Appennino Lucano in Basilicata 1

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1 ANNO 1 - NUMERO 1 SETTEMBRE 2012 INTERVISTA AL PRESIDENTE DOMENICO TOTARO ACCORDO QUADRO REGIONE-PARCO RICERCA: GLI ANFIBI INDICATORI DELLA BIODIVERSITÀ MOSTRA: MICHELE TEDESCO, PITTORE LUCANO NELL’ITALIA UNITA “LE SENTINELLE DELL’ “LE SENTINELLE DELL’ “LE SENTINELLE DELL’ AMBIENTE” AMBIENTE” AMBIENTE” REGIONE BASILICATA

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Rivista del Parco Nazionale Appennino Lucano Val d'Agri-Lagonegrese

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INTERVISTA AL PRESIDENTE DOMENICO TOTARO

ACCORDO QUADRO REGIONE-PARCO

RICERCA: GLI ANFIBI INDICATORI DELLA BIODIVERSITÀ

MOSTRA: MICHELE TEDESCO, PITTORE LUCANO NELL’ITALIA UNITA

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“LA NOSTRA PRIORITÀ È L'AMBIENTE"

Erano attese poche decine di persone. Sono stati invece centinaia i partecipanti al Consiglio comunale aperto di Viggiano sui temi del petrolio, dello sviluppo, della salvaguardia di ambiente e salute, con riferimento all'area di estrazione del greggio. Il faccia a faccia tra amministratori, popolazione, tecnici e responsabili dell'Eni è durato ore e ore e si è concluso a notte fonda. Un appuntamento destinato ad avere indubbiamente un seguito e a fare storia. L'evento sollecita una riflessione sulla prospettiva del petrolio, per un verso, ma soprattutto sul Parco nazionale dell'Appennino lucano, Val d'Agri Lagonegrese , l'altra faccia della medaglia che rappresenta, non solo nei pensieri della gente, quel baluardo indispensabile per difendere uomini e paesaggio in un contesto in cui la Basilicata è diventata ormai il primo produttore di greggio in terra ferma a livello europeo. Cosa di cui si parla molto poco, tra l'altro. Da quel Consiglio comunale ad oggi cosa sta cambiando? La partecipazione della gente è andata sensibilmente crescendo. Una importante trasmissione de La7 ha messo a fuoco problemi vecchi e nuovi. Altri percorsi sembrano aprirsi sul piano politico e amministrativo, mentre il Presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, rassicura i lucani dicendo loro che dal 1998 ad oggi nessuna concessione petrolifera è stata assegnata: le trivelle nei boschi, e nello stesso territorio del Parco nazionale, sono il frutto di autorizzazioni concesse in passato. A Paolo Scaroni, AD di Eni, De Filippo ricorda: "la nostra priorità è l'ambiente". Intanto Guido Viceconte, senatore del Pdl, sottolinea che il Memorandum di intesa Stato Regione (con la prospettiva di

Sommario:

EDITORIALE “La nostra priorità è l'ambiente” di Rocco De Rosa 2

INTERVISTA AL PRESIDENTE DOMENICO TOTARO 3

FIRMATO L'ACCORDO QUADRO REGIONE PARCO di Michele Russomanno 7

IL RAPPORTO REGIONE E PARCO di Donato Viggiano 8

AMBIENTE - TURISMO Il binomio Turismo - Sviluppo

Verso la CETS 9 Un Parco per il Sud. A colloquio con Giampiero Sammuri 10

• L'Appennino Lucano formidabile attrattore - Intervista a Marcello Pittella

10

• Quale turismo? - di Giampiero Perri 12

• Un turismo davvero produttivo - di Gianni Rosa 13

Pertusillo – Si mobilitano Arpab e ISS 15

Pertusillo: parlano i Sindaci 16

Il Cta del Parco – Vigilanza ma non solo 17

Dal parco del petrolio al parco vero di Antonio Bavusi

18

Gli anfibi nel Parco 20

EDUCAZIONE AMBIENTALE

Piccole guide di Maurilio Cipparone 21

Orchidee selvatiche – convegno in Val d'Agri 23

CULTURA

La pittura di Michele Tedesco 24

Compie 75 anni il primo acquedotto dell'Agri 26

Fede e tradizioni religiose 27

La Lucania di Sinisgalli - di Luigi Beneduci 28

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uno sviluppo non solo sulla carta) è finalmente a vantaggio della Basilicata. Mette a disposizione di questa terra del Sud nuove risorse, ribadisce Viceconte, oltre alle royalties distribuite qua e là. Si tratta di miliardi che arriveranno nel tempo, da spendere bene. Somme in grado di cambiare qualcosa e forse più di qualcosa nel campo del lavoro e della crescita economica. Così come sperano i lucani, ormai da tempo. Il Consiglio aperto alla gente ha messo tuttavia in evidenza molti aspetti di una questione certamente non nuova, anche a giudicare dagli interventi. Amedeo Cicala, uomo dell'opposizione del centro destra nell'assemblea municipale viggianese, non riesce intanto a nascondere il suo disappunto, anche per il gran parlare molto generico, sostiene, di ambiente, di risorse, di parco e di petrolio che si è fatto in quel Consiglio comunale. Tanta carne in pentola, insomma. E Giambattista Mele mette in relazione il petrolio con le ricadute, inesistenti, sul territorio e l'occupazione. Il punto focale del dibattito rimane il ruolo dell'Agenzia per la protezione dell'Ambiente - l'Arpab - chiamata a svolgere un'azione incisiva e di tutela del territorio, oltre che della salute degli abitanti. Ma non basta. Ci sono anche altri soggetti interessati al problema, a cominciare dalle Asp, dal centro di ricerca e monitoraggio istituito un anno fa a Marsiconuovo. Senza trascurare la funzione primaria del CNR, in grado indubbiamente di fornire - qualora lo si volesse - utili riferimenti sullo stato del suolo e dell'atmosfera, nelle zone di estrazione e dintorni. Ma anche ben oltre il perimetro del petrolio, giacché la questione dell'integrità dell'ambiente non riguarda solo le aree di estrazione. Un dato è certo. Il Consiglio comunale aperto di Viggiano ha messo in luce la volontà della gente di non rimanere esclusa da certe decisioni. E da tutta una serie di scelte dalle quali potrà dipendere un vero cambiamento di rotta. Per ora soltanto atteso e naturalmente auspicato.

Rocco De Rosa

INTERVISTA AL PRESIDENTE

DOMENICO TOTARO Il passaggio dalla fase di commissariamento a quella della

presidenza porta con sé consuntivi e nuovi progetti. Parliamo

dei primi. Cos’è cambiato nel Parco dell’Appennino Lucano dal

giorno in cui è stato nominato commissario ad oggi?

La fase di commissariamento ha consentito la partenza del Parco, che oggi non è più un progetto o una speranza, ma una realtà. Se devo fare un consuntivo dico che in questi tre anni, insieme ad altri che hanno collaborato, è stato fatto il primo importante passo verso l’assestamento di un giovane ente: quello dell’identità. Questo Parco, come hanno notato anche molti esperti, non nasce in virtù di una sola peculiarità, come molte altre aree protette, ma sulla sua “omogeneità variegata”, data dal denominatore comune che è l’estrema propaggine dell’Appennino Meridionale. Questo non è soltanto il Parco delle vette e delle valli, della multiforme biodiversità floro-faunistica, ma è anche il Parco delle antiche e tradizionali colture agricole, della pastorizia, dei piccoli borghi adagiati sui rilievi lucani ricchi di usi, costumi e prodotti tipici. È anche il Parco di Sinisgalli e Pagano, degli scavi di Grumentum e dei percorsi religiosi; una ricchezza estremamente multiforme che non è semplice portare a sintesi e compendiare in un unico brand (marchio). Ma la sfida è proprio questa. Un Parco sui generis.

Un Parco ricco in cui la tutela e la protezione dell’ambiente, che è la missione propria che ci affida la L. 394/91 sulle aree protette, deve coniugarsi con la valorizzazione e la promozione di queste ricchezze. Per questo è importante il lavoro sull’identità.

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Quali azioni sono state messe in campo

finora a questo scopo?

La prima azione è stata quella dell’individuazione del logo identificativo del Parco, dell’immagine, cioè, capace di creare una profonda identità fra Parco e territorio. Appena insediato, ho attivato le procedure per l’espletamento del bando. La risposta è stata al di sopra di ogni aspettativa; sono pervenute più di mille proposte valutate da una commissione composta da esperti e rappresentanti istituzionali del territorio. Abbiamo messo in campo, inoltre, azioni volte al reale funzionamento istituzionale dell’ente, quali: l’individuazione della sede, presso ex Convento delle Benedettine di Marsico Nuovo, sito che riveste certa importanza storico-monumentale e, contestualmente, l'attivazione del Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato (CTA) con sede in Palazzo Parisi a Moliterno; CTA che, integrato dalla presenza di otto stazioni dislocate sul territorio da salvaguardare, avrà il delicato compito di controllare il territorio da salvaguardare in maniera stringente per un’efficace opera di monitoraggio ambientale. Ho avviato, con la delibera commissariale n.05 del 31/01/2011, il percorso necessario alla definizione dei contenuti del Piano e Regolamento del Parco così come previsto dalla legge quadro sulle aree protette. Si è proposta ai Ministeri competenti, mediante

appositi atti amministrativi supportati dal reale fabbisogno dell'Ente, la pianta organica, che ha avuto in tempi alquanto ragionevoli se rapportati ad altre esperienze di enti gestori, l’ok del Ministero dell’Economia, di quello della Funzione Pubblica e, finalmente, in questi ultimi giorni anche l'approvazione definitiva del Ministero dell’Ambiente. L'intesa con la Regione Basilicata per il bando e l’individuazione delle Guide Ufficiali del Parco, tutti giovani lucani dotati di elevate competenze e professionalità', ha permesso di completare il quadro delle strutture portanti che già' operano a pieno regime per il buon funzionamento del Parco. Spesso i Parchi non sono accettati

dagli abitanti perché sono visti

come enti che esprimono solo

vincoli. Cosa è stato fatto per

rafforzare il rapporto fra il Parco e i

suoi abitanti, i cittadini che risiedono nei

comuni che ne fanno parte?

Per agevolare il rapporto con i cittadini ed evitare che pesassero sugli stessi alcuni inevitabili prescrizioni, ho adottato due regolamenti, quello relativo al trasporto delle armi e quello che regola la concessione degli indennizzi per i danni da fauna selvatica. Riguardo a quest’ultimo va detto che l’Ente sta già provvedendo al risarcimento di agricoltori e allevatori che hanno subito danni. Ma un’attenzione particolare è stata riservata ai cittadini del futuro, i

ragazzi delle scuole, con i quali abbiamo stretto un forte legame grazie ai diversi progetti di educazione ambientale. In stretta collaborazione con le scuole di ogni ordine e grado ed i CEAS, centri di educazione ambientale che operano nel Parco, la Regione ed i Ministeri

dell’Ambiente e dell’Istruzione, l’Ente Parco ha realizzato, in qualità di capofila, diverse iniziative di sensibilizzazione ambientale, quali “Estate nei Parchi”, “Piccole Guide sulle piste dell’Appennino”, “Il Parco nel nostro futuro” e progetti come “Occhi del Parco”, finalizzati, a loro volta, alla educazione dei giovani alla legalità ambientale. Infine, con il progetto “Green Jobs”, finanziato dal Miur e realizzato con il supporto didattico – formativo del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l'Ingegneria delle Georisorse (CINIGeo), abbiamo lanciato un

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messaggio preciso ai giovani sulle opportunità che il Parco può offrire nel settore innovativo della “green economy”. Il Parco come opportunità è un’idea che tutti si aspettano di vedere realizzata.

Cosa è stato fatto in questa direzione?

Il Parco siamo noi tutti, a cominciare dai suoi abitanti, il capitale umano, che è la risorsa più grande su cui puntare. Più si prende coscienza di questo e più si capitalizza questa opportunità in termini di crescita. Dal canto nostro abbiamo fatto anche in questo un pezzo di strada interessante. Si pensi, ad esempio, alla perimetrazione dell’area Parco, necessaria per la promozione del territorio, ed alla partecipazione a fiere ed iniziative promozionali di rilevanza nazionale ed internazionale, le quali hanno contribuito a veicolarne all’esterno le emergenze ambientali e culturali. Per coniugare identità e comunicazione, poi, abbiamo puntato sulla redazione di un "Piano per la Ricerca la Comunicazione e la Promozione dell'Identità" del Parco, che, ancora in essere, sarà oggetto di dibattito e valutazione da parte della Comunità del Parco. In questa prospettiva va inquadrato l’impegno che abbiamo profuso nella realizzazione del sito web ufficiale, in collegamento con

Federparchi, e di notevole materiale divulgativo, strumenti grazie ai quali è stata data la possibilità alle strutture ricettive, agli operatori turistici, agli operatori ambientali ed ai fornitori di prodotti tipici di veicolare la propria offerta su una piattaforma di livello nazionale e internazionale. Cosa rappresenta per lei la nomina a

Presidente?

Senz’altro una grande responsabilità. Vorrei dare atto del grande senso di responsabilità dimostrato dal Presidente della Regione dott. De Filippo, il quale è riuscito a trovare il punto di equilibrio sulla mia nomina per avviare concretamente l’azione del Parco. È da sottolineare, inoltre, per l’importanza che riveste, l’accordo di programma quadro sottoscritto con la Regione Basilicata lo scorso luglio, il quale sancisce un comune impegno dei due enti per la promozione di un turismo sostenibile e per la salvaguardia della biodiversità del Parco. L’accordo, interessando tutti i dipartimenti

regionali, dà forza e contenuto alle azioni che abbiamo descritto. Rilevante importanza riveste anche il protocollo di intesa con l’Inea, che, in collaborazione con i Comuni, l’Alsia, il Cra e gli operatori di settore interessati supporta azioni di sviluppo rurale puntando alla creazione del “marchio ombrello del Parco”.Contestualmente a queste azioni, abbiamo attivato l’iter per la certificazione della Carta Europea del Turismo Sostenibile, in collaborazione con Federparchi e la Fondazione Enrico Mattei (FEEM). A proposito degli organi del Parco.

Come prosegue ora l’iter di

completamente della struttura

gestionale dell’Ente Parco? Intanto vorrei formulare l’auspicio che il perfezionamento degli organi di governo dell’Ente Parco, il Consiglio Direttivo e la Comunità del Parco, così come previsto dalla legge, avvenga al più presto ed all’insegna di un’ampia collaborazione istituzionale, in modo da avviare concretamente il dibattito sullo

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Statuto e definire le linee guide del Piano e del Regolamento del Parco. Parco, turismo sostenibile e

valorizzazione del patrimonio storico ed

archeologico: ci sono sbocchi

occupazionali in questo senso?

R. Il turismo in Italia vive ancora una fase d’incertezza dovuta all’onda lunga della crisi economica e finanziaria che ha fatto sentire, anche nel 2011, un calo di presenze. In questo contesto ancora incerto, una delle tipologie turistiche in ascesa è “il turismo natura”. I parchi e le aree protette rappresentano, stando ad una recente indagine Ecotour, il segmento più rappresentativo del “turismo natura” ed il “prodotto Parchi” è richiesto dal 52% dei viaggiatori italiani. La Basilicata, purtroppo, anche se riscontra negli ultimi anni una buona performance grazie a Matera ed alla costa metapontina, non è ancora tra le mete preferite e i parchi lucani non sono tra i più richiesti. A me pare che la nostra offerta turistica sia ancora troppo parcellizzata; bisogna lavorare per una “Basilicata dei parchi” come sistema di offerta turistica integrata. Parco e ricerca: quali rapporti avete con

Unibas e cosa hanno prodotto sul

versante delle nuove opportunità per

laureati e ricercatori?

Con Unibas c’è un rapporto di stretta collaborazione. Abbiamo un protocollo di intesa con il Rettorato su diverse discipline che vedono operare la nostra Università nell’area del Parco, poi con singoli

dipartimenti stiamo operando, finanziando dottorati, studi specifici e, in partenariato, Progetti Life, offrendo la possibilità a giovani lucani di fare ricerca. Due ulteriori progetti sono in dirittura d’arrivo: si tratta del “rilievo dei geositi nel Parco”, studio propedeutico per la candidatura del Geo-Parco dell’Appennino Lucano, e della “catalogazione, ricerca e itinerario turistico-ambientale del percorso delle orchidee del Parco”. Si è detto più volte che quello

dell’Appennino Lucano è il Parco delle

sfide. Certamente la più importante è

quella legata alle estrazioni petrolifere.

Come ha gestito finora e come intende

gestire questa difficile convivenza?

Al momento dell’insediamento da Commissario le attività di estrazione petrolifera nel territorio del Parco erano già state avviate e per gran parte in esercizio. La materia è regolata dal decreto istitutivo dell’Ente Parco che prescrive, in base all’accordo di programma Eni-Regione ed alla proposta di intesa del Consiglio Regionale del 2002, il divieto all’interno dell’area protetta di esercitare altre attività estrattive oltre a quelle già autorizzate o in essere. È stato questo il primo risultato conseguente alla nascita dell’Ente Parco. Il mio impegno, quindi, è quello di far rispettare la legislazione in merito. Per quanto riguarda il futuro, il Parco dovrà saper cogliere l’opportunità delle royalties, per portare benefici tangibili all’area protetta in questo

particolare momento di congiuntura economica negativa. Occorre quindi prevedere che parte delle predette royalties venga destinata al Parco con opportuni progetti di monitoraggio, di ricerca della flora e della fauna e di promozione delle valenze naturalistiche ed antropiche del territorio, elementi di riferimento per lo sviluppo di attività economiche in alternative ad ulteriore attività estrattiva. Al contempo, devono essere tenute in seria considerazione le conseguenze della fine delle estrazioni petrolifere, cosa che determinerà problemi notevoli di impatto ambientale nelle aree interessate; occorre, dunque, prevedere apposite misure di ripristino naturalistico. Le attività di monitoraggio, quindi, devono riguardare non solo gli aspetti puntali, strettamente legati alle estrazioni (analisi di acque superficiali e di falda, di qualità dell’aria e del suolo nei pressi dei pozzi e del centro oli), ma devono esser estese al controllo dello stato di conservazione dell’ambiente e degli ecosistemi presenti nel Parco al fine di garantirne la conservazione, considerato che dagli studi che stiamo effettuando emerge che l’area del Parco dell'Appennino Lucano è tra quelle a più elevato indice di biodiversità nel Mezzogiorno d’Italia.

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INTRODUZIONE E SINTESI DELL’ACCORDO QUADRO

SIGLATO TRA PARCO E REGIONE BASILICATA

Dicembre 2007, luglio 2012. Il “Parco Nazionale dell’Appennino Lucano - Val d’Agri - Lagonegrese” ha da poco superato il suo quinto anno di vita. Un lustro votato alla tutela dell’ambiente, allo sviluppo rurale e al recupero della storia dell’area su cui s’estende. Un quinquennio segnato dalla salvaguardia della biodiversità e delle sue “eccellenze ambientali”. Ma anche un lustro trascorso a cercare il punto d’equilibrio con una ricchezza poco ambientalista, quell’oro nero di cui la Val d’Agri custodisce, su terra ferma, il più ricco giacimento a livello europeo. Cinque anni di intensa attività, insomma, coronati lo scorso 23 luglio dalla sottoscrizione di un “accordo quadro”, siglato dal governatore Vito De Filippo e dal presidente dell’Ente Parco Domenico Totaro, che vedrà Appennino Lucano e Regione Basilicata affiancati nella “promozione dello sviluppo sostenibile, della qualità ambientale, delle attività turistiche e di quelle economiche collegate alla conoscenza delle bellezze naturalistiche e paesaggistiche dell’area”. Ma quali sono, nello specifico, i punti in cui si articola quest’azione comune? L’accordo Parco – Regione prevede “il restauro e la valorizzazione del patrimonio naturale esistente” nonché “l’attuazione della rete ecologica

dell’Appennino”. Una rete ecologica, emerge dal documento, che vedrà coinvolti, da un lato, “i parchi e le riserve naturali”, dall’altro “i siti d’importanza comunitaria e i biotopi di rilevanza regionale”. Le azioni previste nell’ambito di questa misura dell’accordo consisteranno in “operazioni di tutela della biodiversità e del patrimonio naturale ma anche nella creazione di corridoi biologici”. Obiettivo finale di queste azioni è, nelle intenzioni dei sottoscrittori dell’intesa, “l’avvio di un insieme di interventi coordinati ed integrati, coerenti con gli indirizzi nazionali e regionali in materia di aree naturali protette”. Valorizzazione del patrimonio naturale e rete ecologica non sono però gli unici obiettivi del “Patto di gennaio”. Ente Parco e Regione Basilicata, infatti, perseguiranno insieme “lo sviluppo sostenibile della rete regionale delle aree protette” e la “qualificazione delle specificità dei singoli ambiti territoriali da un punto di vista storico-culturale oltre che paesistico”. Particolare attenzione, inoltre, il documento conferisce “al completamento e all’ottimizzazione del sistema di fruizione e ricettività”. Si vuole in tal modo “incentivare la promozione del turismo compatibile e dell’offerta turistica di

qualità”, puntando soprattutto al coordinamento degli enti di gestione con azioni di cooperazione ed interventi integrati. Affianco alle strategie di recupero, valorizzazione e offerta turistica, l’accordo del 23 luglio scorso prevede una serie di iniziative legate alla formazione, alla promozione ambientale e alla comunicazione delle politiche di sviluppo sostenibile: “sia verso le istituzioni che operano nelle aree protette, sia verso le rappresentanze, gli operatori economici e i cittadini”. Attività, queste ultime, che si proverà a realizzare anche per via telematica e attraverso l’utilizzo “delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione”. Gli ultimi due punti dell’accordo quadro fanno riferimento all’individuazione delle risorse finanziarie per l’attuazione di un programma di sviluppo e valorizzazione “attraverso il

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coordinamento dei programmi predisposti da ciascun Ente interessato, finanziati da strumenti legislativi regionali, nazionali e comunitari”; ed alla creazione d’una sorta di rete tra Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Val d’Agri e Lagonegrese ed altri “parchi italiani ed europei caratterizzati da analoghi valori naturalistici, storici e culturali” con l’intento d’una “messa in valore integrata” dei rispettivi territori.

Michele Russomanno

VERSO LA PIENA OPERATIVITA'

Nella vita del Parco la Regione Basilicata ha un ruolo significativo per una serie di scelte importanti e nella impostazione delle linee guida che dovranno governare la nuova area protetta. Ospitiamo il contributo di Donato Viggiano, Direttore generale del Dipartimento Ambiente. Il Parco dell'Appennino rappresenta una sorta di laboratorio. Non solo. Quest'area dovrà essere Parco a tutti gli effetti, in senso pieno.”

La Regione si colloca nei confronti del Parco dell'Appennino lucano con tutta l'attenzione che merita la più giovane area protetta italiana. Questa realtà è in effetti un corridoio ecologico che congiunge il Pollino con il Cilento, passando per altre località di pregio naturalistico e quindi realizzando un nuovo concetto di conservazione, voluto dalla UE, basato sulla connessione tra territori ad elevato valore ambientale e

sul superamento della frammentazione. L'attenzione naturalmente è doppia, giacché l'Appennino lucano ha una posizione molto particolare: si trova oggi e si troverà a dover fare i conti per i prossimi decenni con le estrazioni petrolifere. Il Parco dell'Appennino rappresenta una sorta di laboratorio. Non solo. Quest'area dovrà essere Parco a tutti gli effetti, in senso pieno. Sicché tutte le azioni, da parte della Regione e del Dipartimento Ambiente, che potranno determinare un corretto decollo di questa realtà saranno certamente sostenute e accelerate da parte nostra. Naturalmente auspichiamo che si arrivi al più presto a una gestione ordinaria dello stesso, superando la fase della straordinarietà che va avanti da tempo, ormai. Gli organi del Parco nella loro esplicitazione definitiva e nel loro assetto stabile sono assolutamente fondamentali. Dovranno mettere mano a una pianificazione generale che oggi manca. Per parte nostra stiamo facendo alcune cose che ritengo importanti. Mi riferisco alle aree SIC e ZPS che ricadono all'interno del parco. Stiamo elaborando le misure di conservazione ed i piani di gestione, che saranno pronti entro i prossimi mesi, con la volontà di costruire i paradigmi ambientali ai fini della corretta gestione dell'Appennino lucano. Non stiamo aspettando l'assetto definitivo per assumere in ALBERO SECOLARE

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ogni caso iniziative ineluttabili ed estremamente necessarie. Per di più, sia per l'Appennino lucano, ma anche per altri parchi, stiamo cercando di favorire azioni di marketing integrato importanti, tenuto conto che siamo di fronte ad attrattori eccezionali per un turismo di qualità che può riuscire a dare una spinta a questa terra. La nostra idea è di mettere la natura al centro di una vasta attenzione culturale e artistica attraverso uno specifico progetto con una supervisione strategica .del nostro dipartimento e con la Murgia materana a dover svolgere un ruolo di coordinamento in questa operazione di ampio respiro. Un'ultima, importante annotazione: il Parco dell'Appennino lucano è parte integrante dell'Osservatorio ambientale della val d'Agri, sarà utile ricordarlo. Ma rimane tuttavia in piedi l'esigenza di arrivare quanto prima ai Piani di gestione, da considerarsi uno strumento importantissimo perché il Parco possa decollare sul serio.

Donato Viggiano

Direttore Generale Dipartimento Ambiente

Regione Basilicata

Il binomio turismo-sviluppo

AVVIATO L’ITER PER L’ADOZIONE DELLA CARTA

EUROPEA DEL TURISMO SOSTENIBILE

Il Parco nazionale dell'Appennino lucano ha un traguardo da raggiungere: la Carta Europea del Turismo sostenibile, "strumento essenziale per qualificare l'offerta

turistica dell'area protetta e addivenire ad una strategia del settore condivisa e protesa verso standard internazionali", annuncia una nota dell'Ente Parco. Riuscire dunque a determinare una svolta nel turismo, a qualificarlo ulteriormente, collegandolo ai flussi europei per fare del Parco nazionale dell'Appennino lucano un volano di sviluppo. Ecco la priorità. Trekking, turismo culturale, archeologia, alte quote e sapori del parco. Un mix che spinge il visitatore a inoltrarsi per le gole ed i sentieri, a capire quell'arcano che affascina chi arriva e vede le montagne stagliarsi tutt'intorno. Monti punteggiati di case contadine, di ricoveri di attrezzi

e di ovili. Ma anche di rifugi accoglienti, di piccole dimore costruite per i giorni di riposo che consentono di godere di un paesaggio unico e attraente per la sua autenticità, dove la gente non rinuncia alle sue tradizioni e, soprattutto, a essere quella che è sempre stata. Intanto scendono in campo gli operatori turistici e gli albergatori di una fascia di territorio tra le più

importanti che percorre il Parco da Nord a Sud, da Viggiano e Villa d'Agri fino a lambire il mare di Maratea. Con un documento sottolineano il valore del Parco nazionale, in grado di rappresentare non solo un fattore di attrazione, quanto un meccanismo capace di rivoluzionare situazioni di

stallo, di aprire nuovi orizzonti, di sollecitare insomma cambiamenti veri. E indispensabili se si vuol guardare avanti con sicurezza. Un presa di posizione importante e altamente significativa che non potrà non avere un seguito. Al turismo sono dedicati diversi articoli in questo numero della Rivista. Si tratta di mettere a fuoco le potenzialità esistenti raccordandole con l'impegno politico e le linee della programmazione, locale e nazionale, in questo settore di punta di assoluta importanza per il Parco dell'Appennino lucano.

PANORAMA DA PIANA BONOCORE VIGGIANO

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UN PARCO PER IL SUD

A colloquio con Giampiero Sammuri presidente di Federparchi

Anche Federparchi, l'organo che mette insieme Parchi, riserve e aree protette, si schiera per un turismo al passo con i tempi, vera prospettiva di crescita nell'Appennino lucano. “Il primo aspetto è la conoscenza – sottolinea Giampiero Sammuri Presidente di Federparchi – con l'occhio rivolto alle principali emergenze storiche, culturali, architettoniche della giovane area protetta. Occorre dunque valorizzare verso l'esterno il Parco, accreditarlo agli occhi di un bacino di utenza potenzialmente molto ampio. è il primo passo, ma un passo importante.” Come è possibile intanto ampliare il bacino di utenza? “Inevitabilmente occorre rivolgere lo sguardo verso gli utenti tradizionali, i pugliesi, ma anche verso nuove realtà, che possono rivelarsi decisive in un futuro non lontano. La Campania ad esempio, oltre alla Puglia, promette bene, nel senso che

può dare un apporto di un certo rilievo.” In questo senso quale potrà essere il ruolo di organismi come Federparchi, ma non solo? “Intendiamo anzitutto veicolare caratteristiche e peculiarità dell'Appennino avvalendoci della rete di collegamenti e anche delle

capacità di divulgazione, a livello italiano e internazionale. Il nostro sito Internet è molto frequentato, sicché tutte le informazioni, le

notizie sugli eventi che possono interessare il Parco trovano un momento di amplificazione di grande interesse.” Il Parco nazionale, quello dell'Appennino lucano, promette bene. Occorre una svolta, è d'accordo?

“Certo, occorre uno sforzo comune, di tutti, cittadini e istituzioni compresi. In questo modo davvero la meta sarà a portata di mano. Un parco è un valore aggiunto che riguarda tutti: fare in modo che questo concetto non sia solo teorico è un dovere di ciascuno. Deve entrare nella cultura delle cose

concrete. Nel quotidiano, per intenderci.

IL PARCO DELL’APPENINO LUCANO: FORMIDABILE

ATTRATTORE intervista a

Marcello Pittella Più che uno svago, il turismo nei parchi ha il valore di un'attività economica degna di rilievo. Il Parco nazionale dell'Appennino lucano Val d'Agri Lagonegrese, sotto questo profilo, ha certamente una marcia in più: non solo paesaggi ma anche storia e cultura. Soprattutto archeologia. In che modo la Regione Basilicata intende promuovere questo settore? Possiamo dire che la Basilicata intende promuovere la Basilicata, nel suo complesso, facendo leva su punte di eccellenza quale il Parco nazionale dell'Appennino. Stiamo lavorando a mettere su un sistema turistico complessivo che metta in rete diverse opportunità di quella industria del tempo libero che oggi rappresenta uno dei settori economici più interessanti. Fino ad oggi, il problema del turismo in Basilicata può essere riassunto su due direttrici: la scarsa propensione dei turisti alla permanenza, la mancanza di identificazione del territorio/prodotto. Lo dico con un esempio: a Matera, che è un’eccellenza mondiale, marcatamente in passato c’era chi ci andava come appendice di una vacanza in Puglia, e se si fermava a pernottare lo faceva per poche notti.

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Con un’offerta di attrattori turistici, itinerari integrati, natura e archeologia, abbiamo lavorato a creare un prodotto unico, identificabile e complessivo, che riesca a “fidelizzare” il visitatore nel circuito regionale, con una vacanza nel parco dell’Appennino lucano, e una puntata a Matera, ai castelli federiciani o al parco della Grancia. Il turismo nel Parco dell'appennino ormai è orientato secondo percorsi ben precisi e sulla base di esigenze di un pubblico selezionato ma in forte crescita. Visitatori che provengono in prevalenza dalla Puglia costituiscono un bacino di utenza da non sottovalutare. Affatto, anzi possiamo dire che la Puglia costituisce il nostro mercato domestico. E se abbiamo sicuramente il dovere di proiettarci oltre non possiamo sottovalutare questa realtà. Un mercato di 4

milioni di residenti va fidelizzato, ma dobbiamo anche prendere atto che questo mercato di prossimità rappresenta solo una parte del nostro target con vantaggi, quali la concentrazione in un unico bacino cosa che rende più semplici gli interventi promozionali, e criticità, quale può essere una tendenza a durate limitate dei soggiorni. Dobbiamo

affiancare a questa offerta “diffusiva” offerte più specializzate a quanti, ad esempio, amano la montagna e l’archeologia, un segmento di mercato, questo,

che non ha paura nemmeno delle distanze, garantisce permanenze più lunghe e garantisce comunque una “continuità” con il passaparola tra persone che condividono la stessa passione.

Il ruolo degli "attrattori": quali le priorità in questo campo? E quale

potrà essere la funzione concreta della montagna, un valore aggiunto da far conoscere adeguatamente. Mi consenta un esempio banale: il compito degli attrattori è quello del “piatto dello

chef” nel ristorante: attira una massa di clienti che poi consumano anche, e forse prevalentemente, altro. Pensare che da Milano possa venire qualcuno per i pochi minuti di durata del volo dell’angelo a Castelmezzano e Pietrapertosa è assurdo, eppure anche da queste distanze gente ne viene e poi magari si ferma. E qui il ruolo della montagna, con la capacità di completare questo tipo di offerta su un pubblico sicuramente sensibile a questo tipo di offerta. Il problema è che, a distanza, c’è il rischio che tutto sembri uguale, anche se sappiamo che così non è, e l’attrattore diventa l’occasione per far visitare e scoprire ambienti e paesaggi unici. E poi si torna per quelli.

Marcello Pittella Assessore Attività Produttive e

Turismo Regione Basilicata

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promuovere la Basilicata, promuovere la Basilicata, promuovere la Basilicata, nel suo complesso, nel suo complesso, nel suo complesso, facendo leva su punte di facendo leva su punte di facendo leva su punte di eccellenza quale il Parco eccellenza quale il Parco eccellenza quale il Parco nazionale dell'Appennino.”nazionale dell'Appennino.”nazionale dell'Appennino.”

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QUALE TURISMO PER IL PARCO?

Il primo concetto: la Val d'Agri oggi non ha una vera identità turistica. Da pochi anni si sta operando per valorizzare le potenzialità' turistiche del territorio. In questa prospettiva il lavoro dei gruppi di azione locale, prima, poi di qualche amministrazione più illuminata e oggi del Parco dell'Appennino lucano stanno creando le premesse per declinare una concreta offerta turistica. Le strutture ricettive presenti sono state in gran parte realizzate prima dell'ultimo decennio e sono 18 attività alberghiere e 31 attività extra alberghiere (agriturismi, b e b e affittacamere). Negli ultimi tre anni è diminuita l'offerta alberghiera, ma è cresciuta quella extra alberghiera. L'offerta complessiva di posti letto è di 1642 unità di cui circa 1200 alberghiera e 440 extra alberghiera. Tutta la Val d'Agri ha la meta' dei posti letto di Maratea. Se consideriamo l'ampiezza del Territorio riscontriamo una modesta organizzazione del sistema, che riflette la scarsa incidenza del turismo nell'area. Se pensiamo al numero di turisti dal 2008 ad oggi

siamo passati da circa 19.800 a 25.594 del 2011 con un numero di pernottamenti passati da 59 mila a 96 mila. Questo è un indicatore della crescita del fatturato della filiera dell'ospitalità derivante soprattutto da una mobilita' per motivi di lavoro. Infatti per le informazioni di cui disponiamo il sistema alberghiero ha beneficiato soprattutto della mobilita' derivante dall'industria estrattiva, mentre i turisti in senso stretto si sono rivolti all'extra alberghiero e agli agriturismi. Alla luce di questi dati emerge un vasto potenziale di crescita proprio

perché quote aggiuntive di turismo sono possibili articolando una proposta, prima inesistente, di turismo naturalistico, grazie all'Ente Parco, e di

turismo rurale. Turismo rurale che è stato l'unico capitolo, per così dire, di un discorso sul turismo, portato avanti nell'area dai gruppi di azione locale, basato sull'eccellenza dei prodotti tipici e su prime proposte di itinerari anche di taglio culturale e religioso.

Nell'immaginario regionale la Val d'Agri è la terra delle sagre. A partire da questa premessa, che tuttora

rimane valida, la possibilità di mettere in valore patrimonio artistico e monumentale, risorse paesaggistiche e cultura materiale del territorio, identificano la nuova sfida, per immaginare un

progetto turistico d'area il cui presupposto oggi è dato dalla grande novità del Parco nazionale dell' Appennino che è di per se un fattore di identità turistica. Dentro le dimensioni simboliche e culturali, legate all'idea di Parco nazionale e delle peculiarità del territorio della Val d'Agri e non solo, che fa riferimento all'ente parco, si situa il cantiere di idee su cui costruire un ambizioso ma realistico progetto di economia del turismo. Sicché la collaborazione già in atto, tra regione, Apt ed Ente Parco e le specifiche intese a cui stanno dando vita, a partire dal progetto valore - natura, identificano i termini di un impegno comune a servizio concretamente delle comunità locali.

Gianpiero Perri

Direttore generale Apt

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UN TURISMO DAVVERO PRODUTTIVO

Istituito con DPR dell'8 dicembre 2007, il Parco Nazionale dell'Appennino Lucano-Val d'Agri-Lagonegrese è il Parco Nazionale più giovane d'Italia, nato in seguito ad una lunga gestazione istituzionale che parte già dal 1991. Il suo territorio si offre ai visitatori come uno scrigno pieno di tesori, vegetali, animali, dalle mille sorgenti incontaminate, dai corsi d’acqua cristallini, dalle vette silenziose e solenni ma anche sostenuto da un tessuto connettivo fatto di piccoli comuni, con il loro patrimonio tradizionale, gastronomico, storico monumentale di importanza assoluta.

Dalle vestigia nobilissime e imponenti dell’antica Grumentum, ai richiami della Lucania medioevale in una storia importantissima fatta di nuclei e di monasteri, di chiese e di

castelli, di Normanni, di Saraceni, di Santi, che si dipana da Abriola a Calvello, lungo le valli del torrente Camastra e del Fiume Agri, fino alla Valle del Raganello e di lì verso Castelsaraceno fino alla vetta del Monte Sirino con le sue asprezze scolpite da antichi ghiacciai e i suoi laghetti, il Parco della Val d’Agri si apre ai suoi visitatori con infinite suggestioni.

Un panorama meraviglioso e vario che offre il meglio del paesaggio appenninico della nostra regione e che contiene il formidabile

patrimonio culturale che si identifica pienamente nella lucanità intesa come quella familiarità di paesaggi, luoghi, atmosfere, profumi,

dialetti, arte, gastronomie e accoglienza che caratterizza da sempre le popolazioni lucane. Aprire alla comunità nazionale ed internazionale questo incredibile patrimonio naturale, culturale, di usi

e costumi, costruendo itinerari turistici che consentano di godere di tali bellezze è la sfida che attende non solo le classi dirigenti ed imprenditoriali, ma anche l’intera comunità lucana. La Basilicata non è terra da “mordi e fuggi”. Allo stato attuale la rete alberghiera e di ospitalità che caratterizza l’area del Parco non è sufficiente a

sostenere una crescita dell’offerta, in alcune aree, come la Valle dell’Agri è di fatto già in gran parte saturata dalle necessità derivanti dalle attività socio-economiche in essere. Occorre ampliare la

disponibilità di strutture ricettive ma seguendo però una via alternativa a quella dei grandi alberghi: insomma bisogna pensare ad una nuova idea dell’infrastrutturazione turistica. Una rete di borghi-albergo che possano mettere a frutto esperienza positive che pure già esistono sul nostro territorio, la realizzazione di una rete di ospitalità che consenta una permeabilità dei flussi turistici all’interno dei nostri centri minori, che metta al centro il nostro patrimonio di culture tradizionali, recuperando anche l’economia minore fatta di agricoltura, mestieri e di artigianato che da sempre ha costituito il tessuto economico dei centri minori. Il recupero delle attività artigianali, con una saggia politica di sostegno economico ai giovani che

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scegliessero questa via di radicamento sul territorio, potrebbe consentire di ristrutturare una economia minore messa in crisi da scelte di industrializzazione, spesso avventate e determinate da interessi diversi da quelle delle popolazioni coinvolte. La Carta Europea del Turismo Sostenibile affronta direttamente i principi di queste linee guida e fornisce uno strumento pratico per la loro implementazione nelle aree protette a livello locale. Questo sviluppo comporta la protezione delle risorse a favore delle generazioni future. Ed ecco quindi che si prospetta l’opzione del cosiddetto Turismo Lento che porta il turista, per un breve arco di tempo – quello della vacanza o del fine settimana – a ricaricare le proprie energie allineando il proprio ritmo a quello naturale del fluire del tempo, a quello dell’ambiente naturale, concedendosi il lusso di “osservare”, “gustare”, “sostare”, e soprattutto di

non guardare l’orologio, pensando di essere comunque in ritardo. Lo Slow Tourism, vuole legare il territorio al turismo lento e di qualità, con percorsi ciclabili, itinerari fluviali a bordo di canoe, con l’ippoturismo, il Birdwatching, la vacanza in caravan e camper, gli itinerari enogastronomici, con itinerari intermodali come ad esempio l’abbinamento barca+bici, ed il Parco della Val d’Agri Lagonegrese, con la sua incredibile varietà di paesaggi e di risorse ambientali e storico culturali, si potrebbe offrire ai turisti quale territorio d’eccellenza per vivere la natura senza fretta, godendo delle sue bellezze e dei suoi scorci sorprendenti. Sono tanti gli itinerari che si potrebbero immaginare, da quelli strettamente naturalistici tra faggi e alberi secolari ad itinerari dell’acqua. Ma il territorio del Parco, se da un lato è scrigno di mille bellezze, è anche fragilissimo e delicato ed è sottoposto, oramai da troppi anni, a disattenzioni e sottovalutazioni che

me potrebbero minacciare l’integrità. La Valle dell’Agri, come quella del Sauro, sono più note per essere le valli del petrolio e delle attività estrattive e la necessità di sostenere lo sforzo nazionale in un momento di crisi così drammatica per la nostra Nazione non può essere disgiunto da un controllo severo degli effetti indotti. La sfida che pone il Parco della Val d’Agri Lagonegrese alla classe dirigente lucana è formidabile e l’occasione che ci si para davanti preziosa, quella di riuscire a cogliere l’occasione di utilizzare il Parco come volano di sviluppo di una nuova economia della Basilicata costruita sull’integrazione tra turismo lento, agricoltura biologica, valorizzazione delle risorse idriche, infrastrutturazione del territorio del Parco a servizio degli ospiti, ristrutturazione delle economie tradizionali delle nostre comunità, adeguatamente sostenute con integrazioni del reddito a servizio delle giovani generazioni. Quindi una valorizzazione del territorio finalizzata ad un suo uso compatibile e sostenibile, diverso quindi dalla sua museizzazione, e aperta ad una nuova idea di sviluppo centrata su un equilibrio tra uomo e ambiente. Il Parco della Val d’Agri Lagonegrese è una grandissima risorsa, sta a noi saperla utilizzare con sapienza.

Gianni Rosa

Consigliere regionale PDL

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PERTUSILLO: SI MOBILITANO

ARPAB E ISS Come affrontare il problema Pertusillo? E' questo il vero nodo da sciogliere dopo la gran mole di voci che si susseguono sullo stato di salute del lago. Ma soprattutto, ci si chiede, da quali dati attendibili prendere spunto per avere una base scientifica certa e porre in essere idonee misure di prevenzione di qualunque fenomeno che possa mettere in forse l'integrità dell'ambiente. Sulla vicenda Pertusillo lavorano da tempo vari organismi, a cominciare dall'Arpab, senza escludere l'Istituto Superiore di Sanità, l'Istituto Zooprofilattico, la stessa Università della Basilicata. In proposito esperti di rilievo nazionale sostengono che sia necessaria un' opera di

monitoraggio costante dell'invaso e del suo bacino, in grado di indicare l'esatta natura dei fenomeni, evitando ogni allarmismo e qualunque ricostruzione fantasiosa di eventi che spesso non hanno alcun fondamento. L'invaso artificiale della Val d'Agri ha una portata di oltre 150 milioni di metri cubi di acqua e un

numero di abitanti delle aree limitrofe pari a 40 mila unità all'incirca con un'agricoltura che non ha proporzioni tali da poter costituire una minaccia vera e propria per il lago. Il Pertusillo

non è, insomma, una bomba ecologica e molti fenomeni che si sono manifestati, anzitutto la moria di pesci, vanno attribuiti a cause naturali e ad un virus che potrebbe risalire alle varie

ondate di Aviaria, la peste dei volatili di cui si è parlato a lungo anche recentemente. Sul versante di questi studi si esclude inoltre l'influenza delle estrazioni petrolifere sulla integrità del lago, mentre gli scarichi a “cielo aperto” non superano i 2, 3 milioni di metri cubi ritenuti irrilevanti ai fini di un possibile danno dalle conseguenze irreparabili. C'è poi da fare una considerazione. Non più tardi del 1998 la diga è stata al centro di un importante progetto per la costruzione, subito a monte, di un complesso sistema di depurazione finanziato per un ammontare di oltre 40 miliardi di vecchie lire. Impianto rimasto sulla carta, a detta del pool di studiosi che da anni segue l'evolversi delle varie situazioni. Un depuratore a monte avrebbe garantito, si fa notare, l'integrità delle acque. Dal canto suo l'Arpab, per bocca del direttore generale Raffaele Vita, parla di settemila scarichi abusivi di cui non si conosce l'entità. E rimane avvolta dal mistero l'attività di 400 aziende zootecniche della zona prive delle normali garanzie prescritte dalle leggi in vigore. Insomma un quadro ancora abbastanza confuso che non aiuta certo a fare chiarezza sullo stato di salute dell'invaso, mentre l'Istituto Superiore di Sanità continua a seguire da vicino la questione Pertusillo. Mentre sul versante degli enti locali scendono in campo i sindaci. Ecco i loro punti di vista.

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PERTUSILLO, CONTRO

L'INQUINAMENTO SINDACI IN PRIMA LINEA

Sindaci impegnati nella ricerca della verità per il Pertusillo. Le amministrazioni locali avvertono l'esigenza di fare chiarezza. Ma come? Il primo cittadino di Grumento, Vincenzo Vertunni, chiede di far presto ma avverte il peso del tempo che passa a distanza di oltre due anni dalle prime avvisaglie della moria di pesci nel lago. Premere a fondo il piede sull'acceleratore non serve a nulla. Immaginare di pretendere risultati immediati non è possibile, sostiene. Sicché l'unica strada praticabile rimane l'impegno a vigilare, tutti indistintamente, per scongiurare una caduta d'interesse nell'opinione pubblica e negli amministratori per una concreta soluzione del problema. Così come importante è una consultazione a vari livelli per raggiungere delle certezze in tempi non lunghissimi, dice Vertunni. Pasquale De Luise, sindaco di Spinoso, parte dal tavolo tecnico che si è tenuto recentemente sulla diga considerando che il suo comune è sul Pertusillo, ed è nel perimetro del Parco al cento per cento. Un ragionamento che va alle origini del problema senza mancare di affrontare i nodi attuali, dovuti al protrarsi di una situazione di estrema

incertezza. Si conoscono le cause ma nessuno indica i rimedi necessari, osserva De Luise. “Chiesi insieme a Sarconi, Montemurro e Grumento, un intervento eccezionale di verifica. Ma oggi la verifica non si è ancora conclusa e occorreranno dei mesi per avere un quadro generale riferito alla situazione in atto.” Insomma molta strada da percorrere. Ed è esattamente questo il punto di vista di Mario Di Sanzo sindaco di Montemurro, la città di Sinisgalli.

Di Sanzo addirittura parla di 2 milioni di euro disponibili per la bonifica del lago. Ma ancora non si riesce a vedere uno sbocco concreto, osserva. Questi soldi provengono tutti dal PO Val d'Agri e possono, anzi debbono, essere utilizzati per avviare sistemi di controllo in grado di indicare strategie operative capaci di portare a soluzioni concrete: ma il problema rimane il tempo necessario e i mezzi per contrastare il fenomeno. Tempi non certamente brevi. Tutt'altro. In ogni caso la strategia da adottare da parte dei sindaci è non solo la consultazione permanente, ma anche la scelta di possibili strade da percorrere per avere ragione sull'inquinamento dell'invaso. “Sarconi investe sullo sviluppo turistico del lago” precisa il sindaco

della cittadina, Cesare Marte che parla di risposte aleatorie finora giunte, sostenendo che l'inquinamento del Pertusillo non è da addebitare al petrolio. Un problema tuttavia risolvibile, aggiunge Marte, a patto che ci sia un impegno straordinario da parte di tutti. Quanto poi agli scarichi di aziende agricole, il sindaco di Sarconi riconosce la necessità di interventi capaci di affrontare i nodi della questione, senza tuttavia danneggiare l'economia rurale di una vasta area, il cuore attivo e dinamico della Valle dell'Agri.

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L'INAUGURAZIONE DEL CTA

VIGILANZA MA NON SOLO

Cesare Patrone, il capo del Corpo forestale dello Stato, arriva in Basilicata con un preciso intento: rilanciare la capacità dei suoi uomini di fare non solo vigilanza e repressione, ma di contribuire sul serio a trasformare le aree protette in un elemento trainante per lo sviluppo, facendo crescere quella consapevolezza dell'ambiente che da sola promette grandi cose. Il Parco nazionale dell'Appennino lucano lo accoglie con entusiasmo poiché la circostanza è di quelle in grado di imprimere una svolta. Patrone parla del rapporto con la gente, con i giovani soprattutto, ma anche dell'esigenza imprescindibile di adeguare ai tempi la legge 394, la legge quadro, il punto di partenza per fare delle aree protette un dato di prima misura nella realtà italiana superando ogni incertezza. Andando oltre la crisi dei parchi. Che pure si avverte, ha sottolineato Patrone. Una 394 rinnovata nei suoi meccanismi potrà consentire di disporre di norme di base davvero più

efficaci e ad ogni modo in grado di mettere a fuoco i veri problemi dell'ambiente: dalla sicurezza del territorio al rapporto con le popolazioni, ai comportamenti di chi fruisce del bene natura. Gli ha fatto eco il Commissario dell'Appennino lucano, Domenico

Totaro, che ha ribadito l'esigenza di far decollare sul serio questa bella realtà tutta lucana, con l'occhio rivolto agli impegni immediati e a

quelli del medio lungo periodo. Il governo del Parco, ribadisce Totaro, è un impegno che non consente di distrarsi, poiché richiede, in questa fase soprattutto, risposte adeguate alla posta in gioco e al momento particolare in cui

si va completando la fisionomia della nuova area protetta lucana e la sua capacità di affrontare i nodi principali. Una sfida per la dirigenza del Parco, chiamata a dare risposte quotidiane, a cominciare dalla difesa di un territorio ricco di risorse ma fragile per le sue stesse peculiarità e non solo. Anche perché chiamato a dare certezze alle popolazioni. Soprattutto ai giovani. La cerimonia di inaugurazione del CTA ha posto in luce un dato: la gente crede nel Parco nazionale dell'Appennino, lo considera una parte di sé legato com'è alla sua esperienza di vita. E non è certamente poco per una giovane realtà che si va rapidamente affermando.

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DAL PARCO DEL PETROLIO AL PARCO VERO

Nell’ormai lontano 1993 fui chiamato a coordinare il gruppo di lavoro formato dalle associazioni WWF, Legambiente e Pro Natura sulla proposta di perimetrazione dell’area protetta. Nutrivo profonda fiducia e speranza che l’istituzione del parco potesse salvaguardare, come in uno scrigno, inestimabili valori ambientali, fondamentali per la salvaguardia degli ecosistemi naturali e per la vita di tutti. Ero fiducioso che bastasse picchettare i suoi confini per poter salvaguardare adeguatamente i riconosciuti valori scientifici, naturali, ambientali e paesaggistici del territorio e delle comunità che lo abitano. Mi sbagliavo. E’ con questo auspicio che fu redatta la prima proposta del parco nazionale, presentata dalle associazioni agli amministratori, ai cittadini ed alla stampa in località fontana dei Pastori di Viggiano, nel mese di settembre del 1993. Non conoscevo ancora i piani che investivano prepotentemente un territorio predestinato a diventare, nelle intenzioni delle compagnie private, il principale “campo petrolifero” italiano. Non conoscevo i programmi dell’ENI e della Shell che poi seppi essere già noti ad alcuni, nonostante i valori conclamati con ben tre piani

paesistici approvati con L.R.3/90 dalla Regione Basilicata: Sellata-Volturino-Madonna di Viggiano, Sirino e Maratea – Trecchina e Rivello. I nostri straordinari ambienti naturali con 13 aree Bioitaly: dal lago del Pertusillo, alla riserva naturale lago di Pignola, assurdamente esclusa dal perimetro del parco solo per calcolo di amministratori locali,

dagli splendidi boschi della foresta demaniale regionale di Rifreddo, oggi interessata dal taglio di 12 mila alberi di faggio, all’Abetina di Laurenzana, dai boschi di monte Pierfaone al “Faggeto di Moliterno”. E poi ancora, il massiccio del Sirino, il monte Volturino, con il circo ed il lago Laudemio di origine glaciale con le stazioni relitte popolate da preziosi

endemismi botanici. Ed ancora, la Serra di Calvello, il monte Raparo, la Montagna Grande di Viggiano ed altre numerose località. Per quanti amano e rispettano la montagna queste località rappresentano molto di più di un semplice nome segnato sulla carta geografica. Ma il frastagliato perimetro del parco nazionale si presenta oggi “a macchia di Leopardo”. È il risultato di una decina di perimetrazioni succedutesi negli anni, man mano che il travagliato iter istitutivo del parco faceva i conti con gli interessi delle compagnie petrolifere. Una nascita che riserba un futuro già segnato? Ci auguriamo che l’epilogo sia meno fosco di quello che si prospetta. Non contribuisce positivamente l’incertezza degli attuali organi di gestione del parco. La nomina iniziale del commissario al posto del presidente e la conseguente rinuncia da parte della Regione Basilicata di perorare l’insediamento degli organi del parco previsti dalla L.394/91, rendono purtroppo incerto il suo futuro. Una

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culturale, prima che geografico, culturale, prima che geografico, culturale, prima che geografico, nell’assoluta indifferenza di gran parte nell’assoluta indifferenza di gran parte nell’assoluta indifferenza di gran parte delle pubbliche amministrazioni ed delle pubbliche amministrazioni ed delle pubbliche amministrazioni ed anche di parte della pubblica opinione, anche di parte della pubblica opinione, anche di parte della pubblica opinione, spesso disinformata.”spesso disinformata.”spesso disinformata.”

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gestione del parco "congelata" avvantaggia il cosiddetto "parco dell'energia". Termine questo coniato dai fautori dello sviluppo del petrolio, propagandato dalla Fondazione Mattei con il sostegno della stessa Regione. Tutto ciò mentre Eni, Shell e Total diventano padrone del territorio con la messa in

produzione di pozzi petroliferi anche all’interno dell’area protetta. Con le deliberazioni della giunta regionale lucana del 29 e 30 dicembre 2008, si sono inaugurate prassi di autorizzazione che consentono la messa in produzione di 5 nuovi pozzi petroliferi, di cui 4 ricadenti nel perimetro del parco nazionale in cui solo sulla carta vige il "divieto di ricerca ed estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi, nonché di attività petrolifere" ai sensi dell'art. 3, lettera "n" del DPR 8 Dicembre 2007. E’ così che alla toponomastica dei luoghi naturali si sostituisce quella delle compagnie petrolifere, ormai onnipresenti e visibili in ogni

angolo del territorio del parco. Basta leggere i cartelli stradali che fiancheggiano le strade comunali e provinciali all’interno del parco per convincersene, oppure addentrarsi nei boschi e sulle montagne per quanti vogliano approfondire la loro conoscenza. Come è stato possibile aggirare le misure di salvaguardia del parco nazionale negando che all'interno del perimetro del parco nazionale vi fossero pozzi petroliferi? È sufficiente un report dello stesso ufficio tutela della natura della Regione Basilicata per verificare come vengano chiaramente indicati 11 pozzi petroliferi situati nel parco a cui oggi si aggiungono altri 4 nuovi pozzi appena autorizzati. Si profilano ulteriori autorizzazioni nell'area protetta nell'ambito dei permessi di

ricerca denominati "Satriano" (ENI -Valle del Melandro), "Anzi "(ENI - Val d'Agri-Val Camastra),

"Pignola" (Shell - Val d'Agri), "La Cerasa" (Shell - Valli dell'Agri-Melandro), "Grotte del Salice" (Shell- Val d'Agri -SIC/ZPS Timpa San Lorenzo), "Monte Cavallo" (Shell - Val d'Agri - Cilento Vallo di Diano/Salerno). All’orizzonte riappare la vergognosa pantomima sul problema discarica per rifiuti speciali e fanghi di perforazione in località Pietra Congolo nel Comune di Satriano. Il parco nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, al quarto anno dall’istituzione, è come un vaso di argilla in mezzo a vasi di ferro con trivelle meccaniche e centinaia di chilometri di oleodotti di acciaio che

attentano il cuore dell’area protetta: la qualità delle acque e l’integrità di sistemi naturali. Così come purtroppo avviene al lago del Pertusillo, sulla carta un sito di importanza comunitaria, oppure presso le sorgenti in quota nei territori comunali di Calvello, Marsico Nuovo, Marsicovetere e Viggiano, interessate da trivellazioni e attività petrolifere che il Memorandum sottoscritto dalla Regione intende incrementare con un raddoppio dei barili di greggio estratti su uno dei più grandi bacini idrici di superficie e di profondità presenti nel sud Italia. E’ purtroppo prevalsa, nelle scelte operate ed in quelle che si prefigurano, la concezione formatasi durante secoli di storia che considera le montagne ed i boschi, aree marginali e di più basso valore rispetto alle aree vallive e pianeggianti, più rare, ricche ed appetibili per l’insediamento edilizio e commerciale. L’infrastrutturazione petrolifera è avvenuta in questo contesto culturale, prima che geografico, nell’assoluta indifferenza di gran parte delle pubbliche amministrazioni ed anche di parte della pubblica opinione, spesso disinformata. Le trivelle si sono così attestate sulle montagne e nei boschi, nel “parco di nessuno”, considerato dalle compagnie territorio franco da sacrificare in nome del profitto.

Antonio Bavusi

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TRIVELLA PETROLIFERA IN VAL D'AGRI

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GLI ANFIBI, UN INDICATORE DELLA

BIODIVERSITÀ La ricerca sugli anfibi, in corso nel Parco nazionale dell'Appennino lucano a cura del WWF Italia, è la più dettagliata e completa mai fatta sul territorio della Basilicata che dal punto di vista erpetologico risulta essere la regione meno indagata in Italia. Scopo della ricerca è stato quello di censire le specie presenti nel Parco e definirne la distribuzione, dati di particolare rilievo in considerazione che gli anfibi risultano essere la classe di vertebrati a maggior rischio d’estinzione a livello mondiale, con drastico calo di popolazioni di molte specie. Fra le cause principali della diminuzione degli anfibi vi sono la distruzione, alterazione e frammentazione degli habitat naturali ad opera dell’uomo, nonché i cambiamenti climatici, l’inquinamento e la presenza di specie alloctone e invasive. Altra importante considerazione che ha spinto l’ente a finanziare tale progetto è stato quello che gli Anfibi sono importanti indicatori ambientali che forniscono una informazione integrata sullo stato di salute di acqua, suolo e aria, passando parte della propria vita in acqua (come larve che respirano tramite branchie) ed una parte al

suolo (come adulti che respirano attraverso cute e polmoni), pertanto dal loro studio si possono ricavare importanti dati sullo stato dell’ambiente. Il lavoro di ricerca è stato condotto da una equipe di tre persona: il dott. Antonio Romano, erpetologo professionista e consulente della IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) e del WWF Italia, a da due naturalisti lucani, il dott. Remo Bartolomei e il dott. Antonio Luca Conte, ed ha permesso al Parco di acquisire ha

fornito un contributo di altissimo livello sul patrimonio erpetologico presente nell’area protetta: più di 350 i siti di presenza di anfibi con più di 600 records di specie che rendono il Parco dell’Appennino Lucano, quello con la con più alta densità di siti di anfibi ed il secondo come numero di siti individuati tra i parchi dell’Italia Meridionale. Altri records del nostro parco sono quelli legati ai limiti altitudinali raggiunti da alcune

specie, che qui possiamo trovare a quote superiori a quelle riscontrare nel resto d’Italia in particolare per la Salamandrina dagli occhiali e per la

Rana Italica che proprio nel Parco hanno i loro record altimetrici. Relativamente ai dati ecologici, ancora in fase di elaborazione da parte del gruppo di lavoro, il dato che maggiormente colpisce è la stretta associazione tra anfibi e siti di riproduzione artificiali. Nel parco si assiste infatti all’utilizzo da

“““ La ricerca sugli anfibi, La ricerca sugli anfibi, La ricerca sugli anfibi, in corso nel Parco in corso nel Parco in corso nel Parco

nazionale dell'Appennino nazionale dell'Appennino nazionale dell'Appennino lucano a cura del WWF lucano a cura del WWF lucano a cura del WWF Italia, è la più dettagliata e Italia, è la più dettagliata e Italia, è la più dettagliata e completa mai fatta sul completa mai fatta sul completa mai fatta sul territorio della Basilicata.”territorio della Basilicata.”territorio della Basilicata.”

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parte degli anfibi di siti artificiali quali abbeveratoi, cibbie, fontanili, stagni artificiali, per la riproduzione e tale associazione risulta più forte per specie come il Tritone crestato, il Tritone italico e l’Ululone appenninico. Tali osservazioni rendono necessaria, per ogni strategia conservazionistica di tutela degli anfibi, la tutela, conservazione e gestione dei siti acquatici di origine antropica utilizzati per fini agricoli e silvo pastorali anche alla luce dei dati che vedono circa il 20% di tali siti distrutti o trasformati in modo tale da essere praticamente inutilizzabili per la riproduzione degli anfibi. Tale esigenza viene evidenziata anche dalla IUCN che evidenzia come “nel Mediterraneo e nel Sud Italia in particolare, la conservazione e gestione di siti acquatici di origine antropica utilizzati a fini agricoli e silvo-pastorali è un prerequisito per efficaci misure di conservazione delle popolazioni di anfibi”. Un’azione di conservazione e gestione dei siti artificiale porterebbe ad un contributo concreto alla tutela della biodiversità contribuendo alla salvaguardia e potenziamento di habitat riproduttivi di Anfibi ed avrebbe anche la funzione di rendere più funzionali tali siti per le attività agrosilvopastorali con un indubbio vantaggio per il mondo rurale.

Remo Bartolomei,

Antonio L. Conte,

Antonio Romano

PICCOLE GUIDE, GRANDI PROGETTI

"Piccole guide" che però di piccolo non hanno nulla. Tutt'altro. Si tratta di una iniziativa diretta ai giovani, nel tentativo di fare dell'educazione ambientale il volano di un possibile cambiamento di rotta nel rapporto che lega ciascuno alla natura per costruire uno sviluppo non solo sulla carta e far decollare le aree protette, i parchi prima di tutto, richiamando l'attenzione dei ragazzi e delle loro famiglie su una diversa qualità della vita ispirata ad altri valori. Di educazione ambientale si parla nel Parco nazionale dell'Appennino lucano Val d'Agri Lagonegrese, capofila del progetto "Piccole guide", nel quadro di una intesa che mobilita esperti e docenti e percorre in modo trasversale l'intero Sud, dalla Sila al Pollino, senza escludere il Gargano e altre località. Riuscire a fare sistema, in definitiva, e a costruire le premesse per mettere in piedi una nuova classe dirigente in grado di dare risposte efficaci alla gestione delle risorse naturali in un'ottica davvero globale. Ecco la finalità del progetto davvero ambizioso ma non impossibile. Nei parchi nazionali americani

esistono vere e proprie scuole di leadership. Il che presuppone uno straordinario attaccamento ai luoghi, una conoscenza approfondita delle diverse realtà e, prima di ogni altra cosa, tanto amore per l'ambiente. Oltretutto si tratta di fornire un patrimonio di conoscenza sia al cittadino-utente, sia a chi fa ricerca e

si orienta secondo finalità prettamente scientifiche. Ecco che va affermandosi il concetto di area protetta come un elemento di

crescita culturale, prima di tutto. Se ci si riferisce poi all'Appennino, evidentemente tutto ciò serve come base e punto di partenza per redigere il Piano del Parco nazionale, uno strumento indispensabile per il governo del territorio. Tenendo conto tuttavia che i parchi italiani sono uno straordinario esempio di cultura e natura si capisce facilmente che occorre gettare le basi per un atteggiamento improntato a un forte legame, a una passione autentica per l'ambiente da costruire e diffondere tra i giovani. Ora siamo davvero a uno snodo importante: stabilire cioè un patto

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con i giovani e le loro famiglie, superando i tempi morti dovuti al cambiamento di governo, che si è avuto sul finire dello scorso anno, e affermare i principi fondanti di un diverso rapporto uomo - natura con l'ausilio della scuola. Sin dai primi interventi sul campo abbiamo notato non solo interesse da parte di allievi e docenti, quanto un sincero entusiasmo. I ragazzi sono apparsi davvero felici di poter avviare percorsi conoscitivi diversi con la possibilità di rinnovare davvero le loro conoscenze. Uno slancio imprevedibile che ci ha incoraggiati a proseguire su questa strada. Tuttavia, il nostro appello è al Governo perché ci consenta di proseguire nel dialogo con la scuola e l'ambiente. Ma anche alla Regione Basilicata: il rapporto dei parchi con la scuola è essenziale, soprattutto oggi, se si vuole dare all'istruzione una dimensione diversa. E fare della conoscenza un elemento dinamico. Non a caso coinvolgiamo i docenti e le guide dei parchi con un'attività che si svolge in aula, ma anche e soprattutto all'aperto facendo della natura un vero banco di prova. Il punto di partenza per una scuola diversa.

Maurilio Cipparone

Coordinarore del Progetto Piccole Guide

ORCHIDEE SENTINELLE DELL’AMBIENTE

Nuovamente in Basilicata il Convegno itinerante del Giros per la tutela e conoscenza del fiore Non tutti sanno che, tra i primati della Basilicata, c’è quello d’essere una delle aree predilette da studiosi e appassionati di un fiore grande e appariscente, multiforme, dai colori brillanti ed intensi. Il fiore delle grandi occasioni, simbolo di raffinatezza, eleganza e sensualità: l’Orchidea. Spesso coltivato industrialmente in serra, questo fiore dal profumo delicato, abbonda “spontaneo” nel territorio lucano. In particolare nelle aree di Moliterno e dell’alta Valle del fiume Agri, comprese all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano - Val d’ Agri - Lagonegrese. Sessantacinque le specie d’orchidea censite in questa zona a partire dal 2006, che diventano 100 se in considerazione viene presa l’intera Basilicata. Un numero elevatissimo se raffrontato con il totale europeo di 529 specie e con quello italiano attestato sulle 197 unità. Forse per questo, per la seconda volta nell’arco di poco più d’un lustro, è stata proprio Moliterno ad ospitare, tra il 24 e il 26 maggio scorso, l’annuale “convegno – escursione” del Giros, il Gruppo Italiano di Ricerca sulle Orchidee Spontanee. Il Giros, che si occupa fin dal 1994, anno di costituzione del Gruppo, di

orchidee spontanee italiane conta oggi quattrocento iscritti su scala nazionale. Tra loro spiccano alcuni tra i maggiori studiosi ed esperti di orchidee spontanee provenienti dal Belpaese e non solo. Scopo dell’associazione, spiegano i suoi vertici, è quello di “scoprire, valorizzare e proporre norme di difesa e tutela del patrimonio delle orchidee spontanee presenti su tutto il territorio nazionale”. Attività, emerge ancora, realizzata anche attraverso iniziative come l’annuale convegno itinerante che, sei anni dopo il primo tenutosi nel 2006, è tornato la scorsa primavera in Basilicata, nel cuore del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano. Il meeting, voluto in particolare dalla sezione lucana del Giros (ovvero dal Centro di Educazione Ambientale di Moliterno) e dal Gruppo Naturalistico Moliternese, federato regionale Pronatura, ha rappresentato un ulteriore tassello nell’attività di “ricerca e divulgazione”, svolta tra l’altro in regime di sinergia con l’Università degli Studi della Basilicata e con ricercatori italiani ed europei, sulle orchidee spontanee del territorio Lucano: “in maniera particolare –spiega Isabella Abate, responsabile del Cea di Moliterno - sulle orchidee presenti nel territorio del Parco Nazionale dell’ Appennino Lucano, Val d’ Agri, Lagonegrese, e con una attenzione specifica per quelle della zona di Moliterno e dell’alta Val D’Agri”.

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“Nel corso di questi ultimi anni – sottolinea Abate - le indagini sul territorio del Parco dell’ Appennino Lucano, hanno portato alla scoperta di nuovi siti con molte specie di orchidee sino ad ora non segnalate per la Basilicata. In particolare, in occasione del convegno, sono state visitate alcune località della regione ricche di orchidee sconosciute. Da questo punto di vista il territorio della Basilicata è, attualmente, tra i più interessanti e visitati da floristi, botanici, studiosi e appassionati di settore”. Ma dietro il ritorno del Giros in terra di Basilicata c’è anche dell’altro: “certamente – raccontano gli organizzatori del meeting – ha pesato l’ottima impressione lasciata nei circa 70 convegnisti scesi a Moliterno nel 2006. Una dimostrazione di quanto iniziative come la nostra riescano a far conoscere, apprezzare e promuovere le bellezze di un territorio (il Giros ha quest’anno toccato i centri di Moliterno, Laurenzana, Viggiano e Matera, ndr) a livello nazionale ed europeo; promuovendo un indotto turistico da non sottovalutare”. Tornando alle orchidee ed ai contenuti dell’ultimo convegno Giros, spiega ancora Isabella Abate: “Il mondo di queste straordinarie creature non è esclusiva dei tropici

ma si estende, con caratteristiche diverse, ad altre realtà naturali quali boschi e pascoli delle zone temperate. Nascono qui le ‘sorelle minori’ delle più blasonate orchidee esotiche delle quali conservano i caratteri morfologici e una bellezza forse meno appariscente ma, comunque, sorprendente per la ricchezza cromatica e

strutturale delle loro corolle”. Ma quali sono le caratteristiche delle orchidee nostrane? “Si tratta di piante terricole, che

solo in alcuni casi superano i 50 cm d’altezza. Nella maggioranza dei casi i loro fiori sono piccoli e bisogna osservarli da vicino per apprezzarli in tutta la loro bellezza”. Fiori belli e rari per via di esigenze autoecologiche molto selettive e di un ciclo biologico con fasi complesse e delicate. Dalla germinazione del seme alla prima fioritura della pianta possono passare dai 5 ai 15 anni. Risultano quindi estremamente vulnerabili nei riguardi d’attività antropiche, quali insediamenti urbani e pratiche agro-silvo-colturali di rimozione del terreno e calpestio, che limitano la loro distribuzione danneggiando o alterando le condizioni dei loro biotopi.

La scarsa tolleranza alle modificazioni ambientali rende insomma le orchidee oggetto di particolare attenzione da parte degli ecologi e di quanti si occupano di monitoraggio ambientale. Proprio per questo, sottolinea la responsabile del Cea di Moliterno, Isabella Abate, “le orchidee spontanee sono tutelate a vari livelli nei Paesi ad avanzata legislazione ambientale (Convenzione di Washington 1973; Direttiva 92/43 della Cee; Legge Nazionale n.150/92 e Legge Regionale n. 42/80 ndr) e costituiscono, oggi, una parte rilevante del patrimonio naturalistico della Basilicata”. Il futuro, concludono gli organizzatori del Giros, “ci impone di mantenere ed estendere queste tutele con lo scopo di scoprire, valorizzare e salvaguardare le specie presenti sul territorio italiano. Per fare questo occorrono l’aiuto delle amministrazioni locali e la collaborazione di quanti ancora abitano, frequentano e amano ambienti così delicati e importanti per il mantenimento della biodiversità, che, non scordiamolo, è l’assicurazione che abbiamo sulla vita del futuro. Diffondere la conoscenza delle orchidee è il primo passo da fare per evitare che, anno dopo anno, molte di queste specie spariscano dai nostri territori impoverendone lo straordinario patrimonio genetico”

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L a Pinacoteca provinciale di Potenza ha ospitato la mostra dei dipinti di Michele Tedesco (1834/1917), pittore

originario di Moliterno, ormai di fama internazionale. Il catalogo - Michele Tedesco un pittore lucano nell'Italia Unita (Calice Editori) - percorre le tappe del lungo itinerario dell'artista della Val d'Agri. Diversi i convegni organizzati non solo in Basilicata, ma anche a Napoli, Firenze e a Monaco, in Germania, in concomitanza con l'evento. Tedesco è un altro dei figli illustri del Parco nazionale dell'Appennino lucano Val d'Agri Lagonegrese. In esclusiva il punto di vista dello storico dell'arte Mariadelaide Cuozzo.

LA MOSTRA DEI DIPINTI DI MICHELE TEDESCO

Colori e immagini di una società lontana ma presente. Uomini di un tempo passato. Certo non dimenticato. E meno che mai cancellato. Donne e bambini, volti

diversi da quelli che incontriamo oggi per strada o nei bar. Negli uffici o nelle scuole. La luce di queste raffigurazioni a volte meraviglia per la sua intensità dotata di una forza espressiva in grado di conquistare non solo gli sguardi ma l'animo di chi osserva. Al centro dell'attenzione di Tedesco personaggi con idee, cultura, atteggiamenti e obiettivi lontani mille miglia da quel consumismo divoratore di sensibilità e di uomini che finiscono oggi per essere inghiottiti in un vortice enorme. La civiltà del terzo Millennio. Persone autentiche di una umanità vera, vissuta fino in fondo. "La pittura di Michele Tedesco - osserva Palma Fuccella, organizzatrice della rassegna - si caratterizza per la sua costante

ricerca permeata dagli incontri con tutti i circoli artistici europei che il pittore ha frequentato nel corso della sua vita, da quelli tedeschi a quelli londinesi, che seguono l'esperienza fatta in giovane età a Napoli con Palizzi e Cefaly, e gli altri pittori del vicolo San Mattia,

e quelle con il gruppo dei macchiaioli a Firenze. La mostra arriva dopo anni di rigorosa

ricerca condotti dalla studiosa Isabella Valente, che finalmente restituisce a Tedesco il meritato posto di riguardo nella letteratura artistica italiana." Originale il dipinto "l'invasione di una scuola pitagorica in Sibari". Vivo e movimentato i "Filelleni della Magna Grecia" dotati entrambi di una capacità di far

vivere situazioni, eventi della società del suo tempo che Michele Tedesco assume come paradigma della sua arte. Un pittore cronista, dunque, uno storico per immagini di un tempo

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che sembra distante e dimenticato. Ma in realtà non lo è. Mette insieme gli aspetti estetici di una pittura inusuale, per le tonalità ed i colori, con la capacita' di rendere leggibili dettagli che rischiavano altrimenti di passare inosservati. Anche il paesaggio ha il suo rilievo. Il Vesuvio non ancora assediato dalle

case, con il pennacchio di fumo sul cratere, quasi a voler rappresentare la caratteristica principale di una natura intatta. Non è certo l'unica immagine forte e dominante. Spicca poi "A Volterra" un dipinto "autobiografico": tre pittori, oltre allo stesso Tedesco, sostano in prossimità del Castello di Volterra. In questo caso la pittura diventa testimonianza. "Tedesco s'inserisce con piena dignità nella pittura italiana del secondo

Ottocento" sottolinea Mariadelaide Cuozzo, ricercatrice e docente di Storia dell'arte contemporanea al Dipartimento di Scienze Storiche Linguistiche e Antropologiche dell'Università della Basilicata. "Ha inoltre un suo ruolo storico in quanto partecipa alle vicende risorgimentali: nel 1860 parte al seguito di Garibaldi,

combatte sul Volturno, lui che era stato allievo di Morelli all'Accademia delle Belle Arti di Napoli e aveva frequentato lo studio di Palizzi. Insomma un personaggio interessante e complesso. Si può parlare di attualità di Michele

Tedesco?

Sicuramente é un artista al passo con i suoi tempi, cittadino del mondo. Per giunta aveva uno spirito nomade che lo ha accompagnato sempre, in

giro per l'Italia ma anche all'estero, quando si é recato in Germania, in Austria, dopo avere sposato una pittrice tedesca. Non esclusa dunque una dimensione

europea.

Esatto. Assolutamente europea. Le sue ricerche sono in linea non solo

con l'arte italiana dell'Ottocento ma anche con le ricerche europee del suo tempo. Un artista capace di cambiare linguaggio, di evolversi negli anni. Inizialmente appare abbastanza vicino a certi esiti del preraffaellismo inglese,

passa poi per un verismo "di macchia" e per un certo tipo di soggetti "di genere", per ritornare infine ad una pittura di storia rinnovata rispetto al passato. è stato indubbiamente un artista aggiornato. In questo appare senz'altro attuale.

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COMPIE 75 ANNI IL PRIMO ACQUEDOTTO DELL'AGRI

“Ave aqua, fons vitae,

morbis inimica” 7300 metri cubi di acqua al giorno. 300 chilometri di lunghezza. 29 centri serviti, in provincia di Potenza e di Matera, con 110 mila abitanti. Queste le cifre del primo acquedotto dell'Agri che i tecnici del Genio Civile e le maestranze dell'impresa Fratelli Del Fante portarono a compimento nell'estate del 1937. Ben 75 anni fa. Il 14 luglio di quell'anno una grande manifestazione sancì il completamento della condotta con l'inaugurazione della fontana terminale costruita nell'abitato di Scanzano, in piena agricoltura del latifondo che interessava l'intera

fascia jonica, da Taranto fino alla Calabria. Sulla fontana di Scanzano si leggeva questa frase in latino: "Ave aqua, fons vitae, morbis inimica." Quasi un inno all'acqua. Un evento passato alla storia con centinaia di persone presenti all'iniziativa. Una grande festa di popolo, insomma. L' acquedotto dell'Agri era un'opera di dimensioni enormi, in grado di promettere sviluppo e modernizzazione in una delle zone interne di maggiore pregio, già a quei tempi. Addirittura un miracolo dell'ingegneria idraulica che compì grandi sforzi per riuscire a dare alla Basilicata una rete idrica così efficiente. La condotta aveva inizio a Paterno e percorreva grandi e piccoli centri delle due province lucane dando il segnale di una svolta tangibile. Ancora oggi delle opere imponenti testimoniano il significato della presenza dell'acquedotto, tra i primi dell'intero Mezzogiorno. Quelle che vi mostriamo sono immagini esclusive e autentiche della illustrazione del progetto del primo

acquedotto dell'Agri. Disegni realizzati dall'abile mano del disegnatore su lucido con inchiostro di china e sottratti al rovinoso

bombardamento del 9 settembre 1943 che rase al suolo buona parte dell'abitato di Potenza. Immagini capaci di rievocare da sole un tempo diverso della storia umana, in cui sono racchiusi fatica,

impegno, tecnologia. Ma non solo. Anche la dedizione degli uomini che contribuirono a realizzare quel progetto e la soddisfazione per avere determinato una svolta nella vita. Oggi il Parco dell'Appennino lucano è orgoglioso di presentare ai lettori della Rivista un documento di questa portata storica, testimone di un'epoca inevitabilmente messa a confronto con i giorni che viviamo oggi,

settantacinque anni dopo quella festa che celebrò l'acqua ritenendola fonte di vita e nemica delle malattie. Una vera manna dal cielo!

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PELLEGRINI NEL PARCO Tanti pellegrini percorrono ogni anno i sentieri dei monti e le valli dell'Appennino non appena la primavera spazza via il gelo dell'inverno. Le processioni non sono un camminare senza meta, un girovagare per caso. Ma un percorso di fede autentica che racchiude in sé ancestrali devozioni e un forte legame a Maria. La montagna di Viggiano, il Sirino, il Volturino sono il teatro di una tradizione che affonda le sue radici in un tempo indefinito. Ma non dimenticato. Una stagione dell'anima in cui gli uomini rivolgono lo sguardo in alto e chiedono protezione. Invocano certezze, guardano lontano. Quest'anno a maggio il sacro monte di Viggiano è stato come sempre teatro del consueto pellegrinaggio

per rinnovare alla Vergine quel gesto di fede e di amore, che lega le popolazioni lucane al santuario in cima alla montagna. C'è in questo non solo devozione a

Maria, ma la storia antica e recente dei lucani, un popolo che sa credere con la forza delle idee e la cultura del suo temperamento. Anche il Sirino, con i boschi e le cime imponenti, è il protagonista dei

"pellegrinaggi mariani". Da Lagonegro fin sulla montagna si è rinnovata a

metà Giugno l'antica salita al monte, in processione, a partire dalle prime luci del giorno. La montagna bella per i suoi paesaggi mozzafiato, ma aspra e struggente, ha accolto di nuovo Maria che riesce a prevalere su tutto.

La Basilicata del terzo millennio non rinuncia a sé stessa e il tempo non passa invano, mentre la fede delle popolazioni non si lascia sommergere da modernità

e

tecnologie. Buon segno per sfidare quel futuro incerto e tenebroso che qualcuno sembra disegnare all'orizzonte.

“““ La montagna di La montagna di La montagna di Viggiano, il Sirino, il Viggiano, il Sirino, il Viggiano, il Sirino, il

Volturino sono il teatro Volturino sono il teatro Volturino sono il teatro di una tradizione che di una tradizione che di una tradizione che affonda le sue radici in affonda le sue radici in affonda le sue radici in un tempo indefinito. Ma un tempo indefinito. Ma un tempo indefinito. Ma non dimenticato.”non dimenticato.”non dimenticato.”

I CINTI SIMBOLO DI DEVOZIONE POPOLARE MARIANA

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LA LUCANIA DI SINISGALLI. UN PAESAGGIO

DELL'ANIMA Nel Novecento, grazie a Sinisgalli la Lucania entra per la prima volta nel numero dei paesaggi letterari. Come

accade per le Cinque Terre di Montale o per il paesaggio luinese di Sereni, la letteratura nazionale conosce “la dolce provincia dell'Agri”, come scenario naturale e come luogo simbolico, dove si ambientano le liriche del poeta di Montemurro, a partire dalle 18 poesie edite nel 1936. Dopo aver trascorso la fanciullezza nel suo paese, il poeta ricorda la partenza per i collegi di Caserta e Benevento come la morte rituale dell'infanzia,

con queste parole: “Con le tasche piene di confetti (…) attraversammo il fiume, ci allontanammo dal confine della provincia”, ed aggiunge: ”Io dico qualche volta per celia che sono morto a nove anni, dico a voi amici che il ponte sull’Agri crollò un’ora dopo il nostro transito”. Partito dal Sud, Sinisgalli si divide tra Roma e Milano dove svolgerà l'attività di art director e copywriter ai vertici di Pirelli, Olivetti e Finmeccanica. La valle dell'Agri, però, resterà sempre per lui il luogo delle memorie infantili e della vita familiare; il luogo del rifugio e del ritorno; dell'iniziazione alla poesia e dei lutti familiari. Eppure il corso dell'Agri non è che il centro ideale di una ben più ampia regione, che il poeta definisce nella superba elegia Lucania: “A chi scende per la stretta degli Alburni /(...) la Lucania apre le sue lande, / le sue valli

dove i fiumi scorrono lenti / come fiumi di polvere”; una terra che si estende idealmente dal Tirreno allo Ionio, dominata da uno “spirito del silenzio” che aleggia “Da Elea a Metaponto, / sofistico e d’oro, problematico e sottile”.

La Lucania di Sinisgalli è, insomma, una terra connotata, oltre che dalla natura, dalla sua cultura che coincide con la magnifica “età delle rose”, la straordinaria fioritura della Magna

Grecia, culminata per il poeta nella filosofia pitagorica, dove il numero è strumento razionale di conoscenza e insieme magico simbolo orfico. Uno dei più forti miti personali di Sinisgalli è infatti la sua ideale adesione alla comunità fondata dal Samio sulle coste ioniche: “Ero al primo anno di Università e, come i discepoli di Pitagora, ero entrato nella cittadella del sublime”. Sinisgalli fin dal 1946 aveva accumulato appunti per un mai completato volume dal titolo Viaggio in Magna Grecia: qui le riflessioni artistiche, filosofiche e geometriche si mescolano alla descrizione della “flora

mangereccia” che ha sostituito le filosofiche “rose” di Parmenide o Pitagora presso le rovine di Paestum o Heraclea: “Intorno al tempio, come

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DIDASCALIA :GRAFFITI 2010 I CINQUE GRAFFITI INSTALLATI NEL 2010 IN CORSO SINISGALLI, REALIZZATI DA GIUSEPPE ANTONELLO LEONE, MIMMO LONGOBARDI, EUGENIO GILIBERTI, SILVIO ED EDMONDO LEONE SONO UN OMAGGIO A LEONARDO SINISGALLI, GRANDE PERSONAGGIO NATIVO DI MONTEMURRO.

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Rivista ufficiale del Parco dell’Appennino Lucano

Direttore Editoriale: Rocco De Rosa

Direttore Responsabile: Francesco Addolorato

Redazione: Domenico Totaro Vincenzo Fogliano Giovanni Salvia Michele Russomanno Remo Bartolomei Gennaro Terracina

Fotografie: Archivio Fotografico Parco dell'Appennino Lucano - Val d'Agri - Lagonegrese Rocco De Rosa - Arcangelo Palese Antonio Luca Conte - Pino Latronico Emiddio Votta - Giorgio Muscetta

Editing, impaginazione e stampa: Laura Aulicino Foto di copertina: ORCHIDEA Anacamptis laxiflora 05

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intorno ai campi di inumazione, l'erba è gagliarda, i carciofi e i finocchi maschi hanno la stessa opulenza delle rose leggendarie”, in modo da spiegare perché “questa gente così poco carnivora sia tanto poetica e sofistica”. L'orizzonte di Sinisgalli, però, è sempre attratto, con moto centripeto, verso Montemurro, al centro della sua Lucania, da cui lo sguardo può ampliarsi fino ai monti del Tirreno: “Le pendici del Serino sono ancora bianche di neve”, scrive il poeta nella tragica Pasqua 1952, dedicata alla morte del padre. La sua forza espressiva si può ben cogliere nel paesaggio lucano delineato nel capolavoro di Vidi le Muse (1943). Qui Sinisgalli, in sintonia con il paesaggio di cui doveva avere concreta esperienza nella fanciullezza, rievoca la sua terra con immagini tormentate (“Il sonno mi finge negli occhi / Quest'ansia di foglie che il melo / Rovescia dubbioso”) e persino gementi (“Si torceva alle giunture / sotto il peso del fiore / la pianta del fico dolente”). Già i primi critici

avevano sottolineato questo aspetto: De Robertis, in Scrittori del Novecento (1940), aveva affermato che a Sinisgalli tutto pare “sterile, magro, brullo, deserto", e Gaetano Mariani, ne L'orologio del Pincio (1981), leggeva nella lirica di Sinisgalli “la distruzione, l'insidia, il morso delle cose”, un mondo “incapace di manifestarsi in aperta luminosità”. Sinisgalli infatti è il poeta di una luce meridionale stentata: le sue sono “ore di bassa luce”, il suo sole è “tenebroso”. Eppure questa lettura è parziale: non è solo realismo, ma è il filtro simbolico a creare un continuo presagio di dolore. Basti pensare, al contrario, ai momenti di sincero incanto, che il poeta presenta quando può fare riferimento a notturni sereni (“In quest'ansa dell'Agri, / Ai limiti bassi della terra, / Fiduciosa la sera mi consente / La pace casta delle acque”), o quando associa la luce alle care immagini degli

uccelli: “La luce era gridata a perdifiato / Le sere che il sole basso /

Arrossa il petto alle rondini rase”. La luce, il grido e le rondini si fondono infatti in una sola immagine, quella che richiama l'età della felicità più piena: “Infanzia gridata dagli uccelli”. In definitiva, è un paesaggio dell'anima quello lucano di Sinisgalli: un paesaggio sul

confine tra luce e ombra, tra memoria felice ed angoscioso dolore, in rapporto con i significati più profondi, umani e culturali, celati dietro le rappresentazioni della natura, e che meritano quindi di essere ulteriormente approfondite.

Luigi Beneduci

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LEONARDO SINISGALLI

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