E, quelle richieste oggi – e sempre più domani – sono non tanto le co-noscenze specialistiche e direttamente collegate/collegabili alla specificamerce da produrre e vendere, quanto le conoscenze di lettura e di interpre-tazione (ma anche di governo e gestione) dei flussi informativi (e, perciò,di ulteriori conoscenze) e le conoscenze personali di ciascun collaboratore.Come dire, quanto, tutto sommato, si propone di promuovere l’interventodidattico metacognitivo.

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2 F. Geffroy, R. Tijou, Il management delle competenze nelle imprese europee, FrancoAngeli,Milano, 2002.

2. La “competenza” nella Raccomandazione dell’U.E.

Ad ogni buon conto, la vivace discussione sulle competenze, promossaspesso dagli stessi addetti ai lavori mediante alcuni interrogativi di sensoformativo e fondativo (cosa sono? da cosa sono costituite? da dove ven-gono? ecc.) e di significato progettuale e operativo (come è possibile rico-noscerle o elaborarle? come/cosa fare per promuoverle? ecc.), è stata, inqualche modo, sedata dall’accettazione incondizionata di quanto espressoa riguardo dall’U.E.

Il sistema scolastico italiano3 è stato tra i primi a uniformarsi alla Rac-comandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 settembre2006, la quale ha adottato le definizioni relative a conoscenze, abilità e com-petenze contenute nel Quadro delle Qualifiche e dei Titoli. Le riportiamo:

- “Conoscenze”: indicano il risultato dell’assimilazione di informa-zioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono l’insieme di

fatti, principi, teorie e pratiche, relative a un settore di studio o dilavoro; le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche.

- “Abilità”, indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare

know-how (sapere come) per portare a termine compiti e risolvereproblemi; le abilità sono descritte come cognitive (uso del pensierologico, intuitivo e creativo) e pratiche (che implicano l’abilità ma-nuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti).

- “Competenze” indicano la comprovata capacità di usare cono-

scenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, insituazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o per-sonale; le competenze sono descritte in termine di responsabilità eautonomia.

L’accettazione diffusa e univoca di tali definizioni (e la conseguente in-dividuazione delle “competenze” chiave per l’apprendimento permanente)ha, ovviamente, ridotto sensibilmente l’area di ricerca e lo stessa voglia diriflessione di quanti si erano, nel tempo, interessati alla questione (e questonon è mai bello!). Però, ha avuto il merito di contribuire ad assicurare unamaggiore chiarezza terminologica all’argomento e, di conseguenza, una piùadeguata comparabilità (all’interno e fuori del paese) dei risultati di appren-dimento. Comparabilità quanto mai opportuna, d’altronde, perché da pro-muovere – necessariamente – in un contesto sociale, storico, politico edeconomico che reclama confronti del genere, almeno per due ragioni, tra

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3 Documento Tecnico allegato al Regolamento recante norme in materia di adempimentodell’obbligo di istruzione (Decreto 22 agosto 2007, Ministero della Pubblica Istruzione)

loro strettamente connesse: cercare di migliorare la qualità dei processi diinsegnamento e di apprendimento e ottimizzare i costi e le risorse investitein essi.

In ogni caso, tornando a noi e alla nostra ricerca tesa a individuare delletracce di metacognizione, non possiamo fare a meno di notare che questesono presenti non soltanto nella nozione di “competenza”, ma anche inquelle, apparentemente meno significative a tal riguardo, di “conoscenza”e di “abilità”.

I termini che ci permettono di dimostrare questa affermazione li abbiamosegnalati con il grassetto e, pertanto, non crediamo necessitino di ulteriorisottolineature. Al più, anche qui, ci permettiamo di suggerire una letturache vada in profondità. Per cogliere, ad esempio, la matrice riflessiva con-tenuta in locuzioni come: “risultato dell’assimilazione di informazioni at-traverso l’apprendimento” e “insieme di fatti, principi, teorie e pratiche(dalla parte delle conoscenze) e “capacità di applicare conoscenze e di usareknow-how per portare a termine compiti e risolvere problemi” (dalla partedelle abilità).

Per quanto concerne, invece, la ricerca del significato metacognitivodelle “competenze”, crediamo che si debba riflettere sia sul senso formativoglobale della definizione, sia intorno alle specifiche determinazioni nellequali la stessa definizione si articola.

Il senso complessivo rimanda a una visione della competenza (e dellascuola che la promuove), innanzitutto, innegabilmente dinamica, evoluta e– anche perché – riflessivamente in grado di assorbire, al suo interno, ancheil ruolo formativo delle conoscenze (espropriando, quindi, queste ultimedella valenza, per certi versi, oppositiva rispetto sia alle competenze chealle stesse abilità, oltre che della “supremazia” rispetto alle stesse).

D’altronde, una competenza così definita presenta un alto tasso di me-tacognizione a causa sia del suo nucleo cognitivo e operazionale (“capacitàdi usare”) sia dei differenti strumenti di conoscenza e di esperienza dei quali– quello – si serve (“conoscenze, abilità, capacità personali, sociali e/o me-todologiche”) e che dovranno pur essere recuperate, coordinate, adattate invista di un compito di apprendimento da eseguire o di una situazione pro-blematica da affrontare e risolvere.

Inoltre, quando si afferma esplicitamente che «… le competenze sonodescritte in termini di responsabilità e autonomia», non si fa altro che riba-dire la necessità di perseguire due delle più significative finalità del progettoeducativo e didattico metacognitivo.

Infine, dalla definizione globale di competenza, ricaviamo anche, duetipi di inferenza. La prima ce la consegna, nell’insieme, come complessa(nel senso, al tempo stesso, di problematica, complicata, composita e con-

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nessa), soprattutto, in virtù delle sue – neanche troppo – implicite connota-zioni: plurale, multidimensionale, intenzionale, connessa, flessibile, adat-tabile, progettuale, ecc. La seconda ce la svela, di conseguenza, riflessiva,consapevole, regolabile e, perciò, “metacognitiva”.

3. Le competenze chiave nell’Unione europea

Il 18 aprile del 2006 il Parlamento dell’Unione Europea e il Consiglio hannoapprovato una Raccomandazione relativa all’identificazione e al perseguimentodelle competenze chiave dell’apprendimento permanente. Questo documento,si inquadra nel processo, iniziato a seguito del Consiglio europeo di Lisbonadel 2000 e conosciuto come ‘strategia di Lisbona’, che ha come obiettivo finalequello di fare dell’Europa ‘l’economia basata sulla conoscenza più competitivae dinamica del mondo. Per ottenere questo risultato – lo ricordiamo – sono statifissati (Consiglio europeo, Barcellona marzo 2002) degli obiettivi che dove-vano essere raggiunti per il 2010, attraverso l’impegno di tutti gli Stati membrie delle istituzioni europee, costantemente impegnate nel monitoraggio sui pro-gressi fatti e nell’individuazione di ulteriori strategie da adottare.

Lo sviluppo di competenze chiave, oggetto della Raccomandazione, èuno dei 5 obiettivi che sono stati individuati per ‘rafforzare l’efficacia e laqualità dei sistemi’.

Quattro gli scopi che la Raccomandazione si propone di perseguire at-traverso la promozione e l’acquisizione da parte di tutti i cittadini europeidelle competenze chiave:

- favorire, mediante il loro perseguimento, la realizzazione personale,lo sviluppo della cittadinanza attiva, la coesione sociale e l’occupa-bilità in una società oramai sempre più della conoscenza;

- coadiuvare gli stati membri nel tentativo di assicurare che, al terminedell’istruzione iniziale, i giovani abbiamo acquisito le competenzechiave a un livello che li renda pronti alla vita adulta, alla partecipa-zione a ulteriori occasioni di apprendimento, alla vita lavorativa ealla medesima possibilità di sviluppare e accrescere quelle compe-tenze in tutto l’arco della vita;

- fornire uno strumento di riferimento a livello europeo ai responsabilipolitici, ai formatori, ai datori di lavoro e ai discenti stessi per rag-giungere gli obiettivi concordati (ma anche, aggiungiamo noi, per ef-fettuare operazioni di confronto e comparazione a riguardo deirisultati di apprendimento ottenuti in vista del miglioramento dellaqualità dei singoli sistemi formativi nazionali);

- costituire un quadro per un’ulteriore azione a livello comunitario.

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All’interno di questo sfondo culturale e di progetto formativo, le com-petenze, in generale, sono definite «…una combinazione di conoscenze,abilità e attitudini appropriate al contesto», mentre le competenze chiave«sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppopersonali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione».

Il quadro di riferimento europeo delinea otto competenze chiave:1) comunicazione nella madrelingua;2) comunicazione nelle lingue straniere;3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;4) competenza digitale;5) imparare a imparare;6) competenze sociali e civiche;7) spirito di iniziativa e imprenditorialità;8) consapevolezza ed espressione culturale.

In ragione di quanto prima espresso, le competenze devono essere e di-mostrarsi, al tempo stesso, solide e flessibili, durature e modificabili, sicuree aperte, specifiche e trasversali, teoriche e pratiche. Perciò, da una parteacquisite a un notevole livello di profondità, consapevolezza, autonomiapersonale e, dall’altra, fruite ed espresse mediante forme (o disposizioni)di controllo e autoregolazione, di capacità di adattamento e di adattabilità,ecc. Anche qui, inutile sottolineare ulteriormente la componente metaco-gnitiva delle competenze chiave.

Una testimonianza probante a riguardo ci viene offerta da una delle piùrappresentative competenze chiave: la comunicazione nella madrelingua.

Definizione: … è la capacità di esprimere e interpretare concetti, pen-sieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta (comprensioneorale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e diinteragire adeguatamente e in modo creativo sul piano linguistico in un’in-tera gamma di contesti culturali e sociali, quali istruzione e formazione, la-voro, vita domestica e tempo libero.

Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza:- La competenza comunicativa risulta dall’acquisizione della madre-

lingua, che è intrinsecamente connessa con lo sviluppo della capa-cità cognitiva dell’individuo di interpretare il mondo e relazionarsicon gli altri.

- La comunicazione nella madrelingua presuppone che una personasia a conoscenza del vocabolario, della grammatica funzionale edelle funzioni del linguaggio. Ciò comporta …

- Le persone dovrebbero possedere le abilità per comunicare sia oral-mente sia per iscritto in tutta una serie di situazioni comunicative e

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per sorvegliare e adattare la propria comunicazione a seconda dicome lo richieda la situazione. Questa competenza comprende anchel’abilità di …

- Un atteggiamento positivo nei confronti della comunicazione nellamadrelingua comporta la disponibilità a un dialogo critico e co-struttivo, la consapevolezza delle qualità estetiche e la volontà diperseguirle nonché un interesse a interagire con gli altri. Ciò com-porta…

Le competenze chiave sono tutte da considerare ugualmente importanti,poiché l’acquisizione di ciascuna di esse e l’efficace coordinamento tra loropuò contribuire a migliorare l’esperienza di vita, di studio, di lavoro nellasocietà della conoscenza. Esse sono correlate tra loro e, talvolta, l’una“entra” nell’altra. Inoltre, aspetti essenziali a un ambito di competenza fi-niscono per favorire la competenza in un altro.

Basti semplicemente prendere in considerazione la competenza nelleabilità fondamentali del linguaggio, della lettura, della scrittura e del cal-colo e nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), lequali singolarmente e, di più, coordinate, costituiscono delle risorse fonda-mentali per l’efficace promozione della generalità e pluralità anche disci-plinare dei processi di apprendimento.

Invece, della competenza imparare a imparare, sappiamo che è, proba-bilmente, la più trasversale – e utile – a tutte le attività di apprendimento.

Nello stesso quadro di riferimento vengono indicate le tematiche che èopportuno introdurre per la promozione delle competenze chiave: pensierocritico, creatività, iniziativa, capacità di risolvere i problemi, valutazionedel rischio, assunzione di decisioni e capacità di gestione costruttiva deisentimenti. Anche qui, l’impronta metacognitiva si imprime in maniera de-cisa sul terreno delle attività formative da promuovere a vantaggio deglistudenti e per la promozione delle loro competenze.

4. Le competenze dell’obbligo scolastico sono prevalentemente meta-

cognitive

Ci sembra opportuno proseguire il discorso dell’influenza dell’orienta-mento metacognitivo nel Regolamento recante norme in materia di adem-pimento dell’obbligo di istruzione (Decreto 22 agosto 2007, Ministero dellaPubblica Istruzione) per ragioni, per così dire, di “continuità” con quantotrattato a proposito delle competenze “raccomandate” dall’UE. Nel pros-simo capitolo, ci occuperemo della presenza della “metacognizione” nei

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curricoli della scuola del primo e del secondo ciclo di istruzione, i quali,del resto, sono stati elaborati tenendo in conto sia la Raccomandazionedell’UE, sia la sua immediata “deriva” nel nostro sistema scolastico: perl’appunto, il Regolamento sull’obbligo scolastico.

Questo, all’art. 1 afferma che l’istruzione obbligatoria è impartita peralmeno dieci anni ed è finalizzata al conseguimento di un titolo di studio discuola secondaria superiore.

Ai fini di quanto espresso all’articolo 1, è stato elaborato un documentotecnico (allegato al Regolamento) che descrive i saperi e le competenze,

articolati in conoscenze e abilità, con l’indicazione degli assi culturali di

riferimento.- I saperi e le competenze sono stati riferiti a quattro assi culturali che «…

costituiscono “il tessuto” per la costruzione dei percorsi di apprendimentoorientati all’acquisizione delle competenze chiave…». Gli Assi Culturali sonocostituiti dagli Assi dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, sto-rico-sociale.

- Le competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine del-l’istruzione obbligatoria e finalizzate a favorire il pieno sviluppo dellapersona sono:

• Imparare ad imparare;• Progettare;• Comunicare;• Collaborare e partecipare;• Agire in modo autonomo e responsabile;• Risolvere problemi;• Individuare collegamenti e relazioni;• Acquisire ed interpretare l’informazione.

La cifra metacognitiva contenuta nelle suddette competenze chiave dicittadinanza è così evidente che non abbisogna di ulteriori esplicitazioni.Per quanto riguarda quella fatta propria dagli Assi Culturali, articolati neiquattro Assi di riferimento formativo, rimandiamo a quanto riportato nelcapitolo precedente a proposito della presenza di obiettivi di apprendimentometacognitivi tra i traguardi di competenza (da certificare) al termine delPrimo Biennio della scuola dell’obbligo. Di più, qui – sempre allo scopo di“provare” l’importanza che ha ormai assunto la metacognizione nel farescuola – stralciamo alcune parti dallo stesso Documento Tecnico relativeal profilo medesimo degli Assi Culturali, provando, nel contempo a eviden-ziarne la portata metacognitiva.

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5. L’importanza della cifra metacognitiva nella definizione delle com-

petenze chiave

La forte componente metacognitiva contenuta, da una parte, nel signifi-cato complessivo della “competenza” e nella sua complessa composizione(capacità, conoscenze, abilità) e, dall’altra, sia nelle specifiche competenzechiave di cittadinanza (dell’UE e del nostro Paese) che nelle competenzedi base da conseguire a conclusione dell’obbligo di istruzione, ha unagrande rilevanza formativa per una serie di buone ragioni.

In primo luogo, perché contribuisce direttamente a qualificare le meteeducative e di apprendimento che si vuole che gli alunni e gli studenti rag-

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- L’Asse dei linguaggi – L’asse dei linguaggi ha l’obiettivo di fare acquisire allo stu-dente la padronanza della lingua italiana come ricezione e come produzione, scrittae orale; la conoscenza di almeno una lingua straniera; la conoscenza e la fruizioneconsapevole di molteplici forme espressive non verbali; un adeguato utilizzo delletecnologie dell’informazione e della comunicazione.

- L’asse matematico – L’asse matematico ha l’obiettivo di far acquisire allo studentesaperi e competenze che lo pongano nelle condizioni di possedere una corretta ca-pacità di giudizio e di sapersi orientare consapevolmente nei diversi contesti delmondo contemporaneo. La competenza matematica, che non si esaurisce nel saperedisciplinare e neppure riguarda soltanto gli ambiti operativi di riferimento, consistenell’abilità di individuare e applicare le procedure che consentono di esprimere eaffrontare situazioni problematiche attraverso linguaggi formalizzati.

- L’asse scientifico-tecnologico – L’asse scientifico-tecnologico ha l’obiettivo di fa-cilitare lo studente nell’esplorazione del mondo circostante, per osservarne i feno-meni e comprendere il valore della conoscenza del mondo naturale e di quello delleattività umane come parte integrante della sua formazione globale. Si tratta di uncampo ampio e importante per l’acquisizione di metodi, concetti, atteggiamenti in-dispensabili ad interrogarsi, osservare e comprendere il mondo e a misurarsi conl’idea di molteplicità, problematicità e trasformabilità del reale. Per questo l’ap-prendimento centrato sull’esperienza e l’attività di laboratorio assumono particolarerilievo.

- L’Asse storico-sociale – L’asse storico-sociale si fonda su tre ambiti di riferimento:epistemologico, didattico, formativo. Le competenze relative all’area storica riguar-dano, di fatto, la capacità di percepire gli eventi storici. nella loro dimensione locale,nazionale, europea e mondiale e di collocarli secondo le coordinate spazio-temporali,cogliendo nel passato le radici del presente. … La raccomandazione … sollecita glistati membri a potenziare nei giovani lo spirito di intraprendenza e di imprendito-rialità. Di conseguenza, per promuovere la progettualità individuale e valorizzarele attitudini per le scelte da compiere per la vita adulta, risulta importante forniregli strumenti per la conoscenza del tessuto sociale…

giungano nella loro generalità e, con quelle, l’acquisizione e utilizzazionedelle competenze che effettivamente possono contribuire a migliorare lepersone degli individui (e l’apporto che possono fornire nei contesti sociali,relazionali, di lavoro e di vita nei quali si inseriscono).

In secondo luogo, la forte presenza della metacognizione tra le compe-tenze da perseguire, in un contesto scolastico che intende promuoverle e inuna società che le reclama, permette di modificare in senso effettivamenteinnovativo la sostanza degli scopi formativi.

Inoltre, offre una concreta palestra riflessiva, a vantaggio degli inse-gnanti che sono chiamati a far conseguire traguardi di competenza semprepiù elevati ai “loro” alunni.

Ancora, l’anima metacognitiva delle competenze richiede agli insegnanti(considerati singolarmente, in gruppo o nelle ulteriori forme di collegialità)di perseguire esplicitamente, mediante la predisposizione di conseguentipercorsi didattici, le abilità e le procedure metacognitive e, pertanto, pro-mette di far conseguire effettivamente agli allievi le competenze indicate.

Segnaliamo tre ulteriori “ricadute”: a) la preparazione di libri di testo che facendo propria, anche soltanto

in parte, la cultura metacognitiva richiesta per il perseguimento dellestesse competenze, presentino, al tempo, un minore tasso di “trasmis-sività” e una maggiore valenza interattiva;

b) l’individuazione e l’allestimento degli ambienti di apprendimento ela cura degli aspetti organizzativi (compresi quelli rivolti alla strut-turazione di gruppi di lavoro) che permettano agli alunni di perse-guire i traguardi di competenza previsti, mediante la piena parteci-pazione alle attività di studio e, pertanto, all’acquisizione delle pro-prie competenze e conoscenze;

c) il coinvolgimento sempre più motivato e consapevole dello studenteche potendo, altresì, esplicitare adeguatamente le proprie caratteri-stiche, da una parte, è messo nelle condizioni più opportune per espri-mere il suo interesse e il suo impegno e, dall’altra parte, viene, percosì dire, privato degli alibi che, oggi, reclama a giustificazione delsuo disinteresse e della sua mancanza di volontà nello studio.

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Capitolo undicesimo

La metacognizione nei curricoli scolastici:scuola dell’infanzia e primo ciclo

1. Gli orientamenti metacognitivi nei curricoli scolastici

Prima di entrare nel campo dell’effettiva progettazione didattica meta-cognitiva, riteniamo sia opportuno portare allo scoperto gli orientamentimetacognitivi che via via e, in maniera progressivamente più esplicita,emergono dal fondo di convinzioni educative sempre più diffuse per arri-vare alla superficie dei progetti culturali e formativi nazionali.

Ci riferiamo a quanto di metacognitivo è presente nelle Indicazioni peril curricolo della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primogrado e nei documenti rivolti all’attuazione del Riordino dei licei e degliistituti tecnici e professionali.

La volontà di mettere in evidenza l’emergere di tale sostrato metacogni-tivo nei curricoli nazionali la si deve ad alcune convinzioni che esplicitiamovelocemente.

In primo luogo, ci conforta l’importanza che la metacognizione assumee sempre più è destinata ad assumere (anche secondo il Legislatore Sco-lastico) nei percorsi formativi da realizzare al tempo della società com-plessa e della conoscenza. In particolare, in relazione alla necessità dipuntare sul protagonismo degli allievi nei processi di apprendimento lororivolti e sulla valorizzazione della loro diversità e autonomia cognitiva aifini dello sviluppo delle competenze e della maturazione piena della loropersona.

Un secondo motivo di soddisfazione e al tempo stesso di speranza – con-seguente alla precedente considerazione – ci viene offerto dall’auspicabileaccendersi e propagarsi di una sempre più elevata sensibilità e/o culturametacognitiva all’interno delle scuole, tra i docenti, nelle attività di proget-tazione curricolare e didattica, persino nell’allestimento degli ambienti diinsegnamento, oltre che nella effettiva azione educativa e didattica.

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Ancora: con l’avvento di curricoli di impronta metacognitiva si può es-sere fiduciosi che si faccia largo, tra i docenti, la consapevolezza che perpromuovere, negli alunni e negli studenti, lo sviluppo di atteggiamenti ri-flessivi e consapevoli durante e per lo svolgimento delle attività di studionon sia necessario né preferibile puntare su ambiti di orario e di attività, percosì dire, “specialistici”, “incapsulati” o di “progetto” (l’ora di metacogni-zione o il progetto di didattica metacognitiva). E che, viceversa, convengaprovare a “tradurre” didatticamente in senso metacognitivo gli obiettivi diapprendimento, gli argomenti di insegnamento, le attività di studio rive-nienti dai curricoli disciplinari. Tanto, perché la sensibilità metacognitivadegli allievi (e degli insegnanti) non si eserciti nella trasversalità vuota eartificiosa di attività conoscitivamente “neutre”; ma possa effettivamentecrescere e concretizzarsi in disposizioni e procedure di apprendimento per-sonali e riflessive, apprese laddove, a scuola, essa viene richiesta e messaalla prova. Cioè, nelle normali attività di studio disciplinare. Ovvero, nelleattività formative realizzate con il concorso di più discipline. Laddove, sievince, che occorre distinguere il perseguimento didattico di competenzetrasversali da parte degli allievi dall’opportunità o necessità di promuovereforme di didattica multidisciplinare. E che, inoltre, le prime possono essereconseguite anche all’interno di singoli – ed eventualmente didatticamenteparalleli – percorsi monodisciplinari.

Infine, è di notevole sostegno all’estensione della cultura e della praticametacognitiva la presenza di orientamenti metacognitivi, non soltanto nellefinalità educative e negli obiettivi generali dei diversi ordini di scuola, maanche negli stessi traguardi di sviluppo delle competenze e negli obiettivi diapprendimento disciplinari. È, come dire, la sensibilità educativa che si faintenzione formativa da far condividere alla generalità dei docenti e che, per-ciò, spinge questi ultimi a elaborare una progettazione didattica tesa effetti-vamente a mettere in atto un’azione didattica orientata alla metacognizione(non si possono, infatti, perseguire gli obiettivi disciplinari di impronta me-tacognitiva senza adottare scelte metodologiche corrispondenti).

2. La metacognizione nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo della

scuola dell’infanzia e del Primo Ciclo

Già le Indicazioni per il curricolo (Ministro Fioroni, 2007) non vogliono(più) essere “programmi” e perciò non intendono vincolare prescrittivamentele scuole e i loro docenti alla messa in atto di disposizioni normative in ma-teria di promozione dei processi di insegnamento e di apprendimento. Vice-versa, rispettando l’autonomia delle istituzioni scolastiche, si propongono

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come degli “orientamenti” per la costruzione del curricolo di istituto e laconseguente predisposizione progettuale e attuativa dell’azione formativa.

Infatti, considerando l’impianto complessivo delle Indicazioni per il cur-ricolo/2007 (che hanno “generato” le recenti Indicazioni Nazionali/2012 ela cui struttura curricolare è rimasta, sostanzialmente, in piedi), possiamoidentificare due differenti – ma dipendenti l’una dall’altra – modalità dicontaminazione metacognitiva.

La prima è indiretta ed è possibile identificarla nelle medesime “aper-ture” offerte dalla struttura curricolare proposta o, meglio, dal presentarsicome semplici “indicazioni” elaborate dal ministero dell’istruzione pubblicaper facilitare ovvero stimolare la costruzione, da parte delle singole istitu-zioni scolastiche, del curricolo effettivo. In linea con la finalità prioritariadella stessa Autonomia Scolastica: promuovere la qualità dell’azione edu-cativa e formativa puntando sulla libera capacità progettuale, organizzativae attuativa delle istituzioni scolastiche.

In realtà – come abbiamo già scritto in precedenza – non è plausibile orga-nizzare e promuovere percorsi didattici orientati alla metacognizione in assenzadi effettive condizioni di autonoma agibilità formativa (degli insegnanti) e distudio (degli allievi). Mentre tanto diviene potenzialmente realizzabile quandoil docente – in assenza di stretti vincoli normativi – può esaltare la sua personalesensibilità educativa e la sua autonoma professionalità didattica nell’individuaree mettere in atto le modalità più opportune di sollecitazione del repertorio co-gnitivo e operativo degli studenti. I quali, a loro volta, soltanto se liberati dal-l’obbligo di apprendere determinate conoscenze e dalla consuetudine di farloin maniera passiva e senza che alcuno si preoccupi di farli partecipare consa-pevolmente alla loro acquisizione, vengono messi nelle condizioni più adeguateper esprimere le loro individuali potenzialità intellettive e di pensiero.

La seconda tipologia di tracimazione metacognitiva è più diretta e si de-finisce attraverso il significato medesimo che viene assegnato dal Legisla-tore alle particolari strutture o agli specifici componenti dell’impiantocurricolare proposto.

3. L’impronta metacognitiva nelle Indicazioni Nazionali: le competenze

chiave per l’apprendimento permanente (UE)

L’impronta metacognitiva nelle “nuove” Indicazioni (ministro Profumo,2012) è forte ed eloquente e si riferisce, innanzitutto, alla scelta di costruirecurricoli fondati sulle competenze chiave. Infatti, è possibile rintracciarlasin dall’affermazione seguente: «Il sistema scolastico italiano assume comeorizzonte di riferimento verso cui tendere il quadro delle competenze-chiave

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per l’apprendimento permanente definite dal Parlamento Europeo e dalConsiglio dell’U.E. (Raccomandazione del 18 dicembre 2006) che sono:

1) Comunicazione nella madrelingua;2) Comunicazione nelle lingue straniere;3) Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;4) Competenza digitale;5) Imparare a imparare;6) Competenze sociali e civiche;7) Spirito di iniziativa e imprenditorialità;8) Consapevolezza ed espressione culturale».

Come abbiamo già visto, sia il senso della “competenza” in generale siai significati particolari o specifici che essa assume nelle sue articolazioni(le competenze disciplinari e/o trasversali), sono intrisi di metacognizione,sotto il profilo della loro “sostanza” e in riferimento alle scelte metodolo-giche e all’azione didattica che dovranno essere, rispettivamente, adottaree attuate. Pur rimandando il Lettore a quanto già scritto a riguardo, esplici-tiamo (sempre mediante “trascrittura” in corsivo) alcune tracce metacogni-tive contenute nella sintetica descrizione delle suddette competenze che nefanno le recenti Indicazioni Nazionali.

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La comunicazione nella madrelingua è la capacità di esprimere e interpretare con-cetti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta (comprensioneorale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e di interagireadeguatamente e in modo creativo sul piano linguistico in un’intera gamma di contesticulturali e sociali, …La comunicazione nelle lingue straniere condivide essenzialmente le principali abi-lità richieste per la comunicazione nella madrelingua. La comunicazione nelle linguestraniere richiede anche abilità quali la mediazione e la comprensione interculturale.…La competenza matematica è l’abilità di sviluppare e applicare il pensiero matema-tico per risolvere una serie di problemi in situazioni quotidiane. Partendo da una solidapadronanza delle competenze aritmetico-matematiche, l’accento è posto sugli aspettidel processo e dell’attività oltre che su quelli della conoscenza. La competenza mate-matica comporta, in misura variabile, la capacità e la disponibilità a usare modellimatematici di pensiero (pensiero logico e spaziale) e di presentazione (formule, mo-delli, schemi, grafici, rappresentazioni).La competenza in campo scientifico si riferisce alla capacità e alla disponibilità ausare l’insieme delle conoscenze e delle metodologie possedute per spiegare il mondoche ci circonda sapendo identificare le problematiche e traendo le conclusioni chesiano basate su fatti comprovati.

4. La metacognizione nella Scuola dell’infanzia

Tracce eloquenti di metacognizione è facile rilevarle lungo tutta la partedel testo delle Indicazioni Nazionali riservata alla Scuola dell’Infanzia e,pertanto, in buona parte dei suoi assetti pedagogici, curricolari e didattici.

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La competenza in campo tecnologico è considerata l’applicazione di tale conoscenzae metodologia per dare risposta ai desideri o bisogni avvertiti dagli esseri umani. Lacompetenza in campo scientifico e tecnologico comporta la comprensione dei cam-biamenti determinati dall’attività umana e la consapevolezza della responsabilità diciascun cittadino.La competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito cri-tico le tecnologie della società dell’informazione per il lavoro, il tempo libero e la co-municazione. Essa implica abilità di base nelle tecnologie dell’informazione e dellacomunicazione (TIC).Imparare a imparare è l’abilità di perseverare nell’apprendimento, di organizzareil proprio apprendimento anche mediante una gestione efficace del tempo e delle in-formazioni, sia a livello individuale che in gruppo. Questa competenza comprende laconsapevolezza del proprio processo di apprendimento e dei propri bisogni, l’identi-ficazione delle opportunità disponibili e la capacità di sormontare gli ostacoli per ap-prendere in modo efficace. Questa competenza comporta l’acquisizione, l’elaborazionee l’assimilazione di nuove conoscenze e abilità come anche la ricerca e l’uso delle op-portunità di orientamento. Il fatto di imparare a imparare fa sì che i discenti prendanole mosse da quanto hanno appreso in precedenza e dalle loro esperienze di vita perusare e applicare conoscenze e abilità in tutta una serie di contesti: a casa, sullavoro,nell’istruzione e nella formazione. La motivazione e la fiducia sono elementiessenziali perché una persona possa acquisire tale competenza.Le competenze sociali e civiche includono competenze personali, interpersonali einterculturali e riguardano tutte le forme di comportamento che consentono alle per-sone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa, …La competenza civica dota le persone degli strumenti per partecipare appieno allavita civile grazie alla conoscenza dei concetti e delle strutture sociopolitici e all’im-pegno a una partecipazione attiva e democratica.Il senso di iniziativa e l’imprenditorialità concernono la capacità di una persona ditradurre le idee in azione. In ciò rientrano la creatività, l’innovazione e l’assunzionedi rischi, come anche la capacità di pianificare e di gestire progetti per raggiungereobiettivi. È una competenza che aiuta gli individui, non solo nella loro vita quotidiana,nella sfera domestica e nella società, ma anche nel posto di lavoro, ad avere consape-volezza del contesto in cui operano e a poter cogliere le opportunità che si offrono …dovrebbe includere la consapevolezza dei valori etici e promuovere il buon governo.Consapevolezza ed espressione culturale riguarda l’importanza dell’espressionecreativa di idee, esperienze ed emozioni in un’ampia varietà di mezzi di comunica-zione, …

Finalità educativeIniziamo subito col proporre il passaggio maggiormente rappresentativo

delle intenzionalità educative della scuola dell’infanzia e che, al tempo stesso,rivela tutta la potenzialità metacognitiva dell’intero percorso formativo dellascuola dell’infanzia: «Essa si pone la finalità di promuovere nei bambini losviluppo dell’identità, dell’autonomia, della competenza, della cittadinanza».Questa finalità, poi, il Legislatore la articola secondo le seguenti modalità:

I bambiniInteressa qui, mettere in evidenza quegli aspetti della persona del bambino

che permettono di identificare la visione psicopedagogica che ne adotta laScuola dell’infanzia e che, al tempo stesso, costituiscono delle componentievolutive basilari per la promozione della didattica metacognitiva: disposi-zione naturale ad agire e a “costruire”, capacità di esprimersi e di relazionarsi,possesso di repertori personali di conoscenze e abilità, orientamento all’esplo-razione e alla ricerca del significato, scoperta del proprio e dell’altrui punto

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«Consolidare l’identità significa vivere serenamente tutte le dimensioni del proprioio, stare bene, essere rassicurati nella molteplicità del proprio fare e sentire, sentirsisicuri in un ambiente sociale allargato, imparare a conoscersi e ad essere riconosciuticome persona unica e irripetibile. Vuol dire sperimentare diversi ruoli e forme di iden-tità: quelle di figlio, alunno, compagno, maschio o femmina, abitante di un territorio,membro di un gruppo, appartenente a una comunità sempre più ampia e plurale, ca-ratterizzata da valori comuni, abitudini, linguaggi, riti, ruoli.Sviluppare l’autonomia significa avere fiducia in sé e fidarsi degli altri; provare sod-disfazione nel fare da sé e saper chiedere aiuto o poter esprimere insoddisfazione efrustrazione elaborando progressivamente risposte e strategie; esprimere sentimentied emozioni; partecipare alle decisioni esprimendo opinioni, imparando ad operarescelte e ad assumere comportamenti e atteggiamenti sempre più consapevoli.Acquisire competenze significa giocare, muoversi, manipolare, curiosare, domandare, im-parare a riflettere sull’esperienza attraverso l’esplorazione, l’osservazione e il confrontotra proprietà, quantità, caratteristiche, fatti; significa ascoltare, e comprendere, narrazionie discorsi, raccontare e rievocare azioni ed esperienze e tradurle in tracce personali e con-divise; essere in grado di descrivere, rappresentare e immaginare, “ripetere”, con simula-zioni e giochi di ruolo, situazioni ed eventi con linguaggi diversi. Vivere le primeesperienze di cittadinanza significa scoprire l’altro da sé e attribuire progressiva impor-tanza agli altri e ai loro bisogni; rendersi sempre meglio conto della necessità di stabilireregole condivise; implica il primo esercizio del dialogo che è fondato sulla reciprocitàdell’ascolto, l’attenzione al punto di vista dell’altro e alle diversità di genere, il primo ri-conoscimento di diritti e doveri uguali per tutti; significa porre le fondamenta di un com-portamento eticamente orientato, rispettoso degli altri, dell’ambiente e della natura.Tali finalità sono perseguite attraverso l’organizzazione di un ambiente di vita, di re-lazioni e di apprendimento di qualità, garantito dalla professionalità degli operatori edal dialogo sociale ed educativo con le famiglie e con la comunità».

di vista, propensione a porsi domande e a rispondere adeguatamente, capacitàdi individuare situazioni problematiche e di elaborare ipotesi di risoluzione,desiderio e sperimentazione dell’autonomia di azione, pensiero e linguaggio.

I docenti, l’ambiente di apprendimento e il “campo di esperienza”I contesti, i luoghi, gli ambienti all’interno dei quali vengono vissute le espe-

rienze scolastiche generalmente vengono sottovalutati a riguardo del loro im-patto sui processi e sugli esiti di apprendimento che interessano i nostri alunnie studenti. Sulla questione ritorneremo successivamente, quando rifletteremosulle condizioni minime per la promozione della didattica metacognitiva. Qui,invece, annotiamo che, al contrario di quello che accade mediamente negli altrisettori di scolarizzazione, la scuola dell’infanzia rivendica una solida (e “sto-rica”) attenzione all’allestimento educativo degli ambiti di esperienza frequentatie vissuti dai suoi piccoli allievi. Sta a dimostrarlo, insieme alla ambientazione“fisica” e “culturale” delle sezioni, la medesima nozione di “campo di espe-rienza”, autentico pilastro dell’impianto curricolare della scuola dell’infanzia.

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«… I bambini giungono alla scuola dell’infanzia con una storia: in famiglia, al nido diinfanzia o alla sezione primavera hanno imparato a muoversi e ad entrare in contattocon gli altri con livelli crescenti, ma ancora incerti, di autonomia; hanno sperimentatole prime e più importanti relazioni; hanno vissuto emozioni ed interpretato ruoli at-traverso il gioco e la parola; hanno intuito i tratti fondamentali della loro cultura,hanno iniziato a porsi domande di senso sul mondo e la vita.Ogni bambino è, in sé, diverso ed unico e riflette anche la diversità degli ambienti diprovenienza che oggi conoscono una straordinaria differenziazione di modelli antro-pologici ed educativi, che comprendono famiglie equilibrate e ricche di proposte edu-cative accanto ad altre più fragili e precarie …I bambini sono alla ricerca di legami affettivi e di punti di riferimento, di conferme edi serenità e, al contempo, di nuovi stimoli emotivi, sociali, culturali, di ritualità, ripe-tizioni, narrazioni, scoperte.La scuola dell’infanzia si presenta come un ambiente protettivo, capace di accoglierele diversità e di promuovere le potenzialità di tutti i bambini, che fra i tre e i sei anniesprimono una grande ricchezza di bisogni ed emozioni, che sono pronti ad incontraree sperimentare nuovi linguaggi, che pongono a se stessi, ai coetanei e agli adulti do-mande impegnative e inattese, che osservano e interrogano la natura, che elaboranole prime ipotesi sulle cose, sugli eventi, sul corpo, sulle relazioni, sulla lingua, sui di-versi sistemi simbolici e sui media, dei quali spesso già fruiscono non soltanto e nonsempre in modo passivo; e sull’esistenza di altri punti di vista.La scuola dell’infanzia riconosce questa pluralità di elementi che creano tante possi-bilità di crescita, emotiva e cognitiva insieme, per far evolvere le potenzialità di tuttie di ciascuno, creare la disponibilità nei bambini a fidarsi e ad essere accompagnati,nell’avventura della conoscenza. La scuola promuove lo star bene e un sereno ap-prendimento attraverso la cura degli ambienti, la predisposizione degli spazi educativi,la conduzione attenta dell’intera giornata scolastica».

La cura degli ambienti di apprendimento, in vista delle possibilità di co-noscenza e di impegno attivo che sollecitano nei bambini, ha ricevuto nuovalinfa dalle Indicazioni Nazionali per il Curricolo. L’elaborazione delle stesseha, nel contempo, inteso provare a depotenziare le pretese di precocizzazionescolastica – ossia “alfabetica” – diffuse nella società contemporanea, in nomedi un’esperienza di gioco, di relazione, di lavoro e anche di “studio”, che siaidonea a collocare l’alunno in contesti adeguati alle sue caratteristiche e allesue esigenze. Prestando attenzione alle persone e ai luoghi della conoscenza,della relazione e dell’impegno attivo dei bambini, come vedremo, le Indi-cazioni si sistemano nello stesso territorio della metacognizione.

Lo dimostrano, innanzitutto, alcuni passaggi del testo ministeriale riferitiin primo luogo allo stile educativo dei docenti che, se da un lato, si ispira acriteri di ascolto, di accompagnamento e di interazione partecipata, dall’altrolato, si esprime mediante un’azione progettuale e didattica orientata a valoriz-zare e sostenere le diverse potenzialità dei bambini e a renderli progressiva-mente consapevoli e responsabili delle loro azioni, pensieri e comportamenti.

All’esplicitazione dello stile educativo non direttivo degli insegnanticorrisponde, nel testo delle Indicazioni, un’attenzione privilegiata agli “am-bienti di apprendimento” della scuola dell’infanzia, tesa a metterne in evi-denza le caratteristiche di contesti adatti a sollecitare (come si propone difare anche la didattica metacognitiva) l’impegno personale, attivo, costrut-tivo, libero, via via più autonomo, consapevole e responsabile dei bambini.

Campi di esperienza e traguardi di competenzaSin dalla definizione delle caratteristiche del “campo” e proseguendo

nell’esplicitazione dei “traguardi di competenza”, appare chiara la venaturametacognitiva e, quindi, risaltano le condizioni e le opportunità potenzialiper la promozione della metacognizione nella scuola dell’infanzia. Ci limi-tiamo ad evidenziarle, come abbiamo già fatto in precedenza, con la scrit-tura in corsivo.

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«Lo stile educativo dei docenti si ispira a criteri di ascolto, accompagnamento, intera-zione partecipata, mediazione comunicativa, con una continua capacità di osservazionedel bambino, di presa in carico del suo “mondo”, di lettura delle sue scoperte, di so-stegno e incoraggiamento all’evoluzione dei suoi apprendimenti verso forme di cono-scenza sempre più elaborate e consapevoli».«L’apprendimento avviene attraverso l’azione, l’esplorazione, il contatto con la natura,gli oggetti, l’arte, il territorio, in una dimensione prevalentemente ludica, da intendersicome forma tipica di relazione e di conoscenza... Nella relazione educativa, gli inse-gnanti svolgono una funzione di mediazione e di facilitazione e, nel fare propria la ri-cerca dei bambini, li aiutano a pensare e a riflettere meglio, sollecitandoli a osservare,descrivere, narrare…».

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Il sé e l’altro«I bambini formulano tanti perché sulle questioni concrete, sugli eventi della vita quo-tidiana, sulle trasformazioni personali e sociali, sull’ambiente e sull’uso delle risorse,sui valori culturali, sul futuro vicino e lontano, spesso a partire dalla dimensione quo-tidiana della vita scolastica. Al contempo pongono domande di senso sul mondo esull’esistenza umana. I molti perché rappresentano la loro spinta a capire il significatodella vita che li circonda e il valore morale delle loro azioni. Nella scuola hanno molteoccasioni per prendere coscienza della propria identità, per scoprire le diversità cul-turali, religiose, etniche, per apprendere le prime regole del vivere sociale, per riflet-tere sul senso e le conseguenze delle loro azioni.Negli anni della scuola dell’infanzia il bambino osserva la natura e i viventi, nel loronascere, evolversi ed estinguersi. Osserva l’ambiente che lo circonda e coglie le diverserelazioni tra le persone; ascolta le narrazioni degli adulti, le espressioni delle loro opi-nioni e della loro spiritualità e fede; è testimone degli eventi e ne vede la rappresenta-zione attraverso i media; …Le domande dei bambini richiedono un atteggiamento di ascolto costruttivo da partedegli adulti, di rasserenamento, comprensione ed esplicitazione delle diverse posizioni.A questa età, dunque, si definisce e si articola progressivamente l’identità di ciascunbambino e di ciascuna bambina come consapevolezza del proprio corpo, della propriapersonalità, del proprio stare con gli altri e esplorare il mondo…Il bambino cerca di dare un nome agli stati d’animo, sperimenta il piacere, il diverti-mento, la frustrazione, la scoperta; si imbatte nelle difficoltà della condivisione e neiprimi conflitti, supera progressivamente l’egocentrismo e può cogliere altri punti divista. Questo campo rappresenta l’ambito elettivo in cui i temi dei diritti e dei doveri,del funzionamento della vita sociale, della cittadinanza e delle istituzioni trovano unaprima “palestra” per essere guardati e affrontati concretamente.La scuola si pone come spazio di incontro e di dialogo, di approfondimento culturalee di reciproca formazione tra genitori e insegnanti per affrontare insieme questi temie proporre ai bambini un modello di ascolto e di rispetto, che li aiuti a trovare rispostealle loro domande di senso in coerenza con le scelte della propria famiglia, nel comuneintento di rafforzare i presupposti della convivenza democratica».

Traguardi per lo sviluppo della competenza

Il bambino gioca in modo costruttivo e creativo con gli altri, sa argomentare, confron-tarsi, sostenere le proprie ragioni con adulti e bambini.Sviluppa il senso dell’identità personale, percepisce le proprie esigenze e i propri sen-timenti, sa esprimerli in modo sempre più adeguato.Sa di avere una storia personale e familiare, conosce le tradizioni della famiglia, dellacomunità e le mette a confronto con altre.Riflette, si confronta, discute con gli adulti e con gli altri bambini e comincia e rico-noscere la reciprocità di attenzione tra chi parla e chi ascolta.Pone domande sui temi esistenziali e religiosi, sulle diversità culturali, su ciò che èbene o male, sulla giustizia, e ha raggiunto una prima consapevolezza dei propri dirittie doveri, delle regole del vivere insieme.Si orienta nelle prime generalizzazioni di passato, presente, futuro e si muove con cre-scente sicurezza e autonomia negli spazi che gli sono familiari, modulando progressi-vamente voce e movimento anche in rapporto con gli altri e con le regole condivise.Riconosce i più importanti segni della sua cultura e del territorio, le istituzioni, i servizipubblici, il funzionamento delle piccole comunità e della città.

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Il corpo e il movimento«I bambini prendono coscienza del proprio corpo, utilizzandolo fin dalla nascita comestrumento di conoscenza di sé nel mondo. Muoversi è il primo fattore di apprendimento:cercare, scoprire, giocare, saltare, correre a scuola è fonte di benessere e di equilibriopsico-fisico. L’azione del corpo fa vivere emozioni e sensazioni piacevoli, di rilassa-mento e di tensione, ma anche la soddisfazione del controllo dei gesti, nel coordina-mento con gli altri; consente di sperimentare potenzialità e limiti della propria fisicità,sviluppando nel contempo la consapevolezza dei rischi di movimenti incontrollati. Ibambini giocano con il loro corpo, comunicano, si esprimono con la mimica, si trave-stono, si mettono alla prova, anche in questi modi percepiscono la completezza del pro-prio sé, consolidando autonomia e sicurezza emotiva. Il corpo ha potenzialità espressivee comunicative che si realizzano in un linguaggio caratterizzato da una propria strutturae da regole che il bambino impara a conoscere attraverso specifici percorsi di appren-dimento: le esperienze motorie consentono di integrare i diversi linguaggi, di alternarela parola e i gesti, di produrre e fruire musica, di accompagnare narrazioni, di favorirela costruzione dell’immagine di sé e l’elaborazione dello schema corporeo.... La scuola dell’infanzia mira a sviluppare gradualmente nel bambino la capacità dileggere e interpretare i messaggi provenienti dal corpo proprio e altrui, rispettandoloe avendone cura. La scuola dell’infanzia mira altresì a sviluppare la capacità di espri-mersi e di comunicare attraverso il corpo per giungere ad affinarne le capacità per-cettive e di conoscenza degli oggetti, la capacità di orientarsi nello spazio, di muoversie di comunicare secondo immaginazione e creatività».

Immagini suoni colori«I bambini esprimono pensieri ed emozioni con immaginazione e creatività: l’arteorienta questa propensione, educando al piacere del bello e al sentire estetico. L’esplo-razione dei materiali a disposizione consente di vivere le prime esperienze artistiche,che sono in grado di stimolare la creatività e contagiare altri apprendimenti. I linguaggia disposizione dei bambini, come la voce, il gesto, la drammatizzazione, i suoni, lamusica, la manipolazione dei materiali, le esperienze grafico-pittoriche, i mass-media,vanno scoperti ed educati perché sviluppino nei piccoli il senso del bello, la conoscenzadi se stessi, degli altri e della realtà. L’incontro dei bambini con l’arte è occasione perguardare con occhi diversi il mondo che li circonda. I materiali esplorati con i sensi,le tecniche sperimentate e condivise nell’atelier della scuola, le osservazioni di luoghi(piazze, giardini, paesaggi) e di opere (quadri, musei, architetture) aiuteranno a miglio-

Traguardi per lo sviluppo della competenza

Il bambino vive pienamente la propria corporeità, ne percepisce il potenziale comu-nicativo ed espressivo, matura condotte che gli consentono una buona autonomia nellagestione della giornata a scuola.Riconosce i segnali e i ritmi del proprio corpo, le differenze sessuali e di sviluppo eadotta pratiche corrette di cura di sé, di igiene e di sana alimentazione.Prova piacere nel movimento e sperimenta schemi posturali e motori, li applica neigiochi individuali e di gruppo, anche con l’uso di piccoli attrezzi ed è in grado di adat-tarli alle situazioni ambientali all’interno della scuola e all’aperto.Controlla l’esecuzione del gesto, valuta il rischio, interagisce con gli altri nei giochidi movimento, nella musica, nella danza, nella comunicazione espressiva.Riconosce il proprio corpo, le sue diverse parti e rappresenta il corpo fermo e in movimento.

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rare le capacità percettive, coltivare il piacere della fruizione, della produzione e del-l’invenzione e ad avvicinare alla cultura e al patrimonio artistico.La musica è un’esperienza universale che si manifesta in modi e generi diversi, tuttidi pari dignità, carica di emozioni e ricca di tradizioni culturali. Il bambino, intera-gendo con il paesaggio sonoro, sviluppa le proprie capacità cognitive e relazionali,impara a percepire, ascoltare, ricercare e discriminare i suoni all’interno di contestidi apprendimento significativi. Esplora le proprie possibilità sonoro-espressive e sim-bolicorappresentative, accrescendo la fiducia nelle proprie potenzialità. L’ascolto delleproduzioni sonore personali lo apre al piacere di fare musica e alla condivisione di re-pertori appartenenti a vari generi musicali.Il bambino si confronta con i nuovi media e con i nuovi linguaggi della comunicazione,come spettatore e come attore. La scuola può aiutarlo a familiarizzare con l’esperienzadella multimedialità (la fotografia, il cinema, la televisione, il digitale), favorendo uncontatto attivo con i “media” e la ricerca delle loro possibilità espressive e creative».

I discorsi e le paroleLa lingua, in tutte le sue funzioni e forme, è uno strumento essenziale per comunicare econoscere, per rendere chiaro il proprio pensiero... per esprimersi in modi personali,creativi e sempre più articolati. La lingua materna è parte dell’identità di ogni bambino,ma la conoscenza di altre lingue apre all’incontro con nuovi mondi e culture.I bambini si presentano alla scuola dell’infanzia con un patrimonio linguistico significa-tivo, ma con competenze differenziate, che vanno attentamente osservate e valorizzate…La scuola dell’infanzia ha la responsabilità di promuovere in tutti i bambini la padro-nanza della lingua italiana, rispettando l’uso della lingua di origine. La vita di sezioneoffre la possibilità di sperimentare una varietà di situazioni comunicative ricche disenso, in cui ogni bambino diventa capace di usare la lingua nei suoi diversi aspetti,acquista fiducia nelle proprie capacità espressive, comunica, descrive, racconta, im-magina. Appropriati percorsi didattici saranno finalizzati all’estensione del lessico,alla corretta pronuncia di suoni, parole e frasi, alla pratica delle diverse modalità diinterazione verbale…, contribuendo allo sviluppo di un pensiero logico e creativo».

Traguardi per lo sviluppo della competenzaIl bambino comunica, esprime emozioni, racconta, utilizzando le varie possibilità cheil linguaggio del corpo consente.Inventa storie e sa esprimerle attraverso la drammatizzazione, il disegno, la pittura ealtre attività manipolative; utilizza materiali e strumenti, tecniche espressive e creative;esplora le potenzialità offerte dalle tecnologie.Scopre il paesaggio sonoro attraverso attività di percezione e produzione musicaleutilizzando voce, corpo e oggetti.Sperimenta e combina elementi musicali di base, producendo semplici sequenze so-noro-musicali.Esplora i primi alfabeti musicali, utilizzando anche i simboli di una notazione infor-male per codificarei suoni percepiti e riprodurli.

Traguardi per lo sviluppo della competenza

Il bambino usa la lingua italiana, arricchisce e precisa il proprio lessico, comprendeparole e discorsi, fa ipotesi sui significati.

Un profilo delle competenze del bambino al termine della scuola del-l’infanzia

L’insieme dei traguardi di competenza che si intende contribuire a farraggiungere all’allievo, in una con le finalità della scuola dell’infanzia, de-linea globalmente il suo “profilo”, il quale, a sua volta, “giustifica” e con-corre a rendere significative le singole mete formative (ovvero i traguardidi competenza). D’altronde, queste ultime fondano il loro senso più auten-tico e dimostrano, al tempo stesso, la plausibilità medesima del loro conse-guimento, sull’essere, in realtà, effettiva e più evoluta espressione dellospontaneo sviluppo del bambino.

Tali “traguardi” e il “profilo delle competenze dell’allievo” (che queitraguardi definiscono nell’insieme), se, da un lato, rinviano alla visione chela scuola dell’infanzia adotta (e diffonde), dall’altro lato, delineano – cor-rispondentemente – il suo orizzonte formativo, curricolare e didattico. Equi, la “scuola dell’infanzia” viene intesa in tutta la sua globalità: le normelegislative e di orientamento curricolare e organizzativo che ne indirizzano

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La conoscenza del mondo«I bambini esplorano continuamente la realtà, ma hanno bisogno di imparare a ri-flettere sulle proprie esperienze descrivendole, rappresentandole, riorganizzandolecon diversi criteri. Pongono così le basi per la successiva elaborazione di concettiscientifici e matematici che verranno proposti nella scuola primaria.... Esplorando oggetti, materiali e simboli, osservando la vita di piante ed animali, i bam-bini elaborano idee personali da confrontare con quelle dei compagni e degli insegnanti.Imparano a fare domande, a dare e a chiedere spiegazioni, a lasciarsi convincere daii punti di vista degli altri, a non scoraggiarsi se le loro idee non risultano appropriate.Possono quindi avviarsi verso un percorso di conoscenza più strutturato, in cui esplo-reranno le potenzialità del linguaggio per esprimersi e l’uso di simboli per rappre-sentare significati».

Traguardi per lo sviluppo della competenza

Il bambino raggruppa e ordina oggetti e materiali secondo criteri diversi,ne identificaalcune proprietà, confronta e valuta quantità; utilizza simboli per registrare; eseguemisurazioni usando strumenti alla sua portata.…Riferisce correttamente eventi del passato recente; sa dire cosa potrà succedere inun fututo immediato e prossimo. Ha familiarità sia con le strategie del contare e dell’operare con i numeri sia con quellenecessarie per eseguire le prime misurazioni di lunghezze, pesi e altre quantità.

Sa esprimere e comunicare agli altri emozioni, sentimenti, argomentazioni attraversoil linguaggio verbale che utilizza in differenti situazioni comunicative.Ascolta e comprende narrazioni, racconta e inventa storie, chiede e offre spiegazioni,usa il linguaggio per progettare attività e per definirne regole.Ragiona sulla lingua, scopre la presenza di lingue diverse, riconosce e sperimenta lapluralità dei linguaggi, si misura con la creatività e la fantasia.

e sostengono l’azione formativa, le istituzioni scolastiche che predispon-gono le condizioni per l’attuazione dell’intervento educativo, i suoi docentiche direttamente lo progettano e attuano, gli stessi genitori sempre più coin-volti nell’azione della scuola.

Anche del “profilo” (che si definisce via via armonizzando le compe-tenze di base indicate nel paragrafo “Dalla scuola dell’infanzia alla scuolaprimaria”), per gli scopi del nostro lavoro, chiediamo al lettore di rintrac-ciare con noi le tracce (ovvero le radici) metacognitive.

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Il Profilo delle competenze del bambino (“Dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria”)«Ogni campo di esperienza offre specifiche opportunità di apprendimento, ma contri-buisce allo stesso tempo a realizzare i compiti di sviluppo pensati unitariamente per ibambini dai tre ai sei anni, in termini di identità (costruzione del sé, autostima, fiducianei propri mezzi), di autonomia (rapporto sempre più consapevole con gli altri), dicompetenza (come elaborazione di conoscenze, abilità, atteggiamenti), di cittadinanza(come attenzione alle dimensioni etiche e sociali). Al termine del percorso triennaledella scuola dell’infanzia, è ragionevole attendersi che ogni bambino abbia sviluppatoalcune competenze di base che strutturano la sua crescita personale.Riconosce ed esprime le proprie emozioni, è consapevole di desideri e paure, avvertegli stati d’animo propri e altrui.Ha un positivo rapporto con la propria corporeità, ha maturato una sufficiente fiduciain sé, è progressivamente consapevole delle proprie risorse e dei propri limiti, quandooccorre sa chiedere aiuto.Manifesta curiosità e voglia di sperimentare, interagisce con le cose, l’ambiente e lepersone, percependone le reazioni ed i cambiamenti.Condivide esperienze e giochi, utilizza materiali e risorse comuni, affronta gradual-mente i conflitti e ha iniziato a riconoscere le regole del comportamento nei contestiprivati e pubblici.Ha sviluppato l’attitudine a porre e a porsi domande di senso su questioni etiche e morali.Coglie diversi punti di vista, riflette e negozia significati, utilizza gli errori come fontedi conoscenza.Sa raccontare, narrare, descrivere situazioni ed esperienze vissute, comunica e siesprime con una pluralità di linguaggi, utilizza con sempre maggiore proprietà la lin-gua italiana.Dimostra prime abilità di tipo logico, inizia ad interiorizzare le coordinate spazio-temporali e ad orientarsi nel mondo dei simboli, delle rappresentazioni, dei media,delle tecnologie.Rileva le caratteristiche principali di eventi, oggetti, situazioni, formula ipotesi, ricercasoluzioni a situazioni problematiche di vita quotidiana.È attento alle consegne, si appassiona, porta a termine il lavoro, diventa consapevoledei processi realizzati e li documenta.Si esprime in modo personale, con creatività e partecipazione, è sensibile alla pluralitàdi culture, lingue, esperienze».

5. La metacognizione nel Primo Ciclo: finalità educative, allievi, impianto

curricolare, traguardi di competenza e obiettivi di apprendimento

Anche a proposito della scuola del Primo Ciclo proponiamo un percorsoriflessivo analogo: individuare e riportare quei passi delle Indicazioni che,in maniera diretta e/o indiretta, legano gli orientamenti rivolti alla promo-zione della qualità dei processi di istruzione alle sollecitazioni che, po-tremmo dire, “tradizionalmente” la metacognizione propone. Lo facciamo,di nuovo, lavorando sul testo delle Indicazioni, estraendone i passaggi, alriguardo, più significativi in riferimento a: finalità educative e formative,ambiente di apprendimento, impianto curricolare (articolato, da una parte,in aree disciplinari e discipline e, dall’altra, in traguardi di sviluppo dellecompetenze e relativi obiettivi di apprendimento).

Finalità educative e formativeAnche in questa circostanza, abbiamo provato a individuare e riportare

quelle parti del testo delle Indicazioni che direttamente o indirettamente (daintendere, qui, nel senso di prendere in considerazione, in particolar modo,le condizioni organizzative, didattiche e anche “culturali”) si legano alla di-dattica metacognitiva (da avvertire come necessaria, da progettare a scuolae in classe, da attuare nei più diversi contesti formativi).

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Il primo ciclo d’istruzione comprende la scuola primaria e la scuola secondaria diprimo grado. Ricopre un arco di tempo fondamentale per l’apprendimento e lo sviluppodell’identità degli alunni, nel quale si pongono le basi e si acquisiscono gradualmentele competenze indispensabili per continuare ad apprendere a scuola e lungo l’interoarco della vita.La finalità del primo ciclo è l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità fondamen-tali per sviluppare le competenze culturali di base nella prospettiva del pieno sviluppodella persona. Per realizzare tale finalità la scuola concorre con altre istituzioni allarimozione di ogni ostacolo alla frequenza; cura l’accesso facilitato per gli alunni condisabilità; previene l’evasione dell’obbligo scolastico e contrasta la dispersione; valo-rizza il talento e le inclinazioni di ciascuno; persegue con ogni mezzo il miglioramentodella qualità del sistema di istruzione.In questa prospettiva ogni scuola pone particolare attenzione ai processi di apprendi-mento di tutti gli alunni e di ciascuno di essi, li accompagna nell’elaborare il sensodella propria esperienza, promuove la pratica consapevole della cittadinanza.

Il senso dell’esperienza educativaFin dai primi anni la scuola promuove un percorso di attività nel quale ogni alunnopossa assumere un ruolo attivo nel proprio apprendimento, sviluppare al meglio le in-clinazioni, esprimere le curiosità, riconoscere ed intervenire sulle difficoltà, assumeresempre maggiore consapevolezza di sé, avviarsi a costruire un proprio progetto divita. Così la scuola svolge un fondamentale ruolo educativo e di orientamento, for-

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nendo all’alunno le occasioni per acquisire consapevolezza delle sue potenzialità erisorse, per progettare la realizzazione di esperienze significative e verificare gli esiticonseguiti in relazione alle attese. Tutta la scuola in genere ha una funzione orientativain quanto preparazione alle scelte decisive della vita, ma in particolare la scuola delprimo ciclo, con la sua unitarietà e progressiva articolazione disciplinare, intende fa-vorire l’orientamento verso gli studi successivi mediante esperienze didattiche non ri-piegate su se stesse ma aperte e stimolanti, finalizzate a suscitare la curiositàdell’alunno e a fargli mettere alla prova le proprie capacità.La scuola propone situazioni e contesti in cui gli alunni riflettono per capire il mondoe se stessi, diventano consapevoli che il proprio corpo è un bene di cui prendersi cura,trovano stimoli per sviluppare il pensiero analitico e critico, imparano ad imparare,coltivano la fantasia e il pensiero originale, si confrontano per ricercare significati econdividere possibili schemi di comprensione della realtà, riflettendo sul senso e leconseguenze delle proprie scelte. Favorisce lo sviluppo delle capacità necessarie perimparare a leggere le proprie emozioni e a gestirle, per porsi obiettivi non immediatie perseguirli. Promuove inoltre quel primario senso di responsabilità che si traducenel fare bene il proprio lavoro e nel portarlo a termine, nell’avere cura di sé, deglioggetti, degli ambienti che si frequentano, sia naturali sia sociali.Sollecita gli alunni a un’attenta riflessione sui comportamenti di gruppo al fine di in-dividuare quegli atteggiamenti che violano la dignità della persona e il rispetto reci-proco, li orienta a sperimentare situazioni di studio e di vita dove sviluppareatteggiamenti positivi ed imparare a collaborare con altri.Segue con attenzione le diverse condizioni nelle quali si sviluppa l’identità di genere,che nella preadolescenza ha la sua stagione cruciale.Crea favorevoli condizioni di ascolto e di espressione tra coetanei e guida i ragazzi nellacomprensione critica dei messaggi provenienti dalla società nelle loro molteplici forme.

L’alfabetizzazione culturale di baseIl compito specifico del primo ciclo è quello di promuovere l’alfabetizzazione di baseattraverso l’acquisizione dei linguaggi e dei codici che costituiscono la struttura dellanostra cultura, in un orizzonte allargato alle altre culture con cui conviviamo e all’usoconsapevole dei nuovi media. Si tratta di una alfabetizzazione culturale e sociale cheinclude quella strumentale, da sempre sintetizzata nel “leggere, scrivere e far di conto”,e la potenzia attraverso i linguaggi e i saperi delle varie discipline. All’alfabetizzazioneculturale e sociale concorre in via prioritaria l’educazione plurilingue e interculturale.La lingua materna, la lingua di scolarizzazione e le lingue europee, in quanto linguedell’educazione, contribuiscono infatti a promuovere i diritti del soggetto al pieno svi-luppo della propria identità nel contatto con l’alterità linguistica e culturale. L’edu-cazione plurilingue e interculturale rappresenta una risorsa funzionale allavalorizzazione delle diversità e al successo scolastico di tutti e di ognuno ed è presup-posto per l’inclusione sociale e per la partecipazione democratica.La scuola primaria mira all’acquisizione degli apprendimenti di base, come primoesercizio dei diritti costituzionali.Ai bambini e alle bambine che la frequentano offre l’opportunità di sviluppare le di-mensioni cognitive, emotive, affettive, sociali, corporee, etiche e religiose, e di acqui-sire i saperi irrinunciabili. Si pone come scuola formativa che, attraverso gli alfabeticaratteristici di ciascuna disciplina, permette di esercitare differenti stili cognitivi, po-nendo così le premesse per lo sviluppo del pensiero riflessivo e critico. Per questa via

L’ambiente di apprendimentoLe Indicazioni per il Curricolo richiamano la scuola del Primo Ciclo a

riprendere la cura degli ambienti di apprendimento, troppo spesso – comegià di diceva poco sopra – sottovalutati nella progettazione e attuazione deiprocessi di insegnamento e apprendimento. In realtà, l’attenzione ai luoghidove viene promossa la conoscenza e nei quali viene vissuta la stessa espe-rienza scolastica e la conseguente ideazione e organizzazione degli stessirisulta, soprattutto oggi, necessaria e indifferibile. In considerazione, da unaparte, delle caratteristiche culturali, epistemologiche e strumentali dei dif-ferenti repertori disciplinari e delle diverse attività di insegnamento e, dal-l’altra, della relativa peculiarità degli aspetti cognitivi, relazionali, operativida riferire alle possibilità (più adeguate) di impegno degli studenti.

Le Indicazioni, d’altronde, sottolineando l’importanza degli ambienti diapprendimento nello sviluppo delle opportunità di conoscenza degli alunnie la conseguente predisposizione di contesti di studio e di relazione adeguatialla possibilità di espressione delle personali connotazioni cognitive e ope-rative, si pone sulla medesima lunghezza d’onda della metacognizione.

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si formano cittadini consapevoli e responsabili a tutti i livelli, da quello locale a quelloeuropeo... Nella scuola secondaria di primo grado si realizza l’accesso alle discipline comepunti di vista sulla realtà e come modalità di conoscenza, interpretazione e rappre-sentazione del mondo.La valorizzazione delle discipline avviene pienamente quando si evitano due rischi:sul piano culturale, quello della frammentazione dei saperi; sul piano didattico, quellodell’impostazione trasmissiva.… Nella scuola secondaria di primo grado vengono favorite una più approfondita pa-dronanza delle discipline e un’articolata organizzazione delle conoscenze, nella pro-spettiva dell’elaborazione di un sapere sempre meglio integrato e padroneggiato.Le competenze sviluppate nell’ambito delle singole discipline concorrono a loro voltaalla promozione di competenze più ampie e trasversali, che rappresentano una condi-zione essenziale per la piena realizzazione personale e per la partecipazione attivaalla vita sociale, orientate ai valori della convivenza civile e del bene comune. Lecompetenze per l’esercizio della cittadinanza attiva sono promosse continuamentenell’ambito di tutte le attività di apprendimento, utilizzando e finalizzando opportu-namente i contributi che ciascuna disciplina può offrire.

«Una buona scuola primaria e secondaria di primo grado si costituisce come un con-testo idoneo a promuovere apprendimenti significativi e a garantire il successo for-mativo per tutti gli alunni. A tal fine è possibile indicare, nel rispetto dell’autonomiadelle scuole e della libertà di insegnamento, alcuni principi metodologici che contrad-distinguono un’efficace azione formativa.Valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni, per ancorarvi nuovi contenuti.

L’impianto curricolareLa struttura curricolare delineata dalle Indicazioni a riguardo del Primo

Ciclo di studi, comprensiva perciò della Scuola Primaria e della Scuola Se-condaria di Primo Grado, si articola idealmente in due comparti, del resto traloro, progettualmente connessi: da una parte, è collocato il blocco culturale eformativo costituito dalle discipline; dall’altra parte, vengono indicati i tra-guardi di sviluppo delle competenze disciplinari e i relativi obiettivi di appren-dimento. Qui basterà, a mo’ d’esempio, riportare alcuni stralci particolarmentesignificativi, ricavati dalla “presentazione” di alcune discipline e dai relativitraguardi disciplinari di sviluppo delle competenze e rimandare, nel contempo,il cortese lettore alla lettura del testo completo delle Indicazioni.

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Nel processo di apprendimento l’alunno porta la ricchezza di esperienze e conoscenze,mette in gioco aspettative ed emozioni, si presenta con una dotazione di informazioni,abilità, modalità di apprendere, che l’azione didattica può opportunamente richia-mare, esplorare, problematizzare. In questo modo l’allievo riesce a dare senso e si-gnificato a quello che va imparando.Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità, per fare in modo che non di-ventino disuguaglianze. Le classi scolastiche sono oggi caratterizzate da molteplicidiversità, legate alle differenze nei modi di apprendere, ai livelli di apprendimentoraggiunti, alle specifiche inclinazioni e ai personali interessi, ma anche a condizioniparticolari, che possono essere causa di difficoltà nell’apprendimento, oppure a par-ticolari stati emotivi e affettivi. La scuola deve progettare e realizzare percorsi didatticispecifici per rispondere ai bisogni educativi degli allievi…Favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere la passione per la ricerca dinuove conoscenze. In questa prospettiva, la problematizzazione svolge una funzione inso-stituibile: sollecita gli alunni a individuare problemi, a sollevare domande, a mettere indiscussione le mappe cognitive già elaborate, a trovare piste d’indagine adeguate ai pro-blemi, a cercare soluzioni anche originali attraverso un pensiero divergente e creativo.… Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere, al fine di “impararead apprendere”. Riconoscere le difficoltà incontrate e le strategie adottate per supe-rarle, prendere atto degli errori commessi, ma anche comprendere le ragioni di un in-successo, conoscere i propri punti di forza, sono tutte competenze necessarie a renderel’alunno consapevole del proprio stile di apprendimento e capace di sviluppare auto-nomia nello studio. Occorre che l’alunno sia attivamente impegnato nella costruzionedel suo sapere, sia sollecitato a riflettere su quanto impara, sia incoraggiato a espli-citare i suoi modi di comprendere e a comunicare ad altri i traguardi raggiunti. Ognialunno va posto nelle condizioni di capire il compito assegnato, valutare le difficoltàe stimare le proprie abilità, imparando così a riflettere sul proprio comportamento,valutare gli esiti delle proprie azioni e trarne considerazioni per migliorare.Realizzare percorsi in forma di laboratorio, per favorire l’operatività e allo stessotempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Il laboratorio è una modalità dilavoro che incoraggia la sperimentazione e la progettualità, coinvolge gli alunni nelpensare-realizzare-valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato con altri,e che può essere attivata sia all’interno sia all’esterno della scuola, valorizzando il ter-ritorio come risorsa per l’apprendimento»…

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Italiano

«Lo sviluppo di competenze linguistiche ampie e sicure è una condizione indispensa-bile per la crescita della persona e per l’esercizio pieno della cittadinanza, per l’ac-cesso critico a tutti gli ambiti culturali e per il raggiungimento del successo scolasticoin ogni settore di studio. Per realizzare queste finalità estese e trasversali, è necessarioche l’apprendimento della lingua sia oggetto di specifiche attenzioni da parte di tuttii docenti, che in questa prospettiva coordineranno le loro attività. … La cura costanterivolta alla progressiva padronanza dell’italiano implica, dunque, che l’apprendimentodella lingua italiana avvenga a partire dalle competenze linguistiche e comunicativeche gli allievi hanno già maturato nell’idioma nativo e guardi al loro sviluppo in fun-zione non solo del miglior rendimento scolastico, ma come componente essenzialedelle abilità per la vita.… Nel primo ciclo di istruzione devono essere acquisiti gli strumenti necessari ad una“alfabetizzazione funzionale”: gli allievi devono ampliare il patrimonio orale e devonoimparare a leggere e a scrivere correttamente e con crescente arricchimento di lessico.Questo significa, da una parte, padroneggiare le tecniche di lettura e scrittura, dall’altraimparare a comprendere e a produrre significati attraverso la lingua scritta. Lo svi-luppo della strumentazione per la lettura e la scrittura e degli aspetti legati al significatoprocede in parallelo e deve continuare per tutto il primo ciclo di istruzione ...Oralità

La comunicazione orale nella forma dell’ascolto e del parlato è il modo naturale concui il bambino, ad un tempo, entra in rapporto con gli altri e “dà i nomi alle cose”esplorandone la complessità. Tale capacità di interagire, di nominare in modo semprepiù esteso, di elaborare il pensiero attraverso l’oralità e di comprendere discorsi e testidi vario tipo viene sviluppata e gradualmente sistematizzata a scuola, dove si promuovela capacità di ampliare il lessico, ascoltare e produrre discorsi per scopi diversi e manmano più articolati e meglio pianificati. La pratica delle abilità linguistiche orali nellacomunità scolastica passa attraverso l’esperienza dei diversi usi della lingua (comu-nicativi, euristici, cognitivi, espressivi, argomentativi) e la predisposizione di ambientisociali di apprendimento idonei al dialogo, all’interazione, alla ricerca e alla costru-zione di significati, alla condivisione di conoscenze, al riconoscimento di punti di vistae alla loro negoziazione.Lettura

La pratica della lettura, centrale in tutto il primo ciclo di istruzione, è proposta comemomento di socializzazione e di discussione dell’apprendimento di contenuti, ma anchecome momento di ricerca autonoma e individuale, in grado di sviluppare la capacitàdi concentrazione e di riflessione critica, quindi come attività particolarmente utileper favorire il processo di maturazione dell’allievo. Per lo sviluppo di una sicura com-petenza di lettura è necessaria l’acquisizione di opportune strategie e tecniche, com-presa la lettura a voce alta, la cura dell’espressione e la costante messa in atto dioperazioni cognitive per la comprensione del testo.Saper leggere è essenziale per il reperimento delle informazioni, per ampliare le proprieconoscenze, per ottenere risposte significative. … A scuola si apprende la strumentalitàdel leggere e si attivano i numerosi processi cognitivi necessari alla comprensione.La lettura va costantemente praticata su un’ampia gamma di testi appartenenti ai varitipi e forme testuali … per scopi diversi e con strategie funzionali al compito, senzamai tralasciare la pratica della lettura personale e dell’ascolto di testi letti dall’inse-gnante realizzata abitualmente senza alcuna finalizzazione, al solo scopo di alimentare

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il piacere di leggere. Lo sviluppo della competenza di lettura riguarda tutte le discipline.È compito di ciascun insegnante favorire con apposite attività il superamento degliostacoli alla comprensione dei testi che possono annidarsi a livello lessicale o sintat-tico oppure al livello della strutturazione logico-concettuale. La consuetudine con ilibri pone le basi per una pratica di lettura come attività autonoma e personale cheduri per tutta la vita...Scrittura

La pratica della scrittura viene introdotta in modo graduale: qualunque sia il metodousato dall’insegnante, durante la prima alfabetizzazione il bambino, partendo dall’espe-rienza, viene guidato contemporaneamente a leggere e scrivere parole e frasi semprelegate a bisogni comunicativi e inserite in contesti motivanti... La scrittura di un testosi presenta come un processo complesso nel quale si riconoscono fasi specifiche, dal-l’ideazione alla pianificazione, alla prima stesura, alla revisione e all’autocorrezione,su ognuna delle quali l’insegnante deve far lavorare gli allievi con progressione gra-duale e assicurando ogni volta la stabilizzazione e il consolidamento di quanto ciascunalunno ha acquisito. La frequentazione assidua di testi permetterà all’allievo di indi-viduare i modelli che ne sono alla base e di assumerli come riferimento nelle proprieproduzioni comunicative.In tutto il primo ciclo il percorso di apprendimento della scrittura richiede tempi distesi,diversificazione delle attività didattiche e interdisciplinarità in quanto la produzionetestuale si realizza in varie discipline …Al termine della scuola secondaria di primo grado l’allievo dovrebbe essere in gradodi produrre testi di diversa tipologia e forma coesi e coerenti, adeguati all’intenzionecomunicativa e al destinatario, curati anche negli aspetti formali.Acquisizione ed espansione del lessico ricettivo e produttivo

I bambini entrano nella scuola primaria con un patrimonio lessicale diverso da un al-lievo all’altro. Data la grande importanza della comprensione e dell’uso attivo del les-sico, il primo compito dell’insegnante è proprio quello di rendersi conto, attraversoattività anche ludiche e creative, della consistenza e tipologia (varietà) del patrimoniolessicale di ognuno. È un compito tanto più importante quanto più vi è oggi evidenzadi un progressivo impoverimento del lessico...I docenti di tutto il primo ciclo di istruzione dovranno promuovere, all’interno di atti-vità orali e di lettura e scrittura, la competenza lessicale relativamente sia all’ampiezzadel lessico compreso e usato (ricettivo e produttivo) sia alla sua padronanza nell’usosia alla sua crescente specificità…. Lo sviluppo della competenza lessicale deve ri-spettare gli stadi cognitivi del bambino e del ragazzo e avvenire in stretto rapporto conl’uso vivo e reale della lingua, non attraverso forme di apprendimento meccanico emnemonico...Elementi di grammatica esplicita e riflessione sugli usi della lingua

Ogni persona, fin dall’infanzia, possiede una grammatica implicita, che le permette diformulare frasi ben formate pur senza conoscere concetti quali quelli di verbo, sog-getto, ecc. … È su queste attitudini che l’insegnante si può basare per condurre gra-dualmente l’allievo verso forme di “grammatica esplicita”. È molto importanteacquisire una progressiva consapevolezza e sicurezza nell’uso dello strumento lingui-stico (che si avvia, ma non si completa, nel primo ciclo). Si tratta, infatti, di una dellecondizioni per un uso critico e libero della lingua, a cui deve giungere presto ogni cit-tadino. Perciò, nei primi anni della scuola primaria l’uso della lingua e la riflessione sudi essa vanno curate insieme. Del resto nella pratica coincidono: l’apprendimento della

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strumentalità del leggere e dello scrivere è da considerarsi infatti attività linguistica emetalinguistica al tempo stesso. … Gli oggetti della riflessione sulla lingua e della gram-matica esplicita sono: le strutture sintattiche delle frasi semplici e complesse …; le partidel discorso, o categorie lessicali; gli elementi di coesione che servono a mettere in rap-porto le diverse parti della frase e del testo …; il lessico e la sua organizzazione; le va-rietà dell’italiano più diffuse. La riflessione sulla lingua, se condotta in modo induttivoe senza un’introduzione troppo precoce della terminologia specifica, contribuisce auna maggiore duttilità nel capire i testi e riflettere e discutere sulle proprie produzioni.Essa, inoltre, si intreccia con la riflessione sulle altre lingue del repertorio dell’allievo,in una prospettiva plurilingue e interculturale. Ma il ruolo probabilmente più significa-tivo della riflessione sulla lingua è quello metacognitivo: la riflessione concorre infattia sviluppare le capacità di categorizzare, di connettere, di analizzare, di indurre e de-durre, utilizzando di fatto un metodo scientifico. La riflessione sulla lingua riguardaanche il lessico, di cui verranno esplorate e definite le caratteristiche fondamentali,come le relazioni di significato e i meccanismi di formazione delle parole».

Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria

Ascolta e comprende testi orali “diretti” o “trasmessi” dai media cogliendone il senso,le informazioni principali e lo scopo.Legge e comprende testi di vario tipo, continui e non continui, ne individua il senso globalee le informazioni principali, utilizzando strategie di lettura adeguate agli scopi.Utilizza abilità funzionali allo studio: individua nei testi scritti informazioni utili perl’apprendimento di un argomento dato e le mette in relazione; le sintetizza, in funzioneanche dell’esposizione orale;Legge testi di vario genere facenti parte della letteratura per l’infanzia, sia a voce altasia in lettura silenziosa e autonoma e formula su di essi giudizi personali.Scrive testi, corretti nell’ortografia, chiari e coerenti, legati all’esperienza e alle diverseoccasioni di scrittura che la scuola offre;rielabora testi parafrasandoli, completandoli,trasformandoliRiflette sui testi propri e altrui per cogliere regolarità morfosintattiche e caratteristichedel lessico; riconosce che le diverse scelte linguistiche sono correlate alla varietà disituazioni comunicative.Padroneggia e applica in situazioni diverse le conoscenze fondamentali relative al-l’organizzazione logico-sintattica della frase semplice, alle parti del discorso (o cate-gorie lessicali) e ai principali connettivi.

Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria di

primo grado

L’allievo interagisce in modo efficace in diverse situazioni comunicative, attraversomodalità dialogiche sempre rispettose delle idee degli altri; con ciò matura la consa-pevolezza che il dialogo, oltre a essere uno strumento comunicativo, ha anche ungrande valore civile e lo utilizza per apprendere informazioni ed elaborare opinionisu problemi riguardanti vari ambiti culturali e sociali.Espone oralmente all’insegnante e ai compagni argomenti di studio e di ricerca, ancheavvalendosi di supporti specifici (schemi, mappe, presentazioni al computer, ecc.).Usa manuali delle discipline o testi divulgativi (continui, non continui e misti) nelleattività di studio personali e collaborative, per ricercare, raccogliere e rielaboraredati, informazioni e concetti; costruisce sulla base di quanto letto testi o presentazionianche con l’utilizzo di strumenti informatici.

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Storia

«Il senso dell’insegnamento della storia - … Lo studio della storia, insieme alla memoriadelle generazioni viventi, alla percezione del presente e alla visione del futuro, contri-buisce a formare la coscienza storica dei cittadini e li motiva al senso di responsabilitànei confronti del patrimonio e dei beni comuni Per questa ragione la scuola è chiamataad esplorare, arricchire, approfondire e consolidare la conoscenza e il senso della storia.I metodi didattici della storia - I libri, le attività laboratoriali, in classe e fuori dellaclasse, e l’utilizzazione dei molti media oggi disponibili, ampliano, strutturano e con-solidano questa dimensione di apprendimento. La capacità e la possibilità di usufruiredi ogni opportunità di studio della storia, a scuola e nel territorio circostante, permet-tono un lavoro pedagogico ricco, a partire dalle narrazioni e dalle attività laboratoriali e ludiche con i più piccoli per attraversare molte esperienze esplorative sul passato:un lavoro indispensabile per avvicinare gli alunni alla capacità di ricostruire e con-cepire progressivamente il “fatto storico” per indagarne i diversi aspetti, le moltepliciprospettive, le cause e le ragioni…La storia come campo disciplinare - La storia, come campo scientifico di studio, è ladisciplina nella quale si imparano a conoscere e interpretare fatti, eventi e processidel passato. Le conoscenze del passato offrono metodi e saperi utili per comprenderee interpretare il presente …Identità, memoria e cultura storica - Nei tempi più recenti il passato e, in particolare,i temi della memoria, dell’identità e delle radici hanno fortemente caratterizzato il di-scorso pubblico e dei media sulla storia. Un insegnamento che promuova la padro-nanza degli strumenti critici permette di evitare che la storia venga usata strumen-talmente, in modo improprio... Ricerca storica e ragionamento critico rafforzano al-tresì la possibilità di confronto e dialogo intorno alla complessità del passato e delpresente fra le diverse componenti di una società multiculturale e multietnica…La storia generale a scuola - Occorre, dunque, aggiornare gli argomenti di studio, ade-guandoli alle nuove prospettive, facendo sì che la storia nelle sue varie dimensioni –mondiale, europea, italiana e locale – si presenti come un intreccio significativo dipersone, culture, economie, religioni, avvenimenti che hanno costituito processi digrande rilevanza per la comprensione del mondo attuale …».

Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primariaL’alunno riconosce elementi significativi del passato del suo ambiente di vita.Usa la linea del tempo per organizzare informazioni, conoscenze, periodi e individuaresuccessioni, contemporaneità, durate, periodizzazioni.Individua le relazioni tra gruppi umani e contesti spaziali.Organizza le informazioni e le conoscenze, tematizzando e usando le concettualizza-zioni pertinenti.

Scrive correttamente testi di tipo diverso (narrativo, descrittivo, espositivo, regolativo,argomentativo) adeguati a situazione, argomento, scopo, destinatario.Padroneggia e applica in situazioni diverse le conoscenze fondamentali relative al les-sico, alla morfologia, all’organizzazione logico-sintattica della frase semplice e com-plessa, ai connettivi testuali; utilizza le conoscenze metalinguistiche per comprendereappieno i significati dei testi e per correggere i propri scritti.Adatta opportunamente i registri informale e formale in base alla situazione comunicativae agli interlocutori; riconosce e usa termini specialistici in base ai campi di discorso.

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Matematica

Le conoscenze matematiche contribuiscono alla formazione culturale delle persone edelle comunità, sviluppando le capacità di mettere in stretto rapporto il “pensare” eil “fare” e offrendo strumenti adatti a percepire, interpretare e collegare tra loro fe-nomeni naturali, concetti e artefatti costruiti dall’uomo, eventi quotidiani. In partico-lare, la matematica dà strumenti per la descrizione scientifica del mondo e peraffrontare problemi utili nella vita quotidiana; contribuisce a sviluppare la capacitàdi comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di comprendere i punti divista e le argomentazioni degli altri. In matematica, come nelle altre discipline scien-tifiche, è elemento fondamentale il laboratorio, inteso sia come luogo fisico sia comemomento in cui l’alunno è attivo, formula le proprie ipotesi e ne controlla le conse-guenze, progetta e sperimenta, discute e argomenta le proprie scelte, impara a racco-gliere dati, negozia e costruisce significati, porta a conclusioni temporanee e a nuoveaperture la costruzione delle conoscenze personali e collettive. … La costruzione del pensiero matematico è un processo lungo e progressivo nel qualeconcetti, abilità, competenze e atteggiamenti vengono ritrovati, intrecciati, consolidatie sviluppati a più riprese; è un processo che comporta anche difficoltà linguistiche eche richiede un’acquisizione graduale del linguaggio matematico. Caratteristica dellapratica matematica è la risoluzione di problemi. Gradualmente, stimolato dalla guida dell’insegnante e dalla discussione con i pari,l’alunno imparerà ad affrontare con fiducia e determinazione situazioni problematiche,rappresentandole in diversi modi, conducendo le esplorazioni opportune, dedicandoil tempo necessario alla precisa individuazione di ciò che è noto e di ciò che s’intendetrovare, congetturando soluzioni e risultati, individuando possibili strategie risolutive. Nella scuola secondaria di primo grado si svilupperà un’attività più propriamente dimatematizzazione, formalizzazione, generalizzazione.L’alunno analizza le situazioni per tradurle in termini matematici, riconosce schemiricorrenti, stabilisce analogie con modelli noti, sceglie le azioni da compiere … e leconcatena in modo efficace al fine di produrre una risoluzione del problema. Un’at-tenzione particolare andrà dedicata allo sviluppo della capacità di esporre e di discu-tere con i compagni le soluzioni e i procedimenti seguiti.… Di estrema importanza è lo sviluppo di un’adeguata visione della matematica, nonridotta a un insieme di regole da memorizzare e applicare, ma riconosciuta e apprez-zata come contesto per affrontare e porsi problemi significativi e per esplorare e per-cepire relazioni e strutture che si ritrovano e ricorrono in natura e nelle creazionidell’uomo.

Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria diprimo gradoL’alunno si informa in modo autonomo su fatti e problemi storici anche mediante l’usodi risorse digitali.Produce informazioni storiche con fonti di vario genere – anche digitali – e le sa or-ganizzare in testi.Comprende testi storici e li sa rielaborare con un personale metodo di studio.Espone oralmente e con scritture – anche digitali – le conoscenze storiche acquisiteoperando collegamenti e argomentando le proprie riflessioni.Usa le conoscenze e le abilità per orientarsi nella complessità del presente, comprendeopinioni e culture diverse, capisce i problemi fondamentali del mondo contemporaneo …

Profilo dello studenteCome affermavamo in precedenza è nel “profilo dello studente” che tro-

vano senso formativo e giustificazione culturale gli specifici traguardi di

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Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primariaL’alunno si muove con sicurezza nel calcolo scritto e mentale con i numeri naturali esa valutare l’opportunità di ricorrere a una calcolatrice.Descrive, denomina e classifica figure in base a caratteristiche geometriche, ne de-termina misure, progetta e costruisce modelli concreti di vario tipo.Utilizza rappresentazioni di dati (tabelle e grafici) in situazioni significative per rica-vare informazioni.Riconosce e quantifica, in casi semplici, situazioni di incertezza.Riesce a risolvere facili problemi in tutti gli ambiti di contenuto, mantenendo il con-trollo sia sul processo risolutivo, sia sui risultati. Descrive il procedimento seguito e riconosce strategie di soluzione diverse dalla propria.Costruisce ragionamenti formulando ipotesi, sostenendo le proprie idee e confrontan-dosi con il punto di vista di altri.Riconosce e utilizza rappresentazioni diverse di oggetti matematici (numeri decimali,frazioni, percentuali, scale di riduzione, …).Sviluppa un atteggiamento positivo rispetto alla matematica, attraverso esperienze si-gnificative, che gli hanno fatto intuire come gli strumenti matematici che ha imparatosiano utili per operare nella realtà.

Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria diprimo gradoL’alunno si muove con sicurezza nel calcolo anche con i numeri razionali, ne padroneggiale diverse rappresentazioni e stima la grandezza di un numero e il risultato di operazioni.Riconosce e denomina le forme del piano e dello spazio, le loro rappresentazioni e necoglie le relazioni tra gli elementi.Analizza e interpreta rappresentazioni di dati per ricavarne misure di variabilità eprendere decisioni.Riconosce e risolve problemi in contesti diversi valutando le informazioni e la lorocoerenza.Spiega il procedimento seguito, mantenendo il controllo sia sul processo risolutivo,sia sui risultati.Confronta procedimenti diversi e produce formalizzazioni che gli consentono di pas-sare da un problema specifico a una classe di problemi.Produce argomentazioni in base alle conoscenze teoriche acquisite (ad esempio sautilizzare i concetti di proprietà caratterizzante e di definizione).Sostiene le proprie convinzioni, portando esempi e controesempi adeguati e utilizzandoconcatenazioni di affermazioni; accetta di cambiare opinione riconoscendo le conse-guenze logiche di una argomentazione corretta.Utilizza e interpreta il linguaggio matematico (piano cartesiano, formule, equazioni)e ne coglie il rapporto col linguaggio naturale.Ha rafforzato un atteggiamento positivo rispetto alla matematica attraverso esperienzesignificative e ha capito come gli strumenti matematici appresi siano utili in molte si-tuazioni per operare nella realtà.

sviluppo delle competenze. Ed è nel medesimo profilo che, in fondo, vannorintracciate le “anime” o le corretti educative, culturali, civili (ma anchequelle economiche, tecnologiche, sociali, ecc.) che hanno orientato il Le-gislatore nella scelta delle competenze medesime. Queste poi, mediante lacostruzione e progettazione dell’impianto curricolare e organizzativo e lapredisposizione e attuazione dell’intervento didattico concorrono a dotarel’alunno dei saperi di cittadinanza e professionali e, infine, a promuoverela sua maturazione come “persona”.

Rintracciamo, adesso, nel “profilo dello studente” gli elementi metaco-gnitivi più salienti e significativi.

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Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione

Lo studente al termine del primo ciclo, attraverso gli apprendimenti sviluppati ascuola, lo studio personale, le esperienze educative vissute in famiglia e nella comu-nità, è in grado di iniziare ad affrontare in autonomia e con responsabilità, le situazionidi vita tipiche della propria età, riflettendo ed esprimendo la propria personalità intutte le sue dimensioni.Ha consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri limiti, utilizza gli strumentidi conoscenza per comprendere se stesso e gli altri, per riconoscere ed apprezzare lediverse identità, le tradizioni culturali e religiose, in un’ottica di dialogo e di rispettoreciproco. Interpreta i sistemi simbolici e culturali della società, orienta le propriescelte in modo consapevole, rispetta le regole condivise, collabora con gli altri per lacostruzione del bene comune esprimendo le proprie personali opinioni e sensibilità.Si impegna per portare a compimento il lavoro iniziato da solo o insieme ad altri.Dimostra una padronanza della lingua italiana tale da consentirgli di comprendereenunciati e testi di una certa complessità, di esprimere le proprie idee, di adottare unregistro linguistico appropriato alle diverse situazioni.Nell’incontro con persone di diverse nazionalità è in grado di esprimersi a livello ele-mentare in lingua inglese e di affrontare una comunicazione essenziale, in semplici si-tuazioni di vita quotidiana, in una seconda lingua europea.Utilizza la lingua inglese nell’uso delle tecnologie dell’informazione e della comuni-cazione.Le sue conoscenze matematiche e scientifico-tecnologiche gli consentono di analizzaredati e fatti della realtà e di verificare l’attendibilità delle analisi quantitative e statisticheproposte da altri. Il possesso di un pensiero razionale gli consente di affrontare problemie situazioni sulla base di elementi certi e di avere consapevolezza dei limiti delle affer-mazioni che riguardano questioni complesse che non si prestano a spiegazioni univoche.Si orienta nello spazio e nel tempo dando espressione a curiosità e ricerca di senso;osserva ed interpreta ambienti, fatti, fenomeni e produzioni artistiche.Ha buone competenze digitali, usa con consapevolezza le tecnologie della comunica-zione per ricercare e analizzare dati ed informazioni, per distinguere informazioni at-tendibili da quelle che necessitano di approfondimento, di controllo e di verifica e perinteragire con soggetti diversi nel mondo.Possiede un patrimonio di conoscenze e nozioni di base ed è allo stesso tempo capacedi ricercare e di procurarsi velocemente nuove informazioni ed impegnarsi in nuoviapprendimenti anche in modo autonomo.

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Ha cura e rispetto di sé, come presupposto di un sano e corretto stile di vita. Assimilail senso e la necessità del rispetto della convivenza civile. Ha attenzione per le funzionipubbliche alle quali partecipa nelle diverse forme in cui questo può avvenire: momentieducativi informali e non formali, esposizione pubblica del proprio lavoro, occasionirituali nelle comunità che frequenta, azioni di solidarietà, manifestazioni sportive nonagonistiche, volontariato, ecc.Dimostra originalità e spirito di iniziativa. Si assume le proprie responsabilità e chiedeaiuto quando si trova in difficoltà e sa fornire aiuto a chi lo chiede.In relazione alle proprie potenzialità e al proprio talento si impegna in campi espressivi,motori ed artistici che gli sono congeniali

Capitolo dodicesimo

La metacognizione nei curricoli scolastici:la scuola del secondo ciclo

1. Elementi di criticità della scuola secondaria di secondo grado

Si sa che il sistema scolastico nazionale non gode di buona salute e che,in particolare, la scuola secondaria di secondo grado accusa gravi patologie.Delle quali, in questa sede, preferiamo ricordare soltanto alcuni degli ele-menti di criticità rilevati dal Rapporto Istat sulla situazione del Paese ariguardo dei processi di istruzione e formazione: quelli di natura stretta-mente professionale e didattica.

- Iniziamo riportando alcuni dati significativi del Rapporto (2009). • Nel 2009, oltre due milioni di giovani (il 21,2 per cento dei 15-

29enni) risultano fuori dal circuito formazione-lavoro, cioè non la-vorano e non frequentano alcun corso di studi e nel conseguimentodei titoli superiori, continua a pesare una forte diseguaglianza legataalla classe sociale della famiglia di provenienza degli studenti, ancheconsiderando le differenti generazioni.

• L’Italia si distingue negativamente nel contesto europeo per la quotadi giovani di 18-24 anni che hanno abbandonato gli studi senza averconseguito un diploma di scuola superiore, pari al 19,2 per cento nel2009, oltre quattro punti percentuali in più della media Ue e novepunti al di sopra del valore fissato dalla strategia di Lisbona.

• Il 7,7 per cento degli iscritti a scuole superiori nell’anno scolastico2008/2009 ha ripetuto l’anno di corso. Inoltre, il 12,2 per cento deltotale degli iscritti al primo anno abbandona il percorso d’istruzionenon iscrivendosi all’anno successivo e un ulteriore 3,4 per cento la-scia gli studi alla fine del secondo anno. La distribuzione territorialedi quest’ultimo fenomeno rivela una situazione particolarmente cri-tica per il Mezzogiorno.

• Nel 2009 il 13,2 per cento dei 15-29enni (oltre 1,2 milioni) dichiaradi non aver letto neanche un libro in un anno o di non aver mai uti-

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lizzato il personal computer. L’esclusione dalla lettura coinvolgequattro ragazzi su 10 ed è più diffusa del non utilizzo delle nuovetecnologie, che riguarda invece meno di due ragazzi su 10. La pro-pensione alla lettura è fortemente condizionata dalle caratteristichedella famiglia di origine.

• Secondo l’indagine Pisa/dall’Ocse, il punteggio medio degli studentiitaliani 15enni nelle competenze in lettura è inferiore di 23 punti allamedia internazionale. Anche per le competenze in matematica escienze i punteggi degli studenti italiani risultano sempre inferiori aivalori medi Ocse.

• Netta la forbice tra i livelli di competenza raggiunti nei diversi indi-rizzi scolastici, con incrementi crescenti degli studenti che conse-guono punteggi nelle fasce critiche spostandosi dall’area dei licei aquella degli istituti tecnici e professionali. Si manifesta l’esistenzadi un meccanismo di autoselezione che orienta le iscrizioni dei menobrillanti verso gli indirizzi tecnici e professionali e quelle dei più ca-paci verso i licei. I risultati scolastici sono correlati all’estrazione so-ciale della famiglia di origine.

2. Possibili cause delle carenze della scuola secondaria superiore

La ricerca e la riflessione sulle possibili cause di tale grave situazionedella sssg, anziché condurla come si è soliti fare verso l’esterno (gli edificifatiscenti, gli ambienti di apprendimento inadeguati, le scarse risorse eco-nomiche e strumentali, il sempre più elevato numero di studenti per classeunito ai problemi che la cosiddetta “emergenza giovanile” provoca, ecc.),qui si vuole orientarla prioritariamente verso alcune variabili di natura di-dattica e professionale che hanno inciso negativamente sulla qualità degliesiti scolastici.

Insomma, vogliamo provare a trovare le ragioni della – complessiva-mente – scarsa qualità dei processi formativi predisposti e attuati dal per-sonale docente. È, ormai, un luogo comune affermare che l’azione didatticasi rileva sostanzialmente approssimativa, scarsamente meditata, di fatto rou-tinaria. In realtà, essa si dimostra poco qualificata salvo lodevoli eccezioni,sia sotto il profilo dell’effettivo intervento didattico e metodologico, sia ariguardo dei processi di progettazione (anche collegiali) che devono deter-minarla.

1. Concorre decisamente a rendere estremamente problematica questasituazione, innanzitutto, la non eccelsa qualità professionale della generalitàdei docenti. Giudizio che non si riferisce alla loro cultura generale ovvero

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dell’area disciplinare di propria competenza quanto, più propriamente, al-l’inadeguatezza metodologica e, talvolta, relazionale. Quest’ultima provocapesanti ripercussioni sulla qualità ed efficacia dell’azione formativa (“la re-lazione fa il metodo”). L’incerta qualità professionale, d’altronde, oggi,deve fare i conti con una generazione di adolescenti – per così dire – parti-colarmente complicata da educare (come abbiamo potuto già rilevare nelcapitolo riservato ai cosiddetti nativi digitali).

D’altronde, non giovano a migliorare la situazione, né i processi di for-mazione iniziale e le modalità di abilitazione e di reclutamento del personaledocente e, meno che mai, le azioni di formazione in servizio (inadeguate,di scarso impatto, non “obbligate”, non sentite come necessarie e, nem-meno, incentivate).

2. Alla scarsa qualità dell’azione formativa dei docenti, vanno ad aggiun-gersi la labile cultura generale e di servizio, lo scarso spirito di appartenenza(nei confronti del servizio pubblico di cui fanno parte e dell’istituzione sco-lastica nella quale prestano la loro opera), la forte resistenza al cambiamentoespressa dal personale scolastico a riguardo dell’opportunità di modificareil modo di intendere e di svolgere le proprie mansioni.

3. Contribuisce a rendere ancora più lacunosa l’azione formativa unaduplice e colpevole disattenzione (d’altronde strettamente connessa alle dif-ficoltà prima esplicitate) della scuola secondaria e dei suoi docenti: una“tradizionale”, l’altra “congiunturale”. La prima attiene alla perdurante sot-tovalutazione delle caratteristiche evolutive (fisiche, psicologiche, cogni-tive, affettive, ecc.) degli alunni/studenti; la seconda riguarda la debole ediscontinua attenzione ai cambiamenti che si vanno determinando e diffon-dendo nella società, nella cultura, nella conoscenza e nella tecnica. E, tra leconseguenze dei quali, vanno presi in considerazione gli stessi cambiamentiche si vanno realizzando, da un lato, nel modo di pensare, fare esperienza,comunicare, studiare, apprendere dei nostri bambini e ragazzi (per ricolle-garci alla prima dimenticanza) e, dall’altro lato, nei territori del sapere, ariguardo dei loro impianti epistemologici. I quali, si dinamicizzano, diven-tano più flessibili, oscillano, tracimano e subiscono esondazioni, dovendosempre più pagare dazio agli interessi conoscitivi ed esistenziali emergenti,alla – anche conseguente – continua trasformazione dei loro oggetti (e “sog-getti”) di studio e, soprattutto, agli strumenti (specie tecnologici) dei qualisi servono per promuovere conoscenza.

4. Alle precedenti lacune si aggiunge la complessiva inadeguatezza efragilità degli impianti organizzativi e curricolari del sistema scolastico na-zionale, tra l’altro vessato da continui rivolgimenti legislativi. Questi, però,vengono originati più da opzioni ideologico-politiche che da scelte inten-zionalmente e plausibilmente orientate al miglioramento della qualità dei

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servizio scolastico nazionale e dei risultati educativi e di apprendimentoche è chiamato costituzionalmente a promuovere.

Inoltre, a questa condizione di debolezza va sommata la difficoltosa ca-pacità di progettazione organizzativa e curricolare delle istituzioni scola-stiche autonome, le quali, imbrigliate in logiche mercantili oppureimpegnate nell’attuazione di propositi di mera sopravvivenza, sembranoaver talvolta dimenticato – o giammai appreso – quali sono le proprie pre-rogative, competenze e responsabilità, in materia di erogazione del servizioeducativo e di istruzione.

5. Segnaliamo – ancora – tra le cause della deficienza formativa dellasssg l’inidoneità e l’inadeguatezza degli edifici scolastici, degli ambienti distudio e di apprendimento, delle strutture e supporti all’insegnamento. Leincludiamo, perché queste carenze (de)privano direttamente – cioè fisica-mente – gli insegnanti e gli studenti di condizioni adeguate sia allo sviluppo,rispettivamente, delle attività didattiche e di studio, sia alla partecipazionequotidiana a una esperienza di vita e di relazione soddisfacente. In verità,l’inadeguatezza degli ambienti di studio, concorre anche indirettamente arendere insufficienti i processi di apprendimento, in quanto non consente(nel senso, anche, che non li incita, invoglia, stimola) ai docenti di “pensare”e di organizzare convenientemente l’attività di insegnamento e i processidi studio che dovranno essere partecipati dagli alunni. Inoltre (e non è dipoco conto) consente agli insegnanti di elaborare facili e, talvolta, apparen-temente inoppugnabili “alibi” a parziale giustificazione – in prima battuta– degli insuccessi scolastici degli alunni e – in seconda e fatale battuta –dell’inefficacia della propria azione didattica.

6. Alla sssg pare far difetto una riflessione approfondita e un confrontoserio e aperto sulla società nella quale viviamo, sulla cultura e sulla cono-scenza contemporanee e sui rapporti e le relazioni (di dipendenza, di orien-tamento, di mutua implicazione) tra queste (società, cultura, conoscenza) ela scuola. Di conseguenza, si rivela incerto il senso formativo di fondo daattribuire al sistema scolastico nazionale e, perciò, anche, il ruolo che, alsuo interno, la sssg è chiamata a svolgere e intorno a cui orientare i signi-ficati delle differenti diramazioni (licei, istituti tecnici, istituti professionali)nelle quali essa si articola. Pertanto, v’è disorientamento, debole condivi-sione ovvero scarsa consapevolezza (quando non effettivo disinteresse) siaa riguardo dei profili formativi degli studenti di secondaria superiore e dellecompetenze e dei relativi traguardi che quei profili concorrono a definire,sia a riguardo dei profili dei docenti e, perciò, delle effettive competenzeche, oggi, devono essere da loro possedute ed esercitate.

7. Un’ulteriore debolezza (forse quella più significativa e, probabil-mente, all’origine delle precedenti) è costituita dalla scarsa padronanza, da

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parte degli insegnanti, dei “fondamentali” dell’azione educativa e didattica:le “giustificazioni” epistemologiche delle discipline scolastiche1, le teoriedi psicologia evolutiva, dell’istruzione e dell’apprendimento2, i più impor-tanti orientamenti didattico-metodologici3. Per questa ragione, riesce lorodifficoltoso “ragionare” adeguatamente sui processi di insegnamento e diapprendimento e, di più, tentare di giungere a visioni condivise a riguardo.La scuola secondaria superiore, così, sembra mancare – per così dire – diuna sua teoria della conoscenza, dell’apprendimento e della didattica. Cioè,non pensa sé stessa e fa mancare il suo pensiero alla predisposizione e al-l’attuazione dell’intervento formativo.

8. Strettamente connessa alla scarsa conoscenza/competenza degli ap-pena richiamati “fondamentali” è l’inadeguatezza delle pratiche di proget-tazione formativa4 a tutti i livelli (educativa, curricolare, didattica), di naturacollegiale e individuale. Tali difficoltà sono sia di origine teorico o “cultu-rale”, sia di tipo pratico o procedurale. Infatti, in primo luogo, ai docentidella scuola secondaria (anche perché vivono la condizione appena soprasegnalata) sembra fare generalmente difetto la condivisione dell’importanzadel “lavoro” di progettazione ai fini della promozione adeguata ed efficacedei processi di insegnamento e di apprendimento. In secondo luogo, essiaccusano delle vere e proprie lacune derivanti, oltre che dalla condizionepredetta, dalla effettivamente scarsa consuetudine e dimestichezza con pra-tiche di organizzazione e di preparazione didattica (le quali, in realtà, ven-gono richieste in ben poche circostanze; al contrario, di quanto accade, peri docenti della scuola primaria, nel cui orario di servizio è prevista l’obbligodi due di programmazione settimanale).

9. Infine, da tutta questa inadeguatezza, oltre che dalla rigidità dell’im-pianto curricolare e dalla frammentazione e isolamento dei territori disci-plinari, non può che derivare un’azione didattica complessivamentemediocre. In realtà, la sssg si rivela, nell’insieme, sostanzialmente inadattaa promuovere situazioni di studio e di apprendimento interessanti, signifi-cative, coinvolgenti, a tutto danno degli studenti, delle loro caratteristichecognitive e delle loro capacità. Spesso, infatti, si insegna ancora mediante“lezioni” (talvolta, persino, di stampo e taglio completamente tradizionale)di tipo trasmissivo e che, perciò, pongono in primo piano il contenuto da

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1 R. Maragliano, I saperi della scuola, La Nuova Italia, Firenze, 1990.2 Segnaliamo: J.S. Bruner, Verso una teoria dell’istruzione, Armando, Roma, 1967; J. Piaget,G. Garcia, Psicogenesi delle scienze, Garzanti, Milano, 1985; A. Boscolo, Psicologia del-l’apprendimento scolastico, UTET, Torino, 1998.3 U. Marotta (a cura di), Riforma del curricolo e formazione dei talenti, Armando, Roma, 1997. 4 G. Mondelli, La progettazione formativa personalizzata, Anicia, Roma, 2006.

“trasmettere”, piuttosto che la competenza da promuovere. Quando va bene,lo strumento didattico principale è costituito dalla “spiegazione”, sostenutodai compiti a casa, molti dei quali assegnati per sviluppare la parte di “pro-gramma” che non si ha tempo di fare a scuola e non per “mettere alla prova”le conoscenze e le abilità introdotte. A coronamento dell’azione didattica,procedure di verifica basate essenzialmente su interrogazioni e compiti inclasse che, nell’insieme (anche volendo, per carità di patria, trascurare lacomponente classificatoria a loro sottesa), assumono il compito di control-lare “cosa” (piuttosto che “come”) viene dallo studente “restituito” rispettoa quanto trasmesso dall’insegnante. I risultati in termini di esiti di appren-dimento immediati (le conoscenze e le abilità da acquisire nel breve pe-riodo) e, soprattutto, rispetto a quelli di durata più lunga (le competenzepreviste al termine delle singole annualità ovvero di fine corso, le propen-sioni allo studio e alla ricerca dimostrate, gli effetti dei processi di appren-dimento sulle successive scelte formative ovvero sulle opportunità dilavoro, ecc.) sono pericolosamente scarsi e dimostrano tutta l’inadeguatezzadell’azione didattica.

3. La scuola secondaria superiore, per invertire la rotta, ha bisogno

della metacognizione

Se quanto segnalato circa le difficili condizioni nelle quali versa lascuola secondaria di secondo grado ha una sua attendibilità, si può capirequanta necessità essa abbia di metacognizione. Ossia di un’azione formativae didattica che, abbandonata la strada dell’esclusiva trasmissione di conte-nuti erga omnes (senza alcuna attenzione alle specificità personali deglialunni), da un lato, si occupi di far partecipare gli studenti all’acquisizionedelle loro competenze e, dall’altro lato (per farlo adeguatamente), riconoscae valorizzi le loro intelligenze e i loro stili di apprendimento e si attivi perpromuoverne consapevolezza e autonomia nello studio.

In realtà, come abbiamo già più volte affermato, la didattica metacognitivaintende migliorare la qualità dell’azione didattica promuovendo nell’allievo,la disposizione e la capacità di conoscersi e di riconoscere le proprie inclina-zioni, le personali vocazioni, i propri modi di apprendere e di imparare.

Strada maestra da intraprendere se si vuole sostenere l’allievo, di frontealla complessità del mondo contemporaneo, nell’acquisizione di abilità econsuetudini mentali e di studio funzionali ed efficaci. E, di questo, i ragazzidella sssg ne hanno, oggi più che mai, necessità.

Inoltre, la didattica metacognitiva sostenendo la crescita di consapevo-lezza operativa e della capacità di controllo cognitivo degli studenti nelle

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attività di studio e di ricerca, stimola le loro capacità di apprendimento epermette una più adeguata acquisizione e padronanza delle loro conoscenze.

Ancora: la pratica della metacognizione, invita i docenti a ridurre la pro-pria interferenza trasmissiva per consentire ad ogni soggetto che apprendedi conoscere – un po’ di più, un po’ meglio – il proprio repertorio di rispostementali allo scopo di renderle adeguate allo specifico compito di apprendi-mento e, più in generale, per favorire l’efficace elaborazione e attuazionedi interventi autonomi e consapevoli. Essa, favorisce così, l’incrociarsinell’allievo delle aspirazioni alla costruzione continua dell’identità, dell’au-tonomia personale e delle proprie competenze.

Pertanto, seguendo le linee del discorso fatto fino a questo punto, si puògiungere alla conclusione di ritenere lo sviluppo della metacognizione ascuola come una delle più opportune risposte da dare alla domanda di indi-vidualizzazione dei percorsi di insegnamento e di personalizzazione deiprocessi di studio e di apprendimento.

In conclusione, due ulteriori considerazioni.La prima: l’attenzione ai differenti “repertori cognitivi” e alle peculiari

disposizioni operative, la messa in atto di azioni didattiche che riconoscanoe valorizzino le più diverse inclinazioni e i personali stili di apprendimento,porta la didattica a orientamento metacognitivo a rispettare e sviluppare,nel vivo dell’esperienza di studio degli allievi, la loro diversità cognitiva.E, questo, oltre che costituire un indubbio fattore di qualità dell’azione for-mativa espressa dalla scuola, fa, come s’è già detto, della stessa un’effettivapalestra di pluralità e di democrazia cognitiva e culturale.

La seconda: la frequentazione della didattica metacognitiva porta i do-centi a rendere sempre più efficace l’azione di insegnamento perché, oltrea renderla più calibrata rispetto alle effettive caratteristiche cognitive degliallievi, scommette sulla possibilità di miglioramento degli loro esiti forma-tivi, attraverso la disposizione sempre più curata a conoscere e ad agire susé stessi mentre studiano e apprendono.

Si ha bisogno di provare, nei modi più opportuni, a perseguire entrambele finalità. Una mano, questa volta, la offre il Legislatore con l’emanazionedei Regolamenti per il Riordino della scuola secondaria di secondo grado.Noi, qui, ci occuperemo di valutarne la validità mediante il riconoscimentodella valenza metacognitiva contenuta nel disegno curricolare proposto, inparticolare, dalle Indicazioni Nazionali per i Licei e dalle Linee Guida pergli Istituti Tecnici e Professionali.

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4. La qualità didattica e metacognitiva nei curricoli delle scuole secon-

darie di secondo grado

Scorreremo velocemente i documenti legislativi riferibili alle scuole se-condarie di secondo grado per provare a individuare e a condividere il rin-novato orientamento formativo (e metacognitivo) che li informa a partiredal Decreto L.vo 226 del 17 ottobre e per proseguire poi con i Regolamentiper il Riordino. In seguito, ci occuperemo delle proposte di riforma degliimpianti curricolari esplicitate attraverso le Indicazioni nazionali per i Liceie le Linee Guida per gli Istituti Professionali e Tecnici allo scopo di rico-noscerne gli aspetti che più direttamente si richiamano all’introduzione(esplicita/implicita) della metacognizione a scuola.

Piuttosto che commentare, però, pedissequamente ogni coloritura me-tacognitiva contenuta nei testi ministeriali, ci limiteremo a segnalare colcorsivo il potenziale metacognitivo presente in alcuni dei passaggi più si-gnificativi.

4.1 La metacognizione nelle Identità e nei Profili delle scuole secondariesuperiori

Proviamo a passare in rassegna i documenti che esplicitano le “identità”e disegnano i “profili”, rispettivamente dei Licei, degli Istituti Professionalie degli Istituti Tecnici.

Il decreto legislativo n. 226 del 2005, recante norme generali e livelliessenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo, con l’allegato A, defi-nisce il Profilo educativo, culturale e professionale dello studente a con-clusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione.Quest’ultimo è finalizzato a:

a) la crescita educativa, culturale e professionale dei giovani, per tra-sformare la molteplicità dei saperi in un sapere unitario, dotato disenso, ricco di motivazioni;

b) lo sviluppo dell’autonoma capacità di giudizio;c) l’esercizio della responsabilità personale e sociale.

In seguito, il Profilo sottolinea la dimensione trasversale ai differentipercorsi di istruzione e di formazione frequentati dallo studente, eviden-ziando che le conoscenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere) e le abi-lità operative apprese (il fare consapevole), nonché l’insieme delle azioni edelle relazioni interpersonali intessute (l’agire) siano la condizione per ma-turare le competenze che arricchiscono la personalità dello studente e lo

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rendono autonomo costruttore di se stesso in tutti i campi della esperienzaumana, sociale e professionale.

- Il Regolamento dei Licei (15.03.2010) afferma che gli stessi sonofinalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria su-periore e costituiscono parte del sistema dell’istruzione secondaria su-periore quale articolazione del secondo ciclo del sistema di istruzione eformazione.

«I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e me-todologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli siponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, difronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze,abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali e ade-guate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nellavita sociale e nel mondo del lavoro».

Per raggiungere questi risultati occorre il concorso e la piena valorizza-zione di tutti gli aspetti del lavoro scolastico:

• lo studio delle discipline in una prospettiva sistematica, storica e critica;• la pratica dei metodi di indagine propri dei diversi ambiti disciplinari;• l’esercizio di lettura, analisi, traduzione di testi letterari, filosofici,

storici, scientifici, saggistici e di interpretazione di opere d’arte;• l’uso costante del laboratorio per l’insegnamento delle discipline

scientifiche;• la pratica dell’argomentazione e del confronto;• la cura di una modalità espositiva scritta ed orale corretta, pertinente,

efficace e personale;• l’uso degli strumenti multimediali a supporto dello studio e della ricerca.

- Per quanto concerne l’identità e il profilo degli Istituti Tecnici e Profes-sionali più che ricorrere al loro Regolamento per il Riordino (15.03.2010),conviene rifarsi alle Linee Guida emanate dal MIUR.

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Il Profilo degli Istituti Professionali:«Il riordino degli istituti professionali risponde all’esigenza di organizzare percorsiformativi quinquennali, finalizzati al conseguimento di un titolo di studio, fondati suuna solida base di istruzione generale e tecnico-professionale riferita a filiere produttivedi rilevanza nazionale che a livello locale possono assumere connotazioni specifiche.… Tre parole-chiave possono aiutare a sintetizzare i riferimenti progettuali per artico-lare l’offerta formativa in modo da rispondere ad una pluralità di bisogni: “mentid’opera”, “professionalità” e “laboratorialità”.L’immagine delle “menti d’opera”… si fonda su una concezione culturale che intendesuperare gli stereotipi di una interpretazione sequenziale del rapporto tra teoria e pra-tica e del primato dei saperi teorici, promuovendo una chiave di lettura che valorizza

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i diversi stili di apprendimento degli studenti e offre risposte articolate alle domandedel mondo del lavoro e delle professioni. Nella progettazione dei percorsi, per esempio,tale approccio sollecita l’attenzione dei docenti a correlare la solida base di istruzionegenerale e tecnico-professionale con gli interessi e le motivazioni degli studenti, af-finché i saperi appresi siano percepiti come utili, significativi e riscontrabili nel reale.La “professionalità” propone una valorizzazione della cultura del lavoro, intesa nellasua accezione più ampia: l’insieme di operazioni, procedure, simboli, linguaggi e va-lori, ma anche identità e senso di appartenenza ad una comunità professionale, cheriflettono una visione etica della realtà, un modo di agire per scopi positivi in relazionead esigenze non solo personali ma comuni.Con il concetto di “laboratorialità” il valore del lavoro si estende allo scopo del per-corso di studi (imparare a lavorare), al metodo privilegiato che consente di apprenderein modo attivo, coinvolgente, significativo ed efficace (imparare lavorando).Per corrispondere a questa visione e diventare vere “scuole dell’innovazione territo-riale”, gli istituti professionali sono chiamati ad operare scelte orientate permanente-mente al cambiamento e, allo stesso tempo, a favorire attitudini all’auto-appren-dimento, al lavoro di gruppo e alla formazione continua. Nei loro percorsi appare de-cisivo valorizzare l’apporto scientifico e tecnologico alla costruzione del sapere, cheabituano al rigore, all’onestà intellettuale, alla libertà di pensiero, alla creatività, allacollaborazione, in quanto valori fondamentali per la costruzione di una società apertae democratica. Valori che, insieme ai principi ispiratori della Costituzione, stanno allabase della convivenza civile.In questo quadro, orientato al raggiungimento delle competenze richieste dal mondodel lavoro e delle professioni, le discipline mantengono la loro specificità e sono voltea far acquisire agli studenti i risultati di apprendimento indicati dal Regolamento, maè molto importante che i docenti scelgano metodologie didattiche coerenti con l’im-postazione culturale dell’istruzione professionale e capaci di realizzare il coinvolgi-mento e la motivazione all’apprendimento degli studenti. … In un mondo sempre più complesso e in continua trasformazione, l’immaginazioneè il valore aggiunto per quanti vogliono creare qualcosa di nuovo, di proprio, di di-stintivo; qualcosa che dia significato alla propria storia, alle proprie scelte, ad unprogetto di una società più giusta e solidale».

Il Profilo degli Istituti Tecnici… «Agli istituti tecnici è affidato il compito di far acquisire agli studenti non solo lecompetenze necessarie al mondo del lavoro e delle professioni, ma anche le capacitàdi comprensione e applicazione delle innovazioni che lo sviluppo della scienza e dellatecnica continuamente produce.… Per diventare vere “scuole dell’innovazione”, gli istituti tecnici sono chiamati adoperare scelte orientate permanentemente al cambiamento e, allo stesso tempo, a fa-vorire attitudini all’auto- apprendimento, al lavoro di gruppo e alla formazione con-tinua. Nei loro percorsi non può mancare, quindi, una riflessione sulla scienza, le sueconquiste e i suoi limiti, la sua evoluzione storica, il suo metodo in rapporto alle tec-nologie. In sintesi, occorre valorizzare il metodo scientifico e il sapere tecnologico,che abituano al rigore, all’onestà intellettuale, alla libertà di pensiero, alla creatività,alla collaborazione, in quanto valori fondamentali per la costruzione di una societàaperta e democratica. Valori che, insieme ai principi ispiratori della Costituzione,stanno alla base della convivenza civile.

Come si può ben notare, l’orientamento metacognitivo espresso attra-verso sollecitazioni di diverso tipo (spinta formativa alla riflessione e allaconsapevolezza nello studio, sostegno e sviluppo dell’autonomia di studioe di lavoro, valorizzazione dei differenti stili cognitivi e operativi, adozionedi metodologie attive e partecipative, sostegno alle pratiche di pianifica-zione e controllo nelle attività, ecc.) è molto più facilmente individuabile ericonoscibile nei Profili degli Istituti Professionali e Tecnici rispetto aquanto si può notare nel Profilo dei Licei. C’è da augurarsi, in questo caso,che i docenti liceali inseriscano un supplemento di metacognitività nellaprogettazione e nella pratica didattica quotidiana rispetto a quello dichiaratonel Regolamento per il riordino e nelle successive Indicazioni Nazionali.

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In questo quadro, orientato al raggiungimento delle competenze richieste dal mondodel lavoro e delle professioni, le discipline mantengono la loro specificità e sono voltea far acquisire agli studenti i risultati di apprendimento indicati dal Regolamento, maè molto importante che i docenti scelgano metodologie didattiche coerenti con l’im-postazione culturale dell’istruzione tecnica che siano capaci di realizzare il coinvol-gimento e la motivazione all’apprendimento degli studenti. È necessario, quindi:- utilizzare metodi induttivi- adoperare metodologie partecipative- adottare una intensa e diffusa didattica di laboratorio- proporre attività progettuali e di alternanza scuola-lavoro.

Considerare gli istituti tecnici come “scuole dell’innovazione” significa intendere que-sti istituti come un laboratorio di costruzione del futuro, capaci di trasmettere ai gio-vani la curiosità, il fascino dell’immaginazione e il gusto della ricerca, del costruireinsieme dei prodotti, di proiettare nel futuro il proprio impegno professionale per unapiena realizzazione sul piano culturale, umano e sociale. In un mondo sempre piùcomplesso e in continua trasformazione, l’immaginazione è il valore aggiunto perquanti vogliono creare qualcosa di nuovo, di proprio, di distintivo; qualcosa che diasignificato alla propria storia, alle proprie scelte, ad un progetto di una società piùgiusta e solidale.I percorsi degli istituti tecnici sono connotati da una solida base culturale a caratterescientifico e tecnologico… Tale base ha l’obiettivo di far acquisire agli studenti siaconoscenze teoriche e applicative spendibili in vari contesti di vita, di studio e di lavorosia abilità cognitive idonee per risolvere problemi, sapersi gestire autonomamente inambiti caratterizzati da innovazioni continue, assumere progressivamente anche re-sponsabilità per la valutazione e il miglioramento dei risultati ottenuti.I percorsi dei nuovi istituti tecnici danno, inoltre, ampio spazio alle metodologie fina-lizzate a sviluppare le competenze degli allievi attraverso la didattica di laboratorioe le esperienze in contesti applicativi, l’analisi e la soluzione di problemi ispirati a si-tuazioni reali, il lavoro per progetti.

4.2 La metacognizione nei traguardi di apprendimento generali

Passiamo ora a prendere in considerazione un’altra componente fonda-mentale della struttura curricolare delle scuole secondarie di secondo grado:la definizione dei traguardi di apprendimento (ovvero delle competenze)che, nell’insieme, concorrono a definire il Profilo culturale, educativo eprofessionale degli studenti. Un’avvertenza: per ragioni di spazio e per per-seguire più efficacemente le finalità del nostro lavoro, abbiamo preferitoconcentrare la nostra attenzione su un più ristretto (rispetto alla globalitàdella scuola secondaria superiore) ambito.

Abbiamo, infatti, scelto di orientare le nostre osservazioni a propositodei traguardi “metacognitivi” dei licei e degli istituti tecnici, rivolgendo unosguardo particolare, da una parte, al liceo linguistico e all’istituto tecnicoeconomico.

- I traguardi di apprendimento (generali) comuni a tutti i percorsi liceali A conclusione dei percorsi dei licei, gli studenti, per conseguire quanto

previsto dal relativo PECUP, devono essere in grado di:

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(Area metodologica)

• Aver acquisito un metodo di studio autonomo e flessibile, che consenta di condurrericerche e approfondimenti personali e di continuare in modo efficace i successivistudi superiori, naturale prosecuzione dei percorsi liceali, e di potersi aggiornarelungo l’intero arco della propria vita.

• Essere consapevoli della diversità dei metodi utilizzati dai vari ambiti disciplinaried essere in grado valutare i criteri di affidabilità dei risultati in essi raggiunti.

• Saper compiere le necessarie interconnessioni tra i metodi e i contenuti delle singolediscipline.

(Area logico-argomentativa)

• Saper sostenere una propria tesi e saper ascoltare e valutare criticamente le argo-mentazioni altrui.

• Acquisire l’abitudine a ragionare con rigore logico, ad identificare i problemi e aindividuare possibili soluzioni.

• Essere in grado di leggere e interpretare criticamente i contenuti delle diverse formedi comunicazione.

(Area linguistica e comunicativa)

• Padroneggiare pienamente la lingua italiana e in particolare:- dominare la scrittura in tutti i suoi aspetti, da quelli elementari (ortografia e mor-

fologia) a quelli più avanzati (sintassi complessa, precisione e ricchezza del lessico,anche letterario e specialistico), modulando tali competenze a seconda dei diversicontesti e scopi comunicativi;

- saper leggere e comprendere testi complessi di diversa natura, cogliendo le impli-cazioni e le sfumature di significato proprie di ciascuno di essi, in rapporto con latipologia e il relativo contesto storico e culturale;

- curare l’esposizione orale e saperla adeguare ai diversi contesti.

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• Aver acquisito, in una lingua straniera moderna, strutture, modalità e competenzecomunicative corrispondenti almeno al Livello B2 del Quadro Comune Europeo diRiferimento.

• Saper riconoscere i molteplici rapporti e stabilire raffronti tra la lingua italiana e altrelingue moderne e antiche.

• Saper utilizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per studiare,fare ricerca, comunicare.

(Area storico-umanistica)

• Conoscere i presupposti culturali e la natura delle istituzioni politiche, giuridiche, …• Conoscere, con riferimento agli avvenimenti, ai contesti geografici e ai personaggi

più importanti, la storia d’Italia…• Utilizzare metodi (…), concetti (…) e strumenti (…) della geografia per la lettura

dei processi storici e per l’analisi della società contemporanea.• Conoscere gli aspetti fondamentali della cultura e della tradizione letteraria, arti-

stica, filosofica, religiosa italiana ed europea… • Essere consapevoli del significato culturale del patrimonio archeologico, architet-

tonico e artistico italiano…• Collocare il pensiero scientifico, la storia delle sue scoperte e lo sviluppo delle in-

venzioni tecnologiche nell’ambito più vasto della storia delle idee.• Saper fruire delle espressioni creative delle arti e dei mezzi espressivi, compresi lo

spettacolo, la musica, le arti visive.• Conoscere gli elementi essenziali e distintivi della cultura e della civiltà dei paesi di

cui si studiano le lingue.(Area scientifica, matematica e tecnologica)

• Comprendere il linguaggio formale specifico della matematica, saper utilizzare leprocedure tipiche del pensiero matematico, conoscere i contenuti fondamentali delleteorie che sono alla base della descrizione matematica della realtà.

• Possedere i contenuti fondamentali delle scienze fisiche e delle scienze naturali (...),padroneggiandone le procedure e i metodi di indagine propri, anche per potersiorientare nel campo delle scienze applicate.

• Essere in grado di utilizzare criticamente strumenti informatici e telematici nelle at-tività di studio e di approfondimento; comprendere la valenza metodologica dell’in-formatica nella formalizzazione e modellizzazione dei processi complessi e nell’indi-viduazione di procedimenti risolutivi.

* In particolare, gli studenti del liceo linguistico, considerando che il percorso forma-tivo è indirizzato allo studio di più sistemi linguistici e culturali e che, pertanto, guidalo studente ad approfondire e a sviluppare le conoscenze e le abilità, a maturare lecompetenze necessarie per acquisire la padronanza comunicativa di tre lingue, oltrel’italiano e per comprendere criticamente l’identità storica e culturale di tradizioni eciviltà diverse”, al termine del corso, devono essere in grado di:• avere acquisito in due lingue moderne strutture, modalità e competenze comunicative

corrispondenti almeno al Livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento;• avere acquisito in una terza lingua moderna strutture, modalità e competenze comu-

nicative corrispondenti almeno al Livello B1 del Quadro Comune Europeo di Rife-rimento;

• saper comunicare in tre lingue moderne in vari contesti sociali e in situazioni pro-fessionali utilizzando diverse forme testuali;

- I traguardi di apprendimento (generali) comuni a tutti i percorsi degliistituti tecnici

A conclusione dei percorsi dei licei, gli studenti, per conseguire quantoprevisto dal relativo PECUP, devono essere in grado di:

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• riconoscere in un’ottica comparativa gli elementi strutturali caratterizzanti le linguestudiate ed essere in grado di passare agevolmente da un sistema linguistico all’al-tro;

• essere in grado di affrontare in lingua diversa dall’italiano specifici contenuti disci-plinari;

• conoscere le principali caratteristiche culturali dei paesi di cui si è studiata la lingua …• sapersi confrontare con la cultura degli altri popoli, avvalendosi delle occasioni di

contatto e di scambio.

- agire in base ad un sistema di valori coerenti con i principi della Costituzione, a partiredai quali saper valutare fatti e ispirare i propri comportamenti personali e sociali;

- utilizzare gli strumenti culturali e metodologici acquisiti per porsi con atteggiamentorazionale, critico e responsabile di fronte alla realtà, ai suoi fenomeni e ai suoi pro-blemi, anche ai fini dell’apprendimento permanente;

- padroneggiare il patrimonio lessicale ed espressivo della lingua italiana secondo leesigenze comunicative nei vari contesti: sociali, culturali, scientifici, economici, tec-nologici;

- riconoscere le linee essenziali della storia delle idee, della cultura, della letteratura,delle arti e orientarsi agevolmente fra testi e autori fondamentali, con riferimento so-pratutto a tematiche di tipo scientifico, tecnologico ed economico;

- riconoscere gli aspetti geografici, ecologici, territoriali, dell’ambiente naturale ed an-tropico, le connessioni con le strutture demografiche, economiche, sociali, culturalie le trasformazioni intervenute nel corso del tempo;

- stabilire collegamenti tra le tradizioni culturali locali, nazionali ed internazionali;- utilizzare i linguaggi settoriali delle lingue straniere…;- riconoscere il valore e le potenzialità dei beni artistici e ambientali, …- individuare ed utilizzare le moderne forme di comunicazione visiva e multimediale,

anche con riferimento alle strategie espressive e agli strumenti tecnici della comu-nicazione in rete;

- riconoscere gli aspetti comunicativi, culturali e relazionali dell’espressività corporeaed esercitare in modo efficace la pratica sportiva per il benessere individuale e col-lettivo;

- collocare le scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche in una dimensionestoricoculturale ed etica, nella consapevolezza della storicità dei saperi;

- utilizzare modelli appropriati per investigare su fenomeni e interpretare dati speri-mentali;

- riconoscere, nei diversi campi disciplinari studiati, i criteri scientifici di affidabilitàdelle conoscenze e delle conclusioni che vi afferiscono;

- padroneggiare il linguaggio formale e i procedimenti dimostrativi della matematica;

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- possedere gli strumenti matematici, statistici e del calcolo delle probabilità necessariper la comprensione delle discipline scientifiche e per poter operare nel campo dellescienze applicate;

- collocare il pensiero matematico e scientifico nei grandi temi dello sviluppo dellastoria delle idee, della cultura, delle scoperte scientifiche e delle invenzioni tecno-logiche;

- utilizzare le reti e gli strumenti informatici nelle attività di studio, ricerca e …;- padroneggiare l’uso di strumenti tecnologici …;- utilizzare, in contesti di ricerca applicata, procedure e tecniche per trovare soluzioni

innovative e migliorative, in relazione ai campi di propria competenza;- cogliere l’importanza dell’orientamento al risultato, del lavoro per obiettivi e della

necessità di assumere responsabilità nel rispetto dell’etica e della deontologia pro-fessionale;

- saper interpretare il proprio autonomo ruolo nel lavoro di gruppo;- analizzare criticamente il contributo apportato dalla scienza e dalla tecnologia allo

sviluppo dei saperi e dei valori, al cambiamento delle condizioni di vita e dei modidi fruizione culturale;

- essere consapevole del valore sociale della propria attività, partecipando attivamentealla vita civile e culturale a livello locale, nazionale e comunitario.

* In particolare, gli studenti degli istituti tecnici economici, a conclusione del loropercorso di studi gli studenti devono essere in grado di:- analizzare la realtà e i fatti concreti della vita quotidiana ed elaborare generalizza-

zioni che aiutino a spiegare i comportamenti individuali e collettivi in chiave econo-mica;

- riconoscere la varietà e lo sviluppo storico delle forme economiche, sociali e istitu-zionali attraverso le categorie di sintesi fornite dall’economia e dal diritto;

- riconoscere l’interdipendenza tra fenomeni economici, sociali, istituzionali, culturalie la loro dimensione locale/globale;

- analizzare, con l’ausilio di strumenti matematici e informatici, i fenomeni economicie sociali;

- orientarsi nella normativa pubblicistica, civilistica e fiscale;- intervenire nei sistemi aziendali con riferimento a previsione, organizzazione, con-

duzione e controllo di gestione;- utilizzare gli strumenti di marketing in differenti casi e contesti;- distinguere e valutare i prodotti e i servizi aziendali, effettuando calcoli di conve-

nienza per individuare soluzioni ottimali;- agire nel sistema informativo dell’azienda e contribuire sia alla sua innovazione sia

al suo adeguamento organizzativo e tecnologico;- elaborare, interpretare e rappresentare efficacemente dati aziendali con il ricorso a

strumenti informatici e software gestionali;- analizzare i problemi scientifici, etici, giuridici e sociali connessi agli strumenti cul-

turali acquisiti.

4.3 La metacognizione nei traguardi di apprendimento disciplinari

Riportiamo qui degli esempi di traguardi di apprendimento disciplinari5

(di sssg) che, oltre a rivelare la presenza di riflessività e di metacognizione,consentono di mettere maggiormente a fuoco alcune delle caratteristichepiù salienti degli obiettivi didattici metacognitivi. Li facciamo precedereda un’avvertenza di carattere semantico: spesso, nel tentativo di rintracciaretracce di metacognitività nei traguardi di apprendimento o di competenza,ci troveremo di fronte a termini linguistici che sembrano evocare operazionidi tipo essenzialmente esecutivo piuttosto che riflessivo, quali uso, utiliz-zazione, strumenti, oltre che, “abilità”. L’apparenza linguistica non deveingannarci: in realtà, quando si lavora sulla metacognizione, tocca scendereal di sotto della superficie emergente, scavare oltre l’epidermide della formalessicale, facendo i conti anche con le mode espressive del linguaggio con-temporaneo. Allo scopo, sia di recuperare il senso effettivo del termine, sia,per quanto ci riguarda, di individuare, in profondità, le azioni metacognitiveche sono all’opera.

Pertanto, è quanto mai necessario “leggere” i traguardi elencati (in rap-presentanza anche di tanti altri che evitiamo di riportare per ragioni di spa-zio) a riguardo del contenuto riflessivo che contengono e in riferimentoall’azione didattica metacognitiva che, opportunamente, dovrà essere pro-mossa allo scopo di perseguirli.

- Dai traguardi di apprendimento disciplinari degli istituti tecnici

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5 Abbiamo dovuto scegliere solo alcuni traguardi di apprendimento disciplinari di improntametacognitiva essenzialmente per ragioni di spazio. L’abbiamo fatto, però, anche per evitaredi “riformularli” quasi del tutto ovvero mediante una completa (e parecchio “creativa”) tra-duzione di quelle parti delle Indicazioni che, pur riferite espressamente a competenze e obiet-tivi, in realtà erano costituite, invece, da suggerimenti di attività e da individuazione dicontenuti (più o meno come nei “programmi” tradizionali …). A riguardo, invitiamo il Let-tore a prendere in considerazione, ad esempio, gli Obiettivi Specifici di Apprendimento diScienze Naturali …

Da “Attività e Insegnamenti” di area generale”, per gli scopi del nostro lavoro, rica-viamo le seguenti competenze e abilità (riferibili alle competenze medesime):Primo BiennioLingua e letteratura italianaCompetenze di base:- Padroneggiare gli strumenti espressivi e argomentativi indispensabili per gestire

l’interazione comunicativa verbale in vari contesti- Leggere, comprendere e interpretare testi scritti di vario tipo

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- Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comunicativi.- Utilizzare gli strumenti fondamentali per un fruizione consapevole del patrimonio

artistico e letterario.Abilità: - Ascoltare e comprendere … testi di vario genere, articolati e complessi; utilizzare

metodi e strumenti per fissare i concetti fondamentali (appunti, scalette, mappe). - Applicare tecniche, strategie e modi di lettura a scopi e in contesti diversi.- Nell’ambito della produzione e dell’interazione orale, padroneggiare situazioni di

comunicazione tenendo conto dello scopo, del contesto, dei destinatari e attraversol’ascolto attivo e consapevole.

- Esprimere e sostenere il proprio punto di vista e riconoscere quello altrui.- Nell’ambito della produzione scritta, ideare e strutturare testi di varia tipologia, uti-

lizzando correttamente il lessico, le regole sintattiche e grammaticali, ad esempio,per riassumere, titolare, parafrasare, relazionare, argomentare, strutturare ipertesti.

- Riflettere sulla lingua dal punto di vista lessicale, morfologico, sintattico. Lingua inglese6

Competenze di base:- Utilizzare la lingua straniera per i principali scopi comunicativi e operativi- Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comunicativi.Abilità:- Utilizzare appropriate strategie ai fini della ricerca di informazioni e della compren-

sione dei punti essenziali in messaggi …- Riconoscere gli aspetti strutturali della lingua utilizzata in testi comunicativi nella

forma scritta, orale e multimediale.- Cogliere il carattere interculturale della lingua inglese, anche in relazione alla sua

dimensione globale e alle varietà geografiche. Scienze Integrate (Fisica)7

Competenze di base: - Osservare, descrivere e analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e ar-

tificiale e riconoscere nelle varie forme i concetti di sistema e di complessità.- Essere consapevoli delle potenzialità e dei limiti delle tecnologie nel contesto cultu-

rale e sociale in cui vengono applicate.Abilità:- Analizzare la trasformazione dell’energia negli apparecchi domestici, tenendo conto

della loro potenza e valutandone il corretto utilizzo per il risparmio energetico.- Applicare il concetto di ciclo termodinamico per spiegare il funzionamento del mo-

tore a scoppio.

6 A riguardo dell’insegnamento della Lingua Inglese ci piace riportare uno dei “suggerimenti”didattici che accompagnano l’indicazione dei traguardi di apprendimento: «… Gli studentivengono guidati, anche nel confronto con la lingua madre, all’uso progressivamente con-sapevole delle strategie comunicative per favorire il trasferimento di competenze, abilità econoscenze tra le due lingue e facilitare gli apprendimenti in un’ottica di educazione lin-guistica e interculturale…».7 I traguardi di apprendimento indicati si riferiscono al curricolo degli Istituti Tecnici Eco-nomici.

- Dai traguardi di apprendimento dei Licei riportiamo:

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LINGUA ITALIANA

COMPETENZE DI FINE CORSO1. Al termine del percorso liceale, lo studente padroneggia la lingua italiana. È in grado

quindi: a. di esprimersi, in forma scritta e orale, con chiarezza e proprietà, variando – a se-

conda dei diversi contesti e scopi – l’uso personale della lingua; b. di compiere operazioni fondamentali, quali riassumere e parafrasare un testo dato,

organizzare e motivare un ragionamento; c. di illustrare e interpretare in termini essenziali un fenomeno storico, culturale,

scientifico. 2. A riguardo dell’osservazione sistematica delle strutture linguistiche, lo studente deve

essere capace di:a. affrontare testi anche complessi, presenti in situazioni di studio o di lavorob. di servirsi di strumenti forniti dalla riflessione metalinguistica basata sul ragiona-

mento circa le funzioni dei diversi livelli (ortografico, interpuntivo, morfosintattico,lessicale-semantico, testuale) nella costruzione ordinata del discorso.

3. Per quanto concerne la “letteratura”, lo studente:a. acquisisce un metodo specifico di lavoro, impadronendosi via via degli strumenti

indispensabili per l’interpretazione dei testi: l’analisi linguistica, stilistica, retorica;l’intertestualità e la relazione fra temi e generi letterari; l’incidenza della stratifi-cazione di letture diverse nel tempo;

b. matura un’autonoma capacità di interpretare e commentare testi in prosa e in versi,di porre loro domande personali e paragonare esperienze distanti con esperienzepresenti nell’oggi;

c. dimostra una chiara cognizione del percorso storico della letteratura italiana dalleOrigini ai nostri giorni;

d. ha approfondito la relazione fra letteratura ed altre espressioni culturali, anchegrazie all’apporto sistematico delle altre discipline che si presentano sull’asse deltempo (storia, storia dell’arte, storia della filosofia);

e. attraverso la lettura di testi di valore letterario amplia il patrimonio lessicale e se-mantico, la capacità di adattare la sintassi alla costruzione del significato e di ade-guare il registro e il tono ai diversi temi, l’attenzione all’efficacia stilistica, chesono presupposto della competenza di scrittura.

LINGUA ITALIANA

OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

PRIMO BIENNIONel primo biennio, lo studente colma eventuali lacune e consolida e approfondisce lecapacità linguistiche orali e scritte, mediante attività che promuovano un uso linguisticoefficace e corretto, affiancate da una riflessione sulla lingua orientata ai dinamismi dicoesione morfosintattica e coerenza logico-argomentativa. In particolare:1. nell’ambito della produzione orale, sarà abituato al rispetto dei turni verbali, al-

l’ordine dei temi e all’efficacia espressiva. 2. nell’ambito della produzione scritta saprà controllare la costruzione del testo se-

condo progressioni tematiche coerenti, l’organizzazione logica entro e oltre la frase,l’uso dei connettivi, dell’interpunzione, e saprà compiere adeguate scelte lessicali.

185

3. tali attività consentiranno di sviluppare la competenza testuale sia nella compren-sione (individuare dati e informazioni, fare inferenze, comprendere le relazioni lo-giche interne) sia nella produzione (curare la dimensione testuale, ideativa elinguistica).

SECONDO BIENNIO E QUINTO ANNONel secondo biennio e nell’anno finale lo studente consolida e sviluppa le proprie co-noscenze e competenze linguistiche in tutte le occasioni adatte a riflettere ulteriormentesulla ricchezza e la flessibilità della lingua, considerata in una grande varietà di testiproposti allo studio. A riguardo, lo studente:1. affinerà le competenze di comprensione e produzione in maniera sistematica, in

collaborazione con le altre discipline che utilizzano testi, sia per lo studio e per lacomprensione sia per la produzione (relazioni, verifiche scritte ecc.). In questa pro-spettiva, si avrà particolare riguardo al possesso dei lessici disciplinari.

2. analizzerà i testi letterari anche sotto il profilo linguistico, praticando la spiega-zione letterale per rilevare le peculiarità del lessico, della semantica e della sintassie, nei testi poetici, l’incidenza del linguaggio figurato e della metrica. Essi, pur re-stando al centro dell’attenzione, andranno affiancati da testi di altro tipo, eviden-ziandone volta a volta i tratti peculiari; nella prosa saggistica, ad esempio, simetteranno in evidenza le tecniche dell’argomentazione.

LINGUA E CULTURA STRANIERA

Linee generali e competenze Come traguardo dell’intero percorso liceale si pone il raggiungimento di un livello dipadronanza riconducibile almeno al livello B2 del Quadro Comune Europeo di Rife-rimento per le lingue.A tal fine, durante il percorso liceale lo studente acquisisce capacità di:1. comprensione di testi orali e scritti inerenti a tematiche di interesse sia personale

sia scolastico; 2. produzione di testi orali e scritti per riferire fatti, descrivere situazioni, argomentare

e sostenere opinioni; 3 interazione nella lingua straniera in maniera adeguata sia agli interlocutori sia

al contesto; 4. analisi e interpretazione di aspetti relativi alla cultura dei paesi di cui si parla la

lingua, con attenzione a tematiche comuni a più discipline;5. uso consapevole di strategie comunicative efficaci e dalla riflessione sul sistema e

sugli usi linguistici, nonché sui fenomeni culturali8.

OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

LinguaPRIMO BIENNIONell’ambito della competenza linguistico-comunicativa, lo studente: a. comprende in modo globale e selettivo testi orali e scritti su argomenti noti inerenti

alla sfera personale e sociale;

8 Quest’ultima capacità, nel testo delle Indicazioni, viene opportunamente definita “valoreaggiunto”.

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b. produce testi orali e scritti, lineari e coesi per riferire fatti e descrivere situazioniinerenti ad ambienti vicini e a esperienze personali;

c. partecipa a conversazioni e interagisce nella discussione, anche con parlanti nativi,in maniera adeguata al contesto;

d. riflette sul sistema (fonologia, morfologia, sintassi, lessico, ecc.) e sugli usi lingui-stici (funzioni, varietà di registri e testi, ecc.), anche in un’ottica comparativa, alfine di acquisire una consapevolezza delle analogie e differenze con la lingua ita-liana;

e. riflette sulle strategie di apprendimento della lingua straniera al fine di sviluppareautonomia nello studio.

SECONDO BIENNIONell’ambito della competenza linguistico-comunicativa, lo studente: a. comprende in modo globale, selettivo e dettagliato testi orali/scritti attinenti ad

aree di interesse di ciascun liceo; b. produce testi orali e scritti strutturati e coesi per riferire fatti, descrivere fenomeni

e situazioni, sostenere opinioni con le opportune argomentazioni;c. partecipa a conversazioni e interagisce nella discussione, anche con parlanti nativi,

in maniera adeguata sia agli interlocutori sia al contesto; d. riflette sul sistema (fonologia, morfologia, sintassi, lessico, ecc.) e sugli usi lingui-

stici (funzioni, varietà di registri e testi, aspetti pragmatici, ecc.), anche in un’otticacomparativa, al fine di acquisire una consapevolezza delle analogie e differenzetra la lingua straniera e la lingua italiana;

e. riflette su conoscenze, abilità e strategie acquisite nella lingua straniera in funzionedella trasferibilità ad altre lingue.

QUINTO ANNOLo studente, nell’acquisire competenze linguistico-comunicative corrispondenti al-meno al Livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue:a. produce testi orali e scritti (per riferire, descrivere, argomentare); b. riflette sulle caratteristiche formali dei testi prodotti al fine di pervenire ad un ac-

cettabile livello di padronanza linguistica;c. allo scopo, in particolare, consolida il metodo di studio della lingua straniera per

l’apprendimento di contenuti non linguistici, coerentemente con l’asse culturalecaratterizzante ciascun liceo e in funzione dello sviluppo di interessi personali oprofessionali.

FISICA

Linee generali e competenzeAl termine del percorso liceale lo studente avrà appreso i concetti fondamentali dellafisica, acquisendo consapevolezza del valore culturale della disciplina e della sua evo-luzione storica ed epistemologica.In particolare, lo studente avrà acquisito le seguenti competenze: - osservare e identificare fenomeni; affrontare e risolvere semplici problemi di fisica

usando gli strumenti matematici adeguati al suo percorso didattico; - avere consapevolezza dei vari aspetti del metodo sperimentale, dove l’esperimento è

inteso come interrogazione ragionata dei fenomeni naturali, analisi critica dei datie dell’affidabilità di un processo di misura, costruzione e/o validazione di modelli;

5. Metacognizione nella secondaria superiore: dai traguardi di appren-

dimento agli orientamenti metodologici delle Linee Guida

Come già detto a proposito dell’impianto curricolare del Primo Ciclo(delineato attraverso le Indicazioni per il Curricolo del 2007), il riconosci-mento della forte presenza della metacognizione nelle finalità formative ge-nerali della scuola secondaria di secondo grado e nei traguardi diapprendimento (competenze di base e finali e obiettivi di apprendimentodisciplinari), conduce a operare scelte metodologiche, didattiche e organiz-zative coerenti con tali evidenze. Sotto il profilo metodologico (a livello diprogettazione come di concreta messa in atto didattica), infatti, diverso è,ad esempio, preoccuparsi quasi esclusivamente di trasmettere conoscenzee contenuti da far replicare agli studenti rispetto all’attivarsi – mediante leattività di insegnamento – per generare o consolidare o sostenere in loro leattitudini, le disposizioni, le strategie di studio e di ricerca (sollecitate dalleIndicazioni Nazionali per i Licei ovvero dalle Linee Guida per gli IstitutiTecnici e Professionali).

187

- comprendere e valutare le scelte scientifiche e tecnologiche che interessano la so-cietà in cui vive.

OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

SECONDO BIENNIO1. Si inizierà a costruire il linguaggio della fisica classica (grandezze fisiche scalari

e vettoriali e unità di misura), abituando lo studente a semplificare e modellizzaresituazioni reali, a risolvere problemi e ad avere consapevolezza critica del propriooperato.

2. Al tempo stesso, anche con un approccio sperimentale, lo studente avrà chiaro ilcampo di indagine della disciplina ed imparerà ad esplorare fenomeni e a descri-verli con un linguaggio adeguato.

QUINTO ANNO1. Lo studio dei fenomeni elettrici e magnetici permetterà allo studente di esaminare

criticamente il concetto di interazione a distanza, già incontrato con la legge digravitazione universale, la necessità del suo superamento e dell’introduzione diinterazioni mediate dal campo elettrico, del quale si darà anche una descrizionein termini di energia e potenziale, e dal campo magnetico.

2. Lo studente completerà lo studio dell’elettromagnetismo con l’induzione elettro-magnetica; un’analisi intuitiva dei rapporti fra campi elettrici e magnetici variabililo porterà a comprendere la natura delle onde elettromagnetiche, i loro effetti e leloro applicazioni nelle varie bande di frequenza.

Nel rimandare al lettore/insegnante, il compito di interpretare didattica-mente senso complessivo e significati di queste “dipendenze” metacogni-tive, gli consegniamo le parti più profondamente “didattiche” (e, con queste,l’anima più autenticamente innovativa e – perché – metacognitiva) del do-cumento ministeriale elaborato per orientare il passaggio dal vecchio alnuovo ordinamento della secondaria superiore. Sono tutte tratte dalle LineeGuida (per i tecnici e i professionali), ma con buona ragione (cioè per laqualità delle considerazioni contenute) possono essere estese anche ai licei.

- Dalle Linee Guida:Per ragioni di spazio, oltre che di concentrazione sul “pezzo”, abbiamo

inserito soltanto alcuni passaggi del documento (tratti prevalentemente dalleLinee Guida del Primo Biennio), consapevoli anche del pericolo di non co-gliere sia, in tutta la sua interezza e complessità, il suo senso complessivosia, nelle loro specificità formative, i significati particolari nei quali si arti-cola. A riguardo di quest’ultimo rischio, rimandiamo direttamente al docu-mento e precisamente ai seguenti paragrafi: Innovare l’organizzazionescolastica (“Autonomia e flessibilità”); Orientamenti per l’organizzazionedel curricolo (“Il raccordo tra l’area di istruzione generale e l’area di indi-rizzo”, “La formazione tecnologica”); Aspetti trasversali (“L’integrazionedelle scienze”, “Legalità, cittadinanza e costituzione”, “La conoscenzadell’ambiente e del territorio”, “La formazione per la sicurezza”)9.

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1. AZIONI PER IL PASSAGGIO AL NUOVO ORDINAMENTO

Rendere riconoscibile l’identità degli istituti tecnici

Motivare gli studenti a costruire il proprio progetto di vita e di lavoro – Il sistemaeducativo di istruzione e formazione presenta oggi due distinti modelli organizzativi,che, in relazione al primo e al secondo ciclo, vanno resi progressivamente coerenti,anche attraverso la valorizzazione delle buone pratiche. Si pone, quindi, il problemadi garantire il diritto dello studente ad un percorso formativo organico e completo,che miri a promuovere uno sviluppo articolato e multidimensionale della sua persona.Una corretta azione educativa richiede un progetto formativo che accompagni lo stu-dente con continuità nell’acquisizione graduale dei risultati di apprendimento attesi intermini di conoscenze, abilità e competenze… La continuità diviene, quindi, un obiet-tivo prioritario per educare lo studente a riorganizzare i saperi, le competenze e leesperienze acquisite. Continuità del processo educativo significa pertanto considerareil percorso formativo secondo una logica di sviluppo coerente, che da una parte valo-rizzi quello che lo studente sa e sa fare e, dall’altra, riconosca la specificità degli in-

9 Per quanto concerne, invece, la parte riportata, utilizziamo il metodo già adoperato: estra-poliamo i periodi più significativi e, di questi, mettiamo in corsivo le frasi più idonee a rap-presentare la valenza metacognitiva del documento.

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terventi e del profilo educativo culturale e professionale al termine di ogni ciclo sco-lastico.… La collaborazione tra le scuole e gli altri soggetti del territorio, a partire dal raccordocon le scuole del primo ciclo, è molto importante anche per realizzare iniziative e per-corsi capaci di motivare gli studenti a costruire progressivamente il proprio progettodi vita e di lavoro.I giovani oggi incontrano infatti maggiori difficoltà a disegnare il proprio futuro pro-fessionale e a definire le strategie per realizzarlo. Il mondo non solo è radicalmentemutato, ma continua a cambiare con una velocità sconosciuta alle generazioni che lihanno preceduti. Le scelte diventano più difficili e complesse: nulla può essere lasciatoal caso e il percorso va costruito per tutta la durata della scuola secondaria superiore,cogliendo tutte le opportunità per vagliare con consapevolezza come valorizzare atti-tudini e talenti personali in un coerente progetto di vita e di lavoro. Diventa essenzialepertanto sviluppare una cultura dell’orientamento che, privilegiando la dimensioneformativa e operativa piuttosto che quella informativa, accolga gli studenti fin dalloro ingresso nella scuola secondaria e li accompagni lungo l’intero percorso di studi,motivandoli verso le professioni tecniche, con un’approfondita conoscenza del settoredi riferimento e delle sue prospettive evolutive, affinché ogni giovane si senta prota-gonista del proprio processo di formazione e orgoglioso del contributo professionaleche può dare allo sviluppo del Paese.Soprattutto negli istituti tecnici, che offrono un’ampia possibilità, dopo il diploma, diintraprendere subito un percorso professionale, è auspicabile che gli studenti imparinoil prima possibile ad elaborare le acquisizioni che la scuola propone loro attraversolo studio delle discipline, arricchendole e integrandole con esperienze che li mettanoin grado di confrontarsi con crescente autonomia con le richieste dal mondo del lavoroe delle professioni, per mettere in relazione questi dati con gli interessi e le aspirazionipersonali.Nel rispetto dell’autonomia organizzativa e didattica di ciascuna istituzione scolastica,è auspicabile infine che l’impegno della scuola si concentri prevalentemente su prin-cipi che sviluppino gli aspetti educativi più intimamente connessi con la dimensionedella progettualità personale, in funzione di una facilitazione oggettiva delle sceltedegli studenti. Si tratta di valorizzare le potenzialità di ciascun allievo, soddisfare leaspettative di crescita e di miglioramento, individuare percorsi rispondenti ai bisognidegli studenti. In altre parole, promuovere un orientamento che sostenga l’esplorazionedelle possibilità di sviluppo personale e professionale, che valorizzi la dimensioneorientativa delle discipline che favorisca il collegamento e l’interazione della scuolacon il territorio e il mondo produttivo, soprattutto attraverso gli stage e l’alternanza,che proponga agli studenti attività coinvolgenti, utilizzando diffusamente metodologieattive e contesti applicativi…Realizzare “alleanze formative” sul territorio con il mondo del lavoro, delle pro-

fessioni e della ricerca

… Il piano “Italia 2020”, tra le misure utili per promuovere l’occupabilità dei giovani,propone azioni specifiche molto vicine alle consolidate esperienze che gli istituti tec-nici hanno sviluppato, soprattutto in quelle aree del Paese in cui sono stati protagonistidella crescita dei sistemi produttivi locali. Il piano sottolinea la necessità di progettarepercorsi di istruzione e formazione di qualità, accessibili a tutti e coerenti con le esi-genze del sistema produttivo e di facilitare la transizione dalla scuola al lavoro sia at-traverso servizi di orientamento più efficienti ed efficaci rivolti ai giovani e alle

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famiglie sia attraverso percorsi educativi in alternanza scuola/lavoro. Tali indicazionisono importanti per valorizzare il ruolo dell’alternanza non solo per superare la sepa-razione tra momento formativo e applicativo, ma soprattutto per accrescere la motiva-zione allo studio e per aiutare i giovani nella scoperta delle vocazioni personaliattraverso “l’imparare facendo”. Progettare e valutare per competenze

Insegnare per sviluppare competenze – L’impianto del sistema degli Istituti Tecniciè diretto alla promozione di un insieme di competenze descritte nel profilo educativo,culturale e professionale sia generale, sia relativo ai singoli indirizzi. Per quanto ri-guarda il biennio iniziale, vengono assunte per la parte comune le competenze inclusenell’impianto normativo riferibile all’obbligo di istruzione… La normativa relativaall’obbligo di istruzione elenca otto competenze chiave di cittadinanza e quattro assiculturali a cui fare riferimento nell’impostare l’attività formativa del primo bienniodel secondo ciclo. Dal momento che l’impianto europeo relativo alle competenzechiave da sviluppare lungo tutto l’arco della vita le definisce come “la comprovatacapacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche,in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale”, pre-cisando che esse “sono descritte in termine di responsabilità e autonomia”, esse deb-bono essere collegate alle risorse interne (conoscenze, abilità, altre qualità personali)che ne sono a fondamento. Di conseguenza anche la loro valutazione implica, secondoun’efficace formula, “accertare non ciò che lo studente sa, ma ciò che sa fare consa-pevolmente con ciò che sa”.Sono di seguito presentate alcune considerazioni che possono orientare i docenti adinsegnare per sviluppare competenze:a. una competenza sia generale, sia di studio, sia di lavoro si sviluppa in un contesto nelquale lo studente è coinvolto, personalmente o collettivamente, nell’affrontare situazioni,nel portare a termine compiti, nel realizzare prodotti, nel risolvere problemi, che implicanol’attivazione e il coordinamento operativo di quanto sa, sa fare, sa essere o sa collaborarecon gli altri. Ciò vale sia nel caso delle competenze legate allo sviluppo della padronanzadella lingua italiana, della lingua straniera, della matematica e delle scienze, sia alla pro-gressiva padronanza delle tecnologie e tecniche di progettazione, realizzazione e controllodi qualità nel settore di produzione di beni e/o servizi caratterizzanti il proprio indirizzo,sia per quanto riguarda quelle che, nel documento sull’obbligo di istruzione, sono chiamatecompetenze di cittadinanza…;b. la progettazione di un’attività formativa diretta allo sviluppo di competenze dunquenon può non tener conto della necessità che le conoscenze fondamentali da questa im-plicate siano acquisite in maniera significativa, cioè comprese e padroneggiate inmodo adeguato, che le abilità richieste siano disponibili a un livello confacente dicorrettezza e di consapevolezza di quando e come utilizzarle, che si sostenga il desi-derio di acquisire conoscenze e sviluppare abilità nell’affrontare compiti e attività chene esigono l’attivazione e l’integrazione…;c. la consapevolezza, che tutti gli insegnanti dovrebbero raggiungere circa il ruolodegli apporti delle loro discipline allo sviluppo delle competenze intese, favorisce lapresenza di un ambiente educativo nel quale studenti e docenti collaborano in tale di-rezione. Si tratta di promuovere una pratica formativa segnata dall’esigenza di favorireun’acquisizione di conoscenze e abilità del cui valore, ai fini dello sviluppo personale,culturale e professionale indicate nelle competenze finali da raggiungere, siano con-sapevoli sia i docenti, sia gli studenti. Ciò implica l’uso di metodi che coinvolgono

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l’attività degli studenti nell’affrontare questioni e problemi di natura applicativa (allapropria vita, alle altre discipline, alla vita sociale e lavorativa) sia nell’introdurre i nu-clei fondamentali delle conoscenze e abilità, sia nel progressivo padroneggiarli. Unambiente di lavoro nel quale si realizzano individualmente o collettivamente prodottiche richiedono un utilizzo intelligente di quanto studiato o sollecitano un suo appro-fondimento è la chiave di volta metodologica…;d. l’ambiente nel quale si svolgono i percorsi dovrebbe assumere sempre più le carat-teristiche di un laboratorio nel quale si opera individualmente o in gruppo al fine diacquisire e controllare la qualità delle conoscenze a e abilità progressivamente af-frontate, mentre se ne verifica la spendibilità nell’affrontare esercizi e problemi semprepiù impegnativi sotto la guida dei docenti. Si tratta di promuovere una metodologia diinsegnamento e apprendimento di tipo laboratoriale, alla quale si potrà accostare conancor maggior profitto l’utilizzo delle previste attività da svolgere nei laboratori… Operare per progettiIn generale la pedagogia del progetto è una pratica educativa che coinvolge gli stu-denti nel lavorare intorno a un compito condiviso che abbia una sua rilevanza, nonsolo all’interno dell’attività scolastica, bensì anche fuori di essa… È nel contesto ditali attività che essi saranno stimolati a mettere in moto, ad acquisire significativa-mente, a coordinare efficacemente conoscenze e abilità, ad arricchire e irrobustire leloro disposizioni interne stabili (valori, atteggiamenti, interessi, ecc.). Il grande van-taggio di questo approccio sta nel favorire l’interiorizzazione del senso di quello chesi apprende, cioè del fatto che conoscenze e abilità fatte proprie o ancora da ancoraacquisire hanno un ruolo e un significato, possono servire per raggiungere uno scopopiù vasto.Lavorare per progetti induce la conoscenza di una metodologia di lavoro di granderilievo sul piano dell’agire, la sensibilità verso di essa e la capacità di utilizzarla invari contesti. Il progetto,infatti, è un fattore di motivazione, in quanto ciò che vieneimparato in questo contesto prende immediatamente, agli occhi degli studenti, la figuradi strumenti per comprendere la realtà e agire su di essa.Per questa ragione, la pedagogia del progetto è utile all’acquisizione di competenzecomplesse. Accanto all’evidenziarsi delle capacità tecniche realizzatrici, è opportunoprevedere un vero e proprio processo di valutazione continua, un controllo della qua-lità della realizzazione del progetto, sia quanto al risultato sul piano del prodotto, siaquanto alle modalità con le quali esso viene conseguito…Valutare le competenze sviluppate

Problematiche connesse con la valutazione delle competenze – In ogni programma edu-cativo diretto allo sviluppo di competenze è cruciale la scelta della modalità di valuta-zione che i responsabili della progettazione e conduzione di tale programma debbonofare sia per quanto riguarda le competenze iniziali, già validamente e stabilmente pos-sedute, sia per quanto concerne il costituirsi progressivo di quelle oggetto di apprendi-mento. Occorre anche aggiungere che intrinseca al processo stesso è la promozione diun’adeguata capacità di autovalutazione del livello di competenza raggiunto. Ciò pervarie ragioni: in primo luogo, perché occorre sollecitare e sostenere lo sviluppo di com-petenze autoregolative del proprio apprendimento; in secondo luogo, perché la consta-tazione dei progressi ottenuti è una delle maggiori forze motivanti all’apprendimento.Una competenza si manifesta quando uno studente è in grado di affrontare un compitoo realizzare un prodotto a lui assegnato, mettendo in gioco le sue risorse personali equelle, se disponibili, esterne utili o necessarie…

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Il ruolo della valutazione delle conoscenze, delle abilità e degli atteggiamenti – Allo scopodi costruire progressivamente una reale pratica valutativa delle competenze, un primo passospesso consiste nella valutazione della qualità delle conoscenze e delle abilità che risultanocomponenti essenziali delle competenze. Un concetto, o un quadro concettuale, deve infinepoter essere utilizzato per interpretare situazioni e compiti diversi da quelli nei quali essoè stato costruito… Una abilità deve poter essere utilizzata in maniera fluida e corretta, sa-pendo collegarla a quelle che sono denominate conoscenze condizionali; cioè di fronte auna questione o un compito lo studente dovrà essere in grado di attivare quelle abilità chesono richieste e farlo in maniera adeguata e consapevole. Tra le abilità rivestono partico-lare importanza quelle collegate con la capacità di controllare e gestire in proprio un pro-cesso di apprendimento.Un accenno infine alle componenti critiche di natura affettiva emotivazionale (ndr. da valorizzare)…Le principali fonti informative su cui basare un giudizio di competenza – Per quantoriguarda, in generale, le fonti informative sulla base delle quali esprimere un giudiziodi competenza, possono essere classificate secondo tre grandi ambiti specifici: quellorelativo ai risultati ottenuti nello svolgimento di un compito o nella realizzazione delprodotto; quello relativo a come lo studente è giunto a conseguire tali risultati; quellorelativo alla percezione che lo studente ha del suo lavoro…Il terzo ambito evoca una qualche forma di narrazione di sé da parte dello studente, siacome descrizione del come e perché ha svolto il compito assegnato in quella maniera, siacome valutazione del risultato ottenuto. Ciò coinvolge una capacità di raccontare, giusti-ficandole, le scelte operative fatte; di descrivere la successione delle operazioni compiuteper portare a termine il compito assegnato, evidenziando, eventualmente, gli errori piùfrequenti e i possibili miglioramenti; di indicare la qualità non solo del prodotto, risultatodel suo intervento, ma anche del processo produttivo adottato.

2. ORIENTAMENTI PER L’ORGANIZZAZIONE DEL CURRICOLO

Profili generali

La formazione tecnologica – Caratteristiche di professionalità e qualità della for-mazione tecnologica … una formazione rivolta all’innovazione pone due problemi:1) le tecnologie di frontiera sono normalmente meno stabili di quelle mature e non siprestano a trattazioni sistematiche valide per lunghi periodi;2) la stessa attitudine all’innovazione richiede di affrontare l’imprevisto: probleminuovi per i quali le procedure standard non bastano. Inoltre, l’insieme delle competenze tecniche deve essere più dinamico per affrontarela complessità e la variabilità organizzativa dei nuovi contesti.La risposta al primo problema è data da un tipo di istruzione che unisca un insieme dicompetenze ed approfondimenti tecnici opportunamente selezionati e una solida for-mazione sui fondamenti scientifici e culturali, inclusa la prospettiva storica.La risposta al secondo problema pone la questione del metodo di apprendimento. Èanzitutto opportuno, anche in un curricolo sequenziale che affronta, uno dopo l’altro,contenuti o procedimenti specifici, assumere il metodo del problem-solving: proporresistematicamente problemi che richiedano, oltre all’applicazione di principi e proce-dure standard, attività di analisi e di interpretazione.È opportuno, comunque, che nei percorsi formativi siano sviluppate le competenze ne-cessarie ad affrontare situazioni complesse, a prendere decisioni sulla base di molte va-riabili ed in condizioni di incertezza… il lavoro per progetti è una metodologia checontribuisce a sviluppare queste competenze. Problem-solving e lavoro per progetti sonoi metodi necessari per acquisire, rielaborare e inquadrare nuove conoscenze e valorizzare

6. Dalle Linee Guida, una cultura formativa e didattica orientata alla

metacognizione

Come si può ben vedere, nel documento sono presenti elementi diretta-mente riconducibili alla proposta didattica metacognitiva ed elementi oaspetti che vi si collegano, ovvero contribuiscono a predisporne il suo ter-ritorio di azione. E tanto è possibile rilevare – come abbiamo già visto –già a partire dagli stessi traguardi di apprendimento (laddove si possonorintracciare autentici obiettivi metacognitivi alternati a obiettivi didattici

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la competenza chiave dell’imparare a imparare già richiamata dalle indicazioni nazionaliriguardanti l’adempimento dell’obbligo di istruzione (DM n. 139/07).Il laboratorio come metodologia di apprendimento

Il laboratorio è concepito, nei nuovi ordinamenti dell’istruzione tecnica, non solo comeil luogo nel quale gli studenti mettono in pratica quanto hanno appreso a livello teoricoattraverso la sperimentazione di protocolli standardizzati, tipici delle discipline scien-tifiche, ma soprattutto come una metodologia didattica innovativa, che coinvolge tuttele discipline, in quanto facilita la personalizzazione del processo di insegnamento/ap-prendimento che consente agli studenti di acquisire il “sapere” attraverso il “fare”,dando forza all’idea che la scuola è il posto in cui si “impara ad imparare” per tuttala vita. Tutte le discipline possono, quindi, giovarsi di momenti laboratoriali, in quantotutte le aule possono diventare laboratori.Il lavoro in laboratorio e le attività ad esso connesse sono particolarmente importantiperché consentono di attivare processi didattici in cui gli allievi diventano protagonisti esuperano l’atteggiamento di passività e di estraneità che caratterizza spesso il loro atteg-giamento di fronte alle lezioni frontali. L’impianto generale dei nuovi ordinamenti richiedeche l’attività laboratoriale venga integrata nelle discipline sulla base di progetti didatticimultidisciplinari fondati “sulla comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e ca-pacità personali, sociali e/o metodologiche,in situazioni di lavoro o di studio e nello svi-luppo professionale e/o personale”.I nuovi ordinamenti degli istituti tecnici possono offrire, quindi, occasioni per valo-rizzare i diversi stili cognitivi in una rinnovata relazione tra discipline teoriche ed at-tività di laboratorio che aiutino lo studente, attraverso un processo induttivo, aconnettere il sapere acquisito in contesti applicativi al sapere astratto, basato su con-cetti generali e riproducibile nella più ampia generalità dei contesti.L’attività di laboratorio, condotta con un approccio operativo ai processi tecnologici,può coniugare l’attitudine degli studenti alla concretezza e all’azione con la necessitàdi far acquisire loro i quadri concettuali che sono indispensabile per l’interpretazionedella realtà e la sua trasformazione. La didattica di laboratorio facilita l’apprendimentodello studente in quanto lo coinvolge anche dal punto di vista fisico ed emotivo nellarelazione diretta e gratificante con i compagni e con il docente.I docenti, utilizzando il laboratorio, hanno la possibilità di guidare l’azione didatticaper “situazioni-problema” e strumenti per orientare e negoziare il progetto formativoindividuale con gli studenti, che consente loro di acquisire consapevolezza dei propripunti di forza e debolezza…».

che presentano una forte componente metacognitiva), per proseguire, inmaniera forse anche più chiara con gli orientamenti educativi, organizzativie didattici contenuti nelle Linee Guida. A riguardo dei quali, come è dove-roso rilevare la presenza di proposte e stimoli che evidenziano una strettaappartenenza metacognitiva, così si deve riconoscere la rilevanza di alcunecomponenti educative e metodologiche comuni (una sorta di cassetta degliattrezzi condivisa) a buona parte delle didattiche innovative (didattica perconcetti, insegnamento e apprendimento cooperativo, didattica laborato-riale, insegnare per situazioni e problemi, ecc.). Tali componenti, talvoltaovvero al tempo stesso, costituiscono le condizioni, i prerequisiti per la pro-mozione stessa di una cultura formativa orientata alla metacognizione.

Ora, però, proviamo a riportare qualcuna delle sollecitazioni più signi-ficative riferibili sia agli orientamenti esplicitamente metacognitivi, sia allecomponenti educative e metodologiche comuni delle didattiche più inno-vative ed efficaci.

1. Motivare gli studenti a costruire il proprio progetto di vita e di lavoroattraverso un percorso formativo organico e completo che miri a pro-muovere uno sviluppo articolato e multidimensionale della persona.

2. Sviluppare una cultura dell’orientamento che predisponga e colgatutte le opportunità per valorizzare le conoscenze, le competenze, leattitudini e i talenti personali.

3. Promuovere un intreccio formativo complesso di attività di studio inclasse ed esperienze di lavoro che consentano agli studenti di con-frontare, con crescente autonomia, le proprie aspirazioni e interessipersonali con le realtà lavorative e professionali.

4. Promuovere e valutare l’acquisizione delle competenze degli alunniin termini di responsabilità e di autonomia, collegandole alle risorsepersonali interne che ne sono a fondamento.

5. Tenere conto, nelle attività didattiche rivolte allo sviluppo delle com-petenze, della necessità:a. di predisporre e animare contesti di apprendimento nei quali

l’alunno si senta coinvolto;b. che le conoscenze implicate dalle competenze siano apprese in

maniera significativa, che le abilità richieste siano disponibili aun livello confacente di correttezza e di consapevolezza circaquando e come utilizzarle, che si sostenga il desiderio di acquisireconoscenze e abilità nell’affrontare compiti di apprendimento enel risolvere situazioni problematiche;

c. di promuovere una pratica formativa che favorisca l’acquisizionedi conoscenze e abilità del cui valore siano consapevoli sia i do-centi che gli studenti;

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d. di allestire e organizzare ambienti di apprendimento che assu-mano sempre più le caratteristiche di un “laboratorio” nel qualesi opera al fine di acquisire e controllare la qualità delle cono-scenze e delle abilità progressivamente affrontate.

6. Adottare la “pedagogia del progetto” perché coinvolge gli studenti nellavorare intorno a un compito condiviso di una certa rilevanza (anchenon scolastica) e li stimola a mettere in moto, ad acquisire significati-vamente e a coordinare efficacemente conoscenze e abilità e ad arric-chire le loro disposizioni interne stabili (valori, atteggiamenti, interessi,ecc.), favorendo l’interiorizzazione del senso di quello che si apprende.

7. Promuovere e sostenere un’adeguata capacità di autovalutazione dellivello di competenza raggiunto sia perché occorre sollecitare e soste-nere (anche allo scopo di migliorare la qualità delle stesse competenzeda raggiungere) lo sviluppo di competenze autoregolative del proprioimpegno nello studio, sia perché la constatazione dei progressi ottenutiè una delle maggiori forze motivanti dell’apprendimento.

8. Occorre sviluppare attività complesse di studio che richiedano lamessa in atto del metodo del “problem solving” e, pertanto, non ven-gono affrontate soltanto con l’applicazione di principi e procedurestandard, ma mediante attività di analisi e di interpretazione.

9. Progettare, organizzare e attuare una didattica laboratoriale perchécoinvolge tutte le discipline e facilita la personalizzazione del pro-cesso di insegnamento/apprendimento, consentendo agli alunni didiventare protagonisti e di acquisire il “sapere” attraverso il “fare”«dando forza all’idea che la scuola è il posto in cui si “impara a im-parare” per tutta la vita».

10. Predisporre e offrire occasioni per valorizzare i diversi stili cognitivi,coniugando l’attitudine degli studenti alla concretezza e all’azionecon la necessità di far acquisire loro i quadri concettuali che sono in-dispensabili per l’interpretazione della realtà e la sua trasformazione.

11. Guidare l’azione didattica per “situazioni-problema” e orientare enegoziare il progetto formativo individuale con gli studenti attra-verso attività di studio e di ricerca che consentano loro di acquisireconsapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza.

7. “Correnti” didattiche derivanti dalla presenza di metacognizione

nelle Linee Guida e nelle Indicazioni Nazionali

In conclusione di capitolo esplicitiamo alcune considerazioni – del restonon difformi rispetto a quelle effettuate a riguardo delle Indicazioni per il

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Curricolo del Primo Ciclo – a proposito delle corrispondenze, dei legami,quando non delle vere e proprie dipendenze tra (sostanza e significato delle)mete formative da (far) perseguire e scelte metodologiche, didattiche e or-ganizzative.

Innanzitutto, una premessa: è veramente confortante l’importanza cheil Legislatore Scolastico attribuisce alla metacognizione nei suoi progettidi riforma ovvero di effettiva “rifondazione” della scuola secondaria di se-condo grado. Tanto più soddisfa una tale intenzione se si considera la con-vinzione – oramai sempre più diffusa – di voler/dover cambiare il progettoformativo e i corrispondenti impianti organizzativi e didattici per puntaresul protagonismo degli allievi nei processi di apprendimento loro rivolti esulla valorizzazione della loro diversità e autonomia cognitiva ai fini dellosviluppo delle competenze e della maturazione piena della loro persona.

Entrando nel merito della questione, si può ragionevolmente sperare che,in presenza/azione di curricoli (nazionali e di istituto) di impronta metaco-gnitiva, si propaghi, tra gli insegnanti, la convinzione che, per promuoverelo sviluppo di atteggiamenti riflessivi e consapevoli durante e per lo svol-gimento delle attività di studio, si debbano “tradurre” didatticamente insenso metacognitivo gli obiettivi di apprendimento, gli argomenti di inse-gnamento, le attività di studio rivenienti dai curricoli disciplinari.

Inoltre, la presenza di orientamenti metacognitivi nelle finalità educa-tive, negli obiettivi generali e negli stessi traguardi di sviluppo delle com-petenze e negli obiettivi di apprendimento disciplinari, costituisce unanotevole spinta all’elaborazione di forme di progettazione didattica tese ef-fettivamente a mettere in atto un’azione didattica orientata alla metacogni-zione. In effetti, non si possono perseguire obiettivi (anche soltantodisciplinari) di impronta metacognitiva senza adottare scelte metodologichecorrispondenti. È del resto evidente come sia didatticamente differente or-ganizzare attività tese all’acquisizione pedissequa di particolari conoscenzerispetto a quanto necessita per favorire o per potenziare un’attitudine auto-regolativa nella produzione di testi scritti ovvero nel sostenere le capacitàdegli studenti nel lavoro di pianificazione delle attività di studio da effet-tuare per svolgere un particolare compito di apprendimento.

Pertanto, l’anima metacognitiva dei traguardi di apprendimento “ob-bliga” gli insegnanti a perseguirli esplicitamente, ossia predisponendo per-corsi didattici a quelli adeguati. A tale vincolo i docenti devono sottoporrela loro azione metodologica e didattica, al fine di consentire agli alunni lasempre più piena, attiva e consapevole partecipazione alle attività di stu-dio.

Da non trascurare, infine, la sollecitazione operata – nei confronti deglistessi docenti – dai traguardi formativi in questione a vantaggio di un’at-

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tenzione e una cura didattica più qualificate e continue verso la soggettivitàdegli studenti: in entrata (il riconoscimento e la valorizzazione nello studiodelle peculiari caratteristiche individuali considerate anche in termini distili cognitivi) e in uscita (il perseguimento del profilo formativo dello stu-dente considerato come base, veicolo, propellente per la preparazione e at-tuazione del personale progetto di vita).

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PARTE TERZA

LA PROGETTAZIONE DIDATTICA

DELL’INTERVENTO METACOGNITIVO

Capitolo tredicesimo

La metacognizione nella progettazione didattica ele linee fondamentali dell’intervento metacognitivo

1. La pianificazione delle azioni didattiche metacognitive

Presentiamo ora una possibile (flessibile ed emendabile) sequenza dioperazioni progettuali e operative che, a nostro parere, deve coinvolgerel’intero collegio dei docenti (o, quantomeno, il gruppo dei docenti impegnatidirettamente nell’azione didattica metacognitiva). La successione degli in-terventi che qui vengono suggeriti è da intendere come una sorta di proto-tipo di base (non completamente definito in tutte le sue componenti e nelsuo profilo globale) e, in ogni caso, da adattare flessibilmente ai diversicontesti educativi.

In seconda battuta, ci occuperemo di penetrare con maggior determina-zione nel territorio peculiare delle procedure di ricerca e delle pratiche dilavoro direttamente connesse al perseguimento degli scopi formativi legatialla promozione della metacognizione a scuola e alla conseguente messa inatto dei percorsi didattici e delle soluzioni metodologiche.

2. Un’operazione riflessiva in controtendenza: puntiamo lo “sguardo

metacognitivo” verso la scuola secondaria di secondo grado

Scegliamo di “angolare” la nostra proposta guardando in particolare allasecondaria di secondo grado. Lo facciamo per una serie di motivi:

1. In questo ambito del sistema scolastico l’azione metacognitiva ap-pare, per così dire, “obbligata”, almeno per due buone ragioni: in primoluogo, a causa delle opportune sollecitazioni curricolari e metodologichecontenute nei recenti documenti programmatici nazionali; in secondoluogo, perché appare più consona (guardando al momento psicoevolutivo,cognitivo-conoscitivo, culturale, relazionale e formativo vissuto dagli stu-

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denti della sssg) all’acquisizione autonoma, consapevole e da “protago-nisti” degli apprendimenti1.

2. È questo il “luogo” educativo, dove, soprattutto a causa di limiti di-dattici e organizzativi tradizionali, maggiormente si avverte l’esigenza (ri-badita, soprattutto, dalle Linee Guida per gli istituti tecnici e professionali,ma decisamente da soddisfare anche negli istituti liceali) di una vera e pro-pria riforma. La quale, in realtà, dovrebbe essere di vera e propria trasfor-mazione dell’azione didattica che deve mettere in minoranza le tradizionalipratiche di insegnamento. Essa, al contrario, deve intenzionalmente e pre-liminarmente collocare – come vuole la metacognizione – l’allievo al centrodel processo formativo. E dovrà essere un allievo, uno studente inteso nellasua interezza e complessità. A suo vantaggio dovranno essere effettuate unaserie di meditate operazioni didattiche riflessive2:

- individuazione degli obiettivi di apprendimento relativi alle compe-tenze;

- progettazione di percorsi formativi idonei alla realizzazione perso-nale di quei traguardi formativi;

- scelta e predisposizione conseguente dei contesti di studio e di cono-scenza, delle metodologie di lavoro, delle situazioni di apprendimento;

- definizione delle modalità di verifica e dei criteri di valutazione.

Mettere l’alunno e lo studente al “centro” vuol dire, innanzitutto, ri-conoscere, stimolare all’impegno, valorizzare i suoi repertori cognitivi ei suoi serbatoi di conoscenze, in una con le sue vocazioni, interessi, talentie attitudini3.

3. Un’ulteriore ragione a giustificazione della scelta di orientare prefe-ribilmente il discorso metacognitivo guardando alla sssg è costituito dallavolontà di fare dei contesti educativi anche della (antica) secondaria supe-riore delle palestre di innovazione didattica4. Lo scopo è, peraltro, anchequello di dimostrare che la partita per la “qualità” formativa nella scuoladegli alunni più grandi si può e si deve giocare all’interno del suo stessocampo, “lavorando sul pezzo” (e cioè sulle tecniche e sulle strategie didat-tiche da esplorare, rettificare, promuovere, affinare e da riconsiderare allaluce di una nuova e più adeguata visione della conoscenza, dello studentee dei processi di insegnamento e di apprendimento). Pensare, riflettere, de-cidere, progettare, organizzare, agire, valutare l’azione educativa e forma-

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1 J.R. Anderson, Psicologia cognitiva e sue implicazioni, Zanichelli, Bologna, 1993. 2 E. Lastrucci, Progettare, programmare e valutare l’attività formativa, Anicia, Roma, 2000.3 U. Tenuta, Individualizzazione, La Scuola, Brescia, 1998.4 C. Cerini, Conoscere e sperimentare l’autonomia, Tecnodid, Napoli, 2000.

tiva è ciò che – effettivamente – può far compiere quell’autentico salto diqualità che, alla sssg, da troppo tempo si chiede.

4. Infine, è la complessità medesima del progetto formativo da attuarenella sssg a rendere necessario che i riflettori del pensiero educativo illu-minino questo settore del sistema scolastico e a richiedere, nella fattispecie,che la riflessione metacognitiva scenda in profondità e si propaghi5. Quil’allievo mette in azione le sue collaudate – ma non per questo efficaci –strategie di apprendimento (anche se non è stato preparato a farlo dai suoidocenti e, talvolta, nemmeno gliele si riconosce). Qui, in realtà, lo studenteesprime, più o meno consapevolmente, nell’affrontare compiti di appren-dimento sempre più complessi, il personale stile cognitivo (senza che, ingenerale, gli insegnanti siano in grado o vogliono individuarlo e provare avalorizzarlo)6. Qui, ancora, il bambino diventa ragazzo, perde di interessealle conoscenze da apprendere (perlomeno a quelle “volute” dalla scuola)ed entra direttamente e senza tutele adulte (soprattutto, oggi, con l’ausiliodelle tecnologie digitali) nel mondo della “sue” esperienze, delle “sue” re-lazioni, dei “suoi” desideri. Inizia, così, a realizzare il “suo” progetto divita, del resto, con scarsa o lacunosa consapevolezza e senza che la scuolaabbia, almeno intenzionalmente, contribuito a sostenerla7. Qui, infine, ancheper quanto già espresso, deve essere richiesta al docente stesso una grandecapacità riflessiva e una forte sensibilità metacognitiva perché dovrà atti-varla sia, in generale, su di sé e sul suo stile cognitivo e didattico e sia, inparticolare, nella e con la propria disciplina.

3. La sequenza delle operazioni (collegiali) per la realizzazione del pro-

getto didattico metacognitivo (di istituto)

Per l’organizzazione e la definizione di un percorso didattico metaco-gnitivo che possa interessare la generalità del collegio dei docenti propo-niamo una ragionata sequenza di operazioni (collegiali). Preferiamosuggerire una successione di attività riflessive essenzialmente per esplici-tare, mediante la loro elencazione, le tappe – per noi più significative e,forse, ineludibili – di un processo rivolto a promuovere un’innovazioneeducativa e didattica di notevole rilevanza e complessità. In realtà, però,siamo consapevoli che, spesso, nella concreta esperienza formativa, le di-verse fasi ovvero le attività di studio, analisi, riflessione, discussione e di

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5 R. Massa, Cambiare la scuola, Laterza, Roma-Bari, 1997. 6 A. Cosentino, Costruttivismo e formazione, Liguori, Napoli, 2002.7 D. Goleman, Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1996.

progettazione proposte, potrebbero non rispettare fedelmente la sequenzaqui delineata e, diversamente da quanto proposto, intrecciarsi l’una con l’al-tra, anticipare o posticipare la propria posizione oppure rimanere – per cosìdire – continuamente “accese”.

a) Fase di sensibilizzazione, di formazione e di orientamento generale –Entrando subito in argomento, riteniamo che la prima operazione da svolgeredebba essere costituita da un essenziale (nel duplice senso di “necessario” edi “base”) lavoro di sensibilizzazione e di formazione dei docenti circa ilsenso e gli aspetti più salienti della didattica metacognitiva. In realtà, è deltutto evidente che, prima di iniziare un percorso di autentico e intenzionalerinnovamento dell’azione educativa e didattica quale è da considerare il pro-getto di didattica metacognitiva, sia necessario avviare un processo di studio,di ricerca e di riflessione tra docenti che conduca a condividere l’esigenzapreliminare di aderire a una concezione attiva, partecipativa, interattiva, re-sponsabile, autonoma dei processi di insegnamento e di apprendimento8.Dopo – o anche durante – questa essenziale circostanza di studio condiviso,giunge il momento di prendere in considerazione (alla luce delle nuove con-sapevolezze condivise) i bisogni degli allievi in una con le loro caratteristiche.È questo, anche, il tempo di “sentire” la necessità di cambiare, guardando alsenso complessivo e ai significati settoriali o specifici della metacognizione.È, perciò, questa l’occasione di porsi la domanda «perché fare metacogni-zione?» ed è questa la circostanza giusta per trovare la risposta.

Nello sviluppo di questa fase, dovranno essere incoraggiate iniziative diformazione tese a stimolare i docenti alla “conoscenza” dei processi di ap-prendimento (in generale) e delle procedure metacognitive (spesso impli-cite) che gli individui (quindi, anche loro stessi e gli studenti) mettono giàin atto (e con quali risultati).

b) Fase di identificazione e/o di traduzione metacognitiva dei traguardidi apprendimento curricolari – Un’azione di insegnamento di stampo me-tacognitivo come quella qui delineata non rinuncia al contributo culturalee formativo che le discipline possono offrire al complessivo processo dipromozione della persona dell’allievo e, quindi, all’acquisizione di quellecompetenze disciplinari che, secondo i documenti nazionali concorrono si-gnificativamente a svilupparla. Pertanto, il docente ovvero l’istituzione sco-lastica che intendesse rifarsi agli orientamenti educativi derivanti dallametacognizione e sviluppare una conseguente didattica metacognitiva deve,

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8 V. Campione, S. Tagliagambe, Saper fare scuola: il triangolo che non c’è, Einaudi, Torino,2008.

comunque, considerare il Profilo Educativo dello Studente quale orizzonteculturale e formativo di riferimento della propria azione e le mete formativedefinite mediante i traguardi di apprendimento come mezzi-fini (da modu-lare opportunamente in senso metacognitivo) attraverso cui scandire, deli-neare, controllare, regolare, valutare l’azione educativa e di insegnamento.

Perciò, da una parte, occorre “leggere” in senso metacognitivo sia i tra-guardi di apprendimento indicati dal Legislatore; dall’altra parte, è neces-sario rimodulare corrispondentemente l’azione metodologica e didattica, apartire dalla stessa preparazione e gestione dell’attiva di insegnamento edalla predisposizione corrispondente degli ambienti di apprendimento.

In questa fase, per promuovere al meglio l’intervento didattico, è oppor-tuno che si rifletta (soprattutto in sede di Dipartimento di Area/Asse Disci-plinare e/o di singola Disciplina) circa il senso e gli aspetti fondamentalidel territorio del sapere che la “propria” disciplina scolastica deve far fre-quentare agli allievi attraverso le pratiche di insegnamento (dei docenti) edi studio (degli studenti). Al centro delle attenzioni e delle riflessioni deidocenti sarà opportuno collocare quegli elementi che caratterizzano la di-sciplina sia sotto il profilo culturale/conoscitivo (nell’insieme, i “fondamentiepistemologici” del sapere originario), sia a riguardo degli apporti educativi,formativi e sociali che offre (e che, in fondo e sostanzialmente, giustificanola sua presenza nel curricolo scolastico), sia per quanto concerne la vestecurricolare e metodologica mediante la quale il singolo sapere diviene di-sciplina scolastica (incrociando, quindi, gli elementi metodologici con quellieducativi e formativi). Di passaggio, potrebbero essere prese in considera-zione quelle connotazioni (di “sguardo” ovvero di “oggetto”, di linguaggio,di procedura di lavoro, di metodo, ecc.) del singolo territorio di conoscenzache, insieme al suo corredo di concetti e di significati, appaiono come po-tenzialmente metacognitive.

Non possono, ovviamente, essere trascurati in questo lavoro di ricerca edi riflessione, gli aspetti salienti di psicologia dello sviluppo, dell’istruzionee dell’apprendimento che, in primo luogo, costituiscono la base strutturale diconoscenza sulle caratteristiche (sensomotorie, cognitive, emotivo/affettive,relazionali, nell’insieme psicologiche, ecc.) dei bambini e dei ragazzi (che ascuola diventano alunni e studenti)9. Conoscenze che dimostrano una grandee duplice rilevanza “formativa”: formano il docente e lo inducono a modulareconvenientemente la sua azione didattica perché l’azione educativa e di in-segnamento risulti efficace10; forniscono una fondamentale “giustificazione”formativa alla “presenza” e all’importanza delle diverse discipline scolastiche

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9 C. Pontecorvo, Una scuola per il bambino, La Nuova Italia, Firenze, 1990.10 F. Mattei, Sapere pedagogico e legittimazione educativa, Anicia, Roma, 2003.

e dell’impegno didattico dei docenti. In considerazione di ciò, queste cono-scenze diventano, proprio con l’apporto culturale/formativo dei saperi scola-stici, “assi di sviluppo” per la promozione sempre più convinta e consapevoledella “persona” dello studente e per l’acquisizione piena e responsabile delle“competenze” da parte degli allievi.

Ancora, non dovranno essere accantonati, ma anzi esplicitati e valoriz-zati, nel lavoro di autoformazione collegiale preliminare alla progettazionedegli itinerari metacognitivi, quegli aspetti, sia della società attuale e delruolo assunto in essa dal “sapere” (generale e specifico), sia della stessa co-noscenza e dei suoi paradigmi in dinamica evoluzione. Tutto ciò va fattoper cogliere quegli elementi che necessitano di un’attenzione metacognitivaovvero che, di per sé stessi, la propongono e attivano.

Infine, tocca farsi carico direttamente di quegli aspetti civili e socialicollegati o collegabili allo studio in generale e, in particolare, a quello diparticolari discipline. Il riferimento di senso, va, quindi, in primo luogo, al-l’insieme del contributo che il sapere scolastico assicura alla maturazionecomplessiva dello studente come persona e come cittadino (verso la dimen-sione europea e planetaria)11. In secondo luogo, invece, intende coglieredue ulteriori e significativi (sotto il profilo educativo e metacognitivo), le-gami: da una parte, quello tra particolari discipline (e gli argomenti e le at-tività di studio e di ricerca che propongono) e il vivere civile e nella società;dall’altra, quello tra l’abito mentale, procedurale e comportamentale orien-tato verso la convivenza civile, la solidarietà, la cooperazione, la correttezzae la ricerca della verità e i repertori metodologici e didattici – e talvoltaanche i medesimi traguardi di apprendimento – propri dei diversi repertoridisciplinari. Offriamo, a dimostrazione esemplare del primo nesso, le di-scipline storico-sociali e del secondo, le discipline scientifiche. Nell’unocome nell’altro caso, il collegamento viene maggiormente avvalorato e di-datticamente sostenuto – con l’auspicabile fattivo apporto della metacogni-zione – quando e se si guarda all’autonomia, alla consapevolezza, allaresponsabilità degli alunni e degli studenti come mete finali educative e,perciò, anche quali principi fondativi dell’azione educativa e di insegna-mento.

c) Fase di “traduzione” metodologica e di “ricaduta” didattica – Inquesta fase, il docente (considerato nella sua singolarità ovvero nell’azioneprogettuale da condividere con gli altri colleghi) deve farsi – per così dire– “espressione didattica” del progetto metacognitivo a più livelli: orienta-mento formativo generale, sensibilità personale e professionale da esibire

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11 E. Wenger, Comunità di pratica, R. Cortina, Milano, 2006.

quotidianamente, progettazione dei percorsi didattici, definizione delle pra-tiche didattiche (dei docenti) e di studio e apprendimento (degli studenti).

Nel farlo, dovrà – comunque ed evidentemente – ritornare a considerarela componente metacognitiva presente nel corredo epistemologico, peda-gogico e formativo dei differenti saperi che entrano a scuola.

Indichiamo, di seguito, alcune delle mosse essenziali per la traduzionedidattica dei percorsi formativi curricolari:

1. La prima mossa potrebbe essere quella di individuare i requisiti es-senziali generali/specifici indispensabili e necessari (di conoscenza, di abi-lità/procedura, metodologici, motivazionali, organizzativi, ecc.) agli alunniper iniziare e proseguire il percorso formativo (trasversale, multidiscipli-nare, di area disciplinare e della singola disciplina) e il conseguente lavorodi studio.

2. A questa dovrebbe fare seguito la scelta didattica consapevole di orien-tare concretamente l’attività intorno ad alcuni capisaldi metodologici:

- problematizzazione delle situazioni di studio e promozione del-l’esplorazione e della ricerca a riguardo sia delle condizioni di ap-prendimento e sia delle capacità individuali sollecitate;

- stimolo alla piena e consapevole partecipazione dell’alunno allo svi-luppo delle attività di studio e all’acquisizione delle sue conoscenzee competenze;

- sostegno e valorizzazione (al tempo stesso) della diversità delle pro-pensioni cognitive e culturali personali (e di gruppo) e della coope-razione nell’attuazione dei percorsi di studio;

- spinta continua, durante i diversi momenti dell’esperienza scolasticae nelle diverse pratiche di lavoro quotidiano, alla riflessione attenta,alla responsabilizzazione piena, all’elaborazione di idee personali,critiche, creative e anche “divergenti”, all’autonomia di pensiero, digiudizio e di azione12.

3. Successivamente, i docenti dovrebbero iniziare a praticare momentidi effettivo lavoro metacognitivo, all’interno dei propri percorsi didattici di-sciplinari e in riferimento a specifici traguardi di apprendimento (discipli-nari e anche di area/asse o ambito disciplinare). Questo, immediatamente epreliminarmente, dovrebbe essere rivolto nei propri confronti, per conosceree riconoscere sé stessi (ossia, come si è, prima nelle situazioni di studio per-sonale, poi nell’azione didattica, quali sono gli stili cognitivi ed esecutivipiù abitualmente praticati, ecc.). Quindi, dovrebbe essere orientato verso

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12 E. Morin, La testa ben fatta, R. Cortina, Milano, 2000.

gli allievi e prevedere, inizialmente, l’osservazione, esplorazione e valoriz-zazione dei repertori cognitivi e operativi individuali. Subito dopo va ope-rata la “contestualizzazione metacognitiva” delle attività di studio. Infinedovranno essere presentate particolari tecniche di apprendimento ed efficacistrategie (riflessive) di studio finalizzate alla promozione sempre più fortedella componente strategica nelle attività di studio e apprendimento13.

Nell’entrare in processi didattici riflessivi e nel mirare a rendere strate-gici i comportamenti cognitivi, procedurali ed esecutivi degli allievi, il do-cente non potrà non sentirsi coinvolto nel tentativo di rendere “strategica”anche la sua azione educativa e didattica.

A riguardo della determinazione a divenire sempre più “strategico”, cre-diamo che una delle accortezze più significative che il docente dovrà attuaredebba essere quella di far partecipare consapevolmente l’allievo allo svi-luppo delle attività di studio, a partire dalla “giustificazione” (culturale, for-mativa, educativa, ecc.) degli argomenti, dei contenuti e delle modalità dilavoro, oltre che, in generale, della stessa disciplina scolastica.

4. Fase di attuazione e di verifica/valutazione degli interventi – Passandoalla fase attuativa e di sviluppo degli interventi didattici metacognitivi, saràpremura del docente (ovvero del gruppo docente), in primo luogo, teneresempre a mente gli effettivi traguardi di apprendimento, la loro promozionein senso metacognitivo e le corrispondenti scelte di ordine metodologico,didattico, organizzativo e di allestimento degli ambienti di apprendimento.In secondo luogo, all’insegnante toccherà sostanziare metacognitivamentela sua sensibilità e la sua effettiva azione formativa in riferimento, da unaparte, ai precipui scopi formativi perseguiti dalla metacognizione e, dall’al-tra, ai guadagni che, mediante la didattica metacognitiva, possono/devonoderivare agli allievi. In terzo luogo, ciascun docente o, meglio, ogni consi-glio di classe, deve provare a scegliere il modello/contesto didattico pro-gettuale all’interno del quale l’azione metacognitiva può funzionare conmaggiore efficacia (ovvero, viceversa, tentare di adattare o ri-costruire ilmodello progettuale didattico sulla più confacente alle peculiarità metodo-logiche e formative della metacognizione). A riguardo, tra le soluzioni, lapiù opportuna ci sembra quella della progettazione modulare14, per almenotre delle caratteristiche peculiari – tra loro intrecciate – che essa presenta eche, come abbiamo già scritto, consentono di poter attuare con maggior

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13 C. Cornoldi, R. De Beni, Gruppo MT, Imparare a studiare 2, Erickson, Trento, 2002.14 G. Mondelli, Guida alla didattica modulare, Anicia, Roma, 2004; F. Quartapelle, Proposteper una didattica modulare, FrancoAngeli, Milano, 1999; N. Rosati, Didattica Modulare,Anicia, Roma, 2001.

agio ed efficacia l’intervento metacognitivo: la motivazione educativa, cul-turale e formativa che connota ogni singolo “modulo” e che ne giustifica lapresenza nell’intera catena progettuale; l’estensione temporale (rispetto alletradizionali unità didattiche) che consente agli studenti e ai loro docenti divivere in maniera distesa – e, perciò, potenzialmente, “riflessiva” e “con-sapevole” – l’esperienza scolastica della conoscenza; la dimensione orien-tativamente pluridisciplinare dei moduli didattici che permette di accenderee sviluppare processi trasversali di apprendimento e, pertanto, di richiedere,sostenere e potenziare le abilità personali di studio e di ricerca e la capacitàdi cercare i metodi di lavoro più confacenti alle specificità cognitive propriee alle caratteristiche del compito da affrontare.

In quarto luogo, è opportuno che l’insegnante “leghi” l’intenzione e lapratica didattica metacognitiva a metodi di insegnamento (e alle conseguentiattività di studio proposte agli studenti) che ne esaltino le potenzialità for-mative15. Perciò, nell’esperienza scolastica considerata in generale e/o invista della promozione di una determinata unità di apprendimento, risulteràquanto mai necessario che egli esplori il panorama delle metodologie – equello delle particolari “tecniche” – di insegnamento. Dovrà farlo, tra l’al-tro, curandosi di effettuare una cernita degli strumenti o dei sussidi didattici(in particolare quelli tecnologici e digitali). Quindi, il docente dovrà operaredelle scelte “didattiche”, guardando – comunque – al potenziamento del-l’autonomia di studio dell’allievo e allo sviluppo della sua consapevolezzacognitiva e della responsabilità operativa.

Come è giusto che sia, le attività formative considerate, soprattutto, sottoil profilo degli apprendimenti che contribuiscono a generare, sostenere econsolidare, vanno sottoposte a controlli circa la loro validità ed efficacia.Di più, quando si vuole individuare il contributo offerto dall’immissionenel contesto scolastico di sensibilità formative e di pratiche didattiche orien-tate alla metacognizione, avvertiamo la necessità di un’azione di verifica edi valutazione ancora più attenta e sofisticata. Intenzione, questa, che, im-mediatamente, deve suggerire di piazzare e attivare stazioni di rilevamentodel lavoro didattico svolto e degli apprendimenti conseguiti in riferimentoagli obiettivi didattico-disciplinari16, rivisitati in senso metacognitivo. Do-vranno, pertanto, essere individuati momenti e situazioni di studio, indica-tori e descrittori di valutazione, osservazione e prove, nel contempo, sia ditipo cognitivo sia di natura metacognitiva. A riguardo, inoltre, in conside-razione della specificità degli scopi formativi collegati alla metacognizionee delle precipue modalità di “traduzione” didattica della stessa, sarà pro-

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16 G. Domenici, Manuale della valutazione scolastica, Laterza, Roma-Bari, 1993.

gressivamente promossa una significativa, condivisione tra docenti e stu-denti degli obiettivi conoscitivi e di abilità da conseguire, delle pratiche distudio da frequentare e delle corrispondenti operazioni di verifica da attuaree, infine, dei criteri di valutazione da adottare. È importante, infatti, sia sottoil profilo generale educativo, sia sotto il profilo più precipuamente meta-cognitivo, che le attività di studio e le conseguenti azioni di verifica e divalutazione passino progressivamente nelle mani degli studenti. Una sceltaoperata in tal senso risponde a ulteriori ragioni ed esigenze, tra le quali sot-tolineiamo: lo sviluppo personale e autentico della conoscenza e della com-petenza, la promozione di disposizioni democratiche e di consuetudini alperseguimento della piena partecipazione diretta e responsabile, la spinta afar venire fuori gli alunni e gli studenti dalle secche della cultura dell’alibie delle irresponsabilità17.

Infine, i docenti devono riflettere sugli esiti di apprendimento (discipli-nari e/o trasversali, relativi alle conoscenze e/o alle abilità, riferibili al breveo al medio lungo periodo, specie a riguardo delle disposizioni allo studio)realizzati con il contributo della metacognizione allo scopo di migliorarela qualità – generale, specifica – dei processi didattici.

4. Le direzioni di fondo dell’intervento didattico metacognitivo

Definito lo sfondo educativo ed esplicitata la cornice formativa e didat-tica progettuale, occorre individuare, adesso, le linee portanti dell’effettivointervento metacognitivo che, a nostro parere, è opportuno articolare in duegrossi blocchi di lavoro, comunque, da orientare verso le competenze dafar conseguire – sempre più “consapevolmente” – agli alunni. Il primoblocco, riteniamo sia da dedicare alla conoscenza dei “repertori mentali”degli allievi da parte dei docenti; il secondo, invece, sarà da rivolgere al-l’esplorazione, scelta, adozione e adattamento delle concrete attività didat-tiche metacognitive.

La conoscenza dei repertori mentali degli allievi da parte degli inse-gnanti è motivata dalla volontà medesima di assicurare fattibilità aun’azione didattica indirizzata – come sappiamo – a favorire l’utilizzazionepersonalizzata e progressivamente più consapevole di strategie di studio edi apprendimento da parte dell’allievo. L’intervento didattico, infatti, perriuscire efficace non può partire se non da un’esplorazione conoscitiva deirepertori mentali dell’alunno (contenuti culturali e di conoscenza, capacità

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17 M. Comoglio, Insegnare e apprendere in gruppo, LAS, Roma, 1996.

e modalità di concettualizzazione, livelli di elaborazione/rappresentazione,stili cognitivi, abilità metacognitive, interessi, potenzialità espresse e ine-spresse, ecc.).

La scelta mirata delle attività di studio metacognitive – come delle stessesoluzioni metodologiche e organizzative – dovrà, poi, tenere in debito contosia le informazioni ricavate dalla precedente esplorazione (mai, del resto,completamente conclusa e, perciò, sempre attiva) sia il “profilo educativo”dello studente (da personalizzare anche a misura delle caratteristiche per-sonali degli studenti). La prospettiva deve essere quella di elaborare, in ri-ferimento alla specifica classe, alla particolare situazione scolastica, alleesigenze formative e cognitive di ciascun alunno, un piano – ricco, flessi-bile, modificabile – di attività per lo sviluppo delle abilità metacognitivedegli alunni.

Dette abilità potranno/dovranno essere riferite essenzialmente:- ad una sempre più elevata conoscenza e consapevolezza, da parte

dell’alunno dei contenuti, delle operazioni mentali, delle strategie dilavoro impegnate – e/o da impegnare – nelle attività di studio;

- ad una sua maggiore e più sensibile capacità di autocontrollo e diautoregolazione dei propri processi cognitivi e operativi durantel’esecuzione dei compiti di apprendimento;

- ad una sempre più consapevole ed efficace scelta dell’allievo circale strategie di studio, da sviluppare all’interno di un processo/per-corso teso a migliorare la propria “strategicità” individuale, me-diante il riconoscimento delle proprie strategie, l’evoluzione dellacapacità personale di valutarne l’efficacia (in riferimento al com-pito), la conoscenza di una quota sempre più cospicua di tecniche edi strategie;

- ad un effettivo potenziamento dello stile cognitivo di ogni allievo ead un funzionale adeguamento alle diverse situazioni di apprendi-mento e di studio.

Quindi, più che all’acquisizione di competenze metacognitive specifichee settoriali – comunque da perseguire –, l’intervento didattico sarà rivoltoal sostegno e all’acquisizione di atteggiamenti più estesi e più generali diconsapevolezza intellettuale.

In realtà, come si vedrà meglio in seguito, la progettazione didatticadell’intervento metacognitivo si preoccupa, anche, di promuovere lo svi-luppo, oltre che di un atteggiamento strategico, di una serie di abilità stra-tegiche specifiche. Queste, per così dire, potrebbero essere considerate“intermedie”, tra abilità cognitive e abilità metacognitive: come le primeesprimono competenze nei territori del saper fare, come le seconde, sono

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essenzialmente di secondo ordine, perché rivolte alla riflessione sulle pro-cedure di apprendimento e di studio e alla conseguente scelta e adozione diquelle più opportune ed efficaci.

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Capitolo quattordicesimo

La conoscenza dei repertori mentali degli allievi(da parte degli insegnanti)

1. La conoscenza delle caratteristiche dell’allievo per aiutarlo a conoscersi

Lo scopo della didattica metacognitiva è facilitare lo sviluppo delle abilitàmetacognitive nell’allievo e cioè, fondamentalmente, essa deve aiutarlo a:

- conoscere e utilizzare quello che sa e quello che sa fare quando èimpegnato in compiti di apprendimento

- conoscere, valutare e adeguare/adattare i tratti più significativi deipropri comportamenti e atteggiamenti metacognitivi e del propriostile cognitivo (generale/specifico);

- scegliere le strategie di apprendimento e di studio più efficaci e pia-nificare le operazioni mentali e pratiche interessate da e nello studio,considerando anche le caratteristiche dello specifico compito di ap-prendimento da realizzare;

- controllare e regolare le medesime operazioni mentre sono in azione - verificare e valutare la prestazione realizzata e ripercorrere mental-

mente i processi cognitivi che l’hanno determinata.

In realtà, come abbiamo già detto, perché l’allievo possa incamminarsilungo la strada della conoscenza della sua conoscenza è, innanzitutto, ne-cessario che abbia la possibilità di dimostrare – all’insegnante e a sé mede-simo – quello che sa e come lo sa. Tocca, quindi, promuovere attività distudio che mettano allo scoperto le modalità secondo le quali gli allieviesprimono le loro capacità, propensioni, abilità.

E, ancora, perché l’insegnante possa proporre strategie efficaci di svi-luppo metacognitivo a vantaggio degli studenti, è necessario che voglia esi attrezzi a utilizzare le medesime attività di studio quali occasioni privi-legiate di conoscenza delle loro capacità, caratteristiche, propensioni co-gnitive e metacognitive1.

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1 M. Polito, Attivare le risorse del gruppo classe, Erickson, Trento, 2000.

In conclusione, quindi, la conoscenza del mondo mentale dell’allievo èimportante, innanzitutto, perché, in generale, consente all’insegnante di ipo-tizzare, pianificare, attuare e regolare continuamente qualsiasi interventodidattico a lui rivolta e al suo sviluppo mirata. Nello specifico, poi, degliscopi di una didattica metacognitiva, la conoscenza del repertorio di rispostecognitive degli allievi è addirittura indispensabile: è una condizione senzadella quale la globalità dell’intervento perde di qualsiasi fondamento. Insua assenza, si procede alla cieca: quale strategia di lavoro consigliare, qualestile cognitivo rettificare o valorizzare, quale modalità di memorizzazioneincentivare, se non si sa nulla – e né si tenta di saperlo – del repertorio co-noscitivo e cognitivo dell’allievo?

Del quale è opportuno che l’insegnante cerchi di conoscere, perlomeno,le conoscenze possedute, le modalità e i livelli di concettualizzazione ope-ranti, gli stili cognitivi preferibilmente frequentati, le strategie mentali eoperative adoperate, le conoscenze e le competenze metacognitive attivate.

2. Condizioni preliminari per conoscere gli allievi

Ci sembra opportuno richiamare anche qui, a proposito delle modalitàdi indagine dei repertori di pensiero degli allievi, quanto abbiamo rilevatoin precedenza a proposito delle condizioni preliminari dell’intervento di-dattico metacognitivo.

Innanzitutto, è necessario non fondare la pratica didattica quotidiana sullapredisposizione di “kit didattici” preconfezionati, sia perché sono il più dellevolte elaborati da altri (e quindi non dagli insegnanti che agiscono con gli al-lievi), sia perché, di consueto, impongono agli allievi un impegno cognitivo,conoscitivo, operativo di tipo essenzialmente esecutivo-compilatorio.

Viceversa, se l’obiettivo precipuo è portare allo scoperto le conoscenzee le modalità di lavoro mentale delle quali l’allievo dispone (per guidarlonella conoscenza personale di quelle e, per mirare, attraverso essa a miglio-rare la qualità dei suoi processi di apprendimento), si deve puntare su attivitàche le mettano in gioco perché le medesime propensioni possano rivelarsi.Evidentemente, tanto non si verifica agevolmente con attività che solleci-tano poco e male la capacità di pensiero autonomo e di azione personaledell’allievo.

In secondo luogo, ricordiamo la finalità peculiare (che è, al tempo stesso,la condizione prioritaria, il metodo di lavoro essenziale, lo strumento piùsignificativo, ecc.) del progetto formativo metacognitivo: stimolare la par-tecipazione sempre più attiva e consapevole dell’allievo alla costruzionedelle sue conoscenze. Quanto più egli potrà partecipare ai processi di ap-

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prendimento, tanto più sarà messo nelle condizioni di esplicitare il patri-monio delle sue conoscenze e delle sue abilità cognitive.

D’altronde, è necessario che lo stesso insegnante non voglia ritrovarenei suoi allievi – secondo il tradizionale e mai del tutto abbandonato para-digma didattico (trasmissione, studio, interrogazione/verifica) – soltanto letracce del suo intervento; ma, al contrario, cerchi di aprirsi sempre più siaalla elaborazione autonoma delle conoscenze da parte dell’allievo sia al-l’acquisizione consapevole delle abilità relative alle competenze.

Un’ulteriore condizione in grado di consentire l’esplicitazione dei re-pertori della mente, idonea a consentire la conoscenza del docente circa lecaratteristiche degli allievi e a permettere un’adeguata azione metacogni-tiva, è costituita dall’adozione di un orientamento metodologico-didatticoche miri al conseguimento, da parte degli allievi, di abilità cognitive e distrutture concettuali “forti” piuttosto che, esclusivamente, al raggiungi-mento di obiettivi didattici disciplinari minimi dettati direttamente dai saperiscolastici. Infatti, nel primo caso, al centro dell’interesse ci sono le cono-scenze e le competenze dell’allievo; nel secondo caso, i contenuti della di-sciplina (più per come sono trasmessi che per come sono appresi).

Occorre considerare che le attività di osservazione promosse dall’inse-gnante devono differenziarsi rispetto a quelle promosse dal ricercatore odall’esperto di settore. Non possiamo trasformare le aule in gabinetti asetticidove si falsificano ipotesi di scienza cognitiva; dobbiamo, invece, trasfor-marle in laboratori caldi (di pensieri, di immagini, di idee) che permettanoall’insegnante di conoscere meglio le menti dei suoi allievi.

C’è, poi, da riflettere su un’altra questione: è difficile distinguere, al-l’interno del più complessivo intervento didattico metacognitivo, tra attivitàindirizzate all’osservazione e attività predisposte per lo sviluppo dei reper-tori mentali. In effetti, individuare e attuare modalità e tecniche di osserva-zione significa, il più delle volte, ideare e organizzare determinate attivitàdidattiche che si rivelano, soprattutto, occasioni di arricchimento formativo.E, viceversa, le stesse attività didattiche orientate allo sviluppo metacogni-tivo, a causa della peculiarità delle loro caratteristiche forniscono – di fatto– all’insegnante, molteplici informazioni sull’allievo, sui suoi metodi di la-voro cognitivo, sulle sue procedure di apprendimento, ecc.

3. Le conoscenze possedute dall’allievo

Prima di affrontare un qualsiasi argomento di studio, specie se inedito ose di notevole rilevanza, è opportuno che l’insegnante cerchi di sapere inquali condizioni, si trova, a riguardo, l’allievo è, cioè, quali conoscenze

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possiede (a livello informale o formale, in maniera consapevole o non con-sapevole, di carattere trasversale o riguardanti una specifica area discipli-nare, ecc). Queste conoscenze possono essere di tipo “ingenuo” (apparte-nere, quindi, all’esperienza diretta dell’allievo e/o derivargli dal suo mondosociale e culturale) ovvero essere progressivamente più “esperte” o perfe-zionate, anche perché derivate dall’assimilazione di nozioni trattate a scuolao in altri contesti educativi e formativi2.

Le prime, per quanto “ingenue”, rivelano una straordinaria e insospettabilesolidità nel tempo: gli individui devono a fare i conti con queste, infatti, perbuona parte della loro esistenza. Spesso, inoltre, pur se apparentemente inac-cettabili, s’incistano caparbiamente all’interno del repertorio conoscitivo delsoggetto (anche quando è dotato di una discreta cultura di base) e convivonoambiguamente con le conoscenze più evolute. Ogni tanto riemergono, ritor-nano allo scoperto, rivelando insieme alla loro incrollabile permanenza, laprecarietà e/o la contraddittorietà dell’edificio culturale personale costruito3.

Delle conoscenze che ogni allievo possiede, una parte cospicua è costi-tuita dalle conoscenze dichiarative (informazioni su persone, fenomeni,fatti, ecc.), un’altra parte attiene alle conoscenze procedurali (procedure dilavoro, modalità di ragionamento, tecniche o routine di pensiero, ecc.).

Accanto a conoscenze di quest’ordine potremmo collocare le conoscenzemetacognitive: si tratta di conoscenze che attengono a quanto il soggettosa, in generale, sulle attività da svolgere e, ancor più propriamente, sulleoperazioni della mente impegnata nel realizzarle. Stiamo parlando, in par-ticolare, delle conoscenze che si riferiscono alla sua mente4.

4. Le modalità e i livelli di concettualizzazione operanti

Le conoscenze di tipo dichiarativo, procedurale e metacognitivo si col-legano strettamente alle modalità e ai livelli evolutivi di concettualizzazioneoperanti globalmente nel soggetto che apprende.

Pur senza esprimere dichiarazioni di fede a proposito dell’una o dell’altrateoria dello sviluppo5, dell’apprendimento o dell’istruzione6, vogliamo ricor-dare come sia necessaria una conoscenza delle caratteristiche (di elaborazione,di organizzazione e utilizzazione delle informazioni) che si suppongono tipi-

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2 E. Damiano (a cura di), Guida alla didattica per concetti, Juvenilia, Bergamo, 1995.3 H. Gardner, Educare al comprendere, Feltrinelli, Milano, 1993.4 D. Janes, Metacognizione e insegnamento, Erickson, Trento, 1996.5 J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi, Torino, 1967.6 J.S. Bruner, Verso una teoria dell’istruzione, Armando, Roma, 1972.

che degli allievi in considerazione della loro età e degli altri fattori che con-tribuiscono a determinare stadi o livelli evolutivi (maturazione psicofisica,sesso, ambiente sociale e culturale, grado di istruzione, ecc.).

Quali sono le forme di elaborazione e di rappresentazione delle cono-scenze che – a quell’età, in quell’ambiente socioculturale – i bambini o iragazzi prediligono o sono in grado di utilizzare?

Questo è un interrogativo che spesso si traduce in riflessioni intorno aicontenuti dell’insegnamento e alle forme della loro utilizzazione didattica(da privilegiare, da evitare, da adoperare col supporto di ulteriori cautelemetodologiche).

Il “riconoscimento” delle forme tipiche di elaborazione delle conoscenzedegli allievi permette, inoltre, pur senza alcuna pretesa di assolutezza, diindividuare eventuali “distanze” che singoli alunni o studenti possono farregistrare (in negativo o in positivo, nella globalità dello sviluppo concet-tuale o nello specifico di alcuna delle sue parti) rispetto agli standard evo-lutivi di riferimento. Del resto, la questione non è esclusivamente di ordine,per così dire, “evolutivo” (ossia riferibile in generale alle caratteristiche disviluppo legate più o meno direttamente all’età e alle esperienze del bam-bino o del ragazzo). Si riferisce, invece, insieme a quelle conoscenze “in-genue” delle quali abbiamo già parlato, anche alle effettive condizioni di“recupero”, “selezione” e “trattamento” delle informazioni e dei messaggidi qualsiasi genere, alle modalità di risoluzione di situazioni problematichedi conoscenza e di esperienza, alle differenti procedure operative messe inatto. Tutte operazioni cognitive e pratiche che, nella concreta attualizzazionepersonale degli alunni impegnati nelle attività di studio, non sempre sem-brano seguire obbedienti i protocolli delle teorie evolutive e che, soprattutto,spesso, risultano cronologicamente sfalsate rispetto alle linee evolutive pre-viste. Non a caso, ci si trova spiazzati – in negativo, ma anche in positivo-di fronte ad alcuni comportamenti cognitivi espressi dai nostri bambini eragazzi. Si pensi, per esempio, a quelli simbolicamente e alfabeticamente“anticipatari” dei bambini “digitali”; oppure a quelli emotivamente o affet-tivamente “involuti” degli adolescenti e dei giovani d’oggi.

5. Gli stili cognitivi preferibilmente frequentati

Strettamente connessi alle forme – più o meno – evolutive di concettua-lizzazione sono gli stili cognitivi degli allievi. Per stile cognitivo inten-diamo la maniera abituale secondo la quale ogni soggetto interpreta leattività (di studio, di lavoro, ecc.) che interessano la mente. A proposito delsignificato da attribuire allo stile cognitivo, è bene precisare che gli studiosi

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si dividono tra un’interpretazione estensiva e globale e un’interpretazioneridotta e settoriale.

Nel primo caso si avrebbe a che fare con delle procedure di lavoro men-tale che, nella loro essenzialità e generalità, verrebbero espresse costante-mente dal soggetto mentre apprende ed elabora le sue conoscenze, qualeche sia la disciplina o l’attività di studio. Una sorta di marchio personaliz-zato di fabbricazione cognitiva, un tentativo di accostamento, per così dire,agli stili espressivi di artisti, poeti e scrittori.

Nella seconda versione, invece, si punterebbe su consuetudini di studioe di lavoro meno estese, di portata decisamente più ridotta, messe in attodal soggetto in maniera diversificata a seconda del campo di intervento.Non si avrebbe a che fare, allora, con uno stile cognitivo unico, ma con piùstili cognitivi presenti e interagenti all’interno dello stesso individuo.

In realtà, è, forse, più opportuno, tenere in conto – ovvero compresenti– entrambe le interpretazioni. Per, da un lato, potersi correttamente riferirea una sorta di identità cognitivo-operativa generale che l’individuo esprimecon buona coerenza e, dall’altro, di poter fare i conti con le specifiche ri-chieste del compito cognitivo da espletare e con le particolari vocazioni ecaratteristiche del soggetto.

Pertanto, adoperemo perciò le locuzioni di stile cognitivo globale (nelprimo caso) e di stile cognitivo specifico (nel secondo caso).

A riguardo degli stili cognitivi, come delle forme di concettualizzazioneprima segnalate, si potrebbe – per conoscere, ri-conoscere e tener in contoil repertorio di risposte cognitive degli allievi – considerarli in senso evo-lutivo, ossia fare riferimento alle connotazioni di lavoro mentale tipiche diuna particolare fascia evolutiva. Infatti, per provare a identificare opportu-namente le connotazioni cognitive di qualunque soggetto, è bene indivi-duare gli orizzonti di sviluppo panoramici – anche se flessibili – diriferimento. Gli “stadi evolutivi” possono assolvere a questo compito.

Le persone vengono caratterizzate profondamente dagli stili cognitiviche adottano e medianti i quali dimostrano inequivocabilmente che gli in-dividui ragionano e pensano in maniera diversa7. Per tentare di rappresen-tare gli stili cognitivi degli alunni e degli studenti, si può ricorrere, comepropongono Cornoldi e De Beni, a coppie di aggettivi qualificativi, in gradodi designare in maniera impressionistica le polarità di stile.

L’adozione di questa misura colloca gli effettivi comportamenti degli al-lievi lungo il segmento ideale che collega le due polarizzazioni, le quali – ov-viamente – non sono da intendere in maniera esclusiva, anche perchéfiniscono per incrociarsi tra di loro (e, talvolta, persino, secondo modalità non

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7 C. Cornoldi, R. De Beni, Gruppo MT, Imparare a studiare, Erickson, Trento, 1993.

sempre “coerenti” o, perlomeno, prevedibili). Nella fattispecie, possono gio-care ruoli determinanti, in relazione alle propensioni e vocazioni dell’allievo,anche una serie di fattori contingenti e/o permanenti quali: la specificità del-l’argomento o del contenuto conoscitivo, la particolarità dell’attività o del-l’operazione cognitiva, l’esperienza pregressa di studio e di lavoro delsoggetto impegnato, la tipologia e la qualità dell’azione didattica dei docenti,il clima relazionale e operativo che si respira, le particolari o comuni sceltedi organizzazione degli studenti nello svolgimento delle attività di studio,altre condizioni di contesto (dal rumore diffuso, alla presenza di strumenta-zioni tecnologiche, allo spazio a disposizione per lo studio, ecc.).

In ogni caso, segnaliamo gli accoppiamenti polari ai quali abbiamo fatto,in precedenza, riferimento8:

- Stile cognitivo sistematico-intuitivo (da una parte, adozione di unmetodo di lavoro mentale basato su piccoli passi da effettuare line-armente e sulla presa in considerazione di tutte le variabili in gioco;dall’altra parte, elaborazione immediata e sintetica delle proprie de-liberazioni cognitive).

- Stile cognitivo globale-analitico (il primo, caratterizzato da una visioneecologica e complessiva del problema, dell’argomento da affrontare; ilsecondo, da un esame puntiglioso e mirato degli elementi in gioco).

- Stile cognitivo impulsivo-riflessivo (da un lato, risposte rapide equasi istintuali alle stimolazioni ricevute; dall’altro lato, riflessioni,ripensamenti, valutazioni ponderate, prima e durante l’esecuzione diun compito).

- Stile cognitivo verbale-visuale (rispettivamente, preferenza o pro-pensione per l’uso del codice linguistico e per le attività che mediantelo stesso si realizzano o che su di esso si fondano ovvero, viceversa,disposizioni e vocazioni favorevoli nei confronti del codice iconicoe della sua messa in atto).

6. Le strategie cognitive o di apprendimento

Le strategie cognitive possono essere intese come le modalità consa-pevoli di svolgimento di un’operazione mentale, di risoluzione di una si-tuazione problematica, di esecuzione controllata di un’attività di studio.Esse sono in stretta relazione con gli stili cognitivi. Questi ultimi, a pareredi alcuni studiosi non sarebbero in fondo che l’esplicitazione coerente, nel

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8 C. Cornoldi, R. De Beni, gruppo MT, Imparare a studiare, cit.

tempo e pur col variare dei contesti e delle circostanze, di una determinataclasse di strategie.

Forse, però, è bene che la distinzione tra stile cognitivo specifico e stra-tegia cognitiva o di apprendimento vada mantenuta, non fosse altro che perla dimensione temporale più estesa e distesa del primo rispetto alla se-conda9. Non è possibile, infatti, identificare uno “stile” in un soggetto senon dopo averlo visto o supposto compresente in un congruo numero di cir-costanze distribuite nel tempo. La “strategia”, invece, può essere individuatapresente e all’opera anche in una sola occasione, determinata nel tempo enello spazio.

Inoltre, ci pare si possa attribuire allo stile cognitivo specifico una mag-gior cifra di soggettività e di personalizzazione rispetto alla strategia, pro-prio perché è l’espressione tipica e tipicizzante del repertorio di rispostecognitive elaborate da un soggetto, anche quando l’ambito di impegno co-gnitivo è particolarmente circoscritto. Infatti, ognuno dei nostri allievi puòdifferire dal suo compagno in riferimento alla modalità secondo la qualeaffronta di consueto, ad esempio, una situazione problematica di natura lo-gico-matematica, pur condividendo, talvolta, alcune delle strategie cogni-tive di risoluzione del problema. Allora è, piuttosto, la possibilità di fardurare nel tempo l’individuale adesione all’utilizzazione di una stessa bat-teria di strategie cognitive, anche in settori limitati d’impegno intellettuale,a qualificare lo stile cognitivo specifico.

A proposito del confronto tra stili e strategie, concludendo, si potrebbeconvenire sulle seguenti affermazioni di fondo:

- un soggetto esprime, nel suo lavorare con la mente, uno stile cogni-

tivo generale e degli stili cognitivi specifici; - lo stile cognitivo generale e gli stili cognitivi specifici si costituiscono

attraverso l’attualizzazione, ripetuta nel tempo, di modalità (o stra-

tegie) coerenti di elaborazione mentale; - lo stile cognitivo, anche quando è specifico, esprime la soggetti-

vità mentale dell’individuo – dell’allievo –, quella che potremmodefinire una sorta di “personalità cognitiva” del soggetto mentreconosce;

- la strategia cognitiva, invece, può essere adoperata anche dagli in-dividui più diversi e soltanto il suo uso continuato e coerente, da partedello stesso soggetto, la trasforma in parte costitutiva dello stile co-

gnitivo del medesimo soggetto.

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9 G. Pontara, Metodo di studio e strategie di apprendimento, in “L’educatore”, n. 20, Aprile,2003.

7. Le conoscenze e le competenze metacognitive attivate

Le conoscenze e le competenze metacognitive sono tra loro strettamenteconnesse e, in talune circostanze, anche difficilmente distinguibili. È bene,però, per ragioni di analisi e di studio e sia pure in linea teorica (o ideale), pro-vare a esprimere le caratteristiche (e il senso di fondo) delle une e delle altre.

Per conoscenze metacognitive intendiamo le informazioni possedutedal soggetto intorno alle operazioni mentali impegnate da un atto di cono-scenza o di studio e su quanto ha che vedere con quelle attività (materialidi lavoro, concetti e contenuti disciplinari, procedure di ricerca, ecc.). Sono,generalmente, “conoscenze” ricavate dalla riflessione conscia del sog-getto10, nell’insieme, intorno alle sue capacità/modalità di lavoro mentale eallo specifico compito nel quale s’impegna. Bisogna considerare, comun-que, che il soggetto potrebbe anche “possederle” e dimostrare un buon li-vello di acquisizione, senza, però, rivelare necessariamente una buonacompetenza d’uso, ovvero, senza saperle applicare nella esecuzione con-creta di compiti di natura cognitiva.

Utilizziamo un’esemplificazione per rendere palese la convinzioneespressa: quando un alunno sta per accingersi a leggere un determinato ar-gomento di storia compie, sia pure secondo livelli differenti di qualità e diimpegno, una serie di operazioni. Proviamo a metterne alcune in sequenza:

a) scelta e “riconoscimento” del libro;b) individuazione, all’interno di questo, prima del settore (parte, capi-

tolo, ecc.), quindi della pagina iniziale da leggere;c) consapevolezza a riguardo del tipo di informazioni che potrà ricavare

dalla lettura (in questo caso, prevalentemente di tipo storico);d) consapevolezza del tipo di impegno che gli viene richiesto in relazione

al compito che gli è stato assegnato (semplice lettura, comprensioneattenta, interpretazione personale con commento, risposta a questio-nario, redazione di un breve saggio o di una sintesi riepilogativa, pre-parazione per una prova di verifica o per un’interrogazione, ecc.);

e) previsione di massima circa il tempo di lavoro che gli verrà richiesto;f) valutazioni preventive circa le proprie possibilità di riuscita (in con-

siderazione dell’esperienza pregressa, delle attitudini al tipo di com-pito richiesto, degli interessi e delle curiosità nello specifico campodi studi disciplinari, ecc.);

g) prime considerazioni sulle modalità di lavoro da attivare, le strategieda prendere in considerazione (ad esempio circa il numero di letture

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10 M. Comoglio, Modelli di metamemoria, in “Orientamenti Pedagogici”, 5/6, SEI, Torino,1990.

da effettuare, il tipo di lettura da preferire – a voce alta o silenziosa,tutta d’un fiato oppure per piccoli segmenti, lenta o veloce, ecc.).

Come dicevamo sopra, di queste scelte, di simili valutazioni, il soggettoè spesso consapevole, anche se tale consapevolezza non è né completa eneanche continua e coerente, quanto, piuttosto, parziale e intermittente. Inogni caso, le decisioni che prende circa le modalità di esecuzione del com-pito, dipendono, in buona misura, dalle conoscenze sul lavoro che lo attende(in riferimento alle caratteristiche del compito). Esse appartengono all’areadella metacognizione perché si originano da riflessioni sui processi cognitivie si qualificano come attività connesse alla «conoscenza della conoscenza».

Come si può ben vedere, le conoscenze metacognitive, sono informa-zioni che i soggetti maturano intorno alle (proprie) attività mentali consi-derate in riferimento a un compito di conoscenza da svolgere. In realtà,sembrano ricevere notevoli sollecitazioni dai rapporti sociali che gli indi-vidui allacciano e vivono, nel senso che essi possono formarsi delle ideesulle attività intellettive personali anche mettendole a confronto con quelleche si suppone possano essere elaborate dai loro simili11.

Le competenze metacognitive, invece, si riferiscono alla disponibilitàgenerale (atteggiamento, sensibilità, consuetudini trasversali) o a quella set-toriale (in particolari campi disciplinari, a riguardo di specifiche attività ocompiti, ecc.) dell’individuo a controllare e a regolare i propri processi co-gnitivi. Adottando l’identica distinzione già adoperata a proposito degli stilicognitivi, potremmo affermare di trovarci, nel primo caso, al cospetto diuno stile metacognitivo generale; nel secondo caso davanti a stili meta-

cognitivi specifici.Pur essendo, forse, più semplice osservare la presenza negli alunni di

competenze metacognitive specifiche, è nei confronti dell’atteggiamentometacognitivo generale che è opportuno l’insegnante rivolga le proprie at-tenzioni. A causa della sua importanza per la più generale maturazione co-gnitiva e concettuale dell’allievo, oltre che per la sua trasferibilità avantaggio dell’acquisizione di competenze metacognitive specifiche.

7.1 Intreccio tra conoscenze metacognitive e competenze metacognitive

Come abbiamo poco sopra anticipato, le competenze metacognitivespesso si intrecciano, si combinano, si confondono con le conoscenze meta-

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11 M. Comoglio, Modelli di metamemoria, in “Orientamenti Pedagogici”, 5/6, SEI, Torino,1990.

cognitive. La stessa scelta da noi fatta a proposito di quanto detto alle letteref) e g) regge eventualmente a un livello estremamente lontano dalla concretaesperienza cognitiva. Nella realtà, l’elaborazione di previsioni di successo odi preliminari ipotesi di lavoro (circa il compito da effettuare), se non puòessere considerata in senso stretto un’operazione di controllo metacognitivo,esprime, però, una modalità di interazione riflessa con il compito medesimoda svolgere. Infatti, essa, pur se inizia prima dell’attività di lavoro, prosegue,senza soluzione di continuità, durante la medesima e finisce per influenzaredirettamente la qualità dell’impegno cognitivo del soggetto.

In generale, potremmo affermare che le conoscenze metacognitive, serealmente attualizzate, costituiscono la base conoscitiva alla quale l’indi-viduo può attingere per l’esplicitazione delle sue competenze metacogni-tive. In qualche modo, la conoscenza metacognitiva del soggetto potrebbeessere considerata, quindi, parte della sua più complessiva competenza me-tacognitiva, anche se non sempre è possibile rintracciare una precisa corri-spondenza tra livello di metaconoscenza (o di conoscenza metacognitiva)e livello di sensibilità o di competenza metacognitiva.

L’allievo, può anche avere a disposizione, in memoria, una serie di cono-scenze metacognitive circa l’effettuazione di un compito, ma non riuscire, nonessere in grado di metterle in atto. Viceversa, vi sono dei processi metacogni-tivi che si azionano senza il perlomeno apparente contributo di conoscenzemetacognitive, talvolta senza neanche una qualche forma di consapevolezza.Ci riferiamo a quei processi di autocontrollo e di regolazione su atti mentali ecomportamentali che vengono attivati dall’individuo in forma pressoché au-tomatica (ad esempio nei processi visivi o acustici, ma anche, nelle continueregolazioni effettuate dal nostro corpo a seconda del tipo di movimento chedobbiamo effettuare e in riferimento al luogo di effettuazione).

Approfondendo la riflessione possiamo provare a distinguere tra loro iprocessi metacognitivi.

Segnaliamo, in primo luogo, la pratica dell’autocontrollo che, sinteti-camente, definiamo come la capacità dell’individuo di controllare l’anda-mento della attività nella quale si impegna e il suo livello di attenzione. Nelfar questo, il soggetto cerca di non distrarsi, di non farsi mettere fuori strada,di tener anche in conto ed eventualmente di eliminare le fonti di distrazioneo di confusione. Inoltre, ancora, prova a porre un argine alle risposte istin-tuali e impulsivamente reattive e a inibire, in particolare, quelle particolar-mente non adeguate alla situazione.

Passiamo, quindi, all’autogestione (self-management), la quale – stret-tamente connessa all’autocontrollo – si riferisce soprattutto alla capacità diprodurre, in piena autonomia, comportamenti appropriati e diretti al rag-giungimento di determinati scopi.

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Segue l’autoregolazione, da considerare, probabilmente, come la capa-cità più “comprensiva” e “complessa” tra quelle che qui si presentano per-ché si riferisce sia a comportamenti voluti e intenzionali, sia a sottili e, peril soggetto che le esprime, non sempre consapevoli risposte cognitive e fi-siologiche.

Infine, proponiamo l’automonitoraggio, processo/procedura che si ap-plica in tutti i casi di processi di autovalutazione del comportamento cogni-tivo e delle sue conseguenze operative e pratiche.

8. Competenza metacognitiva e orientamento strategico

Crediamo sia opportuno, a questo punto, sottolineare, da una parte, l’in-treccio, dall’altra, la distinzione tra le competenze metacognitive e le stra-tegie di apprendimento delle quali abbiamo parlato in precedenza.

Possedere un buon livello di competenza metacognitiva, significa esserein grado di conoscere e controllare opportunamente il proprio repertorioconoscitivo e cognitivo. Significa, anche, perciò, non solo, saper adoperarenel modo migliore o più funzionale specifiche strategie di apprendimento,ma, nel contempo, disporre di una sorta di vocazione strategica nell’esple-tamento di compiti di natura cognitiva.

Al tempo stesso, esprimere un approccio strategicamente orientato nel-l’espletamento delle attività intellettive, significa essere in grado di orga-nizzare, pianificare e prevedere controlli, regolazioni e valutazioni circal’intervento da attuare. Operazioni, queste, che comportano riflessioni eforme di consapevolezza nei confronti dei compiti da effettuare e dei pro-cessi cognitivi da elaborare. In una parola, forme essenziali di espressionedelle capacità metacognitive.

Allora non v’è differenza tra la capacità strategica del soggetto e la suacompetenza metacognitiva?

A guardar bene le cose non stanno proprio così: infatti, da un lato, lacompetenza strategica non può coprire l’ampia e complessa area presidiatadalla competenza metacognitiva e, dall’altro lato, è, forse, opportuno sta-bilire un rapporto di dipendenza e di reciproca utilità tra le due abilità.

La competenza metacognitiva copre un territorio molto ampio: recuperoe scelta di conoscenze dichiarative e procedurali, esplicitazione e armoniz-zazione dello stile cognitivo, individuazione di strategie di intervento, con-trollo e regolazione dei processi cognitivi, osservazione e rettifica dellestesse disposizioni metacognitive. Inoltre, si sistema lungo una striscia tem-porale più estesa perché non si esaurisce nei compiti preliminari di orga-nizzazione e di programmazione dell’intervento cognitivo (come il compor-

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tamento strategico), ma esplica la sua azione nell’attuazione del medesimo.Si preoccupa, altresì, ancora prima dell’esecuzione del compito, di metterea disposizione delle scelte strategiche da effettuare il materiale conoscitivoe concettuale del quale i soggetto è in possesso.

Da considerare, ancora, il fatto che solo per una piccolissima quota deiprocedimenti mentali attuati, normalmente i soggetti predispongono inter-venti strategici degni di tale nome o comunque dei quali sono consapevoli.Eppure, anche per la restante parte, i processi di controllo e di regolazioneintervengono, spesso senza alcuna consapevolezza da parte del soggettoche li elabora.

Si può concludere sostenendo che la capacità strategica, da un lato, èparte della più generale competenza metacognitiva, mentre, dall’altro lato,la sollecita, ne permette lo sviluppo, ne estende e/o ne specializza il campodi applicazione. È quanto accade a seguito dell’apprendimento di tecnichedi intervento specifiche e a strategie di lavoro settoriali: il soggetto che leha apprese, talvolta, riesce a “ trasferirle” (in taluni casi anche senza la suapiena consapevolezza, per abitudine, per continua esposizione, ecc.) a van-taggio sia della competenza strategica più generale, sia di una sensibilitàmetacognitiva più elaborata ed evoluta.

Segnaliamo in rapida successione alcuni tra i più importanti processimetacognitivi di controllo12:

- orientamento generale;- problematizzazione;- comprensione e definizione del problema compito;- collegamento del compito ad altri compiti simili;- attivazione di conoscenze implicate;- integrazione delle informazioni provenienti da fonti diverse;- generazione delle alternative per la soluzione del problema;- automonitoraggio e controllo dei processi;- valutazione delle difficoltà del compito;- definizione del livello di performance attesa;- previsione razionale dei risultati;- esame delle alternative e presa di decisione;- implementazione del piano strategico scelto;- inibizione delle alternative;- coordinamento dei processi;- raccolta e valutare dei feedback;- valutazione della distanza dalla soluzione;- aggiustamenti del piano implementato;

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12 C. Cornoldi, Metacognizione e apprendimento, cit., p. 57.

- eventuale sospensione dell’esecuzione;- valutazione dei risultati finali;- autovalutazione e autorinforzo;- spiegazione di eventuali insuccessi;- decisione di riprovare e/o predisposizione di un piano strategico al-

ternativo.

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Capitolo quindicesimo

L’osservazione e la valutazione (metacognitiva) neidocumenti di riforma scolastica

1. Orientamenti generali

È necessario assicurare al lavoro d’indagine circa i repertori mentali degliallievi luoghi e modalità di osservazione in linea con l’intervento didatticocomplessivo e quotidiano che s’intende attuare. E ciò, anche in ragione dellascelta da noi già dichiarata di non considerare, come a sé stante, quasi disci-plina a parte, il campo di intervento didattico metacognitivo. Piuttosto si trat-terà di informare ogni disciplina e buona parte delle attività e dei contenutiche per l’insegnamento della quale vengono promossi, di preoccupazioni, diinteressi, di sensibilità e anche di tecniche e strategie metacognitive.

La scelta indicata riflette, inoltre, ragioni di fattibilità e di economia ariguardo delle possibilità reali di osservazione in possesso o attuabili daparte di ogni insegnante.

Nell’osservazione delle risposte cognitive e metacognitive degli allievi,ciò che, secondo noi, di inedito dovrà essere introdotto (rispetto alle comunimodalità di investigazione sulle caratteristiche cognitive e culturali deglialunni), sarà – piuttosto che la specifica modalità di osservazione – l’orien-tamento di fondo, formativo e metodologico, nel quale la particolare tecnicasi inserirà. Esso, ricordiamolo, sarà orientato verso la conoscenza del re-pertorio “profondo” di pensiero dell’allievo, soprattutto al fine di stimolarein lui un processo di autoconsapevolezza cognitiva, teso a potenziare le suecapacità e a sviluppare la sua autonomia intellettiva.

Incontreremo sovente tecniche e modalità di rilevazione che non na-scono specificatamente nel terreno degli interessi e delle ricerche metaco-gnitive; le utilizzeremo comunque, assicurandoci che sia “metacognitivo”l’orientamento e lo scopo della nostra indagine. Così quando ci occupe-remo, ad esempio, della registrazione delle conoscenze esplicitate dall’al-lievo, lo faremo essenzialmente per ricavare informazioni sulle modalità dipensiero attivate e sulle strategie cognitive e metacognitive utilizzate peracquisire quel tipo e quel livello di conoscenze.

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Avvertiamo il lettore che le tecniche di osservazione (come accadrà perquelle di sviluppo) che riporteremo saranno necessariamente di numero li-mitato, anche per rispettare le intenzioni in precedenza espresse e, cioè cheè bene che le tecniche osservative emergano dal/nel lavoro didattico mede-simo (e che siano generate dalla “personale” riflessione metacognitiva cheogni docente deve realizzare dentro di sé e con i propri studenti). Del resto,come si è già detto, non conta tanto la singola modalità di osservazionequanto la sua adeguatezza ed efficacia rispetto all’azione didattica (del do-cente) e di studio (degli alunni).

Per queste ragioni, abbiamo scelto di proporre soltanto quelle modalità diosservazione che a noi paiono più rappresentative del progetto metacognitivoe, al tempo stesso, più facilmente adattabili (nel senso di contestualizzabili)alle differenti situazioni educative. D’altronde, nella parte del volume riservataalle concrete esperienze didattiche metacognitive, troveremo tecniche, metodi,strategie di lavoro che potranno risultare significative anche sotto il profilodella conoscenza dei repertori individuali degli allievi.

Prima, però, di entrare direttamente nel territorio delle tecniche di inda-gine sul repertorio delle capacità cognitive degli alunni e degli studenti, ciriserviamo un significativo passaggio nell’area delle modalità di osserva-zione “suggerite” dai documenti normativi più recenti di progettazione for-mativa e curricolare: le Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia edel primo ciclo di istruzione, le Indicazioni Nazionali per i licei e le LineeGuida per gli istituti tecnici e professionali.

La consegna, però, è sempre quella di considerare le pratiche osservativee di rilevamento degli apprendimenti e le conseguenti operazioni di valuta-zione degli allievi proposte da tali documenti, soprattutto, in direzione deiprocessi cognitivi sottostanti (ovvero quelli che permettono le prestazioniche, poi, vengono concretamente osservate e valutate).

2. L’osservazione (e le attività di verifica) metacognitiva nei documenti

di riforma curricolare della scuola italiana

Giustifichiamo la scelta di “passare” per i documenti nazionali mediantealcune ragioni che a noi paiono ben fondate.

La prima è costituita dalla volontà già più volte dichiarata di non “al-lontanarci” dal campo curricolare ordinario: se è qui che si fa scuola, se èsu questo terreno che si deve riformare l’azione educativa e didattica, questoè anche il luogo dove si deve fare metacognizione. Partendo, quindi, propriodagli orientamenti metodologici indicati dai documenti nazionali circa l’os-servazione e la valutazione degli alunni.

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La seconda ragione risiede nella scelta di fondo del Legislatore di definireil “Profilo” dello studente e il suo stretto collegamento con lo sviluppo dellapersona. Da queste forti intenzionalità derivano degli ambiti di ricerca e dipromozione formativa aperti alla soggettività individuale dell’allievo e allavalorizzazione delle peculiarità cognitive personali che vincolano la scuola,innanzitutto, a una duplice scelta: orientare la sua azione educativa verso cia-scun alunno, mettendolo al centro del progetto formativo; attrezzarsi, propriomediante l’azione osservativa, a conoscerlo meglio. Lo scopo è duplice: ingenerale, per guidarlo nello sviluppo; nello specifico e, soprattutto, per sti-molarlo progressivamente all’autonomia di studio, di pensiero e di intervento.

Ancora, un’altra ragione a vantaggio dell’opportunità di prendere in con-siderazione gli orientamenti osservativi e valutativi dei documenti di riformacurricolare del sistema scolastico: la scelta operata a favore di traguardi di ap-prendimento ricapitolati in competenze (e in obiettivi relativi alle competenze).Abbiamo già detto che mirare alla promozione delle competenze rende quali-tativamente più elevata la progettazione e la messa in atto dell’azione didattica,non foss’altro che per alcuni ottimi motivi che rapidamente citiamo:

- la potenziale maggiore “visibilità” delle prestazioni correlate ai tra-guardi formativi da raggiungere

- la forte riduzione della componente passiva – a vantaggio di quella“attiva” – di acquisizione delle conoscenze e abilità promosse

- (infine e soprattutto) la più elevata quota di riflessività, consapevo-lezza, autoregolazione e responsabilità in esse (cioè nelle compe-tenze) contenuta.

Si può ben capire, quindi, il perché debbano essere messe sotto osser-vazione (metacognitiva) le abilità e le capacità dell’allievo che quelle com-petenze deve perseguire.

Infine – ma anche di quest’ultima ragione abbiamo già detto –, le stessesollecitazioni di carattere didattico e metodologico contenute nei suddettidocumenti programmatici spingono il docente a partire dall’osservazionediretta (e indiretta) degli alunni, in ambienti e in attività (formali o informali,guidate o libere) di studio e di apprendimento, allo scopo di sostenerne laprogressiva evoluzione culturale e cognitiva attraverso percorsi formativiche accrescano la sua consapevolezza e la sua presa di responsabilità nel-l’impegno conoscitivo1.

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1 Un’avvertenza di tipo metodologico: dai testi ministeriali di riforma qui vengono riportateaffermazioni che – sia direttamente (o esplicitamente), sia indirettamente (o implicitamente)– si riferiscono al senso, ai significati e alle procedure di osservazione, di rilevazione, di ve-rifica dei comportamenti cognitivi e operativi degli alunni e degli studenti ovvero alle con-dizioni che permettono a quei comportamenti di attuarsi.

3. L’osservazione dell’allievo nella scuola dell’infanzia

Il ruolo che le Indicazioni nazionali attribuiscono all’osservazione (mi-rata alla conoscenza delle caratteristiche e delle capacità dei bambini chefrequentano la scuola dell’infanzia) è opportuno definirlo (nell’insieme),ma anche articolarlo (nei particolari luoghi educativi) attraverso il recuperodi affermazioni relative:

- all’ambito pedagogico (ovvero delle finalità della scuola)- alla struttura educativo/curricolare e di organizzazione dell’azione

formativa (il “campo di esperienza”), considerata nella sua generalitàe nelle sue specificità (i diversi “campi”)

- all’impianto curricolare (definito, oltre che dai “campi di esperienza”dal “profilo delle competenze” e dai “traguardi per lo sviluppo dellacompetenza”)

- al territorio più proprio della didattica e della metodologia (ovverodelle sollecitazioni di carattere generale riferibili a “i bambini”, “idocenti”, “l’ambiente di apprendimento”, ecc. o di carattere più spe-cifico e, pertanto, espresse nei particolari “campi di esperienza”).

Riportiamo, della sezione delle Indicazioni Nazionali riservata alla scuoladell’infanzia, alcuni enunciati dei quali connotiamo in corsivo le parti più omeno esplicitamente collegabili ai compiti di osservazione e di rilevazionedella scuola dell’infanzia o che, comunque, ne sollecitano tale azione.

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Finalità«Essa (ndr. la scuola dell’infanzia) si pone la finalità di promuovere nei bambini losviluppo dell’identità, dell’autonomia, della competenza e li avvia alla cittadinanza.… Tali finalità sono perseguite attraverso l’organizzazione di un ambiente di vita, direlazioni e di apprendimento, di elevata qualità, garantito dalla professionalità deglioperatori e dal dialogo sociale ed educativo con la comunità».I bambini«I bambini giungono alla scuola dell’infanzia con una storia: in famiglia, al nido diinfanzia o alla sezione primavera hanno imparato a gestirsi e a muoversi con un certogrado di autonomia; hanno sperimentato le prime e più importanti relazioni; hannovissuto emozioni ed interpretato ruoli attraverso il gioco e la parola; hanno intuito itratti fondamentali della loro cultura, …… La scuola dell’infanzia si presenta come un ambiente tipicamente protettivo, capacedi accogliere le diversità e di promuovere le potenzialità di tutti i bambini, ...I docenti«La presenza di insegnanti motivati, preparati, attenti alle specificità dei bambini e deigruppi di cui si prendono cura è un indispensabile fattore di qualità per la costruzionedi un ambiente educativo accogliente, sicuro, ben organizzato, capace di suscitare lafiducia dei genitori e della comunità.

Per quanto riguarda, invece, le procedure osservative di impronta meta-cognitiva implicitamente richiamate dai traguardi di apprendimento dellascuola dell’infanzia e più in generale dallo stesso “Profilo delle competenzedel bambino”, rimandiamo alla lettura del capitolo 11 e all’operazione ri-

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Lo stile educativo dei docenti si ispira a criteri di ascolto, accompagnamento, intera-zione partecipata, mediazione comunicativa, con una continua capacità di osserva-zione del bambino, di presa in carico del suo “mondo”, di lettura delle sue scoperte,di sostegno e incoraggiamento all’evoluzione dei suoi apprendimenti verso forme diconoscenza sempre più elaborate e consapevoli.La progettualità si esplica nella capacità di dare senso e intenzionalità all’intrecciodi spazi, tempi, routine e attività, promuovendo un coerente contesto educativo, attra-verso una appropriata regia pedagogica…».L’ambiente di apprendimento«Il curricolo della scuola dell’infanzia non coincide con la sola organizzazione delleattività didattiche che si realizzano nella sezione, negli spazi esterni, nei laboratori,negli ambienti comuni, ma si esplica in una equilibrata integrazione di momenti dicura, di relazione, di apprendimento. L’apprendimento avviene attraverso l’azione,l’esplorazione, il contatto con la natura, gli oggetti, l’arte, il territorio, in una dimen-sione ludica, da intendersi come forma tipica di relazione e di conoscenza. Nel gioco,particolarmente in quello simbolico, i bambini si esprimono, raccontano, rielaboranoin modo creativo le esperienze personali e sociali.Nella relazione educativa, gli insegnanti svolgono una funzione di mediazione e di fa-cilitazione e, nel fare propria la ricerca dei bambini, li aiutano a pensare e a rifletteremeglio, sollecitandoli a osservare, descrivere, narrare, fare ipotesi, dare e chiederespiegazioni in contesti cooperativi e di confronto diffuso.L’organizzazione degli spazi e dei tempi diventa elemento di qualità pedagogica del-l’ambiente educativo e pertanto deve essere oggetto di esplicita progettazione e veri-fica. In particolare:- lo spazio dovrà essere accogliente, caldo, ben curato, orientato dal gusto, espres-

sione della pedagogia e delle scelte educative di ciascuna scuola. Lo spazio parladei bambini, del loro valore, dei loro bisogni di gioco, di movimento, di espressione,di intimità e di socialità, attraverso l’ambientazione fisica, la scelta di arredamentie oggetti volti a creare un luogo funzionale e invitante per i bambini.

- il tempo disteso consente al bambino di giocare, esplorare, parlare, capire, sentirsipadrone di sé e delle attività che sperimenta e nelle quali si esercita.

La pratica della documentazione va intesa come processo che produce tracce, memoriae riflessione, negli adulti e nei bambini, rendendo visibili le modalità e i percorsi diformazione e permettendo di apprezzare i progressi dell’apprendimento individuale edi gruppo. L’attività di valutazione nella scuola dell’infanzia risponde ad una funzionedi carattere formativo, che riconosce, accompagna, descrive e documenta i processi dicrescita, evita di classificare e giudicare le prestazioni dei bambini, perché è orientataa esplorare e incoraggiare lo sviluppo di tutte le loro potenzialità. Analogamente, perl’istituzione scolastica, le pratiche dell’autovalutazione, della valutazione esterna, dellarendicontazione sociale, sono volte al miglioramento continuo della qualità educativa».

flessiva – già più volte richiesta al lettore – di contestualizzazione didattica(di procedure e traguardi) in senso metacognitivo. Un’ulteriore, probabil-mente, inutile sottolineatura: sono gli stessi traguardi formativi (bagnati nellametacognizione) a “imporre” al docente un’attività di osservazione mirataalla “conoscenza” delle capacità del bambino. Tale attività – tocca tenerlo amente – seguendo gli orientamenti della metacognizione, deve essere pro-pedeutica alle procedure di osservazione e di riconoscimento che ciascunbambino dovrà progressivamente attivare in sé e da sé per crescere e matu-rare proprio secondo le direzioni di sviluppo identificate dalle IndicazioniNazionali (sulla scia, del resto, di precedenti documenti programmatici dellaScuola dell’infanzia): consolidare l’identità, sviluppare l’autonomia, acqui-sire competenze e vivere le prime esperienze di cittadinanza.

4. L’osservazione dell’allievo nella scuola del primo ciclo

Le considerazioni fatte poco sopra a proposito della scuola dell’infanziapossono essere estese alle scuole del primo ciclo. Pertanto, riproporremolo stesso schema di selezione e di estrapolazione delle parti più significativedelle Indicazioni che le riguardano.

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La scuola del primo ciclo (Finalità)«Il primo ciclo d’istruzione comprende la scuola primaria e la scuola secondaria diprimo grado … Ricopre un arco di tempo fondamentale per l’apprendimento e per lacostruzione dell’identità degli alunni, nel quale si pongono le basi e si sviluppano lecompetenze indispensabili per continuare ad apprendere a scuola e lungo l’intero arcodella vita…La finalità del primo ciclo è l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità fondamentaliper sviluppare le competenze culturali di base nella prospettiva del pieno sviluppo dellapersona…Il senso dell’esperienza educativa.«Sollecita gli alunni a un’attenta riflessione sui comportamenti al fine di individuarequegli atteggiamenti che violano la dignità della persona e il rispetto reciproco, liorienta a sperimentare situazioni di vita e di studio dove sviluppare atteggiamenti po-sitivi ed imparare a collaborare con altri.Segue con attenzione le diverse condizioni nelle quali si sviluppa l’identità di genere,che nella preadolescenza ha la sua stagione cruciale.Crea favorevoli condizioni di ascolto e di espressione tra coetanei e guida i ragazzinella comprensione critica dei messaggi provenienti dalla società nelle loro moltepliciforme».L’ambiente di apprendimentoUna buona scuola primaria e secondaria di primo grado si costituisce come un contestoidoneo a promuovere apprendimenti significativi e a garantire il successo formativoper tutti gli alunni.

5. L’osservazione dell’allievo nella scuola secondaria di secondo grado

La scarsa attitudine dimostrata – si potrebbe dire “da sempre” – dallascuola secondaria di secondo grado nei confronti delle pratiche osservativecostituisce uno dei suoi maggiori limiti didattici (e di “cultura didattica”)

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A tal fine è possibile indicare, nel rispetto dell’autonomia delle scuole e della libertàdi insegnamento, alcuni principi metodologici che contraddistinguono un’efficaceazione formativa.Valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni, per ancorarvi nuovi contenuti.Nel processo di apprendimento l’alunno porta la ricchezza di esperienze e conoscenze,mette in gioco aspettative ed emozioni, si presenta con una dotazione di informazioni,abilità, modalità di apprendere che l’azione didattica può opportunamente richiamare,esplorare, problematizzare. In questo modo l’allievo riesce a dare senso a quello cheva imparando.Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità, per fare in modo che nondiventino disuguaglianze. Le classi sono oggi caratterizzate da molteplici diversità,legate alle differenze nei modi e nei livelli di apprendimento, alle specifiche inclina-zioni e ai personali interessi, a particolari stati emotivi e affettivi. La scuola deve pro-gettare e realizzare percorsi didattici specifici per rispondere ai bisogni educativi degliallievi…Favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere il gusto per la ricerca dinuove conoscenze. In questa prospettiva, la problematizzazione svolge una funzioneinsostituibile: sollecita gli alunni a individuare problemi, a sollevare domande, a met-tere in discussione le conoscenze già elaborate, a trovare appropriate piste d’indagine,a cercare soluzioni originali.Incoraggiare l’apprendimento collaborativo. Imparare non è solo un processo in-dividuale. La dimensione comunitaria dell’apprendimento svolge un ruolo significa-tivo…Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere, al fine di “impa-rare ad apprendere”. Riconoscere le difficoltà incontrate e le strategie adottate per su-perarle, prendere atto degli errori commessi, ma anche comprendere le ragioni di uninsuccesso, conoscere i propri punti di forza, sono tutte competenze necessarie a ren-dere l’alunno consapevole del proprio stile di apprendimento e capace di sviluppareautonomia nello studio. Occorre che l’alunno sia attivamente impegnato nella costru-zione del suo sapere, sia sollecitato a riflettere su quanto impara, sia incoraggiato aesplicitare i suoi modi di comprendere e a comunicare ad altri i traguardi raggiunti.Ogni alunno va posto nelle condizioni di capire il compito assegnato, riconoscere ledifficoltà e stimare le proprie abilità, imparando così a riflettere sul proprio compor-tamento, valutare gli esiti delle proprie azioni e trarne considerazioni per migliorare.Realizzare attività didattiche in forma di laboratorio, per favorire l’operatività eallo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Il laboratorio è unamodalità di lavoro che incoraggia la ricerca e la progettualità, coinvolge gli alunninel pensare-realizzare-valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato conaltri, e che può essere attivata sia all’interno sia all’esterno della scuola, valorizzandoil territorio come risorsa per l’apprendimento…

e, perciò, un’importante o, meglio, una determinante causa della sua inef-ficacia formativa.

All’origine dell’inadeguatezza osservativa troviamo, immediatamente, ladebole importanza attribuita alla stessa “osservazione” all’interno del processodi insegnamento/apprendimento e, in fondo, la convinzione che «non serveconoscere l’alunno tanto ciò che conta è il contenuto da trasmettere».

È, quindi, l’adozione – implicita/esplicita – della tradizionale visione edu-cativa a non consentire all’insegnante di sssg di attribuire all’azione osservativala sua effettiva rilevanza didattica e, di conseguenza, a non permettergli/richie-dergli di dotarsi di procedure/strumenti/metodi di osservazione2.

Come abbiamo più volte detto, la didattica metacognitiva viaggia in di-rezione opposta e, prima ancora, trova – addirittura – le sue ragioni nel ri-conoscimento delle peculiari caratteristiche e capacità dell’alunno (proprioquelle che la didattica tradizionale trascura). La medesima convinzioneesprimono le Linee Guida per l’attuazione del Riordino degli istituti tecnicie professionali (sullo stesso tema, invece, le Indicazioni Nazionali per iLicei preferiscono sorvolare …). Del resto, sono proprio gli orientamentididattico-metodologici di fondo contenuti nelle Linee Guida e, in partico-lare, quelli rivolti alla promozione della Didattica per Competenze (“Pro-gettare e Valutare per competenze”), a richiedere una diversa e piùqualificata strategia di reperimento delle informazioni circa la situazionedi apprendimento e, più in generale, cognitiva degli alunni.

Il riferimento è plurimo: la scelta di pratiche didattiche che permettanodi esprimere e portare in superficie concretamente e opportunamente conle conoscenze e le abilità possedute, le modalità usuali di pensiero e diazione; la sollecitazione, specie attraverso la “laboratorialità” incistata nelprocesso di insegnamento e di apprendimento, a una maggiore correspon-sabilità partecipativa dello studente e, quindi, a una progressiva autorego-lazione e autovalutazione cognitiva e operativa; l’adozione di procedureosservative e valutative maggiormente in linea con l’effettivo sviluppodell’azione formativa (dei docenti) e delle attività di studio (degli studenti);infine, la medesima scelta di mirare alla promozione delle competenze (“vi-sibili”, esprimenti una significativa quota di consapevolezza e di autocon-trollo, da conseguire “autonomamente”, ecc.).

Proviamo, quindi, a rintracciare, nel testo ministeriale, i passaggi chemaggiormente sembrano porsi lungo lo stesso itinerario del progetto didat-tico metacognitivo3.

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2 G. Boncori, Guida all’osservazione pedagogica, La Scuola, Brescia, 1984.3 Abbiamo pensato di segnalarli, nell’insieme, in corsivo, riservandoci di operare delle “sot-tolineature” quando dagli orientamenti didattici metacognitivi si passa a suggerimenti di na-tura osservativa e valutativa (sempre orientati alla metacognizione).

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Progettare e valutare per competenze

Insegnare per sviluppare competenze

L’impianto del sistema degli Istituti Tecnici è diretto alla promozione di un insieme dicompetenze descritte nel profilo educativo, culturale e professionale sia generale, sia re-lativo ai singoli indirizzi… Tale quadro di riferimento sollecita la progettazione e l’attua-zione progressiva di una coerente pratica didattica. A questo fine vengono proposti alcunicriteri di riferimento, in particolare per quanto riguarda il primo biennio.… Se le competenze chiave da sviluppare lungo tutto l’arco della vita sono “la com-provata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o meto-dologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/opersonale” e se esse “sono descritte in termine di responsabilità e autonomia”, debbonoessere collegate alle risorse interne (conoscenze, abilità, altre qualità personali) che nesono a fondamento. Di conseguenza anche la loro valutazione implica, secondo un’ef-ficace formula, “accertare non ciò che lo studente sa, ma ciò che sa fare consapevol-mente con ciò che sa”.Orientamenti per insegnare per sviluppare competenze:a. una competenza sia generale, sia di studio, sia di lavoro si sviluppa in un contesto

nel quale lo studente è coinvolto, personalmente o collettivamente, nell’affrontaresituazioni, nel portare a termine compiti, nel realizzare prodotti, nel risolvere pro-blemi, che implicano l’attivazione e il coordinamento operativo di quanto sa, safare, sa essere o sa collaborare con gli altri.

b. la progettazione di un’attività formativa diretta allo sviluppo di competenze dunquenon può non tener conto della necessità che le conoscenze fondamentali da questaimplicate siano acquisite in maniera significativa, che le abilità richieste siano di-sponibili a un livello confacente di correttezza e di consapevolezza di quando ecome utilizzarle, che si sostenga il desiderio di acquisire conoscenze e sviluppareabilità nell’affrontare compiti e attività che ne esigono l’attivazione e l’integra-zione. Per questo è necessario l’individuazione chiara delle conoscenze e abilitàfondamentali che le varie competenze implicano e del livello di profondità e pa-dronanza da raggiungere e, dall’altra, l’effettuazione di un bilancio delle cono-scenze, delle abilità già acquisite ed evidenziate da parte dello studente (o,eventualmente, delle competenze da lui già raggiunte);

c. la consapevolezza, che tutti gli insegnanti dovrebbero raggiungere circa il ruolodegli apporti delle loro discipline allo sviluppo delle competenze intese, favoriscela presenza di un ambiente educativo nel quale studenti e docenti collaborano intale direzione. Ciò implica l’uso di metodi che coinvolgono l’attività degli studentinell’affrontare questioni e problemi di natura applicativa (alla propria vita, allealtre discipline, alla vita sociale e lavorativa) sia nell’introdurre i nuclei fonda-mentali delle conoscenze e abilità, sia nel progressivo padroneggiarli. Un ambientedi lavoro nel quale si realizzano individualmente o collettivamente prodotti che ri-chiedono un utilizzo intelligente di quanto studiato o sollecitano un suo approfon-dimento è la chiave di volta metodologici;

d. l’ambiente nel quale si svolgono i percorsi dovrebbe assumere sempre più le ca-ratteristiche di un laboratorio nel quale si opera individualmente o in gruppo alfine di acquisire e controllare la qualità delle conoscenze e abilità progressivamenteaffrontate, mentre se ne verifica la spendibilità nell’affrontare esercizi e problemisempre più impegnativi sotto la guida dei docenti. Si tratta di promuovere una me-

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todologia di insegnamento e apprendimento di tipo laboratoriale, alla quale sipotrà accostare con ancor maggior profitto l’utilizzo delle previste attività da svol-gere nei laboratori…

Operare per progetti

In generale la pedagogia del progetto è una pratica educativa che coinvolge gli studentinel lavorare intorno a un compito condiviso che abbia una sua rilevanza, non solo al-l’interno dell’attività scolastica, bensì anche fuori di essa … È nel contesto di tali at-tività che essi saranno stimolati a mettere in moto, ad acquisire significativamente, acoordinare efficacemente conoscenze e abilità, ad arricchire e irrobustire le loro di-sposizioni interne stabili (valori, atteggiamenti, interessi, ecc.). Il grande vantaggio diquesto approccio sta nel favorire l’interiorizzazione del senso di quello che si ap-prende, cioè del fatto che conoscenze e abilità fatte proprie o ancora da ancora ac-quisire hanno un ruolo e un significato, possono servire per raggiungere uno scopopiù vasto.Lavorare per progetti induce la conoscenza di una metodologia di lavoro di grande ri-lievo sul piano dell’agire, la sensibilità verso di essa e la capacità di utilizzarla in varicontesti. Il progetto, infatti, è un fattore di motivazione, in quanto ciò che viene impa-rato in questo contesto prende immediatamente, agli occhi degli studenti, la figura distrumenti per comprendere la realtà e agire su di essa.Per questa ragione, la pedagogia del progetto è utile all’acquisizione di competenzecomplesse, (e la richiede, proponendo una visione più complessa della conoscenza,dell’insegnamento e dell’apprendimento) perché dà agli allievi l’abitudine di vederei procedimenti appresi a scuola come strumenti per raggiungere degli scopi che pos-sono percepire e che stanno loro a cuore, anche nella vita extra scolastica. Accantoall’evidenziarsi delle capacità tecniche realizzatrici, è opportuno prevedere un vero eproprio processo di valutazione continua, un controllo della qualità della realizzazionedel progetto,… Valutare le competenze sviluppate

In ogni programma educativo diretto allo sviluppo di competenze è cruciale la sceltadella modalità di valutazione sia per quanto riguarda le competenze iniziali, già va-lidamente e stabilmente possedute, sia per quanto concerne il costituirsi progressivodi quelle oggetto di apprendimento. Occorre anche aggiungere che intrinseca al pro-cesso stesso è la promozione di un‘adeguata capacità di autovalutazione del livello dicompetenza raggiunto. Ciò per varie ragioni: in primo luogo, perché occorre solleci-tare e sostenere lo sviluppo di competenze autoregolative del proprio apprendimento;in secondo luogo, perché la constatazione dei progressi ottenuti è una delle maggioriforze motivanti all‘apprendimento.Una competenza si manifesta quando uno studente è in grado di affrontare un compitoo realizzare un prodotto a lui assegnato, mettendo in gioco le sue risorse personali equelle, se disponibili, esterne utili o necessarie. Naturalmente la natura del compitoo del prodotto caratterizza la tipologia e il livello di competenza che si intende rilevare.… esso deve poter sollecitare la valorizzazione delle conoscenze, delle abilità appresee delle altre caratteristiche personali in maniera non ripetitiva e banale. Il livello dicomplessità e di novità del compito proposto rispetto alla pratica già consolidata de-termina poi la qualità e il livello della competenza posseduta.Occorre anche aggiungere che non è possibile decidere se uno studente possieda o menouna competenza sulla base di una sola prestazione (si deve poter disporre di una famiglia

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o insieme di sue manifestazioni o prestazioni particolari). Queste assumono il ruolodi base informativa e documentaria utile a ipotizzarne l’esistenza e il livello raggiunto.Infatti, secondo molti studiosi, una competenza effettivamente posseduta non è diret-tamente rilevabile, bensì è solo inferibile a partire dalle sue manifestazioni. Di quil’importanza di costruire un repertorio di strumenti e metodologie di valutazione, chetengano conto di una pluralità di fonti informative e di strumenti rilevativi.È inoltre opportuno ricordare che in un processo valutativo un conto è la raccolta dielementi informativi, di dati, relativi alle manifestazioni di competenza, un altro contoè la loro lettura e interpretazione al fine di elaborare un giudizio comprensivo… Leinformazioni occorre che siano pertinenti… La loro lettura, interpretazione e valuta-zione, esigono che preventivamente siano stati definiti i criteri in base ai quali ciòviene fatto, deve cioè essere indicato a che cosa si presta attenzione e si attribuiscevalore e seguire effettivamente e validamente in tale apprezzamento i criteri determi-nati.L’elaborazione di un giudizio che tenga conto dell’insieme delle manifestazioni dicompetenza, anche da un punto di vista evolutivo, non può basarsi su calcoli di tipostatistico, alla ricerca di medie: assume invece il carattere di un accertamento di pre-senza e di livello, che deve essere sostenuto da elementi di prova (le informazioni rac-colte) e da consenso (da parte di altri). Allo scopo di costruire progressivamente una reale pratica valutativa delle competenze,un primo passo spesso consiste nella valutazione della qualità delle conoscenze e delleabilità che risultano componenti essenziali delle competenze.Occorre però ricordare che le conoscenze, per poter essere valorizzate nello sviluppodi una competenza, devono manifestare tre caratteristiche: significatività, stabilità efruibilità. Occorre che gli elementi conoscitivi siano effettivamente compresi a un ade-guato livello di profondità, tenuto conto dell’età e del percorso formativo seguito. Lacostituzione di una base conoscitiva stabile e ben organizzata, che permetta un facileaccesso ai concetti e ai quadri concettuali richiesti, deve fornire principi organizzatoriadeguati. Un concetto, o un quadro concettuale, deve infine poter essere utilizzato perinterpretare situazioni e compiti diversi da quelli nei quali esso è stato costruito.Analoghe caratteristiche dovrebbero presentare le abilità apprese. Una abilità devepoter essere utilizzata in maniera fluida e corretta, sapendo collegarla a quelle chesono denominate conoscenze condizionali; cioè di fronte a una questione o un compitolo studente dovrà essere in grado di attivare quelle abilità che sono richieste e farlo inmaniera adeguata e consapevole. Tra le abilità rivestono particolare importanza quellecollegate con la capacità di controllare e gestire in proprio un processo di apprendi-mento. Un accenno infine alle componenti critiche di natura affettiva e motivazionale.Per quanto riguarda, in generale, le fonti informative sulla base delle quali esprimereun giudizio di competenza, possono essere classificate secondo tre grandi ambiti spe-cifici: quello relativo ai risultati ottenuti nello svolgimento di un compito o nella rea-lizzazione del prodotto; quello relativo a come lo studente è giunto a conseguire talirisultati; quello relativo alla percezione che lo studente ha del suo lavoro.- Il primo ambito riguarda i compiti che devono essere svolti dallo studente e/o i pro-dotti che questi deve realizzare. Essi devono esigere la messa in moto non solo delleconoscenze delle abilità possedute, ma anche una loro valorizzazione in contesti e am-biti di riferimento moderatamente diversi da quelli ormai già resi famigliari dalla pra-tica didattica …

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- Il secondo ambito implica una osservazione sistematica del comportamento dellostudente mentre svolge il compito; ciò comporta una previa definizione delle cate-gorie osservative…

- Il terzo ambito evoca una qualche forma di narrazione di sé da parte dello studente,sia come descrizione del come e perché ha svolto il compito assegnato in quellamaniera, sia come valutazione del risultato ottenuto. Ciò coinvolge una capacitàdi raccontare, giustificandole, le scelte operative fatte; di descrivere la successionedelle operazioni compiute per portare a termine il compito assegnato, evidenziando,eventualmente, gli errori più frequenti e i possibili miglioramenti; di indicare laqualità non solo del prodotto, risultato del suo intervento, ma anche del processoproduttivo adottato…

La raccolta sistematica delle informazioni e la loro lettura e interpretazione permettedi inferire se lo studente abbia raggiunto un certo livello di competenza in un ambitodi attività specifico. In questo modo, i docenti possono disporre di evidenze utili ai finidella valutazione finale da effettuare secondo quanto previsto dalla normativa vigente,ivi compresa quella relativa alla certificazione delle competenze per l’adempimentodell’obbligo di istruzione, il cui modello è stato adottato con il decreto ministeriale n.9 del 27 gennaio 2010

Capitolo sedicesimo

Alcune tecniche metacognitive di osservazione(e di valutazione)

1. La verifica degli apprendimenti

Una quota consistente delle attività professionali dei docenti viene de-stinata alla verifica e alla valutazione degli apprendimenti1.

Gli insegnanti, quando effettuano e organizzano queste operazioni, in-tendono controllare soprattutto, attraverso le prestazioni degli allievi, gliesiti della propria azione didattica2. D’altronde una simile preoccupazioneè quantomai giustificata sia dall’esigenza/opportunità di poter ricavare sug-gerimenti circa la validità del proprio intervento (ed, eventualmente, a ri-guardo della possibilità di rettificarlo) sia dalla determinazione a conoscerela condizione di apprendimento del singolo allievo per sostenerlo nello svi-luppo cognitivo.

Tali interessi di osservazione e di valutazione incrociano i loro percorsicon gli interessi della metacognizione a scuola.

Nel primo caso, essenzialmente perché l’intervento didattico comples-sivo si autoregola, fa riflessione su sé stesso, utilizzando i rilevamenti pro-venienti dalle prestazioni effettuate dagli allievi a seguito delle attivitàformative promosse.

Nel secondo caso, effettuare rilevamenti sulle conoscenze e sulle capacitàcognitive degli allievi per coadiuvarne lo sviluppo, finisce per far percorrereall’insegnante le stesse piste di un’indagine orientata metacognitivamente.Infatti, egli non potrà fare a meno di imbattersi in quelle disponibilità e in

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1 I riferimenti riguardanti l’osservazione degli allievi nelle differenti situazioni educativesono stati ricavati dalla lettura dei testi seguenti: G. Domenici, Manuale della valutazionescolastica, Laterza, Roma-Bari, 1993; M. Postic, J.-M. De Ketele, Osservare le situazionieducative, SEI, Torino, 1993; B. Vertecchi, Manuale della valutazione, Editori Riuniti,Roma, 1984; R. Maragliano, B. Vertecchi, La valutazione nella scuola di base, Editori Riu-niti, Roma, 1978; L. Calonghi, Valutazione, La Scuola; Brescia, 1976. 2 G. Domenici, Le prove strutturate di conoscenza, Giunti-Lisciani, Firenze, 1992.

quelle disposizioni mentali (competenze metacognitive, strategie di appren-dimento, stili cognitivi, ecc.) del singolo allievo che costituiscono interesseprivilegiato della metacognizione.

L’indagine circa la situazione di apprendimento degli allievi sappiamoche avviene in più maniere: con la predisposizione di prove mirate, me-diante la reiterazione di attività scolastiche tradizionali (temi/saggi o testi,interrogazioni, esercitazioni, problemi, ecc.), attraverso la valutazione delleprestazioni nel corso stesso delle attività didattiche promosse.

- La prova mirata ha l’obbligo di guardare all’obiettivo didattico chel’intervento si propone di perseguire; perciò, se ben congegnata, siesplicita in una richiesta di prestazione – da rivolgere all’allievo –che sia congruente rispetto, non solo allo scopo formativo, ma ancheai contenuti introdotti, ai metodi adoperati, alle specifiche attivitàpromosse.

- La verifica dell’apprendimento mediante attività scolastiche di rou-tine, invece, permette all’insegnante di recuperare dati piuttosto sullecapacità implicate dalla specifica abilità (di lettura, di scrittura, di ri-soluzione dei problemi, ecc.) che sul livello di padronanza dell’al-lievo a riguardo delle conoscenze introdotte durante l’interventodidattico.

- Quando, d’altra parte, l’insegnante si propone di valutare il livellodi conoscenza e di competenza dell’alunno mentre la stessa attivitàdidattica si sviluppa, ricava immediatamente informazioni sia sullaplausibilità della sua offerta formativa, sia sulle difficoltà che incon-trano i suoi allievi, sia sulle individuali caratteristiche di impegnonello studio.

In generale, le varie modalità di accertamento cercano di portare alloscoperto le conoscenze e le capacità degli allievi. Se, però, ci si propone diapprofondire l’indagine per conoscere qualcosa circa le condizioni e le ope-razioni mentali che hanno consentito i risultati di apprendimento emersi,allora i dati ricavati dalle verifiche non possono né devono essere trattati oconsiderati come fini a sé stessi. Perciò le operazioni di valutazione devonoandare oltre questo primo livello di indagine e le risposte cognitive e di abi-lità degli allievi essere trattate come spie – oltre che come risultati – del la-vorio mentale che ne ha permesso la realizzazione3.

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3 S. Mantovani (a cura di), La ricerca sul campo in educazione. I metodi qualitativi, Mon-dadori, Milano, 1995.

1.1 Modalità di accertamento e di verifica e inferenze metacognitive

La prova di verifica ad hoc, mediante il confronto tra la prestazione rea-lizzata e l’obiettivo cognitivo che si doveva conseguire, mette l’insegnantein una condizione privilegiata di controllo circa l’adeguatezza e la produt-tività delle strategie di apprendimento adoperate e dei processi cognitivi at-tivati.

Le attività scolastiche di routine, invece, non consentono tutto questo; alcontrario, la valutazione che provocano si riferisce alla predisposizione e allaabilità dimostrata nella medesima attività (la redazione di un testo, la risolu-zione di problemi, la capacità di lettura, ecc.) piuttosto che a riguardo del li-vello di perseguimento dell’obiettivo didattico specifico da esplicitaremediante quelle medesime prove. Ciononostante, le medesime attività sco-lastiche di routine possono contribuire a definire il profilo conoscitivo e co-gnitivo dell’allievo in considerazione del fatto che costituiscono, comunque,delle valide modalità di messa in evidenza del repertorio delle abilità di studio.Trattate metacognitivamente, nel senso del tipo di preoccupazione osservativae di sviluppo da assicurare, possono rivelarsi di indubbia utilità per la cono-scenza e la promozione delle capacità degli alunni e degli studenti.

Infatti, prendendo ad esempio l’elaborazione di saggi (ex “temi”), e testi,questa è in grado di fornire preziosi ragguagli su alcune delle più importantiabilità di studio generali e di settore:

- individuazione e recupero delle informazioni;- pianificazione e organizzazione frasale e testuale;- attribuzione ed esplicitazione semantica e lessicale.

A proposito, invece, delle informazioni ricavate durante lo stesso svol-gimento delle attività didattiche c’è da aggiungere una constatazione e unaprecisazione a quanto abbiamo detto prima.

La constatazione attiene alle maggiori e migliori possibilità di osserva-zione e di valutazione concesse all’insegnante4. Quando gli alunni studianoper acquisire una determinata abilità o per realizzare conquiste conoscitive,il docente ha la possibilità, osservando le individuali modalità di lavoro, divedere in azione stili cognitivi diversi e di effettuare congetture circa le stra-tegie di apprendimento adoperate e i processi cognitivi attivati. Nel farlo,utilizza allo scopo, le informazioni che via via ricava circa il grado o livellodi padronanza raggiunto dagli alunni, la distanza rispetto al traguardo daraggiungere, gli errori commessi o le scelte di interpretazione, di soluzionee di svolgimento adottate.

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4 B.M. Varisco, Metodi e pratiche di valutazione, Guerini e Associati, Milano, 2000.

La precisazione, invece, si riferisce alla differente offerta delle specificheattività e pratiche di studio, durante il loro svolgimento, di reali e significa-tive occasioni di conoscenza del repertorio cognitivo degli allievi.

In generale, si può affermare che offrono maggiori opportunità quelleattività che:

- consentono all’alunno o allo studente di dimostrare progressiva-mente quello che sta facendo (e che sono, per così dire, “visibili”)

- si sviluppano in sequenza (tali, cioè, da mettere in evidenza “sta-zioni” di sviluppo e “passaggi”);

- permettono di cogliere la distanza – via via più ridotta – e l’itinerarioda percorrere tra competenze e conoscenze iniziali e traguardo daraggiungere;

- favoriscono la visione e la presa di contatto, da parte di ogni allievo,delle prestazioni (più adeguate, meno adeguate o, semplicemente,differenti) degli altri compagni e delle procedure che ne hanno ac-compagnato, determinato, permesso la realizzazione;

- riservano un ruolo particolare, oltre che spazi e tempi significativi,alla possibilità di riflessione individuale e di confronto collegiale;

- soprattutto, provocano il coinvolgimento degli allievi e ne permet-tono la partecipazione attiva, diretta e consapevole all’acquisizionedelle conoscenze e abilità5.

1.2 Alcuni elementi di distinzione e di classificazione delle modalità di ac-certamento

Per gli scopi del nostro lavoro, presentiamo in rapida elencazione le di-verse tipologie di prova prima segnalate in riferimento alle supposte minorio maggiori possibilità di fornire dati sul repertorio cognitivo e conoscitivodegli allievi.

1. Le modalità di accertamento e di controllo degli apprendimenti pos-siamo, innanzitutto, differenziarle in riferimento al mezzo medianteil quale vengono esplicitate. Avremo, perciò, prove orali, provescritte e prove pratiche sia di produzione che di comprensione; neavremo anche scritto-grafiche, esclusivamente grafiche, ecc.

2. In secondo luogo, la differenziazione può attuarsi a riguardo del mo-mento e al tempo di effettuazione: iniziali o d’ingresso, intermedie oin itinere, finali o d’uscita.

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5 A. Calvani, Elementi di didattica, Carocci, Roma, 2000.

3. Se, invece, vogliamo distinguere le prove collegandole alla funzionevalutativa privilegiata, troviamo, innanzitutto, quelle di natura dia-gnostica (di stretto interesse informativo) e quelle di verifica forma-tiva (laddove, al contrario, il reperimento dei dati guarda sia alprocesso di apprendimento da attivare sia alle modalità secondo lequali promuoverlo).

4. Proseguendo, incontreremo modalità di accertamento di tipo som-mativo (si tratta, di prove presumibilmente in grado di far esprimerele risultanze formative finali, al termine di uno o più percorsi forma-tivi), prove di tipo prognostico e predittivo (orientate verso l’indivi-duazione delle possibilità – come delle difficoltà – di apprendimentoprossime e/o future).

5. Le prove si differenziano, poi, tra di loro in base alle caratteristicheformali degli stimoli che si offrono agli allievi e delle risposte che sipretendono. In particolare, al centro degli interessi valutativi, vieneposto il grado di apertura o di chiusura delle prove di verifica. Apertoè quello stimolo che promuove e permette una interpretazione libera esoggettiva da parte di chi è chiamato a rispondere; aperta è, perciò,anche la risposta quando può essere espressa autonomamente senzaeccessivi vincoli posti dalla prova medesima. Chiuso è quell’interventoinvestigativo che non offre interpretazioni di sorta, univoco, circo-scritto; chiuse sono, quindi, quelle risposte per le quali la determina-zione di esattezza è definita preventivamente. Quanti propendono perle prove chiuse o “oggettive”, lo fanno perché ritengono che quantopiù e meglio definiti, delimitati e chiari saranno gli stimoli, tanto menovi sarà spazio per l’ambiguità esecutiva (dello studente) e valutativa(del docente). Quanti, invece, osteggiano apertamente questa tipologiadi prove o esprimono serie riserve a proposito, lo fanno in nome:- di una diversa visione pedagogica ed educativa dei processi di in-

segnamento e di apprendimento;- della scarsa rappresentatività degli stimoli e delle risposte chiuse

rispetto alla complessità dello sviluppo culturale e formativodell’allievo;

- della consapevolezza della diversità tra prestazioni specifiche (ef-fettivamente misurabili) e processi cognitivi (difficilmente veri-ficabili e valutabili, soprattutto mediante quel tipo di prova).

In realtà, le prove di verifica o altre forme di accertamento della situa-zione di apprendimento vissuta dagli alunni, quasi mai si rivelano, nellapratica valutativa scolastica o completamente aperte oppure completamentechiuse. Piuttosto, queste “qualifiche” sembrano più opportunamente rap-

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presentare delle polarità intorno alle quali (e sulla linea apertura-chiusurache le congiunge) si vanno a collocare le concrete e consuete modalità dicontrollo degli apprendimenti degli alunni6.

2. L’osservazione dei comportamenti di studio e di lavoro

Alcune delle modalità di reperimento di informazioni prima menzionatepossono essere accompagnate da pratiche osservative dei comportamentidi studio degli alunni.

Quando si organizza un’interrogazione, quando si promuovono delleesercitazioni o dei compiti in classe, quando anche si stimolano gli allievia partecipare direttamente allo sviluppo dell’attività didattica, il materialeosservativo non manca all’insegnante.

Difficilmente, però, l’insegnante riesce a farne l’uso più opportuno peracquisire delle informazioni sull’allievo. Per una serie di ragioni:

- il “fuoco” dei suoi interessi è la verifica degli apprendimenti e nonl’attenzione a come si realizzano;

- la difficoltà derivante dall’essere impegnato nello svolgere diverseoperazioni contemporaneamente (insegnare, valutare e osservare,oltre che, occuparsi della gestione della classe);

- la desuetudine o l’effettiva incapacità a dotarsi di griglie o di altristrumenti di osservazione che gli possano consentire di recuperaredati da quelle situazioni scolastiche.

Dobbiamo, però, ricordarci che non sono soltanto i momenti di vera epropria verifica gli unici a consentire l’osservazione dei comportamenti distudio degli alunni e degli studenti; al contrario, è tutta l’esperienza scola-stica che può e deve fornire elementi di osservazione e, quindi, conoscenzaall’insegnante.

Con l’osservazione, è possibile acquisire informazioni sia sulle abilitàdi studio e su come evolvono le capacità di apprendimento, sia a riguardodei personali stili cognitivi, delle strategie di lavoro, delle vocazioni neiconfronti dell’una o dell’altra attività7.

Seppur si riconosca la sostanziale differenza tra le attività di studio di-rettamente eseguibili e fisicamente osservabili e le operazioni cognitive chele attivano e le consentono, ribadiamo la scelta di volerci servire dell’os-

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6 M. Pellerey, Educare. Manuale di pedagogia come scienza pratico-progettuale, LAS,Roma, 1999.7 P. Perticari, Attesi imprevisti, Bollati Boringhieri, Torino, 1996.

servazione in presenza per catturare elementi di conoscenza circa il reper-torio di risposte cognitive degli allievi.

E ciò in ragione, innanzitutto, del fatto che non ci restano molte altrestrade per congetturare qualcosa sulla mente dei nostri allievi, oltre l’attentapercezione di quello che fanno mentre s’impegnano in attività di studio.Queste ultime, del resto, da un lato, esplicitano le operazioni cognitive,dall’altro lato, le sollecitano, le promuovono, le sviluppano.

Inoltre, spesso le attività di studio realmente praticate (si può pensarealla risoluzione di problemi effettuata ad alta voce come anche all’esecu-zione di compiti di tipo manipolativo e/o artigianale, ad esempio) non sonocosì lontane dalle attività mentali impegnate a consentirle. Sono, forse, lemedesime: si ha a che fare, perciò, con forme di esecuzione similari (tramente e braccio), soltanto, quindi, di differente visibilità. E lo stesso, cre-diamo, si possa dire a proposito di compiti di classificazione, di seriazione,di categorizzazione.

In qualche modo, le specifiche attività scolastiche, possono funzionare,talvolta, da specchio rispetto alle operazioni cognitive dalle quali dipen-dono. Le operazioni mentali, d’altronde, hanno spesso bisogno di “appli-carsi” a qualche reale operazione fisica, materiale per “esistere” e nonsoltanto per dimostrare la loro esistenza.

In fondo, perciò, le attività di studio, possiamo anche intenderle come al-l’incrocio, tra impegno cognitivo interno e azione fisica visibile e osservabile8.

Ovviamente, non tutte le attività di studio sono in grado di offrire corposicontributi all’acquisizione di informazioni circa i repertori di pensiero degliallievi; ve ne sono alcune, inoltre, che pur facilmente osservabili diconopoco o niente sul momento mentale vissuto dal soggetto mentre è impegnatocognitivamente. Il comportamento, non solo dev’essere possibile osser-varlo, ma dev’essere anche significativo (per “trasparenza” e “importanzarappresentativa”) rispetto ai processi cognitivi che lo promuovono.

Buona parte delle sue potenzialità conoscitive – dirette e indirette o ri-flesse – l’osservazione se le gioca nella individuazione delle attività di stu-dio che, effettivamente, possono consentirle di ricavare dati significativisullo stato della mente dell’allievo.

V’è anche da dire, in conclusione, – e questa è una faccenda che riguardada vicino la didattica metacognitiva – che, soprattutto quando si voglionoeffettuare indagini circa gli atteggiamenti, gli stili cognitivi e le strategie distudio presenti, come si può ben capire, non è facile tracciare la linea diconfine tra il comportamento fisico e quello mentale: lo stile è anche visi-bile, la strategia di lavoro la si vede messa all’opera. Anzi, è proprio la fi-

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8 A. Davis, I limiti della valutazione educativa, Anicia, Roma, 2003.

sicità di questi aspetti del comportamento dell’alunno a permetterne l’iden-tificazione e a costituirli come tali (stili e strategie).

In conclusione, ricordiamo che, tra le attività dei docenti rivolte all’osser-vazione dei comportamenti degli alunni, devono trovare posto quegli inter-venti educativi rivolti a mettere ciascuno di loro nella condizione di poteresprimere sé stessi e quanto di meglio sanno fare o vogliono fare. Una mo-dalità didattica tra le più opportune, a riguardo, è costituita dalle azioni di“ascolto” effettuate dai docenti9. Queste, oggi, vengono via via promosse perportare in superficie, insieme agli eventuali “blocchi” cognitivi, espressivi erelazionali dei bambini e dei ragazzi, alcuni aspetti dei diversi e personalimodi di acquisizione ed elaborazione delle conoscenze. Pertanto, consideratala loro complessa portata educativa e la varietà delle finalizzazioni formativealle quali si potrebbe orientarle, risulterebbe educativamente riduttivo confi-nare tali modalità di attenzione (e di osservazione) nel recinto delle praticherivolte all’aiuto degli allievi in situazione di disagio comportamentale.

2.1 L’osservazione sistematica dei comportamenti e delle abilità di studiodegli allievi

Le forme dell’osservazione praticata a scuola dagli insegnanti sono di-verse: libera o guidata, continua, episodica o sistematica, generale o speci-fica, ecc. Per le finalità di questo lavoro riteniamo che l’osservazionesistematica sia quella che maggiormente possa riuscire adeguata perchéconsente di concentrare, nel tempo, l’attenzione del docente intorno a unadeterminata classe di comportamenti riferibili ad abilità di tipo specifico,settoriale o generale – già possedute o da apprendere –.

Ai fini di un intervento didattico metacognitivo, le specifiche osserva-zioni che si vorranno effettuare dovranno fornire informazioni o congettureintorno a come la mente di chi apprende funziona mentre è impegnata inattività di studio.

Le attività di osservazione è opportuno effettuarle avendo, comunque,l’accortezza di non modificare in maniera rilevante rispetto all’ordinario lasituazione scolastica da osservare e scegliendo quelle modalità di osserva-zione, che meno possano influenzare l’esplicitazione dei comportamentiusuali degli allievi.

L’insegnante, mediante l’osservazione dei comportamenti di studio deglialunni, può, da una parte, reperire elementi di conoscenza a giustificazione

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9 D. Novara, L’ascolto si impara, Ed. Gruppo Abele, Torino, 1997.

del livello di prestazione fornita e, dall’altra parte, raccogliere dati che pos-sano permettergli di individuare atteggiamenti e stili di apprendimento ge-nerali o specifici.

Per effettuare l’osservazione l’insegnante può servirsi di griglie o di que-stionari in grado di direzione verso comportamenti specifici la sua osser-vazione10 (fig.1).

Figura 1

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10 E. Kirby, L. Grimley, Disturbi dell’attenzione e iperattività, Erickson, Trento, 1989.

SCALA DI VALUTAZIONE DEI COMPORTAMENTI PROBLEMATICI

IN CLASSE

data ___________ Nome del bambino ____________________________

Questionario per l’insegnanteIndicare, per ciascuno dei comportamenti sottoelencati, la casella che più si avvicinaalle caratteristiche dell’alunno. Rispondere a tutti gli items.

Quando si manifesta?

Mai Qualche volta Abbastanza Molto spesso spessoComportamento in classe___________________________________________________________________

1. Infastidisce continuamente i compagni ________________________________2. Canticchia e fa strani rumori __________________________________________3. Esige una risposta immediata _________________________________________4. È scarsamente motivato _____________________________________________5. È inquieto o sempre in movimento _____________________________________6. È eccitabile e impulsivo ____________________________________________ 7. È disattento, si distrae facilmente ______________________________________8. Non riesce a concludere un lavoro _____________________________________9. È ipersensibile ____________________________________________________10. È troppo serio o troppo triste _________________________________________11. Si perde in fantasticherie ___________________________________________12. È imbronciato o scontroso __________________________________________13. Piange anche per un nonnulla ________________________________________14. Disturba i compagni ______________________________________________15. È attaccabrighe __________________________________________________

L’osservazione dei comportamenti di studio potrebbe essere ulterior-mente sostenuta mediante piccoli e semplici accorgimenti didattici in gradodi rendere un po’ più complicata agli allievi l’esecuzione dei loro compitie delle attività nelle quali s’impegnano a scuola.

La complicazione del compito provoca generalmente un “rallentamento”delle procedure di lavoro dell’alunno e, per questa ragione, le rende mag-giormente osservabili. Inoltre, quando l’esecuzione di attività di studioviene resa meno abitudinaria, vi è una maggiore opportunità, da parte del-l’insegnante, di cogliere, nelle modalità di comportamento degli allievi, lapresenza, la persistenza, talvolta anche la funzionalità di momenti di rifles-sione e di controllo.

3. Il questionario

Per il reperimento di informazioni circa i repertori di pensiero degli al-lievi possiamo ricorrere a due differenti tipi di questionari: quelli mirati allaverifica delle conoscenze (di carattere generale o specifico, prima-durante-dopo l’intervento didattico), quelli rivolti all’individuazione delle cono-scenze, delle abilità di studio e delle competenze metacognitive.

I primi sono fin troppo diffusi per necessitare di ulteriori esplicitazioni,i secondi, invece, solo da poco vengono proposti nelle nostre aule. I que-stionari del secondo ordine tendono, in maniera diretta o indiretta, a portareallo scoperto le conoscenze e le disposizioni strategiche e metacognitivedegli allievi, sia in riferimento a specifiche attività o argomenti di studio,sia per quanto concerne globali atteggiamenti di lavoro scolastico.

Domande tipiche che possono far parte di un questionario metacogni-tivo: «Hai spesso difficoltà a terminare un lavoro?», «Ti disturbano i rumorio la presenza di altre persone?», «Ti riesce facile o difficile concentrarti?»(fig. 2).

I questionari di questo tipo possono anche essere indirizzati agli insegnantie ai genitori, sia per una verifica delle risposte degli allievi, sia, soprattutto,per portare alla loro attenzione e conoscenza elementi, altrimenti trascurati,del repertorio cognitivo, operativo e attitudinale degli stessi allievi.

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Figura 2

4. Il colloquio clinico

Il colloquio clinico, oltre che essere utilizzato nella pratica clinica, ingenerale, e psicoterapica11, in particolare, ha avuto un significativo luogodi applicazione nel territorio dello sviluppo cognitivo.

La tecnica in questione consiste nel far parlare il soggetto – del quale sivogliono conoscere aspetti delle modalità di rappresentazione e di elabora-

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INTERVISTA CON IL BAMBINO

Domande sui sintomi SDA secondo i criteri diagnostici del DSM III

1. Hai spesso difficoltà a terminare un lavoro?2. La mamma e il tuo insegnante ti dicono spesso che non stai attento?3. Ti disturbano molto i rumori o la presenza di altre persone mentre stai facendo

i compiti?4. Anche se c’è silenzio, ti è spesso difficile concentrarti su quello che stai fa-

cendo?5 Ti è difficile continuare a fare un solo gioco o un’attività per molto tempo?6. Fai le cose senza prima rifletterci bene? Ti dicono spesso: “Perché non usi il

cervello”?7. Ti piace fare tante cose alla volta e cambiare continuamente anziché finire un

lavoro?8. Ti è difficile organizzarti?9. La mamma e il tuo insegnante devono controllarti e aiutarti più degli altri?10. Parli in classe senza alzare la mano o chiedere permesso?11. Ti è difficile aspettare il tuo turno quando sei con i compagni o quando giochi?12. Corri e ti arrampichi dappertutto?13. Ti è difficile restare al tuo posto in classe?14. Ti alzi in continuazione? Ti si deve ricordare di stare seduto?15. Hai un sonno agitato? Ad esempio, quando ti svegli le coperte sono tutte in di-

sordine?16. Sei più vivace dei tuoi compagni? Ti sembra di non farcela a stare tranquillo?

Osservazioni_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

11 N. McWilliams, F. Gazzillo, Il caso clinico. Dal colloquio alla diagnosi, R. Cortina, Mi-lano, 2002.

zione mentale – seguendolo nelle risposte e partendo da queste stesse perriformulare nuove domande. Lo scopo è quello di coniugare, al tempostesso, la spontaneità dei pensieri e delle riflessioni elaborati dal bambinoo dal ragazzo con l’esigenza di farlo esprimere intorno ad argomenti “cri-tici” o di particolare interesse.

Si tratta di un metodologia di lavoro spesso adoperata da Jean Piaget12;ne riportiamo un esemplificazione.

5. L’intervista a specchio

Non ci occuperemo qui dell’intervista in generale, ma di una sua ver-sione attrezzata metodologicamente, l’intervista a specchio, provenientedagli studi e dalle sperimentazioni psicoterapiche13 e introdotta, da noi, incampo educativo e didattico da L. Lumbelli14.

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Ricercatore (R.) – Allievo (To, il suo nome)(To crede che i battelli galleggino «perché sono di legno»).R. – Perché il legno galleggia?To – Perché è leggero e le barchette hanno le vele.R. – E quelle che non hanno le vele perché non vanno a fondo?To – Perché sono leggere.R. – E i grandi battelli?To – Perché sono pesanti.R. – Allora quello che è pesante resta a galla?To – No.R. – Un grosso sasso?To – Va a fondo.R. – E i grandi battelli?To – Restano a galla perché sono pesanti.R. – Niente altro?To – NoR. – Ancora?To – Perché hanno delle grandi vele.R. – E quando queste vengono tolte?To – Essi sono meno pesanti.R. – E se si rimettono le vele?To – È la stessa cosa. Galleggiano perché sono pesanti.

12 J. Piaget, Giudizio e ragionamento nel bambino, La Nuova Italia, Firenze, 1988.13 C. Rogers, M. Kinget, Psicologia e relazioni umane, Boringhieri, Torino, 196614 Di L. Lumbelli citiamo: Comunicazione non autoritaria, FrancoAngeli, Milano, 1973; Edu-cazione come discorso, Il Mulino, Bologna, 1981; Incoraggiare a leggere, La Nuova Italia, Fi-renze, 1988.

Si tratta di una procedura consistente nel porre delle domande all’inter-vistato ri-partendo dalle sue risposte, ripetendole, reiterandole, al più quasiimpercettibilmente precisandole sotto l’aspetto dell’espressione linguistica.

Non giudicato, non ostacolato da plateali correzioni, il soggetto, anchequando ha formulato, per forma e/o contenuto, una risposta non adeguata,scorretta, erronea, non viene bloccato – né si sente tale – nell’esplicitazionedel suo punto di vista, dei suoi pensieri, delle sue convinzioni.

Inoltre, con la riproposizione dell’identico pensiero e della pressochéanaloga elaborazione verbale, l’intervistato ha modo di cogliere, riflettendo,gli aspetti inadeguati, incerti, inesatti del messaggio da poco espresso e diprovvedere a un tentativo di revisione, di rettifica e di riadeguamento.

Le risposte, quindi, più che essere considerate prove riuscite male e giu-dicate come tali, vengono, al contrario, utilizzate come strumenti per mi-gliorare le conoscenze e le capacità verbali degli allievi. Partendo dalle suerisposte errate o lacunose15, il bambino o il ragazzo, viene sostanzialmenteincoraggiato dall’insegnante a parafrasare il proprio pensiero, a riformularela propria espressione orale.

E questa è un’ulteriore dimostrazione di come alcune tecniche, pur ado-perate inizialmente per acquisire informazioni circa i contenuti di cono-scenza e i modi di pensare dell’allievo, si traducano in procedure di sviluppocognitivo.

L’insegnante, dal canto suo, riceve una serie di opportune informazionisia sulle conoscenze e sulle credenze – ingenue o formalizzate, spontaneeo indotte – possedute dall’allievo, sia sui livelli evolutivi di rappresenta-zione mentale, sia a riguardo delle attitudini al ragionamento e alla rifles-sione. Inoltre, proprio perché fondata sulla fluidità dell’espressione orale esull’eliminazione degli ostacoli alla comunicazione tra i soggetti, tale tec-nica di indagine consente di reperire informazioni sugli eventuali “blocchi”concettuali, sulle lacune di significato, sulle difficoltà lessicali che possonoaver influenzato la risposta (termine che sta anche per la prestazione o perla soluzione del problema) dell’allievo.

A riguardo, poi delle possibilità di indagine del repertorio strategico emetacognitivo degli alunni, non è senza significato, ad esempio, chel’alunno riesca a cogliere, per conto proprio, l’inadeguatezza della sua for-mulazione linguistica e da quella risalire ad un confronto con l’idea o ilpensiero che voleva esprimere. O che, al contrario, non riesca a farlo, pro-prio perché non ne avverte – pur risentendo la sua enunciazione, pur inco-raggiato a parlare e a riflettere – l’incongruenza.

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15 L. Lumbelli, Quando la diversità produce difficoltà di farsi capire, in A. De Rossi e A.De Mitri (a cura di), I luoghi della parola, La Nuova Italia, Firenze, 1989.

Riportiamo un esempio di intervista a specchio, effettuata nell’ambitodi una ricerca sulla comprensione di alcuni passi narrativi contenuti nelMarcovaldo di I.Calvino (“I figli di Babbo Natale):

6. Pensare e parlare

Si può conoscere qualcosa sul modo di ragionare dell’alunno, sulle in-formazioni che possiede, sulle soluzioni che intende adottare o che prova amettere in atto, ascoltando quello che dice mentre lavora (e questo capitapiù facilmente con i bambini più piccoli) e/o stimolandolo o provocandoloperché parli di quello che fa mentre lo fa (va bene con tutti, ma rispetto allatecnica precedente, risulta maggiormente congeniale per conoscere qualcosadai ragazzi, anche da quelli più grandi).

Che sia retaggio delle modalità egocentriche di pensiero e di linguaggio,che derivi da entusiasmo circa l’attività che si sta svolgendo, che appartengaal repertorio caratteriale e relazionale del soggetto, che – ancora – sia con-seguenza della specifica attività o contenuto di studio, fatto sta che capitadi frequente di vedere, o meglio di sentire (in particolare nelle scuole deglialunni più piccoli) il linguaggio partecipare alla o della esecuzione di uncompito. Non ci riferiamo alle espressioni linguistiche generiche o casualidi autentico e quasi automatico accompagnamento, ma a quelle parole edenunciati che, sostanzialmente, esprimono l’itinerario mentale corrispon-dente al percorso operativo messo o da mettere in atto da parte dell’allievo.

Talvolta, specie se non provocata o indotta, la forma espressiva si rivelaframmentata e non completamente “testuale” (linguaggio interiore) un po’ comequella del vigotskyiano “linguaggio interiore”; è però, comunque, in grado difornire all’ascoltatore attento e motivato informazioni su quello che l’alunno

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Augusto (A.), Insegnante (I.)A. – Marcovaldo e Michelino se ne andarono in punta di piedi e così… Marcovaldostava riordinando il carico e Michelino gli fece una domanda e gli disse se quelbambino era povero. Marcovaldo non gli rispose subito perché era impegnato a met-tere a posto il carico… dopo gli rispose: ma sei matto? sai di chi è figlio quello là?è il figlio di una persona che fa comprare di più i regali.I. – Che fa comprare i regali. E mi dicevi che gli dice se è matto… Marcovaldo dicea Michelino che chiede se il bambino è povero, sei matto?A. – Sei matto, perché quel bambino lì non era povero, era più ricco di loro.I. – Era più ricco di loro. Invece Michelino pensa che sia povero.A. – Non so, pensa che sia povero… ma non di soldi, di affetto, di amore.I. – Tu immagini che Michelino dica povero in questo senso, di povero d’affetto.A. – Non di soldi.

sta facendo o vuole fare e, al tempo stesso, tracce o spie delle procedure mentaliche sono all’origine e che attivano i procedimenti operativi attuati o da attuare.

Presentiamo qui alcune circostanze (spontanee o indotte) di associazionetra linguaggio (prevalentemente parlato, ma talvolta anche scritto) e pen-siero nell’espletamento di compiti e attività di studio.

a) Le attività di tipo artistico, manipolativo, tecnologicoSono soprattutto le attività di questo genere a stimolare l’alunno a parlare

mediante l’esplicitazione di ciò che sta facendo, di quello che intende faree come, la formulazione di interrogativi e di dubbi, l’espressione delle sen-sazioni collegate alle eventuali difficoltà del compito e alla convinzione/speranza/desiderio di superarle, ecc.

Molti alunni frequentano tale consuetudine durante l’esecuzione di unbuon numero di lavori; altri, invece, non hanno questa abitudine, ma possono,specie se sollecitati dagli insegnanti, esprimere con le parole il senso e la di-rezione di quanto vanno svolgendo nell’effettuazione delle attività di studio.

L’insegnante deve soltanto ascoltare quello che dicono, cercando di in-terpretarne convenientemente il significato e si troverà tra le mani una quan-tità notevole e significativa di informazioni. In particolare, queste siriferiranno alle procedure operative seguite, alle operazioni mentali che aquelle sovrintendono determinandole, allo stile cognitivo che caratterizzaogni soggetto mentre apprende, alle differenti motivazioni ai diversi inte-ressi cognitivi, oltre che al livello evolutivo e alle modalità preferenziali dirappresentazione mentale. Infine, potrà, senza eccessivo sforzo, recuperareelementi della situazione di apprendimento dell’allievo a riguardo delle sueconoscenze (dichiarative, procedurali, metacognitive), circoscrivibili al pre-sente e alla particolare attività o contenuto di studio, al passato, ovvero dicarattere generale.

Semplici domande del tipo «cosa stai facendo?», «perché adoperi quelcolore», «ti vedo pensieroso, c’è qualcosa che non va?», possono costituiredegli efficaci grimaldelli per aprire le casseforti nella quale sono custoditii segreti delle operazioni mentali attivate dall’alunno.

b) La risoluzione di problemi o di situazioni problematicheQuando l’allievo viene impegnato nella risoluzione di problemi che lo

coinvolgono particolarmente, tende ad accompagnare i suoi tentativi con pa-role, gesti, manie, rituali16. In questo caso, il compito di osservazione dell’in-segnante è di molto facilitato. Ma quand’anche non si potesse godere di simili

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16 C. Benvenuti, F. Grimaldi, La matematica con il corpo, Erickson, Trento, 2003.

opportunità, si possono comunque invitare gli allievi a esplicitare verbal-mente, a voce o mediante lo scritto, l’itinerario logico e procedurale seguito.

In questo modo, consentendo al soggetto di esprimere senza ambiguitàquello che fa, che ha fatto o che intende fare, l’insegnante, mediante la re-gistrazione e la valutazione, oltre che delle effettive risposte, anche dei com-portamenti espressi:

- da un lato, si appropria dell’itinerario di risoluzione adottato e per-corso e può effettuare inferenze circa le operazioni mentali che lohanno sostenuto;

- dall’altro lato, riesce a individuare, con maggior agio di quanto possafarlo, ad esempio, mediante la richiesta di risoluzione tradizionale diproblemi matematici, i punti di forza e di debolezza, le scelte ade-guate e le intuizioni positive così come i “blocchi” e le “rotture”.

Di passaggio, il docente ha anche modo di valutare meglio la situazionedi apprendimento dell’alunno (conoscenze, concetti e abilità operative) edi provvedere alle opportune regolazioni didattiche.

c) Il completamento di racconti e di lavori altruiDagli interventi narrativi a completamento di storie incompiute si pos-

sono ricavare importanti informazioni circa le differenti modalità di ragio-namento degli allevi.

La “costruzione” di una conclusione mette in luce, la capacità di inven-tare un esito inedito rimanendo fedeli alla narrazione originale, nel sensodella necessaria congruenza – logica, narrativa, semantica – tra la parteascoltata o letta della storia e la parte, costruita, che le si va ad aggiungere.

Pensieri, idee, sensazioni, immagini, si coagulano nella conclusioneideata, lasciando intravedere a chi ascolta, a chi osserva, il percorso cogni-tivo che le diverse operazioni mentali disegnano17. Lasciando intuire, anche,il retroterra culturale (di derivazione famigliare, ambientale, scolastica), in-sieme alle personali disposizioni cognitive (collegate alla capacità di ela-borazione e di attribuizione semantica, all’organizzazione e all’ambienta-zione spazio-temporale, alla classificazione e alla categorizzazione di og-getti ed eventi, ecc.) degli allievi.

L’insegnante potrà recuperare, al tempo stesso, frammenti del mondo affet-tivo ed emozionale degli allievi, specie quando questi sono ancora molto piccoli.

Verificherà, inoltre, la propensione dell’allievo a continuare il percorsonarrativo lungo le piste tracciate dall’autore originario ovvero a discostar-sene significativamente, pur ideando soluzioni conseguenti e congruenti. E

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17 E. Baumgartner, A. Devescovi, I bambini raccontano, Erickson, Trento, 2001.

scommetterà sulle cause di tale propensione, addebitandole o alle modalitàstesse di interpretazione personale circa il tipo di compito assegnatogli(come dev’essere continuata la storia? seguendo le maniere di chi ha co-minciato a elaborarla ovvero secondo il proprio punto di vista?) o alla messain gioco delle proprie disposizioni evolutive (prevalentemente egocentricheo apprezzabilmente relativistiche) nei confronti delle espressioni linguisti-che e di pensiero altrui.

Analoghe potenzialità ricognitive a riguardo del modo di ragionare deglialunni e degli studenti, contengono i lavori da loro effettuati a completa-mento delle esecuzioni incomplete, specie nel campo della risoluzione diproblemi e di situazioni problematiche e nei territori dell’elaborazione edella rielaborazione artistica, manipolativa, tecnologica.

L’itinerario logico e operativo che gli allievi devono compiere non si di-scosta da quello evidenziato poco sopra a proposito delle narrazioni incom-plete. Ulteriori vantaggi per le possibilità d’indagine degli insegnantirisiedono nell’evidente maggiore “visibilità” dei lavori di completamento enel presumibilmente più elevato livello di motivazione conseguibile dagli al-lievi perché impegnati in e da attività meno astratte, più concrete e che met-tono alla prova in misura maggiore le proprie capacità di intervento.

Qualche svantaggio, al contrario, potrebbe derivare da una minore espli-citazione discorsiva e comunicativa messa in evidenza dal completamentodi lavori artistici, manuali e tecnologici rispetto al completamento di nar-razioni. Si tratta, però, di svantaggi che potrebbero essere quantomeno ri-dotti provocando quelle modalità di esplicitazione orale e scritta cheabbiamo presentato in precedenza.

Ciò che conta è che, mediante le attività di completamento, l’insegnantepossa cogliere informazioni circa le modalità di lavorare e di ragionare suquello che si fa, si deve fare, si è già fatto. Provocare nell’alunno uno spo-stamento di prospettiva, da sé all’altro, osservare e registrare i procedimentiadottati da lui per completare il lavoro dell’altro (considerandolo, conser-vandolo, rettificandolo, integrandolo), servirsi delle parole e degli enunciatia chiarimento e ad argomentazione delle scelte adottate, significa mettersinelle condizioni di recuperare valide informazioni su come ha lavorato inquella specifica circostanza la mente del bambino o del ragazzo. Significa,anche, collezionare dati per rintracciare le strategie di studio adoperate inquell’occasione o di solito utilizzate e per individuare lo stile cognitivo pre-valentemente o solo in quel momento operante.

d) Spiegazioni e argomentazioni durante discussioni collegialiLa discussione collegiale qui la consideriamo per il contributo di cono-

scenza che può arrecare all’insegnante a riguardo dei repertori mentali del-

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l’allievo18. È facilmente inseribile all’interno di un percorso didattico siaper introdurlo e per ricavare delle prospettive di lavoro, sia per consolidarloe arricchirlo durante il suo svolgimento, sia per valutarne gli esiti per laclasse e per ogni singolo alunno in vista di una successiva ri-partenza.

Nella fase preliminare o d’introduzione, la richiesta fatta dall’insegnanteagli alunni di esplicitare quello che pensano e sanno – o sanno fare – intornoa un determinato argomento o ad una particolare competenza permette, in-nanzitutto, di raccogliere un gran numero di informazioni sulla cultura ge-nerale o specifica di buona parte dei partecipanti alla discussione. Insecondo luogo, provoca un iniziale conflitto di opinione e la messa in evi-denza delle differenti modalità argomentative utilizzate dagli alunni per so-stenere le proprie tesi19. Le informazioni sul repertorio cognitivo di allievicoinvolti in discussioni collegiali attengono, innanzitutto, al patrimonio diconoscenze dichiarative e/o procedurali.

Successivamente, l’allievo, durante la discussione, nell’esplicitare il pro-prio punto di vista, la soluzione adottata, la scelta effettuata può esprimere– specie se stimolato dai compagni o dall’insegnante – le sue strategie distudio, il suo stile cognitivo, le sue motivazioni al lavoro, insieme alla di-sponibilità a ragionare, a mettere in ordine le informazioni delle quali di-spone e a esprimerle oralmente20.

7. Il mutuo-insegnamento

Tecnica didattica consapevole o pratica di lavoro spontaneamente messain atto dagli alunni nell’esecuzione dei loro compiti scolastici, il “mutuo-insegnamento” (che distinguiamo dall’apprendimento cooperativo, ma cheè implicato, spesso, nei suoi sviluppi) viene qui preso in considerazione acausa delle potenzialità di esplicitazione delle conoscenze possedute dagliallievi e delle operazioni mentali da loro agite.

L’allievo insegnando a uno o più compagni, esplicita le conoscenze e lecompetenze possedute in ordine all’argomento da trattare o all’attività da ese-guire. E lo fa in maniera differente rispetto a come lo farebbe se interrogatodall’insegnante o se impegnato in altre attività di verifica. Perché ha da ese-guire un compito di differente natura: deve insegnare qualcosa a qualcuno.

Per questa ragione ha la necessità di mettere in opera processi mentali epratici ulteriori rispetto a quelli che mette di consueto in opera quando la-

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18 C. Marello, G. Mondelli, Riflettere sulla lingua, La Nuova Italia, Firenze, 1991.19. AA.VV., Laboratorio logica, Erickson, Trento, 2002.20 L. Cerwinsky Domenis, La discussione intelligente, Erickson, Trento, 2000.

vora, per così dire, “in proprio” nello svolgimento delle attività di studio.Ad esempio, deve scegliere, tra le conoscenze che possiede, quelle più im-portanti; quindi le deve mettere in sequenza logica e operativa. Queste dueoperazioni, che l’allievo utilizza di consueto, per effettuare prove di verificao attività cognitive per sé, acquistano, particolari connotazioni quando, in-vece, effettua attività di insegnamento. Infatti, il recupero e la scelta delleconoscenze deve fare i conti, da una parte, con il nuovo compito da effet-tuare (insegnare anziché, ad esempio, apprendere o dimostrare di aver ap-preso) e, dall’altra, con il soggetto al quale quelle conoscenze devono esserein qualche modo trasferite.

Dall’intervento didattico dell’allievo chiamato a insegnare ai suoi com-pagni, l’insegnante può ricavare una serie di informazioni di notevole rile-vanza circa la sua situazione cognitiva.

Intanto, riesce con facilità a capire se l’allievo che insegna padroneggia(e a quale livello) l’argomento o le abilità che sta insegnando; in secondoluogo, riceve dei ragguagli circa la sua situazione evolutiva a riguardo, inparticolare, della capacità di mettersi dal punto di vista, di linguaggio e dipensiero, dell’altro allontanandosi, sia pure parzialmente, dalle modalitàegocentriche prima presentate.

Ancora, l’insegnante può farsi delle idee circa la capacità dell’allievo diindividuare i “concetti forti”, gli elementi portanti di una abilità o di unacompetenza adoperate.

Durante le attività di mutuo-insegnamento, vengono allo scoperto, proprioperché osservate mentre sono all’opera, operazioni e capacità di pianificazione(sia intorno alle conoscenze possedute, sia a riguardo del compito di trasmis-sione delle stesse) altrimenti difficilmente trasparenti e osservabili.

Insieme a tali operazioni mentali si possono collezionare dati intornoalle strategie di studio adoperate e che, nei modi più originali l’alunno in-tende trasferire, quando insegna, a vantaggio delle competenze del suo in-terlocutore. Nel farlo, esplicita, nel contempo, le strategie d’insegnamentoadoperate e, a tirare le somme, elementi di quello che potremmo chiamareil suo “stile didattico”.

8. Farsi interrogare

Un’altra modalità perseguibile di investigazione del repertorio di rispo-ste cognitive dell’allievo è quella di analizzare le sue domande anziché lesue risposte.

La plausibilità della messa in atto di una simile possibilità, da un lato,deve fare i conti con la capacità del bambino o del ragazzo di porre e di

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porsi, in primo luogo, degli interrogativi e, in secondo luogo, degli interro-gativi “creativi”; dall’altro lato e, corrispondentemente, non può metteretra parentesi la frequentazione o meno di pratiche didattiche in grado di sol-lecitare l’elaborazione e l’esplicitazione di interrogativi circa gli argomentidi studio.

In ogni caso, all’insegnante le domande degli allievi possono offrire in-formazioni preziose, perlomeno, a riguardo:

- (prima di tutto) dell’interesse, della curiosità, del desiderio di appren-dere e del grado di coinvolgimento degli allievi;

- delle conoscenze o delle competenze generali e pregresse già posse-dute o di quelle acquisite durante l’itinerario didattico fin lì realiz-zato;

- della capacità di individuazione dei nodi problematici e della capacitàdi elaborarli ed esprimerli, in maniera più o meno creativa o perso-nale, sotto forma di interrogativi;

- della consuetudine alla riflessione intorno agli argomenti di studio ealle attività che si promuovono per svilupparli;

- della capacità, durante il dialogo con l’insegnante, di tenere contodelle sue risposte nell’elaborazione delle prossime domande;

- della disponibilità a utilizzare le domande in maniera euristica e, cioè,per consolidare le conoscenze e le competenze possedute, per acqui-sirne di nuove, per individuare, affrontare e risolvere situazioni pro-blematiche e per adeguare continuamente lo sviluppo delle proprieabilità di studio.

9. La favola metacognitiva

Una delle tecniche, immediatamente, di indagine sulle modalità di uti-lizzazione delle proprie operazioni mentali da parte degli allievi e, poi piùappropriatamente, di sviluppo delle medesime (in particolare di quelle at-tivate per il miglioramento delle capacità di attenzione e di memorizza-zione) può essere considerata la “favola metacognitiva”.

Specie con alunni più piccoli o in maggiori difficoltà intellettive e lingui-stiche (oltre che perché scarsamente coinvolgibili in attività di compilazionedi questionari o, comunque, di risposta alle domande di un intervistatore) riescedifficile all’insegnante individuare le strategie cognitive da loro messe in atto.E, quindi, anche intervenire per promuoverne le sviluppo.

Per questa ragione, può riuscire efficace proporre il racconto di storieche possano provocare e stimolare l’esplicitazione delle metaconoscenzedegli allievi. In questo caso, inutile ribadire la doppia funzionalità didattica

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di un simile intento: conoscenza della mente dell’alunno, sviluppo delle suepotenzialità cognitive e metacognitive.

La vicenda narrata deve contenere situazioni che richiedano un’appro-priata utilizzazione di strategie di attenzione e memoria. Ad esempio, ilprincipe per salvare la sua bella, deve cercare di ricordare un elenco di nomiovvero deve mettere in atto in ordine sequenziale una serie di vincolantiprocedure suggeritegli da un “soccorritore” o impostegli da rituali magicio mitici; oppure deve riuscire a risolvere un enigma dopo aver passato inrassegna le soluzioni errate già tentate

L’alunno, in primo luogo, viene invitato a esprimere la sua previsionecirca le possibilità del principe di riuscire nell’impresa. Un esito intermedioche seguendo una simile strategia si ottiene – di notevole rilevanza soprat-tutto per gli alunni più piccoli – è il riconoscimento del fatto che “si puòdimenticare”!

Il successivo risultato è quello di far nascere, prima nei territori dellafantasia, quindi nell’esperienza di ogni giorno scolastica e non, la consape-volezza della necessità di trovare (per risolvere problemi, per superare ledifficoltà, o, comunque, per eseguire compiti di qualsiasi natura) delle stra-tegie che aiutino a rimanere attenti e concentrati, a ricordare, a mettere or-dine tra le cose da fare.

In seguito, perciò, tornando all’esperienza della “favola metacognitiva”,si chiede all’alunno di aiutare il principe a ricordare o, comunque, a servirsidella sua mente per meglio riuscire a realizzare la sua impresa. In questomodo l’allievo, immedesimandosi nella vicenda narrata e volendo dare alpersonaggio in questione il proprio contributo, esplicita le sue strategie co-gnitive e operative (di memorizzazione, di concentrazione, di attenzione,di perseveranza nell’impegno, di pianificazione dell’intervento, ecc.) neltentativo di risolvere la particolare situazione problematica proposta dallastoria.

L’insegnante avrà così modo di considerare e valutare le differenti solu-zioni suggerite dagli alunni. Queste, in primo luogo, riflettono le cono-scenze metacognitive possedute a riguardo dal soggetto che le esplicita e,in secondo luogo, sono in qualche maniera speculari rispetto alle scelte chel’alunno adotterebbe (o alle procedure che normalmente adotta) in una si-tuazione problematica avvicinabile a quella narrata.

Ovviamente, questa tecnica, con le opportune modifiche (soprattutto inordine agli argomenti, al genere o alla tipologia di scrittura), può essere pre-disposta e applicata per i ragazzi delle scuole secondarie di primo e (anche)di secondo grado.

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10. L’osservazione e la valutazione metacognitiva degli errori

Flavell, tra le esperienze metacognitive spontanee ed elementari, cita la“percezione dell’errore”. In effetti è facile verificare come una delle occa-sioni più diffuse ed evidenti di riflessione circa i comportamenti mentali eoperativi attivati e circa le conoscenze esplicitate nel corso dell’attività distudio sia costituita dalla consapevolezza di aver sbagliato.

Un intervento didattico che voglia attrezzare gli allievi a impadronirsisempre più autonomamente degli strumenti e dei contenuti del sapere e delsaper fare è opportuno che sfrutti questa spontanea disponibilità autocor-rettiva.

Invece, nelle nostre scuole, l’errore il più delle volte si collega alla vo-lontà di valutazione “stretta” del rendimento scolastico degli alunni, al de-siderio di stilare improbabili graduatorie di merito, alla voglia di assegnarepatenti di competenza e/o di incompetenza (con tutto il corredo di premi edi sanzioni se non di castighi).

L’errore, per queste ragioni, raramente acquista valore didattico ed eu-ristico; raramente, cioè, serve all’insegnante per trovare le vie o le manieredi un’opportuna regolazione e rettifica dell’intervento didattico. Ancora piùraramente serve all’allievo per modificare le proprie modalità di lavoro, pereliminare le incongruenze e le inadeguatezze conoscitive, cognitive e ope-rative, per sostenere e consolidare concetti e abilità già acquisiti oltre cheper acquisirne di nuovi. Invece è molto difficile che l’errore venga consi-derato, da parte dell’insegnante, un’occasione quanto mai preziosa, per co-noscere, insieme alla situazione di apprendimento dell’alunno (dove hasbagliato, perché ha sbagliato, cosa gli è mancato, è un errore che ripete osi tratta di un fatto episodico…), la sua sensibilità e disponibilità a perce-pirlo come tale. E, cioè, come soluzione non adeguata, conoscenza inesattao imprecisa, procedimento non idoneo, ecc.

A quest’ultimo riguardo, occorre del resto precisare che se è vero che lapercezione dell’errore è sicuramente una delle modalità più spontanee e dif-fuse di metacognizione (dentro e fuori la scuola) è, allo stesso modo, veroche la qualità e la frequenza di tale percezione varia da individuo a indivi-duo e pare essere influenzata da una serie di fattori tra loro sovente relati.

Uno di questi è la specifica attività – di studio o di esperienza – nellaquale i soggetti s’impegnano e le relative disposizioni e disponibilità all’in-teresse e all’impegno che i medesimi attivano. È, ad esempio, più facile cheun alunno si accorga dell’errore quando per causa sua non può più prose-guire nello svolgimento del compito; o quando gli capita di vedere con ipropri occhi o di sentire con le proprie mani procedimenti ed esiti non ade-guati – parziale ovvero definitivi – dei propri tentativi. Questo tipo di con-

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sapevolezza accade che si attivi con maggiore facilità quando l’alunno èimpegnato in attività laboratoriali di tipo pratico, artistico e manipolatorio;ma non solo, perché è altrettanto facile che venga messa in moto dall’uti-lizzazione di strumentazioni informatiche o multimediali. Ovvero, durante,lo svolgimento di attività motorie (ad esempio il superamento non riuscitodi un ostacolo) o di drammatizzazione (non entrare in scena al momentogiusto, confondere una battuta con l’altra, ecc.).

Le attività nelle quali i soggetti si impegnano, del resto, vengono affron-tate con gradi differenti di coinvolgimento e di competenza e anche questoinfluisce sulla capacità di avvertire l’anomalia, l’errore. Il presupposto èquello che a un maggior interesse, a una migliore disposizione, a un più ac-centuato coinvolgimento, a una maggiore competenza e conoscenza in undeterminato territorio di studi corrisponda una maggiore e più consona sen-sibilità autocorrettiva.

In considerazione di ciò, gli insegnanti, dall’osservazione dei compor-tamenti autocorrettivi degli allievi, potrebbero ricavare informazioni nonsolo sulle disposizioni e sulle consuetudini di controllo metacognitivo atti-vate, ma, di converso, anche sulle competenze disciplinari delle quali sonoin possesso, sulle “vocazioni” di studio e sulle preferenze nei confronti dellespecifiche pratiche scolastiche. In sostanza, come da una adeguata dimo-strazione di competenza sembra derivare una maggiore predisposizioneall’autocorrezione, così da una frequentazione assidua dell’allievo di pro-cedure autocorrettive, si può ipotizzare un corrispondentemente elevato ba-gaglio di conoscenze e di abilità cognitive. Una ragione in più per orientarel’intervento investigativo nei confronti degli errori commessi dagli allievi.

L’errore, la dimostrazione di inadeguatezza conoscitiva o di abilità, inol-tre, permette all’insegnante di cogliere il punto di difficoltà del soggettoche apprende, sia che il nodo si evidenzi mediante un’interruzione o unblocco dei procedimenti di lavoro, sia che si manifesti come strada sba-gliata, come soluzione non congrua, sia che si espliciti attraverso modalitàincerte, incoerenti o imprecise di elaborazione e di risposta cognitiva.

In particolare, l’individuazione del punto di difficoltà e la possibilità dicoglierne le ragioni e le componenti che concorrono – all’interno di parti-colari contesti conoscitivi – a determinarlo può venire esaltata dal ricorsoad alcune delle strategie di osservazione – e al tempo stesso di proposta disviluppo – didattica già presentate (pensare ad alta voce, preferenza nei con-fronti di attività di tipo pratico-manipolatorio, discussione collegiale, ecc.).

Perché si possa lavorare sugli errori, c’è bisogno di una situazione distudio che, da un lato, “permetta” agli alunni di compierli, nel senso che:

- siano quasi necessariamente connessi allo svolgimento delle attività(così è la ricerca);

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- non vengano considerati prevalentemente come occasione di valuta-zione in negativo e, quindi, da cassare, ripudiare e sanzionare

- richieda pressoché spontaneamente ovvero per proseguire nel lavoro,il loro superamento (come accade quando si è motivati a fare qual-cosa).

11. Altre tecniche e metodi per la raccolta di informazioni sugli allievi

Accanto alle modalità di investigazione già presentate e che, al tempostesso, nella maggior parte delle loro applicazioni, si dimostrano vere e pro-prie attività di sviluppo cognitivo e comunicativo, elenchiamo una serie ul-teriore di tecniche e di metodi per la raccolta di informazioni sugli allievi.

a) Il diario: da tenere continuamente aggiornato, permette di riportareosservazioni, di esplicitare sensazioni, reazioni e impressioni, di elaborareriflessioni e interpretazioni. Materiale, che tenuto tutto insieme, permettela “configurazione” di un quadro globale del bambino o del ragazzo, arric-chito da apporti, a un tempo, “oggettivi” e “soggettivi”, “denotativi” e “con-notativi”, “quantitativi” e “impressionistici”.

b) Il profilo: questo strumento permette di rappresentare il quadro di unasituazione o dell’evolversi delle caratteristiche di un soggetto nel tempo.Interessante è, poi, la messa a confronto dei profili dei diversi allievi, ela-borati in riferimento alla generalità delle situazioni educative ovvero guar-dando a un determinato momento della vita scolastica (studio, ricreazione,gioco, memorizzazione, risoluzione dei problemi, attività di tipo pratico oteorico, ecc.). Significativa può risultare l’elaborazione, la “lettura” e il con-fronto dei profili realizzati a seguito dell’osservazione del medesimo allievoin corrispondenza delle differenti situazioni e attività nelle quali è impe-gnato.

c) L’utilizzazione di strumenti multimediali: la macchina fotografica, ilvideoregistratore, il registratore audio e, ovviamente, il telefono cellulare(che, oggi, li integra) possono riuscire a catturare momenti e aspetti del sog-getto altrimenti, da un lato, non “registrabili”, dall’altro lato, non “recupe-rabili”. È, soprattutto, quando, si riesamina l’immagine fotografica, ilfilmato, la parola o la frase registrata che si ricavano preziose informazionisull’allievo e che si “realizzano” sul suo conto e a suo vantaggio stimolantiintuizioni, riflessioni e considerazioni.

d) La cronaca diretta: è adoperata quando si vogliono reperire dati in“tempo reale” e nel loro effettivo svolgimento. Si realizza sedendosi il piùvicino possibile all’allievo da osservare; con la cautela, però, di non incro-ciare gli sguardi con quelli del soggetto osservato e di cercare, comunque,

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di non fargli capire che qualcuno lo sta osservando, oltre che con la conse-gna di attenersi a una verbalizzazione esclusivamente e fedelmente “de-scrittiva”.

f) Il pedinamento: è un vero e proprio pedinamento dell’allievo da partedell’insegnante che si preoccupa, inoltre, di redigere una sorta di “verbale”o di cronaca delle azioni e delle reazioni del “pedinato”.

e) Liste di controllo (checklists) e inventari: le prime sono costituite dauna serie di domande a cui la persona che le ha elaborate o adottate rispondeda sé e servono essenzialmente a “strutturare” l’osservazione suggerendoil tipo di informazioni che servono per rispondere alle domande; i secondisono degli elenchi di enunciati su una data situazione o su un dato soggettomediante i quali ci si intende accertare se si è – individualmente o colle-gialmente – d’accordo con quanto e su quanto scritto.

12. Per iniziare a lavorare sull’osservazione degli stili cognitivi degli

studenti della scuola secondaria di secondo grado

Come abbiamo già detto, alla scuola secondaria di secondo grado mancauna cultura dell’osservazione; al più, ciò che viene fatto oggetto di atten-zione è il “comportamento” (che ancora oggi, viene chiamato “discipli-nare”) degli studenti, la loro “condotta”. Interesse osservativo “limitato”(per ambito e situazioni da considerare) e dettato da chiari intenti di rego-lamentazione, prescrizione e sanzione dei comportamenti degli alunni. Aonor del vero, però, l’osservazione del comportamento per ragioni “disci-plinare”, può aprire (e in taluni casi, apre effettivamente) la strada a con-suetudini professionali e, meglio, a intenzioni formative più elevate eprofonde. Tanto si verifica quando ci si rivolge a conoscere insieme allemodalità di partecipazione, interesse, impegno dei bambini e dei ragazzi, illoro mondo affettivo, motivazionale e relazionale. Attenzioni, queste, chese da un lato, permettono di conoscere ancor meglio gli alunni, dall’altrolato, consentono di prendere in considerazione la diversità e la pluralitàdelle modalità di approccio, di azione e di stile (operativo, cognitivo, me-tacognitivo) secondo le quali essi partecipano alle attività di studio.

Ovviamente, molto (altro e molto meglio) c’è da fare per rendere con-sapevoli i docenti delle sssg circa l’importanza dell’osservazione degli stu-denti ai fini della progettazione e della promozione dell’interventoeducativo e didattico. Ancora di più occorre fare per stimolarli a mettere inatto – a riguardo – propositi e metodi metacognitivi. Però, oggi, soprattuttoi docenti degli istituti tecnici (come s’è già detto) possono avvalersi deicontributi in materia offerti dalle Linee Guida.

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Per l’occasione, esprimiamo alcuni suggerimenti mirati allo scopo di fa-vorire, immediatamente, l’acquisizione diretta di dati informativi circa lecapacità degli alunni e, più in generale, l’avvio di una cultura dell’osserva-zione (e della valutazione formativa e autentica) fondata sulla proposizionedi pratiche osservative di orientamento metacognitivo. Abbiamo preferito,nella sequenza delle operazioni di riflessione da proporre ai docenti, iniziareda una ricerca sul campo (anziché con un lavoro di studio e di confrontoteorico) per cominciare a mettere gli insegnanti al cospetto dei repertori co-gnitivi e metacognitivi dei ragazzi mentre sono impegnati in attività di im-pegno intellettivo e operativo. La successiva fase di approfondimentoteorico potrà, del resto, essere condotta con maggior profitto proprio perchéavrà a disposizione dei dati osservativi ricavati dalla concreta esperienza diapprendimento degli studenti e, in seguito, potrà – a sua volta – contribuirea perfezione le pratiche di indagine circa i loro repertori cognitivi.

1. Iniziare una ricerca elementare sugli stili cognitivi dei ragazzi valo-rizzando e sfruttando alcuni metodi/momenti particolari di rilevazione:

- L’osservazione diretta del docente nei confronti dell’alunno impe-gnato in attività di studio. A riguardo, potranno/dovranno essere in-dividuati e riconosciuti due fondamentali componenti inerenti ovverocaratterizzanti l’impegno cognitivo degli studenti: gli elementi di stilecognitivo individuali che connotano l’azione dello studente in buonaparte delle sue esperienze di apprendimento; gli aspetti specifici distili cognitivo che caratterizzano il suo intervento conoscitivo in de-terminati ambiti di conoscenza e competenza. Una significativa at-tenzione dovrà essere, poi, rivolta a individuare le preferenze di stilecognitivo, di strategia di studio, di metodo di lavoro, di atteggiamentoconoscitivo, adottate dalla generalità (o da buona/scarsa parte) deglistudenti. A questa operazione dovrà far seguito un momento di rifles-sione teso, da una parte, a collegare i dati informativi ricavati sulgruppo-classe e sui singoli alunni allo loro situazione di apprendi-mento (generale/specifico) e, dall’altra parte, a individuare le conse-guenti e più opportune modalità di intervento didattico (orientato, inquesto caso, a guidare l’allievo/gli allievi nel riconoscimento e nel-l’eventuale modifica del proprio stile di studio). L’operazione potràessere condotta mediante l’utilizzo di apposite griglie di osservazione,ovvero utilizzando strumenti di investigazione analoghi a quelli pre-cedentemente e/o successivamente menzionati ed eventualmente ri-conducendo i dati osservativi alle “polarità” in precedenza segnalate.

- La pratica osservativa mirata a cogliere il collegamento tra i reper-tori cognitivi degli alunni e le diverse attività e discipline di studio.

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Le cure osservative in precedenza esposte, secondo noi, dovrannoessere finalizzate a individuare il collegamento tra tipi di stile cogni-tivo (globale/settoriale di ciascun alunno ovvero frequentato da que-sto o quel gruppo di studenti), da una parte, e determinati territoridella conoscenza, particolari attività di studio, specifici compiti diapprendimento, dall’altra parte.

- L’indagine rivolta a cogliere il nesso tra caratteristiche degli studentie caratteristiche significative del “contesto” di studio. A riguardo,potranno essere investigate le modalità secondo le quali i diversi stu-denti affrontano l’esperienza scolastica (in generale) e/o particolariimpegni di apprendimento a seconda della variabilità delle condizionidi studio: da quelle “ambientali” considerate in senso lato (spazi fisiciinadeguati/adeguati, presenza o accesso di/a strumentazioni tecnolo-giche, situazione di silenzio/rumore, contesto freddo/caldo, relazionilasche/diffuse, ecc.) a quelle più legate, a vario titolo, alla particolaredisciplina (adeguatezza/non adeguatezza delle conoscenze pregresse,“simpatia”/”antipatia” nei confronti della singola disciplina scola-stica, del docente che la insegna o dello specifico compito di appren-dimento, ruolo giocato dalle valutazioni fin lì conseguite, ecc.).

2. Promuovere processi di riflessione circa l’oggetto, lo scopo, le varia-bili in campo da considerare nel processo di osservazione dei repertorimentali degli studenti. La scelta, però, tra quali di questi elementi dovrannoessere presi in considerazione ovvero la sequenza degli interessi riflessivia loro riguardo non sempre segue un andamento standard. Ciò è legato, in-nanzitutto, alla scarsa consuetudine degli insegnanti di sssg a praticare “na-turalmente” i processi di progettazione didattica nella loro globalità ecomplessività e, quindi, a iniziarli procedendo dall’esplorazione della si-tuazione di partenza o dalla verifica di requisiti di apprendimento (che nonsiano espressi però, dalla semplice dimostrazione di conoscenze o abilitàparticolar). In secondo luogo, la scelta degli elementi sui quali puntare illavoro di ricerca, di riflessione e di confronto è opportuno che non divengao sia routinaria. Al contrario, è necessario che si leghi alle condizioni diparticolare o emergente interesse per i docenti della specifica istituzionescolastica o di classe. E, queste, possono essere determinate sia dalla com-plessiva situazione di apprendimento degli studenti, sia – meglio – da spe-cifiche attenzioni nei confronti, in particolare, di quelle componenticognitive e metacognitive che contribuiscono in misura significativa a de-terminarne gli esiti complessivi o settoriali.

3. Mettere sotto osservazione ulteriori aspetti più propriamente riferibilialla condizione di vita, esperienza, relazione dei ragazzi, sia quelli da noi

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segnalati in precedenza (capp. 2 e 3), sia riguardanti connotazioni rivenientidalla fase o maturazione fisica e psicoevolutiva che attraversano. Pertanto,per rimanere nel territorio strettamente scolastico, oggetto di osservazionee conseguente occasione di studio (da parte dei docenti!) potrebbero rive-larsi, ad esempio, le modalità di comunicazione, di ricerca delle informa-zioni e delle conoscenze, di selezione e di assemblaggio delle stesse, dellaloro esplicitazione in un discorso unitario e coeso. Come, anche, potrebberoessere messe sotto controllo le capacità degli studenti di:

- prestare attenzione (e per quanto? e quando?);- interessarsi ad argomenti di studio e di vita (quali? come? perché?);- completare un compito (semplice, complesso, di piccola o grande en-

tità, presentato in una o nell’altra veste/forma, con il concorso oppureno di sussidi tecnologici, ecc.);

- saper risolvere una situazione problematica (di relazione e compor-tamento oppure di studio, da solo o con i compagni, in quale campodisciplinare, ecc.).

Ancora, potrebbero essere promossi accertamenti, verifiche e falsifica-zioni circa le modalità di apprendimento e di studio dei ragazzi che, oggi,si vogliono omologate dalla diffusione e utilizzazione delle tecnologie di-gitali. Ovvero, si potrebbe anche provare a individuare quanto di ciò è con-diviso (e a quale livello di consapevolezza ed efficacia e con quali esiti) equanto rimane ineludibilmente soggettivo (almeno nelle modalità d’uso).

Di più, non sarebbe di poco conto costruire contesti di studio aperti al-l’utilizzazione (volontaria/obbligata, libera/guidata) delle tecnologie digitalie provare poi – con estrema cura – a valutare la qualità delle singole e im-mediate prestazioni e dei rendimenti complessivi realizzati dagli studentinella generalità dei processi di apprendimento ovvero in ambiti particolari.

Infine, prima o durante lo sviluppo di queste operazioni di riflessione edi ricerca, risulterebbe decisamente opportuno promuovere un’esplorazionee una serie di confronti tra docenti a riguardo delle loro convinzioni (im-plicite/esplicite, teoriche/pratiche) a riguardo delle attuali modalità di studioe delle caratteristiche di apprendimento degli studenti. Intanto, toccherebbechiedersi se questa è una questione importante e individuare, quindi,quali/quanti sono gli insegnanti che tale questione se la pongono e la con-siderano come realmente decisiva o quantomeno in grado di “condizionare”le modalità didattiche secondo le quali promuovere l’intervento formativo.E, nel caso di risposta affermativa, occorrerebbe interrogarli circa l’even-tuale e consapevole rettifica operata nei confronti delle personali modalitàdi insegnamento e, quindi, chiedere loro quali cambiamenti hanno adottatoa riguardo delle maniere, dei tempi, dei campi di attività adottati.

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Capitolo diciassettesimo

Gli obiettivi dell’intervento didattico metacognitivo

1. Dalla conoscenza dell’allievo al sostegno all’allievo che vuol conoscersi

È opportuno, dopo l’indagine effettuata dall’insegnante sui repertori dipensiero degli allievi, stimolare in loro processi metacognitivi per promuo-vere consapevolezze funzionali a maggiori e più efficaci possibilità di ap-prendimento.

In particolare è opportuno che l’allievo, col contributo dell’insegnante:- si renda conto (e cerchi le procedure più adeguate per farlo) delle co-

noscenze che possiede e dello stile cognitivo che preferibilmente at-tiva (esprimendo giudizi e/o proposte di rettifica a riguardo);

- indaghi sulle sue modalità di lavoro e sulle strategie consapevoli cheeventualmente utilizza, valutandone l’efficacia sia in riferimento allariuscita del compito sia confrontandole con quelle adoperate dai suoicompagni o suggerite dall’insegnante;

- metta alla prova le proprie modalità e capacità di memoria, attenzionee linguaggio, rilevandone eventuali limiti o insufficienze e renden-dosi disponibile a una modifica del proprio repertorio operativo;

- rilevi la presenza delle operazioni metacognitive adottate durantel’esecuzione di compiti di apprendimento, si renda conto della loroimportanza e cerchi di attivarle nella maniera più opportuna1.

Importante, in questa fase, è mettere a parte l’allievo di quanto si intendeperseguire, fargli capire cosa si sta facendo e perché, farlo partecipare sindall’inizio consapevolmente all’impresa metacognitiva. Il soggetto che ap-prende deve sapere che, per migliorarsi, deve conoscersi mentre studia.Deve, inoltre, convincersi a mettere in atto strategie autoregolative delleproprie operazioni cognitive e di studio.

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1 Rispetto all’insieme dei repertori della mente non si fa alcun riferimento ai “livelli di concet-tualizzazione” perché si ritiene scarsamente plausibile sia la loro identificazione, da parte degliallievi (soprattutto dei più piccoli), sia la conseguente possibilità di elevarne qualità e resa.

Deve sapere tutto questo e deve volerlo fare, altrimenti la scommessa èpersa in partenza. Ancor più che in altri itinerari didattici e formativi, v’èla necessità di puntare sulle motivazioni dei soggetti interessati. Si può, in-fatti, talvolta apprendere anche senza che se ne abbia un grande voglia; nonsi può, invece, divenire maggiormente consapevoli delle proprie conoscenzee competenze senza sentirsi motivati a farlo.

2. Finalità metacognitive e interessi didattici di fondo

Già in precedenza è stata espressa una preferenza nei confronti di untipo di intervento didattico metacognitivo che puntasse su una modifica po-sitiva degli atteggiamenti di studio e di apprendimento degli alunni, piutto-sto che sull’acquisizione di specifiche tecniche di riflessione metacognitiva.All’origine di tale opzione alcune ragioni.

In primo luogo perché attraverso i percorsi di metacognizione si vuolepromuovere nell’allievo l’acquisizione di una sempre più elevata consape-volezza nei confronti delle proprie operazioni cognitive. Una consapevo-lezza, perciò, non limitata a un campo specifico di attività e per undeterminato periodo di tempo, ma diffusa, continua, quasi un abito cono-scitivo. Se questo è l’obiettivo, pare opportuno sostenere disposizioni ri-flessorie durature, abilità di controllo e di regolazione da conservare alungo, consuetudini costanti di autoregolazione e di autovalutazione. In-somma, una sensibilità metacognitiva generalizzata.

La scelta del perseguimento di atteggiamenti piuttosto che di abilità meta-cognitive specifiche deriva, in secondo luogo, sia dalle caratteristiche e dallefunzioni dei soggetti chiamati ad attuare l’intervento (gli insegnanti), sia da con-siderazioni in ordine alla plausibilità attuativa e all’efficacia dello stesso inter-vento. Gli insegnanti non sono degli “istruttori metacognitivi”, non sono, ingenerale, neanche degli esperti di psicologia cognitiva e, inoltre, hanno comecompito quello di perseguire finalità formative variegate e complesse, non li-mitate al fare acquisire specifiche competenze – in questo caso di natura meta-cognitiva –. Né saprebbero, né potrebbero farlo; né sarebbe giusto, qualora nefossero in grado, che lo facessero. Devono promuovere istruzione, all’internodi orientamenti e valori educativi in linea di massima condivisi, servendosi delproprio bagaglio culturale e professionale e mentre espletano la funzione docente– salvo che per la scuola dell’infanzia – in determinate aree o ambiti disciplinari2.

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2 La nozione di “campo di esperienza”, come sappiamo, non è qualcosa di immediatamente as-similabile alle discipline di studio. È, piuttosto, un territorio di attività, di esperienze conoscitivee di vissuti, dove s’incrociano anche elementi simbolici e culturali di differente provenienza.

Perciò è bene che i docenti si sentano sensibilizzati da interessi metacognitivi eli traducano in conseguenti percorsi didattici mirati al perseguimento di abitudinie atteggiamenti di consapevolezza cognitiva (pur se contestuali alla specificitàdei linguaggi e delle procedure di lavoro di ogni disciplina), piuttosto che rin-correre specifiche frammentarie acquisizioni di padronanza metacognitiva.

Ragionando in termini di plausibilità, di economia e di efficacia dell’in-tervento, crediamo che si ricavino soltanto conferme all’orientamento dimetodo qui esplicitato. Infatti, non solo gli insegnanti non predispongonodelle competenze necessarie, ma devono altresì fare i conti con tempi limi-tati di intervento.

Quando perseguire realmente gli obiettivi metacognitivi, se non inse-rendoli all’interno delle proprie ore d’insegnamento?

E, poi, l’efficacia di un intervento metacognitivo la si può valutare piùagevolmente dalle conseguenze – positive – che provoca nelle modalità distudio e di apprendimento degli alunni; piuttosto che attraverso prove chemettano in risalto abilità metacognitive “neutre”, astratte, difficilmente ap-plicabili al tessuto delle attività cognitive che quotidianamente impegnanol’allievo. Del resto, i compiti cognitivi che impegnano gli allievi, dai piùpiccoli ai più grandi, sono di così varia natura e richiedono una serie com-binata di abilità che le singole competenze metacognitive acquisite potreb-bero non essere adeguate alla loro esecuzione (perché non utilizzabili operché non adatte). Al contrario, è molto più probabile che migliori possi-bilità di apprendimento possano essere indotte o permesse dall’acquisizionedi una più elevata e generalizzata sensibilità metacognitiva che si possa co-stantemente, quale che sia l’attività di studio, tradurre in comportamentiorientati a una maggiore consapevolezza conoscitiva.

Quanto detto non sta tanto a significare il ripudio di tecniche specifichedi metacognizione, ma l’opportunità del loro inserimento all’interno di unpiù ampio progetto formativo che, da un lato, ne giustifichi la presenza e,dall’altro lato, offra loro contesti di applicazione e possibilità di tramutarsiin validi ed efficaci atteggiamenti di lavoro cognitivo. Pena, in caso con-trario, rispettivamente, da una parte, l’artificiosità e l’insensatezza dellaproposta formativa e, dall’altra parte, l’evanescenza e la sterilità dei processidi apprendimento.

3. Ancora sugli obiettivi metacognitivi

In precedenza, abbiamo a più riprese espresso delle considerazioni sullefinalità che una didattica orientata metacognitivamente dovrebbe perse-guire. Le ribadiamo in maniera puntuale, sia per recuperare l’orizzonte edu-

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cativo e formativo al quale riferirsi, sia perché costituiscono l’orizzonte diriferimento educativo in grado di “giustificare” la scelta dei veri e propriobiettivi didattici metacognitivi da perseguire e, con questi, il sentiero for-mativo da delineare e percorrere:

- miglioramento delle possibilità di apprendimento degli allievi;- sviluppo dell’autoconsapevolezza conoscitiva e cognitiva anche in vista

di una sempre più elevata e funzionale capacità di autodeterminarsi;- costruzione e consolidamento di abilità e di consuetudini mentali e

di studio per sostenere l’individuo nelle sue esperienze di vita e diconoscenza di fronte alla complessità del mondo contemporaneo;

- rispetto e sviluppo della diversità cognitiva e, insieme, della sogget-tiva intera dell’individuo che apprende;

- abbandono di modalità stereotipate e direttive di intervento didatticoa vantaggio di una sempre più convinta partecipazione dell’allievoall’acquisizione delle sue conoscenze e competenze e alla vita sco-lastica, di studio e di relazione.

Gli obiettivi metacognitivi, già lo si diceva, si caratterizzano come tra-guardi formativi di secondo ordine: di consapevolezza, di autocontrollo, diautoregolazione. Mentre gli obiettivi cognitivi stabiliscono delle mete disapere e di saper fare (in determinati campi di conoscenza e di competenzaovvero trasversali ad essi), quelli metacognitivi si presentano come obiettividi riflessione, di controllo operativo, di scelta e uso di strategie per il rag-giungimento di quelle medesime mete di sapere e di saper fare.

Questi ultimi si rivelano meno “prescrittivi” e “prescrivibili” degli obiet-tivi cognitivi perché in linea con le disposizioni mentali proprie di ogni sog-getto, perché – in quanto di secondo ordine – meno “misurabili” e perchénon direzionati marcatamente da precisi contenuti disciplinari. Più che es-sere individuati come mete prescrittive che tutti gli alunni dovranno cercaredi raggiungere, si configurano come traguardi personalizzati da suggeriree da far consapevolmente perseguire al singolo allievo.

Gli obiettivi metacognitivi potremmo raccoglierli in due blocchi: da unaparte quelli propriamente detti (di metaconoscenza e di controllo/regola-zione dei processi cognitivi) e, dall’altra parte, quelli mirati al potenzia-mento delle strategie di studio e di apprendimento e degli stili cognitivi.

La distinzione, per ragioni di analisi, tra i tipi di obiettivi metacognitivi,non vuole significare separazione netta tra le operazioni mentali coinvolte,rispettivamente, in attività di metaconoscenza e di controllo cognitivo, piut-tosto che in attività di attualizzazione di strategie di studio o degli stili co-gnitivi. Al contrario, è preferibile non ipotizzare linee di confine nette tra idiversi settori di interesse, comunque, metacognitivo.

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Metacognitivo, perché, in ogni caso, implicanti operazioni di consape-volezza di controllo sugli atti della mente. Infatti, anche la scelta e la gestionedella strategia da utilizzare, come il riconoscimento, l’uso e l’adeguamentoalla situazione dello stile cognitivo da adoperare, implicano processi di pen-siero di secondo livello, di riflessione e di consapevolezza. La strategia de-v’essere individuata tra quelle in memoria, messa in atto, controllata, regolatae valutata; lo stile cognitivo, riconosciuto, adattato, anche inibito (se è ilcaso) oppure esteso a territori inediti di impegno cognitivo.

Piuttosto, nella scuola e, in generale, nelle attività di conoscenza, il sog-getto dovrebbe sempre più e meglio essere stimolato, non solo ad essereconsapevole, ma a promuovere un livello di maggior interazione tra le di-verse modalità di impegno metacognitivo. Del resto, a cosa servirebbe laconoscenza e il controllo metacognitivo se non a migliorare le capacità stra-tegiche e di adeguata utilizzazione dei diversi stili cognitivi?

4. Gli obiettivi di metaconoscenza

L’insegnante, è bene che conosca l’alunno, ma è quanto mai necessarioche sia, soprattutto, l’alunno a conoscere sé stesso. In primo luogo, perchéla stessa abitudine a riflettere sul proprio modo di fare e di pensare eleva,in generale, la qualità delle operazioni cognitive nelle quali il soggetto siimpegna; in secondo luogo, perché, inserendo, nello specifico del singolaattività di studio, momenti di consapevolezza, promuove condizioni di la-voro più adeguate e, di conseguenza, maggiori probabilità di riuscita.

Buona parte, del resto, delle tecniche di indagine utilizzate dai docentiper conoscere i repertori mentali degli allievi, insieme alla predisposizionedei contesti di attività e delle cautele già a quello scopo indicate, possonoriuscire già utili alla conoscenza che ogni alunno dovrebbe cercare di con-seguire sulla propria mente.

L’allievo, si diceva poco sopra, dev’essere stimolato a conoscere cosa con-tiene e come funziona la sua mente; è questo il territorio della metaconoscenza.

In ordine a tali scopi formativi è opportuno che a scuola vengano pro-mossi interventi per permettere gli allievi di perseguire i seguenti obiettividi metaconoscenza:

- riuscire a raccogliere in maniera sempre più adeguata, rispetto a unargomento e/o a un’attività di studio, le conoscenze dichiarative (dati,informazioni, concetti, definizioni, ecc.) e procedurali (modalità distudio, strategie di lavoro, ecc.) che possiedono;

- rendersi conto del grado di interesse, curiosità, gradimento provato neiconfronti di una disciplina, di un’attività di studio, di un’esperienza;

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- individuare i vuoti di conoscenza, le conoscenze imprecise e quellenon adeguate, le difficoltà a reperire informazioni che pur si pensavadi possedere;

- essere sempre più in grado di valutare la quantità e la qualità dell’im-pegno profuso e di individuare sia le proprie attitudini sia le propriedifficoltà nei più diversi territori di esperienza e di conoscenza;

- riconoscere convenientemente le abilità cognitive impegnate in de-terminate attività di studio e gli strumenti materiali dei quali ha bi-sogno per intraprendere uno specifico compito;

- riconoscere elementi significativi del proprio stile cognitivo (siste-matico-intuitivo, globale-analitico, impulsivo riflessivo, verbale-vi-suale-prassico, autonomo-dipendente, ecc.), sia in generale, siariferendolo a particolari campi di applicazione;

- valutare le personali capacità di memoria e individuare le strategiepiù consuete di memorizzazione utilizzate;

- giudicare gli effetti conseguenti alla propria capacità di attenzione eindividuarne le modalità più tipiche di esplicitazione sia in generale,sia riferendole a specifiche attività partecipate o a particolari momentivissuti;

- osservare e valutare le proprie capacità di linguaggio a vari livelli(fruizione/produzione, sintattico/semantico/pragmatico/, a secondadei codici, sottocodici e registri e in riferimento agli scopi linguisticie alla situazione comunicativa, ecc.);

- individuare la presenza e l’importanza delle conoscenze e delle com-petenze metacognitive nell’esecuzione delle attività di studio e di ap-prendimento.

L’importanza di uno sviluppo delle conoscenze metacognitive negli al-lievi riceve sostegno dal più volte confermato legame tra livelli di appren-dimento dimostrati e livelli di metaconoscenza esplicitati.

In generale, infatti, a una migliore qualità dei primi sembra corrispon-dere una maggiore qualità dei secondi, al punto da far supporre la presenzadi un rapporto di causa ed effetto; rapporto, però, di tipo biunivoco e bidi-rezionale. Non è, infatti, agevole individuare un prima e un dopo, se, cioè,è una maggiore conoscenza metacognitiva a determinare esiti di apprendi-mento più proficui o se, viceversa, è una maggiore competenza conoscitivae cognitiva (determinata da livelli più elevati di interesse e impegno) a pro-vocare nel soggetto che apprende riflessioni sempre più appropriate sui con-tenuti e sul funzionamento della propria mente.

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5. Gli obiettivi metacognitivi di controllo e di regolazione

Ecco una lista di competenze metacognitive – spesso tra loro interagentie intrecciate all’interno di un medesimo atto cognitivo e metacognitivo –che si deve cercare di far conseguire agli allievi:

- saper controllare in maniera sempre più congrua, anche con il sup-porto di strumenti di autosservazione e di automisurazione, l’anda-mento delle attività di studio;

- rendersi conto del proprio livello di attenzione e delle distrazioninelle quali si incorre e adoperare le misure più opportune per mante-nere elevato il primo ed evitare o combattere le seconde;

- essere consapevole dell’impulsività di alcune risposte e trovare lemaniere per arginarle o per inibirle completamente quando le si sco-pre inadeguate;

- saper produrre comportamenti idonei al raggiungimento degli scopiprefissati;

- essere in grado di elaborare comportamenti di rettifica (inibitori, in-tegrativi, alternativi, sostitutivi, ecc.) quando la situazione lo richiede;

- essere in grado di osservare e valutare il proprio comportamento co-gnitivo mentre avviene e a seguito del suo compimento, anche pren-dendo in considerazione i suoi effetti.

Buona parte degli obiettivi di controllo metacognitivo è facile ritrovarli,sia pure sotto enunciazioni differenti, all’interno degli obiettivi di sviluppostrategico da perseguire. In comune, in effetti, hanno la stessa attenzione afavorire processi cognitivi sempre più adeguati; non solo, ma soprattutto,ognuna delle competenze metacognitive qui segnalate costituisce una mo-dalità preferenziale di esecuzione di attività di studio. Si tratta, cioè, pursempre, di strategie o di orientamenti strategici da adottare quando si lavora.

D’altra parte, l’adozione di determinate strategie nell’espletamento diattività cognitive, presuppone, il più delle volte, l’attuazione di modalità dicontrollo metacognitivo.

Inoltre, di converso ancora, come potremmo definire se non “strategico”un atteggiamento teso a rendere sempre più efficace e funzionale, medianteprocessi di autocontrollo, il proprio intervento conoscitivo?

Allora, se è così, perché proporre una distinzione tra obiettivi di controllometacognitivo e obiettivi di sviluppo strategico?

Semplicemente perché, pur implicandosi vicendevolmente all’internodei processi mentali attivati dalle e nelle attività di studio, sono competenzeche guardano a territori specifici differenti: gli obiettivi di controllo meta-cognitivo rispondono alla necessità di tenere sotto controllo e regolare le

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operazioni cognitive mentre si espletano; gli obiettivi di sviluppo strategicorispondono, invece, all’esigenza di individuare le modalità più opportuneper affrontare un compito cognitivo (ivi compresa la necessità di trovare lemaniere per controllare e regolare le operazioni mentali interessate). Ma,per l’appunto, individuare – e poi, conseguentemente, programmare e pia-nificare – le strategie di studio più funzionali non è la stessa cosa che attuareun controllo metacognitivo sulle operazioni cognitive quando queste ven-gono attivate.

La differenza, tra le due tipologie di competenze, è questione sia di in-teresse preferenziale (qui il controllo e la regolazione, lì il metodo e la sceltadelle modalità di lavoro), sia di tempi di attivazione (qui durante l’attivitàdi studio, lì prima che la si inizi).

Un’annotazione, ancora, questa volta a riguardo del rapporto tra cono-scenze e competenze metacognitive: in generale, si può ipotizzare un rap-porto di vicendevole – positivo ovvero negativo – intreccio tra le duetipologie. In particolare, teoricamente, ad una maggiore (o minore) cono-scenza metacognitiva dovrebbe corrispondere un migliore e più adeguato(o peggiore e meno adeguato) controllo dei processi cognitivi. “Dovrebbe”perché questo è quanto ci si aspetta che si realizzi.

In realtà, il fatto che l’allievo disponga preventivamente – e ne sia con-sapevole – di una serie di informazioni (conoscenze dichiarative e proce-durali, caratteristiche dell’attività o del compito di studio, modalità dicontrollo metacognitivo, ecc.) non significa che sia in grado di adoperarleconvenientemente quando studia e vuol apprendere.

Per questa ragione, è bene che il docente s’impegni perché l’allievo tra-duca sempre più le sue conoscenze – di contenuto, di procedura, di controlloe regolazione – nello specifico e nel concreto delle attività di studio.

6. Gli obiettivi di sviluppo delle strategie di apprendimento e di studio

Ma, al di là delle consonanze e delle corrispondenze con gli obiettivi dicontrollo cognitivo, vi è uno specifico territorio di interesse che viene oc-cupato dalle strategie di apprendimento e di studio. È proprio quello spazioche è contenuto tra il recupero delle conoscenze necessarie (metacono-scenza) e l’attivazione di processi di autocontrollo e di autoregolazione (me-tacompetenza cognitiva) e che costituisce il luogo deputato all’ideazione ealla messa in pratica delle modalità complessive e parziali di svolgimentodi un determinato compito cognitivo.

Cimentarsi nelle attività di studio significa mettere in atto, comunque,modalità di lavoro; perché queste le si possa definire “strategie”, le stesse

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abbisognano di una certa quota di consapevolezza e di intenzionalità. Perciòè bene non inserire, tra le strategie di apprendimento, le cosiddette “strategieimplicite o inconsapevoli”; ed è ancor di più opportuno far evolvere questeultime, quando e finché possibile, perché diventino esplicite, consapevolie intenzionali.

Le strategie di lavoro utilizzate dagli allievi e, in generale da tutti i sog-getti impegnati in situazioni di apprendimento, possono rivelarsi adeguateo non adeguate, corrette o scorrette.

Compito di una didattica metacognitiva è rendere sempre più efficaci efunzionali le strategie di studio adoperate dagli alunni e dagli studenti pergarantire loro migliori condizioni di apprendimento e per favorire, nell’in-sieme, il loro sviluppo cognitivo.

Per perseguire questo impegnativo scopo formativo, occorre mettere inatto delle sequenze di lavoro didattico metacognitivo orientate a:

- elevare la cifra di strategicità globale dell’allievo perché, con l’ac-quisizione di consuetudini intenzionali e ragionate di studio e di ap-prendimento, possa ottenere autonomamente risultati complessiva-mente migliori;

- potenziare le strategie generali di apprendimento, di memorizzazione,immaginazione, attenzione, apprendimento, ragionamento, rifles-sione, pianificazione, risoluzione di problemi (capacità “trasversali”,implicabili in un gran numero di attività di studio) per sostenere l’im-pegno cognitivo degli allievi;

- stimolare e promuovere la scelta delle più adeguate strategie speci-fiche (per campo disciplinare, per argomento di studio, per attivitàdi apprendimento, ecc.) allo scopo di consentire la migliore elabora-zione, esecuzione e risoluzione di compiti cognitivi.

6.1 Elevare la cifra di strategicità globale

A titolo di esemplificazione circa quanto si vuol intendere per “strategi-cità” dell’allievo nell’affrontare i suoi impegni di studio, indichiamo alcunedelle più significative disposizioni operative che dovrebbero appartenere alrepertorio del cosiddetto “studente strategico”3:

1) Intuire che per eseguire un’attività di studio si ha, il più delle volte,bisogno di adeguate strategie di lavoro;

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3 Le connotazioni dello “studente strategico” sono ricavate da Borkowski (in C. Cornoldi,Metacognizione e apprendimento, Il Mulino, Bologna, 1995, p. 334).

2) Conoscere un buon numero di strategie utili all’apprendimento;3) Capire quando, dove e perché queste strategie sono importanti;4) Scegliere opportunamente le strategie da adoperare prendendo in

considerazione le caratteristiche del compito, le conoscenze posse-dute, il tempo e gli strumenti a disposizione;

5) (Per l’opportuna applicazione delle strategie) Individuare e adottareidonee procedure di verifica e di monitoraggio;

6) Apportare delle modifiche al piano strategico ideato se la situazione,i risultati fin lì ottenuti e quelli prevedibili, le richiedono;

7) Non abbattersi di fronte agli errori, alle difficoltà e agli insuccessi,anzi considerarli, elementi indispensabili per raggiungere prestazionisempre più adeguate; perciò, di ognuna delle soluzioni inadeguate,ricercare le cause per evitare che si ripetano;

8) Intuire che quello che al momento non sa o non sa fare, sarà in gradodi conoscerlo o di saperlo fare in futuro, mettendo a profitto il suoimpegno e la possibilità di esercitarsi in compiti di studio;

9) Non farsi prendere dall’ansia di fronte a una prova, specie se si è con-sapevoli di essere in possesso e/o di aver acquisito le conoscenze ne-cessarie per sostenerla; considerare, inoltre, le prove come ulterioreoccasione per imparare, oltre che come strumento di verifica, auto-nomamente adoperato, delle proprie conoscenze;

10)Credere nell’impegno e nello studio organizzato.

6.2 Potenziare le strategie generali di apprendimento e quelle di memorizza-zione, attenzione, immaginazione, ragionamento, risoluzione dei problemi…

A riguardo degli obiettivi di sviluppo delle strategie generali di apprendi-mento, di memorizzazione, di attenzione, di ragionamento, ecc., è da segnalare,ancora una volta, la reciproca contaminazione tra le capacità da sviluppare.

Per quanto concerne, poi, il termine “apprendimento”, si è voluto, nel-l’individuazione degli obiettivi di sviluppo, privilegiarne gli aspetti diret-tamente implicati nella fruizione e nella codificazione di stimoli e messaggi,nell’attribuzione e nell’espressione dei significati, nell’acquisizione delleconoscenze e delle abilità.

Per quanto si riferisce, infine, agli obiettivi di sviluppo delle strategie diragionamento, si è preferito distinguerli da quelli perseguibili attraverso lestrategie di pianificazione, di sviluppo del pensiero creativo e delle strategiedi risoluzione dei problemi, allo scopo di attribuire alle prime un significatopiù globale e comprensivo e alle seconde significati più settoriali, specificie operativi.

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Obiettivi di sviluppo delle strategie di memorizzazione4

Obiettivo generale: Consolidare, potenziare, rendere funzionale rispetto allo scopo, lacapacità di memoria (immediata, a breve termine, a lungo termine)Obiettivi specifici o parziali:- Riconoscere in maniera sempre più idonea caratteristiche e limiti della propria me-

moria;- Riconoscere il ruolo svolto dall’attenzione, dall’impegno e dall’uso di adeguate

strategie di apprendimento per rendere più efficace la propria capacità di memo-rizzazione;

- Potenziare la capacità di memoria servendosi di tutti i sensi e, tra questi, affidarsia quello più a sé congeniale;

- Migliorare la propria capacità di ricordare utilizzando tecniche differenti (ripeti-zione, sintesi, rielaborazione, individuazione concetti centrali e idee-chiave, asso-ciazione, ecc.);

- Scegliere le strategie più funzionali di memorizzazione considerando il contesto diesecuzione/apprendimento, il tipo di compito, il tempo a disposizione, i materialie gli strumenti utilizzabili;

- Rendere la memorizzazione un’abitudine.

Obiettivi di sviluppo delle strategie di apprendimento

Obiettivo generale: Migliorare e rendere più efficaci le strategie di apprendimento, avantaggio dello sviluppo cognitivo generale, delle specifiche conoscenze e abilità daacquisire, della possibilità di farle durare nel tempo e di riutilizzarle convenientementea seconda delle esigenze e delle situazioni di studio. Obiettivi specifici o parziali:- Migliorare e affinare le modalità di percezione sensoriale e di decodificazione delle

stimolazioni provenienti dall’esterno, individuando i propri punti forti e le aree sen-soriali meno – o con maggior incertezza – frequentate nell’espletamento delle atti-vità di studio;

- Potenziare le strategie elaborative e rielaborative rendendo sempre più funzionalied evolute le capacità di astrazione, di generalizzazione, di elaborazione e di tra-sferimento di processi analogici, di aggregazione di elementi significativi per la co-stituzione di modelli e di prototipi euristici;

- Acquisire consapevolezza delle differenti modalità di decodificazione, di elabora-zione e di rappresentazione degli stimoli e delle conoscenze;

- Individuare quelle a sé più congeniali e intervenire per potenziarle e per adattarlealle diverse situazioni ed esperienze di conoscenza;

- Cogliere l’inutilità o l’insufficienza della loro utilizzazione in particolari contesticonoscitivi e la necessità sia della loro inibizione, sia della loro integrazione attra-verso altre modalità elaborative e rappresentazionali;

- Migliorare la capacità di ritenzione delle conoscenze anche mediante l’acquisizionedi forme di elaborazione concettuale sempre più adeguate a sé e alle differenti si-tuazioni di apprendimento;

4 Tra gli obiettivi di sviluppo della capacità di memorizzazione non potevamo non inserireanche quelli di metamemoria, ovvero di potenziamento della capacità di riflettere sulla pro-pria memoria. La stessa soluzione abbiamo adottato per l’indicazione degli altri obiettivi disviluppo strategico (attenzione, pianificazione, ragionamento, ecc.).

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- Consolidare, potenziare, acquisire capacità di trasferimento di conoscenze e di mo-dalità e procedure di lavoro da un campo all’altro dei territori di studio, provve-dendo alle opportune rettifiche e integrazioni;

- Migliorare le modalità di elaborazione, di organizzazione e di esplicitazione delleconoscenze, dei concetti e delle abilità acquisite, ricorrendo sia a forme di costru-zione di tipo simbolico/analogico, sia a forme di costruzione di tipo logico/razio-nale;

- Saper sempre più utilizzare le applicazioni e le esercitazioni al fine di consolidare,ampliare, rendere trasferibile l’apprendimento realizzato;

- Considerare le proprie consuetudini e le proprie disposizioni in ordine ai tempi distudio e alla capacità di interesse e di impegno e promuoverne una maggiore fun-zionalità ed efficacia;

- Consolidare e sviluppare forme di partecipazione attiva allo studio – in situazionedi studio individuale, di gruppo, collegiale –, individuando e condividendo ilsenso complessivo e i significati specifici dei contenuti e delle attività di appren-dimento;

- Adattare metodi e strategie alle caratteristiche delle situazioni di studio e saper in-dividuare, scegliere e adoperare (anche attuando rettifiche adeguate) materiali estrumenti operativi e di lavoro.

Obiettivi di sviluppo delle strategie di attenzione

Obiettivo generale: Essere in grado di elaborare un livello di attenzione sempre piùelevato, adeguandone i tempi, le forme, il grado di intensità alle esigenze e alle carat-teristiche della situazione di studioObiettivi specifici:- Cogliere in maniera sempre più idonea il collegamento tra motivazione e interesse

allo studio e capacità di attenzione;- Essere in grado di tenere sempre presente, mentre ci si impegna nelle attività di

studio, lo scopo del proprio interesse;- Individuare le maniere e i comportamenti a sé più congeniali per attivare e mante-

nere in azione livelli accettabili di attenzione, anche organizzando contesti di studioallo scopo funzionali;

- Riuscire a individuare, a eliminare o, almeno a rendere meno condizionanti nega-tivamente o meglio compatibili, gli elementi o le cause di disturbo dell’attenzione;

- Passare da momenti di attenzione indotti dall’esterno a momenti di attenzione re-sponsabilmente scelti e gestiti;

- Essere in grado di conoscere sempre meglio le caratteristiche della propria atten-zione (livelli e tempi di attivazione e di durata, generali o specifici per attività, con-dizioni ambientali e motivazionali, ecc.) anche mediante il confronto con altri;

- Incrementare il grado di funzionalità, efficienza ed efficacia delle proprie modalitàdi attenzione in riferimento al tipo di attività, alla durata della medesima, alla con-segna da espletare;

- Riuscire progressivamente a organizzare, gestire, controllare, regolare sempre piùautonomamente la propria attenzione, anche programmando momenti di interru-zione o di pausa;

- Essere in grado progressivamente di realizzare momenti sempre più funzionali di“attenzione selettiva” rispetto a un compito o a una situazione, individuando e te-nendo continuamente presenti gli aspetti rilevanti e significativi;

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- Consolidare e/o acquisire disposizioni e abilità generali e specifiche nel prestareattenzione a più stimoli contemporaneamente.

Obiettivi di sviluppo delle strategie di ragionamento e di riflessione

Obiettivo generale: Potenziare le capacità di ragionamento e di riflessione in modo dapoterle adeguatamente adoperare nelle più diverse situazioni di vita scolastiche e non. Obiettivi specifici o parziali:- Utilizzare con sempre maggior convinzione le proprie capacità mentali per esami-

nare e valutare i più diversi contesti di vita e i differenti fenomeni che vi accadono;- Esprimere il proprio punto di vista rispetto alle più diverse situazioni e riuscire a

dimostrarne la validità;- Nell’esaminare situazioni di vita e/o di studio passare da un’elaborazione di idee e

pensieri tendenzialmente di tipo istintuale e reattivo a forme di pensiero maggior-mente riflesse e ponderate;

- Soprattutto quando si affrontano situazioni problematiche, essere in grado di uti-lizzare i processi di pensiero di tipo meccanico e/o tecnico all’interno di strategiedi pensiero più comprensive, maggiormente argomentate, più personalizzate e crea-tive;

- Rendersi conto dell’importanza di una attenta osservazione a sostegno dei propriragionamenti e delle proprie riflessioni e sceglierne le modalità più adeguate allasituazione;

- Impegnarsi nell’esplorazione, da effettuare nelle forme più variegate (da quelle piùdirette e “fisiche” a quelle maggiormente indirette e “simboliche”), per acquisiredati e conoscenze da utilizzare nell’elaborazione ragionata e riflessa dei propri pen-sieri;

- Saper raccogliere le informazioni, saper selezionare quelle più importanti, saperleutilizzare quando si ragiona con sé stessi e quando si discorre con altri;

- Essere in grado di formulare ipotesi esplicite per dare una spiegazione a un feno-meno e far seguire loro pensieri conseguenti fino ad arrivare a immaginare conse-guenze prevedibili;

- Riuscire a immaginare effetti ed esiti conseguenti a cambiamenti reali, possibili,ipotizzabili;

- Saper effettuare delle verifiche congruenti e delle valutazioni ponderate;- Affrontare i problemi di conoscenza e di esperienza sotto angoli di osservazione e

di risoluzione progressivamente più ampi;- Riuscire a tenere conto del punto di vista altrui, provare a vedere il mondo dalla

parte degli altri e adoperare le loro soluzioni se ritenute corrette e adatte alla circo-stanza;

- Dei propri pensieri e delle proprie opinioni, individuare i punti deboli e quelli dimaggior forza;

- Affrontando le più diverse situazioni di esperienza e di conoscenza, individuareobiettivi, cause, conseguenze, relazioni, tendenze;

- Riuscire sempre meglio a:a) effettuare induzioni, deduzioni, generalizzazioni, analogie;b) ricercare somiglianze e differenze;c) operare classificazioni e seriazioni;d) elaborare metafore;e) effettuare confronti e paragoni;

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f) elaborare e rielaborare concetti;g) dare e comprendere spiegazioni;h) formulare interrogativi e problemi;i) esprimere definizioni;j) saper effettuare e comprendere descrizioni e narrazioni;k) essere in grado di effettuare riflessioni critiche.

Obiettivi di sviluppo delle strategie di pianificazione

Obiettivo generale: Acquisire atteggiamenti e tecniche di organizzazione e di pianifi-cazione adeguate alle caratteristiche delle attività di studio.Obiettivi specifici:- Essere consapevoli della maggior efficacia degli interventi di studio organizzati;- Saper individuare correttamente gli obiettivi da raggiungere e la prestazione otti-

male da realizzare;- Organizzare il proprio lavoro tenendo conto del tempo che si ha a disposizione in

riferimento alla previsione di durata e di complessità del compito;- Nella pianificazione dell’attività di studio e in vista delle consegne da espletare, te-

nere conto delle risorse (anche in termini di conoscenze e di energie personali) edei materiali a disposizione;

- Individuare e predisporre modalità di controllo e di verifica ed elaborare criteri fles-sibili e funzionali di autovalutazione;

- Servirsi di sussidi (agenda, notes, lavagna, pc, internet, calcolatrice, ecc.) e tecniche(elencazione, sottolineatura, elaborazione grafica, oltre ai diversi “programmi”,ecc.) per pianificare l’intervento.

Obiettivi di sviluppo delle strategie di pensiero divergente e creativo

Obiettivo generale: Valorizzare e potenziare la capacità di immaginazione e di pensierodivergente e creativo, sia nella la risoluzione di situazioni problematiche, sia nell’ela-borazione espressiva, manipolativa e artisticaObiettivi specifici o parziali: - Divenire consapevoli dell’importanza delle modalità di pensiero creativo nell’af-

frontare compiti di studio di diverso tipo;- Rendersi conto che non sempre le procedure lineari di pensiero risultano efficaci e

funzionali per affrontare compiti differenti;- Mentre si vivono esperienze di conoscenza, essere in grado di far scorrere senza

ostacoli il flusso delle idee e di adoperare funzionalmente quelle più adeguate;- Nell’affrontare un argomento o un’attività di studio, nel tentare di risolvere una si-

tuazione problematica, riuscire a incrementare considerevolmente la quantità delleidee, delle immagini, delle associazioni libere e provare a svilupparle per arrivarealle soluzioni più idonee;

- Adoperare e potenziare la propria capacità di immaginazione per cercare di com-prendere fatti e fenomeni non presenti, per visualizzare situazioni future e possibilitàdi sviluppo, per ideare tentativi di soluzione, per elaborare forme creative e fanta-stiche;

- Essere in grado di cogliere le potenzialità del lavoro di gruppo per arrivare alle so-luzioni più opportune e sfruttarle convenientemente;

- Saper andare oltre le idee consolidate, i giudizi affrettati e sicuri, le opinioni e levalutazioni espresse dagli insegnanti, dai compagni più bravi o dalla maggioranza,

6.3 Stimolare e promuovere la scelta delle strategie specifiche

L’impegno scolastico e, più in generale, cognitivo dell’allievo si riversanell’affrontare attività, discipline e argomenti di studio particolari. Nel farlol’alunno esprime, da una parte, le sue caratteristiche e le sue modalità di la-voro generali e, dall’altra, connotazioni e procedure che variano a secondadel tipo di compito cognitivo.

Nel paragrafo precedente sono stati elencati gli obiettivi di sviluppo stra-tegico di quelle abilità trasversali, comunque “richiamabili”, per affrontareun gran numero di attività di studio; a quegli obiettivi sono da aggiungereuna serie di traguardi strategici particolari – per disciplina, per attività, perargomento, per contesto operativo, ecc. – da tentare di raggiungere.

Questi traguardi strategici possono essere individuati sia mediante l’op-portuna contestualizzazione degli obiettivi strategici “trasversali” nello spe-cifico dell’attività, dell’argomento, della disciplina di studio, sia medianteuna riflessione e una selezione didattica da effettuare considerando, insieme,le procedure e le modalità di lavoro mediamente più efficaci e le personalicompetenze e propensioni cognitive di ogni allievo.

Nel primo caso si tratterà, ad esempio, di interrogarsi su cosa significhiorganizzare opeazioni di pianificazione per redigere un testo scritto o pereffettuare un esperimento scientifico ovvero un’esercitazione ginnico-mo-toria. E, anche, su come farlo tenendo conto di una serie di limitazioni o dicondizioni quali possono essere il tempo, gli spazi e i materiali a disposi-zione, la modalità collegiale, di gruppo o individuale richiesta, l’atmosferao il contesto emotivo che si respira. E lo stesso si potrà o dovrà fare a ri-guardo delle operazioni mirate allo sviluppo delle strategie di memorizza-zione, di attenzione, di problem solving, ecc.

Nel secondo caso occorrerà pensare alle discipline e alla loro veste di-dattica come a un luogo dove reperire, regolare, riadattare, costruire stru-menti di lavoro e procedure operative congeniali allo sviluppo degliapprendimenti proprio in quegli stessi territori epistemologici.

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vincendo la paura di “restare da soli” o di apparire incapaci e inadeguati, per arrivareinfine a esprimere soluzioni originali e personalizzate;

- Riuscire a utilizzare e valorizzare le risorse (materiali, operative, ecc.), anche scarseo inadeguate, delle quali si dispone senza dovere, nell’esecuzione di un compito,attendere improrogabilmente il loro adeguamento prima di iniziare a lavorare.

6.4 Interazione e complementarietà tra gli obiettivi di sviluppo strategico

La triplice tipologia di obiettivi qui presentata, non alla separatezza trai medesimi deve far pensare, ma all’ampio spettro delle competenze da per-seguire. Non v’è strategia che tenga se non è sostenuta da un’adeguata vo-cazione strategica. Allo stesso modo, non è plausibile perseguire uninnalzamento dei livelli di strategicità globale dell’allievo se non all’internodi un percorso didattico che sperimenti, con buona continuità, la scelta el’adozione di strategie di studio sempre più valide e personalizzate, sia ditipo “trasversale”, che di tipo specifico.

Alcune considerazioni ancora. Favorire l’acquisizione di buone strategiedi lavoro non deve, in ogni caso, significare promuovere l’adozione di me-todi di studio omologhi. E, questo, anche quando tale scelta potrebbe ap-parire giustificata dal successo evidente ottenuto dall’utilizzazione diparticolari procedure.

Ogni strategia deve, invece, riuscire adeguata al soggetto che la adoperae deve sempre più essere adottata mediante deliberazione autonoma: il mag-gior contributo, a riguardo, che la scuola può offrire al soggetto che ap-prende è, perciò, quello di aiutarlo, da un lato, a fargli sentire l’esigenza diassicurare strategicità ai suoi impegni cognitivi e, dall’altro lato, ad affinarela sua capacità di scelta dei metodi di lavoro da adoperare.

D’altronde, sarebbe proprio paradossale che una “strategia” didatticacome può essere considerata quella metacognitiva (tesa per sua costituzionealla valorizzazione degli stili cognitivi individuali) si proponesse di azzeraredi fatto le diversità intellettuali degli allievi mediante l’adozione, tout court,di metodi di lavoro omologanti, semplicemente in nome di un presuntomaggior successo loro attribuibile.

7. Gli obiettivi di potenziamento e di adeguamento degli stili cognitivi

individuali

A riguardo dell’individuazione degli obiettivi di potenziamento e di ade-guamento degli stili cognitivi individuali, occorre ancora una volta sottoli-neare che qualsiasi indicazione circa le mete da perseguire deve, comunque,rispettare le prerogative e le propensioni cognitive di ognuno degli allievi.

Si tratterà, perciò, dopo che l’insegnante avrà effettuato la sua esplora-zione degli stili cognitivi globali e specifici degli alunni, di farne acquisireinnanzitutto consapevolezza a ognuno di loro. Successivamente, potrà es-sere promosso un confronto tra gli stili degli alunni riferito anche ai risultatidi studio che consentono di realizzare. A questo punto, l’alunno, guidato

dal docente, proverà a individuare nel suo modo di apprendere elementi diforza ed elementi di debolezza e tenterà di consolidare i primi e porre ri-medio ai secondi.

L’insegnante, pur consapevole della necessaria valorizzazione dell’in-dividualità cognitiva di ogni alunno, non può abbandonarlo alla sua diver-sità, specie se risultano palesi le difficoltà di apprendimento che da quellaconseguono. Né, viceversa, potrà ritenere di potenziarne l’azione conosci-tiva semplicemente obbligandolo ad adottare un determinato stile cognitivo,anche se (e quando) questo si dimostra notevolmente efficace e/o è condi-viso dalla maggior parte degli allievi e, in particolare, da quelli che otten-gono i migliori risultati.

L’intervento metacognitivo è condannato a non poter individuare obiet-tivi specifici di stile cognitivo da far raggiungere a tutti gli allievi perchéentrerebbe in contraddizione con le sue finalità pedagogiche e formative econ le connotazioni di pluralità e di soggettività richiamate dagli stessi “stilicognitivi”.

Potrà, però, da una parte, sollecitare gli allievi a riflettere sul propriomodo di lavorare con la mente e su quello degli altri (e a metterne in evi-denza potenzialità e limiti) e, dall’altra parte, stimolarli a selezionare e adadottare le modalità più opportune di impegno cognitivo. Non trascurando,nel contempo, anche di promuovere in loro l’elaborazione di scelte di stileinedite o di proporre l’adozione personalizzata di atteggiamenti di appren-dimento fondatamente ritenuti validi ed efficaci.

Tutto considerato, quindi, non pare opportuna l’individuazione, dal-l’esterno, degli obiettivi di consolidamento e di adeguamento/adattamentodello stile cognitivo individuale. Al contrario, si stimolerà una tale ricerca– e i conseguenti propositi di perseguimento – in ogni allievo perché giungaa proporsi autonomamente i suoi modelli di stile cognitivo e cioè a dire, lasua lettura e la sua interpretazione dell’impegno scolastico e, più in gene-rale, di apprendimento e di conoscenza.

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Capitolo diciottesimo

Modalità e tecniche di sviluppo:abilità di metaconoscenza e di controllo cognitivo

1. Sulle tecniche di sviluppo

Gli itinerari di sviluppo sono o possono essere di diverso tipo.Innanzitutto, li si può intendere quali occasioni extracurricolari di per-

seguimento di determinati obiettivi metacognitivi o di potenziamento in-tellettuale. Delle buone esemplificazioni potrebbero essere costituite dalaboratori di sviluppo – rispettivamente – delle tecniche di memorizza-zione1, di pianificazione, di problem solving, ecc.

In secondo luogo, le tecniche di sviluppo potrebbero essere collocate,alla stregua di programmi metacognitivi disciplinari o di area/ambito disci-plinare, all’interno di specifici curricoli disciplinari. Nel qual caso, potreb-bero essere mirate, ad esempio, al trasferimento e all’applicazione di undeterminato percorso strategico di potenziamento delle capacità di memo-rizzazione nel campo della storia o delle scienze naturali.

Ancora, mediante la loro utilizzazione, si potrebbe attuare una lettura/in-terpretazione/ambientazione metacognitiva delle materie di studio, incre-mentando le potenzialità di riflessione e di controllo delle conoscenze dellequali è portatrice ognuna di esse. Nella fattispecie, si potrebbe puntare, adesempio, sull’accentuazione delle prerogative di pianificazione, autocon-trollo e regolazione operativa connaturati allo studio delle discipline scien-tifiche e sperimentali.

Inoltre, si potrebbe orientare le tecniche di sviluppo verso la valorizza-zione metacognitiva di alcune ordinarie attività di studio. A riguardo, nonsarebbe di poco conto rivolgere le attenzioni riflessive verso il testo scrittoe le connesse operazioni di ideazione, recupero delle conoscenze dichiara-tive e procedurali, di pianificazione, di controllo e regolazione grafica, or-tografica, sintattico, semantico, testuale, ecc.

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1 C. Cornoldi, B. Caponi, Memoria e metacognizione, Erickson, Trento, 1991.

Infine, al centro degli interessi delle tecniche metacognitive potrebberoessere collocate le spontanee operazioni di riflessione sulle proprie cono-scenze e di autocontrollo cognitivo che ogni individuo – sia pure secondolivelli differenti e nei diversi campi di conoscenza e di esperienza – è ingrado di promuovere in sé e di esprimere2.

2. Ripartiamo dalle condizioni…

Per non correre il rischio di presentare tecniche di sviluppo fini a séstesse, isolate, artificiose e perché le stesse tecniche non assumano la vestedi miracolose ricette di sviluppo mentale e, ancora, perché non si rivelino– nei fatti – scarsamente adattabili all’intero processo didattico (degli inse-gnanti) e di apprendimento (degli alunni), è opportuno ricordare alcune con-dizioni necessarie per un’efficace intervento didattico metacognitivo.Perciò, le “riprendiamo” velocemente e sinteticamente prima di addentrarcinell’esplorazione delle specifiche tecniche di sviluppo:

1. consapevolezza, da parte degli insegnanti, dell’importanza di pro-muovere e valorizzare negli allievi atteggiamenti e abilità metaco-gnitive per l’acquisizione più efficace degli apprendimenti e per ilpiù complessivo sviluppo cognitivo;

2. adozione di una prospettiva pedagogica e formativa di tipo olistico-ecologico;

3. realizzazione di un clima relazionale e di studio favorevole all’espli-citazione, oltre che al potenziamento delle capacità individuali;

4. programmazione/progettazione didattica a maglie “larghe” e “aperte”in grado di promuovere, insieme all’acquisizione di conoscenze si-gnificative, lo sviluppo di abilità di studio e di apprendimento, dibase, solide, flessibili e sempre più evolute;

5. proposizione di contenuti e di attività didattiche in grado di portareallo scoperto i repertori mentali e operazionali degli allievi e di pro-vocare in questi forme di riflessione, autoconsapevolezza, di auto-controllo e di autoregolazione;

6. adozione di uno stile d’insegnamento creativo e personale, in gradodi favorire la partecipazione diretta dell’allievo alla costruzione dellesue conoscenze e delle sue abilità;

7. acquisizione della consuetudine a sperimentare su di sé forme di ri-flessione e di controllo metacognitivo;

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2 R. De Beni, L. Cisotto, B. Carretti, Psicologia della lettura e della scrittura, Erickson,Trento, 2001.

8. disponibilità a tener conto dei repertori mentali e culturali degli al-lievi nell’organizzazione e articolazione del curricolo come nella pra-tica quotidiana del fare scuola;

9. l’individuazione e l’articolazione dei tempi di effettivo impegno me-tacognitivo e la predisposizione e l’allestimento di spazi didattici ingrado di far “muovere le menti”.

Accanto a queste condizioni preliminari per lo sviluppo dell’interventometacognitivo, è opportuno aggiungerne un altro paio di fondamentale ri-levanza in tutti i processi di insegnamento-apprendimento:

- la significatività, per gli allievi, degli argomenti e delle attività distudio che si introducono;

- il governo e l’incremento della componente emotiva e motivazionaleinteressata dai e nei processi di acquisizione delle conoscenze3.

Dette “condizioni” si legano a doppio filo a ulteriori preferenze di ordinemetodologico, che indichiamo:

- proposizione di momenti di “rallentamento” delle attività di studio edei processi cognitivi a quelle commessi (per una migliore presa dicontatto e per maggiori possibilità di controllo e di regolazione, daparte del soggetto, delle sue operazioni cognitive);

- promozione e valorizzazione di forme “artigianali” di impegno sco-lastico e, cioè: pratiche, visibili, con un principio e una fine, rispon-denti a uno scopo da realizzare o a una funzione da assolvere,regolabili e rettificabili, da eseguire completamente in prima personao in gruppo.

3. Modalità e tecniche di sviluppo della metaconoscenza e dei processi

di controllo metacognitivi

Il consolidamento e il potenziamento di abilità metaconoscitive e di con-trollo/regolazione dei processi cognitivi, come abbiamo già esposto, piùche essere promosso attraverso strategie e tecniche specifiche, è bene vengaperseguito all’interno di un più generale progetto di sviluppo metacognitivo.

Alla luce di questa convinzione sembra opportuno proporre una curvaturadelle attività didattiche in senso metacognitivo, esaltando le caratteristiche diriflessività operatoria delle quali ogni disciplina è portatrice. Questo significa,

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3 L. Tufarelli, Intelligenze, emozioni, apprendimenti, Erickson, Trento, 2003.

ad esempio, che nel curricolo di lingua italiana, come in quello di scienze odi matematica, si deve, innanzitutto, puntare a ridurre la cifra di esecutivitàautomatica e passiva e ad elevare la quota di problematicità, di complessitàoperativa e di sollecitazione all’intervento consapevole degli allievi.

Tale determinazione dovrebbe essere accompagnata dall’organizzazione dimomenti didattici che stimolino l’alunno a ragionare, riflettere, esaminare leconoscenze possedute, controllare e regolare i procedimenti di studio adottati.

Secondo C. Cornoldi4, alcune delle chiavi in grado di aprire e di allargarela competenza metaconoscitiva degli allievi sono: la riattivazione della cono-scenza esistente, l’alta interattività con l’operatore, la dimensione sociale coni coetanei, il lavoro concreto sulla situazione, la percezione di discrepanza.

Prendendo in considerazione anche lo sviluppo delle abilità di controllodei processi cognitivi, rimane, ancora, da sottolineare, la necessità di valoriz-zare la capacità di autodeterminazione conoscitiva degli alunni. Se agli alunniviene assegnata una posizione subordinata e subalterna nella relazione conl’insegnante e di assimilazione passiva, ripetitiva, semplicemente esecutivanel rapporto con le discipline e con le conoscenze da acquisire, non vi sarannoreali possibilità di potenziamento delle capacità metacognitive.

Se, al contrario, si vorrà puntare più propriamente sulla capacità di au-todeterminazione cognitiva dell’allievo, se si deciderà di valorizzare la suatendenza spontanea all’apprendere e al fare in maniera sempre più auto-noma, il territorio di esperienza metacognitiva si allargherà notevolmentee con quello, aumenteranno le possibilità di sperimentare operazioni di ri-flessione conoscitiva e di autocontrollo cognitivo sempre più evolute.

Di seguito presentiamo alcune proposte indirizzate al potenziamentodelle abilità metaconoscitive e di controllo dei processi cognitivi:

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La discussione metalinguistica. La discussione collegiale intorno ad argomenti lingui-stici può, con gli opportuni adattamenti, essere estesa a tutti i campi disciplinari. Laprendiamo ad esempio per l’esplicitazione dei processi di riflessione collegiale e indi-viduale che propone5.La discussione metalinguistica può prendere spunto da un problema linguistico da ri-solvere, da una curiosità espressiva da soddisfare o da evidenziare o da una regolaritàmetalinguistica da individuare ed eventualmente da applicare nella pratica comunica-tiva.Si serve, normalmente, degli elaborati scritti degli stessi allievi ovvero di pezzi regi-strati di conversazione. In altre circostanze la discussione può fare propri elementi pro-venienti da esercitazioni linguistiche di diversa natura (poesie, filastrocche, schedegrammaticali, questionari di riflessione grammaticale, cloze-test, ecc.).

4 C. Cornoldi, Metacognizione e apprendimento, cit.5 C. Marello (a cura di), Alla ricerca della parola nascosta, La Nuova Italia, Firenze, 1988.

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Si individua un frammento di testo o di discorso di un alunno, ovvero la o le rispostedate al questionario o il riempimento effettuato (del buco o “cloze”) e si ragiona e di-scute, nel gruppo o in assemblea, per verificarne e valutarne l’efficacia comunicativa,l’accettabilità linguistica, la congruenza logica, ecc.Ben guidate dall’insegnante (meglio se in coppia, così uno dei due osserva, registra,valuta in diretta), le discussioni metalinguistiche possono divenire degli strumenti stra-ordinari sia di riflessione linguistica che di sviluppo adeguato delle potenzialità co-municative ed espressive degli allievi.In un caso come nell’altro, possono fornire contributi da utilizzare nell’immediato (l’in-dividuazione della specifica regolarità, la rettifica di una particolare modalità espressiva,l’arricchimento di una determinata elaborazione linguistica) o da capitalizzare per l’av-venire (l’abitudine a controllare le proprie produzioni orali e scritte, la consuetudine a ri-flettere sul termine o sulla struttura sintattica da utilizzare, l’attenzione generalizzata alleforme linguistiche e comunicative adoperate da sé a da altri, ecc.). Una delle possibilità d’uso della discussione collegiale è la “correzione” di un testo6.Si individua un testo ovvero una modalità espressiva orale, la si sottopone all’esamee al giudizio individuale degli allievi e poi si apre la discussione. La soluzione adottata dall’autore del testo viene messa al centro dell’attenzione dellaclasse e si invitano gli alunni a intervenire e ad argomentare il proprio punto di vista.Nello sviluppo della discussione si creano delle “squadre”: c’è chi ritiene che il seg-mento di testo sia corretto, chi sostiene che non lo sia. I fautori di quest’ultima opinionedevono cercare di trovare delle soluzioni alternative o più adeguate e si devono sforzaredi trovare delle ragioni. L’esame approfondito del testo, l’individuazione dell’inadeguatezza espressiva, la ri-cerca di alternative, da un lato, assicurano alla “correzione”, in particolare, e alla ri-flessione linguistica, in generale, la frequentazione di operazioni di tipo scientifico perla ricerca della migliore “soluzione” linguistica; dall’altro lato, stimolano l’allievo apraticare momenti di ripensamento, di riflessione, di valutazione, di controllo e di re-golazione dei processi cognitivi collegati al linguaggio.Inoltre la necessità di dover argomentare la scelta linguistica adottata, di dover con-vincere gli altri della giustezza del proprio ragionamento, sollecita le capacità di pen-siero e di elaborazione linguistica (anche mediante di accorgimenti “retorici” più omeno raffinati). Infine, l’errore – il proprio, quello degli altri – non viene più considerato, essenzial-mente, un “portato” naturale della propria incapacità che tocca all’insegnante indivi-duare e correggere, quindi prendere in considerazione per comminare “sanzioni”(giudizi negativi, voti, rimproveri). Al contrario, intanto, si comincia a individuarlo(non tocca più soltanto all’insegnante farlo, ma al compagno e a sé stesso); quindi,sottratto alla valutazione di chi ne sa per forza di cose di più, viene “provato” e poi,eventualmente, vissuto come una soluzione linguistica non adeguata e diventa occa-sione di riflessione e di ragionamento per la ricerca di scelte più idonee. Una considerazione “laterale” e di passaggio: mediante la correzione collegiale, la lin-gua degli altri e la propria, viene sottratta per qualche attimo al flusso spesso automa-tico e irriflesso delle comunicazioni ordinarie (orali e scritte, ordinarie o scolastiche);rallenta la sua corsa, si ferma, diviene espressione, un po’ di più, un po’ più a lungo

6 G. Mondelli, Secondo me…, in C. Marello, G. Mondelli (a cura di), Riflettere sulla lingua,La Nuova Italia, Firenze, 1991.

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delle personali intenzioni. Poi riprende a camminare, a correre… ma sa che può fer-marsi e che, ogni tanto, le conviene farlo.

L’autoistruzione verbale. Tecnica di impostazione cognitivo-comportamentale, haavuto soprattutto in Meichenbaum, Goodman e Asarnow i suoi più efficaci sperimen-tatori.Il modello si fonda su un assunto di base: l’insegnante può portare i suoi alunni/studentiad effettuare con maggiore efficacia una determinata attività di studio se li abilita afornirsi di una serie di autoistruzioni in grado di favorire l’apprendimento. Secondo Meichenbaum l’insegnamento dell’abilità di autoistruzione si sviluppa in cin-que fasi:1. modeling cognitivo: l’insegnante, mentre svolge in prima persona l’attività di stu-

dio oggetto dell’apprendimento, esplicita ad alta voce le autoistruzioni;2. guida esplicita: l’insegnante, mentre l’allievo esegue il compito, elenca lentamente

le istruzioni;3. autoistruzione esplicita: lo scolaro/studente esegue il compito ripetendo ad alta

voce le autoistruzioni;4. autoistruzione ridotta: l’alunno ripete la stessa proceduta a voce più bassa;5. autoistruzione implicita: l’alunno esegue il compito utilizzando il linguaggio in-

terno per autoistruirsi.Appaiono evidenti e inconfondibili le matrici comportamentistiche7 di questa tecnicache talvolta viene, di fatto, praticata soprattutto nelle scuole dell’infanzia e, ancoraprima, negli asili nido per consentire ai piccoli allievi di acquisire specifiche abilitàtecnico-pratiche. Noi, però, non la giudichiamo particolarmente efficace.In realtà, ci sembra che il procedimento, specie se osservato attraverso la “lente meta-cognitiva”, soffra – come buona parte delle procedure di insegnamento di tipo com-portamentistico – di un’impostazione didattica eccessivamente direttiva e omologante.Si presenta, spesso, senza che sia stata “preparata” da un bisogno da soddisfare o daun problema da risolvere, una determinata tecnica per l’acquisizione di un’abitudinee la si fa apprendere agli alunni. A tutti, non considerando le loro caratteristiche indi-viduali e, per così dire, dall’esterno.

Questionari e schede. In altra parte del testo abbiamo accennato all’utilizzazionedi questionari non solo per acquisire informazioni circa lo stato mentale dell’al-lievo (conoscenze, interessi, aspetti dello stile cognitivo, ecc.), ma anche per pro-muovere, in lui, la frequentazione di modalità di riflessione, di investigazione e dicontrollo delle attività cognitive nelle quali s’impegna. Questionari, perciò, di svi-luppo delle abilità metaconoscitive e di controllo dei processi cognitivi.La risposta a una domanda o a una scheda circa le modalità di impegno cognitivo emetacognitivo impegna l’alunno a riflettere su quello che fa di consueto quando af-fronta un impegno cognitivo specifico ovvero quando si accinge ad affettuare delle at-tività di apprendimento prese nella loro generalità. Inserito all’interno di un contesto orientato verso un innalzamento del livello di meta-cognitività, il questionario può essere utilmente adoperato per stimolare nell’al-lievo comportamenti e consuetudini di riflessione e di controllo sugli atti diconoscenza: prima, durante e a conclusione del compito di apprendimento.

7 B.F. Skinner, Il comportamento verbale, Armando, Roma, 1976.

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Adoperato prima di accingersi ad effettuare un compito, può consentire all’allievo diriflettere sulle caratteristiche di questo («Che tipo di compito è?», «Assomiglia o è di-verso dagli altri compiti?»), sulle conoscenze dichiarative e procedurali che possiedea riguardo («Cosa so su questo argomento?», «Si tratta di un’attività che so fare?»),sulle ipotesi globali di svolgimento ed eventualmente sulla sequenza di operazioni daeffettuare («Cosa sarà meglio fare?», «Quale sarà l’ordine delle operazioni da effet-tuare?»). Potrebbero esservi domande di previsione circa le possibilità di successo nell’esecu-zione del compito medesimo («Penso di farcela?») e circa le precauzioni che sarà op-portuno prendere per evitare inconvenienti o insuccessi («A cosa devo stare attento?»,«Cos’è che mi può far confondere?», «Come posso fare per non distrarmi?»). Ulteriori occasioni di riflessione potrebbero provenire da domande circa le effettivestrategie di studio che prevede l’allievo di adoperare («Per risolvere questo problemadi geometria devo conoscere l’area e il perimetro: come posso fare?», «Come faccioa individuare le cause di questo fenomeno fisico o le variabili implicate nel fatto storicoche stiamo studiando?»).Ancora, potrebbe essere interessato da serie di domande e risposte lo stesso stile co-gnitivo globale o specifico dell’allievo («Quando eseguo compiti come questo prefe-risco prima terminare di leggere, farmi un’idea del tutto e poi cominciare a lavorareoppure, normalmente, mi occupo di un pezzo alla volta e poi rivedo tutto al terminedel lavoro?», «In questo caso, sarà meglio fare come sempre o non sarà il caso di mo-dificare le modalità di lavoro?», ecc.). Domande come queste, rivolte a stimolare la personale riflessione dell’allievo, gli con-sentono di iniziare a lavorare con maggior consapevolezza e possono – dovrebbero –essere anche tenute in considerazione durante lo sviluppo dell’intera attività di studioperché vi sia una corrispondenza tra ciò che si è pensato e quello che si sta facendo. Per questa ragione, domande e risposte del questionario o della scheda iniziale potreb-bero essere messe in bella vista davanti all’allievo, per consentirgli, lanciando un’oc-chiata, di controllare se sta mettendo in atto quello che lui stesso ha indicato comeopportuno per lo svolgimento efficace del compito. La presenza del questionario potrebbe essere accompagnata da domande di stimolo anon trascurarlo («Stai tenendo conto delle conoscenze che possiedi sull’argomento?»,«Ti ricordi se l’hai mai fatto un compito di questo genere?», «Stai prendendo in consi-derazione la sequenza di operazioni che hai prima preordinato?», ecc.). Anziché domande e risposte, durante lo svolgimento dell’attività, l’alunno potrebbeprendere in considerazione delle schede di monitoraggio o di controllo cognitivo, ela-borate personalmente o attraverso il concorso del gruppo o dell’intera classe ovverointrodotte dall’insegnante e fatte proprie consapevolmente da ognuno degli alunni.Allo scopo si possono proporre programmi di autoregolazione verbale come quelloappena sopra presentato, ovvero segmenti di quei programmi, oppure semplici propo-siti o intenzioni che lo stesso alunno si propone di attualizzare.Schede e questionari possono essere mirati alla verifica e alla valutazione dell’attivitàcognitiva realizzata e delle procedure di controllo cognitivo adoperate.Nel primo caso l’interesse è puntato verso un controllo delle conoscenze realizzate,delle soluzioni adottate, delle modalità di svolgimento preferite, dei risultati ottenuti. Nel secondo caso le domande o le indicazioni della scheda devono servire a verificarela messa in opera insieme alla validità, degli accorgimenti procedurali e strategici at-tuati per la realizzazione dell’attività di studio.

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Nella predisposizione dei questionari e delle schede rivolte sia alla preparazione, siaal controllo, sia alla valutazione delle attività cognitive, riteniamo utile che l’insegnantesi serva – sempre rielaborandoli in riferimento al proprio contesto di insegnamento –del contributo di programmi specificatamente metacognitivi, come quelli elaborati dalprofessor Cornoldi e dal Gruppo MT8.A conclusione del paragrafo presentiamo ora alcuni test metacognitivi.

- Test sulle strategie individuali di apprendimento9

Cerchiate le risposte più consone al vostro modo di comportarvi nelle diverse circo-stanze di seguito descritte. Al termine delle risposte, contate il numero delle rispostea, b, c, e riportate il punteggio ottenuto negli appositi spazi:a_____ visivo b_____ auditivo c_____ cinestesicoI dati dimostreranno qual è la vostra strategia di apprendimento preferita.

1. Quando ho tempo libero preferiscoa) guardare la televisione o andare a cinemab) ascoltare la musica, la radio o leggere libric) praticare lo sport o dedicarmi al “fai da te” 2. In un individuo cosa mi colpisce di più a) come si veste b) il suo modo di parlarec) come si muove3. Apprendo più facilmente quando a) qualcuno mi mostra come fareb) ricevo istruzioni verbali c) riesco a rendere operativa la nozione in questione4. Per orientarmi in una nuova città a) ricorro a una cartinab) chiedo informazionic) mi affido al mio senso di orientamento5. Preferisco libri o riviste chea) sono ricchi di illustrazionib) riguardano sport, attività e abilità manuali c) trattano argomenti interessanti6. Quando ho molte cose da farea) preparo delle liste o immagino di farlob) penso tra me e me al da farsic) non mi sento a mio agio fino a quando non ne ho portato a termine la maggior parteMentre parlo con qualcuno a) cerco di vedere di cosa l’interlocutore sta parlandoascolto attentamente per sentire benec) cerco di appropriarmi dell’argomento

8 C. Cornoldi, R. De Beni, Gruppo MT, Imparare a studiare, Erickson, Trento, 1993; C.Cornoldi, B.Caponi, Memoria e metacognizione, Erickson, Trento 1996; C. Cornoldi e altri,Matematica e metacognizione, Erickson, Trento, 1995.9 Le basi dell’apprendimento, in “L’arte di apprendere”, Il sole24ore, n. 3, Milano,18.01.1996, p. 45.

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8. Quando ho a che fare con qualche problemaa) cerco di vagliare le alternative possibilib) ne discuto fino a che qualcosa non suoni utilec) esploro contestualmente le diverse possibilità9. Mi piace qualunque luogo a) dove ci siano cose nuove da vedere e costumi da osservare b) dove ci siano musica, conversazioni o silenzio c) dove ci sia qualcosa da fare

Rallentamenti. Per controllare in maniera adeguata quello che facciamo, talvolta ab-biamo bisogno di rallentare l’andatura o il ritmo nostre attività e dei processi cognitiviche le determinano. La velocità e la rapidità di esecuzione, l’automaticità e l’irrifles-sività delle soluzioni comportamentali, spesso si rivelano inutili (quando non servecorrere) e efficaci (perché non permettono la realizzazione dell’obiettivo o l’espleta-mento della funzione), oltre che, alla lunga, dannose (ansiogene, stressanti).A scuola possono essere individuati momenti e occasioni di “rallentamento” delle ope-razioni cognitive: dialoghi, discussioni, richiesta di ripensamento, mutuo insegna-mento, ecc. Per farlo è necessario che l’insegnante, in primo luogo, si liberidall’oppressione e dall’ansia di dover realizzare, a tutti i costi ed entro tempi angustie frammentati, gli obiettivi di studio dettati dai programmi disciplinari d’insegnamento.È, ancora, necessario, che non rivolga il suo interesse principale a fare acquisire co-noscenze agli alunni senza aver messo in campo una altrettanto cospicua attenzione alpotenziamento delle abilità di studio. Queste, più delle conoscenze, hanno bisogno ditempi lunghi di strutturazione, di processi lenti e reiterati di acquisizione10.Garantiti questi orientamenti al lavoro didattico, il “rallentamento” delle attività co-gnitive potrà essere plausibilmente perseguito quando e dove, l’insegnante, prima, el’alunno autonomamente, poi, riterrà opportuno e funzionale farlo.Anche l’intervista – compresa ovviamente quella “a specchio” promossa dalla Lum-belli e dalle sue collaboratrici – può essere utilmente adoperata a riguardo11. Innanzi-tutto, perché si tratta di un’attività tendenzialmente lenta e che propone continuefermate e ritorni alla stazione di partenza o di ripartenza ai partecipanti (a causa di dif-ficoltà di comprensione esplicitata, di volontà di comprendere, di desiderio di persua-dere, di necessità di memoria e di chiarezza per chi parla come per chi ascolta). Insecondo luogo, perché consente, sollecita e richiede a ognuno degli interlocutori diesprimersi tenendo in conto di ciò che l’altro ha detto e di cosa potrà dire a seguito delproprio intervento. In terzo luogo, perché, siccome, generalmente, staccata dal flusso delle comunicazioni– scolastiche – interessate e ansiogene, può svilupparsi secondo modalità più distese,d’animo come di tempo.Rallentare significa dare tempo alla mente per riflettere su quello che sta facendo, suquello che dovrà fare; vuol dire anche permetterle di seguire passo dopo passo le variefasi e i diversi momenti di lavoro e di intervenire quando serve, quando si è commessoun errore, quando si sta per commetterlo.

10 A. Baddeley, La memoria, Laterza, Bari, 1984.11 L. Lumbelli, L’intervista dentro l’esperimento, in “Età evolutiva”, n. 46, Giunti, Firenze,ottobre 1994.

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Bisogna inventarsi delle occasioni di rallentamento adattandole alla situazione di studioe al compito da effettuare. Per esempio: - attività di mutuo insegnamento e di controllo reciproco di qualità (un accorgimento,

per la messa in atto di strategie di rallentamento potrebbe essere quello di puntaresu alunni che non dispongono di livelli elevati di abilità o anche che esprimono unostile cognitivo improntato alla riflessività, all’esame attento delle parti, al controllocontinuo del lavoro effettuato);

- momenti di amplificazione (quasi teatrale) dei gesti cognitivi;- segmentazione anche artificiosa del compito e della prestazione richiesta; - artigianalizzazione dell’abilità da costruire (per percorrere sequenzialmente e di-

rettamente tutte le fasi della lavorazione, compresa quella della scelta delle attivitàda svolgere);

- divisione del lavoro in parti (da distribuire nel tempo alla stessa persona o contem-poraneamente a più d’una);

- tecnica del punto di vista ovvero “esercizi di stile”12 (ognuno nel gruppo ovvero ognigruppo rispetto all’intera classe, elabora una soluzione parziale del compito che cosìglobalmente si arricchisce delle diverse proposte, poi si cambia “postazione”);

- simulazioni (sperimentazione, anche drammatizzata, di quello che accadrà o diquello che è accaduto, mediante rivisitazione mentale e operativo-gestuale, megliose rallentata – tipo quella dell’ostacolista prima partire dai blocchi o del saltatorein alto o con l’asta mentre si accinge al salto –).

La valutazione degli alunni. Nell’ambito di un intervento didattico rivolto all’attivapartecipazione degli allievi e per il perseguimento, in particolare, di obiettivi di svi-luppo metaconoscitivo, non deve essere trascurato il contributo che, nella fattispecie,può essere fornito da operazioni di verifica e di valutazione effettuate dagli alunni me-desimi.Quale che sia il destinatario della valutazione, sé stesso o un compagno, l’alunno de-v’essere progressivamente messo nelle condizioni di poter valutare le prestazioni diapprendimento. Perciò è, da un lato, necessario che l’insegnante abbandoni l’idea didover, solo lui, esprimere giudizi vincolanti sul rendimento scolastico dei suoi alunnie, dall’altro lato, che addestri questi ultimi a valutare. Ancora meglio è elaborare conloro sia le modalità di organizzazione delle prove di verifica e delle attività di osser-vazione, sia i criteri fondamentali di valutazione. L’addestramento a saper valutare deve anche abilitare progressivamente l’allievo a in-dividuare adeguatamente gli scopi delle attività di verifica predisposte per l’occasione:cosa si deve valutare?, per valutare quella o quell’altra competenza quale prestazioneo quale parte di essa si deve considerare? Inoltre, l’allievo deve imparare a esaminare il compito, per poterlo giudicare e perfarlo, rispetto all’oggetto della valutazione, deve possedere le conoscenze e le abilitànecessarie.Infine, il suo giudizio deve effettivamente contare qualcosa, deve essere richiesto,preso in considerazione, sia che si rivolga alle proprie prestazioni che a quelle dei suoicompagni. Altrimenti perde di peso, diventa una vuota esercitazione che, fatalmente,finirà per essere abbandonata.

12 R. Quineau, Esercizi di stile, Einaudi, Torino, 1990.

Capitolo diciannovesimo

Modalità e tecniche di sviluppo delle strategiedi memoria e di attenzione

1. Sulle tecniche di sviluppo dell’apprendimento

Prima ancora di presentare alcuni procedimenti che possano consentireagli allievi di migliorare le loro abilità di studio, occorre premettere che, inprimo luogo, è necessario sensibilizzarli all’adozione di un atteggiamento“strategico” nei confronti dell’impegno scolastico.

Per realizzare tanto è necessario che l’insegnante, oltre che costruire congli alunni strategie di lavoro, promuova un più generale arricchimento delleconoscenze sui comportamenti strategici e sui vantaggi che procura.

Opportuna, a riguardo, è la sperimentazione diretta dei differenti esitiche si ottengono quando vengono attivati comportamenti strategici e quandosi adottano forme irriflesse e poco consapevoli di impegno scolastico.

Necessario è anche il confronto tra le diverse procedure adoperate, siaper permetterne una verifica d’efficacia, sia, soprattutto, per far rifletterel’allievo sul fatto che non c’è un’unica modalità funzionale di apprendi-mento, ma che ve possono essere tante. L’importante è scegliere bene, ma,prima ancora, proporsi, da sé, il compito di scegliere tra le diverse strategie.

Occorre, perciò, presentare le più diverse possibilità d’impiego dellestrategie di studio e metterne in evidenza vantaggi e svantaggi.

Infine, perché l’adozione di strategie di lavoro non diventi un pratica dimera esecuzione di procedimenti ideati da altri, bisogna favorire l’applica-zione delle medesime in settori e compiti inediti o di differente natura, prov-vedendo ai necessari “adattamenti”. E, poi, stimolare l’allievo a “inven-tarsi”, lui, autonomamente, delle strategie.

Come si può ben vedere, la scelta, prima, e l’attuazione, dopo, di strate-gie di apprendimento e di studio, impegna, innanzitutto, le abilità metaco-noscitive e metacognitive dell’allievo, perché lo sollecita a riflettere sulproblema da risolvere o sull’attività da svolgere, sulle conoscenze (dichia-rative e procedurali) possedute e sulla maniera migliore (strategie cono-

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sciute o elaborate in proprio) di utilizzare queste conoscenze in riferimentoal compito da effettuare.

2. Le strategie di memorizzazione

Sin dall’antichità, gli uomini hanno tentato di scoprire procedimenti ingrado di ostacolare l’evanescenza del ricordo. Le mnemotecniche hanno,nel tempo, corrisposto a tale esigenza e si sono rivelate strettamente dipen-denti dall’idea di memoria che la società e la cultura di appartenenza ela-borava ed esprimeva.

Si è passati dall’immagine del contenitore passivo (il cosiddetto “saccovuoto”) – ancor oggi, forse, preponderante nelle convinzioni diffuse tra gliindividui – esaltata dagli studi di Ebbinghaus a quella del magazzino riela-boratore di informazioni di Bartlett, alla teoria sul coinvolgimento globalecervello-memoria di Edelman1.

Oggi, allo stato dell’arte, è possibile individuare alcune caratteristichebasilari di cui qualsiasi tecnica di memorizzazione ha bisogno.

Preliminarmente è necessario realizzare dei buoni apprendimenti e, perfarlo, occorre costruire un contesto scolastico coinvolgente e che renda si-gnificativi per gli allievi gli argomenti da trattare e da ricordare e che, con-seguentemente, richiami tutto il loro impegno2.

Per questo stesso motivo, è opportuno sfruttare, a vantaggio di una effi-cace memorizzazione, la forza delle emozioni; operazione che, del resto,spontaneamente e inconsapevolmente effettuiamo quando siamo partico-larmente coinvolti o interessati allo sviluppo o nell’osservazione-ascolto diuna iniziativa.

Ogni strategia di memorizzazione ha, poi, bisogno di attivare, nella rap-presentazione mentale dell’alunno, tutta la sua sensorialità, e, in modo par-ticolare, l’immaginazione visiva.

Un contributo rilevante alla capacità di ricordare quanto accaduto o ciòche si è studiato proviene agli alunni dalle operazioni – spontanee ovveroindotte, consapevoli o inconsapevoli – di associazione. Mediante tali ope-razioni (che un’articolazione funzionale dei processi di insegnamento e diapprendimento può esaltare considerevolmente), gli allievi riescono a otte-nere sia una rilevante riduzione del carico di fatica connesso all’imparare/immagazzinare/ricordare sia una notevole facilitazione ed efficacia del-l’azione di scelta e di recupero delle informazioni.

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1 P. Legrenzi (a cura di), Manuale di psicologia generale, Il Mulino, Bologna, 1997.2 B. L. McCombs, J.E. Pope, Come motivare gli alunni difficili, Erickson, Trento, 2002.

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La ripetizione mentale (rehearsal). La ripetizione è una delle procedure mnemonichepiù di frequente adoperata, a scuola come fuori, talvolta anche non del tutto consape-volmente. La sua ottimizzazione nel campo dell’apprendimento passa attraverso unasempre maggiore intenzionalità d’uso.Applicando alla lettera la tecnica della ripetizione verbale, si invita l’alunno a ripeterequello che ha ascoltato, letto, compreso o a rifare dal principio alla fine un’operazione,una procedura, un’azione. Un contributo opportuno all’adozione di questa tecnica può venire dal confronto tra i risultatidi memorizzazione ottenuti con la ripetizione oppure, in assenza della stessa, nelle più di-verse situazioni di studio. Gli allievi, verificando di persona i differenti esiti realizzati, di-ventano più consapevoli a riguardo dei vantaggi arrecati della sua utilizzazione.L’applicazione di una simile strategia può riuscire difficoltosa o inadeguata se applicataa situazioni che necessitano di risposte rapide e creative. Pare, infatti, essere caratte-rizzata, da una parte, da una certa lentezza esecutiva e, dall’altra parte, da una notevolefissità d’uso.Probabilmente a causa della prima connotazione, gli allievi che pur partecipano a trainingdi ripetizione mentale o che ricevono dagli insegnanti sollecitazioni per mettere in atto pro-cedure di memorizzazione analoghe, preferiscono far ricorso, quando possono effettuaredelle scelte autonome, ad altre strategie, in particolare a quelle già consolidate.In riferimento alla seconda caratteristica, invece, il rischio è quello della cosiddetta“saldatura” e cioè la difficoltà, per l’alunno, del trasferimento della strategia in attivitàdi studio differenti da quelle originariamente partecipate. La possibilità, allora, di un’efficace utilizzazione della medesima passa per una maggioreautonomia di scelta e per la corrispondente consapevolezza d’uso assegnata all’alunno.Questi è opportuno che sperimenti nelle più diverse situazioni di studio e in rispostaalle specifiche esigenze di memorizzazione, le tecniche di memorizzazione che glisono state presentate. La scelta della “ripetizione verbale”, come di altre strategie mne-moniche, sarà affidata, quindi, a una previsione-presunzione di efficacia ipotizzatadall’allievo. I risultati ottenuti dimostreranno all’alunno la validità o meno della sceltaeffettuata. Un esito positivo sarà, comunque, quello di aver provocato, nell’alunno mo-menti di riflessione e di ripensamento.

L’associazione tra parole e immagini mentali. È possibile rafforzare la capacità diritenzione semplicemente collegando il ricordo a determinati input sensoriali, interni(in quanto realizzati dalla nostra mente) o esterni (perché provenienti dall’ambiente).Questo orientamento era molto diffuso nell’antichità e pare che lo stesso Cicerone siastato uno dei primi creatori di mnemotecniche “visive” e “narrative”, le quali gli con-sentivano di recuperare le informazioni delle quali aveva bisogno per i suoi lunghissimidiscorsi. In particolare, aveva codificato la tecnica dei «loci», attraverso la quale egliriusciva a memorizzare una serie impressionante di dati, notizie, concetti e pensieri,assegnando ad ognuno di essi un luogo o un elemento di un percorso (porta, finestra,bagno, corridoio, ecc.) a lui noto e stabile nei ricordi. All’origine di una simile tecnica era la convinzione che associando alla parola o all’ideal’immagine di un luogo, si potesse con più facilità, successivamente, ricordarle.Gli esiti mnemonici di una procedura di memorizzazione di questo genere possono esserefacilmente verificati attraverso il confronto tra la semplice lettura di una lista di vocaboli –su ciascuno dei quali ci si sofferma alcuni secondi – e la organizzazione di una storia-per-corso, ottenuta collegando quelle parole a determinati luoghi.

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Nel secondo caso si otterranno presumibilmente risultati migliori, ancor più incremen-tabili se i luoghi sono ben noti e ben caratterizzati iconicamente (specie, quindi, se sirivelano strani e bizzarri), richiamano sensazioni – meglio se “forti” – di diversa natura(tattili, olfattive, acustiche, ecc.), evocano emozioni e sentimenti e se, soprattutto, sonostati autonomamente immaginati o esperiti dal soggetto che deve ricordare.Provi, se vuole, il lettore a effettuare con noi l’esperimento seguente di confronto trauna memorizzazione spontanea e casuale e una memorizzazione attraverso la tecnicaassociativa sopra descritta. Il compito è quello di ricordare, secondo l’identico ordinedi presentazione, la lista di parole in sequenza che sotto proponiamo.Può disporre, per completare la lettura, complessivamente di un paio di minuti. Al ter-mine o dopo una decina di minuti, compili la lista a destra con la consegna di rispettarela stessa sequenza di parole della lista alla sua sinistra (e, senza, ovviamente, continuarea guardare quest’ultima). Verifichi, quindi, prima la correttezza e il numero dei voca-boli ricordati e successivamente l’ordine di collocazione. Successivamente organizzila memorizzazione attraverso la costruzione personale di una storia-percorso (ma vabene anche solo una storia o solo un percorso), attenendosi ai suggerimenti sopra pro-posti. Al termine, chiuda gli occhi e tenti un’operazione di “visualizzazione”, rielaborila trama attraverso il supporto di immagini anche creative e inedite (ne è concessocontrollare oltremodo fantasia e immaginazione!). Più convincente e coinvolgente saràla trama ideata, più vivide, strane, originali, buffe le associazioni e le soluzioni iconi-che, più sarà facile ricordare in maniera corretta. Da non trascurare, infine, il contributo che il collegamento parole-immagini offre al-l’acquisizione della lettura e della scrittura. Infatti, vari metodi di apprendimento dellalettura (sia che siano orientati verso l’acquisizione mnemonica, sia che lavorino pre-ferenzialmente sulla comprensione e, quindi, sull’attribuzione di significati) puntanodecisamente e con efficacia su questo connubio. Lo scopo è quello di sfruttarne la pro-duttività nel territorio della memorizzazione e, mediante il buon esito di questa, renderepiù facili e adeguati i processi di lettura/scrittura.

————————————————————————————————La lista di parole La lista del lettore

————————————————————————————————-1. naso 1. _______________________2. piedi 2. _______________________3. pecore 3. _______________________4. sole 4. _______________________5. sale 5. _______________________6. pane 6. _______________________7. prato 7. _______________________8. lampadina 8. _______________________9. serpente 9. _______________________

10. amicizia 10._______________________11. Pippo 11._______________________12. pappa 12._______________________13. baffi 13._______________________14. carabinieri 14._______________________15 .bugia 15.________________________________________________________________________________________

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L’attivazione di una situazione di apprendimento coinvolgente. La possibilità diricordare si lega anche al grado di coinvolgimento emotivo del soggetto in situazionedi apprendimento. Hans Seyle, indagando circa gli effetti dello stress sugli individui,lo aveva distinto in due sotto-categorie: l’Eustress (positivo) e il Distress (nocivo).Il primo stimola, consente, facilita l’attivazione delle energie, motivando il soggettoall’impegno; il secondo, mediante l’accentuazione degli impegni da soddisfare e lasollecitazione delle connesse emozioni da veicolare e padroneggiare, provoca nell’in-dividuo una condizione di disagio e ne mina, insieme alla capacità di risposta – ade-guata –, l’intero equilibrio psicofisico. L’insegnante ha il compito di tener conto della situazione dinamica ed emozionale, dicreare un clima favorevole all’impegno scolastico, di introdurre argomenti e attività distudio significative. Lo scopo dev’essere quello di provocare e valorizzare stati d’animoquali la curiosità, la voglia di comprendere, di ricercare e di sperimentare, il divertimento,in quanto “facilitatori” di memorizzazione e di apprendimento.

La pianificazione razionale dei tempi di studio. Buona parte delle cose da ricordarea scuola devono essere prima apprese, quindi memorizzate, infine recuperate per losvolgimento delle attività di studio.Sia per garantire ad ogni alunno i suoi tempi di apprendimento, sia per far sì che, ingenerale, le conoscenze possano essere acquisite – per poi essere ricordate – è oppor-tuna un’attenta articolazione di momenti di impegno e momenti di pausa. In base agli studi più recenti – effettuati sia direttamente sul cervello che attraverso ri-levazioni ricavate dalla somministrazione di prove di memorizzazione – si è giunti allaconclusione che le unità temporali ottimali di apprendimento è opportuno che sianocomprese tra i 20 e i 50 minuti.L’apprendimento di nuove informazioni e la capacità di memorizzarle richiedono l’in-teressamento delle cellule celebrali (neuroni) e provocano la creazione, tra queste, dicollegamenti inediti, di autentici “ponti” chiamati sinapsi. Venti minuti costituisconoil tempo minimo di costruzione delle sinapsi, cinquanta minuti il tempo massimo diconservazione di un livello adeguato di attenzione. Ovviamente si tratta di tempi chele particolari caratteristiche dell’individuo, della situazione e del compito da memo-rizzare possono estendere o ridurre. Importante è, comunque, stabilire due significative condizioni per una funzionale ca-pacità di memorizzazione: la necessità dell’alternanza dei tempi di studio e di quellidi intervallo (questi ultimi della durata di cinque – dieci minuti, ma molto dipendedall’età del soggetto e dall’attività che si sta svolgendo); l’opportunità di tenere contodella durata ottimale (tra 20 e 50 minuti) dell’unità di attenzione e di studio. Collegata alla cura dei tempi unitari di memorizzazione e all’alternanza studio-pausa,è la preoccupazione di assicurare un solido sostegno alla permanenza delle informa-zioni nel tempo. Com’è noto, gli individui sono dotati di diversi tipi di memoria: im-mediata, a breve termine, a lungo termine. È, in particolare, quest’ultimo tipo di memoria a dover funzionare adeguatamente ascuola se si vuole che l’allievo realizzi i suoi apprendimenti e li conservi nel tempo.Allo scopo, può, senza dubbio, contribuire l’organizzazione di momenti di “ripasso”che non dovrebbe durare più di dieci-venti minuti (bisognerà, comunque, fare i conticon i tempi complessivi a disposizione, con le caratteristiche del soggetto, con la com-plessità e la lunghezza del materiale da memorizzare). Ancora a proposito dell’artico-lazione dei tempi di memorizzazione, non è da sottovalutare l’attenzione che il buon

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senso degli insegnanti ha spesso dedicato alla scelta del momento-periodo della gior-nata più adatto allo attività di studio e che oggi riceve un nuovo e più qualificato im-pulso dalle ricerche cronopsicologiche3.La cronopsicologia si occupa dello studio dei processi psicologici soggetti alle varia-zioni dei ritmi biologici e a riguardo delle indagini sulle capacità mnestiche degli allievi(uno degli interessi privilegiati di questa giovane disciplina) le sue rilevazioni hannopermesso di accertare che:- la rievocazione immediata (memoria immediata e a breve termine) è migliore al

mattino - la memoria a lungo termine funziona in maniera più proficua quando le attività di

apprendimento si realizzano nel pomeriggio e la prova di “ritenzione” ha luogo almattino4.

L’organizzazione logica delle informazioni. Abbiamo già visto con Cicerone e lasua tecnica dei “loci” che un’operazione mentale da non trascurare quando si vuolememorizzare un argomento o delle informazioni è quella di collegare parole, idee,nomi, all’immagine di luoghi ben noti, quasi stazioni di posizionamento scaglionatelungo un ideale “percorso”. Il principio del collegamento, anche se non più attraverso “contatti” con luoghi o og-getti, viene fatto proprio da altre procedure, più o meno spontanee di organizzazionelogica delle informazioni. In questo caso, si utilizzano schemi e principi di interazionee composizione logica delle informazioni da mandare a memoria: si attua attraverso ilcosiddetto chunking (o raggruppamento) e mediante la categorizzazione, un’opera-zione mentale che, del resto, tutti gli individui attivano, anche spontaneamente (siapure ai più diversi livelli di elaborazione e d’uso), quando s’imbattono in compiti diconoscenza. A queste tecniche può essere idealmente accomunata quella dell’elaborazione verbale(da non confondere, pure avendo alcuni punti di contatto, con la tecnica della ripeti-zione verbale). Il chunking consiste nell’associare in insiemi significativi distinte unità di informazione(chunks).È il caso dei numeri telefonici che si cerca di suddividere in segmenti numerici di piùagevole memorizzazione, ed è anche quello del “filo logico” che si tenta di imbastirequando ci si propone di ricordare una serie di nomi o, più in generale, di vocaboli (lacomposizione di acrostici, per l’occasione, ne è una buona esemplificazione). Cercareuno schema logico è, perciò, un tentativo di attribuire un ordine a informazioni chespesso non lo possiedono. Ciò consentirà ci ricordarle quando ce ne sarà l’esigenza eil risultato sarà tanto più elevato quanto più risulterà “personalizzata” l’attribuzionedell’ordine logico ai dati grezzi ricevuti (ad esempio, alla stregua delle liste o elenchidi vocaboli) o alle notizie e conoscenze apprese.La categorizzazione consiste nell’integrare la nuova informazione sulla base delle co-noscenze precedenti. Come il chunking, consente di raggruppare gli elementi che ciinteressano in insiemi congruenti e significativi. Pare più agevole, oltre che più eco-

3 P. Lecomnte, C. Lecomnte, La chronopsycologie, PUF, Paris, 1990.4 D. Senore, La cronopsicologia, (trad. a cura di A. Reffieuna), in “Scuola e innovazione”,IRRSAE Piemonte, n. 3/4, Aprile/Luglio 1996.

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nomico e meno dispendioso, ricordare le parole che compongono una lista se le si di-stribuisce in “categorie”. Ad esempio, cane, gatto, sale, coniglio, pasta, olio, vengonopiù facilmente ricordate se le si colloca nelle categorie degli “alimenti” e degli “ani-mali”.L’elaborazione verbale punta sul recupero del maggior numero di informazioni basan-dosi, come il chunking, sulla organizzazione del materiale da ricordare in unità signi-ficative. Prende spesso la forma di frasi o di piccoli discorsi-testi che aiutano aricordare una serie o un elenco di parole. La procedura indicata non è lontana né dallastessa utilizzazione del chunking per ricordare parole a caso mediante forme di rag-gruppamento verbale (del tipo dell’acrostico da noi presentato poco sopra), né dallatecnica di elaborazione di trame narrative da visualizzare (mediante l’associazione pa-role-immagini).L’elaborazione verbale propriamente detta, comunque, oltre che col concorso di frasie discorsi, viene effettuata anche con domande inerenti alle informazioni introdotte econ collegamenti linguistici (o, in generale, di pensiero) alle singole parole (attribu-zione di qualità particolari al termine ovvero caratteristiche consuete del tipo cane-fe-dele, gatto-sornione, ecc. –, costruzione di brevi trame narrative senza il supportodell’apertura alla sensorialità e della successiva visualizzazione

Rendere la memorizzazione una consuetudine. Ogni abilità per raggiungere livellielevati dev’essere praticata più e più volte e alla fine diventare una consuetudine. Cosìl’abilità mnemonica, sia quando la riferiamo al recupero di informazioni e conoscenzeisolate, sia quando la adoperiamo per ricordare concetti, interi argomenti, procedimentidi risoluzione, modalità di esecuzione di determinate attività di studio, ecc. Lo stessopuò essere detto se guardiamo alla capacità di memorizzazione come ad una capacitàpredisposta a favorire, in generale, l’apprendimento. Questo, se è condizione di unabuona possibilità di recupero mnemonico, è, al tempo stesso, condizionato dalle pro-cedure adottate dal soggetto per ricordare e, prima ancora, dalla disponibilità effettivadel soggetto a servirsi di strategie di memorizzazione. Inutile ribadirlo: adeguate alterritorio conoscitivo, alla consegna e alle proprie caratteristiche.

Servirsi di metodi per la conservazione dei dati. A supporto delle procedure da uti-lizzare per la memorizzazione di dati, parole, concetti e argomenti, vengono di con-sueto adoperati metodi e strumenti operativi funzionali alla loro conservazione. Ciriferiamo alla predisposizione di sintesi e di riassunti, di elenchi, schemi e tabelle, dischede riepilogative, di schede illustrative e di tavole sinottiche. Ci riferiamo anchealla capacità di saper prendere quegli appunti che, poi, in forma grezza o rielaborata,possano consentire un agevole recupero delle informazioni. A riguardo, indichiamo tre tecniche per prendere appunti, le quali possono essere va-riamente e, anche in combinazione, utilizzate per consentire un’adeguata memorizza-zione. La scelta e la possibilità di combinarle dipende da una serie di variabili, adesempio: le caratteristiche della fonte (voce, libro di lettura o manuale, video o film,ecc.), la distanza temporale tra fase di fruizione e fase di annotazione degli appunti, lecaratteristiche del compito (durata, lunghezza, semplicità, complessità, ecc./mandarea memoria, riportare i concetti principali o le conoscenze più significative, ecc.). a) Individuare le parole chiave: si tratta di scegliere dal testo singole parole o, perestensione singole brevi frasi che, proprio perché particolarmente rappresentative delleconoscenze o dell’argomento contenuti nel testo o nel discorso, possano consentire al

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soggetto di ricordare la parte più significativa di quanto ascoltato, letto, visto o visio-nato o, eventualmente, vissuto e fatto.b) Elaborare parole-concetto: si tratta di parole (o gruppi di parole) create dal lettoreo dall’ascoltatore allo scopo iniziale di garantire a sé stesso la comprensione, quindiallo scopo di organizzare la memorizzazione e la successiva rielaborazione. Il testo oil discorso (registrato, verbalizzato, ecc.) viene, successivamente alla fase di fruizione,scomposto in unità più semplici e rappresentative: le “unità concettuali”. Queste, ela-borate dal soggetto che deve memorizzare, è meglio che siano composte da terminipregnanti e carichi di significato.c) Costruire mappe-mentali: avvicinabili graficamente alle carte di navigazione, uti-lizzano la simbologia tipica dei diagrammi di flusso (figure geometriche, frecce, lineemai disegnate a caso) per consentire, mediante la ricombinazione di “parole-concetto”e di “parole-chiave, la ricostruzione di una nuova struttura testuale o del discorso. Loscopo è quello di comprendere meglio e di ricordare con maggiore efficacia. La tecnicain questione, che è, come si può ben vedere, soprattutto una tecnica di apprendimento,si articola in quattro fasi: scomposizione del testo in unità concettuali o in parole-chiave, individuazione e isolamento dell’unità centrale o principale, formazione delloschema concettuale, approfondimento conoscitivo (mediante aggiunta, all’albero oallo schema concettuale, delle informazioni che servono per completare l’opera di me-morizzazione).

Utilizzare la strategia della ripetizione. Si basa, banalmente, sulla ripetizione nellapropria mente dell’informazione, fino ad acquisirne la completa padronanza. L’inse-gnante può stimolarla a scuola (e può invitare gli alunni a rifarlo a casa) sin dal mo-mento della spiegazione, invitando gli studenti a ripetere le informazioni essenzialicomunicate. Deve, però, da un lato, preoccuparsi di concedere spazi temporali ade-guati, perché gli allievi possano memorizzare immediatamente le conoscenze neces-sarie e, dall’altro lato, sollecitare modalità personali di memorizzazione.

Elevare il livello di sensibilità metacognitiva nei processi di memorizzazione. Per-ché un allievo possa ricorrere a tecniche e procedure di memorizzazione occorre in-nanzitutto che ne colga l’esigenza per ottenere migliori risultati nell’apprendimento enello studio. Per fare questo, egli deve realizzare delle consapevolezze generali di ca-rattere metacognitivo e, perciò, deve fare delle riflessioni sulle caratteristiche del com-pito assegnato, sui risultati che normalmente o nello specifico ottiene, prendendo inconsiderazione anche le proprie modalità di impegno scolastico.È, di conseguenza, opportuno che acquisisca l’abitudine ad effettuare stime sulle suecapacità di memorizzazione e previsioni circa gli esiti che riuscirà ad ottenere; è, an-cora, opportuno che le medesime stime e previsioni (da effettuare anche durante l’ese-cuzione del compito per controllare e regolare le procedure che si stannoadoperando) si dimostrino sempre più accurate e corrette.Conoscenza delle proprie capacità di memorizzazione e delle modalità che più di con-sueto o nello specifico si adottano, rapporto tra queste e le caratteristiche dell’attivitàdi studio e le consegne da rispettare, capacità di controllo e di regolazione dei processimnemonici, costituiscono la parte centrale degli interessi della metamemoria. Più che all’acquisizione di tecniche specifiche di metamemoria, l’interesse dell’inse-gnante dev’essere quello di promuovere, nell’alunno, la necessità di riflettere sullesue capacità e sui suoi limiti di memoria, sulle procedure che più o meno consape-

3. Procedure e strategie per migliorare l’attenzione

Non è possibile “stringere” intorno alle sue fasce, l’attenzione quasi fosseuna facoltà a parte, non condizionata da nulla e giammai. Il rischio, da un lato,è quello di non cogliere le relazioni (in entrata e in uscita, di segno positivo edi segno negativo) che intreccia con altre variabili dei processi cognitivi (me-moria, apprendimento, motivazione, ecc.), dall’altro lato, di ritenerla, esclusi-vamente, un portato immodificabile dell’allievo o dell’individuo.

Viceversa, legando l’attenzione a condizioni “costitutive” del soggetto,è, poi, agevole o fatale, costruire – pericolosi – pregiudizi circa le poten-zialità di impegno, di interesse (e, di conseguenza, anche a riguardo delleprevisioni di successo nell’apprendimento) collegate alle caratteristiche at-tentive dei diversi soggetti.

Secondo questa linea di pensiero o si è distratti o non lo si è, o si è capacidi attenzione oppure no, qualunque cosa, fenomeno o persona si faccia, si

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volmente utilizza, sui risultati che ottiene, sulle tecniche che farebbe bene ad adot-tare.Due, comunque, le modalità di verifica più diffuse: i test di valutazione della me-moria (simili, come procedimento, alla prova sulla lista di parole prima presentata5,anche se possono essere elaborate versioni formalmente differenti, che utilizzino,ad esempio, la voce o il disegno al posto dello scritto) e i questionari carta e matitao a voce (mediante i quali si possono ottenere dall’alunno sia valutazioni circa lesue capacità di memorizzazione, sia le sue confessioni a riguardo delle tecniche cheutilizza per ricordare). Mediante gli stessi questionari possono essere richieste stimee previsioni, prima che diventino una consuetudine alla quale l’allievo autonoma-mente e consapevolmente si sottopone.Allo scopo, può anche essere adoperata, pur con i necessari adattamenti, l’intervistae le altre procedure di indagine metacognitiva che prima abbiamo presentato. Nonabbiamo voluto, presentando le tecniche di memorizzazione, dilungarci sulla ne-cessità di organizzare forme di insegnamento adeguate alle possibilità di compren-sione, di apprendimento e, di conseguenza, di memorizzazione. Ma è un’esigenzada tenere in conto! Non abbiamo voluto neanche sottolineare che buona parte delle cose da ricordare,nella vita come a scuola, non sono conoscenze, numeri, cifre o singole parole, mapensieri, argomenti, procedure Riteniamo, però, che, comunque, con i necessariadattamenti, quanto riportato possa riuscire utile o utilizzabile anche in attività co-gnitive più ampie e complesse della semplice memorizzazione di informazioni, datie parole6.

5 A. Baddeley, La memoria, cit.6 F. Bartlett, La mente nel lavoro e nel gioco, Bompiani, Milano, 1957.

osservi, si ascolti. Perciò, ci sarebbero alunni attenti e alunni che non losono; sempre e comunque.

Sappiamo bene, invece, quanto possa incidere la situazione ambientale– di erogazione dello stimolo – sulla variabilità del rendimento attentivodel soggetto: silenzio, rumore, dimensioni e caratteristiche spaziali, tempoa disposizione, ecc.

Sappiamo anche quanto, ancora, possa influenzare l’attenzione indivi-duale il tipo di compito da espletare (ascoltare, osservare, eseguire un co-mando, agire e progettare autonomamente, ecc.), il grado di complessitàsecondo il quale viene presentato, la specifica consegna da rispettare, il li-vello di coinvolgimento emotivo provocato (dalla fonte di stimolazione:persona, attività, fenomeno). Talvolta, è vero, è possibile rintracciare fili dicontinuità tra i comportamenti attentivi esplicitati da ciascun individuo/al-lievo nei più diversi campi/attività di apprendimento e determinare, attra-verso quei fili, una più globale e generalizzata disposizione individualeall’attenzione. Anche nelle più consuete circostanze della vita ci accade didistinguere le persone con le quali entriamo in relazione in “attente” o “di-sattente”, in “concentrate” o “distratte”.

Nel farlo, dimentichiamo che tali denominazioni non possono avere va-lidità assoluta, ma relativa (nascono, infatti, dal confronto tra i comporta-menti messi in atto dagli individui-allievi) e che, quasi sempre, si originanodall’osservazione e dal giudizio di una ristretta cerchia di comportamentiattentivi, in settori limitati di attività, elevati a rappresentare il tutto, la glo-balità della sensibilità personale all’attenzione.

Quello che, infatti, ci capita di registrare, spesso, nella realtà delle (nostrecome delle altrui) esperienze di attenzione è, piuttosto, la sostanziale diver-sità di comportamento e di prestazione che ognuno esprime a seconda dellecircostanze che appena sopra si richiamavano (tipo di compito, consegna,contesto, durata, coinvolgimento, conoscenze pregresse, attitudini e inte-ressi, ecc.).

Per questa ragione, riteniamo che un paio di condizioni devono esseregarantite perché si possa efficacemente promuovere il potenziamento dellacapacità attentiva degli alunni: ambienti e situazioni di apprendimento or-ganizzate adeguatamente per evitare distrazioni e consentire all’allievo diesprimere una sempre maggior attenzione, contenuti e attività coinvolgentie che richiedano la sua attiva partecipazione7.

Quelle che seguiranno sono solo alcune delle proposte che possono es-sere adattate allo specifico della singola classe e di ciascun alunno. Al cen-

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7 A. Antonietti, M. Cantoia, La mente che impara, La Nuova Italia, Milano, 2000.

tro, più che particolari tecniche da introdurre, più che specifiche abilità dafar conseguire, è necessario porre la capacità di partecipazione dell’allievoalle attività di studio e all’acquisizione delle sue conoscenze e la capacitàdi essere sempre più responsabili di quello che fa e di come lo esegue. Ilresto è subordinato allo sviluppo di queste capacità, che poi, sono le stessesulle quali punta l’intervento metacognitivo preso nella sua interezza.

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Il Programma cognitivo-comportamentale per soggetti in Sindrome da Disturbi

Attentivi (SDA)

L’intervento cognitivo-comportamentale8 parte da una consapevolezza di base: le mag-giori difficoltà scolastiche degli alunni che accusano disturbi attentivi sembrano legarsia una insufficiente consapevolezza (come conoscenza e come capacità di controllo edi auto-regolazione) della propria attenzione, delle emozioni che la condizionano e delcomportamento che la esplicita. Di conseguenza, l’intervento di sostegno alle capacitàattentive deve puntare, innanzitutto, a promuovere, nel soggetto, una più generale ri-flessione e un più accurato controllo circa le personali disposizioni all’attenzione.Si è voluto definire come patologico l’atteggiamento generale e i comportamenti spe-cifici di quegli alunni che dimostrano, a un livello elevato, incapacità di concentrarsie mantenere costante l’attenzione e impulsività e scarsa inibizione e controllo delle ri-sposte.La patologia suddetta è stata denominata Sindrome da Disturbi Attentivi (SDA) e ilsoggetto che ne è affetto non riesce a prestare la necessaria attenzione all’insegnantee alle sue spiegazioni e raccomandazioni, non si concentra quando deve eseguire lenormali attività di studio, è irrequieto, lavora in modo disorganizzato e disordinato emanifesta notevoli difficoltà nello svolgimento di compiti che richiedono un impegnocostante ed elevato. Spesso i medesimi soggetti sono anche affetti da iperattività: cor-rono, saltano, si arrampicano, non riescono a star fermi o seduti. Esprimono, inoltre,comportamenti di fatto distruttivi o apparentemente aggressivi e violenti, dettati esclu-sivamente dall’incapacità a frenare azioni e reazioni, piuttosto che dall’effettiva vogliadi distruggere o di far del male.Gli alunni con deficit attentivi sembrano soggetti privi di una sufficiente consapevo-lezza e di un adeguato controllo nella gestione dell’impegno richiesto dall’attenzione,manifestano una spiccata tendenza a ricercare gratificazioni immediate e a rispondereautomaticamente a stimolazioni (che, del resto, preferiscono di breve durata) ed espri-mono, in continuità, un livello elevato di eccitazione.I soggetti che paiono accusare disturbi di questo genere, provengono, il più delle volteda ambienti famigliari disorganizzati, non disciplinati da regole – implicite o ben espli-citate – di comportamento, non adatti a favorire la crescita intellettuale dei soggettipiù giovani. A scuola, insieme alle caratteristiche prima elencate, mettono in evidenzauno stile cognitivo passivo-dipendente. Il training cognitivo-comportamentale vuol costituire un tentativo di risoluzione diquesto genere di problemi di comportamento e si presenta come un approccio moltodiversificato per poter affrontare la complessità delle situazioni vissuti dai soggetti af-fetti da SDA. Ne presentiamo le tecniche più significative.

8 E. Kirby, L. Grimley, Distrurbi dell’attenzione e iperattività, Erickson, Trento, 1989.

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Il training di autoistruzione verbale. Da noi presentato in altri settori dello sviluppostrategico (memorizzazione, processi di autocontrollo), il training di autoistruzioneverbale si basa sull’apprendimento per imitazione (modeling) della capacità di verba-lizzazione interna (autoistruzione). Quando questa capacità sarà frequentata abitual-mente e fatta propria dall’allievo, quest’ultimo si sentirà maggiormente stimolato aseguire delle procedure da lui stesso dettate. Vengono segnalate alcune importanti avvertenze: a) l’insegnante dovrà dimostrarsi vivace e brillante, stabilire modalità di interazione

piacevoli, essere sensibile ai bisogni e alle esigenze dell’allievo, riuscire a lui inte-ressante;

b) il trattamento dovrà iniziare con giochi o attività che rientrino in schemi già noti alragazzo;

c) sarà bene impedire all’allievo di autosomministrarsi delle istruzioni in manierameccanica o passiva.

Il costo della risposta. A integrazione del training di autoistruzione viene prospettatol’uso di una tecnica denominata “il costo della risposta”. Essa consiste nell’assegnareal soggetto dei gettoni-premio all’inizio della lezione con l’intesa che se riuscirà a ri-spettare alcune regole ben definite (restare a posto, non parlare senza motivo e quandosi deve stare in silenzio, non guardare in giro, ecc.), tutti i gettoni gli rimarranno inpremio. Al contrario, per ogni regola che non riuscirà a rispettare, perderà un gettone.Al termine potrà scambiare i gettoni in premi o metterli da parte per ottenerne uno piùbello e importante.Due tipi di feedback vengono somministrati per rendere maggiormente efficace, anchein vista delle future applicazioni, la tecnica del “costo della risposta”.Il primo consiste nel fornire informazioni concrete circa il comportamento non ade-guato che ha provocato la perdita del gettone: «Hai parlato quando l’insegnante stavaspiegando», «Guardavi fuori dalla finestra quando dovevi lavorare sodo per terminareil compito».Il secondo è più “concettuale” e richiede all’insegnante di tradurre in categorie generali,astratte lo specifico problema di comportamento. Ad esempio, anziché dire: «Carlo titolgo un gettone perché avevi la testa sotto il banco mentre spiegavo», l’insegnante siesprime così: «Carlo, ancora una volta, ti sei disinteressato del compito»; oppure, alposto di «Grazia restituiscimi un gettone perché guardavi la foto di Paolo», dice: «Haiperso un gettone perché eri, come al solito, distratta».Nel corso del trattamento, si passa dalla definizione concreta dei comportamenti al fe-edback concettuale: utili entrambi, però, mentre il primo fornisce al soggetto informa-zioni chiare e univoche, l’informazione concettuale permette un maggior trasferimentodegli apprendimenti.

Il monitoraggio cognitivo. Il monitoraggio cognitivo consiste nell’insegnare a un ra-gazzo a rispondere al suono di un campanello emesso a intervalli regolari, indi-cando se stava o meno prestando attenzione al compito nel momento di emissione delsegnale acustico.All’alunno si consegna una striscia di carta con due colonne, “sì” e “no”, quindi si as-segna il compito; al suono del campanello il ragazzo farà una crocetta sul “sì” se pensache, in quel preciso instante, stava prestando attenzione; l’apporrà sul “no” se riterràdi essere stato disattento. Non importa che ci sia corrispondenza tra le risposte e la re-

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altà, ciò che conta è che l’allievo cominci a rimanere più attento. Se questo si verifica,l’intervallo tra i suoni del campanello verrà prolungato e, di conseguenza, l’alunnodovrà concentrarsi per periodi più lunghi senza il supporto di alcuno stimolo esterno(l’attenzione al campanello richiama la sensibilità alle proprie condizioni attentive e,da questa sensibilità sollecitata, si origina la consapevolezza dell’opportunità di rima-nere attenti).

Il training diretto sulle abilità sociali. I bambini e i ragazzi che presentano un livellodi attivazione psicofisiologica scarsamente controllato, che hanno difficoltà nell’ini-bizione delle risposte, spesso, non controllano adeguatamente il proprio comporta-mento sociale9. Per questa ragione il trattamento della SDA prevede anche tecniche diinsegnamento di problem solving interpersonale. Le abilità che più difficilmente rie-scono a conseguire i soggetti in SDA e che costituiscono gli scopi dell’intervento ditraining interpersonale sono: a) saper entrare nelle attività di gruppo;b) saper reagire alle provocazioni(sapersi difendere e continuare a farsi accettare dai

compagni);c) reagire all’insuccesso;d) seguire regole sociali;e) rispondere alle attese degli insegnanti.

Il programma di intervento prevede:a) la definizione degli obiettivi da far perseguire al bambino (pochi ma buoni, nel

senso di corrispondenti alle difficoltà che effettivamente accusa l’allievo);b) insegnare a trattenere le reazioni impulsive (mediante sessioni durante le quali, in-

tervallati da tecniche di rilassamento, vengono condotti simultaneamente un trainingdi autoistruzione verbale e un training all’uso delle strategie cognitive per insegnarea scomporre ogni problema nelle sue componenti e a organizzare razionalmentel’impegno di lavoro);

c) insegnare a produrre soluzioni alternative (ponendo degli interrogativi circa l’op-portunità di trovare nuove vie d’uscita e stigmatizzandole risposte degli allieviquando, come di consueto nei soggetti in SDA, inutilmente scioccanti, irriflesse,infantili);

d) insegnare a usare il pensiero consequenziale (l’alunno deve pensare alla sequenzacompleta degli eventi e delle situazioni che succederebbero logicamente a ciascunadelle differenti soluzioni date);

e) insegnare a riconoscere e a gestire le emozioni (secondo la proposta di Bash eCamp10):

1. Far capire la necessità di riconoscere un’emozione particolare2 Mostrare le espressioni facciali che la caratterizzano3. Darle un nome4. Definirne le caratteristiche5. Presentare un esempio personale6. Ripetere la definizione7. Mostrare un figura e chiedere la causa dell’emozione espressa

9 G. Contessa, Psicologia di gruppo, La Scuola, Brescia, 1999.10 E. Kirby, L. Grimley, op. cit., p. 119.

3.2 L’apprendimento cooperativo

Qui, la cooperazione tra allievi sarà considerata per l’apporto che puòfornire al miglioramento delle capacità di attenzione dell’allievo a causadella partecipazione diretta all’attività e all’acquisizione delle conoscenzeche promuove e in ragione dell’elevato livello motivazionale che può con-tribuire a stimolare.

La maggior partecipazione si lega alla possibilità di determinare, insiemead altri – in presenza ovvero anche a distanza con l’ausilio delle tecnologieinformatiche – le procedure e le modalità di esecuzione di un’attività o dirisoluzione di un problema; l’elevato livello motivazionale deriva dallostesso stare insieme ad altri, dai processi affettivi che si sviluppano, dallavoglia di contribuire e di non essere da meno.

Maggiore partecipazione e livello motivazionale più elevato stimolanol’allievo ad essere più attento, a non distrarsi, a rimanere concentrato.

La proposta che presentiamo11, il Learning Together si fonda su cinqueelementi fondamentali:

- l’interdipendenza positiva (che vincola i componenti di un gruppo alraggiungimento di uno scopo);

- l’interazione diretta costruttiva (che si riferisce ai comportamenticon i quali i membri del gruppo mostrano interesse per il raggiungi-mento dell’obiettivo);

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11 D.W. Johnson, R.T. Johnson, E. Holuber, Apprendimento cooperativo in classe, Erickson,Trento, 1996.

8. Ripetere con un’altra figura l’esercizio n. 79. Cosa dire o fare per diminuire o intensificare quell’emozione10.Promuovere esercizi di mantenimento

Il Programma cognitivo-comportamentale viene realizzato in sessioni di due ore ciascuna,per quattro giorni alla settimana, nell’arco di sette settimane. Ciascuna sessione si articolain tre parti: la prima, di autoistruzione verbale, tesa a far comprendere agli alunni che, ap-plicando tutti i passi della sequenza autoistruttiva (calmarsi, individuare un piano realistico,osservare il proprio comportamento, controllare gli impulsi, ecc.), potevano miglioraredi molto le loro abilità scolastiche e sociali; la seconda prevede il trasferimento dei co-mandi autoistruttivi in campi e attività più strettamente scolastici; la parte conclusivaviene, invece, dedicata alla discussione collettiva e alla pratica nelle abilità interpersonali. Al Programma vero e proprio fanno seguito istruzioni per il suo “mantenimento”, damettere in atto a casa o a scuola e in tempi ulteriori e successivi rispetto a quelli deltrattamento originario.

- il buon uso delle abilità sociali;- la responsabilità individuale;- la valutazione del lavoro di gruppo.

Il ruolo dell’insegnante, nell’apprendimento cooperativo, consiste in unaserie di operazioni che favoriscono le capacità di apprendimento degli al-lievi e che, per quanto qui interessa, valorizzano le potenzialità attentive diogni alunno. Ne indichiamo alcune delle più significative (sempre nellaprospettiva di un potenziamento delle capacità di attenzione), servendocidi questa prospettiva per dare uno sguardo d’assieme a tutto l’itinerario diapprendimento cooperativo proposto dal Programma Learning Together diD.W. Johnson e R.T. Johnson.

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Prendere decisioni preliminari: assegnare i ruoli, sistemare l’aula, organizzare i mate-riali. Si tratta di risoluzioni che, tutte, si preoccupano di far partecipare lo studente ol’alunno alla vita della classe e alle attività di studio. L’assegnazione di un ruolo ri-chiede l’esecuzione di funzioni e la messa in atto, da parte del soggetto, di un buon li-vello di attenzione e di concentrazione. Inoltre, nell’espletamento delle sue attività, ilgruppo richiede ai suoi componenti l’individuazione e l’attuazione di funzioni che spe-cificatamente stimolano le capacità d’attenzione e di impegno consapevole: spiegareidee e procedure, registrare, controllare i toni di voce, i turni di intervento e i rumori,incoraggiare la partecipazione, osservare i comportamenti, fornire guida e sostegno,chiarire e illustrare, verificare la comprensione, elaborare, approfondire, ecc. Anchela sistemazione dell’aula – con allievi messi uno di fronte all’altro, non distanti e inmodo da poter sempre vedere l’insegnante – permette una più funzionale partecipa-zione alle attività di lavoro e stimola l’interesse e l’impegno dell’allievo. Lo stessoobiettivo viene perseguito attraverso l’organizzazione dei materiali di studio, orientataa evidenziare che si lavora uno per l’altro e per tutti. Gli allievi vengono, inoltre, messinella condizione-obbligo di interessarsi a quello che si verifica e di impegnarsi in quelche si sta facendo. L’attenta considerazione dei materiali di studio, permette di indivi-duare e, perciò, di evitare una serie di inconvenienti: lo studente che non si fa coinvol-gere, l’alunno dominante, la lontananza degli studenti che lavorano insieme. Allo scopoviene utilizzato il Metodo Jigsaw che permette di strutturare l’interdipendenza positivatra i membri del gruppo attraverso l’interdipendenza delle risorse.Le fasi di ogni lezione: - fornire le risorse ai gruppi cooperativi, formare coppie di studio (con membri di

gruppi diversi);- formare coppie di preparazione all’insegnamento (ancora con membri provenienti

da gruppi diversi per portare, successivamente, all’interno del proprio gruppo leproposte migliori e le spiegazioni più chiare);

- lavoro nei gruppi cooperativi (all’interno di ogni gruppo, ognuno dei componentiinsegna agli altri elementi della propria area di competenza e, a sua volta, imparail materiale di studio insegnato da altri);

- valutare il grado di padronanza del materiale raggiunto.

310

Spiegare il compito e l’approccio cooperativo: spiegare il compito e i criteri di va-lutazione, strutturare l’interdipendenza positiva, la cooperazione intergruppo e laresponsabilità individuale, impegnare le abilità sociali. Mettere a parte l’allievodelle caratteristiche dell’approccio cooperativo, dei vantaggi che ne derivano e sti-molarlo a stipulare, con gli altri componenti del gruppo, obiettivi comuni e a impe-gnarsi per perseguirli effettivamente, gli restituisce un ruolo attivo nello svolgimentodelle attività di studio e, perciò, favorisce l’esplicitazione consapevole ed efficacedei suoi processi attentivi.Strutturare la responsabilità individuale: ognuno degli studenti deve sentirsi respon-sabile dello svolgimento della sua parte di lavoro. Allo scopo, vengono effettuatefrequenti interrogazioni e somministrati test individuali. Inoltre, viene incaricato unmembro del gruppo – come abbiamo già visto – del ruolo e delle funzioni di verificae di valutazione della comprensione raggiunta dagli altri membri.Insegnare le abilità sociali: occorre, innanzitutto, fornire delle spiegazioni chiarecirca il comportamento richiesto, nella convinzione che a una maggior chiarezzacorrisponda un migliore adeguamento dell’alunno al compito richiesto. Le abilitàsociali da conseguire si riferiscono al comportamento degli studenti (stare in gruppo,usare un tono di voce adeguato), al funzionamento del gruppo (contribuire a inco-raggiare la partecipazione degli altri), alla capacità di esposizione (nelle sue varieforme: riassumere, raccontare, elaborare e rielaborare, ecc.), alla capacità di stimo-lare (mediante la discussione, il commento, la richiesta di spiegazioni). Promuovere momenti e capacità di monitoraggio e di regolazione dell’intervento:l’insegnante promuove azioni e attività idonee a stimolare le capacità di controlloe di autoregolazione dei gruppi e dei loro componenti, da un lato, provocando unamaggiore attenzione nei confronti delle operazioni che si stanno effettuando e, dal-l’altro, favorendo l’acquisizione di consuetudini positive all’interesse consapevolee all’impegno continuo. Alcune fasi: favorire l’interazione costruttiva diretta, (far)monitorare il comportamento degli allievi (con schede di valutazione, di autovalu-tazione e checklist di automonitoraggio individuale), invitare gli allievi a “chiudere”la lezione (ricapitolazione, individuazione dei punti salienti, sintesi a coppie i cuirisultati vengono poi comunicati nelle discussioni di gruppo). Stimolare la valutazione in gruppo: al termine dell’attività gli allievi organizzano,in primo luogo, momenti di feedback da dare e da ricevere. Le consegne principalisono: focalizzare il feedback sul comportamento e non sulle caratteristiche perso-nali, essere descrittivi e non critici, essere specifici e concreti (non generici eastratti), fornire feedback immediato (e non in ritardo), evidenziare soprattutto leazioni positive. In secondo luogo, si promuove una discussione di gruppo intornoai risultati realizzati e sugli elementi che hanno favorito oppure ostacolato l’appren-dimento cooperativo. Periodicamente, si partecipa alla discussione di classe dovesi riportano i risultati ottenuti dai vari gruppi e si fa il punto della situazione sul-l’apprendimento della classe. Quindi, l’insegnante incoraggia i gruppi a porsi degliobiettivi di miglioramento, da realizzare nelle riunioni successive, e a specificarecosa intendano fare per conseguirli.

Capitolo ventesimo

Modalità e tecniche di sviluppo delle strategiedi pensiero e degli stili cognitivi

1. Strategie di stimolazione e di sviluppo del pensiero divergente e crea-

tivo

Qui, in primo luogo, ci occuperemo delle tecniche rivolte a promuovereuna più diffusa creatività mentale e operativa di carattere e di applicazionegenerale (quindi anche nel campo della risoluzione di problemi). Successi-vamente, tratteremo, in maniera più puntuale le modalità di sviluppo delpensiero divergente impegnato nella soluzione di situazioni problematiche(problem solving).

Non scommettiamo sull’esistenza di una reale separazione tra i due tipidi pensiero, anzi riteniamo fondata l’idea di implicazioni e corrispondenze;li distinguiamo, soltanto, per comodità di presentazione e di analisi.

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Pensieri ed emisferi. Spesso, si addebita alla scuola la pervicace, stereotipata e gene-ralizzata frequentazione di operazioni mentali di tipo logico-linguistico nell’assolvi-mento dei più diversi compiti di natura cognitiva. Tutto questo a danno, immediata-mente, dell’efficacia degli stessi processi cognitivi attivati e, in una prospettiva d’ana-lisi più ampia, delle possibilità di sviluppo di altre forme di operatività mentale e dellapiù generale maturazione psicologica e cognitiva.Al contrario di quanto spesso si verifica, a scuola, è necessario promuovere il potenzia-mento di tutte le forme e funzioni della mente pensiero, di quelle che, presumibilmente,si attivano nell’emisfero sinistro (logica, razionalità, pensiero convergente) e nell’emi-sfero destro (creatività, intuito, pensiero divergente) del nostro cervello.La prima strategia di potenziamento, allora, dovrà elaborarla e metterla in atto l’insegnante.In primo luogo, facendo sperimentare con buona continuità agli allievi situazioni di studioche richiedano pressantemente il contributo di forme di pensiero divergente.In secondo luogo, è necessario che le discipline e le attività che più direttamente of-frono occasioni di sperimentazione del pensiero creativo, acquistino valore all’internodegli obiettivi didattici da perseguire e nella complessiva costruzione del curricolo.In terzo luogo che, corrispondentemente, vengano maggiormente presi in considera-zione i risultati (positivi o negativi) conseguiti in quei campi di attività e mediante lo

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1 A. Antonietti, M. Bianchi, M. Giorgetti, Analogie e metafore, Erickson, Trento, 1999.

sviluppo di strategie originali. E che non ci sia la distanza attuale, nei giudizi di inse-gnanti, allievi e genitori, tra il valore formativo e culturale attribuito alla lingua o allamatematica rispetto a quello assegnato al disegno o alla musica. Perciò, una buona va-lutazione dell’alunno nelle prime due discipline non deve “valere” di più di quella rea-lizzata nelle seconde. Ancora, che non si elabori un’interpretazione estensiva delle capacità dimostrata neisettori linguistico e logico-matematico fino a renderle unilateralmente rappresentativedelle facoltà intellettuali e dell’intelligenza tout court. E che, non si attui, viceversa,una lettura eccessivamente riduttiva delle competenze cognitive connesse a una buonaattitudine all’elaborazione espressiva e artistica. Che possa, quindi, essere considerato“intelligente” anche l’alunno che sa disegnare! Strategie per il potenziamento delle abilità generali di pensiero divergente e crea-

tivo. Diverse sono le modalità (le occasioni, le procedure, le intenzioni, ecc.) che possonoconcorrere a sostenere, potenziare, talvolta anche a “generare” il pensiero divergente ecreativo. Ne citiamo qualcuna, ricordando che perché possano risultare efficaci devonoinserirsi in un contesto educativo, relazionale e culturale caldo, aperto, coinvolgente,partecipato. Pena l’artificiosità operativa e, persino, l’omologazione cognitiva (da con-senso generalizzato intorno a specifiche tecniche apparentemente di successo).Costruzione di metafore, aforismi, poesieCondizione preliminare e di base per l’acquisizione di strategie di potenziamento delpensiero creativo è costituita dalla capacità di ogni allievo di elaborare metafore1.L’abilità metaforica permette al bambino di operare quella “traslazione” mentale daun oggetto all’altro, quell’associazione o avvicinamento di un fenomeno ad un altro,che potrà consentire successivamente l’elaborazione-espressione-liberazione di im-magini creative.La capacità di costruire metafore, in fondo poi, non è qualcosa che gli individui devonoapprendere ex-novo: fa parte di quel repertorio di consuetudini euristiche e, in generale,di pensiero di cui, in misura, maggiore o minore, siamo tutti quanti dotati. Lo ritro-viamo nei discorsi quotidiani, nei proverbi e nei detti popolari, in particolar modo dif-fuso nel pensiero primitivo. La poesia se ne serve con notevole continuità, al punto da rendere impensabile la suasopravvivenza senza il contributo delle sollecitazioni e delle soluzioni metaforiche.Del resto, non dipende, forse, anche dalla potenza e dalla resa metaforica dei versi laqualità dell’elaborazione poetica? E non rintracciamo nell’abilità di associazione me-taforica il segno distintivo di un poeta, il suo distinguensi o distanziarsi da altri poeti,oltre che da noi?A scuola si devono individuare e praticare percorsi di valorizzazione delle capacitàspontanee e individuali di elaborare metafore, in tutti i settori, da quello espressivo-artistico, a quello comunicativo, a quello scientifico. La poesia vanta una buona presenza tra i contenuti linguistici e letterari che si intro-ducono nelle classi di ogni grado di scolarizzazione. La questione fondamentale èquella di sostenere gli alunni nel “servirsene” per valorizzare la creatività potenzial-mente presente dentro ciascuno di loro, sia quando fruiscono dell’ascolto o della letturadi un testo poetico, sia quando si cimentano in lavori di autonoma elaborazione riela-borazione poetica.

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2 F. Nietzsche, Umano troppo umano, II vol., afor. n. 38, Mondadori, Milano, 1970, p. 148.3 E. De Bono, Il pensiero laterale, Rizzoli, Milano, 1972.

La poesia, letta o scritta, consente di far viaggiare la mente oltre…, favorisce accosta-menti impensabili, sfrutta la capacità generativa del linguaggio nella produzione dinuovi pensieri, di nuove immagini, di nuove sensazioni (opposta e complementare aquella di fedele traduttrice-trascrittrice). Due parole, infine, sulla produzione di aforismi. Questa forma di espressione lingui-stica, prima di essere letteraria, corrisponde alla spontanea disposizione dell’uomo aformulare definizioni e pensieri significativi intorno agli argomenti di maggior fascinoo interesse. Ne riportiamo uno da “Umano, troppo umano” di F. Nietzsche2: «Il ri-morso: Il rimorso è, come il morso del cane contro una pietra, una sciocchezza».Ci poniamo degli interrogativi, ci diamo delle risposte; in mancanza di procedure e ri-levamenti scientifici (o, anche, per meglio darne una sistemazione definitiva), proce-diamo con quel che abbiamo, con i pensieri che siamo in grado di elaborare. Finchénon ne stacchiamo uno che ci sembra più adatto degli altri a rappresentare anche visi-vamente il nostro punto di vista, la nostra opinione. Quello, tradotto in una forma lin-guistica concisa, conclusa, quasi oracolare, è l’aforisma. Bisogna chiedere ai ragazzi di elaborare pensieri da strutturare in aforismi: costitui-scono prove della loro capacità di pensiero e sono dei tentativi di farlo lievitare.

- Il pensiero laterale Lo scopo di questa tecnica ideata da E. De Bono3 è quello di sostenere la mente a flut-tuare intorno ai pensieri e alle idee, cercando soluzioni innovative e percorrendo stradenon tradizionali. De Bono ritiene che per potenziare le capacità di pensiero, soprattutto di quello diver-gente, degli allievi sia necessario abbandonare i sentieri del pensiero cosiddetto “ver-ticale”, i suoi rigidi e stretti binari logici e critici. Occorre, sperimentare, invece, formedi ragionamento a tutto campo, in grado di prendere in considerazione tutto ciò cheesiste intorno al soggetto impegnato in attività di conoscenza. Per questa ragione sideve:a. partire dalla identificazione delle idee dominanti che rischiano di erigere un muro

contro l’elaborazione di idee creative e insolite;b. provare a riconoscere e identificare nuovi percorsi mentali per effettuare congrue

indagini della realtà;c. riuscire a cogliere la rigidità, la fissità, la linearità del pensiero “verticale” o logico-

razionale, allo scopo di provocare delle crepe o delle fratture nel blocco monoliticodelle sue costruzioni concettuali e recidere i legami che tali modalità di conoscenzaimpongono al soggetto conoscente;

d. prestare la massima attenzione e prendere in grande considerazione gli episodi ca-suali, fortuiti e accidentali per ricavare spunti e sollecitazioni verso nuove idee epensieri. Soprattutto, è necessario che ogni soggetto impari a muoversi in tutte ledirezioni possibili, le meno previste, le più apparentemente illogiche.

Ovviamente, al centro di questa strategia di potenziamento delle componenti creativedella mente, sono le modalità di apprendimento casuali-intuitive.

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4 E. De Bono, Sei cappelli per pensare, Rizzoli, Milano, 1991.5 K. Popper, Tutta la vita è risolvere problemi, Rusconi, Milano, 1994.

- I sei cappelli del pensiero creativoSi tratta di un’altra tecnica di pensiero divergente ideata ancora da E. de Bono, diffu-sissima nel mondo del lavoro, ma che è riuscita a dare importanti sollecitazioni anchenel mondo dell’insegnamento e, in generale, della formazione culturale4.L’autore propone di esercitarsi a pensare cercando di non sovrapporre logica ed emo-zioni, creatività con informazioni, ma, al contrario, tracciando un confine netto tra levarie forme di pensiero. Se il soggetto non è consapevole del tipo di pensiero che staadoperando o che sarebbe opportuno adoperare in una determinata situazione cono-scitiva si condanna a una fatica di gran lunga superiore alle proprie forze. I «sei cap-pelli» corrispondono, mediante i loro colori ad altrettanti tipi di pensiero.CAPPELLO BIANCO – pensiero referenziale (dati e fatti oggettivi).CAPPELLO ROSSO – pensiero emotivo (emozioni e sensazioni).CAPPELLO NERO – critico (valutazioni critiche e negative).CAPPELLO GIALLO – positivo (soluzioni efficienti, proposte, progetti).CAPPELLO VERDE – creativo (idee e approcci nuovi, cambio di schemi, logica del-l’assurdo).CAPPELLO BLU – metacognitivo (controllo, organizzazione, sintesi, ordine).

Quando inizia il gioco, ogni giocatore ha a disposizione 6 cappelli e deve deciderequale indossare a seconda di come la discussione procede. Seguiranno pensieri e ri-flessioni – da comunicare al gruppo o al singolo interlocutore – corrispondenti al «cap-pello» prescelto per l’occasione.Di notevole rilevanza il peso attribuito alla capacità del soggetto-allievo di modificareil suo modo di pensare adeguandolo alla situazione vissuta, alle intenzioni, agli obiet-tivi che ci si propone di realizzare. Elevato il contributo che, seguendo tale procedura, si finisce per assicurare al pensierodivergente, alla possibilità, quindi di tentare soluzioni creative, in linea con il tipo dicappello-pensiero scelto o da scegliere. E che sia aperto alla varietà delle diverse op-zioni e non delimitato da canoni rigidamente ossequiosi di modalità predefinite di ela-borazione mentale. Con il cambio del cappello si aiutano gli allievi a sporgersi da un’altra parte, a guardareil mondo con altri occhi e a considerarlo con nuovi modi di pensare.

Strategie per la risoluzione di problemi. Si dice che l’uomo inciampi sui problemi:questo è quanto gli capita, è il suo destino. Perciò, se non vuol soccombere sotto i colpidi quest’ultimo, deve, di necessità, attrezzarsi per affrontare e risolvere i problemi chela vita gli propone. Ma inciampare sui problemi e tentare di risolverli non è soltanto,e insieme, una condizione esistenziale e un’operazione di sopravvivenza. È, anche, lamaniera secondo la quale l’umanità è riuscita nel tempo e riesce quotidianamente aprogredire nell’acquisizione delle conoscenze e delle abilità5: sia che, entrambe, le siriferisca alla cultura che le contiene, organizza, rielabora, perfeziona, adopera; sia che lesi consideri come patrimonio conoscitivo e cognitivo di ogni individuo.Risolvere problemi non significa soltanto occuparsi di matematica, ma cercare solu-zioni, – di diverso tipo, di differente natura a seconda del campo di apprendimento e

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dell’attività da espletare – per affrontare i problemi di conoscenza che i curricoli pro-pongono.In realtà, uno degli appunti da fare alla nostra scuola, è proprio quello di proporrescarse occasioni di problematicità conoscitiva, rare circostanze di richiesta di mobili-tazione di energie intellettuali per la risoluzione di situazioni di conoscenza effettiva-mente problematiche. Il più delle volte, durante le attività di studio, si esegue, non sideve risolvere niente; in altre circostanze i “problemi” sono solo apparenti, perché ineffetti sono delle esercitazioni cammuffate. Vige, inoltre, la convinzione che “problemi” siano soltanto quelli della matematica o,al più, delle scienze sperimentali, quando queste richiedono (come per la fisica e lachimica) operazioni e modalità di soluzione di tipo matematico. Ancora, la risoluzione dei “problemi” a scuola, è, spesso, una maniera per risolvereun altro problema, quello di riuscire ad ottenere una buona valutazione, piuttosto checorrispondere alla richiesta di soluzione di un interrogativo di conoscenza. Allora se a scuola non si propongono e provocano situazioni realmente problematiche,riuscirà difficile all’insegnante tentare di perseguire obiettivi di potenziamento delleabilità di risoluzione dei problemi o, ancor più, di sviluppo di un “atteggiamento stra-tegico” (e delle corrispondente capacità di saper scegliere, tra le tante, la strategia ri-solutiva adeguata allo specifico compito di apprendimento).Di converso, se si intende far acquisire abilità specifiche e una più generale e com-prensiva capacità strategica di risoluzione di situazioni problematiche bisogna, in primoluogo, che ci siano i “problemi”, le situazioni autenticamente problematiche: coinvol-genti, realmente bisognose di soluzioni anche non previste dallo stesso insegnante,non lontane dalla concreta esperienza quotidiana, anzi in grado di utilizzare quest’ul-tima per promuovere l’acquisizione di conoscenze e concetti e per provocare lo svi-luppo di capacità risolutive.Condizione necessaria, quindi, per lo sviluppo di strategie di risoluzione di problemio di problem solving, è l’organizzazione di un curricolo che riservi una parte rilevantedelle attività didattiche predisposte per l’apprendimento alla sperimentazione di situa-zioni autenticamente problematiche.

I momenti e le fasi del problem solvingI problemi non sono tutti uguali, né si può pensare che chi dimostra di saper trovare lasoluzione una volta, poi necessariamente, sia in grado di farlo in ogni circostanza. Sappiamo quale ruolo giochino, nella possibilità di risolvere situazioni problematiche,le conoscenze e le abilità possedute dall’allievo, la sua capacità di impegnarsi, di re-sistere alla tentazione di abbandonare dopo i primi insuccessi, i suoi interessi, le mo-tivazioni che lo sollecitano. Conosciamo, inoltre, la variabilità delle prestazioni degli allievi, spesso anche del me-desimo allievo, a seconda delle specifiche caratteristiche del compito o del problemada risolvere. Rimane ciò nonostante in noi, negli insegnanti, un convincimento difficile da sradicare,quello che vi siano degli alunni che sanno risolvere problemi e alunni che non sannofarlo.A cosa sia dovuta, prima la convinzione, quindi la differenza tra le capacità risolutivedegli alunni è difficile dire in assoluto. Pare, però, che, da un lato, sia senza dubbiouna questione motivazioni e di impegno nello studio, dall’altro una faccenda di cono-scenze e di abilità.

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6 B.F. Jones, C.M. Rasmussen, M.C. Moffitt, Didattica per i problemi reali, Erickson,Trento, 1999.7 A.F. Ashman, R.N.F. Conway, Guida alla didattica metacognitiva, Erickson, Trento,1992.8 Due diversi approcci al Problem solving, in “L’arte di apprendere”, n. 9, Il Sole 24ore,Milano, 9.2.1996, p. 134.

Ma non basta, perché ad allargare le distanze tra le prestazioni – specifiche e in gene-rale – sembra contribuire la capacità del soggetto di risultare assiduamente “presente”nei vari momenti di sviluppo del problem solving:a) lettura, analisi e rappresentazione del problema b) valutazione preventiva circa le possibilità di risoluzionec) elaborazione di ipotesi globali circa le modalità di risoluzioned) individuazione della successione delle operazioni risolutive e) controllo e regolazione delle procedure adoperate e delle soluzioni parziali trovatef) valutazione definitiva di validità circa la soluzione adottata e i procedimenti ado-

perati.g) capacità di applicare le procedure risolutive adottate (tutte o una loro parte) a

nuovi problemi, dello stesso tipo o di natura differente (con gli opportuni adegua-menti).

La capacità di risoluzione dei problemi6 corrisponde a un’abilità di tipo generale, anchese promossa mediante la proposizione di specifiche situazioni problematiche e il ten-tativo di trovare soluzioni opportune a quelle. Talvolta, però, nella pratica didattica siha bisogno o voglia di insegnare agli alunni ad adottare alcune determinate strategiedi soluzione (perché “fondamentali”, perché si ha poco tempo, perché ci si è accortiche quelle adottate dall’alunno non funzionano, perché si ritiene che per far apprendereprocedimenti di problem solving o, in generale, per fare scuola è meglio o è più giustofare così, ecc.).In questi casi, si può puntare a riflettere su un’articolazione dello sviluppo del problemsolving in tre fasi7:a) Analisi del problema: l’allievo impara dall’insegnante a individuare le caratteri-

stiche del problemab) Applicazione della soluzione: l’insegnante esplicita all’allievo le procedure più ef-

ficaci per la risoluzione del problemac) Estensione: l’alunno impara, sotto la guida dell’insegnante, come e quando appli-

care le operazioni e i procedimenti adottati in modo efficace.

Alcune tecniche di problem solving. Prima di presentare alcune delle procedure spe-cifiche di problem solving (quelle che meglio possono essere inserite all’interno di unintervento didattico metacognitivo) proponiamo due diversi approcci: quello tradizio-nale e quello creativo8.- Problem solving tradizionale: ci si orienta verso una sequenza lineare di operazioni:

la presentazione del problema già analizzato e definito, la ricerca delle soluzioni(intese come modalità di lavoro e non come risultati ricavati dalla loro utilizza-zione), riflessioni circa le possibilità di applicazione delle soluzioni proposte, at-tuazione, verifica.

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- Problem solving creativo: si organizza una serie di operazioni caratterizzate da man-canza di linearità, da momenti di ricorsività procedurale, dalla pluridirezionalità edalla sperimentalità operativa, dalla non esaustività e non compiutezza dei singolisegmenti di ricerca. Le fasi: la presentazione del problema così come questo appare,una prima analisi delle soluzioni operative possibili, la ridefinizione del problema,la ricerca delle soluzioni esistenti (per evitare di reinventare procedimenti già “in-ventati” prima e da altri), la ricerca delle soluzioni alternative – o, nel brainstorming– Fase di Divergenza (con divieto di criticare, non considerare o rifiutare qualsiasiidea), l’approfondimento della Fase di Divergenza (con lo scopo di portare la menteoltre il limite determinato dalla consuetudine percettiva, logica, operativa, ecc.).

Prima di partire con le tecniche ci piace riportare una serie di consigli utili per un’ef-ficace e creativa risoluzione dei problemi9:1) Un problema è tale solo se esiste la soluzione (o le soluzioni). Altrimenti non è un

problema, è un dato di fatto. 2) Spesso la conoscenza è una trappola: nel risolvere un problema che conoscete molto

bene comportatevi come se lo incontraste per la prima volta.3) Le difficoltà che incontriamo per risolvere un problema possono trasformarsi in

preziosi suggerimenti se ci spogliamo dei nostri abituali schemi di pensiero.4) La creatività è una competenza e come tale può essere appresa: sforzatevi, ogni

giorno, di coltivare il coraggio, la curiosità, il pensiero positivo, il gusto per l’inso-lito.

5) Imparate a riconoscere e combattere i cosiddetti killer della creatività: noia, ripeti-tività, paura del nuovo, inibizione, timore di apparire ridicoli, eccetera.

6) Nel risolvere un problema, puntate prima alla quantità e solo successivamente allaqualità della soluzione trovata.

Le tecniche: La lista delle operazioni Fredericksen10 ha stilato una lista di operazioni allo scopo di promuovere, negli alunnie negli studenti, la strutturazione di abilità di problem solving trasferibili perché effi-cacemente applicabili a una tipologia diversificata di situazioni problematiche.1. Cerca di farti un’idea generale del problema, senza curarti troppo dei dettagli.2. Sospendi il giudizio fino a quando non disponi di sufficienti informazioni.3. Semplifica il problema usando parole-chiave, diagrammi, simboli.4. Cerca di cambiare il modo in cui il problema è presentato.5. Poniti delle domande intorno al problema e quindi cambia la forma delle domande.6. Cerca di essere flessibile nel tuo approccio e prova a criticare o a mettere in discus-

sione qualsiasi assunzione data per scontata.7. Ripercorri in senso contrario le tappe della procedura che hai adottato. 8. Dedicati ad obiettivi più accessibili all’interno del problema.9. Usa analogie e metafore.10.Verbalizza ad alta voce il problema e la tua attività.

9 L’arte di apprendere, in “Il Sole 24ore”, n. 9, Milano, 9.2.1996, p. 143. 10 A.F. Ashman, R.N.F. Conway, op. cit., p. 122.

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La strategia IDEALIDEAL, è un programma di problem solving elaborato da Bransford e deve il suo nomealle iniziali delle operazioni che lo caratterizzano: Identifica, Definisci, Esplora, Agisci,Verifica (Look) gli esiti11. Lo presentiamo, permettendoci di assegnare alle varie fasiquelle che, a noi, paiono pertinenti osservazioni e considerazioni di natura didattica:Identifica: il processo di risoluzione di un problema inizia con il riconoscimento delproblema in quanto tale; non tutti sanno riconoscere un problema, in primo luogo, glialunni quando si trovano a praticare un’attività di studio per loro inedita o quando nonpossiedono le conoscenze e le competenze necessarie per identificarlo e per affrontarlo. Definisci: una volta che lo studente si è dimostrato in grado di riconoscere l’esistenzadi un problema deve saperlo analizzare e definirne la natura. Spesso gli allievi trascu-rano la lettura attenta del problema, spesso gli insegnanti non li stimolano ad effettuarlae a promuoverne la successiva analisi. Si aggiunga, a queste difficoltà, la consuetudinedi presentare i problemi quasi esclusivamente in forma scritta ed essenzialmente perconsentire l’acquisizione di conoscenze, di concetti e di procedure di tipo logico-ma-tematico. A causa di queste ragioni, chi ha poca dimestichezza con la lettura, chi accusadifficoltà di comprensione del brano scritto, viene tagliato fuori dalla possibilità di ri-soluzione del problema. Un invito, allora: attrezziamo pure, gli alunni a leggere il pro-blema, ma proponiamo, anche, forme presentazione di situazioni problematiche nonnecessariamente già codificate in linguaggio scritto e richieste di lettura, rappresenta-zione e analisi non solo di tipo verbale. Esplora: bisogna raccogliere dati sul problema, recependo anche le suggestioni rea-lizzate nella fase di lettura e analisi del problema. Successivamente si sceglie anche lastrategia risolutiva che s’intende adottare. A riguardo, ancora, delle operazioni di esplo-razione è bene pretenderne anche un’interpretazione letterale e cioè che l’esplorazionesi effettui realmente; è bene, cioè, che si vada alla ricerca di dati e di informazioni.Ma la condizione imprescindibile è che ci sia un territorio effettivamente da esplorare,delle ricerche da effettuare, delle soluzioni inedite da elaborare. E, non semplicemente,una rimasticatura di dati già presenti nel testo del problema, in qualche modo da col-locare accanto a operazioni di risoluzione ripetitive e quasi automatiche.Agisci: è il momento di applicare la strategia di cui si dispone, quella che, dopo le fasipreparatorie di definizione ed analisi del problema e dopo aver ipotizzato modalità disoluzione impegna direttamente all’azione. Verifica (Look): si prendono in considerazione i risultati (parziali o globali) e si con-trolla mediante gli stessi l’efficacia della strategia adottata.

Il brainstormingSi tratta di una tecnica che, da un lato, utilizza il cervello per aggredire e sconvolgereun problema, dall’altro lato, adopera la situazione problematica per provocare e scuo-tere la mente e le idee in essa contenute. Il brainstorming, se è una procedura efficacedi risoluzione di problemi, trova applicazione in altri settori di attività cognitiva (ac-certamento e sviluppo delle conoscenze, preparazione a discussione intorno a temi dirilevanza sociale, incentivo e valorizzazione dell’espressività linguistico-comunicativa,ecc.).Ha bisogno, per rendere al meglio delle sue possibilità, della presenza attiva di ungruppo di 10-15 persone.

11 A.F. Ashman, R.N.F. Conway, op. cit., p. 122.

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Il brainstorming inizia generalmente con una fase di “riscaldamento” del gruppo, pro-mossa il più delle volte mediante simulazioni. Si introduce un problema strano oppuresi devono cercare gli aspetti positivi in una situazione di vita particolamente curiosa.L’esercitazione ha lo scopo sia di far “entrare” il singolo componente nella situazioneoperativa che si troverà ad affrontare, sia di sciogliere gli imbarazzi individuali di cia-scuno di fronte all’altro e al gruppo. È una fase da non trascurare soprattutto quandoil gruppo non ha consuetudine con la tecnica del brainstorming e/o è di recente costi-tuzione. Importantissimo è il ruolo rivestito dal conduttore o veicolatore del gruppo; con il suoentusiasmo, con la sua carica può far molto per rendere produttiva questa fase ed effi-cace tutto il procedimento. Dopo il “riscaldamento”, viene spiegato cos’è il brainstorming: una specie di giocomentale “sociale” che crea una reazione a catena tra le idee portate dai partecipanti.Infatti, ognuno deve cercare di seguire il flusso associativo delle idee, dei pensieri,delle immagini fino a quel punto prodotte. Si invitano i componenti del gruppo ad esprimere le loro idee con la rassicurazioneche nessuna idea verrà scartata e con l’avvertenza che non sarà permesso criticare leidee portate da altri. Si raccolgono le soluzioni su un cartellone. Non è male, nel frattempo, audio o video-registrare quanto accade, sia per non perdere alcuna idea o per poterla recuperare infretta, sia per ricostruire significativi momenti di comunicazione. Le idee sono lì, sotto gli occhi di tutti, ognuno ne prende in considerazione alcune edentro di sè, fatalmente, giudica. A questo punto si aprono due strade: prendere effet-tivamente in considerazione le soluzioni adottate e procedere fino alla ricerca di unasoluzione condivisa; trascurare le idee espresse e proporsi di andare oltre, di produrresoluzioni ancora più al limite, ancora più divergenti. Nel primo caso, si eliminano, dapprima i “doppioni”, quindi si accomunano le ideevicine o simili in una nuova formulazione linguistica; sulle idee rimaste, poi, si adot-tano le modalità della discussione collegiale, fino al raggiungimento di soluzioni con-divise. Se il consenso risulta arduo o improbabile da realizzare, fa nulla: si lascia aicomponenti la possibilità di restare fedeli alle proprie opinioni e di seguitare, a modoloro, di tentare di risolvere il problema. Nel secondo caso, si cerca di volare a cavallo delle idee, si va oltre il limite, si tentanostrani e originali accoppiamenti, si elaborano soluzioni divergenti, fuori dal comune edalle maglie strette intorno alle menti dalle abitudini di pensiero e di conoscenza. Unodei modi di prosecuzione, secondo tale orientamento, del brainstorming è la tecnicache presentiamo appresso: Sinetics.Due annotazioni, in conclusione, uno sulle procedure pratiche di attuazione, l’altra suivantaggi più evidenti connessi all’utilizzazione di una simile tecnica.Procedure: le sedute di braistorming possono essere effettuate a ruota libera (senza re-gole prefissate, i componenti si esprimono liberamente, un verbalizzatore trascrivetutto quello che viene espresso da ogni partecipante), a turno (rotazione degli interventisecondo un predeterminato “giro di tavolo” che termina quando pare essersi esauritacompletamente la scintilla della creatività), con il supporto di schede cartacee (anno-tazione personale delle proprie idee e, al termine della sessione, rielaborazione e rior-ganizzazione delle stesse schede).Vantaggi: a) quantità rilevante di idee e conoscenze da far fruttare; b) semplicità diraccolta e di facilità di integrazione delle nuove idee; c) proliferazione di soluzioni in-

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novative rispetto alla situazione da risolvere; d) effetto di trascinamento causato daicomponenti più attivi del gruppo su quelli meno disinibiti; e) miglioramento dell’au-tostima e della fiducia nelle personali capacità risolutive; f) aumento del livello emo-zionale nello svolgimento delle attività di apprendimento; g) esperienza diretta dipartecipazione alla risoluzione di un problema che appartiene a tutti; h) valorizzazione,insieme delle capacità di risoluzione, delle capacità individuali e collegiali di rifles-sione.

SineticsLa Sinettica ovvero il ricondurre le idee a unitarietà, è una tecnica di dinamica mentaleche consta sull’unione di diversi elementi e si fonda sull’utilizzazione di metafore im-maginifiche.Ciò che si chiede al gruppo non è la produzione di idee fattibili quanto di idee che af-fascinano; su queste, strambe, bizzarre, fantasiose e fantastiche i partecipanti interven-gono per renderle attuabili e in grado di dare contributi inediti, e al tempo stesso, validiper un’efficace e originale soluzione di un problema.Si devono cercare quattro tipi di analogie: diretta, simbolica, fantastica e personale. DIRETTA – In questa fase si deve cercare di mettere in collegamento diretto e paleseil problema da affrontare con un campo di fenomeni conosciuti; campo che, proprioper la sua analogia con l’oggetto o con l’area delle sue funzioni, potrebbe consentireuna fluida progressione di idee verso una soluzione inedita nonché efficace.SIMBOLICA – Si cerca una relazione tra l’oggetto o il fenomeno e il mondo delle im-magini: dal serpente, alla nuvola, dalla palla alla spada.FANTASTICA – Si prosegue il lavoro trasferendo il collegamento oggetto-simbolonel mondo della fantasia. Si invitano i partecipanti a sognare ad occhi aperti, per poteresempre più e meglio calarsi nel problema, nella parte. Così si comincia a proporrel’identificazione delle persone con il simbolo prescelto e si chiede loro di esprimereverbalmente ciò che stanno facendo, cosa “sentono”, cosa “vedono”.PERSONALE – Prosegue lo sforzo di identificazione, a questo punto di carattere stret-tamente personale, tra l’oggetto o il problema, il simbolo prescelto e la persona. Questaforma di identificazione, con l’allentamento dei propri fremi inibitori, favorisce lapresa di contatto diretto del problema da parte del soggetto.La tecnica “Sinetics” può essere applicata da sola o come prosecuzione e approfondi-mento del lavoro di un gruppo che si è cimentato in un’altra tecnica, ad esempio, ilbrainstorming. Dopo l’analisi e la definizione del problema si passa alla sessione creativa che non siesaurisce se non dopo la produzione di almeno 20-30 idee. Queste vengono, poi, sele-zionate e precedono una fase di nuova definizione del problema che richiederà l’ela-borazione di 6-7 idee specifiche. I contributi fino a questo punto prodotti vengonoulteriormente perfezionati prima di essere utilizzati per la definizione e la messa inatto delle soluzioni possibili.

Il brainwritingÈ, in sostanza, una modalità di braistorming effettuato con il supporto di carta e penna.Questa procedura, la si usa, in alternativa o in maniera complementare rispetto all’uti-lizzazione del brainstorming quando il team, essendo costituito da molti componentinuovi e con scarso affiatamento, da un lato, vive la presenza di barriere emotive (im-barazzo, vergogna, timidezza, ecc.), dall’altro lato, non riesce a esprimere adeguata-

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mente quella velocità associativa, ideativa ed espressiva che è una caratteristica salientedi quella tecnica di stimolazione mentale. Il brainwriting comincia con la comunicazione di una domanda- problema e la richie-sta, rivolta a ognuno dei presenti, di trascrivere la propria risposta-soluzione su un fo-glio di carta da deporre successivamente sul tavolo. Qui si “raccolgono” le idee chevengono messe a disposizione di ogni componente del gruppo. La lettura dei diversifoglietti presi dal tavolo, insieme a quella realizzata mediante lo scambio diretto congli altri componenti del gruppo, promuove l’ideazione di nuove idee, di nuove imma-gini, di inedite soluzioni.Questa tecnica, facilmente adattabile alle consuete situazioni di studio e di risoluzionedei problemi vissute a scuola, può fornire un potente contributo alla possibilità di li-berare il pensiero di ciascuno senza che vincoli, anche di carattere emotivo-relazionale,ne ostacolino lo sviluppo. Inoltre, si rivela una significativa occasione di reale risolu-zione di situazioni problematiche da parte della classe e, insieme, di sperimentazionee di acquisizione – individuale e collettiva – di modalità proficue di problem solving.

Il pensiero antiteticoÈ un modo di «pensare alla rovescia», da adoperare soprattutto quando le situazionisembrano senza via d’uscita. Si dimostra, spesso, un valido sistema per tentare di af-frontare e vivere la situazione problematica in maniera meno preoccupata e ansiogena.Al tempo stesso, riesce a promuovere l’ideazione di soluzioni inimmaginabili, perlo-meno a prima vista. Il pensiero antitetico, nato e adoperato soprattutto per risolvere situazioni delicate enegative nel campo degli interessi commerciali, finanziari e imprenditoriali, senzagrosse difficoltà, può trovare delle significative applicazioni tra le pareti scolastiche. L’idea di base è proprio quella di trovare una soluzione valida trasformando l’agentenegativo in agente positivo. Se a scuola, ad esempio, l’eccessiva mobilità degli allieviè il problema, occorrerà valorizzare questa caratteristica inizialmente negativa, perpromuoverla fino a livelli di eccellenza nel campo dello sport o della danza. E lo stessopuò essere detto a proposito dell’eccessiva verbosità da trasformare in capacità di ela-borare e recitare monologhi o altri generi teatrali. Un’operazione di questo tipo può essere tentata anche a vantaggio delle possibilità dirisoluzione di specifici problemi didattici, matematici, scientifici e non.

La tecnica della catastrofeSi tratta di una tecnica che può essere introdotta anche nel corso stesso di operazionidi brainstorming e di brainwriting oppure può essere adoperata per conto proprio. Sibasa su un proposito: cercare di peggiorare sempre più, anche mediante esercizi di si-mulazione, la negatività o la problematicità di una situazione allo scopo di potere ro-vesciare le idee sbagliate o negative e trarne nuovi spunti creativi.Se mettiamo gli allievi di fronte a un problema di carattere scientifico particolarmenteimpegnativo, cominciamo a chiedere loro come fare perché, di sicuro, l’esperimentofallisca o la soluzione non si trovi. Verranno richieste le idee più grottesche, strane, ir-razionali. Nel rispondere, gli allievi, si sfogheranno mettendo fuori da sé una quota si-gnificativa di aggressività repressa, liberandosi delle e dalle “pretese” della logica edelle sue argomentazioni. Le soluzioni irrazionali elaborate, poi, costituiranno il reper-torio delle operazioni da non fare, delle idee da rifuggire. Del resto, una delle modalitàpiù spontanee, preliminari alla risoluzione di un problema di vita, è proprio quella diesprimere, esaminare ed eliminare le cose e le operazioni che non si devono fare.

2. Aspetti generali delle strategie di ragionamento e di riflessione

Negli ultimi anni sono state sperimentate una serie di procedure e di pra-tiche di sostegno alle capacità di ragionamento e di riflessione degli allievi.

L’assunto di base è costituito da una considerazione che trova quotidianee continue conferme: non basta, non è sufficiente lo studio delle disciplineper imparare a ragionare e riflettere.

D’altro canto, pare evidente che, senza una buona predisposizione e unadiscreta abilità in questi due settori degli atti cognitivi, riesce difficile con-seguire buoni risultati nello studio e nell’apprendimento. Non è, infatti,semplice, apprendere e ricavare dallo studio gli apporti cognitivi più elevatiche i diversi territori disciplinari sono in grado di offrire, facendo a menoo mettendo tra parentesi abilità e consuetudini riflessive e di ragionamento.

Il nocciolo della questione pare, allora, cristallizzarsi sotto le forme diun paradosso: le discipline di studio che dovrebbero favorire la capacità diragionamento dei soggetti che le studiano non riescono a svolgere questaloro funzione formativa perché o fino a che gli allievi non imparano a ra-gionare. E, viceversa, si potrebbe aggiungere, le capacità di ragionamentonon si dimostrano all’altezza dei compiti cognitivi da eseguire, fino aquando lo studio delle discipline non glielo consentirà. Insomma, non sene esce, almeno apparentemente.

Non se ne esce di sicuro, intanto, se a scuola le discipline le si insegnaesclusivamente per far procurare abilità e conoscenze specifiche e non perfavorire, in generale, lo sviluppo della mente e delle sue possibilità di espres-sione: tra le quali il ragionamento e la riflessione. In effetti, non si favoriscelo maturazione di una capacità (di ragionamento) se, di fatto, questa non èrealmente perseguita. E il modo di farlo è, in primo luogo, la costruzione el’attuazione di curricoli che puntino, anche, su quella medesima capacità perpromuovere l’acquisizione di conoscenze e competenze disciplinari.

Una seconda condizione è costituita dalla consapevolezza della, per cosìdire, “strumentalità”, diremmo quasi della “pretestuosità”, formativa dellediscipline di studio e, non piuttosto, della loro autoreferenzialità culturale.Esse sono, devono, essere al servizio delle possibilità di sviluppo dellamente dei soggetti che le studiano, un pretesto e un’occasione di crescitaintellettuale. Pur portatrici di un bagaglio – elaborato ai massimi livelli –di concetti, di conoscenze, di abilità, a scuola, devono, soprattutto, mettersial servizio dell’allievo, adempiere a quei compiti formativi per perseguirei quali – esse e non altre discipline – sono state scelte per far parte di un de-terminato curricolo di studi.

Per queste ragioni devono “curvare” i loro interessi – e gli insegnantidevono essere i protagonisti di questa evoluzione – in direzione degli ap-

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porti più importanti e duraturi che possono assicurare all’allievo. E lo svi-luppo delle capacità di ragionamento e di riflessione è, tra questi, uno deipiù rilevanti. Da più parti oggi si esprime la convinzione che sia necessariopotenziare le capacità di ragionamento e di riflessione degli allievi.

Ma se tale è l’intendimento comune, diverse sono le strade che vengonodelineate per tentare di metterlo in atto. In particolare, è da segnalare unasostanziale divergenza che va ben al di là delle specifiche soluzioni di ca-rattere procedurale e metodologico. La questione si riassume nell’interro-gativo di fondo: le capacità di ragionamento devono essere potenziatemediante attività (più spazi e tempi) di tipo extracurricolare, oppure me-diante attività da inserire all’interno dei diversi curricoli disciplinari.

Noi, qui, a proposito del più generale perseguimento delle competenzemetacognitive (intese in questa circostanza, in senso estensivo e non limitateai soli processi di controllo e di autoregolazione), abbiamo espresso il nostropunto di vista a favore della seconda soluzione. Punto di vista che, del resto,orienta, dall’inizio alla fine, questo nostro lavoro.

V’è, però, chi la pensa in maniera differente, v’è chi sostiene essere ne-cessaria l’organizzazione di una sorta di laboratorio della mente; nella fat-tispecie, un ambiente, un angolo per perseguire esclusivamente ilpotenziamento delle capacità di ragionamento e di riflessione degli allievi.L’una e l’altra posizione teorica le ritroveremo nelle diverse strategie chesinteticamente presentiamo.

Un’avvertenza, ancora: parlando di ragionamento siamo consapevoli diaver escluso, in questi paragrafi, una buona parte di atti di pensiero che purlo costituiscono e lo determinano (pensiero divergente e creativo, le opera-zioni di pianificazione e quelle di risoluzione di problemi, le attività e i pro-cessi di apprendimento, ecc.). Abbiamo scelto di operare una distinzione diquesto genere per consentire al lettore una maggiore facilità di compren-sione ed, eventualmente, di utilizzazione didattica a riguardo delle strategiedi sviluppo che qui vengono presentate.

Così ci siamo regolati anche nei confronti di altre strategie di sviluppocomunque tra di loro implicabili cognitivamente.

La scelta da noi operata, va nella direzione di mettere in evidenza le pe-culiarità di certi atti della mente (la capacità di memorizzare, di prestare at-tenzione, di risolvere problemi, di saper ragionare), pensando, più che aprecise zone di competenza, a territori di confine che solo tendenzialmente,per tipo di funzione cognitiva preferenziale da svolgere, si differenziano.Pensiamo a una sorta di “messa a fuoco” che la nostra mente effettua, divolta in volta, in maniera differenziata, a seconda dell’interesse prevalente.Ma, beninteso, nella consapevolezza della sua unitarietà operativa e dellareciproca implicazione delle parti o delle funzioni che la costituiscono.

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La “messa a fuoco” che qui ci proponiamo di effettuare riguarda la ca-pacità dei soggetti di ragionare e di riflettere e, per il potenziamento di que-sta, proveremo, sulla base delle ricerche nel settore, a indicare delleprocedure da attualizzare nel contesto scolastico.

3. Strategie per imparare a ragionare: il metodo diretto

Le tecniche dirette di sviluppo delle capacità di ragionamento e di ri-flessione che citiamo sono, probabilmente, le più significative e diffuse: ilMetodo CoRT di Edward de Bono12 e il Programma di Arricchimento Stru-mentale di Reuven Feuerstein13.

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Il metodo CoRT

E. de Bono vuole, innanzitutto, sgombrare il campo da un certo numero di sofismi chesarebbero all’origine della diffusa opinione secondo la quale l’insegnamento, comun-que, fa apprendere l’arte del ragionare. I sofismi:1) «Intelligenza e ragionamento sono la stessa cosa» (non è vero, afferma lo studioso,

ci sono un sacco di persone intelligenti che non sanno ragionare). 2) «È sufficiente trasmettere conoscenze» (de Bono assicura, invece, che è soltanto

più facile; mentre è senz’altro più difficile, ma più fruttuoso, insegnare all’allievoa far un uso adeguato del proprio bagaglio culturale, oltre che, diciamo noi, a con-tribuire personalmente a costruirselo).

3) «L’insegnamento di ogni disciplina è, di fatto, un’iniziazione all’arte di pensare»(è vero, secondo lo studioso, che l’insegnamento inculca implicitamente certi mec-canismi di pensiero, ma questi sono di livello elementare e insufficienti a consentirelo sviluppo degli svariati talenti che occorre possedere per ben dirigere e gestire lapropria esistenza).

4) «Ragionando si migliora l’attitudine a pensare» (al contrario, non basta la pratica,il semplice esercizio del ragionamento e della riflessione per imparare a ragionaree riflettere).

De Bono passa successivamente in rassegna i metodi correntemente adoperati per in-segnare l’arte di ragionare, prima di esplicitare la sua proposta:a) OSMOSI – Si spera che l’insegnante riesca a comunicare direttamente all’allievo

i suoi meccanismi di pensiero.b) PEDAGOGIA INTELLIGENTE – Si punta sulla capacità del docente di porre le

questioni, di definire gli obiettivi e di stabilire delle relazioni logiche.c) REGOLE DELLA LOGICA – L’insegnamento dei principi e dei procedimenti lo-

gici per promuovere la capacità di ragionare correttamente.

12 E. De Bono, Imparare a pensare, Omega, Torino, 1992.13 F.R. Link, Le programme d’enrichissement instrumental: stratégie d’amèlioration cogni-tive e scolaire, in “Apprendre à penser, penser pour apprendre”, OECD, Paris, 1993, p. 72..

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d) RIFLESSIONE CRITICA – Ci si orienta soltanto su questa modalità di azione men-tale per far produrre all’allievo ragionamenti efficaci.

e) SIMULAZIONE – f) DISCUSSIONE – g) METODO DELLO STRUMENTO – È la procedura all’origine del Metodo CoRT:

si concepisce uno strumento di pensiero e lo si definisce.

Tra le condizioni educative di applicazione di questa tecnica le più significative sono: - Il metodo si ispira strettamente a situazioni reali - Il metodo non si limita a far reagire la mente ma si indirizza alle facoltà attive e più

elevate delle quali l’uomo ha più bisogno nella vita di tutti i giorni. - Gli studenti devono avvertire il piacere di seguire i corsi di ragionamento.

Il programma CoRT comprende 60 unità/lezioni da sviluppare come quelle di qualsiasialtra disciplina tradizionale: lingua, storia, matematica, ecc. Queste unità vengono sud-divise in 6 aree applicative:1. STRATEGIE PER L’AMPLIAMENTO DELLE IDEE (sulla base di un allarga-

mento e approfondimento delle capacità percettive);2. STRATEGIE PER L’ORGANIZZAZIONE (allo scopo di costruire una rete di col-

legamento tra le idee e poterle strutturare);3. STRATEGIE DI INTERAZIONE, DISCUSSIONE, RIFLESSIONE CRITICA;4. STRATEGIE DI RIFLESSIONE CREATIVA (è la sezione dedicata al “pensiero

laterale”, da noi già presentato a proposito delle strategie di pensiero divergente ecreativo);

5. STRATEGIE PER L’ESAME DELLE INFORMAZIONI E DELLE SENSAZIONI(il fine è la capacità di selezionare e convalidare un’idea, una sensazione, ecc.);

6. STRATEGIE PER L’AZIONE (per rendere operativo il proprio pensiero).

Un ruolo determinante, per lo sviluppo delle capacità di ragionamento all’interno del Pro-gramma CoRT, è assegnato agli “strumenti”: autentici utensili per imparare a pensare.Il primo strumento è il PNI (aspetti positivi, negativi, interessanti). A seguito di un interrogativo posto dall’insegnante (del tipo: «che ne direste se l’annoscolastico avesse, in tutto, una durata di solo 100 giornate?»), si raccolgono le rispostedegli allievi. Successivamente lo stesso insegnante presenta il PNI e invita gli alunni a riunirsi ingruppi di 4 o 5 e ad adoperare quello strumento (per l’identificazione degli elementipositivi, negativi e interessanti connessi alla questione da affrontare) per circa una de-cina di minuti. Al termine della riflessione collegiale si confrontano le risposte con quelle elaboratein precedenza e se ne registrano le analogie, le differenze di poco conto e quelle so-stanziali, insieme all’esplicitazione di dubbi, preoccupazioni, timori, ecc.Una volta determinata la posizione del gruppo si passa a utilizzare un secondo stru-mento: il CTF (considerare tutti i fattori). Si richiede, in seguito, ai partecipanti di in-dividuare delle regole ® e di adoperare gli strumenti PNI e CTF per valutarle. Dopoaver riflettuto con C sulle conseguenze e sugli esiti, si passa ad adoperare lo strumentoAPO (alternative, possibilità, opzioni) e, poi, APV (altri punti di vista).Si stabiliscono con O i propositi, le mete e gli obiettivi, per arrivare a definire PR e,cioè, le priorità.

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Ancora, mediante l’utilizzazione di D e P si arriva a decidere e a pianificare le azioniidonee a mettere in atto quella decisione. Per ognuno di questi strumenti, vengono con-cessi tempi limitati di utilizzazione e si richiede notevole intensità di impegno.Fondamentalmente, le singole strategie le attualizziamo spontaneamente ogni giornoquando ragioniamo, servendoci, inoltre, grosso modo, di strumenti non dissimili. Ladifferenza, in termini di efficacia è dovuta, soprattutto, al maggior grado di intenzio-nalità presente nel Programma CoRT, insieme a un elevato livello di organizzazionedei procedimenti attuativi e dei processi cognitivi in quelli implicati. Il dubbio che rimane, dopo aver presentato questa strategia, è legato alla possibilità diuna reale e convincente applicazione nel campo degli apprendimenti scolastici. Questihanno senz’altro bisogno, per realizzarsi, del contributo delle capacità di ragionamentoe di riflessione, ma non solo di tipo generale, quanto di tipo contestuale agli scenariculturali e cognitivi dei diversi territori di conoscenza. Con i quali pur bisogna fare iconti, anche perché la maggior parte delle competenze, oltre che delle conoscenze, darealizzare a scuola da lì prende origine e al loro cospetto finisce per qualificarsi.Chi garantisce che il transfert si realizzi? Chi garantisce che gli allievi si dimostrinoin grado di trasferire, adeguandole, le capacità di ragionamento “neutre” acquisite?14

Il Programma di Arricchimento StrumentaleSi parte da un interrogativo: «Perché mai un allievo non riesce a riflettere?». Se ne in-dividuano le cause, non in una presunta debolezza della mente e al livello delle ope-razioni mentali necessarie a effettuare la riflessione, quanto nella precarietà – e al livello– delle funzioni soggiacenti che determinano o condizionano la riflessione.Siccome non apparenti, siccome non evidenziabili durante lo svolgimento delle attivitàdidattiche preposte al conseguimento di obiettivi disciplinari – eppure implicate e pre-senti nella generalità dei processi cognitivi coinvolti da e in esse – le funzioni cognitivesoggiacenti alle capacità di pensiero non vengono, in alcun modo potenziate. Per questaragione, gli insegnanti, impegnati a far acquisire competenze disciplinari, non riesconoa individuare l’origine della debolezza cognitiva dell’alunno e non possono, di conse-guenza, individuare gli strumenti più adeguati per combatterla. Il Programma di Arricchimento Strumentale, al contrario, intende lanciare il suo attaccodiretto e concentrato sui processi mentali, la cui assenza, fragilità, inefficacia è all’ori-gine delle insufficienti prestazioni intellettuali degli allievi.Si propone d’intervenire direttamente sui processi medesimi di apprendimento, piut-tosto che sulle abilità/disabilità in un campo particolare di conoscenze. In particolare,si rivolge, agli alunni in difficoltà, ma le sue procedure d’impiego sono state estese,senza grosse difficoltà e con successo, anche ad alunni con buone capacità di studio. È un programma a parte e si compone di esercizi del tipo “situazione-problema”, rag-gruppati in 14 domini di sviluppo cognitivo, ripartiti su tre annualità. Vengono chiamati“strumenti” e non lezioni perché non hanno alcun contenuto specifico; ci si attende daessi che fungano da mezzo o veicolo per le interazioni cognitive tra insegnanti e al-lievi.L’effettivo obiettivo di ogni strumento è lo sviluppo, l’affinamento e la cristallizzazionedelle funzioni indispensabili a una riflessione efficace, mentre lo scopo ultimo dell’in-

14 M. Skilbeck, Commentaire, in “Apprendre à penser, penser pour apprendre”, OECD, Paris,1993.

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tero Programma è trasformare l’atteggiamento cognitivo degli allievi in ritardo da pas-sivo e dipendente in attivo, autonomo e automotivato.Il Programma crede nella modificabilità cognitiva dei soggetti e delle strutture fonda-mentali di sviluppo evolutivo. Di conseguenza, le difficoltà di apprendimento non ven-gono considerate come ineliminabili ma, al contrario, uno stato temporaneo dal qualesi può uscire.Si tratta di correggere l’idea dell’irreversibilità del ritardo per aderire alla concezioneopposta di continua rettificabilità e reversibilità delle personali condizioni cognitive;quel che occorre è intervenire tentando di modificare la struttura cognitiva, piuttostoche le dimensioni specifiche del comportamento. Il Programma può essere realizzato anche in due anni anziché in tre, in funzione delprogramma scolare e dei bisogni degli alunni; non è destinato a rimpiazzare l’insegna-mento delle discipline tradizionali, ma è da concepire come un modulo complementarenel quale si attrezzano gli alunni a utilizzare gli strumenti per apprendere ad appren-dere. L’obiettivo che si propone di realizzare non è l’acquisizione delle competenzeminimali ma è lo sviluppo dei processi mentali più evoluti. Elemento indispensabile a supporto del potenziamento delle capacità di pensiero si ri-velano gli “apprendimenti mediati”, modalità e procedure di pensiero filtrati dall’in-tervento dell’adulto a vantaggio del soggetto in formazione. Ad una più elevata qualitàdegli stimoli mediati corrisponderanno condizioni e benefici favorevoli a rendere illavoro della mente più efficace e produttivo. Facendo proprio il Programma di Arricchimento strumentale, l’insegnante può facili-tare, mediante un’organizzazione e una trasmissione di contenuti di conoscenza, divolta in volta più complessi, astratti ed efficienti, lo sviluppo delle strutture cognitivenecessarie per apprendere ed evolversi.Per meglio far entrare il lettore nello specifico del Programma,ne riportiamo l’artico-lazione della prima annualità.PRIMO ANNOOrganizzazione dei punti (suscitare nell’allievo l’attitudine spontanea a distingueredelle relazioni tra dati la cui organizzazione può non apparire così evidente);Orientamento nello spazio – Prima parte (favorire la creazione di strategie specificheper differenziare dei quadri di riferimento nello spazio);Comparazioni (effettuare confronti e stimolare la precisione della percezione, la ca-pacità di discriminazione per attributi e il giudizio necessario all’identificazione e allavalutazione delle similitudini, delle somiglianze e delle differenze);Percezioni analitiche (sviluppare l’attitudine ad analizzare le parti di un insieme percomprendere la loro interazione e il loro contributo alla funzione e alla struttura globaledell’insieme che compongono).

A differenza del Programma CoRT, quello di arricchimento strumentale, pur collocan-dosi come l’altro, a fianco e non dentro il curricolo scolastico, sembra più vicino –anche per le sollecitazioni operative che propone – agli interessi che, effettivamente,possono essere plausibilmente sviluppati a scuola.Da parte nostra, conformemente a quanto abbiamo esplicitato a proposito di orienta-mento metodologico di fondo e di pre-condizione per l’attuazione di un intervento me-tacognitivo a scuola, resta in piedi la riserva nei confronti di attività che si collocanoal di fuori dei contesti curriculari. Salvo che, e non sarebbe male, non si vogliano ab-bracciare territori trasversali d’interesse cognitivo, culturale ed esperenziale. Non “neu-

4. Strategie per imparare a ragionare: i metodi indiretti

I metodi indiretti o dell’“impregnazione” esprimono delle procedure dipotenziamento delle capacità di ragionamento e di riflessione da inserireall’interno dei curricoli scolastici tradizionali. Esplicitano delle curvaturemetacognitive delle attività di studio e propongono delle atmosfere di ri-flessività mentale e operativa da far respirare agli allievi. Nel farlo, dichia-rano l’insufficienza delle impostazioni metodologiche e didattiche orientateossessivamente intorno all’acquisizione di contenuti disciplinari. Nellostesso tempo, però, affermano l’astrusità e la scarsa plausibilità (sia a ri-guardo della fattibilità che dell’efficacia) dei metodi di intervento strategicoe metacognitivo “diretto”.

Proprio perché non configurabili come metodi a sé stanti, come pro-grammi paralleli e decontestualizzati dai curricoli di studio e dalla prassiordinaria, spesso le proposte di “impregnazione” non acquistano una formadefinita, non vengono divulgati e commercializzati. Riesce, perciò, difficile,non solo averne notizia, ma anche servirsi di queste per elevarle a modellodi programma, in quando dichiaratamente contestualizzate all’interno diuna specifica realtà scolastica.

È più facile, insomma, presentare o esplicitare le caratteristiche di unospecifico metodo, piuttosto che le curvature, gli orientamenti, le atmosfere.Ma di qualche esperienza si può, comunque, parlare.

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tri” bensì portatori di significato e di interessi; altrimenti come si fa a richiedere al-l’allievo la disponibilità ad apprendere e, di più, quella rivolta a imparare ad appren-dere?Il rischio di artificiosità sarebbe difficile da evitare e così la difficoltà di applicazionedelle strutture cognitive realizzate in reali contesti di conoscenza e di esperienza. E,poi, se così fosse, potremmo chiamarle realmente “strutture di conoscenza”?

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Il Progetto FACEElaborato dal Consiglio nazionale finlandese dell’insegnamento (NBGE), si proponedi potenziare le strutture cognitive fondamentali degli alunni e di sfruttarle al meglionell’insegnamento. Tutto il curricolo formativo, gli elementi essenziali della vita scolastica quotidiana, i me-todi d’insegnamento e di acquisizione, le modalità di valutazione dei risultati di appren-dimento e dell’efficacia dell’azione didattica, vengono orientati verso quella che cominciaad essere considerata la missione essenziale della scuola nella società dell’informazione:l’attitudine degli alunni a utilizzare le loro capacità di riflessione.Le conoscenze presentano una forma e un contenuto: la prima può permanere identicaanche se il secondo muta. È alla forma della conoscenza che si rivolge in primo luogol’insegnamento cognitivo.Nel Progetto FACE, gli obiettivi formali dell’insegnamento cognitivo sono gli scopiformativi, indipendenti dai contenuti, assegnati all’istruzione e costituiscono le prin-cipali forme di conoscenza al cui possesso e alla cui utilizzazione adeguata occorreindirizzare gli allievi.Elencandole: la formazione dei concetti, la capacità di riflessione (deduzione e indu-zione), la capacità di spiegazione, la capacità di ricercare la verità, la percezione degliinsiemi.Questa serie di obiettivi, strettamente collegati agli scopi dell’istruzione, possono, se-condo il Progetto FACE, riassumere la generalità degli obiettivi formali che vengonomessi in evidenza durante le pratiche quotidiane di insegnamento scolastico.Non si tratta d’introdurre l’insegnamento stretto della logica formale all’interno deicurricoli disciplinari, quanto di prendere indirettamente in considerazione le sue do-mande per sviluppare la riflessione. Noi siamo quotidianamente al cospetto di situa-zioni che presuppongono una presa di coscienza della struttura logica dei modi dipensare. Queste situazioni si producono quando: si usano concetti, tratti in particolarmodo da nozioni astratte; si separano le ipotesi dalle inferenze; si verifica se l’errorederiva dalle ipotesi o dalla stessa deduzione; c’è una contraddizione; ecc. In classe, attraverso l’azione dell’insegnante queste situazioni, fuori informali, riversandosinelle discipline e diventando autentici argomenti di conoscenza, finiscono per acquistareconnotazioni più formali. Perché egli possa avviare gli allievi all’elaborazione di manierecorrette di risoluzione logica delle diverse situazioni nelle quali sono coinvolti è necessarioche padroneggi la struttura formale delle conoscenze.È a lui che compete individuare quali obiettivi formali possono essere interessati dallosviluppo di una determinata situazione.Il Progetto Face, perciò, in prima battuta si rivolge ai docenti per i quali prevede corsidi formazione sulle basi epistemologiche degli obiettivi formali. Lo scopo è quello diconsentire agli insegnanti di “riconoscere” nelle discipline che insegnano le situazionilogiche che potrebbero, utilmente preparate, dare un contributo allo sviluppo delle ca-pacità di ragionamento degli allievi. Un altro, conseguente, obiettivo può essere indi-viduato nella preventiva curvatura in senso logico da provocare sia in sede diorganizzazione complessiva del curricolo, sia a riguardo della pianificazione e dellaattuazione delle singole unità di intervento didattico. Entrando nello specifico del pro-gramma è possibile rilevare15:

15 T. Voutilainen, Le Projet FACE, in “Apprendre à penser, penser pour apprendre”, OECD,Paris, 1993.

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- la convinzione dell’inopportunità di una pianificazione dettagliata dell’insegna-mento delle conoscenze formali (perché non è possibile conoscere prima, con cer-tezza, gli elementi determinanti che verranno introdotti durante tutto l’itinerarioformativo, anche perché non prevedibili, né predicibili, sono le situazioni all’originedei processi logici e di ragionamento da sviluppare);

- la consapevolezza che non si tratti di episodiche procedure in grado di consentireallo studente l’acquisizione di specifiche “abilità tecniche”, ma di un lavoro conti-nuo orientato verso l’insegnamento degli aspetti più significativi delle conoscenze,conformemente agli obiettivi formali del Progetto;

- la necessità di promuovere lo sviluppo del pensiero non in una sola disciplina, main tutte le materie;

- l’opportunità di perseguire gli obiettivi formali del Progetto sotto forma di interro-gativi e problemi (così come accade nella vita quotidiana), perché solo in questamaniera si possono stimolare le capacità di ragionamento degli allievi;

- la consapevolezza che gli allievi non devono conoscere il fondo epistemologicodelle questioni, ma rendersi conto se queste sono giustificate, sensate, chiare, im-portanti;

- la scarsità di istruzioni dettagliate e veramente metodologiche contenute nel Pro-getto al confronto degli obiettivi (considerati l’aspetto più rilevante da tenere inconto quando si sviluppano attività mirate alla valorizzazione della mente).

Il Progetto FACE intende interessare, progressivamente, un numero sempre più grandedi classi e di istituti scolastici. Una prima valutazione dei risultati verrà effettuata in-torno a: a) le basi epistemologiche degli obiettivi formali dell’insegnamento cognitivo;b) l’esplicitazione degli scopi formativi, cioè, degli obiettivi formali delle conoscenze; c) i tipi di interrogativo circa la struttura, i principi di base e gli altri aspetti formali

delle conoscenze;d) le istruzioni di applicazione per ogni materia.

Il Progetto CASE e il Programma Thinking ScienceNel tempo, a intervalli più o meno regolari, si è sviluppato un dibattito, spesso contoni accesi, tra chi ritiene che l’insegnamento debba essere soprattutto “utile” all’in-dividuo (aiutarlo nella lotta per la sopravvivenza, metterlo nelle condizioni di trovaree svolgere un lavoro, evitare di restare o di cadere ai margini sociali ed economici dellasocietà, ecc.) e chi sostiene che il suo scopo ultimo debba essere quello di aiutare gliallievi a entrare nel mondo della cultura e a far sviluppare la propria mente. Ancora oggi, inoltre, si opina che ci siano delle discipline che si prestino particolar-mente a contribuire allo sviluppo del ragionamento e del pensiero logico.Nel corso di questi ultimi decenni la preferenza che, in precedenza, veniva accordataalla filosofia o alla grammatica (analisi logica!), talvolta anche alla ginnastica («menssana in corpore sano»), è stata accordata alle discipline scientifiche e a quelle tecno-logiche.In Inghilterra tale preferenza si è tramutata nell’elaborazione di un programma discienze con interessi di potenziamento della mente e delle facoltà di ragionamento. Ilprogramma ha preso il nome di Thinking Science (TS) ed è stato introdotto nelle scuoledel Regno Unito attraverso il Progetto CASE, un progetto sperimentale utilizzato sia

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per testarlo, oltre che cominciare immediatamente a perseguire quegli obiettivi disviluppo cognitivo che poco sopra si richiamavano.Il metodo Thinking Science intende adoperare aspetti significativi del modello disviluppo piagetiano (come gli schemi delle operazioni formali) nell’ambito di uncurricolo di scienze naturali.Il Programma TS comprende 30 attività per i professori e delle schede per gli alunni;ogni attività è destinata a rimpiazzare una lezione di scienze normale di 70 minuti. Essa si orienta su uno degli schemi delle operazioni formali che qui indichiamo (incorrispondenza delle stesse attività).

————————————————————————————————ATTIVITÀ SCHEMI————————————————————————————————1. Cosa cambia? Variabili2. Due variabili Variabili3. Il test esatto Variabili 4. Quale tipo di relazione stabilire? Variabili5. Movimento di palle Variabili6. Ingranaggi e rapporti Proporzionalità7. Gradazioni: immagini e microscopi Proporzionalità8. La carriola Proporzionalità9. Tronchi e rami Proporzionalità10. Il giogo Compensazioni11. Corrente, lunghezza e spessore Compensazioni12. Tensione, ampères e watts Compensazioni13. Pila o faccia Probabilità14. Combinazioni Combinazioni15. Degustazione del thé Probabilità16. Interazioni Variabili17. Il comportamento dei porcellini Correlazioni18. Trattamento ed effetti Correlazioni19. Campionario: pesci in un bacino Probabilità20. Lancio di dadi Probabilità21. Costituzione di gruppi Classificazione22. Classificazione spinta: gli uccelli Classificazione23. Spiegazione di una situazione Modelli24. Spiegazione di una soluzione Modelli25. Spiegazione di reazioni chimiche Modelli26. Pressione Variabili complesse27. Galleggiare e affondare Variabili complesse28. Salire e scendere Equilibrio29. Equilibrio della bilancia Equilibrio30. Varia Variabili complesse___________________________________________________________________

Capitolo ventunesimo

Per potenziare il pensiero: tecnologie digitalie strategie di pianificazione

1. Metacognizione e nuove tecnologie

Qualche considerazione a parte crediamo che meriti il contributo chepuò essere fornito dalle tecnologie digitali quando vengono utilizzate nelleazioni didattiche (condotte dai docenti) e nelle attività di studio (svolte daglialunni/studenti).

Pur facendo salve le specificità delle sue utilizzazioni (a seconda dell’etàdell’alunno, del grado d’istruzione che frequenta, della disciplina di riferi-mento) ci pare che, proprio nel potenziamento delle capacità riflessive e,in genere, mentali, possa essere recuperato uno spazio d’interessi condivisicirca le potenzialità formative legate all’inserimento del computer nellascuola.

Ma facciamo qualche passo indietro ricordando come in altra parte delvolume, all’interno delle riflessioni e delle considerazioni collegate allaquestione dei digital natives, abbiamo indicato – accanto ai rischi ovveroai tanto paventati svantaggi o, peggio, danni – alcune importanti opportunitàche si aprono a vantaggio degli alunni con il contributo delle nuove tecno-logie (digitali). Le riprendiamo velocemente qui e le mescoliamo ad altresviluppate già qualche anno fa1 (alle quali, però, fanno evidente difetto le“conseguenze” derivabili dall’evoluzione delle tecnologie digitali, in par-ticolare, quelle connesse, oltre che allo sviluppo dello stesso PC, all’esplo-sione di Internet e cellulari di diversa natura, forma e fattura).

Intanto, ricordiamo sinteticamente il senso metacognitivo da garantireall’utilizzazione delle tecnologie digitali per delineare alcune delle direzioniformative privilegiate da intraprendere. In estrema sintesi, si deve conside-rare che l’attuazione di tecniche metacognitive, siccome rivolta, in generale,

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1 Al tempo della pubblicazione di Didattica Metacognitiva (C. Guido e G. Mondelli), delquale, come si è già detto, questo volume costituisce una ideale prosecuzione.

a promuovere negli studenti una elevata consapevolezza e capacità di con-trollo delle operazioni cognitive impegnate nelle azioni di studio, deve so-stenere ciascun allievo sia nell’affrontare autonomamente i problemiderivanti dall’immersione nel lago digitale, sia nello “sfruttamento” respon-sabile delle opportunità che offre.

Per questa ragione, dopo aver esplorato il territorio delle operazioni di-gitali effettuate quotidianamente dagli allievi, bisogna aiutarli ad acquisireconsapevolezza del loro uso, anche a riguardo degli eventuali danni chepossono derivarne. Occorre, poi, riflettere e ragionare sulle occasioni e sullemodalità di “sfruttamento” adeguato, a ogni livello e senza escludere pre-ventivamente alcun ambito di interesse o impegno, delle nuove tecnologie.È necessario, quindi, sperimentare, con il coinvolgimento intenzionale deglialunni, forme controllate di utilizzo delle stesse a scuola2.

Infine, ricordiamo altri tre importanti propositi che la metacognizionepuò contribuire a mettere in atto:

- il contrasto all’irriflessività e all’irresponsabilità, da promuovere me-diante iniezioni di pratiche riflessive, partecipate, consapevoli;

- una rinnovata ricerca di senso e di significato nelle attività di studio, darealizzare attraverso una minore artificiosità delle stesse attività e unamaggiore “conoscenza” dei compiti di apprendimento da effettuare;

- una consapevole spinta alla promozione della personale autonomiadi pensiero, di giudizio, di scelta, a fronte delle sollecitazioni omo-loganti provenienti dalla società dei consumi.

2. Aspetti significativi dell’utilizzazione metacognitiva delle tecnologie

digitali

Come si è già detto, l’utilizzazione del computer a scuola può acquistarenotevoli valenze metacognitive e, talvolta, più propriamente metaconosci-tive in quanto contribuisce a rendere maggiormente consapevole l’alunnodelle operazioni da compiere e della maniera secondo la quale effettuarle.

Provando a mettere tra parentesi le diversità di applicazione si possono in-dividuare alcune delle sollecitazioni e dei vantaggi che, nell’insieme, un’ap-propriata utilizzazione didattica del computer può contribuire ad assicurare:

a. un atteggiamento complessivamente positivo, immediatamente, neiconfronti delle attività di studio da effettuare direttamente con il com-puter e, in generale, a riguardo della generalità delle attività di studio;

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2 A. Antonietti, M. Cantoia, Imparare con il computer, Erickson, Trento, 2001.

b. una partecipazione più attiva all’acquisizione delle proprie cono-scenze e delle sue competenze facilitata enormemente dalla possibi-lità di effettuare “simulazioni”;

c. maggior disponibilità alla collaborazione, con particolare riferimentoalla socializzazione dell’errore – in vista del suo superamento e alla ri-cerca della soluzione più corretta – e alla partecipazione diretta al lavorodegli altri (con importanti riflessi sull’atteggiamento metacognitivo, siaquando ci si preoccupa di spiegare o correggere l’altro, sia quando,dall’esame dei loro prodotti, si ricavano suggerimenti per il proprio);

d. una considerazione/valutazione degli errori, da un lato, ridimensio-nata (meno enfatica, non sanzionatoria, non frustrante) e dall’altrolato, più funzionale al loro superamento (errori = soluzioni inade-guate e utilizzabili per trovare la strada giusta);

e. (ancora a proposito degli errori) la necessità esplicita di superarli perandare avanti o lo stimolo a cercare nuove soluzioni, “aggiranti”, perprocedere oltre il blocco (anche, qui, di notevole rilevanza è il ruoloche possono giocare le “simulazioni”);

f. la possibilità di costruire situazioni problematiche plausibili (anche perchépiù facilmente rappresentabili iconicamente ovvero, “simulabili”) e di po-terle risolvere agendo direttamente sul monitor mediante tastiera o mouse,tentando diverse soluzioni operative sempre controllabili, “step by step”;

g. la sollecitazione a usare una terminologia rigorosa, laddove la parolasta per la cosa (da fare o da trovare);

h. lo stimolo continuo all’autocontrollo e all’autoregolazione delle pro-cedure di lavoro;

i. un grosso contributo ad elevare il coordinamento motorio fine oculo-manuale e di orientamento spaziale;

l. l’invito, esplicito e non, proveniente dalla macchina, a ritentare, aprovarci ancora, a superare l’ostacolo;

m. la maggiore disponibilità all’ascolto (di chi propone compiti e con-segne), all’attenzione (nei confronti delle attività da eseguire comedelle sollecitazioni provenienti dalla macchina), alla continuità d’im-pegno (difficilmente l’allievo “molla” se non è riuscito a realizzarequalcosa o a terminare il lavoro);

n. la possibilità elevata di poter fruire o di poter eseguire feed-back edi poter rettificare, integrando o correggendo, quanto già fatto;

o. l’impulso al pensiero divergente e creativo, sia per la risoluzione di si-tuazioni problematiche che per l’elaborazione di soluzioni artisticheed espressive (qui gioca un ruolo di rilievo l’offerta del computer diproposte formali, anche integrate, di grande quantità e qualità);

p. l’opportunità di poter disporre di repertori considerevoli di informa-zioni, di dati e di immagini e di poterli, non soltanto, agevolmente

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reperire e adoperare, quanto soprattutto, raccogliere, integrare, sele-zionare, connettere in riferimento a uno scopo conoscitivo (elabora-zione e rielaborazione di testi e ipertesto, risoluzione di situazioniproblematiche complesse, esplorazione e ricerca di altre conoscenzee di ulteriori informazioni, composizione e smontaggio di prodottimultimediali, ecc.) ovvero ad abilità specifiche da esercitare e a com-petenze complesse da acquisire o consolidare3.

4. Tecnologie digitali e attività di studio

Ricordiamo, comunque, che fino a quando l’accesso a Internet e lo svi-luppo delle tecnologie digitali “aggregate” (nel cellulare) non erano cosìsono diffusi e, quindi, non avevano determinato lo sconvolgimento che siva determinando nelle modalità di ricerca/fruizione/comprensione/memoriadella conoscenza e nelle modalità di elaborazione/produzione/espressione/trasferimento/trasformazione della conoscenza medesima, potevano essereindividuate tre modalità generali di uso del computer in classe (e che, poi,in linea di massima, ancora oggi vengono praticate):

- come programma-istruttore (elenco di esercizi e di esercitazioni, si-mulazione e costruzione di modelli, risoluzione di problemi, giochipedagogici);

- come programma-strumento (ricerca d’informazioni, trattamentotesti, laboratori);

- come programma-allievo (esplorazione e scoperta).

In particolare, a riguardo, dell’utilizzazione come programma istrut-tore, un campo di attività scolastiche all’interno del quale il computer puòassicurare un notevole contributo è quello del trattamento e dell’elabora-zione dei testi.

L’allievo, quando elabora o rielabora un testo scritto al computer, si trovain una condizione di maggior controllo rispetto a quello che esplicita du-rante l’elaborazione e la redazione a penna dovuta a una maggiore “visibi-lità”, a una facilità di intervento, alla stessa non automatica o consuetautilizzazione della macchina.

Inoltre, può con maggiore e più evidente facilità “percorrere” il testoavanti e indietro, assemblare pezzi di testo prima divisi (sia che siano giàstati organizzati in tal modo, sia che provengano da altri testi).

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3 A. Carletti, A. Varani (a cura di), Ambienti di apprendimento e nuove tecnologie, Erickson,Trento, 2007.

Il mettere in atto operazioni testuali di questo genere rispetto al testo nelsuo insieme e alle parti che lo compongono, da una parte, favorisce i processidi pianificazione testuale (e in generale linguistica) e, dall’altra parte, arrecaun notevole contributo allo sviluppo delle capacità di ragionamento e di rifles-sione (così strettamente implicate nell’elaborazione dei messaggi verbali).

Comporre e scomporre testi, integrare o eliminare pezzi di discorso esegmenti testuali sono delle operazioni che esaltano il ruolo e la funzionedi ordinatore e di organizzatore cognitivo della mente degli allievi.

Ma, oltre a questo apporto, che potremmo definire spontaneo, offertoagli alunni dalla semplice utilizzazione del computer in attività di redazionedi testi scritti, ve ne sono altri che derivano dall’introduzione di “programmidi istruzione” specifici di trattamento e di elaborazione testuale.

Gli alunni, attraverso l’utilizzazione di questi programmi, seguono unitinerario e una progressione controllata (prima dallo stesso programma,poi in maniera “mista”, quindi dall’allievo):

- scelta di parole o frasi in una lista imposta;- scrittura di parole o di frasi personali e scelta tra le opzioni;- scrittura imposta dei paragrafi;- testo libero.

Un altro settore formativo nel quale l’uso didattico intelligente del com-puter dimostra di poter arrecare notevoli vantaggi allo sviluppo, sia di abilitàspecifiche che generali di ragionamento e di riflessione, è quello logico-matematico.

L’insegnamento della matematica, oggigiorno, ha l’opportunità di ricevereil sostegno da strumenti e sussidi che, da un lato, cercano di mettere l’alunnonelle condizioni più adeguate per l’apprendimento di concetti e di procedurealtrimenti di difficile acquisizione e, dall’altra parte, provano ad esaltare aimassimi livelli le individuali capacità di ragionamento matematico.

Uno dei campi della matematica più frequentati e sostenuti dalla pre-senza di programmi d’istruzione a mezzo computer è quello della geome-tria, probabilmente a causa delle grosse difficoltà di apprendimentoaccusate, in quell’ambito, da un buon numero di alunni.

I disagi dei bambini e dei ragazzi si legano soprattutto alla complessitàdei concetti geometrici e delle procedure che tradizionalmente ne hannoveicolato l’acquisizione. Cogliere aspetti e caratteristiche di un poligono odi un solido, effettuare una costruzione geometrica ed effettuare rotazionie traslazioni, calcolare la misura dell’angolo e impegnarsi in dimostrazioniteoriche di per sé sono operazioni cognitive di non facile esecuzione. A que-sto si aggiunge una prassi didattica tradizionalmente scarsamente sensibilea garantire condizioni minime, ma basilari per lo svolgimento di attività

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geometriche: significatività degli argomenti da affrontare, problematicitàdella situazione da risolvere, frequentazione di pratiche di costruzione geo-metrica, possibilità di “visualizzare” le figure e le loro trasformazioni, tra-duzione “semantica” degli asserti logici (che sono alla base del pensierogeometrico e delle sue “dimostrazioni”, ecc.).

L’utilizzazione di un supporto tecnologico come il computer e la possi-bilità di seguire programmi che con straordinaria facilità consentano aglialunni di osservare e di costruire autonomamente le più diverse figure geo-metriche, insieme alle innumerevoli trasformazioni che direttamente pos-sono effettuare (comandando il “mouse” e guardando sullo schermo ciò cheaccade, per poter regolare continuamente il proprio operato) elimina buonaparte dei disagi prima elencati.

L’alunno “vede” la figura, la elabora e la trasforma a seconda di quello chegli chiede il compito e di quello che progressivamente riesce a fare. Inoltre,buona parte dei programmi di geometria che “girano” nei computer stimolanoe richiedono all’allievo di effettuare congetture, che sono operazioni cognitiveoltremodo opportune quando si affrontano ragionamenti matematici.

Del resto, la stessa possibilità, concessa dal “programma” all’allievo, dimodificare a piacimento, velocemente e tenendo sempre tutto sotto con-trollo, la “figura” in misura discreta o continua (modificando la lunghezzadei lati o l’ampiezza degli angoli, ecc.), provoca ed esalta al massimo livellole disposizioni e le capacità spontanee degli individui di elaborare conget-ture quando si trovano ad affrontare situazioni problematiche.

L’alunno può così “testare” se la sua considerazione è valida, se può es-sere trasferita in altre situazioni problematiche e di quali adeguamenti –congettura – può aver bisogno.

In sostanza, si favorisce la capacità di emettere e di falsificare ipotesi disoluzione, una capacità mentale tipica della matematica, ma che estende ilsuo influsso, in altri campi disciplinari e, ancora più in generale, in buonaparte delle attività umane.

In conclusione, crediamo che non sia opportuno soffermarci sulle im-plicazioni derivanti dai singoli vantaggi a riguardo delle maggiori possibilitàdi sviluppo concesse alle capacità metacognitive.

Forse, è più conveniente prendere in veloce considerazione la maggiorpartecipazione al proprio apprendimento, la più elevata disponibilità neiconfronti delle attività di studio, la dimensione distribuita ovvero collabo-rativa degli impegni di apprendimento o, comunque, collegabili alla frui-zione della conoscenza4. Già e più volte, in precedenza, le abbiamo ritenute

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4 F. Sorrentino, F. Paganelli, L’intelligenza distribuita, Erickson, Trento, 2006.

condizioni necessarie per promuovere lo sviluppo delle abilità metacogni-tive e, con quelle, delle medesime competenze cognitive.

Presentiamo, ora, una proposta di utilizzazione del computer con gli al-lievi. Altre verranno raccolte nella parte del volume riservata alle esperienzedidattiche metacognitive. Il racconto delle quali, oltre a inserirci all’internodei contesti educativi concreti, ci permetterà di fruire di spunti riflessivi ul-teriori e più consoni circa l’argomento che stiamo trattando e di una piùpuntuale bibliografia.

5. Annotazioni sulle strategie di pianificazione

Tra gli obiettivi metacognitivi da perseguire abbiamo indicato anchequelli rivolti alla pianificazione dei compiti di apprendimento.

Non abbiamo, però, fin qui, presentato delle tecniche specifiche di pia-nificazione delle attività di studio da eseguire, anche perché la maggior

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- La fantacognizioneIl computer sembra promuovere un orientamento metodologico metacognitivo attra-verso la frequentazione di attività e procedure che stimolano lo sviluppo delle capacitàdi interpretare, organizzare, strutturare le informazioni. Lo studente, diventa, così, sem-pre più consapevole e responsabile dei processi che sottostanno a queste operazioni ele gestisce in modo via via più autonomo5.In questo contesto, si inserisce il contributo della fantacognizione che punta a utilizzarele nuove strumentazioni tecnologiche in direzione dell’ampliamento della dimensioneestetica dell’individuo. Le applicazioni del computer diventano delle protesi percettivee i suoi programmi permettono di estendere a dismisura le capacità espressive mediantel’elaborazione di suoni e immagini. Inoltre, vengono messe a disposizione dell’allievole infinite possibilità della realtà virtuale e i terreni della simulazione si estendono con-siderevolmente. Secondo Guerra, anche solo il mondo dei videogiochi, se messo alservizio di valide intenzioni formative e corroborato da equilibrate procedure didatti-che, può alimentare i componenti fondamentali della fantacognizione: gli ingredientidella sfida, della fantasia, della competizione e della cooperazione, della curiosità.Ma non ci sono solo i videogiochi e la creatività intesa – tradizionalmente – soltantoin senso ludico; infatti, se si considerano alcune delle modalità secondo cui la creatività,di volta in volta e, talvolta, al tempo stesso, si presenta (originalità, inventiva e ric-chezza ideativa, flessibilità elaborativa e rielaborativa, libertà di associazione iconicae concettuale, mancanza di rigidità operativa, curiosità, senso dell’umorismo, chiusurarelativa e ri-apertura delle situazioni problematiche) nulla vieta che possano essere so-stenute dalla videoscrittura ovvero da percorsi di simulazione al computer.Sempre che ci sia consapevolezza didattica da parte dell’insegnante.

5 B.M. Varisco, V. Grion., Apprendimento e tecnologie nella scuola di base, Torino, UTET,2000.

parte delle strategie di apprendimento (comprese quelle indirizzate al po-tenziamento di alcune fondamentali capacità, come quelle di memorizza-zione e di attenzione, ecc.), spesso, non si rivelano, altro che delle modalitàintenzionali e pianificate di operazioni cognitive destinate a garantire effi-cacia al lavoro della mente.

Lo stesso allievo strategico altri non è se non un ragazzo che, rispetto aicompiti da eseguire, prevede e predispone una serie di accorgimenti e diprocedure per poter meglio svolgere le attività di studio che ha da svolgere.

In realtà, la pianificazione di un percorso personalizzato di apprendi-mento passa, secondo noi, per alcune stazioni principali:

- la conoscenza dei propri modelli mentali - il controllo personale dei processi cognitivi- l’individuazione degli strumenti operativi e l’organizzazione degli

stessi.

Trascurando di fermarci alle prime due stazioni (già l’abbiamo fatto inprecedenza), scendiamo alla terza e proviamo a prendere in considerazionel’organizzazione dei tempi di studio e l’uso di supporti tecnici e di accorgi-menti operativi.

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Organizzazione funzionale dei tempi di apprendimentoSu come meglio impiegare il tempo per apprendere e ricordare abbiamo già detto aproposito delle tecniche di memorizzazione. Qui basterà ricordare che l’obiettivo prin-cipale che l’insegnante deve proporsi di perseguire non è tanto quello di consentire,dietro sua indicazione, il migliore apprendimento possibile in una determinata circo-stanza e intorno a uno specifico argomento, quanto di promuovere, nell’allievo, dap-prima la consapevolezza che è necessario pianificare i tempi di studio e, subito dopo,capacità di saperlo fare in maniera efficace.Infatti, nel primo caso, l’apprendimento realizzato non provocherà necessariamenteun trasferimento a vantaggio della realizzazione dei futuri apprendimenti delle modalitàdi organizzazione temporale prescelte, sia perché probabilmente idonee solo per unaspecifica attività, sia perché non elaborate dal soggetto che deve apprendere, ma dal-l’esterno – dall’insegnante –.L’alunno, invece, ha bisogno di essere abilitato a scegliere, tra le diverse modalità dipianificazione – in questo caso dei tempi di studio –, quella più adeguata alle propriecaratteristiche e capacità di impegno cognitivo (anche se da rettificare o regolare con-venientemente), alle caratteristiche della particolare attività di studio e alle circostanzedella sua effettuazione. L’allievo ha, inoltre, prima di ogni altra faccenda, necessità di aumentare la suasensibilità a riconoscere l’esigenza di un’adeguata pianificazione dei tempi d’im-pegno (durata complessiva, durate parziali, intervalli e interruzioni, tempi di ripresae di recupero, ecc.). E tale consapevolezza non può svilupparsi quando l’insegnantedetta da solo i tempi dell’impegno cognitivo, anche quando questi si dimostranofunzionali alla realizzazione di un apprendimento efficace.

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Con il gruppo classe, col singolo allievo, devono essere definite, poi, alcune linee stra-tegiche per un’attenta organizzazione dei tempi di studio:- ipotizzare/stabilire il tempo complessivo da dedicare allo studio e ai singoli compiti

o attività;- prevedere tempi di recupero complessivi e parziali all’interno di ogni attività, pro-

vando a ipotizzare un tempo limite per ciascuna delle parti che, eventualmente, lacostituiscono e che è preferibile apprendere separatamente o distintamente;

- programmare le pause (quante? quando?), tipo (cosa si deve fare durante la pausa?)e tempi (quanto devono durare in tutto? quanto ciascuna?);

- rispettare i tempi limite (complessivi e parziali) ed, eventualmente, rettificarliquando necessario, provvedendo a una più funzionale ripianificazione;

- recuperare le attività non eseguite o non completate e integrare eventuali attività dirinforzo o di approfondimento in sessioni successive.

L’uso di supporti tecnici e di accorgimenti operativiSegnaliamo alcuni supporti tecnici e accorgimenti operativi che accompagnano o so-stengono le procedure di pianificazione delle attività collegate all’acquisizione dellaconoscenza e allo sviluppo dei processi di apprendimento.a) Stimolare il pre-apprendimento: promuovere un apprendimento attivo significa va-lorizzare anche le attese e le aspettative degli allievi in ordine alle attività di studio eagli obiettivi cognitivi da realizzare. Nella quotidianità dei processi di conoscenza, gliindividui sviluppano spontaneamente e, spesso, inconsapevolmente, una serie di aspet-tative e di ipotesi: sul tipo di compito, sui suoi significati complessivi e parziali, sultermine linguistico che verrà subito dopo, sulle informazioni che sta per trasmettere,ecc.. A scuola, invece, spesso si propongono delle attività di insegnamento che nontengono conto di questa tensione individuale nei confronti dell’apprendimento, qualiche siano le specificità disciplinari che questo assume. L’insegnante, piuttosto che pre-sentare il compito da svolgere nel dettaglio di tutte le sue connotazioni, può promuo-vere interrogativi e attese nell’alunno circa le sue caratteristiche, le informazioni checontiene, le difficoltà che, verosimilmente, proporrà, suggerendogli di prendere in con-siderazione e di individuare alcuni significativi indizi. Ad esempio, di fronte a un com-pito che richiede la lettura di un brano, sollecitare l’attenzione verso:

- le caratteristiche dell’impaginazione (libro o giornale? e che tipo di libro o digiornale?)

- la lettura del titolo (racconto, fatto di cronaca o altro? che tipo di racconto oche genere di fatti?)

- la lettura a salti per individuare elementi del lessico (trattazione per specialisti oper tutti? conferme o smentite rispetto alle ipotesi stimolate dal titolo?)

- l’organizzazione logica della frase o del testo (quale sarà la parola che verràdopo? quale sarà l’informazione che verrà espressa?).

In questo gioco tra le ipotesi e la loro conferma o smentita, tra le aspettative e la loroattualizzazione, l’allievo fa crescere la sua intelligenza proprio affinando le propensionialla scommessa cognitiva e all’elaborazione di anticipazioni conoscitive sempre piùefficaci e flessibili (efficaci anche perché rapide e flessibili). Inoltre, la consapevole abitudine alla ricerca preliminare di indizi, di informazioni edi risposte, promuove – oltre che essere promossa – la più generale capacità di piani-ficare e di monitorare le operazioni cognitive, rispettivamente, da effettuare e mentre

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vengono effettuate (proprio mediante l’individuazione anticipata dei significati e deicontenuti delle attività di apprendimento e la corrispondente azione di verifica o fal-sificazione degli stessi). b) Accorgimenti per stimolare o aumentare la curiosità: essere curiosi o incuriosirsisignifica passare da uno stato di passività a uno di attività intellettuale e ciò provocaun incremento delle energie e delle risorse che l’individuo mette a disposizione peraffrontare compiti cognitivi. La curiosità, però, non è soltanto un portato delle disposizioni individuali, ma può es-sere promossa e stimolata, sia respirando un’atmosfera di diretta partecipazione al-l’acquisizione delle conoscenze, sia predisponendo accorgimenti specifici pervalorizzarla.Occorre non consegnare all’alunno pacchetti di contenuti “finiti”e non pretendere dalui una procedura di svolgimento ricalcata sulle precedenti e determinata unilateral-mente dall’insegnante, ma, al contrario, consentirgli un grosso margine di decisionalitàcirca i tempi, la successione, le modalità di lavoro. Di più, si può sollecitare la vogliadi imparare degli alunni, valorizzando le loro iniziative; ovvero stimolando la loro cu-riosità mediante procedimenti prima suggeriti e poi adottati consapevolmente e auto-nomamente.Per esempio, si può proporre agli allievi di effettuare delle congetture e di metterle aconfronto con quelle dei suoi compagni di classe: basterà far leggere il titolo di unlibro o di un articolo, oppure chiedere di scorrere velocemente l’indice o guardare unaparte di un quadro.In seguito, si potrà invitare l’allievo a “saltabellare” tra le pagine del libro o tra le partidell’articolo e richiedergli di effettuare ulteriori previsioni. Quindi, si potrà sollecitare l’allievo a mettere in pratica criteri individuali e selettividi lettura, sia ricordandogli qual è l’obiettivo dell’attività che sta svolgendo e la con-segna che gli è stata assegnato ovvero che ha deciso autonomamente di espletare, siainvitandolo a cercare quello che vuole in corrispondenza delle sue inclinazioni e deisuoi interessi.

- Goal settingPer “goal setting” s’intende il processo mediante il quale si stabiliscono gli obiettivi.Questo procedimento può essere insegnato anche agli alunni più piccoli così che pos-sano servirsene per definire quello che è importante perseguire e per imparare a indi-viduare le attività alle quali dovranno far ricorso per il raggiungimento degli obiettiviprefissati. Programmando obiettivi e pianificando attività, gli alunni si assumono le loro respon-sabilità, comprendono che sono in grado di porsi delle mete e di trovare il modo diraggiungerle, si comportano come individui positivi e con capacità di autodetermi-narsi.In un processo di goal setting si deve6:- definire chiaramente il proprio obiettivo;- elencare alcuni passi da compiere per raggiungerlo;- pensare ai problemi che potrebbero sorgere e interferire;- pensare ad alcune soluzioni per questi problemi;

6 M. Caillot, Apprendre à penser avec les nouvelles technologies, in “Apprendre à penser,penser pour apprendre”, OECD, Paris, 1993.

4. Modalità di potenziamento degli stili cognitivi

Studiosi dell’apprendimento e insegnanti sembrano convenire sull’im-possibilità di individuare o di elaborare metodi di insegnamento universali.Un sostegno a questa convinzione proviene sia dalla semplice constatazionedelle differenze attitudinali tra alunni riscontrate in classe, sia dalle ricerchedi scienza cognitiva7.

Gli allievi, come gli individui in generale, si differenziano, gli uni daglialtri, anche per lo stile cognitivo globale (la cifra stilistica preferibilmentedimostrata) e per gli stili cognitivi specifici (l’interpretazione personalizzatadi determinate abilità cognitive).

Secondo Sternberg8 gli studenti, il cui stile corrisponde a quello dell’in-segnante, ottengono risultati più apprezzabili a scuola indipendentementedalle loro abilità; inoltre, gli insegnanti sottovalutano le prestazioni deglistudenti con stili differenti e tendono a credere i ragazzi molto più similitra di loro di quanto non lo siano in realtà. Di un altro pericolo, ci avverteSternberg: molti studenti tendono a concordare con lo stile dei loro inse-gnanti. E questa, non crediamo sia una buona notizia a riguardo dello svi-luppo delle potenzialità individuali al quale dovrebbe mirare qualsiasiprocesso formativo degno di una società civile e democratica.

Alla richiesta di valorizzare la diversità di “stile”, invece, la scuola deverispondere mediante azioni didattiche in grado di esaltare le peculiarità in-dividuali di apprendimento. Perciò, come già detto, occorre che l’insegnante“riconosca” la diversità cognitiva “personale” degli allievi nell’organizza-zione e nell’attuazione dell’intervento formativo.

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- stabilire un termine entro il quale raggiungere l’obiettivo;- valutare i propri progressi;- premiarsi per i propri risultati.

Per aiutare gli alunni ad effettuare il goal setting li si può invitare a memorizzare i re-quisiti ai quali devono rispondere gli obiettivi con un semplice esercizio mnemonico.Un obiettivo dovrebbe avere le seguenti caratteristiche riassunte nella sigla ABCD:- Abbordabile (rispetto all’età e alle proprie forze);- Ben definito (chiaramente enunciato e valutabile);- Convinto (si deve credere di poterlo realizzare);- Desiderato (si deve volere realizzarlo, si desidera di farlo).

7 B.C. Combs, J.E. Pope, Come motivare gli alunni difficili, Erickson, Trento, 1994.8 R.J. Sternberg, Stili di pensiero, in C. Cornoldi, R. Vianello, Metacognizione, disturbi diapprendimento e handicap, Ed. Junior, Bergamo, 1996.

È, inoltre, indispensabile che renda consapevole l’alunno delle caratte-ristiche del suo stile d’apprendimento, glielo faccia riconoscere con il con-corso di attività indirizzate a promuovere momenti di riflessione e diconsapevolezza operativa e attraverso il confronto con le caratteristiche distile esplicitate dai suoi compagni di classe.

Quindi potenzi la capacità di utilizzazione intenzionale di elementi dellostile cognitivo di ciascuno: da una parte, accettando le diverse modalità diapproccio cognitivo purché funzionali ed efficaci; dall’altra parte, organiz-zando attività e momenti di lavoro aperte a tutti gli stili9.

Uno stile cognitivo non è detto che vada sempre bene anche quando adesprimerlo con una certa assiduità è un allievo che consegue buoni risultatiin ogni campo dell’apprendimento e, non è nemmeno detto che uno stilesia in assoluto migliore dell’altro. È compito dell’insegnante e della scuolain generale proporre occasioni perché l’allievo sperimenti consapevolmentediversi stili cognitivi, rifugga l’ipertrofia d’uso di uno o l’atrofia di un altroe adatti sempre più la sua complessiva capacità di scelta stilistica.

La scuola deve orientare gli allievi, a cominciare dai più piccoli, a uti-lizzare flessibilmente i diversi stili, affinché sfrutti le varie modalità di ap-prendimento a seconda della situazione. È proprio la capacità di sapersiadattare ai diversi contesti di conoscenza(fisici, simbolici, culturali), cheoggi sembra maggiormente in grado di rappresentare il senso ultimo del-l’intelligenza umana e pare attrezzare l’individuo a interagire con il mondodell’esperienza e dei saperi della contemporaneità.

Riportiamo, di seguito, alcune proposte di lavoro sugli stili cognitivi10.

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9 R.J. Sternberg, Stili di pensiero. Differenze individuali nell’apprendimento e nella soluzionedei problemi, Erickson, Trento, 1998.10 A. Biancardi, La ricerca sugli stili cognitivi e i processi di apprendimento, in “Psicologiae scuola”, n. 64, Giunti, Firenze, maggio 1993.11 La Pnl nasce nel 1970 dalla collaborazione di J. Grinder (un linguista) e R. Bandler (stu-dente di psicologia). Ha reso disponibili a chiunque le tecniche di individuazione e conse-guimento di obiettivi professionali e personali.12 R. Bandler, J. Grinder e altri, La Programmazione Neurolinguistica, Astrolabio, Firenze,1982.

La Programmazione Neurolinguistica (Pnl)La Programmazione Neurolinguistica11 afferma che ogni individuo tende ad avere stilidi pensiero e di memorizzazione legati prevalentemente a questo o a quell’altro senso.Le strategie di apprendimento che ogni allievo usa spontaneamente sono di tipo visivo,auditivo, cinestesico. Non è detto che una strategia sia migliore o peggiore delle altre; al più si potrà direche l’una può dare risultati migliori di un’altra in particolari contesti12.

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Corrispondentemente alle diverse soluzioni strategiche spontaneamente adottate, lestrategie di apprendimento proposte dalla Pnl cercano di passare da un sistema in cuiè la mente a piegarsi alle caratteristiche delle fonti di apprendimento a un sistema incui ogni allievo viene messo in grado di adoperare e riadattare le conoscenze che ricevesecondo le proprie strategie individuali.Innanzitutto, però, occorre che ogni individuo, ogni allievo capisca le strategie chenormalmente adopera sono di tipo visivo, auditivo oppure cinestesico13.Allo scopo, vengono predisposti dei test14 che, consentendo, di individuare le strategie diapprendimento preferibilmente adottate, indicano all’insegnante e all’allievo la strada dapercorrere. Al primo, l’informazione servirà per predisporre situazioni di apprendimentoadeguate alle caratteristiche del soggetto; al secondo ad essere consapevole delle sue abi-tudini cognitive e, insieme, dei suoi punti di forza e di debolezza.

- Il Progetto Zero (H.Gardner)Gardner ritiene che la scuola fallisca i suoi obiettivi di educazione e di istruzione perchénon dà il giusto peso alla forza delle concezioni, degli stereotipi, dei copioni che ogni al-lievo porta con sè. Non “conosce” mente e propensioni mentali dei soggetti che a lei siaffidano e, per questa ragione, non riesce a costruire percorsi didattici che promuovanoapprendimenti accettabili e destinati a durare nel tempo. Gli alunni, secondo Gardner,esprimono “talenti” differenziati perchè, come tutti gli individui, elaborano i loro processicognitivi mediante forme particolari di rappresentazione mentale.Ma la scuola non ne tiene conto, punta su una forma di intelligenza apparentementegenerale, di fatto prevalentemente di tipo logico-linguistico. Invece, a parere di Gar-dner, piuttosto che di una forma di intelligenza generale si deve parlare di “intelligenzemultiple”.Ognuna di queste esprime una capacità particolare di risolvere problemi o di creareprodotti che sono apprezzati all’interno di uno o più contesti culturali15.L’esistenza di ogni forma particolare di intelligenza deriva dalla possibilità di trovarlain relativo isolamento in popolazioni specifiche (o assente, in forma isolata, in popo-lazioni altrimenti normali), di ritrovarla molto sviluppata in individui specifici, di ve-derla definita da ricercatori sperimentali sulla base delle indagini effettuate su abilitàelementari. Gardner individua 7 forme di intelligenza: linguistica, musicale, logico-matematica,spaziale, corporeo cinestesica, interpersonale, intrapersonale.Alla luce di queste convinzioni, non è più opportuno misurare l’intelligenza quasi fosse unpotenziale di carattere generale e attraverso i soliti strumenti verbali standardizzati.Al contrario, ogni intelligenza va misurata e valutata con mezzi adeguati. Nella scuola,ad esempio, osservando gli alunni mentre giocano e studiano in un ambiente arricchitoe in grado di fornire occasioni favorevoli alla esplicitazione delle diverse propensionidi intelligenza. Ci si troverà di fronte a soggetti che, pur evolvendosi intellettualmente nel tempo, nonsviluppano in maniera sincrona – come, invece, ipotizzava Piaget – le varie compe-tenze cognitive, ma queste risentono dell’influsso della forma d’intelligenza prefe-

13 R. Bandler, Usare il cervello per cambiare, Astrolabio, Roma, 1986.14 Vedi il capitolo XI a proposito dello sviluppo delle abilità metaconoscitive.15 H. Gardner, Formae mentis, Feltrinelli, Milano, 1991.

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preferibilmente adottata dall’individuo16. Avendo l’istruzione, per tradizione, privile-giato solo alcune forme di rappresentazione mentale (in particolare, quella linguistica)accade che quegli allievi che non sono particolarmente idonei ad esprimerla, si trovinoin palese difficoltà, non si sentono motivati allo studio, non raggiungono risultati sod-disfacenti nel campo dei più differenti apprendimenti. E qui, si è trasformata quellache in realtà è una differente propensione intellettuale in un’occasione di discrimina-zione dei talenti e delle attitudini individuali, a tutto discapito delle possibilità di svi-luppo cognitivo e culturale degli allievi.Ecco le ragioni che impongono il cambiamento verso una forma di scuola che si pre-occupi di conoscere le propensioni mentali degli alunni, che cerchi di conoscere qualè lo stato delle loro conoscenze, che definisca i punti di forza e di debolezza per tentaredi far raggiungere a tutti risultati di eccellenza cognitiva.Il Progetto Zero si propone di valorizzare i punti di forza in due direzioni: per lo svi-luppo di abilità nei campi di conoscenza corrispondenti alla forma di intelligenza pre-feribilmente adottata dall’allievo; per l’acquisizione di competenza in altri ambiti diconoscenza, in quelli, cioè, dove si è più deboli, attraverso processi cognitivi di gene-ralizzazione, resi possibili proprio dalla padronanza acquisita nei territori più agevol-mente frequentati17. La strada da battere: progettazione di ambienti di apprendimento che permettano aglistudenti di far tesoro degli insegnamenti scolastici e di integrare i precedenti modi diconoscere con quelli proposti dalla scuola.Due le metafore-guida in campo pedagogico-didattico: il museo e l’apprendistato, lospirito del primo, l’efficacia del secondo. Il museo sta per ambienti ricchi di stimoli eper insegnanti esperti nelle loro discipline e attenti a riconoscere e considerare le di-verse capacità e vocazioni intellettuali degli allievi; l’apprendistato sta per il desideriodi realizzare prodotti sempre migliori e per l’esplicito interesse al controllo delle pre-stazioni e degli apprendimenti18.Nella scuola di Indianapolis19, Gardner e i suoi collaboratori, hanno esposto i loro alunni(dall’asilo alle medie) a esperienze concepite per stimolare ed educare all’intero spettrodello intelligenze. Attività comuni si alternavano a momenti riservati allo sviluppo delleparticolari forme di intelligenza; classi per la cura degli interessi o temi generali (per con-sentire l’integrazione degli elementi disparati del curricolo e da cambiare ogni 9 settimane)succedevano a gruppi con caratteristiche e vocazioni speciali, così come i corsi di musicaa quelli di educazione corporea e ai corsi di computer. L’opzione pedagogica di fondo era costituita da un insegnamento centrato sull’indivi-duo, sulle sue capacità e sui suoi desideri di conoscenza e di competenza; gli elementicostitutivi erano rappresentati dall’individuazione e dalla sorveglianza continua deipunti di forza e degli stili cognitivi del ragazzo, nel rispetto della sua forma preferen-ziale d’intelligenza, dalla volontarietà di scelta dell’alunno circa le sue materie elettive,dalla diversità di metodo realizzata dagli insegnanti nelle discipline comuni.

16 H.L. Kornhaber, H.Gardner, Réflection critique et formes multiples de l’intelligence, in“Apprendre à penser, penser pour apprendre”, OECD, Paris, 1993.17 M. De Beni, Costruire l’apprendimento, La Scuola, Brescia, 1993.18 H. Gardner, Educare al comprendere, Feltrinelli, Milano, 1993.19 H. Gardner, Aprire le menti, Feltrinelli, Milano, 1989.

QUARTA PARTE

ESPERIENZE DIDATTICHE DI METACOGNIZIONE

In questa parte del volume sono stati raccolti sia dei significativi contri-buti di riflessione intorno a tematiche particolari riferibili all’approccio di-dattico metacognitivo, sia specifiche esperienze di insegnamento orientatealla riflessività formativa e alla metacognizione.

Capitolo ventiduesimo

Metacognizione al Primo Ciclo

Baby e-learning e robotica a scuola:la metacognizione a partire dalla scuoladell’infanzia e della scuola primaria

di Patrizia Rossini 1

Premessa

La società del XXI secolo, società della conoscenza, tecnologica, mon-dializzata, virtuale, digitale, in due parole “società” complessa, è caratte-rizzata dall’innovazione tecnologica. Questa, se da un lato mette in crisi uncerto provincialismo dei contenuti, aprendo panorami planetari, dall’altroapre le porte alla velocizzazione delle informazioni e quindi alla rapida ob-solescenza delle conoscenze e competenze, trasformando i processi del la-voro e obbligando tutti ad un apprendimento continuo. Nella società dellaconoscenza il nuovo capitale diventa il sapere, quello che consente di af-frontare positivamente la continua mobilità e l’assenza di garanzie nelmondo del lavoro (da cui l’altra grande metafora: “società del rischio”). Inquesta prospettiva il rapporto tra educazione e società diventa complessoed esige un approccio non soltanto strutturale, ma anche, e soprattutto, re-lazionale e funzionale.

Uno dei principi alla base della globalizzazione è “uscire dai propri con-fini”, per cui nasce l’esigenza di fare educazione riconoscendo il sapere pe-dagogico dovunque si produca. Nella società globale l’educativo non puòpiù essere contenuto nei limiti dell’istituzione scolastica, ma torna, comenelle società tribali, ad essere un compito diffuso: il compito di educare edi educarsi coinvolge tutte le persone e il contesto sociale nella sua interezzaglobale.

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1 Patrizia Rossini è dirigente scolastico del IX Circolo Japigia 1 - Bari.

Tra i settori maggiormente investiti dagli effetti della globalizzazione c’èsicuramente la scuola; infatti, la nuova società dell’apprendimento continuola spinge a ridefinire i compiti, i contenuti, i percorsi e i metodi di insegna-mento/apprendimento, anche perché sono cambiate le esigenze formative.

Nell’attuale società della conoscenza, imparare è diventato un aspettostrutturale e permanente della vita degli individui. Per un lungo periodo,l’obiettivo nella scuola è stato quello di introdurre l’uso delle nuove tecno-logie. Ma, oggi, con i nativi digitali l’uso di un computer, uno smartphone,un tablet, la stessa programmazione di un robot, non rappresenta tantol’obiettivo da raggiungere, quanto il mezzo per attuare un percorso metaco-gnitivo che porti l’alunno, lo studente, l’uomo del domani, ad essere capacedi divenire sempre più autonomo. In questo percorso di insegnamento/ap-prendimento, in cui l’uno (l’insegnante) e l’altro (l’allievo) viaggiano di paripasso, in uno scambio reciproco, in una fusione sinergica, è indispensabileche il docente abbia consapevolezza dell’obiettivo finale, di quali caratteri-stiche deve avere il cittadino che si deve formare e quale percorso formativoe didattico intende mettere in atto per raggiungere questo obiettivo. È im-portante guidare il bambino a prendere coscienza delle esperienze che vive,ad essere consapevole dei suoi vissuti e, pian piano, di quelli degli altri.

Il docente, quindi, deve “sfruttare” ogni occasione per mettere un tas-sello in quel grande e complicato puzzle che è la formazione dell’uomo, ri-spettando il modo di essere di ognuno e lasciando venir fuori la spontaneitàdel singolo. Per permettere ciò, è imprescindibile una trasformazione delmetodo didattico: non più insegnamento da una parte e apprendimentodall’altra, ma costruzione, insieme, di un percorso che parta dal bagaglioculturale già in possesso degli alunni, dalle loro esigenze formative dettatedai loro interessi e dalle loro attitudini.

Motore di ogni attività e ogni iniziativa è senza dubbio la motivazione.Riuscire a far scattare la molla che spinge verso l’apprendimento significa-tivo permette di essere in grado di riorganizzare e reinventare i propri saperie le proprie competenze ogni qual volta la vita stessa lo richiede, permette(mediante il contributo offerto da metodologie, strategie e didattiche inno-vative) di far maturare le competenze per la vita che variano in base ai cam-biamenti sociali in atto.

Il docente, quindi, deve stimolare la motivazione ad apprendere e rea-lizzare percorsi in forma laboratoriale, per favorire l’operatività e, allostesso tempo, il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Deve, inoltre,promuovere la consapevolezza del modo di apprendere del singolo, la me-tacognizione, al fine di stimolare a “imparare ad apprendere”.

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Baby e-learning

Oggi, qualsiasi approccio didattico o lavorativo, prevede l’utilizzo dellenuove tecnologie e corsi di formazione a distanza o e-blended; perché alloranon formare i nostri allievi già dalla scuola dell’infanzia e da quella primaria?Perché non dare loro l’opportunità di utilizzare il computer non solo per atti-vità ludiche (spesso discutibili, del resto), ma anche per attività formative?

Nasce così la piattaforma “Baby e-learning” che prevede vari percorsi,con contenuti differenziati per argomento e difficoltà. L’alunno è accom-pagnato, nella scelta del percorso da effettuare, da personaggi animati chesimpaticamente lo coinvolgono in momenti ludici e allo stesso tempo for-mativi. Emerge chiaramente l’attenzione che, nell’implementazione delletecnologie e nelle metodologie pedagogiche, è stata data agli aspetti meta-cognitivi sia degli alunni che degli insegnanti, sempre nell’ottica del rag-giungimento della consapevolezza delle proprie esigenze formative, nonchédelle proprie potenzialità.

La piattaforma, che ovviamente non sostituisce la formazione in pre-senza classica e propone una formazione e-learning intesa come soluzionedi insegnamento centrato sullo studente, presenta percorsi destinati a bam-bini di età compresa tra i 4/5 anni e tra i 6/10 anni. Sono previsti i seguentipercorsi: Il bosco incantato (per alunni di scuola dell’infanzia), Il parcodelle scoperte (relativo all’ambito logico-matematico-scientifico), Il parcodelle conoscenze (relativo all’ambito linguistico-storico-geografico), Ilparco dell’arte (relativo al campo artistico), Il parco d’Europa (di raccoltadi tutti i lavori realizzati dai paesi europei partner del progetto Comenius,di cui la scuola italiana è stato paese coordinatore sino alla conclusione delprogetto stesso, lo scorso anno).

Gli ambienti sono animati da personaggi a cui è stata data voce da unattore e sono personaggi che accompagnano i bambini per mano nei variambienti.

La fase di fruizione, rivolta agli alunni, ha visto coinvolti un po’ tutti glialunni del Circolo che, a scuola, come a casa hanno preso dimestichezzacon la piattaforma. L’attività di apprendimento e-learning, ha una cadenzacurricolare settimanale, durante le ore destinate all’informatica, ma ha lapossibilità di essere svolta liberamente in quanto gli alunni possono colle-garsi, come abbiamo già detto, da qualsiasi altra postazione e in qualsiasialtro momento della giornata. Comunque, vista l’interdisciplinarietà deicontenuti del Baby e-learning, spesso le docenti, in modo molto flessibile,utilizzano la piattaforma anche in ore che non siano prettamente quelle diinformatica.

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Il campo di applicazione

Il progetto prevede al momento il percorso e-learning come un comple-mento delle attività curricolari in presenza, ma ci si propone, con il tempo, diavere una tracciabilità concreta dei percorsi realizzati nonché dei risultati rag-giunti da ogni singolo alunno. In questo modo le attività presenti sulla piat-taforma potrebbero essere considerate anche prove di verifica, nota dolenteper ogni insegnante che nella predisposizione delle stesse deve garantire l’og-gettività dei risultati e allo stesso tempo considerare l’unicità dell’individuo.

La gradualità dei percorsi permette alla piattaforma di poter essere frui-bile anche dagli alunni diversamente abili, soprattutto dai bambini affettida sindrome di down o da DSA che privilegiano l’uso del computer, soprat-tutto per l’apprendimento strumentale della lettura e della scrittura.

La piattaforma Baby e-learning, grazie alla sua flessibilità e alla sua

struttura modulare, non solo si rivela adattabile a qualsiasi livello di prere-quisiti posseduti, ma permette uno sviluppo al passo con le innovative tecno-logie del web e nettamente superiore alle attività che normalmente sieffettuano durante i cinque anni di scuola primaria. Andando oltre quello cheè l’apprendimento dell’alunno, sia nell’uso della piattaforma che nelle disci-pline che attraverso la piattaforma, è da considerare il percorso metacognitivoche con la piattaforma baby e-learning, l’alunno mette in atto. Quando si trovadavanti ad un computer, il soggetto, ancor più un alunno di scuola dell’infan-zia o primaria, deve operare varie scelte e anche con una certa immediatezza:deve conoscere la sua esigenza formativa, definire l’obiettivo, individuare letappe per il raggiungimento dello stesso, metterle in atto. In questo modo,l’alunno ha conoscenza dei propri limiti e delle proprie potenzialità, ma anchedel proprio percorso formativo, nell’ottica di una didattica metacognitiva ca-pace di sostenere gli alunni, figli della società complessa, nel perseguimentosempre più autonomo e consapevole delle proprie conoscenze e competenzee, pertanto, nella continua autorealizzazione della propria persona.

La robotica a scuola

La scuola usufruisce di un finanziamento ricevuto direttamente dal Mi-nistero della Pubblica Istruzione (Ufficio IV Formazione del personale) perla realizzazione di un progetto, LA ROBOTICA A SCUOLA, che vede im-pegnate alcune docenti e il Dirigente in una formazione, in presenza e online, per l’utilizzo della robotica educativa nella didattica. Le competenzeacquisite hanno avuto ricadute interne sulle altre docenti e su tutti gli alunniche hanno potuto, grazie alla robotica, avviare un processo di apprendi-

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mento metacognitivo. Nel prossimo anno scolastico, avranno anche ricaduteesterne perché le docenti formate, con l’acquisizione di una certificazionedelle competenze, potranno formare colleghe di altre scuole.

La robotica nella didattica è una scienza emergente che sta nascendodalla fusione di molte discipline tradizionali, appartenenti sia al campo dellescienze naturali che umane. È un potentissimo strumento per studiare ecomprendere meglio non solo l’universo che ci circonda – lo spazio, glioceani, il nostro corpo – ma anche la nostra stessa mente. Questo è il motivoper cui la robotica potrà condurre ad una convergenza delle due culture,quella umanistica e quella tecnologica, verso quello che molti sognatorichiamano un “nuovo umanesimo delle macchine”.

Studiare e applicare la robotica non è importante soltanto per impararea costruire o ad usare i robot, ma anche per imparare un metodo di ragio-

namento e sperimentazione del mondo.Il profilo particolare di questa nuova scienza promuove le attitudini

creative negli studenti, nonché la loro capacità di comunicazione, coo-

perazione e lavoro di gruppo.Lo studio e l’applicazione della Robotica favorisce negli studenti un at-

teggiamento di interesse e di apertura anche verso le tradizionali disciplinedi base. Ovviamente, non ci si propone di introdurre una nuova materia, madi creare moduli applicativi interdisciplinari nei programmi delle materieesistenti, sfruttando attivamente le tecnologie di comunicazione. Si tratta,quindi, di avviare gli alunni non solo all’apprendimento dell’uso dei robote della loro programmazione, ma anche ad una nuova metodologia di studio.Occorre, quindi anche implementare un nuovo percorso di insegnamento/apprendimento che sia davvero laboratoriale e che si organizzi sul problemsolving e sul learn by doing.

Il progetto di robotica a scuola

Logo per la robotica

Con queste premesse, la partecipazione all’evento “Tre giorni per lascuola” presso la Città della Scienza a Napoli e l’incontro con il prof. Gio-

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vanni Marcianò, è stato determinante. Conoscere le potenzialità dell’usonella robotica educativa nella didattica ha aperto scenari nuovi e impensa-bili. È nata così l’idea di voler dare ai nostri alunni questa grande opportu-nità. È stato implementato e presentato il progetto al Ministerodell’istruzione, ufficio IV Formazione del personale che a luglio 2011 èstato approvato. La tappa successiva è stata l’adesione con delibera del Col-legio dei docenti e del Consiglio di circolo, alla rete Robocup Jr. Il progettoè partito ad Ottobre 2011 con il seminario nazionale La robotica a scuola(20 ottobre Sala conferenze Uni.Versus Bari) e si concluderà a Maggio2012. Ha previsto 18 ore di formazione in presenza più un supporto on line.Le docenti corsiste, dal prossimo anno, potranno formare altre docenti, inmodo da diffondere l’esperienza e renderla fruibile in altri contesti. Con ifondi ricevuti, la scuola ha potuto acquistare anche un buon numero di robotda utilizzare durante le attività nei due plessi. Nel dettaglio la scuola si èdotata di 16 Bee bot e relativo software, 16 Scribbler e 6 NXT.

Il bee bot è un robot che si programma con i tasti posti sul dorso. Compiepassi di 15 cm e rotazioni di 90°.

Lo scribbler è un robot che si programma al computer con un linguaggioGUY, quindi per icone, con un software specifico. Lo scribbler ha la possi-bilità di inserire un pennarello e, con la giusta programmazione, disegnasui fogli varie figure geometriche, scritte di ogni genere, ma può anche bal-lare a suon di musica.

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L’NXT può essere costruito con i mattoncini Lego come androide, cingo-lato o altro e può essere programmato al computer con un software idoneo.

Le attività

Ogni docente corsista ha lavorato nelle proprie classi durante l’orariocurricolare.

Per gli alunni le cui docenti non sono corsiste si sono organizzati gruppiopzionali, in orario extracurricolare, seguiti da docenti corsiste che hannodato la loro disponibilità. Sono partiti così i seguenti corsi:

-corso A Robottiamo con l’apina rivolto a bambini dell’ultimo annodi scuola dell’infanzia e di classe I.

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- corso B Robottiamo insieme rivolto agli alunni di classe II

- corso C Robottiamo con lo scribbler rivolto agli alunni di classe III e IV

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-corso D Robottiamo per la gara, di potenziamento, rivolto agli alunnifacenti parte delle squadre che parteciperanno alla gara nazionale che sisvolgerà a Riva del Garda il 19 e 21 aprile.

Ogni docente ha creato un percorso autonomo e creativo partendo dalleattività didattiche previste per l’anno in corso e seguendo le evoluzioni delsingolo contesto classe.

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E così ci sono stati alunni che hanno inventato storie fantastiche, altriche hanno costruito un piano cartesiano; altri ancora hanno disegnato o co-struito vari elementi della storia e si sono cimentati a far “viaggiare” il beebot, programmando i suoi percorsi e raccontando nel frattempo la storia.

Altri hanno creato alcune slide che raccontano il percorso didattico, altriancora sono partiti dalla geometria per poi passare alla geografia, alla storia,all’italiano.

Il gruppo di potenziamento ha organizzato le performance per le gare.Un gruppo, I ragabot di Japigia1, ha organizzato un balletto: Robocchio,personaggio di un cortometraggio che stiamo girando, balla con i suoi amicirobot chiusi nell’aula di informatica di una scuola. L’altro gruppo Le robo-meraviglie di Japigia, sta mettendo in scena uno dei momenti della fiabaAlice nel paese delle meraviglie, in cui alunni e robot recitano.

L’esperienza è molto coinvolgente sia per gli alunni che per le docenti.Insieme provano, riprovano, costruiscono, programmano, sfornano idee,imparano e nel frattempo…senza accorgersene, prendono consapevolezzadelle potenzialità e dei limiti degli strumenti. Al tempo stesso,valutanoanche le potenzialità e i limiti di se stessi. Tutto questo, in un percorso me-tacognitivo che permetterà loro di acquisire un abito mentale, una formamentis capace di definire un obiettivo, individuare e mettere in atto, le tappeper raggiungerlo, rivedere il percorso all’insorgenza di problemi, affinarloin vista del raggiungimento dell’obiettivo. Se si prova a spostare questecompetenze in altri ambiti dello studio o della vita stessa, superando il per-corso realizzato prettamente per imparare ad usare i robot, si può ben capirequali risultati di lunga durata offre l’uso della robotica nella didattica. Ri-prendendo il pensiero di Feuerstein e la sua idea di pedagogia della media-zione, possiamo affermare che l’intelligenza si può insegnare, imparandoad osservare, porsi domande, creare collegamenti, programmare, studiarestrategie; tutte attività che vengono messe in atto con la robotica didattica.

La robotica è un’esperienza avvolgente, stimolo per la crescita e per lacapacità di riflessione. Infine, favorisce un contatto attivo dei bambini e laricerca delle loro potenzialità creative ed espressive.

Conclusioni

I percorsi che gli alunni del IX Circolo Japigia 1 di Bari stanno attuandocon le loro insegnanti presuppongono, come abbiamo detto, la ridefinizionedel metodo di insegnamento/apprendimento attraverso l’uso degli strumentitecnologici. L’e-learning e la robotica mirano alla promozione della costru-

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zione di un abito mentale che preveda la consapevolezza del percorso daattuare per il raggiungimento di un obiettivo: progettazione, individuazionedelle fasi, capacità di risolvere i problemi man mano che si presentano, mi-rano ad un’altra idea di scuola, una scuola che promuove la didattica meta-cognitiva.

Bibliografia

P. Rossini, Testi per tutte le teste, edizioni la meridiana, 2012.E. Morin, La testa ben fatta, R. Cortina editore, 2000.F. Frabboni, Società della conoscenza e scuola, Erikson, Trento, 2005.G. Marcianò, Robotica a scuola, Lulu, 2007.

359

Capitolo ventitresimo

Metacognizione al Secondo Ciclo

Orientamento, Metacognizione e CompetenzeTrasversali

di Annamaria Papapicco e Antonio Romei1

Premessa

Il contributo intende sondare la relazione tra orientamento, pratica meta-cognitiva e competenze trasversali nel percorso formativo degli studenti aidiversi livelli scolastici. Si soffermerà, poi, sulle azioni che il sistema scola-stico italiano ha approntato per integrare le competenze trasversali nei curri-cula. Illustrerà, quindi, due casi significativi (case histories), uno di gruppoed uno individuale, che sono illuminanti per gli spunti didattici che propon-gono e la riflessione metacognitiva che attivano nei soggetti interessati.

Il dibattito più recente relativo all’orientamento2, da un lato, ha messo inevidenza come la scelta che gli studenti sono chiamati a effettuare nei diversimomenti della loro carriera scolastica sia indissolubilmente legata ad una fun-zione riflessiva (vale a dire, nella fattispecie, all’acquisizione della consape-volezza delle proprie capacità ed attitudini per raggiungere obiettiviprefissati); dall’altro, ha rimarcato l’importanza dello sviluppo delle “com-

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1 A. Papapicco e A. Romei sono docenti presso l’ITE/LL “D. Romanazzi” di Bari.2 Si vedano, tra i tanti lavori pubblicati, F. Marostica (a cura di) Orientamento: natura, scopie dimensioni. Didattica orientativa, competenze di base e competenze trasversali. Ripensarel’orientamento della scuola e potenziare la didattica orientativa/orientante o orientamentoformativo. Report gruppi di lavoro al Seminario Nazionale “L’orientamento per il Futuro”svoltosi dal 2 al 5 Marzo 2009 ad Abano Terme (PD), organizzato dal MIUR; G. Tanucci,La dimensione psicologica dell’orientamento, in “Studi e Documenti degli Annali della Pub-blica Istruzione”, 2011, pp. 134-135, a cura di Speranzina Ferraro; G. Tanucci, M.R. Cro-pano, Orientarsi all’Università, Pensa Multimedia S.r.l., Lecce-Brescia, 2011.

petenze trasversali” (o “soft skills”, secondo la dicitura anglossassone), qualicompetenze che, come ci ricorda Flavia Marostica, sono “strategiche”, perchésono quelle che fanno la differenza nella vita e nel lavoro e non a caso sonoattentamente analizzate anche nelle indagini PISA (cross curricular) e ven-gono osservate con molta attenzione nei colloqui per l’assunzione di lavoro”3.

Nella scuola è necessario sviluppare negli allievi la capacità di auto-orientamento che è in linea con le finalità di attivazione della funzione ri-flessiva nei compiti di studio e di apprendimento (basata sul processo diconoscenza del proprio funzionamento cognitivo e sul controllo dei processicognitivi al fine di raggiungere un obiettivo prefissato). È noto che la praticariflessiva fornisce agli studenti competenze valide in qualsiasi contesto, siaesso di apprendimento che lavorativo. Essa, infatti, innesta un processo vir-tuoso di produzione di autonomia educativa.

La metacognizione assume un ruolo essenziale non solo per lo sviluppodell’autonomia di apprendimento, ma anche perché è strettamente connessaad un orientamento formativo. Per sviluppare strategie di apprendimento èimportante stimolare una prassi riflessiva, affinché gli studenti apprendanocome trasferire le competenze acquisite in altri contesti e da un oggetto distudio ad un altro. Gli studenti, in questo modo, dovrebbero imparare a de-scrivere i propri comportamenti cognitivi e ad autovalutarli per adattarli aidifferenti contesti nei quali dovranno essere di volta in volta utilizzati.

Tra gli strumenti necessari per affrontare la complessità di una societàtecnologicamente multiforme e globalizzata quale quella attuale, sicura-mente, le competenze trasversali rivestono un ruolo importante, in quantosono quelle «indispensabili per avvalersi poi delle azioni specifiche di orien-tamento e ne costituiscono il presupposto. Si acquisiscono piano piano conl’esercizio quotidiano e aiutano a diventare autonomi, a capire se stessi e ilmondo reale circostante, a comprendere quali sono le proprie attitudini epropensioni e le opportunità effettivamente raggiungibili/fruibili, a fare dellescelte responsabili e ad assumere delle decisioni che riguardano la vita».4

La complessità del reale ha determinato, nel corso degli ultimi anni, quelpassaggio da ciò che è stato definito un “orientamento riproduttivo” ad un“orientamento per il potenziale”5; laddove «l’orientamento per il potenziale[…] assume come fattore distintivo il processo di progettazione, di valoriz-zazione delle opportunità funzionale ad interventi di ricognizione, di asses-sment e di responsabilizzazione del soggetto»6. L’orientamento per il

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3 F. Marostica, op. cit., p. 3.4 F. Marostica, op. cit., p. 3.5 G. Tanucci, La dimensione psicologica dell’orientamento, cit., p. 79.6 Ibidem, p. 80.

“potenziale” fornirebbe agli studenti gli strumenti indispensabili per affrontareun mercato del lavoro “proteiforme”, caratterizzato da instabilità, flessibilità,dinamicità, caratteristiche che richiedono una «manutenzione costante dellacarriera formativa e professionale lungo tutto l’arco della vita».7

Tuttavia, la sfida che la scuola italiana ha dovuto affrontare in questi ul-timi anni è stata quella di integrare e sviluppare le competenze trasversalinel curricolo scolastico, sulla scorta di quanto già avvenuto in altri paesieuropei, Norvegia e Regno Unito in particolare.

A partire dal 2004 la Norvegia ha inserito, per esempio, l’insegnamentodello spirito di imprenditorialità nel curricolo scolastico, sin dai primi annidella scuola dell’obbligo8.

Nel Regno Unito, il cui sistema scolastico è stato di recente riformato,è stato individuato il Framework of Personal, learning and thinking skills9

che comprende le seguenti competenze trasversali:- Indipendenza nella ricerca;- Creatività;- Capacità riflessiva;- Lavoro di gruppo;- Self-management;- Partecipazione efficace.

In Italia già l’ISFOL, agli inizi degli anni ’90, aveva proposto un mo-dello di competenze trasversali che determinava un essenziale cambiamentodi prospettiva proprio rimettendo al centro dell’attenzione e dell’intenzioneformativa il soggetto (in-formazione e al-lavoro). Per la precisione, l’inda-gine ISFOL chiariva quali fossero le competenze richieste nella vita socialee nel mondo del lavoro:

- Competenze di base: sono gli elementi riconosciuti consensual-mente come prerequisiti per l’accesso alla formazione e consideratiimprescindibili per inserirsi o reinserirsi positivamente nel mondodel lavoro e per fronteggiare in modo positivo le situazioni di cam-biamento (informatica di base, lingua straniera, sicurezza e antinfor-tunistica, economia, organizzazione, diritto legislativo).

- Competenze specifiche o tecnico-professionali (riferite in modomirato alla figura professionale richiesta): sono costituite dai saperie dalle tecniche connessi all’esercizio delle attività operative richieste

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7 Ibidem, p. 82.8 http://www.regjeringen.no/en/dep/kd/Selected-topics/compulsory-education/strategic-plans/see-opportunities-and-make-them-work-.html?id=2796619 http://curriculum.qcda.gov.uk/key-stages-3-and-4

dalle funzioni e dai processi di lavoro (conoscenze specifiche o pro-cedurali di un determinato settore lavorativo).

- Competenze trasversali: conoscenze/abilità/risorse personali utiliai fini di un comportamento lavorativo e organizzativo efficace (fles-sibilità, iniziativa,visione d’insieme, auto-responsabilità…): com-prendono l’abilità di diagnosi, di relazione, di problem solving, didecisione e, in generale, quelle caratteristiche personali che entranoin gioco quando un soggetto si attiva a fronte di una richiesta del-l’ambiente organizzativo (e che sono ormai ritenute essenziali al finedi produrre la trasformazione di un sapere professionale in un com-portamento lavorativo efficace).

Nel 2007, infine, il documento sul nuovo obbligo10 formativo indicavale Competenze chiave di cittadinanza in Italia e, in qualche modo, solleci-tava le scuole ad inserire le competenze chiave nella programmazione siadi consiglio di classe sia individuale:

- Imparare ad imparare;- Progettare;- Comunicare;- Collaborare e partecipare;- Agire in modo autonomo e responsabile;- Risolvere problemi;- Individuare collegamenti e relazioni;- Acquisire ed interpretare l’informazione.

Come è evidente, si potrebbe stabilire un certo parallelismo tra le com-petenze trasversali ritenute importanti nel sistema scolastico italiano e inquello anglosassone; ma ciò che colpisce è sicuramente l’intento comunedelle istituzioni scolastiche di trasformare il sistema di formazione, alline-andolo con le richieste del mondo del lavoro e della vita sociale.

Tuttavia, una volta individuate le competenze trasversali, quali attivitàil sistema scolastico italiano ha posto in essere per svilupparle e integrarlenel curricolo?

Non molte, ma sicuramente significative, sono le esperienze che hannoavuto e continuano ad avere il merito di superare la separatezza tra il momentoformativo e il momento applicativo, secondo la logica del learning by doing.Esse puntano su una metodologia che valorizza l’aspetto formativo dell’espe-rienza pratica e che pone l’accento sulle competenze (di base, specifiche etrasversali) piuttosto che sugli aspetti di professionalità, le annotiamo:

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10 Decreto Ministeriale 22 Agosto 2007, n. 139, Allegato n. 2 del Documento tecnico.

- la sperimentazione dell’Alternanza Scuola – Lavoro che, da anni siattua in diverse scuole italiane e che trova sviluppo notevole anchein altri paesi europei quali la Germania, Inghilterra, Spagna e Francia;

- la sperimentazione dell’Impresa Formativa Simulata (IFS);- la metodologia CLIL.

Queste esperienze sono caratterizzate da una forte valenza orientativa, inquanto valorizzano le vocazioni personali dei giovani, i loro interessi e stili diapprendimento, anche di tipo non formale ed informale11 capacità e potenzialità,non sempre valutate nei tradizionali percorsi scolastici. Ma, nello stesso tempo,mirano a trasformare le conoscenze in competenze spendibili nel mercato dellavoro, attraverso un sapiente dosaggio di sapere, saper fare e saper essere12.

La metodologia CLIL

L’insegnamento CLIL (Content and Language Integrated Learning)13 pre-vedendo un approccio integrato di lingua e disciplina non linguistica, stimolal’uso di strategie metacognitive il cui scopo precipuo è la maturazione di unbuon livello di consapevolezza e di autonomia degli studenti. Infatti, attraversola pratica CLIL, gli studenti si abituano ad utilizzare modalità di lavoro rifles-sive “sfruttando” la necessità di comprendere ed eseguire compiti in linguastraniera relativi alla disciplina oggetto di studio. Se sono chiamati a comuni-care correttamente in lingua straniera su argomenti che li impegnano concet-tualmente, gli studenti devono fare appello ad una serie di strategie che possanofornire loro un supporto nell’esporre e contestualizzare conoscenze apprese inaltri contesti comunicativi. Gli strumenti utilizzati dagli insegnanti, dal brain-storming, all’uso di visuals fino allo scaffolding14, aiutano gli studenti nellaloro progressione cognitiva e linguistica fino al raggiungimento di una pienaautonomia. Allo stesso tempo, grazie all’uso di strategie di apprendimentoquali il cooperative learning, e il task-based learning15 gli studenti sono chia-mati a sviluppare una serie di competenze trasversali, come per esempio:

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11 “Apprendimento non formale ed informale”: tutto ciò che il soggetto apprende al di fuoridei percorsi formativi tradizionali (scuola ed università). Un esempio è rappresentato da ciòche un individuo impara sul posto di lavoro oppure attraverso i media.12 Lucrezia Stellacci “Introduzione” in “Alternanza e Cultura d’Impresa in Puglia-Rapporto2003-2007” – Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, Simucenter Regionale per la Pu-glia, quaderno n. 2 del CSP Dilos Center, I.T.E./LL ROMANAZZI, Bari, p. 8.13 Apprendimento Integrato di Lingua e Contenuto.14 Per una definizione dei termini citati si può far riferimento al sito: www.wikipedia.org 15 Ibidem.

1. capacità di cooperare: capacità di interagire con gli altri in diversicontesti, giungere a soluzioni negoziate, considerare altri punti divista;

2. gestione dei tempi: capacità di pianificazione delle proprie azioniin funzione di un lasso di tempo prestabilito;

3. competenze relazionali o comunicative: rapporto con colleghi dilavoro e riconoscimento dei ruoli gerarchici e adeguamento del li-vello di comunicazione;

4. autonomia: capacità di iniziativa personale, creatività, capacità diorganizzazione dei tempi e delle proprie capacità di apprendimento,di progettazione, di inventiva;

5. flessibilità: diverse modalità di raggiungere un risultato;6. responsabilità: rispetto delle regole, affidabilità, attenzione alle con-

segne.

L’Alternanza Scuola-lavoro e l’IFS (Impresa Formativa Simulata)

Sin dalla loro istituzione, le esperienze di Alternanza Scuola-Lavoro(ASL) e di Impresa Formativa Simulata (IFS) miravano all’acquisizione daparte degli studenti di competenze trasversali. Queste sono legate, da unlato, alla maturazione della persona (autonomia, responsabilità, consape-volezza nello studio), o relative al comportamento e relazionali (disciplina,sicurezza, collaborazione), dall’altro, alla capacità di progettazione e di or-ganizzazione. Come si evincerà anche dai casi che qui riportiamo, la valenzametacognitiva dell’ASL e dell’IFS assume altrettanta importanza. In en-trambi i casi, l’uso di pratiche riflessive e gli stessi processi metodologici(pianificazione – esecuzione – controllo – valutazione/autovalutazione)hanno stimolato negli studenti capacità riflessive e spirito d’autonomia.

Analisi di casi significativi1) Esperienza di gruppoIl contesto di riferimento è la creazione di un ufficio operativo di un tour

operator italiano nel Regno Unito, il cui obiettivo è pubblicizzare e com-mercializzare pacchetti turistici specializzati, rivolti all’utenza anglosassonee riguardanti la promozione di percorsi turistici in Puglia.

In questo contesto, il compito assegnato ai partecipanti è stata la realiz-zazione di un prodotto finale che attestasse concretamente lo sviluppo delleloro competenze linguistiche, settoriali, informatiche e trasversali.

La finalità principale di tale iniziativa è stata soprattutto quella di per-mettere agli studenti di migliorare le competenze linguistiche generali e

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consentire loro di acquisire competenze di informatica per metterli in gradodi muoversi con più facilità nei paesi europei, anche con una eventuale pro-spettiva di placement16.

Altro obiettivo del progetto è stato quello di introdurre i giovani alla me-todologia operativa comunemente denominata Project Work17, che mira astimolare le competenze dei componenti di un gruppo di lavoro e convo-gliarle verso un obiettivo preciso (soluzione di problemi o realizzazione

di un prodotto) attraverso un approccio sistemico di ricerca-azione.Destinatari del progetto sono stati quindici studenti del triennio Lingui-

stico Aziendale e del triennio Informatico Aziendale (ex-corsi sperimentaliERICA e MERCURIO).

È fondamentale lavorare con gruppi di studenti dalle abilità diversificatee integrate18 poiché, attraverso la metodologia partecipativa del ProjectWork, ogni studente può mettere al servizio del gruppo di lavoro le proprieconoscenze e competenze. La sinergia tra i vari sottogruppi induce, poi, unmiglioramento complessivo delle conoscenze e competenze di tutti i com-ponenti.

Lo stage ha fornito l’opportunità di lavorare al fianco di operatori delturismo inglesi e di comprendere i meccanismi che sottendono al sistematuristico dal punto di vista commerciale, promozionale e gestionale.

Il progetto, nelle fasi di formazione, ha visto l’alternarsi di vari espertidi lingua inglese e di turismo. Un ruolo fondamentale è stato poi rivestitodall’esperto di progettazione siti web, poiché il prodotto finale è stato unportale turistico sulla Puglia. Questo conteneva immagini, video e itinerari,nonché notizie complete sulle province pugliesi e sulle loro peculiarità, itrasporti e le sistemazioni alberghiere. Inoltre, allargava il suo sguardoanche alle strutture dedicate ai disabili, forniva consigli utili per i turisti e,cosa molto importante, disegnava mappe relative ai collegamenti aerei eferroviari, oltre a offrire notizie sul clima, (fondamentali per il pubblico dilingua inglese).

Il gruppo di lavoro ha inoltre curato particolarmente la grafica del portaleseguendo accuratamente i suggerimenti dell’esperto italiano e del team dilavoro inglese, presso il Tour Operator sede dello stage.

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16 Esperienza lavorativa in un paese estero.17 La pratica riflessiva è particolarmente importante nel Project Work, in quanto gli studentisono chiamati a prendere delle decisioni in merito alle strategie da utilizzare e alle loro mo-dalità di impiego. Lungo tutto il percorso del Project Work, dal patto formativo che vienesottoscritto dagli studenti alla realizzazione del prodotto finale, gli studenti sono chiamatiad operare delle scelte e, quindi, a riflettere sulle loro azioni e sul fine ultimo delle stesse. 18 Che siano in grado, per esempio, di coniugare l’uso di una o più lingue straniere con l’usoavanzato della tecnologia.

I partecipanti hanno imparato ad utilizzare gli ambienti multimediali eli hanno usati costantemente lungo il percorso formativo per la ricerca dimateriali. Contemporaneamente si è attivata negli studenti una idonea ca-pacità critica che li ha guidati nella selezione dell’enorme quantità di ma-teriale presente in rete e nella sistematizzazione dello stesso nel prodottofinale.

Esperienza individualeIl secondo caso significativo riguarda una adolescente di 18 anni che

frequentava la 4° classe di un corso linguistico (ex- ERICA). Aveva ripetutola terza classe e proveniva da un altro istituto. Il suo rendimento scolasticoera al di sotto della sufficienza nella maggior parte delle materie e il suometodo di studio era sostanzialmente di tipo mnemonico. Infine, viveva unrapporto piuttosto conflittuale con i suoi compagni di classe e con alcunidegli insegnanti.

Un quadro piuttosto desolante a voler seguire i dettami di un rendimentoscolastico di tipo “tradizionale”. Tuttavia, a partire dalla 3° classe, l’alunnaha accettato di partecipare al programma integrato di Impresa FormativaSimulata e Stage, esteso a classi di indirizzo “ERICA” all’interno dell’isti-tuto.Il gruppo di studenti, in cui era inserita la ragazza, ha svolto sotto laguida del docente tutor e di un esperto di settore, tutte le fasi della costitu-zione di una impresa a carattere locale: dalla apertura del conto correntebancario, alla individuazione dell’organico aziendale, alla stesura del Bu-siness Plan attraverso il learning by doing. In questo contesto formativo,l’alunna in questione ha dimostrato di possedere doti organizzative ecce-zionali e ha rivelato un carisma che le ha permesso di gestire il gruppo dilavoro. Inoltre, ha evidenziato abilità informatiche ben al di sopra dellamedia e capacità relazionali fuori dal comune che si sono manifestate prin-cipalmente, ma non esclusivamente, durante la fase di stage aziendale inpresenza di persone nuove.

La vicenda di questa alunna ha dimostrato la “produttività formativa”di didattiche innovative: in realtà, nessuna esperienza scolastica tradizionalele avrebbe permesso di esprimere appieno sé stessa. Al contrario, una si-gnificativa parte della sua persona sarebbe rimasta in ombra per tutto l’arcodella sua esperienza scolastica.

«Infatti, dopo aver verificato che l’inserimento lavorativo costituisce ilnaturale completamento del progetto di vita di qualunque soggetto – ingrado di consentirgli il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza – oltre chel’attuazione di un puntuale precetto costituzionale, non può dubitarsi circala necessità di migliorare il tasso di scolarità della popolazione, presuppostoindispensabile per accrescere i livelli occupazionali e per fornire al sistema

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produttivo personale dotato di adeguata qualificazione, oltre che maggior-mente motivato»19.

Quello che l’esperienza di questa studentessa ha insegnato è l’importanzadelle competenze trasversali nella valutazione complessiva degli studenti.

Il Progetto ha consentito agli studenti di:- analizzare ciascuna fase della progettazione al fine di raggiungere

l’obiettivo prefissato, sia nel caso dell’esperienza di gruppo, sia nelcaso dell’esperienza individuale;

- appropriarsi di tecniche di lavoro cooperativo (riunioni di program-mazione, attività di brainstorming, riunioni di feedback, autovaluta-zione del progetto e del proprio contributo) ad un livello di base chepermetterà loro di stabilire con più facilità rapporti di collaborazioneoperativa in un contesto lavorativo;

- sviluppare in modo mirato le conoscenze e competenze linguistichee informatiche attinenti ad un campo specifico di lavoro;

- entrare in contatto con il mondo del lavoro, partecipando ad attivitàautentiche di un ufficio di tour operator e portando a termine deicompiti ben precisi sotto la guida di un esperto in loco;

- realizzare con le proprie energie e le proprie competenze un prodottomultimediale che può testimoniare il lavoro di gruppo al quale hannopartecipato: ricerca documenti e informazione, strutturazione del la-voro e del prodotto, cura della parte linguistica ecc.

- acquisire nel contesto dell’esperienza formativa competenze trasver-sali quali autonomia, responsabilità, creatività, relazionali o comu-nicative, flessibilità.

Conclusioni

Questo sistema di esperienze – dagli stage internazionali, al “commit-ment formativo”20 – è fortemente incentrato sulla riflessione metacognitivain quanto permette agli studenti di fissare gli obiettivi, di scegliere e trovarele risorse necessarie, di mettere in atto le strategie idonee, di vagliare le dif-ficoltà delle esperienze vissute. Le metodologie sperimentate permettonoagli studenti di acquisire conoscenze e competenze capitalizzabili, comun-

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19 Ruggiero Francavilla, L’alternanza scuola-lavoro: un’opportunità da non perdere, in “Al-ternanza e Cultura d’Impresa in Puglia”, Rapporto 2003-2007 – USR, Simucenter Regionaleper la Puglia, quaderno n. 2, CPS Dilos Center, Bari. p. 16.20 “Commitment formativo”: il raggiungimento di un obiettivo condiviso da docente e di-scente.

que relative al proprio indirizzo di studi, ma consolidate da percorsi di ap-prendimento stabili e significativi.

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370

Dal “concetto” alla “mente

di M. Stoppa, A. De Ruvo, G. Lorusso21 – ITE/LL “D. Romanazzi” – Bari

Premessa

La didattica per concetti è stata da sempre utilizzata in campo scolasticoper favorire l’apprendimento, perché consente di mettere in luce i concetti“chiave” a cui si deve porre attenzione per svolgere un compito o per ac-quisire una conoscenza.

La cultura è un veicolo di diffusione, elaborazione, riformulazione diconcetti e la scuola è un luogo che velocizza e rende più adeguato e quali-ficato il processo di costruzione individuale e collettivo dei “concetti” delsapere.

Le MAPPE CONCETTUALI, sono il giusto strumento per far emergerei significati innati del materiale da apprendere e per aiutare l’allievo a co-struire il proprio sapere. Così, come una mappa geografica serve per orien-tarsi in un territorio, una mappa concettuale è strumento per interpretare,rielaborare e trasmettere conoscenze, informazioni e dati, visualizzandol’oggetto della comunicazione, i concetti principali, i legami che essi stabi-liscono e, di conseguenza, il percorso del ragionamento. Possiamo, perciò,affermare che una mappa concettuale è la rappresentazione grafica di con-cetti espressi sinteticamente (parole – concetto) all’interno di una formageometrica (nodo) e collegati fra loro da linee (frecce) che esplicitano larelazione attraverso parole – legamento. I concetti racchiusi in ovali o ret-tangoli sono collegati con frecce, con parole scritte sulle linee per indicarela relazione tra i concetti e sono disposti in modo gerarchico. I concetti piùgenerali e inclusivi vengono riportati in alto nella mappa, mentre i concettisubordinati seguono, in basso e spesso sono saldati a esempi specifici. Nelrealizzare la “mappa”, l’allievo esplicita le proprie conoscenze, le seleziona

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21 I docenti sono stati impegnati nel Progetto “Diritti a scuola” presso l’ITE/LL “D. Roma-nazzi” di Bari.

e le dispone in ordine gerarchico, costruisce e ri-costrusce concetti, sinte-tizza lo stato del suo apprendimento, coglie le lacune, le imprecisioni, in-dividua direzioni di ricerca e di studio.

Le varie strategie didattiche tendono a potenziare l’apprendimento diciascun allievo e a favorirne l’autonomia. Per aiutarlo a non acquisire sola-mente conoscenze, ma soprattutto a sviluppare abilità e competenze inmodo da possedere una certa padronanza nelle strategie che gli permettonodi continuare ad imparare, interviene la metacognizione, cioè il poter riflet-tere sulle proprie capacità cognitive. Lo scopo è quello di stimolare lo stu-dente a conseguire una capacità di autocontrollo cognitivo, di acquisire delle“proprie” conoscenze, di migliorare, in generale, le capacità di apprendi-mento e di dare un decisivo contributo al suo sviluppo cognitivo. Il discente,gradualmente, dovrà proporsi di creare il proprio bagaglio intellettuale at-traverso domande e problemi da risolvere.

Le strategie didattiche metacognitive si sono diffuse all’interno del sistemascolastico italiano negli ultimi anni e, perciò, per lungo tempo, le MAPPEMENTALI sono state relegate nel campo degli strumenti didattici ‘creativi’.

Oggi, invece, sono considerate uno strumento per la rappresentazione delleidee e del pensiero mediante associazioni. Vengono rappresentate attraversoun diagramma nel quale i concetti sono presentati in forma grafica: l’idea prin-cipale si trova al centro dello schema, mentre le altre informazioni vengonolegate secondo una gerarchia radiante via via verso l’esterno. Alla tradizionalestruttura lineare, che prevede un inizio e una fine (la mappa concettuale), lamappa mentale contrappone un’impostazione dinamica che prevede un centroma non una fine. Ciò determina la sua efficacia sia come supporto alla crea-tività, perché stimola a prendere in esame idee non ancora elaborate, sia comesupporto alla rappresentazione mentale del soggetto, in quanto permette unavisione d’insieme. Infine, le mappe mentali possono essere utilizzate conve-nientemente nella comunicazione del pensiero, perché esplicitano grafica-mente i legami concettuali e facilitano la creazione di associazioni mentali.

Dunque, nel sistema scolastico si è passati dall’insegnare semplici “con-cetti”, all’insegnare alla mente, prima, come procedere adeguatamente e,poi, come costruirsi gli strumenti per poterlo fare. Quella delle mappe men-tali è una tecnica di rappresentazione grafica della conoscenza che fa rife-rimento alla differenziazione funzionale dei due lobi cerebrali:

- quello sinistro elabora le informazioni con un approccio lineare, lo-gico, analitico, quantitativo, razionale e verbale, e può essere stimo-lato mediante rappresentazioni di tipo testuale e verbale;

- quello destro opera in modo non lineare, olistico, intuitivo, immagi-nifico e non verbale, e può essere stimolato mediante rappresenta-zione gerarchiche, collocazioni spaziali, simboli e colori.

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Le mappe mentali: quale utilizzo?

Le mappe mentali possono essere utilizzate per vari scopi, in svariatimodi e in diversi campi dello studio e dell’apprendimento. Segnaliamo, diseguito, alcune occasioni di uso.

Nella sfera personale, la mappa viene impiegata prima per far emergerele idee dell’autore, poi per fissarle e rielaborarle; nel lavoro di gruppo, leinformazioni e le idee di diverse persone vengono rappresentate nella me-desima mappa, facilitando il confronto e permettendo di accelerare il pas-saggio dalla fase di elaborazione a quella esecutiva.

Ambiti generali nei quali le mappe trovano applicazione sono i seguenti:- creatività: generare idee, sia autonomamente che in gruppi di lavoro,

mediante brainstorming; - analisi: rappresentare, valutare e comparare varie opzioni nell’atto

del problem solving; - comunicazione: veicolare le informazioni in modo semplice e intui-

tivo, enfatizzando i collegamenti logici, facilitando la dialettica e ilconfronto;

- organizzazione: strutturare le attività, allocare le risorse, assegnare itempi, raccogliere le informazioni necessarie;

- documentazione: impostare documenti e progettare strutture docu-mentali.

Data la natura metacognitiva di questo strumento di rappresentazione,notevole è anche il suo utilizzo in ambito didattico, come:

- nel cooperative learning e nella creazione di gruppi di lavoro, sia inpresenza che a distanza;

- nella socializzazione della conoscenza; - nella progettazione e nella realizzazione di percorsi formativi inter-

disciplinari; - nella valutazione delle competenze acquisite.

Come leggere una mappa mentale

La potenza di una mappa mentale è nella sua capacità di coniugare inmodo ottimale:

- la strutturazione/classificazione delle informazioni; - l’uso contemporaneo di diversi canali espressivi, come la grafica, i

colori e le icone.

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L’utilizzo di una strutturazione di tipo gerarchico-associativa permette,infatti, di inserire e classificare informazioni e dati, ma anche di visualizzaregraficamente i legami esistenti tra essi.

In particolare:- mediante relazioni di tipo Padre-Figlio è possibile rappresentare pro-

cessi di generalizzazione/particolarizzazione applicati a concetti,eventi, attività, dati;

- mediante associazioni tra rami, appartenenti a sotto-rami diversi, èpossibile rappresentare legami concettuali tra elementi, che non sianoriconducibili a relazioni gerarchiche.

In figura: la struttura concettuale gerarchico-associativa di una mappa mentale

Questa modalità di rappresentazione offre contemporaneamente variechiavi di lettura dei contenuti della mappa:

- dal centro verso la periferia, fornisce informazioni di dettaglio cre-scente;

- dalla periferia verso il centro, fornisce informazioni di generalizza-zione;

- in una sua parte, permette di focalizzare l’attenzione su un particolareaspetto o contenuto;

- nel suo complesso, permette di avere una visione d’insieme dell’ar-gomento trattato;

- nei legami associativi, permette di individuare relazioni concettual-mente non riconducibili a quelle di tipo gerarchico, senza mettere indiscussione la struttura radiante della mappa.

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Abbinando alla strutturazione delle informazioni l’uso di canali espres-sivi in grado di sollecitare la creatività e la ritenzione mnemonica, comecolori e immagini evocative, è possibile sviluppare idee e rappresentare leconoscenze in modo efficace e sintetico.

Come realizzare mappe mentali efficaci

In una mappa mentale è importante scegliere in modo opportuno gli ele-menti da inserire, sia a livello testuale che grafico.

Tale scelta provoca risonanze mentali utili per la rappresentazione e perl’evocazione di nuovi concetti da collegare. Per questo motivo è necessarioadottare alcuni accorgimenti, come ad esempio:

- iniziare con un’immagine colorata nel centro, coerente con il temadella mappa, come punto di partenza rappresentativo del soggetto;

- usare su ciascun ramo singole parole chiave scelte per la loro valenzaevocativa oppure di associazione ovvero poste su rami la cui dimen-sione sia proporzionale alla rilevanza;

- usare immagini nella costruzione della mappa, sia sui rami che nelcontorno, per aumentarne l’effetto evocativo;

- mettere concetti differenti su rami differenti in modo da garantire li-bertà e flessibilità per eventuali modifiche;

- usare i colori sia per i rami che per i termini, in quanto stimolanoprocessi mentali come la creatività e la memorizzazione;

- scrivere i termini in modo chiaro.

Seguire queste semplici regole permette di far scaturire spontaneamentee velocemente le idee e di produrre mappe che si rispecchino efficacementeil pensiero o il concetto cui fanno riferimento.

Tenendo conto del fatto che, ad una maggiore ricchezza grafica e cro-matica della mappa, corrisponde una sua maggiore efficacia, in quanto neviene aumentato il grado di comprensione, di gradimento e di memorizza-zione, è possibile ricorrere a vari strumenti rappresentativi:

- Frecce: possono essere usate per mostrare come sono collegati i con-cetti che compaiono su porzioni differenti di una mappa. La frecciapuò essere singola, multipla, avere tratteggi, una direzione, o esserebidirezionale;

- Codici simbolici: possono essere usati vicino alle parole per stabilireil tipo di informazione, o per mostrare affinità tra rami diversi;

- Figure geometriche: quadrati, cerchi, ellissi, possono essere usati percontrassegnare aree della mappa o parole simili: ad esempio, in un

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modello per il problem-solving, i quadrati potrebbero essere utilizzatiper mostrare gli argomenti di analisi del problema, mentre i triangolile ipotesi di soluzione. Le figure geometriche possono anche essereusate per mostrare l’ordine di importanza. Ad esempio, si può usareuna forma quadrata per l’idea principale, circolare per le idee vicinoal centro, triangolare per le idee di importanza seguente e così via;

- Figure a tre dimensioni: questo tipo di figure, con la loro profondità,possono dare una sensazione di prospettiva e, quindi, aumentare il ri-salto della grafica. Ad esempio, trasformando un quadrato in un cubo,la parola scritta sulla sua faccia sembrerà levarsi fuori dalla pagina;

- Immagini creative: sono molto importanti, in quanto facilitano laritenzione mnemonica ed il processo associativo. Possono servire siacome centro della mappa che come elementi periferici. Ad esempio,per illustrare un argomento di fisica atomica, è possibile usare il nu-cleo d’un atomo per il centro della mappa, mentre frecce annodate ecolorate variamente potrebbero indicare gli orbitali elettronici in unaltro punto della mappa;

- Colori: l’uso dei colori è particolarmente utile come ausilio alla me-moria e alla creatività e gli stessi colori possono essere usati, oltreche per arricchire testo e grafica, anche per contrassegnare le diversezone della mappa con bordi e contorni;

- Dimensioni: variare il formato e le dimensioni dei rami, dei caratterie delle immagini aiuta ad evidenziare gli elementi, oppure a stabilireuna gerarchia di importanza tra di essi

Mappe mentali & mappe concettuali: differenze

Le mappe concettuali, pur essendo simili alle mappe mentali, si diffe-renziano da esse perché, a differenza delle seconde, le prime sono caratte-rizzate nel seguente modo:

- la strutturazione delle informazioni è di tipo reticolare e non gerar-chico;

- la matrice cognitiva di riferimento è di tipo connessionista (fattol’elenco dei concetti, si procede alla loro connessione) e non asso-ciazionista (da ciascun concetto vengono sviluppate le possibili as-sociazioni);

- non viene posta particolare enfasi alla codifica iconico-cromatica; - i legami tra i nodi solitamente viene esplicitato mediante etichette

descrittive testuali.

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D’altro canto, la modalità rappresentativa vede ancora una volta nel testol’elemento principe, rispetto ad altri canali comunicativi come il colore e le icone.

Con le mappe mentali si punta soprattutto sull’evocatività, mediantel’uso di effetti grafici (colori ed immagini) oppure di termini (parole oppuresequenze di rami-parola) che siano da stimolo nel processo associativo direlazioni gerarchiche e che diano immediatamente una possibilità di inter-pretazione in chiave di generalizzazione/specificazione. Questo ne facilitale applicazioni orientate alla creatività e le fa rientrare nella classe dellemappe creative.

Però, tale caratteristica può essere d’ostacolo per un utilizzo condiviso dellamappa, che può risultare troppo centrata sulla chiave interpretativa di chi l’haprodotta. Con le mappe concettuali, invece, si punta soprattutto sull’espressi-vità, mediante l’esplicitazione del significato delle relazioni esistenti tra i variconcetti e la rappresentazione di concetti articolati. Questo ne facilita l’utilizzoin tutte le situazioni nelle quali la conoscenza debba essere rappresentata nelmodo il più possibile “oggettivo” e le fa rientrare a pieno titolo tra le mappecognitive. D’altro canto, la presenza di una eccessiva verbosità può essere diostacolo alla velocità di interpretazione e all’impiego nelle attività creative.

L’individuazione del concetto di partenza

Le mappe hanno una metodologia d’uso consolidata e verificata che pre-vede un precisa sequenza di fasi:

- Individuazione del concetto di partenza;- Raccolta dei concetti collegati;- Selezione dei concetti;- Costruzione dei legami;- Assegnazione delle parole legame;- Gerarchizzazione della mappa.

È una scelta che andrebbe “contrattata” con la classe, rappresentandouna prima riflessione utile a concentrare l’attenzione, a delineare l’argo-mento e a creare un territorio comune.

La raccolta dei concetti

Una volta definito il campo di indagine, segue una fase di raccolta diconcetti, che dovrebbe essere la più larga e aperta possibile. È bene, infatti,dedicare a questa attività il tempo necessario a far emergere il maggior nu-

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mero di concetti che il gruppo è in grado di esprimere. L’ampiezza non devespaventare, in quanto si tratta qui di raccogliere materiale grezzo che poiandrà selezionato. La raccolta può essere svolta in modo più o meno strut-turato; si possono utilizzare le metodologie di alcune fasi di brainstorming,in particolare le fasi di produzione di idee e di selezione, o aiutarsi con al-cuni testi da cui estrapolare i concetti. Sarà l’insegnante, inizialmente, a de-cidere la modalità più opportuna in base alle conoscenze possedute dalgruppo e alla complessità e tipologia dell’argomento scelto. Può essere utileanche utilizzare altre due modalità: prima una raccolta libera che farà emer-gere le conoscenze disciplinari pregresse a quelle di tipo esperienziale, dacompletare, poi, con una raccolta di concetti individuati da una veloce emirata consultazione di testi.

È opportuno che il docente abbia svolto prima il lavoro che propone allaclasse, in modo da avere già un’idea dell’estensione dell’area concettualein esame per poter eventualmente porre domande e stimoli agli studenti.

La selezione dei concetti

Con la successiva selezione dei concetti ci si chiederà cosa, di quantoraccolto, è davvero pertinente e a quale livello di approfondimento si dovràgiungere. Per operare la selezione sarà necessario discutere con la classealcuni criteri condivisi, quali: l’eliminazione di concetti poco collegabiliagli altri o troppo personali o specifici, il vincolo del tempo, la coerenzadei contenuti. Al docente il compito di guidare la discussione con opportunedomande, cercando di non fornire risposte dirette.

Costruzione/gerarchizzazione della mappa e dei collegamenti

Iniziando a costruire i collegamenti, si verificano le scelte fatte e spessoci si accorge di aver tralasciato qualche concetto. Attraverso rielaborazionisuccessive, si arriva gradualmente ad una mappa che tenda ad avvicinarsi allavisione disciplinare del problema e a diventare condivisa all’interno delgruppo. È necessario tenere presente che le prime esperienze di costruzionedi mappe, mettendo in evidenza la difficoltà dei ragazzi a staccarsi dalla“forma libro”; tendono cioè ad essere lineari, con pochi collegamenti e gene-ralmente poco organizzate. Compito dell’insegnante è quello di far esplicitarei punti complessi e favorire, attraverso processi di mediazione, nuove acqui-sizioni cognitive (di concetti o di elezioni), mettendo gli alunni in condizionedi procedere il più possibile da soli e attraverso interazioni con i compagni.

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Possibili applicaziomi alla didattica dell’ìtaliano

Costruire un articolo d’opinione

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Nuria

Topologia eGeometria

Delle Mappe concettuali È reticolare

Le relazioni

Può non esistere un centro

Possono avere una direzione

essere etichette testuali

Non necessariamente sonogerarchiche

La lettura è libera

Delle Mappe mentali È radiante

Esiste sempre un centro

Le relazionipossono soloessere di tipo

gerarchico

Non hanno maietichettedescrittive

La chiave diinterpretazioneè implicita

associativoPossono avereuna direzione

Possono avereetichette testuali

La letturapuò avvenire

Sia dal centro all’esterno= specificazione

Sia dall’esterno alcentro = generalizzazione

Emanuela

Piercing e tatuaggi

Idee:- Ce cos’é un piercing- Differenze tra ieri e oggi- Pozione degli adulti (genitori)- Piercing per sentirsi diversi- Piercing come esaltazione della propria immagine e personalità- Piercing pericoloso?- Piercing come moda?- Piercing come testimonianza di un ricordo- Aumento del numero di coloro che cancellano piercing e tatuaggi- Perché soprattutto i giovani tendono a farsi piercing e tatuaggi?- Esperienze vissute o fatti di cui si è venuti a sapere

Schema______________________________________________________Introduzione Tesi Argomenti a sostegno Conclusione______________________________________________________

1 – 2 10 4 – 5 – 7 – 8 3 – 6 – 9 – 11______________________________________________________

Diffusione di piercing e tatuaggi tra i giovani. Quali i motivi?

Piercing e tatuaggi sono forme decorative che sin dall’alba dei tempisono state usate dagli uomini. Anticamente, questi avevano funzioni ritualie manifestavano stati d’animo e personalità dell’individuo, significandoperò, in alcuni casi, l’appartenenza a un gruppo chiuso di persone. Tatuaggie piercing, che sono stati in passato veri e propri simboli di gruppi ed etnie,hanno oggi anche significati diversi. Questi sono, infatti, oggetto di vantoper alcuni, in quanto fanno moda e tendenza e hanno, in molti casi, nulla ache vedere con la trasgressione alle regole che simboleggiavano qualchedecennio fà. È chiaro per tutti che la diffusione di queste pratiche è quasidel tutto subordinata all’età dell’individuo. Questo tipo di decorazione cor-porale è, infatti, molto comune tra i giovani, che vengono da essa attratti. Imotivi per cui i ragazzi si appassionano a queste pratiche sono molteplici.Alcuni di essi vedono in tatuaggi e piercing solo un modo per migliorare ilproprio aspetto, mentre altri desiderano esprimere la propria diversità dallamassa, il loro carattere e i loro sentimenti, proprio grazie a queste pratiche.Inoltre, alcune persone affidano i loro ricordi più cari a tatuaggi e piercingin maniera tale che, almeno idealmente, essi rimangano indelebili. Per que-

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ste ragioni i giovani sono molto attratti da tali strumenti e, in molti casi,non li vivono solo come mode passeggere o tendenze che vengono prestodimenticate. Gli adulti, ma in particolare i genitori, giudicano generalmentechi fa ricorso a tatuaggi e piercing come un individuo poco raccomandabile,poiché queste pratiche simboleggiano trasgressione. Queste persone giudi-cano superficialmente il fenomeno in questione, ignorando del tutto le mo-tivazioni che spingono i giovani a tali comportamenti. Simili pratiche nonvanno però sottovalutate perché se fatte in maniera non ragionata possonoessere alla base di problemi di salute. Un caso esaminabile come esempioè quello di Marilena, una ragazza quattordicenne di Napoli. Ella a seguitodi un’infezione, contratta nell’inserimento di un piercing, ha infatti dovutocombattere la malattia e ricorrere a interventi di chirurgia plastica, per ri-pristinare la sua estetica facciale, vistosamente cambiata dall’infezione.Queste pratiche sono, quindi, significative per chi vi ricorre, ma comportanoalcuni rischi. L’importante è quindi rivolgersi a centri specializzati se si de-sidera fare piercing o tatuaggi, in modo tale da preservare la propria salutee ottenere le decorazioni preferite sul corpo.

Nicolò

Tipologie testuali

Antonio

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Nome del film: Agorà (data di produzione 2009)Regista: Alejandro AmenabarCasa di produzione: Mod Producciones, Himenoptero, Telecinco CinemaDistribuzione: MikadoGenere del film: storico-drammaticoTrama: Nell’Alessandria d’Egitto del 391 d.C., la filosofa Ipazia, espo-

nente di un’evoluzione civile e di libertà di pensiero, viveva in un mondo pa-gano, travolto da una crisi causata da movimenti cristiani, violenti e intolleranti.Prima che questi movimenti si evolvessero, Ipazia cercava di comprenderel’origine dell’Universo con l’aiuto dei suoi schiavi nella biblioteca di Serapeo(pagana), basandosi sulla teoria di Aristarco. Suo padre Teone, dirigente dellabiblioteca, puniva tutti coloro che professavano il cristianesimo all’internodella propria cerchia. Al di fuori del Serapeo c’era Olimpio, sacerdote pagano,che dava guerra ai cristiani, accusandoli di insultare gli dei. La maggioranzadei cristiani costrinse i pagani a rifugiarsi nel Serapeo, ma per poco tempo,considerando che Teodosio, attuale imperatore, proclamò il perdono nei con-fronti dei pagani in cambio dell’accesso alla biblioteca da parte dei cristiani.Tutto ciò si rivelò una trappola, ma i pagani lo intuirono fin da subito e scap-parono, portando via i più importanti documenti. I cristiani, invece, non tro-vando nessuno, distrussero tutta la struttura e bruciarono libri e opere. Tra lefile dei pagani vi risultò esserci un doppiogiochista, il cui nome era Davo. Que-st’ultimo, innamorato di Ipazia, finse di essere pagano per poi schierarsi dallaparte dei cristiani, distruggendo anche lui un simbolo fortemente pagano. Davoraggiunse Ipazia, essendo ancora suo schiavo e cercò di violentarla. Tuttavia,

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non si sentì di compiere fino in fondo questo atto e la filosofa, per perdonarlo,lo rese libero, togliendogli la collana della schiavitù.In seguito, ad Alessandriasi potè professare solo il cristianesimo e Oreste, un altro ex schiavo, diventatoprefetto, insieme a Cirillo, autoelettosi nuovo capo di questo movimento, de-cise di attaccare gli ebrei. Cirillo, in realtà, non si rivelò un vero cristiano, poi-ché scatenò guerre ovunque e decise di condannare a morte Ipazia, che nelfrattempo scoprì il centro dell’Universo: il Sole. Oreste e Davo vollero salvarela povera Ipazia, cercando di convincerla a battezzarsi per non essere uccisa,risparmiandole così una morte dolorosa. Ipazia, però, riferì ad Oreste che ormaiCirillo aveva già vinto la sua battaglia contro tutti e che ormai non poteva piùsconfiggere la cattiveria dei cristiani nei confronti dei pagani; perciò decise diaffrontare la morte. Ipazia avrebbe dovuto sopportare il linciaggio da parte deicristiani, ma Davo la soffocò, mascherando un abuso. L’uomo riferì ai cristianiche Ipazia era svenuta, ma in realtà la filosofa era già morta con lo sguardo ri-volto al cielo, risparmiandole così un’atroce agonia.

Sistema dei personaggi: Il film presenta numerosi personaggi. La pro-tagonista è Ipazia, mentre i suoi schiavi (Davo, Oreste e Sinesio) sono i co-protagonisti e il maggior antagonista è Cirillo con il suo popolo cristiano.Sono presenti anche diversi personaggi secondari come: Teone, padre diIpazia, Olimpio, sacerdote cristiano, Ammonio, violento seguace del cri-stianesimo, Aspasio, aiutante schiavo di Ipazia e Teodosio, l’imperatore.

Ambiente e luogo: La storia è ambientata ad Alessandria d’Egitto, men-tre il film è stato girato sull’isola di Malta.

Possibili collegamenti con ciò studiato: Il film si ambienta nel 391 d.C. dopo l’editto di Tessalonica, emanato dall’imperatore Teodosio, che pre-vedeva il cristianesimo come religione di stato e le persecuzioni contro glieretici e i pagani.

Valutazione tecnica -> Attori-> Regia-> Scenografia-> Effetti spe-

ciali-> Narrazione-> Trama:

Il film complessivamente è ben strutturato, gli attori molto coinvolgentie preparati, buona organizzazione da parte della regia per gli eventi presen-tati, ma la scenografia e gli effetti speciali lasciano un po’ a desiderare, nonessendo ben definiti e dettagliati.

Considerazioni personali: Secondo la mia opinione, “Agorà” è un’ot-tima rappresentazione di un importante pezzo di storia, criticato soprattuttodalla Chiesa per la sua straordinaria originalità. La progressione degli eventinon è stata rapida e complessa, ma adatta ad un pubblico preparato e non.Per quanto riguarda l’estetica del film, gli effetti speciali sono poco detta-gliati, quasi inesistenti, ma nel complesso consiglierei a tutti gli appassionatidi storia e religione di vederlo.

Gianluca

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Possibili applicazioni nella didattica della matematica…

Dopo aver ripreso il significato di equazione, si scrive alla lavagnal’equazione di II grado SPURIA e si chiede agli alunni di “rispolverare” lascomposizione dei polinomi (tra l’altro ripresa qualche mese fa). L’equa-zione di II grado SPURIA si presenta nella forma ax2 + bx = 0. Scavandonei ricordi, un’alunna, Federica ha esordito dicendo: «Si può fare la messain evidenza (termine utilizzato dagli alunni per indicare la raccolta a fattorcomune)?» Ovviamente le equazioni SPURIE possono risolversi racco-gliendo a fattor comune perché la x è il fattore comune ad entrambi i ter-mini. La docente scrive, quindi, il seguente esempio alla lavagna:

2x2 – 4x = 0

Sempre Federica ha detto: «Qua si può mettere in evidenza la x!!!» conl’espressione di un bambino che ha fatto la sua prima scoperta!Si chiedepoi a Ilaria di andare alla lavagna e di risolvere l’esercizio seguendo le in-dicazioni di Federica.Ilaria ha cominciato a risolvere l’esempio nel modoseguente:

2x2 – 4x = 0 (raccogliamo a fattor comune)

x (2x – 4) = 0 e qui la domanda è stata:«E ora che si fa?»

Anche se una domanda esige una risposta, la docente preferisce fareun’altra domanda: «Quando questo prodotto è uguale a zero?» per far rife-rimento alla Legge di annullamento del prodotto. Prontamente gli alunnirispondono: «Quando la x è uguale a zero»; ma chiaramente non soloquando la x è uguale a zero ma anche quando l’altro fattore, cioè

2x – 4 = 0.

Risolvendo, infatti, si ha che 2x = 4 e quindi che x = 4/2 ossia x = 2

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Per concludere: le mappe sono metacognitive?

Tante sono le coesistenze metodologiche e didattiche tra la didattica perconcetti e la didattica metacognitiva. L’interesse privilegiato di entrambe èla mente dell’allievo; analogo è l’obiettivo, quello di migliorare le modalitàdi pensiero e di apprendimento; somigliante è, infine, la strategia, mirata aconoscere i contenuti mentali degli alunni e a rendere questi consapevolidelle conoscenze possedute.

Ma tra tante somiglianze, sussistono anche delle differenze: in primis,mentre la didattica metacognitiva pone l’attenzione direttamente sul sog-getto e su come agisce nell’acquisire ed elaborare conoscenze e compe-tenze, quella per concetti ritiene che la conoscenza si debba promuovereattraverso l’apprendimento dei concetti più significativi. Apprendere è co-noscere e conoscere è acquisire i concetti principali. Inoltre, mentre la di-

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Inizio

Raccogliere afattor comune

Porre il primofattore X1= 0

Fine

Delle Mappe mentali

Porre il secondofattore ax + b = 0

ax = - b; X2 = - b/a

dattica per concetti si qualifica come “modello specialista” per lo sviluppodell’attività didattica, al contrario, quella metacognitiva si propone come“esempio”, cioè come un insieme di tecniche e di attenzioni valide a rendereconsapevole l’allievo nell’apprendimento. Dunque, se oggi si richiede allascuola di essere un ambiente educativo di apprendimento finalizzato e si-gnificativo, ed essa stessa si dichiara promotrice della risoluzione di situa-zioni problematiche, è giusto, innanzitutto, formare i discenti allaindividuazione dei problemi, alla acquisizione e alla loro rappresentazione.

La didattica metacognitiva, aiuta l’alunno a fare tutto questo, rendendolopiù autonomo e consapevole del suo apprendimento, delle abilità e compe-tenze in uscita acquisite e da acquisire.

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Imparare ad Imparare: favorire l’autonomia diapprendimento per l’autocorrezione eautovalutazione dell’errore in LS

di Elisabetta Dalfino22

Premessa

Da molti anni, in didattica della lingua straniera, si discute sul concettodell’apprendimento autogestito, ossia, sull’autonomia nell’apprendimentolinguistico.

Parecchi sono gli studiosi che hanno cercato di definire il termine un po’vago di “autonomia”. Dickinson23 parla di forme di apprendimento nellequali l’insegnante si impegna a coinvolgere l’allievo nei processi necessariper imparare con successo, conferendogli la responsabilità della propria co-noscenza. Benson24, invece, sottolinea l’aspetto psicologico e cioè l’assun-zione della responsabilità dei propri risultati.

Quali le esigenze che fanno nascere tale approccio?Una delle più significative è costituita dalla mutazione avvenuta negli

ultimi 20 anni nella nostra società, che caratterizzata da una complessitàcrescente chiede ad ogni individuo la disponibilità a sapersi orientare, asaper scegliere, nella enorme quantità di informazioni, quella più necessariae utile a sé stesso.

Oggi, a causa dei processi collegati alla globalizzazione che, innanzi-tutto, genera una società pluriculturale, l’individuo deve affrontare il nuovo,ma anche conservare la sua identità senza chiudersi nella difesa di sé. È,infatti, nella realizzazione di se stessi che si raggiunge l’obiettivo dell’au-tonomia, la quale, nella nostra società, ha un alto valore motivante.

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22 E. Dalfino è docente presso l’ITE/LL “D. Romanazzi” – Bari.23 L. Dickinson, Self-instruction in Language Learning, Cambridge University Press, Cam-bridge, 1987.24 P. Benson, The philosophy of Politics of Learner Autonomy, Longman, London, 1997.

L’aspetto emancipatorio intrinseco nell’autonomia cela dei rischi per lagioventù e, in particolare, quello di dover gestire la propria vita anticipata-mente. Da un lato, li chiama ad assumersi presto quelle responsabilità cheli libera precocemente dai legami tradizionali; dall’altro lato, li rende piùfacilmente preda di mode e consumi, perché ancora troppo giovani e im-maturi per potersi difendere da soli.

Questa crescita di autonomia della società dovrebbe, però, essere utiliz-zata dalle istituzioni scolastiche per promuovere la partecipazione attivadegli allievi al loro apprendimento. Obiettivo che richiede una profondatrasformazione nel metodo didattico: l’insegnamento non più centrato sullafigura del professore, che invece diventa un moderatore, un facilitatore delprocesso di apprendimento.

Ciò impone all’insegnante un cambiamento in direzione di una maggioreflessibilità nella preparazione della lezione e lo conduce a ridisegnare il suoruolo all’interno della classe e divenire un “insegnante riflessivo”25. Macome è possibile fare tutto questo? Cosa può fare l’insegnante per sosteneree sviluppare questa competenza? Una risposta ci viene dagli studi sui pro-cessi di apprendimento e in particolare sulla metacognizione.

Se guardiamo la nuova generazione di studenti, quelli nati nell’era diInternet, per intenderci, notiamo la presenza, in loro, di un insieme di tratticaratteristici e di interessi nei riguardi dell’apprendimento diversi rispettoai loro predecessori. Questo stato di cose rappresenta una sfida reale per leistituzioni educative. Gli studenti della Net Generation arrivano, infatti, alsistema educativo con il forte desiderio di imparare e di capire, spesso svi-luppato durante una precedente esposizione alla rete ed ad esperienze per-sonali di auto-apprendimento. Un auto-apprendimento, quindi, guidato dallescoperte, dalle ricerche personali e dal pensiero critico maturato sul Web.

Un nuovo scenario: indipendenza, autonomia e auto-apprendimento

nella nuova generazione di Net students

La sfida della nuova pedagogia per andare incontro ai bisogni della NetGeneration è davvero ardua, ma gli insegnanti fortunatamente sono motivatidal fatto che questa generazione comincia a dare (secondo un articolo ori-ginalmente scritto da Kassandra Barnes, Raymond C. Marateo, e SharmilaPixy Ferris e pubblicato prima su Innovate con il titolo: Teaching and Le-arning with the Net Generation) un valore reale all’insegnamento.

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25 D. Schon, Il professionista riflessivo, Dedalo, Bari, 1996.

I Net Geners apprendono in maniera differente dai loro predecessori.Questa generazione è unica perché è la prima ad essere cresciuta con le tec-nologie digitali ed informatiche.

I “nativi digitali” tendono verso l’indipendenza e l’autonomia nei loro stilidi apprendimento, cosa che finisce per influenzare gran parte delle scelte edu-cative dei docenti più avvertiti. Si pongono interrogativi del tipo: «che tipodi formazione acquistano?», «cosa, dove, e come apprendono?» (Carlson,2005)26. La condizione particolare nella quale versano fa sì che i Net Generssi rivelino cercatori di informazioni molto più assertivi e questo influenzaanche i loro approcci di apprendimento in classe.

Rapporto tra stili di apprendimento e di insegnamento nella valuta-

zione dell’errore

C’è a questo punto da chiedersi come cambia l’interazione tra stili di in-segnamento e stili di apprendimento e quanto pesa lo stile pedagogico del-l’insegnante sull’efficacia degli apprendimenti (in questo caso della linguastraniera o, più in dettaglio, circa l’analisi dell’errore). Questa operazionedidattica, se condotta nel modo e nel momento sbagliato, può facilmenteinterferire con lo sviluppo della capacità di monitoraggio e di autovaluta-zione del discente e crea in lui, oltre che frustrazione, una continua richiestadi aiuto, una forma di “insegnante-dipendenza” (Ciliberti, 1995)27. Infatti,il modo d’intervenire nella correzione da parte dell’insegnante è di estremaimportanza e di grande impatto emotivo per l’apprendente. Richiede perciòmolta delicatezza per non urtare la sensibilità e non innalzare un pericolosofiltro affettivo che condizionerebbe l’intero processo di acquisizione.

Alcuni suggerimenti possono risultare utili a questo scopo: partire sem-pre da un commento positivo, limitare la quantità degli interventi, evitaredi cancellare l’originale e di essere ambigui. Oltre, ovviamente, a una doseelevata di sensibilità da utilizzare, soprattutto, nel ridurre l’atteggiamento“giustizialista” e “sanzionatorio”.

Oramai, negli orientamenti didattici degli ultimi tempi, al centro dell’in-segnamento c’è lo studente che deve soddisfare i propri bisogni formativi,anche in prospettiva di un life long learning. L’insegnante assume il ruolodi facilitatore, organizzatore, consulente, mediatore, e non più di unico de-tentore delle conoscenze da trasmettere in modo autoritario e unidirezionale.

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26 S. Carlson, The Net Generation goes to college, in http:chronicle.com, Section InformationTechnology, vol. 52, 2005.27 A. Ciliberti, Manuale di Glottodidattica, La Nuova Italia, Firenze, 1995.

Il che significa che bisogna creare delle condizioni di apprendimento in cuigli studenti riescano ad attivare in modo positivo e interattivo le loro stra-tegie di apprendimento.

Specialmente, nel caso di studenti con forti motivazioni personali ad im-parare, affinché si verifichi l’acquisizione, è importante creare un vero eproprio patto formativo fra insegnante e studente, in cui gli obiettivi, i me-todi e i percorsi siano esplicitati e partecipati in modo responsabile. Neconsegue che anche i momenti di correzione e di valutazione, un tempo de-putati alla sola responsabilità dell’insegnante, devono essere ora condivisida insegnanti e studenti.

Articolazione del percorso

Classe seconda superiore indirizzo ERICA – Linguistico Aziendale

Destinatari: gruppo studenti Classe 2a B EricaArgomento dell’intervento: Strategie di autocorrezione e autovaluta-

zione dell’errore nella LS Inglese per stimolare l’autoapprendimento in pre-senza di demotivazione allo studio.

L’intervento didattico è principalmente rivolto ad un piccolo gruppo 5/6studenti che non riesce a seguire il ritmo di apprendimento della classe acausa di un basso tasso di autonomia nello studio.

In particolare viene sviluppata la competenza grammaticale per contra-stare la presenza di confusioni di natura strutturale sull’uso del Simple Past

che ha richiesto una revisione, specie nella forma interrogativa per interfe-renze con la lingua italiana. È comune l’uso nella forma interrogativa,espressa solo con l’intonazione e con il punto interrogativo:

La trasmissione del messaggio veniva in qualche modo assicurata, però,a scapito di una correttezza formale. L’interferenza con la forma interroga-tiva italiana e, di conseguenza, l’errore di struttura tradivano un bisogno di“rassicurazione” e di difficoltà di “abbandono” delle strutture della linguamadre, come spesso succede in presenza di una lingua dominante che con-diziona l’apprendimento di quella straniera. Si trattava per lo più dei ragazzicon problemi familiari e poco seguiti che, demotivati dall’insuccesso sco-

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struttura

When you arrived yesterday?

What you eat two days ago?

Who you meet at the party?

lastico, avevano bisogno di guadagnare autostima, imparando a studiare inmodo autonomo.

Obiettivi generali: considerare l’errore come risorsa, come spia del-l’aspetto creativo dell’acquisizione di una lingua; accettare il carattere tran-sitorio dell’errore in vista di una sua ristrutturazione; guidare l’allievo allosviluppo di strategie cognitive, metacognitive, socio-affettive e di comuni-cazione verso il saper fare e il saper imparare.

Obiettivi specifici

- Utilizzare semplici strategie di autovalutazione e autocorrezione.- Mettere in atto comportamenti di autonomia, autocontrollo e fiducia

in se stessi.- Lavorare autonomamente, a coppie, in gruppo, cooperando e rispet-

tando le regole.

Metodologie:Learning by doing: approccio che vede la partecipazione attiva e inte-

rattiva degli apprendenti, a cui si aggiunge la prassi della riflessione sulprocesso e sui risultati dell’esperienza di apprendimento. Si tratta di attuareuna forma di metacognizione che stimoli la presa di coscienza delle proce-dure seguite e incoraggi a formulare autonomamente interpretazione e spie-gazioni dei dati, sia in modo individuale che in cooperazione con gli altriapprendenti.

Cooperative Learning o in modalità di tutoring, in cui uno studente piùcompetente collabora con uno meno esperto.

Metodologia Ludica che rappresenta una risposta agli obiettivi e ai prin-cipi teorici della glottodidattica Umanistico-Affettiva, poiché un ambienteludico è per definizione un ambiente sereno, di divertimento, di scoperta egiocosità. Essa si pone l’obiettivo di stimolare l’apprendimento facendo vi-vere allo studente situazioni ed esperienze gradevoli e motivanti, capaci disostenere ed incentivare una motivazione basata soprattutto sul piacere enon sul dovere o sui bisogni.

Per sfruttare appieno le indicazioni che l’errore fornisce, bisogna utiliz-zarlo come punto di partenza per costruire attività che servano a rinforzarele strutture e le conoscenze ancora instabili. Naturalmente, così come, infase di correzione, non si è intervenuto in modo sistematico su tutti gli er-rori, ma sono state stabilite priorità di correzione, anche nella preparazionedegli esercizi riparatori si è deciso di selezionare gli errori più significativi,senza voler risolvere ogni aspetto problematico. La riflessione sugli erroricommessi nelle produzioni libere, orali e scritte, può servire all’insegnantea tracciare il profilo del singolo studente e suggerirgli un percorso indivi-dualizzato per migliorare la competenza linguistica.

391

La procedura seguita è stata la seguente:1. presentare attività ed esercizi e fornire chiavi per l’autocorrezione

individuale;2. far lavorare gli studenti in gruppo per correggere errori già segnati e

classificati dall’insegnante: è un’attività di cooperazione in cui chiha meno conoscenze si appoggia ai più esperti per completare un la-voro impostato dall’insegnante e tutti insieme concorrono a formu-lare possibili soluzioni;

3. organizzare gare di caccia all’errore su testi prodotti dagli studentistessi, da quelli di un’altra classe o preparati dall’insegnante: è, questa,un’attività più interessante e coinvolgente che fa leva sullo spirito dicompetizione. Se si assegna un punteggio per ogni errore individuatoe un punteggio aggiuntivo per ogni errore corretto si stimolano gli stu-denti a riflettere sulla lingua con l’obiettivo finale di vincere al gioco.

Contenuto:Nello specifico, l’unità di apprendimento era relativa a “Going Places”, men-

tre le funzioni linguistico comunicative da recuperare erano “parlare del pas-sato” e “parlare delle vacanze”. Le aree lessicali erano in relazione alle vacanzee al viaggiare; la grammatica della frase e del testo si riferiva all’uso del SimplePast dei verbi regolari e irregolari, soprattutto nelle forme interrogative.

Il tempo utilizzato è stato di 25 ore, di cui 15 durante l’attività didatticacurricolare e 10 extra curricolare.

Lo skill analizzato è il writing secondo il livello A2 del QCER:- Esprimere il susseguirsi temporale di una personale esperienza pas-

sata usando le parole ‘prima’, ‘poi’, ecc. livello A2

- Scrivere un’e-mail descrivendo l’ultima vacanza – livello A2

Fase I -Ilustrazione dell’intervento e condivisione/accettazione materiali

Agli studenti è stato chiesto di monitorare il processo di apprendimento,in relazione alla abilità di writing, utilizzando la griglia di rilevazione se-condo il modello QCER

Griglia di autovalutazione del progresso: Livello A2

392

1 2 3

Scrivere

Sono in grado di scrivere un appunto ouna comunicazione semplice: scrivereuna email descrivendo un evento passatooppure una sequenza temporale usandole parole “prima” e “poi”

I tre livelli possono corrispondere:1: Ho provato l’attività ma non mi sento sicuro2: Mi sento abbastanza capace di affrontare tale attività3: Sono molto soddisfatto dei miei risultati

Fase II Predisposizione Attività

Nel caso della 1^ attività, è stato fondamentale l’uso del laboratoriolinguistico con la possibilità di utilizzare il web, che, con la ricchezza deisiti a disposizione, ha assicurato un ampia gamma di esercizi miranti adesercitare la grammatica della frase e la comprensione del testo. In partico-lare i siti web utilizzati sono stati quelli specializzati nell’insegnamento adistanza e nella didattica ludica:

- Dave’s ESL Cafe: Where English is Fun- English Lessons and Tests: Grammar, Reading, Vocabulary - EFI: English for Internet: Free English School on the Net - Learning English Online - FUN: Frizzy University Network - Linguistic Funland - English as Second Language - world-english.org/english_test.- English Exercises OnlineNella 2^ attività, ho proposto un testo con degli errori già da me sotto-

lineati, che gli studenti dovevano riconoscere attraverso l’uso di alcuni sim-boli in precedenza spiegati e accettati.

I simboli più comuni usati nella correzione sono i seguenti:S ERRORE DI SPELLINGW.O. ORDINE DELLE PAROLE ERRATOT USO DEI TEMPI ERRATOC ERRORE NELLA CONCORDANZA VERBO SOGGETTOWF ERRORE NELLA STRUTTURA/FORMAS/P ERRORE NELLA CONCORDANZA SINGOLARE PLURALE^ MANCA QUALCOSA() TOGLIERE LE PAROLE CERCHIATE? M SIGNIFICATO POCO CHIARON A USO INAPPROPRIATO DEL VOCABOLOP ERRORE DI PUNTEGGIATURA

attività 2.doc

Questo tipo di attività è stata proposta in classe attraverso la modalitàdel cooperative learning e di tutoring; gli studenti hanno fatto ipotesi sullecorrezioni utlizzando i simboli dati.

393

La griglia di rilevazione dell’errore è a carico dell’alunno che deve in-serire e quindi classificare il tipo di errore fornendo poi dopo la versionecorretta.

Alice’s diary

What a disaster! I arrived in Southampton three days ago. First of all, Igo to the train station and bought a (very expensive) ticket to London. Thensomebody stole on the train all my money.

When I got to London, I felt very lonely because I Knew anyone. FirstI phoned Jack, my penfriend and I spoke to her sister, Tracy. She told methat Jake ‘s on holiday in the Lake District.

Tracy was very friendly.Next I looked for somewhere to stay but it werehopeless! Renting a flat is very expensive so I decided to look for a workwith accommodation, but there is nothing.Finally I got a job in a two-starhotel in Earl’s Court. It’s awful! The boss is horrible and the other staff isall very unfriendly, but I had no choice.I needed the money.

Today was my first day at work.I got up at six o’clock and worked tilllunchtime.After that, I work until eight o’clock in the evening. I am runout! Everything is hard at the moment, but it can only get better.

(adattato da Horizons Options – Oxford University Press, 2006)Versione corretta:

I go – TOn the train all my money – WO

Knew – T -?M

Her – WF

Were – CWork – NA

Is – S/P

Work – TRun out – NA

Griglia di rilevazione dell’errore

394

S

Errore di spellingWO

Ordine parole errato

T

Uso dei tempi errato

C

Errore di concordanza verbo/soggetto

attività 3 – 4.doc

queste attività sono state proposte a coppia e individualmente fornendouna griglia di autocorrezione.

3^ attività: Correct the mistakes in the dialogue choosing the correctalternative

1.Amy: Hi,Beth.Did you had a good holiday?Have 2.has 3.makeBeth: Well,I had thanks.Amy2.Amy:Where do you go?1.did 2. Does 3.areBeth: I went to Paris with my parents3.Amy: Fantastic! How long you stay there?Did 2. You stayed 3.are you stayingBeth: We stayed there for two weeks4. Amy. Did you visited the Eifffel Tower?Visit 2.visits 3. see5. Beth: Yes I did.I go to Notre Dame too.1.went 2.saw 3.goes6. Amy: Where are you stay?Did 2. Do 3. Have you stay

395

WF

Errore nella struttura/forma

S/P

Errore di concordanza singolare/plurale

^

Manca qualcosa

()

Togliere le parolecerchiate

?M

Significato poco chiaro

NA

Uso inappropriatodel vocabolo

P

Punteggiatura

Beth: We rented small flat in the centreAmy: Cool!Beth: What about your holidays?Amy: Well.Griglia di autovalutazione

Rosso: errore da correggereNero: struttura correttaBlu: errore che non impedisce la comprensioneViola: errore che condiziona la comprensione del messaggio

4^ attività: guided creative writingDescribing a holidayRead the information about your partner and make notes about your holiday

396

Struttura 0 1 2

Did you had a goodholiday

have make has

Where do you go? did does are

How long you stay

there?did You stayed Are you staying

Visited visit see visits

I go went saw goes

are you stay did do Have you stay

Questions My partner Me

Where/go? USA

When/go? Last june

Who/with? My parents

How long/stay? A week

How/travel? By plane

Where/stay? hotel

What/do? Visiting N.Y

What/see’Ellis Island, Central park, Fifth avenue, Groundzero, Guggenheim Museum, Little Italy.

Enjoy theholiday?

Yes

Complete the paragraph about your partner’s holiday:Last June my partner__________on holiday to _________ for aweek.He/she_________by plane and she/he_________his/herparents.She/He ________N.Y. and some beautiful places suchas______________She/He ______________the holiday very much.Now write an email to your penpal friend and describe your last holiday.Dear___________,____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________Love to you__________

Fase III – Questionari di Valutazione e autovalutazione

Alla fine è stato chiesto agli alunni di esprimere un giudizio sulle attivitàsvolte durante il modulo:

Tabella A.docTabella A

Esprimi un giudizio sulle attività del modulo:1. Presentazioni contenuti, spiegazioni

Chiari ed efficaci Adeguate Troppo veloci Parziali DifficiliIncomprensibili

2. Attività di problem solving o di applicazioneFacileStimolanteAdeguataAbbastanza complicataDifficileMolto difficile

397

3. Come hai trovato i testi in lingua rispetto al tuo livello di competenze in L2?Troppo sempliciAdeguati al mio livello di preparazioneInteressantiTroppo numerosiTroppo noiosidifficili

4. Cosa pensi ti abbia aiutato maggiormente nella comprensione degliargomenti?

Gli esercizi di comprensione del testoLe animazioniLe spiegazioni degli insegnantiI test finaliAltro

5. Conclusione dei lavori e presentazione dei risultati del moduloOttimoBuono/accettabileCarentenegativo

6. Ritieni che il modulo sia stato:Troppo teoricoBen bilanciatoTroppo pratico

7. Esprimi un giudizio sulla spiegazione dei metodi di valutazioneOttimaBuona/AccettabileCarenteNegativa

Particolare attenzione è stata rivolta alla valutazione del lavoro di gruppo(cooperative learning) che è una delle modalità più coinvolgenti di gestionedella classe e che, inoltre, risulta molto funzionale all’apprendimento inte-grato di lingua e contenuto. L’apprendimento cooperativo è stato caratte-rizzato da gruppi di lavoro eterogenei, formati in base a scelte operate daidocenti su criteri condivisi e da assenza di competitività al suo interno. Sonoseguite anche alcune domande riferite alla valutazione dell’attività di coo-perazione in gruppo:

398

Ritieni che il tuo gruppo abbia lavorato in modo: ° Efficace ° Buono ° Superficiale Scarso Controproducente e senza dare

risultati Come hai contribuito alla discussione nel gruppo:1. Non ho collaborato2. Ho collaborato solo marginalmente3. Ho avuto difficoltà a partecipare come gli altri4. Qualcuno ha partecipato poco alle attività5. Qualcuno ha perso tempo giocando o scherzando6. Ascoltando senza intervenire7. Chiedendo chiarimenti

A riguardo, è utile sottolineare che non esistono griglie perfette a priori,ma che, a seconda della situazione e dei docenti coinvolti, si può ricorrere agriglie e questionari diversi. Si ritiene, nella fattispecie, che possa risultareefficace, nell’ottica di un’azione di valutazione come sopra delineata, proporreun approccio qualitativo in cui agli studenti viene richiesto di esprimere ilproprio parere. Si chiede loro, anche di commentare, per esempio, alcuniaspetti del modulo che ritengono particolarmente significativi e di gradimentoe alcuni aspetti negativi, motivando le proprie affermazioni sinteticamente.

Questa modalità di rilevazione permette, innanzitutto, agli alunni di ri-flettere maggiormente sui commenti in quanto obbligati a motivare i giudizicon brevi testi scritti, anziché dover solamente apporre delle crocette. Ancheper i docenti potrebbe risultare di maggior interesse leggere i commentidegli studenti, perché risultano più spontanei, meno “indirizzati”, e quindisostanzialmente più funzionali al percorso di autovalutazione e valutazionedell’esperienza.

Alcune domande sono state: 1. Come giudichi l’atmosfera che si è venuta a creare durante la realiz-

zazione del modulo? 2. Sei stato incoraggiato a porre domande, ti sei sentito soddisfatto, in-

teressato e coinvolto dalle attività o dalle discussioni emerse? 3. In che modo il modulo ti ha reso consapevole di nuove strategie di

apprendimento? È cambiato qualcosa nel tuo metodo di studio? 4. Rifaresti questa esperienza di apprendimento?

In relazione alle abilità operative e alla conoscenza dei contenuti delmodulo proposto, la griglia di autovalutazione è stata necessariamente a ri-sposta chiusa con una gradazione da 1 a 6 corrispondente ai livelli di valu-tazione comunemente accettati: insufficiente/mediocre/sufficiente/discreto/buono/ottimo.

399

Griglia operativa di autovalutazione complessiva

Considerazioni conclusive

Indubbiamente il progressivo spostare l’asse della valutazione in una di-mensione non presenziale, ha significato una negoziazione tra studente edocente in termini valutativi gravosa ed impegnativa, ma utile e gratificante,sia per lo studente che per il docente. In particolare:

- favorisce un contatto umano e personalizzato;- permette interventi mirati sulla persona e ne evidenzia potenzialità e

limiti;- implica critiche e giudizi di valore costruttivi di un sapere consapevole;- abbassa la barriera emotiva determinata dalla posizione gerarchica

docente-studente;- permette uno scambio interpersonale più focalizzato sui contenuti

che sulla forma;- consente di raggiungere gli obiettivi concentrando l’attenzione sia

sul risultato che sul processo attivato per ottenerlo;

400

Abilità Operative 1 2 3 4 5 6

comprendere il senso generale di un testoscritto

comprendere il linguaggio specifico di un testo

comprendere le informazioni necessarie perl’esecuzione dei task

individuare parole chiave

comprendere la sequenza di avvenimenti

individuare relazioni (causa-effetto/temporali)

esprimere il proprio punto di vista

essere in grado di applicare la struttura informa corretta

Utilizzo dei siti web per i test in rete

- aumenta il grado di tolleranza verso l’errore, vale a dire riduce la ri-gidità di valutazione dell’errore sia altrui che del proprio;

- (infine) indaga le cause, cioè risale al processo che l’ha indotto, pro-ponendo strategie concrete per evitarlo o risolverlo.

Nello specifico dell’intervento realizzato, gli studenti hanno positiva-mente risposto al modulo proposto e il dato significativo è che la modalitàdi autocorrezione e autovalutazione è stato progressivamente utilizzato sem-pre più estensivamente nell’attività didattica, reimpostando la relazione do-cente-studente in termini meno gerarchici e considerando anche fattoriextralinguistici quali rispondenza alla consegna, rispetto dei tempi.

Le considerazioni cha da tale intervento scaturiscono ci richiedono dimodificare la percezione del concetto stesso di valutazione che spesso vienesentito come penalizzante perché certifica solo un risultato ottenuto. Conla modalità di autocorrezione e di autovalutazione, invece, la valutazionefinale delle lezioni (non presenziali) diviene il “riconoscimento” di una co-noscenza costruita in modo collaborativo sulla base di un confronto cheparte dall’evidenza, cioè dal materiale prodotto dallo studente e valutatosia dal docente che dallo studente stesso. La valutazione finale quindi sca-turisce dalla negoziazione del risultato delle rispettive valutazioni.

Infine, la negoziazione della valutazione abbassa l’ansia anche nel do-cente che spesso si trova a “giustificare” valutazioni non sempre rispondentiai livelli di aspettative degli studenti.

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Finito di stamparenel mese di giugno 2013

per i tipi dell’Editoriale Anicia srl