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Il Sistema Sanitario della Basilicata nel 2012 Le risposte del SSR lucano alla crisi economica a cura di A. D’Adamo, B. Polistena Il Sistema Sanitario della Basilicata nel 2012 a cura di Antonella D’Adamo Barbara Polistena coordinamento scientifico Marco Meneguzzo, Antonella D’Adamo Federico Spandonaro, Barbara Polistena 7415- 0 27,00 (i.i.) Rapporto CEIS - Sanità Basilicata 2012 Il Sistema Sanitario della Basilicata nel 2012 A cura di Antonella D’Adamo e Barbara Polistena L a presente ricerca è il risultato di un progetto di collaborazione scientifica tra la Regione Basilicata (Dipartimento Salute, Sicurezza e Solidarietà Sociale, Servizi alla Persona e alla Comunità) e il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali), Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Nella prima parte del Rapporto si è tentato di mettere a “fattor comune” le informazioni uti- li per monitorare le dinamiche del sistema sanitario della Basilicata supportando la volontà regio- nale di rendere accountable le proprie politiche. Non si è, quindi, rinunciato a indagare punti di forza, ma principalmente quelli di debolezza del sistema, cercando di cogliere le eventuali oppor- tunità di miglioramento. In particolare, sullo sfondo delle dinamiche organizzative e degli aspet- ti strutturali del Sistema sanitario della Basilicata (caratteristiche demografiche, socio-economi- che e dell’offerta di servizi), la ricerca esamina, tra l’altro, i trend del finanziamento e della spesa sanitaria, i livelli di spesa e di performance dell’assistenza ospedaliera e l’integrazione con l’assi- stenza territoriale (di base, farmaceutica, ambulatoriale, domiciliare) concentrandosi, infine, su una analisi della disabilità e della non autosufficienza sia a livello normativo che quantitativo. La seconda parte del Rapporto analizza l’organizzazione dei servizi socio-sanitari attraverso due modalità assistenziali: territoriale – primaria, domiciliare e residenziale – deputate alla rispo- sta dei bisogni sanitari e socio-sanitari; ospedaliera, per le cure e l’assistenza al paziente in fase acuta. L’azione riorganizzativa muove dall’esigenza di recuperare e valorizzare il ruolo centrale del livello territoriale in una logica di integrazione e di sistema che si realizza sviluppando percorsi di cura ed assistenza nell’ottica della continuità assistenziale. Lo sviluppo del modello territoriale e degli strumenti manageriali già implementati sul territorio della Regione necessitano di maggio- re integrazione, migliore programmazione e controllo dei percorsi assistenziali integrati, maggio- re empowerment e responsabilizzazione dei pazienti e della comunità, sulla base di valori socio- sanitari condivisi. Nel Rapporto viene dato risalto, inoltre, al tema della rendicontazione sociale per le Aziende sanitarie su cui il Dipartimento Salute della Regione Basilicata ha lavorato a lungo nel corso del 2012 indagando, in una logica di rafforzamento della governance e del grado di accountability, il Sistema sanitario regionale nel suo complesso. Print On Demand McGraw-Hill www.mcgraw-hill.it www.ateneonline.it ePOD Giunta regionale Dipartimento Salute, Sicurezza e Solidarietà Sociale Servizi alla Persona e alla Comunità

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Il Sistema Sanitariodella Basilicata nel 2012Le risposte del SSR lucano alla crisi economica

a cura di A. D

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012

a cura di

Antonella D’AdamoBarbara Polistena

coordinamento scientifico

Marco Meneguzzo, Antonella D’AdamoFederico Spandonaro, Barbara Polistena7415- 0

€ 27,00 (i.i.)

Rapporto CEIS - Sanità Basilicata 2012

Il Sistema Sanitariodella Basilicata nel 2012

A cura di Antonella D’Adamo e Barbara Polistena

La presente ricerca è il risultato di un progetto di collaborazione scientifica tra la RegioneBasilicata (Dipartimento Salute, Sicurezza e Solidarietà Sociale, Servizi alla Persona e alla

Comunità) e il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali), Università degli Studi diRoma Tor Vergata.

Nella prima parte del Rapporto si è tentato di mettere a “fattor comune” le informazioni uti-li per monitorare le dinamiche del sistema sanitario della Basilicata supportando la volontà regio-nale di rendere accountable le proprie politiche. Non si è, quindi, rinunciato a indagare punti diforza, ma principalmente quelli di debolezza del sistema, cercando di cogliere le eventuali oppor-tunità di miglioramento. In particolare, sullo sfondo delle dinamiche organizzative e degli aspet-ti strutturali del Sistema sanitario della Basilicata (caratteristiche demografiche, socio-economi-che e dell’offerta di servizi), la ricerca esamina, tra l’altro, i trend del finanziamento e della spesasanitaria, i livelli di spesa e di performance dell’assistenza ospedaliera e l’integrazione con l’assi-stenza territoriale (di base, farmaceutica, ambulatoriale, domiciliare) concentrandosi, infine, suuna analisi della disabilità e della non autosufficienza sia a livello normativo che quantitativo.

La seconda parte del Rapporto analizza l’organizzazione dei servizi socio-sanitari attraversodue modalità assistenziali: territoriale – primaria, domiciliare e residenziale – deputate alla rispo-sta dei bisogni sanitari e socio-sanitari; ospedaliera, per le cure e l’assistenza al paziente in faseacuta. L’azione riorganizzativa muove dall’esigenza di recuperare e valorizzare il ruolo centrale dellivello territoriale in una logica di integrazione e di sistema che si realizza sviluppando percorsi dicura ed assistenza nell’ottica della continuità assistenziale. Lo sviluppo del modello territoriale edegli strumenti manageriali già implementati sul territorio della Regione necessitano di maggio-re integrazione, migliore programmazione e controllo dei percorsi assistenziali integrati, maggio-re empowerment e responsabilizzazione dei pazienti e della comunità, sulla base di valori socio-sanitari condivisi. Nel Rapporto viene dato risalto, inoltre, al tema della rendicontazione socialeper le Aziende sanitarie su cui il Dipartimento Salute della Regione Basilicata ha lavorato a lungonel corso del 2012 indagando, in una logica di rafforzamento della governance e del grado diaccountability, il Sistema sanitario regionale nel suo complesso.

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ePOD

Giunta regionaleDipartimento Salute,

Sicurezza e Solidarietà SocialeServizi alla Persona e alla Comunità

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A cura di Antonella D’Adamo e Barbara Polistena

IIl Sistema Sanitariodella Basilicatanel 2012

Le risposte del SSR lucano alla crisi economica

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Publisher: Paolo RoncoroniAcquisition Editor: Daniele BonannoDevelopment Editor: Barbara FerrarioProduzione: Donatella GiulianiRealizzazione print on demand: Ilovebooks, Verdellino Zingonia (Bergamo)Stampa: Prontostampa, Verdellino Zingonia (Bergamo)

ISBN 978-88-386-7415-0Printed in Italy

SEZIONE I

1 Demografia e caratteristiche socio-economiche dellapopolazione lucana

2 L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche

3 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezzae mobilità

Indice

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Prefazione IX

Premessa XVII

Executive Summary XIX

Elenco Autori XXXVII

SSEZIONE I

1 Demografia e caratteristiche socio-economiche dellapopolazione lucana 1Polistena B.1.1 Caratteristiche demografiche della Regione Basilicata 11.2 Caratteristiche socio-economiche della Regione Basilicata 71.3 Riflessioni finali 14

2 L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 17Ploner E.2.1 Introduzione 172.2 L’evoluzione dell’assistenza di base 182.3 L’andamento di spesa e consumo del settore farmaceutico 322.4 Le tendenze in atto dell’assistenza specialistica ambulatoriale 44

3 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezzae mobilità 57d’Angela D., Piasini L., Polistena B.3.1 Introduzione 573.2 L’assistenza Ospedaliera nella Regione Basilicata 65

Indice

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3.3 Analisi dell’ospedalizzazione per l’anno 2011 853.4 Mobilità 973.5 Analisi dell’efficienza e dell’appropriatezza dei Presidi

Ospedalieri nella Regione Basilicata 1023.6 Riflessioni finali 105

44 Finanziamento e spesa del Sistema SanitarioRegionale 107Polistena B.4.1 Il sistema di finanziamento 1074.2 La spesa del SSR 1204.3 Risultato economico di esercizio 1494.4 Riflessioni finali 153

5 Focus: la disabilità e la non-autosuffic enza 155Ploner E.5.1 Le definizioni di disabilità e di non-autosufficienza 1555.2 Gli approcci internazionali e nazionali al tema

della disabilità 1575.3 Gli approcci regionali al tema della disabilità

e della non-autosufficienza 1625.4 La diffusione del fenomeno della disabilità 1685.5 Il grado di utilizzo dei servizi domiciliari e dei benefici

di natura economica 1735.6 La spesa dei Comuni per la disabilità e la non-autosufficienza 1885.7 Riflessioni finali 191

SEZIONE II

6 Governance, coordinamento e gestione della retedei servizi socio sanitari territoriali 193D’Adamo A., D’Ambrosio F., D’Attis A.6.1 Introduzione 1936.2 Le specificità organizzative dei servizi territoriali 1946.3 Le forme associative complesse di assistenza territoriale 1956.4 La gestione integrata del bisogno assistenziale 1976.5 Il macrolivello territoriale 2026.6 I servizi territoriali: possibili scenari per il loro sviluppo 205

VI Indice

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7 L’assistenza primaria

8 Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in RegioneBasilicata

9 L’assistenza residenziale

VII

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4 Finanziamento e spesa del Sistema SanitarioRegionale

5 Focus: la disabilità e la non-autosuffic enza

SEZIONE II

6 Governance, coordinamento e gestione della retedei servizi socio sanitari territoriali

VI

i

77 L’assistenza primaria 209

D’Adamo A., D’Ambrosio F.

7.1 Introduzione 2097.2 Le forme di Assistenza Primaria

nella Regione Basilicata 2107.3 Le forme di Assistenza Primaria “in fase di sperimentazione”

nella Regione Basilicata 2167.4 Conclusioni 218

8 Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in RegioneBasilicata 223

D’Adamo A., D’Attis A.

8.1 Introduzione 2238.2 Gli aspetti della normativa nazionale in tema di cure

domiciliari 2238.3 Gli aspetti della normativa regionale in tema di cure

domiciliari 2278.4 Il modello organizzativo delle cure domiciliari in Regione

Basilicata 2308.5 I sistemi di monitoraggio delle cure domiciliari integrate 2348.6 Conclusioni 243

9 L’assistenza residenziale 249

Conte A., D’Adamo A.

9.1 Introduzione 2499.2 Le prestazioni residenziali e semiresidenziali: framework

normativo e teorico di riferimento 2519.3 La prestazione Residenziale nel sistema dei Livelli Essenziali

di Assistenza – LEA 2539.4 I criteri di accesso e di valutazione delle prestazioni

residenziali 2539.5 Le caratteristiche temporali della erogazione

delle prestazioni 2549.6 La classificazione delle prestazioni ed analisi del case-mix

assistenziale 2559.7 Il Sistema della residenzialità e semiresidenzialità in Regione

Basilicata 2579.8 I sistemi di monitoraggio 2679.9 Riflessioni conclusive e implicazioni di policy 268

Indice VII

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110 Il Processo di innovazione organizzativanelle Aziende Sanitarie 275D’Adamo A.10.1 Introduzione 27510.2 Le linee portanti del processo di riforma del Sistema

Sanitario Nazionale 27510.3 Le linee portanti del processo di riforma del Sistema

Sanitario della Regione Basilicata 27710.4 L’assetto organizzativo e il processo di innovazione

organizzativa 27810.5 I fabbisogni organizzativi delle Aziende Sanitarie 28710.6 Il modello a rete in sanità 29010.7 Il modello a rete in Regione Basilicata 29110.8 Riflessioni conclusive 293

11 La rendicontazione sociale delle aziende sanitariedella Regione Basilicata: l’esperienza dell’AziendaOspedaliera Regionale “San Carlo” 299D’Adamo A.11.1 Introduzione 29911.2 La rendicontazione sociale in Regione Basilicata 30011.3 La rendicontazione sociale nell’Azienda Ospedaliera

Regionale “San Carlo” 30111.4 Strutturazione dell’offerta 30611.5 Andamento della produzione 30611.6 Gli strumenti di partecipazione attivati 31311.7 Le linee di sviluppo strategico 31611.8 Conclusioni 319

VIII Indice

Prefazione

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd VIII7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd VIII 19/09/13 08.5819/09/13 08.58

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10 Il Processo di innovazione organizzativanelle Aziende Sanitarie

11 La rendicontazione sociale delle aziende sanitariedella Regione Basilicata: l’esperienza dell’AziendaOspedaliera Regionale “San Carlo”

VIII

Il dibattito che ruota attorno all’esigenza di contenere e razionalizzare la spesa pub-blica nasce dalla presenza di una crisi strutturale dell’economia, sia nazionale cheinternazionale, che rischia di compromettere la sostenibilità del sistema a fronte diuna divaricazione sempre più preponderante tra le risorse esistenti e la crescita delcosto dei servizi erogati. Lo stesso dibattito trova conferma in una serie di provve-dimenti emanati nel corso del 2012, in linea di continuità con quanto previsto nel2011, con l’obiettivo di coordinare l’attività di approvvigionamento di beni e servizie di assicurare una riduzione della spesa degli stessi. Il Decreto Legge del 6 luglio2012, n. 95 “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianzadei servizi ai cittadini” (c. d. spending review), convertito nella L. 135/2012, contiene,oltre a norme volte alla riduzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, di-sposizioni urgenti per l’equilibrio del settore sanitario e misure di governo della spesasanitaria, volte a garantire il rispetto degli obblighi comunitari, la realizzazione degliobiettivi di finanza pubblica, l’efficienza nell’uso delle risorse destinate al settore sa-nitario e l’appropriatezza nell’erogazione delle prestazioni sanitarie. In particolare,l’articolo 15 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 dispone per il settore sanitariouna serie di misure alcune delle quali appaiono particolarmente dirompenti in rela-zione all’impatto che esse hanno sull’equilibrio complessivo del sistema e sulla suasostenibilità:

riduzione del livello del fabbisogno del servizio sanitario nazionale, e del correlato1.finanziamento, previsto dalla vigente legislazione, nella misura di 900 milioni dieuro per l’anno 2012, di 1800 milioni di euro per l’anno 2013, di 2000 milionidi euro per l’anno 2014 e di 2100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015;riduzione dello standard di posti letto per 1000 abitanti, che dovrà essere portato2.dall’attuale valore di 4 posti letto per 1000 abitanti a 3,7 posti letto per 1000 abi-tanti, comprensivi di 0,7 posti letto per la riabilitazione e la lungo-degenza post-acuzie;riduzione della spesa farmaceutica, che dovrà passare dall’attuale 13,6% del fi-3.nanziamento complessivo del servizio sanitario nazionale, al 13,1% nel 2012 eall’11,35% dal 2013;

Prefazione

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rideterminazione delle tariffe massime che le Regioni e le Province autonome4.possono corrispondere alle strutture accreditate per remunerare le prestazioni diassistenza ospedaliera e ambulatoriale;riduzione del 5 per cento degli importi e delle connesse prestazioni relativi a con-5.tratti in essere di appalto di servizi e di fornitura di beni e servizi, con esclusionedegli acquisti dei farmaci;obbligo di utilizzo, per l’acquisto di beni e servizi relativi alle categorie merceo-6.logiche presenti nella piattaforma Consip, degli strumenti di acquisto e negozia-zione telematici messi a disposizione dalla stessa Consip, ovvero, se disponibili,dalle centrali di committenza regionali;riduzione dell’importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto di tutti i contratti7.vigenti nell’esercizio 2012 per la fornitura da soggetti privati accreditati di pre-stazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e assistenza ospedaliera in misurapercentuale tale da ridurre la spesa complessiva annua a livello delle singole Re-gioni e Province autonome rispetto alla spesa consuntivata per l’anno 2011, dello0,5 per cento per l’anno 2012, dell’1 per cento per l’anno 2013 e del 2 per centoa decorrere dall’anno 2014;estensione agli anni 2013, 2014 e 2015 dell’obbligo attualmente vigente per gli8.anni 2010, 2011 e 2012, di riduzione delle spese di personale, nella misuradell’1,4% rispetto alle spese sostenute nell’anno 2004.

Nel periodo 2012-2015 il Servizio Sanitario Nazionale italiano dovrà rinunciare acirca 25 miliardi di euro tra il fabbisogno finanziario stimato ante-manovre e quelloreale post-manovre (Dl 78/2010, Dl 98/2011, Dl spending review e decreto di stabilità2013).

Affrontare il tema del governo della spesa sanitaria, e ancor più di una sua pos-sibile riduzione a invarianza di livelli di assistenza, chiama in causa molteplici com-petenze: epidemiologica, statistica, economica, sociologica e richiede una conoscen-za profonda del sistema e del suo divenire. La sfida più grande che i policy makersi trovano ad affrontare è riuscire a mettere al servizio della sanità pubblica meto-dologie, tecnologie e competenze, già mature in altri settori, in grado di ottimizzarele risorse a parità di qualità del servizio prestato e nel rispetto dei principi sottostantiil Servizio Sanitario Nazionale: la gratuità delle cure, l’universalità del sistema,l’omogenea copertura dei bisogni sul territorio nazionale.

Il tutto in linea con quello che potrebbe essere l’andamento futuro della spesa insanità e i possibili interventi di contenimento.

LLa governance sanitaria regionale: il processo avviato dalla RegioneBasilicata

Il processo di analisi e revisione della spesa sanitaria in Regione Basilicata è statoavviato con legge regionale n. 16 dell’8 agosto 2012 come metodologia di lavoroattento e costante. In particolare, con il fine di rivedere la spesa e di cercare di ga-rantire elevati standard di qualità nell’assistenza, è stata istituita la Centrale unicadi acquisto nel settore sanitario e, a decorrere dal 1 ottobre 2012, il Dipartimento

X Prefazione XI

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La governance sanitaria regionale: il processo avviato dalla RegioneBasilicata

X

interaziendale “Centrale di Committenza’’, finalizzato alla gestione della rete regio-nale degli acquisti del Servizio sanitario regionale, con sede presso l’Azienda ospe-daliera “San Carlo’’di Potenza. La Centrale di committenza avrà l’obiettivo di con-tenere la spesa nel settore della sanità attraverso l’aggregazione della domanda e ilmonitoraggio della spesa, aumentare l’efficienza e l’efficacia delle procedure di ap-palto grazie alla continua attività dedicata alla maggior entità della spesa e al maggiorpotere contrattuale, nonché per mezzo del monitoraggio finale dell’esecuzione/for-nitura. La Centrale si occuperà inoltre di promuovere e utilizzare, compatibilmentecon le disposizioni di legge, innovative forme di contrattazione e nuove strategied’acquisto. In pratica, le quattro aziende sanitarie saranno in grado di acquistareservizi al prezzo minimo oggi pagato da una di esse. Si stima una riduzione dellaspesa per l’approvvigionamento di beni sanitari e non sanitari e servizi non sanitarialmeno del 2%.

Altra operazione di politica sanitaria risiede nella gestione diretta del rischio perresponsabilità civile nel sistema sanitario regionale, un’Autoassicurazione equiva-lente e alternativa del sistema sanitario regionale finalizzata alla copertura dei rischiderivanti dalla responsabilità civile delle strutture sanitarie e al contenimento dellaspesa sul premio assicurativo delle aziende sanitarie. Il premio annuo attualmentepagato dalle aziende sanitarie alle assicurazioni ammonta a circa 9 milioni, a frontedi una media annua di indennizzi per risarcimento danni a carico delle Assicurazionipari a 1 milione. Per far fronte alla gestione diretta dei sinistri, sarà istituito un Di-partimento interaziendale per la gestione dei sinistri, la cui direzione verrà affidataa un dirigente del ruolo amministrativo con incarico di struttura complessa, indivi-duato tra i dirigenti di ruolo in servizio presso le aziende regionali. Sarà inoltre isti-tuito il Comitato interaziendale per la valutazione dei sinistri, cui competerà la de-cisione finale in ordine alla quantificazione degli indennizzi.

L’efficacia degli interventi adottati, con l’obiettivo di individuare ambiti di inef-ficienza, migliorare l’azione di programmazione e conseguire l’ottimale utilizzo dellerisorse in un contesto storico nazionale e internazionale di evidente scarsità dellestesse, dovrebbe produrre un risparmio di 9,5 milioni di euro (5 milioni con il sistemadell’autoassicurazione, 4,5 milioni con l’allestimento della centrale di committenza).

Alla razionalizzazione della spesa, deve accompagnarsi una fondamentale capa-cità strategica delle Aziende del SSR di garantire le prestazioni sanitarie compresenei livelli essenziali di assistenza attraverso l’adozione di misure utili a riorganizzarei processi produttivi aziendali e l’individuazione di possibili margini di “efficienta-mento” conseguibili.

Le Aziende sanitarie che compongono il Sistema Sanitario Regionale hanno adot-tato delle azioni di miglioramento della qualità dei servizi, ospedalieri e territoriali,di riorganizzazione della struttura aziendale e di contenimento della spesa sanitaria.

A titolo esemplificativo, si riportano alcune azioni implementate nel corso del2012.

L’Azienda Sanitaria di Potenza – ASP – ha registrato risultati positivi in ordineagli obiettivi di razionalizzazione economica e miglioramento della qualità dei servizi:prevenzione primaria e secondaria – ottenendo buoni risultati nel settore delle curevaccinali, degli screening oncologici, dei controlli veterinari e riducendo il tasso diospedalizzazione – spesa farmaceutica pro capite – in calo, con aumento dell’inci-

Prefazione XI

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denza delle prescrizioni di farmaci equivalenti, meno costosi e altrettanto efficaci –assistenza domiciliare agli anziani – ove si registra una riduzione del consumo di far-maci antibiotici – degenza – in calo le giornate di degenza pre-operatorie e la percen-tuale di tagli cesarei – piena utilizzazione dei fondi per investimento per adeguamentistrutturali.

L’Azienda Sanitaria di Matera e l’Ordine dei Medici della provincia di Matera hannoistituito un tavolo permanente di confronto sull’appropriatezza allo scopo di approntaremisure di risparmio e contenimento dei costi, migliorando nel contempo i tempi di ri-sposta e la qualità dei servizi sanitari. Il lavoro sull’appropriatezza riguarderà, anzitutto,la gestione delle liste d’attesa, con l’introduzione di classi di priorità per patologia. Leliste dipenderanno dalla gravità/specialità della patologia e dal tipo di prestazione sa-nitaria. La collaborazione tra ASM e Medici (medici di medicina generale, pediatri dilibera scelta) favorirà l’emissione di prescrizioni corrette rispetto alla gravità/peculiaritàdella patologia, in modo da dare priorità alle patologie più urgenti.

L’Azienda Ospedaliera “San Carlo” di Potenza ha ottenuto nel mese di aprile2013 un riconoscimento nazionale come Azienda del Sistema Sanitario Nazionalepiù veloce dell’intero Mezzogiorno nei pagamenti dei fornitori. Il Sole 24 Ore Sanitàcita: “Con i 130 giorni di pagamento il San Carlo supera le migliori aziende dellaSicilia (Asp Trapani 146), della Calabria (Ao Reggio 259), della Puglia (As Bat 160),della Campania (Ao Moscati di Avellino 166). La performance del Lazio oscilla trai 268 giorni dell’Asl Roma A e i 619 del Policlinico Gemelli. Il Piemonte (Asl Vercelli169) e la Toscana (Asl 4 Prato 141) sono superate dall’efficienza organizzativa delSan Carlo”.

“Per la media dei pagamenti la Basilicata si colloca al 5° posto, con 138 giorni,dopo Trentino Alto Adige (84), Val d’Aosta (88), Friuli V. G. (90) e Lombardia (105).Il valore è nettamente superiore a quello espresso da regioni di ottima fama comeEmilia Romagna (272) e Toscana (264)”.

L’IRCCS di Rionero in Vulture svolge numerosi progetti di ricerca nell’otticadella razionalizzazione dei costi in Oncologia, come risposta alla “spending review”.

La politica di controllo dei costi attivata dalla Regione Basilicata non è la politicadei tagli lineari ma la ricerca di continui miglioramenti di efficienza a partire dallapiù ampia diffusione della cultura dell’appropriatezza.

AAlcune questioni aperte

Nel 2013 per effetto dei nuovi tagli si riduce il finanziamento statale rispetto a quellodell’anno precedente. Nel frattempo, l’Italia sta vivendo un processo di invecchia-mento della popolazione molto più veloce rispetto ad altri paesi, con un rapporto trapopolazione anziana e popolazione giovane che già nel 2010 ha superato il 145%, eche le previsioni demografiche prospettano essere superiori al 250% nel 2050. Vistigli stringenti vincoli di finanza pubblica, con queste previsioni demografiche è dif-

XII Prefazione

1 Per approfondimenti si veda: “Le tendenze di medio – lungo periodo del sistema pensionisticoe socio-sanitario – Le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato aggiornate al 2013,Rapporto n.14, Maggio 2013”.

XIII

Tabella 1

Figura 1

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd XII7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd XII 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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Alcune questioni aperte

XII

ficile immaginare una strategia in grado di garantire le risorse necessarie. Insisteresolo nella logica dei tagli alla spesa potrebbe penalizzare le persone più bisognose.

Se si considerano alcune tra le stime sulle previsioni di spesa1 disponibili in let-teratura (Tabella 1), emerge un valore di spesa al 2050 pari a 548 miliardi di euro.In termini di rapporto rispetto al PIL, le stime della Ragioneria Generale dello Statoprevedono una crescita della spesa al 2050 fino all’8,7%.Secondo tale stima, nel 2050 la spesa complessiva in termini reali (Figura 1) dovrebbeaumentare di circa 2,1 miliardi di euro che risulterebbe poco conciliabile con l’attualesituazione della finanza pubblica che sta, invece, imponendo tagli severi alla spesasanitaria (Figura 2).

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha lan-ciato una serie di programmi di ricerca per valutare gli effetti delle politiche in favoredella prevenzione. Nel rapporto “Fit not Fat” (OCSE, 2010), il focus è incentrato suiprogrammi di prevenzione, in particolare sulla previsione di un pacchetto completoe multidimensionale di campagne di prevenzione che, secondo l’OCSE, agirebbe sudiversi fronti, utilizzando misure ritenute efficaci nella prevenzione. Tra queste, cisarebbero le politiche legate all’educazione alla salute nelle scuole, alla regolamen-tazione delle pubblicità attraverso i media da parte dello Stato e del settore privato,alle campagne informative nei media, agli interventi informativi sui posti di lavoro,alla consulenza con i medici di medicina generale e i dietologi, alle informazioni nu-

Prefazione XIII

Anni

2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

133,2 166,8 207,6 255,4 310,7 379,0 456,9 548,4

Tabella 1 Stime sulle previsioni di spesa in Italia (miliardi di euro)

Fonte: Rapporto n. 14, Maggio 2013, Ragioneria Generale dello Stato

Figura 1 Spesa pubblica per sanità – Scenario nazionale base. Spesa in rapporto al PIL

Fonte: Rapporto n. 14, Maggio 2013, Ragioneria Generale dello Stato.

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trizionali sulle etichette alimentari e, infine, a varie misure fiscali. L’OCSE stimache, introdotti singolarmente, tali programmi porterebbero a ridurre le morti dovutea malattie croniche in Italia fino a 50.000 persone, mentre un mix di tutti i programmisarebbe in grado di diminuire tale mortalità di ben 75.000 persone. Inoltre, secondol’OCSE l’introduzione di un programma di consulenze personalizzate offerte dai me-dici di medicina generale ai pazienti con eccesso ponderale porterebbe un guadagnodi 70.000 anni di vita in buona salute. In termini di spesa, l’OCSE mostra, che lamaggior parte di queste campagne di prevenzione costerebbe meno di 100 milionidi euro l’anno, mentre le consulenze personalizzate presso i medici di base compor-terebbero un ulteriore costo di 580 milioni di euro.

Tutti i programmi considerati sarebbero costo-efficaci nel lungo periodo, mentresolo alcuni, legati alle misure più intrusive come le tasse, le etichette alimentari, o leconsulenze specifiche, porterebbero a un guadagno anche nel breve e medio termine.

Come appare chiaro anche da questi esempi, l’adozione oggi di misure atte a in-crementare gli investimenti in prevenzione dovrebbe portare domani a una riduzionedel numero di persone da curare. È perciò necessaria una decisa inversione di ten-denza, in special modo in Italia che, con meno dell’1% della spesa complessiva, sicolloca all’ultimo posto nella classifica dei Paesi OCSE per l’investimento in pre-venzione, dietro a Turchia, Messico e Corea.

Adottare un tale approccio significherebbe, quindi, guardare alla spesa sanitariapiù in termini di spesa per investimenti che di spesa di parte corrente. La razionaliz-zazione di alcuni servizi di assistenza potrebbe essere operata, infatti, senza particolaricosti aggiuntivi, mentre il costo delle nuove campagne di prevenzione e degli incentiviall’adozione di nuove tecnologie (sia in campo farmacologico, che diagnostico) po-

XIV Prefazione

Figura 2 Spesa pubblica complessiva per pensioni, sanità, ITC – Spesa in rapporto al PIL

Fonte: Rapporto n. 14, Maggio 2013, Ragioneria Generale dello Stato

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XIV

Figura 2 trebbe essere più che compensato dai minori costi in termini di ospedalizzazione,specialmente degli individui appartenenti alle classi di età intermedie e avanzate.

I recenti provvedimenti del Governo che mirano a ridurre la spesa pubblica(“Spending Review”, Decreto Balduzzi, Legge di Stabilità) stanno inoltre producendonel settore sanitario una rapida accelerazione della riorganizzazione degli ospedali edei servizi sul territorio. L’organizzazione sanitaria sarà chiamata sempre più a evol-versi in base al cambiamento della domanda, in maniera da garantire un’assistenzapiù adeguata alle esigenze della cittadinanza. Occorrerà, quindi, potenziare le strut-ture territoriali (Case della Salute, Strutture Intermedie, assistenza domiciliare, am-bulatori di patologia per la presa in carico dei pazienti affetti da patologie croniche,etc..), incrementare l’integrazione Ospedale – Territorio (dimissione protetta, PDTAper la presa in carico delle patologie croniche), revisionare il ruolo dei medici di con-tinuità assistenziale.

Per rispondere al cambiamento, occorrono metodi e strumenti di gestione com-plessi, ma soprattutto professionalità e competenze in grado di gestirli; è inoltre au-spicabile che, nelle diverse posizioni di responsabilità, si creda nei principi fonda-mentali della collaborazione e dell’integrazione.

La Regione Basilicata è aperta al percorso di cambiamento e di innovazione apatto di preservare, al contempo, la qualità dei servizi e delle prestazioni per i cit-tadini.

L’Assessore alla Salute, Sicurezza e Solidarietà Sociale,Servizi alla Persona e alla Comunità

Regione BasilicataDr. Attilio Martorano

Prefazione XV

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Premessa

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Il IV Rapporto CEIS Basilicata è il risultato di un progetto di collaborazione scien-tifica tra la Regione Basilicata e il CEIS (Centro di Studi Economici e Internazionali),Università Tor Vergata di Roma.

Si compone di due sezioni e approfondisce i temi contenuti nelle seguenti parti.

Demografia e caratteristiche socio-economiche della popolazione Lucana.1.Assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche.2.Assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità.3.Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale.4.Focus: la disabilità e la non autosufficenza.5.Governance, coordinamento e gestione della rete dei servizi socio sanitari terri-6.toriali.Assistenza primaria.7.Sistema delle cure domiciliari in Italia e in Regione Basilicata.8.Assistenza residenziale.9.Processo di innovazione organizzativa nelle Aziende Sanitarie.10.Rendicontazione sociale delle aziende sanitarie della Regione Basilicata: l’espe-11.rienza dell’Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo”.

RingraziamentiSi ringraziano tutti gli autori che hanno contribuito con entusiasmo alla realizzazionedi questo libro. Un particolare ringraziamento va a tutti gli attori privilegiati, regio-nali e aziendali, con cui siamo venuti in contatto per la realizzazione della pubbli-cazione. La ricerca, senza il loro prezioso supporto, non sarebbe stata possibile.

Si ringraziano il dr. Giuseppe Montagano, coordinatore regionale di progetto edirigente dell’Ufficio Pianificazione Sanitaria e Verifica degli Obiettivi del Diparti-mento Salute della Regione Basilicata, e il dr. Massimiliano Gallo, Project managerregionale, per la loro preziosa attività di coordinamento tra il CEIS e gli attori isti-tuzionali regionali e aziendali coinvolti.

Premessa

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XVIII Premessa

Rapporto CEIS Sanità 2012 – Regione Basilicata

Soggetti

CEIS (Centro di Studi Economici e Internazionali)dell’Università Tor Vergata di Roma, RegioneBasilicata (Dipartimento Salute, Sicurezza e

Solidarietà Sociale, Servizi alla Persona e allaComunità)

Coordinamento regionale Giuseppe Montagano

Project manager regionale Massimiliano Gallo

Coordinamento CEISMarco Meneguzzo, Antonella D’Adamo,Federico Spandonaro, Barbara Polistena

Gruppo di lavoro

La presente ricerca è stata realizzata dai ricercatoridell’Università Tor Vergata: Anna Conte, Antonella

D’Adamo, Francesca D’Ambrosio, Daniela d’Angela,Andrea D’Attis, Marco Meneguzzo, Laura Piasini,

Esmeralda Ploner, Barbara Polistena, FedericoSpandonaro; grazie al coinvolgimento e alla

collaborazione dei referenti regionali: Lucia Colicelli,Carolina Di Lorenzo, Massimiliano Gallo, RocchinaGiacoia, Stefano Lorusso, Vito Mancusi, GiuseppeMontagano, Carmela Saponara, Domenico Tripaldi,

Maria Luisa Zullo

Executive Summary

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd XVIII7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd XVIII 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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XVIII

Senza soluzione di continuità con le precedenti edizioni del Rapporto Basilicata, an-che quest’anno si è tentato di mettere a “fattor comune” le informazioni utili per mo-nitorare le dinamiche del sistema sanitario della Basilicata.

Come sempre, la convinzione è che i numeri parlino da soli, e possano in modosufficientemente oggettivo dar conto dei cambiamenti in corso.

In altri termini, si supporta la volontà regionale di rendere accountable le propriepolitiche: un dovere di trasparenza che ancora poche Regioni onorano adeguatamente,e di cui, a maggior ragione, va dato merito alla Regione Basilicata.

I dati vanno peraltro interpretati, anche per renderli utili in termini prospettici,per pianificare le ulteriori evoluzioni del sistema.

Non si è, quindi, rinunciato a indagare punti di forza, ma principalmente quellidi debolezza dl sistema, cercando di cogliere le eventuali opportunità di migliora-mento.

Come rimarcato già nelle precedenti edizioni del Rapporto, le politiche regionalidevono fare i conti con alcune debolezze strutturali, derivanti in particolare dalle di-mensioni contenute del territorio, e dalla sua peculiare conformazione orografica.

Un fenomeno esplicativo è quello della mobilità sanitaria, inevitabile date le ca-ratteristiche sopra esposte. Malgrado ciò è stata negli anni contenuta, e progressiva-mente riportata su valori “normali”, in linea con la media nazionale, dimostrandoche si può operare per dare stabilità, efficienza e coerenza al sistema.

Le politiche devono anche fare i conti con una strutturale debolezza dell’economiaregionale: evidentemente non ineluttabile ma, almeno nel breve periodo, pur sempreuna variabile esogena, e un vincolo rilevante.

Ancora, la popolazione lucana presenta delle specificità non sempre sufficiente-mente sottolineate, quali una elevata prevalenza di cronicità (si pensi a quella didiabete, in assoluto fra le più alte d’Italia), e conseguentemente, tassi altissimi didisabilità.

Prevenzione, cronicità, diabete, caratteristiche socio-economiche, deprivazione,etc., sono tutti elementi strettamente correlati fra loro; la scommessa, quindi, è du-plice: rendere il SSR coerente e compatibile con le caratteristiche regionali, e allo

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stesso tempo funzionale ad un superamento delle debolezze socio-economiche cheminano alla base lo sviluppo della Società lucana.

Si è, quindi, voluto quest’anno sviluppare un focus sulla disabilità e la non auto-sufficienza, convinti che i SSR del futuro, e a maggior ragione quello lucano per motiviche saranno evidenti nel seguito, saranno adeguati solo se riusciranno a integrare l’as-sistenza sanitaria e quella per la non autosufficienza in un modello unico e sinergico.

Tornando alle politiche regionali, la sintesi dei risultati ottenuti appare abbastanzafacile: la Regione ha, se non concluso, almeno messo in atto delle riforme internedefinite nell’ultimo quinquennio, ottenendo il risanamento in larga misura della si-tuazione finanziaria del SSR.

La Regione è l’unica del Sud ad avere sempre avuto una gestione complessiva-mente in equilibrio: non di meno le riforme operate, ad iniziare dall’accorpamentodelle ASL, per finire con gli interventi sulla mobilità passiva e sul sistema di assistenzaprimaria, hanno certamente avuto un costo, ma hanno posto le condizioni per il ri-sanamento definitivo.

Nel 2012 la spesa sanitaria della Regione Basilicata, secondo i dati dei Conti Eco-nomici (CE), si sarebbe ridotta di circa € 30 Mil. rispetto al 2011, riducendo il di-savanzo a meno di € 4 Mln. e portando ormai la gestione ad un livello di assolutoequilibrio.

La Regioni si accinge ora ad affrontare i temi sopra esposti, con i “conti a posto”e quindi avendo raggiunto le condizioni necessarie per poter programmare investi-menti mirati.

Va quindi dato merito alla Regione per la coerenza e la determinazione dimostratanel perseguire la razionalizzazione del sistema, anche perché realizzata in una fasedi forte recessione dell’economia nazionale e regionale, e quindi in un contesto diforte limitazione delle risorse: malgrado ciò, il cambiamento è avvenuto, anche graziead una maggiore responsabilizzazione della popolazione, ma senza abbandonare iprincipi di universalismo del sistema sanitario.

Ovviamente le cose da fare rimangono molte, e alcuni suggerimenti sono descrittinel Rapporto; ci limitiamo qui a sottolineare alcuni dati eclatanti che ci sembra deb-bano essere acquisiti nel dibattito politico regionale (e anche nazionale, ad esempioin fase di riparto delle risorse), vincolando scelte e priorità.

Iniziamo dalle specificità regionali (senza ripetere quelle ovvie di tipo geografi-co):gli elementi chiave ci pare siano il gap socio-economico della Regione e l’enormeprevalenza di disabilità.

Come dati a supporto, senza pretesa di esaustività citiamo:

la Basilicata, ha un PIL pro-capite inferiore del 29,28% rispetto a quello medio•nazionale; ha però fatto registrare un incremento medio annuo nell’ultimo quin-quennio (2,22%) maggiore di quello medio italiano (1,18%) e di quello delleRegioni del Sud (1,39%); non di meno la fase di profonda recessione attraversatadall’Italia negli ultimi anni ha riportato il valore del PIL pro-capite in terminireali a un livello inferiore a quello registrato nel 2006: nell’ultimo quinquenniola riduzione è stata del – 4,80% in Basilicata, del – 5,76% in Italia e del – 6,48%al Sud;

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in Basilicata, nel 2011, il 46,10% della popolazione tra i 25 e i 64 anni di età ha•conseguito come titolo di studio più elevato la licenza di scuola media; tale valorerisulta ancora significativamente superiore rispetto a quello medio italiano(44,30%), del Nord (41,35%) e del Centro (37,00%);secondo gli ultimi dati Istat (seppure datati), il tasso di disabilità dei residenti in•Basilicata era pari al 5,84%, valore superiore tanto a quello della ripartizione diappartenenza, che a quello delle altre ripartizioni geografiche (Nord 4,23%, Cen-tro 4,91% e Sud 5,37%);la spesa sanitaria pubblica in Basilicata è passata da € 913 Mil. nel 2006 a•€ 1.060 Mil. nel 2011 con un incremento medio annuo nominale del 3,02%(2,70% medio annuo in termini reali) superiore a quello medio nazionale, a quel-lo del Sud (1,62% in termini nominali e 1,30% in termini reali) e del Centro(1,60% in termini nominali e 1,27% in termini reali), ma in linea con quellomedio del Nord (2,94% in termini nominali e 2,61% in termini reali); va osser-vato che standardizzando per l’età la Basilicata ha una spesa sanitaria pro-capitenettamente inferiore a quella media italiana (€ 1.801,17 vs € 1.853,28 dellamedia Italia);se a livello di spesa pubblica, il dato della Basilicata è abbastanza in linea con•quello medio italiano, guardando alla spesa sanitaria totale si nota come questasia, invece, nettamente inferiore: nel 2011 era del 6,41%, inferiore rispetto allamedia nazionale;in effetti, la spesa sanitaria privata, nella Regione Basilicata è pari, nel 2011, a•€ 191,83 Mil.; anche se il valore è in crescita nell’ultimo quinquennio (+2,57%medio annuo) e rispetto all’anno precedente (+3,13%), più della media nazio-nale;ad esempio, la componente privata della spesa farmaceutica relativa ai farmaci•posizionati in fascia A, ha avuto degli incrementi ragguardevoli in tutte le ripar-tizioni: il valore massimo è proprio quello della Basilicata (+49,56%), contro ilminimo del Nord (+9,73%); complessivamente, però, la quota di spesa territorialeprivata, destinata cioè all’acquisto sia di prodotti di classe A-SSN, che di prodottinon rimborsati (C, SOP, OTC), ha in Basilicata il valore minimo (30,50%) controil 42,21% del Nord;a riprova della debolezza delle domanda privata, e quindi della necessità per il•SSR di farsi carico dei bisogni delle popolazione, ma anche della “sobrietà”delle popolazione lucana, il mercato in valore dei farmaci equivalenti in Basi-licata, ha raggiunto nel 2011 il 33,20% della spesa di fascia A-SSN, con un in-cremento del 2,60% rispetto all’anno precedente, risultando uno dei più alti inItalia;stante l’attuale sistema di riparto delle risorse il finanziamento per residente della•Basilicata pur essendosi progressivamente avvicinato al valore medio nazionaleraggiungendo i € 1.806,03 pro-capite nel 2011, rimane significativamente infe-riore rispetto a quello medio delle Regioni Centro-Settentrionali (Nord € 1.971,83e Centro € 1.838,38);in Basilicata ci sono stati 14.923 ricoveri in mobilità attiva, pari al 15,30% dei•ricoveri totali, mentre quelli in mobilità passiva ammontano a 22.539, pari al23,11% dei ricoveri dei residenti; ne consegue un saldo di mobilità negativo di

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7.616 ricoveri per acuti (7,81% dei ricoveri); gran parte della mobilità attiva(92,68%) proviene dalle Regioni limitrofe: il 41,86% dei ricoveri riguarda i resi-denti in Campania, il 35,09% residenti in Puglia e il 15,73% residenti in Cala-bria; ma anche per la passiva si assiste ad elevata incidenza dei ricoveri in Regionilimitrofe (56,64% dei ricoveri), a cui si aggiunge quella verso Lazio (14,18%),Lombardia (7,25%), Emilia Romagna (6,76%) e Toscana (6,51%); va comunqueosservato che il saldo della mobilità sanitaria si è dimezzato, passando da€ – 57,94 Mln. nel 2001 a € – 27,94 nel 2011, con una riduzione media annuadel 7,03% (– 51,78% complessivo).

Quindi assistiamo ad una generale deprivazione socio-economica, che si riverberasulla spesa pubblica, sia in assoluto, sia in termini relativi (ovvero per la scarsità diquella privata); a fronte di ciò il finanziamento rimane lontano da quello di Regioni,certamente (per ora) più anziane, ma più ricche e presumibilmente più sane.

Mettiamo fra le peculiarità la mobilità, che seppure si è di molto ridotta, dimo-strando l’efficacia delle politiche regionali, rimane in larga misura ineliminabile perle caratteristiche geografiche della Regione.

Fra i trend che meglio caratterizzano l’evoluzione del SSR lucano, sempre senzapretesa di esaustività, citiamo le seguenti evidenze:

la speranza di vita alla nascita si è allineata a quella media nazionale (79,40 per•gli uomini e 84,60 per le donne), grazie all’aumento nell’ultimo ventennio di 4,22anni per gli uomini e di 4,39 anni per le donne; si noti che, a differenza di quelloche è avvenuto a livello medio nazionale, in Basilicata sono le donne che hannoguadagnato più anni di vita attesa , riducendo il gap tra i sessi;la quota di anziani (over 65) è aumenta più rapidamente in Basilicata che in Italia:•nello specifico una variazione media annua del +6,06% (+1,62% per gli over 85)in Basilicata, a fronte di una pari a +5,21% (rispettivamente +1,52%) in Italia; lanaturale conseguenza di tutto ciò sarà uno slittamento dell’età media della popo-lazione dagli attuali 42,91 anni a 53,70 anni nel 2061 (da 42,99 a 49,80 in Italia),così che la Basilicata diventerà la Regione più “vecchia” d’Italia;nel 2011, le donne lucane residenti hanno avuto in media 1,17 figli, valore che•l’ISTAT stima ancora in riduzione rispetto al 2001 (1,21), in controtendenza conla ripresa avviatasi a partire dalla seconda metà degli anni ’90 in Italia; il datodella Regione Basilicata è pari a quasi la metà della cosiddetta “soglia di rim-piazzo” (circa 2,1 figli per donna), che garantirebbe il ricambio generazionale;nei prossimi anni questo porterà la Basilicata non solo ad invecchiare più rapida-mente di quanto non avverrà nelle Regioni del Nord, ma anche a modifiche dellestrutture familiari, il che suggerisce un drastico calo della cosiddetta assistenzainformale ai non autosufficienti;peraltro recenti analisi statistiche (Polistena 2013) mostrano come la probabilità•di morte si stia spostando in avanti, così come anche l’età di insorgenza di moltepatologie (Cislaghi, 2013); in Basilicata, se con i classici indicatori di invecchia-mento si ottiene che nei prossimi 50 anni la quota di over 65 e 85 aumenterà ri-spettivamente del 21,45% e del 9,30%, le analisi sul numero di persone che ri-chiederanno assistenza sono più tranquillizzanti, riportando un incremento del

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4,86% (considerando gli anziani entrati nella fascia del decennio precedente al-l’età pari alla speranza di vita alla nascita);la Basilicata, già nel 2010, era dotata di 3,17 posti letto per acuti in regime ordi-•nario per 1.000 abitanti, valore inferiore rispetto a quello medio delle altre Regionidel Sud (3,26 per 1.000 abitanti), a quello medio nazionale (3,56 per 1.000 abi-tanti); inoltre la Basilicata è la Regione che nel periodo 2005-2010 ha registratola maggiore riduzione di posti letto in rapporto alla popolazione (– 3,37% medioannuo) a fronte di una riduzione media nazionale pari a – 1,58%;la Basilicata ha un tasso medio di ricovero per acuzie in regime ordinario dei•propri residenti (e quindi considerando anche i ricoveri fuori Regione) decisa-mente inferiore rispetto alla media nazionale e in continua riduzione: nel 2010 iltasso di ricovero della popolazione lucana è pari a 114,41 per 1.000 residenti, va-lore inferiore del 4,77% rispetto alla media nazionale (120,15); ma, mentre, ledifferenze più significative si registrano nella classe d’età 1-14 (in cui il tasso èinferiore rispetto alla media nazionale del 7,55%) e nella classe di età adulta(– 9,66%), viceversa valori superiori alla media nazionale si osservano nelle classidi età over 65 (rispettivamente +2,53% e +0,90%);la quota di ricoveri inappropriati dei residenti in Basilicata, nel 2010, risulta essere•inferiore a quella media nazionale e delle altre Regioni meridionali, sia per i DRGmedici che per quelli chirurgici; è interessante sottolineare che fino al 2009 talequota era, invece, maggiore rispetto alla media nazionale.

Una dinamica demografica “estrema” è, in definitiva, l’elemento certamente più ca-ratterizzante l’evoluzione del SSR della Basilicata. Dinamica che riteniamo, però,non sia tanto foriera di incrementi sul versante dei bisogni sanitari, quanto su quellodell’assistenza sociale ai non auto-sufficienti: infatti prevarrà l’effetto della modifi-cazione delle strutture familiari.

Considerando che un ulteriore trend rilevante è quello che riguarda la progressivarazionalizzazione, sia quantitativa (posti letto), sia qualitativa (inappropriatezza deiricoveri), operata sulla rete ospedaliera, appare evidente come il futuro del SSR sigiocherà sulla capacità di integrazione dell’aspetto della non autosufficienza.

Su questo le politiche regionali sono più indietro, come emerge anche dalle cri-ticità che ancora si osservano sul versante dell’assistenza primaria.

In termini di potenziali criticità ci sentiamo, infine, di evidenziare:

il personale dipendente del SSR è pari a circa l’1,05% del personale nazionale e•al 4,99% di quello del Mezzogiorno, valori eccedenti rispetto alla dimensionedella popolazione, che rappresenta lo 0,98% di quella italiana e il 2,82% di quellameridionale; anche se va considerata la minore presenza di erogatori privati: suquesto aspetto andrebbe promosso un approfondimento;la Basilicata ha il numero più elevato di ricette farmaceutiche per medico di base•(11.779 vs 10.943 media Italia), con un incremento del 9,46% rispetto al 2008(7,63% media Italia), sebbene l’aumento delle ricette sia controbilanciato dallariduzione del costo medio delle stesse; in particolare la Basilicata riporta una va-riazione di segno negativo (– 9,52%) della spesa netta di classe A, superiore aquella delle ripartizioni Centro Settentrionali, che fa si che la Regione possa ri-

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spettare i tetti fissati per la spesa territoriale; ma va sottolineato che tra il 2010ed il 2011 si è assistito ad un incremento della spesa ospedaliera, il cui valoremassimo è raggiunto proprio dalla Basilicata (in termini pro capite +14,82%);la Basilicata, sempre con dati confrontabili reperiti, relativi al 2010, ha registrato•il numero di prestazioni specialistiche della branca clinica pro-capite, per popo-lazione pesata, più alto della media delle varie ripartizioni geografiche (peraltrocon un incremento di quasi il 6,00% rispetto all’anno precedente); però si è po-sizionata all’estremo opposto per la diagnostica e le analisi di laboratorio doveha registrato i decrementi maggiori: – 8,84% per le prestazioni di laboratorio frail 2009 e il 2010, e – 2,68% per la diagnostica; osserviamo che in Basilicata pro-segue la razionalizzazione dell’offerta di assistenza specialistica, con un incre-mento del bacino medio di ambulatori e laboratori allineato alle Regioni del Nord;la Basilicata ha il più alto tasso di ricoveri prescritti dalla Continuità Assistenziale:•nel 2010 417,00 ricoveri per 100.000 residenti, contro i 296,16 della media Italia;i ricoveri per riabilitazione in Basilicata, pur essendo aumentati tra il 2007 e il•2010 del 10,33%, comportano dei tassi inferiori rispetto alla media nazionale(3,80 ricoveri ogni 1.000 abitanti nel 2010, contro i 4,92 dell’Italia); analizzandoi tassi per età si nota come le differenze tra Basilicata e la media nazionale sianoparticolarmente elevate nelle classi d’età più anziane, ove nella fascia d’età 65- 74(10,45 vs 13,72), e ancora di più nella fascia d’età successiva (14,70 vs 20,35);a parte una presumibile carenza di offerta, si noti che l’analisi dei tassi di ricoveroper riabilitazione per sesso evidenzia, come è ovvio per l’età media più alta, unricorso maggiore al ricovero delle donne in tutte le aree considerate, ma in Basi-licata tale differenza è massima (i tassi di ricovero delle donne sono maggiori del59,91% rispetto a quelli degli uomini), suggerendo l’esistenza di un problema digenere nella prevalenza della non autosufficienza;in effetti, circa il 66,00% dei disabili sono donne, ma considerando la distribuzione•per genere dell’Indennità di Accompagnamento, emerge che solamente nelle Re-gioni del Nord la concessione del beneficio economico riflette la prevalenza delledisabilità per genere: la Basilicata sembrerebbe essere la Regione in cui è maggiorela discrasia fra prevalenza della disabilità per genere e concessione del beneficioeconomico (solo il 60,84% delle indennità è destinato al genere femminile);la Basilicata registra ancora una quota di famiglie impoverite a causa delle spese•sanitarie private pari al 2,12%: dato in linea con il valore medio del Sud (2,35%),ma nettamente superiore alle ripartizioni con reddito pro-capite maggiore (Nord0,55% e Centro 1,09%).

Possiamo, quindi, concludere, che il SSR della Basilicata deve completare il suo pro-cesso di ammodernamento, dovendo ovviamente tenere in conto le peculiarità strut-turali della Regione, e approfittando della capacità avuta di mettere in “ordine i conti”.Gli investimenti da fare devono prioritariamente incidere su alcuni aspetti “di popo-lazione”, quali quello della disabilità, che non dipendono solo dall’aspetto assisten-ziale, ma anche dalle politiche di prevenzione e promozione della salute (su cui laRegione è in effetti fra le più virtuose), e dalle politiche economiche in senso lato.In termini assistenziali il settore ospedaliero è quello dove il processo di migliora-mento è più avanzato: l’assistenza primaria, in tutte le sue sfaccettature, e in parti-

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colare in quella dell’integrazione dell’assistenza sociale ai non autosufficienti, sonola prossima frontiera.

La sezione II del Rapporto analizza l’organizzazione dei servizi socio-sanitari attra-verso due modalità assistenziali: territoriale - primaria, domiciliare e residenziale-deputate alla risposta dei bisogni sanitari e socio-sanitari; ospedaliera - per le cure el’assistenza al paziente in fase acuta.

Il quadro demografico ed epidemiologico italiano, letto nell’ottica delle implica-zioni per l’assistenza territoriale, evidenzia:

un accrescimento della popolazione, soprattutto per effetto dell’aumento della•presenza di cittadini stranieri regolari;il progressivo invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento della•quota di popolazione anziana;un aumento di mortalità caratterizzata principalmente da patologie croniche.•

L’azione riorganizzativa muove dall’esigenza di recuperare e valorizzare il ruolo cen-trale del livello territoriale in una logica di integrazione e di sistema. Ciò si realizzasviluppando percorsi di cura ed assistenza nell’ottica della continuità assistenziale.

Per indagare i fabbisogni di governo dei servizi territoriali è necessario analizzarele caratteristiche peculiari di questo settore, affinché gli strumenti manageriali uti-lizzati risultino coerenti con le sue specificità.

La lettura delle specificità del settore, speculare alle caratteristiche dei serviziospedalieri, può essere effettuata tenendo in considerazione che i servizi territoriali:

hanno spesso natura preventiva o di diagnosi/intervento precoce, il cui end point•vuole essere il mantenimento dello stato di salute, che talvolta può essere misuratoattraverso la riduzione dell’accesso, da parte dell’utente, alle prestazioni specia-listiche ospedaliere;cercano di promuovere ambiti di cura prossimi - il più possibile - ai bisogni del•paziente, favorendo i centri diurni ai luoghi di ricovero, il domicilio ai centri diur-ni, etc.;affrontano il tema della cronicità, della prevenzione, dell’intervento precoce in•una logica di continuità della presa in carico;hanno spesso una componente socio-sanitaria integrata (si pensi ai servizi per le•non autosufficienze), in cui non sempre è possibile enucleare chiaramente la pre-stazione sanitaria da quella sociale. In alcuni casi, infatti, l’intervento sanitariocontribuisce esclusivamente alla riduzione del danno sociale; in altri, la compo-nente sociale è ausiliare a quella sanitaria, senza poter distinguere chiaramente lediverse componenti;hanno spesso natura multidisciplinare, coinvolgendo differenti specialità mediche•(es. MMG, oncologo, ginecologo, etc.), diverse professioni sanitarie (infermierio riabilitatori) e anche operatori di natura socio-assistenziale (es. assistenti socialie psicologi).

Le caratteristiche dei servizi territoriali rendono necessaria l’organizzazione di formeassociative complesse di assistenza territoriale idonee a garantire la gestione integrata

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del bisogno assistenziale attraverso la presa in carico e la costruzione di percorsi as-sistenziali integrati.

Alla complessità del sistema dei servizi territoriali corrisponde una forte etero-geneità dei modelli organizzativi e degli strumenti manageriali adottati nelle diverserealtà regionali; conseguenza diretta di azioni a diversi livelli (nazionale, regionale,territoriale) non sempre organiche ed omogenee. In particolare, la risposta alle cro-nicità ha visto lo svilupparsi di alcuni modelli assistenziali regionali che sono daritenersi innovativi: il sistema CReG (Chronic Related Group) della Lombardia, iNuclei di Cure Primarie e le Case della Salute dell’Emilia Romagna, il ChronicCare Model e i «Moduli» della Toscana. Tali esperienze, precorritrici di un cambioepocale, manifestano una decisiva attenzione verso modelli di disease management.In effetti si caratterizzano per una nuova classificazione degli utenti, non più soloper patologia ma anche per profilo assistenziale (cronicità, acuzie, non autosuffi-cienza, etc.) e ambito di cura (ospedale, territorio). Tuttavia i modelli presentatodegli elementi fondati e catalizzatori dell’innovazione differenti. Il modello intro-dotto dalla regione Lombardia - basato sui CReG (Chronic Related Group)- (DGRIX/937 del 01/12/2010) risulta analogo al sistema DRG (Diagnosis Related Group)e basato sulla definizione di raggruppamenti isorisorse di patologie croniche aiquali è associata una tariffa. L’innovazione organizzativa è rappresentata dall’in-troduzione di un soggetto «garante della presa in carico» (che può essere il MMG,una ONLUS, una Fondazione, un’ Azienda Ospedaliera, un privato accreditato),indicato anche come «gestore del CReG». Il gestore, nel caso in cui il MMG vieneindividuato per mezzo di una gara pubblica, ha il compito di garantire, in continuità,tutti i servizi extraospedalieri (ambulatoriale, farmaceutica, ospedalizzazione do-miciliare etc.) necessari per una buona gestione clinico – organizzativa delle pato-logie croniche riconducibili ai CReG. Esperienza diametralmente opposta è quelladella Regione Emilia Romagna il cui sistema dei servizi territoriali è sviluppatointorno a:

Nucleo di Cure Primarie- NCP (comprende e integra i principali professionisti•dell’assistenza territoriale sanitaria e socio-sanitaria) che servono aree territorialiomogenee (popolazione compresa tra i 15.000 e i 30.000 abitanti), con gli obiettividi rafforzare la continuità assistenziale e l’integrazione delle attività territoriali el’operato di tutte le figure professionali coinvolte, di garantire il governo clinicoin relazione agli obiettivi di salute, migliorare la qualità delle cure attraverso lineeguida, audit clinico e formazione specifica;Casa della Salute, sede fisica del Nucleo con particolari caratteristiche strutturali•e modalità di funzionamento, che rappresenta il nodo strutturale di una rete inte-grata di servizi.

Tale sistema permette di accostare logisticamente diverse figure professionali dei ser-vizi territoriali, e diventa leva per una progressiva integrazione dell’operato dei sin-goli, ovvero, permette una erogazione unitaria dei servizi. Il modello, pur conser-vando una natura pubblica, cerca di catalizzare lo sviluppo e l’innovazione del sistemadelle cure primarie, fornendo una spinta allo sviluppo professionale dei medici, deiprofessionisti convenzionati, di altre figure coinvolte, stimolando la condivisione del-

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le informazioni e l’apprendimento, assicurando l’accesso ad una piattaforma stru-mentale e tecnologica, attraverso meccanismi centripeti.

La regione Toscana, invece, ha identificato un modello di presa in carico dei pa-zienti cronici - Chronic Care Model (CCM) - e in particolare la sua evoluzione, ilExpanded Chronic Care Model, in cui il singolo paziente è calato nella più ampiadimensione della comunità, e gli aspetti clinici del singolo sono integrati con quellidi sanità pubblica, quali la prevenzione primaria collettiva e l’attenzione alle deter-minanti di salute. Gli elementi costitutivi principali del modello sono: la valutazionedei bisogni della comunità, attraverso l’elaborazione di profili di salute e l’identifi-cazione di gruppi di popolazione a rischio; la promozione della salute; l’assetto or-ganizzativo dei servizi sanitari, supportato da scelte politiche e dall’impegno degliamministratori all’investimento di risorse; il supporto all’auto-cura (self-manage-ment); i sistemi informativi in grado di fornire il raggruppamento dei pazienti perpatologie e la classificazione degli stessi per profilo di rischio all’interno di un gruppo;un sistema di allerta che aiuti i team delle cure primarie ad attenersi alle linee guida;un sistema di feedback per i medici riguardo ai loro livelli di performance rispettoagli indicatori delle malattie croniche; un sistema di monitoraggio e valutazione degliinterventi individuali realizzati. L’innovazione del modello toscano consiste nel-l’identificazione della cronicità come fenomeno sociale, per cui è necessario raffor-zare le attività di prevenzione, migliorare gli stili di vita, e per alcune patologie isti-tuire il regime di autocura con il supporto dei familiari e della comunità. Tutto ciòè realizzato attraverso una valorizzazione delle risorse professionali e sociali a di-sposizione del sistema, cosi da perseguire un’allocazione costo - efficace delle risorseeconomiche. Il motore del modello è sicuramente una evoluzione culturale e politicache si fonda su un senso di appartenenza alla comunità e al rigore professionale deglioperatori del settore.

In definitiva i tre modelli, brevemente sintetizzati, fanno luce sulla necessità diattivare dei motori di cambiamento e di innovazione, siano essi finanziari, organiz-zativi, culturali; evidenziano di fatto la necessità di definire un approccio differenteche tende alla costruzione di una rete di servizi socio sanitari territoriali.

La rete necessita del coinvolgimento di tutti i “produttori di assistenza” per lapresa in carico dei “fabbisogni complessi” di salute del paziente.

In particolare, l’Assistenza Primaria rappresenta il sistema di cure erogate vicinoai luoghi di vita delle persone secondo un modello di reti integrate di servizi sanitarie sociali e di reti cliniche integrate. Partendo da questo principio, l’Assistenza Pri-maria rappresenta la risposta al bisogno di unitarietà del processo di cura, inteso insenso lato “come prendersi cura di” assumendo, così, una connotazione anche di na-tura preventiva e riabilitativa. La valorizzazione dell’Assistenza Primaria è fonda-mentale per consentire una presa in carico globale della persona, con continuità del-l’assistenza a forte integrazione sociosanitaria.

Ciò richiede un territorio strutturato in grado di dare una risposta globale e com-pleta nelle 24 h per le principali tipologie di assistenza, integrando il sistema del-l’Assistenza Primaria con l’insieme dei servizi sanitari e le risorse delle comunitàlocali (ospedali, amministrazioni locali, strutture residenziali, scuole etc.).

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Per una migliore governance delle attività e per garantire la continuità dell’assistenzah 24 ed il miglioramento della rete assistenziale (continuità delle cure, accessibilità,integrazione, rete informativa), si considerano obiettivi prioritari:

il lavoro in team;•l’implementazione della Medicina d’iniziativa e di prossimità che sappia interve-•nire, prima dell’evento acuto, nella prevenzione e nell’identificazione precoce deisoggetti a rischio;il miglioramento del sistema informativo integrato nell’Assistenza Primaria, di•collegamento tra MMG, PdF, MCA e le strutture sanitarie.

Spingendosi in tale direzione, la Regione Basilicata ha avviato la sperimentazionedi alcune forme innovative di Assistenza Primaria da testare sull’area di intervento,tenuto conto delle caratteristiche territoriali, demografiche e delle principali evidenzeepidemiologiche.

L’Ambulatorio per la gestione dei codici di minore gravità (bianchi); trattasi di•un ambulatorio da attivare presso i presidi ospedalieri nei quali il Pronto Soccorsoregistra frequentemente un iperafflusso di utenti (accessi/anno al di sopra di25.000). Ha la finalità di garantire una risposta sanitaria a quei soggetti che nonpresentano patologie a carattere di emergenza-urgenza. Può essere collocato nellastruttura ospedaliera o nelle sue immediate vicinanze, con percorsi di accesso bendifferenziati da quelli del Pronto Soccorso. I pazienti vi affluiranno una volta ef-fettuato il Triage presso il Pronto Soccorso. Qualora all’esito della visita medicavenga accertato un livello più grave di patologia rispetto alla classificazione “co-dice bianco”, attribuita al medesimo nell’ambito del Triage del Pronto Soccorso,si provvederà a reinserire il paziente stesso nel canale “ordinario” del Pronto Soc-corso. In altri casi, se necessario, dopo la valutazione, al fine di garantire una con-tinuità di cura con quanto intrapreso, il paziente può essere indirizzato ad unastruttura specialistica ambulatoriale attraverso un percorso agevolato che preveda,eventualmente, la prenotazione per esami e/o ulteriori accertamenti da effettuarein tempi brevi.I Punti di Primo Intervento sono strutture che, distribuite omogeneamente sul ter-•ritorio e con orario di attività articolato nell’arco delle 12 o 24 ore giornaliere se-condo le esigenze locali, dispongono di competenze cliniche e strumentali ade-guate a fronteggiare e stabilizzare, temporaneamente, le emergenze fino alla loroattribuzione al Pronto Soccorso dell’Ospedale di riferimento ed in grado di fornirerisposte a situazioni di minore criticità e bassa complessità.Il Presidio Ambulatoriale Distrettuale costituisce un punto di riferimento dell’as-•sistenza territoriale per il cittadino in cui identifica un luogo fisico dove trovarerisposta assistenziale continuativa in h 24. Si tratta di ambulatori distrettuali gestitidai Medici di Continuità Assistenziale per effettuazione di visite e prestazioni sa-nitarie, collocati strategicamente in strutture situate in aree distanti da presidiospedalieri. L’ambulatorio deve essere collocato in sede distinta dal Pronto Soc-corso per evitare che i cittadini continuino ad identificare il PS come luogo unicoal quale rivolgersi per qualsiasi problema. Le prestazioni erogabili sono quelle ti-piche dell’ambulatorio del medico di MMG e del PLS: visita medica, prescrizione

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di farmaci salvavita, certificazione per turnisti, medicazioni, prestazioni urgentiche richiedono un servizio di primo soccorso.L’Ambulatorio Territoriale Integrato consiste in un presidio territoriale in cui ope-•rano i professionisti che svolgono insieme la loro attività, secondo precise mo-dalità organizzative ispirate alla Medicina di Gruppo. “L’ambulatorio integrato”è aperto almeno dieci ore al giorno, dispone di una rete informatica locale, a suavolta collegata alle reti informatiche aziendali; vi operano MMG e/o PLS, perso-nale infermieristico ed eventualmente personale amministrativo.L’Assistenza Territoriale Integrata consiste nello sviluppo di una collaborazione•fra più professionisti che rende possibile lo scambio di opinioni e pareri clinici,la condivisione di spazi e attrezzature per una loro ottimale fruizione, l’utilizzopiù efficiente del personale di supporto, la garanzia di una copertura oraria mag-giore dell’attività sia ambulatoriale che domiciliare, la possibilità di un’organiz-zazione del lavoro più flessibile con possibilità di visite e altre prestazioni su ap-puntamento.

Un settore complesso come l’Assistenza Primaria necessità di coordinare comporta-menti e azioni che fanno riferimento a organizzazioni, figure assistenziali e addiritturasistemi assistenziali differenti. Occorre attivare strategie di integrazione che sappianoindividuare strumenti capaci di realizzare un effettivo coordinamento per garantirel’offerta di servizi efficienti ed efficaci, evitando duplicazioni, inefficienze o vuoti ecarenze del sistema. L’eccessiva frammentazione del processo di cura nel campo sa-nitario ha messo il cittadino nella condizione di non partecipare ai singoli processiassistenziali ma di dover interpretare e rendere compatibili le diverse indicazioni edessere lui stesso il tramite e il collegamento tra i vari professionisti.

Le cure primarie sono strategiche per rispondere ad un bisogno di salute in cam-biamento e costruire una politica nazionale organica di long term care. L’orientamentodeve essere alla Medicina d’iniziativa e alla presa in carico; questi obiettivi richiedonoun sostegno chiaro nella programmazione, nella formazione, nella destinazione dellerisorse.

Sarebbe necessario perseguire le seguenti linee strategiche:

migliorare la Programmazione Strategica regionale e aziendale, favorendo le for-1.me organizzative complesse della Medicina di famiglia (es. UTAP e/o Medicinedi Gruppo), sostenendo in particolare il valore del lavoro in team multiprofessio-nali (medici, infermieri, amministrativi, assistenti sociali).potenziare gli aspetti gestionali e organizzativi:2.

rafforzare il ruolo degli infermieri e del nursing nelle cure primarie;•spostare la gestione ed il monitoraggio del paziente cronico a livello territoriale•(es. diabete, ipertensione, etc.);privilegiare l’attivazione di ambulatori integrati su pazienti con pluripatologia•ed incentivare l’attività di consulenza degli Specialisti in diretta connessionecon i Medici di famiglia;potenziare il sistema della residenzialità intermedia (es. RSA, Hospice, etc.); •estendere l’approccio delle dimissioni protette e le ammissioni protette;•

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investire nel settore, anche con forme di agevolazione fiscale per le forme ag-•gregative;attivare un Call center territoriale collegato al Punto Unico di Accesso, etc.•

sviluppare la Medicina di iniziativa e/o proattività degli interventi: la medicina di3.iniziativa ed il follow up delle malattie croniche trova il suo massimo espletamentonel distretto, nelle sue strutture e professionalità. Le attività di prevenzione, scree-ning, diagnosi (precoce) e follow-up integrano le consuete attività cliniche e as-sistenziali;promuovere l’adozione di linee guida o percorsi assistenziali;4.potenziare il sistema informativo/informatico;5.avviare piani di formazione e comunicazione, in forma integrata, tra i diversi Pro-6.fessionisti operanti nell’ambito delle cure primarie;migliorare il sistema delle relazioni all’interno della rete, anche adottando stru-7.menti operativi: cartella clinica integrata, case manager, distretto come garanteistituzionale e facilitatore della rete dei rapporti tra cure primarie, ospedale e re-sidenzialità territoriale, interfaccia per tutti gli interventi correlati alle dimissioniprotette, mediante l’adozione di procedure semplificate e unitarie per l’assistenzafarmaceutica, protesica, integrativa e medico-legale;individuazione di strumenti appropriati di misurazione e di Clinical Governance8.del territorio.

Tra le forme integrative di assistenza, le cure domiciliari rappresentano una validaopzione terapeutica alternativa al ricovero ospedaliero. Esse permettono di far fronteai bisogni di salute del paziente mantenendolo, per quanto possibile, nel proprio am-biente familiare a garanzia di una maggiore qualità della vita e di un intervento qua-lificato ed efficiente. Nello specifico le cure domiciliari integrate rispondono a bi-sogni complessi dell’utente in cui le componenti sanitaria e sociale non sono ope-rativamente indistinguibili. L’assistenza domiciliare integrata (ADI) rappresenta unmodello assistenziale finalizzato alla soddisfazione dei bisogni plurimi - prevedendol’erogazione di prestazioni sanitarie e socio assistenziali - e alla realizzazione di unapresa in carico dell’ utente/ paziente, sulla base di una valutazione completa del li-vello di bisogno e della programmazione e pianificazione dei necessari interventiche dovranno essere continuativi e coordinati. Tale modello organizzativo, se benstrutturato, permette una migliore aderenza alle esigenze dell’utenza, favorisce unamaggiore collaborazione tra i professionisti coinvolti, spingendo ad un approcciomultidisciplinare sia in fase di valutazione del bisogno che in fase di progettazionedegli interventi, rappresenta un catalizzatore per la costruzione di una rete territorialedi servizi socio sanitari. La Regione Basilicata ha dimostrato, negli anni, una atten-zione particolare al tema della domiciliarità, che trova la sua massima espressionenella pubblicazione delle linee guida per l’erogazione del servizio di assistenza do-miciliare (D.G.R. n. 862 del 10 Giugno 2008). Il modello organizzativo delle curedomiciliari si sviluppa intorno al Centro di Coordinamento delle Cure Domiciliarie delle Cure Palliative che assicura il governo dei servizi assistenziali domiciliari,ha sede distrettuale, attiva l’Unità di Valutazione Integrata per la valutazione multi-dimensionale del paziente, propedeutica alla stesura del piano di assistenza indivi-duale. La presa in carico continuativa viene garantita, anche, dall’individuazione al-

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l’interno dell’UVI di un facilitatore, il case manager, che costituisce un riferimentoper l’utente in tutta la fase di assistenza. Le politiche sanitarie lucane, che già hannoportato, come dimostrano i dati su scala nazionale, ad ottimi risultati in termini dipercentuale di anziani trattati in assistenza domiciliare integrata, sono orientate versouna crescente innovazione organizzativa e tecnologica del sistema delle cure domi-ciliari favorita da un necessaria e omogenea informatizzazione dei flussi dei dati.L’analisi di contesto nazionale e regionale ha evidenziato la presenza di diversi si-stemi di valutazione delle forme assistenziali in esame. Tali sistemi prevedono l’uti-lizzo di specifici indicatori per misurare e osservare le forme di assistenza domiciliaredal punto di vista clinico (es. tipologia di paziente assistito), di processo assistenziale(es. numero delle prese in carico in un determinato arco temporale), di appropriatezzadell’intervento e del livello di efficacia assistenziale territoriale (percentuale di an-ziani trattati in assistenza domiciliare integrata). A tal proposito, come sopra men-zionato, sarebbe necessario progettare dei modelli e sistemi di raccolta ed elabora-zione dei dati (numero dei pazienti trattati, dati anagrafici, patologie, etc.) che per-mettano il monitoraggio continuo degli indicatori presenti in letteratura e comportinoun indispensabile allineamento dei sistemi di valutazione e osservazione implemen-tati a livello regionale con quelli suggeriti dal Nuovo sistema informativo sanitariodel Ministero della Salute. Altro tassello fondamentale, nel processo di innovazione,è rappresentato dall’allocazione delle risorse finanziarie che, tra l’altro, deve esseretale da poter permettere una formazione specifica degli operatori e dei professionisticoinvolti. Sarebbe auspicabile, come accade già per altri modelli assistenziali im-plementati sul territorio nazionale, una sempre maggiore empowerment e responsa-bilizzazione dei pazienti e dell’intera comunità. In definitiva il sistema delle curedomiciliari lucane dovrebbe proseguire il suo sviluppo orientandosi su un modellotale da garantire un efficace coordinamento, collaborazione ed integrazione tra le di-verse istituzioni e professionisti coinvolti, cosi da permettere l’adozione di percorsidi assistenza socio sanitaria che raggiungano il cittadino-utente sul territorio senzadeterminare l’allontanamento dal proprio ambiente di vita e che abbiano al centronon solo il paziente ma anche la sua famiglia.

Parallelamente allo sviluppo dell’assistenza di tipo domiciliare, negli ultimi annisi è assistito ad una crescente attenzione anche verso l’assistenza di tipo residenzialenon ospedaliera, tale attenzione è legata ad una pluralità di fattori, quali:

una crescita della domanda, alimentata da un progressivo invecchiamento della•popolazione; una crescente necessità di riduzione della spesa, soprattutto alla luce della recente•normativa che introduce la revisione della spesa – nota come “spending review”;una maggiore attenzione verso il cittadino inteso come utente dei servizi sanitari.•

Per “prestazione residenziale o semiresidenziale” si intende il complesso integratodi interventi, procedure e attività sanitarie e socio-sanitarie erogate a soggetti nonautosufficienti, non assistibili a domicilio all’interno di idonei “nuclei” accreditatiper la specifica funzione. Pertanto, la prestazione non si configura come un singoloatto assistenziale, ma come il complesso di prestazioni di carattere sanitario, tutelare,assistenziale e alberghiero erogate nell’arco delle 24 ore.

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Le strutture residenziali, nelle loro differenti declinazioni terminologiche - che va-riano da Regione a Regione - costituiscono ormai un pilastro consolidato, ma concaratteristiche in continua evoluzione. A fronte dell’invecchiamento della popolazio-ne e della crescita di situazioni di fragilità non più gestibili a domicilio, la strutturaresidenziale ha finora assicurato un livello di assistenza medica coincidente con quel-lo della medicina generale, integrato da assistenza infermieristica, riabilitativa ed ac-compagnato da un elevato livello di tutela assistenziale ed alberghiera.

Ora però il tipo di servizio non appare più solo come una risposta al bisogno disoluzioni residenziali definitive, attestate su livelli standardizzati. La domanda in talesenso rimane alta, ma si accompagna anche alla ricerca di soluzioni personalizzate,legate a necessità specifiche.

Il sistema della residenzialità e semi-residenzialità in Regione Basilicata, con-giuntamente a quello delle cure domiciliari e delle post acuzie, rappresenta il fulcrodella rete territoriale dedicata alla presa in carico della popolazione fragile nelle suediverse declinazioni (anziani, disabili, portatori di patologie croniche). Pertanto, laRegione Basilicata ha investito sull’intensificazione delle unità di offerta individuan-do quattro principali tipologie di prestazioni ad utenti non autosufficienti:

prestazioni residenziali e semiresidenziali per anziani;•prestazioni residenziali e semiresidenziali per disabili;•prestazioni residenziali e semiresidenziali psichiatriche;•prestazioni nei Centri residenziali per cure palliative/hospice.•

L’obiettivo è quello di giungere alla realizzazione di un sistema integrato di attivitàdedicate e funzionali agli stakeholder (soggetti trattati) che persegua obiettivi di ap-propriatezza ed efficacia.

Le unità operative distrettuali Cure Domiciliari e Residenziali costituiscono, in-sieme al Punto Unico di Accesso (PUA) per la presa in carico del cittadino con fab-bisogni sociosanitari la sede specifica per la presa in carico, la realizzazione dei Pianidi Assistenza per queste tipologie di cittadini e la risposta adeguata a garanzia delbisogno.

Allo stato attuale l’offerta residenziale sul territorio lucano, seppur qualitativa-mente adeguata, non risulta ancora equamente diffusa sul territorio.

Si può affermare che il sistema delle strutture residenziali sta crescendo, dal puntodi vista degli assetti istituzionali (nuove forme giuridiche e sviluppo di network), deimodelli di servizio, dal punto di vista gestionale, ma parallelamente la complessitàdella sfida e il livello degli obiettivi attesi si sta innalzando.

Il quadro informativo a cui si dovrebbe collettivamente ambire dovrebbe basarsisu elementi conoscitivi, quali le rette pagate dagli utenti, i trasferimenti pubblici, glistandard di servizio e i costi di produzione. Ciò permetterebbe di conoscere i marginidi miglioramento e d’investimento disponibili e, conseguentemente, giustificare even-tuali modifiche di policy o contributi finanziari aggiuntivi esterni al perimetro tradi-zionale del sistema, qualora quest’ultimo abbia raggiunto i propri livelli massimi difunzionalità.

Inoltre, la consapevolezza di una dinamica critica per un fattore produttivo (peresempio, la scarsità di medici o infermieri disponibili a lavorare nelle strutture per

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anziani non autosufficienti), dovrebbe invitare le singole Regioni ad intervenire at-traverso adeguate politiche attive del lavoro.

In antitesi alla modalità assistenziale territoriale - primaria, domiciliare e residen-ziale, troviamo l’assistenza di tipo ospedaliera, oggi chiamata ad una profonda rivi-sitazione, sia dal punto di vista organizzativo sia dal punto di vista clinico- assisten-ziale.

Infatti, nel prossimo futuro, gli assessorati sanitari regionali e i Direttori dellestrutture sanitarie saranno chiamati a scegliere come ridisegnare l’assetto degli ospe-dali, come razionalizzare il numero dei posti letto e delle unità operative, come crearenuove strutture e servizi territoriali.

L’attuale organizzazione delle cure richiede una profonda revisione per:

rispondere ai nuovi bisogni (cronicità, fragilità, continuità delle cure, etc.);•rendere più efficiente l’articolazione dei servizi ospedalieri;•garantire la continuità delle cure al domicilio e nelle strutture territoriali e l’inte-•grazione con le prestazioni ospedaliere.

I modelli che si affacciano nell’organizzazione dei servizi sanitari (l’organizzazionedegli ospedali per aree di degenza per intensità di cura, il medico tutor, le piattaformeassistenziali, le reti, le Case della Salute, i PDTA, il potenziamento dell’assistenzadomiciliare, etc.) devono essere funzionali al miglioramento dell’organizzazione esi-stente.

Le ricadute dei modelli che si stanno implementando porteranno a cambiare:

le modalità di collaborazione e integrazione tra specialisti e professionisti (lavoro•in team);il perimetro dell’azione e delle responsabilità dei professionisti;•il ruolo di chi dirige le equipe (sviluppo delle competenze professionali dell’equi-•pe, presidio dei percorsi e valutazione sistematica degli esiti).

Occorrerà, inoltre, immaginare e sviluppare nuovi ruoli – ad esempio il bed manager,il flow manager di pronto soccorso, il process-owner dei processi organizzativi, l’ope-rations manager per la gestione delle regole di uso delle piattaforme condivise, etc.– e modificare ruoli già esistenti – ad esempio i coordinatori dell’assistenza, le di-rezioni mediche di presidio ospedaliero, etc.

L’invecchiamento della popolazione aggravato dalla presenza di pluripatologie edall’isolamento sociale dell’anziano, crea un aumento del bisogno di sostegno allefamiglie per il reinserimento dell’anziano dimesso e non autosufficiente presso ilproprio domicilio. In queste condizioni risulta a volte difficoltoso organizzare un per-corso clinico che consenta al paziente il rientro a domicilio o in struttura e spesso icare giver trovano difficoltà nell’integrazione dell’aspetto clinico con le problema-tiche sociali. La dimissione “difficile” non viene identificata all’ingresso e spessonon vengono attivate le procedure corrette (assistente sociale, UVG) creando cosidifficoltà alla dimissione del paziente che necessita di supporto.

L’organizzazione sanitaria è dunque chiamata ad evolversi in base al cambiamentodella domanda, in maniera da garantire un’assistenza sempre più adeguata alle esi-genze della cittadinanza e le massime condizioni di sicurezza per i pazienti ricoverati.

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Occorre, quindi, implementare strumenti operativi in grado di migliorare la capacitàdi creare “disponibilità” in termini di posti letto, più rapidamente per l’organizzazionee con un maggior livello di confort e sicurezza per il paziente.

Occorre ridisegnare i percorsi fisici dei pazienti in base al concetto di intensitàdi cura, superando la tradizionale assegnazione di risorse e spazi basata sul criteriodella specialità clinica e quindi del reparto.

In particolare, la figura del “bed manager” è responsabile della gestione del per-corso del paziente in ospedale con l’ausilio del personale medico e infermieristicoal fine di raggiungere il setting assistenziale adatto. Svolge una funzione di “cerniera”tra reparto di ricovero e Pronto Soccorso (PS), al fine di collocare il paziente in arrivodal Pronto Soccorso nel setting assistenziale più adeguato.

Il Responsabile delle dimissioni (Discharge manager) gestisce le dimissioni com-plesse, attraverso il coordinamento con le strutture intermedie, con i MMG, con iservizi sociali e con chiunque potenzialmente può essere coinvolto in una dimissionedi un paziente fragile, vulnerabile, o che semplicemente necessità di iter riabilitativoo assistenza domiciliare.

Il Responsabile dei percorsi fisici (Flow manager) ottimizza e garantisce fluiditàai percorsi dei pazienti che attraversano diverse aree produttive dell’ospedale (salaoperatoria, ambulatori, aree di degenza, terapia intensiva).

Occorrerà progettare percorsi di sviluppo organizzativo per accompagnare il cam-biamento con la messa in contesto dei nuovi ruoli. Anche la strumentazione gestionaledovrà essere affinata; diverse innovazioni riguarderanno le procedure operative, qualila gestione delle liste di attesa, la programmazione di sala operatoria, l’avvio del pro-cesso di continuità assistenziale per il paziente ricoverato, etc.

Occorrerà, infine, potenziare le strutture territoriali (Case della Salute, StruttureIntermedie, assistenza domiciliare, ambulatori di patologia per la presa in carico deipazienti affetti da patologie croniche, etc.), incrementare l’integrazione Ospedale –Territorio (dimissione protetta, PDTA per la presa in carico delle patologie croniche),revisionare il ruolo dei medici di continuità assistenziale.

Come in ogni processo di cambiamento occorrerà tener conto delle eventuali cri-ticità attuative che devono essere studiate ed affrontate, con trasparenza ed il coraggiodi ritornare sulle decisioni, quando necessario.

Per rispondere al cambiamento, occorrono metodi e strumenti di gestione sofisti-cati, ma soprattutto professionalità e competenze in grado di gestirli; è inoltre auspi-cabile che, nelle diverse posizioni di responsabilità, si creda nei principi fondamentalidella collaborazione e dell’integrazione.

Nel Rapporto viene dato risalto, inoltre, al tema della rendicontazione sociale perle Aziende sanitarie su cui il Dipartimento Salute della Regione Basilicata ha lavoratoa lungo nel corso del 2012 approfondendolo in una logica di rafforzamento della go-vernance e del grado di accountability del Sistema sanitario regionale nel suo com-plesso.

La Regione Basilicata ha posto in essere una serie di politiche sanitarie regionali:

si è dotata di un Piano integrato della salute per avviare una “politica per la salute”•che si realizza attraverso un processo di programmazione negoziata con le Aziendesanitarie;

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nel “Piano regionale integrato della salute e dei servizi alla persona e alla comunità•2012-2015 Ammalarsi meno, curarsi meglio” (approvato con D.C.R. 24 luglio2012 n. 317) pone l’attenzione sulla necessità di rendere conto in maniera traspa-rente delle azioni svolte dalla sanità regionale;nel 2012 ha definito degli obiettivi puntuali per i Direttori Generali delle Aziende•sanitarie.

L’Azienda Sanitaria di Potenza e l’Azienda Ospedaliera “San Carlo”, nel 2012, hannoadottato lo strumento “Bilancio sociale” per rendicontare l’attività erogata ai citta-dini-utenti, ai dipendenti e al personale interno, alla cittadinanza organizzata, agliEnti locali.

Le Aziende, seppur abbiamo dovuto operare in un contesto congiunturale carat-terizzato da limitazioni economiche e da interventi di razionalizzazione dei servizi,sono riuscite ad indirizzare la propria mission verso obiettivi di sana ed equilibratagestione economica al fine di mantenere invariata la qualità e la quantità dell’offertasanitaria.

L’azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo”, con lo strumento Bilancio Socialein forma di Bilancio di Missione, ha inteso “Dare conto”, da un punto di vista sociale,delle attività, delle caratteristiche e del funzionamento dell’AOR partendo dalla de-scrizione del contesto in cui l’Azienda opera, fornendo informazioni economiche edi efficienza gestionale relative alle attività realizzate e ai principali progetti attivati,allo stato di avanzamento delle linee di sviluppo, alle attività di ricerca portate avantidai professionisti dell’Azienda e le iniziative attuate per lo sviluppo delle competenzeconnesse alla ricerca e all’innovazione.

L’introduzione del Bilancio sociale costituisce uno stimolo fortissimo a ripensareil ruolo e l’operato delle Aziende sanitarie all’interno di un processo di accountability.Questo dovrebbe implicare la costruzione di una maggiore circolarità e coerenza trai momenti della programmazione (Piano Sanitario Regionale, Piani Strategici e PianiAttuativi Locali delle aziende, Bilanci di previsione, processi di budgeting) e momentidi rendicontazione (monitoraggio del Piano, bilanci di esercizio, valutazione delleperformance), in un rapporto di confronto e dialogo permanente con il territorio e lacomunità di riferimento.

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CONTE AnnaAssegnista di ricerca in Sviluppo di logiche di gestione per competenze e di perfor-mance management nelle aziende sanitarie. Cultrice delle materie di ManagementSanitario, CSR e Rendicontazione Sociale. Collabora con il CEIS (Centro di StudiEconomici e Internazionali) – Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma“Tor Vergata” – in progetti di ricerca nel campo del management e dell’organizza-zione delle aziende sanitarie pubbliche.

D’ADAMO AntonellaDottore di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle AmministrazioniPubbliche, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Collabora con il CEIS(Centro di Studi Economici e Internazionali), Facoltà di Economia. È Professore acontratto di Economia Aziendale, Organizzazione aziendale e Management Sanitariopresso le Facoltà di Economia e Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma“Tor Vergata”.

D’AMBROSIO FrancescaDottoranda di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle AmministrazioniPubbliche, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Collabora con il CEIS(Centro di Studi Economici e Internazionali) – Facoltà di Economia, Università degliStudi di Roma “Tor Vergata” – in progetti di ricerca nel campo del management edell’organizzazione delle aziende sanitarie pubbliche.

d’ANGELA DanielaIngegnere biomedico.Laureata in ingegneria biomedica presso l’Università di Pisa.Master in management and clinical engineering presso l’Università di Trieste.Ricercatore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” afferente al CREASanità e al CEIS.

D’ATTIS AndreaIngegnere Clinico e Biomedico in staff alla Direzione Generale del San Camillo For-lanini in Roma. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici e Internazionali)

Elenco Autori

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– Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – in progettidi ricerca nel campo del management e dell’organizzazione delle aziende sanitariepubbliche.

MENEGUZZO MarcoProfessore ordinario in Economia delle Aziende e delle Amministrazioni pubblichee in Economia delle Aziende non profit presso la Facoltà di Economia dell’Universitàdegli Studi di Roma “Tor Vergata”. È professore a contratto di Management pubblicoe non profit presso l’Università della Svizzera Italiana.Direttore del Master in Innovazione e Management delle Amministrazioni Pubblichee del Master Lavorare nel non profit dell’Università degli Studi di Roma “Tor Ver-gata”, docente di diversi programmi di Master a livello nazionale e internazionale ecoordinatore di progetti di ricerca presso il CEIS Sanità dal 2003.

PIASINI LauraEconomista.Corso di Perfezionamento in Economia e Gestione Sanitaria – Facoltà di EconomiaUniversità degli Studi di Roma “Tor Vergata”.Ricercatore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” afferente al CREASanità e al CEIS.

PLONER EsmeraldaEconomista.Laureata in Economia delle Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni Internazionalipresso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.Ricercatore dell’Università degli studi di Roma “Tor Vergata” afferente al CREA Sa-nità e al CEIS.

POLISTENA BarbaraStatistica.Laureata in Scienze Statistiche Demografiche e Sociali presso la Facoltà di Statisticadell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.Master in Economia e Management dei Servizi Sanitari e Master in Statistica per laGestione dei Sistemi Informativi.Dottoressa di ricerca in Metodi Di Ricerca Per L’Analisi Del Mutamento Socio-Eco-nomico.Ricercatore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” afferente al CREASanità e al CEIS.

SPANDONARO FedericoEconomista.Laureato in Economia e Commercio presso la Facoltà di Economia dell’Universitàdegli Studi di Roma “La Sapienza”.Professore aggregato di Economia e Management Sanitario presso l’Università degliStudi di Roma “Tor Vergata”.Membro del Comitato Scientifico a supporto della Direzione della Programmazionedel Ministero della Salute e Consulente della Commissione Parlamentare bicamerale“antimafia”.

XXXVIII Elenco Autori

1 Demografia e caratterist iche

socio-economiche del la popolazione lucana

1.1 Caratteristiche demografiche della Regione Basilicata

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11 DDemografia e caratterist iche

ssocio--eeconomiche della ppopolazione lluucana

Polistena B.

1

La dinamica demografica e socio-economica è fondamentale nelle valutazioni di politi-ca sanitaria, pur non rappresentando l’unica determinante della evoluzione dei sistemi sanitari. Nel presente capitolo si descrivono, quindi, i principali dati a supporto delle analisi di politica sanitaria. In particolare si è scelto di focalizzarci su quattro aspetti chiave: per quanto concerne il quadro demografico su invecchiamento e fecondità, per quanto attiene, invece, l’aspetto socio-economico su istruzione, PIL e occupazione.

11.1 CCaratteristiche demografiche della Regione Basilicata

L’invecchiamento viene considerato come uno dei principali driver di incremento del-la spesa sanitaria (e più in generale per il welfare). Abitualmente, per misurarlo ven-gono utilizzati indicatori quali: quota di over 65 o over 75, indice di invecchiamento e indice di dipendenza degli anziani. L’analisi di tali indici, tuttavia, mette in rilievo come questi ultimi abbiano un limite: scontano implicitamente una convenzione con-cernente l’anno di inizio della “vecchiaia”, tipicamente fissata a 65 (o al più 75) anni.

Questa prima parte di analisi considererà dapprima le misure di invecchiamento in uso, cercando, poi, di proporre alternative funzionali per una corretta lettura dinamica dei fenomeni. Tutto ciò anche alla luce della nuova visione dell’invecchiamento; tra l’altro, il 2012 è stato definito come l’anno dell’invecchiamento attivo. Invecchiare in modo attivo significa sostanzialmente invecchiare in buona salute, ovvero partecipare alla vita colletti-va, realizzarsi sul lavoro e avere una certa autonomia nella vita quotidiana.

1 Statistica. Laureata in Scienze Statistiche Demografiche e Sociali presso la Facoltà di Statistica dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Master in Economia e Management dei Servizi Sanitari e Master in Statistica per la Gestione dei Sistemi Informativi. Dottoressa di ricerca in “Metodi Di Ricerca Per L’Analisi Del Mutamento Socio-Economico”. Ricercatore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” afferente al CREA Sanità e al CEIS.

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22 Capitolo 1

Com’è noto, l’Italia è un dei Paesi più longevi in termini quantitativi: l’età mediana rag-giunta dall’Italia (2011) risulta essere di 1,30 anni superiore a quella dell’Europa dei 15.

La speranza di vita alla nascita è pari a 79,40 anni per i maschi, e 84,50 anni per le femmine (Istat, 2013); la speranza di vita degli abitanti della Regione Basilicata è pari a 79,40 per gli uomini e 84,60 per le donne.

La Basilicata, come verrà meglio specificato in seguito, si trova in una condizione peculiare in quanto, nonostante si collochi geograficamente al Sud, ha una struttura demografica simile a quella delle Regioni del Nord.

Si consideri, ancora, che nell’ultimo ventennio la speranza di vita alla nascita è aumentata di 4,22 anni per gli uomini e di 4,39 anni per le donne per gli abitanti della Regione Basilicata, quindi a differenza di quello che è avvenuto in Italia e in tutte le ripartizioni sono le donne che hanno continuato a guadagnare più anni di vita attesa rispetto agli uomini (in Italia nell’ultimo ventennio la speranza di vita alla nascita è aumentata di 5,60 anni per gli uomini e di 4,20 anni per le donne).

TTabella 1.11 Speranza di vita alla nascita Anni 1991 e 2011

1991 2011 Regioni Maschi Femmine Diff. Maschi Femmine Diff. Italia 73,76 80,32 6,56 79,40 84,50 5,10 Nord 73,47 80,71 7,25 79,70 84,75 5,05 Centro 74,51 80,75 6,24 79,60 84,80 5,20 Sud 73,93 79,57 5,64 78,80 83,90 5,10 Basilicata 75,18 80,21 5,03 79,40 84,60 5,20

Fonte: Istat In letteratura viene spesso rimarcato come le notevoli differenze fra uomini e donne nella mortalità possano essere spiegate solo in parte dallo scarto di genere legato alla morbosità; gli uomini, infatti, sono soggetti a rischi di morte più elevati in tutte le età, mentre le donne mostrano, paradossalmente, peggiori condizioni di salute.

Con l’aumentare della speranza di vita alla nascita la quota della popolazione pro-gressivamente più anziana è aumentata: in Basilicata, tra l’altro, la quota di over 65 e over 85 è aumentata più rapidamente rispetto alla media nazionale: nello specifico 6,06% e 1,62% in Basilicata, 5,21% e 1,52% in Italia, 4,96% e 1,53% al Nord, 4,92% e 1,74% al Centro e 5,53% e 1,36% al Sud.

Dalle previsioni Istat relative alla popolazione italiana (scenario centrale) appare evidente come il processo di invecchiamento avanzerà in maniera progressiva nei prossimi 50 anni: l’incidenza di anziani over 65 sulla popolazione complessiva sarà maggiore del 19,53% in Basilicata (12,65% in Italia, 10,09% al settentrione, 10,62% al Centro e 18,60% al Sud) rispetto a quella attuale e quella degli over 85 del 9,30% superiore (7,15% in Italia 6,84% al Nord, 6,15% al Centro e 8,38% al Sud). La natu-rale conseguenza di tutto ciò saranno dei profondi cambiamenti strutturali che provo-cheranno uno slittamento dell’età media della popolazione dagli attuali 42,91 anni a 53,70 anni nel 2061 (da 42,99 a 49,80 in Italia).

3

Tabel la 1.2

Tabel la 1.3

Tabel la 1.4

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2

Tabel la 1.1

Demografia e caratteristiche socio-economiche della popolazione lucana 33

Per inciso, è interessante segnalare come si verificherà una inversione di tendenza: se ad oggi sono le Regioni del Centro-Nord a registrare una quota maggiore di over 65 tra 20 anni le Regioni più vecchie saranno quelle del Sud; la Basilicata diventerà la Regione più “vecchia” in Italia.

TTabella 1.22 Quota popolazione anziana Valori % - Anni 1991, 2001 e 2011

Over 65 Over 75 Over 85 1991 2001 2011 1991 2001 2011 1991 2001 2011

Italia 15,08% 18,43% 20,29% 9,11% 11,18% 11,06% 1,24% 2,17% 2,76% Nord 16,36% 19,70% 21,32% 7,47% 8,83% 10,60% 1,41% 2,48% 2,94% Centro 16,58% 20,07% 21,50% 10,10% 11,97% 11,56% 1,34% 2,38% 3,08% Sud 12,44% 15,78% 17,97% 7,78% 9,91% 9,81% 0,94% 1,62% 2,30% Basilicata 14,10% 18,24% 20,16% 8,49% 11,44% 10,30% 1,13% 1,93% 2,75%

Fonte: elaborazione su dati Istat

TTabella 1.33 Popolazione over 65 Valori % - Anni 1991-2061

1991 2001 2011 2031 2061 Italia 15,08% 18,43% 20,29% 26,66% 32,94% Nord 16,36% 19,70% 21,32% 26,62% 31,41% Centro 16,58% 20,07% 21,50% 26,35% 32,12% Sud 12,44% 15,78% 17,97% 26,77% 36,57% Basilicata 14,10% 18,24% 20,16% 29,57% 39,69%

Fonte: elaborazione su dati Istat

TTabella 1.44 Popolazione over 85 Valori % - Anni 1991-2061

1991 2001 2011 2031 2061 Italia 1,24% 2,17% 2,76% 4,55% 9,91% Nord 1,41% 2,48% 2,94% 4,77% 9,78% Centro 1,34% 2,38% 3,08% 4,57% 9,23% Sud 0,94% 1,62% 2,30% 4,22% 10,68% Basilicata 1,13% 1,93% 2,75% 4,73% 12,05%

Fonte: Istat In Basilicata, nel 2011 sono presenti 151 ultra-sessantacinquenni ogni 100 giovanis-simi, valore superiore a quello medio del Sud (119) ma in linea con quello del setten-trione (156); tale valore continuerà a crescere ininterrottamente negli anni fino ad ar-rivare, tra 50 anni, a 385.

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44 Capitolo 1

In Italia, nel 2011, per 100 ragazzi con meno di 15 anni risultavano 145 persone con più di 65 anni di età. Assumendo una visione prospettica è possibile percepire il con-tinuo aumento di tale indicatore: nel 2061 vi saranno 262 persone ul-tra-sessantacinquenni ogni 100 giovanissimi. Se fino ad oggi le Regioni del Sud sono quelle che presentano una percentuale di anziani inferiore, nei prossimi anni vi sarà un aumento dell’indicatore che porterà ad un superamento della media italiana già a partire dal 2031.

Un altro utile indicatore è l’indice di dipendenza degli anziani, che misura il peso per il mantenimento degli over 65 in capo agli attivi. In termini demografici, forni-sce, dunque, un’indicazione dei problemi di sostenibilità. Tuttavia, è bene rimarcare che tale indicatore risulterà sempre più obsoleto proprio per il posticiparsi progressivo dell’età pensionabile

TTabella 1.55 Indice di vecchiaia e di dipendenza degli anziani Valori assoluti - Anni 2011-2061

2011 2061

Indice di vecchiaia

Indice di dipendenza

degli anziani

Indice di vecchiaia

Indice di dipendenza degli

anziani Italia 145 30,90 262 60,50 Nord 156 32,80 239 56,70 Centro 160 33,00 258 57,90 Sud 119 26,80 317 70,50 Basilicata 151 30,30 385 79,30 Fonte: elaborazione su dati Istat. Una delle conseguenze del rapido invecchiamento è, fra le altre, quella di promuovere proiezioni allarmanti sulla tenuta del sistema di welfare italiano.

Risulta, quindi, utile porsi la questione di quale sia il reale significato della parola “invecchiamento”. I biologi definiscono l’invecchiamento come l’insieme dei cam-biamenti nocivi che avvengono nelle cellule e nei tessuti con l’avanzare dell’età, re-sponsabili di un aumento del rischio di malattia e morte.

L’analisi di questa definizione fa riflettere sul fatto che, variando la probabilità di malattia e di morte per età, tenere statica l’età di 65 anni diventa opinabile.

Recenti analisi statistiche (Polistena B., 2013) mostrano come la probabilità di morte si stia spostando in avanti così come l’età dell’insorgenza di molte patologie (Cislaghi, 2013). Sulla base di tali premesse, abbiamo, dunque, analizzato la consi-stenza della popolazione che presumibilmente si avvicina alla fase “critica” e a tale scopo si è proceduto al calcolo della quota di popolazione che ha raggiunto i 10 anni dalla aspettativa media di vita alla nascita in Basilicata.

Come era lecito attendersi, dall’analisi emerge come la quota va aumentando nel tempo, ma in maniera significativamente meno rapida rispetto a quanto non avvenga per i tradizionali indicatori di mortalità, e con una tendenza alla stabilizzazione.

5

Figura 1.1

Tabel la 1.6

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4

Tabel la 1.5

Demografia e caratteristiche socio-economiche della popolazione lucana 55

FFigura 1.1 Quota popolazione con età maggiore della speranza di vita nazionale - 10 in Basilicata Valori % - Anni 1991-2061.

Fonte: elaborazione su dati Istat Questa evidenza sembra coerente anche con le ipotesi di stabilità o comprensione del-la morbilità di J. Fries (1980) , il quale ha da tempo ipotizzato che l’allungamento progressivo dell’aspettativa di vita fosse accompagnato ad un posticiparsi dell’insorgenza della malattia e della disabilità, determinando un aumento della durata di vita attiva. Quindi in Basilicata, se con i classici indicatori di invecchiamento nei prossimi 50 anni la quota di over 65 e 85 aumenterà rispettivamente del 21,45% e del 9,30%, le analisi si qui esposte mostrano che la quota di anziani aumenterà del 4,86% considerando la speranza di vita alla nascita -10; la crescita dei classici indicatori di invecchiamento è decisamente più rapida rispetto a quella dell’indicatore proposto.

TTabella 1.66 Invecchiamento Basilicata Valori % - Anni 2011-2061

Over ex-10 Over 65 Over 85

2011 16,78% 18,2% 2,75% 2061 21,64% 39,7% 12,05% Diff. 4,86% 21,45% 9,30%

Fonte: elaborazioni su dati Istat Dalle analisi sopra esposte possiamo, quindi, dedurre che l’invecchiamento, come driver di incremento di spesa, sembra essere stato sinora probabilmente molto sovra-stimato. Tale fenomeno, solo in parte derivante da questioni legate alla mortalità, di-pende per lo più dall’aspetto della fecondità.

Nel 2011, in media le donne lucane residenti hanno avuto 1,17 figli, valore che l’ISTAT stima in riduzione rispetto al 2001 (1,21). Questi dati sono in controtenden-za con la ripresa avviatasi a partire dalla seconda metà degli anni ’90 in Italia; infatti,

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66 Capitolo 1

dopo 30 anni di calo ed il minimo storico delle nascite (526.064 nati) e della fecondità (1,20 figli per donna) registrati nel 1995, il tasso di fecondità è cominciato a risali-re. Anche dal lato della fecondità l’Italia sembra spaccata in due: una ripresa della fecondità nell’ultimo decennio al Nord (0,35) e al Centro (0,22) e una riduzione al Sud (-0,33). Tale fenomeno è certamente legato alla domanda di lavoro ovvero all’andamento economico, ma anche alla presenza o meno di un sistema di welfare.

TTabella 1.77 Tasso di fecondità totale Anni 1991-2011

Regioni 1991 2001 2011 Differenze 1991-2011

Italia 1,32 1,25 1,39 0,07 Nord 1,10 1,20 1,45 0,35 Centro 1,16 1,16 1,39 0,22 Sud 1,65 1,35 1,33 -0,33 Basilicata 1,54 1,21 1,17 -0,38

Fonte: Istat Il dato della Regione Basilicata è pari a quasi la metà della cosiddetta “soglia di rim-piazzo” (circa 2,1 figli per donna), che garantirebbe il ricambio generazionale e proprio tale fenomeno porterà nei prossimi anni la Basilicata e più in generale la ripartizione del Sud, ad invecchiare più rapidamente di quanto non avverrà nelle Regioni del Nord.

Meritano particolare attenzione i fattori che hanno condizionato la fecondità ita-liana negli ultimi anni ed in particolare l’invecchiamento delle madri, le nascite da genitori non coniugati ma anche quelle da coppie straniere o miste.

Per quel che concerne la posticipazione delle nascite, nel 2011, le madri della Basilica-ta hanno in media 32,0 anni alla nascita dei figli, circa 3,4 anni in più rispetto al 1991. L’età media al parto della Basilicata è superiore a quella media nazionale già dal 2001, a quella media del Nord negli ultimi anni ed è soprattutto superiore alla media del mezzogiorno dove l’età media al parto è significativamente inferiore (31,0 anni nel 2011).

Il contributo dei nati da madri straniere, invece, risulta in Basilicata - così come nella media delle Regioni del Sud - trascurabile: 3% in Basilicata e al Sud vs.12% in Italia, 18% al Nord e 15% al Centro. Tali differenze sono riconducibili a una diversa concentrazione della popolazione straniera tra le varie Regioni.

TTabella 1.88 Età media della madre al parto Anni 1991-2011

1991 2001 2010 2011 Diff. 1991-2011

Italia 29,1 30,5 31,3 31,4 2,3 Nord 29,7 30,9 31,3 31,5 1,8 Centro 29,5 31,2 31,7 31,8 2,3 Sud 28,5 29,9 31,0 31,0 2,6 Basilicata 28,7 30,6 32,0 32,0 3,4

Fonte: Istat

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Tabel la 1.9

Tabel la 1.10

1.2 Caratterist iche socio-economiche della Regione Basi l icata

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6

Tabel la 1.7

Tabel la 1.8

Demografia e caratteristiche socio-economiche della popolazione lucana 77

TTabella 1.99 Contributo alla fecondità Valori % - Anno 2011

Italiane Straniere Italia 88% 12% Nord 82% 18% Centro 85% 15% Sud 97% 3% Basilicata 97% 3%

Fonte: elaborazione su dati Istat. Nel 2011, in Basilicata il 10,3% dei nati nasce in coppie non coniugate, raggiungendo il valore più basso a livello nazionale; l’incidenza del fenomeno si è comunque tripli-cata rispetto al 1995, quando soltanto il 2,7% delle nascite avveniva al di fuori del matrimonio. Il valore della Basilicata è nettamente inferiore a quello medio italiano, del Nord e del Centro (rispettivamente 24,5%, 28,5% e 29,0% nel 2011), ovvero que-sto porta alla conclusione che nelle Regioni Meridionali (15,3%) sono più radicati e sopravvivono comportamenti familiari più tradizionali rispetto a quanto non avvenga nelle Regioni Centro-Settentrionali.

TTabella 1.110 Nati da genitori non coniugati Valori % - Anni 1995 e 2011

1995 2011 Italia 8,1 24,5 Nord 9,8 28,5 Centro 9,1 29,0 Sud 5,2 15,3 Basilicata 2,7 10,3

Fonte: Istat

11.2 CCaratterist iche socio--eeconomichhe della Regione BBasii ll icata

Il livello di istruzione della popolazione adulta (25-64enni) rappresenta una buona proxy delle conoscenze e delle competenze associabili al capitale umano di ciascun Paese.

In Basilicata, nel 2011, il 46,10% della popolazione tra i 25 e i 64 anni di età ha conseguito come titolo di studio più elevato la licenza di scuola media; tale valore risulta inferiore a quello medio delle Regioni del Sud (51,60%) ma significativamente superiore rispetto a quello medio italiano (44,30%), del Nord (41,35%) e del Centro (37,00%). In aggiunta, nell’ultimo quinquennio il livello di istruzione della popola-zione adulta mostra un progressivo miglioramento.

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88 Capitolo 1

TTabella 1.111 Popolazione in età 25-64 anni che ha conseguito al più un livello di istru-zione secondaria inferiore Valori % Anni 2006-2011

Totale Maschi Femmine 2006 2011 2006 2011 2006 2011

Italia 49,16 44,30 49,50 45,50 48,80 43,10 Nord 46,90 41,35 47,60 42,95 46,20 39,70 Centro 43,18 38,50 43,90 40,00 42,40 37,00 Sud 55,71 51,60 55,30 51,90 56,10 51,30 Basilicata 49,89 46,10 49,30 46,90 50,40 45,40

Fonte: Istat

TTabella 1.112 Giovani che abbandonano prematuramente gli studi per sesso Valori % - Anni 2006-2011

2006 2011 Totale Uomini Donne

Italia 20,58 18,20 21,04 15,22 Nord 17,68 15,99 18,59 13,26 Centro 14,44 15,86 18,94 12,63 Sud 25,48 21,24 24,16 18,20 Basilicata 15,19 14,46 18,29 10,43 Fonte: Istat Il contenimento degli abbandoni scolastici e formativi è anche tra gli obiettivi consi-derati nella politica regionale unitaria del “Quadro strategico nazionale 2007-2013”. Tuttavia, nonostante le buone intenzioni e gli indubbi progressi registra-ti nella maggior parte delle Regioni, in particolar modo in quelle del Sud, il conteni-mento degli abbandoni al di sotto del 10% appare ancora un traguardo lontano. In ef-fetti, nel 2011 il fenomeno coinvolge ancora il 21,24% dei meridionali ed il 16,03% del Centro-Nord.

In Basilicata, tuttavia, il livello di abbandono è inferiore sia a quello medio che anche e soprattutto a quello del Sud (14,46%) e coinvolge, così come avviene nella media, più i maschi (18,29%) che non le femmine (10,43%).

A tal proposito, altro indicatore importante è “Popolazione in età 30-34 anni che ha conseguito un titolo di studio universitario”; si tratta di un indicatore individuato dalla Commissione europea nell’ambito della Strategia Europa 2020 e che si pone come obiettivo per il prossimo decennio il conseguimento di un titolo di studio uni-versitario da parte del 40% della popolazione.

Nel 2011, in Italia, il 20,30% dei giovani 30-34enni ha conseguito un titolo di stu-dio universitario con un incremento di 2,64 punti percentuali nell’ultimo quinquen-nio. In Basilicata, i laureati sono il 17,10% - dato superiore a quello del Sud (16,40%) - valore in crescita dello 0,86% se si considera l’ultimo quinquennio.

Passando all’aspetto economico non ci si può esimere dalla analisi del prodotto in-terno lordo (PIL), che rappresenta il risultato finale dell’attività di produzione di beni e servizi delle unità produttrici residenti. Il PIL pro-capite rappresenta infatti una del-

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Tabel la 1.13

Tabel la 1.14

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8

Tabel la 1.11

Tabel la 1.12

Demografia e caratteristiche socio-economiche della popolazione lucana 99

le più importanti misure del benessere di un Paese e di una Regione, nonché il princi-pale indicatore utilizzato nei modelli di crescita economica.

In Basilicata il PIL, dal 2006 al 2011, ha registrato un incremento pari all’1,91% contro l’1,55% della crescita registrata nel Sud. Inoltre, in Basilicata il PIL pro-capite, a prezzi correnti, è passato da € 16.512,52 nel 2006 a € 18.427,44 nel 2011, inferiore rispetto al valore nazionale (€ 26.055,61) ma con € 733 circa in più rispetto a quello nel Sud.

A livello nazionale, il prodotto interno lordo (PIL), espresso in milioni di euro cor-renti, è passato da € 1.436.379 Mln. del 2006 a € 1.579.659 Mln. del 2011.

TTabella 1.113 Prodotto interno lordo Valori in milioni di € a prezzo correnti e variazione % - Anni 2006-2011

2006 2001 Var. 2011/2006 Var. 2011/2006

Italia 1.436.379 1.579.659 9,98 1,92 Nord 783.433 868.646 10,88 2,09 Centro 308.566 338.536 9,71 1,87 Sud 342.665 370.046 7,99 1,55 Basilicata 9.850 10.826 9,91 1,91 Fonte: Istat La crescita del PIL nell’ultimo quinquennio è pari all’1,92% medio annuo. In termini nominali, il PIL è cresciuto in tutte le Regioni, ma in modo particolare in quelle del Nord (2,09%).

La Basilicata, nonostante i livelli bassi di PIL pro-capite, ha fatto registrare un in-cremento medio annuo nell’ultimo quinquennio (2,22%) maggiore di quello medio italiano (1,18%) e di quello delle Regioni del Sud (1,39%).

TTabella 1.114 Prodotto interno lordo pro-capite Valori in € e variazione % - Anni 2006-2011

2006 2011 Var. media annua 2011/2006

Italia 24.569,30 26.055,61 6,05% 1,18% Nord 29.598,03 31.287,61 5,71% 1,12% Centro 27.437,99 28.328,62 3,25% 0,64% Sud 16.516,10 17.694,65 7,14% 1,39% Basilicata 16.512,52 18.427,44 11,60% 2,22% Fonte: Istat La fase di profonda recessione attraversata dall’Italia negli ultimi anni ha riportato il valore del PIL pro-capite in termini reali a un livello inferiore a quello registrato nel 2006: nell’ultimo quinquennio la riduzione è stata del -4,80% in Basilicata, del -5,76% in Italia e del -6,48% al Sud.

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110 Capitolo 1

Infine, analizziamo il reddito medio annuo delle famiglie. Nel 2010, ultimo anno per cui abbiamo a disposizione i dati, il reddito medio della Regione Basilicata è pari a € 24.176 (€ 2.015 circa mensili). Tale valore risulta inferiore di € 5.610 rispetto alla media italiana e lievemente superiore (€ 41) rispetto alla media del Sud.

TTabella 1.115 Reddito medio familiare netto (esclusi i fitti imputati) Valori in € - Anni 2006-2010

2006 2010

Italia 28.529,00 29.786,00 Nord 31.030,00 32.869,00 Centro 30.859,00 31.355,00 Sud 23.560,00 24.135,00 Basilicata 22.871,00 24.176,00

Fonte: Istat

Il reddito è, ovviamente, correlato alle condizioni del mercato del lavoro. Nel 2011, in Basilicata è occupata il 47,84% della popolazione (61,16% in Italia,

69,65% al Nord, 65,34% al Centro e 68,24% al Sud) nella fascia di età 20-64 anni con un evidente squilibrio di genere: le donne occupate sono il 33,40% (49,86% in Italia, 60,45% al settentrione, 55,19% al Centro e 58,73% al Sud), gli uomini il 62,70% (72,60% in Italia, 78,79% al Nord, 75,79% al Centro e 77,80% al Sud).

La condizione occupazionale in Basilicata appare quindi “peggiore” rispetto alla media del Sud dove è occupata il 68,24% della popolazione: 77,80% degli uomini e il 58,73% delle donne.

Tale indicatore, considerando anche che l’obiettivo fissato dall’Unione europea che prevede nel 2020 una quota di popolazione occupata tra 20 e 64 anni pari al 75,00%, fa ipotizzare una fragilità strutturale del sistema economico lucano.

TTabella 1.116 Tasso di occupazione della popolazione in età 20-64 anni per sesso Valori % - Anni 2006-2011

2006 2011

Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale Italia 74,63 48,40 61,48 72,60 49,86 61,16 Nord 79,42 58,41 69,00 78,79 60,45 69,65 Centro 76,18 54,05 64,97 75,79 55,19 65,34 Sud 78,41 56,99 67,72 77,80 58,73 68,24 Basilicata 67,53 32,74 49,91 62,70 33,40 47,84 Fonte: Istat Inoltre, proprio alla luce del progressivo invecchiamento della popolazione e dell’obiettivo dell’invecchiamento attivo sopra esposto, è importante analizzare l’occupazione della popolazione nella classe di età 55-64 che dovrebbe raggiungere, secondo la Strategia europea di Lisbona, il 50,00%. In Basilicata, l’occupazione della fascia di età anziana è pari al 39,37%, valore in riduzione rispetto a 5 anni prima, su-

11

Tabella 1.17

Tabella 1.18

Tabel la 1.19

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10

Tabel la 1.15

Tabel la 1.16

Demografia e caratteristiche socio-economiche della popolazione lucana 111

periore rispetto alla media italiana (37,93%) e a quella del Sud (35,80%) ed del Nord (38,29%), ma lievemente inferiore a quello del Centro Italia (41,13%).

Anche analizzare l’incidenza del lavoro a tempo determinato è importante, in quanto rappresenta la principale forma di lavoro atipico.

TTabella 1.117 Tasso di occupazione 55-64 anni Valori % - Anni 2006-2011

2006 2011 Italia 32,48 37,93 Nord 31,04 38,28 Centro 35,08 41,13 Sud 33,21 35,80 Basilicata 39,72 39,37

Fonte: Istat

TTabella 1.118 Dipendenti a tempo determinato Valori % - Anni 2006-2011

2006 2011

Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale

Italia 11,20 15,75 13,14 12,30 14,69 13,36 Nord 8,84 13,14 10,69 9,63 12,88 11,81 Centro 11,17 15,59 13,15 12,24 13,32 12,74 Sud 15,06 22,97 17,90 15,30 20,42 17,24 Basilicata 12,55 21,02 15,60 13,69 17,93 15,30 Fonte: Istat In Basilicata, la quota di lavoratori a tempo determinato è pari al 15,30%; tale tipo-logia contrattuale è molto più diffusa tra le donne che non tra gli uomini (13,69% uo-mini e 17,93% donne). In Italia, l’incidenza dei contratti a tempo determinato è pari al 13,36% del totale dei contratti; tale “formula, inoltre, è meno presente al Nord e al Centro (rispettivamente 11,81% e 12,74%) che al Sud, dove il 15,30% degli uomini e il 20,42% delle donne ha un lavoro a termine.

I dipendenti a tempo determinato sono andati riducendosi in media in Italia e al Nord mentre sono aumentati al Sud e al Centro.

TTabella 1.119 Tasso di inattività 15-64 anni Valori % - Anni 2006-2011

2006 2011 Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale Italia 25,37 49,19 37,30 26,91 48,51 37,80 Nord 21,83 40,34 31,00 22,04 39,33 30,60 Centro 23,67 44,05 34,00 24,17 43,18 33,80 Sud 30,71 62,69 46,80 34,52 63,23 49,00 Basilicata 28,05 59,52 43,80 31,92 59,79 45,80

Fonte: Istat

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112 Capitolo 1

Il tasso di inattività della popolazione lucana tra i 15 e 64 anni si attesta al 45,80%: particolarmente sostenuta l’inattività femminile (59,79%). Il tasso di inatti-vità risulta decisamente più elevato rispetto alla media italiana (+8,10%) ma inferiore a quello del Sud (-3,20%).

La propensione della popolazione a presentarsi nel mercato del lavoro al Sud e in Basilicata è bassa, e anche in declino, e questo è ancora più vero se ci riferiamo al ge-nere femminile.

TTabella 1.220 Tasso di disoccupazione Valori % - Anni 2006-2011

2006 2011

Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale

Italia 5,43 8,80 6,09 7,56 9,61 8,41 Nord 2,72 4,92 3,75 4,77 6,85 5,67 Centro 4,46 8,23 6,06 6,68 8,91 7,64 Sud 9,93 16,49 12,24 12,14 16,15 13,59 Basilicata 7,95 15,17 10,52 11,24 13,16 11,95 Fonte: Istat Nel 2011, il tasso di disoccupazione in Italia è pari all’8,41%, valore inferiore a quel-lo della Basilicata (11,95%) e a quello medio delle Regioni del Sud (13,59%). La di-soccupazione, come noto, è meno presente al Nord (5,67%) e al Centro (7,64%). Ancora, le donne risultano più svantaggiate soprattutto al Sud: tasso di di-soccupazione femminile pari al 13,16% in Basilicata, 9,61% in Italia e al 16,15% al Sud.

TTabella 1.221 Tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) Valori % - Anni 2006-2011

2006 2011

Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale

Italia 19,10 25,26 21,60 27,10 32,00 29,10 Nord 9,99 14,71 12,23 17,92 23,10 20,95 Centro 17,48 22,31 19,47 26,60 32,20 28,90 Sud 30,38 40,50 34,27 37,70 44,60 40,40 Basilicata 27,80 40,09 31,95 35,90 47,70 39,60

Fonte: Istat Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è pari in Basilicata al 39,60%, ed è in aumento netto nell’ultimo quinquennio (7,65%). Ovviamente, i giovani rappresentano una delle categorie più vulnerabili e la loro condizione nel mercato del lavoro appare più critica. Nel 2011, il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è pari al 29,10%; forti an-che le differenze di genere: il tasso di disoccupazione giovanile delle donne italiane (32,0%) supera quello maschile di quasi 5 punti e in Basilicata di oltre 11 punti.

13

Tabel la 1.22

Tabel la 1.23

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12

Tabel la 1.20

Tabella 1.21

Demografia e caratteristiche socio-economiche della popolazione lucana 113

TTabella 1.222 Disoccupati di lunga durata: incidenze sul totale dei disoccupati Valori % - Anni 2006-2011

2006 2011

Italia 48,44 51,28 Nord 33,37 43,11 Centro 45,70 49,14 Sud 55,78 56,94 Basilicata 55,59 60,61

Fonte: Istat Anche la disoccupazione di lunga durata appare maggiore nelle Regioni del Sud e in Basilicata rispetto alla media italiana e a quella del Centro-Nord (Italia 51,28%, Nord 43,11%, Centro 49,14%, Sud 56,94% e Basilicata 60,61%). Tale dato appare rilevan-te perché la disoccupazione di lungo periodo rappresenta un problema sociale oltre che un segnale del distorto funzionamento del mercato del lavoro.

Infine, anche in termini di unità di lavoro irregolari la Basilicata presenta una si-tuazione non favorevole, dal momento che rappresenta la terza Regione per unità di lavoratori irregolari. La quota di unità di lavoro irregolare nel 2011 è pari al 21,10% (12,20% in Italia). In generale, il Sud registra l’incidenza del lavoro non regolare più elevata del Paese (20,20%) e praticamente doppia rispetto a quella del Nord (8,80%).

TTabella 1.223 Unità di lavoro irregolari sul totale delle unità di lavoro Valori % - Anni 2006-2010

2006 2010

Italia 12,00 12,20 Nord 8,70 8,80 Centro 10,50 10,50 Sud 19,30 20,20 Basilicata 19,60 21,10

Fonte: Istat Di seguito, si riporta la stima della produttività del lavoro espressa come rapporto tra prodotto interno lordo2 e numero di occupati.

L’andamento della produttività del lavoro, in Italia è stata in diminuzione tra il 2008 e il 2009, ed è in ripresa fra il 2010 e 2011. L’andamento della produttività in Basilicata è inferiore rispetto alla media nazionale ma cresce più rapidamente.

2 In milioni di euro correnti-Conto delle risorse e degli impieghi

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114 Capitolo 1

FFiigura 1.22 Valore aggiunto ai prezzi base per Ula per regione Valori concatenati anno 2005 - Anni 2000-2011

30,0

35,0

40,0

45,0

50,0

55,0

60,0

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Italia Nord Centro Sud Basilicata

Fonte: elaborazione su dati Istat.

11.3 RRiflessioni f inali

La popolazione della Basilicata presenta delle caratteristiche strutturali tali per cui ri-sulta essere più simile alle Regioni Centro-Settentrionali che non a quelle della pro-pria ripartizione.

La speranza di vita alla nascita associata ad una bassa fecondità ha prodotto una tendenza all’invecchiamento della popolazione piuttosto evidente.

Il peso della popolazione anziana sta aumentando e continuerà ad aumentare nei prossimi anni. Tuttavia, questo non necessariamente rappresenterà un “proble-ma”; infatti, recentemente è andata diffondendosi l’idea di un invecchiamento attivo, ovvero viene promossa la capacità degli over 65 di continuare a far parte del mercato del lavoro ma anche di contribuire alle istanze di natura sociale, continuando in tal modo ad essere indipendenti.

Se è vero che tra 30 anni, la Basilicata assurgerà al rango di Regione più “vecchia d’Italia”, è altrettanto vero che ciò non determinerà effetti catastrofici. Non di meno, dovranno, comunque, essere pianificate politiche di “tutela” per questo importante segmento di popolazione. Altro fenomeno peculiare è la progressiva riduzione della fecondità, che potrebbe, nei prossimi anni, subire una nuova battuta di arresto causata dal protrarsi della sfavo-revole congiuntura economica.

Il mercato del lavoro della Basilicata appare debole: la Regione è caratterizzata da tassi di attività e di occupazione notevolmente inferiori rispetto alla media nazionale, anche se comunque superiori rispetto a quelli del Meridione, e da tassi di disoccupa-zione inferiori rispetto al Sud ma molto superiori rispetto all’Italia (tenendo però con-

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Figura 1.2

1.3 Rif lessioni f inal i

Demografia e caratteristiche socio-economiche della popolazione lucana 115

to della citata minore partecipazione al mercato del lavoro). Appare, in aggiunta, as-solutamente evidente lo svantaggio per il genere femminile.

La debolezza del mercato del lavoro è certamente legata ai ritardi in termini di istruzione della popolazione: quasi il 50% della popolazione lucana nel 2011, ha con-seguito come titolo di studio più elevato la licenza di scuola media. Nonostante la condizione appaia migliore rispetto a quella media delle Regioni del Sud, la distanza dalla media italiana è ancora evidente. E’, comunque, da rimarcare che, nell’ultimo quinquennio, il livello di istruzione della popolazione adulta mostra un progressivo miglioramento.

La condizione che contraddistingue il mercato del lavoro e quella che caratterizza i livelli di istruzione, fanno sì che in Basilicata si osservi un PIL, così come un reddito pro-capite, basso; tutto questo contribuisce a rendere fragile il sistema luca-no. Concludendo, appare doveroso rimarcare come, tuttavia, nell’ultimo quinquennio la crescita del PIL sia apparsa più dinamica rispetto a quella media nazionale.

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2 L’assistenza extra-ospedaliera

in Basi l icata: rete strutturale e dotazioni organiche

2.1 Introduzione

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22 LL’assistenza extra--oospedaliera

iin Basi l icata: rete strutturale ee dotazioni organiche

Ploner E. 1

22.1 IIntroduzione

Il Piano Sanitario 2011-2013 sottolinea la necessità di una visione integrata ed oli-stica dei problemi di salute, delle singole persone e della comunità a cui esse afferi-scono e le affida all’assistenza primaria, in particolare alla medicina di base, con l’obiettivo di:

• promuovere il benessere e la salute della comunità; • prendere in carico i pazienti in modo globale e completo; • favorire la continuità assistenziale; • concorrere ai processi di governo della domanda; • misurare il mantenimento e il miglioramento dello stato di salute del sin-

golo e della comunità; • favorire l’empowerment dei pazienti.

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare nelle precedenti edizioni del Rapporto, non è per altro assolutamente banale definire quali servizi sanitari siano propriamente “assistenza primaria”.

Per comodità, e seguendo la logica di fondo dei LEA, ricomprendiamo nel capito-lo tutte le cure di tipo extra-ospedaliero: dalla medicina di base, alla farmaceutica convenzionata, all’assistenza di tipo specialistico ambulatoriale.

1 Economista. Laureata in Economia delle Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni Internazionali presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Ricercatore dell’Università degli studi di Roma “Tor Vergata” afferente al CREA Sanità e al CEIS.

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118 Capitolo 2

22.2 LL’evoluzione dell’assistenza di base

22.2.1 SStrutture per la presa in carico: Distrett i e ASL

Com’è noto, il Distretto, articolazione territoriale delle ASL, dovrebbe rappresentare il primo punto di incontro del cittadino con il SSR. Compito fondamentale del Di-stretto è, dunque, quello di coordinare ed integrare i diversi soggetti erogatori di pre-stazioni, tanto territoriali che ospedalieri, in modo da offrire una risposta coordinata e continuativa ai bisogni dei propri assistiti.

A partire dai primi anni del nuovo secolo, tuttavia, parallelamente al potenziamen-to del ruolo del Distretto, si è assistito anche ad un processo di accorpamento e sop-pressione di alcune preesistenti ASL. La lettura del dato, con riferimento al biennio 2008-2010, evidenzia come tutte le ripartizioni oggetto di indagine, ad eccezione del Nord e del Centro che nel periodo considerato non hanno riportato variazioni, avesse-ro avuto significative contrazioni del numero delle ASL: Italia -3,57% medio annuo, Sud -10,76% medio annuo e Basilicata -36,75% medio annuo. La Basilicata, in parti-colare, tra il 2008 ed il 2009, è passata dalle cinque preesistenti ASL alle due attuali (Azienda Sanitaria di Potenza e Azienda Sanitaria di Matera). Anche per i Distretti si sono avute variazioni a livello nazionale e nelle Regioni Centro-Settentrionali (Ita-lia -0,89%, Centro -1,65% e Sud -1,75%ogni anno tra il 2008 ed il 2010); il Nord, invece, ha fatto registrare valori in crescita (+0,26%), mentre in Lucania l’indicatore non ha subìto modifiche.

TTabella 2.1 Variazione media annua ASL e Distretti. Valori % - Anni 2008-2010

Regioni ASL Distretti Italia -3,57 -0,89 Nord - 0,26 Centro - -1,65 Sud -10,76 -1,75 Basilicata -36,75 -

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Con il D. Lgs. 229/1999, inoltre, è stato sancito che la dimensione ottimale del Di-stretto fosse di 60.000 abitanti. Tale precetto, ovviamente, deve essere letto congiun-tamente alla definizione della dimensione media delle ASL.

Nel 2011, osserviamo che la Basilicata, dopo aver reso operativo il processo di accorpamento delle ASL, ha in tutti i Distretti una popolazione superiore a 60.000 re-sidenti, facendo registrare il valore massimo nel Distretto 2 con 213.335 abitanti affe-renti. L’Azienda Sanitaria di Potenza, inoltre, ha un bacino medio di utenza superiore a quello dell’Azienda Sanitaria di Matera.

Dall’analisi effettuata appare, dunque, evidente come la Basilicata, nel 2008, e cioè prima del processo di riorganizzazione avesse una popolazione media per ASL e per Distretto fortemente sottodimensionata. Nel 2011, a seguito dell’accorpamento

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2.2.2 Professionist i per la presa in car ico: Medici di Medicina Generale e Pediatr i di L ibera Scelta

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2.2 L’evoluzione dell’assistenza di base

2.2.1 Strutture per la presa in carico: Distrett i e ASL

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 119

delle ASL, è l’ASP quella con un maggior numero di abitanti afferenti, superando il valore riportato dalle Regioni Settentrionali nel 2010.

TTabella 2.2 Abitanti afferenti per ASL e per Distretto Valori assoluti – Anno 2011

ASL Popolazione Basilicata 597.517 ASP 383.791 Distretto 1 96.804 Distretto 2 213.335 Distretto 3 73.652 ASM 203.726 Distretto 4 123.449 Distretto 5 80.277

Fonte: Regione Basilicata.

22.22.2 PProfessionist i per la presa in carico: Medici di Medicina GGenerale e PPediatr i di L ibera Scelta

L’Accordo Collettivo Nazionale del 2009 ha ridisegnato il ruolo della Medicina Ge-nerale nel sistema sanitario. In particolare, all’art. 29 viene sancito che la Medicina Generale deve essere orientata al superamento della logica dell’intervento rivolto alla erogazione della singola prestazione a favore di un approccio integrato finalizzato a una gestione globale della salute del cittadino attraverso un modello di cure che faccia corrispondere continuità e variabilità di bisogni del paziente con la continuità e la va-riabilità della risposta assistenziale del sistema; inoltre, viene stabilito che deve esse-re garantita la continuità dell’assistenza per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, attraverso l’organizzazione distrettuale del servizio ed il coor-dinamento operativo oltre che la massima integrazione dell’attività professionale tra i Medici della Medicina Generale e tra essi e gli altri professionisti dell’assistenza terri-toriale.

L’art. 33 del predetto Accordo decreta, in aggiunta, che per ciascun ambito territo-riale può essere iscritto solamente un medico ogni 1.000 abitanti residenti o frazione di 1.000 superiore a 500, detratta la popolazione di età compresa tra 0 e 14 anni. Alle Regioni viene comunque lasciata la facoltà di indicare per ambiti territoriali dell’assistenza primaria un diverso rapporto medico/popolazione residente. La varia-bilità di tale rapporto deve essere comunque concordata nell’ambito degli Accordi re-gionali e comunque fino ad un aumento massimo del 30,00%.

Il summenzionato indice di programmazione, nel 2010, è stato rispettato solo dalla Basilicata con circa 1.000 residenti adulti (intendendo con ciò la popolazione con età di 14 anni e più) per MMG; le Regioni Settentrionali, di contro, sono state quelle che se ne sono maggiormente allontanate (1.210 adulti per MMG). Inoltre, tra il 2008 ed il 2009, in tutte le ripartizioni geografiche oggetto di indagine, si è verificato un au-mento degli assistiti per MMG: Basilicata +1,48%, Italia +1,34%, Nord +1,88%, Cen-

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220 Capitolo 2

tro +2,08% e Sud +0,25%; tendenza opposta ha contraddistinto, invece, il periodo 2009-2010, in cui il numero degli adulti residenti per MMG si è contratto, andando dal valore massimo della Basilicata (-1,56%) a quello minimo del Centro (-0,23%).

TTabella 2.3 Adulti per MMG Valori assoluti e % - Anni 2008-2010

Regioni Anno 2010 Var. % 2008-2009 Var. % 2009-2010 Italia 1.125,08 1,34 -0,36 Nord 1.210,28 1,88 -0,28 Centro 1.044,84 2,08 -0,23 Sud 1.071,64 0,25 -0,56 Basilicata 999,24 1,48 -1,56

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

Per quanto attiene, invece, la Pediatria di Libera Scelta, nel medesimo anno, è proprio la Basilicata che riporta il valore più elevato con 1.209 bambini per PLS. Come per i Medici di Medicina Generale, anche in questo caso si riscontrano delle discordanze tra le varie ripartizioni: il dato nazionale e quello delle Regioni del Nord supera i 1.000 residenti ogni PLS (nello specifico 1.018 bambini per PLS e 1.071 bambini per PLS rispettivamente la prima e le seconde), mentre quello delle Regioni Cen-tro-Meridionali si colloca al di sotto del valore soglia (rispettivamente 964 e 989 bambini per PLS). In aggiunta, se nel periodo 2008-2009 l’indicatore è cresciuto in tutte le aree con l’unica eccezione del Sud dove ha riportato un segno negativo dell’1,49%, tra il 2009 ed il 2010 subisce un’inversione di tendenza nelle Regioni Set-tentrionali e Centrali (rispettivamente -1,49% e -1,91%) e continua la sua “corsa al rialzo” in Basilicata (4,84%).

TTabella 2.4 Bambini per PLS Valori assoluti e % - Anni 2008-2010

Regioni Anno 2010 Var. % 2008-2009 Var. % 2009-2010 Italia 1.018,25 0,29 -0,39 Nord 1.071,15 1,11 -1,49 Centro 963,72 1,97 -1,91 Sud 989,12 -1,49 1,65 Basilicata 1.208,56 0,30 4,84

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

Quanto appena enucleato suggerisce, quindi, che per i MMG se il carico di lavoro è cresciuto tra il 2008 e il 2009, essendo mediamente aumentate le scelte, si è poi ridot-to, invece, nel periodo 2009-2010. Risultati parzialmente diversi contraddistinguono la Pediatria di Libera Scelta: il carico di lavoro risulta accresciuto tra il 2008 ed il 2009 in tutte le aree ad eccezione del Sud, mentre, nel periodo immediatamente suc-

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20 L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 221

cessivo, le scelte decrescono nelle Regioni Centro-Settentrionali ma aumentano al Sud ed in particolar modo in Basilicata.

Nel 2011, in Basilicata, ogni MMG dell’Azienda Sanitaria di Potenza aveva un carico di 1.086 adulti residenti, mentre ogni MMG dell’Azienda Sanitaria di Mate-ra aveva in media 1.068 assistiti. Rispetto all’anno precedente il carico di lavoro di ciascun MMG della Regione è aumentato in media dello 0,07% (0,02% per quelli dell’Azienda Sanitaria di Potenza e 0,18% per quelli dell’Azienda Sanitaria di Matera).

TTabella 2.5 Numero medio assistiti per MMG Valori assoluti e % - Anni 2010-2011

ASL Anno 2011 Var. % 2010-2011 Basilicata 1.079,46 0,07 ASP 1.085,54 0,02 Distretto 1 1.104,31 1,49 Distretto 2 1.087,77 -0,64 Distretto 3 1.058,29 0,03 ASM 1.067,95 0,18 Distretto 4 1.078,47 1,05 Distretto 5 1.053,29 -1,04

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata.

Alla stessa data (2011) ad ogni Pediatra di Libera Scelta dell’ASP afferivano 829 un-der 14 e ad ogni PLS dell’ASM 858.

Contrariamente a quanto avvenuto per il carico di lavoro dei MMG che tra il 2010 ed il 2011 è aumentato, quello dei PLS di entrambe le Aziende Sanitarie diminuisce (in dettaglio: ASP -0,04% e ASM -0,11%).

TTabella 2.6 Numero medio assistiti per PLS Valori assoluti e % - Anni 2010-2011

ASL Anno 2011 Var. % 2010-2011 Basilicata 840,14 -0,04 ASP 828,63 -0,04 Distretto 1 831,69 - Distretto 2 860,35 0,13 Distretto 3 444,00 -24,02 ASM 857,64 -0,11 Distretto 4 846,28 -0,84 Distretto 5 886,86 1,74

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata.

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222 Capitolo 2

22.2.3 LLa Continuità Assistenziale

Al fine di garantire la Continuità dell’Assistenza (CA) per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, le Aziende, sulla base dell’organizzazione distret-tuale dei servizi e nel rispetto degli indirizzi della programmazione regionale, orga-nizzano le attività sanitarie per assicurare la realizzazione delle prestazioni assisten-ziali territoriali non differibili, dalle ore 10 del giorno prefestivo alle ore 8 del giorno successivo al festivo e dalle ore 20 alle ore 8 di tutti i giorni feriali. Al fine di consen-tire una programmazione corretta ed efficiente del servizio di Continuità Assistenziale nelle singole Aziende, le Regioni definiscono, anche sulla base delle proprie caratteri-stiche orogeografiche, abitative e organizzative, il fabbisogno dei medici di Continui-tà Assistenziale di ciascuna singola ASL; tale predetto fabbisogno, di norma, viene definito sulla base di un rapporto ottimale medici in servizio/abitanti residen-ti. Siffatto rapporto, invero, era stato già definito dall’Accordo Collettivo Nazionale del 2005, che prevedeva un medico di Continuità Assistenziale ogni 5.000 abitanti residenti.

Sulla base di queste premesse, il numero dei medici di CA dovrebbe essere di cir-ca 12.000-13.000 unità a livello nazionale, tenendo ovviamente in debita considera-zione la variabilità tra ripartizioni. Nel 2010, in effetti, erano presenti circa 12.000 medici di CA e ad ognuno di essi afferivano circa 4.985 residenti. Se a livello Italia le soglie sono state rispettate, altrettanto non si può dire per le singole ripartizioni; in particolare, in Basilicata e nelle Regioni Meridionali si hanno valori nettamente infe-riori (1.311,53 nel primo caso e 2.924,98 nel secondo), mentre nelle Regioni Cen-tro-Settentrionali ogni medico di CA deve assistere un numero ben maggiore di 5.000 residenti.

TTabella 2.7 Medici CA e residenti per medico di CA Valori assoluti – Anno 2010

Regioni Medici di CA Residenti per medico di CA

Italia 12.104 4.985,16 Nord 3.064 9.003,45 Centro 1.901 6.245,31 Sud 7.139 2.924,98 Basilicata 449 1.311,53

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

Tra il 2008 ed il 2009, in tutte le ripartizioni, si è assistito ad un aumento degli assi-stibili residenti per medico titolare di punto di Guardia Medica, con il valore più bas-so riportato dalla Basilicata (+0,86%) e quello massimo dalle Regioni del Sud (+7,54%). Aumenti generalizzati hanno caratterizzato anche il periodo immediata-mente successivo, con l’unica esclusione della Lucania, dove l’indicatore ha riportato un -4,51%.

23

Figura 2.1

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 227415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 22 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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22

2.2.3 La Continuità Assistenziale

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 223

FFigura 2.11 Variazione residenti per medico di CA. Valori % - Anni 2008-2010.

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

Nell’anno appena trascorso (2012), in Basilicata erano operativi 449 medici titolari di Guardia Medica, di cui il 71,94% nell’Azienda Sanitaria di Potenza ed il rimanente 28,06% nell’Azienda Sanitaria di Matera.

TTabella 2.8 Medici di CA Valori assoluti e composizione % - Anno 2012

ASL Medici CA Medici CA (%) Basilicata 449 100,00 ASP 323 71,94 Distretto 1 50 11,14 Distretto 2 187 41,65 Distretto 3 86 19,15 ASM 126 28,06 Distretto 4 55 12,25 Distretto 5 71 15,81

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. In Italia sono stati rilevati, nel 2010, 2.925 punti di Guardia Medica con un bacino medio di utenza di circa 20.629 abitanti. Nello stesso anno, la Basilicata aveva circa 5.608 residenti afferenti ad ogni punto (105 in totale); inoltre, nelle Regioni Meridio-nali, in confronto alle altre ripartizioni geografiche, si è avuta la maggior numerosità di punti (1.700) a cui corrispondevano in media 12.283,19 residenti. All’estremo op-posto, in termini di residenti per punto, il Nord in cui ogni punto doveva gestire le ne-cessità assistenziali di un bacino medio di utenza pari a 34.787,60 abitanti.

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224 Capitolo 2

TTabella 2.9 Punti di Guardia Medica e residenti per Punto Valori assoluti – Anno 2010

Regioni Punti Guardia Medica Residenti per Punto Italia 2.925 20.629,17 Nord 793 34.787,60 Centro 432 27.482,25 Sud 1.700 12.283,19 Basilicata 105 5.608,37

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Se confrontiamo i valori dell’anno 2008 con quelli dell’anno 2009, emerge che mentre al Nord ed in Basilicata gli abitanti afferenti per punto erano diminuiti (-0,93% nel primo caso e -2,94% nel secondo), nelle Regioni Centro-Meridionali si è verificato il fenomeno oppo-sto. Comportamenti differenziati tra le ripartizioni si evidenziano, invece, con riferimento al periodo 2009-2010; in questo caso, riportano variazioni di segno negativo il Nord (-0,68%) ed il Centro (-2,63%), mentre il dato nazionale, il Sud e la Basilicata si attestano su percen-tuali positive, rispettivamente pari a +1,49%, +3,30% e +31,99%.

L’analisi dei dati sembrerebbe, quindi, suggerire che, benché nel 2010 nelle Re-gioni Meridionali ed in particolar modo nella Regione lucana, fosse presente una maggior capillarità del servizio, tra il 2009 ed il 2010, rispetto al periodo precedente, è andata palesandosi, per quel che riguarda la Basilicata, un’inversione di tendenza: mentre ha incrementato la presenza dei punti di guardia medica tra il 2008 ed il 2010, ne ha invece razionalizzato notevolmente l’offerta nel periodo successivo (ed infatti, i residenti per punto sono aumentati del 31,99%); politica opposta è stata, di contro, adottata nell’Italia Centro-Settentrionale, ovvero sono stati attivati più punti di Guar-dia Medica con conseguente riduzione dei relativi bacini di utenza.

FFigura 2.22 Variazione residenti per punto di Guardia Medica Valori % - Anni 2008-2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

25

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Figura 2.2

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 225

Nel 2011 sul territorio lucano sono presenti 139 punti di Guardia Medica di cui 106 (76,26%) con circa 3.620 residenti per punto nell’Azienda Sanitaria di Potenza e 33 (23,74%) con un bacino medio di utenza per punto di 6.173 abitanti nell’Azienda Sa-nitaria di Matera.

TTabella 2.10 Punti di Guardia Medica e residenti per punto Valori assoluti e composizione % - Anno 2011

ASL Punti Guardia Medica

Punti Guardia Medica (%)

Residenti per Punto

Basilicata 139 100,00 4.226,74 ASP 106 76,26 3.620,67 Distretto 1 19 13,67 5.094,95 Distretto 2 55 39,57 3.878,82 Distretto 3 32 23,02 2.301,63 ASM 33 23,74 6.173,52 Distretto 4 14 10,07 8.817,79 Distretto 5 19 13,67 4.225,11

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. Tra il 2010 ed il 2011 in Basilicata si verifica una contrazione del numero dei punti di Guar-dia Medica (-2,80%) accompagnato da un ovvio incremento del bacino medio di utenza dei punti stessi (+2,64%); tuttavia, mentre nell’Azienda Sanitaria di Matera il numero comples-sivo dei punti della Continuità Assistenziale nel 2011 non presenta variazioni rispetto all’anno precedente e la minima crescita di abitanti per punto può essere imputata unicamen-te ad un aumento dei residenti del territorio della ASL, nell’Azienda Sanitaria di Potenza, di contro, a fronte di una riduzione del 3,64% dei punti, si verifica un incremento meno che proporzionale del relativo bacino di utenza (+3,36%).

TTabella 2.11 Punti di Guardia Medica e residenti per punto Valori % - Anni 2010-2011

ASL Punti Guardia Medica Residenti per Punto Basilicata -2,80 2,64 ASP -3,64 3,36 Distretto 1 - -0,06 Distretto 2 -5,17 5,01 Distretto 3 -3,03 2,34 ASM - 0,08 Distretto 4 - 0,13 Distretto 5 - -0,01

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. Rapportando il numero di medici titolari di CA al totale dei punti presenti nei vari territori, la lettura del dato relativo al 2010 evidenzia come il Nord fosse la ripar-tizione in cui era presente una minor quantità di medici in rapporto ai punti (3,86),

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 257415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 25 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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226 Capitolo 2

mentre la Basilicata si posizionava ad un livello intermedio tra il Centro ed il Sud con 4,28 medici per punto. Tale rapporto nei due periodi considerati (2008-2009 e 2009-2010) ha mostrato un trend non uniforme; infatti, mentre tra il 2008 ed il 2009 ha segnato variazioni negative in tutte le ripartizioni geografiche, ad ecce-zione dell’Italia Centrale dove ha raggiunto un +4,51%, nel periodo successivo diminuisce nelle Regioni del Nord e del Centro ma aumenta nel Sud e soprattutto in Basilicata (+38,23%).

TTabella 2.12 Medici titolari di CA per punto di CA Valori assoluti e % - Anni 2008-2010

Regioni Anno 2010 Var. % 2008/2009 Var. % 2009/2010 Italia 4,14 -4,26 -1,09 Nord 3,86 -5,28 -3,40 Centro 4,40 4,51 -5,67 Sud 4,20 -5,87 1,16 Basilicata 4,28 -3,77 38,23

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. L’investigazione, poi, del numero medio annuo di ore prestate da ciascun medico del-la CA evidenzia la presenza di una forte disuguaglianza tra le Regioni Settentrionali e quelle Centro-Meridionali; in effetti, mentre al Nord ciascun medico di CA presta mediamente in un anno 1.879 ore di servizio, nel Centro 1.565, nel Sud 1.508 ed in Basilicata 1.597. Questa disomogeneità potrebbe anche essere in parte attribuita al fatto che nell’Italia Settentrionale c’è una minor concentrazione di medici di CA per punto di Guardia Medica e, di conseguenza, per assicurare la continuità del servizio, potrebbe essere che a ciascun medico venga richiesto di prestare servizio per un nu-mero maggiore di ore rispetto a quanto non avvenga altrove. Inoltre, se tra il 2008 ed il 2009 il carico di lavoro medio annuo di ciascun medico è aumentato sia al Nord (+3,70) e al Centro (+4,24%), ma ridotto al Sud (-0,98%) ed in Basilicata (-3,64%), nel periodo immediatamente successivo riporta ovunque variazioni di segno positivo, seppur di diversa entità (Italia +1,18%, Nord +2,70%, Centro +0,27%, Sud +0,63% e Basilicata +1,15%).

TTabella 2.13 Numero medio annuo di ore per medico di CA. Valori assoluti e % - Anni 2008-2010

Regioni Anno 2010 Var. % 2008/2009 Var. % 2009/2010 Italia 1.611 1,20 1,18 Nord 1.879 3,70 2,70 Centro 1.565 4,24 0,27 Sud 1.508 -0,98 0,63 Basilicata 1.597 -3,64 1,15

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

27

2.2.4 Appropriatezza prescr itt iva e tassi di r icovero

Figura 2.3

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26 L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 227

22.2.4 AAppropriatezza prescr itt iva e tassi di r icovero

La variabilità nelle prescrizioni (tanto di farmaceutica che di specialistica) è attribuibile sia alle differenti attitudini prescrittive dei medici che ai diversi bisogni/caratteristiche delle popolazioni a confronto. Tuttavia, la capacità di filtro ai ricoveri e l’appropriatezza pre-scrittiva sono parametri fondamentali per valutare l’efficienza e l’efficacia dell’attività svolta dalla medicina generale e dalla Continuità Assistenziale.

Per quanto riguarda la prescrizione di farmaci i livelli del Nord, per tutti gli anni con-siderati, sono sempre stati inferiori a quelli di tutte le altre ripartizioni geografiche. In par-ticolare, nell’ultimo anno (2010), le Regioni Meridionali ed in special modo la Basilicata sono state le zone con il numero più elevato di ricette per medico di base e rispettivamente pari a 11.714 e 11.779 e con un incremento del 5,37% e del 9,46% rispetto al 2008. Tuttavia, nel biennio 2008-2010, mentre l’aumento più accentuato in termini di prescrizioni medie per ciascun medico di base è stato riportato dalle Regioni Settentriona-li, quello di minor entità dalle Regioni del Sud; la Basilicata, invece, si posiziona subito dopo il Nord. “Graduatoria” parzialmente diversa ha contraddistinto il periodo 2008-2010: la Lucania ed il Nord sono state le zone che hanno riportato le variazioni mi-nori (+8,40% nel primo caso e +8,88% nel secondo), mentre le Regioni Centrali si posi-zionano all’estremo opposto raggiungendo un +9,95%.

TTabella 2.14 Prescrizioni (ricette) per medico di base Valori assoluti – Anni 2006-2010

Regioni Anno 2006 Anno 2008 Anno 2010 Italia 9.301 10.167 10.943 Nord 8.554 9.314 10.211 Centro 9.331 10.259 11.086 Sud 10.156 11.117 11.714 Basilicata 9.928 10.762 11.779

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

FFigura 2.33 Prescrizioni (ricette) per medico di base Valori % - Anni 2006-2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

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228 Capitolo 2

Per rendere maggiormente confrontabili le diverse realtà territoriali, ovvero per rendere maggiormente comparabile l’indicatore riferito alle ricette pro-capite, è indispensabile tenere conto delle peculiarità di ciascuna struttura demografi-ca. Standardizzando, quindi, rispetto alle caratteristiche demografiche della popo-lazione - per eliminare eventuali differenze dovute all’età e al sesso - risulta che le 11,51 ricette per residente delle Regioni del Sud e le 11,51 prescrizioni pro-capite della Basilicata, notoriamente caratterizzate da bacini di utenza più giovani a livello nazionale, sono sostanzialmente equivalenti alle 8,23 ricette pro-capite delle Regioni Settentrionali, cioè delle Regioni con la popolazione me-diamente più vecchia.

Appare utile evidenziare, altresì, come l’investigazione della variabilità tempo-rale dell’indicatore (ricette pro-capite) abbia messo in rilievo come in entrambi i periodi studiati (2006-2008 e 2008-2009) sia stata la Basilicata ad aver avuto le variazioni medie annue più elevate. In particolare, tra il 2006 ed il 2008, mentre Lucania e Sud hanno visto incrementare mediamente ogni anno le prescrizioni per residente di quote rispettivamente pari a +4,50% e +4,30%, Nord e Centro, di contro, non hanno raggiunto il 4,00%. Nel biennio successivo (2008-2010), la va-riazione media annua più elevata afferisce nuovamente alla Basilicata (+3,99%) seguita dalle Regioni del Nord (+3,26%), mentre il Sud supera appena il 2,00%.

FFigura 2.44 Ricette pro-capite effettive e standardizzate Valori assoluti – Anno 2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

29

Figura 2.5

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Figura 2.4

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 229

FFigura 2.55 Ricette pro-capite per popolazione pesata Valori % - Anni 2006-2008

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Se è pur vero che si è verificato un aumento delle prescrizioni per medico di base, è altrettanto vero che il costo medio per ricetta si è progressivamente ridotto. In effetti, leggendo congiuntamente i due indicatori - ricette pro-capite per popolazione pesata e costo medio per ricetta - si evidenzia che quelle aree che hanno riportato i valori più elevati di prescrizioni per residente sono altresì quelle in cui si è avuto per con-verso un costo medio per ricetta inferiore (Basilicata € 17,08, Centro € 19,67 e Sud € 20,00). Ma se si analizza l’andamento temporale del fenomeno nei periodi 2006-2008 e 2008-2010 emerge anche che si è assistito ad un calo generalizzato del suddetto costo, seppur con percentuali variabili nelle ripartizioni. Conclusivamente, se il costo medio per ricetta risulta in calo, nonostante l’aumento del numero di ricette emesse, ciò significa che è diminuito il costo medio dei farmaci prescritti, ma anche molto probabilmente il numero di pezzi prescritti per ogni ricetta2.

TTabella 2.15 Costo medio per ricetta Valori assoluti e % - Anni 2006-2010

Regioni Anno 2010 Var. % 2006/2008 Var. % 2008/2010 Italia 20,51 -14,37 -6,56 Nord 21,46 -11,15 -8,14 Centro 19,67 -19,25 -6,54 Sud 20,00 -14,97 -4,96 Basilicata 17,08 -9,37 -12,75

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

2 Vedere paragrafo sull’andamento di spesa e consumo del settore farmaceutico.

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330 Capitolo 2

L’approfondimento dei dati relativi ai ricoveri prescritti dai medici titolari di Guardia Medica ha messo in rilievo le profonde differenze esistenti tra ripartizioni geografi-che. In tutti gli anni indagati - 2006, 2008 e 2010 - la Basilicata, seguita da una certa distanza dalle Regioni Meridionali, è stata quella con i tassi di ricovero più al-ti. Nel 2010, per altro, a livello nazionale il tasso si fermava a 296,16 ricoveri per 100.000 residenti, nel Nord raggiungeva circa 300,91 ed, infine, nel Centro non arri-vava a 257,00.

FFigura 2.66 Ricoveri prescritti da Guardia Medica. Tasso per 100.000 ab. Valori assoluti – Anni 2006-2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Osservando l’evoluzione temporale del fenomeno, si rileva come nel biennio 2006-2008 la tendenza sia stata quella di un aumento delle richieste di ricovero da parte delle Guardie Mediche, eccezion fatta per le Regioni Settentrionali e per il da-to riferito all’Italia: nello specifico, la Basilicata e il Centro sono le aree in cui si è registrato un aumento più cospicuo (rispettivamente pari a +8,17% e +8,35%). Spostando l’analisi al periodo 2008-2010, in tutte le ripartizioni si è avu-to un decremento del ricorso all’ospedalizzazione da parte dei medici della CA, seppur con intensità variabile: Italia -11,97%, Nord -10,60%, Centro -0,50%, Sud -17,85% e Basilicata -26,71%. Appare, dunque, evidente che se da un lato nell’ultimo anno (2010) il Sud, ed in particolar modo Basilicata, hanno avuto le maggiori richieste di ricovero per 100.000 abitanti, dall’altro, di contro, sono state quelle che tra il 2008 ed il 2010 hanno ridotto in modo più marcato rispetto alle al-tre ripartizioni i tassi di ricovero.

31

Figura 2.7

2.2.5 Rif less ioni f inal i

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30

Figura 2.6

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 331

FFigura 2.77 Ricoveri prescritti da Guardia Medica. Tasso per 100.000 ab. Valori % - Anni 2006-2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

22.2.5 RRif less ioni ff inal i

Sulla carta, con la promulgazione degli Accordi Integrativi Regionali del 2008, il le-gislatore lucano ha inteso reimpostare la relazione territorio-ospedale, riservando all’assistenza ospedaliera unicamente il trattamento delle patologie acu-te. L’assistenza primaria, e dunque l’assistenza di base, dovrebbe diventare soggetto attivo in grado di intercettare e conseguentemente soddisfare la domanda di assistenza mediante una presa in carico globale. Tuttavia, la lettura combinata di alcuni indica-tori, quali ad esempio il numero di prescrizioni per residente e il tasso di ricovero, sembrerebbe suggerire che, nonostante l’enfasi posta sullo slittamento dell’assistenza sul territorio, ancora parrebbe non completamente compiuto il processo di integrazio-ne tra professionisti, fra distretti e strutture di offerta di primo livello. A riprova di ciò, i ricoveri prescritti dai medici della CA ogni 100.000 abitanti sono più alti in Ba-silicata che non altrove, così come lo sono le ricette pro-capite sia per popolazione effettiva che standardizzata. Se il maggior ricorso all’ospedalizzazione da un lato po-trebbe essere in parte causato da un contestuale aumento dei residenti per punto di Guardia Medica, traducendosi conseguentemente in una minor capacità di filtro dei medici della CA, dall’altro è difficilmente giustificabile, giacchè la Basilicata, ed il Sud in generale, nel 2010 sono ben lontani dall’indice di programmazione che defini-sce come ottimale il rapporto di un medico di CA ogni 5.000 residenti (Basilicata 1.312 e Sud 2.925). Appare, dunque, evidente come in questo caso la rete ospedaliera continui a svolgere funzioni di supplenza nei confronti dell’assistenza di base. Tale risultato è attribuibile tanto al comportamento dei MMG quanto a quello degli opera-tori della CA che, in molti casi, sembrano non selezionare in modo adeguato la do-

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332 Capitolo 2

manda sanitaria indirizzando di conseguenza l’utenza verso l’assistenza ospedalie-ra. Gli ospedali si configurano, quindi, come i capisaldi più avanzati di assistenza del SSR e molte volte sembrerebbero l’unica risposta a problematiche sanitarie che molto spesso potrebbero non rivestire i “panni” dell’ospedalizzazione; tale dato storico, tut-tavia, sembrerebbe essere oggetto di correttivi, poiché tra il 2008 ed il 2010 il tasso summenzionato nella Regione Basilicata è diminuito in maniera molto più consistente che non altrove (-26,71%). Per quanto riguarda poi il numero delle ricette pro-capite, se una volta eliminate le differenze dovute all’età ed al sesso, e quindi una volta stan-dardizzata la popolazione, il numero più elevato di ricette per residente si ha nel Sud e soprattutto in Basilicata rispetto alle altre ripartizioni geografiche ciò risulta unica-mente imputabile alle diverse attitudini prescrittive dei medici di base (MMG e PLS), dal momento che non può essere attribuito ad una maggiore “anzianità” delle popola-zioni residenti.

Differenze altrettanto marcate tra i diversi territori permangono anche a livello di offerta: ciascun MMG ha in media un carico potenziale di 1.239 over 14, passando dalla Basilicata con 1.086 residenti adulti al Nord con 1.365. Nel 2011 sono riscon-trabili differenze, per altro trascurabili (circa il 2,00%) anche tra le due Aziende Sani-tarie lucane; in effetti, mentre nell’Azienda Sanitaria di Potenza ogni MMG ha un carico di 1.086 assistibili residenti, in quella di Potenza l’indicatore si ferma alle 1.068 unità. Andamento opposto contraddistingue la Pediatria di Libera Scelta: circa 828 bambini per PLS nell’Azienda Sanitaria di Potenza e 858 in quella di Matera.

22.3 LL’andamento di spesa e consumo del settore ffarmaceuticoo

22.3.1 SSpesa e consumo

Il peso della spesa farmaceutica complessiva (intendendo con ciò sia la componente territoriale che quella ospedaliera) si attesta, secondo quanto riportato nel Rapporto Osmed relativo all’anno 2011, su € 23.789 Mln., con una diminuzione dell’1,60% ri-spetto all’anno precedente, quando tale voce raggiungeva i € 24.176 Mln. L’analisi dei dati pro-capite per popolazione pesata ha messo in rilievo alcune differenze: la spesa pro-capite per farmaci di classe A-SSN in Basilicata è superiore al dato medio nazionale e a quello della ripartizione del Nord, ma inferiore a quello delle Regioni Centro-Meridionali. La spesa privata di fascia A, la spesa per farmaci di classe C e la spesa per farmaci di automedicazione, invece, risulta essere più bassa a quella osser-vabile nei rimanenti territori. L’investigazione della dinamica temporale (2010-2011), poi, dei dati pro-capite mette in rilievo come la spesa netta per farmaci di fascia A-SSN sia diminuita in tutte le ripartizioni; in particolare la Basilicata ripor-ta una variazione di segno negativo (-9,52%) superiore a quella delle ripartizioni Cen-tro-Settentrionali ma inferiore a quella della ripartizione di appartenenza che raggiun-ge un -15,61%; la componente privata della spesa, quella relativa ai farmaci posizio-nati in fascia A, ha avuto degli incrementi ragguardevoli in tutte le ripartizioni: si va

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2.3 L’andamento di spesa e consumo del settore farmaceutico

2.3.1 Spesa e consumo

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 333

dal valore massimo della Basilicata (+49,56%) a quello minimo del Nord (+9,73%). Giova, infine, rimarcare come, con l’unica eccezione del Sud che riporta una variazione negativa dello 0,42%, si sia assistito tra il 2010 ed il 2011 ad un in-cremento della spesa ospedaliera, per altro con il valore massimo raggiunto dalla Ba-silicata che ha registrato un aumento in termini pro-capite del 14,82%. Quest’ultimo fatto può essere solo in parte attribuito ad una riduzione della mobilità passiva; in particolare, in Basilicata, se il saldo della mobilità passiva è passato da € -35,65 Mln. del 2009 a € -27,94 Mln. del 2010, è rimasto invece stabile tra il 2010 ed il 2011.

TTabella 2.16 Spesa farmaceutica pro-capite per popolazione pesata Valori in € - Anno 2011

Regioni

Spesa netta per farmaci classe A-SSN

Spesa privata per far-maci di classe A

Spesa per

farmaci di classe C

con ricetta

Spesa per

farmaci di auto-

medicaz.

Spesa delle

strutture pubbliche

Totale spesa

farma-ceutica

Italia 165,31 16,91 52,90 34,84 122,44 392,39 Nord 151,42 18,55 53,88 38,14 119,15 381,15 Centro 172,88 21,09 58,24 38,58 140,25 431,03 Sud 179,41 12,34 48,53 28,31 116,63 385,22 Basilicata 166,80 10,21 39,15 23,83 129,36 369,35

Fonte: elaborazione su dati Osmed.

TTabella 2.17 Variazione spesa farmaceutica pro-capite per popolazione pesata Valori % - Anni 2010-2011

Regioni

Spesa netta per farmaci classe A-SSN

Spesa privata per far-maci di classe A

Spesa per

farmaci di classe C

con ricetta

Spesa per

farmaci di auto-

medicaz.

Spesa delle

strutture pubbliche

Totale spesa

farma-ceutica

Italia -10,08 13,60 2,53 2,09 5,35 -2,07 Nord -6,96 9,73 4,79 4,41 8,58 1,01 Centro -6,98 18,42 5,15 4,94 8,04 1,27 Sud -15,61 20,80 -1,96 -2,65 -0,42 -7,95 Basilicata -9,52 49,56 4,24 -0,29 14,82 1,11

Fonte: elaborazione su dati Osmed. La considerazione, poi, dell’incidenza delle varie voci di spesa sulla spesa complessiva mostra che per i farmaci rimborsati dal SSN e per quelli non rimborsati, ma ancor di più per quelli senza obbligo di prescrizione, la spesa presenta trend essenzialmente specula-ri. In particolare, nelle Regioni Meridionali la spesa per i farmaci rimborsabili dal SSN si attesta al 46,57% della spesa totale ed in Basilicata al 45,16%, mentre in quelle Settentrio-nali al 39,73%, passando per il valore del Centro che raggiunge il 40,11%. Per quel che concerne, invece, la spesa per farmaci senza obbligo di prescrizione, pur mantenendosi

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334 Capitolo 2

l’ampia differenziazione tra le ripartizioni, la “graduatoria”, come detto, è opposta: Nord 10,01%, Centro 8,95%, Sud 7,35% ed, infine, Basilicata 6,45%.

TTabella 2.18 Incidenza delle varie voci di spesa sulla spesa totale Valori % - Anno 2011

Regioni

Spesa netta per farmaci classe A-SSN

Spesa privata

per farmaci di

classe A

Spesa per farmaci di

classe C con ricetta

Spesa per farmaci di

automedicaz.

Spesa delle strutture pubbliche

Italia 42,13 4,31 13,48 8,88 31,20 Nord 39,73 4,87 14,14 10,01 31,26 Centro 40,11 4,89 13,51 8,95 32,54 Sud 46,57 3,20 12,60 7,35 30,28 Basilicata 45,16 2,76 10,60 6,45 35,02

Fonte: elaborazione su dati Osmed. Indicazioni ancor più robuste in tal senso si ottengono analizzando la quota di spesa territoriale destinata all’acquisto sia di prodotti di classe A-SSN che di prodotti non rimborsati (C, SOP, OTC). La lettura della Figura che segue, infatti, mostra con tutta evidenza come nelle Regioni del Sud, ed in special modo in Basilicata, si abbia una maggior copertura pubblica della spesa farmaceutica che non altrove; in effetti, il pe-so della spesa a carico dei cittadini passa dal valore minimo del 30,50% della Basili-cata al valore massimo del Nord (42,21%); andamento antitetico, ovviamente, carat-terizza la spesa convenzionata.

FFigura 2.88 Incidenza spesa A-SSN e spesa privata (A, C, SOP, OTC) su spesa territoriale Valori % - Anno 2011

Fonte: elaborazione su dati Osmed.

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34

Figura 2.8

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 335

Tale atteggiamento delle diverse ripartizioni nei confronti delle due componenti di spesa è senz’altro ascrivibile ad un duplice ordine di motivi. In primo luogo, ad una possibile differenziazione all’interno delle diverse realtà dell’incidenza di determinate patologie, ma ancor più alle meno favorevoli condizioni so-cio-economiche3 di determinate aree geografiche dell’Italia Insulare e Meridiona-le; in tali zone ciò determina, appunto, un maggior ricorso ai farmaci rimborsati dal sistema pubblico.

Le differenze riscontrate tra le aree a livello di spesa permangono anche analizzando le quantità sia delle ricette prescritte che delle confezioni consumate. La considerazio-ne, infatti, dei dati pro-capite per popolazione pesata4 relativamente al 2011 evidenzia come la Basilicata sia la ripartizione con il numero più elevato di ricette, ma non quella per numero di confezioni acquistate; in questo caso, i valori più elevati interessano il Centro ed in particolar modo il Sud. L’analisi, poi, della dinamica temporale dei due menzionati indicatori palesa come la regressione della spesa convenzionata sia di fatto accompagnata da un aumento generalizzato, con l’eccezione delle Regioni Meridionali, delle ricette prescritte e delle confezioni consumate; si conferma, nella sostanza, lo stesso trend già apprezzato nel precedente Rapporto5, ovvero, nel corso del 2011, l’andamento della spesa continua ad essere influenzato dall’incremento del numero del-le ricette e dal contestuale calo del valore medio delle stesse: vengono prescritti più farmaci ma di prezzo inferiore. In aggiunta, l’andamento della spesa convenzionata ri-sente anche del crescente impatto del prezzo di riferimento per i medicinali equivalenti, a seguito della progressiva scadenza di importanti brevetti, e dell’estensione e reintro-duzione nelle Regioni del ticket; in buona sostanza, se la spesa A-SSN ha subìto una contrazione ciò può essere in gran parte anche imputabile al sensibile aumento delle compartecipazioni alla spesa, determinato sia dall’incremento del mercato dei farmaci soggetti a prezzo di riferimento (e conseguente possibile contributo da parte dei pazienti in caso di prescrizione di prodotti a prezzo più alto rispetto al valore di riferimento), sia dall’aumento dei ticket decisi dalle Regioni (si veda oltre).

Il mercato dei farmaci equivalenti, in effetti, è passato dal 27,08% della spesa farmaceutica a carico del SSN nel 2009 al 30,38% del 2010 per giungere, nel 2011, a costituire il 32,20% del totale della spesa netta. Con riferimento all’ultimo anno (2011), in Basilicata, il mercato dei farmaci equivalenti raggiunge il 33,20% della spesa di fascia A-SSN, con un incremento del 2,60% rispetto all’anno precedente quando si fermava a quota 30,60%. In particolare, dalla lettu-ra della Figura che segue, emerge come il ricorso al mercato degli equivalenti, nel 2011, sia più marcato nelle Regioni Centrali (dove rappresenta il 35,8% della spe-sa netta) ed in Basilicata.

3 Storicamente le Regioni Meridionali hanno un PIL pro-capite inferiore a quello delle rimanenti Regioni; inoltre, parrebbe esserci anche un diverso atteggiamento socio-culturale nei confronti della spesa out of pocket. 4 Il sistema di pesi utilizzato per analizzare il consumo farmaceutico è quello predisposto dal Dipartimento della Programmazione del Ministero delle Salute per la ripartizione della quota capitaria del FSN. 5 Il Sistema Sanitario della Basilicata nel 2010-2011.

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336 Capitolo 2

FFigura 2.99 Spesa per farmaci equivalenti su spesa netta SSN Valori % - Anni 2009-2011

Fonte: Rapporto Osmed 2012.

TTabella 2.19 Ricette e confezioni pro-capite per popolazione pesata Valori assoluti e % - Anni 2010-2011

Regioni Ricette pro-capite

Var. % ricette pro-capite su

anno prec.

Confezioni pro-capite

Var. % confe-zioni

pro-capite su anno prec.

Italia 9,74 0,10 17,96 0,37 Nord 8,58 4,18 16,48 3,87 Centro 10,73 4,30 19,17 3,91 Sud 10,70 -6,96 19,23 -5,90 Basilicata 11,74 1,87 18,66 0,48

Fonte: elaborazione su dati Osmed e Istat. Quanto appena descritto trova ulteriore conferma nei risultati scaturiti dall’analisi dei numeri indice a base fissa annuali (Italia=100) delle prescrizioni pro-capite per popo-lazione pesata. La Figura che segue, in effetti, ben illustra l’evoluzione, relativamente al periodo 2002-2011, delle ricette in termini pro-capite: le Regioni dell’Italia Meri-dionale, dopo un andamento tendenzialmente crescente, negli ultimi due anni sembre-rebbero tendere verso la media nazionale, pur rimanendone sensibilmente al di so-pra; la Basilicata, invece, evidenzia una crescita progressiva allontanandosi sempre più dal valore Italia; le Regioni Centrali dal 2010, seppur con diversa “intensità”, ri-calcano la tendenza della Regione Lucana; le Regioni Settentrionali, infine, si sono costantemente trovate al di sotto della media.

37

Figura 2.10

Figura 2.11

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Figura 2.9

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 337

FFigura 2.110 Ricette pro-capite per popolazione pesata. Numeri Indice Valori % - Anni 2002-2011

Fonte: elaborazione su dati Osmed e Istat. La medesima disamina ripetuta per le confezioni pro-capite ha prodotto i seguenti ri-sultati: il Nord in tutto il periodo è sempre stato al di sotto della media nazionale; il Centro, che invece se ne è trovato costantemente al di sopra, nell’ultimo anno sembre-rebbe allontanarsi sempre più dal valore assunto come base; il Sud e la Basilicata, infine, pur continuando a presentare anch’essi in tutti gli anni valori in eccesso rispet-to alla media, nell’ultimo periodo (2010-2011) parrebbero tendere al dato Italia.

FFigura 2.111 Confezioni pro-capite per popolazione pesata. Numeri indice Valori % - Anni 2002-2011

Fonte: elaborazione su dati Osmed e Istat.

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338 Capitolo 2

“Tirando le fila” di quanto sin qui esposto, appare lapalissiano come allo stato at-tuale vengano erogati a carico del SSN sempre più farmaci ma di costo sempre più basso, ovvero si è verificato un calo del valore medio delle ricette. Ciò è do-vuto alle continue riduzioni dei prezzi dei medicinali (da ultima quella varata dall’AIFA ad aprile 2011, che ha drasticamente tagliato i prezzi di rimborso dei medicinali equivalenti inseriti nelle liste di trasparenza), alla trattenuta dell’1,82% imposta alle farmacie dal 31 luglio 2011 che si aggiunge alle altre trattenute a ca-rico delle farmacie stesse, al crescente impatto dei medicinali equivalenti a segui-to della progressiva scadenza di importanti brevetti e alle misure applicate a livel-lo regionale. Tra queste ultime, si segnalano l’appesantimento del ticket6 a carico dei cittadini e la distribuzione diretta di medicinali acquistati dalle Aziende Sani-tarie Locali.

Con riferimento all’inasprimento delle misure di compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini - ricomprendendo in ciò il ticket per ricetta, per confezione e sugli equivalenti - è possibile osservare come queste ultime abbiano di fatto gene-rato uno slittamento della domanda sul mercato privato, ovvero è aumento l’acquisto privato di farmaci rimborsabili. Tale fenomeno ha coinvolto, senza alcu-na eccezione, tutte le Regioni; inoltre, risulta evidente che laddove maggiore è sta-to l’incremento dei ticket altrettanto maggiore è stato l’acquisto privato di farmaci posizionati in classe A. In Basilicata, a fronte di un aumento dell’80,00% del getti-to derivante dalle misure di compartecipazione tra il 2010 ed il 2011, ha corrisposto una crescita della spesa privata del 50,00%; nelle Regioni Meridionali, nel mede-simo periodo, invece, l’incremento del 44,95% del ticket è stato accompagnato da un ampliamento della spesa privata del 27,09%; variazioni di minor entità hanno riguardato il Nord ed il Centro.

6 Come già evidenziato nella precedente edizione del Rapporto Basilicata, la Regione con D.G.R. 1351 del 2011 ha aggiunto una quota fissa aggiuntiva per ricetta in base al reddito familiare lordo per i farmaci erogati dal SSN secondo il seguente prospetto:

• niente è dovuto per redditi fino a € 14.000,00; • 1,5 a ricetta per redditi compresi tra € 14.000,00 e € 22.000,00; • 2 a ricetta per redditi compresi tra € 22.000,00 e € 30.000,00; • 2,5 a ricetta per redditi superiori a € 30.000,00.

Per quanto riguarda la distribuzione per conto, sono esclusi dalla compartecipazione i farmaci erogati in distribuzione per conto. Al momento della dimissione ospedaliera il ticket non si applica alle ricette relative al primo ciclo di terapia farmacologica prescitta all’atto della dimissione ospedaliera e presentate direttamente alle farmacie ospedaliere.

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Figura 2.12

Figura 2.13

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38 L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 339

FFigura 2.112 Variazione spesa netta A-SSN, spesa privata classe A e ticket Valori % - Anni 2010-2011

Fonte: elaborazione su dati Osmed.

L’evoluzione di lungo periodo (2001-2011) mostra con tutta evidenza come a partire dal 2008 si sia assistito ad un progressivo aumento dell’incidenza delle misure di compartecipazione sulla spesa lorda, incidenza che raggiunge i suoi valori massimi in tutte le ripartizioni nel 2011.

FFigura 2.113 Incidenza ticket su spesa lorda Valori % - Anni 2001-2011

Fonte: elaborazione su dati Osmed.

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440 Capitolo 2

L’analisi dei dati delle ASL lucane, per il 2011, con riferimento al numero di prescri-zioni, confezioni, compartecipazione e spesa convenzionata convalida sostanzialmen-te quanto già scaturito a livello di ripartizioni. La spesa farmaceutica convenzionata pro-capite, nel 2011 a livello regionale, ha fatto registrare una diminuzione del 7,95% rispetto al 2010, a fronte di un aumento del numero delle ricette pro-capite del 2,40%. Nel 2011, le ricette sono state circa 6,9 Mln., pari a 11,74 ricette per ciascun residente della Regione. Le confezioni di medicinali erogate a carico del SSN sono state quasi 11,00 Mln., con un aumento dell’1,49%% rispetto all’anno precedente: ogni cittadino lucano ha ritirato in farmacia in media 18,64 confezioni di medicinali a carico del SSN. Per quanto riguarda, invece, la tendenza 2010-2011 dei predetti indi-catori nelle due ASL, mentre le prescrizioni e le confezioni hanno avuto variazioni sostanzialmente in linea con il dato regionale, la spesa per ticket è aumentata mag-giormente nell’Azienda Sanitaria di Matera: +58,53% contro +56,85% dell’Azienda Sanitaria di Potenza; di contro, la decurtazione della spesa convenzionata è stata su-periore nell’Azienda Sanitaria di Potenza (-8,57%) rispetto a quella dell’Azienda Sa-nitaria di Matera (-6,75%).

TTabella 2.20 Ricette, confezioni, ticket e spesa A-SSN pro-capite Valori assoluti – Anno 2011

ASL Ricette pro-capite

Confezioni pro-capite

Ticket pro-capite

Spesa A-SSN pro-capite

Basilicata 11,74 18,64 13,17 169,41 ASP 11,65 18,73 13,27 169,21 Distretto 1 11,48 18,15 12,75 163,24 Distretto 2 11,59 18,70 13,23 170,07 Distretto 3 12,02 19,55 14,08 174,56 ASM 11,91 18,48 12,98 169,79 Distretto 4 11,86 18,44 12,64 169,48 Distretto 5 11,99 18,55 13,50 170,27

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata.

TTabella 2.21 Variazione ricette, confezioni, ticket e spesa A-SSN pro-capite Valori % – Anni 2010-2011

ASL Ricette pro-capite

Confezioni pro-capite

Ticket pro-capite

Spesa A-SSN pro-capite

Basilicata 2,40 1,73 57,41 -7,95 ASP 2,37 1,61 56,85 -8,57 Distretto 1 1,76 1,18 59,21 -7,81 Distretto 2 3,09 1,78 56,65 -9,42 Distretto 3 1,17 1,66 54,75 -7,06 ASM 2,45 1,96 58,53 -6,75 Distretto 4 2,62 2,17 61,82 -7,19 Distretto 5 2,19 1,63 54,03 -6,06

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata

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Figura 2.14

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40 L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 441

L’esplorazione del peso della spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera sul Fondo Sanitario Nazionale rileva che nel 2011 solo quattro Regioni del Nord hanno rispetta-to il tetto complessivo del 15,7% (Valle d’Aosta, Lombardia, le due Province Auto-nome di Trento e Bolzano e Veneto). Tale risultato è sostanzialmente imputabile agli elevati sfondamenti sul fronte della spesa ospedaliera: nessuna Regione è riuscita a rispettare il tetto imposto del 2,4%. Diverso andamento ha contraddistinto, invece, la spesa territoriale: il tetto del 13,3% è stato osservato dalla Basilicata, da tutte le Re-gioni Settentrionali e da una parte di quelle Centrali.

FFigura 2.114 Spesa farmaceutica su FSN Valori % - Anno 2011

Fonte: elaborazione su dati AIFA. Come è noto, a partire dal 2012 è avvenuta una rimodulazione dei tetti di spesa; in particolare, per il 2012, è stata predisposta una ridefinizione del tetto di spesa territo-riale al 13,1% del Fondo Sanitario Nazionale (FSN), rispetto al 13,3% precedente, mentre quello ospedaliero è rimasto fisso al 2,4%. Per l’anno in corso, invece, il tetto di spesa territoriale è sceso all’11,3% ed è aumentato quello ospedaliero, che raggiun-ge il 3,5%. Con l’introduzione del meccanismo di ripiano, inoltre, un eventuale supe-ramento della spesa ospedaliera, finora a carico delle Regioni, andrà per il 50,00% dello sforamento a carico delle aziende farmaceutiche ed il rimanente 50,00% resta a carico delle Regioni stesse.

Sulla base di questa premessa, abbiamo applicato alla ripartizione regionale del FSN per il 2011 le percentuali dei tetti previsti per il 2012 ed abbiamo così determinato l’ammontare dei due aggregati di spesa esattamente necessari a rispettare i nuovi limi-ti. Procedendo in questo modo è stato possibile determinare le differenze, in termini percentuali, dei due aggregati di spesa, ovvero è stato possibile evidenziare quali Re-gioni spenderebbero troppo in quanto supererebbero i nuovi tetti e quindi dovrebbero

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442 Capitolo 2

risparmiare e quali, di contro, potrebbero spendere di più in quanto si posizionano al di sotto del valore corrispondente al rispetto delle novelle regole. Ne è emerso, per quel che concerne la territoriale, che quelle stesse Regioni che hanno rispettato il tetto nel 2011 continuerebbero a rispettarlo anche con l’introduzione delle nuove quote ed, anzi, alcune di esse potrebbero “investire” di più su questa voce di spesa; la Basilicata, in questo caso, rispetterebbe il tetto ma senza poter spendere nessuna somma aggiunti-va. Maggiori problemi si riscontrano sul fronte ospedaliero: tutte le Regioni, se volesse-ro rispettare il tetto, dovrebbero intervenire pesantemente su questo capitolo di spesa con tagli che vanno dal 50,60% della Sardegna al 7,10% della Campania; la Basilicata, qualora nel 2012 avesse la medesima dotazione di risorse e volesse rispettare il tetto, dovrebbe tagliare del 36,00% la spesa farmaceutica ospedaliera.

FFigura 2.115 Variazione % spesa farmaceutica teorica 2012 su spesa farmaceutica reale 2011. Valori % - Anni 2011-2012

Fonte: elaborazione su dati AIFA Il ragionamento ripetuto sui tetti previsti per il 2013 fornisce risultati parzialmente diversi, ma non più confortanti. Nello specifico, sul fronte della territoriale solo due Regioni (Valle d’Aosta e le due Province Autonome di Trento e Bolzano), a parità di risorse con il 2011, sosterrebbero spese in linea con le nuove regole ed, anzi, potreb-bero fare anche investimenti più cospicui; la Basilicata, per stare nei limiti imposti, dovrebbe, invece, effettuare un taglio del 13,00%. Per quanto riguarda, poi, l’ospedaliera, nonostante l’innalzamento del tetto al 3,5% del FSN, tutte le Regioni, eccetto cinque (Lombardia, Provincia Autonoma di Trento, Molise, Campania e Sici-lia), per stare nei limiti dovrebbero abbattere più o meno pesantemente questo capito-lo di spesa (la Basilicata dovrebbe tagliare circa un 7,00%).

43

Figura 2.16

2.3.2 Rif less ioni f inal i

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Figura 2.15

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 443

FFigura 2.116 Variazione % spesa farmaceutica teorica 2013 su spesa farmaceutica reale 2011. Valori % - Anni 2011-2013

Fonte: elaborazione su dati AIFA

22.33.2 RRif less ioni f inal i

La disanima effettuata sulla spesa e sui consumi del settore farmaceutico ha messo in rilievo che le differenze tra le diverse zone si mantengono alte anche per il 2011. Il permanere di questa divergenza si lega sia a motivi comportamentali dei cittadini, de-rivanti da aspetti socio-economici e culturali (quali ad esempio il diverso atteggia-mento nei confronti della spesa out of pocket), sia alla presenza di diversi assetti dei Servizi Sanitari Regionali e alla conseguente definizione di scelte di governo della spesa farmaceutica diverse da Regione a Regione (basti pensare alle diverse politiche regionali in tema di compartecipazione alla spesa).

A livello nazionale, per effetto delle politiche di riduzione della spesa messe in at-to (diminuzioni dei prezzi dei medicinali varate a più riprese dal Governo e dall’AIFA, crescente impatto del prezzo di riferimento per gli equivalenti, etc…), si registra, tra il 2010 ed il 2011, una diminuzione del peso dei farmaci di classe A-SSN. Tale fenomeno, che per altro ha riguardato tutte le ripartizioni ed in Basilica-ta ha segnato un -9,26%, è stato accompagnato da un aumento cospicuo della spesa privata per farmaci di classe A (Basilicata +50,00%). Ma se è vero che la spesa con-venzionata è diminuita ovunque, è altrettanto vero che l’analisi della spesa 2011 nelle sue varie componenti ha messo in rilievo importanti differenze: si continua ad avere una maggior copertura pubblica della spesa farmaceutica nelle Regioni del Sud ed in Basilicata rispetto a quanto non accada nelle Regioni Centro-Settentrionali. In parti-colare, mentre nel Nord e nel Centro l’incidenza della spesa convenzionata sulla spesa

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444 Capitolo 2

complessiva si attesta su un valore di circa il 40,00%, nelle Regioni Meridionali rag-giunge il 46,57% ed il 45,16% in Basilicata; andamento opposto lo hanno avuto tutte le voci della spesa privata: valori massimi nelle ripartizioni Centrale e Settentrionale e minimi in quella Meridionale, con i valori più bassi toccati dalla Basilicata. Inoltre, la considerazione dei valori pro-capite per popolazione pesata delle varie componenti della spesa ha permesso di evidenziare ulteriori differenze: la spesa pro-capite per farmaci di classe A-SSN in Basilicata è superiore al dato medio nazionale e a quello della ripartizione del Nord, ma inferiore a quello delle Regioni Cen-tro-Settentrionali. Giova, infine, rimarcare come, con l’unica eccezione del Sud che riporta una variazione negativa dello 0,42%, si sia assistito tra il 2010 ed il 2011 ad un incremento della spesa ospedaliera, per altro con il valore massimo raggiunto dalla Basilicata che ha registrato un aumento in termini pro-capite del 14,82%. Quest’ultimo fatto può essere solo in parte attribuito ad una riduzione della mobilità passiva; in particolare, in Basilicata, se il saldo della mobilità passiva è pas-sato da € -35,65 Mln. del 2009 a € -27,94 Mln. del 2010, è rimasto invece stabile tra il 2010 ed il 2011.

In Basilicata, così come nelle rimanenti aree, al calo della spesa netta A-SSN si contrappone un aumento tanto del numero delle ricette che delle confezioni acquista-te, ovvero si prescrivono farmaci meno costosi, ma si ricorre anche maggiormente, rispetto a quanto non avvenga nelle rimanenti Regioni del Sud, al mercato dei farmaci generici.

La Basilicata, in controtendenza rispetto al Sud, nel 2011, al pari delle Regioni Settentrionali e di una parte di quelle Centrali, ha rispettato il tetto del 13,3% per la spesa territoriale fermandosi ad un 13,1%; diverso risultato si è avuto sul fronte della spesa farmaceutica ospedaliera: come tutte le Regioni, la Basilicata ha riportato uno sforamento e specificatamente dell’1,4%.

22.4 LLe tendenze in atto dell’assistenza special ist ica aambulatoriale

22.4.1 OOfferta sul terr itor io di ambulatori e laboratori

L’analisi dei dati sull’assistenza specialistica (Ministero della Salute), per il 2010, ha evidenziato che le strutture7 tanto pubbliche quanto private accreditate che hanno ef-fettuato prestazioni sono state 9.635, di cui 2.696 al Nord, 1.970 al Cento, 4.969 al Sud ed, infine, 114 in Basilicata.

Com’è noto si tratta di ambulatori e laboratori pluri-specialistici, in quanto eroga-no prestazioni in più branche: 6.267 sono stati quelli che hanno assicurato cure di tipo clinico, 3.027 quelli che hanno effettuato esami diagnostici ed infine 4.079 quelle che hanno eseguito indagini di laboratorio. Appare, dunque, evidente come nelle Regioni

7 Nel calcolo sono ricomprese sia le strutture ospedaliere che quelle extraospedaliere.

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2.4 Le tendenze in atto dell’assistenza special ist ica ambulatoriale

2.4.1 Offerta sul terr itor io di ambulatori e laboratori

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 445

Meridionali ci sia una maggior concentrazione di strutture e per tutte le tipologie di assistenza.

TTabella 2.22 Strutture pubbliche e private accreditate e per tipo di assistenza Valori assoluti - Anno 2010

Regioni Totale Clinica Diagnostica Laboratorio Italia 9.635,00 6.277,00 3.027,00 4.079,00 Nord 2.696,00 2.275,00 1.184,00 998,00 Centro 1.970,00 1.265,00 633,00 703,00 Sud 4.969,00 2.737,00 1.210,00 2.378,00 Basilicata 114,00 75,00 28,00 53,00

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Nel 2010, rispetto all’anno precedente, si è avuta una diminuzione del numero totale delle strutture (-0,24%); tale fenomeno, che ha interessato tutte le ripartizioni con l’unica esclusione delle Regioni Meridionali, ha raggiunto il suo valore massimo in Basilicata, dove si è realizzata una riduzione del 2,56% del complesso delle struttu-re. I centri dedicati alla clinica, invece, sono diminuiti solo nel Nord ed in Basilicata (-0,09% nel primo caso e -2,60% nel secondo); quelli di tipo diagnostico, di contro, sono aumentati in maniera più consistente che altrove nella Regione Lucana (+7,69%), mentre nel Centro e nel Sud hanno subito delle riduzioni, seppur di mode-sta entità (inferiore al mezzo punto percentuale). Solo i laboratori di analisi sono di-minuiti in tutte le ripartizioni (Italia -2,09%, Nord -2,73%, Centro -4,48%, Sud -1,08% e Basilicata -1,85%).

TTabella 2.23 Variazione strutture pubbliche e private accreditate e per tipo di assistenza Valori % - Anni 2009-2010

Regioni Totale Clinica Diagnostica Laboratorio Italia -0,24 1,00 0,73 -2,09 Nord -1,35 -0,09 2,51 -2,73 Centro -1,15 0,96 -0,31 -4,48 Sud 0,75 1,94 -0,41 -1,08 Basilicata -2,56 -2,60 7,69 -1,85

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. La situazione all’interno delle aree considerate per quanto riguarda la natura delle strutture censite non è uniforme:al Nord il 57,16% delle strutture ha natura pubbli-ca, mentre al Sud solo il 27,21%, passando per il valore delle Regioni Centrali che raggiunge quasi il 49,00%; in Basilicata la quota di soggetti pubblici eroganti pre-stazioni tende a replicare il valore delle Regioni Settentrionali. L’analisi delle strut-ture per branca, inoltre, conferma che in Basilicata, contrariamente a quanto avvie-ne nelle rimanenti Regioni Meridionali, i vari centri hanno natura prevalentemente pubblica (solo per i laboratori di analisi si tende ad avere un’equidistribuzione tra pubblico e privato).

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446 Capitolo 2

TTabella 2.24 Quota di strutture pubbliche per branca Valori % - Anno 2010

Regioni Totale Clinica Diagnostica Laboratorio Italia 40,01 56,59 48,66 31,18 Nord 57,16 63,34 55,32 59,12 Centro 48,83 64,58 48,03 32,43 Sud 27,21 47,28 42,48 19,09 Basilicata 57,02 74,67 64,29 49,06

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

Le strutture che assicurano le prestazioni specialistiche sono prevalentemente di tipo extra-ospedaliero; rappresentano, infatti, l’83,96% del totale dei centri nazionali, il 74,00% di quelli delle Regioni del Nord, l’80,36% del totale degli ambulatori e labo-ratori dell’Italia Centrale e il 90,80% delle strutture operanti al Sud; la Basilicata ten-de al valore nazionale con un 82,46%.

FFigura 2.117 Ambulatori e laboratori ospedalieri e extraospedalieri su totale ambulatori e laboratori. Valori % - Anno 2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

Sul territorio lucano, nel 2011, hanno prestato la loro opera 116 strutture di cui 70 nell’Azienda Sanitaria di Potenza (60,34%), 43 nell’Azienda Sanitaria di Matera (37,07%), 1 al CROB (0,86%) e 2 al San Carlo (1,72%). Per quanto concerne, inve-ce, la natura del soggetto giuridico titolare delle strutture troviamo che mentre nell’Azienda Sanitaria di Matera il privato raggiunge il 41,86% della proprietà delle

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Figura 2.17

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 447

strutture, in quella di Potenza tale quota raggiunge il 52,86%. Il dato medio regiona-le, inoltre, indica che la titolarità delle strutture è tendenzialmente pubblica (52,59% pubblici vs. 47,41% privati accreditati).

TTabella 2.25 Ambulatori e laboratori pubblici e privati accreditati Valori assoluti - Anno 2011

ASL Pubblici Privati accreditati Totale Basilicata 61 55 116 ASP 33 37 70 ASM 25 18 43 CROB 1 0 1 San Carlo 2 0 2

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata.

TTabella 2.26 Quota di strutture pubbliche e private accreditate Valori % - Anno 2011

ASL Pubblici Privati accreditati Basilicata 52,59 47,41 ASP 47,14 52,86 ASM 58,14 41,86 CROB 100,00 0,00 San Carlo 100,00 0,00

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. Per ottenere informazioni circa i volumi medi di attività di ciascuna struttura, come fatto anche per le precedenti edizioni del Rapporto Basilicata, si considera il rapporto tra il numero delle prestazioni effettuate ed il numero delle strutture operanti per branca. Sulla base sia di questa premessa che degli ultimi dati resi disponibili dal Mi-nistero della Salute, è risultato che in Italia, nel 2010, sono state erogate in media da ciascuna struttura 37.179,18 prestazioni di clinica, 21.110,11 di diagnostica e 257.545,20 analisi di laboratorio. In tutte le branche considerate, il Sud è quello con una dimensione media delle strutture inferiore, seguito, solo per le analisi di laborato-rio, dalla Basilicata. Appare, dunque, evidente come la disomogeneità rilevata a livel-lo di concentrazione delle strutture non trovi giustificazione nei volumi medi di attivi-tà svolti da ciascuna struttura e ciò potrebbe avere ripercussioni sul corretto dimen-sionamento dei centri e sull’efficienza del settore stesso.

L’investigazione della variabilità temporale (2009-2010) dei volumi medi, per al-tro, ha evidenziato delle difformità tra ripartizioni; le indagini di tipo clinico effettua-te mediamente da ogni struttura, diminuite in modo più o meno considerevole in tutte le Regioni, sono, invece, aumentate nel Centro (+1,94%) e soprattutto in Basilicata (+7,91%); le analisi di laboratorio erogate da ogni centro, cresciute sia al Nord che al Centro, evidenziano andamento opposto al Sud (-0,14%) ed in special modo in Luca-nia (-7,35%); i centri di tipo diagnostico, infine, hanno visto una contrazione dei loro volumi nelle Regioni Settentrionali (-0,70%) ed in maniera ancor più marcata in Basi-licata (-9,86%).

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448 Capitolo 2

TTabella 2.27 Prestazioni medie per struttura e per tipo di attività Valori assoluti e % - Anni 2009-2010

Regioni Cliniche Analisi Diagnostica

2010 Var. % 2010/2009 2010 Var. %

2010/2009 2010 Var. % 2010/2009

Italia 37.179,18 -2,99 257.545,20 2,77 21.110,11 2,64

Nord 50.191,51 -1,73 508.978,52 3,02 26.404,71 -0,70

Centro 35.787,57 1,94 296.687,25 9,75 19.167,75 0,22

Sud 27.006,49 -6,92 140.452,14 -0,14 16.945,42 8,67

Basilicata 54.134,33 7,91 178.680,06 -7,35 20.173,64 -9,86 Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Nel 2011, sono stati il San Carlo e soprattutto il CROB quelli che hanno avuto volumi medi attività superiori e per tutte le branche considerate.

TTabella 2.28 Prestazioni medie per struttura e per tipo di attività Valori assoluti – Anno 2011

ASL Cliniche Analisi Diagnostica Basilicata 3.562,67 59.550,82 4.801,36 ASP 4.142,76 48.652,52 3.386,23 ASM 2.345,57 56.721,83 4.502,84 CROB 6.477,45 242.010,00 22.705,00 San Carlo 5.288,26 208.659,33 10.528,80

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. Per quanto concerne la popolazione assistita, e cioè servita con prestazioni specia-listiche, nella nostra analisi considereremo la popolazione pesata in modo da eli-minare eventuali differenze dovute ai diversi bisogni delle popolazioni messe a confronto.

La lettura dei dati evidenzia come al Nord siano presenti strutture mediamente più grandi (10.451 abitanti per struttura), mentre al Centro ed al Sud strutture con bacini medi inferiori e rispettivamente pari a 6.153 e 4.034 abitanti per struttura. La Basilicata, dal canto suo, presenta un valore superiore a quello del Sud e pari a 5.133 abitanti per struttura. Analogo risultato emerge dal confronto delle branche considerate. Appare, dunque, lecito affermare, inoltre, che tale esito è “figlio” sia della minor quantità di prestazioni effettuate in termini assoluti sia della maggior frammentazione degli ambulatori e laboratori nelle Regioni Meridionali rispetto alle altre ripartizioni oggetto di indagine. In aggiunta, se sul fronte della clinica la Basi-licata tende ad avere un’”affluenza” media per centro simile, o comunque non mol-to distante da quella delle rimanenti Regioni del Sud, per quanto concerne le analisi di laboratorio e, in particolar modo le indagine diagnostiche, tende ad allontanarse-ne in maniera considerevole.

49

Figura 2.18

2.4.2 Uti l izzo, t icket e costo del le prestazioni special ist iche ambulator ial i

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48 L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 449

TTabella 2.29 Bacini medi di utenza delle strutture per popolazione pesata Valori assoluti – Anno 2010

Regioni Totale Clinica Laboratorio Diagnostica Italia 6.263 9.613 14.793 19.934 Nord 10.451 12.385 28.231 23.796 Centro 6.153 9.583 17.243 19.150 Sud 4.034 7.323 8.429 16.565 Basilicata 5.133 7.802 11.040 20.897

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. In ultima istanza giova evidenziare come la Basilicata, tra il 2009 ed il 2010, abbia teso a replicare, seppur con percentuali diverse, in merito all’afferenza media il trend delle Regioni dell’Italia Settentrionale: in entrambe è cresciuto sia il bacino medio del totale degli ambulatori e laboratori sia quello delle strutture cliniche che quello dei centri di analisi (fenomeno quest’ultimo che riguardato la totalità delle aree); in en-trambe, di contro, si è ridotto quello dei centri diagnostici, contrariamente a quanto avvenuto nel Centro e nel Sud del Paese.

FFigura 2.118 Variazione dei bacini medi di utenza delle strutture per popolazione pesata Valori % - Anni 2009-2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

22.4.2 UUti l izzo, t icket e costo del le prestazioni special ist iche aambulatorial i

Secondo quanto riportato nell’Annuario Statistico del Ministero della Salute, nel 2010, in Italia sono state effettuate dal totale degli ambulatori e laboratori circa 1,35

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550 Capitolo 2

Mld. di prestazioni specialistiche di clinica, di laboratorio e di diagnostica. La mag-gior parte di queste prestazioni afferiscono alle analisi di laboratorio che assommano ad oltre 1,00 Mld.; seguono quelle del ramo clinico con circa 234,00 Mln. ed infine gli esami di tipo diagnostico.

TTabella 2.30 Prestazioni per tipologia Valori assoluti – Anno 2010

Regioni Totale Cliniche Analisi Diagnostica

Italia 1.347.800.918 233.373.728 1.050.526.881 63.900.309

Nord 653.409.415 114.185.679 507.960.564 31.263.172

Centro 265.975.604 45.271.281 208.571.139 12.133.184

Sud 428.415.899 73.916.768 333.995.178 20.503.953 Basilicata 14.094.980 4.060.075 9.470.043 564.862

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Nel 2010 in confronto all’anno precedente, se Nord, Sud e soprattutto Basilicata (-5,14%) hanno erogato una minor quantità di prestazioni, il Centro segna, invece, un incremento del 4,26%. Diverso, invero, è stato il trend delle varie branche: le cure di tipo clinico sono aumentate solo nelle Regioni Centrali (+2,91%) ed in Basilicata (+5,11%); gli accertamenti di laboratorio hanno avuto una variazione di segno positi-vo nelle Regioni dell’Italia Centro-Settentrionale, ma di segno opposto nel Sud (-1,22%) ed in Basilicata (-9,06%); gli accertamenti diagnostici, invece, aumentati sia al Nord (+1,79%) che al Sud (+8,23%), diminuiscono al Centro (-0,10%) e nella Regione Lucana (-2,92%).

FFigura 2.119 Variazione prestazioni per tipologia. Valori % - Anni 2009-2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

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Figura 2.19

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 551

Nel 2011, la Basilicata, ha effettuato circa 8,7 Mln. di prestazioni, di cui 3.323.971 di tipo clinico, 5.002.269 analisi di laboratorio e 369.075 accertamenti diagnostici. La maggior parte degli accertamenti vengono effettuati nell’Azienda Sanitaria di Potenza e soprattutto sono realizzati in strutture private accreditate. Solo nel ramo diagnostico, l’Azienda Sanitaria di Matera ha effettuato, nell’anno considerato, un maggior numero di esami, ed, anche in questo caso, il comparto privato supera quello pubblico.

TTabella 2.31 Prestazioni per tipologia. Valori assoluti – Anno 2011

ASL Totale Cliniche Analisi Diagnostica Basilicata 8.695.945 3.323.971 5.002.269 369.705 ASP 4.652.638 2.087.949 2.432.626 132.063 di cui pubblico 2.139.874 557.149 1.496.497 86.228 di cui privato accreditato

2.512.764 1.530.800 936.129 45.835

ASM 2.683.303 842.060 1.701.655 139.588 di cui pubblico 1.526.389 503.447 957.842 65.100 di cui privato accreditato

1.156.914 338.613 743.813 74.488

CROB 416.969 129.549 242.010 45.410 San Carlo 943.035 264.413 625.978 52.644

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. Tra il 2010 ed il 2011, in Basilicata, il numero complessivo delle prestazioni effettuate ha subito una riduzione del 5,00%, quello degli esami clinici dell’8,71%, quello degli accer-tamenti diagnostici del 3,30% ed, infine, le analisi di laboratorio sono diminuite del 2,49%. La contrazione della quantità di prestazioni è un fenomeno che ha coinvolto tutte le Aziende della Regione e tutte le branche, con l’unica eccezione del CROB che sul fron-te della clinica ha avuto una variazione positiva del 10,28% e dell’Azienda Sanitaria di Matera che per quanto riguarda gli accertamenti diagnostici ha riportato un +2,04%.

TTabella 2.32 Prestazioni per tipologia. Valori % - Anni 2010-2011

ASL Totale Cliniche Analisi Diagnostica Basilicata -5,00 -8,71 -2,49 -3,30 ASP -6,25 -11,31 -1,33 -7,93 di cui pubblico -2,19 -4,20 -1,20 -5,68 di cui privato accreditato -9,46 -13,64 -1,53 -11,87 ASM -4,40 -6,04 -4,06 2,04 di cui pubblico -4,45 -4,41 -4,27 -7,17 di cui privato accreditato -4,33 -8,36 -3,79 11,72 CROB -0,10 10,28 -2,13 -13,72 San Carlo -2,44 -3,24 -2,78 6,42

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. Secondo quanto emerso dall’analisi dei dati pro-capite per popolazione pesata, nel 2010, in Italia ogni residente ha effettuato 3,87 prestazioni del ramo clinico, 17,41

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552 Capitolo 2

analisi di laboratorio e 1,06 esami diagnostici. Scendendo nel dettaglio, per la clinica la Basilicata è quella che ha effettuato un maggior numero di prestazioni pro-capite (6,94), mentre il Sud è quello che ha presentato il dato inferiore a quello di tutte le al-tre ripartizioni (3,72); con riferimento agli esami diagnostici il valore massimo si è registrato nelle Regioni Settentrionali con 1,11 accertamenti per residente ed il valore minimo in Basilicata con 0,97 esami pro-capite. Con riferimento alle indagini di la-boratorio, è nuovamente il Nord quello con il dato più elevato ed è di nuovo la Basili-cata quella con il valore più basso (16,18 esami per residente).

TTabella 2.33 Prestazioni pro-capite per popolazione pesata. Valori assoluti – Anno 2010

Regioni Totale Cliniche Analisi Diagnostica Italia 22,34 3,87 17,41 1,06 Nord 23,19 4,05 18,03 1,11 Centro 21,94 3,73 17,21 1,00 Sud 21,37 3,69 16,66 1,02 Basilicata 24,09 6,94 16,18 0,97

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Il fatto che la Basilicata sia stata la Regione tra tutte quelle analizzate che tra il 2009 ed il 2010 ha avuto i decrementi maggiori in termini di prestazioni per branca (con esclusione delle cliniche che, invece, sono aumentate), trova conferma nei dati - relativamente allo stesso periodo - riferiti alle variazioni delle prestazioni pro-capite per popolazione pesa-ta. In particolare, per le analisi di laboratorio, a fronte di riduzioni dello 0,43% e dell’1,50% rispettivamente delle Regioni Settentrionali e di quelle Meridionali, si rileva in Basilicata una contrazione dell’8,84%; le indagini di tipo diagnostico effettuate da cia-scun residente, invece,se sono aumentate sia al Nord che al Sud, sono, di contro, diminuite nel Centro e in modo ancor più marcato in Basilicata (-2,68%).

FFigura 2.220 Variazione prestazioni pro-capite per popolazione pesata Valori % - Anni 2009-2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

53

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52

Figura 2.20

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 553

Nel 2011, la Regione Basilicata per l’erogazione delle prestazioni di specialistica ha sostenuto un costo complessivo di circa € 110,00 Mln., di cui il 41,74% afferisce all’Azienda Sanitaria di Potenza, il 32,82% a quella di Matera, l’11,52% al CROB ed, infine, il 13,91% al San Carlo. La considerazione che l’Azienda Sanitaria di Potenza, per quel che riguarda gli esami di tipo clinico e le analisi di laboratorio, sia quella che sostiene i maggiori costi in rapporto a tutti gli altri centri regionali deriva direttamente dal fatto che in queste due branche è anche quella che effettua un maggior numero di prestazioni. Analogamente, l’Azienda Sanitaria di Matera, essendo quella che effet-tua una maggior quantità di accertamenti diagnostici, in questo settore è quella che sostiene i costi più elevati.

TTabella 2.34 Costo delle prestazioni. Composizione Valori % - Anno 2011

ASL Totale Cliniche Analisi Diagnostica Basilicata 100,00 100,00 100,00 100,00 ASP 41,74 49,90 43,92 22,27 di cui pubblico 23,22 24,84 26,62 16,06

di cui privato accreditato 18,52 25,06 17,30 6,22

ASM 32,82 27,89 36,81 38,73 di cui pubblico 21,42 22,97 21,36 18,25

di cui privato accreditato 11,40 4,92 15,45 20,47

CROB 11,52 9,70 5,13 22,41 San Carlo 13,91 12,51 14,14 16,60

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. La considerazione, poi, del costo medio per prestazione evidenzia una situazione opposta a quella descritta; se è vero che l’Azienda Sanitaria di Potenza è quella che sostiene un onere maggiore per le branche della clinica e del laboratorio, è pur vero che in queste stesse branche è quella che presenta un costo medio per prestazione inferiore a quello di tutti gli altri laboratori regionali. Analoga situazione si riscon-tra anche con riferimento agli accertamenti diagnostici. In effetti, per tutte e tre le tipologie di attività considerate (cliniche, analisi e diagnostica) i costi medi più ele-vati vengono sostenuti dal CROB e dal San Carlo. Tale fatto è senza dubbio ascri-vibile alla natura stessa delle due Aziende, ovvero alla maggior complessità delle prestazioni che vengono effettuate tanto al San Carlo quanto e soprattutto al CROB rispetto a quanto non accada nelle due Aziende Sanitarie Locali. Basti pensare ad esempio che il nuovo Nomenclatore ha previsto un rincaro medio di tutte le presta-zioni ricomprese nella radioterapia di circa € 46,00 e, dunque in un prossimo futuro, il costo medio, per il CROB, di questa tipologia di cure sarà destinato ad aumentare ulteriormente.

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554 Capitolo 2

TTabella 2.35 Costo medio delle prestazioni. Valori in € - Anno 2011

ASL Totale Cliniche Analisi Diagnostica Basilicata 12,64 16,48 5,79 70,84 ASP 9,86 13,09 5,23 44,17 di cui pubblico 11,93 24,42 5,15 48,77 di cui privato accreditato 8,10 8,97 5,35 35,51 ASM 13,45 18,14 6,26 72,65 di cui pubblico 15,43 25,00 6,46 73,43 di cui privato accreditato 10,83 7,95 6,01 71,97 CROB 30,38 41,00 6,14 129,22 San Carlo 16,21 25,92 6,54 82,56

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata.

Se poniamo in relazione la quantità di prestazioni effettuate, il numero delle impegna-tive prescritte e i ticket, le prime due voci dimostrano di avere andamento opposto ri-spetto alla terza: aumentano le misure di compartecipazione e si riducono le richieste di prestazioni. In effetti, l’incremento del livello dei ticket se da un lato può scorag-giare la domanda di prestazioni “superflue”, dall’altro può far aumentare la conve-nienza ad acquistare privatamente determinate tipologie di prestazioni e quindi provo-care lo slittamento di una parte della domanda sul mercato privato. Quest’ultima af-fermazione, tra l’altro, trova conferma nel fatto che nel medesimo periodo, in Basili-cata, si è verificato un aumento del 3,13% della spesa privata delle famiglie.

L’incremento del gettito derivante dai ticket non è stato uniforme all’interno delle di-verse Aziende, come altrettanto non omogenea è stata la contrazione delle prestazioni. In particolare, il CROB è quello che ha avuto il minor incremento in termini di ticket ma è anche quello che ha ridotto in maniera più contenuta le prestazioni effettuate; ciò può es-sere in parte attribuito alla natura stessa della specificità delle cure prestate all’interno del centro che difficilmente possono determinare una rinuncia da parte del richiedente. Segue il San Carlo, che pur essendo quello che ha generato il maggior introito da ticket, ha ripor-tato una variazione negativa in termini di prescrizioni e prestazioni comunque inferiore a quella che si è verificata nelle Aziende Sanitarie di Potenza e di Matera. Anche per il San Carlo valgono, in parte, le affermazioni fatte con riferimento al CROB.

FFigura 2.221 Variazione prestazioni, impegnative, ticket. Valori % - Anni 2010-2011

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata.

55

Figura 2.22

2.4.3 Rif less ioni f inal i

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54

Figura 2.21

L’assistenza extra-ospedaliera in Basilicata: rete strutturale e dotazioni organiche 555

Secondo i dati desumibili dal Sistema Tessera Sanitaria relativi al 2010 pubblicati dal Ministero della Salute, il valore complessivo delle prestazioni rese nell’anno conside-rato8 ammonta a circa € 9,5 Mld., di cui il 52,28% attribuibile alle prestazioni prodotte all’interno delle strutture pubbliche9 ed il rimanente 47,72% imputabile agli ambula-tori e laboratori privati accreditati. Inoltre, sono apprezzabili delle differenze tra ri-partizioni: la percentuale di spesa attribuibile alle strutture pubbliche supera ovunque, con esclusione delle Regioni Meridionali, il 50,00% della spesa totale raggiungendo il suo valore massimo in Basilicata (75,93%). Tale andamento trova conferma nel fatto che nel Sud la maggior parte delle strutture, contrariamente a quanto avviene nei ri-manenti territori, hanno natura prevalentemente privata.

FFigura 2.222 Stima della quota di spesa attribuibile alle strutture pubbliche e alle strut-ture private accreditate. Valori % - Anno 2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

22.4.3 RRif less ioni f inal i

L’analisi degli ultimi dati sull’assistenza specialistica resi disponibili dal Ministero della Salute, per l’anno 2010, conferma il trend degli anni precedenti: la distribuzione sul territorio nazionale delle strutture (sia pubbliche che private accreditate) che ero-gano prestazioni di specialistica ambulatoriale non è uniforme, come altrettanto non uniforme risulta essere la distribuzione tra pubblico e privato; nello specifico, nelle

8 Sono comprese nel calcolo tutte le prestazioni ambulatoriali con esclusione di quelle effettuate in regime di Pronto Soccorso. 9 Per quanto concerne la quota di spesa attribuibile alle strutture pubbliche, questa potrebbe divergere tanto per difetto quanto per eccesso dalla spesa reale poiché i costi potrebbero non coincidere con il valore delle tariffe.

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556 Capitolo 2

Regioni Meridionali è presente una maggior concentrazione di ambulatori e laboratori rispetto alle altre ripartizioni considerate nell’analisi. Inoltre, tra il 2009 ed il 2010, si è avuta una contrazione generalizzata del complesso dei centri con il valore massimo riportato dalla Basilicata (-2,56%). In effetti, la Regione Lucana, contrariamente a quanto avviene nelle rimanenti Regioni dell’Italia Meridionale, tende a replicare la tendenza delle Regioni del Nord e ciò vale anche per la natura giuridica delle strutture censite: i centri hanno titolarità pubblica, con esclusione di quelli dedicati alle analisi di laboratorio per i quali si evidenzia una sostanziale equidistribuzione tra pubblico e privato.

Questa disomogeneità nell’offerta di strutture si traduce in una marcata differenza circa i volumi medi di attività svolti da ciascun centro; in particolare, il Sud è quello con una dimensione media inferiore in tutte le branche. La Basilicata, invece, per il ramo della clinica presenta dei volumi medi di attività superiori a quelli di tutte le al-tre ripartizioni, per la diagnostica un valore inferiore a quello del Nord ma comunque maggiore di quello registrato nelle Regioni Centrali, mentre per le analisi di laborato-rio si posiziona subito dopo le altre Regioni dell’Italia Meridionale. E’ altresì da ri-marcare che la Basilicata, tra il 2009 ed il 2010, per quanto riguarda la clinica, ha at-tuato una politica di razionalizzazione produttiva (ovvero ha aumentato le dimensioni medie per struttura), mentre è andata in direzione opposta sul fronte della diagnostica e delle analisi di laboratorio.

L’investigazione delle prestazioni pro-capite per popolazione pesata ha messo in rilievo come la Basilicata, nel 2010, sia stata la Regione con il valore più alto di pre-stazioni cliniche effettuate da ciascun residente (per altro con un incremento di quasi il 6,00% rispetto all’anno precedente), mentre si è posizionata all’estremo opposto per la diagnostica e le analisi di laboratorio.

Da ultimo, ma non certamente per importanza, appare utile rimarcare come l’aumento delle misure di compartecipazione abbia determinato in tutte le Aziende della Regione una minor richiesta di prestazioni di tipo specialistico. Tale fenomeno è maggiormente apprezzabile nell’Azienda Sanitaria di Potenza ed in quella di Matera che non al CROB e al San Carlo. In effetti, la specificità delle prestazioni effettuate nei due ultimi centri mal si coniuga con un’eventuale rinuncia da parte del cittadi-no. In aggiunta, l’inasprimento dei ticket è stato accompagnato da un aumento della spesa privata delle famiglie, sinonimo questo di una probabile traslazione di parte del-la domanda sul mercato privato.

3 L’assistenza ospedaliera in Basilicata:

appropriatezza e mobilità

3.1 Introduzione

3.1.1 Le strutture sanitar ie ed i post i letto

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56

33 LL’assistenza ospedaliera in Basilicata:

aappropriatezza e mobilità ’Angela D. 1, Piasini L.2, Polistena B.3

La Regione Basilicata si è inserita, negli anni, in un processo di adeguamento e mi-glioramento della propria capacità di offerta attraverso una politica di riorganizzazio-ne delle ASL, nonché della rete ospedaliera che ha interessato tutto il panorama na-zionale. Ciò si è tradotto in una rideterminazione della dotazione ospedaliera in ter-mini di posti letto, accompagnata dallo sviluppo e dal potenziamento dei servizi alter-nativi al ricovero ordinario, in particolare delle attività in regime diurni, dei ricoveri per riabilitazione e di lungodegenza. Ancora, l’esubero di personale, che ha portato al blocco delle assunzioni, rappresenta un ulteriore punto cruciale che la Regione ha cercato e sta cercando di affrontare.

33.1 IIntroduzione

33..1.1 LLe strutture sanitar ie ed i posti letto

L’erogazione dell’assistenza ospedaliera nella Regione Basilicata avviene in 12 strut-ture di ricovero, di cui un’Azienda Ospedaliera (A. O. San Carlo), un IRCCS (CROB Rionero), tre case di cura accreditate (Clinica Luccioni e Fondazione Don Gnocchi

1 Ingegnere biomedico. Laureata in ingegneria biomedica presso l’Università di Pisa. Master in management and clinical engineering presso l’Università di Trieste. Ricercatore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” afferente al CREA Sanità e al CEIS. 2 Economista. Corso di Perfezionamento in Economia e Gestione Sanitaria – Facoltà di Economia Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Ricercatore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” afferente al CREA Sanità e al CEIS. 3 Statistica. Laureata in Scienze Statistiche Demografiche e Sociali presso la Facoltà di Statistica dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Master in Economia e Management dei Servizi Sanitari e Master in Statistica per la Gestione dei Sistemi Informativi. Dottoressa di ricerca in “Metodi Di Ricerca Per L’Analisi Del Mutamento Socio-Economico”. Ricercatore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” afferente al CREA Sanità e al CEIS.

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558 Capitolo 3

Onlus, Centro di riabilitazione opera Don Uva) e 7 ospedali a gestione diretta (Presi-dio Ospedaliero di Chiaromonte, Ospedale Civile Villa d`Agri, Ospedali Unificati del Lagonegrese, Presidio Ospedaliero Unificato di Melfi e Venosa, Presidio Ospedalie-ro-Matera, Presidio Ospedaliero-Tricarico, Presidio Ospedaliero Policoro). Nel 2010 (ultimo anno dato disponibile e confrontabile a livello nazionale) le strutture ospeda-liere della Regione rappresentano l’1,03% dell’offerta totale nazionale ed il 2,44% di quella delle Regioni del Sud. L’erogazione dell’assistenza ospedaliera in Basilicata è aumentata (+9,09%) grazie alla presenza di una nuova Casa di Cura Accreditata.

TTabella 3.1 Strutture di ricovero per tipologia di struttura Valori assoluti - Anno 2010

Territorio Aa. Oo.

Osped. Gest.

Diretta

AO integr.

con SSN

AO integr.

con Univ.

Pol. Univ. Priv.

Istit. Caratt. Scient

Osp. Classif.

o Assimil.

Istit. presidio di ASL

Enti di Ricerca

Case di cura

accredi-tate

Italia 64 429 8 18 2 60 30 20 3 531 Nord 38 97 0 10 0 35 16 14 0 193 Centro 7 118 1 6 2 12 8 5 1 110 Sud 19 214 7 2 0 13 6 1 2 228 Basilicata 1 7 0 0 0 1 0 0 0 3

Fonte: Ministero della Salute La dimensione media delle strutture ospedaliere in Basilicata è pari a 156 posti letto ordinari in acuzie per struttura, risultando inferiore rispetto a quella media nazionale (pari a 185 posti letto per struttura), ma maggiore rispetto a quella della sua riparti-zione geografica di afferenza (138 posti letto per struttura nel Sud).

TTabella 3.2 Posti letto ordinari in acuzie nelle strutture ospedaliere Anno 2010

Territorio / Strutture Posti Letto

Degenza Ordi-naria

Posti letto per Struttura

Italia 215.144 185 Nord 103.904 258 Centro 43.106 160 Sud 68.134 138 Basilicata 1.866 156

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. La Basilicata, nel 2010, era dotata di 3,17 posti letto in regime ordinario per 1.000 abitanti, valore inferiore rispetto a quello medio delle altre Regioni del Sud (3,26 per 1.000 abitanti), a quello medio nazionale (3,56 per 1.000 abitanti) ma anche rispetto a quello medio delle Regioni del Nord e del Centro (rispettivamente 3,75 e 3,62 per 1.000 abitanti); inoltre la Basilicata è la Regione che nel periodo 2005-2010 ha regi-strato la maggiore riduzione di posti letto (-3,37% medio annuo) a fronte di una ridu-

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58 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 559

zione media nazionale pari a -1,58%, una riduzione nelle Regioni del Sud pari a -2,20%, del Centro pari a -2,38% e del Nord pari a -0,80%. Quindi possiamo af-fermare che la contrazione dell’offerta di posti letto in regime ordinario, nell’arco temporale considerato, è stata un fenomeno generalizzato finalizzato al recupero dell’efficienza e al passaggio di molte attività al regime diurno e ambulatoriale.

TTabella 3.3 Posti letto ordinari in acuzie per 1.000 abitanti Valori assoluti e in % - Anni 2005-2010

Regioni Variaz. media annua Anno 2010

Italia -1,58 3,56 Nord -0,80 3,75 Centro -2,38 3,62 Sud -2,20 3,26 Basilicata -3,37 3,17

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Nel 2010, l’87,77% dell’offerta nazionale di posti letto era destinato ai ricoveri in re-gime ordinario.

Nello stesso anno l’offerta della Basilicata era rappresentata da 1.866 posti letto ordinari di cui il 2,71% in strutture private accreditate. Le Regioni del Sud registrano una maggior componente di posti letto privati accreditati (24,16%), seguono le Re-gioni del Centro (23,37%) ed infine quelle del Nord (16,99%).

TTabella 3.4 Posti letto ordinari in acuzie Valori assoluti e % - Anno 2010

Territorio Totali di cui privati accreditati (%)

Italia 215.144 20,67 Nord 103.904 16,99 Centro 43.106 23,37 Sud 68.134 24,16 Basilicata 1.866 2,71

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

Se in Basilicata, come accennato in precedenza, i posti letto per la degenza ordinaria, tra il 2005 e il 2010 hanno subito una riduzione pari al -3,37% medio annuo, i posti letto nelle strutture private accreditate sono notevolmente aumentati (+19,79% medio annuo) grazie alla presenza delle nuova casa di cura privata.

A livello nazionale e in tutte le ripartizioni, si è invece assistito ad una riduzione sia dei posti letto ordinari sia di quelli accreditati: -1,71% medio annuo in lia, -0,85% al Nord, -5,12% al Centro e -0,65% al Sud.

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660 Capitolo 3

TTabella 3.5 Posti letto ordinari in acuzie Valori % - Anni 2005-2010

Territorio Var.% Var.% media annua

Totale Solo accreditati Totale Solo accreditati Italia -7,63 -8,28 -1,58 -1,71 Nord -3,92 -4,19 -0,80 -0,85 Centro -11,34 -23,11 -2,38 -5,12 Sud -10,54 -3,20 -2,20 -0,65 Basilicata -15,76 146,67 -3,37 19,79

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Nel 2010 in Basilicata il 13,33% del totale dei posti disponibili erano destinati al ricovero diurno: valore superiore alla media italiana (12,23%) ma in linea con quello delle Regioni del Sud (13,32%); quota che ha comunque subito una riduzione del -4,01% rispetto al 2005. L’offerta complessiva di posti letto diurni previsti nella Regione è pari a 234, di cui il 5,13% in case di cura private accreditate.

L’offerta nazionale complessiva di posti letto per regime diurno è pari a 21.761, di cui il 9,27% in case di cura accreditate: in particolare le Regioni con la maggiore quota di letti in strutture private accreditate sono quelle del Sud (11,22%), seguite da quelle del Centro (10,19%) e del Nord (7,15%).

TTabella 3.6 Posti letto diurni in acuzie Numero e composizione % - Anno 2010

Territorio Totali di cui Accreditati (%)

Italia 21.761 9,27

Nord 9.225 7,15

Centro 4.820 10,19

Sud 7.716 11,22

Basilicata 234 5,13 Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Nel periodo 2005-2010, in Basilicata, l’offerta di posti letto diurni si è ridotta (-4,78%) anche se in minor misura rispetto a quella media nazionale (-6,13%). In generale al Nord e al Centro la riduzione di posti letto diurni è stata inferiore rispetto a quella del Sud (rispettivamente -6,74%, -6,96% e -4,80%).

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60 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 661

TTabella 3.7 Posti letto diurni in acuzie - Valori % - Anni 2005-2010

Territorio Var.% Var.% media annua Totale di cui accreditati Totale di cui accreditati

Italia -27,11 -32,54 -6,13 -7,57 Nord -29,43 -34,13 -6,74 -8,01 Centro -30,29 -45,87 -6,96 -11,55 Sud -21,80 -19,89 -4,80 -4,34 Basilicata -21,74 100,00 -4,78 20,00

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Analizzando l’offerta di posti letto delle singole ASL della Regione Basilicata si evince che, nel 2011, questa si è ridotta del -1,34%, raggiungendo un valore pari a 3,31 posti letto per 1.000 abitanti.

TTabella 3.8 Posti letto ordinari per ASL e tipologia Numero e composizione % - Anno 2011

Regione e ASL Totale Acuti Lungodegenza Riabilitazione Basilicata 1.841 91,42 4,13 4,45 ASP 565 79,12 8,50 12,39 ASM 537 92,55 5,21 2,23 CROB 62 100,00 0,00 0,00 San Carlo 677 100,00 0,00 0,00

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata L’87,00% del totale dei posti disponibili della Regione sono destinati ai ricoveri in regime ordinario (il 13,00% ai diurni). In particolare, dei 1.841 posti letto disponibili nelle strutture ospedaliere lucane, il 91,42% sono destinati agli acuti, il 4,13% alla lungodegenza ed il restante 4,45% alla riabilitazione.

In particolare i posti letto per lungodegenti e riabilitazione si concentrano nei presidi ospedalieri della Azienda Sanitaria di Potenza (ASP) e della Azienda Sanitaria di Matera (ASM): nella ASP l’8,50% dei posti letto ordinari sono riservati alla lun-godegenza e il 12,39% alla riabilitazione; nella ASM il 5,21% dei posti letto ordinari sono per la lungodegenza e il 2,23% per la riabilitazione.

TTabella 3.9 Posti letto diurni per ASL e tipologia - Numero e composizione % - Anno 2011

Regione e ASL Totale Acuti Riabilitazione Basilicata 275 93,82 6,18 ASP 69 94,20 5,80 ASM 113 91,15 8,85 CROB 12 100,00 0,00 San Carlo 81 96,30 3,70

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata

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662 Capitolo 3

L’offerta di posti letto per il regime diurno, in Basilicata, è rappresentata da 275 letti (anno 2011), di cui il 93,82% per acuti ed il restante 6,18% per riabilitazione.

A disporre del maggior numero di posti letto per riabilitazione è l’ASM (8,85%), seguita dall’ASP (5,80%) e dall’Azienda Ospedaliera San Carlo (3,70%%). L’I.R.C.C.S. CROB non ha posti letto diurni di riabilitazione.

In Basilicata il tasso di occupazione dei posti letto ordinari nel 2011 si è ridotto ri-spetto all’anno precedente raggiungendo il 79,48% (80,42% nel 2010, ro -0,94%). In particolare la riduzione maggiore si è riscontrata nell’Azienda Ospeda-liera San Carlo (-7,42%), seguita da quella dell’ASM (-4,95%) e dell’.R.C.C.S. CROB (-1,08%). Le due Aziende ASM e ASP, nel 2011, presentano dei tassi di oc-cupazione rispettivamente pari al 75,52% e al 72,81

TTabella 3.10 Tasso di occupazione dei posti letto Valori % - Anni 2009-2010

Regione e ASL 2010 2011 Basilicata 80,42 79,48 ASP 71,97 75,52 ASM 77,76 72,81 CROB 111,00 103,58 San Carlo 87,04 85,96

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata In particolare l’indice più elevato nel 2011 si osserva nell’ospedale Oncologico (103,58%), nell’ospedale San Carlo (85,96%).

L’intervallo di turn-over4, ovvero il tempo che intercorre tra la dimissione di un paziente ed il ricovero del successivo, rappresenta il periodo di tempo, espresso in giorni, in cui un posto letto resta libero tra una dimissione ed il ricovero successivo.

Da un punto di vista teorico questo indice dovrebbe, in presenza di un’organizzazione perfetta e con un indice di occupazione molto alto, tendere a 0. Situazione che si verificherebbe solo se si dimettesse al mattino e si ricoverasse al pomeriggio, essendo le giornate di degenza calcolate sul pernottamento.

TTabella 3.11 Intervallo di turn-over Valori in giorni - Anni 2010-2011

Regione e ASL 2010 2011 Basilicata 1,45 1,95 ASP 2,23 2,74 ASM 1,96 0,94 CROB -0,54 -0,18 San Carlo 0,84 1,59

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata

4 Rapporto tra la differenza del numero dei posti letto moltiplicato per 365 giorni ed il numero totale delle giornate di degenza, sul numero totale dei dimessi.

63

3.1.2 I l personale dipendente

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62 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 663

In Basilicata, nel 2011, il valore dell’indice di turn-over è pari a 1,95 giorni, in au-mento rispetto all’anno precedente (1,45 giorni), a fronte di una riduzione sia del nu-mero totale di giornata di degenza sia del numero totale dei pazienti dimessi.

Nell’Azienda Sanitaria di Potenza il numero medio di giorni in cui un posto letto rimane libero è pari a 2,74 (2,23 nell’anno precedente), mentre nell’Azienda Sanitaria di Matera l’intervallo di turn-over risulta pari a 0,94, valore decisamente inferiore ri-spetto a quello riscontrato nell’anno precedente, pari a 1,96.

Comunque la Regione Basilicata rispetta quanto previsto negli standard nazionali ovvero che il valore dell’intervallo di turn-over non superi i 3,66 giorni.

33..1.2 II l personale dipendente

Nella Regione Basilicata, nel 2010, il sistema sanitario regionale contava 6.787 di-pendenti: di cui il 72,42% personale sanitario, il 18,48% personale tecnico, l’8,86% personale amministrativo e il restante 0,25% personale professionale.

Il personale sanitario rappresenta la quota maggiore: il valore più alto si riscontra nelle Regioni del Centro, dove il personale sanitario impiegato è il 73,55% del totale; seguono le Regioni del Sud, con il 71,89% del totale, ed infine le Regioni del Nord, dove il personale sanitario impiegato è il 67,77% del totale.

La concentrazione del personale tecnico è molto differenziata tra le ripartizioni: si passa dal 20,08% al Nord al 15,41% al Centro passando per un valore intermedio al Sud 16,37%.

La quota di personale professionale e di personale amministrativo è piuttosto simi-le in tutte le ripartizioni geografiche.

TTabella 3.12 Personale dipendente del SSN Numero totale e composizione % - Anno 2010

Territorio Totale Sanitario Professionale Tecnico Amministrativo Italia 646.236 70,15 0,24 18,04 11,48 Nord 322.634 67,77 0,23 20,08 11,90 Centro 126.201 73,55 0,27 15,41 10,74 Sud 136.044 71,89 0,24 16,37 11,18 Basilicata 6.787 72,42 0,25 18,48 8,86

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

L’organico lucano rappresenta circa l’1,05% del personale nazionale e il 4,99% di quello del Mezzogiorno, valori eccedenti rispetto alla numerosità della popolazione che, nel 2010, rappresenta lo 0,98% di quella italiana e il 2,82% di quella meridio-nale.

Nello specifico in Basilicata nel 2011 ci sono 5.441 unità di personale; -19,83% ri-spetto all’anno precedente.

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664 Capitolo 3

TTabella 3.13 Personale dipendente del SSN (ASL e Az.Osp.) in Basilicata Numero totale e composizione % - Anno 2011

Territorio Totale Sanitario Professionale Tecnico Amministrativo Basilicata 5.441 69,20 0,26 21,32 9,23 ASP 2.690 69,14 0,33 20,07 10,45 ASM 2.341 69,59 0,21 22,55 7,65 CROB 410 67,32 0,00 22,44 10,24 San Carlo" 1.973 80,79 0,30 12,72 6,18

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata Il personale dipendente del SSR lucano si concentra per il 49,44% nell’Azienda Sani-taria di Potenza, per il 43,03% nell’Azienda Sanitaria di Matera; l’Azienda Ospeda-liera del San Carlo assorbe il 36,26% del personale dipendente lucano ed il restante 7,54% del personale del SSR lucano è impegnato nella IRCCS CROB di Rionero.

In generale, il 69,14% del personale dell’Azienda Sanitaria di Potenza è di ruolo sanitario, il 20,07% di ruolo tecnico, il 10,45% di ruolo amministrativo e lo 0,33% di ruolo professionale; nell’Azienda Sanitaria di Matera il 69,59% è di ruolo sanitario, il 22,55% tecnico, il 7,65% amministrativo e lo 0,21% professionale; nell’Azienda Ospedaliera San Carlo e nella IRCCS CROB, l’80,79% e il 67,32%, rispettivamente è di ruolo sanitario, il 12,72% e 22,44% rispettivamente è di ruolo tecnico, il 6,18% e l’10,24%, è di ruolo amministrativo ed infine lo 0,30% e lo 0,00% è di ruolo profes-sionale.

33..1.3 RRif less ioni f inal i

Nonostante il processo di razionalizzazione sia attivo ormai in tutte le Regioni italia-ne, la Basilicata si sta concentrando in maniera particolare su tale obbiettivo.

In particolare la Basilicata è la Regione che dal 2005 al 2010 ha ridotto in maniera più incisiva il numero di posti letto; riduzione che si è verificata anche nel 2011.

In Basilicata, nel 2010, l’intervallo di turn over, è mediamente pari a 1,95 giorni, rientrando in quanto previsto dagli standard nazionali (l’intervallo di turn over non dovrebbe superare i 3,66 giorni).

La dotazione di personale della Regione, nel 2010, tende ad essere in esubero ri-spetto alla popolazione da servire: l’organico lucano, infatti, rappresenta circa l’1,05% del personale nazionale e il 4,99% di quello del Mezzogiorno, valori ecce-denti rispetto alla numerosità della popolazione che rappresenta lo 0,98% di quella italiana e il 2,82% di quella meridionale; i provvedimenti messi in atto negli ultimi anni hanno portato ad una riduzione del personale che, nel biennio 2010-2011, è stata pari al 19,83%.

Quindi le misure volte all’attuazione delle politiche sanitarie hanno, da un lato, condotto ad una graduale riduzione dei posti letto a favore di modalità assistenziali alternative al ricovero e, dall’altro, stanno trovando un’adeguata risposta con il ridi-

65

3.2 L’assistenza Ospedaliera nella Regione Basi l icata

3.2.1 I r icoveri ordinari per acuzie

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3.1.3 Rif less ioni f inal i

L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 665

mensionamento del personale sanitario, che comunque continua a rimanere un impor-tante voce di costo.

Si rimanda al capitolo 2 per la valutazione di quanto sia cresciuta la capacità di presa in carico del cosiddetto “territorio”, elemento fondamentale di valutazione per comprendere quanto si sia riusciti a fare nella conciliazione tra razionalizzazione delle risorse e mantenimento di un livello elevato di efficienza e di appropriatezza organiz-zativa nel rispetto dei bisogni della popolazione e dei livelli di assistenza.

33..2 LL’assistenza Ospedaliera nella Regione Basi l icata

Utilizzando il database SDO del Ministero della Salute relativo al quadriennio 2007-2010 (ultimo disponibile), è stato analizzato il ricorso all’assistenza ospedaliera della Regione Basilicata confrontandolo con i dati relativi agli aggregati Nord, Centro, Sud ed Italia.

L’iter seguito nell’analisi prevede, in primo luogo, il calcolo dei tassi di ricovero totali, per età e per tipologia di DRG; successivamente vengono calcolate le giornate di degenza medie, totali e per età, e infine viene stimato il valore della produzione e la relativa distribuzione per età e tipologia di DRG. L’analisi è stata effettuata dapprima sui ricoveri in acuzie, in regime ordinario e diurno, successivamente sui ricoveri in riabilitazione e lungodegenza.

Infine l’analisi è stata ripetuta per l’anno 2011, attraverso lo studio del database delle SDO della Regione Basilicata. È importate sottolineare che la confrontabilità dei dati risente della diversità delle fonti utilizzate: le SDO ministeriali sono relative alla popolazione residente in Basilicata, mentre le SDO della Regione sono relative ai ricoveri avvenuti nelle strutture ospedaliere della Basilicata.

33..2.11 II rr icoveri ordinari per acuzie

La Basilicata è caratterizzata da anni da un tasso medio di ricovero per acuzie in re-gime ordinario dei propri residenti (e quindi considerando anche i ricoveri fuori Re-gione) decisamente inferiore rispetto alla media nazionale e a quella delle restanti Re-gioni del Sud; tra il 2007 e il 2010 la riduzione dei ricoveri che ha interessato tutte le Regioni italiane, ma in misura maggiore quelle meridionali. Nel 2010 il tasso di rico-vero della popolazione lucana è pari a 114,41 per 1.000, valore inferiore del 4,77% rispetto alla media nazionale (120,15), del 9,19% rispetto alla media delle Regioni del Sud (125,99) e leggermente inferiore (-0,73%) rispetto a quello delle Regioni del Nord (115,25).

Le differenze più significative si registrano nella classe d’età 1-14 in cui il tasso è inferiore rispetto alla media nazionale del 7,55% e nella classe di età adulta dove il tasso della Basilicata è inferiore del 9,66% rispetto alla media nazionale. Viceversa valori superiori alla media nazionale si osservano nelle classi di età 65-74 e 75-84 (ri-spettivamente +2,53% e +0,90%).

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666 Capitolo 3

TTabella 3.14 Tassi di ricovero ordinari in acuzie per età Valori per 1.000 abitanti - Anni 2007-2010

Anno Area 0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

2007

Italia 495,85 60,06 97,10 222,18 340,00 315,61 131,25 Nord 481,66 49,55 88,00 199,22 315,99 292,88 121,95 Centro 454,29 54,62 92,59 207,63 330,01 305,61 128,11 Sud 536,41 74,24 111,14 267,30 382,70 356,64 145,07 Basilicata 498,82 55,86 87,41 224,12 326,98 304,22 122,48

2008

Italia 477,64 57,95 94,10 215,30 332,15 308,20 127,82 Nord 470,68 47,96 86,09 195,17 311,23 288,47 119,92 Centro 446,23 52,32 89,17 200,56 323,44 299,28 124,39 Sud 504,17 72,08 107,05 256,44 369,21 343,79 140,08 Basilicata 513,92 55,06 85,59 218,36 329,33 306,95 121,18

2009

Italia 465,84 55,49 91,78 210,20 323,30 300,03 124,90 Nord 463,02 45,75 85,72 194,41 307,25 284,88 119,11 Centro 432,59 51,10 89,66 199,89 318,70 294,99 124,05 Sud 488,21 69,11 100,74 241,90 350,28 326,06 133,01 Basilicata 480,24 50,68 82,35 209,03 321,94 300,64 117,69

2010

Italia 466,28 52,31 87,53 200,03 291,50 356,34 120,15 Nord 460,84 44,45 81,99 186,17 278,34 368,14 115,25 Centro 443,70 48,44 87,42 193,18 289,01 369,43 121,27 Sud 486,04 63,71 94,73 226,33 312,91 326,70 125,99 Basilicata 451,03 48,36 79,08 205,09 294,11 348,33 114,41

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

Anche guardando alla distribuzione percentuale dei ricoveri per età 2010 si confer-mano per i residenti in Basilicata, caratteristiche più simili a quelle riferibili alle Re-gioni centro-settentrionali, che a quelle meridionali oltre che una maggiore concentra-zione dei ricoveri nelle età più anziane.

TTabella 3.15 Distribuzione per età dei ricoveri ordinari in acuzie - Valori % - Anno 2010

0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale Italia 3,65 5,76 47,78 17,01 17,82 7,99 100,00 Nord 3,80 4,90 46,21 17,48 18,40 9,21 100,00 Centro 3,36 4,98 46,97 16,96 18,57 9,16 100,00 Sud 3,62 7,20 50,11 16,47 16,71 5,89 100,00 Basilicata 3,09 5,36 45,91 16,92 20,59 8,12 100,00

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

67

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66 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 667

Analizzando separatamente i DRG medici e chirurgici, è possibile osservare come, la Basilicata, nel 2010 presenti per i primi valori in linea con la media nazionale, mentre per i DRG chirurgici valori inferiori rispetto non solo alla media nazionale ma anche a quella di tutte le ripartizioni. Si può quindi dedurre che il tasso di ricovero dei resi-denti in Basilicata risulta inferiore rispetto alla media nazionale proprio a causa del minor numero di ricoveri chirurgici. In Basilicata, tra l’altro, si osserva un trend de-crescente dei ricoveri per DRG chirurgici nel quadriennio considerato5.

TTabella 3.16 Tassi di ricovero ordinario in acuzie per tipo DRG Valori per 1.000 abitanti - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010

Medici o N.C. Chirurgici Medici

o N.C. Chirurgici Medici o N.C. Chirurgici Medici Chirurgici

Italia 81,71 49,55 79,1 48,72 75,81 49,09 72,07 48,07 Nord 71,4 50,56 69,91 50,01 67,77 51,34 65,75 49,51 Centro 79,32 48,79 76,36 48,04 73,06 50,98 70,52 50,75 Sud 96,42 48,65 92,68 47,4 87,95 45,06 81,34 44,66 Basilicata 79,06 43,42 78,44 42,74 75,6 42,09 72,61 41,80

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. Il gap tra ricoveri per DRG chirurgici è imputabile prevalentemente ai ricoveri nelle classi d’età 65-74 e 75-84: i tassi per i Lucani, infatti, sono inferiori alla media nazio-nale rispettivamente dell’11,55% per la prima e del 12,33% per la seconda.

TTabella 3.17 Tasso di ricovero ordinario in acuzie per tipo DRG ed età Valori per 1.000 abitanti - Anno 2010

DRG Area 0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

Medici

Italia 447,61 38,10 44,81 111,40 196,83 283,59 72,07 Nord 443,02 29,36 39,54 93,35 178,49 293,03 65,75 Centro 421,32 34,49 42,70 102,47 190,59 292,27 70,52 Sud 468,27 50,44 52,75 145,63 228,50 261,25 81,34 Basilicata 433,89 37,94 42,34 126,70 210,92 277,90 72,61

Chirurgici

Italia 18,68 14,20 42,72 88,64 94,67 72,74 48,07 Nord 17,82 15,09 42,44 92,82 99,85 75,11 49,51 Centro 22,38 13,95 44,71 90,71 98,43 77,16 50,75 Sud 17,77 13,27 41,98 80,70 84,41 65,45 44,66 Basilicata 17,14 10,41 36,74 78,40 83,19 70,43 41,80

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

5 Per l’anno 2010 nell’analisi non sono inclusi i ricoveri non classificati (né medici né chirurgici).

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668 Capitolo 3

Guardando alla degenza media dei ricoveri ordinari in acuzie questa è rimasta pressoché costante nel periodo temporale preso in analisi in tutte le ripartizioni geografiche; la me-dia nazionale, nel 2010, è pari a 6,74 giorni, al Nord si registra in media una durata del ri-covero più lunga, pari a 7,09, mentre al Sud la degenza è leggermente più bassa (6,31).

Per la Basilicata, nel 2010, si registrano valori in linea con la media nazionale, la degenza media dei lucani è pari a 6,80 giorni per ricovero; 6,41 giornate alla nascita (dalla quale sono esclusi i nati sani), diminuisce nel gruppo 1-14 anni (4,09) e cresce nuovamente all’aumentare dell’età.

TTabella 3.18 Degenza media, ricoveri ordinari in acuzie, per età Anni 2007-2010

Anno Area 0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

2007

Italia 6,35 3,70 5,52 7,88 9,83 9,31 6,72 Nord 6,30 3,62 5,72 8,26 10,62 10,01 7,15 Centro 6,87 3,92 5,71 8,20 10,19 9,29 7,05 Sud 6,18 3,68 5,24 7,29 8,66 8,09 6,09 Basilicata 6,07 3,62 5,66 7,96 9,67 8,54 6,76

2008

Italia 6,49 3,75 5,52 7,90 9,89 9,41 6,76 Nord 6,41 3,67 5,71 8,27 10,69 10,14 7,20 Centro 6,93 3,97 5,68 8,16 10,14 9,29 7,04 Sud 6,38 3,74 5,25 7,32 8,74 8,16 6,13 Basilicata 6,25 3,77 5,70 8,04 9,66 8,95 6,87

2009

Italia 6,55 3,78 5,41 7,76 9,81 9,41 6,69 Nord 6,47 3,71 5,49 8,06 10,53 10,13 7,05 Centro 6,98 3,95 5,42 7,76 9,84 9,12 6,78 Sud 6,45 3,77 5,31 7,38 8,86 8,31 6,22 Basilicata 5,84 3,99 5,59 7,96 9,38 8,80 6,79

2010

Italia 6,58 3,83 5,45 7,77 9,01 9,37 6,74 Nord 6,49 3,73 5,53 8,05 9,62 10,07 7,09 Centro 6,97 3,91 5,38 7,71 8,95 9,08 6,76 Sud 6,48 3,88 5,40 7,45 8,25 8,30 6,31 Basilicata 6,41 4,09 5,63 7,86 8,65 8,49 6,80

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. Se andiamo nel dettaglio delle singole ASL6 si osserva una situazione piuttosto diso-mogenea: la Azienda Sanitaria di Potenza presenta una degenza media più bassa ri-

6 I dati relativi alla Basilicata riguardano i ricoveri effettuati nelle varie strutture della Regione pertanto non sono confrontabili con quelli precedentemente riportati

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68 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 669

spetto alla media regionale, probabilmente per effetto dei ricoveri nelle strutture ospedaliere delle ex ASL1 e ASL2, di contro i valori della Azienda Sanitaria di Mate-ra risultano più alti anche presumibilmente per effetto dei ricoveri negli ospedali della ex ASL4. Anche la degenza media dell’A.O. San Carlo risulta superiore alla media probabilmente a causa dell’elevato case mix. TTabella 3.19 Degenza media, ricoveri ordinari in acuzie confronti ASL

Basilicata vs altre ripartizioni - Anni 2002-2010

Struttura 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Italia 6,70 6,70 6,67 6,70 6,68 6,75 6,76 6,69 6,72 Nord 7,20 7,15 7,06 7,08 7,09 7,15 7,18 7,03 7,07 Centro 7,34 7,34 7,30 7,29 7,21 7,17 7,06 6,81 6,76 Sud 5,82 5,88 5,90 5,95 5,96 6,04 6,08 6,18 6,23 Basilicata 6,42 6,61 6,54 6,61 6,55 6,7 6,97 6,93 6,92 ASL 1 5,16 5,41 5,58 5,58 5,5 5,32 4,96

5,99 5,96 ASL 2 5,65 5,74 6,11 6,29 5,82 5,3 5,82 ASL 3 6,42 6,72 6,82 6,84 6,81 6,93 7,42 ASL 4 6,57 6,76 6,6 6,9 7,17 7,82 8,19

7,37 7,46 ASL 5 6,03 6,37 6,21 6,07 5,74 6,01 6,66 A.O. San Carlo 7,13 7,16 7,01 7,02 7,08 7,14 7,4 7,41 7,32 CROB 6,96 6,5 6,09 6,6 5,67 5,7 5,8 5,93 6,07 Fonte: Ministero della Salute e Regione Basilicata. Il valore della produzione attribuibile ai ricoveri dei Lucani nel 2010 è pari a € 237,49 mil. (valore ottenuto applicando le Tariffe D.M. 18 ottobre 2012), circa il 2,88% del valore complessivamente riferibile ai residenti nell’Italia centro-meridionale e lo 0,98% del valore nazionale.

TTabella 3.20 Valore della produzione ospedaliera ordinaria in acuzie - Valori in mil. di € - Anno 2010

2010 Italia 24.324,10 Nord 11.083,70 Centro 5.000,50 Sud 8.239,90 Basilicata 237,49

Fonte: Ministero della Salute.

Il valore della produzione (proxy del “costo”) per ricovero (riferito al ricorso all’assistenza ospedaliera dei residenti in Basilicata) nel 2010 è pari a circa € 3.527,90, risultando superiore rispetto a quello nazionale (€ 3.326,37) e a quello delle altre Regioni del Sud (€ 3.088,69), dato probabilmente indicativo di un’alta complessità della casistica trattata.

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770 Capitolo 3

In particolare la superiorità del valore medio della produzione si riscontra in tutte le fasce d’età della popolazione lucana.

TTabella 3.21 Valore della produzione ospedaliera ordinaria in acuzie* per ricovero, per età - Valori in € - Anno 2010

0 – Acuti 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

2010

Italia 3.495,57 1.792,70 2.880,96 4.144,89 4.069,25 3.619,37 3.326,37 Nord 3.417,56 1.838,81 2.958,76 4.344,39 4.254,38 3.669,86 3.467,32 Centro 3.613,90 1.903,28 2.943,96 4.289,78 4.229,97 3.723,08 3.453,08 Sud 3.533,98 1.713,57 2.762,94 3.810,19 3.727,97 3.437,18 3.088,69 Basilicata 4.146,35 1.940,90 3.079,10 4.279,41 4.142,41 3.753,45 3.527,90

Fonte: elaborazione su dati SDO, Ministero della Salute. TTabella 3.22 Quota del valore della produzione ospedaliera ordinaria in acuzie per età

Valori % - Anno 2010

0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale Italia 3,83 3,10 41,38 21,19 21,80 8,69 100,00 Nord 3,74 2,60 39,43 21,90 22,58 9,75 100,00 Centro 3,52 2,74 40,05 21,07 22,74 9,88 100,00 Sud 4,15 4,00 44,83 20,31 20,17 6,55 100,00 Basilicata 3,64 2,95 40,07 20,52 24,18 8,64 100,00

*sono esclusi i nati sani. Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. La classe centrale, che contiene quasi la totalità del valore dei parti, assorbe per i Lu-cani il 40,07% del valore della produzione ed il 41,38% nella media nazionale. Gli over 65, rispettivamente per i residenti in Basilicata e per la media della popolazione italiana, assorbono circa il 53,34% ed il 51,68% del valore della produzione.

Così come già riscontrato per i tassi di ricovero, la Basilicata presenta un compor-tamento più simile alla media delle Regioni del Centro che non a quella della sua ri-partizione di afferenza.

TTabella 3.23 Distribuzione del valore della produzione ordinaria in acuzie, per l’età15-64 - Valori % - Anno 2010

15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 Totale Italia 7,71 14,75 19,01 23,17 35,36 100,00 Nord 6,69 14,12 19,51 23,36 36,32 100,00 Centro 7,15 14,47 19,65 23,35 35,37 100,00 Sud 9,23 15,64 18,07 22,85 34,21 100,00 Basilicata 8,38 14,02 17,70 23,24 36,67 100,00 Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

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70 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 771

Scomponendo il valore della produzione per la fascia d’età centrale (15-64 anni), ed eliminando i parti, si nota come circa il 60% dei “costi” sia attribuibile alla fascia 45-64 anni.

TTabella 3.24 Composizione del valore della produzione ordinaria in acuzie per tipoDRG - Valori % - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010

Medici o

N.C.

Chirur-gici

Medici o

N.C.

Chirur-gici

Medici o

N.C.

Chirur-gici

Medici o

N.C.

Chirur-gici

Italia 43,1 56,9 42,6 57,4 41,9 58,1 42,42 57,58

Nord 39,9 60,1 39,7 60,3 39,1 60,9 40,28 59,72

Centro 42,4 57,6 41,9 58,1 40,4 59,6 40,92 59,08

Sud 47,7 52,3 46,8 53,2 46,5 53,5 46,20 53,80

Basilicata 46,1 53,9 46,1 53,9 45,8 54,2 46,09 53,91

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

Se scomponiamo il valore della produzione per tipo di DRG emerge come in tutte le Regioni il valore della produzione deriva principalmente da ricoveri chirurgici con importanti differenze tra le ripartizioni: se nelle Regioni centro-settentrionali la quota è prossima al 60,00%, nelle Regioni meridionali si attesta in media al 53,80% e que-sto perché , come anticipato, per i residenti nelle Regioni meridionali i tassi di ricove-ro per DRG medici risultano superiori rispetto alla media nazionale, e corrisponden-temente quelli per i DRG chirurgici inferiori, ne consegue una sostanziale equidistri-buzione del valore della produzione.

Nelle Regioni centro-settentrionali invece, ad una riduzione dei ricoveri medici è corrisposto un aumento dei ricoveri chirurgici che ha provocato un aumento della forbice tra il valore della produzione assorbito dalle due differenti tipologie di DRG.

Così come avveniva per il 2009, anche per il 2010 in Basilicata la differenza fon-damentale tra ricoveri medici e chirurgici si concentra nella fascia d’età centrale, per la quale i ricoveri medici sommano in media il 14,34% del valore della produzione totale (13,94% in media in Italia e 16,60% al Sud) mentre quelli chirurgici il 25,73% (27,45% in media in Italia e 28,22% al Sud).

Al crescere dell’età diminuisce l’incidenza sui costi dei ricoveri chirurgici, per i quali comunque il valore della produzione risulta inferiore a quello dei ricoveri medi-ci solo a partire dai 75 anni per i residenti in Basilicata e nel Meridione e dagli ottan-tacinque anni per i residenti nel Centro e nel Nord.

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772 Capitolo 3

TTabella 3.25 Composizione del valore della produzione ordinaria in acuzie, per tipoDRG ed età - Valori % - Anno 2010

DRG Area 0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

Medici o N.C.

Italia 3,53 1,84 13,94 7,47 10,17 5,47 42,42 Nord 3,44 1,45 12,46 6,88 9,87 6,17 40,28 Centro 3,17 1,57 12,82 7,02 10,21 6,13 40,92 Sud 3,86 2,52 16,60 8,54 10,54 4,13 46,20 Basilicata 3,46 1,86 14,34 8,39 12,59 5,44 46,09

Chirurgici

Italia 0,31 1,27 27,45 13,72 11,63 3,22 57,58 Nord 0,30 1,15 26,97 15,02 12,71 3,57 59,72 Centro 0,35 1,18 27,23 14,05 12,53 3,75 59,08 Sud 0,28 1,47 28,22 11,77 9,63 2,42 53,80 Basilicata 0,17 1,09 25,73 12,13 11,59 3,21 53,91

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

33.2.33 II r icoveri diurni

I ricoveri in regime diurno per i residenti in Basilicata rappresentano nel 2010 il 36,22% dei ricoveri per acuti, dato che è rimasto pressoché costante nel periodo con-siderato; nelle Regioni meridionali tale percentuale è pari in media al 32,45%, nelle Regioni settentrionali al 26,35% e in quelle centrali 28,69%.

TTabella 3.26 Composizione dei ricoveri in acuzie per regime di ricovero Valori % - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010

Ord. Diurno Ord. Diurno Ord. Diurno Ord. Diurno Italia 68,69 31,31 68,79 31,21 70,36 29,64 70,86 29,14 Nord 70,72 29,28 71,05 28,95 72,77 27,23 73,65 26,35 Centro 68,66 31,34 68,09 31,91 70,21 29,79 71,31 28,69 Sud 66,61 33,39 66,76 33,24 67,8 32,2 67,55 32,45 Basilicata 63,06 36,94 63,15 36,85 63,99 36,01 63,78 36,22

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

In particolare in Basilicata il ricorso al regime diurno assume valori massimi nelle fa-sce di età 1-14 anni e 15-64 anni: in questo regime vengono effettuati rispettivamente il 48,71% e il 41,84% dei ricoveri in acuzie dei Lucani, a fronte di una media nazio-nale che si attesta al 42,13% e al 33,44%; la quota di ricoveri diurni diminuisce poi all’aumentare dell’età, anche se per i residenti in Basilicata i valori risultano decisa-

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3.2.3 I r icoveri diurni

L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 773

mente più alti della media: per gli ultra-ottantacinquenni la quota di ricoveri diurni è pari a 27,21% rispetto al 20,79% riscontrato sul territorio nazionale.

TTabella 3.27 Composizione dei ricoveri in acuzie per età e regime di ricovero Valori % - Anno 2010

Regime di

ricovero 0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+

Italia Ordinario 89,68 57,87 66,56 71,04 79,21 89,86 Diurno 10,32 42,13 33,44 28,96 20,79 10,14

Nord Ordinario 94,00 65,20 68,92 72,60 80,40 90,32 Diurno 6,00 34,80 31,08 27,40 19,60 9,68

Centro Ordinario 83,28 43,35 68,04 73,39 82,14 92,03 Diurno 16,72 56,65 31,96 26,61 17,86 7,97

Sud Ordinario 87,99 59,90 63,46 67,98 76,09 87,28 Diurno 12,01 40,10 36,54 32,02 23,91 12,72

Basilicata Ordinario 90,21 51,29 58,16 64,72 72,79 85,11 Diurno 9,79 48,71 41,84 35,28 27,21 14,89

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

La distribuzione per età dei ricoveri segue il medesimo andamento del regime ordina-rio: la quota di ricoveri cresce all’aumentare dell’età. I Lucani presentano valori so-stanzialmente in linea con la media nazionale; rispetto alla ripartizione del Sud i ri-coveri sono maggiormente concentrati nelle fasce d’età più anziane (32,30% per la Basilicata e 28,86% per il Sud).

TTabella 3.28 Distribuzione per età dei ricoveri diurni in acuzie Valori % - Anno 2010

0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale Italia 1,02 10,19 58,37 16,85 11,37 2,19 100,00 Nord 0,68 7,32 58,26 18,44 12,54 2,76 100,00 Centro 1,68 16,17 54,85 15,29 10,03 1,97 100,00 Sud 1,03 10,04 60,07 16,15 10,93 1,79 100,00 Basilicata 0,59 8,96 58,15 16,24 13,56 2,50 100,00

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

Il tasso di ricovero7 per il regime diurno in acuzie dei lucani è pari complessivamente a 65,00 per 1.000 abitanti, valore superiore dell’8,67% rispetto a quello del meridione (59,81) e del 31,91% rispetto al tasso medio nazionale (49,28 per 1.000 abitanti).

7 Il tasso di ricovero in giornate di degenza è ottenuto rapportando il numero di accessi dei residenti in Basilicata alla popolazione media residente Istat.

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774 Capitolo 3

Anche in questo caso le differenze più evidenti rispetto alla media nazionale riguar-dano le età estreme; a 0 anni si registrano in Basilicata 49,03 ricoveri per 1.000 abi-tanti, contro i 54,72 in media in Italia, mentre per le età più anziane (75 anni e più) i ricoveri dei Lucani sono maggiori in media del 41,79% rispetto alla media nazionale.

Tra il 2007 e il 2010 si può osservare una generale riduzione dei tassi di ricovero diurni in tutte le ripartizioni con intensità piuttosto simili: -17,81% al Nord, -16,40% al Centro e -18,74% al Sud. Per i residenti in Basilicata i tassi si sono ridotti solo del 9,39%, alimentando così le differenze rispetto alle medie considerate nonché alla ri-partizione di appartenenza.

TTabella 3.29 Tassi di ricovero diurno in acuzie, per età Valori per 1.000 abitanti - Anni 2007-2010

Anno Area 0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

2007

Italia 65,39 43,62 53,41 99,26 93,61 49,49 59,83 Nord 41,89 27,4 44,96 87,86 83,9 46,51 50,48 Centro 84,55 69,8 49,92 84,77 77,82 42,5 58,48 Sud 85,34 49,22 66,06 126,44 118,87 59,84 72,71 Basilicata 41,21 44,23 64,35 121,47 121,19 67,98 71,74

2008

Italia 61,24 41,95 51,54 97,21 92,27 48,43 57,99 Nord 38 26,19 43,61 84,91 81,51 46,06 48,85 Centro 84,81 69,27 49,16 86,13 80,8 43 58,29 Sud 78,68 46,69 62,97 123,74 116,09 56,58 69,76 Basilicata 51,12 46,54 62,06 120,22 124,79 66,47 70,7

2009

Italia 55,92 39,23 46,84 86,62 83,14 44,41 52,61 Nord 32,12 24,2 40,17 76,73 72,55 41,69 44,58 Centro 85,4 65,64 43,46 77,98 74,27 40,57 52,64 Sud 71,07 43,74 57,26 107,95 104,87 51,91 63,18 Basilicata 51,3 45,5 57,07 113,08 121,14 66,15 66,24

2010

Italia 54,72 38,38 43,61 81,07 76,04 45,18 49,28 Nord 29,94 23,74 36,94 70,20 67,83 48,61 41,49 Centro 91,28 63,32 41,12 70,04 62,77 33,59 48,89 Sud 67,60 43,32 53,57 105,45 97,15 48,15 59,81 Basilicata 49,03 45,93 56,88 111,80 109,97 61,90 65,00

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. Suddividendo i tassi di ricovero per tipologia di DRG (medici e chirurgici), si nota come solo le Regioni del Nord presentino tassi di ricovero maggiori per il day surge-ry, mentre per i residenti nel resto d’Italia, Basilicata compresa, i ricoveri diurni me-dici risultano maggiori.

In Basilicata i tassi per DRG medici sono pari al 38,79 per 1.000 abitanti: valo-re superiore non solo alla media nazionale (26,62 per 1.000 abitanti) ma anche alla media delle Regioni del Sud (35,09 per 1.000 abitanti).

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74 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 775

TTabella 3.30 Tassi di ricovero diurno in acuzie, per tipo DRG Valori per 1.000 abitanti - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010

Medici o N.C.

Chirur-gici

Medici o N.C.

Chirur-gici

Medici o N.C.

Chirur-gici Medici Chi-

rurgici Italia 33,02 26,81 31,12 26,87 28,80 23,81 26,62 22,66 Nord 23,26 27,22 21,94 26,91 20,69 23,88 19,27 22,22 Centro 32,32 26,17 31,68 26,61 30,37 22,27 28,85 20,04 Sud 46,09 26,62 42,81 26,95 38,59 24,59 35,09 24,73 Basilicata 44,45 27,28 42,03 28,67 39,03 27,21 38,79 26,21

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

L’analisi dei tassi di ricovero per età, mostra come le differenze riscontrate tra quelli della Basilicata e quelli nazionali derivino da un maggior numero di ricoveri medici in età anziana, e da un basso ricorso al day surgery nella fascia d’età iniziale ed ado-lescenziale da parte dei lucani.

TTabella 3.31 Tasso di ricovero diurno in acuzie, per tipo DRG ed età Valori per 1.000 abitanti - Anno 2010

DRG Area 0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

Medici

Italia 50,68 30,68 21,15 46,46 39,44 21,68 26,62 Nord 26,42 15,61 14,59 38,76 34,71 24,42 19,27 Centro 86,31 55,38 20,51 42,48 35,94 15,25 28,85 Sud 63,39 36,24 29,95 61,19 48,86 21,93 35,09 Basilicata 47,51 38,33 33,04 63,61 58,58 34,39 38,79

Chirurgici

Italia 4,04 7,70 22,46 34,61 36,60 23,50 22,66 Nord 3,52 8,13 22,35 31,44 33,12 24,19 22,22 Centro 4,98 7,93 20,61 27,56 26,83 18,33 20,04 Sud 4,21 7,07 23,62 44,26 48,30 26,23 24,73 Basilicata 1,52 7,60 23,84 48,19 51,39 27,51 26,21

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

Il valore della produzione dei ricoveri per acuti in regime diurno effettuati ai residenti in Regione è pari, nel 2010, a € 36,36 mil. (valore ottenuto applicando la tariffa D.M. 18 ottobre 2012 ed escludendo i nati sani), rappresentando il 3,11% del valore del me-ridione e l’1,11% di quello nazionale.

TTabella 3.32 Valore della produzione ospedaliera diurna in acuzie* - Valori in € - Anno 2010

2010 Italia 3.562,66 Nord 1.578,52 Centro 719,27 Sud 1.264,88 Basilicata 39,36

* Sono esclusi i nati sani. Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

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776 Capitolo 3

Il valore medio di produzione di un ricovero per il residente in Basilicata è pari a € 1.029,42, valore superiore a quello medio per i residenti nel meridione (€ 987,17) ma inferiore a quello medio nazionale (€ 1.184,67).

Questo dato, anche alla luce di quanto emerso dall’analisi dei tassi di ricovero fat-ta per tipologia di DRG, fa ipotizzare una casistica meno “complessa” rispetto alla media nazionale: i Lucani ricorrono al regime diurno prevalentemente per DRG me-dici, caratterizzati da numerosi accessi e basso “costo”, il che potrebbe suggerire l’esistenza di rischi di inappropriatezza.

TTabella 3.33 Valore della produzione ospedaliera diurna in acuzie per ricovero, per età Valori in € - Anno 2010

Anno Area 0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

2010

Italia 461,24 564,33 1.218,66 1.400,52 1.310,33 1.189,26 1.184,67 Nord 527,33 727,60 1.403,25 1.583,05 1.432,85 1.247,85 1.380,45 Centro 359,24 457,91 1.315,04 1.646,29 1.541,28 1.366,46 1.234,77 Sud 497,99 536,04 1.018,89 1.108,65 1.088,45 1.019,50 987,17 Basilicata 485,05 541,14 1.031,26 1.200,95 1.169,37 992,98 1.029,42

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

Il peso per fasce d’età del valore della produzione ospedaliera aumenta al crescere dell’età. La classe iniziale, non avendo il grande apporto dei parti del regime diurno, ne assorbe una quota irrilevante; la fascia centrale, soprattutto l’età 45-64, ne assorbe per la Basilicata il 68,25%, ed il resto è destinato agli accessi degli over 65 (36,76%).

TTabella 3.34 Composizione del valore della produzione ospedaliera diurna in acuzie*per età - Valori % - Anno 2010

0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale Italia 0,40 4,85 60,05 19,92 12,58 2,20 100,00 Nord 0,26 3,86 59,22 21,15 13,02 2,49 100,00 Centro 0,49 6,00 58,42 20,39 12,53 2,18 100,00 Sud 0,52 5,45 62,00 18,13 12,05 1,84 100,00 Basilicata 0,28 4,71 58,25 18,95 15,40 2,41 100,00

*sono compresi i nati sani. Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

TTabella 3.35 Distribuzione del valore della produzione ospedaliera diurna in acuzie,età 15-64 - Valori % - Anno 2010

15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 Totale Italia 8,96 13,92 22,29 24,93 29,90 100,00 Nord 7,62 13,40 23,39 24,99 30,60 100,00 Centro 8,90 12,96 21,56 25,41 31,17 100,00 Sud 10,59 15,05 21,36 24,62 28,37 100,00 Basilicata 10,43 14,43 22,07 24,61 28,46 100,00

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

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3.2.4 I l r icorso al la r iabi l i tazione e al la lungodegenza

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76 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 777

Il valore della produzione per tipologia di DRG, dei residenti in Basilicata, è in linea con la media nazionale: 51,96% chirurgici e 48,04% medici (media nazionale pari a 51,40% chirurgici e 48,60% medici); il gap più evidente si registra nelle Regioni set-tentrionali, dove i DRG chirurgici assorbono il 55,82% del valore totale.

TTabella 3.36 Composizione del valore della produzione ospedaliera diurna in acuzie, per tipo DRG - Valori % - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010

Medici o N.C.

Chirur-gici

Medici o N.C.

Chirur-gici

Medici o N.C.

Chirur-gici

Medici o N.C.

Chirur-gici

Italia 45,17 54,83 41,90 58,10 42,90 57,10 48,60 51,40 Nord 42,02 57,98 39,00 61,00 40,83 59,17 44,18 55,82 Centro 47,11 52,89 44,18 55,82 48,43 51,57 52,36 47,64 Sud 48,04 51,96 44,26 55,74 42,27 57,73 51,60 48,40 Basilicata 45,66 54,34 41,20 58,80 42,57 57,43 48,04 51,96

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. Ancora analizzando la distribuzione per età del valore della produzione, separatamen-te per tipologia di DRG, si nota come il gap tra le tipologie di ricovero sia imputabile prevalentemente alla classe di età centrale.

TTabella 3.37 Composizione del valore della produzione ospedaliera diurna in acuzie,per tipo DRG ed età - Valori % - Anno 2010

DRG Area 0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

Medici o N.C.

Italia 0,30 2,82 26,32 11,64 6,64 0,87 48,60 Nord 0,18 1,75 22,69 12,18 6,56 0,82 44,18 Centro 0,39 4,06 26,63 13,07 7,32 0,89 52,36 Sud 0,39 3,39 30,21 10,31 6,39 0,91 51,60 Basilicata 0,25 3,07 26,11 9,93 7,66 1,03 48,04

Chirurgici

Italia 0,08 1,94 33,72 8,22 6,05 1,39 51,40 Nord 0,08 2,11 36,53 8,97 6,46 1,67 55,82 Centro 0,10 1,93 31,79 7,32 5,20 1,30 47,64 Sud 0,08 1,76 31,58 7,85 6,02 1,11 48,40 Basilicata 0,03 1,64 32,21 8,99 7,71 1,38 51,96

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

33.2.44 II l r icorso al la r iabi l i tazione e al la lungodegenza

Relativamente ai ricoveri per riabilitazione, la Basilicata, cosi come la media delle Regioni del Sud, registra tassi inferiori rispetto alla media nazionale; il tasso totale,

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778 Capitolo 3

infatti, è pari nel 2010 a 3,80 ricoveri ogni 1.000 abitanti, contro i 4,92 dell’Italia e i 3,20 al Sud.

Analizzando i tassi per età si nota come le differenze tra Basilicata ed Italia sia-no particolarmente elevate nelle classi d’età più anziane. Il numero di ricoveri per 1.000 abitanti per la fascia d’età 65-74 è pari, per i residenti in Basilicata, a 10,45, mentre per l’Italia a 13,72; ancora più significativa è la differenza riscontrata nella fascia d’età successiva, per la quale ad un tasso di 14,70 per 1.000 della Basilicata corrisponde un tasso di 20,35 ricoveri per 1000 residenti in media in Italia.

In Basilicata, tra il 2007 e il 2010 i ricoveri in riabilitazione sono aumentati del 10,33% per i Lucani (3,52% medio annuo). In media in Italia e nelle ripartizioni il numero di ricoveri, nello stesso periodo è invece rimasto pressoché invariato.

TTabella 3.38 Tassi di ricovero ordinario in riabilitazione Valori per 1.000 abitanti - Anni 2007-2010

Anno Area 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

2007

Italia 2,34 14,17 20,52 16,03 4,94

Nord 2,94 17,69 26,35 19,59 6,44

Centro 1,95 11,19 18,04 16,68 4,38

Sud 1,80 10,67 13,38 9,45 3,32

Basilicata 1,86 10,50 11,59 9,02 3,43

2008

Italia 2,28 13,87 20,36 15,98 4,88

Nord 2,93 17,34 26,31 19,52 6,40

Centro 1,89 11,38 18,01 16,78 4,37

Sud 1,65 10,10 12,98 9,38 3,17

Basilicata 1,78 10,22 14,12 10,88 3,59

2009

Italia 2,30 13,82 20,31 16,49 4,91

Nord 3,05 17,30 26,13 19,89 6,48

Centro 1,84 11,46 18,44 17,27 4,40

Sud 1,60 9,91 12,84 10,16 3,14

Basilicata 1,80 10,81 14,24 12,93 3,76

2010

Italia 2,31 13,72 20,35 16,44 4,92

Nord 3,04 17,25 25,92 19,95 6,46

Centro 1,82 11,21 18,58 16,94 4,38

Sud 1,64 9,85 13,14 10,20 3,20

Basilicata 1,71 10,45 14,70 15,79 3,80

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

L’analisi dei tassi di ricovero per sesso evidenzia un ricorso maggiore al ricovero del-le donne in tutte le aree considerate; in Basilicata tale differenza è massima infatti i

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78 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 779

tassi di ricovero delle donne sono maggiori del 59,91% rispetto a quelli degli uomini (2,91 uomini contro 4,66 donne per 1.000 abitanti). Nelle ripartizioni considerate le differenze tra i sessi, variano dal 9,87% dell’aggregato meridionale al 21,11% di quel-lo centrale.

Se tra il 2007 e il 2010 le differenze tra i ricoveri per genere si sono tendenzial-mente ridotte, come conseguenza dell’aumento del ricorso al ricovero da parte degli uomini, nell’ultimo anno considerato il gap tra uomini e donne appare crescere nuo-vamente.

TTabella 3.39 Tassi di ricovero ordinario in riabilitazione, per sesso Valori per 1.000 abitanti - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010 M F M F M F M F Italia 4,60 5,27 4,55 5,18 4,61 5,20 4,60 5,23 Nord 5,91 6,94 5,95 6,83 6,05 6,89 6,05 6,85 Centro 3,98 4,75 4,00 4,71 4,02 4,76 3,95 4,78 Sud 3,25 3,38 3,02 3,30 3,04 3,24 3,05 3,35 Basilicata 3,13 3,72 3,26 3,91 3,47 4,03 2,91 4,66

M = maschi; F = femmine. Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

La distribuzione dei ricoveri in riabilitazione per regime di ricovero, mostra un ricorso ai ricoveri diurni abbastanza omogeneo per tutte le aree considerate: per i residenti in Basilicata la percentuale di ricoveri diurni è pari al 14,44% nel 2010, nelle Regioni me-ridionali al 15,98% e in Italia al 14,85%; il ricorso più intenso al regime diurno si regi-stra nelle Regioni centrali dove il 17,36% dei ricoveri viene trattato in day hospital.

Nel periodo considerato si nota come la percentuale dei ricoveri in regime diur-no diminuisca consistentemente in tutte le aree.

TTabella 3.40 Composizione dei ricoveri in riabilitazione per regime di ricovero Valori % - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010

Ord. Diurno Ord. Diurno Ord. Diurno Ord. Diurno Italia 81,50 18,50 81,80 18,20 82,60 17,40 85,15 14,85 Nord 84,50 15,50 85,10 14,90 84,70 15,30 86,35 13,65 Centro 72,20 27,80 73,00 27,00 76,40 23,60 82,64 17,36 Sud 82,00 18,00 81,20 18,80 82,30 17,70 84,02 15,98 Basilicata 81,10 18,90 82,90 17,10 83,70 16,30 85,56 14,44

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

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880 Capitolo 3

Scomponendo il dato per classe d’età si nota come per il regime ordinario i ricoveri siano tendenzialmente equidistribuiti fra le classi di età, mentre per il regime diurno, la maggior parte dei ricoveri si concentra nella fascia d’età centrale.

TTabella 3.41 Composizione dei ricoveri in riabilitazione per età e regime di ricoveroValori % - Anno 2010

Regime

di ricovero 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

Italia Ordinario 28,23 25,93 24,79 6,20 85,15 Diurno 8,94 3,60 1,86 0,46 14,85

Nord Ordinario 28,33 26,60 25,28 6,14 86,35 Diurno 7,53 3,55 1,93 0,64 13,65

Centro Ordinario 23,98 24,36 26,46 7,83 82,64 Diurno 10,51 4,34 2,24 0,27 17,36

Sud Ordinario 31,40 25,45 22,16 5,02 84,02 Diurno 11,38 3,15 1,34 0,11 15,98

Basilicata Ordinario 27,50 25,04 24,57 8,45 85,56 Diurno 10,84 2,74 0,82 0,04 14,44

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. In Basilicata il valore della produzione riferito ai ricoveri per riabilitazione in regime ordinario, stimato applicando la tariffa unica convenzionale dei diversi anni, nel 2010 è pari a € 17,41 mil. rappresentando il 3,57% del valore di produzione delle Regioni meridionali e lo 0,85% di quello nazionale.

Nel corso del quadriennio analizzato (2007-2010) in tutto il territorio nazionale si è riscontrato un aumento del valore di produzione relativo ai ricoveri per riabilita-zione, in particolare in Basilicata tale valore è aumentato del 10,82% (in realtà la va-riazione avviene tra il 2008 ed il 2007 e nel 2010): variazione che risulta superiore alla media nazionale (+9,07%) e in linea quella della ripartizione di afferenza (+9,89%).

TTabella 3.42 Valore della produzione ospedaliera ordinaria in riabilitazione Valori in mil. di € - Anno 2010

2007 2008 2009 2010 Var. % Var. % Var. %

2009/2008 2010/2009 2010/2007

Italia 1.878,52 1.924,39 2.001,35 2.048,90 4,00% 2,38% 9,07% Nord 1.011,14 1.047,37 1.105,25 1.128,93 5,53% 2,14% 11,65% Centro 424,07 429,11 436,04 432,83 1,61% -0,74% 2,07% Sud 443,31 447,91 460,06 487,13 2,71% 5,88% 9,89% Basilicata 15,71 16,81 16,81 17,41 0,00% 3,57% 10,82%

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

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80 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 881

La distribuzione del valore della produzione nelle diverse fasce di età della popola-zione in Basilicata rispecchia quella media nazionale: la “spesa” si concentra nelle classi di età 15-64 e 65-84 anni. Indipendente dalla classe d’età modale, si nota una forte concentrazione della “spesa” nelle ultime fasce: rispetto alla quota media nazio-nale destinata agli ultra-sessantacinquenni, che è di poco superiore al 60%, in Basili-cata questa rappresenta il 70,36%, quota comunque inferiore a quella delle Regioni del Centro pari a circa il 72,0%.

TTabella 3.43 Distribuzione del valore della produzione ospedaliera ordinaria in riabili-tazione - Valori % - Anno 2010

0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

Italia 0,03 0,95 31,86 26,63 30,73 9,80 100,00 Nord 0,01 0,65 31,34 27,52 30,89 9,60 100,00 Centro 0,05 0,53 27,77 25,19 33,83 12,62 100,00 Sud 0,06 2,00 36,70 25,86 27,60 7,78 100,00 Basilicata 0,22 0,96 28,47 24,71 32,62 13,03 100,00 Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

Il valore della produzione dei ricoveri per riabilitazione in regime diurno, è pari

per la Basilicata a € 1,16 mil., rappresentando circa il 3,45% della produzione del Sud e lo 0,72% di quella nazionale.

Tra il 2007 e il 2010 si è riscontrata in tutte le ripartizioni, ad eccezione del Nord, una riduzione della “spesa” per i ricoveri in regime diurno: in Basilicata questa si è ridotta del -9,76%, meno della media nazionale (-12,47%) ma più della media delle Regioni del Sud (-2,10%).

TTabella 3.44 Valore della produzione ospedaliera diurna in riabilitazione Valori in mil. di € - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010 Var. % Var. % Var. %

2009/2008 2010/2009 2010/2007

Italia 185,15 191,45 166,07 162,07 -13,26% -2,41% -12,47% Nord 73,10 73,83 77,64 80,00 5,16% 3,05% 9,45% Centro 77,63 81,49 56,78 48,36 -30,32% -14,83% -37,71% Sud 34,43 36,14 31,66 33,71 -12,40% 6,46% -2,10% Basilicata 1,29 1,23 1,14 1,16 -7,32% 2,11% -9,76%

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

La distribuzione del valore della produzione nelle diverse fasce di età riflette, anche nel caso del regime diurno, quella della media nazionale; in Basilicata la classe mo-dale è quella relativa alla fascia 65-74 anni, che assorbe il 74,63% della “spesa” a fronte di un 56,23% della media italiana; la “spesa” si riduce progressivamente spo-

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882 Capitolo 3

stando verso le fasce di età più alte. La Basilicata destina alla popolazione over 65 una quota inferiore di risorse rispetto a quella media nazionale (-13,34%) e della sua ripartizione di afferenza (-2,97%).

TTabella 3.45 Distribuzione del valore della produzione ospedaliera diurna in riabilita-zione, per età - Valori % - Anno 2010

0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

Italia 0,16 7,84 56,23 22,13 12,38 1,25 100,00 Nord 0,10 8,66 52,41 23,65 13,76 1,43 100,00 Centro 0,29 6,95 54,78 22,96 13,46 1,57 100,00 Sud 0,11 7,20 67,40 17,35 7,57 0,38 100,00 Basilicata 0,06 2,97 74,63 14,54 7,76 0,03 100,00

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

Il valore della produzione per i ricoveri di riabilitazione erogati in regime diurno in Basilicata è pari al 6,27% del totale (anno 2010), di poco inferiore a quella media de-stinata dalle Regioni del Sud (6,49%), e di circa un punto percentuale inferiore a quel-la media nazionale (7,52%).

TTabella 3.46 Composizione del valore della produzione ospedaliera in riabilitazione per regime di ricovero - Valori % - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010 Ord. Diurno Ord. Diurno Ord. Diurno Ord. Diurno

Italia 91,03 8,97 90,95 9,05 92,34 7,66 92,48 7,52 Nord 93,26 6,74 93,42 6,58 93,44 6,56 93,04 6,96 Centro 84,53 15,47 84,04 15,96 88,48 11,52 89,94 10,06 Sud 92,79 7,21 92,53 7,47 93,56 6,44 93,51 6,49 Basilicata 92,39 7,61 93,17 6,83 93,63 6,37 93,73 6,27

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

Passando all’analisi della lungodegenza si osserva che il tasso di ricovero totale dei Lucani è pari, nel 2010, a 1,41 ogni 1.000 abitanti, valore inferiore rispetto alla media nazionale (1,81) ma superiore rispetto a quello della ripartizione di appartenenza (1,13) anche probabilmente a causa della struttura demografica della popolazione Lu-cana.

Le differenze tra i tassi della Basilicata e quelli nazionali si osservano nelle clas-si di età 75-84 e 85+: in particolare per gli ultra-ottantacinquenni il tasso registrato per i residenti in Basilicata e quasi la metà di quello nazionale.

Tra il 2007 e il 2010 in Basilicata il tasso di ricovero in lungodegenza è aumen-tato del 14,41% medio annuo, crescita nettamente superiore rispetto alla media italia-na (1,02% media annua); solo l’aggregato meridionale fa registrare una riduzione del tasso di ricovero (-3,03% medio annuo).

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82 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 883

TTabella 3.47 Tassi di ricovero ordinario in lungodegenza Valori per 1.000 abitanti - Anni 2007-2010

Anno Area 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

2007

Italia 0,42 3,03 9,61 20,30 1,76 Nord 0,37 4,00 13,63 28,44 2,43 Centro 0,21 1,54 5,80 14,32 1,13 Sud 0,60 2,52 6,10 10,92 1,24 Basilicata 0,27 2,09 5,28 6,58 0,94

2008

Italia 0,42 3,06 9,65 20,94 1,81 Nord 0,37 4,02 13,61 29,65 2,50 Centro 0,22 1,54 6,12 14,68 1,19 Sud 0,58 2,57 6,06 10,90 1,25 Basilicata 0,30 2,42 5,63 6,75 1,03

2009

Italia 0,41 2,98 9,49 20,85 1,81 Nord 0,40 3,93 13,34 29,03 2,50 Centro 0,23 1,64 6,18 15,64 1,26 Sud 0,52 2,38 5,92 11,00 1,20 Basilicata 0,31 2,36 5,86 10,86 1,17

2010

Italia 0,40 2,94 9,46 20,68 1,81 Nord 0,39 3,90 13,25 28,74 2,52 Centro 0,23 1,79 6,74 17,08 1,38 Sud 0,49 2,18 5,59 9,90 1,13 Basilicata 0,39 2,92 7,07 11,40 1,41

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

L’analisi dell’ospedalizzazione per sesso evidenzia un maggior accesso alla lungode-genza delle donne rispetto agli uomini: in Basilicata i tassi delle donne superano quel-li degli uomini di 0,64 ricoveri; guardando alle ripartizioni le differenze maggiori si riscontrano al Nord (0,92 ricoveri) e al Centro (0,49 ricoveri), mentre sono ridotte al Sud (0,13 ricoveri).

TTabella 3.48 Tassi di ricovero ordinario in lungodegenza per sesso Valori per 1000 abitanti - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010 M F M F M F M F

Italia 1,48 2,03 1,52 2,08 1,50 2,10 1,53 2,08 Nord 1,93 2,91 1,99 2,98 2,00 2,98 2,05 2,96 Centro 0,92 1,33 0,98 1,39 1,01 1,48 1,13 1,62 Sud 1,20 1,28 1,19 1,30 1,11 1,28 1,07 1,19 Basilicata 0,79 1,07 0,94 1,13 1,03 1,30 1,08 1,72

M = maschi; F = femmine. Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

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884 Capitolo 3

Il valore della produzione riferibile ai ricoveri di lungodegenza in regime ordinario della popolazione lucana è pari a € 4,00 mil., il 3,79% di quello delle Regioni meri-dionali ed lo 0,76% del valore della produzione nazionale.

Il trend della “spesa” nel quadriennio 2007-2010 segue quello già evidenziato per i ricoveri: in tutte ripartizioni geografiche, ad eccezione del Sud: in Basilicata si è re-gistrato un aumento medio annuo, pari al 18,37%, molto più significativo di quello medio nazionale (5,38%).

TTabella 3.49 Valore della produzione ospedaliera ordinaria in lungodegenza Valori in mil. di € - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010 Var. % 2009/2008

Var. % 2010/2009

Var. % 2010/2007

Italia 451,16 471,18 477,15 528,02 1,27% 10,66% 17,04% Nord 280,11 294,00 300,78 335,18 2,31% 11,44% 19,66% Centro 61,36 65,95 71,24 87,51 8,02% 22,83% 42,61% Sud 109,68 111,24 105,13 105,34 -5,49% 0,20% -3,96% Basilicata 2,41 2,70 3,04 4,00 12,59% 31,49% 65,86%

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

La “spesa” per i ricoveri di lungodegenza si concentra soprattutto nella popolazione over 65, rappresentando il 77,68% della produzione totale della Basilicata, quota infe-riore a quella destinata dalla media delle Regioni italiane (84,14%). Le Regioni del Sud come abbiamo già visto presentano una quota importante di ricoveri di lungode-genza e conseguentemente di “spesa” per la fascia di età 15-64 anni, che assorbe il 34,01% del valore totale: quota decisamente elevata considerando che, escludendo la Basilicata (18,50%), il valore massimo si registra nelle Regioni del Centro ed è pari all’11,39%.

TTabella 3.50 Distribuzione del valore della produzione ordinaria in lungodegenza, per età Valori % - Anno 2010

0 1-14 15-64 65-74 75-84 85+ Totale

Italia 0,01 0,01 15,84 16,60 38,10 29,44 100,00 Nord 0,01 0,01 11,30 17,18 40,17 31,35 100,00 Centro 0,00 0,00 11,39 14,11 38,91 35,59 100,00 Sud 0,02 0,01 34,01 16,81 30,86 18,29 100,00 Basilicata 0,00 0,00 22,32 18,50 39,71 19,47 100,00

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

85

3.3 Analisi del l ’ospedalizzazione per l ’anno 2011

3.3.1 I r icoveri ordinari per acuzie

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84 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 885

33.3 AAnalisi dell ’ospedalizzazione per l ’anno 2011

L’approfondimento per l’anno 2011, in continuità con quanto già fatto per l’analisi dell’attività di ricovero del 2010, si è avvalso dei dati presenti nei sistemi informa-tivi della Regione Basilicata; l’analisi è pertanto riferita ad una prospettiva di “produzione”, riguardando l’attività erogata dalle strutture ospedaliere regionali e non quelle relativa ai soli cittadini residenti. Ancora, la valorizzazione dell’attività erogata è stata stimata con il tariffario regionale riportato negli stessi sistemi infor-mativi regionali.

33.3.1 II r icoveri ordinari per acuzie

Il saggio medio di ricovero8 per acuzie in regime ordinario delle strutture della Basili-cata nel 2011 è pari a 103,62 per 1.000 abitanti, avendo subito una riduzione del -0,19% rispetto all’anno precedente; Il rapporto tra il numero di ricoveri e la po-polazione media residente cresce all’aumentare dell’età, passando da 37,93 ricoveri ogni 1.000 abitanti nella fascia d’età 1-14 a 346, 45 nella fascia over 85. Nel 2011 si è avuta una riduzione dei ricoveri in tutte le fasce d’età ad eccezione di quella 15-64 in cui questi sono aumentati del +1,62%

TTabella 3.51 Saggi di ricovero ordinario in acuzie per età nelle strutture del-la Basilicata - Valori per 1.000 abitanti. Anni 2010-2011

Classi d’età 2010 2011

0 411,54 398,95 1-14 39,52 37,93 15-64 67,97 69,07 65-74 188,52 184,58 75-84 290,59 285,81 85+ 350,30 346,45 Totale 103,81 103,62

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

Si conferma che la percentuale di ricoveri per acuzie, nel regime ordinario, cresce all’aumentare dell’età; nel 2011 quasi la metà dei ricoveri (49,22%) si concentra nel-la popolazione over 65 e di questi, circa la metà (22,83%) afferiscono nella fascia 75-84 anni.

8 Il saggio di ricovero è ottenuto rapportando il numero di ricoveri effettuati in Basilicata alla popolazione media residente ISTAT.

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886 Capitolo 3

FFigura 3.11 Distribuzione per età dei ricoveri ordinari in acuzie Valori % - Anno 2011

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata. Confrontando il dato, proveniente dal sistema informativo regionale, con l’analogo ministeriale relativo al 2010, pur tenendo presenti che si tratta di anni differenti, è possibile effettuare una prima valutazione del fenomeno della mobilità per fascia d’età: la percentuale nel 2011 la fascia d’età centrale “perde” 2,5 punti percentuali; di contro il peso dei ricoveri dei più anziani (over 75) nel 2011 aumenta complessiva-mente di 3,6 punti percentuali. Sembrerebbe dimostrato, almeno in prima analisi, che la mobilità passiva della Basilicata sia ancora consistente e fortemente concentrata nella popolazione più giovane.

TTabella 3.52 Confronto della distribuzione per età dei ricoveri ordinari in acuzie Valori % - Anni 2010 e 2011

Classi d’età Anno 2011

Fonte: Basilicata

Anno 2010 Fonte:

Ministero Differenza

0 2,89 3,09 -0,2 1-14 4,47 5,36 -0,9 15-64 43,43 45,91 -2,5 65-74 16,87 16,92 -0,0 75-84 22,83 20,59 2,2 85+ 9,51 8,12 1,4 Totale 100,00 100,00 -

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata e Ministero della Salute.

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86

Figura 3.1

L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 887

Il saggio di ricovero per sesso mostra come il ricorso all’assistenza ospedaliera è maggiore per gli uomini, che presentano un tasso di quasi il 16,00% in più rispetto a quello riscontrato nelle donne. In particolare nel 2011, a fronte di una riduzione com-plessiva del saggio di ricovero di 0,06 punti percentuali, c’è stato un aumento di quel-lo relativo alla popolazione maschile, che ha raggiunto i 104,60 ricoveri per 1.000 abitanti ed una riduzione di quello femminile del -1,41%.

TTabella 3.53 Saggi di ricovero ordinario in acuzie (al netto dei parti) per sesso Valori per 1.000 abitanti - Anni 2010-2011

Sesso 2010 2011 Maschi 103,43 104,60 Femmine 89,20 87,95

Totale 96,16 96,10 Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

Il saggio di ricovero distinto per tipologia di DRG mostra come nel 2011 ci sia stata una ul-teriore riduzione di quello relativo ai DRG medici (da 70,29 a 68,28) e un aumento invece di quello relativo ai chirurgici che, dopo una riduzione riscontrata nel biennio 2009-2010 del -20,4%, è ripreso ad aumentare raggiungendo i 35,33 ricoveri per 1.000 abitanti.

TTabella 3.54 Saggio di ricovero ordinario in acuzie per tipo DRG ed età Valori per 1.000 abitanti - Anni 2010-2011

Tipologia DRG Classi d’età 2010 2011

Medico o N.C.

0 410,67 398,73 1-14 32,93 30,86

15-64 40,05 39,51 65-74 124,55 116,57 75-84 213,64 204,77 85+ 278,03 277,26

Totale 70,29 68,28

Chirurgico

0 0,87 0,22 1-14 6,59 7,07

15-64 27,91 29,56 65-74 63,97 68,01 75-84 76,95 81,04 85+ 72,28 69,19

Totale 33,52 35,33 Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

La degenza media dei ricoveri ordinari in acuzie nelle strutture della Basilicata è con-tinuata a diminuire: il fenomeno, già rilevato dai dati ministeriali del 2009, si è conti-nuato a riscontrare anche nel biennio successivo. Nel 2011 si riscontra una degenza media pari a 6,85 con una riduzione rispetto all’anno precedente in tutte le fasce d’età ad eccezione di quella 1-14 anni in cui è invece aumentato del +1,55%.

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888 Capitolo 3

TTabella 3.55 Degenza media per età, ricoveri ordinari in acuzie - Anni 2010-2011

Classi d’età 2010 2011 0 5,29 5,42

1-14 3,51 3,56 15-64 5,74 5,67 65-74 8,03 7,94 75-84 8,72 8,63 85+ 8,45 8,39

Totale 6,92 6,85 Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

Relativamente agli acuti ricoverati in regime ordinario, compresi i nati sani, il valore della produzione delle strutture Lucane nel 2011 è pari a € 209,16 mil. (-0,26% rispet-to al 2010 quando era pari a € 209,7 mil). Le differenze nei valori della produzione sono, però, influenzate dalla diversità dei tariffari utilizzati per la stima.

Più della metà (56,17%) del valore di produzione dei ricoveri in acuzie di con-centra in quelli relativi agli over 65. Nel 2011 si è però registrata una riduzione ri-spetto all’anno precedente della quota di produzione relativa ai ricoveri nella fascia 1-14 anni del -9,73%, e del-2,58% nella fascia 75-84 anni.

Analizzando la quota del valore della produzione riferendolo alle età dei ricove-rati, si nota un considerevole differenza rispetto ai dati sopra esposti, riferibile alla quota assorbita dagli ultra-settantacinquenni, che è maggiore, in larga misura a scapi-to (4 punti percentuali) della classe centrale.

TTabella 3.56 Composizione del valore della produzione ospedaliera ordinaria in acuzie per età - Valori % - Anni 2010-2011

Classi d’età 2010 2011 0 3,06 2,89

1-14 2,23 2,01 15-64 38,58 38,92 65-74 20,58 20,05 75-84 25,92 26,26 85+ 9,63 9,86

Totale 100,00 100,00 *sono compresi i nati sani Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

Suddividendo la fascia d’età 15-64 in sottofasce è possibile osservare come la quota maggiore del valore di produzione sia associato ai ricoveri della popolazione di età compresa tra i 55 e i 64 anni (35,72%), seguita da quella relativa alla fascia 45-54 an-ni (23,40%); il minore contributo alla “produttività” è invece rappresentato dai ricove-ri nella fascia 15-24 anni, nonostante nel 2011 la sua quota sulla produzione totale sia aumentata del +8,15% rispetto all’anno precedente.

89

Figura 3.2

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 887415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 88 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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88 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 889

TTabella 3.57 Distribuzione del valore della produzione ospedaliera ordinaria in acuzie, età 15-64 - Valori % - Anni 2010-2011

Classi d’età 2010 2011 15-24 7,65 8,27 25-34 15,58 15,38 35-44 17,61 17,23 45-54 23,02 23,40 55-64 36,15 35,72 Totale 100,00 100,00

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

La produzione relativa alle nascite nel 2011 costituisce il 6,43% (6,77% nel 2010) del totale per acuzie e nati sani in regime ordinario.

Nello specifico le quota del valore di produzione relativa ai parti e alle nascite si sono ri-dotte passando la prima dal 4,23 del 2010 al 4,04 del 2011, e la seconda dal 2,55% al 2,39%.

TTabella 3.58 Quota del valore della produzione ospedaliera ordinaria in acuzie* do-vuta a parto, nati sani e nati patologici - Valori % - Anno 2011

Basilicata Parti vaginali 1,63 Parti cesarei 2,60 Neonati Sani 0,87 Neonati Patologici 1,68 Totale 6,77

*sono compresi i nati sani. Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

FFigura 3.22 Quota del valore della produzione ospedaliera ordinaria in acuzie per tipo DRG - Valori % - Anni 2010-2011

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

La quota della produzione per tipo di DRG risulta sostanzialmente equidistribuita tra le due tipologie di ricovero (medico e chirurgico), con un leggero aumento della quota relativa ai chirurgici il cui valore di produzione rappresenta nel 2011 il 51,75% di quella totale, dato quest’ultimo che trova riscontro nell’aumento del valore del saggio di ricovero per DRG chirurgici riscontrato nel biennio 2010-2011.

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 897415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 89 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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990 Capitolo 3

Dall’analisi della distribuzione del valore di produzione per fasce d’età emerge come nel 2011 si sia ridotta di 1,36 punti percentuali quella relativa alla fascia 65-84 anni per i ricoveri medici.

TTabella 3.59 Distribuzione del valore della produzione ospedaliera ordinaria i acuzie, per tipo DRG ed età - Valori % - Anni 2010-2011

Tipologia DRG Classi d’età 2010 2011

Medico o N.C.

0 2,20 2,05 1-14 1,67 1,54 15-64 16,71 16,67 65-74 9,47 8,67 75-84 13,88 13,32 85+ 5,86 5,99 Totale 49,79 48,25

Chirurgico

0 0,02 0,00 1-14 0,58 0,49 15-64 22,20 22,58 65-74 11,29 11,55 75-84 12,26 13,17 85+ 3,85 3,96 Totale 50,21 51,75

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

33.3.2 II r icoveri diurni

Prendendo in analisi in ricoveri in regime diurno, il saggio di ricovero degli acuti è pari complessivamente a 52,60 per 1.000 abitanti, avendo subito una riduzione del -16,78% rispetto all’anno precedente; in particolare il numero medio di ricoveri aumenta al crescere dell’età, raggiunge il valore massimo per la fascia d’età 65-74, per la quale il saggio è pari a 94,67 ricoveri ogni 1.000 abitanti, diminuisce poi nella fascia 75-84 (92,80); negli over 85 il suo valore è pari a 52,91.

TTabella 3.60 Saggi di ricovero diurno in acuzie per età nelle strutture della Basilicata Valori per 1.000 abitanti - Anni 2010-2011

Classi d’età 2010 2011 0 25,60 28,53 1-14 34,53 30,43 15-64 55,24 46,27 65-74 114,87 94,67 75-84 116,91 92,80 85+ 64,51 52,91 Totale 63,20 52,60

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

91

Figura 3.3

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 907415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 90 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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90

3.3.2 I r icoveri diurni

L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 991

Il 75,27% dei ricoveri diurni in acuzie si concentra nella fascia d’età 15-74 anni (58,46% nella fascia 15-64).

FFigura 3.33 Distribuzione per età dei ricoveri diurni in acuzie Valori % - Anno 2011

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

Analizzando i ricoveri diurni distinti per genere, sempre escludendo i parti, sembre-rebbe che il gap riscontrato nel 2010 (64,59% femmine e 61,71% maschi) nel 2011 si sia ridotto: 54,69 ricoveri diurni per 1.000 abitanti hanno interessato la popolazione femminile, 50,40 quella maschile.

TTabella 3.61 Saggi di ricovero diurno in acuzie per sesso Valori per 1.000 abitanti - Anno 2010

Sesso Basilicata Maschi 50,40 Femmine 54,69 Totale 52,59

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata. Il saggio di accessi diurni si è ridotto nel biennio 2010-2011 passando da 186,9 a 158,77 ogni 1.000 abitanti, in linea con quanto sopra esposto.

La distribuzione per età segue quella del saggio di ricovero precedentemente calcolato: aumenta al crescere dell’età e raggiunge il suo massimo, pari a 330,85 ac-

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 917415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 91 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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992 Capitolo 3

cessi ogni 1.000 abitanti, nella fascia d’età 75-84, pur essendo quest’ultima la fascia di età in cui si è riscontrata la maggior riduzione rispetto all’anno precedente (-16,29%).

TTabella 3.62 Saggi di accesso diurno in acuzie per età Valori per 1.000 abitanti - Anni 2010-2011

Classi d’età 2010 2011 0 58,8 66,27

1-14 79,7 74,64 15-64 155,0 131,00 65-74 394,0 329,80 75-84 392,1 330,85 85+ 178,7 155,84

Totale 186,9 158,77 Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

Analizzando i saggi di ricovero diurni distinti per tipologia di DRG (medici e chirur-gici), si nota come sia maggiore quello relativo ai ricoveri per DRG medico (32,74 per 1.000 abitanti); quello per i DRG chirurgici è pari a 19,86 (per 1.000 abitanti). In entrambi è stata riscontrata una riduzione rispetto all’anno precedente dove questi avevano valori rispettivamente pari a 37,17 e 26,03.

La distribuzione per età dei saggi per ricoveri medici è omogenea a quella del saggio di ricovero complessivo e la classe d’età modale è quella 65-74; per i DRG chirurgici invece il saggio di ricovero cresce progressivamente al crescere dell’età, raggiungendo il valore massimo nella classe 75-84 anni.

TTabella 3.63 Saggio di ricovero diurno in acuzie per tipo DRG ed età Valori per 1.000 abitanti - Anni 2010-2011

Tipologia DRG Classi d’età 2010 2011

Medico o N.C.

0 24,73 27,87 1-14 27,11 25,32 15-64 32,29 28,10 65-74 64,87 57,82 75-84 62,34 54,82 85+ 36,43 30,14 Totale 37,17 32,74

Chirurgico

0 0,87 0,66 1-14 7,41 5,11 15-64 22,95 18,17 65-74 49,99 36,85 75-84 54,57 37,98 85+ 28,08 22,78 Totale 26,03 19,86

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

93

Figura 3.4

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 927415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 92 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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92 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 993

Si conferma che la quota del valore della produzione cresce al crescere dell’età, rag-giungendo il suo picco (19,07%) nella fascia d’età 65-74 anni.

Più della metà del valore della produzione totale, il 55,66%, è prodotto dai rico-veri della popolazione con età superiore a 54 anni, e più di un terzo (38,27%) da quel-li che hanno interessato gli ultra-sessantacinquenni.

TTabella 3.64 Distribuzione del valore della produzione ospedaliera diurna in acuzie per età Valori % - Anno 2011

Classi d’età Basilicata 0 0,16

1-14 3,33 15-24 5,10 25-34 7,42 35-44 13,04 45-54 15,29 55-64 17,39 65-74 19,07 75-84 16,48 85+ 2,73

Totale 100,00 Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata

Il maggior contributo in termini di valore alla produzione nel 2011 è rappresentato dall’attività di ricovero per DRG chirurgici (50,80%), pur essendosi questo ridotto ri-spetto all’anno precedente in cui rappresentava il 54,53% del valore di produzione.

Rispetto alla elaborazione sulle SDO Nazionali 2009 per residenza, diminuisce ulte-riormente la quota destinata ad attività di day surgery per effetto della riduzione percen-tuale dei ricoveri chirurgici, dovuta presumibilmente al fenomeno della mobilità passiva.

FFigura 3.44 Composizione del valore della produzione ospedaliera diurna per tipo DRG Valori % - Anni 2010-2011

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata

0,0

20,0

40,0

60,0

80,0

100,0

DRG medico o N.C. DRG chirurgico

2011

2010

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 937415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 93 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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994 Capitolo 3

Analizzando la distribuzione del valore della produzione per tipo di DRG ed età, si nota come la quota per DRG chirurgici a partire dalla classe centrale in poi sia supe-riore rispetto a quella relativa a DRG medici. La differenza maggiore si registra per l’età più anziana, per la quale la “spesa” per DRG chirurgici è superiore rispetto a quelli dei DRG medici: in particolare se nel 2010 era maggiore la quota del valore di produzione riferibile alla popolazione over 65 per attività chirurgica, nel 2011 questa quota si è pressocchè eguagliata per entrambi i tipi di DRG. TTabella 3.65 Composizione del valore della produzione diurna in acuzie per tipo DRG

ed età - Valori percentuali - Anno 2011

Tipologia DRG Classi d’età Basilicata

Medico o N.C.

0 0,15 1-14 2,37

15-64 27,42 65-74 9,84 75-84 8,41 85+ 1,02

Totale 49,20

Chirurgico

0 0,01 1-14 0,96

15-64 30,81 65-74 9,23 75-84 8,07 85+ 1,71

Totale 50,80 Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

33.3.3 II l r icorso al la r iabi l i tazione ed aal la lungodegenza

Per quanto riguarda la riabilitazione il saggio di ricovero totale della Basilicata, per l’anno 2011, è pari a 2,17 per 1.000 abitanti, con una riduzione dei ricoveri rispetto all’anno precedente (2,34 per 1.000 abitanti). In particolare le maggiori differenze rispetto all’anno procedente hanno riguardato le fascia d’età 75-84 anni (-1,02 ricove-ri per 1.000 abitanti) e quella over 85 anni (-2,71 ricoveri per 1.000 abitanti). TTabella 3.66 Saggi di ricovero ordinari in riabilitazione

Valori per 1.000 abitanti - Anni 2010-2011

Classi d’età 2010 2011 15-64 0,66 0,63 65-74 6,29 6,24 75-84 11,33 10,31 85+ 14,90 12,19 Totale 2,34 2,17

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

95

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 947415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 94 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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94

3.3.3 I l r icorso al la r iabi l i tazione ed al la lungodegenza

L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 995

L’analisi dell’ospedalizzazione per sesso conferma un maggior ricorso all’assistenza ospedaliera per riabilitazione per le donne: i saggi risultano maggiori di 1,75 vol-te. Tale differenza è rimasta pressoché costante rispetto all’anno precedente (i saggi delle donne risultavano maggiori di 1,71 volte quelli degli uomini nel 2010).

TTabella 3.67 Saggi di ricovero ordinario in riabilitazione per sesso Valori per 1.000 abitanti - Anni 2010-2011

Sesso 2010 2011 Maschi 1,71 1,57 Femmine 2,94 2,75 Totale 2,34 2,17

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

I ricoveri ordinari sommano il 79,51% del totale riabilitazione nel 2011, una percen-tuale leggermente inferiore a quella vista nell’analisi 2010 che si attestava all’81,92%.

TTabella 3.68 Distribuzione dei ricoveri in riabilitazione per regime e età Valori % - Anni 2010-2011

2010 2011

Classi d’età Ricoveri Ordinari DH Ricoveri

Ordinari DH

15-64 54,66 45,34 52,00 48,00 65-74 86,17 13,83 85,71 14,29 75-84 95,19 4,81 92,44 7,56 85+ 100,00 0,00 100,00 0,00 Totale 81,92 18,08 79,51 20,49

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute

Il valore della produzione in regime ordinario è pari a € 11,96 mil., un valore superio-re del 6,79% rispetto a quello registrata nelle SDO nazionali 2009.

La distribuzione per età della “spesa” per riabilitazione in regime ordinario risulta, rispetto alla elaborazione 2010, maggiormente concentrata nelle classi 15-64 e 65-74.

TTabella 3.69 Distribuzione del valore della produzione ospedaliera in riabilitazione per età - Valori % - Anni 2010-2011

Classi d’età 2010 2011 15-64 17,86 18,65 65-74 23,79 25,86 75-84 39,46 39,31 85+ 18,82 16,14 Totale 100,00 100,00

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

Il valore della produzione per riabilitazione in regime diurno è pari a € 1,1 mil., valore inferiore del 3,42% rispetto a quello stimato nella precedente elaborazione.

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 957415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 95 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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996 Capitolo 3

TTabella 3.70 Valore della produzione ospedaliera diurna in riabilitazione Valori in € - Anni 2010-2011

2010 2011 1.118.241,49 1.080.005,29

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. La distribuzione per età della “spesa” è omogenea rispetto a quella registrata nelle SDO 2010, anche se si assiste ad un leggero aumento della quota della fascia d’età centrale, a “svantaggio” della fasce over 65.

TTabella 3.71 Distribuzione del valore della produzione ospedaliera diurna in riabilita-zione per età - Valori % - Anni 2010-2011

Classi d’età 2010 2011 15-64 76,74 78,17 65-74 14,38 13,80 75-84 7,79 6,44 85+ 0,00 0,00 Totale 100,00 100,00

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

In particolare nel 2011 la stima della quota della “spesa” attribuibile al regime ordina-rio, è pari al 91,72%, in lieve crescita rispetto al 2010 quando era pari al 91,16%.

TTabella 3.72 Composizione del valore della produzione ospedaliera in riabilitazione per regime di ricovero - Valori percentuali - Anni 2010-2011

Regime di ricovero 2010 2011 Ricoveri Ordinari 91,16 91,72 Day Hospital 8,84 8,28 Totale 100,00 100,00

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

Per quanto riguarda la lungodegenza il saggio di ricovero medio della Basilicata è pa-ri a 1,37 per 1.000 abitanti; in crescita rispetto al 2010 quando era pari a 1,28.

TTabella 3.73 Saggi di ricovero per ricoveri ordinari in lungodegenza Valori per 1.000 abitanti - Anni 2010-2011

Classi d’età 2010 2011 15-64 0,32 0,33 65-74 2,76 2,88 75-84 6,47 6,83 85+ 10,76 11,88 Totale 1,28 1,37

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

97

3.4 Mobil ità

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 967415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 96 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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96 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 997

L’analisi dei saggi per sesso mostra ancora una volta come il ricorso sia ancora mag-giore per le donne rispetto agli uomini: 1,14 per 1.000 abitanti il saggio di ricovero degli uomini e 1,58 quello delle donne. Tra l’altro il gap tra i sessi sembra incremen-tarsi nel coso del biennio considerato.

Tabella 3.74 Saggi di ricovero ordinari in lungodegenza per sesso Valori per 1.000 abitanti - Anni 2010-2011

Sesso 2010 2011

Maschi 1,11 1,14

Femmine 1,44 1,58

Totale 1,28 1,37

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

Anche il valore della produzione è aumentato nel 2011 raggiungendo circa € 4,04 mil (+17,47% rispetto al 2010); la distribuzione per età di tale valore nel 2011 mostra come i ricoveri per lungodegenza siano maggiormente concentrati nelle classi di età over 75: in questa classe di età si concentra il 61,52% del “spe-sa” per lungodegenza.

TTabella 3.75 Distribuzione del valore della produzione ospedaliera ordinaria in lungo-degenza per sesso - Valori % - Anno 2010

Classi d’età 2010 2011

15-64 19,59 16,84

65-74 19,75 21,64

75-84 40,08 38,61

85+ 20,58 22,92

Totale 100,00 100,00 Fonte: elaborazioni su dati SDO, Basilicata.

33.4 MMobil ità

La mobilità passiva è un problema non ancora definitivamente risolto a livello regio-nale; nonostante i trend positivi degli ultimi anni, abbiano visto aumentare l’indice di attrazione e ridurre quello di fuga; comunque, nel 2010, la Basilicata presenta ancora un’elevata migrazione sanitaria passiva.

I ricoveri in mobilità rappresentano il 38,44% del totale dei ricoveri dei lucani (37.492 nel 2011).

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 977415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 97 19/09/13 08.5919/09/13 08.59

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998 Capitolo 3

TTabella 3.76 Matrice di mobilità Basilicata per ricoveri in acuzie Valori assoluti - Anno 2010

Mobilità Attiva Mobilità Passiva Saldo Piemonte 120 354 -234 Valle d'Aosta 1 3 -2 Lombardia 248 1.633 -1385 Pr. Aut. di Bolzano 7 4 3 Pr. Aut. di Trento 8 17 -9 Veneto 34 348 -314 Friuli Venezia Giulia 15 50 -35 Liguria 10 288 -278 Emilia Romagna 127 1.523 -1396 Toscana 87 1.468 -1381 Umbria 21 297 -276 Marche 18 175 -157 Lazio 246 3.195 -2949 Abruzzo 33 159 -126 Molise 21 166 -145 Campania 6.247 3.233 3014 Puglia 5.237 8.411 -3174 Calabria 2.347 1.122 1225 Sicilia 87 80 7 Sardegna 9 13 -4 Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. In particolare la mobilità attiva somma 14.923 ricoveri, pari al 15,30% dei ricoveri totali, mentre quella passiva 22.539, pari al 23,11% dei ricoveri dei residenti; ne con-segue un saldo di mobilità pari a circa -7.616 ricoveri per acuti (7,81% dei ricoveri).

La matrice di mobilità ridotta per la Basilicata, mostra come la mobilità attiva della Regione provenga principalmente dalle Regioni limitrofe: il 41,86% dei rico-veri riguarda residenti in Campania 35,09% residenti in Puglia e il 15,73% residenti in Calabria, per un totale del 92,68% della mobilità attiva.

Stesso fenomeno si riscontra sulla mobilità passiva: si assiste ad elevata inciden-za dei ricoveri in Regioni limitrofe, anche se decisamente di minore entità: nelle 3 Regioni confinanti si effettuano il 56,64% dei ricoveri in mobilità passiva dei Lucani.

Emerge quindi una diversa natura del fenomeno della mobilità della Basilicata: la mobilità attiva sembrerebbe essere legata principalmente a motivi di carattere prati-co o logistico dovuti alle caratteristiche geografiche della Regione stessa; la mobilità passiva, invece, sembrerebbe essere dovuta a motivi di possibile “inefficienza” infatti è diretta verso le Regioni caratterizzate da un’offerta maggiore/migliore: Lazio (14,18%), Lombardia (7,25%), Emilia Romagna (6,76%) e Toscana (6,51%).

Nel tentativo di confermare le ipotesi sopra esposte si è proceduta ad una analisi della mobilità distinguendo per tipologia di ricoveri effettuati (medici e chirurgici).

La mobilità attiva per tipologia è espressa dalla percentuale di ricoveri di non re-sidenti sul totale dei ricoveri effettuati nella Regione, mentre la mobilità passiva è espressa dalla percentuale di ricoveri di residenti effettuati in altre Regioni.

Dai dati riportati in tabella si conferma quanto ipotizzato: la mobilità interessa in maggior misura i ricoveri chirurgici, soprattutto in regime ordinario; mentre per la

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98 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 999

mobilità attiva della Regione la differenza tra le due tipologie di DRG è ridotta, per quella passiva la differenza è notevole.

TTabella 3.77 Mobilità attiva e passiva in acuzie per tipologia di DRG e regime di ricove-ro. Acuti - Valori % - Anno 2010

Tipologia

DRG Regime

ordinario Regime diurno Totale

Mobilità Attiva

Medici 13,81 15,08 14,25 Chirurgici 17,55 16,05 16,89

Mobilità Passiva

Medici 17,06 18,77 17,66 Chirurgici 33,99 16,72 27,34

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

La mobilità per ricoveri definiti ad alta complessità conferma quanto visto per i DRG chirurgici: circa il 15% dei lucani ricorre a strutture extraregionali, è, peraltro, rile-vante anche la quota di mobilità attiva; infatti, il 16,65% dei ricoveri di alta specialità effettuati nella Regione riguarda non residenti. È opportuno notare però che il 15,60% ricoveri riguarda residenti nelle tre Regioni confinanti.

TTabella 3.78 Matrice di mobilità in acuzie per complessità dei ricoveri Valori % - Anno 2010

Alta complessità Peso < 1 Mobilità

Attiva Mobilità Passiva

Mobilità Attiva

Mobilità Passiva

Basilicata 83,35 78,88 85,43 78,54 Piemonte 0,11 0,49 0,13 0,27 Valle d'Aosta 0,00 0,01 0,00 0,00 Lombardia 0,26 2,47 0,25 1,13 Pr. Aut. di Bolzano 0,01 0,00 0,01 0,00 Pr. Aut. di Trento 0,00 0,02 0,01 0,02 Veneto 0,03 0,50 0,04 0,25 Friuli Venezia Giulia 0,02 0,05 0,01 0,04 Liguria 0,01 0,29 0,01 0,27 Emilia Romagna 0,13 1,81 0,13 1,28 Toscana 0,07 1,27 0,10 1,45 Umbria 0,01 0,31 0,03 0,27 Marche 0,02 0,15 0,02 0,17 Lazio 0,23 2,63 0,26 3,20 Abruzzo 0,02 0,11 0,04 0,17 Molise 0,05 0,19 0,01 0,14 Campania 8,50 2,27 5,39 3,42 Puglia 4,78 7,62 5,61 8,12 Calabria 2,33 0,88 2,43 1,15 Sicilia 0,08 0,05 0,09 0,09 Sardegna 0,01 0,02 0,01 0,01

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

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1100 Capitolo 3

Per quanto riguarda i ricoveri a basso peso (minore di 1) la situazione appare presso-ché analoga: i ricoveri in mobilità attiva rappresentano il 14,57% del totale, di cui il 13,43% proveniente da regioni limitrofe, mentre la mobilità passiva interessa il 21,46% dei Lucani; anche in questo caso, però, è forte la componente di spostamenti in Regioni limitrofe (12,70%).

La Basilicata rappresenta la seconda Regione, dopo il Molise, con una maggiore quota di entrate (convenzionali) da mobilità attiva

Per i resto appare evidente come la mobilità attiva rappresenti una quota rile-vante delle entrate in tutte le Regioni del Nord, con punte in Emilia Romagna e Umbria.

FFigura 3.5 Quota della produzione attribuibile ai non residenti. Anno 2010

Fonte: elaborazione su dati SDO, Ministero della Salute.

Come è lecito aspettarsi il valore medio dei ricoveri dei non residenti è maggiore di quelli “interni”: in Basilicata € 2.853,79 contro € 2.556,36.

La Regione che però presenta il divario maggiore tra la complessità assistenziale rivolta ai residenti e non è la Lombardia: l’11,70% del valore della produzione è attri-buibile ai ricoveri dei non residenti, che hanno un valore medio di € 3.743,88 contro € 2.878,29 degli “interni” (+30,7 %).

101

Figura 3.6

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100

Figura 3.5

L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 1101

TTabella 3.79 Valore medio della produzione dei ricoveri per residenti e non residentiAnno 2010

Regioni

Produzione % non resi-

denti rispetto al totale dei

ricoveri

Valore medio della

produzione residenti

Valore medio della

produzione non residenti

Complessità dei ricoveri per non residenti

rispetto a quelli per residenti

Piemonte 6,51 2.997,15 3.290,89 + 293,74 Valle d'Aosta 12,25 2.900,77 3.315,42 + 414,65 Lombardia 11,70 2.878,29 3.743,88 + 865,60 Pr. Aut. di Bolzano 10,69 2.529,66 2.783,41 + 253,75 Pr. Aut. di Trento 10,74 2.449,08 2.818,64 + 369,56 Veneto 9,84 2.957,00 3.331,72 + 374,73 Friuli Venezia Giulia 10,51 3.056,08 2.829,83 - 226,25 Liguria 11,35 2.717,76 2.605,72 - 112,04 Emilia Romagna 15,47 3.004,08 3.303,66 + 299,58 Toscana 11,56 3.116,80 2.868,93 - 247,87 Umbria 15,89 2.727,35 2.881,06 + 153,71 Marche 10,59 2.853,02 2.748,30 - 104,73 Lazio 10,03 2.621,02 2.621,78 - 0,76 Abruzzo 12,69 2.717,99 2.981,64 + 263,65 Molise 30,14 2.463,64 2.994,31 + 530,67 Campania 2,80 2.221,15 2.230,48 + 9,33 Puglia 4,73 2.379,84 2.960,30 + 580,46 Basilicata 16,97 2.556,36 2.853,79 + 297,43 Calabria 3,08 2.375,39 2.265,79 - 109,59 Sicilia 2,23 2.268,55 2.377,06 + 108,51 Sardegna 2,01 2.438,02 2.362,63 - 75,39

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute.

FFigura 3.6 Differenze della complessità del case-mix dei residenti e non residenti. Anno 2010

Fonte: elaborazione su SDO, Ministero della Salute.

-400,00

-200,00

-

200,00

400,00

600,00

800,00

1.000,00

Piem

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Valle

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Lom

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Pr. A

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Sici

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Sard

egna

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1102 Capitolo 3

33.5 AAnalisi dell ’efficienza e dell’appropriatezza ddei Presidi Ospedalieri nella Regione BBasi l icata

Obiettivo di questo paragrafo è quello di analizzare i volumi di prestazioni erogate, i fattori produttivi impiegati e i costi sostenuti dalle Aziende Ospedaliere e dai Presidi Ospedalieri della Regione Basilicata nel 2011 attraverso indicatori di struttura, attività e costo.

Le Aziende Ospedaliere e i Presidi Ospedalieri considerati per la Regione Basili-cata sono:

• l’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza, • l’Azienda Ospedaliera Oncologico Regionale di Vulture, • il Presidio Ospedaliero Unificato Venosa-Melfi, • l’Ospedale Civile Villa D`Agri, • il Presidio Ospedaliero Di Chiaromonte, • gli Ospedali Unificati Del Lagonegrese9, • il Presidio Ospedaliero-Matera, • il Presidio Ospedaliero-Tricarico, • il Presidio Ospedaliero Policoro10.

Nell’A.O.S. Carlo nel 2011 sono stati effettuati 41.226 ricoveri per acuti (pari al 42,27% di quelli effettuati dall’intera Regione) con un peso medio di DRG pari a 0,98; il CROB rappresenta la struttura con il maggior valore di case mix, pari a 1,29, avendo effettuato, sempre nel 2011, 5.512 ricoveri (5,65% dei ricoveri re-gionali). Analizzando i presidi di ASL si evidenzia un case mix mediamente infe-riore: tutte le strutture hanno un valore medio inferiore ad 1; i valori più elevati si registrano nell’Ospedale Civile Villa D`Agri (0,92) e nel Presidio Ospedaliero di Matera (0,92); i case mix più bassi si riscontrano nel Presidio Ospedaliero di Tri-carico (0,78) e nel Presidio Ospedaliero di Chiaromonte (0,81).

La degenza media nelle due AA.OO. della Regione, San Carlo e Vulture, è pari rispettivamente a 5,63 e 5,08.

Nei presidi di ASL la degenza media, invece, è molto diversa, passando da 4,14 giorni nel Presidio Ospedaliero Unificato Venosa-Melfi a 10,60 nel Presidio Ospeda-liero di Tricarico che risulta anche essere una struttura di ricoveri con bassa comples-sità.

9 Include i plessi di Lagonegro, Lauria e Maratea 10 Include i plessi di Policoro, Tinchi e Stigliano.

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3.5.1 Appropriatezza

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102

3.5 Analisi del l ’efficienza e dell’appropriatezza dei Presidi Ospedalieri nel la Regione Basi l icata

L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 1103

TTabella 3.80 Degenza media e peso medio DRG nelle A.O. e nei Presidi di ASL della Regione Basilicata - Ricoveri acuti - Anno 2011

A.O. e Presidi di ASL Degenza media Peso medio DRG

S. Carlo 5,63 0,98 CROB 5,08 1,29 Osp. Civ. Villa D'Agri -Marsicovetere- 5,04 0,92 Ospedale di zona - Tricarico- 10,60 0,78 Osp. Gen. di zona - Chiaromonte- 5,63 0,81 Osp. Prov. - Matera- 7,09 0,92 POU Lagonegrese 5,71 0,87 POU Venosa-Melfi 4,14 0,83 POU Policoro 4,81 0,86

Fonte: elaborazioni su dati SDO Basilicata.

33.5.1 AAppropriatezza

L’analisi dell’appropriatezza è stata condotta calcolando il tasso, la quota per tipolo-gia di DRG e il valore della produzione dei ricoveri per i 108 DRG definiti poten-zialmente inappropriati (ex Patto per la Salute 2010-2012).

Il tasso di ricovero ordinario dei residenti in Basilicata per i 108 DRG a rischio di inappropriatezza nel 2010 è pari a 26,63 ricoveri per 1.000 abitanti, inferiore rispetto a quello nazionale (30,70 per 1.000 abitanti) e della ripartizione meridionale (35,19 per 1.000 abitanti). Nel corso del quadriennio in Basilicata si è assistito ad una progressiva riduzione del tasso, decisamente superiore a quella riscontrata a livello nazionale.

TTabella 3.81 Tasso di ricovero per DRG potenzialmente inappropriati Valori per 1.000 residenti - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010 Var. % 2009/2008

Var. % 2010/2009

Var. % 2010/2007

Italia 38,74 36,41 34,83 30,70 -4,34% -11,86% -20,75%

Nord 32,09 31,09 31,5 28,02 1,32% -11,05% -12,68%

Centro 34 31,74 32,33 29,05 1,86% -10,14% -14,55%

Sud 50,03 45,99 40,63 35,19 -11,65% -13,40% -29,67%

Basilicata 36,24 34,11 30,92 26,63 -9,35% -13,88% -26,53%

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. La quota di ricoveri inappropriati dei residenti in Basilicata, nel 2010, risulta essere inferiore a quella media nazionale e delle altre Regioni del Sud sia per i DRG medici

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1104 Capitolo 3

che per i DRG chirurgici. E’ interessante sottolineare che fino al 2009 in Basilicata la quota di DRG medici inappropriati era maggiore rispetto alla media nazionale: dato questo indicativo di un aumento di appropriatezza dei ricoveri medici.

TTabella 3.82 Quota di ricoveri potenzialmente inappropriati per tipologia di DRG Valori % - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010 Med. Chir. Med. Chir. Med. Chir. Med. Chir.

Italia 19,15 10,37 18,44 10,04 17,31 10,58 24,90 23,77 Nord 15,4 10,91 15,01 10,92 14,54 11,9 23,44 23,77 Centro 17,18 9,36 16,46 9,05 15,51 10,55 23,01 23,53 Sud 24,2 10,28 23,28 9,55 21,52 9,03 27,57 23,93 Basilicata 19,82 9,77 18,98 9,17 17,60 8,67 20,96 16,80

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. Il valore della produzione generato dai ricoveri potenzialmente inappropriati, per i residenti in Basilicata, è pari a € 17,57 mil, rappresentando il 6,35% del valore della produzione totale in acuzie: valore in linea con le Regioni centro-settentrionali e in-feriore a quello della media nazionale (7,11%). Nel corso del quadriennio 2007-2010 il valore della produzione legato a ricoveri inappropriati si è ridotto in tutte le Regioni, riducendo conseguentemente la sua quota sul valore della produ-zione totale.

TTabella 3.83 Valore della produzione per ricoveri ordinari in acuzie potenzialmenteinappropriati e peso sul totale del valore della produzione Valori in Mil. di € e in % - Anno 2007-2010.

2007 2008 2009 2010

% rispetto al valore tot. 2007

% rispetto al valore tot. 2008

% rispetto al valore tot. 2009

% rispetto al valore tot. 2010

Italia 3.324,05 3.170,95 3.073,67 1.982,65 13,90% 13,20% 12,80% 7,11%

Nord 1.292,47 1.274,26 1.306,98 830,29 12,00% 11,70% 11,90% 6,55%

Centro 582,31 551,9 569,53 371,18 12,30% 11,50% 11,70% 6,49%

Sud 1.449,27 1.344,79 1.197,17 781,18 17,40% 16,10% 14,90% 8,24%

Basilicata 31,54 29,88 27,15 17,57 14,00% 13,00% 11,90% 6,35% Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. Una stima dei ricoveri potenzialmente inappropriati in regime diurno, è stata effettua-ta prendendo in considerazione la quota di ricoveri medici sul totale dei ricoveri diur-ni in acuzie.

La tabella seguente mostra un’elevata percentuale di ricoveri diurni medici per i residenti in Basilicata, pari al 58,80% nel 2010, a fronte di una quota media nazionale pari al 53,31%: quota che si è ridotta tra il 2007 e il 2010 rimanendo comunque al di sopra della media nazionale e delle Regioni del Sud.

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3.6 Rif lessioni f inal i

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104 L’assistenza ospedaliera in Basilicata: appropriatezza e mobilità 1105

TTabella 3.84 Quota di ricoveri acuti diurni per tipologia di DRG Valori % - Anni 2007-2010

2007 2008 2009 2010

Med. Chir. Med. Chir. Med. Chir. Med. Chir. Italia 55,19 44,81 53,67 46,33 54,74 45,26 53,31 45,52

Nord 46,07 53,93 44,91 55,09 46,42 53,58 46,38 53,41

Centro 55,26 44,74 54,35 45,65 57,69 42,31 60,54 39,34

Sud 63,38 36,62 61,37 38,63 61,08 38,92 56,41 40,96

Basilicata 61,97 38,03 59,45 40,55 58,92 41,08 58,80 41,20

Fonte: elaborazioni su dati SDO, Ministero della Salute. Occorrerebbe un’analisi più dettagliata dei ricoveri diurni medici per capire l’effettiva appropriatezza degli stessi, ma è chiaro che una percentuale così elevata possa com-prendere una fetta importante di inappropriatezza.

33.6 RRiflessioni f inali

Dall’analisi dell’attività di ricovero della Regione Basilicata dal lato “produzione” ovvero quella erogata dalle strutture ospedaliere regionali e non quelle relativa ai soli cittadini residenti, emerge che si è ridotto, in quasi tutte le fasce di età, il saggio me-dio di ricovero11 per acuzie in regime ordinario dello -0,19% rispetto al 2010, rag-giungendo nel 2011 un valore pari a 103,62 ricoveri per 1.000 abitanti.

Nel 2011 c’è stato un maggior ricorso ai ricoveri ordinari per acuzie da parte del genere maschile (+16,00% rispetto a quello femminile), con un ulteriore aumentato del gap tra i due sessi rispetto all’anno precedente.

Nello stesso hanno si è ridotta l’attività di ricovero con DRG medici ed è au-mentata quella per i chirurgici: il saggio di ricoveri medici è passato da 70,29 ricoveri per 1.000 abitanti del 2010 a 68,28 per 1.000 abitanti del 2011; il tasso per i ricoveri chirurgici è invece aumentato raggiungendo nel 2011 un valore pari a 35,33 ricoveri per 1.000 abitanti.

La degenza media dei ricoveri ordinari in acuzie nelle strutture lucane è conti-nuata a diminuire raggiungendo nel 2011 i 6,85 giorni.

Il valore della produzione dei ricoveri acuti in regime ordinario delle strutture ospedaliere lucane nel 2011 ha subito una riduzione dello -0,26% rispetto all’anno precedente raggiungendo i € 209,16 mil. ( differenze in parte attribuibili alla diversità dei tariffari utilizzati per la stima): i ricoveri medici e i chirurgici hanno contribuisco-no in egual misura al valore della produzione.

Anche il saggio di ricovero per il regime diurno si è ridotto del -16,78% rispetto all’anno precedente, raggiungendo nel 2011 un valore pari a 52,60 ricoveri per 1.000

11 Il saggio di ricovero è ottenuto rapportando il numero di ricoveri effettuati in Basilicata alla popolazione media residente ISTAT.

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1106 Capitolo 3

abitanti, valore che aumenta progressivamente spostandosi verso le fasce di età più alte. In particolare risulta maggiore il ricorso al regime diurno per i ricoveri medici e non per i chirurgici (32,74 per 1.000 abitanti per i primi e 19,86 per 1.000 abitanti per i secondi). Nonostante ci sia stata un riduzione delle “distanze” tra il genere maschile e femminile, il femminile risulta essere quello che ricorre maggiormente alle attività di day hospital/day surgery (54,69 ricoveri per 1.000 abitanti donne e 50,40 per 1.000 abitanti uomini).

Come per il regime ordinario, anche per il regime diurno il valore della produ-zione si è ridotto, raggiungendo nel 2011 un valore pari a € 39,17 mil. (€ 45,6 mil. nel 2010).

Per quanto riguarda i ricoveri per riabilitazione il saggio di ricovero totale della Basilicata nel 2011 si è ridotto raggiungendo un valore pari a 2,17 ricoveri per 1.000 abitanti (2,34 per 1.000 abitanti nel 2010) Il ricorso a questa tipologia di rico-vero è soprattutto da parte del genere femminile. Si stima un valore di produzione per i ricoveri diurni di riabilitazione pari a € 1,1 mil., inferiore del 3,42% rispetto a quello stimato nella precedente elaborazione.

Risulta invece essere aumentato rispetto al 2010 il saggio di ricovero per la lun-godegenza che, nel 2011, è pari a 1,37 ricoveri per 1.000 abitanti; il tasso è maggiore per il genere femminile (1,58 delle donne contro 1,14 degli uomini) ed gap con il ma-schile è continuato ad aumentare anche nel biennio 2010-2011.

Parallelamente ad un aumento dell’attività c’è stato anche un aumento del valore della produzione per questi ricoveri che nel 2011 ha raggiunto i circa € 4,04 mil (+17,47% rispetto al 2010).

La mobilità passiva è un problema non ancora definitivamente risolto a livello regionale; nonostante i trend positivi degli ultimi anni, abbiano visto aumentare l’indice di attrazione e ridurre quello di fuga; comunque, nel 2010, la Basilicata pre-senta ancora un’elevata migrazione sanitaria passiva. I ricoveri in mobilità rappresen-tano il 38,44% del totale dei ricoveri dei lucani.

In particolare la mobilità attiva è pari al 15,30% dei ricoveri totali, mentre quella passiva è pari al 23,11% dei ricoveri dei residenti; con un saldo di mobilità nel 2011 pari a circa -7.616 ricoveri per acuti (7,81% dei ricoveri).

Si tratta di una mobilità proveniente soprattutto dalle Regioni limitrofe: la mobi-lità attiva sembrerebbe essere legata principalmente a motivi di carattere pratico o lo-gistico dovuti alle caratteristiche geografiche della Regione stessa; la mobilità passi-va, invece, sembrerebbe essere dovuta a motivi di possibile “inefficienza” infatti è di-retta verso le Regioni caratterizzate da un’offerta maggiore/migliore: Lazio (14,18%), Lombardia (7,25%), Emilia Romagna (6,76%) e Toscana (6,51%).

Nonostante tutto la Basilicata continua a rappresentare la seconda Regione, dopo il Molise, con la maggiore quota di entrate (convenzionali) da mobilità attiva.

Infine dall’analisi dell’appropriatezza effettuata sui 108 DRG definiti potenzial-mente inappropriati (ex Patto per la Salute 2010-2012) è emerso come la Basilicata non solo presenti livelli di appropriatezza superiori alla media italiana e a quella delle Regioni del Sud ma ha anche avuto nel 2010 un miglioramento della stessa relativa-mente alle attività di ricovero medico, che fino al 2010 presentavano valori al di sopra della media nazionale.

4 Finanziamento e spesa

del Sistema Sanitario Regionale

4.1 I l s istema di f inanziamento

4.1.1 Finanziamento regionale

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106

44 FFiinanziamento ee spesa

ddel Sistema Sanitario Regionale Polistena B.

1

44.1 II l s istema di f inanziamento

44.1.1 FFinanziamento regionale

La questione del finanziamento del SSN deve essere analizzata tenendo distinti due diversi aspetti: quello del reperimento delle risorse e quello dell’allocazione dei fondi tra le diverse Regioni. In particolare, il primo fa riferimento alla provenienza delle risorse e cioè chi “paga” per il finanziamento della sanità pubblica; mentre il secondo si riferisce alla loro destinazione, ovvero a chi beneficia delle somme negoziate a li-vello centrale. Relativamente al primo aspetto, nel 2011, il finanziamento del SSN nazionale proviene per circa l’83,00% dall’imposizione fiscale diretta (Irap e Irpef) e da quella indiretta (Iva e accise) e, per la rimanente parte, da ricavi ed entrate proprie delle varie Aziende Sanitarie2 (circa il 4,00%) nonché dai trasferimenti sia dal settore pubblico (Regioni, Province, Comuni, etc..) che da quello privato (oltre il 9,00%)3.

1 Statistica. Laureata in Scienze Statistiche Demografiche e Sociali presso la Facoltà di Statistica dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Master in Economia e Management dei Servizi Sanitari e Master in Statistica per la Gestione dei Sistemi Informativi. Dottoressa di ricerca in “Metodi Di Ricerca Per L’Analisi Del Mutamento Socio-Economico”. Ricercatore dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” afferente al CREA Sanità e al CEIS. 2 Quali ad esempio le entrate derivanti dalle misure di compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini. 3 Nel calcolo dei ricavi, ovvero del finanziamento, dei costi e del risultato di esercizio per il 2011 non si sono considerate le modifiche introdotte a partire da questo esercizio nel trattamento degli ammortamenti e nelle sterilizzazioni date dai costi capitalizzati. Ciò per consentire un confronto degli andamenti dell’anno con quello precedente. Si tratta di ammortamenti per € 1.494,5 Mln. cui corrispondono costi capitalizzati per € 1.067 Mln.. Una differenza che si riflette sul risultato di esercizio 2011 che risulta quindi migliore di quello traibile dalla lettura dei dati NSIS per circa € 429 Mln.

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1108 Capitolo 4

La lettura della figura che segue, indicante la quota del finanziamento complessivo4 generato dall’Irap e dall’addizionale Irpef, mostra che nel corso dell’ultimo decennio il contributo dell’imposizione fiscale diretta al finanziamento della sanità pubblica è andato progressivamente diminuendo - sebbene in lieve flessione nell’ultimo anno rispetto al precedente - nelle ripartizioni Centro-Settentrionali, per raggiungere, nel 2011, il 34,50% del finanziamento complessivo nazionale, il 43,24% di quello delle Regioni del Nord ed il 38,88% di quello delle Regioni Centrali. Parzialmente diversa la situazione osservabile nelle Regioni del Sud ed in particolare in Basilicata: non so-lo il contributo derivante dall’Irap e dall’Irpef per il finanziamento dei propri SSR è stato per tutto il decennio nettamente inferiore a quello delle altre ripartizioni geogra-fiche, ed in particolar modo in Basilicata, ma dal 2010 è in atto una crescita che tende a riportare le percentuali ai valori ante 2009.

Situazione opposta, la si ricava dall’incidenza dell’imposizione fiscale indiretta sul finanziamento complessivo pubblico del sistema salute (Figura 4.2); in effetti, in tut-to il periodo considerato, la percentuale più elevata di introiti da Iva e accise viene rilevata nel Sud e soprattutto in Basilicata. Giova, tuttavia, ricordare come in questo caso non si tratta solo di gettito locale, in quanto in tale voce si compensa implicita-mente la perequazione regionale; in altri termini, il finanziamento delle Regioni che hanno minori gettiti da Irap e Irpef è comunque garantito dal trasferimento di parte delle entrate generate a livello nazionale dall’imposta sul valore aggiunto.

FFigura 4.11 Quota del finanziamento proveniente da IRAP e addizionale IRPEF Valori % - Anni 2001-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

4 Si fa riferimento al finanziamento di parte corrente ed indistinto, comprendente i ricavi per intramoenia ma esclusi quelli straordinari e la mobilità., ovvero al finanziamento corrente netto.

109

Figura 4.2

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108

Figura 4.1

Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1109

FFigura 4.22 Quota del finanziamento proveniente da IVA e accise Valori % - Anni 2001-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

È noto che il riparto del FSN alle Regioni avviene attraverso il meccanismo cosiddet-to della quota capitaria pesata, cioè di un insieme articolato di criteri che vengono ap-plicati alla popolazione delle Regioni e che danno poi luogo al finanziamento che viene assegnato dallo Stato a ciascuna di esse per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA). Si chiama metodo della quota capitaria pesata perché comporta appunto assegnazioni diverse alle Regioni a seconda delle diverse caratteristiche delle popolazioni servite.

La considerazione della quota capitaria pesata ha fatto sì che alcune Regioni vedessero nel corso degli anni modificare la propria “posizione”; infatti, l’analisi del finanziamento per residente mostra come la Basilicata si sia progressivamente avvicinata al valore medio nazionale raggiungendo i € 1.806,03 pro-capite nel 2011. In particolare, il finanziamento della Regione Lucana risulta significativa-mente superiore a quello delle Regioni Meridionali (€ 1.750,16) e inferiore rispetto a quello medio delle Regioni Centro-Settentrionali (Nord € 1.971,83 e Centro € 1.838,38). Questo risultato è attribuibile alle particolari caratteristiche demogra-fiche della Basilicata che, come richiamato nel primo capitolo, tendono ad essere molto più simili a quelle delle Regioni del Nord che non a quelle delle rimanenti Regioni Meridionali.

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1110 Capitolo 4

TTabella 4.1 Finanziamento pro-capite Valori in € - Anni 2001-2011

Regioni Anno 2001 Anno 2006 Anno 2011 Italia 1.266,73 1.630,51 1.823,27 Nord 1.302,39 1.684,10 1.871,83 Centro 1.290,08 1.658,73 1.838,38 Sud 1.210,08 1.546,29 1.750,16 Basilicata 1.228,38 1.575,83 1.806,03

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

Le cifre desunte dalla delibera CIPE 2012 confermano che il finanziamento pro-capite della Regione Lucana (€ 1.771,61) tende ad avvicinarsi a quello medio nazionale (€ 1.773,43) ed è, comunque superiore a quello delle Regioni del Sud. Giova anche evidenziare che il finanziamento indistinto per residente è aumentato sia tra il 2010 ed il 2011 che tra il 2011 ed il 2012 e in tutte le ripartizioni geografiche. Al riguardo, la Basilicata, in entrambi i periodi, ha però riportato un incremento minimo.

TTabella 4.2 Finanziamento pro-capite Valori assoluti e % - Anni 2010-2012

Regioni Anno 2012 Var. % 2010/2011 Var. % 2011/2012 Italia 1.773,43 1,07 2,90 Nord 1.790,72 1,03 3,03 Centro 1.807,03 0,89 4,06 Sud 1.731,72 1,21 2,07 Basilicata 1.771,61 0,08 2,00

Fonte: elaborazione delibera CIPE 15/2012 e delibera CIPE 141/2012. Con riferimento alla serie storica (2001-2011) del finanziamento corrente netto in percentuale del PIL, dal 2001 al 2009 si evidenzia un andamento crescente, anche se piuttosto irregolare, in tutte le ripartizioni. In particolare, in detto periodo la quota di PIL destinata al finanziamento del sistema salute è passata dal 5,75% del 2001 al 7,07% del 2009 a livello nazionale, dal 4,83% al 6,09% nelle Regioni del Nord, dal 5,31% al 6,52% nel Centro, dall’8,24% al 9,86% nel Sud ed, infine dall’8,20% al 10,03% in Basilicata. Dal 2010, tanto a livello nazionale quanto a li-vello di ripartizioni Centro-Settentrionali, si assiste ad un’inversione di tendenza: la quota di ricchezza prodotta all’interno dei vari territori destinata al finanziamento dei rispettivi SSR comincia a diminuire. Fanno eccezione, ancora per questo anno, il Sud e la Basilicata; a partire dal 2011, infatti, in tutte le aree oggetto di indagine,

111

Figura 4.3

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110 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1111

si evidenzia una contrazione dell’incidenza del finanziamento sul PIL rispetto all’anno precedente.

La lettura della figura che segue mette, inoltre, in risalto un’ulteriore funzione del finanziamento legata a fattori perequativi; in effetti, il livello di finanziamento delle Regioni del Sud e della Basilicata risulta, in percentuale del proprio PIL, assai più elevato di quello del Nord e del Centro; tale gap fornisce una misura della redistribu-zione delle risorse messa in atto ex ante dal sistema di finanziamento, e rende ancora più evidente l’importanza di realizzare un federalismo con una opportuna perequazio-ne fra le Regioni.

FFigura 4.33 Finanziamento corrente netto su PIL Valori % - Anni 2001-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

È altresì interessante confrontare l’andamento della dinamica del finanziamento cor-rente netto e del PIL regionale. In particolare, le risorse finanziarie, calcolate rispetto all’anno precedente, assegnate alla Basilicata hanno avuto degli incrementi fino al 2008 superiori a quelli delle ripartizioni (solo tra il 2007 ed il 2008 si posiziona dopo le Regioni Settentrionali). A partire dal 2009, invece, il finanziamento della Basilica-ta cresce meno che nelle ripartizioni e, addirittura, decresce tra il 2010 ed il 2011. In definitiva, confrontando le variazioni percentuali del PIL e del finanziamento è possi-bile osservare come generalmente il finanziamento della sanità sia cresciuto sempre

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1112 Capitolo 4

più del PIL; tra il 2010 ed il 2011, in Basilicata si osserva l’unica eccezione, essendo il PIL aumentato più del finanziamento.

TTabella 4.3 Finanziamento corrente netto e PIL Valori % - Anni 2006-2011

Regioni Variabile Var. % 2006/ 2007

Var. % 2007/ 2008

Var. % 2008/ 2009

Var. % 2009/ 2010

Var. % 2010/ 2011

Italia Finanziamento 5,24 3,24 3,19 2,16 0,74

PIL 4,10 1,35 -3,52 2,20 1,71

Nord Finanziamento 4,82 3,70 3,02 2,29 1,00

PIL 4,48 1,41 -4,02 3,11 1,93

Centro Finanziamento 6,05 2,68 5,29 1,39 0,63

PIL 4,11 1,08 -2,33 1,15 1,34

Sud Finanziamento 5,36 2,92 2,19 2,44 0,45

PIL 3,22 1,31 -3,33 1,00 1,51

Basilicata Finanziamento 6,40 3,43 2,30 0,74 -0,05

PIL 3,78 0,98 -3,58 -1,60 4,72

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat. Nelle elaborazioni sin qui svolte non si tenevano in considerazione i proventi della gestione straordinaria; l’apprezzamento di tale voce, ovverosia del finanziamento corrente lordo in % del PIL conferma quanto emerso a proposito del finanziamento corrente netto e cioè che il finanziamento delle Regioni Meridionali e della Basilicata in rapporto al proprio Prodotto Interno Lordo è ben maggiore di quello delle Regioni Centro-Settentrionali; inoltre, il livello del finanziamento del Nord e quello del Cen-tro in percentuale del PIL tendono ad avere il medesimo andamento e per tutti gli anni presi in considerazione. Anche la considerazione del finanziamento corrente lordo pro-capite avvalora quanto già emerso dall’analisi dei dati pro-capite relativamente al finanziamento senza la considerazione della gestione straordinaria: a partire dal 2007, la Basilicata ha cominciato ad avere un finanziamento per residente superiore a quello delle rimanenti Regioni del Sud e si è progressivamente avvicinata al dato medio pro-capite delle Regioni Centrali e Settentrionali (Figura 4.5).

113

Figura 4.4

Figura 4.5

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112 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1113

FFigura 4.44 Finanziamento corrente lordo su PIL Valori % - Anni 2001-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

FFigura 4.55 Finanziamento corrente lordo pro-capite Valori in € - Anni 2001-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

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1114 Capitolo 4

Qualora nell’analisi del finanziamento corrente lordo tenessimo conto anche dei costi capitalizzati introdotti nel 20115, l’incidenza del finanziamento sul PIL generalmente aumenterebbe di una percentuale inferiore al mezzo punto, ovverosia Italia +0,07%, Nord +0,08%, Centro e Sud +0,06% ed, infine, la Basilicata con il valore minimo che si ferma ad un +0,03%.

Analogamente, la considerazione delle sterilizzazioni dei costi capitalizzati per quanto concerne il finanziamento corrente lordo per residente evidenzia come l’apprezzamento di tale voce determini a livello nazionale un aumento dello 0,96; l’incremento più cospicuo spetta alle Regioni del Nord con un +1,27, seguono le Regioni Centrali (+0,88%), quelle del Sud (+0,56%) e al livello più basso la Basili-cata che raggiunge un +0,31%.

TTabella 4.4 Finanziamento corrente lordo su PIL con e senza costi capitalizzati Valori % - Anno 2011

Regioni Senza costi capitalizzati (a)

Con costi capitalizzati (b)

Differenza b-a

Italia 7,04 7,11 0,07 Nord 6,00 6,08 0,08 Centro 6,57 6,62 0,06 Sud 9,95 10,01 0,06 Basilicata 9,84 9,87 0,03 Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

TTabella 4.5 Finanziamento corrente lordo pro-capite con e senza costi capitalizzati Valori in € e % - Anno 2011

Regioni Senza costi capita-lizzati (a)

Con costi capita-lizzati (b) Differenza % b-a

Italia 1.834,3 1.851,9 0,96 Nord 1.878,5 1.902,3 1,27 Centro 1.860,3 1.876,7 0,88 Sud 1.760,7 1.770,6 0,56 Basilicata 1.813,4 1.819,0 0,31 Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

Nella valutazione delle disponibilità delle varie ripartizioni geografiche, va anche considerata la modificazione del saldo della mobilità sanitaria interregionale. La mo-bilità mostra un evidente gradiente Nord-Sud, avendo le Regioni Centro-Settentrionali un saldo attivo (prevalenza di mobilità attiva) e quelle Meridionali un saldo negativo (prevalenza di mobilità passiva). La Basilicata, così come le altre Regioni di piccole dimensioni (Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Trento, Abruzzo, etc..), mostra quote di mobilità passiva tra le più elevate; tra l’altro anche le sua morfologia induce alla mobilità. In effetti, se la tendenza di fondo della mobilità passiva è stata quella di

5 Vedere nota 3.

115

Figura 4.6

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114 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1115

una crescita fino alla fine del 1998, negli anni successivi si è poi arrestata, mostrando conseguentemente i segni incoraggianti di un cambiamento di “rotta”. In particolare, il saldo della mobilità sanitaria totale (dato dalla differenza tra mobilità attiva e passi-va), è passato da € -57,94 Mln. nel 2001 a € -27,94 nel 2011, con una riduzione media annua del 7,03% (-51,78% complessivo).

TTabella 4.6 Saldi mobilità sanitaria interregionale Valori in € Mln. – Anni 2006-2011

Regioni Anno 2006

Anno 2007

Anno 2008

Anno 2009

Anno 2010

Anno 2011

Nord 805,29 836,77 854,20 862,82 871,40 871,40 Centro 148,73 123,25 124,32 160,02 126,78 126,78 Sud -954,01 -960,02 -978,52 -1.022,84 -998,18 -998,18 Basilicata -40,75 -39,08 -39,67 -35,65 -27,94 -27,94

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

FFigura 4.66 Saldo mobilità sanitaria interregionale Basilicata Valori in € Mln. – Anni 2001-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

L’esame della struttura delle entrate complessive della Regione, desumibile dal Docu-mento di Programmazione Economica e Finanziaria per il triennio 2013-2015 (L. R: n. 36 del 21 Dicembre 2012), mostra che per l’anno in corso sono previste entrate per un ammontare pari a € 2.001.810.926,47, di cui il 68,65% (€ 1.374.271.912,59), derivanti dagli afflussi correnti tributari e contributivi. Inoltre, del totale delle entrate correnti tributarie e contributive, il 23,64% è generato dal gettito dei tributi indiretti ed il

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1116 Capitolo 4

44,81% sono tributi dedicati al finanziamento della sanità. Le entrate in conto capitale, invece, rappresentano il 26,10% del totale degli introiti della Regione.

TTabella 4.7 Riepilogo generale delle entrate per titoli (al netto di contabilità speciali epartite di giro) Valori assoluti e % - Anno 2013

Titoli € % Entrate correnti tributarie e contributive 1.374.271.912,59 68,65 di cui Tributi diretti 4.000.000,00 0,20 di cui tributi indiretti 473.178.671,59 23,64 di cui tributi destinati al finanz. Sanità 897.093.241,00 44,81 di cui Fondi perequativi ad Amm. Centrali 0,00 0,00 Trasferimenti correnti 74.782.940,15 3,74 di cui trasferimenti correnti dallo Stato 71.434.940,15 3,57 Entrate extratributarie 30.356.000,00 1,52 Entrate in conto capitale 522.400.073,73 26,10 di cui trasferimenti in conto capitale 10.000.000,00 0,50 Mutui, Prestiti ed altre Operaz. creditizie 0,00 0,00 Totale entrate 2.001.810.926,47 100,00

Fonte: elaborazione su L. R. 36/2012.

Alla protezione sociale, intendendo con ciò le spese per diritti sociali, politiche sociali e famiglia, sono destinati € 24.960.350,81, di cui il 79,34% è rappresentato da spese correnti e la rimanente parte (20,66%) da investimenti di tipo pluriennale. Tra le di-verse aree di intervento, quella a cui viene destinata la maggior parte delle risorse da investire (sia di parte corrente che in conto capitale) è quella relativa alla programma-zione e governo della rete dei servizi socio-sanitari e sociali (72,14%); seguono gli interventi per la disabilità (12,42%) e gli interventi per soggetti a rischio di esclusione sociale (6,07%). In aggiunta, nel 2013, la spesa per protezione sociale dovrebbe inci-dere per l’1,19% sulla spesa totale della Regione. TTabella 4.8 Spese per diritti sociali, politiche sociali e famiglia

Valori assoluti e % - Anno 2013

€ % Totale spese 24.960.350,81 100,00 di cui Spese Correnti 19.803.556,51 79,34 Interventi infanzia, minori e asili nido 1.078.500,00 4,32 Interventi per la disabilità 20.000,00 0,08 Interventi per soggetti a rischio di esclusione sociale 1.515.000,00 6,07 Interventi per le famiglie 270.000,00 1,08 Interventi per il diritto alla casa 100.000,00 0,40 Programmaz. e governo della rete dei servizi sociosanitari e sociali 16.130.056,51 64,62 Cooperazione e associazionismo 690.000,00 2,76 di cui Spese in Conto Capitale 5.156.794,30 20,66

117

4.1.2 I s istemi regional i di r iparto del le r isorse per la sanità

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116 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1117

TTabella 4.8 Spese per diritti sociali, politiche sociali e famiglia Valori assoluti e % - Anno 2013

€ % Interventi infanzia, minori e asili nido 0,00 0,00 Interventi per la disabilità 3.080.000,00 12,34 Interventi per gli anziani 0,00 0,00 Interventi per soggetti a rischio di esclusione sociale 0,00 0,00 Programmaz. e governo della rete dei servizi sociosanitari e sociali 1.876.794,30 7,52 Cooperazione e associazionismo 200.000,00 0,80 Totale area: Interventi infanzia, minori e asili nido 1.078.500,00 4,32 Totale area: Interventi per la disabilità 3.100.000,00 12,42 Totale area: Interventi per soggetti a rischio di esclusio-ne sociale 1.515.000,00 6,07

Totale area: Interventi per gli anziani 0,00 0,00 Totale area: Interventi per le famiglie 270.000,00 1,08 Totale area: Interventi per il diritto alla casa 100.000,00 0,40 Totale area: Programmaz. e governo della rete dei ser-vizi sociosanitari e sociali 18.006.850,81 72,14

Totale area: Cooperazione e associazionismo 890.000,00 3,57 Fonte: elaborazione su L. R. 36/2012.

Infine, ricordiamo che è stata autorizzata, sempre per l’anno corrente, la contrazione di mutui e prestiti per un ammontare complessivo di € 63.081.654,99, ovvero per il 3,01% della spesa totale.

44.1.2 II s istemi regional i di r iparto del le r isorse per la sanità

L’assegnazione alle Regioni dei fondi per l’attività del SSR non conclude il processo di finanziamento; in effetti, devono essere considerati due ulteriori aspetti: innanzi-tutto è necessario analizzare come le Regioni ripartiscono il finanziamento tra le di-verse funzioni assistenziali, ed, in secondo luogo, osservare quali sono le assegnazioni previste per le diverse Aziende Sanitarie.

“La proposta di riparto delle disponibilità finanziarie per il SSN nel 2012 tie-ne conto degli interventi correttivi in materia di spesa sanitaria previsti dall’art. 15 del Decreto Legge n. 95 del 2012 (cosiddetta “spending revi-ew”); in particolare, il criterio in base al quale viene definita la ripartizione tra le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano parte dal presup-posto che le norme correttive introdotte impattano sul fabbisogno sanitario per l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che, conseguente-mente, si ridetermina in riduzione. Nello specifico, come avvenuto per il 2011, il finanziamento indistinto viene ripartito tra le Regioni e le due Province Au-tonome di Trento e Bolzano sulla base della frequenza dei consumi sanitari della popolazione residente, distintamente per LEA e per fasce di età della po-polazione stessa.”

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1118 Capitolo 4

Nella tabella che segue sono riportate le quote per il finanziamento dei LEA a livello nazionale e le rispettive modalità di ripartizione (anno 2012). In particolare, si con-ferma la quota del 5,00% destinata all’assistenza collettiva in ambienti di vita e di la-voro, ovvero alle azioni di promozione dei corretti stili di vita e di consumo, alla co-municazione e alla rilevazione della soddisfazione dell’utenza, nonché al corretto orientamento della domanda. La quota, invece, riservata all’assistenza distrettuale (51,00%) è impiegata per le attività della medicina di base (7,00%), per l’assistenza farmaceutica (13,57%), per l’emergenza/urgenza, per il potenziamento dell’assistenza specialistica secondo regole di maggior appropriatezza (13,30%), per il potenziamen-to dell’assistenza domiciliare integrata (ADI), per l’integrazione e lo sviluppo dei ser-vizi socio-sanitari, etc…(17,13%). Infine, la quota riservata all’assistenza ospedaliera è pari al 44,00%.

TTabella 4.9 Quote assegnate ai LEA a livello nazionale Anno 2012

Livello di assi-stenza Sotto livello di assistenza Criteri di riparto

Prevenzione (Collettiva) 5,00% Popolazione non

pesata

Distrettuale 51,00%

Medicina di base 7,00% Popolazione non pesata

Farmaceutica 13,57%

Tetto imposto sul fabbisogno com-plessivo compren-sivo delle somme vincolate

Specialistica 13,30% Popolazione pesata

Territoriale 17,13% Popolazione non pesata

Ospedaliera 44,00% 50% popolazione pesata; 50% popo-lazione non pesata

Fonte: proposta per il CIPE Anno 2012.

Con la DGR 2267/2010, la Basilicata stabilisce il riparto provvisorio per l’anno 2011 di parte corrente a destinazione indistinta e vincolata; inoltre, in tale documento si afferma che obiettivi del riparto sono «garantire una parziale continuità con i criteri di riparto precedentemente implementati nell’ottica di una rivisitazione del modello di finanziamento, garantire una maggiore equità distributiva, allineare i criteri di riparto a quelli nazionali nonché convergere verso l’equilibrio economico». In particolare, del totale indistinto per il finanziamento dei LEA (€ 985,42 Mln.), secondo il riparto provvisorio, il 60,94% viene destinato all’Azienda Sanitaria di Potenza, il 33,50% all’Azienda Sanitaria di Matera, il 4,59% all’Azienda Ospedaliera San Carlo e lo 0,97% all’Oncologico CROB. Per quanto attiene, invece, il riparto della quota vinco-

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118 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1119

lata agli Obiettivi di Piano (€ 18,29 Mln.), il 51,39% viene assegnato all’Azienda Sa-nitaria di Potenza, il 38,39% all’Azienda Sanitaria di Matera, l’8,05% al San Carlo ed, infine, l’1,63% al CROB.

TTabella 4.10 Ripartizione provvisoria FSR Valori assoluti e % - Anno 2011

AASS Assegnazione indistinta LEA Assegnazione Obiettivi di Piano Mln. € % Mln. € %

ASP 600,52 60,94 9,55 51,93 ASM 330,10 33,50 7,06 38,39 San Carlo 45,26 4,59 1,48 8,05 CROB 9,55 0,97 0,3 1,63 Totale 985,42 100,00 18,39 100,00

Fonte: elaborazione su dati DGR 2267/2010.

Secondo quanto riportato nella DGR 408/2012, l’assegnazione totale definitiva di compe-tenza per l’anno 2011 per le ASL e le AO è pari a € 1.006,363 Mln. con una riduzione dello 0,37% rispetto al 2010, quando ammontava a € 1.010,133 Mln. Dell’ammontare complessivo, il 60,89% è destinato all’Azienda Sanitaria di Potenza (+0,31% rispetto al 2010), il 33,68% all’Azienda Sanitaria di Matera (+2,28% rispetto all’anno precedente), il 4,79% al San Carlo con una riduzione del 16,84% rispetto al 2010 ed, infine, solo lo 0,64% al CROB e comunque con una decurtazione 34,80% in confronto all’anno prece-dente. Sembrerebbe, dunque, che il riparto del 2011 tenda a rafforzare le basi dell’assistenza primaria, riservando agli ospedali, ciascuno con le proprie peculiarità, solo le funzioni per le quali sono tenuti a fornire il proprio contributo. L’obiettivo sembrereb-be essere quello che tali strutture razionalizzino al massimo le risorse impiegate, innalzan-do contemporaneamente la qualità del servizio offerto.

TTabella 4.11 Assegnazione totale definitiva di competenza Valori assoluti e % - Anni 2010-2011

AASS 2010 2011 Var. % 2010/2011 Mln. € % Mln. € %

ASP 610,86 60,47 612,749 60,89 0,31 ASM 331,345 32,80 338,903 33,68 2,28 San Carlo 58,013 5,74 48,246 4,79 -16,84 CROB 9,915 0,98 6,465 0,64 -34,80 Totale 1.010,133 100,00 1.006,363 100,00 -0,37

Fonte: elaborazione su dati DGR 408/2012.

La suddivisione delle assegnazioni per LEA, sebbene generalmente dovrebbe rappre-sentare un vincolo, rimane un’indicazione del target da raggiungere.

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1120 Capitolo 4

TTabella 4.12 Destinazione effettiva LEA a livello regionale Valori % - Anno 2012

Livello di assistenza Basilicata Collettiva (prevenzione) 3,08 Distrettuale 49,63 di cui medicina di base e PLS 4,69 di cui farmaceutica 12,41 di cui specialistica 14,80 di cui altra territoriale 9,54 Ospedaliera 46,50

Fonte: LA consuntivo 2012

44.2 LLa spesa del SSR

44.2.1 AAnalis i del la spesa sanitar ia pubblica, privata e per ffunzioni

La spesa sanitaria pubblica in Italia, nell’ottica della produzione Regionale, è passata nel quinquennio 2006-2011, secondo i dati Ministero della Salute, da € 100.051 Mil. nel 2006 a € 111.704 Mil.6 con un incremento medio annuo in termini nominali del 2,23% e in termini reali7 dell’1,90% medio annuo.

Nello specifico della Regione Basilicata, la spesa sanitaria totale pubblica è passa-ta da € 913 Mil. nel 2006 a € 1.060 Mil. nel 2011 con un incremento medio annuo nominale del 3,02% (2,70% medio annuo in termini reali) superiore a quello medio nazionale, a quello del Sud (1,62% in termini nominali e 1,30% in termini reali) e del Centro (1,60% in termini nominali e 1,27% in termini reali), ma in linea a quello me-dio del Nord (2,94% in termini nominali e 2,61% in termini reali).

TTabella 4.13 Spesa Sanitaria e variazione media annua Valori in € e % - Anni 2006 e 2011

Regioni 2006 2011 Var. % media annua Italia 100.051,30 111.704,28 2,23 Nord 45.702,80 52.826,47 2,94 Centro 20.987,61 22.718,63 1,60 Sud 33.360,89 36.159,19 1,62 Basilicata 913,48 1.060,21 3,02

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

6 Il dato totale non include straordinaria, gli ammortamenti e la mobilità verso Bambin Gesù e SMOM.

7 Anno base 2006.

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120

4.2 La spesa del SSR

4.2.1 Anal is i del la spesa sanitar ia pubblica, pr ivata e per funzioni

Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1121

La spesa è spinta verso l’alto da numerose determinanti: fra quelle più spesso richia-mate troviamo l’invecchiamento, l’innovazione ma anche l’incremento delle aspetta-tive da parte della popolazione. Sebbene sia indubbio che l’invecchiamento della po-polazione implichi un aumento dei bisogni, in letteratura non è però ancora chiaro l’effetto che l’invecchiamento abbia sulla spesa sanitaria (cfr. cap 1); certamente, l’innovazione terapeutica comporta una crescita della spesa sanitaria sia perché l’innovazione fa aumentare la richiesta di terapie (aspettative dei pazienti), sia perché le terapie innovative hanno costi mediamente più elevati.

Il fenomeno dell’invecchiamento è ascrivibile ai cambiamenti intervenuti nei comportamenti riproduttivi delle famiglie ma anche dall’aumento della durata della vita media, reso possibile dall’avanzamento delle conoscenze nel campo della medi-cina e dal miglioramento degli stili di vita.

Se l’avanzamento delle conoscenze nel campo della medicina permetterà di con-seguire questi obiettivi, è probabile che in futuro le pressioni sulla spesa sanitaria sa-ranno più contenute di quanto previsto, agevolando così il mantenimento degli equili-bri di finanza pubblica.

Il processo di invecchiamento demografico, unitamente ai progressi nella ricerca scientifica, secondo gli studiosi può dar luogo, quindi, a due scenari futuri:

1. le innovazioni scientifiche miglioreranno sensibilmente lo stato di salute della

popolazione e posticiperanno l’insorgenza delle malattie più gravi; 2. i progressi nel campo della medicina determineranno solo moderati incre-

menti della vita attesa, a prezzo di una crescente morbilità nelle classi di età più avanzate.

Il secondo fattore di accelerazione della spesa sanitaria è dato dal processo di svilup-po economico e quindi dalla crescita del reddito pro-capite. La spesa sanitaria è as-similabile a quella per i cosiddetti beni di lusso (cresce in misura più che proporziona-le all’aumento del reddito). Inoltre la Sanità è uno dei pochi settori in cui le innova-zioni danno luogo a processi di riorganizzazione delle attività produttive che compor-tano spesso un aumento, anziché una diminuzione, degli input di lavoro.

Le determinanti economiche sono certamente quelle che nel breve periodo incido-no di più sull’andamento della spesa sanitaria; ad esempio, il contesto di crisi eco-nomica generale, e le incerte prospettive di ripresa, porteranno ad un ulteriore stress relativamente alla sostenibilità economica del sistema, con il rischio di indebolire la capacità di responsiveness, soprattutto rispetto all’accessibilità delle tecnologie sani-tarie innovative.

La spesa sanitaria pubblica italiana assorbe, nel 2011, il 7,07% del PIL; l’incidenza della spesa Sanitaria sul PIL della Regione Basilicata e del Sud, a causa del meccanismo perequativo tra le Regioni, è maggiore assorbendo rispettivamente il 9,79% e il 9,77% del proprio PIL. Il grafico seguente mostra come l’andamento della spesa sanitaria sul PIL sia simile tra l’Italia, la Basilicata e il Sud fino al 2006, mentre tra il 2007 e il 2010 la quota di spesa sanitaria su PIL della Regione Basilicata ha un picco verso l’alto, non registrato a livello nazionale e dalla ripartizione di appartenen-za, legato al fatto che a fronte di una dinamica della spesa sanitaria crescente in modo

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1122 Capitolo 4

significativamente superiore alla media nazionale, quella del PIL della Regione si di-mostra particolarmente fragile e sensibile alla congiuntura economica. Nel 2011 l’incidenza della spesa sanitaria sul PIL fa osservare una riduzione.

FFigura 4.77 Spesa Sanitaria su PIL. Valori % - Anni 2001-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

TTabella 4.14 Spesa Sanitaria pubblica pro-capite Valori in € - Anni 2001-2011

Regioni 2001 2006 2011

Italia 1.346,46 1.702,95 1.842,50

Nord 1.389,91 1.713,62 1.902,75

Centro 1.408,77 1.853,81 1.901,09

Sud 1.259,47 1.606,98 1.729,04

Basilicata 1.168,96 1.537,62 1.804,55

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

4,00

5,00

6,00

7,00

8,00

9,00

10,00

11,00

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Italia Nord Centro Sud Basilicata

123

Figura 4.8

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122

Figura 4.7

Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1123

FFigura 44..88 Spesa Sanitaria pubblica pro-capite. Valori in € - Anni 2001-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

La spesa sanitaria pro-capite in Basilicata è pari nel 2011 a € 1.804,55 valore superio-re a quello medio del Sud di € 71,71 ma inferiore di € 37,95 rispetto alla media Italia-na; in termini dinamici, la spesa, nella Regione Basilicata è, invece, cresciuta nell’ultimo quinquennio più rapidamente che in Italia e in tutte le ripartizioni. La cre-scita media annua della spesa pro-capite differisce da quella del dato assoluto per ef-fetto della contemporanea variazione della popolazione: in Italia tra il 2006 e il 2011 la spesa pro-capite è cresciuta del 1,59% medio annuo, del 2,12% al Nord, dello 0,50% al Centro, dell’1,48% al Sud e in Basilicata del 3,25% medio annuo. In tutte le ripartizioni, compresa la Basilicata la crescita della spesa è notevolmente rallentata rispetto al quinquennio precedente.

TTabella 4.15 Incremento della Spesa Sanitaria pro-capite Valori % - Anni 2001-2011

2006/2001 2011/2006 Italia 4,81 1,59 Nord 4,28 2,12 Centro 5,64 0,50 Sud 4,99 1,48 Basilicata 5,64 3,25

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

1.000,00

1.100,00

1.200,00

1.300,00

1.400,00

1.500,00

1.600,00

1.700,00

1.800,00

1.900,00

2.000,00

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Italia Nord Centro Sud Basilicata

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1124 Capitolo 4

In termini di popolazione pesata (calcolata riproporzionando la popolazione in base al finanziamento ex ante, delibere CIPE), quindi al netto delle differenze generate dai diversi bisogni della popolazione, la Basilicata ha una spesa nettamente inferiore a quella media italiana pari a € 1.784,44 Basilicata vs. € 1.842,50 in Italia.

TTabella 4.16 Spesa sanitaria pubblica corrente pro-capite e per popolazione pesata. Valori in € - Anno 2011

Spesa corrente pro-capite (a)

Spesa corrente pro-capite popolazione pesata (b) Differenza (a-b)

Italia 1.842,50 1.842,50 Nord 1.902,75 1.886,84 15,91 Centro 1.901,09 1.884,02 17,07 Sud 1.729,04 1.757,81 -28,77 Basilicata 1.804,55 1.784,44 20,11

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

Se analizziamo la spesa inclusiva della gestione straordinaria si evince come la spesa sanitaria pubblica in Italia, nell’ottica della produzione Regionale, è passata nel quin-quennio 2006-2011, secondo i dati Ministero della Salute, da € 102.067 Mil. nel 2006 a € 112.358 Mil. con un incremento medio annuo in termini nominali dell’1,94% e in termini reali8 dell’1,62% medio annuo.

Nello specifico della Regione Basilicata, la spesa sanitaria totale pubblica è passa-ta da € 987 Mil. nel 2006 a € 1.070 Mil. nel 2011 con un incremento medio annuo nominale dell’1,63% (2,72% medio annuo in termini reali) superiore a quello medio nazionale, a quello del Sud (0,58% in termini nominali e 0,59 % in termini reali) e del Centro (1,08% in termini nominali e 1,26% in termini reali), ma in linea con quello medio del Nord (1,94% in termini nominali e 2,52 % in termini reali).

TTabella 4.17 Spesa Sanitaria inclusa straordinaria e variazione media annua Valori in € e % - Anni 2006 e 2011

Regioni 2006 2011 Var. % media annua Italia 102.067 112.358 1,94 Nord 46.037 52.983 2,85 Centro 21.768 22.965 1,08 Sud 35.376 36.409 0,58 Basilicata 987 1.070 1,63

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

Includendo la gestione straordinaria la spesa sanitaria pubblica italiana assorbe, nel 2011, il 7,11% del PIL, il 9,88% in Basilicata e il 9,84% al Sud. La figura seguente fa osservare il medesimo andamento descritto per la spesa pubblica ordinaria.

8 Anno base 2006

125

Figura 4.9

Figura 4.10

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124 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1125

FFigura 4.99 Spesa Sanitaria inclusa gestione straordinaria su PIL. Valori % - Anni 2001-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat

FFigura 44..110 Spesa Sanitaria pubblica inclusa gestione straordinaria pro-capite. Valori in € - Anni 2001-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat

4,00

5,00

6,00

7,00

8,00

9,00

10,00

11,00

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Italia Nord Centro Sud Basilicata

1.000,00

1.200,00

1.400,00

1.600,00

1.800,00

2.000,00

2.200,00

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Italia Nord Centro Sud Basilicata

FILE: CORR_125.pdf

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1126 Capitolo 4

Ancora la spesa sanitaria pro-capite corrente in Basilicata è pari nel 2011 a € 1.821,48 valore superiore a quello medio del Sud di € 80,48 ma inferiore di € 31,80 rispetto al-la media Italiana; in termini dinamici, la spesa, nella Regione Basilicata è, invece, cresciuta nell’ultimo quinquennio più rapidamente che in Italia e in tutte le ripartizio-ni. La crescita media annua è pari in Italia, tra il 2006 e il 2011, all’1,30% medio an-nuo, al 2,03% al Nord, allo 0,49% al Centro, e allo 0,76% al Sud e in Basilicata del 3,28% medio annuo. Così come per l’analisi della gestione ordinaria, in Basilicata nonché in tutte le ripartizioni la crescita della spesa è notevolmente rallentata rispetto al quinquennio precedente.

TTabella 4.18 Incremento della Spesa Sanitaria pro-capite corrente Valori % - Anni 2001-2011

2006/2001 2011/2006 Italia 5,10 1,30 Nord 4,35 2,03 Centro 5,75 0,49 Sud 5,70 0,76 Basilicata 5,59 3,28

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

In termini di popolazione pesata, anche includendo la gestione straordinaria, la Basili-cata ha una spesa nettamente inferiore a quella media italiana e superiore della riparti-zione di appartenenza (1.801,17 Basilicata, € 1,769,97 al Sud, € 1.853,28 in Italia).

TTabella 4.19 Spesa sanitaria pubblica corrente pro-capite e per popolazione pesata Valori in € - Anno 2011

Spesa corrente pro-capite (€)

Spesa corrente pro-capite popolazione pesata (€)

Differenza popolazio-ne semplice e pesata

Italia 1.853,28 1.853,28 Nord 1.908,39 1.892,44 15,95 Centro 1.921,74 1.904,49 17,26 Sud 1.741,00 1.769,97 -28,97 Basilicata 1.821,48 1.801,17 20,30

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

Nelle analisi esposte si è scelto di non considerare le modifiche introdotte a partire da questo esercizio nel trattamento degli ammortamenti e nelle sterilizzazioni date dai costi capitalizzati. Ciò per consentire un confronto degli andamenti dell’anno con quello precedente. Si tratta di ammortamenti per 1.494,5 milioni cui corrispondono costi capitalizzati per 1.067 milioni.

127

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126 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1127

Volendo considerare questi costi, si stima una spesa pubblica pari a € 113.852 Mil. in Italia e € 1.075 Mil. in Basilicata: 1.877,93 pro-capite in Italia e € 1.829,85 in Basi-licata.

L’incidenza della spesa sul PIL considerando gli ammortamenti sale al 7,21% in Italia e al 9,93% in Basilicata.

TTabella 4.20 Spesa sanitaria pubblica corrente inclusi ammortamenti Valori in € - Anno 2011

Pro-capite Pro-capite pop pesata % su PIL Var media an-

nua 2011/2006

Italia 1.877,93 1.877,93 7,21 1,57 Nord 1.935,75 1.919,57 6,19 2,32 Centro 1.946,12 1.928,64 6,87 2,45 Sud 1.762,21 1.791,53 9,96 2,14 Basilicata 1.829,85 1.809,46 9,93 0,74

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

Nel 2012 la spesa sanitaria della Regione Basilicata, secondo i dati CE ammonterebbe a € 1.127,593 Mil, valore in riduzione del 2,56% (circa € 30 Mil.) rispetto al 2011. In particolare nel 2012 ogni cittadino lucano avrebbe speso per sanità € 1.952,33.

Passando all’analisi della spesa privata, nella Regione Basilicata, quest’ultima vo-ce è pari, nel 2011, a € 191,83 Mil., valore in crescita nell’ultimo quinquennio (+2,57% medio annuo) e rispetto all’anno precedente (+3,13%). La crescita della spesa privata in Basilicata media del quinquennio è superiore a quella media italiana (1,10%) ma soprattutto a quella del Sud che ha registrato un decremento medio annuo (-2,12%).

TTabella 4.21 Spesa Sanitaria privata Valori in Mil. di € - Anni 2001-2011

Regioni 2001 2006 20011 Italia 23.624,00 27.841,00 29.406,67 Nord 12.582,00 14.820,00 16.630,30 Centro 4.784,00 5.726,00 6.222,66 Sud 6.258,00 7.295,00 6.553,72 Basilicata 150,00 169,00 191,83

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

Ogni cittadino lucano spende in media, nel 2011, € 326,50 contro € 313,38 al Sud, € 520,71 al Centro, € 599,00 al Nord e € 485,05 in Italia: la spesa privata della Re-gione Basilicata si è incrementata negli ultimi anni superando la media della riparti-zione di appartenenza, cosa che non avveniva nel 2006.

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1128 Capitolo 4

TTabella 4.22 Spesa Sanitaria privata pro-capite Valori in € - Anni 2001-2011

Regioni 2001 2006 2011 Italia 414,74 473,88 485,05 Nord 493,15 555,67 599,00 Centro 438,92 505,77 520,71 Sud 304,56 351,40 313,38 Basilicata 250,25 284,47 326,50

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

TTabella 4.23 Incremento della Spesa Sanitaria privata pro-capite Valori % - Anni 2001-2009

2006/2001 2011/2006 Italia 2,70 0,47 Nord 2,42 1,51 Centro 2,88 0,58 Sud 2,90 -2,26 Basilicata 2,60 2,79

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

La spesa privata pro-capite in Basilicata, partendo da livelli bassi, dal 2006 è cresciuta più velocemente rispetto alla media nazionale e di tutte le altre ripartizioni: +2,79% in Basilicata, +0,47% in Italia 1,51% al Nord, 0,58% al Centro e -2,26% al Sud.

TTabella 4.24 Spesa Sanitaria privata su PIL Valori %. - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 1,88 1,86 1,86 Nord 1,83 1,82 1,91 Centro 1,81 1,78 1,84 Sud 2,07 2,04 1,77 Basilicata 1,67 1,63 1,77

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

Il valore spesa sanitaria sul PIL della Basilicata è in linea con quello della ripartizione di appartenenza (1,77%) ma inferiore alla media italiana (1,86%) e a quella delle altre ripartizioni (1,91% Nord e 1,84% Centro).

Come detto nello scorso Rapporto Basilicata alla spesa privata è legato il fenome-no dell’impoverimento9. Gli abitanti della Regione Basilicata, nel 2011, hanno regi-

9 d’Angela D. Rapporto Sanità 2012.

129

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128 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1129

strato un rischio di impoverimento in linea con quello delle altre Regioni del Sud, ma quasi 2 volte maggiore rispetto a quello medio italiano considerando le famiglie che sostengono spese out of pocket: Basilicata 3,86%, Italia 1,99%, Nord 0,87%, Centro 1,79% e Sud 3,87%. È opportuno specificare che l’indicatore del rischio di impove-rimento ha a che fare con la carenza di risorse e descrive il fenomeno per cui una fa-miglia può ritrovarsi, a causa di spese sanitarie, con un tenore di vita ridotto rispetto ai livelli medi della popolazione della Regione.

Analizzando il dato spalmato su tutta la popolazione regionale, includendo quindi le famiglie che non hanno sostenuto spese OOP o perché non ne hanno necessitato o perché vi hanno dovuto rinunciare, emerge come la Basilicata registri una quota di famiglie impoverite pari al 2,12%. Ancora, tale risultato è in linea con il Sud (2,35%), ma nettamente superiore alle ripartizioni con reddito più elevato (Nord 0,55%e Centro 1,09%). Quindi, in generale, le Regioni settentrionali presentano inci-denze di impoverimento minori del livello nazionale, mentre quelle del Sud valori su-periori, che tendono, di conseguenza ad incrementare più della media nazionale, il già alto livello di povertà.

Anche per quel che concerne la quota di individui soggetti a spese catastrofiche su quelli che effettuano spese OOP, si osserva come la Basilicata si trova in una condi-zione critica se raffrontata con le altre Regioni del Sud e con la media italiana: 4,81% in Italia, 7,49% al Sud e 8,09% in Basilicata.

Medesimo risultato si ha considerando la quota di famiglie soggette a spese cata-strofiche sul totale delle famiglie: 2,97% in Italia, 2,28% al Nord, 2,15% al Centro, 4,54% al Sud e 4,44% in Basilicata.

La spesa sanitaria totale è, quindi, pari nel 2007 in Basilicata a € 1.277,83 Mln. di cui il 15,01% è spesa privata, valore inferiore del 5,86% rispetto a quello medio italiano (20,87%), in linea con quello delle Regioni del Sud (14,93%) e rispettivamente inferiore del 7,52% e del 6,38% rispetto a quelle del Nord e del Centro (22,53% e 21,39%).

TTabella 4.25 Spesa Sanitaria totale pro-capite Valori in € - Anni 2001-2011

Regioni 2001 2006 2011 Italia 1.717,92 2.185,38 2.323,98 Nord 1.805,18 2.233,19 2.445,51 Centro 1.818,62 2.367,03 2.434,30 Sud 1.556,17 2.024,90 2.099,60 Basilicata 1.406,40 1.888,62 2.174,96

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

Se a livello di spesa pubblica, il dato della Basilicata è in linea con quello medio italia-no, guardando alla spesa sanitaria totale si nota come questa sia nettamente inferiore: nel 2011 di € 149,02, ovvero del 6,41%, inferiore rispetto alla media nazionale. Tale valore è influenzato, come anticipato, dalla bassa spesa privata. Tuttavia nell’ultimo quinquennio, proprio per il su detto incremento della spesa privata, la spesa sanitaria totale è cresciuta più rapidamente in Basilicata che in Italia, al Centro-Nord e nel Sud.

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1130 Capitolo 4

TTabella 4.26 Incremento della Spesa Sanitaria totale pro-capite Valori % - Anni 2001-2009

2006/2001 2011/2006 Italia 4,9 1,2 Nord 4,3 1,8

Centro 5,4 0,6

Sud 5,4 0,7

Basilicata 6,1 2,9 Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

Il decreto sui costi standard prende come Regioni benchmarck quelle con spesa pubbli-ca inferiore ma riteniamo non si possa tralasciare la componente privata di cui i costi standard dovrebbero tener conto soprattutto in considerazione della recente esperienza dei ticket: l’aumento dei ticket ha portato ad una “fuga” dai servizi pubblici verso quelli privati il che rende ancora più complesso il mantenimento del servizio/offerta pubblico.

Anche adottando la logica dei LEA, quindi prendendo in considerazione la spesa privata “Classe A related”, che in mancanza di un dato preciso abbiamo stimato esse-re pari al 30% della spesa privata, la situazione non si modifica in maniera considere-vole: le Regioni con spesa minore sono Calabria, Abruzzo, Campania e Sicilia.

FFigura 4.111 Spesa Sanitaria totale Regionale pro-capite per popolazione pesata. Valori in € - Anno 2011

Fonte: elaborazione su dati Istat.

0,00

500,00

1.000,00

1.500,00

2.000,00

2.500,00

3.000,00

Spesa totale Spesa pub. + 30% privata

131

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130

Figura 4.11

Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1131

Ricordiamo, inoltre, che il concetto di costo standard ex D.L. 68/2011 adotta come criterio di benchmark la spesa “minima” pro-capite pesata: l’assunto è, evidentemen-te, che se una Regione può erogare i LEA con una certa quantità di risorse finanziarie, in via di principio, a parità di bisogni medi della popolazione devono essere in grado di farlo anche le altre. Anche guardando alla spesa totale la Basilicata entrerebbe di diritto tra le Regioni benchmark.

Dopo questo inciso, torniamo all’analisi della spesa sanitaria pubblica, distinguen-do la quota a gestione diretta da quella convenzionata.

Nel 2011, la spesa diretta rappresenta in Basilicata la quota maggiore con un valo-re pari al 67,56% della spesa sanitaria pubblica (valore superiore rispetto a 5 anni prima di oltre un punto); rappresenta, invece, il 62,98% al Nord, il 65,31% al Centro, il 61,53% al Sud e il 62,99% in Italia.

TTabella 4.27 Quota di spesa sanitaria diretta su spesa sanitaria pubblica totale Valori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 57,39 61,26 62,99 Nord 60,21 62,42 62,98 Centro 57,51 62,42 65,31 Sud 53,45 58,95 61,53 Basilicata 64,25 66,18 67,56

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat.

Voce predominante della spesa diretta è quella per il personale: in Basilicata per i dipen-denti sono stati spesi € 392,43 Mil.; nel quinquennio 2006-2011, tale voce di spesa è cre-sciuta in termini nominali del 2,60% medio annuo: 2,25% nel Nord, 1,34% nel Centro e 0,82% nel Sud. Inoltre, la spesa per il personale in Basilicata rappresenta il 36,84% della spesa pubblica totale e il 54,54% della spesa diretta. L’incidenza della spesa per il perso-nale sulla spesa totale è nettamente superiore alla media italiana e di tutte le ripartizioni.

TTabella 4.28 Quota di spesa sanitaria per il personale sulla spesa sanitaria pubblica totale Valori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 35,06 33,40 31,93 Nord 34,97 33,27 31,72 Centro 34,79 32,33 31,52 Sud 35,34 34,24 32,50 Basilicata 39,54 37,78 36,84

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

In Basilicata la spesa per il personale si è ridotta nell’ultimo anno, a causa del blocco delle assunzioni, dello 0,18%; nell’ultimo quinquennio la spesa per il personale si è incrementata mediamente del 2,60%; tale crescita risulta superiore sia a quella italia-

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1132 Capitolo 4

na che a quella del Sud (rispettivamente 1,59% e 0,82% in Italia e al Sud) e più simile a quella del Nord (2,25%).

TTabella 4.29 Spesa per il personale dipendente Variazione % - Anni 2001-2011

2006/2001 2011/2006 Italia 4,44 1,59 Nord 4,16 2,25 Centro 4,90 1,34 Sud 4,55 0,82 Basilicata 4,49 2,60

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

L’analisi della spesa per il personale pro-capite mostra come nella Regione Basilicata la spesa per tale aggregato, rapportata ad un indicatore seppure indiretto di bisogno, sia superiore alla media nazionale e a quella del Sud: € 667,95 in Basilicata; € 596,26 in Italia, € 612,29 al Nord, € 606,89 al Centro e € 568,91 al Sud.

TTabella 4.30 Spesa per il personale dipendente Valori in € - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 472,04 568,75 596,26 Nord 486,03 570,17 612,29 Centro 490,18 599,33 606,89 Sud 445,07 550,23 568,91 Basilicata 462,22 580,94 667,95

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat

Seconda voce, in termini di assorbimento della spesa diretta, è la spesa per beni e servizi pari, nel 2011, in Basilicata al 30,72% della spesa pubblica totale (45,46% della spesa diretta), valore inferiore a quello medio italiano (49,30% della spesa diretta e 31,05% della spesa totale) ma superiore a quello del Sud (rispettivamente 47,17% e 29,03%).

TTabella 4.31 Spesa per beni e servizi su Spesa Sanitaria totale Valori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 22,33 27,87 31,05 Nord 25,24 29,15 31,26 Centro 22,72 30,09 33,79 Sud 18,11 24,71 29,03 Basilicata 24,71 28,39 30,72

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

133

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132 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1133

L’incremento della spesa per beni e servizi nell’ultimo quinquennio in Basilicata è in linea con quello medio nazionale e del Nord ed inferiore rispetto a quello della ripartizione di appartenenza: 4,75% in Basilicata, 4,74% in Italia 4,68% al Nord e 5,21% al Sud.

TTabella 4.32 Spesa per beni e servizi Variazione % - Anni 2001-2011

2006/2001 2011/2006 Italia 10,24 4,74 Nord 8,28 4,68 Centro 12,61 4,25 Sud 11,95 5,21 Basilicata 8,42 4,75

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

Analogamente la spesa per beni e servizi pro-capite è pari nella Regione Basilicata, nel 2011, a € 556,85, valore superiore alla media della ripartizione di appartenenza (€ 508,04) ma superiore alla media italiana (€ 579,77).

TTabella 4.33 Spesa per beni e servizi pro-capite Valori in € - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 300,69 474,55 579,77 Nord 350,87 499,51 603,28 Centro 320,06 557,90 650,70 Sud 228,10 397,05 508,04 Basilicata 288,87 436,61 556,85

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

In particolare, la spesa per beni rappresenta, in Basilicata, nel 2011, il 49,45% del to-tale spesa per beni e servizi; tale valore risulta nettamente superiore, così come avve-niva negli anni precedenti, alla media italiana e delle altre ripartizioni e deriva dal po-co outsourcing.

TTabella 4.34 Incidenza della spesa per beni sulla spesa per beni e servizi Valori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 40,56 41,08 42,88 Nord 40,20 40,42 41,73 Centro 41,28 40,80 42,86 Sud 40,70 42,37 44,71 Basilicata 41,13 46,27 49,45

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

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1134 Capitolo 4

TTabella 4.35 Incidenza della spesa per servizi sulla spesa per beni e servizi

Valori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 42,19 41,37 40,43 Nord 43,13 42,38 43,07 Centro 42,11 43,61 42,33 Sud 40,47 38,02 34,87 Basilicata 47,26 39,07 38,86

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

La bassa incidenza della spesa per servizi potrebbe essere la spiegazione dell’alta spesa per il personale: molte Regioni ovviano al blocco delle assunzioni con contratti di con-sulenza, che gonfiano la voce dei servizi, pratica che non appare diffusa in Basilicata.

La spesa convenzionata è complementare alla spesa diretta, e rappresenta il costo per i servizi sanitari acquistati da erogatori privati e professionisti in regime di accre-ditamento con i SSR.

L’assistenza farmaceutica rappresenta la quota maggiore di spesa convenzionata assorbendo in Basilicata, nel 2011, il 28,02% della spesa convenzionata contro il 24,58% dell’Italia e il 27,38% del Sud (rispettivamente l’11,08%, 10,03% e 11,77% della spesa sanitaria pubblica totale in Basilicata, in Italia e al Sud).

In particolare, per l’assistenza farmaceutica convenzionata vengono spesi in Basi-licata € 95 Mil. nel 2011, valore in riduzione, in termini nominali, del 10,2% rispetto all’anno precedente (decremento del -4,48% medio annuo nell’ultimo quinquen-nio). La spesa farmaceutica in Basilicata, quindi, si mantiene al di sotto del tetto fis-sato a livello nazionale.

TTabella 4.36 Spesa per assistenza farmaceutica convenzionata su Spesa Sanitaria pub-blica totale - Valori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 15,21 12,38 10,03 Nord 13,25 10,66 8,86 Centro 15,49 12,76 9,91 Sud 17,72 14,49 11,77 Basilicata 17,04 13,14 11,08

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

TTabella 4.37 Spesa per assistenza farmaceutica Variazione media annua % - Anni 2001-2011

2006/2001 2011/2006 Italia 1,21 -4,32 Nord 0,73 -3,15 Centro 2,40 -5,25 Sud 1,06 -5,03 Basilicata 0,10 -4,48

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

135

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 1347415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 134 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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134 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1135

In Basilicata si spendono € 162,44 pro-capite in farmaci (€ 162,87 per popolazione pesata), nel Sud € 178,57 (€ 187,11 per popolazione pesata) e in Italia € 163,78.

TTabella 4.38 Spesa per assistenza farmaceutica pro-capite Valori in € - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 204,73 210,76 163,78 Nord 184,12 182,65 149,48 Centro 218,24 236,51 171,14 Sud 223,16 232,83 178,57 Basilicata 199,20 202,02 162,44

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

Nel 2011, in Basilicata la spesa ospedaliera convenzionata ammonta a € 13,00 Mln.: l’1,22% della spesa pubblica totale, il 3,82% della spesa convenzionata, a fronte di una media italiana del 7,85% e del Sud del 7,50% (20,12% della spesa convenzionata totale al Sud e 22,00% in Italia); un valore così basso di ospedaliera convenzionata deriva dal fatto che nella Regione è presente una sola struttura convenzionata. Il va-lore risulta comunque, come vedremo, nettamente superiore rispetto all’anno prece-dente.

TTabella 4.39 Spesa per assistenza ospedaliera convenzionata su Spesa Sanitaria totaleValori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 10,43 8,48 7,85 Nord 9,82 8,48 8,18 Centro 11,90 9,16 7,67 Sud 10,39 8,06 7,50 Basilicata 0,84 0,43 1,22

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

TTabella 4.40 Spesa per assistenza ospedaliera Variazione media annua % - Anni 2001-2011

2006/2001 2011/2006 Italia 1,20 0,93 Nord 2,16 2,48 Centro 1,02 -1,69 Sud 0,01 0,41 Basilicata -7,49 26,76

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 1357415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 135 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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1136 Capitolo 4

La spesa ospedaliera convenzionata è andata crescendo in maniera considerevole nell’ultimo quinquennio (variazione media annua -26,76%) mentre si era ridotta nel quinquennio precedente (variazione media annua -7,49%). L’incremento dell’ultimo quinquennio è legato prevalentemente all’ultimo anno quando la spesa per ospedaliera convenzionata è passata da € 5,02 Mil. a € 13,00 Mil. con un incremento del 158,75%.

In Basilicata vengono spesi € 22,12 per abitante (€ 22,14 per popolazione pesata) per l’assistenza ospedaliera convenzionata, valore decisamente inferiore alla media italiana (€ 146,65) e a quella di tutte le ripartizioni inclusa quella di appartenenza (€ 131,23 e 137,24 per popolazione pesata).

TTabella 4.41 Spesa per assistenza ospedaliera convenzionata pro-capite Valori in € - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 140,40 144,45 146,65 Nord 136,48 145,32 157,79 Centro 167,67 169,83 147,72 Sud 130,80 129,50 131,23 Basilicata 9,78 6,69 22,12

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

La spesa per medicina di base convenzionata, in Basilicata, nel 2011, ammonta a € 83,22 Mil.. Nel quinquennio 2006-2011 tale voce di spesa è cresciuta in termini nominali dell’1,89% medio annuo.

Nell’ultimo anno, in Basilicata, la spesa per medicina di base rappresenta il’7,81% della spesa pubblica totale; valore nettamente superiore a quello nazionale e a quello medio del Sud (rispettivamente 5,85% e 6,77%): ogni cittadino della Regione spende € 141,65 per la medicina di base contro € 109,27 dell’Italia, € 102,88 del Nord, € 108,00 del Centro e € 118,49 del Sud.

TTabella 4.42 Spesa per medicina di base su totale spesa sanitaria Valori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 5,88 5,93 5,85 Nord 5,30 5,51 5,33 Centro 5,72 5,51 5,61 Sud 6,78 6,76 6,77 Basilicata 7,39 8,30 7,81

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

137

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 1367415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 136 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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136 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1137

TTabella 4.43 Spesa per medicina di base pro-capite Valori in € - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 79,20 100,93 109,27 Nord 73,64 94,44 102,88 Centro 80,56 102,19 108,00 Sud 85,38 108,59 118,49 Basilicata 86,42 127,59 141,65

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

La spesa per medicina di base, nonostante partisse da livelli più alti rispetto alla me-dia italiana, in Basilicata è andata ulteriormente crescendo tra il 2001 e il 2006 più che nel Sud e in Italia, ma nell’ultimo quinquennio ha arrestato la sua crescita con una variazione media annua inferiore a quella italiana e a quella del Sud (+1,89% in Basi-licata, 1,91% al Sud e 2,24% in Italia).

TTabella 4.44 Spesa per medicina di base Variazione media annua % - Anni 2001-2011

2006/2001 2011/2006 Italia 5,62 2,24 Nord 6,04 2,55 Centro 5,67 2,21 Sud 5,14 1,91 Basilicata 7,91 1,89

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

La spesa per specialistica convenzionata rappresenta la spesa per analisi di laborato-rio, diagnostica strumentale, terapia fisica, etc. erogata da strutture private accreditate con i SSR e in Basilicata, nel 2011, ammonta a € 38,10 Mil..

La spesa specialistica convenzionata rappresenta, nel 2011, in Basilicata il 3,58% della spesa sanitaria totale valore inferiore alla media italiana e a quella del meridione (rispettivamente 4,11% e 5,21%).

TTabella 4.45 Spesa per assistenza specialistica su totale spesa sanitaria Valori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 3,24 3,51 4,11 Nord 2,36 2,91 3,77 Centro 2,83 3,22 3,15 Sud 4,68 4,51 5,21 Basilicata 2,28 1,79 3,58

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 1377415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 137 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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1138 Capitolo 4

TTabella 4.46 Spesa per assistenza specialistica Variazione media annua % - Anni 2001-2011

2006/2001 2011/2006 Italia 7,16 5,80 Nord 9,71 8,71 Centro 9,23 1,41 Sud 4,40 4,88 Basilicata 0,43 18,49

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

La spesa per assistenza specialistica convenzionata, così come quella per ospedaliera convenzionata, si è incrementata notevolmente nell’ultimo quinquennio (18,49%) ma soprattutto nell’ultimo anno (45,25%).

TTabella 4.47 Spesa per assistenza specialistica pro-capite Valori in € - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 43,62 59,75 76,76 Nord 32,84 49,92 72,81 Centro 39,85 59,64 60,61 Sud 59,01 72,44 91,25 Basilicata 26,63 27,46 64,85

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

In Basilicata si spendono € 64,85 pro-capite (€ 65,15 per popolazione pesata) per l’assistenza specialistica convenzionata, valore inferiore alla media nazionale (€ 76,76) e alla media delle Regioni del Sud (€ 91,25 pro-capite e 94,84 per popola-zione pesata). La distanza tra la Basilicata e la ripartizione di appartenenza così come dalla media nazionale si è ridotta in maniera considerevole rispetto al 2006.

La spesa per le altre voci di assistenza convenzionata, che contiene in particolare l’assistenza riabilitativa e la protesica, in Basilicata, nel 2011, ammonta a € 110,86 Mil.. Nel periodo 2006-2011 tale voce di spesa è cresciuta in termini nomi-nali del 3,61% medio annuo.

L’altra assistenza convenzionata rappresenta in Basilicata, nel 2011, il 10,41% della spesa sanitaria pubblica (32,55% della spesa convenzionata), valore superiore sia alla media italiana (9,10%) che a quella del mezzogiorno (7,57%).

TTabella 4.48 Spesa per altra assistenza convenzionata su totale spesa sanitaria Valori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 7,86 8,44 9,10 Nord 9,06 10,02 10,58 Centro 6,54 6,93 8,10 Sud 6,98 7,24 7,57 Basilicata 8,20 10,17 10,41

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

139

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138 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1139

TTabella 4.49 Spesa per altra assistenza convenzionata Variazione media annua % - Anni 2001-2011

2006/2001 2011/2006 Italia 6,99 4,06 Nord 7,33 4,37 Centro 7,67 5,10 Sud 5,97 2,80 Basilicata 10,09 3,61

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

La spesa per altra assistenza convenzionata è cresciuta nell’ultimo quinquennio meno in Basilicata (3,61%) che a livello medio nazionale (4,06%) e nel Sud (2,80%); tale cre-scita è nettamente inferiore rispetto a quella registrata tra il 2001 e il 2006 (10,09%).

In particolare, in Basilicata si spendono € 188,69 pro-capite per altra assistenza convenzionata, € 18,69 in più rispetto alla media italiana, € 32,66 più del Centro e € 56,13 in più rispetto alla media del Sud. La spesa rimane comunque inferiore a quella del Nord di € 15,52.

TTabella 4.50 Spesa per altra assistenza convenzionata pro-capite Valori in € - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 105,78 143,75 170,00 Nord 125,93 171,62 204,21 Centro 92,20 128,42 156,03 Sud 87,95 116,32 132,56 Basilicata 95,83 156,32 188,69

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

Nello specifico, in Basilicata, nel 2011, il 44,87% dell’altra assistenza convenzionata è assistenza riabilitativa, valore nettamente superiore alla media nazionale (19,13%) e di tutte le ripartizioni, mentre il 24,07% protesica (media Italia 18,65% e Sud 24,59%).

TTabella 4.51 Spesa per riabilitativa convenzionata su altra assistenza convenzionata -Valori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 34,44 27,04 19,13 Nord 18,31 15,26 11,25 Centro 38,73 29,04 20,70 Sud 60,73 48,17 34,19 Basilicata 52,99 49,09 44,87

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

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1140 Capitolo 4

TTabella 4.52 Spesa per protesica convenzionata su altra assistenza convenzionata -Valori % - Anni 2001-2011

2001 2006 2011 Italia 17,33 18,32 18,65 Nord 14,62 15,15 14,83 Centro 30,90 21,48 21,44 Sud 14,60 22,44 24,59 Basilicata 18,64 23,05 24,07

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

In sintesi, dal grafico che segue, è evidente come la spesa per il personale pro-capite è nettamente più alta rispetto alla media italiana e delle altre ripartizioni mentre quella per beni e servizi risulta più bassa della media italiana, del Nord e del Centro e mag-giore di quella del Sud. Come anticipato, l’alta spesa del personale potrebbe almeno in parte derivare dal basso utilizzo di contratti di consulenza (servizi), oltre che ad un esubero di personale nella Regione.

FFigura 4.112 Spesa Sanitaria pro-capite per funzioni. Valori in € - Anno 2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

0,00

100,00

200,00

300,00

400,00

500,00

600,00

700,00

Italia Nord Centro Sud Basilicata

141

4.2.2 Anal is i del la spesa per ASL

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140

Figura 4.12

Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1141

Inoltre, la spesa per farmaceutica convenzionata è in linea con la media italiana ed in-feriore alla media del Centro e del Sud come confermato anche dal dato per popola-zione pesata.

La spesa ospedaliera convenzionata risulta estremamente più bassa della media a cau-sa della bassa offerta nella Regione, così come la spesa per la specialistica convenziona-ta; tuttavia, nell’ultimo anno, queste due voci di spesa sono cresciute notevolmente.

Viceversa, la spesa per medicina di base è superiore alla media italiana e delle altre ri-partizioni e quella per altra assistenza convenzionata è in linea con le Regioni del Nord.

44.2.2 AAnalis i del la spesa per ASL

In concomitanza al processo di accorpamento delle aziende, la Basilicata ha sviluppa-to la progettualità relativa alla standardizzazione contabile e alla verifica dell’attendibilità dei dati.

Dato atto dello sforzo innovativo della Regione teso a migliorare la qualità dei bi-lanci delle aziende sanitarie, con l’ausilio dei Conti Economici delle aziende, siamo stati in grado di replicare l’analisi per funzioni a livello di ASL della Regione Basili-cata. In particolare, si è potuta analizzare la spesa per ASL a seguito dell’accorpamento da 5 a 2 ASL provinciali.

La spesa per il personale risulta superiore alla media nazionale nelle ASL di Mate-ra, mentre risulta nettamente al di sotto della media nazionale e Regionale nelle ASL di Potenza: € 603,23 nella ASM e € 362,39 nella ASL di Potenza.

Le differenze in termini di spesa per beni e servizi pro-capite non sono, invece, marcate: € 762,31 pro-capite nella ASL di Potenza e € 723,41 in quella di Matera.

La spesa per assistenza farmaceutica convenzionata è pressoché uguale nelle 2 ASL grazie al controllo della stessa da parte della Regione e pari a € 168,87 nella ASL di Potenza e a € 170,11 in quella di Matera.

La spesa per assistenza ospedaliera convenzionata è difforme tra le ASL: € 32,22 pro-capite nella ASL di Potenza e € 24,12 nella ASL di Matera, così come anche la spesa per medicina di base pari a € 147,45 pro-capite nella ASL di Potenza e € 131,67 pro-capite nella ASL di Matera.

Differenze contenute per la funzione specialistica convenzionata (€ 59,48 nella ASL di Potenza e € 63,64 in quella di Matera) e per altra assistenza convenzionata (€ 176,50 nella ASL di Potenza e € 152,64 in quella di Matera).

TTabella 4.53 Spesa Sanitaria pro-capite delle ASL per funzione

Valori in € - Anno 2011

Funzioni ASP ASM Spesa corrente totale 1.725,38 1.896,50 Spesa per il personale 362,39 603,23 Spesa per beni e servizi 762,31 723,41 Spesa per compartecipazione intramoenia 1,97 9,43 Spesa per accantonamenti tipici 7,86 11,50

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1142 Capitolo 4

TTabella 4.53 Spesa Sanitaria pro-capite delle ASL per funzione Valori in € - Anno 2011

Funzioni ASP ASM Spesa per oneri diversi di gestione 6,34 7,03 Ass. di base 147,45 131,67 Ass. farmaceutica convenzionata 168,87 170,11 Ass. specialistica convenzionata 59,48 63,34 Ass. ospedaliera convenzionata 32,22 24,12 Altra ass. convenzionata 176,50 152,64

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

44.2.33 SSanità e sociale

Una delle domande più frequenti ad oggi è quanto costa la Sanità al Paese; la risposta potrebbe non essere univoca, in quanto in alcune Regioni la sanità include il sociale mentre in altre sanità e sociale sono contabilmente distinte. Per una corretta analisi della sanità non possiamo prescindere dal sociale10.

Il settore Socio Sanitario rappresenta un settore vitale per il nostro Paese: il valore aggiunto generato rappresenta infatti il 5,87% del totale del valore aggiunto prodotto; valore in crescita dello 0,50% rispetto al 2005 e dello 0,88% rispetto a 10 anni prima.

Il valore aggiunto, nello specifico, è più alto al Sud (7,45%) rispetto al Centro (5,46%) e al Nord (5,38%) il che conferma in questa ripartizione una maggiore produzione regio-nale. In Basilicata il valore aggiunto del settore Socio Sanitario è pari al 7,28%.

TTabella 4.54 Valore aggiunto del settore Socio Sanitario su totale valore aggiunto Valori % - Anni 2000-2010

Regioni 2000 2005 2010 Italia 4,99 5,37 5,87

Nord 4,59 4,94 5,38

Centro 4,77 4,87 5,46 Sud 6,14 6,86 7,45

Basilicata 5,89 6,98 7,28 Fonte: elaborazione su dati Istat

10 Per interventi in campo sociale si intendono le spese sostenute per tutte le attività connesse all’amministrazione e all’attuazione di interventi di protezione sociale legati all’insufficienza delle risorse economiche o a situazioni di disagio (malattia ed invalidità, vecchiaia e superstiti, interventi a favore delle famiglie etc.). Al riguardo, sono previste prestazioni in denaro ed in natura, il collocamento in strutture residenziali e semiresidenziali, la fornitura di servizi sociali alla persona presso strutture apposite o a livello domiciliare.

143

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142

4.2.3 Sanità e sociale

Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1143

In termini pro-capite il valore aggiunto del settore Socio Sanitario è pari, nel 2010, in Basilicata a € 1.160,35 in crescita dell’1,88% medio annuo nell’ultimo quinquen-nio. In Italia tale valore è pari a € 1.354,10, in crescita del 2,67% medio annuo nell’ultimo quinquennio.

TTabella 4.55 Valore aggiunto del settore Socio Sanitario pro-capite Valori € - Anni 2000-2010

Regioni 2000 2005 2010 Italia 939,11 1.187,04 1.354,10

Nord 1.063,55 1.319,66 1.495,95 Centro 982,85 1.200,04 1.379,37

Sud 762,27 1.010,80 1.152,32

Basilicata 775,15 1.057,11 1.160,35 Fonte: elaborazione su dati Istat

TTabella 4.56 Variazione media annua del valore aggiunto generato dal settore SocioSanitario - Valori % - Anni 2000-2010

Regioni 2005/2000 2010/2005 Italia 4,80 2,67 Nord 4,41 2,54

Centro 4,07 2,82

Sud 5,81 2,66

Basilicata 6,40 1,88 Fonte: elaborazione su dati Istat

Quindi, seppure con intensità regionali diverse, si può evidenziare il fondamentale apporto del settore alla crescita del PIL.

In termini di spesa, il settore Socio Sanitario rappresenta in Basilicata il 35,72% della spesa delle Amministrazioni Pubbliche, il 39,03% in Italia e il 36,73% al Sud.

TTabella 4.57 Incidenza della spesa delle Amministrazioni pubbliche per il Socio Sanitario Valori % - Anni 2000-2010

Regioni 2000 2005 2010 Italia 35,42 37,36 39,03

Nord 38,02 38,73 40,53

Centro 36,10 38,89 39,89

Sud 32,08 34,93 36,73

Basilicata 30,33 33,04 35,72 Fonte: elaborazione su dati Istat

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1144 Capitolo 4

In particolare nel 2010, in Basilicata il 90,16% della spesa delle Amministrazioni Pubbliche veniva assorbita dalla Sanità ed il 9,84% da quella sociale; tale valore ri-sulta in linea con la media delle Regioni del Sud (rispettivamente 89,95% per Sanità e 10,05% per Sociale).

In media in Italia l’87,74% della spesa delle amministrazioni pubbliche veniva as-sorbita dalla spesa sanitaria ed il restante 12,26% da quella sociale.

TTabella 4.58 Composizione della spesa delle Amministrazioni Pubbliche per il SocioSanitario - Valori % - Anno 2010

Regioni Sanitario Sociale

Italia 87,74 12,26

Nord 86,20 13,80

Centro 87,55 12,45

Sud 89,95 10,05

Basilicata 90,16 9,84

Fonte: elaborazione su dati Istat

In termini pro-capite la spesa per la Sanità sostenuta dalle Amministrazioni Pubbliche è pari nel 2010 a € 1.920,60 (€ 1.864,21 in Italia e € 1.864,00 al Sud); la spesa per l’assistenza Sociale è pari a € 171,51 valore minore rispetto alla media Italiana (€ 252,90) e a quella del Sud (€ 207,41).

Se l’incremento della spesa sanitaria è stato più rapido di quello per la spesa socia-le nel primo quinquennio analizzato, nel secondo l’incremento della spesa sanitaria è crollato mentre quello della spesa sociale è rimasto pressoché stabile in Italia, in Basi-licata la spesa per il sociale è crollata così come quella per i sanitario.

TTabella 4.59 Spesa pro-capite delle Amministrazioni Pubbliche per Socio Sanitario Valori € - Anno 2010

Regioni Spesa sanitaria Spesa per il sociale

Italia 1.864,21 252,90

Nord 1.832,38 287,17

Centro 1.938,54 253,28

Sud 1.864,00 207,41

Basilicata 1.920,60 171,51

Fonte: elaborazione su dati Istat

TTabella 4.60 Variazione media annua della spesa pro-capite delle AmministrazioniPubbliche per il Socio Sanitario - Valori % - Anni 2000-2010 (Segue)

Sanità Sociale Regioni 2005/2000 2010/2005 2005/2000 2010/2005 Italia 6,55 2,55 4,29 4,17 Nord 5,58 2,85 3,93 4,05 Centro 7,38 1,71 3,90 3,36

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144 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1145

TTabella 4.60 (Continua) Variazione media annua della spesa pro-capite delle Ammini-

strazioni Pubbliche per il Socio Sanitario - Valori % - Anni 2000-2010

Sanità Sociale Regioni 2005/2000 2010/2005 2005/2000 2010/2005 Sud 7,29 2,67 5,04 4,78 Basilicata 6,98 4,13 4,45 2,44

Fonte: elaborazione su dati Istat La spesa Socio Sanitaria delle Amministrazioni Pubbliche in Basilicata rappresenta complessivamente , nel 2010, l’11,92% del PIL (valore in linea con la media del Sud 11,87% e maggiore di quello italiano per il meccanismo di perequazione delle risorse in Sanità), di cui lo 0,98% per il sociale (inferiore alla media del Sud 1,19% ma per-fettamente allineato con quello italiano).

TTabella 4.61 Incidenza sul PIL della spesa delle Amministrazione Pubbliche per il SocioSanitario - Valori % - Anni 2000-2010

Sanità e sociale Sociale Regioni 2000 2005 2010 2000 2005 2010 Italia 6,48 7,53 8,23 0,79 0,84 0,98 Nord 5,44 6,18 6,86 0,75 0,80 0,93 Centro 6,18 7,27 7,79 0,77 0,78 0,90 Sud 9,16 10,89 11,87 0,92 0,99 1,19 Basilicata 8,61 10,42 11,92 0,85 0,92 0,98

Fonte: elaborazione su dati Istat

Analizzando nello specifico i servizi sociali legati alla Sanità11, nel 2010 in Basilicata sono stati spesi dai Comuni (singoli o associati) € 14,06 pro-capite, valore in crescita del 14,91% medio annuo nell’ultimo quinquennio considerato.

TTabella 4.62 Spesa pro-capite dei Comuni singoli o associati per le Prestazioni Sociali Valori € - Anni 2005-2010

Regioni 2005 2010 Italia 12,08 15,20 Nord 14,82 16,89 Centro 12,96 14,84 Sud 8,10 13,16 Basilicata 7,02 14,06

Fonte: elaborazione su dati Istat

11 Questa voce comprende i seguenti servizi: l’assistenza domiciliare socio-assistenziale, l’assistenza domiciliare integrata con servizi sanitari e i voucher, assegni di cura e buoni socio-sanitari, i servizi di prossimità, i servizi di telesoccorso e teleassistenza, la distribuzione pasti e/o lavanderia a domicilio.

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1146 Capitolo 4

TTabella 4.63 Variazione quinquennale media annua della spesa pro-capite dei Comunisingoli o associati per prestazioni sociali - Valori % - Anni 2005-2010

Regioni 2010/2005 Italia 4,70 Nord 2,65 Centro 2,74% Sud 10,18 Basilicata 14,91

Fonte: elaborazione su dati Istat

L’incidenza sul PIL della spesa sociale dei Comuni nel 2010 in Basilicata è pari allo 0,08%: 0,06% in Italia, 0,08% al Sud e 0,05% al Centro e al Nord.

TTabella 4.64 Incidenza della spesa dei Comuni singoli e associati per le prestazioni so-ciali sul PIL - Valori % - Anni 2005-2010

Regioni 2005 2010 Italia 0,05 0,06 Nord 0,05 0,05 Centro 0,05 0,05 Sud 0,05 0,08 Basilicata 0,04 0,08

Fonte: elaborazione su dati Istat

Dell’ammontare dedicato al Sociale in Basilicata il 92,50% è stato impiegato per l’assistenza socio-assistenziale, l’1,24% per benefici in moneta, lo 0,62% per l’assistenza domiciliare integrata ed il 4,09% per la distribuzione dei pasti e/o lavan-deria a domicilio; le rimanenti prestazioni (servizi di prossimità, telesoccorso e te-leassistenza) hanno assorbito quote marginali.

TTabella 4.65 Composizione della spesa dei Comuni singoli o associati per tipo di pre-stazione sociale - Valori % - Anno 2010

Regioni

Assistenza

domiciliare socio-

assistenziale

Assistenza

Dom

iciliare Integrata con

servizi sanitari

Servizi di prossim

ità (buonvicinato)

Telesoccorso

e teleassistenza

Voucher, assegno di cura, buono socio-sanitario

Distribuzione pasti e/o lavanderia

a domicilio

Altro

Italia 60,86 10,26 0,82 1,33 19,15 4,00 3,58 Nord 53,15 8,97 1,44 0,74 28,16 6,38 1,15 Centro 72,25 15,18 0,41 2,81 5,10 1,86 2,38 Sud 66,64 9,29 0,02 1,39 12,86 1,34 8,46 Basilicata 92,50 0,62 0,04 0,36 1,24 4,09 1,14

Fonte: elaborazione su dati Istat

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146 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1147

In termini di utenza dei Servizi di Assistenza Sociale forniti dai Comuni, prevalgono gli anziani e i disabili, a cui, nel 2010, è stato destinato rispettivamente il 36,66% e il 34,56% del totale delle risorse in Basilicata.

Le risorse destinate agli anziani, nonostante la Basilicata sia una Regione demo-graficamente anziane sono nettamente più basse rispetto alla media Italiana (65,60%), del Sud (53,32%) del Centro (56,13%) e del Nord (76,42%).

TTabella 4.66 Spesa dei Comuni singoli o associati per area di utenza Valori % - Anno 2010

Regioni Disabili Anziani

Italia 25,23 65,60

Nord 13,05 76,42

Centro 33,38 56,13

Sud 40,66 53,32

Basilicata 34,56 36,66 Fonte: elaborazione su dati Istat

L’analisi che segue utilizza i dati dei CPT che riportano le entrate e le spese riferite agli enti che producono beni e servizi non destinati alla vendita, le Amministrazioni Pubbliche, ma anche agli enti che producono beni e servizi destinabili alla vendita su cui viene in qualche modo esercitato un controllo pubblico (Extra PA)”.

Trattandosi di un flusso finanziario i dati sono di cassa e non di competenza. Dall’analisi della spesa sanitaria è possibile scindere la componente spesa corrente

e spesa per investimenti: l’incidenza della spesa corrente sulla spesa sanitaria com-plessiva nel 2011, è pari al 95,95%; il rimanente 4,05% riguarda la spesa per investi-menti. A livello locale nella Regione Basilicata la spesa in conto corrente rappresenta nel 2011 il 97,06% del totale della spesa sanitaria.

Il Centro rappresenta la ripartizione in cui la quota per spese in cono capitale è maggiore.

TTabella 4.67 Spesa sanitaria in conto corrente su spesa sanitaria Valori % - Anni 2001-2011

Regioni 2001 2006 2011

Italia 96,72 96,77 95,95 Nord 96,41 95,88 96,19 Centro 97,33 97,21 94,05 Sud 96,85 97,81 96,88 Basilicata 93,12 98,06 97,06

Fonte: elaborazione su dati Ministero dello Sviluppo Economico

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1148 Capitolo 4

L’analisi di lungo periodo mostra una propensione discontinua delle Regioni all’investimento pubblico in Sanità: gli investimenti in conto capitale sono passati da una crescita media nazionale del 5,70% all’inizio del secolo ad una del 12,89% tra il 2010 ed il 2011. La crescita delle spese correnti appare più marcata, anche se nell’ultimo biennio si è ridotta.

Al Nord e al Centro, dove la spesa per investimenti è storicamente più alta, la ri-duzione ha iniziato ad evidenziarsi già nel biennio 2005-2006.

TTabella 4.68 Spesa corrente e spesa in conto capitale per Sanità Valori % - Anni 2000-2011

Regioni Spesa corrente Spesa in conto capitale

Var. % 2001/2000

Var. % 2006/2005

Var. % 2011/2010

Var. % 2001/2000

Var. % 2006/2005

Var. % 2011/2010

Italia 10,61 8,70 -2,79 5,70 -13,17 12,89

Nord 11,17 7,85 -2,49 6,53 -13,58 -6,73

Centro 13,21 5,71 -3,68 -4,55 -30,16 -0,75

Sud 8,16 10,85 -0,73 17,13 12,16 -11,92

Basilicata -13,37 -0,73 -5,33 155,92 17,70 -18,04 Fonte: elaborazione su dati Ministero dello Sviluppo Economico.

Anche per gli interventi in campo sociale abbiamo analizzato la distinzione tra spesa di parte corrente che in conto capitale.

Rispetto alla spesa sanitaria, la spesa in conto capitale sul totale della spesa per in-terventi in ambito sociale si attesta su livelli maggiori nel 2011, raggiungendo in me-dia in Italia il 92,48% e il 93,46% in Basilicata.

TTabella 4.69 Spesa sociale in conto corrente su spesa sociale Valori % - Anni 2001-2011

Regioni 2001 2006 2011 Italia 91,85 90,71 92,48 Nord 93,07 90,67 92,45 Centro 90,21 86,41 89,79 Sud 91,44 93,34 94,14 Basilicata 90,69 91,17 93,46

Fonte: elaborazione su dati Ministero dello Sviluppo Economico

L’analisi di lungo periodo, invece, evidenzia un trend progressivamente crescente, seppur con intensità assolutamente difformi, di entrambe le componenti della spesa

149

4.3 Risultato economico di esercizio

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148 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1149

per interventi in ambito sociale; infatti, la spesa in conto capitale a livello nazionale dopo una variazione negativa del 4,30% tra il 2000 e il 2001, segna una variazione positiva (+13,54%) tra il 2005 ed il 2006, per poi continuare a crescere (2010-2011) e raggiungere un +25,66%. Medesimo andamento seppur con percentuali diverse, ha caratterizzato la parte corrente della spesa per interventi di tipo sociale.

In Basilicata la spesa in conto capitale si è ridotta all’inizio del secolo (-16,00%) incrementata tra il 2005 e il 2006 (+14,78%) per poi decrescere nuovamente (-3,28%); la spesa corrente invece ha avuto lo stesso andamento nei primi due periodi considerati (rispettivamente -14,78% e + 7,04%) per poi incrementarsi nell’ultimo anno (+3,91%).

TTabella 4.70 Spesa corrente e spesa in conto capitale per interventi in campo sociale Valori % - Anni 2000-2011

Regioni Spesa corrente Spesa in conto capitale

Var. % 2001/2000

Var. % 2006/2005

Var. % 2011/2010

Var. % 2001/2000

Var. % 2006/2005

Var. % 2011/2010

Italia -7,26 8,71 2,61 -4,30 13,54 25,66

Nord -3,96 7,49 2,76 -3,99 6,07 18,88

Centro -2,71 7,06 0,94 -8,36 9,48 24,71

Sud -5,41 8,01 5,05 -0,79 3,19 13,08

Basilicata -14,78 7,04 3,91 -16,00 14,78 -3,28 Fonte: elaborazione su dati Ministero dello Sviluppo Economico

Quindi, nel 2011 agli investimenti pluriennali per l’assistenza e la beneficienza è stato destinato un ammontare di risorse maggiore - se rapportato alla spesa totale di que-sto settore economico - rispetto a quanto non sia avvenuto per la sanità.

44.3 RRisultato economico di esercizio

Com’è noto, ogni anno il Ministero della Salute nel proprio Rapporto Sanità, pubbli-cato all’interno della Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese, ana-lizza i costi ed i ricavi correnti del SSN, determinando dunque un risultato di esercizio per ciascuna Regione. Giova, per altro, ricordare che si tratta di dati che differiscono dalle assegnazioni desumibili dalle Delibere CIPE sia per le diverse metodiche di cal-colo impiegate che per le divergenze che è possibile osservare a consuntivo rispetto a quanto inizialmente stanziato e budgettato.

Nella tabella che segue si illustra il risultato di esercizio - sia assoluto che pro-capite e inteso come differenza tra ricavi e costi, inclusa gestione straordinaria e intramoenia ma al netto del saldo della mobilità interregionale - conseguito dalle

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1150 Capitolo 4

Regioni nell’ultimo quinquennio. Nell’ultimo anno considerato (2011) circa la metà delle Regioni ha conseguito un utile; le Regioni che, di contro, hanno subìto delle perdite, con l’esclusione della Liguria e del Lazio, appartengono tutte alla ripartizione Meridionale. In aggiunta, Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Trento e Abruzzo se dal 2007 al 2010 hanno registrato disavanzi più o meno consistenti, nel 2011 riporta-no un risultato di esercizio positivo; la Toscana, che nel 2007 aveva un saldo positi-vo, tra il 2008 ed il 2010 subisce delle perdite, per poi, nell’ultimo anno conseguire nuovamente un utile. In termini assoluti il risultato peggiore in ciascun anno del quinquennio è stato conseguito dal Lazio. Tuttavia, maggiori o minori perdite in va-lore assoluto non coincidono necessariamente con migliori o peggiori performances in termini pro-capite: una Regione può registrare un’elevata perdita per ogni residente (che è indice di inefficienza) a fronte di un basso valore in termini assoluti a causa della scarsità della popolazione e viceversa. Ed infatti, nell’ultimo anno la Campania che riporta un disavanzo in valore assoluto superiore a quello della Liguria, in termini pro-capite ha un disavanzo nettamente inferiore a quello di quest’ultima e minore an-che di quello delle Regioni Centro-Meridionali. In aggiunta, la lettura del dato pro-capite evidenzia come tra il 2007 ed il 2011 sia sempre stato il Lazio quello che ha presentato il risultato peggiore, anche se nel 2010 il Molise tende a replicarne il valore.

La Basilicata, in tutti gli anni del quinquennio, riporta risultati di esercizio nega-tivi, ma mentre per i tre anni si mantiene al di sotto dell’ammontare medio della per-dita (pro-capite) registrata a livello nazionale ed anche di quella ottenuta nelle rima-nenti Regioni del Sud, a partire dal 2010 si verifica un peggioramento: il disavanzo pro-capite tende ad allinearsi a quello del Sud ed a superare quello nazionale; inoltre, nel 2011, risulta peggiore di quello di tutte le ripartizioni geografiche con esclusione di quella centrale influenzata dal risultato negativo del Lazio.

Qualora nell’analisi della determinazione dei risultati di esercizio tenessimo con-to delle due poste introdotte nel 2011, ovvero degli ammortamenti e dei costi capita-lizzati, il disavanzo complessivo ammonterebbe a circa € 1.780 Mln. con un incre-mento del 31,61% rispetto alla non considerazione delle due citate voci. Per quanto concerne la Basilicata, inoltre, il passaggio alla “nuova contabilità”12, determina un aumento del disavanzo che passerebbe da € 34,62 Mln. a € 36,26, ovvero si consegue un incremento del 4,73%.

Secondo il modello regionale CE 2012 delle aziende sanitarie locali e delle Aziende Ospedaliere, la Sanità lucana ha ridotto le proprie perdite giungendo a fine 2012 ad un disavanzo di circa € 3,8 Mln..

Questo nonostante i tagli della cosìddetta “spending review” che a novembre scorso hanno sottratto al sistema sanitario della Basilicata risorse per poco meno di € 9 Mln..

La Sanità di Basilicata, quindi, sta procedendo in un percorso virtuoso per il qua-le si è sempre distinta a livello nazionale e, in particolare, meridionale.

12 Decreto Legislativo n. 188 del 2011.

151

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150 Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1151

TTabella 4.71 Risultato di esercizio in valore assoluto e pro-capite Anni – 2007-2011

Regioni 2007 2008 2009 2010 2011

Mln. Pro- capite Mln. Pro-

capite Mln. Pro- capite Mln. Pro-

capite Mln. Pro- capite

Italia -3.719,84 -62,91 -3.658,04 -61,36 -3.365,05 -56,04 -2.206,01 -36,56 -1.351,97 -22,30

Nord 40,95 1,53 7,70 0,28 -50,46 -1,84 -22,81 -0,83 35,80 1,29

Centro -1.589,29 -137,71 -1.622,55 -138,97 -1.381,56 -117,10 -1.037,00 -87,35 -752,07 -62,93

Sud -2.171,50 -104,62 -2.043,19 -98,10 -1.933,03 -92,68 -1.146,20 -54,89 -635,70 -30,40

Piemonte 30,79 7,07 5,45 1,24 16,73 3,77 1,79 0,40 18,78 4,21

Valle d’Aosta -13,56 -108,63 -12,72 -100,99 -0,98 -7,73 -4,53 -35,41 0,99 7,70

Lombardia 10,07 1,05 4,13 0,43 1,88 0,19 20,22 2,06 18,22 1,84

Pr. Aut. di Bolzano 22,42 45,98 15,29 30,96 37,18 74,52 7,69 15,28 5,05 9,94

Pr. Aut. di Trento -8,46 -16,68 -10,24 -19,94 -12,09 -23,27 -12,47 -23,76 2,28 4,30

Veneto 75,54 15,82 67,62 13,99 -27,15 -5,56 12,86 2,62 48,64 9,85

Friuli Venezia Giulia

39,52 32,59 21,78 17,83 16,67 13,54 13,03 10,56 11,41 9,23

Liguria -141,37 -87,92 -110,12 -68,40 -105,14 -65,10 -89,74 -55,53 -133,26 -82,42

Emilia Romagna 26,00 6,16 26,50 6,20 22,44 5,17 28,32 6,44 63,71 14,37

Toscana 41,92 11,52 -3,36 -0,91 -6,88 -1,86 -16,97 -4,55 22,98 6,13

Umbria 9,81 11,24 8,52 9,64 4,76 5,32 8,03 8,91 19,66 21,69

Marche 15,65 10,19 36,81 23,70 16,55 10,55 -3,12 -2,00 7,68 4,91

Lazio -1.656,68 -301,58 -1.664,52 -299,32 -1.395,99 -248,10 -1.024,93 -180,39 -802,40 -140,07

Abruzzo -152,22 -116,22 -123,50 -93,28 -94,54 -70,83 -5,48 -4,09 39,14 29,16

Molise -66,51 -207,80 -70,44 -219,55 -63,65 -198,41 -57,54 -179,68 -35,07 -109,66

Campania -858,51 -148,27 -814,76 -140,20 -788,88 -135,71 -478,64 -82,17 -173,18 -29,68

Puglia -311,99 -76,66 -358,17 -87,86 -302,47 -74,14 -323,46 -79,20 -112,49 -27,50

Basilicata -18,14 -30,67 -29,15 -49,32 -21,04 -35,63 -28,61 -48,58 -34,62 -58,93

Calabria -169,88 -85,02 -202,14 -100,68 -232,71 -115,85 -67,85 -33,77 -114,79 -57,07

Sicilia -571,82 -113,98 -261,59 -52,01 -200,00 -39,70 -31,32 -6,21 -23,81 -4,71

Sardegna -22,42 -13,51 -183,45 -110,14 -229,74 -137,49 -153,31 -91,67 -180,89 -107,96

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

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1152 Capitolo 4

In termini dinamici, con riferimento alle ripartizioni, la Figura che segue evidenzia come tutte le Regioni Settentrionali, dopo l’avanzo in termini pro-capite del 2007 e del 2008, tra il 2009 ed il 2010 abbiano riportato risultati negativi, per poi riottenere un risultato positivo nel 2011. Le Regioni del Centro, sebbene per l’intero quinquen-nio abbiano conseguito risultati negativi, sembrano comunque aver intrapreso la stra-da del “risanamento”, dal momento che il disavanzo pro-capite è passato da € 137,71 nel 2007 a € 62,93; si noti, tra l’altro, che il risultato negativo del Centro nel 2011 è attribuibile solo ed esclusivamente ai risultati conseguiti dal Lazio dal momento che le rimanenti Regioni di questa ripartizione sono in avanzo. Analoga a quella del Cen-tro la situazione nelle Regioni del Sud: il disavanzo pro-capite si è progressivamente ridotto tra il 2007 ed il 2011 arrivando a € 30,40 nel 2011. La Basilicata, tende, inve-ce, ad allontanarsi dall’andamento della propria ripartizione: il disavanzo pro-capite aumenta tra il 2007 ed il 2008, scende nel 2009 per poi aumentare nuovamente negli ultimi due anni.

FFigura 4.113 Risultato di esercizio pro-capite Valori in € - Anni 2007-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

Se rapportiamo i risultati di esercizio al PIL delle diverse Regioni, se ne deduce che i disavanzi del Sud, del Centro e della Basilicata di fatto nel 2010 sono sovrapponibi-li; nel 2011, invece, le Regioni del Centro presentano un disavanzo in percentuale del PIL superiore a quello delle Regioni del Sud; la Basilicata, nell’ultimo anno conside-rato, in termini di incidenza su PIL, è quella che presenta il risultato peggiore (-0,32%).

153

Figura 4.14

4.4 Rif lessioni f inal i

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Figura 4.13

Finanziamento e spesa del Sistema Sanitario Regionale 1153

FFigura 4.114 Risultato di esercizio in % del PIL Valori % - Anno 2007-2011

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute

44.4 RRiflessioni f inali

L’analisi e la comparazione del finanziamento regionale mostra come il disavanzo si concentra sempre più nelle Regioni Meridionali; tuttavia, la Basilicata rappresenta una eccezione sostanzialmente positiva, tanto che nell’ultimo anno, secondo il bilan-cio preconsuntivo 2012 delle aziende sanitarie pubbliche il disavanzo si è ulterior-mente ridotto. Quindi, nonostante un risultato di esercizio ancora negativo, il sentiero di risanamento finanziario è avviato grazie anche alla rivalutazione, in atto dal 2001, delle assegnazioni alla Regione, che l’ha portata ad avvicinarsi alla media italiana e delle Regioni Settentrionali in termini di finanziamento pro-capite, e dalla decisa ri-duzione del saldo della mobilità. Una economia regionale fragile, invece, non ha permesso un altrettanto brillante risultato in termini di rapporto con il PIL. In aggiun-ta, la considerazione dei costi capitalizzati e dell’ammortamento nella determinazione del risultato di esercizio determinerebbe un aggravio del disavanzo regionale del 4,73%, facendolo passare da € 36,42 Mln. a € 36,62 Mln.

La questione della mobilità sanitaria interregionale rappresenta un elemento deli-cato oltre che strutturale della sanità lucana ed un elemento fondamentale nell’ambito delle strategie da intraprendere per l’equilibrio dell’intero sistema sanitario regionale, elemento su cui la Regione sta lavorando in modo instancabile.

Per quel che concerne il finanziamento dei LEA la Basilicata ha recepito le linee nazionali destinando il 5,00%, all’assistenza collettiva, il 51,00% all’assistenza di-strettuale/territoriale e il 44,00% all’ospedaliera.

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1154 Capitolo 4

La spesa sanitaria nella Regione Basilicata ha però un trend crescente, anche se più len-to rispetto agli anni passati. Tuttavia le preoccupazioni legate all’invecchiamento della popolazione, come anticipato nel capitolo 1, permetteranno alla Lucania di contenere la spesa, mediante una opportuna attività di medicina, di iniziative e in particolare di pre-venzione, mantenendo costante il numero di anni di consumo della popolazione anzia-na, traslando in avanti il momento della disabilità/cronicità mantenendolo ancorato alla aspettativa di vita. E’ stato dimostrato infatti che l’invecchiamento della popolazione è comunque accompagnato da uno spostamento in avanti nel tempo anche dell’emergere di patologie croniche, nonché della richiesta di una maggiore quantità di servizi sanitari.

Il dato di spesa su PIL del 2011 dopo un “picco” osservato nei due anni precedenti ha cominciato a decrescere grazie al contenimento della spesa sanitaria; importante sarà, quindi, monitorare la situazione della Regione.

Tra l’altro nel 2012 la spesa sanitaria della Regione Basilicata, secondo i dati CE si sarebbe ridotta di circa € 30 Mil. rispetto al 2011.

Sembra quindi si siano almeno in parte raccolte le possibilità di razionalizzazione; ad esempio l’analisi della spesa sanitaria per funzioni conferma come nella Regione Basilicata la spesa per il personale pro-capite continua ad essere superiore alla media nazionale e a quella del Sud. Questo dipende in parte da un esubero di personale ma anche da una bassa spesa per servizi e quindi da una bassa propensione ad utilizzare contratti di consulenza.

Tende ulteriormente a diminuire la quota di assistenza erogata in convenzione, in parte trasferita sulla spesa diretta delle famiglie, in parte tramutata in quota a gestione diretta. In particolare la spesa per farmaceutica convenzionata è in linea con la media italiana ed inferiore alla media del Centro e del Sud come confermato anche dal dato per popolazione pesata.

La spesa ospedaliera convenzionata risulta estremamente più bassa della media a cau-sa della bassa offerta nella Regione così come la spesa per la specialistica convenzionata, tuttavia queste due voci di spesa sono andate nell’ultimo anno, a crescere notevolmente.

Viceversa la spesa per medicina di base è superiore alla media italiana e delle altre ri-partizioni e quella per altra assistenza convenzionata è in linea con le Regioni del Nord.

Passando alla spesa privata possiamo osservare come questa, se confrontata con la media nazionale e delle ripartizioni; è bassa anche a causa del reddito basso del terri-torio lucano. La spesa pubblica, quindi, sembra far fronte alla maggior parte delle spese necessarie alla popolazione.

Nonostante questo il rischio di impoverimento e di essere soggetti a spese cata-strofiche è alto nella Regione

Concludendo, è importante sottolineare che, se a livello di spesa pubblica pesata il dato della Basilicata è in linea con quello medio italiano, guardando alla spesa sanita-ria totale (sempre pesata) quella della Basilicata è inferiore sia alla media italiana che a quella delle altre ripartizioni e, riteniamo, andrebbe valutato nella logica del bench-marking adottata dalla norma sui costi e fabbisogni standard.

Utile ribadire quindi che la Regione deve considerarsi sostanzialmente virtuosa, a maggior ragione che, secondo il modello regionale CE 2012 delle aziende sanitarie locali e delle Aziende Ospedaliere, la Sanità lucana ha ridotto le proprie perdite giun-gendo a fine 2012 ad un disavanzo di circa € 3,8 Mln. Al limite maggiormente deve preoccuparsi della oggettiva difficoltà della popolazione ad accedere alle cure.

5 Focus: la disabil ità

e la non-autosufficienza

5.1 Le definizioni di disabilità e di non-autosufficienza

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55 FFocus: la disabil ità

ee la non--aautosufficiieenza Ploner E. 1

55.1 LLe definizioni di disabilità e di nnon--aautosufficienza

La disabilità può essere definita come la condizione personale in cui si trova chi, in seguito ad una o più menomazioni, ha una ridotta capacità d’interazione con l’ambiente sociale che lo circonda rispetto a ciò che è considerata la nor-ma; conseguentemente, l’individuo affetto da disabilità risulta meno autonomo nello svolgimento delle attività quotidiane e si trova in una posizione di inferiorità nella partecipazione alla vita sociale.

Il concetto di disabilità risale al 1980 con la Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Svantaggi Esistenziali (ICIDH-International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps) divulgata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che definendo e classificando le condizioni di menomazione, disabilità e handicap, poneva la prima fondamentale distinzione tra la condizione di malattia, ba-sata sulla sequenza eziologia-patologia, e la condizione di disabilità, intesa come limi-tazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano. Dalla definizione di disabilità derivava direttamente il concetto di handicap, inteso quale condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo sog-getto limita o impedisce l’adempimento del suo ruolo normale in relazione ad età, sesso e fattori socio-culturali. In questa prima definizione era, dunque, possibile di-stinguere tre livelli: menomazione, intendendo qualsiasi perdita o anomalia perma-nente a carico di una struttura anatomica o di una funzione psicologica e fisiologi-ca; disabilità, intesa come una limitazione o perdita (conseguente a menomazione)

1 Economista. Laureata in Economia delle Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni Internazionali presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Ricercatore dell’Università degli studi di Roma “Tor Vergata” afferente al CREA Sanità e al CEIS.

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1156 Capitolo 5

della capacità a compiere un’attività di base (come camminare, mangiare, lavorare, etc..); handicap, inteso come la condizione di svantaggio, conseguente ad una me-nomazione o ad una disabilità, che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento di un ruolo sociale considerato normale in relazione all’età, al sesso, al contesto socio-culturale della persona.

Attualmente, invece, il concetto di disabilità è identificabile secondo gli standard di valutazione e classificazione di salute e disabilità, approvati nel 2001 dai 191 Paesi partecipanti all’Assemblea Mondiale della Sanità inclusi nell’International Classifi-cation of Functioning, Disability and Health - ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e delle Salute).

L’ICF fornisce un linguaggio standard ed unificato utilizzabile in discipline e con-testi diversi come modello di riferimento per la descrizione delle componenti della salute e degli stati ad essa correlati, descritte dal punto di vista corporeo, individuale e sociale, con l’elencazione dei fattori ambientali che interagiscono a determinare una situazione di disabilità.

La differenza sostanziale tra le due classificazioni, ICIDH e ICF, è che mentre la prima considera le conseguenze di una malattia e cioè dell’impatto della malattia o di altre condizioni di salute che ne possono derivare, la seconda, invece, identifica gli elementi costitutivi della salute e fornisce informazioni che descrivono funzioni e strutture corporee, attività e partecipazione, superando la sequenza menomazio-ne-disabilità-handicap alla base della classificazione ICDH.

L’ICF, mettendo in relazione la condizione di salute con l’ambiente, promuove un metodo di misurazione dello stato di salute dell’individuo, delle sue capacità e diffi-coltà nella realizzazione di attività che permette di individuare gli eventuali ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuare affinché l’individuo possa raggiungere il massimo della sua autorealizzazione.

La nuova classificazione valuta lo stato di salute secondo la dimensione biologica, individuale e sociale; la disabilità viene, dunque, concepita come la conseguenza di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali, che rappresentano le circostanze in cui il soggetto vive ed interagi-sce; ogni persona, quindi, date le proprie condizioni di salute, si può trovare ad agire in un ambiente che limita le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale.

L’Istat, adattando la codifica proposta dall’OMS, definisce la persona disabile come colei che «… escludendo le condizioni riferite a limitazioni temporanee, dichia-ra il massimo grado di difficoltà in almeno una delle tre dimensioni considerate (di-mensione fisica, la sfera di autonomia nelle funzioni quotidiane, la dimensione della comunicazione), pur tenendo conto dell’ausilio di apparecchi sanitari (protesi, basto-ni, occhiali, etc..)».

Sebbene, dunque, la disabilità abbia ricevuto connotazioni puntuali, altrettanto non si può dire per la non-autosufficienza. Giova, inoltre, rimarcare che, sebbene nel tempo si siano susseguiti tentativi per estrapolare dal concetto di disabilità quello di non-autosufficienza in base alla gravità della prima, il passaggio non è affatto auto-matico e non trova ancora un suo riscontro statistico.

Molteplici, in effetti, sono le definizioni di non-autosufficienza utilizzate negli ultimi anni da enti, istituzioni, associazioni, sia nazionali che internazionali. Una

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5.2 Gli approcci internazionali e nazionali al tema della disabil ità

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156 Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1157

prima definizione, ricavabile dal Testo Unificato presentato alla Camera nel 2004 per l’istituzione di un fondo per il sostegno dei non autosufficienti, precisa che: «sono considerate non autosufficienti le persone che, per una minorazione singola o plurima, hanno subito una riduzione dell’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione». Un’ulteriore definizione, ricavabile nel lavoro “Il Costo e il finanziamento dell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia” pubblicato dall'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di interesse collettivo (ISVAP), afferma che «Lo stato di non-autosufficienza di un assistito è individuato dal fatto che la persona ha necessità di aiuto per svolgere le operazioni quotidiane ricorrenti, distinte in quattro categorie: igiene personale, alimentazione, mobilità, faccende domestiche. Sono stati qui de-finiti tre livelli di necessità: rilevante, grave e gravissima. La copertura è estesa an-che alle persone bisognose di assistenza per effetto di patologie mentali e psichiche, per le quali vi è necessità di istruzioni e vigilanza nell’espletamento delle operazio-ni quotidiane ricorrenti».

55.2 GGli aapprocci internazionali e nazionali al tema ddella disabil ità

La Comunità Europea ha cominciato ad intervenire nel campo della disabilità, sebbe-ne con azioni sporadiche e frammentarie, a partire dalla fine degli anni ’70. Inoltre, fino alla metà degli anni ’90, i progetti intrapresi a livello europeo per la tutela delle persone disabili ebbero scarsi risultati (HELIOS I, HELIOS II che prevedeva il coin-volgimento delle associazioni europee sulla disabilità con lo scopo di definire una strategia di cambiamento, etc..).

Solo nel 1997, con l’approvazione del Trattato di Amsterdam fu introdotto l’art. 13, che per la prima volta introduceva nei documenti fondativi dell’Unione Eu-ropea il tema della disabilità. L’articolo, in particolare, prevedeva competenze euro-pee nel campo della discriminazione e, grazie alla campagna delle associazioni euro-pee della disabilità, introdusse il concetto della discriminazione basata sulla disabili-tà. Il predetto articolo è rimasto all’interno del Trattato di Lisbona, ratificato nel 2008, che ha sostituito quello di Amsterdam. In particolare, la disposizione normati-va testualmente recita «Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento ses-suale».

Nel 2000, è stata poi approvata dal Consiglio Europeo di Nizza, dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea la “Carta dei diritti fondamentali dei cittadini europei”, che negli artt. 21 e 26 si riferiva specificatamente alle persone con disabi-lità.

La Carta è poi diventata parte integrante del Trattato di Lisbona, che regola il fun-zionamento dell’Unione Europea.

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1158 Capitolo 5

CCarta dei diritti fondamentali dei cittadini europei

Articolo 21. Non discriminazione 1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali. 2. Nell’ambito di applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea e del Trattato sull’Unione europea è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi. Articolo 26. Inserimento dei disabili L’Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantire l’autonomia, l’inserimento sociale professionale e la partecipazione alla vita della comunità.

L’Unione Europea, al fine di sollecitare una maggior sensibilizzazione sia delle auto-rità pubbliche che delle società civili sulle condizioni di discriminazione e di mancan-za di pari opportunità che vivono i cittadini europei con disabilità, proclamò il 2003 quale “Anno europeo delle persone con disabilità”. A tal fine ogni Paese in quell’anno ha pubblicato un bando per progetti legati alla sensibilizzazione ed alla diffusione della nuova visione della disabilità.

Alla fine del 2003, inoltre, fu definito un Piano di azione europeo sulla disabilità (2004-2010) che ogni due anni individuava delle tematiche su cui concentrare le azio-ni europee, promuovendo dei provvedimenti legislativi, dei convegni, etc..

Nel 2011 l’Unione Europea ha ratificato la “Convenzione si diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite (CRPD)”, prima convenzione sui diritti umani en-trata nel diritto comunitario europeo, ed ha costruito un sistema di monitoraggio della stessa in ottemperanza a quanto previsto nell’art. 35.

Con l’ultima Strategia sulla disabilità (2010-2020) si mira a migliorare l’inclusione sociale, il benessere e il pieno esercizio dei diritti delle persone disabili su otto aree d’azione definite in base all’analisi dei risultati del precedente Piano d’azione europeo (2003-2010) e alle consultazioni tenutesi tra gli Stati membri.

SStrategia europea sulla disabilità 2010-2020

Accessibilità Le persone disabili devono avere accesso ai beni, ai servizi e ai dispositivi di assistenza. Inoltre, deve essere assicurato loro, su una base di uguaglianza con gli altri, l’accesso ai trasporti, alle strutture, alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Partecipazione Le persone con disabilità devono poter esercitare pienamente i loro diritti fondamentali legati alla cittadinanza dell’Unione. Questa strategia deve contribuire a: • eliminare gli ostacoli alla mobilità delle persone disabili, in qualità di individui,

consumatori, studenti, attori economici e politici;

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Carta dei diritti fondamentali dei cittadini europei

Strategia europea sulla disabilità 2010-2020

Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1159

• garantire la qualità dell’assistenza ospedaliera e dell’accoglienza in residenze specializzate, grazie al finanziamento dei fondi strutturali;

• garantire l’accessibilità a organizzazioni, strutture e servizi, inclusi quelli sportivi e culturali.

Uguaglianza Occorre attuare una serie di politiche attive per promuovere l’uguaglianza a livello europeo e negli Stati membri. La Commissione garantirà inoltre la piena applicazione della legislazione europea in materia di lotta contro le discriminazioni fondate sulla disabilità e, in particolare, della direttiva 2000/78/CE a favore della parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro. Occupazione L’azione europea deve permettere un aumento del numero dei lavoratori disabili sul mercato del lavoro aperto, in particolare attraverso l’elaborazione di politiche attive dell’occupazione e il miglioramento dell’accessibilità ai luoghi di lavoro. È necessario inoltre agire in collaborazione con le parti sociali per favorire la mobilità intraprofessionale (anche nei laboratori protetti), incoraggiare il lavoro autonomo e migliorare la qualità del lavoro. Istruzione e formazione Gli allievi e gli studenti disabili devono disporre di un sistema d’istruzione accessibile e programmi d’istruzione permanente. Di conseguenza, la strategia sostiene l’accessibilità dei sistemi educativi generali, le misure di accompagnamento individuale e la formazione delle figure professionali del sistema educativo. Inoltre, occorre informare meglio i disabili in merito alle possibilità di formazione e di mobilità, soprattutto nell’ambito dell’iniziativa Gioventù in movimento e della strategia Istruzione e formazione 2020. Sistemi di protezione sociale I sistemi di protezione sociale possono compensare le disparità di reddito, i rischi di povertà ed esclusione sociale ai quali sono esposti i disabili. In questo contesto, è necessario valutare le prestazioni e la sostenibilità dei sistemi di protezione sociale, compresi i sistemi pensionistici, i programmi di alloggio sociale e l’accesso ai servizi di base. La strategia incoraggia l’utilizzo dei fondi strutturali e l’adozione di misure nazionali adattate. Salute Le persone con disabilità devono disporre di un accesso equo ai servizi e alle strutture sanitarie, compresi i centri di salute mentale. Per garantire questo principio di uguaglianza, i servizi devono avere un prezzo accessibile ed essere adeguati alle necessità specifiche delle persone. Inoltre, particolare attenzione va dedicata alla salute e alla sicurezza dei lavoratori disabili. Azione esterna L’Unione Europea si impegna a promuovere i diritti delle persone disabili a livello internazionale. Essa agisce soprattutto nell’ambito della politica di allargamento, di vicinato e di aiuti allo sviluppo, oltre che in seno a istanze internazionali come il Consiglio d’Europa e l’ONU.

Fonte: http://europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/disability_and_old_age/em0047_it

La Strategia 2010-2020 prevede la messa in atto di azioni congiunte da parte delle istituzioni dell’Unione Europea e degli Stati membri rivolte a:

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1160 Capitolo 5

• sensibilizzare la società sulle problematiche legate alla disabilità e a promuo-vere i diritti dei disabili;

• sviluppare le possibilità di finanziamento europeo; • migliorare la raccolta e il trattamento dei dati statistici; • assicurare il monitoraggio dell’attuazione della convenzione delle Nazioni

Unite negli Stati membri e in seno alle istituzioni europee.

Per quanto riguarda il nostro Paese, gli artt. 2, 3, 24 e 32 della Carta Costituzionale sanciscono, di fatto, che un handicap non deve mai essere causa di discriminazione e che la persona che ne è portatrice non solo deve ricevere le cure opportune (diritto al-la tutela della salute), ma deve avere le stesse possibilità di una persona sana (princi-pio di uguaglianza). In pratica, tramite questi dettati costituzionali viene affermato che:

• esistono dei diritti inviolabili che appartengono ad ogni singolo individuo; • tra questi diritti inviolabili c’è il principio di uguaglianza di fronte alla leg-

ge. Uguaglianza che prescinde anche dalle condizioni personali e socia-li. Questo vuol dire che se una persona è portatrice di una qualsiasi minora-zione che la limita in qualche modo ha gli stessi diritti di qualsiasi altro indi-viduo e lo stato deve adottare iniziative comunque volte a rimuovere ogni ostacolo che impedisce questa uguaglianza;

• il diritto alla tutela della salute è un altro dei diritti inviolabili sanciti dalla costituzione;

• laddove una persona ritenesse che i propri diritti inviolabili non sono stati tu-telati ha il diritto di esigere quello che le è dovuto.

Per quanto riguarda, invece, la legislazione statale, merita particolare attenzione la Legge n. 104/1992 “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” che ha contribuito a superare i limiti delle normative re-gionali, eliminando la frammentarietà e la settorialità dell’assetto normativo. In parti-colare, secondo tale legge presso ogni Azienda Sanitaria deve essere istituita una commissione medico-legale di accertamento dell’handicap, nella quale, diversamente dalle commissioni per l’accertamento dell’invalidità civile, è presente la figura dell’assistente sociale. Compito della suddetta commissione è quello di individuare e di constatare lo stato di handicap (attestazione di handicap). E’ importante sottolinea-re come tale legge si applichi anche agli stranieri e agli apolidi residenti, domiciliati od anche aventi semplicemente stabile dimora sul territorio nazionale (come extraco-munitari, popolazione rom, etc). Il legislatore ha previsto che la cura e la riabilitazio-ne della persona handicappata si realizzino con programmi che prevedono prestazioni sanitarie e sociali integrate fra di loro, il cui fine è rappresentato dalla valorizzazione delle abilità di ogni persona handicappata attraverso un intervento che agisca sulla globalità della situazione di handicap (coinvolgendo la famiglia e la stessa comunità).

Inoltre, la Legge definisce la persona handicappata come colei che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva che è causa di dif-

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Legge quadr sociale e i diritti delle persone handicappate

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ficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determina-re un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanen-te, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità.

Il certificato di handicap, da non confondersi con il certificato di invalidità civile, è uno dei requisiti necessari per accedere ad alcune agevolazioni tributarie e fiscali come, ad esempio la detraibilità dei sussidi tecnico-informatici e la deducibilità delle spese di assistenza specifica. Inoltre se allo stato di handicap si aggiunge la connota-zione di gravità la persona può usufruire di ulteriori agevolazioni fiscali applicabili all’acquisto di un’autovettura e all’esenzione del bollo auto. La persona con handicap grave che lavora, può usufruire inoltre di permessi di lavoro, retribuiti e coperti da contribuzione figurativa; anche il parente della persona disabile grave può usufruirne ma solo nella misura di tre giorni mensili.

Nel Box che segue si riportano i principali articoli della Legge n. 104/1992 relativi agli interventi socio-sanitari destinati alle persone con handicap e alle loro famiglie.

LLegge quadro per l’assistenza, l’ integrazione ssociale e i diritti

pppppppeeeeeerrrrrreer llllll aaaassssssssssssiiiiiiisssssttttsstttteeeeeennnnnneennnzzaaaa,, llllll iiiiiinnnnnnniinnttteteegrrrgrazziooononneneenneddelle persone handicappate

Articolo 5: Principi generali per i diritti della persona handicappata Rimozione delle cause invalidanti e corrispettiva promozione dell’autonomia e dell’integrazione sociale attraverso varie iniziative: • sviluppo della ricerca in vari campi, coinvolgendo istituzioni pubbliche e private, come

pure la persona handicappata e la famiglia; • assicurare la prevenzione attraverso la diagnosi e la terapia prenatale; • garantire l’immediato intervento dei servizi terapeutici e riabilitativi così da permettere il

recupero garantito dalle conoscenze tecniche e scientifiche disponibili, e mantenere possibilmente la persona handicappata nel suo contesto familiare;

• fornire alla famiglia supporto anche sotto forma di adeguate informazioni per comprendere la situazione di handicap;

• coinvolgere la famiglia, come pure la comunità e la persona con handicap, nella scelta e nell’attuazione degli interventi socio sanitari;

• attivare, nei confronti dei bambini, le varie forme di prevenzione per evitare o contrastare la minorazione, e per limitare e superare i danni che questa può comportare;

• decentramento territoriale dei servizi per la persona handicappata, garantendo la scelta di quelli più idonei anche fuori dalla circoscrizione territoriale;

• garantire sostegno psicologico, psicopedagogico, aiuto personale, tecnico e, se necessario anche economico, alla persona handicappata e alla sua famiglia, per raggiungere l’autonomia e l’integrazione sociale;

• organizzare iniziative di informazione sull’handicap rivolte a tutta la popolazione; • promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione ed esclusione sociale. Articolo 7: Cura e riabilitazione Prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro sono alla base della cura e della riabilitazione della persona handicappata. A questo proposito, il Servizio Sanitario nazionale, tramite le strutture proprie o convenzionate, assicura:

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1162 Capitolo 5

• gli interventi per la cura e la riabilitazione precoce della persona con handicap, oltre a quelli riabilitativi e ambulatoriali, a domicilio o nei centri socio riabilitativi ed educativi diurni o residenziali;

• la fornitura e la riparazione degli strumenti necessari a trattare le menomazioni. Articolo 8: Inserimento e integrazione sociale L’inserimento e l’integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante: • interventi di carattere socio psicopedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio,

di aiuto domestico e di tipo economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno della persona handicappata e del nucleo familiare in cui è inserita;

• servizi di aiuto personale alla persona handicappata in temporanea o permanente grave limitazione dell’autonomia personale;

• adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi, sportivi, di tempo libero e sociali;

• affidamenti e inserimenti presso persone e nuclei familiari; • organizzazione e sostegno di comunità alloggio, case famiglia e analoghi servizi

residenziali inseriti nei centri abitati per favorire la deistituzionalizzazione e per assicurare alla persona handicappata, priva anche temporaneamente di una idonea sistemazione familiare, naturale o affidataria, un ambiente di vita adeguato;

• istituzione o adattamento di centri socio riabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto l’obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa;

• etc.

Fonte: Legge n. 104/1992.

55.3 GGli approcci regionali al tema della disabil ità ee della non--aautosufficienza 2

Nelle normative regionali talvolta non viene definito che cosa si intenda per disabilità o per non-autosufficienza. In effetti, spesso l’individuazione di questi stati di un sog-getto viene demandato alle unità valutative o a particolari strumenti quali le schede di valutazione multidimensionale impiegate dalle Regioni per valutare lo stato di non-autosufficienza delle persone affette da una qualche patologia.

L’Abruzzo, ad esempio, (DGR n. 246/2009) definisce le persone non autosuffi-cienti come le persone ”affette da disabilità fisiche, psichiche, sensoriali, cognitive e relazionali”. La Regione ha, inoltre, approvato con DRG n. 906/2010 l’Atto di indi-rizzo applicativo per lo sviluppo locale degli interventi rivolti alla non-autosufficienza - Piano Locale per la Non-Autosufficienza - PLNA 2012, al fine di sostenere la qualità di vita delle persone in condizioni di non-autosufficienza, con particolare riferimento alle persone disabili gravi ed alle persone anziane over 65.

La Lombardia ha, comunque, definito un “Piano d’Azione Regionale per le politi-che in favore delle persone con disabilità” (DGR n. 9-983/2010). Coerentemente a

2 Il presente paragrafo è stato sviluppato in collaborazione con Bernardini A. C. e Lista V. Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

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5.3 Gli approcci regionali al tema della disabil ità e della non-autosufficienza

Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1163

quanto stabilito dalla convenzione ONU 20063 si definiscono disabili le persone che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che, in in-terazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società.

In Piemonte, invece, con la L.R. n. 10/2010 “Servizi domiciliari per persone non autosufficienti” nel quadro della realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali al fine di favorire la domiciliarità, vengono definite, all’art. 2, “non au-tosufficienti le persone in varie condizioni o età che soffrono di una perdita perma-nente, parziale o totale, dell’'autonomia fisica, psichica o sensoriale con la conseguen-te incapacità di compiere atti essenziali della vita quotidiana senza l'aiuto rilevante di altre persone”. Il Piemonte, a differenza di altre Regioni, non specifica l’entità (rile-vante o meno) della perdita.

La programmazione regionale a favore della disabilità si rivolge alla centralità del-la persona e cerca di sviluppare percorsi integrati e politiche concertative, non soltan-to tra le diverse istituzioni, ma anche con le persone disabili, le loro famiglie, le asso-ciazioni e rappresentanze sociali e gli operatori, promuovendo progetti e interventi che si affiancano a quelli più tradizionali, quali la residenzialità e la se-mi-residenzialità. Nel 2008, con la DGR n. 4296/2008, ha approvato le “Linee guida per la predisposizione dei progetti di vita indipendente”, in linea con la classificazione ICF, che definisce la disabilità come la conseguenza di una complessa relazione tra condizioni di vita di un individuo e l’ambiente.

La Toscana, con L.R. n. 66/2008, fornisce una definizione simile al Piemonte con alcune specifiche sulla causa e sulla forma della disabilità; in particolare, si conside-rano non autosufficienti le persone che hanno subito una perdita permanente, parziale o totale, dell’autonomia, delle abilità fisiche, sensoriali, cognitive e relazionali, da qualsiasi causa determinata, con conseguente incapacità di compiere gli atti essenziali della vita quotidiana senza l’aiuto rilevante di altre persone. Le condizioni di non-autosufficienza possono presentarsi sotto forma di disabilità psicofisica e mentale.

La P.A. di Bolzano ha definito non autosufficiente, con la L.P. n. 9/2007, la per-sona incapace in misura rilevante e permanente, a causa di patologie o disabilità fisi-che, psichiche o mentali, di svolgere le attività della vita quotidiana negli ambiti costi-tuiti da alimentazione, igiene personale, funzioni escretorie, mobilità, vita psi-co-sociale e conduzione dell’economia domestica, e che necessita pertanto dell’aiuto regolare di un’altra persona. Come è possibile osservare tale normativa specifica nel dettaglio gli ambiti di vita “compromessi” dallo status.

La P.A. di Trento (L.P. n. 6/1998) ed il Friuli Venezia Giulia (L.R. n. 6/2006) for-niscono invece una definizione molto più generica limitandosi a definire le persone non-autosufficienti come quei soggetti che “non sono in grado di provvedere alla cura della propria persona e al mantenimento di una normale vita di relazione senza l’aiuto di altre persone”. L’elemento che qui viene evidenziato è esclusivamente la necessità di altre persone per una “normale vita di relazione” ma non risulta chiaro se si consi-derano tutte le dimensioni e quale deve essere l’entità della perdita.

3 Convenzione sui diritti delle persone con disabilità.

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1164 Capitolo 5

La Liguria nella L.R. n. 12/2006 definisce non autosufficienti le persone con grave disabilità permanente impossibilitate a svolgere le funzioni della vita quotidiana e quelle dedicate alla cura della persona, con difficoltà nelle relazioni umane e sociali, nelle attività strumentali, nella mobilità e nell’uso dei mezzi di comunicazione. La particolarità, rispetto alle altre Regioni, consiste nel sottolineare la difficoltà nell’uso dei mezzi di comunicazione (forse ricompresa implicitamente nel “mantenimento di una normale vita di relazione” indicata dalle altre Regioni”).

Il Lazio (L.R. n. 20/2006) e la Sardegna (L.R. n. 2/2007) si differenziano dalle al-tre Regioni specificando nella definizione di persona non-autosufficiente “la persona anziana o il disabile o qualsiasi altro soggetto”; anche in Veneto quando si parla di persone non autosufficienti si fa riferimento per lo più agli anziani e ai disabili4.

La Basilicata, nella L.R. 4/2007, relativa all’istituzione della “Rete regionale inte-grata dei servizi di cittadinanza sociale”, all’art. 4 comma 2, definisce non autosuffi-cienti «le persone che, a causa delle patologie e delle disabilità anche correlate all’età, da cui affette, non possono provvedere alla cura di se stesse e mantenere una normale vita di relazione senza l’aiuto determinante di altri». La non-autosufficienza viene, quindi, associata ad uno stato di disabilità che comporta l’inabilità della persona a compiere gli atti essenziali della vita quotidiana, quali le attività per la cura di sé co-me lavarsi, vestirsi, alimentarsi, spostarsi, etc., e le attività strumentali consistenti nel fare la spesa, preparare i pasti, utilizzare il telefono, etc.. Con DGR 1281/2009, poi, la Regione stabilisce che la condizione di non-autosufficienza può essere riconosciuta sulla base del grado di intensità assistenziale e a tal riguardo i destinatari della rete dei servizi socio-assistenziali si distinguono in:

• soggetti totalmente e permanentemente non autosufficienti, ovvero incapaci di

provvedere a se stessi se non con l’aiuto determinante di altre persone; • soggetti parzialmente non autosufficienti in via permanente, che non soffrono

di situazioni patologiche che compromettono del tutto il livello di autosuffi-cienza (persone con disabilità sensoriale, fisica, mentale), nonché soggetti con autonomia limitata in grado di provvedere a se stessi con l’aiuto di altri;

• soggetti temporaneamente non autosufficienti, cioè che versano in uno stato di temporanea, totale o parziale perdita di abilità psico-fisica, che per recuperare in parte o del tutto la loro funzionalità hanno bisogno di assistenza riabilitativa e/o di assistenza medico/infermieristica specifica, assistenza psico-sociale e tutelare.

Al pari di quello che avviene in molte altre Regioni, anche in Basilicata la valutazione dello stato di non-autosufficienza è affidata alle Unità di Valutazione Geriatrica, che impiegano come strumento di rilevazione della non-autosufficienza la scheda VAOR-ADI.

4 http://www.regione.veneto.it/web/sociale/non-autosufficienza

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5.3.1 Cure pal l iat ive e terapia del dolore

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La Basilicata, inoltre, a partire dal 2011 ha dedicato un’attenzione particolare allo svi-luppo delle cure palliative e della terapia del dolore, per i cui approfondimenti si ri-manda al paragrafo che segue.

55.3.1 CCure pal l iat ive e terapia del dolore

Con la Legge n. 38 del 2010 l’Italia garantisce il diritto del cittadino ad accedere alla terapia del dolore e alle cure palliative. Le indicazioni fornite dalla Legge, per la loro sistematicità e per la loro innovazione, rappresentano un esempio legislativo per rispondere ai bisogni di cura, assistenza continuativa del malato e della sua fa-miglia rispetto ad una vita senza sofferenza inutile. Nel dettato normativo vengono stabiliti i riferimenti essenziali per lo sviluppo delle reti nazionali di terapia del do-lore e delle cure palliative, individuando la cornice nazionale per la costruzione de-gli strumenti necessari atti a rendere effettiva la terapia del dolore e a dare una pie-na assistenza a chi è alla fine della vita. L’offerta dei servizi di sostegno ai malati si snoda attraverso una rete nazionale per le cure palliative e per una terapia del dolore concepite al fine di ottimizzare la gestione e l’erogazione sul territorio e per garanti-re la continuità assistenziale del malato dalla struttura ospedaliera al suo domici-lio. In pratica, si ravvisa la necessità di organizzare su tutto il territorio nazionale, accanto agli hospice, servizi di cure domiciliari che assicurino cure palliative anche a casa; diventa, dunque, oltremodo urgente realizzare reti integrate in cui un servi-zio efficiente di cure palliative domiciliari possa interagire senza soluzione di con-tinuità con gli hospice, per dare risposte tempestive nei vari momenti della fase terminale della vita. In queste reti il medico di famiglia ricopre un ruolo essenziale durante tutto il percorso di malattia del paziente; tuttavia, la fase terminale richiede un apporto multidisciplinare e multiprofessionale, che può essere garantito solo da un lavoro d’èquipe strutturato ed organizzato, operativo 7 giorni su 7 per tutte le 24 ore. In aggiunta, tali reti sono costituite «dall’insieme delle strutture sanitarie, ospedaliere e territoriali, e assistenziali, delle figure professionali e degli interventi diagnostici e terapeutici disponibili nelle Regioni e nelle Province Autonome, dedi-cate all’erogazione delle cure palliative, al controllo del dolore in tutte le fasi della malattia, con particolare riferimento alle fasi avanzate e terminali della stessa, e al supporto dei malati e dei loro familiari».

La Basilicata già dal 2008 aveva previsto le Cure Domiciliari Integrate di III li-vello e le cure domiciliari palliative a malati terminali, quali cure erogate in presen-za di criticità specifiche, di bisogno di continuità assistenziale e d’interventi con elevato grado di complessità, articolati anche sui 7 giorni la settimana, assorbendo in tal senso l’”assistenza territoriale domiciliare rivolta a pazienti nella fase termi-nale”, l’”Ospedalizzazione Domiciliare” e l’”Ospedalizzazione Domiciliare Cure Palliative”, con DGR 1112/2011 recepisce formalmente gli accordi tra lo Stato e le Regioni relativamente alle linee guida per la promozione, lo sviluppo e il coordina-mento degli interventi regionali nell’ambito della rete di cure palliative e della rete di terapia del dolore. Nel medesimo anno, con successiva DGR (1900/2011), la Regione approva il modello organizzativo delle cure palliative. In particolare, nella premessa di quest’ultimo documento si afferma che lo sviluppo reale delle cure pal-

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liative sul territorio regionale è avvenuto a macchia di leopardo, con hospice fun-zionanti e altri ancora da attivare e, con Unità di cure palliative domiciliari (UCPD) già operative e altre non ancora decollate; a ciò si aggiunge un’oggettiva criticità legata all’assoluta inadeguatezza del personale in dotazione sia agli hospices sia alle UCPD.

Nella realizzazione del modello regionale un ruolo fondamentale è assunto dal “Centro di Coordinamento delle Cure Domiciliari e Palliative” che gestisce, attraver-so una sua Unità di Valutazione Multidimensionale, tutte le richieste e, sulla base del-la cura ritenuta più opportuna, indirizza gli ammalati all’hospice o all’UCPD di rife-rimento o ad altre forme di assistenza residenziale. Questo unico hub logistico garan-tisce omogeneità di trattamento, continuità assistenziale e una vera integrazione tra ospedale e territorio; in particolare, viene anche garantita una effettiva misurabilità delle prestazioni erogate.

Appare, dunque, evidente come il fulcro della rete sia rappresentato dai Centri di coordinamento distrettuali delle cure domiciliari e palliative che sono collegati in rete fra di loro. Inoltre tutte le richieste che pervengono al Centro possono provenire da una molteplicità di attori:

• dall’ambito ospedaliero; in questo caso, il medico del reparto, definita

l’eleggibilità del paziente, richiede la consulenza del responsabile dell’hospice o del responsabile dell’Unità di Cure Palliative di competenza territoriale; il consulente, una volta accertata l’eleggibilità del paziente, concorda con il me-dico del reparto la proposta assistenziale, che può essere proposta di cure pal-liative domiciliari o proposta di ricovero in hospice

o nel caso di cure palliative domiciliari la proposta viene trasmessa al “Centro di Coordinamento delle Cure Domiciliari e Palliative” di competenza territoriale, dove il responsabile del centro comunica al MMG il bisogno di assistenza del malato e concorda il piano assi-stenziale con le figure interessate nell’iter delle cure; la UCPD, una volta preso in carico il paziente, elabora un PAI (Piano Assistenzia-le Individualizzato) che gestisce congiuntamente al MMG e ai sog-getti erogatori delle prestazioni; in tale sistema è auspicabile, dove non ancora previsto, l’ingresso di associazioni di volontariato in grado di umanizzare le cure.

o Nel caso di ricovero in hospice, se si tratta di paziente già ricoverato presso un’unità operativa dello stesso Ospedale dove si trova l’hospice, la proposta, che avviene a cura del medico del reparto, viene trasmessa al “Centro di Coordinamento delle Cure Domicilia-ri e Palliative” di competenza territoriale; se si tratta, invece, di pa-ziente ricoverato presso un’unità operativa ospedaliera, la proposta, che avviene anche in questo caso a cura del medico di reparto, viene trasmessa contestualmente sia al Centro sia all’hospice di riferimen-to individuato; infine, qualora si trattasse di paziente in cure pallia-tive domiciliari, la proposta di ricovero in hospice viene formulata dal responsabile delle cure palliative domiciliari di competenza ter-

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ritoriale e trasmessa contestualmente sia al “Centro di Coordina-mento delle Cure Domiciliari e Palliative” di competenza territoria-le sia all’hospice di riferimento individuato

• dall’ambito domiciliare; in tal caso il MMG o la famiglia o i Comuni segna-lano l’ammalato al “Centro di Coordinamento”; un’ “Unità di Valutazione Multidimensionale”, dopo un’accurata analisi, affida l’ammalato alla UCPD o all’hospice di riferimento.

La Basilicata ha definito, inoltre, anche il modello organizzativo della rete regio-nale della terapia del dolore (DGR 332/2012). In particolare per «Rete di Terapia del Dolore si intende una aggregazione funzionale ed integrata delle attività di te-rapia del dolore erogate nei diversi settings assistenziali, con l’obiettivo di miglio-rare la qualità della vita delle persone adulte affette da dolore indipendentemente dalla sua eziopatogenesi, riducendone il grado di disabilità e favorendone la rein-tegrazione nel contesto sociale e lavorativo». Condizione necessaria per una reale operatività della Rete di Terapia del Dolore è l’istituzione di un Comitato perma-nente per la terapia del dolore, i cui compiti fondamentali sono quelli di coordina-re e monitorare l’attività e lo sviluppo della Rete interfacciandosi con le Aziende ed i professionisti coinvolti. Di detto Comitato fanno parte, oltre a Dirigenti del Dipartimento regionale della Salute, un referente dei Centri Hub, un MMG, un referente dei Centri Spoke, un responsabile aziendale per il dolore pediatrico e un pediatra di Libera Scelta. In particolare, al Comitato sono affidati i seguenti compiti:

• monitoraggio sia del sistema informativo regionale sulla Terapia del Dolore

sia dello stato di attuazione della rete; • controllo della qualità delle prestazioni e valutazione dell’appropriatezza; • promozione dei programmi obbligatori di formazione continua in terapia del

dolore; • definizione di indirizzi per lo sviluppo omogeneo di percorsi di presa in cari-

co e assistenza nell’ambito della rete.

Inoltre, è prevista l’attivazione della funzione di coordinamento della rete delle cure palliative anche a livello aziendale; quindi, le Aziende Sanitarie regionali devono at-tivare questa funzione attraverso i Comitati “Ospedale territorio senza dolore”, ai qua-li sono affidati i seguenti compiti:

• tutela del diritto del cittadino ad accedere alla terapia del dolore; • attivazione di un sistema di erogazione di terapia del dolore basato

sull’interazione di tutti i nodi della rete (Centri Hub, Centri Spoke e ambula-tori dei MMG);

• definizione, nell’ambito della rete, dei percorsi di presa in carico e di assi-stenza dei malati;

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• svolgimento di programmi di formazione per tutti gli operatori coinvolti nella rete della terapia del dolore.

I nodi della rete sono costituiti:

• dalle AFT (aggregazioni funzionali territoriali) di MMG, che sono in grado

di dare una prima risposta ai bisogni della persona con dolore e di indirizzar-la, quando necessario allo Spoke o all’Hub e di garantire la continuità della gestione nell’ambito di percorsi definiti nella rete; inoltre, in ogni AFT, vie-ne individuato un MMG formato in terapia del dolore con compiti di consu-lenza e di collegamento con gli specialisti degli Spoke e degli Hub;

• dagli ambulatori di terapia del dolore (Spoke), che effettuano interventi dia-gnostici, strumentali, farmacologici con lo scopo di ridurre la disabilità dei malati con dolore in regime ambulatoriale;

• dai Centri di Terapia del dolore (Hub), che erogano prestazioni diagnostiche e terapeutiche di alta complessità aventi lo scopo di ridurre la disabilità dei soggetti con dolore acuto in regime ambulatoriale, di day-hospital e ricovero ordinario.

Nella Rete di Terapia del Dolore è garantita la continuità delle cure attraverso l’integrazione dei diversi ambiti assistenziali (territoriali, ambulatoriali, a ciclo diur-no, di ricovero). Inoltre, i professionisti dei diversi nodi della rete operano secondo Percorsi Diagnostici Terapeutici e Riabilitativi condivisi.

La struttura Organizzativa di coordinamento Regionale della Rete e le strutture aziendali, mediante l’attivazione di un sistema informativo per la raccolta dei dati, va-lutano la quantità e l’appropriatezza del regime assistenziale, la qualità delle presta-zioni erogate e i costi associati alla terapia del dolore.

55.4 LLa diffusione del ffenomeno della disabil ità

Una programmazione efficace delle misure di protezione socio-assistenziale per esse-re realizzata necessita di una previa conoscenza della dimensione della popolazione a cui, potenzialmente, dette misure dovrebbero indirizzarsi, ovvero occorrerebbe un’informazione attendibile sulle cifre della disabilità, benché, come analizzato in premessa, quest’ultima non sia assolutamente coincidente con la condizione di non-autosufficienza, nel senso che qui interessa per le implicazioni in termini di accesso ai servizi socio-assistenziali.

Nel 2005, secondo quanto riportato nell’indagine dell’Istat “Condizioni di sa-lute e ricorso ai servizi sanitari”, il tasso di disabilità dei residenti in Basilicata era pari al 5,84%, valore superiore non solo a quello della ripartizione di apparte-nenza ma anche a quello delle altre ripartizioni geografiche (Nord 4,23%, Centro 4,91% e Sud 5,37%).

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5.4 La diffusione del fenomeno della disabil ità

Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1169

TTabella 5.1 Persone disabili di 6 anni e più Tassi per 100 persone. Valori % - Anno 2005

Regioni Tasso di disabilità Italia 4,76 Nord 4,23 Centro 4,91 Sud 5,37 Basilicata 5,84

Fonte: Istat. Il 2,08% della popolazione di età superiore ai 6 anni è costretta a stare a letto, su una sedia o rimanere nella propria abitazione per impedimenti di tipo fisico o psichi-co. Tale quota raggiunge il 2,37% nel Sud e il 2,28% nel Centro, mentre nelle Regio-ni Settentrionali rappresenta l’1,78%.

Per quanto riguarda le altre tipologie di disabilità si rileva che il 3,50% della popo-lazione di 6 anni e più presenta invece limitazioni nello svolgimento delle attività quotidiane, cioè ha difficoltà ad espletare le principali attività di cura personali (quali il vestirsi o spogliarsi; il lavarsi mani, viso, o il corpo; tagliare e mangiare il cibo, ecc.). Anche in questo caso sono le Regioni Centro-Meridionali a presentare i tassi più elevati (Sud 3,47% e Centro 3,22%).

Presentano difficoltà nel movimento (camminare, salire le scale, ecc.) 2,27 perso-ne ogni 100 di età superiore ai 6 anni. Come nei due casi precedenti, anche in questo le quote più significative si osservano al Sud ed al Centro (2,54% nel primo caso e 2,23% nel secondo).

Infine, le difficoltà nella sfera della comunicazione, quali l’incapacità di vedere, sentire o parlare, coinvolgono l’1,05% della popolazione italiana di età superiore ai 6 anni; il valore dell’indicatore sale all’1,21% nelle Regioni Centrali, all’1,12% in quelle Meridionali e si ferma, invece, allo 0,93% nel Nord.

TTabella 5.2 Persone disabili di 6 anni e più per tipologia di disabilità. Tassi per 100 per-sone. Valori % - Anno 2005.

Regioni Tasso di disabilità per confinamento

individuale

Tasso di disabilità per

funzioni quotidiane

Tasso disabilità nel movimento

Tasso disabi-lità nella

vista, udito, parola

Italia 2,08 3,05 2,27 1,05 Nord 1,78 2,64 2,04 0,93 Centro 2,28 3,22 2,23 1,21 Sud 2,37 3,47 2,54 1,12 Basilicata n.d. n.d. n.d. n.d.

Fonte: Istat.

Secondo stime fatte da gruppo di ricercatori del CEIS Università di RomaTor Verga-ta5, le persone disabili di età pari e superiore a 6 anni potrebbero essere, nel 2010, cir-

5 Il calcolo è stato effettuato impiegando i passaggi seguenti:

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1170 Capitolo 5

ca 2,5 Mln., con un una sostanziale stabilità (-1,86%) rispetto al 2005, anno in cui se-condo l’Istat ne risultavano circa 2,6 Mln.. La Basilicata, in analogia con le riparti-zioni analizzate, avrebbe registrato una diminuzione delle persone disabili, passando da 33.000 del 2005 a 32.193 del 2010 con una riduzione del 2,45%.

TTabella 5.3 Stima persone disabili di 6 anni e più. Valori assoluti e % - Anni 2005-2010

Regioni Disabili. Anno 2010 Disabili. Var.% 2005/2010 Italia 2.562.434 -1,86 Nord 1.040.972 -0,67 Centro 513.562 -1,05 Sud 1.007.900 -3,46 Basilicata 32.193 -2,45

Fonte: stima e elaborazione su dati Istat. L’analisi dell’incidenza delle persone disabili di 6 anni e più, evidenzia come per tutti gli anni per i quali si dispone di una stima sul fenomeno (2000, 2005 e 2010), la disa-bilità sia un fenomeno molto più diffuso nelle Regioni Meridionali che non in quelle Centro-Settentrionali. In particolare, in tutti i periodi considerati la Basilicata risulta essere la Regione con la quota più elevata di disabili, anche superiore a quella della ripartizione di appartenenza. FFigura 5.11 Persone disabili di 6 anni e più. Incidenza su popolazione di 6 anni e più

Valori % - Anni 2000-2010

Fonte: stima e elaborazione su dati Istat. • è stata ipotizzata, a livello nazionale, la medesima variazione del numero dei

disabili - ricavabile dalle indagini sulla salute 1999-2000 e 2004-2005 prodotte dall’Istat - per classi di età avvenuta tra il 2000 ed il 2005;

• è stata supposto che nel 2010 la distribuzione dei disabili per Regione fosse la medesima di quella osservata nel 2005.

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171

Figura 5.2

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170

Figura 5.1

Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1171

La lettura della figura che segue evidenzia come la disabilità sia un fenomeno che coinvolge soprattutto la popolazione anziana (over 74); inoltre, in detta classe di età la disabilità è più diffusa in Basilicata ed in particolar modo al Sud; in effetti, la Basi-licata presenta un tasso di disabili sostanzialmente in linea con quello della ripartizio-ne di appartenenza (Basilicata 35,70% e Sud 35,85%) ma superiore a quello medio nazionale. Nella classe di età (65-74), invece, è la Basilicata la Regione con il valore più elevato, seguita dal Sud e dal Centro. Infine, per quanto concerne la fascia di età analizzata 6-64 anni, la Basilicata presenta nuovamente valori più elevati rispetto a quelli medi riscontrabili nelle altre ripartizioni.

In definitiva, in Basilicata oltre i due terzi delle persone con disabilità (22.159) ha più di 75 anni (a livello nazionale oltre 1,8 Mln.) e sarà pertanto, in questo periodo della loro vita che le persone avranno un maggior bisogno di servizi so-cio-assistenziali personalizzati, integrati ed efficienti.

FFigura 5.22 Persone disabili di 6 anni e più per classe di età. Incidenza su popolazione Valori % - Anno 2010

Fonte: stima e elaborazione su dati Istat. Nel 2011, sono 3.948.000 le persone che dichiarano di avere limitazioni funzionali, ovvero difficoltà nelle funzioni motorie, sensoriali o nelle attività essenziali della vita quotidiana; di queste, il 62,13% sono femmine ed il 37,87% maschi. Sono, invece, 2.080.000 le persone che dichiarano di avere limitazioni funzionali gravi; anche in questo caso è apprezzabile uno svantaggio femminile; in effetti, di tale gruppo, il 65,58% è appartenente al genere femminile ed il 34,42% a quello maschile. Le diffe-

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1172 Capitolo 5

renze di genere, seppur meno accentuate, sono evidenti anche se si considerano i sog-getti con limitazioni funzionali lievi.

TTabella 5.4 Persone di 11-87 anni con limitazioni lievi o gravi per genere. Valori asso-luti e tasso per 100 persone con le stesse caratteristiche - Anno 2011

Persone con limita-

zioni funzionali gravi Persone con limita-

zioni funzionali lievi Totale

Val. ass. % Val. ass. % Val. ass. % Maschi 716.000 34,42% 779.000 41,70% 1.495.000 37,87% Femmine 1.364.000 65,58% 1.089.000 58,30% 2.453.000 62,13% Totale 2.080.000 100,00% 1.868.000 100,00% 3.948.000 100,00%

Fonte: Istat.

Le limitazioni funzionali tanto lievi quanto gravi sono molto più diffuse tra le persone che hanno 75 anni o più; in effetti, il 57,02% delle persone con limita-zioni funzionali gravi ed il 45,24% di quelle con limitazioni funzionali lievi ap-partiene a questa classe di età. La lettura della tabella che segue evidenzia, dun-que, come le limitazioni funzionali aumentino progressivamente all’aumentare dell’età.

TTabella 5.5 Persone di 11-87 anni con limitazioni lievi o gravi per classe. Valori assoluti e tasso per 100 persone con le stesse caratteristiche - Anno 2011

Persone con limitazioni funzio-nali gravi

Persone con limitazioni funzio-nali lievi

Val. ass. % Val. ass. % 11-34 136.000 6,54% 59.000 3,16% 35-59 260.000 12,50% 333.000 17,83% 60-74 498.000 23,94% 631.000 33,78% 75-87 1.186.000 57,02% 845.000 45,24% Totale 2.080.000 100,00% 1.868.000 100,00%

Fonte: Istat.

Nel 2011, del totale delle persone tra gli 11 e gli 87 anni colpite da limitazioni fun-zionali, il 68,80% ha difficoltà nei movimenti, il 71,40% presenta difficoltà nelle atti-vità della vita quotidiana ed, infine, il 57,60% riporta problemi di vista, udito o paro-la. Dei soggetti colpiti da limitazioni funzionali lievi, il 46,20% ha difficoltà a deam-bulare, il 50,30% trova difficoltà nello svolgimento degli atti quotidiani ed il 52,30% accusa complicanze nella parola, nell’udito o nella vista. Di coloro che, invece,sono colpiti da limitazioni più gravi, oltre il 90,00% accusa problematicità nel compiere gli atti quotidiani, circa il 89,00% non riesce a muoversi autonomamente ed il 62,40% ha problemi di vista, udito e parola.

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173

5.5 I l grado di uti l izzo dei servizi domici l iari e dei benefici di natura economica

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172 Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1173

TTabella 5.6 Persone di 11-87 anni con limitazioni funzionali secondo il tipo di area funzionale compromessa per livello di gravità. Valori assoluti e tasso per 100 persone con le stesse caratteristiche - Anno 2011

Difficoltà del mo-

vimento

Difficoltà nelle at-tività della vita

quotidiana

Difficoltà vista, udito, parola

Totale

Val. ass. % Val. ass. % Val. ass. % Val. ass. Persone con limitazioni fun-zionali lievi

863.000 46,20 939.000 50,30 976.000 52,30 2.778.000

Persone con limitazioni fun-zionali gravi

1.852.000 89,1% 1.880.000 90,40 1.298.000 62,40 5.030.000

Totale 2.715.000 68,8% 2.819.000 71,40 2.274.000 57,60 7.808.000 Fonte: Istat.

55.5 II l grado di uti l izzo dei servizi domici l iari ee dei benefici di natura economica

Secondo quanto riportato nell’ultimo Annuario Statistico del SSN, nel 2010, in Basi-licata la percentuale di ultra-sessantaquattrenni che beneficiano dell’ADI raggiunge l’85,50% del totale dei casi trattati, valore superiore a quello riportato dalle Regioni Meridionali e Centrali ed inferiore a quello del Nord. Di contro, la Regione Lucana presenta insieme al Nord la minor quota di under 65 assistiti al proprio domicilio.

Complessivamente in Italia l’ADI era erogata a 597.151 persone, con un incre-mento di circa il 12,00% rispetto all’anno precedente, quando ammontavano a 533.461; di queste 501.663 (pari all’84,01% dei casi trattati) hanno più di 64 anni, mentre 95.488 (ovvero il 15,99% del totale dei casi) hanno un’età inferiore a 65 anni.

L’ADI si configura, quindi, come un servizio rivolto soprattutto alla popolazione anziana, sia in Basilicata che a livello nazionale, ma si ricordi che nelle intenzioni del nostro legislatore, essa era stata concepita come una prestazione a favore della totalità delle persone disabili.

TTabella 5.7 Casi trattati in ADI. Valori assoluti e % - Anno 2010

Regioni Assistiti di cui over 64 di cui under 65 % over 64 % under 65 Italia 597.151 501.663 95.488 84,01 15,99 Nord 363.113 313.286 49.827 86,28 13,72 Centro 119.733 100.390 19.343 83,85 16,15 Sud 114.305 87.986 26.319 76,98 23,02 Basilicata 6.953 5.945 1.008 85,50 14,50

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. In Italia, tra il 2007 ed il 2010, la percentuale di casi trattati è costantemente aumentata; in particolare, tra il 2007 ed il 2008 le persone assistite domiciliarmente sono aumentate del 4,14%, nel periodo successivo (2008-2009) del 7,94% ed, infine, tra il 2009 ed il 2010 dell’11,94%. Nei medesimi periodi, la Basilicata ha invece evidenziato un trend disconti-

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1174 Capitolo 5

nuo: nel periodo 2007/2008 ed in quello 2009/2010, la quota di persone che riceve l’ADI diminuisce, mentre aumenta, in maniera più consistente che non altrove, nel periodo in-termedio (+18,76%). Le Regioni Meridionali, complessivamente considerate, durante tut-to l’arco temporale considerato hanno aumentato la quota dei casi trattati (+3,36% tra il 2007 ed il 2008, +13,24% tra il 2008 ed il 2009 e +11,06% tra il 2009 ed il 2010).

TTabella 5.8 Variazione numero casi trattati in ADI. Valori % - Anni 2007-2010

Regioni 2007/2008 2008/2009 2009/2010 Italia 4,14 7,94 11,94 Nord 3,50 8,67 12,91 Centro 6,63 1,47 9,90 Sud 3,36 13,24 11,06 Basilicata -8,24 18,76 -5,81

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Sebbene a livello nazionale il numero dei casi trattati sia aumentato costantemente nel periodo considerato (2007-2010), la percentuale di over 64 assistita al proprio domicilio è di contro diminuita dello 0,15% tra il 2007 ed il 2008 e dello 0,06% tra il 2009 ed il 2010, dopo un incremento del 3,03% nel periodo intermedio. In Basilicata, come nel Nord, invece, per tutto l’arco temporale considerato si è incrementata la quota di anziani trattati: le Regioni Meridionali, dopo un incremento del 2,81% tra il 2007 ed il 2008, hanno invece ridotto il servizio di ADI nei confronti degli ultrasessantaquatrenni. TTabella 5.9 Over 64 trattati in ADI. Valori % - Anni 2007-2010

Regioni Diff. % 2007/2008 Diff. % 2008/2009 Diff. % 2009/2010 Italia -0,15 3,03 -0,06 Nord 1,15 2,04 0,44 Centro -6,22 9,52 -0,55 Sud 2,81 -1,12 -1,19 Basilicata 0,80 5,10 4,00

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute. Per quanto attiene alla Basilicata, nel 2011, le persone che hanno ricevuto assistenza al proprio domicilio sono state 7.895, di cui circa 7.000 anziani (l’88,65% del totale) e 896 malati terminali (l’11,35% del totale). Si evidenziano, tuttavia, significative dif-ferenze tra le due ASL: nell’Azienda Sanitaria di Potenza la quota di over 64 assistiti sul totale dei casi trattati raggiunge quasi il 90,00%, mentre nell’Azienda Sanitaria di Matera tale rapporto non raggiunge l’86,00%. TTabella 5.10 Casi trattati in ADI. Valori assoluti e % - Anno 2011

ASL Assistiti di cui over 64

di cui mala-ti terminali % over 64 % malati

terminali Basilicata 7.895 6.999 896 88,65 11,35 ASP 5.412 4.870 542 89,99 10,01 ASM 2.483 2.129 354 85,74 14,26

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata.

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Figura 5.3

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174 Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1175

Tra il 2010 ed il 2011, in Basilicata, la percentuale dei casi trattati è aumentata del 14,11%, quella degli over 64 del 17,71%; è, invece, diminuita la quota dei malati termi-nali curati al proprio domicilio (-7,91%). Andamento analogo, sebbene con percentuali diverse, ha contraddistinto l’Azienda Sanitaria di Potenza (il totale degli assistiti è aumen-tato del 25,05%, quello delle persone con 65 anni e più del 34,75% mentre la cura dei ma-lati terminali ha riportato un segno negativo del -24,09%); l’Azienda Sanitaria di Matera, invece, a fronte di una riduzione del numero degli anziani trattati, ha incrementato del 36,67% il numero dei malati terminali curati al proprio domicilio. TTabella 5.11 Casi trattati in ADI. Valori % - Anni 2010-2011

ASL Assistiti Over 64 Malati terminali Basilicata 14,11 17,71 -7,91 ASP 25,05 34,75 -24,09 ASM -4,16 -8,70 36,67

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. La Basilicata, nel 2010, ha assistito in ADI circa il 5,00% degli anziani, valore prossimo a quello del Nord; la media nazionale è 4,11 anziani ogni 100. Le quote si riducono drasti-camente se, anziché considerare gli over 64 trattati sul totale della popolazione anziana, analizziamo il totale dei casi trattati sulla popolazione residente; in questo caso, solo lo 0,99% della popolazione è stato assistito domiciliarmente: in Basilicata tale rapporto si ferma all’1,18% (tendenzialmente in linea con quello del Nord che si attesta sull’1,32%). FFigura 5.33 Quota della popolazione residente assistita domiciliarmente (totale e over

64). Valori % - Anno 2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat. Se rapportiamo i casi trattati con ADI al totale dei disabili stimati (considerando en-trambi gli indicatori distinti per under 65 e over 64), dall’analisi dei dati emerge che la Basilicata assiste in ADI una percentuale di disabili ben maggiore di quella della ripartizione di appartenenza, sia che si considerassero gli anziani (over 64) sia che te-nessimo conto dei disabili con età compresa tra 6 e 64 anni. Le Regioni del Nord so-

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1176 Capitolo 5

no quelle che assistono domiciliarmente una maggior quota di disabili, tanto che ap-partengano alla classe dei cosiddetti anziani, sia che rientrino in quella degli under 65.

FFigura 5.44 Confronto disabili trattati in ADI per classe di età Valori % - Anno 2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e nostra stima sulla disabilità.

L’analisi dei dati relativi al periodo 2009-2010 ha evidenziato che in tutte le riparti-zioni considerate, con l’eccezione delle Regioni Centrali e della Basilicata, ad un au-mento degli anziani trattati ha corrisposto anche un aumento delle ore medie di cura prestate a ciascun paziente over 64. Nel Centro, invece, ad un aumento degli ul-tra-sessantaquatrenni presi in carico (+9,19%) ha corrisposto un decremento delle ore medie di cure prestate, sicuramente a discapito della qualità del servizio. La Basilica-ta ha avuto un andamento opposto rispetto al Centro, ovvero ha diminuito la quota di anziani assistiti (-1,19%) ma ha incrementato il numero delle ore di servizio prestate (+38,46%), garantendo una maggior intensità nelle cure. FFigura 5.55 Anziani trattati in ADI e ore medie assistenza erogata

Valori % - Anni 2009-2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute.

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176

Figura 5.4

Figura 5.5

Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1177

La Basilicata, nel 2011, ad ogni paziente assistito a domicilio ha erogato mediamente 42,80 ore, di cui 14,33 da parte dei terapisti della riabilitazione, 28,37 da parte degli infermieri professionali e una quantità di tempo inferiore all’ora da parte degli altri operatori che a vario titolo prendono parte alla realizzazione del piano personalizzato della persona presa in carico. Notevoli sono, inoltre, le differenze tra ASL: l’Azienda Sanitaria di Potenza ha garantito ad ogni paziente 36,51 ore in un anno (10,36 ore di terapista della riabilitazione, 25,76 ore di infermiere professionale e circa 15 minuti da parte degli altri operatori), mentre quella di Matera ha fornito ad ogni paziente pre-so in carico circa 56 ore in un anno (22,46 ore di terapista della riabilitazione, 34,05 ore di infermiere professionale e nessuna ora da parte di altri operatori).

TTabella 5.12 Ore medie assistenza erogata per caso trattato Valori assoluti – Anno 2011

ASL Assistiti Ore

terapisti riabilitaz.

Ore infermieri

prof.

Ore altri operatori

Totale ore erogate

Basilicata 7.895,00 14,33 28,37 0,11 42,80 ASP 5.412,00 10,60 25,76 0,15 36,51 ASM 2.483,00 22,46 34,05 - 56,52

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. Marcate differenze sono osservabili tra le due ASL anche considerando la variazione tra il 2010 ed il 2011 delle ore medie annue prestate ad ogni paziente preso in cari-co; in effetti, mentre nell’ASP le ore totali per ciascun paziente sono diminuite di quasi il 37,00% (ore terapisti della riabilitazione -15,74%, ore infermieri professiona-li -34,11% e ore altri operatori -97,37%), nell’ASM le ore che nel 2011 sono state prestate per ciascun paziente preso in carico si sono mantenute sostanzialmente stabili rispetto a quelle dell’anno precedente. Giova, tuttavia, ricordare che mentre nell’Azienda Sanitaria di Potenza tra il 2010 ed il 2011 il totale degli assistiti è au-mentato, nell’Azienda Sanitaria di Matera, di contro, è diminuito; ciò non toglie, co-munque, che nell’ASP, ad un incremento dei casi trattati e quindi ad una maggior ca-pillarità del servizio, ha corrisposto una diminuzione del servizio stesso in termini di ore medie di cure prestate.

TTabella 5.13 Ore medie di assistenza erogata per caso trattato Valori % - Anni 2010-2011

ASL Ore terapisti riabilitaz.

Ore infermieri prof.

Ore altri operatori

Totale ore erogate

Basilicata -13,06 -23,37 -97,12 -25,14 ASP -15,74 -34,11 -97,37 -36,56 ASM -2,35 1,50 - -0,07

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. Ad ogni anziano assistito a domicilio in Basilicata, nel 2011, sono state garantite circa 40 ore di assistenza in un anno (12,62 ore da parte dei terapisti della riabilitazione,

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1178 Capitolo 5

27,33 da parte degli infermieri professionali e neppure un’ora da parte degli altri ope-ratori); nell’anno considerato, inoltre, è l’Azienda Sanitaria di Matera quella che ha offerto un maggior numero di ore ad ogni anziano preso in carico (53,56 ore contro le 34,04 ore dell’Azienda Sanitaria di Potenza).

TTabella 5.14 Ore medie di assistenza erogata per paziente assistito over 64 Valori assoluti – Anno 2011

ASL Assistiti over 64

Ore terapisti

riabilitaz.

Ore infer-mieri prof.

Ore altri operatori

Totale ore erogate

Basilicata 6.999,00 12,62 27,33 0,04 39,98 ASP 4.870,00 9,27 24,72 0,05 34,04 ASM 2.129,00 20,27 33,29 - 53,56

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. L’analisi relativa al periodo 2010-2011 mostra anche in questo caso un segnale nega-tivo, nel senso che le ore che in media sono state prestate a ciascun anziano preso in carico si sono ridotte in modo più o meno consistente in entrambe le ASL; in partico-lare, la riduzione è stata particolarmente significativa nell’Azienda Sanitaria di Poten-za dove ha raggiunto un -35,70% (-27,91% le ore dei terapisti della riabilitazio-ne, -30,18 le ore degli infermieri professionali e -98,99% le ore degli altri operatori) e meno in quella di Matera, dove si è fermata al -3,30% (-9,88% le ore dei terapisti e +1,20% le ore degli infermieri professionali).

TTabella 5.15 Ore medie di assistenza erogata per paziente assistito over 64 Valori % - Anni 2010-2011

ASL Ore

terapisti riabi-litaz.

Ore infermieri prof.

Ore altri ope-ratori

Totale ore erogate

Basilicata -24,17 -20,61 -98,74 -25,83 ASP -27,91 -30,18 -98,90 -35,70 ASM -9,88 1,20 - -3,30

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata. Per quanto concerne i malati terminali, la Basilicata, nel 2011, ha offerto mediamente 13,97 ore di assistenza , di cui 3,49 da parte dei terapisti della riabilitazione e 10,03 da parte degli infermieri professionali. Notevoli sono anche in questo caso le differenze tra ASL: l’Azienda Sanitaria di Potenza ha garantito ad ogni malato terminale solo 6 ore in un anno da parte degli infermieri professionali, rispetto a quella di Matera che ha fornito ad ogni paziente preso in carico circa 28,13 ore (10,93 ore di terapista della riabilitazione e 17,20 ore di infermiere professionale).

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178 Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1179

TTabella 5.16 Ore medie di assistenza erogata per malato terminale Valori assoluti – Anno 2011

ASL Malati terminali

Ore terapisti

riabilitaz.

Ore infermieri

prof.

Ore altri operatori

Totale ore erogate

Basilicata 847,00 3,94 10,03 - 13,97 ASP 542,00 - 6,00 - 6,00 ASM 305,00 10,93 17,20 - 28,13

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata Anche nel caso dei malati terminali beneficiari delle cure domiciliari valgono le me-desime considerazioni fatte con riguardo sia alla totalità degli assistiti, che con riferi-mento agli anziani: le ore mediamente prestate in un anno ad ogni malato terminale tra il 2010 ed il 2011 si sono drasticamente ridotte, tanto da riportare una variazione di segno negativo dell’89,15% nell’Azienda Sanitaria di Potenza e del 58,02% in quella di Matera.

TTabella 5.17 Ore medie di assistenza erogata per malato terminale Valori % - Anni 2010-2011

ASL Ore terapisti riabilitaz.

Ore infermieri prof.

Ore altri ope-ratori

Totale ore erogate

Basilicata -62,72 -76,36 -100,00 -76,09 ASP -100,00 -86,22 -100,00 -89,15 ASM -60,44 -56,32 - -58,02

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata Sul fronte degli accessi a domicilio da parte del personale medico il dato regionale indica che ogni assistito ha ricevuto, nel 2011, in media 3,37 visite da parte di medi-ci; anche in questo caso è l’Azienda Sanitaria di Matera che dimostra di “investire” di più su questa forma assistenziale (4,17 accessi annuali contro i 3,00 accessi dell’Azienda Sanitaria di Potenza); anche nel caso degli anziani e dei malati termina-li, è sempre nell’Azienda Sanitaria di Matera quella in cui i medici effettuato in un anno il maggior numero di visite (ASP 3,00 accessi e ASM 3,65 accessi nel primo ca-so e ASP 3,00 accessi e ASM 6,89 accessi nel secondo). Analizzando la variazione del fenomeno nel periodo 2010-2011, si rileva che mentre nell’Azienda Sanitaria di Potenza le visite per paziente preso in carico da parte dei medici si sono ridotte del 4,94%, a livello regionale e nell’Azienda Sanitaria di Matera la pratica in oggetto ha riportato un incremento rispettivamente pari al 4,76% nel primo caso e al 26,32% nel secondo. Sul fronte degli anziani, invece, gli accessi da parte del personale medico sono aumentati in entrambe le ASL (ASP +4,01% e ASM +16,43%). Infine, per quanto attiene i malati terminali, gli accessi da parte dei medici si sono ridotti drasti-camente nell’Azienda Sanitaria di Potenza (-32,93%), mentre sono cresciuti in quella di Matera (+2,54%).

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1180 Capitolo 5

TTabella 5.18 Quota di accessi da parte del personale medico per tipologia di assistito Valori assoluti e % - Anni 2010-2011

ASL Totale assistiti Anziani (over 64) Malati terminali

Anno 2011

Var. % 2010/2011

Anno 2011

Var. % 2010/2011

Anno 2011

Var. % 2010/2011

Basilicata 3,37 4,76 3,20 7,22 4,40 -13,23 ASP 3,00 -4,94 3,00 4,01 3,00 -32,93 ASM 4,17 26,32 3,65 16,43 6,89 2,54

Fonte: elaborazione su dati Regione Basilicata Con riferimento al servizio di assistenza domiciliare socio-assistenziale (SAD), la Ba-silicata eroga questa prestazione solo allo 0,20% degli over 64, mentre a livello na-zionale, nel 2010, lo ha ricevuto il 5,10% della popolazione anziana.

Il valore si riduce poi nel caso di assistenza domiciliare integrata con servizi sani-tari attestandosi al 2,51% a livello nazionale. Le Regioni con le più alte quote di an-ziani sul totale della popolazione appartenente a questa fascia di età assistiti con qual-che forma di assistenza integrata sono quelle della ripartizione Settentrionale (2,70%); le rimanenti ripartizioni si attestano su valori notevolmente inferiori all’1,00% (Centro 0,51%, Sud 0,62% e Basilicata 0,01%). Analoga situazione si rile-va nel caso dei trasferimenti monetari (voucher, assegni di cura, buoni socio-sanitari): la Basilicata è ferma allo 0,01%, con il Nord a 2,32 anziani ogni 100, il Centro a 0,13, il Sud a 0,39 e (1,88% a livello nazionale) del totale degli over 64.

FFigura 5.66 Confronto per tipo di prestazione anziani trattati con SAD sul totale della popolazione over 64. Valori % - Anno 2010

Fonte: elaborazione su dati Istat. In merito alle quote di fruizione da parte dei disabili del Servizio di Assistenza Domi-ciliare, dall’analisi dei dati 2010 risulta che, a livello nazionale, sul totale della popo-lazione con meno di 65 anni solo lo 0,09% dei disabili riceve l’assistenza domiciliare

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Figura 5.7

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Figura 5.6

Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1181

socio-assistenziale, mentre lo 0,02% riceve l’assistenza integrata con servizi sanitari e lo 0,03% beneficia di indennità economiche. In tutte le ripartizioni e per tutte le tipo-logie di assistenza analizzate, si evidenziano quote di disabili assistiti sul totale della popolazione under 65 nettamente inferiori all’1,00%.

Se è vero che la positiva tendenza di questi ultimi anni è stata quella di un aumen-to dei casi trattati in ADI, è però anche vero che l’integrazione delle prestazioni sani-tarie, di competenza delle ASL, e sociali, di competenza comunale, resta l’obiettivo prioritario e più complesso da raggiungere. In effetti, l’analisi realizzata ha eviden-ziato come solo una quota esigua, quando non del tutto inesistente, oltre a ricevere l’ADI beneficia anche di una qualche forma di assistenza sociale.

FFigura 5.77 Confronto per tipo di prestazione disabili trattati con SAD sul totale della popolazione under 65. Valori % - Anno 2010

Fonte: elaborazione su dati Istat. Se consideriamo congiuntamente sia i disabili che gli anziani, che nel loro complesso ci forniscono indicazioni circa il ricorso ai servizi di assistenza domiciliare da parte dei soggetti non autosufficienti, e rapportiamo il dato al totale della popolazione disa-bile, così come l’abbiamo stimata, emerge che, nel 2010, in Basilicata 8,98 disabili su 100 ricevono l’assistenza di tipo socio-assistenziale, 0,27 l’assistenza domiciliare in-tegrata con servizi sanitari e 0,67 misure di tipo economico. Per confronto, in media a livello nazionale sono, invece, 8,49 disabili su 100 ricevono l’assistenza di tipo so-cio-assistenziale, 3,80 su 100 quella integrata con servizi sanitari ed il 3,56% benefi-cia di sussidi economici. I valori sono, comunque, variabili tra le ripartizioni: nell’anno considerato, sul fronte dell’assistenza domiciliare socio-assistenziale, il va-lore più basso è stato ottenuto dalle Regioni Centrali (5,89%); per quanto riguarda l’assistenza integrata con servizi sanitari è proprio la Basilicata a riportare il risultato peggiore, inferiore anche a quello della propria ripartizione; analoga conclusione può essere tratta se si considerano i trasferimenti monetari.

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1182 Capitolo 5

FFigura 5.88 Confronto per tipologia di prestazione disabili e anziani trattati con SAD sul totale dei disabili. Valori % - Anno 2010

Fonte: elaborazione e stima su dati Istat. Ulteriore provvidenza economica, che per altro rappresenta anche una buona proxy del numero dei non autosufficienti più gravi, è l’Indennità di Accompagnamen-to. Complessivamente, nel 2010, in Italia hanno beneficiato dell’Indennità di Ac-compagnamento 2.095.627 soggetti di cui 758.437 uomini e 1.337.190 donne.

TTabella 5.19 Percettori Indennità di Accompagnamento per sesso Valori assoluti – Anno 2010

Regioni Maschi Femmine Totale Italia 758.437,00 1.337.190,00 2.095.627,00 Nord 269.340,00 524.846,00 794.186,00 Centro 158.621,00 288.467,00 447.088,00 Sud 330.476,00 523.877,00 854.353,00 Basilicata 8.503,00 13.213,00 21.716,00

Fonte: elaborazione su dati Istat. La lettura della tabella che segue, congiuntamente alla considerazione che a livello nazionale circa il 66,00% dei disabili appartiene al genere femminile, apre la strada ad una serie di interrogativi. In prima battuta, sembrerebbe che solamente le Regioni Settentrionali tendano a replicare nella concessione del beneficio economico in ogget-to la prevalenza della disabilità a livello di genere; in effetti, mentre nel Nord il 66,09% dei beneficiari appartiene al genere femminile e il 33,91% a quello maschile, nelle rimanenti ripartizioni, ed in particolar modo in Basilicata e nel Sud in generale, le quote di ripartizione dell’Indennità di Accompagnamento tra maschi e femmine tendono a privilegiare i maschi a discapito delle donne, allontanandosi, dunque, dalla prevalenza della disabilità a livello di genere. La conclusione di tutto ciò potrebbe essere che le donne disabili, pur essendo in numero maggiore rispetto agli uomini, o

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Figura 5.8

Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1183

sono affette da patologie meno gravi o sono più discriminate; e questo, risulta essere particolarmente vero in Basilicata e nelle Regioni Meridionali.

TTabella 5.20 Distribuzione dei beneficiari di Indennità di Accompagnamento per sesso Valori % - Anno 2010

Regioni Maschi Femmine Italia 36,19 63,81 Nord 33,91 66,09 Centro 35,48 64,52 Sud 38,68 61,32 Basilicata 39,16 60,84

Fonte: elaborazione su dati Istat. Nel periodo 2009-2010, il numero di indennità erogate agli uomini ha subìto una ridu-zione dell’1,37%, mentre le donne che beneficiano di questa provvidenza economica sono diminuite dell’1,18%. Il fenomeno è stato generalizzato in tutte le aree considerate seppur con alcune differenze: la minore riduzione per quanto riguarda gli uomini, nel periodo considerato, si è avuta nel Sud mentre quella più consistente nella ripartizione Settentrionale. Sul fronte delle donne, la Basilicata ha riportato la contrazione minore (-0,44%), mentre quella più elevata ha riguardato anche in questo caso il Nord.

TTabella 5.21 Percettori Indennità di Accompagnamento per sesso Valori % - Anni 2009-2010

Regioni Maschi Femmine Totale Italia -1,71 -1,18 -1,37 Nord -2,25 -2,01 -2,09 Centro -1,35 -0,99 -1,12 Sud -1,44 -0,45 -0,83 Basilicata -1,33 -0,44 -0,79

Fonte: elaborazione su dati Istat. Ulteriore provvidenza economica a favore dei non autosufficienti, tipicamente disabili e anziani, è rappresentata dalla pensione di Invalidità Civile. Nel 2010, in Italia han-no beneficiato della pensione di Invalidità Civile 1.010.367,00 persone, di cui 461.619,00 maschi e 548.748,00 femmine.

TTabella 5.22 Percettori di Pensioni di Invalidità Civile per sesso Valori assoluti - Anno 2010

Regioni Maschi Femmine Totale Italia 461.619,00 548.748,00 1.010.367,00 Nord 144.504,00 166.803,00 311.307,00 Centro 80.080,00 101.908,00 181.988,00 Sud 237.035,00 280.037,00 517.072,00 Basilicata 5.778,00 6.590,00 12.368,00

Fonte: elaborazione su dati Istat.

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1184 Capitolo 5

Del totale dei beneficiari della pensione di Invalidità Civile, nel 2010, in Basilicata il 53,28% appartiene al genere femminile e il 46,72% a quello maschile. Nelle Regioni Centrali la quota di donne raggiunge il 56,00% del totale dei beneficiari, nelle Regio-ni Meridionali il 54,16% ed, infine, in quelle Settentrionali il 53,58%. Nessuna delle aree oggetto di indagine, al pari di quanto avviene per l’Indennità di Accompagna-mento, tende a replicare nella concessione del beneficio economico la prevalenza del-la disabilità a livello di genere; in particolare, la Basilicata sembrerebbe essere la Re-gione che più se ne allontana, seguita dal complesso delle Regioni del Nord.

TTabella 5.23 Distribuzione dei beneficiari della Pensione di Invalidità Civile Valori % - Anno 2010

Regioni Maschi Femmine Italia 45,69 54,31 Nord 46,42 53,58 Centro 44,00 56,00 Sud 45,84 54,16 Basilicata 46,72 53,28

Fonte: elaborazione su dati Istat.

Nel periodo 2009-2010, il numero di percettori di Pensioni di Invalidità Civile appar-tenente al genere femminile ha riportato una variazione di segno negativo del 2,26%, mentre quelli appartenenti al genere maschile sono diminuiti dello 0,10%. Per quanto riguarda le donne, il fenomeno è stato generalizzato: Nord -1,43%, Centro -2,29%, Sud -2,73% e Basilicata -0,75%. Parzialmente diverso è stato l’andamento sul fronte del genere maschile; mentre in Basilicata e nel Sud il numero di uomini beneficiari di pensione di Invalidità Civile diminuisce rispettivamente dell’1,03% e dell’1,12%, nel-le Regioni Centro-Settentrionali aumenta (Nord +1,39% e Centro +0,28%).

TTabella 5.24 Percettori di Pensioni di Invalidità Civile per sesso Valori % - Anni 2009-2010

Regioni Maschi Femmine Totale Italia -0,10 -2,26 -1,28 Nord 1,39 -1,43 -0,14 Centro 0,28 -2,29 -1,17 Sud -1,12 -2,73 -2,00 Basilicata -1,03 -0,75 -0,88

Fonte: elaborazione su dati Istat. Con riferimento al 2010, in Basilicata i percettori di Indennità di Accompagnamento sul totale della popolazione sono pari al 3,69%, quelli della pensione di Invalidità Ci-vile al 2,10% e il totale dei casi trattati in ADI all’1,18%.

È possibile osservare come solo una quota esigua di persone abbia di fatto diritto al-le prestazioni domiciliari: lo 0,99% a livello nazionale, con valori che non si discostano molto da quest’ultimo in tutte le ripartizioni: 1,32% nel Nord, 1,01% nel Centro, 0,55% nel Sud. L’incidenza dei percettori di Indennità di Accompagnamento raggiunge, inve-ce, nel medesimo anno, il 3,47% della popolazione italiana. La ripartizione che eroga

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Figura 5.9

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184 Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1185

un maggior numero di Indennità a favore della popolazione residente è il Sud (4,09%), seguito dal Centro (3,77%). Sottolineiamo come le aree in cui sembra essere più attivo il servizio di assistenza domiciliare (in termini di casi trattati in rapporto alla popolazio-ne residente) sono anche quelle che erogano un minor numero di Indennità di Accom-pagnamento (nello specifico il Nord e la Basilicata). Le pensioni di Invalidità Civile, pur essendo un fenomeno meno radicato rispetto all’Indennità di Accompagnamento, risultano, in ogni caso, più diffuse delle cure domiciliari: Italia 1,67%, Nord 1,13%, Centro 1,53%, Sud 2,48% e Basilicata 2,10%. Quest’ultima misura risulta essere, dun-que, più radicata in Basilicata e nelle Regioni Meridionali che non altrove. FFigura 5.99 Beneficiari Indennità di Accompagnamento, Pensione Invalidità Civile e

ADI su totale popolazione residente. Valori % - Anno 2010

Fonte: elaborazione su dati Ministero della Salute e Istat. L’analisi dell’importo medio annuo delle Pensioni di Invalidità Civile con Indennità di Accompagnamento, ha evidenziato che, nel 2010, i residenti della Basilicata bene-ficiari di detta provvidenza percepiscono una pensione di importo medio annuo supe-riore a quello osservabile nella ripartizione di appartenenza così come anche a quello delle Regioni Centrali e sostanzialmente in linea con quello delle Regioni Settentrio-nali. Sono, inoltre, significative le differenze di genere: le donne percepiscono, in tut-te le ripartizioni, pensioni di importo superiore rispetto agli uomini.

TTabella 5.25 Importo medio annuo delle Pensioni di Invalidità Civile con Indennità di Accompagnamento per sesso. Valori in € - Anno 2010

Regioni Maschi Femmine Totale Italia 10.283,79 11.532,75 10.925,24 Nord 10.592,55 12.232,91 11.454,56 Centro 10.279,69 11.648,33 10.992,51 Sud 10.081,82 10.980,35 10.533,36 Basilicata 10.561,57 11.879,23 11.233,32

Fonte: Istat.

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1186 Capitolo 5

Tra il 2009 ed il 2010, l’importo medio annuo delle pensioni di Invalidità Civile con Indennità di Accompagnamento sia degli uomini che delle donne è aumentato in Basi-licata (maschi +2,08%, femmine +1,67%) e nelle Regioni Meridionali (maschi +0,43%, femmine +0,53%), mentre nelle rimanenti ripartizioni l’andamento è stato opposto.

TTabella 5.26 Importo medio annuo delle Pensioni di Invalidità Civile con Indennità diAccompagnamento per sesso. Valori % - Anni 2009-2010

Regioni Maschi Femmine Totale Italia -0,24 0,00 -0,16 Nord -0,74 -0,59 -0,73 Centro -1,31 -0,51 -0,94 Sud 0,43 0,53 0,45 Basilicata 2,08 1,67 1,78

Fonte: elaborazione su dati Istat.

Per quanto riguarda l’importo medio annuo delle Indennità di Accompagnamento, è possibile osservare come i residenti della Basilicata e delle Regioni del Sud in genera-le, percepiscano delle pensioni di importo medio inferiore rispetto a quanto avviene nelle Regioni Centro-Settentrionali. Inoltre, in tutte le ripartizioni sono apprezzabili delle differenze di genere: le donne ricevono delle Indennità di Accompagnamento di importo medio annuo inferiore, e ciò risulta essere particolarmente vero in Basilicata e nel Sud.

TTabella 5.27 Importo medio annuo delle Indennità di Accompagnamento per sesso Valori in € - Anno 2010

Regioni Maschi Femmine Totale Italia 19.856,87 17.320,32 18.139,93 Nord 20.863,91 18.084,71 18.928,22 Centro 20.986,00 17.632,78 18.713,08 Sud 18.337,96 16.304,94 17.003,72 Basilicata 17.158,15 15.887,26 16.341,21

Fonte: Istat.

L’importo medio annuo delle Indennità di Accompagnamento tra il 2009 ed il 2010 ha subìto un aumento generalizzato. Per quanto riguarda l’importo delle pensioni percepite dagli uomini, quest’ultimo è aumentato in maniera più marcata in Basilicata (+2,67%), seguita dalle Regioni Meridionali e da quelle Centrali. Per quanto attiene, invece, l’importo delle pensioni di cui sono beneficiarie le donne, quest’ultimo ha se-gnato l’incremento maggiore nelle Regioni Centro-Meridionali, seguite da quelle Set-tentrionali; la Basilicata si colloca al livello inferiore con un +1,04%.

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186 Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1187

TTabella 5.28 Importo medio annuo delle Indennità di Accompagnamento per sesso Valori % - Anni 2009-2010

Regioni Maschi Femmine Totale Italia 1,96 1,67 1,73 Nord 1,81 1,58 1,62 Centro 2,10 1,84 1,88 Sud 2,18 1,84 1,92 Basilicata 2,67 1,04 1,61

Fonte: elaborazione su dati Istat. Le donne lucane percepiscono delle pensioni di Invalidità Civile di importo media-mente più alto rispetto a quello spettante alle residenti delle Regioni Cen-tro-Meridionali. I maschi residenti in Basilicata, invece, godono di pensioni media-mente più alte di quelle di cui beneficiano i residenti della medesima ripartizione, ma di importo mediamente inferiore a quello erogato nelle Regioni del Centro e del Nord.

TTabella 5.29 Importo medio annuo delle Pensioni di Invalidità Civile Valori in € - Anno 2010

Regioni Maschi Femmine Totale Italia 5.121,32 4.488,07 4.759,22 Nord 5.572,86 5.044,59 5.283,62 Centro 5.200,53 4.497,12 4.777,94 Sud 4.844,73 4.206,80 4.477,75 Basilicata 5.162,45 4.485,82 4.788,99

Fonte: Istat. Nel 2010 rispetto all’anno precedente, gli importi delle pensioni di Invalidità Civile hanno riportato delle variazioni di segno negativo in tutte le ripartizioni. In particola-re, per quanto riguarda il genere femminile, in Basilicata la contrazione è stata più contenuta che non altrove: Basilicata -0,67%, Nord -1,87%, Centro -2,06% e Sud -1,48%; per quanto riguarda gli uomini, l’andamento è stato il medesimo, seppur contraddistinto da percentuali diverse.

TTabella 5.30 Importo medio annuo delle Pensioni di Invalidità Civile: Valori % - Anni 2009-2010

Regioni Maschi Femmine Totale Italia -1,30 -1,71 -1,44 Nord -1,75 -1,87 -1,73 Centro -1,82 -2,06 -1,87 Sud -0,93 -1,48 -1,17 Basilicata -0,81 -0,67 -0,82

Fonte: elaborazione su dati Istat. Conclusivamente, nella distribuzione a livello di genere dell’Indennità di Accompa-gnamento e delle pensioni di Invalidità Civile, nessuna delle ripartizioni tende a ri-

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1188 Capitolo 5

spettare la prevalenza della disabilità a livello di genere; ovvero, se è pur vero che a livello nazionale circa il 66,00% dei disabili appartiene al genere femminile, nell’assegnazione delle due provvidenze economiche analizzate le donne risultano di-scriminate in quanto la percentuale di donne che beneficia dell’Indennità di Accom-pagnamento si ferma al 63,81% del totale dei percettori (60,84% in Basilicata), men-tre quella che ottiene la pensione di Invalidità Civile non raggiunge il 55,00%.

Tra il 2009 ed il 2010 il numero dei percettori di Indennità di Accompagnamento subisce ovunque una battuta d’arresto, ma meno che altrove in Basilicata. Inoltre, l’importo medio annuo delle pensioni di Invalidità Civile con Indennità di Accompa-gnamento in Basilicata risulta essere più elevato rispetto a quello della ripartizione di appartenenza e a quello del Centro ed in linea con il dato del Nord; le donne percepi-scono, in questo caso ed in tutte le ripartizioni, pensioni mediamente più elevate di quelle degli uomini. Ma se si considerano gli importi delle sole Indennità di Accom-pagnamento, la situazione risulta opposta: le donne percepiscono in tutte le ripartizio-ni meno degli uomini ed, in particolare, in Basilicata e nelle Regioni Meridiona-li; considerazioni analoghe valgono per il genere maschile.

55.6 LLa spesa dei Comuni per la disabil ità ee la non--aautosufficienza

Analizzando nello specifico i servizi sociali legati alla Sanità6, nel 2010 in Italia sono stati spesi dai Comuni (singoli o associati) circa € 917 Mln., ovvero € 15,20 pro-capite, valore in crescita del 4,7% medio annuo nell’ultimo quinquennio considerato.

Nel 2005, la Basilicata presentava una spesa pro-capite inferiore a quella delle al-tre ripartizioni, mentre nel 2010 presenta un valore superiore a quello della ripartizio-ne di appartenenza e tende ad avvicinarsi al valore delle Regioni Centrali. Le Regioni in cui la spesa è risultata maggiore in entrambi gli anni sono quelle appartenenti alla ripartizione Settentrionale.

TTabella 5.31 Spesa pro-capite dei Comuni singoli o associati per le Prestazioni Sociali Valori in € - Anni 2005-2010

Regioni 2005 2010 Italia 12,08 15,20 Nord 14,82 16,89 Centro 12,96 14,84 Sud 8,10 13,16 Basilicata 7,02 14,06

Fonte: elaborazione su dati Istat.

6 Questa voce comprende i seguenti servizi: l’assistenza domiciliare socio-assistenziale, l’assistenza domiciliare integrata con servizi sanitari e i voucher, assegni di cura e buoni socio-sanitari, i servizi di prossimità, i servizi di telesoccorso e teleassistenza, la distribuzione pasti e/o lavanderia a domicilio.

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5.6 La spesa dei Comuni per la disabil ità e la non-autosufficienza

Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1189

Se è pur vero che nel Sud ed in Basilicata la spesa pro-capite per prestazioni sociali è più bassa, è altrettanto vero che la crescita di detta spesa nell’ultimo quinquennio è stata mediamente superiore a quella delle altre ripartizioni: Nord +2,66%, Centro +2,74%, Sud +10,18 e Basilicata +14,19%.

TTabella 5.32 Variazione quinquennale media annua della spesa pro-capite dei Comunisingoli o associati per prestazioni sociali Valori %-Anni 2005-2010

Regioni 2010/2005 Italia 4,70 Nord 2,65 Centro 2,74 Sud 10,18 Basilicata 14,91

Fonte: elaborazione su dati Istat. L’incidenza sul PIL della spesa sociale dei Comuni nel 2010 in Italia è pari allo 0,06%: l’incidenza maggiore si registra in Basilicata e nelle Regioni del Sud (en-trambe 0,08%), mentre quella minima, prossima allo 0, nel Centro e nel Nord. Sebbene, dunque, la spesa pro-capite sia inferiore in Basilicata e nel Sud, l’incidenza su PIL di detta spesa in queste Regioni è superiore, ovvero in tali real-tà una quota maggiore del reddito prodotto localmente viene destinata alle misure di protezione sociale.

TTabella 5.33 Incidenza della spesa dei Comuni singoli e associati per le prestazioni so-ciali sul PIL. Valori % - Anni 2005-2010

Regioni 2005 2010 Italia 0,05 0,06 Nord 0,05 0,05 Centro 0,05 0,05 Sud 0,05 0,08 Basilicata 0,04 0,08

Fonte: elaborazione su dati Istat. Dei € 917 Mln. spesi per il Sociale, il 60,86% è stato impiegato per l’assistenza so-cio-assistenziale, il 19,15% per benefici in moneta, il 10,26% per l’assistenza domici-liare integrata con servizi sanitari ed il 4,00% per la distribuzione dei pasti e/o lavan-deria a domicilio; le rimanenti prestazioni (servizi di prossimità, telesoccorso e te-leassistenza) hanno assorbito quote marginali.

Analizzando il dato a livello di ripartizione, è evidente come in tutte le Regio-ni le quote più alte di spesa si registrano nell’ambito dell’assistenza domiciliare socio-assistenziale: in Basilicata la prestazione in oggetto assorbe il 92,50% della spesa complessiva, il 72,25% nel Centro, il 66,64% nel Sud ed il 53,15% nel Nord.

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1190 Capitolo 5

Per quanto attiene l’assistenza domiciliare integrata con servizi sanitari, la Basilicata è la Regione che destina la minor quantità di risorse a tale forma di protezione sociale fermandosi ad uno 0,62%; seguono le Regioni Settentrionali (8,97%), quelle Meri-dionali (9,29%) ed, infine, quelle Centrali (15,18%).

Passando all’analisi dei trasferimenti monetari, le Regioni che hanno destinato una quota maggiore dei loro budget a favore di questo tipo di provvidenza sono quelle del Nord (28,16%), seguite da quelle del Sud (12,86%); la Basilicata, a differenza della propria ripartizione, si ferma all’1,24%.

Alla distribuzione dei pasti e/o lavanderia a domicilio, la Basilicata e le Re-gioni del Nord dedicano rispettivamente il 4,09% ed il 6,38% e il 10,2% della spesa Socio Sanitaria totale; le altre ripartizioni si fermano al di sotto dei due punti percentuali.

Al telesoccorso e alla teleassistenza la Basilicata dedica una quantità di risorse in-feriore al mezzo punto percentuale; in questo caso il valore più elevato attiene alle Regioni Centrali con un 2,81%.

TTabella 5.34 Composizione della spesa dei Comuni singoli o associati per tipo di pre-stazione sociale Valori % - Anno 2010

Regioni

Assistenza

domiciliare socio-

assistenziale

Assistenza D

omiciliare

Integrata con servizi sanitari

Servizi di prossimità

(buonvicinato)

Telesoccorso e

teleassistenza

Voucher, assegno di cura, buono socio-sanitario

Distribuzione pasti e/o

lavanderia a dom

icilio

Altro

Italia 60,86 10,26 0,82 1,33 19,15 4,00 3,58 Nord 53,15 8,97 1,44 0,74 28,16 6,38 1,15 Centro 72,25 15,18 0,41 2,81 5,10 1,86 2,38 Sud 66,64 9,29 0,02 1,39 12,86 1,34 8,46 Basilicata 92,50 0,62 0,04 0,36 1,24 4,09 1,14

Fonte: elaborazione su dati Istat. In termini di utenza dei Servizi di Assistenza Sociale forniti dai Comuni, prevalgono gli anziani e i disabili, a cui, nel 2010, è stato destinato rispettivamente il 65,60% e il 25,23% del totale delle risorse disponibile per le misure di protezione sociale. Come era lecito attendersi per effetto della maggior concentrazione della disabilità nelle Re-gioni Meridionali, la spesa sociale per tale tipologia di utenza risulta essere più eleva-ta al Sud ed in Basilicata; all’estremo opposto le Regioni Settentrionali. Consideran-do, invece, gli anziani, la situazione risulta opposta: la spesa è molto più alta nel Nord che non altrove.

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5.7 Rif lessioni f inal i

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190 Focus: la disabilità e la non-autosufficienza 1191

TTabella 5.35 Spesa dei Comuni singoli o associati per area di utenza Valori % - Anno 2010

Regioni Disabili Anziani Italia 25,23 65,60 Nord 13,05 76,42 Centro 33,38 56,13 Sud 40,66 53,32 Basilicata 34,56 36,66

Fonte: elaborazione su dati Istat.

55.7 RRiflessioni f inali

La Comunità Europea ha iniziato ad affrontare il tema della disabilità, sebbene con azioni sporadiche e frammentarie, a partire dalla fine degli anni ’70. Tuttavia, solo dalla fine degli anno ‘90 con l’approvazione del Trattato di Amsterdam è stato introdotto l’art. 13, che per la prima volta citava nei documenti fondativi dell’Unione Europea il tema della disabilità. Allo stato attuale, la Strategia europea sulla disabilità (2010-2020) mira a migliorare l’inclusione sociale, il benessere e il pieno esercizio dei diritti delle persone disabili intervenendo su otto aree di azione individuate dagli Stati membri sulla base dei risultati ottenuti dal precedente Piano di azione (2003-2010).

In Italia, la disabilità ha ricevuto una trattazione puntuale con l’emanazione della Legge quadro 104/1992 nella quale è stata data particolare enfasi all’inserimento e all’integrazione sociale delle persone disabili.

La mancanza di una definizione univoca e puntuale dello stato di non-autosufficienza e quindi della platea di coloro eleggibili al sistema di protezione so-cio-assistenziale (assistenza domiciliare, assistenza socio-assistenziale, voucher, asse-gni di cura, indennità di accompagnamento, pensione di invalidità civile, etc..), ha fat-to sviluppare modelli regionali di assistenza eterogenei e difficilmente confrontabili, soprattutto in riferimento alle prestazioni erogabili nei confronti di coloro che si tro-vano in una condizione di non-autosufficienza.

La Basilicata, invece, è stata una delle Regioni che ha fornito una definizione pun-tuale dello stato di non-autosufficienza e delle modalità per la sua individuazione. In particolare, con L.R. 4/2007 “Rete regionale integrata dei servizi di cittadinanza socia-le”, all’art. 4 comma 2, definisce non autosufficienti «le persone che, a causa delle pato-logie e delle disabilità anche correlate all’età, da cui affette, non possono provvedere alla cura di se stesse e mantenere una normale vita di relazione senza l’aiuto determi-nante di altri». La non-autosufficienza viene, quindi, associata ad uno stato di disabilità che comporta l’inabilità della persona a compiere gli atti essenziali della vita quotidiana, quali le attività per la cura di sé come lavarsi, vestirsi, alimentarsi, spostarsi, etc..e le at-tività strumentali consistenti nel fare la spesa, preparare i pasti, utilizzare il telefono, etc.. Ancora, con DGR 1281/2009, la Regione stabilisce che la condizione di non-autosufficienza può essere riconosciuta sulla base del grado di intensità assistenza.

L’analisi condotta ha palesato che l’assistenza domiciliare integrata è certamente una forma di assistenza sempre più presente nella rete dei servizi sanitari, ma la sua

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1192 Capitolo 5

organizzazione è ancora ben lungi dall’essere standardizzata con modelli di riferimen-to importanti e la sua diffusione è ancora inadeguata. Grandissime differenze per-mangono fra le varie ripartizioni sia sul fronte organizzativo sia sulla tipologia di per-sone assistite.

Se è vero che il trend, positivo, di questi ultimi anni è stato quello di un aumento dei casi trattati in ADI, è però anche vero che l’integrazione delle prestazioni sanitarie e sociali resta l’obiettivo prioritario e più complesso da raggiungere. La competenza dei servizi di assistenza domiciliare, comprendente aspetti sociali e sanitari, continua ad essere separata tra Comuni e Regioni, e rappresentano ancora una piccola quota i casi che vengono gestiti congiuntamente.

Tra il 2010 ed il 2011, in Basilicata, la quota dei casi trattati in ADI è aumentata del 14,11% (sebbene fra tra il 2009 ed il 2010 avesse riportato un segno negativo del 5,81%), quella degli over 64 del 17,71%, è invece diminuita la quota dei malati ter-minali assistiti a domicilio (-7,91%). Andamento analogo, sebbene con percentuali diverse, ha contraddistinto l’Azienda Sanitaria di Potenza (il totale degli assistiti è aumentato del 25,05%, quello delle persone over 65 del 34,75% mentre la cura dei malati terminali ha riportato un segno negativo del 24,09%); l’Azienda Sanitaria di Matera, invece, a fronte di una riduzione del numero degli anziani trattati, ha incre-mentato del 36,67% il numero dei malati terminali assistiti a domicilio. Ulteriore aspetto emerso degno di nota è come tra il 2010 ed il 2011 in entrambe le ASL si sia assistito ad una contrazione significativa delle ore annue di cure prestate mediamente per paziente anziano; analoga situazione ha contraddistinto l’Azienda Sanitaria di Po-tenza con riferimento ai malati terminali, mentre in quella di Matera si è registrato un aumento delle cure, espresse in ore annue medie, rivolte a tale tipologia di mala-ti. Sembra, dunque, che la Regione abbia puntato al un aumento del numero di assi-stiti a domicilio, riducendo però il tempo dedicato al singolo paziente.

Infine, se consideriamo che circa il 66,00% dei disabili appartiene al genere fem-minile e consideriamo la distribuzione dell’Indennità di Accompagnamento, emerge che solamente nelle Regioni del Nord la concessione del beneficio economico riflette la prevalenza delle disabilità per genere. La Basilicata sembrerebbe essere la Regione che maggiormente tende ad allontanarsi da detta prevalenza nella concessione del be-neficio economico oggetto di studio; infatti, di tutti i beneficiari lucani dell’Indennità di Accompagnamento, il 60,84% appartiene al genere femminile ed il 39,16% a quel-lo maschile. La conclusione di tutto ciò potrebbe essere che le donne lucane disabili, pur essendo in numero maggiore rispetto agli uomini, o sono affette da patologie me-no gravi e, quindi giudicate non idonee all’ottenimento della summenzionata provvi-denza economica, o sono più discriminate; e questo, risulta essere particolarmente vero non solo in Basilicata, ma nel complesso delle Regioni Meridionali. Inoltre, l’importo medio annuo delle Indennità percepite sia dalle donne che dagli uomini in Basilicata è inferiore a quello erogato nelle rimanenti ripartizioni.

Infine, nel 2010, la Basilicata presenta una spesa pro-capite per misure di prote-zione sociale superiore a quella della ripartizione di appartenenza e tende ad avvici-narsi a quella delle Regioni del Centro; inoltre, l’incidenza di questa voce sul PIL in Basilicata e nel Sud è superiore alla media nazionale e delle altre ripartizioni geogra-fiche.

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6 Governance, coordinamento

e gestione del la rete dei servizi socio sanitari terr itorial i

6.1 Introduzione

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66 GGovernance, coordinamento

ee gestione della rete dei servizi ssocio sanitari terr itorial i

D’Adamo A.1, D’Ambrosio F.2, D’Attis A.3

66.1 IIntroduzione

La prevalenza di patologie croniche, insieme al progressivo invecchiamento della po-polazione, induce decisori e operatori del Sistema sociale e sanitario a investire risor-se ed energie nel ridisegno dell’assistenza territoriale. Partendo da un’analisi delle tendenze nazionali sul tema, questa parte del Rapporto focalizza l'attenzione sullo svi-luppo di capacità di governance, coordinamento e gestione della rete dei servizi socio sanitari territoriali, presentando criticità, proposizioni, buone pratiche, possibili indi-cazioni di policy e di management.

Il mutamento del quadro demografico, epidemiologico e sociale avvenuto in Italia negli ultimi decenni ha provocato un aumento dei bisogni delle fasce più deboli della

1 Dottore di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali), Facoltà di Economia. È Professore a contratto di Economia Aziendale, Organizzazione aziendale e Management Sanitario presso le Facoltà di Economia e Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. 2 Dottoranda di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali) - Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”- in progetti di ricerca nel campo del management e dell'organizzazione delle aziende sanitarie pubbliche. 3 Ingegnere Clinico e Biomedico in staff alla Direzione Generale del San Camillo Forlanini in Roma. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali) - Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”- in progetti di ricerca nel campo del management e dell'organizzazione delle aziende sanitarie pubbliche.

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1194 Capitolo 6

popolazione: si tratta di bisogni compositi che determinano domande multidimensio-nali a cui occorre rispondere in maniera efficace attraverso interventi integrati.

L’evoluzione dei bisogni sanitari e di quelli sociali richiede un cambiamento delle politiche di intervento e la necessità di riorganizzare l’offerta dei servizi attraverso due modalità assistenziali:

1. territoriale - primaria, domiciliare e residenziale - deputata alla risposta ai bi-sogni sanitari e socio-sanitari;

2. ospedaliera, per le cure e l’assistenza al paziente in fase acuta. Il quadro demografico ed epidemiologico italiano, letto nell’ottica delle implicazioni per l’assistenza territoriale, evidenzia:

• una popolazione in aumento soprattutto per effetto dell’aumento della pre-senza di cittadini stranieri regolari;

• il progressivo invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento della quota di popolazione anziana;

• un numero crescente di anziani che potrà contare su un numero decrescente di “care giver”;

• un aumento di mortalità caratterizzata principalmente da patologie croniche. L’azione riorganizzativa muove dall’esigenza di recuperare e valorizzare il ruolo centra-le del livello territoriale in una logica di integrazione e di sistema. L’esigenza di supera-re una visione che individua nel macrolivello ospedaliero la sede pressoché esclusiva della risposta alla malattia, riconducendo in modo appropriato a questo livello la gestio-ne delle acuzie, comporta una irrinunciabile implementazione del sistema delle cure ter-ritoriali verso la reale presa in carico dei bisogni di salute dei cittadini. Ciò si realizza sviluppando percorsi di cura ed assistenza nell’ottica della continuità assistenziale.

66.2 LLe specif icità organizzative dei servizi territorial i

Per indagare i fabbisogni di governo dei servizi territoriali è necessario analizzare le caratteristiche peculiari di questo settore, affinché gli strumenti manageriali utilizzati risultino coerenti con le sue specificità (Borgonovi, 2002).

La lettura delle specificità del settore, speculare alle caratteristiche dei servizi ospedalieri, può essere effettuata tenendo in considerazione che i servizi territoriali:

• hanno spesso natura preventiva o di diagnosi/intervento precoce, il cui end

point vuole essere il mantenimento dello stato di salute, che talvolta può es-sere misurata attraverso la riduzione dell’accesso, da parte dell’utente, alle prestazioni specialistiche ospedaliere.

• cercano di promuovere ambiti di cura prossimi, il più possibile, ai bisogni del paziente, favorendo i centri diurni ai luoghi di ricovero, il domicilio ai centri diurni ecc.

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6.3 Le forme associative complesse di assistenza territoriale

6.3.1 La Medicina di gruppo: l ’équipe

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6.2 Le specif icità organizzative dei servizi territorial i

Governance, coordinamento e gestione della rete dei servizi socio sanitari territoriali 1195

• affrontano il tema della cronicità, della prevenzione, dell’intervento precoce in una logica di continuità della presa in carico.

• hanno spesso una componente socio-sanitaria integrata (si pensi ai servizi per le non autosufficienze), in cui non sempre è possibile enucleare chiara-mente la prestazione sanitaria da quella sociale. In alcuni casi, infatti, l’intervento sanitario contribuisce esclusivamente alla riduzione del danno sociale; in altri, la componente sociale è ausiliare a quella sanitaria, senza po-ter distinguere chiaramente le diverse componenti.

• hanno spesso natura multidisciplinare, coinvolgendo differenti specialità mediche (es. MMG, oncologo, ginecologo, ecc.), diverse professioni sanitarie (infermieri o riabilitatori) e anche operatori di natura socio-assistenziale (es. assistenti sociali e psicologi).

Le caratteristiche dei servizi territoriali, rendono necessaria l’organizzazione di forme associative complesse di assistenza territoriale idonee a garantire la gestione integrata del bisogno assistenziale attraverso la presa in carico e la costruzione di percorsi assi-stenziali integrati.

66.3 LLe foorme associative complesse di aassistenza tterritoriale

La sostenibilità e l’efficienza del Sistema Sanitario Nazionale sono strettamente col-legati a un rilancio dell’assistenza territoriale in grado di rispondere ai crescenti biso-gni di assistenza della popolazione.

In Italia sono stati variamente individuati modelli organizzativi idonei a garantire la reale presa in carico della persona, la costruzione di percorsi assistenziali integrati, la gestione unitaria del bisogno assistenziale. Le principali forme associative com-plesse di assistenza territoriale presenti in Italia sono modelli organizzativi in grado di combinare efficienza ed efficacia, qualità ed appropriatezza, equità sociale e soddisfa-zione dei pazienti, quindi, particolarmente idonei a rispondere a bisogni assistenziali complessi.

È ancora di grande attualità la citazione presente nel Libro Bianco “La vita buona nella società attiva”, presentato dal Ministro Sacconi nel maggio 2009: il “governo dei percorsi di salute prospetta la necessità di una rifondazione della medicina di ba-se e delle cure primarie e delle reti di offerta”. Il superamento della figura del medico solista diventa il passaggio fondamentale per “approdare a nuove forme di associa-zione e collaborazione, che consentano di dar vita a un sicuro e stabile riferimento per il paziente”.

66.3..1 LLa Medicina di gruppo: l ’ééquipe

L’équipe è una aggregazione funzionale di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici di continuità assistenziale e operatori di centri di salute (medici,

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1196 Capitolo 6

infermieri, assistenti sociali), ai quali si possono aggiungere medici specialisti dei di-partimenti territoriali e ospedalieri, unità valutative di supporto (ad esempio, geriatri-che o multidimensionale), professionisti degli staff e dei centri interaziendali di sup-porto.

La finalità principale di tale articolazione organizzativa è rappresentata dalla vo-lontà di garantire l’estensione temporale della continuità assistenziale sui sette giorni, assicurando l’intersettorialità e l’integrazione degli interventi socio-sanitari nell’ambito territoriale di riferimento.

66.3..2 LLe Unità terr itoria l i di Assistenza Primaria (UTAP)

Le UTAP sono forme aggregative sperimentali per l’erogazione di prestazioni com-plesse, definite come “presidi integrati per le cure primarie”, formati dall’associazione di più medici convenzionati - medici di medicina generale, medici di continuità assistenziale, pediatri di libera scelta, specialisti convenzionati - che ope-rano in una sede unica consentendo un maggior livello di integrazione tra la medicina di base e quella specialistica. Il processo di integrazione tra i vari attori può prevede-re, inoltre, la presenza di operatori sociali quando è necessario strutturare un interven-to complesso delle ASL con gli enti locali per una risposta integrata a quei bisogni sociali ad elevata rilevanza sanitaria.

Le Unità territoriali assumono denominazioni differenti nelle regioni italiane. Le Unità di cure primarie, presenti in Toscana e nel Lazio, costituiscono un mo-

dello organizzativo finalizzato ad assicurare l’integrazione intersettoriale sia nei con-fronti delle politiche sociali che degli interventi di competenza non sanitaria (gli in-terventi di sorveglianza attiva a favore degli anziani, l’alimentazione e salute, la sicu-rezza alimentare) e sono volte a riorganizzare, secondo precisi obiettivi, l’offerta dei servizi.

In Emilia Romagna e in Campania è stata prevista l’istituzione a livello infradi-strettuale di uno specifico Dipartimento delle Cure Primarie (DCP) per la realizzazio-ne dell’integrazione fra medicina generale e servizi sociali. Il Dipartimento organizza e gestisce il processo di produzione dei servizi territoriali presenti a livello di Distret-to e assicura l’erogazione dei servizi sanitari integrandosi con il servizio sociale. Al Dipartimento delle Cure Primarie competono le responsabilità cliniche e di produzio-ne dei servizi sanitari separate dalle funzioni di programmazione strategica, valuta-zione, tempestività e continuità delle cure, che competono al Distretto.

In Lombardia e in Piemonte sono operativi i Gruppi di Cure Primarie (GCP), uni-tà elementari di offerta integrata di competenze mediche, infermieristiche e speciali-stiche di primo livello. I GCP definiscono autonomamente la propria organizzazione interna al fine di garantire la gestione delle attività, coniugando l’autonomia e la re-sponsabilità dei singoli professionisti con l’esigenza di assicurare la programmazio-ne, il coordinamento e la valutazione delle attività e la condivisione delle modalità di presa in carico e dei percorsi diagnostico terapeutici degli assistiti. La gestione del Gruppo richiede una figura di coordinamento che mantenga i contatti con la Direzio-ne delle ASL e con gli altri livelli istituzionali, e necessita di momenti strutturati di partecipazione.

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6.3.3 La Casa del la Salute

6.3.4 L’Ospedale di Comunità

6.4 La gestione integrata del bisogno assistenziale

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6.3.2 Le Unità terr itor ial i di Assistenza Pr imaria (UTAP)

Governance, coordinamento e gestione della rete dei servizi socio sanitari territoriali 1197

66.3..3 LLa Casa del la Salute

La Casa della Salute si configura come un modello innovativo, ancora in fase di spe-rimentazione in Piemonte, Toscana, Lazio, Marche e Umbria, che ha come principale obiettivo quello di favorire, attraverso la contiguità spaziale dei servizi e degli opera-tori, l’unitarietà e l’integrazione dei livelli essenziali delle prestazioni socio-sanitarie.

La Casa della Salute rappresenta una struttura polivalente e funzionale, in cui si realizza la presa in carico del cittadino, in grado di programmare ed erogare l’insieme dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali organizzati in specifiche aree di intervento integrati fra loro: prevenzione primaria, secondaria e terziaria, educazione e promozione della salute, malattie croniche.

L’approccio alla domanda di salute è multidisciplinare e si prevede che il persona-le che vi opera sia quello del Distretto (tecnico-amministrativo, infermieristico, della riabilitazione, dell’intervento sociale) e dei medici convenzionati.

66.3..4 LL’Ospedale di Comunità

L’Ospedale di Comunità (OdC) si configura come un punto di facile accesso ai servi-zi e alle cure per rispondere ai bisogni emergenti di natura assistenziale e socio-sanitaria, provenienti soprattutto dall’area della cronicità. Nato per favorire la crea-zione di alleanze strategiche tra medici di famiglia, specialisti ambulatoriali, medici di continuità assistenziale, infermieri professionali, l’Ospedale di Comunità è una strut-tura innovativa che si colloca tra il domicilio del paziente e l’ospedale per fornire ri-sposte coerenti con i bisogni particolari di una popolazione prevalentemente anziana, con una necessità di assistenza caratterizzata da patologie croniche post acute e riacu-tizzate che richiedono un’ulteriore fase riabilitativa in ambiente non necessariamente identificato con l’ospedale tradizionale per acuti.

L’Ospedale di Comunità rappresenta un modo intelligente di riconvertire un pic-colo ospedale e consente degenze brevi, in letti protetti o di sollievo, in casi di dimis-sioni precoci dagli ospedali tradizionali, prevenzione delle complicanze e recupero dell’autonomia con successivo rientro in domicilio, ritardo di ingressi a carattere defi-nitivo in strutture residenziali.

È una struttura sanitaria territoriale residenziale, in grado di rispondere anche ad alcu-ne esigenze sociali, classificata nel SSN come struttura di secondo livello, a differenza dell’assistenza primaria distrettuale, struttura di primo livello. Prevede la gestione diretta di posti letto da parte dei medici di medicina generale (MMG), per le persone residenti, prevalentemente anziani non autosufficienti, che non necessitano della complessità del secondo livello (ospedaliero) ma che non possono risolvere i loro problemi a domicilio.

66.4 LLaa gestione integrata del bisogno assistenziale

La costruzione di un sistema integrato riduce le difficoltà dei cittadini che spesso sono costretti a vagare da un servizio all’altro, alla ricerca della difficile combinazione di quei pezzi di “offerta” che complessivamente possono rispondere alle loro necessità.

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1198 Capitolo 6

L’integrazione, sociosanitaria e ospedale-territorio, può essere definita come la “con-dizione essenziale per migliorare l’efficacia degli interventi incidendo sulla continuità assistenziale, invertendo i rapporti fra ospedale e territorio, cure residenziali e domici-liari, medicina generale e specialistica”.

La gestione integrata del bisogno assistenziale si realizza attraverso la costruzione di percorsi assistenziali integrati e la presa in carico del paziente.

La costruzione di percorsi assistenziali integrati prevede che l'erogazione delle prestazioni e dei servizi sia organizzata attraverso la valutazione multidisciplinare del bisogno, la definizione di un piano di lavoro integrato e personalizzato e la valutazio-ne periodica dei risultati ottenuti.

Il percorso assistenziale deve rispettare le seguenti procedure:

• definizione della natura del bisogno attraverso una valutazione multidiscipli-nare di salute, di autonomia funzionale, di capacità di relazione, favorendo azioni di prevenzione, cura e riabilitazione;

• stesura di un progetto personalizzato, indicando le prestazioni necessarie ed i servizi che provvedono ad erogarle, per realizzare le azioni più appropriate per la riduzione del “danno” o il raggiungimento e mantenimento delle mi-gliori condizioni di vita della persona;

• verifica delle azioni compiute sotto il profilo della qualità e degli esiti; • accesso unico alla rete dei servizi per gli utenti e le rispettive famiglie, a cui

deve poter essere garantita una valutazione integrata, degli aspetti di rilevan-za sociale e di rilevanza sanitaria che caratterizzano il caso, prima di essere orientati verso una specifica prestazione socio-sanitaria.

La Regione Basilicata, consapevole che lo stato di salute richiede una lettura multi-dimensionale risultante dall’interazione tra la persona e l’ambiente fisico e sociale, ha individuato una metodologia che consente di definire:

1. il complesso integrato dei bisogni; 2. i criteri della valutazione integrata; 3. l'articolazione del piano di lavoro personalizzato vigilando sulla loro corretta

applicazione al fine di assicurare comportamenti uniformi ed omogenei a li-vello territoriale.

L’obiettivo di garantire “diritti reali di assistenza per tutti” si concretizza nell’elaborazione ed attuazione di percorsi clinico-assistenziali condivisi tra territorio ed ospedale calati nel contesto organizzativo locale o regionale in cui i professionisti si trovano ad operare.

La rete è finalizzata all'integrazione tra la prevenzione, l’assistenza di base (MMG e PLS), i servizi distrettuali, la specialistica territoriale, l’assistenza ospedaliera, per assicurare appropriatezza, coordinamento e continuità dell'assistenza sanitaria e dei servizi sociali, e facilitare l'accesso e l'erogazione delle prestazioni sociosanitarie, contenere i costi, permettere il monitoraggio degli assistiti e delle prestazioni proce-dendo alla valutazione dei risultati clinici e organizzativi, e migliorando la complian-

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198 Governance, coordinamento e gestione della rete dei servizi socio sanitari territoriali 1199

ce del paziente, educandolo e responsabilizzandolo, al tempo stesso, alla gestione del-la malattia. Per raggiungere questi obiettivi vanno superate le difficoltà oggettive all’integrazione ed implementati i segmenti della rete non ancora perfettamente fun-zionanti. In particolare, va raccordato il sistema delle cure ospedaliere con quello del-le cure primarie e va progettato un sistema integrato di coordinamento tra queste ul-time ed il livello specialistico territoriale ed ospedaliero per la continuità delle cure sia dei pazienti cronici che di quelli post acuti. L’ospedale deve adottare procedure di raccordo con il medico di medicina generale ed i servizi territoriali per l’attivazione delle risposte sanitarie corrispondenti ai bisogni del paziente dimesso, nel rispetto del-la continuità delle cure e della tempestività delle stesse. Va enfatizzato il ruolo del medico di medicina generale, componente fondamentale delle reti di assistenza, con il quale devono essere concordati con puntualità compiti, responsabilità, poteri e stru-menti per esercitare la funzione centrale del sistema.

La componente di residenzialità della rete deve essere limitata quanto più possibile ai casi con rilevante compromissione dell’autosufficienza, e, preso atto dell’ampia va-riabilità dei bisogni, le residenze dovrebbero prevedere nuclei con finalità specifiche: luoghi di sollievo per la persona disabile e la famiglia, nuclei per preminenti esigenze riabilitative o per problematiche cliniche temporanee, ecc. Infine occorre perfezionare i sistemi informativi esistenti per avere una conoscenza certa dei bisogni, dell’offerta, della qualità dei servizi e degli esiti.

La rete, di cui sono parte essenziale e qualificante gli specialisti ambulatoriali in-terni, dovrà garantire la continuità dell’assistenza, l’individuazione e l’intercettazione della domanda di salute con la presa in carico dell’utente ed il governo dei percorsi sanitari e sociali, in una rigorosa linea di appropriatezza degli interventi e di sostenibi-lità economica.

La definizione di percorsi di cura integrati permette di favorire il miglioramento della qualità dell’assistenza e consente al paziente di vedere un percorso di continuità a livello organizzativo-professionale nel ricevere le risposte al proprio bisogno.

In Basilicata, il Piano regionale integrato della salute e dei servizi alla persona e alla comunità 2012 – 2015 “Ammalarsi meno, curarsi meglio”, prevede la costituzio-ne di percorsi e strumenti integrati sociosanitari, per promuovere una migliore appro-priatezza, un miglior utilizzo dell’offerta assistenziale, la valorizzazione delle risorse residenziali e domiciliari, la promozione e la revisione dei percorsi di long term care; la razionalizzazione delle risorse economiche destinate all’assistenza.

In particolare, saranno attivate delle Unità di Valutazione Integrata (UVI), indivi-duate come il luogo in cui avviene la presa in carico integrata dell’utente con esigenze sia sanitarie che sociali di natura complessa. In esso si effettua la Valutazione Multi-dimensionale da cui discende un piano personalizzato integrato, sottoscritto dall’assistito nel rispetto della normativa in materia di privacy e tutela. La valutazione deve consentire l’individuazione di un indice sintetico di misurazione del case-mix assistenziale, costruito su un sistema di pesi, e deve essere ripetuta periodicamente al fine di qualificare nel tempo la prestazione e verificare l’esatta corrispondenza tra gli specifici bisogni e l’assistenza erogata.

L’Unità di Valutazione integrata (UVI), attivata all’interno del Distretto con la partecipazione di un referente dei servizi sociali territoriali, definisce gli obiettivi di

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2200 Capitolo 6

cura e predispone il piano individuale di assistenza orientato per problemi assistenzia-li. Individua, in genere, tra gli stessi componenti dell’équipe, il responsabile del per-corso assistenziale che, in stretta collaborazione con il MMG, coordina gli interventi e verifica l’andamento del piano assistenziale. Le figure professionali a cui è affidata la valutazione sono: il Medico di distretto (responsabile dell’UU.SS.II.BB. territorial-mente interessata), il MMG e il PLS che ha in carico l’utente, l’infermiere, il Medico specialista di riferimento per il caso, l’assistente sociale, il terapista della riabilitazio-ne e altre figure professionali dell’area clinica e di quella psicologica in relazione al bisogno della persona.

Il piano individuale di assistenza definisce, in base alle risultanze della valutazione integrata, le azioni e gli interventi da mettere in campo (assistenza domiciliare, resi-denziale o semiresidenziale, altro), i risultati attesi, i tempi di verifica delle attività e degli outcome previsti. Lo scopo è quello di superare una logica di lavoro prestaziona-le coinvolgendo tutti gli attori su progetti di cura individualizzati e organizzati sui bi-sogni della persona.

La “presa in carico” è sicuramente l’elemento qualificante del percorso assisten-ziale integrato. In tale ottica la “presa in carico” può essere definita come “una moda-lità per garantire al cittadino un insieme coordinato di interventi rivolti a soddisfare un bisogno complesso”. Richiede lo sviluppo di un sistema di “front-office” che ga-rantisca accoglienza e prima risposta al cittadino e uno di “back office”, che compren-da l’insieme delle procedure, delle modalità organizzative e gestionali e dei rapporti per collegare le diverse interfacce.

FFigura 6.1 La presa in Carico

Fonte: elaborazione propria

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Figura 6.1

Governance, coordinamento e gestione della rete dei servizi socio sanitari territoriali 2201

Il responsabile del percorso assistenziale che segue tutte le fasi attuative del progetto di assi-stenza, in termini di qualità e di efficacia, valuta la risposta del contesto familiare e supporta i care giver (siano essi familiari o della rete informale) prende il nome di case manager.

Il “case manager” o responsabile del Caso è un professionista che opera come rife-rimento e “facilitatore” per la persona che ha bisogni complessi sociosanitari. Questa funzione viene svolta nell’ambito di un approccio metodologico e organizzativo defi-nito “case management” che mira a definire una modalità di gestione complessiva, clinica ed organizzativa, focalizzata sul caso specifico spesso ad elevata complessità. Integra il lavoro della UVI, con diversi professionisti che intervengono al momento più opportuno, applicando il metodo di lavoro di team con compiti e responsabilità assegnate, come nella gestione di un progetto.

Lo “Sportello unico di accesso ai servizi sociali e sanitari”, di seguito Sportello unico, è lo strumento che consente la semplificazione dei percorsi amministrativi nell’accesso unificato alle prestazioni sanitarie, sociosanitarie e sociali. È costruito sui bisogni della persona, mira a migliorare le modalità di presa in carico unitaria della stessa e ad eliminare o semplificare i numerosi passaggi che la persona assistita ed i suoi familiari devono adempiere. Lo Sportello unico rappresenta uno strumento utile per facilitare e migliorare l’accessibilità ai servizi e la presa in carico della persona, principi fondamentali del Servizio Sanitario Nazionale, come desumibile dall’art. 1 della legge n. 833/78 ed in seguito esplicitato dall’art. 1, comma 2, del D.lgs. 229/99.

I destinatari dello Sportello unico sono tutti i cittadini che esprimono un bisogno di salute. Tuttavia si ritiene che i destinatari principali siano le persone più fragili, os-sia coloro che presentano maggiori difficoltà nell’accesso ai servizi.

Il sistema integrato di accesso alle cure territoriali persegue principalmente gli obiettivi di:

• facilitare e attrarre la domanda espressa di salute, risultando visibile, facil-mente fruibile e idoneo all’accoglienza della domanda da parte di tutta la po-polazione che necessita di assistenza sul territorio;

• semplificare i passaggi burocratici; • rispondere alla domanda di salute facilitando l’accesso alle fasce di popola-

zione svantaggiate che non possiedono adeguata conoscenza del sistema e garantendo un servizio rivolto anche alla popolazione straniera attraverso at-tività di mediazione culturale;

• offrire informazioni di assistenza appropriate e oggettive sulla base del biso-gno di salute promuovendo l’accesso e la tutela dell’individuo;

• identificare gruppi di popolazione a rischio facilitando il contatto con i servi-zi sociosanitari di assistenza;

• promuovere, in prospettiva, un monitoraggio dei bisogni della persona anche per costruire percorsi di mantenimento delle autonomie possibili e di preven-zione della disabilità;

• promuovere il principio di empowerment legato al mantenimento delle risor-se personali delle capacità di scelta individuale e dell’individuazione del set-ting assistenziale che favorisce l’autonomia della persona in relazione alle sue condizioni sociali di vita e di salute.

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2202 Capitolo 6

Altro strumento, previsto dall’art.4 della L.R. n. 4/2007, riguarda il Fondo speciale per la “non autosufficienza”, destinato a finanziare la realizzazione di un sistema or-ganico di servizi e prestazioni finalizzato a garantire l’autonomia delle persone a ri-schio e l’assistenza a lungo termine delle persone non autosufficienti. Nell’ambito del percorso di avvio del programma di realizzazione degli interventi per la non autosuf-ficienza assume particolare importanza la sperimentazione dell’Assegno di cura, un intervento innovativo, di grande impatto sociale che valorizza la permanenza dell’anziano e del non autosufficiente al suo domicilio, sostiene la famiglia nell’attività di cura, sviluppa gli interventi di prossimità e della solidarietà.

66.5 II l macrolivel lo territoriale

Con DGR n.1645 del 25.9.2009 “Direttiva vincolante per i Direttori Generali delle Aziende sanitarie di Potenza e Matera per l’organizzazione e il funzionamento del macrolivello territoriale” la Regione Basilicata puntualizza l’organizzazione e il fun-zionamento del macrolivello territoriale. In concreto, il documento chiarisce cosa si intende per Distretto della Salute (o “Distretto Forte”) e quali compiti siano ad esso attribuiti. A dimostrazione della polivalente configurazione dei Distretti della Salute, concepiti come luogo di governo della domanda, di garanzia dei Livelli essenziali di assistenza sociosanitari e di presa in carico di bisogni complessivi, il documento sot-tolinea che essi corrispondono a macro-dipartimenti che ogni direttore di distretto, in-dividuato dal direttore generale della ASL, potrà delineare sul territorio considerando le specifiche necessità della comunità locale. Il territorio rappresenta il livello ottima-le di programmazione dal basso su cui si fonda il rapporto integrato tra servizi sanitari e servizi sociali e alla persona. Dipendono dalla Conferenza Istituzionale dell’Ambito Socio-Territoriale, composta dai sindaci dei Comuni associati e dal direttore generale dell’Azienda sanitaria competente per territorio, l’indirizzo, il coordinamento e il con-trollo per la realizzazione degli interventi e dei servizi della rete regionale integrata erogati in ciascun territorio attraverso i servizi del Distretto della Salute e dell’Ambito Socio-Territoriale. Tra le funzioni del Distretto rientrano quelle di pianificazione e programmazione delle attività territoriali che si esplicitano attraverso l’adozione del Piano attuativo distrettuale pluriennale a scorrimento annuale (PAD) per la parte sani-taria e sociosanitaria. Esso è parte integrante del Piano intercomunale dei servizi so-ciali e sociosanitari (PISS) ed è redatto dal Direttore del Distretto che ne definisce la dotazione strutturale delle risorse (strumentali, tecnologiche, umane) necessarie alla sua elaborazione.

Assume un ruolo di decisiva importanza il direttore di distretto responsabile unico della direzione e del coordinamento di tutte le attività territoriali. È, altresì, compo-nente del Collegio di Direzione dell'Azienda Sanitaria, e si avvale di una struttura amministrativa di distretto per la contabilità separata, la gestione del budget e dei provvedimenti propri o delegati dal Direttore Generale. È individuato dal Direttore Generale, a seguito di regolare avviso pubblico ed è nominato con atto deliberativo motivato per un periodo non superiore a cinque anni, con posizione giuridica equipa-

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6.5 I l macrolivel lo territoriale

Governance, coordinamento e gestione della rete dei servizi socio sanitari territoriali 2203

rata e trattamento economico comparato e comunque non superiore a quello dei diret-tori sanitari ed amministrativi delle Aziende.

Il Direttore di Distretto deve possedere gli stessi requisiti che sono richiesti dalla normativa vigente per la candidatura al ruolo di Direttore Sanitario o di Direttore Amministrativo. È responsabile del funzionamento di tutti i servizi sul territorio, in particolare, delle attività del Distretto, della gestione delle risorse umane, strutturali economiche e finanziarie assegnate per il perseguimento degli specifici obiettivi, non-ché, della programmazione e valutazione delle attività territoriali sanitarie e sociosa-nitarie, rispondendo al Direttore Generale della suddetta gestione e dei risultati rag-giunti. Al Direttore spetta il compito di perseguire gli obiettivi di risultato, di attività e di risorse organizzative concordati ed assegnati al distretto, in sede di contrattazione budgetaria con la Direzione Aziendale e conseguente contrattazione con la medesima metodologia con le strutture afferenti al distretto.

Rientrano nel livello di assistenza territoriale, le seguenti attività assistenziali:

a. primaria b. farmaceutica c. domiciliare nelle sue varie forme e intensità in risposta al fabbisogno delle

persone d. specialistica ambulatoriale e protesica e. riabilitativa f. consultoriale, familiare, pediatrica e psicologica g. sociosanitaria h. dipendenze patologiche i. residenziale e semiresidenziale territoriale

Ogni distretto consta di due unità organizzative complesse: la UOC Assistenza Prima-ria e la UOC Cure domiciliari e Cure residenziali e semiresidenziali. La prima com-prende l’assistenza primaria, l’assistenza sociosanitaria, la continuità assistenziale e l’assistenza infermieristica; la seconda l'assistenza domiciliare nelle sue varie forme e intensità in risposta al fabbisogno delle persone e l'assistenza residenziale e semiresi-denziale territoriale.

Inoltre, per garantire i livelli assistenziali di competenze del Distretto, la ASL, in ragione della specificità del bisogno assistenziale locale e dell’esistenza di servizi e/o unità organizzative di assistenza territoriale preesistenti, che risultano funzionalmente adattabili al modello distrettuale disegnato dal Piano, deve costituire altre unità orga-nizzative configurate come complesse e/o semplici. L’atto aziendale le declina come unità organizzative complesse o semplici. Qualora siano previste come unità organiz-zative complesse esse hanno valore interdistrettuale e pertanto una sola UOC per un massimo di 2 distretti.

In ogni Distretto le unità organizzative complesse e/o semplici sono:

• l'assistenza specialistica ambulatoriale, riabilitativa e protesica • l'assistenza alle dipendenze patologiche • l'assistenza consultoriale, familiare, pediatrica e psicologica

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2204 Capitolo 6

• l’assistenza farmaceutica • altre unità operative che rispondono al bisogno assistenziale locale.

Spetta al Direttore generale della ASL, tramite l’atto aziendale, definire il modello organizzativo del Distretto e le relative unità operative.

Oltre alle attività sopra menzionate, il Distretto della Salute organizza le proprie funzioni amministrative attraverso l’istituzione di una Unità Operativa Complessa che svolge le seguenti attività:

• amministrative rivolte al proprio interno con valenza anche rispetto ad altri servizi centralizzati dell’Azienda U.L.S.S.(contabilità direzionale distrettua-le);

• amministrative rivolte all’utenza (rilascio tessere sanitarie, attestati di esen-zione, centro di prenotazione prestazioni specialistiche, ecc);

• di coordinamento e di raccordo con le altre macro-strutture aziendali per le funzioni amministrative (dipartimento di prevenzione e presidi ospedalieri).

Più in dettaglio:

a. l’Assistenza Primaria realizza, attraverso lo Sportello unico di accesso ai servizi sociali e sanitari, la presa in carico del cittadino che si traduce nella definizione di un piano di assistenza personalizzato.

b. il Sistema delle Cure Domiciliari consiste in trattamenti medici, infermieri-stici, riabilitativi, integrati con prestazioni di natura socio-assistenziali presta-ti da personale qualificato per la cura e l’assistenza alle persone non autosuf-ficienti e in condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse, per stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita quotidiana. Il governo della rete dei servizi sanitari domici-liari è assicurato dal Centro di Coordinamento delle Cure Domiciliari e delle Cure Palliative (punto di riferimento degli operatori per la rilevazione e la va-lutazione dei bisogni, la informazione, la comunicazione ed il coordinamento delle attività domiciliari), diretto da un dirigente medico dedicato e composto da una serie di figure professionali dettagliatamente identificate.

c. il Sistema della residenzialità e semiresidenzialità per utenti non-autosufficienti è inteso come l’insieme degli interventi, procedure e attività sanitarie e sociosanitarie destinate a persone che non possono essere assistiti a domicilio all’interno di idonee unità di offerta accreditate. Vengono indivi-duare quattro principali tipologie di prestazioni per utenti non autosufficienti (prestazioni residenziali e semiresidenziali per anziani, disabili, psichiatrici, prestazioni nei centri residenziali per Cure Palliative/Hospice).

Di ogni parte, Assistenza Primaria, Sistema delle Cure Domiciliari, Sistema della residenzialità e semiresidenzialità segue specifico capitolo di approfondimento (rif. capitoli 7,8 e 9 del presente Rapporto).

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6.6 I servizi territorial i : possibi l i scenari per i l loro svi luppo

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204 Governance, coordinamento e gestione della rete dei servizi socio sanitari territoriali 2205

Il Servizio Sanitario della Regione Basilicata è stato ordinato secondo un modello a rete, che comprende e integra la rete ospedaliera regionale e le reti infra e interazien-dali, al fine di perseguire l'obiettivo della continuità dell'assistenza e dell'integrazione tra ospedale e territorio.

Il processo di riorganizzazione disegnato dalla Regione fissa l’attenzione sul livel-lo di governo locale. La maggiore attenzione ai servizi di livello territoriale ed inte-grato apre una fase in cui occorre definire le modalità di accesso al sistema dei servizi e le forme in cui si possa esprimere la responsabilità del sistema di welfare nei con-fronti della comunità territoriale. Il distretto socio-sanitario deve, quindi, qualificarsi come luogo fisico ed organizzativo in cui avviene la “presa in carico” dei bisogni del cittadino utilizzando percorsi di cura ed assistenza che utilizzano al meglio il venta-glio di offerta sanitaria (funzioni di base e specialistiche, intensive ed estensive, sani-tarie e socio-sanitarie).

66.6 II sservizi territorial i : possibi l i scenari per i l loro ssvi luppo

Il quadro sopra sintetizzato evidenzia la complessità del sistema dei servizi territoriali al quale corrisponde una forte eterogeneità dei modelli organizzativi e degli strumenti manageriali adottati nelle diverse realtà regionali, conseguenza diretta di azioni a di-versi livelli (nazionale, regionale, territoriale) non sempre organiche ed omogenee. In particolare, la risposta alle cronicità ha visto lo svilupparsi di alcuni modelli assisten-ziali regionali che sono da ritenersi innovativi: il sistema CReG (Chronic Related Group) della Lombardia, i Nuclei di Cure Primarie e le Case della Salute dell’Emilia Romagna , il Chronic Care Model e i «Moduli» della Toscana. Tali esperienze, pre-corritrici di un cambio epocale, manifestano una decisiva attenzione verso modelli di disease management. In effetti si caratterizzano per una nuova classificazione degli utenti, non più solo per patologia ma anche profilo assistenziale (cronicità, acuzie, non autosufficienza, etc.) e ambito di cura (ospedale, territorio). Tuttavia i modelli presentato degli elementi fondati e catalizzatori dell'innovazione differenti. La Re-gione Lombardia ha introdotto il sistema basato sui CReG (Chronic Related Group - DGR IX/937 del 01/12/2010). Si tratta di un modello analogo al sistema DRG (Dia-gnosis Related Group) e basato sulla definizione di raggruppamenti isorisorse di pato-logie croniche ai quali è associata una tariffa. L'innovazione organizzativa è rappre-sentata dall’introduzione di un soggetto «garante della presa in carico» (che può esse-re il MMG, una ONLUS, una Fondazione, un’ Azienda Ospedaliera, un privato ac-creditato), indicato anche come «gestore del CReG». Il gestore, nel caso in cui il MMG viene individuato per mezzo di una gara pubblica e ha il compito di garantire, in continuità, tutti i servizi extraospedalieri (ambulatoriale, farmaceutica, ospedaliz-zazione domiciliare etc.) necessari per una buona gestione clinico – organizzativa del-le patologie croniche riconducibili ai CReG. La remunerazione annuale del soggetto gestore è pari al valore complessivo delle tariffe, individuate dall'analisi dei consumi storici per patologie, CReG dei propri assistiti, diminuito dei consumi di servizi ex-traospedalieri presso erogatori/farmacie cosi da ridurre i consumi impropri. Inoltre

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2206 Capitolo 6

sono stati sviluppati: un sistema informativo regionale in grado di individuare i sog-getti cronici e monitorarne le fasi evolutive; processi/percorsi diagnostico terapeutici (PDT) volti a identificare gli appropriati fabbisogni di cura per ciascuna patologia. Essi devono costituire la base per la compilazione dei piani terapeutici individuali (Rapporto OASI). Questo strumento " funzionale", introdotto nella Regione Lombar-dia, fa si che l'imprenditorialità dei soggetti a cui viene affidata una buona parte delle cure primarie sia elemento catalizzatore dell'innovazione e di contrasto alle resistenze caratterizzati la sanità lombarda in cui il sistema delle cure primarie era piuttosto de-bole.

Esperienza diametralmente opposta è quella della Regione Emilia Romagna il cui sistema dei servizi territoriali è sviluppato intorno a:

• i Nucleo di Cure Primarie- NCP (comprende e integra i principali professio-nisti dell’assistenza territoriale sanitaria e socio-sanitaria) che servono aree territoriali omogenee (popolazione compresa tra i 15.000 e i 30.000 abitanti), con gli obiettivi di rafforzare la continuità assistenziale e l’integrazione del-le attività territoriali e l'operato di tutte le figure professionali coinvolte, di garantire il governo clinico in relazione agli obiettivi di salute, migliorare la qualità delle cure attraverso linee guida, audit clinico e formazione specifica.

• la Casa della Salute, sede fisica del Nucleo con particolari caratteristiche strutturali e modalità di funzionamento, che rappresenta il nodo strutturale di una rete integrata di servizi. Le sue principali funzioni sono: l'accoglienza e orientamento ai servizi sanitari, sociosanitari e assistenziali; l'assistenza sani-taria per problemi ambulatoriali urgenti; fornire i principali percorsi diagno-stici che non necessitano di ricorso all’ospedale; gestire le patologie croniche, attraverso l’integrazione dell’assistenza primaria coi servizi specialistici pre-senti; interventi di prevenzione e promozione della salute. L'innovazione principale risiede in una ricerca dell'assetto organizzativo,topografico ed ar-chitettonico che siano rispondenti alle caratteristiche del territorio ovvero alla densità della popolazione finalizzate ad un riconoscimento, da parte dei citta-dini, di una valida alternativa all'ospedale.

Tale sistema permette di accostare logisticamente diverse figure professionali dei ser-vizi territoriali, e diventa leva per un progressiva integrazione dell'operato dei singoli ovvero permette una erogazione unitaria dei servizi. Il modello, pur conservando una natura pubblica, cerca di catalizzare lo sviluppo e l'innovazione del sistema delle cure primarie, fornendo una spinta allo sviluppo professionale dei medici, dei professioni-sti convenzionati, di altre figure coinvolte, stimolando la condivisione delle informa-zioni e l’apprendimento, assicurando l'accesso ad una piattaforma strumentale e tec-nologica, attraverso meccanismi centripeti.

La regione Toscana ha identificato un modello di presa in carico dei pazienti cronici: chronic care model (CCM) e in particolare la sua evoluzione il expanded chronic care model in cui il singolo paziente è calato nella più ampia dimensione della comunità, e gli aspetti clinici del singolo sono integrati con quelli di sanità pubblica, quali la pre-venzione primaria collettiva e l’attenzione ai determinanti di salute. Il modello prevede,

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206 Governance, coordinamento e gestione della rete dei servizi socio sanitari territoriali 2207

per le cure primarie, la costituzione di un team in cui il medico di famiglia è affiancato da altre figure professionali. Il team multi-professionale ha il compito di attuare tutti gli interventi necessari in risposta ai bisogni inerenti la specifica patologia, il livello di ri-schio, in modo tale da garantire il coordinamento degli interventi all'interno e all'esterno del team, la continuità del percorso clinico assistenziale tra l'ospedale e il territorio. Ciò si realizza mediante l'applicazione di protocolli operativi distinti per patologie croniche (Percorsi Diagnostico-Terapeutico Assistenziali) condivisi a livello aziendale ed in linea con gli indirizzi definiti a livello regionale. Gli elementi costitutivi principali del model-lo: la valutazione dei bisogni della comunità, tramite l’elaborazione di profili di salute e l’identificazione di gruppi di popolazione a rischio; la promozione della salute; l’assetto organizzativo dei servizi sanitari, supportato da scelte politiche e dall’impegno degli amministratori all’investimento di risorse; il supporto all’auto-cura (self-management); sistemi informativi in grado di fornire il raggruppamento dei pazienti per patologie e la classificazione degli stessi per profilo di rischio all’interno di un del gruppo; un sistema di allerta che aiuti i team delle cure primarie ad attenersi alle linee guida; un sistema di feedback per i medici riguardo ai loro livelli di performance rispetto agli indicatori delle malattie croniche; un sistema di monitoraggio e valutazione degli interventi individuali realizzati. Nel 2008, anno di avvio della sperimentazione del succitato modello, lo sce-nario dell'assistenza di base in Toscana si presentava piuttosto variegato, cosi da sugge-rire la necessità di individuare una dimensione operativa di riferimento. In tal senso, il legislatore, ha individuato una ulteriore unità organizzativa come base di applicazione del modello: il modulo. Esso presenta determinati requisiti, tra cui: popolazione di rife-rimento di circa 10.000 assistiti; una sede unica o principale (tra due o più sedi) per lo svolgimento dell’attività del team; un coordinatore di modulo (MMG del team); la pre-senza di almeno 6 e non più di 16 MMG e di un infermiere e un operatore socio sanita-rio con formazione complementare in area sanitaria in rapporto alla popolazione di rife-rimento; sistemi informatici per la registrazione dei dati di attività da parte di tutti i componenti del team; il supporto da parte dell’azienda sanitaria di riferimento per le al-tre figure professionali coinvolte. In una prima fase sono stati identificati moduli in cui ci si è concentrati nella gestione di pazienti affetti da diabete e scompenso cardiaco, successivamente sono stati presi in carico pazienti con BPCO, ictus e ipertensione. L'innovazione del modello toscano consiste nell'identificazione della cronicità come fe-nomeno sociale, per cui è necessario rafforzare le attività di prevenzione, migliorare gli stili di vita, e per alcune patologie istituire il regime di autocura con il supporto dei fa-migliari e della comunità. Tutto ciò è realizzato attraverso una valorizzazione delle ri-sorse professionali e sociali a disposizione del sistema, cosi da perseguire un'allocazio-ne costo - efficace del risorse economiche. Il motore del modello è sicuramente una evoluzione culturale e politica che si fonda su un senso di appartenenza alla comunità e al rigore professionale degli operatori del settore.

In definitiva i tre modelli, brevemente sintetizzati, fanno luce sulla necessità di at-tivare dei motori di cambiamento e di innovazione, siano essi finanziari, organizzati-vi, culturali. Evidenziano di fatto la necessità di definire un approccio differente che tende alla costruzione di una rete di servizi socio sanitari territoriali.

La rete necessita del coinvolgimento di tutti i “produttori di assistenza” per la pre-sa in carico dei “fabbisogni complessi” di salute del paziente.

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2208 Capitolo 6

La scelta operata dalla Regione Basilicata, incentrata sulla specializzazione delle fun-zioni e sulla integrazione su scala territoriale tra sociale e sanitario, si concretizza, di fatto, nello spostamento del baricentro del sistema dall’ospedale al territorio, nella valorizzare del distretto della salute come punto strategico per l’accoglienza dei biso-gni di salute dei cittadini, nello sviluppo di processi assistenziali a rete integrata tra ospedale - territorio e nell’implementare di un sistema di cure territoriali verso la rea-le presa in carico dei bisogni di salute dei cittadini.

Lo sviluppo del modello territoriale e degli strumenti manageriali già implementati sul territorio della Regione necessitano di maggiore integrazione, migliore programma-zione e controllo dei percorsi assistenziali integrati, maggiore empowerment e respon-sabilizzazione dei pazienti e della comunità sulla base di valori socio-sanitari condivisi.

Riferimenti Bibliografici

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D’Adamo A., (2012), (a cura di) Il Sistema sanitario della Basilicata nel 2010. Ammalarsi me-no, curarsi meglio, McGraw-Hill, Milano.

D’Adamo A., (2010), (a cura di) Il Sistema sanitario della Basilicata nel 2009. Cantiere aperto per riordinare e integrare i servizi, McGraw-Hill, Milano.

D’Adamo A., (2009), (a cura di) Il Sistema sanitario della Basilicata nel 2009. Una risorsa qua-lificante in uno scenario in cambiamento, McGraw-Hill, Milano.

D’Adamo A., Giordano R., (2008), L’integrazione socio-sanitaria: i percorsi adottati dalle Re-gioni italiane in Rapporto CEIS Sanità 2008, Health Communication srl, Roma.

D’Adamo A., (2006), Governance pubblica: approcci teorici ed esperienze, (Bubbico F., Cepi-ku D., Colangelo R., Giordano R., Meneguzzo M., Siniscalchi A., coautori), Milano, McGraw-Hill.

D’Adamo A., (2005), Assetti e modalità organizzative dei servizi sociali. Il caso della Regione Basilicata, in Modelli e forme organizzative del decentramento: ruolo e sviluppo del terzo settore, Aiccon.

D’Adamo A., (2005), “Network interistituzionali e sviluppi di nuove leadership territoriali. Al-cune riflessioni sulle esperienze in Basilicata”, a Giordano R. (coautore), Azienda Pubblica, n. 2.

DGR n.1645 del 25.9.2009 “Direttiva vincolante per i Direttori Generali delle Aziende sanita-rie di Potenza e Matera per l’organizzazione e il funzionamento del macrolivello territoriale” Regione Basilicata.

Longo F, (2001), “Logiche e strumenti per l’integrazione tra settori socio-assistenziale, socio-sanitario e sanitario”, MECOSAN, n. 37.

Piano regionale della salute e dei servizi alla persona e alla comunità 2012- 2015, "Ammalarsi meno, curarsi meglio", approvato con Delibera della Regione Basilicata 317 del 24 luglio 2012.

Rapporto Oasi 2012 "L’aziendalizzazione della sanità in Italia" Milano, Egea. Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, (2008) "La vita buona nella società attiva".

7 L’assistenza primaria

7.1 Introduzione

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77 LL’aassistenza primaria

D’Adamo A. 1, D’Ambrosio F.

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77.1 IIntroduzione

L’Assistenza Primaria rappresenta il sistema di cure erogate vicino ai luoghi di vita delle persone secondo un modello di reti integrate di servizi sanitari e sociali e di reti cliniche integrate. Partendo da questo principio, l’Assistenza Primaria rappresenta la risposta al bisogno di unitarietà del processo di cura, inteso in senso lato “come pren-dersi cura di” assumendo, così, una connotazione anche di natura preventiva e riabili-tativa.

Elementi fondamentali dell'area dell’Assistenza Primaria sono l'estensività e l’equità nell'assistenza e nell'accesso alle cure, la prossimità delle cure ai luoghi di vi-ta dei cittadini, l'integrazione tra attività sanitaria e sociale.

La valorizzazione dell’Assistenza Primaria nel Distretto è fondamentale per con-sentire una presa in carico globale della persona, con continuità dell’assistenza a forte integrazione sociosanitaria.

In quest’ambito, i Medici convenzionati (MMG, PLS, MCA, Spec. Amb.) sono chiamati ad assumere una responsabilità:

• nel coordinare gli interventi sulle patologie cronico-degenerative; • di presa in carico del governo della diagnostica e delle cure;

1 Dottore di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali), Facoltà di Economia. È Professore a contratto di Economia Aziendale, Organizzazione aziendale e Management Sanitario presso le Facoltà di Economia e Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. 2 Dottoranda di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali) - Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”- in progetti di ricerca nel campo del management e dell'organizzazione delle aziende sanitarie pubbliche.

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2210 Capitolo 7

• di messa a punto di meccanismi di promozione della salute; • di governo della domanda e partecipazione al governo dell’offerta.

Ciò richiede un territorio strutturato per essere in grado di dare una risposta globale e completa nelle 24 h per le principali tipologie di assistenza, integrando il sistema dell’Assistenza Primaria con l’insieme dei servizi sanitari e le risorse delle comunità locali (Ospedale, amministrazioni locali, strutture residenziali, scuole etc.).

Per una migliore governance delle attività e per garantire la continuità dell’assistenza h 24 ed il miglioramento rete assistenziale (continuità delle cure, ac-cessibilità, integrazione, rete informativa), si considerano obiettivi prioritari:

• il lavoro in team, come elemento strutturale del rapporto di lavoro del medico

di famiglia. Costituisce un primo e fondamentale tassello per la riorganizza-zione complessiva della medicina generale, al fine di una maggiore integra-zione professionale e per poter condividere obiettivi di salute della popola-zione sul territorio, con particolare riferimento all’implementazione dei per-corsi diagnostico-terapeutici e alla presa in carico di patologie a rilevante im-patto sociale (ad esempio diabete, ipertensione arteriosa malattie cardiova-scolari, malattie broncopolmonari, malattie gastrointestinali, malattie osteoar-ticolari, malattie psichiatriche, per fare riferimento a quelle indicate dall’AIR di cui alla DGR 330/2008).

• l’implementazione della Medicina d’iniziativa e di prossimità che sappia in-tervenire, prima dell’evento acuto, nella prevenzione e nell’identificazione precoce dei soggetti a rischio;

• il miglioramento del sistema informativo integrato nell’Assistenza Primaria, di collegamento tra MMG, PdF, MCA e le strutture sanitarie, finalizzato alla realizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) del cittadino, secondo quanto previsto dai citati Accordi Collettivi nazionali e regionali. In questo contesto dovranno essere implementate le modalità di gestione della scheda sanitaria informatizzata per ciascun paziente in carico, con relativa trasmis-sione periodica delle informazioni all’azienda sanitaria e quanto previsto dal progetto Tessera Sanitaria e Ricetta Elettronica (di cui ai DM 4 aprile 2008 e DPCM 26 marzo 2008).

77.2 LLe forme ddi Assistenza Primaria nellaa Regione BBasi l icata

La Regione Basilicata avvia, sulla base del documento della Direzione Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche So-ciali “Linee guida per progetti di sperimentazione inerenti modalità organizzative per garantire l’assistenza sanitaria in h 24”, la sperimentazione di alcune forme innovative dell’Assistenza Primaria da testare sul territorio, tenuto conto delle caratteristiche ter-ritoriali, demografiche e delle principali evidenze epidemiologiche.

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7.2 Le forme di Assistenza Primaria nella Regione Basi l icata

L’assistenza primaria 2211

L’Ambulatorio per la gestione dei codici di minore gravità (bianchi) è un ambulatorio da attivare presso i presidi ospedalieri nei quali il Pronto Soccorso registra frequente-mente un iperafflusso di utenti (accessi/anno al di sopra di 25.000), ha la finalità di garantire una risposta sanitaria a quei soggetti che non presentano patologie a caratte-re di emergenza-urgenza. Può essere collocato nella struttura ospedaliera o nelle sue immediate vicinanze, con percorsi di accesso ben differenziati da quelli del Pronto Soccorso.

I pazienti vi affluiranno una volta effettuato il Triage presso il Pronto Soccorso. Qualora all’esito della visita medica venga accertato un livello più grave di patologia rispetto alla classificazione “codice bianco”, attribuita al medesimo nell’ambito del Triage del Pronto Soccorso, si provvederà a reinserire il paziente stesso nel canale “ordinario” del Pronto Soccorso. In altri casi, se necessario, dopo la valutazione, al fine di garantire una continuità di cura con quanto intrapreso, il paziente può essere indirizzato ad una struttura specialistica ambulatoriale attraverso un percorso agevola-to che preveda, eventualmente, la prenotazione per esami e/o ulteriori accertamenti da effettuare in tempi brevi.

L’orario di attività dell’ambulatorio varia a seconda delle dimensioni della struttu-ra e del numero degli accessi.

Gli ambulatori sono gestiti da Medici di Continuità Assistenziale (MCA) e/o da MMG con doppio incarico. Il numero delle unità mediche presenti sarà rapportato al numero medio di accessi alla struttura. La responsabilità organizzativa e amministra-tiva è del distretto territorialmente competente. Per i requisiti minimi strutturali dell’ambulatorio si rinvia a quanto previsto dal DPR del 14.01.97.

I Punti di Primo Intervento sono strutture che, distribuite omogeneamente sul terri-torio e con orario di attività articolato nell'arco delle 12 o 24 ore giornaliere secondo le esigenze locali, dispongono di competenze cliniche e strumentali adeguate a fron-teggiare e stabilizzare, temporaneamente, le emergenze fino alla loro attribuzione al Pronto Soccorso dell'Ospedale di riferimento ed in grado di fornire risposte a situa-zioni di minore criticità e bassa complessità.

Il Punto di Primo Intervento è di norma una postazione territoriale della rete dell'Emergenza-Urgenza, presso cui operano i Medici dell'Emergenza Territoriale (MET).

Deve garantire una prima risposta sanitaria all'Emergenza-Urgenza sul territorio ed operare, in stretto collegamento funzionale con le altre Unità Operative del DEA, sulla base di un comune codice di comportamento assistenziale per realizzare la con-tinuità terapeutica tra il territorio e l'ambiente ospedaliero. Tutti i Punti di Primo In-tervento devono afferire al D.E.A.

Nei Punti di Primo Intervento non si effettuano ricoveri urgenti né si attivano pro-cedure di accettazione in urgenza.

Il Presidio Ambulatoriale Distrettuale costituisce un punto di riferimento dell’assistenza territoriale per il cittadino in cui identifica un luogo fisico dove trovare risposta assistenziale continuativa in h 24.

Si tratta di ambulatori distrettuali gestiti dai Medici di Continuità Assistenziale per effettuazione di visite e prestazioni sanitarie, collocati strategicamente in strutture si-tuate in aree distanti da presidi ospedalieri.

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2212 Capitolo 7

L’ambulatorio deve essere collocato in sede distinta dal Pronto Soccorso per evitare che i cittadini continuino ad identificare il PS come luogo unico al quale rivolgersi per qualsiasi problema. Le prestazioni erogabili sono quelle tipiche dell’ambulatorio del medico di MMG e del PLS: visita medica, prescrizione di farmaci salvavita, certifica-zione per turnisti, medicazioni, prestazioni urgenti che richiedono un servizio di pri-mo soccorso.

Per ogni turno deve essere presente almeno una unità medica e una unità di perso-nale infermieristico.

L’Ambulatorio Territoriale Integrato consiste in un presidio territoriale in cui ope-rano i professionisti che svolgono insieme la loro attività, secondo precise modalità organizzative ispirate alla Medicina di Gruppo. “L’ambulatorio integrato" è aperto almeno dieci ore al giorno, dispone di una rete informatica locale, a sua volta collega-ta alle reti informatiche aziendali; vi operano MMG e/o PLS, personale infermieristi-co ed eventualmente personale amministrativo.

Presso "l'ambulatorio integrato" possono essere erogate: • visite ambulatoriali comunemente svolte dai MMG, dai PLS e dagli speciali-

sti ambulatoriali interni; • analisi diagnostiche di primo livello (da tecnologie elementari fino alla tele-

medicina); • consulenze specialistiche; • prestazioni infermieristiche.

Inoltre, possono essere svolte attività correlate, quali raccolta prelievi, prenotazione di prestazioni specialistiche e/o di ricovero degli assistiti, valutazioni connesse all'attivi-tà dell'Assistenza Domiciliare Integrata (ADI).

L’Assistenza Territoriale Integrata consiste nello sviluppo di una collaborazione fra più professionisti che rende possibile lo scambio di opinioni e pareri clinici, la condivisione di spazi e attrezzature per una loro ottimale fruizione, l'utilizzo più effi-ciente del personale di supporto, la garanzia di una copertura oraria maggiore dell'at-tività sia ambulatoriale che domiciliare, la possibilità di un'organizzazione del lavoro più flessibile con possibilità di visite e altre prestazioni su appuntamento.

I Medici di Medicina Generale ed i Pediatri di Libera Scelta, riuniti in associazio-ni, possono svolgere la loro attività professionale anche in studi medici collocati in sedi diverse, ma devono essere collegati funzionalmente tramite idonea rete informa-tica e previa informatizzazione delle schede sanitarie individuali degli assistiti (medi-cina in rete).

Presso le sedi delle forme associative della medicina generale, si potrà prevedere la presenza di:

• un MMG e PLS nelle 12 ore diurne dei giorni feriali; • un MCA nelle 12 ore notturne e nei giorni prefestivi e festivi; • personale infermieristico h24; • personale amministrativo 12; • specialisti ambulatoriali interni in reperibilità.

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7.2.1 Progetto ATIB – ASP di Potenza

7.2.2 Progetto ATIB – ASM di Matera

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212 L’assistenza primaria 2213

77.2.1 PProgetto ATIB –– AASP di Potenza

Nell’ambito della DGR. N.1646/2009, Linea Progettuale Cure Primarie, un contributo fondamentale al definitivo processo di integrazione dei MMG e medici ospedalieri aziendali è venuto dalla approvazione del progetto ATIB (Assistenza territoriale Inte-grata per la Basilicata), finalizzato al potenziamento della rete dei servizi di assistenza domiciliare e residenziale ed integrata, alla istituzione di un osservatorio teso ad indi-viduare le cause di ospedalizzazione e migrazione sanitaria, nonché alla attività di educazione sanitaria ai cittadini in applicazione delle DGR n. 907 del 19 giugno 2006 (contenimento delle liste di attesa) e n. 1713 del 13 novembre 2006 (obiettivi di salute ai Direttori Generali).

Sono stati creati 3 Gruppi Territoriali Omogenei (GTO) dei Medici di Medicina Generale. Il Gruppo di Coordinamento Formativo (GCF) ha approvato il calendario del programma formativo. I momenti formativi sono stati rivolti agli animatori di formazione ed a tutti i MMG dell’ASL articolati in tre moduli divisi per sessione. Vi è stata una massiva partecipazione dei MMG agli incontri di presentazione del progetto.

Il gruppo di sperimentazione ATIB si è posto i seguenti obiettivi nell’ambito della Assistenza ospedaliera come definita dagli obiettivi regionali:

• Osservatorio della mobilità ospedaliera nelle sue dimensioni extraregionale,

regionale e aziendale; • Individuazione del livello di evitabilità del ricovero ordinario inappropriato; • Integrazione nel governo della domanda e gestione dell’offerta specialistica

ospedaliera nel rapporto tra : Medico di Medicina Generale, Cittadino, Spe-cialista Ospedaliero e Medico Aziendale.

Sono state create nel territorio dei Distretti di Lauria (PZ) e Senise(Pz) n. 6 equipe territoriale funzionali e n. 3 semistrutturali.

77.2.2 PProgetto ATIB –– AASM di Matera

Il progetto è stato sviluppato sul territorio della ASM Matera su una popolazione di 12.000 abitanti, distribuiti in 3 comuni periferici in ciascuno dei quali è presente una sede distrettuale aziendale. La rete di servizi integrati comprendevano il servizio di continuità assistenziale e l’associazione dei MMG integrati dai pediatri di Libera Scelta e dagli specialisti ambulatoriali che operano nella sede: chirurgo, otorino, neu-rologo, ginecologo, geriatra, cardiologo, il servizio di assistenza domiciliare.

Il P.O. di Tricarico e quello di Matera sono il riferimento per le attività assisten-ziali più complesse che vengono assicurate sul territorio o direttamente nella struttura ospedaliera, dopo averle concordate con i medici della sede distrettuale. Le attività sono svolte con l’obiettivo di mantenere la persona nel proprio domicilio, garantendo la continuità dell’assistenza integrando le risorse presenti sul territorio, sanitarie e so-cio-sanitarie, e di assicurare il collegamento con le strutture ospedaliere di riferimen-to. La sede di riferimento è la sede distrettuale comunale, alla quale il cittadino si reca per ricevere risposte assistenziali integrate ai bisogni di salute.

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2214 Capitolo 7

Il progetto si muove nell’ambito delle linee progettuali relative all’assistenza h24, ri-duzione degli accessi impropri al PS e miglioramento della rete assistenziale. Costi-tuisce l’applicazione del progetto ATIB presso un’azienda provinciale (ASM Matera) che si assume come best-practice da implementare sul rimanente territorio regionale. Il progetto è collegato ai progetti regionali su: contenimento delle liste di attesa, ridu-zione dei ricoveri inappropriati, riduzione accessi al PS, corretto utilizzo della rete emergenza-urgenza, integrazione dell’assistenza territoriale integrata.

Sono coinvolti 14 medici di CA, 9 MMG, 3 pediatri di libera scelta , 7 specialisti ambulatoriali, 12 specialisti ospedalieri, 5 infermieri, 2 assistenti amministrativi, 2 dirigenti medici distrettuali del Dipartimento Cure Primarie (Organizzazione dei ser-vizi sanitari di base). L’impegno orario dedicato al progetto è variabile e difficilmente quantizzabile.

Le attività relative al progetto si svolgono sulle 24 ore per 7 giorni, pur nella di-stinzione dei ruoli e delle specificità della professionalità. Nei giorni feriali si svolgo-no nelle 12 ore diurne le attività dei MMG , PLS e degli specialisti ambulatoriali, nel-le ore notturne e nei festivi le attività della Continuità Assistenziale. I MMG e PLS danno ai loro assistiti la disponibilità telefonica dalle ore 8,0 alle 20 dal lunedì al ve-nerdì, e dalle ore 8,0 alle 10 del sabato.

A livello aziendale sono stati già realizzati dei percorsi di accesso per classi di priorità per l’accesso alle prestazioni di urologia e ortopedia. Sono in corso di defini-zione i percorsi per le altre prestazioni. I MMG , i PLS e i medici di CA, inseriti nel progetto, sono in contatto telefonico con i PS e con i reparti ospedalieri per l’eventuale trasferimento dei pazienti dal territorio al P.O. e viceversa. Attraverso il contatto telefonico diretto si stabilisce la priorità per l’accesso alle prestazioni, come specificato al punto precedente.

Nell’ambito del progetto vengono utilizzate le procedure informatizzate già in uso per la gestione dei pazienti: anagrafe sanitaria ( che registra oltre ai dati anagrafici an-che le esenzioni per patologia o invalidità), il programma di gestione del PS, il pro-gramma del CUP nel quale sono inserite le classi di priorità per alcune branche spe-cialistiche, il programma di gestione dell’ADI .

La comunicazione ai cittadini è stata data attraverso avvisi affissi nelle strutture sani-tarie coinvolte, e attraverso i MMG che hanno dato comunicazione diretta del servizio.

L’esperienza fino ad ora acquisita ha dimostrato che è possibile dare risposte in loco ai bisogni assistenziali dei cittadini che non sono più costretti a doversi districare nei percorsi, spesso ad ostacoli, della sanità senza una indicazione precisa della dire-zione da prendere e delle modalità di fruizione delle prestazioni di cui necessita. Questo progetto permette di coordinare le attività assistenziali evitando il ricorso a prestazioni improprie che vanno ad intasare strutture che sono deputate a svolgere al-tri compiti. La realizzazione di una cartella informatica che segue il paziente nel suo percorso renderebbe più semplice la gestione clinica ed eviterebbe la ripetizione di prestazioni inutili. E’ stato evidenziata anche la difficoltà di realizzare percorsi assi-stenziali per patologia condivisi. La stesura e l’aggiornamento di questi percorsi as-sorbe molte risorse, soprattutto degli operatori del territorio che sono ubicati in sedi anche molto distanti tra loro. Per migliorare l’assistenza territoriale nell’ambito delle cure primarie è necessario oltre alla informatizzazione delle cartella del singolo pa-

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ziente che possa contenere tutte le informazioni sanitarie, compresi i referti di tutte le visite e le prestazioni del MMG e degli specialisti, rafforzare il coordinamento delle attività individuando di volta in volta chi prende in carico il paziente. In relazione agli sviluppi dell’Assistenza Primaria, il Piano regionale integrato della sa-lute e dei servizi alla persona e alla comunità 2012 – 2015 “Ammalarsi meno, curarsi meglio”, fa proprie le indicazioni dell’Accordo collettivo nazionale della Medicina Ge-nerale del 29 luglio 2009 che individua le seguenti linee programmatiche prioritarie:

• valorizzazione della medicina sul territorio, intesa quale sistema in grado di intercettare direttamente la domanda di salute del cittadino e di assicurare in-terventi appropriati ed efficaci anche attraverso l’ottimizzazione di tutte le ri-sorse della rete;

• perseguimento dell’appropriatezza delle cure e dell’uso delle risorse da con-dividere con il comparto medico ospedaliero e specialistico ambulatoriale, at-traverso l’individuazione di percorsi assistenziali integrati nell’ottica dell’assistenza globale alla persona;

• realizzazione nel territorio la continuità dell’assistenza, 24 ore su 24 e 7 gior-ni su 7, nel concetto più ampio della presa in carico dell'utente. Dovranno es-sere definiti i compiti, le funzioni e le relazioni tra le figure convenzionate impegnate, partendo alla valorizzazione dei servizi di continuità assistenziale e di emergenza territoriale;

• coinvolgimento del medico nelle attività di prevenzione, individuate dalla programmazione regionale e aziendale, valorizzazione della medicina di ini-ziativa e rivisitazione delle forme associative per valorizzare i modelli orga-nizzativi che di più assolvono alla funzione di migliore accessibilità ai servizi e migliore presa in carico delle persone;

• individuazione di un modello di formazione coerente con gli obiettivi priori-tari di integrazione territorio-ospedale;

• incremento dell’assunzione condivisa di responsabilità, da parte dei medici e dei professionisti sanitari che operano nel territorio, nelle scelte di politica sanitaria e di governo clinico, sulla scorta di quanto definito nei diversi livelli della programmazione socio-sanitaria;

• promozione la salute dell’infanzia e dell’adolescenza, con particolare atten-zione agli interventi di prevenzione ed educazione e informazione sanitaria;

• incentivazione dello sviluppo appropriato delle prestazioni erogabili sul terri-torio, unitamente ad una adeguata attività di qualificazione e aggiornamento professionale per l'insieme dei medici e dei professionisti sanitari che opera-no nel territorio;

• integrazione fra politiche sanitarie e politiche sociali, a partire dall'assistenza domiciliare in raccordo e sinergia con i diversi soggetti istituzionali e con i poli della rete di assistenza;

• presa in carico, da parte del sistema, di cure primarie degli assistibili, in par-ticolare se fragili o non autosufficienti, attraverso l'attivazione di regimi assi-stenziali sostenibili e di livello appropriato quali quelli della domiciliarità e residenzialità, attivando tutte le risorse delle reti assistenziali.

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2216 Capitolo 7

77..33 LLe forme di Assistenza Primaria “in fase di ssperimentazione” nella Regione BBasi l icata

Con delibera n°745 del 24 ottobre 2012 viene approvato il Protocollo d’Intesa, della durata di 1 anno, tra l’ASP e l’AOR San Carlo di Potenza per l’attivazione dell’ambulatorio della continuità assistenziale presso il Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliera, finalizzato alla gestione dei “codici bianchi” degli utenti che si presenta-no al Pronto Soccorso in parola.

La gestione del Servizio di continuità assistenziale nell’AOR San Carlo di Potenza ricade in capo all’U.O.C. Cure Primarie dell’ASP-sede di Potenza, competente per territorio, mentre spetta alla Direzione Sanitaria Aziendale vigilare sul corretto svol-gimento del Servizio, di concerto con l’omologa Direzione Sanitaria dell’AOR San Carlo di Potenza.

Con il presente accordo si stabilisce l’attivazione, da parte dei medici della Conti-nuità Assistenziale dell’ASP, dell’ambulatorio per la gestione dei codici bianchi pres-so il PS dell’Ospedale San Carlo. Le attività ambulatoriali devono garantire un ade-guato supporto al PS nelle ore di massimo afflusso degli utenti, così da consentire in-terventi assistenziali in tempi adeguati. I Medici di Medicina Generale dell’ASP uti-lizzano le 4 ore di plus orario settimanale.

Il Decreto legge 158/2012 pone invece le basi per potenziare l’Assistenza Primaria promuovendo modelli di organizzazione a rete integrati con il settore sociale, anche in riferimento all’ADI, e con i servizi ospedalieri, sia prima che dopo il ricovero.

In particolare, per quanto riguarda la medicina generale e la pediatria di libera scelta, oltre che a forme organizzative mono professionali (AFT) sono previste forme innovative di organizzazione quali team multi-professionali e multi-disciplinari (UCCP), caratterizzate da modalità proattive e centrate sulla persona, tali da garantire l’accesso ai servizi per tutto l’arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, anche grazie al ruolo unico della medicina generale.

La Regione, attraverso gli accordi integrativi, ha favorito, attraverso incentivi eco-nomici e incrementando le percentuali stabilite dai vari accordi nazionali, la realizza-zione di forme associative di Assistenza Primaria al fine di garantire la continuità dell’assistenza e delle cure anche attraverso modalità di integrazione professionale tra i medici, nella convinzione che il potenziamento della medicina sul territorio costi-tuisce un valido sistema in grado di intercettare direttamente la domanda di salute del cittadino e di assicurare interventi appropriati ed efficaci.

La riorganizzazione dell’assistenza territoriale presuppone il passaggio progressi-vo e graduale dalle forme associative semplici (medicina in associazione, medicina in rete, medicina di gruppo) a quelle più complesse che possono garantire la presa in ca-rico globale del cittadino-paziente nel suo ambito naturale. Già nell’AIR, di cui alla DGR 331/2008, in aderenza a quanto previsto dall’art. 26 dell’ACN del 23 marzo 2005, è stato individuato nell’Equipe di assistenza territoriale (EFT), funzionale e semistrutturale, il modello organizzativo più idoneo a fornire adeguate risposte ai “nuovi” bisogni della popolazione.

Ad oggi le Equipe Territoriali Semistrutturali, che prevedono la presenza, in un’unica sede, di più professionalità (medico di assistenza primaria, medico di conti-

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Tabel la 7.1

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7.3 Le forme di Assistenza Primaria “in fase di sperimentazione” nella Regione Basi l icata

L’assistenza primaria 2217

nuità assistenziale, pediatra, specialista, infermiere, ecc.), risultano essere quattro, tut-te nello stesso distretto (ex ASL 3), e coinvolgono 36 medici di medicina generale e 21 dipendenti tra collaboratori di studio e personale infermieristico.

L’ACN 2009 individua nelle aggregazioni funzionali territoriali (AFT, art. 26 bis) e nelle Unità Complesse delle Cure Primarie (UCCP, art. 26 ter), le forme organizza-tive che superano di fatto le forme associative dell’Assistenza Primaria (art. 54 ACN del 23 marzo 2005 e s.m.i.).

Si riportano i dati relativi alle varie forme associative regionali, distinte per azien-da sanitaria al 1° gennaio 2013, sulla base del monitoraggio 2012:

TTabella 77.11 Le forme associative per Azienda Provinciale – Anno 2012

AZIENDA SANITARIA Anno 2012 n° Associazioni N° Assistiti

ASP - POTENZA

Associazionismo semplice tot medici n. 93 33 95.244

Medicina di GRUPPO tot medici n. 51 15 64.172

Medicina in RETE tot medici n. 98 25 109.035

Collaboratore di studio tot medici n. 79 98.610

Indennità infermieristica tot medici n. 4 3.636

Indennità informatica 294 medici

ASM -MATERA

Associazionismo semplice tot medici n. 73 24 75.683

Medicina di GRUPPO tot medici n. 30 8 37.765

Medicina in RETE tot medici n. 38 9 40.522

Collaboratore di studio tot medici n. 40 51.607

Indennità infermieristica tot medici n. 20 24.420

Indennità informatica 170 medici Fonte: Regione Basilicata - Dipartimento Salute, Sicurezza e Solidarietà Sociale, Servizi alla persona e alla comunità Dopo l’entrata in vigore del decreto Balduzzi, il Comitato Regionale per la medicina generale ha avviato i lavori per procedere alla contrattazione integrativa esaminando una piattaforma contrattuale, proposta dalle OO.SS., che mira “a superare i precedenti modelli ed indirizzare il sistema, composto da Assistenza Primaria e Continuità Assi-stenziale, verso forme evolute di aggregazione al fine di rendere più snello, più orga-nico, più operativo e più riconoscibile per il cittadino il sistema delle Cure Primarie, creando sul territorio un’alternativa valida e integrata all’ospedale”.

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2218 Capitolo 7

77..4 CConclusioni

Un settore complesso come l’Assistenza Primaria necessità di coordinare comporta-menti e azioni che fanno riferimento a organizzazioni, figure assistenziali e addirittura sistemi assistenziali differenti. Occorre attivare strategie di integrazione che sappiano individuare strumenti capaci di realizzare un effettivo coordinamento per garantire l’offerta di servizi efficienti ed efficaci, evitando duplicazioni, inefficienze o vuoti e carenze del sistema. L’eccessiva frammentazione del processo di cura nel campo sani-tario ha messo il cittadino nella condizione di non partecipare ai singoli processi assi-stenziali ma di dover interpretare e rendere compatibili le diverse indicazioni ed esse-re lui stesso il tramite e il collegamento tra i vari professionisti.

Le cure primarie sono strategiche per rispondere ad un bisogno di salute in cam-biamento e costruire una politica nazionale organica di long term care. L’orientamento deve essere alla Medicina d’iniziativa e alla presa in carico; questi obiettivi richiedono un sostegno chiaro nella programmazione, nella formazione, nel-la destinazione delle risorse.

Sarebbe necessario perseguire le seguenti linee strategiche: 1. Migliorare la Programmazione Strategica regionale e aziendale: favoren-

do le forme organizzative complesse della Medicina di famiglia (es. UTAP e/o Medicine di Gruppo), sostenendo in particolare il valore del la-voro in team multiprofessionali (medici, infermieri, amministrativi, assi-stenti sociali).

2. Potenziare gli aspetti gestionali e organizzativi: a. rafforzare il ruolo degli Infermieri e del nursing nelle cure prima-

rie; b. spostare la gestione ed il monitoraggio del paziente cronico a li-

vello territoriale (es. diabete, ipertensione, ecc.); c. privilegiare l’attivazione di ambulatori integrati su pazienti con

pluripatologia ed incentivare l’attività di consulenza degli Spe-cialisti in diretta connessione con i Medici di famiglia;

d. potenziare il sistema della residenzialità intermedia (es. RSA, Hospice, ecc.);

e. estendere l’approccio delle dimissioni protette e le ammissioni protette;

f. investire nel settore, anche con forme di agevolazione fiscale per le forme aggregative;

g. attivare un Call center territoriale collegato al Punto Unico di Accesso etc.

3. Sviluppare la Medicina di iniziativa e/o proattività degli interventi: la me-dicina di iniziativa ed il follow up delle malattie croniche trova il suo massimo espletamento nel distretto, nelle sue strutture e professionalità. Le attività di prevenzione, screening, diagnosi (precoce) e follow-up inte-grano le consuete attività cliniche e assistenziali.

4. Promuovere l’adozione di linee guida o percorsi assistenziali. 5. Potenziare il sistema informativo/informatico.

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7.4 Conclusioni

L’assistenza primaria 2219

6. Avviare piani di formazione e comunicazione, in forma integrata, tra i di-versi Professionisti operanti nell’ambito delle cure primarie.

7. Migliorare il sistema delle relazioni all’interno della rete, anche adottando strumenti operativi: cartella clinica integrata, case manager, distretto co-me garante istituzionale e facilitatore della rete dei rapporti tra cure pri-marie, ospedale e residenzialità territoriale, interfaccia per tutti gli inter-venti correlati alle dimissioni protette, mediante l’adozione di procedure semplificate e unitarie per l’assistenza farmaceutica, protesica, integrativa e medico-legale.

8. Individuazione di strumenti appropriati di misurazione e di Clinical Go-vernance del territorio.

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2220 Capitolo 7

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8 Il s istema delle cure domici l iar i in Ital ia e in Regione Basi l icata

8.1 Introduzione

8.2 Gli aspetti della normativa nazionale in tema di cure domici l iari

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88 II l s istema delle cure domici l iari iin Ital ia e in Regione Basi l icata

D’Adamo A.1, D’Attis A.2

88.1 IIntroduzione

In questo capitolo si è focalizzata l’attenzione sul sistema delle cure domiciliari, in particolare sul modello assistenziale volto ad assicurare l’erogazione coordinata e continuativa di prestazioni sanitarie (medica, infermieristica, riabilitativa) e socio-assistenziali (cura della persona, fornitura di pasti, cure domestiche) al domicilio del paziente, da parte di diverse figure professionali fra loro funzionalmente coordinate.

Ad una analisi degli aspetti normativi nazionali e regionali, segue l’esplicitazione del modello organizzativo e degli strumenti operativi implementati in Italia e in Re-gione Basilicata per realizzare l’integrazione socio-sanitaria, con particolare riferi-mento all’assistenza domiciliare integrata. Inoltre, è stato esaminato il panorama di indicatori progettati per una lettura integrata del fenomeno socio-sanitario relativo alle prestazioni di assistenza domiciliare.

88.2 GGli aspetti della normativa nazionale in tema ddi cure domici l iari

I paesi sviluppati sono oramai caratterizzati da un progressivo invecchiamento della popolazione ovvero un aumento della prevalenza di malattie croniche. Tale quadro

1 Dottore di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali), Facoltà di Economia. È Professore a contratto di Economia Aziendale, Organizzazione aziendale e Management Sanitario presso le Facoltà di Economia e Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. 2 Ingegnere Clinico e Biomedico in staff alla Direzione Generale del San Camillo Forlanini in Roma. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali) - Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”- in progetti di ricerca nel campo del management e dell'organizzazione delle aziende sanitarie pubbliche.

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2224 Capitolo 8

epidemiologico è la leva principale che spinge verso una riprogettazione delle for-me organizzative e terapeutiche finalizzate ad una migliore gestione del paziente cronico nonchè una più efficace allocazione delle risorse. Le cure domiciliari forni-scono un’opzione terapeutica alternativa al ricovero ospedaliero e consistono in trattamenti medici, infermieristici, riabilitativi, prestati da personale qualificato per la cura e l’assistenza alle persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse, per stabilizzare il quadro clinico, limitare il de-clino funzionale e migliorare la qualità della vita quotidiana. La Commissione na-zionale per la definizione e l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza, nel documento "Nuova caratterizzazione dell’assistenza territoriale domiciliare e degli interventi ospedalieri domiciliari", definisce gli obiettivi delle cure domiciliari, tra cui:

• l’assistenza a persone con patologie trattabili a domicilio al fine di evitare il ricorso inappropriato al ricovero in ospedale o ad altra struttura residenziale;

• la continuità assistenziale per i dimessi dalle strutture sanitarie con necessità di prosecuzione delle cure;

• il supporto alla famiglia; • il recupero delle capacità residue di autonomia e di relazione; • il miglioramento della qualità di vita anche nella fase terminale.

Le cure domiciliari, in relazione ai bisogni e dei modelli gestionali-organizzativi atti-vati da diverse regioni, possono essere distinte in tre diversi profili:

• “Cure Domiciliari Prestazionali“ caratterizzate da prestazioni sanitarie occa-sionali o a ciclo programmato;

• “Cure Domiciliari Integrate di primo-secondo e terzo livello”. Le cure di primo e secondo livello assorbono quelle già definite ADI-Assistenza domi-ciliare integrata mentre quelle di terzo livello assorbono l’Ospedalizzazione Domiciliare-OD. Questa tipologia di cure domiciliari - in funzione della dif-ferente complessità/intensità – è caratterizzata dalla formulazione del Piano Assistenziale Individuale (PAI) redatto in base alla valutazione globale mul-tidimensionale ed erogate attraverso la presa in carico multidisciplinare e multiprofessionale;

• “Cure domiciliari palliative a malati terminali”, assorbono “l’assistenza territo-riale domiciliare rivolta a pazienti nella fase terminale” e l’Ospedalizzazione Domiciliare - Cure Palliative - OD-CP e sono caratterizzate da una risposta in-tensiva a bisogni di elevata complessità definita dal PAI ed erogata da un’équipe in possesso di specifiche competenze.

Nell’ambito delle cure domiciliari integrate risulta fondamentale l’integrazione con i servizi sociali dei comuni. Il livello di bisogno clinico, funzionale e sociale deve esse-re valutato attraverso idonei strumenti che consentano la definizione del programma assistenziale ed il conseguente impegno di risorse. In generale si tratta di prestazioni

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224 Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in Regione Basilicata 2225

nelle quali “la componente sanitaria e sociale non risulta operativamente distinguibi-le” e per le quali la competenza è attribuita sia alle ASL che ai Comuni. Si articolano in prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali.

Le prime fondamentali indicazioni sull’Assistenza domiciliare integrata si tro-vano all’interno del Progetto obiettivo “Tutela della salute degli anziani”, valido per il quinquennio 1991-1995, che indica come obiettivo principale la realizzazione di un soddisfacente livello di assistenza domiciliare integrata in tutte le Regioni italia-ne, al fine di dare una risposta concreta alle necessità di rilievo sanitario e sociale connesse alla continua crescita della cronicità e della non autosufficienza, soprattut-to nelle persone anziane. In esso è rintracciabile anche la prima definizione di Assi-stenza domiciliare integrata “complesso di prestazioni mediche, infermieristiche, riabilitative, socioassistenziali, rese al domicilio dell’ammalato, nel rispetto di standard minimi di prestazione in forma integrata e secondo piani individuali pro-grammati di assistenza, definiti con la partecipazione delle figure professionali in-teressate al singolo caso”.

È possibile e opportuno utilizzare il concetto di ADI per riferirsi all’integrazione tra prestazioni di natura esclusivamente sanitaria, facenti capo a discipline o contesti diversi, che per la loro complessità richiedono un mix di prestazioni differenziate, op-pure, configurare l’ADI quale momento di operatività congiunta tra il settore sanitario e il settore sociale. Il D.Lgs n. 502 del 30.12.1992 “Riordino della disciplina in mate-ria sanitaria, a norma dell’art 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421” definisce “le presta-zioni socio-sanitarie e l’area dell’integrazione socio-sanitaria”. Nello specifico, l’articolo 3-septies definisce prestazioni socio-sanitarie tutte le attività atte a soddi-sfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione. Il Decreto attribuisce, inoltre, alle regioni il compito di disciplinare forme e modalità per la direzione e il coordinamento delle attività socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria.

Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 focalizza particolarmente la sua attenzione sulla prevenzione, intesa come promozione dello stato di salute dei cittadini, e su un’assistenza sanitaria il più possibile vicina alle esigenze del cittadino. A tal fine, una specifica attenzione viene dedicata all’Assistenza Domiciliare Integrata, mettendo in rilievo che curare a casa significa passare dalla logica del malato che ruota attorno alle strutture erogatrici a quella delle strutture e dei professionisti che assumono come centro di gravità la persona con i suoi bisogni. Il Piano prevede anche le condizioni necessarie per l’attivazione dell’ADI come la pianificazione delle unità di offerta del distretto, la valutazione multidimensionale, la globalità e l’intensità di piani di cura, la continuità terapeutica degli interventi, la collaborazione con la famiglia, la valutazio-ne degli esiti.

L’assistenza territoriale domiciliare, l’ospedalizzazione domiciliare e l’assistenza domiciliare programmata e integrata della rete dei medici di medicina generale rien-trano nei Livelli Essenziali e uniformi di Assistenza (Piano Sanitario Nazionale 2001-2003) quindi deve essere garantita uniformemente su tutto il territorio nazionale, il distretto coordina tutte le attività extraospedaliere di assistenza sanitaria di base e spe-

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2226 Capitolo 8

cialistiche (erogate con modalità sia residenziali che intermedie, ambulatoriali e do-miciliari), oltre alle attività di assistenza sanitaria a rilevanza sociale ed a quelle ad elevata integrazione sociosanitaria.

Nei documenti di Piano Sanitario Nazionale-PSN si sono individuati, tra gli obiettivi strategici, la creazione di una rete integrata di servizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani ed ai disabili e gli accordi di programma “ASL-Comuni”, previsti dal decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, quale stru-mento primario per la realizzazione dell’integrazione socio-sanitaria atta a garantire effettivamente l’Assistenza Domiciliare Integrata (PSN 2006 -2008). Il PSN 2009 prevede, tra l'altro, l’incremento dell’assistenza domiciliare integrata in tutto il terri-torio nazionale, per assicurare alla persona fragile e non autosufficiente la perma-nenza presso il proprio domicilio con l’applicazione di un progetto di cure e assi-stenza multiprofessionale; una particolare attenzione viene puntata allo sviluppo del sistema delle cure domiciliari e delle strutture residenziali, in particolare per la ria-bilitazione e per gli anziani non autosufficienti (PSN 2011-2013, approvato dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Salute nella seduta del 21 gennaio 2011).

Il DPCM 14 febbraio 2001, “Atto di indirizzo e coordinamento sull’integrazione socio-sanitaria”, prevede che le Cure Domiciliari, come risposta ai bisogni delle per-sone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, si integrino con le prestazioni di assistenza sociale e di supporto alla famiglia. Nel DPCM del 29 Novembre 2001“Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza” si specifica che “l’uso appro-priato delle risorse disponibili rende imprescindibile privilegiare forme di cura domi-ciliari” e che “la casa è il miglior luogo di prevenzione, cura e riabilitazione”. Il DPCM 29 novembre 2001, elenca le prestazioni che fanno capo all’area dell’integrazione socio-sanitaria e precisa che l’erogazione delle stesse va modulata in riferimento a criteri di appropriatezza, al grado di fragilità sociale e di accessibilità. I suoi elementi di forza sono: la previsione di un sistema integrato per le cure domici-liari, con un percorso assistenziale preciso, costruito sul bisogno della persona e sull’intensità e complessità dell’assistenza; il punto unitario di accesso; la valutazione multidimensionale; il Piano Assistenziale Individuale costruito non solo sul numero di accessi ma su obiettivi di tutela della salute verificabili.

L’assistenza domiciliare integrata (ADI) nasce come un modello assistenziale vol-to ad assicurare l’erogazione coordinata e continuativa di prestazioni sanitarie (medi-ca, infermieristica, riabilitativa) e socio-assistenziali (cura della persona, fornitura di pasti, cure domestiche) al domicilio, da parte di diverse figure professionali fra loro funzionalmente coordinate.

I principali obiettivi dell’assistenza domiciliare integrata (ADI), sono sostanzial-mente orientati alla soddisfazione di bisogni plurimi correlati ad una condizione di non autosufficienza parziale o totale, attraverso la continuità e l’integrazione assisten-ziale, con una particolare attenzione alla qualità di vita del paziente, perseguita attra-verso il mantenimento del suo abituale ambiente di vita e delle sue relazioni significa-tive. È deputata, pertanto, a soddisfare esigenze complesse, di persone che richiedono una assistenza continuativa di tipo socio-sanitario. La responsabilità assistenziale è attribuita al medico di medicina generale; la sede organizzativa è nel distretto; è ri-

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8.3 Gli aspetti della normativa regionale in tema di cure domici l iari

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226 Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in Regione Basilicata 2227

chiesta la definizione di piani personalizzati di assistenza in relazione ai bisogni della persona.

Un corretto utilizzo dell’assistenza domiciliare può essere considerato funzione della soddisfazione delle seguenti condizioni:

• fondare la presa in carico sulla verifica di criteri di eleggibilità predefiniti dei

pazienti da assistere; • garantire una gestione coordinata degli interventi.

Per quanto riguarda la prima condizione, è fondamentale che presso il servizio competente per l’assistenza domiciliare sia attiva l’Unità Valutativa Multidiscipli-nare (équipe multiprofessionale stabilmente composta da un medico, un’assistente sociale e un infermiere/assistente sanitario, con l’eventuale coinvolgimento di altre figure mediche specialistiche secondo le caratteristiche del paziente esaminato), con il compito di caratterizzare i casi più complessi attraverso una valutazione multidi-mensionale che indaghi lo stato fisico, mentale, funzionale e le aree economica e socio relazionale del soggetto. Le richieste di assistenza domiciliare, di norma pro-venienti dal MMG del paziente, ma formulate anche direttamente dalla famiglia o da operatori sociali, vengono preliminarmente vagliate per verificare la sussistenza dei principali requisiti di eleggibilità (tipologia e gravità delle patologie, grado di mobilità del soggetto e idoneità del suo domicilio), per distinguere preliminarmente la complessità dei bisogni assistenziali ed il conseguente carico assistenziale. La va-lutazione va effettuata nei casi di una certa complessità, al fine di predisporre il Piano individualizzato di assistenza, che prevede cosa fare, da parte di chi e con quale periodicità.

La seconda condizione - la garanzia di una gestione efficace, esauriente e coordi-nata degli interventi - dipende sostanzialmente dalla disponibilità di: figure professio-nali necessarie all’assistenza domiciliare adeguatamente formate; risorse strutturali e tecnologiche; procedure formalizzate relative a tutte le diverse fasi di analisi, presa in carico e gestione del caso, nonché di un costante collegamento e coordinamento del servizio di assistenza domiciliare con gli altri settori assistenziali, di natura sanitaria e sociale (Istituti di riabilitazione, RSA, Hospice, Centri diurni, Residenze socio-assistenziali, Ospedali di Comunità, etc.).

88.3 GGli aspetti della normativa regionale in tema ddi cure domici l iari

Le politiche sanitarie regionali mantengono una costante attenzione alle cure domici-liari che hanno avuto un avvio decisivo nell’anno 1999 con un programma di Assi-stenza Domiciliare Integrata, a valenza triennale, sostenuto dal Ministero della Salute e dalla Regione.

La Regione Basilicata ha previsto il sistema delle Cure Domiciliari con D.G.R. n. 1655 del 30 Luglio 2001 “Approvazione delle linee-guida per l'erogazione del servi-zio di assistenza domiciliare integrata (ADI)”, successivamente aggiornato con

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2228 Capitolo 8

D.G.R. n. 862 del 10 Giugno 2008, in conformità alla nuova caratterizzazione dell’assistenza territoriale domiciliare e degli interventi ospedalieri a domicilio, elabo-rati dalla Commissione Nazionale dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).

Nelle linee guida sulle cure domiciliari si definiscono: la caratterizzazione dei di-versi livelli di intensità assistenziale, in funzione della natura del bisogno, dell'intensi-tà e della complessità; il modello organizzativo; i requisiti per l'accesso.

Nello specifico, le cure domiciliari vengono suddivise in: cure domiciliari presta-zionali (prestazioni sanitarie occasionali o a ciclo programmato); cure domiciliari di I e II livello (prestazioni che richiedono un bisogno di continuità assistenziale e inter-venti programmati che si articolano su più giorni settimanali); cure domiciliari inte-grate di III livello e cure domiciliari palliative a malati terminali (prestazioni che ri-chiedono un bisogno di continuità assistenziale e d’interventi con un elevato livello di complessità che si articolano anche sui 7 giorni della settimana).

In particolare, le cure domiciliari di III livello e le cure palliative sono interventi professionali rivolti a: malati che presentano dei bisogni con un elevato livello di complessità in presenza di criticità specifiche malati terminali (oncologici e non); malati portatori di malattie neurologiche degenerative/progressive in fase avan-zata (SLA, distrofia muscolare); fasi avanzate e complicate di malattie croni-che; pazienti con necessità di nutrizione artificiale parenterale; pazienti con necessità di supporto ventilatorio invasivo; pazienti in stato vegetativo e stato di minima co-scienza.

Le nuove Linea Guida riconducono il Piano Annuale delle Attività, predisposto dal Centro di Coordinamento delle cure domiciliari e palliative, all’interno del Piano intercomunale dei servizi sociali e socio-sanitari, come stabilito dall’art. 16 della Legge Regionale n. 4/2007.

Gli obiettivi dell'assistenza domiciliare possono essere così sintetizzati:

• garantire un intervento qualificato e coerente ai bisogni di salute e di benes-

sere dell’utente; • migliorare la qualità della vita dell’utente fornendo risposte globali e conti-

nuative basate sull'integrazione dei servizi sanitari e socio-assistenziali; • mantenere per quanto possibile l’utente nel proprio ambiente familiare e so-

ciale, evitando e/o ritardando l'istituzionalizzazione ovvero favorire la deo-spedalizzazione evitando i ricoveri non necessari o troppo prolungati con ri-duzione dei disagi di ordine psicologico, economico e sociale, sia per l’utente che per i propri familiari;

• evitare o ridurre i rischi di isolamento o di emarginazione sociale; • assicurare continuità terapeutica ed assistenziale nel momento critico della

dimissione ospedaliera. Nel Piano regionale della salute e dei servizi alla persona e alla comunità 2012-2015, Ammalarsi meno, curarsi meglio, approvato con Delibera 317 del 24 luglio 2012, vengono riprese le funzioni assistenziali domiciliari come riportato in tabella.

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Tabel la 8.1

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228 Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in Regione Basilicata 2229

TTabella 88.11 Le Funzioni assistenziali domiciliari

Tipologia Descrizione

ASSISTENZA DOMICILIARE PROGRAMMATA (ADP)

Prevede l'erogazione di assistenza medica a cura del MMG rivolta a cittadini affetti da patologie per le quali si rende necessario un monitoraggio inten-sivo (allegato G dell’ACN del 23.03.2005)

ASSISTENZA DOMICILIARE INTEGRATA (ADI)

È prevista per la compresenza di prestazioni medi-che anche specialistiche, infermieristiche e riabili-tative e di assistenza sociale, rese al domicilio degli utenti, in forma integrata, vale a dire con la parteci-pazione dei servizi dell’Ambito Socio Territoriale, viene svolta secondo le modalità previste dal già richiamato ACN del 23.03.2005, allegato H e corri-spondente, nella nuova definizione, alle Cure Do-miciliari Integrate di I e II livello

ASSISTENZA DOMICILIARE DI TIPO ESCLUSIVAMENTE SANITARIO

Consiste nell'erogazione domiciliare delle sole pre-stazioni sanitarie (Cure Domiciliari Prestazionali e Cure Domiciliari Integrate di I e II livello)

ASSISTENZA DOMICILIARE DI TIPO ESCLUSIVAMENTE SOCIALE (Ambito Socio Territoriale)

Consiste nell'erogazione, a domicilio dell'utente, di prestazioni di tipo socio-assistenziale

ASSISTENZA DOMICILIARE RIVOLTA Al MALATI IN FASE CRITICA

È resa a domicilio del paziente in fase critica, secon-do quanto già previsto dalle deliberazioni di GR n. 196 del 7/2/2000 e n. 1650 dell’1.08.2005 e corri-sponde alle Cure Domiciliari Integrate di III livello

Fonte: elaborazione propria La legge n.38 del 15 marzo 2010, come indicato nel succitato Piano, impone ancor più una programmazione attenta al bisogno assistenziale nella fase finale della vita e nei casi di malattie ad andamento evolutivo, per:

• sensibilizzare ad una cultura del controllo del dolore e della sofferenza globale; • tutelare il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del

dolore; • completare l’offerta di servizi in modo sempre più aderente alle reali esigen-

ze cliniche dei pazienti; • rafforzare l'offerta delle cure palliative nell'età neonatale, pediatrica ed adole-

scenziale, per migliorare la qualità della vita del bambino con malattia irre-versibile e dei suoi familiari.

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2230 Capitolo 8

In definitiva la rete delle cure domiciliare deve mirare a garantire l'assistenza medica, infermieristica, specialistica continua e a domicilio, facilitare l'accesso ai servizi e l'e-rogazione di presidi ed ausili e strutturare dei percorsi di recupero dell'autonomia dei soggetti fragili nel loro contesto oltre che dei percorsi di sostegno alla famiglia.

88.4 II l modeello organizzativo delle cure domici l iari iin Regione Basi l icata

Il modello organizzativo delle cure domiciliari, come definito nelle linee-guida di cui alle DD.GG.RR. n.1655/2001 e n.862/2008, è stato confermato anche a seguito della riforma sanitaria regionale, L.R. n.12/2008, e della direttiva vincolante per l’organizzazione e il funzionamento del Macrolivello territoriale (D.G.R n.1646/2009).

Il governo della rete dei servizi sanitari domiciliari è assicurato dal Centro di Coordinamento delle Cure Domiciliari e delle Cure Palliative. Quest'ultimo ha al momento sede distrettuale, coincidente con l’ambito geografico delle soppresse aziende sanitarie, è diretto da un dirigente medico dedicato.

TTabella 88.22 Il Centro di Coordinamento delle Cure Domiciliari e delle Cure Palliative

Figure Professionali Competenze • componenti delle Unità

Valutative • medico rappresentante

dei MMG • assistente sociale di-

pendente dell'Azienda con compiti di coordi-namento dei servizi socio-sanitari

• infermiere professiona-le e Terapista della ria-bilitazione strutturati, con funzioni di coordi-namento delle pari fi-gure professionali

• responsabile ammini-strativo

• altri operatori (medico specialista, psicologo...) sulla base di specifici compiti di programma-zione assegnati

• coordinamento generale con i servizi Socio assi-stenziali erogati dall’Ambito Socio Territoriale

• attivazione dell'UVI distrettuale per la valuta-zione e la eventuale presa in carico

• valutazione tecnico-professionale per la qualità del servizio ed organizzazione (elaborazione di protocolli, del prontuario terapeutico, della rela-zione annuale),

• valutazione gestionale (coordinamento interdi-strettuale per un'omogenea realizzazione del programma ADI, elaborazione di modulistica unica....), in collaborazione con i direttori di di-stretto e con il coordinatore dell’Ambito Socio Territoriale

• formazione periodica multidisciplinare (elabora-zione di programmi di aggiornamento per équi-pe ADI): la formazione può essere attivata in forma congiunta con i Comuni, anche per le fi-gure sociali, previo accordo tra le parti

• attivazione di specifici protocolli d'intesa con le associazioni di volontariato

• verifica e controllo delle attività domiciliari, comprese quelle eventualmente delegate al terzo settore

Fonte: elaborazione propria

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8.4 I l modello organizzativo delle cure domici l iari in Regione Basi l icata

Tabel la 8.2

Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in Regione Basilicata 2231

Il Centro di Coordinamento, in un'ottica di una programmazione integrata dell'assi-stenza domiciliare con gli altri interventi assistenziali, dovrà presentare ogni anno il Piano Annuale delle Attività in cui vengono definite le modalità con cui dovranno es-sere raggiunti gli obiettivi assegnati.

Le segnalazioni, promosse dal medico curante dell'assistito, dal medico del reparto ospedaliero all'atto della dimissione, dal medico della residenza (Casa di Ripo-so/RSA), dai servizi sociali o dai familiari dell'assistito, vengono indirizzate al Centro di Coordinamento, il quale provvede ad attivare l'Unità di Valutazione Integrata-UVI per la valutazione multidimensionale-VMD presso il domicilio del paziente o in ospedale prima della dimissione.

I presupposti, indispensabili per l'attivazione delle cure domiciliari, so-no: condizione di non autosufficienza (disabilità), di fragilità e patologie in atto o esiti delle stesse che necessitano di cure erogabili a domicilio; adeguato supporto familiare o informale; idonee condizioni abitative; consenso informato da parte della persona e della famiglia; resa in carico da parte del MMG.

L'Unità di valutazione è composta dal medico curante, infermiere professionale, terapista della riabilitazione ed assistente sociale aziendale e/o dell'operatore dei ser-vizi sociali dell'Ambito, integrata da eventuali figure specifiche sulla base dei bisogni segnalati. All'interno dell' UVI viene individuato un membro a cui vengono assegnate le funzioni di Case Manager o coordinatore del caso. Quest'ultimo è un professionista a cui è deputato il ruolo di facilitatore e cioè costituisce un riferimento per la persona che esprime dei bisogni complessi sociosanitari.

L’azione del case manager, focalizzata sul caso specifico, si integra a pieno con il lavoro della UVI in un ottica di team e di gestione progettuale del caso socio-sanitario.

Effettuata la VMD, il medico curante, l'UVI e, ove necessario, gli operatori dei servizi socio-assistenziali dell’Ambito Socio Territoriale, concordano il Piano di assi-stenza personalizzato, nel quale si precisano le prestazioni sanitarie (di medicina ge-nerale, specialistica, prestazioni infermieristiche e/o riabilitative necessarie, la fornitu-ra di ausili, presidi sanitari e farmaci) e gli interventi assistenziali (aiuto per il gover-no della casa, servizio lavanderia, preparazione e fornitura pasti a domicilio, eventua-le abbattimento barriere architettoniche, l'intervento del volontariato, ecc.), le verifi-che, i controlli e la presumibile durata del trattamento. All'UVI attiene la presa in ca-rico integrata dell’utente con esigenze, sia sanitarie che sociali, di natura complessa, la quale, nell'ambito della cure domiciliari, si caratterizza per un approccio integrato i cui aspetti fondamentali sono:

• la valutazione globale dello stato funzionale del paziente attraverso sistemi di valutazione sperimentati e validati su ampia scala, standardizzati e in grado di produrre una sintesi delle condizioni cliniche, funzionali e sociali per l’elaborazione del piano di assistenza personalizzato, permettendo, nel con-tempo, la definizione del case- mix individuale e di popolazione. Lo strumen-to di valutazione multidimensionale adottato dalla regione Basilicata è il VAOR-ADI che valuta tutte le aree problematiche del paziente ed include anche le sue capacità residue insieme alle preferenze e al grado di coinvolgi-mento in attività varie;

• la predisposizione del PAI;

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2232 Capitolo 8

• un approccio assistenziale erogato attraverso un’équipe multiprofessionale e multidisciplinare che comprende anche operatori sociali;

• il monitoraggio periodico e la valutazione degli esiti.

FFigura 88.1 Processo di attivazione delle cure domiciliari

Fonte: elaborazione propria Al domicilio dell’utente è conservata una cartella integrata, ad uso di tutti gli operato-ri delle Cure Domiciliari, al fine di assicurare la continuità dell’assistenza e l’integrazione multi professionale, garantire e facilitare l’accesso alle informazioni indispensabili all’assistenza e cura dell’ utente.

In un ottica di innovazione è stata introdotta, quale derivazione della scheda di va-lutazione multidimensionale VAOR-ADI, la RAD-Scheda di Rilevazione Assistenza Domiciliare, che, al pari della SDO per il macrolivello ospedaliero, rileva le presta-zioni erogate nel contesto del programma di assistenza domiciliare e favorisce la con-divisione di un modello di raccolta, analisi e lettura dei dati.

La RAD rappresenta lo strumento di base per implementare ed alimentare il flusso informativo regionale, che dovrà essere messo a punto anche secondo le indicazioni ed esigenze del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), istituito con D.M. 17 dicembre 2008, “Istituzione del sistema informativo per il monitoraggio dell'assisten-za domiciliare”, e dovrà contenere informazioni di carattere organizzativo, sulla tipo-logia dell'assistenza erogata e di costo. La compilazione della RAD deve essere com-

233

8.4.1 Qual ità, eff ic ienza e percorso formativo

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 2327415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 232 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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232

Figura 8.1

Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in Regione Basilicata 2233

pletata al termine dell'episodio di cura, contestualmente alla chiusura della Cartella Domiciliare Integrata.

Ad oggi sono disponibili, presso le Aziende Sanitarie, due pacchetti software ma ancora non perfettamente a regime.

88.4.1 QQualità,, eeff ic ienza e percorso formativo

Le linee guida di cui alla D.G.R. n.862/2010, includono una sezione dedicata alla qua-lità e all’efficienza delle cure domiciliari, finalizzata ad attuare un modello flessibile per le risorse attivate ma, altresì, il più possibile omogeneo per l’organizzazione, ne-cessariamente ispirata ai principi dell’integrazione e del coordinamento.

L’integrazione conduce all’unificazione attraverso la definizione di protocolli isti-tuzionali, di risorse umane e materiali appartenenti a soggetti giuridici autonomi. Il coordinamento rappresenta il momento unificante delle procedure sanitarie e socio-assistenziali erogate dai soggetti stessi attraverso un sistema organizzativo predefinito a garanzia della continuità assistenziale al paziente.

Il modello di qualità si ispira alle Norme ISO 9000, in particolare alla Norma ISO UNI EN 9004-1 (Gestione per la qualità ed elementi del sistema qualità. Guida gene-rale). Seguendo lo schema proposto dalla suddetta norma, le basi per garantire la qua-lità nelle Cure domiciliari sono le seguenti: strutturare un servizio di cure domiciliari nell’ottica della qualità, in termini di organizzazione, risorse e procedure; evidenziare problemi ed inefficienze al primo insorgere, tenendo costantemente sotto controllo organizzazione, risorse e procedure attraverso la loro regolare documentazione e regi-strazione; misurare il livello di qualità raggiunto attraverso periodiche verifiche di qualità di organizzazione, risorse e procedure, nonché di risultati/esiti.

Lo sviluppo della qualità delle Cure Domiciliari richiede altresì la definizione di obiettivi di qualità (che cosa fare) e delle modalità di raggiungimento degli obiettivi operando secondo principi di qualità.

Lo sviluppo della qualità in assistenza domiciliare richiede la definizione del si-stema qualità, inteso come l’insieme di: organizzazione, risorse e procedure necessa-rie per garantire una buona assistenza. Il sistema qualità deve rispondere ai bisogni sanitari e socio-assistenziali di pazienti non autosufficienti secondo i criteri di eleggi-bilità fissati.

Nel caso in cui le risorse umane e materiali a disposizione non possano far fronte alla domanda, devono essere individuati criteri di priorità per la presa in carico quali: pazienti in fase terminale; dimissioni protette; elevato grado di non autosufficienza; condizioni economiche disagiate.

Ulteriore aspetto fondamentale ripreso nelle linee guida è relativo alla formazione continua come strumento di miglioramento della assistenza sanitaria e della qualità di prestazioni erogate ai cittadini. Nell'ambito delle cure domiciliari il processo forma-tivo degli operatori trova il suo fulcro intorno all'analisi dei bisogni degli assistiti e alle modalità per affrontarli in modo efficace.

In definitiva l'intervento formativo deve essere tale da rappresentare un'azione tra-sversale incentrata sui requisiti fondamentali dell'assistenza domiciliare, quali: la va-lutazione multidisciplinare, l'integrazione socio - sanitaria, la continuità assistenziale.

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 2337415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 233 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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2234 Capitolo 8

88.5 II s istemi di monitoraggio delle cure domici l iari iintegrate

Nell'ambito del Sistema Informativo (istituito dal DM 17 Dicembre 2008, del Mini-stro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, a seguito del parere favorevole espresso dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Pro-vince Autonome di Trento e di Bolzano, nella seduta del 20 novembre 2008) per il monitoraggio dell’Assistenza Domiciliare (SIAD), sono stati previsti una serie di in-dicatori finalizzati a costruire una base dati integrata a livello nazionale, incentrata sul paziente, dalla quale rilevare informazioni in merito agli interventi sanitari e socio-sanitari erogati in maniera programmata da operatori afferenti al Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Le forme di assistenza domiciliare, oggetto di rilevazione, sono esclusivamente quelle caratterizzate da interventi di natura sanitaria e socio-sanitaria che soddisfano i seguenti quattro criteri guida: la presa in carico dell’assistito; la valutazione multidi-mensionale dell’assistito; la definizione di un piano/programma/progetto di assistenza individuale; la responsabilità clinica in capo al Medico di Medicina Generale (MMG), al Pediatra di libera Scelta (PLS) o al medico competente per la terapia del dolore, purché afferenti al distretto/ASL; includendo tra queste, qualora siano soddisfatti i cri-teri sopra menzionati, anche le cure palliative domiciliari e le dimissioni protette.

Le informazioni raccolte riguardano i seguenti ambiti: • caratteristiche anagrafiche dell’assistito (dati privi di elementi identificativi

diretti); • valutazione ovvero rivalutazione socio – sanitaria dell’assistito e dei relativi

bisogni assistenziali;erogazione dell’assistenza; • sospensione della presa in carico; • dimissione dell’assistito.

Nel documento INDICATORI SIAD - SISTEMA ASSISTENZA DOMICILIARE - 2012 vengono riportate le schede descrittive degli indicatori relativi alle prestazioni erogate nell’ambito dell’Assistenza Domiciliare. Di seguito se ne fornisce un quadro sinottico.

TTabella 88.33 Indicatori in Ambito Clinico (DECRETO 17 dicembre 2008 Istituzione del sistema informativo per il monitoraggio delle prestazioni erogate nell'am-bito dell'assistenza domiciliare)

B1 B2 B3 B4 B5 Indicatore Distribuzione

per patologia prevalente (ICD9CM prime 3 cifre) degli utenti presi in cari-co

Distribuzio-ne per pato-logia con-comitante degli utenti presi in cari-co

Continui-tà/Fruibilità di cure

Durata me-dia dell’effettiva assistenza domiciliare

Tassi stan-dardizzati per età (1000 abitanti)

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7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 2347415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 234 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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234

8.5 I sistemi di monitoraggio delle cure domici l iari integrate

Tabel la 8.3

Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in Regione Basilicata 2235

B1 B2 B3 B4 B5 Livello tem-porale terri-toriale

Tempo: anno/altri periodi temporali Territorio: Asl/Regione

Definizione Numero di prese in cari-co, differen-ziate per pa-tologia pre-valente.

Numero di prese in cari-co, differen-ziati per pa-tologia con-comitante.

L’Indicatore calcola la durata media del periodo che intercor-re tra la data presa in cari-co e la data di primo ac-cesso

L’Indicatore calcola la durata media dell’effettiva assistenza domiciliare

Tasso di pa-zienti presi in carico standardizza-to per età, per anno

Formula Somma pre-se in carico divise per patologia prevalente / totale prese in carico.

Somma pre-se in carico divise per patologia concomitante / totale prese in carico

Numero tota-le di giorni (data accesso – data presa in carico) / Numero di prese in cari-co

Numero tota-le di giorni delle prese in carico

1 /

Numero di prese in cari-co.

Somma dei pazienti presi in carico per anno per età / popolazione pesata per età * 1000 ab

Contenuti informativi rilevanti ai fini dell'inid-catore

Codice Assistito, Data Primo Accesso, Data Conclusione, Patologia Principale, Anno di Nascita, Codice Regione di Residenza, Codice Asl di Residenza, Co-dice Regione di Erogazione, Codice Asl di Erogazione, Autonomia, Grado Mobilità, Disturbi Cognitivi, Disturbi Comportamentali, Supporto Sociale, Ri-schio Infettivo.

Raziona-le/Significato

L’indicatore individua quante sono le prese in carico per ciascuna pa-tologia pre-valente.

L’indicatore individua quante sono le prese in carico per ciascuna pa-tologia con-comitante.

L’indicatore misura la durata media del periodo che intercor-re tra la data presa in cari-co e la data di primo ac-cesso

L’indicatore misura la durata media delle prese in carico con-cluse.

L’indicatore valuta la di-stribuzione della popola-zione presa in carico, standardiz-zando even-tuali distor-sioni con la popolazione pesata per età

Note per il calcolo e/o l'interpreta-zione

L’indicatore può essere calcolato per: classi di età (es X > 65; X > 75); evento (presa in carico) o utente.

L’indicatore può essere calcolato per: classi di età (es X > 65; X > 75); evento (presa in carico) o utente.

L’indicatore può essere differenziato per: patolo-gia; classi di età (es X > 65; X > 75); assi funzio-nali della valutazione

L’indicatore può essere differenziato per: patolo-gia; classi di età (es X > 65; X > 75); assi funzio-nali della valutazione

Selezionare diversi inter-valli di Data Presa in Ca-rico, al fine di analizzare: le nuove pre-se in carico nell’anno;le prese in cari-co ancora

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 2357415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 235 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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2236 Capitolo 8

B1 B2 B3 B4 B5 attive a fine anno;le prese in carico at-tive nell’anno. L’indicatore può essere differenziato per: classi di età (es X > 65; X > 75);patologia prevalente.

Standard di riferimento

Non esiste un valore di riferimento derivante dalla letteratura o dalla normati-va.

Valore soglia Non esiste un valore di riferimento derivante dalla letteratura o dalla normativa.

Valutare la necessità di definire un possibile valore soglia, in base all’analisi delle risultanze che emer-geranno dal calcolo degli indicatori regionali relativi al periodo di riferi-mento preso in esame.

Fonte: elaborazione propria

TTabella 88.44 Indicatori di Processo Assistenziale (DECRETO 17 dicembre 2008 Istituzio-ne del sistema informativo per il monitoraggio delle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza domiciliare)

P1 P2 P3 Indicatore Numero di prese in

carico per Coefficiente d’Intensità Assisten-ziale (CIA), dato il numero dei Giorni di Cura (GdC)

Numero di prese in carico per Coefficiente di Intensità Assisten-ziale (CIA), dato il numero dei Giorni di Effettiva Assistenza (GEA).

Numero di accessi di-visi per CIA per tipo-logia di operatore che ha effettuato l’accesso

Livello tempora-le territoriale

Tempo: anno/altri periodi temporali Territorio: Asl/Regione

Definizione Numero di prese in carico effettuate, in un periodo di tempo, per coefficiente di intensi-tà assistenziale dato il numero di giorni di cura

Numero di prese in carico effettuate, in un periodo di tempo, per coefficiente di intensi-tà assistenziale, dato il numero di giorni di effettiva assistenza.

Accessi suddivisi per intensità assistenziale e per tipologia di ope-ratore che effettua l’accesso.

Formula Numero di soggetti presi in carico, in un periodo di riferimento, con un numero X di giorni di cura effettuati

Numero di soggetti presi in carico, in un periodo di riferimento, con un numero X di giorni di effettiva assi-stenza.

Numero di accessi ef-fettuati da un tipo di operatore/prese in ca-rico in un periodo di riferimento per livello CIA.

237

Tabel la 8.5

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 2367415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 236 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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236

Tabel la 8.4

Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in Regione Basilicata 2237

P1 P2 P3 Contenuti in-formativi rile-vanti ai fini dell'indicatore

Codice Assistito, Data Presa in Carico, Data Accesso, Data Conclusione, Anno di Nascita, Patologia Prevalente, Codice Regione di Residenza, Co-dice Asl di Residenza, Codice Regione di Erogazione, Codice Asl di Ero-gazione.

Raziona-le/Significato

L’indicatore misura, dato il numero di giorni di cura, le prese in carico suddivise per coefficiente di intensità assistenziale

L’indicatore determina per livello di intensità assistenziale il tipo di operatore che effettua l’accesso.

Note per il calco-lo e/o l'interpre-tazione

E’ possibile calcolare l’indicatore sia per le prese in carico ancora attive, che per le prese in carico concluse. Nel caso delle prese in ca-rico attive è stato indi-viduato come periodo di riferimento 30 gior-ni di cura.Per ciascuna delle sopracitate solu-zioni l’indicatore può essere differenziato per:classi di età (es X > 65; X > 75); patolo-gia prevalente.

Le giornate effettive di assistenza erogate cor-rispondono al numero di giorni nei quali è stato effettuato almeno un accesso da un ope-ratore. E’ possibile calcolare l’indicatore sia per le prese in cari-co ancora attive che per le prese in carico concluse. Nel caso del-le prese in carico attive è stato individuato come periodo di rife-rimento 30 giorni di cura. Per ciascuna del-le sopracitate soluzioni l’indicatore può essere differenziato per: clas-si di età (es X > 65; X > 75) ; patologia pre-valente.

L’indicatore può esse-re aggregato per cate-gorie di personale pre-senti nel campo Tipo Operatore (es. medico = 1, 2, 4, 5, 6). L’indicatore, inoltre, può essere differenzia-to per: classi di età (es X > 65; X > 75).

Standard di rife-rimento

Non esiste un valore di riferimento derivante dalla letteratura o dalla nor-mativa

Valore soglia Valutare la necessità di definire un possibile valore soglia, in base all’analisi delle risultanze che emergeranno dal calcolo degli indicatori re-gionali relativi al periodo di riferimento preso in esame.

Fonte: elaborazione propria

TTabella 88.55 Indicatori di Appropriatezza Intervento (DECRETO 17 dicembre 2008 Isti-tuzione del sistema informativo per il monitoraggio delle prestazioni ero-gate nell'ambito dell'assistenza domiciliare)

A1 A2 A3 Indicatore Numero di giornate di

sospensione per rico-vero intercorsi nell’ultimo mese di vita del paziente ter-minale

Numero di assistiti terminali oncologici deceduti, sul numero di deceduti per malat-tia oncologica

Numero di assistiti terminali non oncolo-gici sul numero di as-sistiti terminali

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 2377415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 237 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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2238 Capitolo 8

A1 A2 A3 Livello tempora-le territoriale

Tempo: anno/altri periodi temporali Territorio: Asl/Regione

Definizione Numero di sospensioni dovute a ricovero in-tercorse nell’ultimo mese di vita di un pa-ziente terminale.

Numero di assistiti terminali oncologici deceduti, rispetto al numero totale di dece-duti per tumore

Numero di assistiti terminali non oncolo-gici, sul totale degli assistiti terminali

Formula (Numero di giornate di sospensione per moti-vo ricovero nell’ultimo mese di vita * numero pazienti terminali de-ceduti) / (30 giorni * numero pazienti ter-minali deceduti)

Numero di assistiti terminali oncologici deceduti / numero di deceduti per malattia oncologica

Numero di assistiti terminali non oncolo-gici, sul totale degli assistiti terminali

Contenuti in-formativi rile-vanti ai fini dell'indicatore

Codice Assistito, An-no di Nascita, Data Presa in Carico, Data Inizio Sospensione, Motivo Sospensione (= 1, 3), Data Fine So-spensione, Data Con-clusione, Motivo Con-clusione (= 3,4,7), Sta-to Terminale oncolo-gico, Stato Terminale non oncologico, Pato-logia Principale, Codi-ce Regione di Resi-denza, Codice Asl di Residenza, Codice Regione di Erogazio-ne, Codice Asl di Ero-gazione.

Codice Assistito, Data Presa in Carico, Pato-logia Principale, Moti-vo Conclusione, Codi-ce Regione di Resi-denza, Codice Asl di Residenza, Codice Regione di Erogazio-ne, Codice Asl di Ero-gazione, Stato Termi-nale Oncologico.

Codice Assistito, Data Presa in Carico, Pato-logia Principale, Codi-ce Regione di Resi-denza, Codice Asl di Residenza, Codice Regione di Erogazio-ne, Codice Asl di Ero-gazione, Stato Termi-nale Non Oncologico

Raziona-le/Significato

L’indicatore valuta l’efficienza del sistema territoriale rispetto al sistema ospedaliero. Analizza se e quanto l’assistenza domicilia-re fornisce ogni servi-zio necessario ad un assistito nell’ultimo mese di vita.

L’indicatore misura quanti sono i pazienti oncologici deceduti seguiti dalla rete do-miciliare rispetto alla totalità dei soggetti deceduti affetti dalla stessa patologia

L’indicatore misura quanti sono i pazienti terminali non oncolo-gici seguiti dalla rete di assistenza domici-liare rispetto alla tota-lità degli assistiti ter-minali

239

Tabel la 8.6

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 2387415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 238 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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238 Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in Regione Basilicata 2239

A1 A2 A3 Note per il calco-lo e/o l'interpre-tazione

Il calcolo dell’indicatore può essere differenziato per pazienti terminali oncologici o per pa-zienti terminali non oncologici oppure per singola patologia con-sentendo un’analisi verticale. L’indicatore inoltre può essere dif-ferenziato per: classi di età (es X > 65; X > 75).

Il valore del denomi-natore “numero di de-ceduti per malattia on-cologica” è ripreso dal DM n.43 del 22/02/2007. L’indicatore può esse-re differenziato per: classi di età (es X > 65; X > 75) ; patologia prevalente

L’indicatore può esse-re differenziato per: classi di età (es X > 65; X > 75) ; patologia prevalente.

Standard di rife-rimento

Non esiste un valore di riferimento derivante dalla letteratura o dalla nor-mativa

Valore soglia Valutare la necessità di definire un possibile valore soglia, in base all’analisi delle risultanze che emergeranno dal calcolo degli indicatori re-gionali relativi al periodo di riferimento preso in esame.

Fonte: elaborazione propria Alcune Regioni si sono avvalse della possibilità di presentare un piano di adeguamen-to, che doveva comunque prevedere la disponibilità dei dati a partire dal 1° gennaio 2012; a fine dicembre 2011 il 90% delle Regioni hanno alimentato il sistema con dati relativi a prestazioni erogate nel corso del 2011 (Ministero della Salute).

Di seguito si presentano i dati, tratti dalla rilevazione annuale del Ministero della Salute, relativi alla percentuali di anziani trattati in assistenza domiciliare integrata.

TTabella 88.66 Percentuale di anziani trattati in Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) ri-spetto al totale della popolazione anziana (>= 65 anni), per Regione – Ul-timo aggiornamento luglio 2013

Regione / ripartizione geografica 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Piemonte 1,8 1,5 1,8 1,9 2,3 2,2 2,0 Valle d'Aosta 0,1 0,2 0,3 0,4 0,4 0,4 0,4 Lombardia 3,2 3,5 3,6 4,0 4,1 4,3 4,1 Trentino-Alto Adige 0,6 0,9 0,8 0,5 0,8 2,1 2,1 - Bolzano 0,3 0,4 0,5 0,0 0,4 0,4 0,4 - Trento 0,8 1,3 1,0 1,0 1,1 3,6 3,6 Veneto 5,0 5,1 6,4 6,0 4,8 5,5 5,4 Friuli - Venezia Giulia 8,0 7,5 7,2 7,3 7,7 6,8 6,0 Liguria 3,2 3,1 3,2 3,2 3,4 3,5 3,8 Emilia - Romagna 5,4 5,6 5,7 6,1 8,3 11,6 10,6

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 2397415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 239 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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2240 Capitolo 8

Regione / ripartizione geografica 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Toscana 2,1 2,1 2,1 2,0 2,2 2,3 2,4 Umbria 4,1 4,0 4,3 5,1 7,6 7,7 7,2 Marche 3,3 3,7 3,9 4,1 3,6 3,5 3,4 Lazio 3,3 3,4 3,8 3,5 4,0 4,7 5,0 Abruzzo 1,8 3,4 3,6 4,2 4,8 4,9 4,7 Molise 6,1 5,4 3,7 2,2 2,4 3,3 3,5 Campania 1,4 1,2 1,6 1,7 1,9 2,1 2,4 Puglia 2,0 1,6 1,6 1,8 2,0 1,8 2,0 Basilicata 3,9 4,3 4,3 4,0 5,1 5,0 5,9 Calabria 1,6 2,5 2,7 2,6 2,5 2,8 2,9 Sicilia 0,8 1,0 1,0 0,9 1,1 1,5 2,1 Sardegna 1,1 1,3 1,2 2,0 2,3 2,5 3,8 - Nord-ovest 2,8 2,8 3,0 3,2 3,4 3,5 3,4 - Nord-est 5,2 5,3 5,8 5,8 6,3 7,9 7,3 - Centro 3,0 3,1 3,3 3,2 3,6 3,9 4,1 - Centro-Nord 3,5 3,6 3,9 4,0 4,3 4,9 4,7 - Mezzogiorno 1,6 1,7 1,8 1,9 2,1 2,3 2,7 Italia 2,9 3,0 3,2 3,3 3,6 4,1 4,1

Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico Nello specifico nel periodo 2005 - 2010 si assiste, in Italia ad un trend positivo di percentuale di anziani trattati in Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) rispetto al totale della popolazione anziana (>=65 anni) che va da un 3,06 % del 2005 ad un 4,12 % del 2010. Come evidenzia la tabella 6 si registra una importate disomogenei-tà a livello regionale con un range piuttosto ampio dal 11,60 % della Regione Emilia (985.549 anziani) ad uno 0,43 % della Valle D'Aosta (26.637 anziani).

La percentuale di anziani trattati in ADI rispetto alla popolazione residente anzia-na rappresenta un indicatore di monitoraggio del Livello di Assistenza Distrettuale. Tale indicatore è inoltre impiegato nell’ambito del monitoraggio degli obiettivi di servizio del Quadro Strategico Nazionale (QSN) 2007-2013. Il QSN 2007-2013 pre-vede di aumentare, nelle Regioni del Mezzogiorno, i servizi di cura alla persona, al-leggerendo i carichi familiari, per innalzare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Tra i servizi di cura alla persona è previsto lo specifico obiettivo di incrementare la percentuale di anziani beneficiari di assistenza domiciliare integrata, raggiungendo il target del 3,5%, al termine del quinquennio di programmazione. L’indicatore di ri-ferimento è S.06 “Presa in carico degli anziani per il servizio di assistenza domiciliare integrata: percentuale di anziani trattati in assistenza domiciliare integrata rispetto al

241

Tabel la 8.7

Figura 8.2

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 2407415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 240 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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240 Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in Regione Basilicata 2241

totale della popolazione anziana (65 anni e oltre)”. Al raggiungimento dell’obiettivo, sono associati specifici meccanismi di incentivazione attraverso risorse finanziarie dedicate.

TTabell la 88.77 Obiettivi della politica italiana di sviluppo regionale per i Servizi di cura per gli anziani

INDICATORE

Definizione tecnica dell’indicatore:

numero di anziani assistiti in assistenza domiciliare integra-ta (ADI) rispetto al totale della popolazione anziana (65 anni e oltre)

Target al 2013: incremento della percentuale di presa in carico degli assisti-ti in ADI al 3,5%

Target regionale al 2013:

incremento della percentuale di presa in carico degli assisti-ti in ADI al 5%

Baseline dell’indicatore:

3,9% (rilevazione ISTAT del 2005)

Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico – Obiettivi di servizio 2007-2013

FFigura 88.22 Percentuale di anziani trattati in Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) rispet-to al totale della popolazione anziana (>= 65 anni), per Regione - Ultimo aggiornamento luglio 2013

Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico - elaborazione propria Come si può notare dalla figura 8.2, la Regione Basilicata, che partiva, nel 2005, con un valore superiore al target di riferimento per il 2013, ha migliorato il suo esito rag-giungendo un valore dell'indicatore pari a 5,9 %.

Nello specifico del monitoraggio previsto, in Basilicata, per le cure domiciliari e palliative, esso è associato, oltre a quanto esplicitato in precedenza, a:

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

7,0

Baseline 2005

Valore Attuale 2011

Target 2013: 3,5 %

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2242 Capitolo 8

• n.34 indicatori di cui alle linee guida approvate con la D.G.R. n.862/2008; • il coefficiente di intensità assistenziale (CIA) legato alla complessità del caso

e alla durata media del Piano Assistenziale Individuale (PAI) per caratteriz-zare i profili di cura di cui alle linee guida approvate con la D.G.R. n.862/2008.

TTabella 88.88 Obiettivi della politica italiana di sviluppo regionale per i Servizi di cura per gli anziani

Profilo di cura Natura del bisogno

Intensità CIA=GEA/GDC

Durata media

Opera-tività del ser-vizio

Cure Domiciliari Prestazionali (oc-casionali o cicliche programmate)

Clinico / funzionale

Cure Domiciliari Integrate di Primo Livello (già ADI)

Clinico / funzionale / sociale

Fino a 0,30 180 giorni 5 giorni su 7

Cure Domiciliari Integrate di Secon-do Livello (già ADI)

Clinico / funzionale / sociale

Fino a 0,50 180 giorni 6 giorni su 7

Cure Domiciliari Integrate di Terzo Livello (già OD)

Clinico / funzionale / sociale

Superiore a 0,50 90 giorni 7 giorni su 7

Cure palliative ma-lati terminali (già OD CP)

Clinico / funzionale / sociale

Superiore a 0,60 60 giorni 7 giorni su 7

Fonte: D.G.R. n.862/2008 La valutazione di questi indicatori è propedeutica al conseguimento degli obiettivi di salute e di programmazione economico-finanziaria delle Aziende Sanitarie della Re-gione Basilicata.

Inoltre, è necessario riportare che nel Patto della salute 2010-2012 - Obiettivi di salute di programmazione economica-finanziaria 2012-2013 - per i Direttori Generali della Aziende Sanitarie ASP e ASM (DGR 298 del 2012) viene definito, nell'ambito dell'area di risultato Performance Organizzative e Cliniche Aziendali, l'indicatore Percentuale di over 64 anni trattati in ADI con peso pari al 15% del peso relativo all’obiettivo di Efficacia Assistenziale Territoriale. Tale indicatore ha l’obiettivo di valutare gli esiti delle azioni e delle attività territoriali ai fini dell’integrazione Ospe-dale-Territorio e considera quindi l’efficacia delle attività territoriali specifica in ter-mini di continuità assistenziale garantendo il minor ricorso al ricovero ospedaliero e la corretta e appropriata prescrizione farmaceutica.

243

Tabel la 8.9

8.6 Conclusioni

7415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 2427415-0 DAdamo SanitaBasilic_int_v2.indd 242 19/09/13 09.0019/09/13 09.00

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242

Tabel la 8.8

Il sistema delle cure domiciliari in Italia e in Regione Basilicata 2243

Formula matematica: N. di over 64 anni trattati in ADI

–––––––––––––––––––––––––––––––– x 100 Popolazione residente over 64 anni

TTabella 88.99 Intervalli di raggiungimento dell‘obiettivo

0% 50% 100%

inferiore a 3,5 da 3,5 a 5,5 maggiore di 5,5

88.6 CConclusioni

L'invecchiamento della popolazione e l'aumento delle malattie croniche rappresentano il contesto con il quale la sanità pubblica deve confrontarsi per garantire risposte ap-propriate ai bisogni dei cittadini. Le cure domiciliari integrate forniscono al cittadino le prestazioni che contribuiscono al mantenimento del massimo livello di salute e di benessere.

L'obiettivo dell'assistenza domiciliare è di garantire cure adeguate e appropriate, realizzando la continuità assistenziale, attraverso interventi flessibili a differente in-tensità assistenziale, in grado di rispondere agli effettivi bisogni della persona. L’Assistenza domiciliare integrata (ADI) si può ritenere la formula organizzativa che maggiormente esprime il valore di prossimità alle esigenze dei soggetti che presenta-no necessità assistenziali più o meno complesse legate alla loro condizione di non au-tosufficienza e che riesce a coniugare i concetti di integrazione sociosanitaria e di continuità assistenziale.

È il modello organizzativo che, ben implementato e organizzato, può consentire di raggiungere importanti risultati nell’ambito dell’integrazione socio-sanitaria ad un tri-plice livello:

1. internamente all’organizzazione: la collaborazione tra i diversi professionisti

coinvolti nella valutazione dei bisogni; la progettazione di interventi mag-giormente tarati sull’utente; la capacità di gestire i punti critici del processo assistenziale;

2. nell’ambito della più ampia rete dei servizi e delle prestazioni: mediante l’ottimizzazione dell’offerta dei servizi territoriali sociali e sanitari presente sul territorio ed il controllo delle risorse impiegate;

3. rispetto all’utente: la valutazione ed il monitoraggio dei risultati raggiunti consente di ottenere una maggiore trasparenza comunicativa.

Il percorso futuro delle cure domiciliari non può che evolvere verso l' innovazione, anche grazie ad un contesto regionale maturo in termini di informatizzazione ed evo-luto per l'adozione di soluzioni tecnologicamente innovative. E' necessario implemen-tare indicatori che consentano di misurare e valutare i servizi e le prestazioni erogate

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2244 Capitolo 8

all’utenza e che rispondano a criteri di qualità, equità, tempestività, appropriatezza di livello, efficienza ed efficacia. Inoltre , investire sulla formazione continua degli ope-ratori per aumentare la cultura della domiciliarità e la motivazione degli professioni-sti.

Occorre, infine, investire e responsabilizzare maggiormente le famiglie, la loro partecipazione alla progettazione e gestione del servizio, cambiamento culturale che richiede tempi lunghi e continui momenti di confronto ovvero finanziamenti mirati.

Inoltre è necessario un elevato livello di coordinamento e di integrazione tra i di-versi attori del sistema, che consenta di considerare l'unicità della persona in tutte le sue dimensioni, superando il settorialismo ed integrando competenze e servizi diversi cosi da rispondere a pieno ai bisogni del paziente, anche , nel proprio contesto fami-liare. Questo è possibile realizzarlo solo attraverso l'implementazione di uno stabile e funzionale sistema di coordinamento tra i professionisti della salute.

L’obiettivo da perseguire è quello di garantire percorsi di cura ed assistenza diret-tamente sul territorio dove la gente vive e lavora, rendendo flessibile ed agevole il percorso che mette in relazione l’ospedale con il territorio e la componente sanitaria con quella socio-assistenziale.

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9 L’assistenza residenziale

9.1 Introduzione

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99 LL’aassistenza residenziale

Conte A.1, D’Adamo A.2

99.1 IIntroduzione

Negli ultimi anni si è assistito ad una crescente attenzione verso l’assistenza di tipo residenziale non ospedaliera, tale attenzione è legata ad una pluralità di fattori, quali:

• una crescita della domanda, alimentata da un progressivo invecchiamento della popolazione;

• una crescente necessità di riduzione della spesa, soprattutto alla luce della re-cente normativa che introduce la revisione della spesa – nota come “spending review”;

• una maggiore attenzione verso il cittadino inteso come utente dei servizi sani-tari.

La prestazione “residenziale” non si differenzia necessariamente da quella “ospedalie-ra” per un minor gradiente di assistenza. Sussistono infatti condizioni di cronicità che impongono significativi e continui trattamenti di natura sanitaria, anche per il suppor-to alle funzioni vitali (respirazione, nutrizione), nelle quali il gradiente assistenziale globale richiesto può risultare anche superiore a quello di alcune prestazioni di ricove-ro in condizioni di acuzie. In ogni caso le prestazioni residenziali, attraverso una op-

1 Assegnista di ricerca in Sviluppo di logiche di gestione per competenze e di performance management nelle aziende sanitarie. Cultrice delle materie di Management Sanitario, CSR e Rendicontazione Sociale. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali) - Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”- in progetti di ricerca nel campo del management e dell'organizzazione delle aziende sanitarie pubbliche. 2 Dottore di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali), Facoltà di Economia, È Professore a contratto di Economia Aziendale, Organizzazione aziendale e Management Sanitario presso le Facoltà di Economia e Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

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2250 Capitolo 9

portuna riclassificazione delle strutture ed una gradazione dei livelli di assistenza, possono permettere di ottimizzare l’offerta di prestazioni rispetto ai costi delle stesse.

Sulla base della descrizione fornita dall’ISTAT le strutture residenziali che presen-tano una maggiore connotazione sanitaria sono riconducibili a tre tipologie:

• Residenza socio-sanitaria per anziani – definita come un “presidio residenzia-le destinato prevalentemente ad anziani non autosufficienti, dotato di perso-nale medico e infermieristico specializzato. Le prestazioni offerte sono ad al-ta integrazione sociale e sanitaria e perseguono l’obiettivo di ottenere il mas-simo recupero possibile delle capacità psico-motorie degli ospiti”;

• Residenza Sanitaria Assistenziale, definita dall’ISTAT come un “presidio re-sidenziale destinato ad anziani non autosufficienti o a persone disabili, che necessitano di un supporto assistenziale specifico e di prestazioni mediche, infermieristiche, riabilitative. L’assistenza fornita prevede un livello medio di assistenza sanitaria, integrato da un livello alto di assistenza tutelare e alber-ghiera;

• Comunità socio-riabilitativa, definita come un “presidio residenziale che ac-coglie individui con problemi sociali di varia natura”. Questo tipo di comuni-tà si caratterizza per l’adozione di progetti specifici di riabilitazione e di re-cupero delle capacità personali.

Le strutture residenziali (nelle loro differenti declinazioni terminologiche, che variano da Regione e Regione) costituiscono ormai un pilastro consolidato, ma con caratteri-stiche in continua evoluzione. A fronte dell’invecchiamento della popolazione e della crescita di situazioni di fragilità non più gestibili a domicilio, la struttura residenziale ha finora assicurato un livello di assistenza medica coincidente con quello della medi-cina generale, integrato da assistenza infermieristica, riabilitativa ed accompagnato da un elevato livello di tutela assistenziale ed alberghiera.

Ora però il tipo di servizio non appare più solo come una risposta al bisogno di so-luzioni residenziali definitive, attestate su livelli standardizzati. La domanda in tale senso rimane alta, ma si accompagna anche alla ricerca di soluzioni personalizzate, legate a necessità specifiche.

Alla complessità assistenziale si vanno poi affiancando nuove complessità clini-che. Le residenze sono storicamente considerate come il luogo elettivo per la cura di persone con patologie cronico-degenerative, assistite da un’équipe multidisciplinare, con le conoscenze tipiche della medicina di base allargate alle competenze specifiche geriatriche. Nel corso degli ultimi anni lo scenario si sta però evolvendo, poiché in queste strutture vengono ospitate anche persone affette da pluripatologie. Pertanto, l’assistenza che le strutture residenziali sono chiamate a garantire si sta facendo sem-pre più complessa, si è dovuto investire in adeguate strumentazioni e le competenze dell'équipe si sono dovute estendere verso saperi più specialistici.

Garantire un sistema di tutela che sviluppi contemporaneamente residenze sanita-rie assistenziali, assistenza domiciliare integrata, centri diurni, minialloggi o altre forme innovative di servizio, significa garantire quell’insieme di risorse necessarie per avviare e gestire un adeguato percorso di tutela globale dell’utente e dei suoi cari.

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9.2 Le prestazioni residenzial i e semiresidenzial i : framework normativo e teorico di r iferimento

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250 L’assistenza residenziale 2251

99.2 LLe prestazioni residenzial i e semiresidenzial i : fframework normativo e teorico di r iferimento

Le basi normative nazionali riferite alla prestazioni residenziali sono relativamente modeste. Sinteticamente possono essere richiamati i seguenti atti:

• L. 11 marzo 1988, n. 67 – art.20 (legge finanziaria 1988) • DPCM. 22 dicembre 1989 (atto di indirizzo e coordinamento per la realizza-

zione di strutture sanitarie residenziali per anziani) – successivamente sosti-tuito dal D.P.R. 14 gennaio 1997 (atto di indirizzo e coordinamento in mate-ria di requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie.)

• Progetto Obiettivo Tutela della Salute degli Anziani 1994-1996 • DPCM 14 Febbraio 2001 – Decreto sulla Integrazione Socio-sanitaria • DPCM 29 novembre 2001 – Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza • Decreto Ministero della Salute 06 agosto 2012 - Modifiche al decreto 17 di-

cembre 2008 - recante «Istituzione della banca dati finalizzata alla rilevazio-ne delle prestazioni residenziali e semiresidenziali» - (G.U. Serie Generale, n. 197 del 24 agosto 2012)

• Decreto 1 ottobre 2012 - Requisiti delle strutture residenziali per le persone ricoverate in ospedale psichiatrico giudiziario e assegnate a casa di cura e cu-stodia - Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 270 del 19 novembre 2012 Titolo completo: Requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi delle strutture resi-denziali destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di si-curezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell'assegnazione a casa di cura e custodia

Di “prestazioni residenziali e semiresidenziali” viene inoltre fatto generico richiamo nel d.lgs. n. 502/92 e successive modifiche, senza che i contenuti prestazionali del li-vello di assistenza vengano comunque definiti.

Sulla base di questi indirizzi generali, le strutture residenziali sanitarie hanno avu-to in Italia un rapido sviluppo nel corso degli ultimi quindici anni sulla spinta della domanda, con un incremento progressivo dei posti letto fino ad una stima attuale di circa 300.000, pari a circa il 2,5% della popolazione anziana.

Una stima precisa, tuttavia, è fortemente condizionata dalle diverse modalità di classificazione di queste strutture che le singole Regioni hanno adottato.

Si dà atto infatti che la denominazione corrente di RSA (Residenza Sanitaria Assi-stenziale) ha assunto nelle singole Regioni significati diversi, con confini spesso mal definiti rispetto a Case Di Riposo, Case Protette, Residenze Protette, Istituti di Riabi-litazione Geriatrica, Lungodegenze Riabilitative etc.

Se l’esatta classificazione delle strutture è molto incerta, i dati sulle prestazioni erogate sono praticamente inesistenti, in assenza di un flusso informativo nazionale che consenta di rilevare l’episodio di ricovero. Men che meno esiste un flusso in gra-do di costruire indici di case-mix assistenziale dei soggetti assistiti e di valutare l’appropriatezza del trattamento.

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2252 Capitolo 9

Il tema della costruzione di un flusso informativo coerente sulle prestazioni residen-ziali è stato affrontato, nell’ambito del “Progetto Mattoni”, in particolare dal Mattone n. 12 a cui si rinvia per gli approfondimenti del caso.

Appare comunque evidente che qualsiasi proposta di classificazione delle presta-zioni residenziali, per quanto schematica al fine di garantire flussi informativi coerenti a livello nazionale, dovrà consentire l’inquadramento delle diverse tipologie di pre-stazioni e strutture normate a livello regionale.

L’unità organizzativa per l’erogazione delle prestazioni residenziali è il “nucleo” inte-so come area distributiva delle degenze autonoma per dotazioni e servizi. Il modello di erogazione di prestazioni omogenee per “nuclei” organizzativi deriva dal D.P.R. 14 gennaio 1997 che aveva come presupposto originario il D.P.C.M. 22 dicembre 1989 “L’organizzazione per nuclei consente di accogliere nella stessa struttura residenziale persone non autosufficienti a vario titolo ed autosufficienti, senza determinare so-vrapposizioni, data la relativa autonomia dei servizi di ciascun nucleo”.

La prestazione residenziale si caratterizza di norma come prestazione di assistenza a lungo termine a soggetti non autosufficienti in condizioni di cronicità e/o relativa stabilizzazione delle condizioni cliniche, distinguendosi quindi dalle prestazione di “terapia post-acuzie” (Riabilitazione e Lungodegenza post-acuzie) svolte di norma in regime ospedaliero.

In considerazione della relativa variabilità dell’intensità assistenziale che caratte-rizza le prestazioni residenziali, in ragione dei differenti bisogni degli ospiti, risulta opportuno prevedere diversi livelli di organizzazione ed accreditamento dei “nuclei” coerentemente con la capacità di rispondere alle specifiche esigenze assistenziali e coerenti con i “codici di attività”. Poiché non è ipotizzabile il trasferimento del pa-ziente ad ogni variazione sostanziale dei suoi bisogni assistenziali nel corso di un ri-covero medio-lungo, il nucleo non può essere interpretato come una struttura rigida, ma come una unità organizzativa strutturata per fornire determinati livelli di assisten-za nella quale è ragionevole che venga assistita anche una certa percentuale (10-20%) di pazienti appropriati per altri livelli, ma il cui numero ed intensità assistenziale sia tale da non mettere in crisi l’organizzazione interna del nucleo stesso.

Prestazione residenziale – una definizione Si intende per prestazione residenziale e semiresidenziale il complesso integrato di interventi, procedure e attività sanitarie e socio-sanitarie erogate a soggetti non au-tosufficienti, non assistibili a domicilio all’interno di idonei “nuclei” accreditati per la specifica funzione.

La prestazione non si configura come un singolo atto assistenziale, ma come il complesso di prestazioni di carattere sanitario, tutelare, assistenziale e alberghiero erogate nell’arco delle 24 ore.

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9.3 La prestazione Residenziale nel sistema dei Livel l i Essenzial i di Assistenza – LEA

9.4 I criteri di accesso e di valutazione delle prestazioni residenzial i

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252 L’assistenza residenziale 2253

99.3 LLa prestazione Residenziale nel sistema dei Livel l i EEssenzial i di Assistenza –– LLEA

Gli stessi principi di “cronicità” e “stabilizzazione” meritano del resto un approfon-dimento, assumendo che un paziente anziano affetto da una patologia cronica invali-dante non potrà essere definito stabile in senso assoluto e rilevando che le strutture residenziali devono essere in grado di affrontare la relativa instabilità clinica connessa alla patologia, o polipatologia, che accompagna le condizioni di non autosufficienza nell’anziano, nonché problematiche intercorrenti, anche acute, gestibili in ambiente extra-ospedaliero. La prestazione in regime di ricovero ospedaliero in acuzie risulta del resto caratterizzata dalla necessità di risolvere in tempi brevi e con ampia disponi-bilità di professionalità e tecnologie, la gestione di eventi acuti e problematiche di sa-lute classificabili come “critiche” in relazione alla fase i malattia e/o alla necessità di disporre, in continuità di spazio e di tempo, della massima quantità di opzioni diagno-stico-terapeutiche.

La prestazione di “post-acuzie” si caratterizza altresì con la necessità di erogare un complesso di cure con finalità riabilitative (“riabilitazione”) o clinico-internistiche (“lungodegenza post-acuzie”), aventi un obiettivo definito e raggiungibile in un arco temporale relativamente prevedibile e comunque limitato.

Le prestazione “residenziale” qualifica invece un ambito di erogazione, a preva-lente carattere assistenziale piuttosto che terapeutico a patologie croniche, connotato da aspetti di umanizzazione e personalizzazione dell’assistenza, anche in ragione del-la prolungata durata della degenza.

99.4 II criteri di accesso e di valutazione delle pprestazioni residenzial i

L’accesso alle prestazioni residenziali deve intendersi regolato dai principi generali di universalità, equità ed appropriatezza.

L’utente, per il quale sia individuata la condizione di non autosufficienza e non as-sistibilità a domicilio, avrà quindi diritto di scegliere il luogo di cura nell’ambito delle diverse opzioni offerte dalle strutture accreditate con il SSN.

Poiché il sistema prevede prestazioni a diversi livelli di intensità di cura, l’accesso alle stesse e la prosecuzione del trattamento, avverrà coerentemente con la verifica della effettiva appropriatezza della indicazione, sulla base di criteri oggettivi di valu-tazione multidimensionale (VMD) dei bisogni dell’utente.

I percorsi che portano alle prestazioni residenziali possono prevedere la prove-nienza dell’utente dall’ospedale per acuti, da una struttura di post-acuzie o dal domi-cilio.

Del resto la prestazione residenziale non deve essere intesa come una soluzione fi-nale del percorso, ma come un nodo dinamico della rete che preveda la dimissibilità a domicilio in tutte le situazioni in cui le condizioni di assistibilità siano recuperate.

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2254 Capitolo 9

Analogamente andranno considerate come appropriate, e per quanto possibile garanti-te, le soluzioni di ricovero temporaneo, anche per sollievo del nucleo familiare.

La Regione Basilicata in attuazione del Piano Regionale Integrato della Salute e dei Servizi alla Persona e alla Comunità 2012 – 2015, laddove si prevedeva sia il po-tenziamento della Unità di valutazione integrata ( UVI) intesa come modalità unica di valutazione ed eleggibilità ai vari setting assistenziali, in linea con gli orientamenti internazionali e nazionali, ha adottato, con la DGR 1842 del 28.12.2012, la scheda S.Va.M.Di. quale sistema unico di valutazione multidimensionale per persone con di-sabilità.

Tale scheda è costruita sulla struttura e sull’organizzazione concettuale della S.V.A.M.A. ed integrata con la descrizione delle condizioni di salute secondo l’ICF (classificazione Internazionale del funzionamento, della disabilità e della Salute) dove le abilità e le disabilità di una persona sono concepite come l’interazione dinamica tra le condizioni di salute e i fattori ambientali, viste in termini di processo o di risultato.

Si tratta di uno strumento anamnestico, diagnostico, valutativo e prescrittivo utile alla condivisione della presa in carico sanitaria, sociosanitaria e/o sociale che consen-te la successiva stesura del progetto individuale per le persone con disabilità in età adulta e risponde alla esigenza di rendere omogenei i sistemi di valutazione della per-sona con disabilità.

Le Aziende Sanitarie regionali lucane hanno avuto mandato a predisporre in fase di avvio le necessarie attività formative utili per gli tutti gli operatori che concorrono alla formulazione della scheda stessa.

Allo stato attuale è in via di adozione anche uno specifico strumento di valutazio-ne per l’accesso alle prestazioni di tipo residenziale per i soggetti anziani - il sistema VAOR RSA - che esplora aree che coprono il 90% delle problematiche degli anziani ospiti in residenze, consentendo di ottenere un numero di informazioni necessarie alla successiva elaborazione del programma assistenziale individualizzato con l’obiettivo di raggiungere e/o mantenere il massimo livello possibile di funzione fisica, mentale e psicosociale.

In tal modo verranno ad essere, in termini di valutazione, coperti tutti i bisogni as-sistenziali delle persone anziane dal momento che già da molti anni è utilizzato il VAOR - ADI in relazione alla definizione dei piani assistenziali in Assistenza Domi-ciliare Integrata - ADI.

99.5 LLe caratterist iche temporali della erogazione ddelle prestazioni

In considerazione della prolungata e variabile durata nel tempo delle condizioni di erogazione, il parametro temporale di identificazione della prestazione non potrà esse-re quello dell’episodio di ricovero, ma quello della giornata di assistenza.

Valutando la prestazione non come “episodio di ricovero” ma come “giornata di assistenza” si assume che ogni giornata rappresenti un ciclo completo e ripetibile nel quale viene erogato, in modo coerente ed integrato, il complesso di prestazioni di as-

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9.6 La classif icazione delle prestazioni ed analisi del case-mix assistenziale

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9.5 Le caratterist iche temporali del la erogazione delle prestazioni

L’assistenza residenziale 2255

sistenza alla persona, cura, recupero funzionale e/o trattamenti di mantenimento, che compongono il panel dell’assistenza residenziale.

Le prestazioni residenziali avranno una durata strettamente connessa al perdurare delle condizioni di bisogno e di appropriatezza dell’erogazione.

La valutazione periodica dell’ospite costituisce il parametro per valutare la proro-ga del trattamento in quello specifico livello assistenziale.

La prestazione residenziale non dovrebbe quindi avere una durata predefinita, ma non deve neanche essere interpretata come una soluzione definitiva e statica, per cui le valutazioni periodiche dovranno verificare come si modifica il livello di bisogno nel tempo, ma anche valutare se possono essere recuperate le condizioni di assistibili-tà a domicilio.

In questa ottica l’utilizzo delle prestazioni residenziali successivamente ad un ri-covero, per periodi predeterminati e nell’ambito di programmi di dimissione ospeda-liera, dovrà essere interpretato come garanzia di continuità assistenziale e gestito co-me percorso di dimissione protetta ove il ricovero residenziale a termine avrà lo scopo di accompagnare il recupero funzionale e predisporre le condizioni anche logistico-organizzative per il reinserimento a domicilio.

E’ appropriato quindi l’utilizzo temporaneo dell’assistenza residenziale per pa-zienti che presentino reali possibilità di recupero e di reinserimento a domicilio o in strutture a minor impegno sanitario, escludendo comunque pazienti con quadri clinici attivi che consiglino la permanenza in ambiente ospedaliero (Unità di Lungodegenza) o richiedano trattamenti riabilitativi intensivi (Unità di Riabilitazione).

In ogni caso l’assistenza residenziale andrà garantita nel livello assistenziale ap-propriato in rapporto agli effettivi bisogni dell’ospite e sarà protratta in tutti i casi in cui non si realizzino le condizioni di assistibilità a domicilio.

99.6 LLa classif icazione delle prestazioni ed analis i ddel case--mmix assistenziale

Essendo la prestazione intesa come un “unicum” organico e risultando fortemente caratterizzata e condizionata dalla organizzazione generale e dalle risorse poste in campo dalla struttura erogatrice, la sua individuazione e codifica è necessariamente connessa:

a. alle caratteristiche tecnico-organizzative e professionali del “nucleo” (o più in generale della struttura residenziale entro cui esso è collocato); caratteristi-che che definiscono l’attività svolta e si esplicitano in specifici “codici di at-tività”;

b. alle caratteristiche del paziente, al fine di individuare il “caso trattato” attra-verso i dati identificativi del fruitore della prestazione ed alcuni indicatori di bisogno assistenziale che consentano di definire l’appropriatezza del tratta-mento erogato.

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2256 Capitolo 9

99.6.1 LLa classsif icazione del le prestazioni e i codici di att iv ità

Tanto le prestazioni quanto i nuclei erogatori dovranno essere definiti in modo da po-ter essere coerentemente individuate nell’ottica proposta dal DPCM 14 febbraio 2001 sull’Integrazione Socio-sanitaria e, sopratutto, dal DPCM 29 novembre 2001 sui Li-velli Essenziali di Assistenza.

Per una corretta definizione delle prestazioni nell’ambito del Progetto Mattoni, il Mattone n. 12 ha definito una classificazione su “codici di attività” utilizzabile sia come classificazione delle prestazione che come elemento di individuazione dei “nu-clei erogativi” in base alle loro caratteristiche tecnico-organizzative. I“codici di attivi-tà” individuati sono i seguenti:

• R1 - Prestazioni erogate in nuclei specializzati (Unità di Cure Residenziali

Intensive) a pazienti non autosufficienti richiedenti trattamenti intensivi, es-senziali per il supporto alle funzioni vitali come ad esempio: ventilazione meccanica e assistita, nutrizione enterale o parenterale protratta, trattamenti specialistici ad alto impegno (tipologie di utenti: stati vegetativi o coma pro-lungato, pazienti con gravi insufficienze respiratorie, pazienti affetti da ma-lattie neurodegerative progressive, etc.).

• R2 - Prestazioni erogate in nuclei specializzati (Unità di Cure Residenziali Estensive) a pazienti non autosufficienti con elevata necessità di tutela sanita-ria: cure mediche e infermieristiche quotidiane, trattamenti di recupero fun-zionale, somministrazione di terapie e.v., nutrizione enterale, lesioni da de-cubito profonde etc.

• R2D - Prestazioni erogate in nuclei specializzati (Nuclei Alzheimer) a pa-zienti con demenza senile nelle fasi in cui il disturbo mnesico è associato a disturbi del comportamento e/o dell’affettività che richiedono trattamenti estensivi di carattere riabilitativo, riorientamento e tutela personale in am-biente “protesico”.

• R3 - Prestazioni di lungo assistenza e di mantenimento, anche di tipo riabili-tativo, erogate a pazienti non autosufficienti con bassa necessità di tutela Sa-nitaria (Unità di Cure Residenziali di Mantenimento).

• SR - Prestazioni Semiresidenziali – Trattamenti di mantenimento per anziani erogate in centri diurni.

• SRD - Prestazioni Semiresidenziali Demenze – Prestazioni di cure estensive erogate in centri diurni a pazienti con demenza senile che richiedono tratta-menti di carattere riabilitativo, riorientamento e tutela personale.

Le prestazioni individuate con i codici di attività R1, R2, R2D sono riferibili alla eroga-zione di “cure intensive o estensive” ad elevata integrazione sanitaria, mentre le prestazio-ni individuate con i codici di attività R3 sono convenzionalmente riferibili ad “assistenza e terapie di mantenimento”, classificabili come prestazioni sanitarie a rilevanza sociale.

L’erogazione delle prestazioni così individuate avviene, di norma, all’interno di nuclei residenziali specializzati ed organizzati per erogare quello specifico livello di assistenza.

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9.7 I l Sistema della residenzial ità e semiresidenzial ità in Regione Basi l icata

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9.6.1 La class if icazione del le prestazioni e i codici di att iv ità

L’assistenza residenziale 2257

E’ auspicabile che più “nuclei” riferiti ai diversi livelli di assistenza coesistano all’interno della medesima struttura residenziale.

99.7 II l Sistema della residenzial ità e semiresidenzial ità iin Regione Basi l icata

Il Sistema della residenzialità e semiresidenzialità in Basilicata è un sistema al momento abbastanza carente. Secondo dati ISTAT (ISTAT – L’assistenza residenziale in Italia: re-gioni a confronto - Anno 2003), infatti, in Regione si registra una dotazione di posti letto per anziani pari a 718, circa il 6,33 x 1.000 della popolazione anziana (contro il 33 x 1.000 delle Regioni settentrionali, il 14 x 1.000 delle Regioni centrali e circa l’8 x 1.000 di quel-le meridionali). I posti letto censiti sono riferiti a tutta l’assistenza residenziale, includendo quella “sanitaria” (RSA e Residenze Protette) e quella “sociale” (Case di Riposo).

PRESTAZIONI RESIDENZIALI ANZIANI, dati ISTAT 2003

PL Popolazione PL x 1000 Popolazione > 64 PL x 1000 Basilicata 718 596.821 1,20 113.496 6,33 Italia 231.671 57.320.759 4,04 10.901.318 21,25

In particolare, il Piano regionale integrato della salute e dei servizi alla persona e alla comunità 2012-2015 - Ammalarsi meno curarsi meglio individua quattro principali tipologie di utenti non autosufficienti:

1. Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali per Anziani; 2. Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali per Disabili; 3. Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali Psichiatriche; 4. Prestazioni nei Centri Residenziali per Cure Palliative/Hospice.

Le tipologie di prestazioni residenziali e semiresidenziali per anziani o persone non autosufficienti in condizioni di cronicità e/o relativa stabilizzazione delle condizioni cliniche contemplate sono riconducibili a:

• Trattamenti erogati in Unità d'offerta Residenziali Intensive a persone non autosufficienti richiedenti trattamenti intensivi, essenziali per il supporto alle funzioni vitali.3 Ad essi è collegato il codice di attività R1.

• Trattamenti erogati in Unità d'offerta Residenziali Estensive a persone non autosufficienti con elevata necessità di tutela sanitaria.4 Ad essi è colle-gato il codice di attività R2.

3 A titolo di esempio: ventilazione meccanica e assistita, nutrizione enterale o parenterale protratta, trattamenti specialistici ad alto impegno (tipologie di utenti: stati vegetativi o coma prolungato, persone con gravi insufficienze respiratorie, persone affette da malattie neurodegenerative progressive). 4 A titolo di esempio: cure mediche e infermieristiche quotidiane, trattamenti di recupero funzionale, somministrazione di terapie e.v., nutrizione enterale, lesioni da decubito profonde, etc.).

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2258 Capitolo 9

• Trattamenti erogati in Unità d'offerta Residenziale a persone con demenza senile nelle fasi in cui il disturbo mnesico è associato a disturbi del compor-tamento e/o dell'affettività che richiedono trattamenti estensivi di carattere riabilitativo, riorientamento e tutela personale in ambiente «protesico». Ad essi è collegato il codice di attività R2D.

• Trattamenti erogati in Unità d'offerta Residenziali di lungoassistenza e di man-tenimento, anche di tipo riabilitativo, erogate a persone non autosufficienti con bassa necessità di tutela Sanitaria. Ad essi è collegato il codice di attività R3.

• Trattamenti semiresidenziali - Trattamenti di riabilitazione e di mantenimen-to per anziani erogati in Unità d'offerta o centri diurni. Ad essi è collegato il codice di attività SR.

• Trattamenti Semiresidenziali Demenze - Cure estensive erogate in Unità d'offerta o in centri diurni a persone con demenza senile che richiedono trattamenti di carattere riabilitativo, riorientamento e tutela personale. Ad essi è collegato il codice di attività SRD.

99.7.1 LL’anal is i del fabbisogno di prestazioni Residenzial i e SSemiresidenzial i per Anziani

Nel Piano citato è stato stimato il fabbisogno di posti letto residenziali e semiresiden-ziali, calcolato sulla base dei seguenti parametri:

• percentuale anziani dipendenti stimata intorno al 30% della popolazione > 65 anni, pari a circa 118.000 abitanti (studi di settore, anno 2004);

• tasso di copertura della popolazione anziana non-autosufficiente con la resi-denzialità e semiresidenzialità del 7%. Il restante 23% della popolazione an-ziana non-autosufficiente viene coperta con le diverse forme di Assistenza Domiciliare integrata, per evitare le forme di segregazione sociale.

Considerata la necessità di potenziare il sistema di offerta dei servizi residenziali e semiresi-denziali per anziani, si è pensato di elevare a 826 i posti letto, ripartiti tra le diverse tipologie di strutture, secondo il dettaglio esplicitato nelle tabelle di seguito riportate.

TTabella 9.1 Fabbisogno di posti letto per residenziale e semiresidenziale

Tipologia di struttura PL per 1.000 > 65 aa Fabbisogno di PL RSA anziani R1 R2 R3 5,6 660

Semiresidenzialità anziani SR 1,4 165

RSA demenze senile R2D: Demenza senile Nuclei Alzheimer

2,0

236

Semiresidenzialità demenze SRD 1,0 118

Fonte: Piano Regionale Integrato della Salute e dei Servizi alla persona e alla comunità 2012-2015 - Re-gione Basilicata.

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9.7.1 L’anal is i del fabbisogno di prestazioni Residenzial i e Semiresidenzial i per Anziani

L’assistenza residenziale 2259

Tipologia di struttura PL per 1.000 > 65 anni

RSA anziani (R1 R2 R3) 5,6 R1 0,56 R2 1,68 R3 3,36

I coefficienti si riferiscono all’intera popolazione anziana e costituiscono una proie-zione simulata e semplificata del fabbisogno di intensità di cura sulla base di calcoli inferenziali e di studi pilota epidemiologici e di utilizzo di parametri quali l’indice di Katz e di ADL (Activities of Daily Living) per la valorizzazione della dipendenza.

Il quadro del fabbisogno di posti letto residenziali e semiresidenziali per anziani, suddiviso per Azienda sanitaria è, invece, riportato nelle tabelle che seguono, suddivi-se per tipologie di struttura.

Tipologia di struttura Fabbisogno di PL ASP ASM

RSA anziani R1 R2 R3 660 440 220 R1 66 44 22 R2 198 132 66 R3 396 264 132

Tipologia di struttura Fabbisogno di PL ASP ASM

Semiresidenzialità anziani SR 165 110 55

Le prestazioni individuate con i codici di attività R1, R2, R2D sono riferibili alla erogazione di “cure intensive o estensive” ad elevata integrazione sanitaria, mentre le prestazioni indi-viduate con i codici di attività R3 sono convenzionalmente riferibili ad “assistenza e terapie di mantenimento”, classificabili come prestazioni sanitarie a rilevanza sociale.

Gli standard qualificanti sono riassunti nelle indicazioni della tabella che segue.

Prestazioni Standard qualificanti R1 Guardia medica: h 24

Assistenza medica: 300 minuti / die per nucleo Infermiere: h 24 Assistenza globale > 210 min. Assistenza infermieristica > 90 min

R2 Assistenza medica: 160 minuti / die per nucleo Infermiere h 24 Assistenza globale > 140 min. Assistenza infermieristica > 45 min

R2D Assistenza: 120 minuti / die per nucleo Infermiere h 12 Assistenza globale > 140 min. Assistenza infermieristica > 36 min

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2260 Capitolo 9

R3 Assistenza medica: 80 minuti / die per nucleo Infermiere h 8 Assistenza globale > 100 min. Assistenza infermieristica > 20 min

SR Staff: Infermiere, OSS, Animazione Assistenza globale > 50 min.

SRD Staff: Infermiere, OSS, Psicologo Terapia cognitiva e orientamento Assistenza globale > 80 min.

Allo stesso modo, è stata stimata la popolazione anziana > 65 con problemi di demen-za senile nelle diverse espressioni che ammonta a circa 10.000, di cui 6.000 demenza senile e disturbi del comportamento e 4.000 diverse forme e grado di Alzheimer. Il 30% di questa popolazione richiede prestazioni di tipo residenziale per la necessaria sorveglianza a prevalente assistenza sanitaria. Si rivela, quindi, il presente fabbisogno assistenziale 236 e 118.

Tipologia di struttura PL per 1.000 > 65 aa Fabbisogno PL

RSA demenze senile R2D di cui: 2,0 236 Demenza senile 1,3 153 Nuclei Alzheimer 0,7 83

Semiresidenzialità demenze SRD 1,0 118

Tipologia di struttura Fabbisogno di PL ASP ASM

RSA demenze senile R2D: Demenze senile Nuclei Alzheimer

236 153 83

157 102 55

79 51 28

Semiresidenzialità demenze SRD 118 79 39

99.7.2 LLe prestazioni residenzial i e semiresidenzial i per disabi l i

Il Sistema della residenzialità e semiresidenzialità per disabilità in Basilicata è, altresì, un sistema in cui le strutture di offerta meritano un potenziamento. Secondo dati ISTAT (ISTAT – L’assistenza residenziale in Italia: regioni a confronto - Anno 2003), infatti, emerge che in Italia, al 31 dicembre 2003, 27.675 adulti disabili sono ospitati nei presidi socio assistenziali presenti sul suolo nazionale (17.000, pari al 64,2%, in strutture collocate nel Nord Italia; 4.554, pari al 16,5%, nel Centro; 5.346, quasi il 20%, nel Sud). La media nazionale è di circa 0,5 posti letto per mille abitanti, contro lo 0,1 della Basilicata.

261

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260

9.7.2 Le prestazioni residenzial i e semiresidenzial i per disabi l i

L’assistenza residenziale 2261

Ospiti presenti nei presidi socio assistenziali al 31 dicembre 2003

PL occupati Popolazione PL x 1000 Basilicata 62 596.821 0,10 Italia 27.675 57.320.759 0,48

Il quadro dell’offerta attuale extraospedaliera per la riabilitazione e disabilità è ripor-tato nella tabella che segue:

TTabella 9.2 Posti letto residenziali (internato) e semiresidenziali (seminterrato) accredi-tati Istituti riabilitazione ex art. 26

Tipologia di prestazione

POSTI LETTO

Padri Trinitari

AIAS - Melfi

AIAS – Matera

TOTALE

Residenziale 140 38 0 178 Semiresidenziale 30 50 60 140 TOTALE 170 88 60 318

Fonte: Piano Regionale Integrato della Salute e dei Servizi alla persona e alla comunità 2012-2015 - Re-gione Basilicata.

Stimando la popolazione disabile nell'ordine dell’1% della popolazione totale, si ritie-ne di dover valutare il fabbisogno di posti letto necessari nell'ordine del 2% della po-polazione disabile, corrispondenti ad un tasso complessivo di posti letto per le diverse tipologie dello 0,30 x 1.000 abitanti (pari a 180 posti letto complessivi). Si registra, quindi, un’offerta di prestazioni residenziali e semiresidenziali (pari a 318 posti letto) superiore al fabbisogno.

Numerosi ospiti delle strutture residenziali e semiresidenziali vengono da altre Regioni. Pertanto, pur riconoscendo i 318 posti letto complessivi per l’assistenza ai residenti di Basilicata, sono contrattualizzabili solo 180 posti letto residenziali e semi-residenziali

TTabella 9.3 Posti letto residenziali (internato) e semiresidenziali (seminternato) contrat-tualizzabili per i residenti in Basilicata Istituti riabilitazione ex art. 26

Tipologia di prestazione

POSTI LETTO

Padri Trinitari

AIAS - Melfi

AIAS – Matera

TOTALE

Residenziale 72 28 0 100 Semiresidenziale 30 24 26 80 TOTALE 102 52 26 180

Fonte: Piano Regionale Integrato della Salute e dei Servizi alla persona e alla comunità 2012-2015 - Re-gione Basilicata.

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2262 Capitolo 9

In relazione alle diverse tipologie di utenti, declinate nelle Linee Guida sulla riabilita-zione del 7 maggio 1998, vengono di seguito indicate le strutture preposte alla eroga-zione delle prestazioni:

• prestazioni diagnostiche, terapeutiche, riabilitative e socioriabilitative in re-gime residenziale a persone disabili che necessitano di riabilitazione intensi-va o estensiva, nonché trattamenti di mantenimento per soggetti con problemi ad alta intensità assistenziale, inclusi i soggetti a responsività minimale. Ad esse è collegato il codice di attività RD1.

Strutture di erogazione: Residenze di Riabilitazione Estensiva (strutture ex art. 26) – internato.

• prestazioni diagnostiche, terapeutiche riabilitative e socioriabilitative a mi-nori affetti da disturbi comportamentali o da patologie di interesse neuro-psichiatrico. Prestazioni di assistenza residenziale ad elevata integrazione sanitaria, con terapia riabilitativa, attività psico-educative e socio-relazionali erogate in nuclei specializzati a persone non autosufficienti in età evolutiva affette da minorazioni plurisensoriali. Le prestazioni di questo tipo sono connotate dalla stretta integrazione tra le attività assistenziali e riabilitative e quelle psico-educative e didattiche. Ad esse è collegato il co-dice di attività RD2.

Strutture di erogazione: Residenze minorazioni plurisensoriali età evoluti-va; Residenze disturbi comportamento e patologie neuropsichiatriche età evo-lutiva.

• prestazioni terapeutiche, riabilitative e socio-riabilitative di mantenimento, in regime residenziale congiuntamente a prestazioni tutelari per:

− disabili gravi (codice di attività RD3)

Strutture di erogazione: Residenze sanitarie assistenziali per disabili adulti gravi o nuclei RSA disabili adulti (minimo 20 PL)

− disabili privi di sostegno familiare (codice di attività RD4)

Strutture di erogazione: Residenze sanitarie assistenziali per disabili adulti o nuclei RSA disabili adulti (minimo 20 PL).

Gli standard qualificanti e gli indicatori sono riassunti nelle indicazioni della tabella che segue.

263

9.7.3 Le prestazioni residenzial i e semiresidenzial i psichiatr iche

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262 L’assistenza residenziale 2263

Prestazioni Standard qualificanti Indicatori Livello collegato al codice di attività RD1

Riabilitazione : ⋅ Infermiere h 24 ⋅ Assistenza medica: 180 minuti / die per nucleo ⋅ Assistenza globale > 130 min/pz/die ⋅ Terapia Riab > 180 min/pz/die Intensiva ⋅ Terapia Riab > 60 min/pz/die Estensiva ⋅ Responsività minimale : ⋅ Infermiere h 24 ⋅ Assistenza medica: 180 minuti / die per nucleo ⋅ Assistenza globale > 210 min/pz/die ⋅ Terapia Riab > 30 min/pz/die

⋅ Numero p.l. per 1.000

abitanti ⋅ % di strutture che ri-

spettano gli standard ⋅ N. pz in lista di attesa ⋅ Durata media attesa

Livello collegato al codice di attività RD2

⋅ Assistenza globale > 180 min ⋅ Assistenza medica: 160 minuti / die per nucleo ⋅ Terapia psico-educativa > 120 min/pz/die ⋅ Terapia riabilitativa > 60 min/pz/die

⋅ Numero p.l. per 1.000 abitanti

⋅ % di strutture che ri-spettano gli standard

⋅ N. pz in lista di attesa ⋅ Durata media attesa

Livello ai codici di attività RD3 e RD4

⋅ Assistenza medica: 80 minuti / die per nucleo ⋅ Assistenza globale > 160 min/pz/die ⋅ Terapia Riab > 30 min/pz/die ⋅ Assistenza globale > 130 min/pz/die ⋅ Terapia Riab > 30 min/pz/die

⋅ Numero p.l. per 1.000 abitanti

⋅ % di strutture che ri-spettano gli standard

⋅ N. pz in lista di attesa ⋅ Durata media attesa

99.7.3 LLe prestazioni residenzial i e semiresidenzial i psichiatr iche

Considerata la necessità di potenziare le strutture di offerta necessarie a soddisfare le prestazioni residenziali e semiresidenziali psichiatriche, si ritiene di stimare la previ-sione del fabbisogno prendendo in comparazione la dotazione residenziale prevista dal Progetto Obiettivo Nazionale Tutela della Salute Mentale 1998-2000 (2x10.000 ab.), che tende a potenziare le forme “leggere” di assistenza tutelare. Le prestazioni di assistenza residenziale psichiatrica sono prestazioni a ciclo continuativo (residenziale) o diurno (semiresidenziale) erogate in strutture extraospedaliere gestite direttamente da soggetti erogatori pubblici (Dipartimento di Salute Mentale) o da erogatori privati accreditati che operano comunque nell’ambito del sistema di offerta del DSM.

Per la Regione Basilicata, considerando la popolazione totale (588.879 all’ 1/1/2010), si ritiene di dover valutare la quota di posti letto necessari in 230 (3,9x10.000 ab.).

Per la Regione Basilicata, si prevedono le seguenti tipologie di strutture: a. Residenze riabilitative per la post-acuzie (RP1.1). b. Case famiglia (RP1.2.1 - RP1.2.2).

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2264 Capitolo 9

c. Gruppi appartamento di convivenza (RP2). d. Residenze protette (RP2).

Le dotazioni di posti letto residenziali per aziende sono riportate nelle tabelle che se-guono.

Tipologia di struttura Fabbisogno di PL ASP ASM Prestazioni Residenziali e Semire-sidenziali Psichiatriche

230 152 78

Coefficiente A B C D TOTALE

1,2/10.000 1/10.000 0,7/10.000 1,1/10.000 3,9/10.000 ASP 46 40 28 42 152 ASM 24 20 14 22 78 Tot 70 60 42 64 230

Le prestazioni residenziali possono essere declinate in due macro tipologie:

1. Prestazioni terapeutico-riabilitative (codice RP1) erogate in strutture per

pazienti che, anche nella fase della post-acuzie, necessitano di progetti tera-peutici riabilitativi:

• intensivi (codice RP1.1). Il personale sanitario è presente nelle 24 ore. La durata massima della degenza, fissata dal progetto terapeuti-co, non è comunque superiore a 18 mesi. Le strutture di erogazione sono Residenze Riabilitative psichiatriche per la post-acuzie (8-12 PL)

• estensivi (codice RP1.2). Sono prestazioni che necessitano di assi-stenza e di trattamenti terapeutico riabilitativi di tipo estensivo. Le strutture di erogazione sono Casa Famiglia (massimo 8 PL)

Le strutture sono differenziate in base al numero di ore di presenza del perso-nale, calcolato in ragione dei bisogni assistenziali degli ospiti:

• personale sociosanitario presente 24 ore (codice RP1.2.1). La durata massima della degenza è stabilita di 36 mesi, eventualmente proro-gabile nei casi in cui l’equipe curante ne motivi la proroga.

• personale sociosanitario presente 12 ore (codice RP1.2.2). La durata massima della degenza è stabilità di 36 mesi, eventualmente proro-gabile nei casi in cui l’equipe curante ne motivi la proroga.

2. Prestazioni socio-riabilitative (RP2) erogate in strutture che rispondono ai bisogni di soggetti parzialmente non autosufficienti ma non assistibili nel proprio contesto familiare. Le strutture sono differenziate in base al numero di ore di presenza del personale, calcolato in ragione dei bisogni assistenziali

265

9.7.4 Le prestazioni nei Centr i residenzial i per Cure Pal l iat ive/Hospice

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264 L’assistenza residenziale 2265

degli ospiti: personale sociosanitario presente 24 ore (codice RP2.1), perso-nale sociosanitario presente 12 ore (RP2.2). Le strutture di erogazione sono Gruppi appartamento di convivenza (4-6 PL) e Residenze Protette (8-10 PL).

3. Prestazioni semiresidenziali (SRP) erogate in strutture che accolgono i pa-zienti durante le ore diurne, attive almeno 6 ore al giorno per 6 giorni la set-timana, dotate di équipe multiprofessionali. Le strutture di erogazione sono Centri Diurni. Per le prestazioni semiresidenziali devono essere attuate le stesse modalità operative previste per la residenzialità.

Vengono individuati i seguenti standard qualificanti di servizio.

Prestazioni Standard qualificanti

RP1 Assistenza medica > h 4 Infermiere h 24 Psicologo > 30 min / pz / die Attività terapeutico-riabilitative > 210 min/pz/die

RP2 Infermiere h 24 Attività socio-riabilitative > 90 min/pz/die

SRP Staff: Infermiere, OSS, Psicologo Ass. sociale, Animatore

99.7.4 LLe prestazioni nei Centr i residenzial i per Cure PPal l iat ive/Hospice

Le cure palliative costituiscono un complesso integrato di prestazioni sanitarie, tutela-ri, assistenziali e alberghiere fornite con continuità nell’arco delle 24 ore che, in regi-me residenziale, sono garantite in un Centro specialistico di cure palliative/Hospice. L’Hospice fa parte della rete sanitaria, costituisce il nodo di ricovero della rete delle cure palliative ed opera in stretta integrazione con le cure palliative domiciliari.

I programmi regionali per la realizzazione dei Centri residenziali di cure palliati-ve/Hospice, attengono alle D.G.R. n.2077 del 25.09.2000 e D.G.R. n.658 del 15.04.2002 per complessivi 45 posti letto, così distribuiti:

Tipologia di struttura Totale

PL AO San

Carlo

Az. USL

Matera

IRCCS CROB

Rionero

Az. USL

Potenza

Az. USL Montalbano

Jonico Centri Residenziali di Cure palliative/Hospice

45 12 10 8 8 7

Alla sopradescritta programmazione regionale sono da aggiungere n.4 posti letto della tipologia Hospice, attivati presso il presidio ospedaliero di Lauria - Azienda U.S.L. n.3, Lagonegro.

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2266 Capitolo 9

Ad oggi, sono attivi n. 12 posti letto dell’AO San Carlo, n.8 posti letto di Stigliano, n. 4 di Lauria. Sono ultimati, ma non attivi, i posti letto del CROB. Quelli di Villa d’Agri sono in via di ultimazione. A Lauria sono attivi e in funzione.

Le tabelle che seguono riportano la programmazione di posti letto comparata ad una seconda tabella, che riporta il fabbisogno stimato degli stessi.

TTabella 9.4 Posti letto programmati per Hospice/Cure palliative

Tipologia di struttura Totale PL ASP ASM IRCCS

CROB Rionero

Az. Osp. S. Carlo

Centri Residenziali per Cure Palliative/Hospice

49 12 17 8 12

Fonte: Piano Regionale Integrato della Salute e dei Servizi alla persona e alla comunità 2012-2015 - Re-gione Basilicata.

TTabella 9.5 Fabbisogno posti letto per Hospice/Cure palliative

Tipologia di struttura Totale PL ASP ASM IRCS

CROB Rionero

Az. Osp. S. Carlo

Centri Residenziali per Cure Palliative/Hospice

54 16 18 8 12

Fonte: Piano Regionale Integrato della Salute e dei Servizi alla persona e alla comunità 2012-2015 - Re-gione Basilicata. Vengono individuati gli standard qualificanti di servizio riportati nella tabella che segue.

Qualità Complessità Presenza di: 1. Specifici Protocolli formalizzati per il controllo del dolore

e dei sintomi, per la sedazione, per l’alimentazione e l’idratazione, per il nursing.

Presenza di una Equipe multidisci-plinare e multipro-fessionale, sette giorni su sette composta almeno da: - medico - infermiere - operatore

tecnico dell’assistenza

- fisioterapista - psicologo - assistente socia-

le

2. Programmi formalizzati: a. per l’informazione, la comunicazione e il sostegno

al paziente e alla famiglia; b. l’accompagnamento alla morte e assistenza al lutto; c. per l’audit clinico e il sostegno psico-emotivo

all’equipe; d. per la formazione continua del personale.

3. Criteri per la valutazione periodica del personale.

4. Accordi formalizzati con i Soggetti erogatori di cure palliative domiciliari accreditati nell’ASL di riferimen-to, all’interno della rete di cure palliative, a garanzia della continuità del percorso di cura.

267

9.8 I s istemi di monitoraggio

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266 L’assistenza residenziale 2267

99.8 II s istemi di monitoraggio

La Regione Basilicata metterà a disposizione del Nuovo Sistema Informativo Sanita-rio (NSIS), istituito presso il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche So-ciali (D.M. 17 dicembre 2008 “Istituzione della banca dati finalizzata alla rilevazione delle prestazioni residenziali e semiresidenziali”), le informazioni relative alle presta-zioni residenziali e semiresidenziali per anziani o per malati cronici stabilizzati se-condo le modalità in esso stabilite.

Gli indicatori da includere nel sistema regionale di monitoraggio sono riportati nella tabella che segue e sono indicatori di struttura e indicatori di qualità.

INDICATORI DI STRUTTURA

N. di Posti Letto accreditati per le diverse tipologie su popolazione Tasso di occupazione medio dei posti letto accreditati N. di nuove ammissioni annue su popolazione N. Giornate di Degenza su popolazione Durata media della degenza % di ospiti provenienti dall’Ospedale % di ospiti provenienti da struttura di post-acuzie (lungodegenza e riabilitazione) % di ospiti provenienti da altra struttura residenziale % di ospiti provenienti dal Domicilio % di ospiti dimessi e reinseriti a domicilio

INDICATORI DI QUALITA’

% di infezioni nosocomiali % di piaghe da decubito % di cadute

Con la DGR n. 1635 del 30.11.2012 come modificata ed integrata dalla successiva n. 39 del 15 gennaio 2013 la Regione Basilicata anche in attuazione di quanto previsto dal DPCM 14 febbraio 2001 ha definito le percentuali di compartecipazione per alcu-ne tipologie di trattamenti residenziali e semiresidenziali, indicate nella tabella sotto-riportata, stabilendo, al contempo, comunque di farsi carico del 50% della quota di compartecipazione prevista, attingendo a fondi propri, appostati su uno specifico ca-pitolo del bilancio regionale.

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2268 Capitolo 9

Tipologia di struttura

Quota sanitaria ( in %)

Aliquota di compartecipazione regime residenziale e semiresidenziale

( in %) Trattamenti residenziali per anziani riferibili a cure estensive

R2, R3, R2D 50% 50%

Trattamenti di lungoassi-stenza/ mantenimento

RD2, RD3 70 % 30%

Trattamenti di assistenza a disabili gravi semplicemente privi di sostegno familiare

RD4 40% 60%

Trattamenti residenziali e semiresidenziali per soggetti con problemi psichiatrici

RP.1.2.1, RP.1.2.2, RP2

40% 60%

Le competenti Commissioni Consiliari si sono espresse favorevolmente a maggioran-za sui contenuti dei provvedimenti.

99.9 RRiflessioni concllusive e implicazioni di policy

In Italia si discute molto sulla sostenibilità economica del Servizio Sanitario Naziona-le e della spesa sanitaria in generale, mentre c’è ancora troppa poca attenzione sull’evoluzione e sull’impatto economico dei servizi socio-sanitari ed assistenziali che sono, invece, quelli sui quali l’invecchiamento della popolazione ha un effetto mag-giore. Infatti, è ormai assodato che i principali fattori determinanti della crescita della spesa sanitaria sono principalmente riconducibili all’aumento del benessere economi-co e all’innovazione tecnologica, piuttosto che all’invecchiamento della popolazione (Gerdtham e Jonsson, 2000), mentre tale fenomeno ha un impatto maggiore sulla do-manda e sulla spesa per servizi socio-assistenziali.

Il quadro informativo a cui si dovrebbe collettivamente ambire dovrebbe basarsi su elementi conoscitivi, quali le rette pagate dagli utenti, i trasferimenti pubblici, gli standard di servizio e i costi di produzione. Ciò permetterebbe di conoscere i margini di miglioramento e d’investimento disponibili e, conseguentemente, giustificare even-tuali modifiche di policy o contributi finanziari aggiuntivi esterni al perimetro tradi-zionale del sistema, qualora quest’ultimo abbia raggiunto i propri livelli massimi di funzionalità.

Poste queste premesse, quali sono i principali fabbisogni informativi che si do-vrebbero soddisfare per governare al meglio il settore residenziale? Quali sono le più significative differenze caratterizzanti i fabbisogni espressi dai diversi attori coinvolti nel settore?

Aumentare la disponibilità d’informazioni sulle strutture residenziali per anziani può, quindi, contribuire all’intera crescita del settore, aumentando la consapevolezza

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9.9 Rif lessioni conclusive e implicazioni di policy

L’assistenza residenziale 2269

di tutti gli stakeholder coinvolti e la loro possibilità di agire come tensori virtuosi del sistema di welfare socio-sanitario (Anessi Pessina, 2002).

In particolare, sono quattro gli attori che meglio potrebbero interagire tra loro se inseriti in un contesto di supporto informativo più maturo e completo:

• gli enti gestori; • gli utenti e le famiglie; • gli Enti Locali, per la loro responsabilità sulla componente socio assistenzia-

le; • le Regioni e le AUSL, nella loro funzione di regolatori e di finanziatori del

sistema.

Il monitoraggio dei costi delle strutture residenziali aiuterebbe poi il regolatore a co-noscere la geografia delle determinanti di costo, molte volte legate alla scarsità di al-cuni fattori produttivi o all’aumento del loro prezzo d’acquisto. Ciò renderebbe possi-bile valutare il rapporto costo-efficacia relativo ai modelli alternativi di assistenza.

Inoltre, la consapevolezza di una dinamica critica per un fattore produttivo (per esempio, la scarsità di medici o infermieri disponibili a lavorare nelle strutture per an-ziani non autosufficienti), dovrebbe invitare le singole Regioni ad intervenire attra-verso adeguate politiche attive del lavoro.

Molteplici sono le utilità che un sistema di informazioni trasparente e organico può dare agli utenti dei servizi ed ai loro familiari. Innanzitutto, gli utenti hanno la necessità di acquisire consapevolezza rispetto ai contributi regionali che le strutture ricevono per livello e tipologia assistenziale garantita, in modo da poter avere un qua-dro delle risorse conferite ai gestori, insieme alle rette loro pagate. Questo può rende-re più informata e consapevole la costruzione delle aspettative di servizio. A queste informazioni di natura finanziaria, vanno poi aggiunte quelle relative agli standard di servizio:

• quelli minimi e obbligatori, da garantirsi con il contributo pubblico; • quelli acquisiti con la retta ordinaria, pagata dalle famiglie al gestore; • quelli aggiuntivi, comprati dalle famiglie con rette superiori, offerte come op-

tional nel pacchetto del gestore o acquisite in maniera complementare da un altro soggetto erogatore.

Il quadro informativo degli utenti risulterebbe completo se tali informazioni fossero anche correlate alla descrizione dei pacchetti assistenziali: ore di assistenza, ore di riabilitazione, ore di animazione, etc. Questo favorirebbe la scelta consapevole da par-te delle famiglie e lo sviluppo di un mercato maturo, basato sulla libera scelta infor-mata degli utenti, in un’ottica di empowerment dei pazienti e dei loro familiari. Dal punto di vista formale, tale flusso informativo dovrebbe essere rappresentato in forma semplificata e sintetica, con forme di comunicazione e linguaggi idonei a questo tipo di target.

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2270 Capitolo 9

Negli ultimi anni il settore residenziale è caratterizzato da un profondo e veloce di-namismo che ha significativamente ridisegnato il posizionamento strategico dei suoi produttori. A questa situazioni si è giunti essenzialmente per effetto di quattro fattori:

• il finanziamento a DRG degli ospedali ha determinato l’emergere di strategie

di selezione nei confronti dei pazienti affetti prevalentemente da malattie croniche, in particolare se legate alla terza e quarta età, soprattutto nelle divi-sioni di medicina generale. La non autosufficienza cronica non rientra più nella missione degli ospedali, spingendo quindi le strutture residenziali a raf-forzare la propria componente medico-sanitaria;

• l’esplosione del fenomeno delle badanti ha posticipato la necessità di ricorre-re ai servizi residenziali solo nelle fasi conclusive della vita. Questo spinge all’innalzamento medio dell’età degli ospiti in struttura e alla presenza di quadri clinico-cognitivi particolarmente compromessi, con degenze medie at-tese ridotte entro l’orizzonte dell’anno ed un aumento del turn over in uscita;

• la crescita esponenziale delle persone over 80enni e l’incremento dei casi di demenza ed Alzheimer modificano in maniera rilevante la composizione de-mografica dei residenti in struttura;

• infine, i servizi residenziali non rappresentano più un meccanismo di risposta ai problemi di povertà, essendo oramai piuttosto modesta la quota di contri-buto elargita dagli Enti Locali, che intervengono direttamente in caso di si-tuazioni economiche difficili. In altri termini, il sistema d’offerta residenziale non rappresenta più la risposta ad un disagio economico o previdenziale, ma un vero e proprio servizio di tutela alla grave non autosufficienza.

Si può affermare che il sistema delle strutture residenziali sta crescendo, dal punto di vista degli assetti istituzionali (nuove forme giuridiche e sviluppo di network), dei modelli di servizio, dal punto di vista gestionale, ma parallelamente la complessità della sfida e il livello degli obiettivi attesi si sta innalzando.

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10 Il Processo di innovazione

organizzativa nel le Aziende Sanitarie

10.1 Introduzione

10.2 Le l inee portanti del processo di r iforma del Sistema Sanitario Nazionale

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110 II l Processo di innovazione

oorganizzativa nelle AAziende Sanitarie

D’Adamo A.1

110..1 IIntroduzione

Partendo dagli obiettivi del Sistema sanitario regionale, così come declinati dal "Pia-no regionale integrato della salute e dei servizi alla persona e alla comunità 2012-2015 Ammalarsi meno, curarsi meglio" (approvato con D.C.R. 24 luglio 2012 n. 317), questa parte del Rapporto vuole evidenziale il ruolo che assumono le strutture portanti del sistema: dipartimenti, distretti, ospedale, nel processo di pianificazione strategica regionale. In particolare, nel Piano emerge la visione di “rete” modello di welfare meglio rispondente alle esigenze e ai diritti dei cittadini. Emerge, inoltre, il ruolo della funzione ospedaliera in una logica di reale integrazione con i servizi terri-toriali che vedono nel distretto di comunità il luogo di incontro della domanda e dell’offerta dei servizi. Questa parte della ricerca vuole far emergere questi aspetti cercando di offrire implicazioni di policy e di management.

110.2 LLe l inee portanti del processo di r iforma ddel Sistema Sanitario Nazionale

Il punto di partenza imprescindibile del processo di riforma nel Sistema Sanitario Na-zionale è rappresentato dalla L. 833/78. Essa ha previsto l'istituzione di un sistema unico, tale da poter offrire un servizio omogeneo su tutto il territorio nazionale, attra-

1 Dottore di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali), Facoltà di Economia. È Professore a contratto di Economia Aziendale, Organizzazione aziendale e Management Sanitario presso le Facoltà di Economia e Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

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2276 Capitolo 10

verso delle strutture allora denominate USL. Queste erano mere articolazioni territo-riali del sistema e, in un’ottica di predefinizione ex ante del modello, si presentavano con assetti organizzativi identici (almeno formalmente) all’interno della stessa regio-ne e molto simili anche tra regioni diverse. Questa standardizzazione dei modelli or-ganizzativi era la diretta conseguenza di una volontà di costruzione di un SSN forte, cioè di un unico “contenitore” istituzionale all’interno del quale risolvere la frammen-tazione e la eterogeneità dell’offerta sanitaria ereditata dai precedenti enti mutualisti-ci. Le unità così costituite erano caratterizzate da una direzione poco ampia, e una struttura di linea, al contrario, molto allargata e piatta. Questo ha portato a una debo-lezza del governo complessivo, anche a causa della mancanza di una cultura organiz-zativa condivisa che integrasse le diverse strutture. Debolezza indotta anche dalla sproporzione tra le dimensioni del vertice e l’ampiezza della base, condizioni che por-tavano a una frammentazione forte e a una diffusa eterogeneità a livello micro; le strutture si mostravano inoltre spesso impermeabili alle spinte innovative esterne.

La successiva riforma degli anni '90 ha portato avanti ciò che era stato già citato nel-la L. 833/78, puntando l’attenzione su uno in particolare fra i livelli di governance: una maggiore responsabilizzazione delle regioni, conferendo alle unità locali la connotazio-ne di aziende con una propria autonomia patrimoniale, con delle proprie strategie di svi-luppo e con un proprio assetto organizzativo. Il processo successivo ha proposto delle linee di riorganizzazione, prevedendo una strutturazione in dipartimenti, rafforzando le funzioni di direzione generale attraverso la costituzione e il potenziamento degli staff di supporto, cercando inoltre di semplificare l'assetto organizzativo (col superamento della frammentazione orizzontale nella linea operativa) e chiarendo meglio i ruoli e le re-sponsabilità degli attori operanti all'interno della struttura aziendale.

L'istituzione dei dipartimenti è stata introdotta nell'art. 17 bis del D. Lgs. 502/92, che ha sancito l'organizzazione dipartimentale come il modello ordinario di gestione delle aziende sanitarie

Il dipartimento viene individuato come centro di responsabilità sia dal punto di vi-sta economico, sia, e soprattutto, per quanto riguarda l’elaborazione dei programmi di attività e la valutazione sistematica e continuativa della qualità dell’assistenza prestata.

Il dipartimento è composto da strutture complesse. Il DG nomina il direttore di di-partimento, ospedaliero o territoriale o di prevenzione, tra i dirigenti con incarico di di-rezione delle strutture complesse aggregate nel dip.to. Il direttore di dip.to ha responsa-bilità professionali in materia clinico-organizzativa e della prevenzione e responsabilità gestionale di programmazione e gestione delle risorse rispetto agli obiettivi attribuiti.

La riforma sottolinea la rilevanza del distretto riportandone modalità di individua-zione e funzioni.

La legge regionale individua i distretti all’interno delle unità sanitarie locali, di cui rappresentano le articolazioni organizzative e ne disciplina l’organizzazione.

Il distretto è individuato dall’atto aziendale e prevede una popolazione minima di 60.000 abitanti. Nei casi però in cui la Regione abbia caratteristiche territoriali parti-colari può disporre diversamente.

“Il distretto ha la funzione di garantire accessibilità, continuità e tempestività della risposta assistenziale e di favorire un approccio multisettoriale alla promozione della salute, garantendo in particolare l’integrazione fra assistenza sanitaria e sociale”.

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10.3 Le l inee portanti del processo di r iforma del Sistema Sanitario della Regione Basi l icata

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276 Il Processo di innovazione organizzativa nelle Aziende Sanitarie 2277

L’organizzazione prevede:

1. l’assistenza primaria, compresa la continuità assistenziale attraverso il coor-dinamento e l’approccio multidisciplinare, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina generale (MMG), pediatri di libera scelta (PLS), servizi di guardia medica notturna e festiva e presidi specialistici ambulatoriali;

2. il coordinamento dei MMG e dei PLS con le strutture operative a gestione di-retta, organizzate in base al modello dipartimentale e con i servizi specialisti ambulatoriali e le strutture ospedaliere ed extraospedaliere accreditate;

3. l’erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate da spe-cifica ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria se delegate dai Comuni.

110.3 LLe l inee portanti del processo di r iforma ddel Sistema Sanitario ddella Regione Basi l icata

Il riassetto organizzativo e territoriale del Servizio Sanitario Regionale viene attuato con la legge regionale 01 luglio 2008, n. 12 che cerca di proporre un sistema sanitario regionale unitario e integrato ed una configurazione di strutture organizzative a rete.

Il Servizio Sanitario Regionale si compone di due Aziende sanitarie, l’Azienda sa-nitaria locale di Potenza (ASP) e Matera (ASM), con dimensioni corrispondenti ai ri-spettivi territori provinciali, dell'Azienda Ospedaliera Regionale "S. Carlo" (AOR) per le alte specialità e per le reti cliniche integrate dei servizi ospedalieri e dell’IRCCS Ospedale Oncologico di Rionero in Vulture.

Le due Aziende Sanitarie Locali adottano il modello funzionale dipartimentale e si articolano in distretti sociosanitari.

Un’altra scelta importante è quella di riorganizzare il sistema dei servizi territoriali attraverso la costruzione del Distretto della salute che assuma in sé sia le funzioni di produzione che di tutela/committenza, con una particolare attenzione a queste ultime, e che sappia essere realmente il luogo “naturale” dell’integrazione sociosanitaria (co-me, peraltro, affermato dalla normativa nazionale già con il PSN 1994-96 e ripreso con forza nel PSN 1998-2000 e successivi).

I distretti sociosanitari, strumento di governo partecipato delle politiche integrate della salute, assicurano l’allocazione decentrata degli uffici e delle strutture, organizzate in Unità per i Servizi Integrati di Base (USIB), in modo da garantire la gestione integra-ta dei servizi sanitari, socio-sanitari e sociali sul territorio di competenza.

La scelta della Regione Basilicata è di ordinare il Sistema Sanitario Regionale se-condo un modello a rete, che comprende e integra la rete ospedaliera regionale e le reti infra e interaziendali, al fine di perseguire l'obiettivo della continuità dell'assisten-za e dell'integrazione tra ospedale e territorio.

Il Sistema Sanitario Regionale viene, quindi, riorganizzato in tutte le sue macro-strutture:

• area ospedaliera; • area territoriale.

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2278 Capitolo 10

L’area territoriale costituisce il livello ottimale di programmazione “dal basso” su cui costruire un rapporto integrato tra servizi sanitari e servizi sociali e alla persona, lavo-rando in sede di programmazione di zona all’analisi dei bisogni, all’offerta dei servizi, alla individuazione di obiettivi di crescita del benessere territoriale.

L’area ospedaliera è la struttura tecnico-funzionale mediante la quale le Aziende sanitarie assicurano nel proprio bacino territoriale l’erogazione dell’assistenza ospe-daliera in modo unitario ed integrato sulla base dei principi di programmazione e di organizzazione regionale.

110.4 LL’assetto organizzativo e i l processo ddi innovazione orrganizzativa

FFigura 10.11 Le Aziende sanitarie ed ospedaliere della Regione Basilicata

110.4.1 LL’Azienda Sanitar ia Locale di Potenza (ASP)

L’Azienda Sanitaria Locale di Potenza (ASP) è stata istituita con la Legge Regionale di Basilicata n.12 del 1° luglio 2008. Essa sostituisce le soppresse Aziende Sanitarie UU.SS.LL. n. 1 di Venosa, n. 2 di Potenza e n. 3 di Lagonegro.

L’ambito territoriale di riferimento corrisponde all’intero territorio della Provincia di Potenza: 100 comuni con una superficie di 6546 Kmq, con una popolazione com-plessiva di circa 387.300 abitanti (dati aggiornati all’anno 2008).

L’Azienda ha personalità giuridica pubblica, è dotata di autonomia imprenditoriale e agisce mediante atti di diritto privato.

L'attività dell'Azienda è finalizzata, in aggiunta alle prestazioni previste dai livelli essenziali di assistenza, alla promozione, al mantenimento ed allo sviluppo dello stato di salute della comunità nell’ottica del perseguimento dell'obiettivo “salute” inteso quale miglioramento complessivo della qualità della vita della popolazione, favorendo l'attività di prevenzione ed il reinserimento sociale delle persone che soffrono situa-zioni di marginalità.

L’ASP, per orientare le proprie azioni, si configura come un’organizzazione a rete, al tempo stesso differenziata ed integrata al suo

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10.4 L’assetto organizzativo e i l processo di innovazione organizzativa

Figura 10.1

10.4.1 L’Azienda Sanitar ia Locale di Potenza (ASP)

Il Processo di innovazione organizzativa nelle Aziende Sanitarie 2279

interno e con le altre aziende sanitarie con cui intende rapportarsi per ren-dere disponibili alla popolazione servizi di qualità sostenibili nel tempo: un’organizzazione che cura il proprio capitale professionale e che sia capa-ce di fornire opportunità di crescita e di sviluppo ai professionisti che sap-piano distinguersi per capacità, autorevolezza e impegno.2

Essa svolge il ruolo di produttore diretto dei servizi e di acquirente di prestazioni da soggetti accreditati ponendosi come centro di una rete di erogatori autonomi, ma coordinati.

La struttura organizzativa adottata dall’Azienda è di tipo dipartimentale3 a caratte-re sia strutturale che funzionale. Le strutture aziendali sono articolate in: Strutture Complesse (S.C.); Strutture Semplici a valenza Dipartimentale (S.S.D.); Strutture Semplici, articolazioni interne alle Strutture Complesse (S.S.). L’Atto Aziendale pre-vede la presenza delle seguenti tipologie dipartimentali:

• Dipartimentali centrali; • Dipartimenti ospedalieri; • Dipartimenti territoriali interdistrettuali; • Dipartimenti misti; • Dipartimenti interaziendali.

Da un punto di vista operativo l’azione organizzativa è guidata dal modello “hub & spoke” in cui i centri di eccellenza forniscono le prestazioni con elevato grado di complessità (hub) a tutti gli utenti inviati dai centri periferici (spokes) e dal modello delle reti cliniche integrate, il cui sistema di produzione viene gestito senza indivi-duare una gerarchia fra i diversi nodi della rete.

L'articolazione di base delle macroaree aziendali è la seguente:

• area della prevenzione (Dipartimenti di Prevenzione); • area dell’assistenza territoriale: (Distretti della Salute, Dipartimento misto di

Salute Mentale e Dipartimento misto della Assistenza Farmaceutica); • area dell’assistenza ospedaliera (Dipartimenti ospedalieri e Dipartimenti fun-

zionali trans murali).

2 Atto aziendale pag.12. 3 Atto Aziendale pag.60. “L’Azienda istituisce dipartimenti aziendali unici per funzione e, volendo porre enfasi sul processo assistenziale e garantire una presa in carico del paziente uniforme su tutto il territorio provinciale, globale e continuativa, predilige, ogni qualvolta sia tecnicamente fattibile ed economicamente opportuno, i dipartimenti costruiti sulla base di un criterio d’organo/apparato/eziologia unificata.”

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2280 Capitolo 10

FFigura 110..22 Organigramma ASP

110.4.2 LL’Azienda Sanitar ia Locale di Matera (ASM)

L'Azienda Sanitaria Locale di Matera (ASM) è stata istituita con L.R. n. 12 del 1 Luglio 2008 e nasce dalla fusione delle due preesistenti Aziende Unità Sanitarie Locali della Provincia di Matera (ASL n. 4 di Matera e ASL n. 5 di Montalbano Jonico).

L’ambito territoriale di riferimento è costituito da una superficie totale 3.446,12 kmq e comprende 31 Comuni in cui risiedono 203.770 abitanti (49,1% di sesso ma-schile e il 50,9% di sesso femminile)4.

L’ASM è dotata di personalità giuridica pubblica ed autonomia imprenditoriale, opera attraverso atti di diritto privato e, nelle fattispecie previste dall’attuale normati-va vigente, attraverso le forme tipiche del procedimento amministrativo.

In linea con la programmazione nazionale e regionale, l’Azienda è orientata a sod-disfare i bisogni di salute della propria popolazione di riferimento e dell'insieme dei cittadini presenti nel territorio di competenza, mediante l’erogazione coordinata di prestazioni sanitarie e socio-assistenziali.

“L’Azienda Sanitaria, nel suo insieme e in ciascuna delle proprie aree ope-rative, assume il modello di sistema di rete integrata di persone, strutture, tecnologie e processi, finalizzata al soddisfacimento di tutte le parti inte-

4 Dati ISTAT aggiornati al 31/12/2008.

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280

Figura 10.2

10.4.2 L’Azienda Sanitar ia Locale di Matera (ASM)

Il Processo di innovazione organizzativa nelle Aziende Sanitarie 2281

ressate al più alto livello possibile, compatibilmente con la complessità e la sostenibilità del sistema stesso.”5

La logica della rete è affermata con maggiore enfasi, oltre che nell’atto aziendale, nel-la Delibera n. 1123 del 23 Ottobre 2009 avente ad oggetto Reti interaziendali. Appro-vazione Percorsi Diagnostico Terapeuti ed Assistenziali (P.D.T.A.) interaziendali.

I principi cardine del modello organizzativo adottato prevedono una netta separa-zione della funzione di committenza dalla funzione di produzione delle prestazioni. In altri termini, la definizione dei servizi necessari al soddisfacimento dei bisogni di sa-lute della popolazione è separata dalla produzione/erogazione dei servizi sanitari che è effettuata attraverso le strutture aziendali o fornita da soggetti esterni.

In risposta alla complessità ed alla dinamicità intrinseche al sistema sanitario, l’Azienda adotta un modello organizzativo e procedurale improntato alla flessibilità con uno schema operativo tendenzialmente "orizzontale e integrato" con poca distan-za fra vertice strategico e nucleo operativo.

Le macro strutture che delineano l’assetto organizzativo sono le seguenti:

a. il Distretto (articolazione territoriale ed organizzativa) destinato ad assicurare agli utenti i servizi di assistenza primaria connettendo le proprie attività con quelle di dipartimenti e servizi aziendali (servizi ospedalieri inclusi);

b. il Presidio Ospedaliero (comprendente una o più strutture ospedaliere) prepo-sto all’erogazione di prestazioni di assistenza ospedaliera e prestazioni medi-co/specialistiche ambulatoriali;

c. il Dipartimento di Prevenzione riorganizzato in: Dipartimento di Prevenzione Collettiva della Salute Umana e Dipartimento di Prevenzione della sanità e benessere animale.

L’organizzazione dipartimentale6 adottata ha carattere sia strutturale che funzionale ed è affiancata da Aree7 (assimilabili ai dipartimenti). Le strutture aziendali sono arti-

5 Atto Aziendale pag. 7. 6 [I Dipartimenti] rappresentano il modello operativo dell'Azienda. …L'organizzazione dipartimentale è predeterminata solo nei casi specificatamente previsti dalla legge o dalle indicazioni regionali (Dipartimento di Prevenzione, Dipartimento di Salute Mentale, ecc). Fuori da tali previsioni è possibile la creazione di altri Dipartimenti solo quando si renda necessario razionalizzare, in termini sia di efficienza che di economicità, i rapporti fra diverse strutture organizzative non altrimenti aggregabili; in tal caso con specifica delibera aziendale, vengono istituiti i Dipartimenti in rapporto alle specifiche esigenze e obiettivi strategici aziendali (Atto Aziendale). 7 Le Aree sono definite come: Macro-Organizzazioni complesse, assimilabili a quelle Dipartimentali, in cui convergono funzioni non comprese nei precedenti livelli strutturali, di coordinamento trasversale per specifici processi aziendali, e con autonomia gestionale ed organizzativa. Le Aree prevedono l’aggregazione di più unità operative, secondo i seguenti criteri: - accorpamento delle attività per contenuti omogenei;

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2282 Capitolo 10

colate in: Strutture Complesse (S.C.); Strutture Semplici a valenza Dipartimentale (S.S.D.); Strutture Semplici, articolazioni interne alle Strutture Complesse (S.S.).

L’assetto strutturale di base è così composto8:

• Ospedali; • Distretti Socio Sanitari; • Dipartimenti Ospedalieri, Territoriali e Misti; • Dipartimento Amministrativo; • Aree.

FFigura 110.3 Organigramma ASM

- attribuzione delle responsabilità basate sul principio della dipendenza funzionale per aree di attività o della dipendenza gerarchica in ordine ad aspetti di carattere gestionale. Le Aree possono avere connotazioni di Aree Funzionali e di Aree dei Servizi in riferimento alla diversa natura delle attività svolte dalle Unità Operative afferenti, le prime caratterizzate da una forte integrazione di ordine funzionale delle Unità Operative, le seconde caratterizzate dall’appartenenza ad un’area comune di servizi. 8 Nell’articolazione del modello organizzativo si adotta il principio di evitare la duplicazione di strutture analoghe, la sovrapponibilità di funzioni e la costituzione di Dipartimenti con una sola Unità Operativa Complessa.

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10.4.3 L’Azienda Ospedal iera Regionale “San Carlo”

Tabel la 10.1

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282

Figura 10.3

Il Processo di innovazione organizzativa nelle Aziende Sanitarie 2283

110.4.3 LL’Azienda Ospedal iera Regionale “San Carlo”

L’Ospedale San Carlo di Potenza individuato, con Decreto del Presidente del Consi-glio dei Ministri del 31 agosto 1993, quale ospedale di rilievo nazionale e di alta spe-cializzazione, è stato costituito in Azienda Ospedaliera, con effetto dal 6 marzo 1995, con Decreto del Presidente della Giunta Regionale della n. 109 del 1° febbraio 1995, attuativo della Legge Regionale n. 50 del 24 dicembre 1994. Con l’art. 2, comma 6, della L.R. 1° luglio 2008 n. 12 è stato stabilito che l’Azienda Ospedaliera “Ospedale S. Carlo” di Potenza assumesse la denominazione di Azienda Ospedaliera Regionale “S. Carlo” ed esercitasse le funzioni di riferimento per le alte specialità e per le reti cliniche integrate dei servizi ospedalieri.

L’AOR San Carlo rappresenta la struttura sanitaria di riferimento, nell’ambito del Sistema Sanitario Regionale della Basilicata, per il perseguimento degli obiettivi di eccellenza previsti dalla programmazione nazionale e regionale. Si compone di due Presidi Ospedalieri: il “San Carlo” di Potenza ed il “San Francesco di Paola” di Pe-scopagano accorpato all’Azienda dal 2 febbraio 2007 con la Legge Regionale n. 1 del 30 Gennaio 2007. Il Presidio Ospedaliero di Pescopagano sarà oggetto di riconversio-ne in Struttura Complessa di Alta Specialità di Medicina Riabilitativa, previa appro-vazione regionale del progetto.

In base alla normativa vigente, l’Azienda è dotata di personalità giuridica pubbli-ca, di autonomia imprenditoriale ed agisce mediante atti di diritto privato ispirati a criteri di efficacia, efficienza ed economicità, miranti a soddisfare la domanda di pre-stazioni socio-sanitarie dei cittadini-utenti, nel rispetto dei vincoli di bilancio.

“L’organizzazione aziendale evolverà in coerenza con il modello della “dipartimentalizzazione”, della separazione tra governo e gestione e dello sviluppo delle strutture di Staff.”

9

L’atto aziendale in essere, approvato con DGR n.213 del 9.2.2010, identifica le se-guenti linee guida dell’azione organizzativa:

TTabella 110..11 Linee di riorganizzazione

9 Atto Aziendale, pag.69.

Rafforzare la posizione di eccellenza nel trattamento delle patologie

Incrementare, differenziare e potenziare l’offerta clinico-assistenziale

Ridurre in maniera generalizzata i tempi di attesa delle prestazioni

Rispettare i diritti e i bisogni dei cittadini-utenti e coinvolgerli nel processo di cura

Valorizzare gli standard di qualità-sicurezza

Arricchire i percorsi di formazione permanente e aggiornamento professionale attraverso il coinvolgimento di strutture esterneAttivare circuiti di formazione-comunicazione per migliorare qualità dei servizi e processi organizzativi

Valorizzare le competenze e l’impegno dei professionisti

Innovare il sistema di erogazione dei servizi

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2284 Capitolo 10

FFigura 10.44 Organigramma Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo”

Il modello dipartimentale adottato è di tipo forte. I dipartimenti sono prevalentemente di tipo strutturale10, raggruppati in tre macroaree principali: urgenza (DEA), alta spe-cializzazione e clinica assistenziale.

L’attuale riorganizzazione in atto, l’assetto organizzativo preesistente e il già cita-to orientamento al perseguimento degli obiettivi aziendali11, hanno dato vita ad un

10 Per evitare che tale scelta ostacoli il perseguimento degli obiettivi aziendali, l’atto aziendale recita: “[Nel caso in cui dovesse presentarsi] la necessità di diversi assetti organizzativi, più consoni ed adeguati rispetto ai bisogni ed alle finalità che si intendono perseguire, comportando diversi dimensionamenti dei dipartimenti sia nel numero che nelle funzioni e tipologie… [non si esclude]la possibilità che si possano individuare successivamente, come già prospettato negli atti di programmazione annuale, funzioni trasversali e per processi e che possono, sia pur non pienamente, ricondursi nell’alveo dei cc.dd. Dipartimenti Funzionali.” Inoltre, bisogna tenere presente la riconversione del Presidio Ospedaliero di Pescopagano che potrebbe mutare parzialmente l’attuale configurazione aziendale. 11 Vedi nota 3.

285

Tabel la 10.2

10.4.4 L’ IRCCS Ospedale Oncologico di Rionero in Vulture

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284

Figura 10.4

Il Processo di innovazione organizzativa nelle Aziende Sanitarie 2285

modello organizzativo aziendale a matrice nato dall’integrazione del modello struttu-rale e di quello funzionale.

Le strutture organizzative che compongono l’Azienda sono: i Dipartimenti, le Strutture Complesse (Unità Operative Complesse – U.O.C.), le Strutture Semplici a valenza dipartimentale (Unità Operative Dipartimentali – U.O.D.), le Strutture Sem-plici (Unità Operative Semplici sub articolazioni di strutture complesse – U.O.S.), i Servizi (Subarticolazioni di strutture e/o aree di attività affidate a personale dirigen-ziale).

TTabella 110.22 Modello organizzativo a matrice

110.4.44 LL’ IRCCS Ospedale Oncologico di Rionero in Vulture

Prima di analizzare il modello organizzativo del CROB, abbiamo ritenuto opportuno esplicitare le caratteristiche principali della struttura.

Il Centro di Riferimento Oncologico della Basilicata, con sede nel territorio dell’ASP, è stato istituito con Legge Regionale n. 13 del 23 Maggio 1989.

Negli anni viene riconosciuto come un polo oncologico di alta specialità a caratte-re scientifico cui demandare non solo la funzione di presidio integrato per la preven-zione, cura, riabilitazione e ricerca delle patologie neoplastiche, ma anche, in relazio-ne al suo profilo di struttura di ricerca, un ruolo trainante per lo sviluppo di servizi esistenti e una estensione degli stessi coerentemente con i bisogni e le evidenze epi-demiologiche espresse sul territorio in una logica integrata di rete.

Per il conseguimento di tale obiettivo, si da avvio ad un progetto di sperimenta-zione gestionale ai sensi dell’art. 9 bis del D. lgs. 502/92 sulla base di una convenzio-ne fra il CROB e l'INT (Istituto Nazionale Tumori) di Milano per consentire, attraver-so la forma della gestione integrata, di erogare sul territorio il servizio di assistenza oncologica e di svolgere ricerca scientifica.

La Legge Regionale n. 32/97 ha disciplinato l’attuazione del progetto di sperimen-tazione gestionale.

La Regione Basilicata ha sostenuto l’obiettivo della trasformazione del CROB in Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico con D.G.R. n.347/2001.

Ai sensi del D.Lgs. 16 ottobre 2003 n. 288, l’Istituto è dotato di personalità giuri-dica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa e contabile; opera sulla ba-

DEA

Alta specialità del

cuore e grossi vasi

ChirurgicoClinico

assistenziale e oncologico

Medicina fisica e

riabilitazione (P)

InternisticoDella donna

e del bambino

NEFRO - UROLOGICO

NEUROSCIENZE

ONCOLOGICO

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2286 Capitolo 10

se di principi aziendali come le altre Aziende del SSR, pur mantenendo caratteristiche e ruolo peculiari degli IRCSS

12

. Le principali linee di ricerca, che si ricavano dall’Atto Aziendale approvato con

DGR n.229 del 9.2.2010, sono:

1. “Integrazione di Approcci Terapeutici Innovativi e Nuove Tecnologie Stru-mentali e Biomolecolari”;

2. “La Valutazione dello Stato di Salute: dal Fattore di Rischio alla Qualità del-le Cure”;

3. Progetti in Diagnostica per Immagini. La politica del CROB è quella di offrire un servizio completo al paziente oncologico, attraverso la ricerca, la diagnosi, la cura e il sostegno psicologico dell’assistito. La struttura sta cercando negli anni di implementare una strategia di leadership e di diffe-renziazione offrendo tipologie di servizi diversificate per la patologia oncologica, in-vestendo su competenze specializzate e tecnologie innovative.

L’Azienda ha implementato un modello dipartimentale di tipo forte ed a carattere strutturale.

Le articolazioni organizzative sono suddivise in:

• strutture complesse (dipartimenti, unità operative complesse); • strutture semplici a valenza dipartimentale (perseguono gli obiettivi definiti

nell’ambito del dipartimento); • strutture semplici di singola struttura complessa (perseguono gli obiettivi as-

segnati nell’ambito dell’unità operativa complessa). La compresenza sia di unità operative a prevalente attività clinica che di unità opera-tive a prevalente attività di ricerca risponde all’esigenza di un alto livello di integra-zione tra ricerca e assistenza necessaria al rapido passaggio delle conoscenze e delle metodologie dall’ambito della ricerca alla pratica clinica.

In sintesi, l’azione organizzativa si prefigge i seguenti obiettivi:

• qualità e adeguatezza dei servizi offerti; • gestione efficiente ed efficace delle risorse; • miglioramento continuo della qualità dei servizi offerti; • valorizzazione delle risorse umane; • informazione e comunicazione con gli operatori impegnati nella sfera della

“salute”; • integrazione in rete delle competenze e delle professionalità (attivazione di

sinergie con le organizzazioni non profit operanti in campo oncologico sul versante sanitario e socio – assistenziale, in particolare).

12 Con il Decreto del Ministero della Salute del 10 Marzo 2008 (GU n.71 del 25 Marzo 2008) il CROB è divenuto Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) a rilevanza nazionale per le discipline di oncologia.

287

Figura 10.5

10.5 I fabbisogni organizzativi del le Aziende Sanitarie

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286 Il Processo di innovazione organizzativa nelle Aziende Sanitarie 2287

FFigura 110.55 Organigramma IRCCS

110..5 II fabbisognii oorganizzativi delle Aziende SSaanitarie

Le Aziende sanitarie stanno vivendo un momento di profondo cambiamento nell’ambiente in cui operano, con spinte esogene ed endogene che producono nuovi fabbisogni organizzativi.

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2288 Capitolo 10

Le maggiori spinte innovative possono essere ricondotte a:

1. Cambiamento demografico della popolazione ed aumento della comples-sità dei bisogni di salute del paziente. Il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie croniche produce un rilevante impatto sull’organizzazione delle strutture sanitarie. Da un lato si avverte una neces-sità di setting assistenziali dedicati, più complessi, interdisciplinari, che spes-so presentano difficoltà ad essere ricondotti ad un unico reparto. Spesso i pa-zienti più critici vengono ricoverati in rianimazione dove trascorrono molte giornate (anche mesi), riducendo di fatto la capacità produttiva dell’area ed influendo sulle attività chirurgiche e di urgenza che necessiterebbero di tale livello assistenziale.

2. Evoluzione tecnologica, che grazie alle nuove possibilità chirurgiche e tera-peutiche modifica le necessità assistenziali ed in generale i processi produtti-vi tra fasi pre-operatorie, di intervento e post-acuzia.

3. Convergenze di saperi tra discipline che si sovrappongono nelle possibilità terapeutiche. Nuovi farmaci, le diagnostiche interventistiche, possibilità chi-rurgiche emergenti, producono in diverse aree – quali ad esempio l’oncologia, le neuroscienze, il cardiovascolare, il muscolo scheletrico ecc. – la necessità di un maggiore coordinamento operativo nei processi erogativi ed una strategia di sviluppo governato per definire priorità condivise nella definizione del piano terapeutico.

4. Cambiamenti nella demografia professionale, che evidenziano una ridu-zione complessiva nel numero di medici e un invecchiamento della popola-zione dei medici. Questo si riflette nella necessità di innovare gli schemi organizzativi e lavorativi per fronteggiare l’eventuale mancanza di disponi-bilità di professionisti, anche attraverso una politica del personale di ampio respiro che riconsideri il mix e l’insieme delle professionalità operanti nella struttura.

L’insieme delle sfide poste dai cambiamenti richiamati porta le Aziende sanitarie a confrontarsi con alcune priorità:

• rispondere a bisogni di cura ed assistenza di un paziente più complesso, complicato e spesso fragile, con soluzioni assistenziali coerenti alla differen-ziazione nella complessità;

• integrare processi clinici, soprattutto laddove esistono specializzazioni con possibilità di sovrapposizione nelle attività terapeutiche e diagnostiche.

Per affrontare queste sfide sta emergendo una riflessione complessiva sull’organizzazione dell’Azienda sanitaria che analizzano l’adeguatezza della dimen-sione dipartimentale o la necessità di immaginare una modalità organizzativa più complessa, con connotazioni di natura specialistica o disciplinare, preposta alla con-divisione delle risorse, all’integrazione e alla ricerca di un maggior coordinamento strategico.

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288 Il Processo di innovazione organizzativa nelle Aziende Sanitarie 2289

La dimensione dipartimentale e quella dell’unità organizzativa potrebbero non riusci-re a fornire risposte pienamente adeguate alle priorità.

Emergono tre principali fabbisogni organizzativi a cui deve dare risposta l’organizzazione delle strutture sanitarie:

1. migliore modulazione ed organizzazione dei setting assistenziali (aree ospe-daliere e territoriali) e la ricerca della massima appropriatezza ed efficienza nel loro uso (sala operatoria, posto letto, ambulatorio, ecc.);

2. knowledge management: ossia la capacità di organizzare le scelte strategiche in merito allo sviluppo dei saperi, delle specializzazioni e delle competenze professionali;

3. il disease management: cioè lo sviluppo di un percorso di cura che sia effica-ce ed appropriato rispetto ai bisogni del paziente, ottimizzato nei contenuti con l’eliminazione delle eventuali duplicazioni.

Ogni struttura sanitaria deve progettare adeguati percorsi di sviluppo organizzativo in grado di accompagnare il cambiamento.

Le innovazioni di processo combinano variamente elementi di disease manage-ment e di knowledge management, ridefinendone modalità e responsabilità. Ne rap-presentano degli esempi: l’introduzione di modelli assistenziali basati sulla logica del-la «presa in carico» del paziente cronico; la riorganizzazione degli ospedali per inten-sità di cura; l'introduzione di modelli organizzativi che garantiscano lo sviluppo di reti interaziendali per patologia; la creazione di forme di associazionismo che coinvolga-no medici di medicina generale, infermieri e/o specialisti; l’implementazione di solu-zioni per garantire l’integrazione ospedale-territorio, di tipo strutturale (es. strutture intermedie dotate di letti, come gli hospice o gli ospedali di comunità) o processua-le/funzionale (es. uso della dimissione protetta e di modalità di case management, creazione di percorsi riabilitativi o terapeutici individuali, assistenza domiciliare mul-tidisciplinare).

Si tratta, evidentemente, di innovazioni che mettono radicalmente in discussione l’efficienza nelle singole attività e delle singole strutture sanitarie. Nel contempo, in un sistema sanitario sempre più regionalizzato, sarà necessario anche un forte soste-gno regionale all'innovazione delle Aziende.

La Regione, infatti, può:

• tracciare le politiche e le regole complessive del Sistema attraverso la defini-zione dei sistemi di programmazione e controllo del Sistema, dei sistemi di finanziamento della spesa corrente e degli investimenti, dei sistemi di accre-ditamento istituzionale e di controllo;

• tracciare le politiche di governo in specifici ambiti di attività (medicina gene-rale, assistenza farmaceutica ecc.);

• definire norme generali per l’organizzazione, il funzionamento e la contabili-tà delle Aziende;

• individuare le aree strategiche in cui devono operare le Aziende che compon-gono il Sistema Sanitario Regionale.

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2290 Capitolo 10

110.6 II l modello a rete in sanità

In questa cornice, il modello a rete integrata di persone, strutture, tecnologie e proces-si cerca di garantire ai cittadini prestazioni efficaci di e maggiore equità di accesso. Il modello a rete è identificabile come l’insieme di relazioni collaborative che avviene all'interno di un insieme di nodi autonomi, possono facilitare le risposte a problemi caratterizzati da una varietà di attori in campo ad affrontarli, mutevoli condizioni dell'ambiente esterno e soprattutto la necessità di fare sinergia tra competenze che si trovano a diversi livelli del sistema.

La rete in sanità può essere implementata su tre diversi ambiti: tra strutture ospe-daliere diverse all’interno dell’ASL/AO; mettendo in relazione l'ospedale e il territo-rio, mettendo in relazione due settori – sanitario e sociale – per integrare e considera-re, allo stesso tempo, due ordini di bisogni assistenziali.

I livelli di connessione fra diverse unità facenti parte di una rete possono essere, altresì, di varia natura. Innanzitutto troviamo il livello delle strategie e politiche aziendali, ossia la formulazione ed implementazione delle strategie. Scendendo di li-vello, possono trovarsi connessioni a livello operativo - organizzativo: un esempio in questo senso è quello della centralizzazione degli acquisti. Infine troviamo la creazio-ne dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali secondo una logica di rete, e, dal lato della domanda, l'assegnazione di tutto il processo di cura a un responsabile unico, quindi la messa in capo ad un'unica figura (che può essere quella del case manager) di tutte le esigenze che si presentano all'interno di un percorso di cura.

Nella ridefinizione degli assetti organizzativi delle strutture sanitarie della Regione Basilicata appare di particolare rilievo:

• lo sviluppo di un sistema ospedaliero integrato sia in senso verticale, secondo il principio della progressività delle cure, sia in senso orizzontale, attraverso la differenziazione delle competenze;

• rivedere la strutturazione organizzativa interna dei presidi, attraverso il pro-cesso di dipartimentalizzazione finalizzato ad adeguare l’organizzazione ai bisogni assistenziali dei pazienti e di esplicitare i livelli di responsabilità dei professionisti nel processo di produzione e di pianificazione strategica;

• promuovere forme di aggiornamento che adeguino le diverse competenze professionali alle modalità di lavoro interdisciplinari per un’assistenza im-perniata sui bisogni.

Coerente con il disegno delle Pianificazione regionale è la necessità di ridurre quanto più possibile quella quota di ospedalizzazione non appropriata sia in termini di ricove-ro sia in termini di durata della degenza.

La strategia di tale disegno consiste nel far considerare a tutti gli attori del sistema il nuovo ruolo che assume l’ospedale per l’intensità e complessità delle cure e nell’inserimento dell’attività ospedaliera nel contesto di un percorso assistenziale diagnostico, terapeutico o riabilitativo che lo vede interagire attivamente con la rete dei servizi territoriali delimitandone l’ambito di azione al trattamento dell’episodio di malattia nella fase acuta o di immediata post-acuzie acquisite a quelle

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10.7 I l modello a rete in Regione Basi l icata

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290

10.6 I l modello a rete in sanità

Il Processo di innovazione organizzativa nelle Aziende Sanitarie 2291

condizioni morbose che, per severità/complessità del quadro clinico o per caratteristi-che di intensità/complessità dell’assistenza, non possono trovare risposte altrettanto efficaci ed efficienti nell’ambito dei servizi territoriali di tipo domiciliare, ambulato-riale o residenziale. Inoltre, va perseguita l’appropriatezza dei ricoveri ospedalieri attraverso il coinvolgimento dei medici di medicina generale nella individuazione di percorsi assistenziali tipo, nella definizione di linee guida per trattamenti diagnostici e/o terapeutici e favorita l’adozione di forme e procedure organizzative, quali l’ospedalizzazione diurna, la dimissione precoce, la modificazione delle forme e dell’intensità assistenziale nella fase di post-acuzie, potenzialmente in grado di ri-condurre l’ospedale a livelli di efficienza tali da favorire il recupero di risorse neces-sarie a sostenere l’adeguamento del sistema tecnico ospedaliero ai massimi livelli di innovazione scientifica nonché di trasferire risorse alla medicina del territorio.

Il sistema ospedaliero deve caratterizzarsi per:

• un elevato ed oggettivabile livello di qualità complessiva dell’assistenza in esso erogabile;

• un’organizzazione di tipo reticolare in cui sono presenti e visibili oggettivi punti di eccellenza nell’ambito assistenziale, così come in quello dell’innovazione delle forme e delle procedure organizzative;

• la capacità di sviluppare collaborazioni, partnership e nuove forme di orga-nizzazione e gestione dei servizi sanitari;

• la capacità di valorizzare, di motivare e di riconoscere le risorse professiona-li, di investire sul capitale umano delle organizzazioni come strumento per assicurare al sistema un maggior rendimento complessivo.

110..77 II l modello a rete in Regione Basi l icata

La rete integrata deve adottare un modello di percorso assistenziale con l’obiettivo a tendere dell'identificazione integrata dei bisogni del paziente e un’implementazione volta ad assicurare la continuità di cura.

I modelli organizzativi proposti e previsti nel PSSR sono sostanzialmente tre:

• il modello “hub & spoke”, che prevede la concentrazione dell’erogazione dell’assistenza di maggiore complessità in centri di eccellenza (“hub”) e l’organizzazione del sistema di invio da centri periferici funzionalmente sot-to-ordinati (“spoke”);

• il modello delle reti cliniche integrate, in cui il sistema di produzione viene gestito senza individuare una gerarchia fra i diversi nodi della rete;

• il modello della dipartimentalizzazione orizzontale e verticale. Il primo esempio che è possibile rappresentare è quello della Genetica Medica, nel quale viene identificato un hub (nodo) molto forte, costituito dall'interazione di tre strutture (l'azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, il presidio ospedaliero di Matera e la struttura di Rionero) che hanno la responsabilità del coordinamento e dell'indiriz-

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zo a livello centrale. A differenza di altre strutture in cui è importante il presidio sul territorio (ad esempio le reti emergenziali), in questo caso la presenza è assicurata so-prattutto in termini di laboratori. Da questo punto di vista il coordinamento viene esercitato congiuntamente da tre strutture, evidenziando come non sia necessario che il nodo centrale della rete sia un unico luogo fisico: la criticità risiede nel fatto che si abbiano direzione e coordinamento unitari. Le varie strutture di genetica medica ope-ranti sul territorio regionale, prevede il Piano, sono inserite in una “rete regionale” ar-ticolata in Centri funzionali interaziendali, ciascuno dei quali deve prevedere l’utilizzo integrato dell’insieme delle strutture disponibili in campo genetico, sia cli-nico sia di laboratorio, nel proprio bacino di riferimento. La rete interaziendale dei servizi deve assicurare, nell’area interessata, l’intera offerta di prestazioni riconduci-bili al percorso assistenziale della patologia genetica o a percorsi di screening geneti-ci, con l’obiettivo del progressivo miglioramento della qualità, dell’efficacia e della economicità del risultato.

Diverso è invece l’esempio della Rete della Reumatologia, nella quale abbiamo un hub unico identificato con il San Carlo di Potenza, il quale si sviluppa con due raggi sul territorio. A livello diffuso, non strutturati si trovano i medici di assistenza primaria e gli ambulatori distrettuali. Da questo punto di vista abbiamo un hub molto forte, due nodi sottordinati, dopodiché si osserva il tentativo di sfruttare anche la pre-senza sul territorio: si può affermare che questo è un caso di passaggio tra il modello “puro” hub and spoke e quello dell'integrazione tra ospedale e territorio. A regime, il Dipartimento Interaziendale di Reumatologia risulterà dunque composto dalle seguen-ti strutture:

• Unità Operativa Complessa di Reumatologia, con funzioni di Hub, con sede nell’Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo” di Potenza;

• due UO semplici con funzioni di raggio della rete, a valenza dipartimentale, una con sede nell’Azienda Sanitaria Locale Materana presso l’Ospedale “Madonna delle Grazie” di Matera ed una nell’Azienda Sanitaria Locale di Potenza in una sede individuata dall’Azienda;

• ambulatori reumatologici dell’Azienda Sanitaria Locale Materana e dell’Azienda Sanitaria Locale Potentina collocati prevalentemente in ambito distrettuale;

• i medici di assistenza primaria (Medici di Medicina Generale, Pediatri di li-bera scelta e Medici della Continuità Assistenziale), a rappresentare il “primo contatto” con la patologia reumatica che costituisce circa il 40% di tutta la patologia afferente agli ambulatori di Medicina Generale.

Diversa fattispecie è rappresentata dalla Rete dell'Ictus, essendo molto particolare l'ambito di operatività di questa rete. Da un lato, l'esigenza di rispondere alle fasi acu-te dell'ictus e dall'altro la necessità di presidiare più puntualmente il territorio per far fronte alle emergenze ha portato alla creazione a livello locale delle “stroke units”, presenti al livello di singolo presidio ambulatoriale. Un'altra particolarità di questo modello è che gli spoke di secondo livello, le due ASL, sono allo stesso tempo spoke per il livello centrale e hub per il livello inferiore. Nello specifico, le stroke unit de-

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10.8 Rif lessioni conclusive

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vono assicurare la realizzazione del percorso diagnostico-terapeutico dell’ictus condi-viso da tutte le aziende secondo le migliori evidenze scientifiche, o comunque trasfe-rire i pazienti in DEA di II livello in caso sia necessario il ricovero. Nel modello è an-che prevista la garanzia di continuità assistenziale attraverso il supporto di un case manager ospedaliero che, in stretta collaborazione con i case manager individuati dai servizi distrettuali, segua il paziente lungo tutto il percorso assistenziale post- dimis-sione.

Passando a trattare i modelli integrati tra ospedale e territorio, si è scelto di descri-vere la Rete dello Scompenso Cardiaco. In questo caso abbiamo un gruppo di coor-dinamento regionale che coinvolge tutte e quattro le strutture, è un coordinamento che avviene a livello superiore e che poi si estrinseca nella fase di presa in carico tramite i medici di medicina generale e i servizi distrettuali; la prima fase avviene sul territorio. Prevede poi tramite il coordinamento la fase di diagnosi e di ricovero nelle strutture ospedaliere. La presa in carico è anche qui il primo contatto che si ha con il paziente. Il “Piano attuativo Scompenso Cardiaco” definisce un modello assistenziale fondato su una rete integrata che consenta la realizzazione di soluzioni assistenziali condivise fra cure primarie, strutture specialistiche e centri di eccellenza.

Il Piano definisce le modalità per la gestione del percorso assistenziale del pazien-te con scompenso cardiaco dal momento della presa in carico da parte delle strutture territoriali, alla fase di ricovero presso strutture ospedaliere di riferimento per la dia-gnosi e il trattamento della malattia nonché per il trattamento delle riacutizzazioni, fino al periodo di trattamento e riabilitazione funzionale direttamente a domicilio del paziente attraverso i servizi distrettuali (ospedalizzazione domiciliare, assistenza do-miciliare integrata).

110.8 RRiflessioni conclusive

Nel complesso, gli esempi trattati testimoniano un approccio razionale al cambiamen-to organizzativo, costruito sui bisogni del paziente mirando a ottimizzare le modalità di presa in carico unitaria.

I recenti provvedimenti del Governo che mirano a ridurre la spesa pubblica (“Spending Review”, Decreto Balduzzi, Legge di Stabilità) stanno producendo nel settore sanitario una rapida accelerazione della riorganizzazione degli ospedali e dei servizi sul territorio.

Nel prossimo futuro, gli assessorati sanitari regionali e i Direttori delle strutture sanitarie saranno chiamati a scegliere come ridisegnare l’assetto degli ospedali, come razionalizzare il numero dei posti letto e delle unità operative, come creare nuove strutture e servizi territoriali.

L’attuale organizzazione delle cure richiede una profonda revisione per:

• rispondere ai nuovi bisogni (cronicità, fragilità, continuità delle cure, etc..); • rendere più efficiente l’articolazione dei servizi ospedalieri; • garantire la continuità delle cure al domicilio e nelle strutture territoriali e

l’integrazione con le prestazioni ospedaliere.

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2294 Capitolo 10

I modelli che si affacciano nell’organizzazione dei servizi sanitari (organizzazione degli ospedali per aree di degenza per intensità di cura, medico tutor, le piattaforme assistenziali, le reti, le Case della Salute, i PDTA, il potenziamento assistenza domici-liare, etc..) devono essere funzionali al miglioramento dell’organizzazione esistente.

Le ricadute dei modelli che si stanno implementando porteranno a cambiare:

• le modalità di collaborazione e integrazione tra specialisti e professionisti (lavoro in team);

• il perimetro dell’azione e delle responsabilità dei professionisti; • il ruolo di chi dirige le equipe (sviluppo delle competenze professionali

dell'equipe, presidio dei percorsi e valutazione sistematica degli esiti). Occorrerà, inoltre, immaginare e sviluppare nuovi ruoli – ad esempio il bed manager, il flow manager di pronto soccorso, il process-owner dei processi organizzativi, l’operations manager per la gestione delle regole di uso delle piattaforme condivise, ecc. – e modificare ruoli già esistenti – ad esempio i coordinatori dell’assistenza, le direzioni mediche di presidio ospedaliero, ecc.

In particolare, la figura del “bed manager” è responsabile della gestione del per-corso del paziente in ospedale con l’ausilio del personale medico e infermieristico al fine di raggiungere il setting assistenziale adatto. Svolge una funzione di “cerniera” tra reparto di ricovero e Pronto Soccorso (PS), al fine di collocare il paziente in arrivo dal Pronto Soccorso nel setting assistenziale più adeguato.

L’invecchiamento della popolazione aggravato dalla presenza di pluripatologie e dall’isolamento sociale dell’anziano, crea un aumento del bisogno di sostegno delle famiglie per il reinserimento dell’anziano dimesso e non autosufficiente presso il pro-prio domicilio. In queste condizioni risulta a volte difficoltoso organizzare un percor-so clinico che consenta al paziente il rientro a domicilio o in struttura; e spesso i care giver trovano difficoltà nell’integrazione dell’aspetto clinico con le problematiche so-ciali. La dimissione “difficile” non viene identificata all’ingresso e spesso non vengo-no attivate le procedure corrette (assistente sociale, UVG) creando cosi difficoltà alla dimissione del paziente che necessita di supporto.

L’organizzazione sanitaria è dunque chiamata ad evolversi in base al cambiamento della domanda, in maniera da garantire un’assistenza sempre più adeguata alle esi-genze della cittadinanza e le massime condizioni di sicurezza per i pazienti ricoverati. Occorre, quindi, implementare strumenti operativi in grado di migliorare la capacità di creare “disponibilità” in termini di posti letto, più rapidamente per l’organizzazione e con un maggior livello di confort e sicurezza per il paziente.

Occorre ridisegnare i percorsi fisici dei pazienti in base al concetto di intensità di cura, superando la tradizionale assegnazione di risorse e spazi basata sul criterio della specialità clinica e quindi del reparto.

Il Bed Manager è la figura che si sta diffondendo in alcuni sistemi sanitari regio-nali per garantire:

• la corretta presa in carico del paziente a partire dal ricovero fino al rientro a domicilio o in struttura;

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294 Il Processo di innovazione organizzativa nelle Aziende Sanitarie 2295

• la fluidità della dimissione ospedaliera; • maggior sicurezza e comfort del paziente durante il ricovero con garanzia di

un percorso protetto fino alla dimissione. Il Responsabile delle dimissioni (Discharge manager) gestisce le dimissioni com-plesse, attraverso il coordinamento con le strutture intermedie, con i MMG, con i ser-vizi sociali e con chiunque potenzialmente può essere coinvolto in una dimissione di un paziente fragile, vulnerabile, o che semplicemente necessita di iter riabilitativo o assistenza domiciliare.

Il Responsabile dei percorsi fisici (Flow manager) ottimizza e garantisce fluidità ai percorsi dei pazienti, che attraversano diverse aree produttive dell’ospedale (sala operatoria, ambulatori, aree di degenza, terapia intensiva).

Occorrerà progettare percorsi di sviluppo organizzativo per accompagnare il cam-biamento con la messa in contesto dei nuovi ruoli. Anche la strumentazione gestiona-le dovrà essere affinata: diverse innovazioni riguarderanno le procedure operative, quali la gestione delle liste di attesa, la programmazione di sala operatoria, l’avvio del processo di continuità assistenziale per il paziente ricoverato ecc.

Occorrerà, infine, potenziare le strutture territoriali (Case della Salute, Strutture Intermedie, assistenza domiciliare, ambulatori di patologia per la presa in carico dei pazienti affetti da patologie croniche, etc.), incrementare l’integrazione Ospedale – Territorio (dimissione protetta, PDTA per la presa in carico delle patologie croniche); revisionare il ruolo dei medici di continuità assistenziale.

Come in ogni processo di cambiamento occorrerà tener conto delle eventuali criti-cità attuative che devono essere studiate ed affrontate, con trasparenza ed il coraggio anche di ritornare sulle decisioni, quando necessario.

Per rispondere al cambiamento, occorrono metodi e strumenti di gestione sofisti-cati, ma soprattutto professionalità e competenze in grado di gestirli; è inoltre auspi-cabile che, nelle diverse posizioni di responsabilità, si creda nei principi fondamentali della collaborazione e dell’integrazione.

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11 La rendicontazione sociale del le aziende sanitarie del la Regione

Basi l icata: l ’esperienza del l ’Azienda Ospedaliera

Regionale “San Carlo”

11.1 Introduzione

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111 LLaa rendicontazione sociale delle aaziende sanitarie della Regione

BBasi l icata:: l ’esperienza ddell’Azienda Ospedaliera

RRegionale “San Caarlo” D’Adamo A.

1

111..1 IIntroduzione

Nel marzo 2006 il Dipartimento della Funzione Pubblica ha emanato delle Linee Gui-da per la rendicontazione sociale in ambito pubblico, che in questi anno hanno guida-to la sperimentazione e la diffusione del bilancio sociale in molti contesti, comprese molte aziende sanitarie.

L’assistenza sanitaria rappresenta un ambito di attività particolarmente sensibile all’applicazione della responsabilità sociale. Il fatto di essere un’azienda pubblica di servizi comporta per l’azienda sanitaria l’obbligo di rendere conto delle misure poste in essere e dei risultati raggiunti nella produzione del “bene comune” tutela della salu-te. Tradotto in altri termini, ciò significa che in sanità il concetto di accountability si collega a quello della clinical governance. La definizione stessa di clinical governan-ce, infatti, incorpora il principio che le organizzazioni sanitarie “si rendono responsa-bili” del miglioramento continuo della qualità dei servizi e garantiscono elevati stan-dard assistenziali creando le condizioni ottimali nelle quali viene favorita l’eccellenza clinica. In sintesi, attraverso la sperimentazione di nuove forme di rendicontazione è possibile coniugare e ricondurre a sintesi l’irriducibile multidimensionalità dei criteri di valutazione dei risultati in sanità: appropriatezza dei percorsi clinico-assistenziali e

1 Dottore di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Collabora con il CEIS (Centro di Studi Economici ed Internazionali), Facoltà di Economia. È Professore a contratto di Economia Aziendale, Organizzazione aziendale e Management Sanitario presso le Facoltà di Economia e Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

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3300 Capitolo 11

delle prestazioni, esiti delle cure, garanzia di accesso e di equità di trattamento, razio-nalità e efficienza delle reti di offerta, rispetto degli obiettivi di budget, grado di uma-nizzazione delle cure e soddisfazione dei cittadini, etc.

Tra il 2001 e il 2009 il numero di aziende sanitarie locali che hanno adottato stru-menti di rendicontazione sociale è più che triplicato. Se però analizziamo il grado di diffusione degli strumenti di rendicontazione sociale nelle singole Regioni, spicca il forte divario tra alcune Regioni più sensibili al tema (Basilicata, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte), Regioni interessate ma con iniziative sporadiche (Lombardia, Li-guria, Toscana, Umbria, Lazio, Puglia, Sicilia, Sardegna) e Regioni dove il fenomeno sembra pressoché assente (Marche, Abruzzo, Campania, Calabria).

Tutte queste esperienze nazionali, pur nella diversa modalità, sono comunque il segno di una sensibilità nuova delle Regioni e delle aziende sanitarie sul tema della resa del conto ai cittadini di quanto realizzato, e meritano di essere attentamente se-guite e valorizzate.

111.2 LLa rendicontazione sociale in RRegione Basi l icata

Il tema della rendicontazione sociale per le aziende sanitarie della Regione Basilicata è stato approfondito nel Rapporto CEIS Sanità Basilicata 2010 (capitolo 9 del Rap-porto CEIS Sanità Basilicata 2011 – 2012 “Ammalarsi meno, curarsi meglio”, a cura del dr. Angelo Tanese, a cui si rimanda per approfondimenti).

L’idea di fondo è che ogni amministrazione pubblica deve essere in grado, per sua natura, di produrre “valore” per la collettività, attraverso la soddisfazione di bisogni individuali o collettivi. La rendicontazione deve, quindi, innanzitutto dar conto ed evidenza, in modo misurabile e verificabile, del grado di produzione di questo valore.

Un sistema di rendicontazione sociale può essere implementato per un servizio sa-nitario come quello della Regione Basilicata, in una logica di rafforzamento della go-vernance e del grado di accountability del sistema sanitario regionale nel suo com-plesso.

Le ipotesi sono diverse e potrebbero dipendere dal grado di indirizzo e di coordi-namento che la Regione intende svolgere ed al grado di autonomia che si intende la-sciare alle quattro aziende sanitarie lucane:

1. la Regione assume una iniziativa di direzione forte nell’attuazione del bilan-

cio sociale o di missione, al pari dell’esperienza dell’Emilia-Romagna o del Piemonte, avviando un percorso strutturato di sperimentazione e messa a re-gime di un nuovo strumento di rendicontazione delle aziende, secondo crite-ri, tempi e contenuti predefiniti e comuni;

2. la Regione svolge una prevalente azione di sensibilizzazione nei confronti delle aziende sanitarie sul tema della rendicontazione sociale, facendosi por-tatrice di iniziative di formazione, informazione e diffusione di conoscenze, lasciando però alle singole aziende in base alle loro capacità, competenze e priorità, la scelta sul modello da adottare e, ancor prima, sulla decisione di avviare una sperimentazione del bilancio sociale;

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11.3 La rendicontazione sociale nell ’Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo”

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11.2 La rendicontazione sociale in Regione Basi l icata

La rendicontazione sociale delle aziende sanitarie della Regione Basilicata 3301

3. la Regione promuove un percorso condiviso e partecipato di definizione del percorso, prevedendo ad esempio la sperimentazione presso una singola azienda capofila, e a partire da questa esperienza definire possibili linee gui-da e indicazioni per un’adozione del bilancio sociale anche nelle altre azien-de.

La Regione Basilicata ha posto in essere una serie di politiche sanitarie regionali:

• si è dotata di un Piano integrato della salute per avviare una “politica per la

salute” che si realizza attraverso un processo di programmazione negoziata con le Aziende sanitarie;

• nel "Piano regionale integrato della salute e dei servizi alla persona e alla comunità 2012-2015 Ammalarsi meno, curarsi meglio" (approvato con D.C.R. 24 luglio 2012 n. 317) pone l’attenzione sulla necessità di rendere conto in maniera trasparente delle azioni svolte dalla sanità regionale;

• nel 2012 ha definito degli obiettivi puntuali per i Direttori Generali delle Aziende sanitarie. (14 Marzo 2012 Patto della Salute 2010-2012 Obiettivi di Salute e di programmazione economico finanziaria per l’anno 2012-2012). L’obiettivo 4 è un obiettivo di empowerment. L’obiettivo 4.1.2, produzione del Bilancio Sociale, prevede che le Aziende Sanitarie predispongano il Bi-lancio Sociale entro il 28 Febbraio di ogni anno.

L’Azienda Sanitaria di Potenza e l’Azienda Ospedaliera “San Carlo”, nel 2012, hanno adottato lo strumento “Bilancio sociale” per rendicontare l’attività svolta ai cittadini-utenti, ai dipendenti e al personale interno, alla cittadinanza organizzata, agli Enti lo-cali.

Le Aziende, seppur abbiamo dovuto operare in un contesto congiunturale caratte-rizzato da limitazioni economiche e da interventi di razionalizzazione dei servizi, so-no riuscite ad indirizzare la propria mission verso obiettivi di sana ed equilibrata ge-stione economica al fine di mantenere invariata la qualità e quantità dell’offerta sani-taria.

111.3 LLa rendicontazione sociale nell ’’AAzzienda OOspedaliera Regionale “San Carlo”

L’azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo”, con lo strumento Bilancio Sociale in forma di Bilancio di Missione, ha inteso “Dare conto”, da un punto di vista sociale, delle attività, delle caratteristiche e del funzionamento dell’AOR partendo dalla de-scrizione del contesto in cui l'Azienda opera, fornendo informazioni economiche e di efficienza gestionale relative alle attività realizzate e ai principali progetti attivati, allo stato di avanzamento delle linee di sviluppo, alle attività di ricerca portate avanti dai professionisti dell'Azienda e le iniziative attuate per lo sviluppo delle competenze connesse alla ricerca e all'innovazione.

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3302 Capitolo 11

L’introduzione del Bilancio sociale costituisce uno stimolo fortissimo a ripensare il ruolo e l’operato delle Aziende sanitarie all’interno di un processo di accountability. Questo dovrebbe implicare la costruzione di una maggiore circolarità e coerenza tra i momenti della programmazione (Piano Sanitario Regionale, Piani Strategici e Piani Attuativi Locali delle aziende, Bilanci di previsione, processi di budgeting) e momen-ti di rendicontazione (monitoraggio del Piano, bilanci di esercizio, valutazione delle performance), in un rapporto di confronto e dialogo permanente con il territorio e la comunità di riferimento.

GRUPPO

AZIENDALE GRUPPO CEIS

“Tor Vergata” Roma

Direzione strategica aziendale Direttore Generale: Giampiero Maruggi Direttore Amministra-tivo: Antonio Pedota Direttore Sanitario: Bruno Mandarino

Coordinamento scientifico Antonella D’Adamo, Marco Meneguzzo

Raffaele Giordano U.O. Gestione Eco-nomico- finanziaria

Anna Conte Assegnista di ricerca presso il CEIS (Centro Interdiparti-mentale di Studi Internazionali sull'Economia e lo Svi-luppo) e dottoranda di ricerca in Economia e gestione del-le Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche - Univer-sità degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

Maria Barbieri U.O. Affari Generali

Antonella D’Adamo Docente di “Management sanitario”, ricercatore post - dottorato presso l’Area management pubblico e sanitario del CEIS (Centro Interdipartimentale di Studi Internazio-nali sull'Economia e lo Sviluppo), Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Angela Bellettieri U.O. Qualità, Risk Management – Accre-ditamento Teresa Guarino Direzione Sanitaria Presidio di Potenza

Francesca D’Ambrosio Dottoranda di ricerca in Economia e gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche - Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

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302 La rendicontazione sociale delle aziende sanitarie della Regione Basilicata 3303

GRUPPO AZIENDALE

GRUPPO CEIS “Tor Vergata” Roma

Nicola Di Chiara U.O. Formazione, comunicazione, in-formazione

Andrea D’Attis Ingegnere Clinico. Collabora in attività di ricerca presso il CEIS (Centro Interdipartimentale di Studi Internazionali sull'Economia e lo Sviluppo), Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Franco Labroca U.O. Sistema informa-tivo ospedaliero

Marco Meneguzzo Professore ordinario di Economia delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche presso l’Università degli Stu-di di Roma “Tor Vergata”

Georgia Nardozza U.O. Epidemiologia clinica e programma-zione sanitaria

Angelo Tanese Dirigente presso l'Azienda Policlinico Umberto I di Ro-ma, Coordinatore del Gruppo di lavoro che ha redatto le Linee Guida del Dipartimento della Funzione Pubblica per il Bilancio sociale delle amministrazioni pubbliche.

Rocco Giovanni Pana-race U.O. Controllo di Ge-stione

Eufrasia Pesarini U.O. Gestione e svi-luppo risorse umane

Mario Russo Direzione Medica del Presidio di Pescopa-gano

Ugo Tassinari Addetto stampa

Giuseppe Spera U.O. Gestione Tecni-co-Patrimoniale

Patrizia Vinci U.O. Provveditorato-economato

Pierpaolo Galli U.O. Ingegneria clini-ca

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3304 Capitolo 11

La mission dell'Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo è quella di rispondere ai bisogni di salute della popolazione attraverso l’offerta di prestazioni sanitarie che si caratterizzano per la loro connotazione in termini di alta specialità e di maggior carico assistenziale.

L’azione, strategica e operativa, implementata all’interno dell’organizzazione aziendale, è guidata da una serie di valori fondanti (Atto Aziendale 2010):

• la centralità della persona, il rispetto della dignità umana, l’equità e l’etica

professionale; • la qualità clinico - assistenziale, l’appropriatezza, il coinvolgimento e la qua-

lificazione continua delle risorse umane, da sostenere attraverso programmi permanenti di formazione e aggiornamento, mirati al cambiamento per il mi-glioramento del sistema aziendale;

• la continua ricerca di percorsi assistenziali innovativi sia dal punto di vista tecnologico che organizzativo;

• l’equilibrio tra i servizi offerti e le risorse disponibili, nel quadro degli indi-rizzi della politica gestionale della Regione Basilicata;

• il sostegno all’assistenza di primo livello, per assicurare una completa inte-grazione ospedale – territorio e, quindi, garantire la tutela della salute tramite le azioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei pazienti;

• la promozione e la garanzia di partecipazione alla propria attività dei singoli cittadini e delle loro associazioni, ricercando il coordinamento con il sistema degli Enti locali per accrescere l’efficacia dei propri interventi.

La vision aziendale dell’AOR San Carlo si basa su:

Perseguimento dell'eccellenza Attraverso l’introduzione di nuove tecnologie e lo sviluppo di modelli organizzativi e ge-stionali favorevoli, l’Azienda si avvale di un insieme di prestazioni strumentali atte a ga-rantire un ambiente favorevole per l'espressione dell'eccellenza clinica e assistenziale, per lo sviluppo dell'attività di ricerca e di sperimentazione e per la valorizzazione delle risorse professionali, anche attraverso il confronto con realtà regionali e sovraregionali.

Sviluppo di programmi di Governo clinico Attraverso politiche di prevenzione, formazione e promozione, l’Azienda si impegna a gestire e contenere i rischi; per innalzare i livelli di qualità e sicurezza dell'assistenza e del-le prestazioni sanitarie. I programmi di Governo clinico sono il risultato di un confronto e di sinergie tra professionisti, tra Direzione e Uffici di Staff; garantiscono percorsi di valu-tazione e di verifica dell'efficacia dei risultati e dell'efficienza nell'uso delle risorse.

Centralità dell'utente ed equità di accesso Il principio di centralità dei bisogni dell'utente è garantito, oltre che dalla scelta di modelli che determinano la maggiore flessibilità e funzionalità organizzativa, anche dalla definizione ed attuazione di percorsi e protocolli assistenziali integrati e multidi-sciplinari. Il principio di equità di accesso è garantito dalla costante ricerca di una cor-

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304 La rendicontazione sociale delle aziende sanitarie della Regione Basilicata 3305

retta allocazione delle risorse, atte a determinare una costante e continua rimodulazio-ne dell’offerta di prestazioni in rapporto alla qualità e quantità della domanda, con particolare riferimento a quelle ad alto contenuto professionale e tecnologico.

Partecipazione dei cittadini L’Azienda, proprio in attuazione del principio di centralità del cittadino - utente, rico-nosce allo stesso il diritto di partecipazione, anche tramite le associazioni di volonta-riato e di tutela dei diritti, alle fasi di programmazione delle attività, valutazione della qualità dei servizi e tutela dei diritti degli utenti. Gli strumenti organizzativi con i qua-li viene effettivamente assicurata tale partecipazione, sono: la Carta dei Servizi, l’Ufficio Relazioni con il Pubblico, il Comitato Consultivo Misto.

Partecipazione e sviluppo delle risorse umane L’Azienda investe sui professionisti e sulla loro formazione continua al fine di offrire servizi sempre più qualificati ai cittadini e di sviluppare e valorizzare le proprie com-petenze professionali, in coerenza con gli obiettivi dipartimentali e di Azienda nonché con le attività di innovazione e ricerca. Nell'elaborazione delle strategie aziendali e nella definizione dei percorsi assistenziali, la Direzione opera attraverso un approccio interdisciplinare e interprofessionale, promuovendo il pieno ed attivo coinvolgimen-to dei professionisti.

Sviluppo dell'innovazione e della ricerca L'Azienda promuove lo sviluppo dell’innovazione e della ricerca, anche mediante gli opportuni raccordi con gli IRCCS, le Aziende Sanitarie e le Università, determinando e riverberando effetti positivi sul miglioramento delle strategie assistenziali e sulla qualità delle prestazioni.

Revisione sistematica della qualità dei servizi La Direzione svilupperà la capacità di soddisfare obiettivi di miglioramento continuo conformi alle esigenze dell'utente, del professionista e dell'organizzazione, coniugan-do qualità clinica, relazionale e organizzativa. A tale scopo implementerà programmi di verifica sistematica dell'attività e dei risultati raggiunti con la partecipazione attiva dei professionisti.

Integrazione Ospedale-Territorio Alla luce della riforma strutturale del Servizio Sanitario Regionale di cui alla L.R. 12/2008, l’Azienda Ospedaliera rafforzerà il rapporto con le altre due aziende sanita-rie provinciali e con l’IRCCS - CROB di Rionero, finalizzandolo alla valorizzazione di un progetto complessivo di sviluppo di una rete integrata di servizi al cittadino vol-ta a realizzare obiettivi di continuità di cura e di presa in carico. I rapporti con le altre Aziende Sanitarie saranno volti, altresì, a sistematizzare le sinergie con i Medici di Assistenza Primaria, al fine di: definire linee guida comuni su patologie rilevanti che prevedono integrazione; migliorare l'appropriatezza delle richieste; definire criteri per garantire un accesso equo rispetto alla "gravità" della patologia.

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3306 Capitolo 11

Sviluppo dei rapporti con l'Università L’Azienda attua una politica di sviluppo delle attività formative nell’ambito della rete formativa regionale prevista dai Protocolli d’intesa Regione - Università. Inoltre, l’Azienda promuove e sviluppa rapporti di collaborazione con strutture di ricerca Universitaria e post - universitaria di profilo nazionale per attivare percorsi di forma-zione specialistica dei medici e sanitari.

111.4 SStrutturazione dell l ’offerta

L’Azienda Ospedaliera “S. Carlo” è dotata di 746 posti letto per acuti e 40 per la ria-bilitazione. Così come sancito dalla programmazione regionale, a partire dall’anno 2005, l’Azienda Ospedaliera ha progressivamente ridotto il numero di posti letto per acuti e tale riduzione ha interessato prevalentemente i posti letto dedicati alle attività in ricovero ordinario.

Al contrario, i posti letto di riabilitazione sia per i ricoveri in regime ordinario che diurno hanno segnato un incremento significativo a partire dallo stesso anno 2005.

In aggiunta a questa dotazione di posti letto, l’Azienda ha attivato una struttura di Hospice intra-ospedaliero per le cure palliative con 12 posti letto (di cui 2 in regime diurno) e ospita una struttura di Psichiatria con 8 posti letto con personale afferente all’Azienda Sanitaria di Potenza. Sotto il profilo della aggregazione per aree funzio-nali i posti letto per acuti risultano così distribuiti: 265 per l’area chirurgica, 315 per l’area medica, 68 per l’area materno-infantile e 48 per l’area dell’emergenza. Circa il 10% del totale dei posti letto (10,37) è dedicato alle attività di ricovero in regime diurno (Day-Hospital medico e chirurgico).

111.5 AAndamento della produzione

L’andamento della produzione viene rappresentato secondo gli assi “portanti” del Si-stema dell’offerta dell’Azienda:

1. Attività di pronto soccorso; 2. Attività di ricovero in regime ordinario e day hospital (DH) per acuti; 3. Attività di ricovero per riabilitazione; 4. Attività ambulatoriale; 5. Attività Hospice.

Nelle tabelle che seguono vengono riportati i dati complessivi di attività relativi ri-spettivamente al numero e al valore economico delle prestazioni erogate dall’Azienda nel periodo 2008-2012.

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306

11.4 Strutturazione dell’offerta

11.5 Andamento della produzione

La rendicontazione sociale delle aziende sanitarie della Regione Basilicata 3307

TTabella 11.1 Numero e Valore economico delle prestazioni erogate

Fonte: Rapporto del Controllo di Gestione, Anno 2012

Di seguito si riporta una analisi di dettaglio per ciascuna tipologia di prestazione.

Nella tabella che segue sono riportati i dati riassuntivi sulla tipologia e numero delle prestazioni erogate al pronto soccorso.

TTabella 11.2 Prestazioni di Pronto Soccorso

2008 2009 2010 2011 2012 Totale 47.331 49.402 49.413 48.030 46.716

Fonte: Rapporto del Controllo di Gestione, Anno 2012. Nella tabella che segue, invece, viene riportata la situazione relativa agli accessi in Osservazione Breve Intensiva (OBI) effettuati presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale San Carlo.

TTabella 11.3 Attività di OBI

2008 2009 2010 2011 2012 Totale 7.396 7.882 9.296 7.922 8.094 Valore Economico accessi € 751.240,00 833.840,00 931.000,00 775.600,00 831.040,00

Fonte: Rapporto del Controllo di Gestione, Anno 2012. Nella tabella che segue sono riportati rispettivamente il numero complessivo e il rela-tivo valore economico dei ricoveri ordinari e DH, al netto dei ricoveri di riabilita-zione.

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3308 Capitolo 11

TTabella 11.4 Attività di ricovero

2008 2009 2010 2011 2012 Totale 41.164 40.423 42.460 40.707 37.607 Val. Econo-mico accessi € 110.457.506 104.553.140 113.088.553 113.084.822 110.112.097

Fonte: Rapporto del Controllo di Gestione, Anno 2012. Dai dati riportati si rileva nell’anno 2012 un lieve decremento del numero dei ricoveri ordinari a fronte di un significativo incremento del loro valore economico.

Per i DH, invece, si registra per l’anno 2012 una significativa riduzione del loro numero e del valore economico, quale diretta conseguenza delle linee di indirizzo aziendali, emanate nel rispetto delle direttive regionali impartite in materia, giusta D.G.R. 298/2012.

Per quanto concerne le attività di riabilitazione, nella tabella sono riportati i dati relativi al numero dei ricoveri, distinti tra ordinari e DH.

TTabella 11.5 Ricoveri di Riabilitazione

2008 2009 2010 2011 2012 Totale ricoveri 560 646 549 517 663

Fonte: Rapporto del Controllo di Gestione, Anno 2012. Per quanto concerne il numero e il valore economico delle prestazioni specialistiche e strumentali ambulatoriali, i dati registrati nel 2012 evidenziano un significativo decremen-to della produzione rispetto agli anni precedenti, come si evince dalla tabella che segue.

TTabella 11.6 Attività ambulatoriale per esterni

2008 2009 2010 2011 2012 Totale 915.518 940.452 965.637 930.842 875.304 Valore Economico (€)

15.135.971 15.541.586 15.325.753 15.081.052 14.036.372

Fonte: Rapporto del Controllo di Gestione, Anno 2012. Nella tabella che segue è riportato l’andamento dell’attività di ricovero, con il relativo valore economico, svolta dall’Hospice nel periodo 2008 – 2012.

TTabella 11.7 Dati ricoveri ordinari e DH

2008 2009 2010 2011 2012 Ordinari Ordinari Ordinari DH Ordinari DH Ordinari DH

Numero Ricoveri 203 229 188 38 175 93 191 90

Valore Economico €

1.070.160 1.039.920 971.040 8.512 996.240 23.296 962.360 22.400

Fonte: Rapporto del Controllo di Gestione, Anno 2012

309

11.5.1 Percentuale part i cesarei, pr imari e non

Figura 11.1

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308 La rendicontazione sociale delle aziende sanitarie della Regione Basilicata 3309

TTabella 11.8 Dati ricoveri ordinari

2008 2009 2010 2011 2012

Ordinari Ordinari Ordinari Ordinari Ordinari Giorni di Degenza 3.822 3.714 3.468 3.563 3.467 Degenza Media 18,83 16,22 18,45 21,79 18.15

Font: Rapporto del Controllo di Gestione, Anno 2012. I grafici che seguono evidenziano - attraverso l’utilizzo di indicatori di efficienza e appropriatezza dell’Azienda – opportunamente confrontati con i livelli definiti dalle politiche regionali (obiettivo regionale - anno 2012) – gli obiettivi - anche in termini di risultati raggiunti - dell’Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo”.

Nella fattispecie, si evidenzia, il grado di raggiungimento degli obiettivi regionali, con riferimento all’anno 2012, della:

• percentuale parti cesarei, primari e non; • percentuale frattura di femore operate entro due giorni; • percentuale valvola mitrale; • percentuale DRG medici da reparti chirurgici; • percentuale di ricoveri ordinari medici brevi 0-1 giorno; • percentuale di ricoveri ordinari medici brevi 2-3 giorni; • percentuale di ricoveri DH diagnostici; • percentuale degenza media e degenza media preoperatoria.

111.5.1 PPerccentuale part i cesarei, pr imari e non

L’AOR San Carlo è in linea con le percentuali nazionali e regionali. Rispetto all’obiettivo regionale annuo 2012, fissato per i parti cesarei primari nella percentuale del 25%, l’AOR si attesa su un valore favorevolmente più basso.

FFigura 11.1

Fonte: Elaborazione propria da Relazione Sanitaria 2012

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3310 Capitolo 11

111.5.22 PPercentuale frraattura di femore operate entro due giorni

Nel grafico che segue viene evidenziato un dato positivo costituito dall’alta percen-tuale di fratture di femore operate entro due giorni; risultato che, seppur non persegui-to, in quanto al di sotto della linea che rappresenta l’obiettivo regionale annuo, si po-siziona ben al di sopra delle percentuali regionali.

FFigura 11.22

Fonte: Elaborazione propria da Relazione Sanitaria 2012

111.5.33 PPercentuale valvola mitrale

L’analisi dei dati evidenzia una percentuale distante dall’obiettivo regionale annuo 2012. Il confronto invece, con i dati 2011 è confortante, dal momento che il valore aziendale, seppur distante da quello nazionale, è migliorato rispetto al dato registrato dall’Azienda nell’anno precedente.

FFigura 11.33

Fonte: Elaborazione propria da Relazione Sanitaria 2012

311

11.5.4 Percentuale DRG medici da repart i chirurgic i

F igura 11.4

11.5.5 Percentuale di r icoveri ordinari medici brevi 0-1 giorno e 2-3 giorni

Figura 11.5

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310

11.5.2 Percentuale frattura di femore operate entro due giorni

Figura 11.2

11.5.3 Percentuale valvola mitrale

Figura 11.3

La rendicontazione sociale delle aziende sanitarie della Regione Basilicata 3311

111.5.44 PPercentuale DRG medici da repart i chirurgic i

Il grafico che segue evidenzia il perfetto raggiungimento dell’obiettivo regionale an-nuo, evidenziato dalla “perfetta coincidenza” tra percentuale DRG medici da reparti chirurgici e obiettivo regionale annuo.

FFigura 11.44

Fonte: Elaborazione propria da Relazione Sanitaria 2012

111.5.55 PPercentuale di r icoveri ordinari medici brevi 0--11 giorno ee 2--33 giorni

Come dimostrato dal grafico che segue le percentuali che rappresentano i ricoveri ordinari medici brevi (2-3 giorni) sono al di sopra dell’obiettivo regionale annuo, fissato al 25%.

FFiigura 11.55

Fonte: Elaborazione propria da Relazione Sanitaria 2012

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3312 Capitolo 11

111.5.66 PPercentuale di r icoveri DH diagnostic i

Il grafico che segue mostra, invece, come la percentuale di ricoveri per DH diagnosti-ci è al di sopra dell’obiettivo regionale annuo, così come anche le percentuali che rappresentano il territorio regionale e quello nazionale.

FFigura 11.66

Fonte: Elaborazione propria da Relazione Sanitaria 2012

111.5.77 DDegenza media e degenza media preoperatoria

La degenza media è in linea con il dato italiano. Per la degenza media preoperatoria, invece, di regista per l’AOR un dato non ancora ben allineato all’obiettivo regionale annuo. FFigura 11.77

Fonte: Elaborazione propria da Relazione Sanitaria 2012

313

Figura 11.8

11.6 Gli strumenti di partecipazione attivati

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312

11.5.6 Percentuale di r icoveri DH diagnost ic i

F igura 11.6

11.5.7 Degenza media e degenza media preoperator ia

Figura 11.7

La rendicontazione sociale delle aziende sanitarie della Regione Basilicata 3313

Le risorse umane sono pari a 1974 unità, con una prevalenza del dato femminile (1153 unità) e 821 unità di sesso maschile. Di seguito vengono riportati dei grafici che evidenziano, rispettivamente, la percentuale di personale dipendente suddiviso per categoria e per sesso.

FFigura 11.88

Fonte: Elaborazione propria da dati ottenuti U.O. Gestione e sviluppo risorse umane

111.6 GGli strumenti di partecipazione attivati

È stato acquisito il punto di vista dei cittadini - attraverso una indagine di soddisfa-zione degli utenti.

In relazione alla qualità del servizio ricevuto durante il ricovero, più della metà dei rispondenti al questionario (54%) ha risposto classificando la qualità del servizio “buona”. In merito all’accoglienza al momento del ricovero è emerso un giudizio “buono” in relazione ai tre aspetti sottoposti a valutazione (gentilezza e cortesia, di-sponibilità a dare informazioni sull’organizzazione del reparto, tempo intercorso tra l’ingresso in reparto e l’assegnazione del posto letto). Anche il giudizio rispetto al personale medico in merito alla gentilezza e cortesia, disponibilità all’ascolto, alle in-formazioni ricevute sulla diagnosi, sulle condizioni di salute e al momento della di-missione sono state molto positive. Il quesito relativo al personale infermieristico per gli aspetti quali gentilezza e cortesia, disponibilità all’ascolto, capacità di tranquilliz-zare e di mettere a proprio agio, disponibilità a dare informazioni e assistenza durante le “ore notturne”, evidenzia la prevalenza del giudizio “buono”. Anche il giudizio ri-spetto agli ambienti e all'organizzazione degli stessi è stato positivo.

Un ulteriore ed importante contributo è stato offerto dall’attivazione di due focus group dedicato alla rete Rete – IMA (approvata con Delibera di Giunta Regionale

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175/ 2011) che si inserisce a pieno titolo come modello Hub & Spoke di integrazione efficace tra gli interventi che partono dal territorio e l’organizzazione interospedalie-ra, applicando protocolli diagnostico-terapeutici e percorsi intra e interospedalieri re-datti sulla base delle Linee Guida vigenti. La condivisione dei percorsi, dei protocolli e delle conoscenze viene considerata, dagli attori della rete, come elemento fonda-mentale e ha permesso, dopo un anno di attività la progettazione di un nuovo modello (D.G.R. 1597 / 2012) che fosse ottimizzato e migliorato rispetto a quello approvato nel 2011. Lo spirito primario della nuova struttura della rete è quello di permettere che tutti i pazienti debbano poter fare l’intervento riperfusivo che rappresenta il gold standard tranne per alcune controindicazioni. A tal fine sembra essere auspicabile un potenziamento della dotazione di autoambulanze medicalizzate per il servizio 118, in quanto in alcune zone del territorio regionale non è possibile trasferire gli STEMI al centro HUB con i mezzi del 118 qualora non sia disponibile l'eliambulanza. Una criti-cità, evidenziata nel nuovo percorso STEMI approvato nel 2012, si evidenza nella in-dividuazione in una non codifica, da parte degli attori privilegiati (Regione e Hub) del trasferimento secondario e conseguente indicazioni su chi ha l’onere del trasferimento del paziente stabilizzato. Inoltre, si ravvisa indispensabile un rafforzamento e ottimiz-zazione dei servizi finalizzati a garantire la continuità assistenziale che potrebbe an-che rappresentare una idonea alternativa al trasferimento secondario. Il servizio offer-to dalla rete potrebbe essere ulteriormente potenziato anche promuovendo IMA verso gli utenti presenti nel territorio regionale attraverso campagne di comunicazione mi-rate che chiariscano l’importanza della rete nella salvaguardia della vita dei cittadini. L’esperienza in quest’ambito suggerisce come una rete ben strutturata, organizzata, finanziata e pubblicizzata possa costituire un elemento di salvaguardia della salute dei cittadini ovvero ottimizzare i percorsi di assistenza e rendere più efficaci gli interventi clinico – assistenziali.

Altra rete analizzata attraverso lo strumento del focus group è la Rete Interazien-dale Pediatrica – R.I.Ped. di Basilicata, rete che si basa su un modello organizzativo di tipo “Hub and Spoke” e che si articola in: assistenza primaria garantita dai pediatri di famiglia, dai medici di medicina generale e dai pediatri distrettuali finalizzata a ga-rantire la prevenzione, la diagnosi ed il trattamento di quelle patologiche pediatriche meno complesse e a identificare i casi più complessi che richiedono l’intervento spe-cialistico in ambito ospedaliero; assistenza di primo livello garantita dalle strutture ospedaliere delle Aziende Sanitarie Regionali sedi di PSA che eroga prestazioni in regime di ricovero e ambulatoriale per l’assistenza ai pazienti che necessitano di pre-stazione specialistiche di media complessità; assistenza ospedaliera di secondo livello garantiti dal “Centro Pediatrico Bambino Gesù Basilicata” presso l’Ospedale “San Carlo” di Potenza, come previsto con la D.G.R n.1115/2011; assistenza di terzo livel-lo, multi specialistica pediatrica per prestazioni non erogabili presso il “Centro Pedia-trico Bambino Gesù Basilicata”, erogate presso l’IRCCS “Ospedale Pediatrico Bam-bino Gesù Basilicata” di Roma. Sarebbe auspicabile avviare maggiori sforzi finaliz-zati ad ottimizzare le risorse disponibili ovvero formalizzare e codificare dei percorsi, ruoli mirati all’integrazione, confronto costruttivo e condivisione di obiettivi ed inten-ti delle diverse realtà operanti nell’ambito dell’assistenza pediatrica. Un aspetto fon-damentale della rete è sicuramente quella della condivisione di conoscenze e la stan-

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dardizzazioni dell’offerta, a tal proposito il comitato tecnico ha avviato dei gruppi di lavoro con l’obiettivo di redigere dei protocolli, a supporto dell’attività clinico assi-stenziale in ambito pediatrico, che non solo siano basati sulle evidenze ma siano cala-ti nella realtà territoriale. Inoltre è necessario che la rete sia accompagnata da una campagna di diffusione verso il territorio ed in particolare verso i cittadini, dei quali è importante intercettare bisogni ed esigenze cosi da convogliare l’utente, consapevole dei servizi, competenze ed eccellenze presenti sul territorio regionale, verso la rete. In questo senso, si sta sviluppando un portale web che rappresenti una finestra aperta a tutti coloro che con facilità vogliono accedere ai contenuti propri della rete e cono-scerla da vicino ed essere guidati nelle proprie scelte.

Si è ritenuto, inoltre di acquisire il parere del mondo del volontariato, una realtà piuttosto variegata ed attiva in Regione Basilicata. Dalle indagini effettuate, risultano essere operanti in Azienda decine di Organizzazioni/Associazioni. In un ottica di con-divisione di intenti e legittimazione del ruolo politico del volontariato, è stata costitui-ta “Amerete” - La rete del volontariato potentino. Essa è composta da 14 Associa-zioni di volontariato operanti nella Città. Le leve strategiche di azione della rete sono: la formazione e l’attivazione di processi di comunicazione sia interna che esterna. Questa realtà è sicuramente sintomatologica di un mondo del volontariato non solo solidale ma anche pronto ad affrontare le sfide che si prospettano in campo sanitario e che sappia offrire il proprio contributo, in modo organizzato ed omogeneo, allo svi-luppo dell’integrazione tra servizi sanitari e sociali, tra ospedale e territorio, tra politi-ca e cittadini. Le principali attività, da esse svolte, sono sintetizzabili in: Campagne di Comunicazione e Sensibilizzazione verso i cittadini, Supporto alle attività Sanitarie erogate dal Servizio Sanitario Regionale, Attività di tutela verso diritti degli utenti e/o malati. Le attività si traducono in una sere di servizi erogati verso i cittadini dei quali si possono cogliere delle chiavi di lettura condivise quali l’accoglienza, l’informazione, il sostegno, andando aldilà degli schemi di programmazione e/o piani-ficazione dei servizi, prendendosi cura e chiedendo la stessa attenzione per il bimbo come per l’anziano, per il donatore quanto per il ricevente, per il cronico quanto per l’acuto, per il guarito quanto per chi si avvia a concludere la propria vita. Il mondo del volontariato, elemento portante dell’umanizzazione, si auspica che in questo processo non manchi una particolare attenzione finalizzata a: creazione di una rete di servizi (ad esempio sportelli dedicati alle Associazioni ma anche al rafforzamento di servizi di assistenza territoriale integrati con quelli ospedalieri) a sostegno delle famiglie e dei pazienti; una ottimizzazione delle risorse che veda una migliore ridistribuzione del personale sanitario ovvero una formazione ad hoc non solo clinica ma anche umana – comportamentale grazie alla quale possano acquisirsi idonei strumenti di comunica-zione che facilitano l’impatto con il paziente e i suoi bisogni; implementare strumenti di informazione verso gli utenti per favorire una maggiore consapevolezza dei servizi e possibilità offerti sia dall’Azienda Ospedaliera che dalle Associazioni ovvero dal territorio.

Inoltre, è stato acquisito il punto di vista di attori privilegiati regionali - Asses-sore, Direttore Generale, Dirigente dell’Ufficio Pianificazione Sanitaria e Verifica degli Obiettivi Dipartimento Salute, Sicurezza e Solidarietà Sociale, Servizi alla Per-sona e alla Comunità della Regione Basilicata.

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3316 Capitolo 11

È emerso che l'Azienda Ospedaliera rappresenta un importante riferimento per la col-lettività ed è tenuta a perseguire una sempre maggiore efficacia e qualità del servizio attraverso una maggiore attenzione verso il malato più che alla malattia, senza inver-tire la tradizionale piramide, ponendo al vertice la persona ed i suoi bisogni. La scelta di adottare il bilancio sociale ha reso possibile che lo stesso venga utilizzato come strumento di accountability, di comunicazione interna e esterna, di gestione e di empowerment, nel rispetto della definizione di valori etici di riferimento per l’Azienda Ospedaliera “San Carlo”, ossia di Centralità del cittadino, accessibilità, equità, affidabilità, trasparenza; qualità dell’assistenza e appropriatezza; ricerca e in-novazione, formazione, interattività. In ultimo, le testimonianze privilegiate hanno evidenziato come la realizzazione del bilancio sia in linea con l’obiettivo 4.1.2 che prevede che le Aziende Sanitarie predispongano il Bilancio Sociale entro il 28 Feb-braio di ogni anno.

111.7 LLe l inee di svi luppo strategico

Alla luce dei risultati conseguiti dall’Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo di Po-tenza, nel corso del 2012, la Direzione strategica ha maturato la piena consapevolezza che il miglioramento della performance aziendale, per il prossimo triennio, è stretta-mente connesso alla pianificazione e realizzazione di interventi strutturati e program-mi di azione all’interno di quei settori rilevanti in ambito aziendale, che oggi rappre-sentano punti strategici e di forza dei contesti sanitari.

Il piano di azioni del 2013, già avviato nel corso del 2012, ha come obiettivo prin-cipale quello di elevare gli standard quali-quantitativi delle diverse componenti (clini-che, organizzative, tecnologiche e comportamentali) caratterizzanti i processi di dia-gnosi e cura, adeguandoli a specifici e definiti standard di riferimento nazionali ed in-ternazionali.

Il programma, da realizzare nel triennio 2013-2015, di seguito dettagliato in alcuni punti, mira ad una rimodulazione, diversificazione e potenziamento dell’offerta assi-stenziale; questo dovrà garantire all’Azienda e all’intero Sistema Sanitario Regionale risultati positivi in termini di miglioramento dei livelli assistenziali e del quadro eco-nomico aziendale e regionale, teso al pareggio di bilancio.

Riorientamento dell’offerta Per il raggiungimento dell’obiettivo si opererà un potenziamento di alcune aree assi-stenziali strategiche (area di alta specializzazione, area chirurgica di media complessi-tà, area ostetrico-ginecologica, area della riabilitazione di alta specialità) per le quali si registra anche una significativa mobilità extraregionale. Lo si farà attraverso lo svi-luppo e il potenziamento delle attività afferenti una serie di reti cliniche e di percorsi assistenziali avviati in ambito regionale.

Ulteriori risultati sulla produzione sono attesi con: il potenziamento delle attività afferenti l’area chirurgica, per le quali esiste una forte domanda che determina spesso lunghe liste d’attesa e il ricorso a strutture extraregionali; la riorganizzazione dell’area ostetrico-ginecologica per garantire un’offerta diversificata e per consolidare, con la

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11.7 Le l inee di svi luppo strategico

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ristrutturazione di alcune sale, il ruolo di Hub del San Carlo nella Regione Basilicata; la realizzazione di un Centro riabilitativo di alta specializzazione che andrà ad inte-grarsi con il nucleo riabilitativo già esistente; il potenziamento dell’area oncologica con l’attivazione della Breast Unit per la diagnosi ed il trattamento delle patologie a carattere neoplastico; il potenziamento delle attività specialistiche e strumentali am-bulatoriali.

Valutazione dell’efficacia degli interventi sanitari La misurazione e valutazione degli esiti di salute prodotti dalle strutture sanitarie rap-presenta uno degli obiettivi prioritari dei sistemi sanitari.

Per l’Azienda, il piano aziendale esiti da sviluppare per l’anno 2013, costituisce un punto di riferimento per l’attività dipartimentale in quanto gli indicatori di interesse, basati sulle evidenze cliniche, permettono di misurare la distanza tra quanto realizzato e quanto atteso.

L’analisi degli scostamenti, squisitamente professionale, dovrà essere condotta at-traverso l’audit clinico e/o organizzativo da parte delle UO, anche a livello interdipar-timentale, al fine di evidenziare le relative criticità ed avviare le azioni correttive in ambito clinico ed organizzativo.

Accessibilità Di recente si è sempre più consolidata la necessità di un approccio sistemico alla proble-matica dei tempi di attesa che richiede, per una sua efficacia, un piano di azioni integrato, finalizzato da un lato al potenziamento dell’offerta di quelle prestazioni ambulatoriali in-dividuate come critiche e, dall’altro, al governo della domanda delle stesse.

Per quanto riguarda il San Carlo, la necessità di garantire una immediata risposta alla domanda espressa, ha indotto l’Azienda ad attivare uno specifico programma di incremen-to dell’offerta delle prestazioni specialistiche e strumentali ambulatoriali. Contestualmente a tale intervento l’Aor ha avviato un percorso finalizzato soprattutto al governo della do-manda, da sviluppare nell’ambito di uno specifico protocollo d’intesa con l’ASP. Tra gli obiettivi prioritari del protocollo: verifica sull’appropriatezza prescrittiva di prestazioni specialistiche e strumentali ambulatoriali da parte dei Medici di Medicina Generale, Pe-diatri di libera scelta, Medici convenzionati interni e Medici ospedalieri.

Umanizzazione delle cure Il progetto di umanizzazione che l’Azienda intende realizzare nei prossimi anni, ri-guarda diversi aspetti del rapporto tra gli operatori sanitari e cittadini, quali la presa in carico del cittadino nel percorso di cura, la cura delle relazioni tra professionisti sani-tari, pazienti e familiari, il comfort degli ambienti e i processi organizzativi vicini alle esigenze dei cittadini, la trasparenza e l’accessibilità delle informazioni nonché la par-tecipazione civica quale contributo al buon andamento della qualità dei servizi e dei processi organizzativi.

Sicurezza dei pazienti e degli operatori L’Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo di Potenza intende potenziare le attività e funzioni specifiche di risk management, perseguendo la riduzione del rischio e una

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politica della sicurezza attraverso un approccio sistemico ed integrato. Con particolare riguardo alla gestione del rischio clinico e di contrasto al contenzioso medico legale, creando un riferimento comune per la definizione del rischio, il trattamento delle in-formazioni e l’utilizzo delle stesse per il monitoraggio delle attività e per l’individuazione di processi di miglioramento, nel rispetto delle autonomie e respon-sabilità delle differenti aziende coinvolte.

Formazione del personale La programmazione dell’attività formativa per il triennio 2013-2015 dovrà essere in linea sia con i bisogni rilevati sia con le linee di indirizzo strategico della Direzione Generale e dovrà consentire la possibilità reale di acquisizione e diffusione dei conte-nuti e la loro applicabilità pratica. Dovrà tener conto inoltre della dimensione e della rilevanza dei contenuti in rapporto alle attività svolte all’interno di servizi e reparti e del costo/beneficio globale per lo sviluppo professionale del singolo e dell’equipe.

Efficientamento della gestione delle tecnologie e innovazione Il consistente patrimonio tecnologico dell’Aor dovrà, con l’incremento delle risorse a disposizione del servizio di ingegneria clinica, trovare nuove dimensioni gestionali miranti ad una migliore e continua valutazione dello stato di efficienza ed utilizzo del-le apparecchiature; a tale scopo è già in atto una forte azione di informatizzazione del-le procedure per giungere alla formazione di un “fascicolo” per ogni tipologia di ap-parecchiatura, che consentirà un governo dei processi di gestione e manutenzione e il recupero di efficienza.

Inoltre, al fine di supportare tecnologicamente la funzione di Azienda di riferimen-to per l’alta complessità, si intende strutturare un percorso per l’introduzione di siste-mi altamente innovativi quale la robotica.

Assetto organizzativo L’evoluzione scientifica e tecnologica, l’incremento della domanda dei servizi e l’evoluzione culturale portano le Aziende Ospedaliere a realizzare forme innovative dal punto di vista organizzativo e gestionale, avendo come obiettivo quello di ottimiz-zare l’utilizzo delle risorse nelle diverse aree produttive dell’ospedale recuperando la centralità del paziente nei processi assistenziali, che tendono ad essere organizzati per intensità di cura.

L’Aor San Carlo, essendo identificato come l’ospedale ad alto contenuto speciali-stico, ha necessità di rivisitare la propria configurazione organizzativa interna al fine di coniugare sia le spinte economiche per il contenimento dei costi, sia lo sviluppo ed il mantenimento delle attività cliniche specialistiche ed ultra-specialistiche sia, infine, l’unitarietà del paziente durante il suo percorso assistenziale attraverso la riorganizza-zione delle piattaforme produttive.

L’adozione del PSR e la prossima individuazione, da parte della Regione, dei cri-teri di determinazione del numero delle strutture (complesse e semplici), del numero delle posizioni organizzative e dei coordinamenti, costituiranno il substrato ed i pre-supposti a cui ancorare la nuova dimensione organizzativa dell’Aor con la definizione di un nuovo Atto Aziendale.

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11.8 Conclusioni

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Efficienza Per quanto concerne i costi l’Azienda San Carlo ha avviato una serie di azioni finaliz-zate ad innalzare i livelli di efficienza, attraverso un miglioramento delle modalità di acquisizione, di approvvigionamento e gestione di alcuni beni sanitari, soprattutto farmaci e presidi.

111.8 CConclusiioni

Le linee di sviluppo strategiche definite per il triennio 2013-2015 dovranno garantire risultati in termini di miglioramento qualitativo delle prestazioni e dell’accessibilità alle stesse.

L’incremento dell’efficacia delle prestazioni, associati ad una migliore accessibili-tà alle cure, adeguati livelli di umanizzazione e la riduzione dei rischi connessi all’assistenza, dovranno garantire una maggiore fidelizzazione dell’utenza con riflessi positivi sui volumi prestazionali sia in regime di ricovero che ambulatoriale, garan-tendo anche un recupero della mobilità passiva extraregionale.

Per quanto concerne i costi, l’Azienda dovrà continuare le azioni di verifica e con-trollo al fine di ottimizzare l’uso delle risorse messe a disposizione e quindi ridurre ulteriormente eventuali allocazioni non adeguate. I settori di maggiore interesse ri-guardano il personale, consumo di farmaci, presidi, protesi e i servizi.

Ulteriori recuperi di risorse sono attesi dai processi di riorganizzazione e accorpa-mento dei servizi, in linea con le direttive regionali.

In conclusione, l’Azienda attraverso un piano complessivo e strutturato di azioni, intende, da un lato, potenziare la produttività e, dall’altro, contenere l’incremento dei costi conseguenti ad una maggiore produzione, attraverso un recupero di efficienza all’interno dei percorsi assistenziali.

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