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“L’arte della creazione dello spazio”, sia esso bidimensionale o tridimensionale, si tratti di pittura, design, grafica o architettura, è l’obiettivo primo della ricerca di Peter Behrens. Il suo lavoro, legato nella storiografia e nella critica quasi esclusivamente alla collaborazione con la AEG, che traduce nella prassi quel legame ideale di arte e produzione industriale auspicato dal Werkbund - nei progetti per le grandi architetture dell’industria, per i suoi prodotti e per la comunicazione aziendale - ha in realtà una portata molto più vasta. Le sue opere mostrano, infatti, un modo di concepire la modernità, il “tempo” presente, come luogo di incontro tra valori simbolici, depositati nella coscienza del passato, e innovazione, aprendo una nuova prospettiva per la cultura contemporanea che non lascia indifferenti gli architetti della sua generazione, da Henry van de Velde a Josef Hoffmann o Hans Poelzig, e entusiasma i suoi “allievi”, da Ludwig Mies van der Rohe a Walter Gropius, fino a Le Corbusier, conferendogli a tutti gli effetti il ruolo di “maestro di maestri”. Questo libro raccoglie i contributi delle ricerche più recenti, sia di carattere storico-critico sia di carattere compositivo, che mostrano, da un lato, l’ampiezza dell’ambito di influenza di Behrens nel dibattito culturale del suo tempo e, dall’altro, l’attualità della sua figura sul piano metodologico del progetto di architettura. Stanford Anderson Herman van Bergeijk Guglielmo Bilancioni Marco Biraghi Michele Caja Giacomo Calandra di Roccolino Jean-Louis Cohen Gianni Contessi Alberto Ferlenga Hartmut Frank Vittorio Gregotti Josefa Krause-Harder Karin Lelonek Silvia Malcovati Giulia Mezzalama Manlio Michieletto Alessandra Moro Raffaella Neri Fritz Neumeyer Kai Niedereichholz Carlo Olmo Marco Pogacnik Katrin Peter-Bösenberg Paolo Portoghesi Luka Skansi Adolph Stiller Rosa Tamborrino Angelo Torricelli a cura di Silvia Malcovati Alessandra Moro Peter Behrens maestro di maestri Peter Behrens maestro di maestri E 20,00

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“L’arte della creazione dello spazio”, sia esso bidimensionale o

tridimensionale, si tratti di pittura, design, grafica o architettura,

è l’obiettivo primo della ricerca di Peter Behrens. Il suo lavoro,

legato nella storiografia e nella critica quasi esclusivamente alla

collaborazione con la AEG, che traduce nella prassi quel legame

ideale di arte e produzione industriale auspicato dal Werkbund - nei

progetti per le grandi architetture dell’industria, per i suoi prodotti

e per la comunicazione aziendale - ha in realtà una portata molto

più vasta. Le sue opere mostrano, infatti, un modo di concepire la

modernità, il “tempo” presente, come luogo di incontro tra valori

simbolici, depositati nella coscienza del passato, e innovazione,

aprendo una nuova prospettiva per la cultura contemporanea che

non lascia indifferenti gli architetti della sua generazione, da Henry

van de Velde a Josef Hoffmann o Hans Poelzig, e entusiasma i suoi

“allievi”, da Ludwig Mies van der Rohe a Walter Gropius, fino a Le

Corbusier, conferendogli a tutti gli effetti il ruolo di “maestro di

maestri”.

Questo libro raccoglie i contributi delle ricerche più recenti, sia di

carattere storico-critico sia di carattere compositivo, che mostrano,

da un lato, l’ampiezza dell’ambito di influenza di Behrens nel

dibattito culturale del suo tempo e, dall’altro, l’attualità della sua

figura sul piano metodologico del progetto di architettura.

Stanford AndersonHerman van BergeijkGuglielmo BilancioniMarco BiraghiMichele CajaGiacomo Calandra di RoccolinoJean-Louis CohenGianni ContessiAlberto FerlengaHartmut FrankVittorio GregottiJosefa Krause-HarderKarin LelonekSilvia MalcovatiGiulia MezzalamaManlio MichielettoAlessandra MoroRaffaella NeriFritz NeumeyerKai NiedereichholzCarlo OlmoMarco PogacnikKatrin Peter-BösenbergPaolo PortoghesiLuka SkansiAdolph StillerRosa TamborrinoAngelo Torricelli

a cura diSilvia MalcovatiAlessandra Moro

Peter Behrensmaestro di maestri

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PETER BEHRENSmaestro di maestri

a cura di Silvia Malcovati e Alessandra Moro

MDAMAESTRI DI ARCHITETTURA

collana

comitato editorialePaolo De NicolaSilvia Malcovati

Alessandra Moro

comitato scientificoJean-Louis CohenAlberto FerlengaHartmut FrankGino MalacarneFritz Neumeyer

Carlo OlmoLuca Ortelli

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Sutor-Stiftung Hamburg

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PETER BEHRENSmaestro di maestri

a cura di

Silvia Malcovati e Alessandra Moro

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PETER BEHRENSgiornate internazionali di studio

19 aprile 2010 Peter Behrens e l’ItaliaPolitecnico di Milano

20 aprile 2010 Torino, Peter Behrens e l’idea di modernitàPolitecnico di Torino

22 aprile 2010 Peter Behrens. Tecnica e carattereUniversità Iuav di Venezia

27-28 settembre 2010 Peter Behrens e la giusta formaPolitecnico di Torino

comitato scientificoMarco Biraghi | Politecnico MilanoAlberto Ferlenga | Università Iuav VeneziaHartmut Frank | HafenCity Universität HamburgSilvia Malcovati | Politecnico TorinoAlessandra Moro | Università Iuav VeneziaRosa Tamborrino | Politecnico Torino

con il sostegno diDeutsch-Italienisches HochschulzentrumAteneo Italo-Tedesco

e con i contributi diDirezione IRU | Regione PiemonteII facoltà di architettura | Politecnico di TorinoScuola di dottorato | Università Iuav di VeneziaInternational Office | HafenCity Universität HamburgSede di Torino | Goethe-Institut ItalienSutor-Stiftung | Hamburg

PETER BEHRENS maestro di maestri

volume a cura diSilvia MalcovatiAlessandra Moro

consulenza grafico-editorialeSergio Polano

impaginazioneLuisa MontobbioDipartimento Casa-città | Politecnico di Torino

traduzioniGiacomo Calandra di RoccolinoSilvia MalcovatiManlio MichielettoAlessandra MoroLuigi Genta | consulente in traduzioni

coordinamento tecnicoCTR comunicazione

in copertinaPeter Behrens, Turbinenfabrik, Berlinofotografia di Roland Halbe ©II e III copertinaWilhelm Weimer, ritratto di Peter Behrens, 1901 ca.(Koch 1901, p. 5)

pubblicazione con il contributo diDeutsch-Italienisches HochschulzentrumAteneo Italo-TedescoDirezione CTS | Regione Piemonte

questo volume raccoglie in forma perfezionata le relazioni presentate nelle giornate internazionali distudio dedicate a PETER BEHRENS

ISBN 978-88-97748-01-4

copyright © 2011 LIBRACCIO EDITORE®

[email protected] www.libraccio.it

Le fotocopie per uso personale del lettorepossono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico,dietro pagamento alla SIAE del compensoprevisto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge22 aprile 1941 n. 633. Le copie per finalità di carattereprofessionale, economico, commerciale o comunque per uso diverso da quellopersonale sono consentite esclusivamente con esplicita autorizzazione rilasciata dagliaventi diritto/dall’editore.

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PresentazioneSilvia Malcovati, Alessandra Moro

PrefazioneAlberto Ferlenga

Introduzione. Behrens e dintorniHartmut Frank

Torino 1902: dalla Secessione al Werkbund

Per un’estetica borghese 1902: l’Europa a Torino e l’ingorgo nietzschianoGianni Contessi

Stile, Potenza e BellezzaGuglielmo Bilancioni

Hagen: un laboratorioMarco Biraghi

architettura e industria

Se fosse un problema di storia?Carlo Olmo

Arte e tecnica nel progetto della fabbricaNon si tratterà di “fare di più” ma di “fare dell’altro”Rosa Tamborrino

La città, la fabbrica e i suoi operai. Scritti e progettiper le case operaie nei primi anni del NovecentoGiulia Mezzalama

Vom sparsamen BauenManlio Michieletto

La fabbrica di turbine fra costruzione e arteRaffaella Neri

idee di modernità

La giusta formaSilvia Malcovati

Legge e ordine. Possibili similitudini tra BehrensBerlage e altri architetti olandesiHerman van Bergeijk

Peter Behrens, Vienna e Adolf LoosIl monumentale nell’architettura del primo NovecentoMarco Pogacnik

Riflessioni su Peter BehrensInterviste con Ludwig Mies van der Rohe e Walter GropiusStanford Anderson

Le Corbusier di fronte all’“orso Behrens”Jean-Louis Cohen

Peter Behrens, Mies van der Rohe e la “grande forma”Fritz Neumeyer

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SOM

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RIO

composizione architettonica e urbana

Dal piano allo spazioHartmut Frank

Un’educazione a pensare per principîAlessandra Moro

L’edificio amministrativo Mannesmann a Düsseldorf 1910-12. Tipo, tecnica, tradizione Silvia Malcovati

La Deutsche Botschaft di San Pietroburgo 1911-13Note su alcuni dettagli architettoniciLuka Skansi

Le proposte per i giardini dei Ministeri a Berlino 1927Michele Caja

Alexanderplatz 1928-32. Circulus LucidusGiacomo Calandra di Roccolino

Peter Behrens a Vienna / Peter Behrens e ViennaAdolph Stiller

storiografia e critica

Peter Behrens 1868-1940Vittorio Gregotti

Il linguaggio delle cosePaolo Portoghesi

Opposizioni nella modernità A proposito del “vecchio Behrens”Angelo Torricelli

biografia

Peter Behrens, mio nonnoJosefa Krause-Harder

nota biograficaKarin Lelonek, Katrin Peter-Bösenberg

Peter Behrens oggiGli edifici esistenti: alcuni casi studioKarin Lelonek, Katrin Peter-Bösenberg

Progetto e costruzione di modelli: uno strumento per la ricercaKai Niedereichholz, Katrin Peter-Bösenberg

bibliografia

Scritti di Peter Behrens

Bibliografia citata

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Come giovane ricercatore ho avuto l’occasione diintervistare sia Ludwig Mies van der Rohe cheWalter Gropius circa le loro esperienze giovanilinell’atelier di Peter Behrens a Berlino. Il 27 giu-gno 1961, quando da poco avevo scelto come temadi ricerca dottorale il lavoro di Behrens, sono statoricevuto da Mies, per un’ora, nel suo ufficio al 230East Ohio Street a Chicago. Il 6 febbraio 1964,dopo il mio rientro dall’Europa, dove mi ero recatoper l’attività di ricerca, e all’inizio della mia carrieraa MIT, Walter Gropius mi ha intrattenuto per unpranzo di due ore nel suo ristorante preferito aHarvard Square a Cambridge, Massachusetts.Le interviste, allora, non le avevo registrate, avevoinvece immediatamente trascritto le mie annota-zioni. Alcune informazioni tratte proprio da que-ste interviste sono riportate nella mia tesi didottorato del 1968, pubblicata molti anni dopo conil titolo di Peter Behrens and a New Architecture forthe Twentieth Century 1, tuttavia la tesi non mi hadato l’occasione di considerare le interviste nellaloro interezza. In questo scritto, quindi, mi occu-però, per lo più, di descrivere queste stesse inter-viste, ricorrendo ai miei appunti di allora tutte levolte in cui essi paiono rendere meglio le opinionidi Mies e di Gropius.

Sia Mies sia Gropius hanno ricordato, in quella oc-casione, la carriera di Behrens prima del loro ar-rivo a Berlino (1907-08), fornendo un punto dipartenza per le interviste. Gropius evidenziavacome Behrens fosse arrivato all’architettura dal-l’arte, dalla pittura e dalla stampa, osservandocome tali esperienze avessero, senza dubbio, in-dotto a un approccio innovativo dell’architettura esottolineava che, nella sua casa a Darmstadt (1901),“piuttosto gotica, Behrens ha esplorato molte pos-sibilità nell’interno”. Allora, Gropius non sembravapropenso a dare molto peso a quell’approccio “fre-sco” e osservava che Behrens era stato sempre tec-nicamente insicuro, forse a causa della suaformazione artistica.Gropius conosceva meglio, o forse era semplice-mente più interessato, al periodo successivo, in cuiBehrens era stato direttore della Kunstgewerbeschulea Düsseldorf (1904-07).

Dai miei appunti:A Düsseldorf, Behrens si interessava molto diquestioni geometriche. Più precisamente di teo-sofia, della geometria di Lauweriks e di De Bazel,

verificando queste teorie in alcuni edifici: nel cre-matorio a Hagen (1905-08), in modo particolare.[1] Gropius sottintendeva che in quest’edificio eraeccessivo l’uso della geometria. Nonostante ciò ilcrematorio gli era sempre piaciuto. Mi sorpresequando affermò di conoscere il crematorio solodai disegni e dalle fotografie, dato che – come piùavanti avremo modo di scoprire – Gropius erastato responsabile, nello studio di Behrens, delprogetto delle case Cuno e Schröder a Hagen –progetti che, come il crematorio, erano stati rea-lizzati sotto la direzione di Osthaus. Era stato pro-prio Osthaus a indirizzare Gropius da Behrens.Gropius, in quelle interviste, riconobbe di averesplorato diverse griglie geometriche, arrivando agovernare questi schemi proprio grazie all’eserci-zio. Sia per Lauweriks che per Behrens la geome-tria era carica di significati e nonostante Behrensnon avesse chiarito questi significati, certamente,ne fu influenzato a lungo.

[1] P. Behrens, crematorio, Hagen-Delstern 1905-08 (Hoeber 1913, p. 64)

[2] P. Behrens, Kunsthalle, esposizione d’arte della Germania nordoccidentale, Oldenburg 1905 (Hoeber 1913, p. 36)

1 Anderson 2000. La dissertazione Ph.D.era per la Columbia University, New YorkCity, 1968.

Riflessioni su Peter BehrensInterviste con Ludwig Mies van der Rohe e Walter Gropius

Stanford Anderson | MIT

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Anche Mies aveva commentato il periodo diDüsseldorf:

Più o meno negli stessi anni dell’esposizione diOldenburg (1904-05), [2] era arrivato nello studiodi Behrens un uomo, inviato da Berlage. Si trat-tava di una personalità interessata alla propor-zione e alla composizione geometrica [Miesovviamente si riferiva a Lauweriks]. Chiesi, allora, se Behrens fosse interessato all’ar-chitettura del primo Rinascimento in Italia e Miesmi rispose che Behrens si era sempre interessatodell’Italia, in particolare del periodo paleocristiano,e portò come esempio la sala conferenze delmuseo Folkwang a Hagen e gli edifici a pianta ot-tagonale di Behrens. Mies concordò con la mia,forse inadeguata, osservazione riguardo al fattoche l’uso della geometria di Behrens fosse di tiporigorosamente pratico e privo di una base teorica.

A proposito degli edifici ottagonali Gropius, tro-vandosi nell’atelier di Neubabelsberg abbastanzapresto, potè seguire i primi progetti per la AEG, tracui il padiglione per la mostra tedesca di cantieri-stica navale a Berlino (1908). [3]

Nella letteratura su Behrens, Gropius e Mies, al-cune informazioni sono segnalate contraddittoria-mente. Per esempio: le date della presenza dei duegiovani nell’ufficio di Behrens e l’identificazionedei progetti su cui hanno lavorato. Le mie intervi-ste non risolvono queste discrepanze, ma mi per-mettono di ricapitolare la cronologia2. Behrens si stabilì a Neubabelsberg, vicino a Ber-lino, per svolgere un compito senza precedenti,quello di consulente artistico della AEG – grafico,progettista industriale, architetto. Gropius si trovònello studio di Behrens dalla fine del 1907 allametà del 1910, Mies, invece, dal mese di ottobredel 1908 alla metà del 1910 e nuovamente dal mag-gio del 1911 all’inizio del 1912.

Ai tempi della mia intervista con Mies, stavo co-minciando a costruire una lettura sul lavoro archi-tettonico di Behrens e non mi ero ancora occupatodel disegno industriale. Un indizio offertomi allora da Mies, oggi mi per-mette di arrischiare una interpretazione concer-nente la ricerca sulla forma di Behrens. Avevochiesto a Mies dell’interesse di Behrens per l’ar-chitettura del rinascimento e lui aveva messo in ri-salto l’attenzione per l’architettura paleocristiana eper i vasi Etruschi. Allora, non approfondii questotema con Mies, l’argomento, infatti, non era al cen-tro del mio interesse in quel periodo. I vasi sonostati prodotti nel corso di secoli e in forme diverseallo stesso modo dell’apparato ornamentale. La selezione di un vaso Etrusco che possa esserestato di interesse per Behrens è un’operazioneprettamente speculativa. Ciò nonostante, trovo ibuccheri e un impasto simile del VII secolo a.C.talmente provocatorio da arrischiare un confronto,anche se solo tra due immagini, che meriterebbe diessere indagato. [4]

Torniamo all’atelier di Behrens, in cui Gropius eMies lavoravano nel periodo della progettazione edella realizzazione della fabbrica delle turbine AEG(1908-1909) e del progetto preliminare per ilgrande complesso di Humboldthain. Quando Gropius entrò nell’atelier, nel 1907, lecommesse erano quelle per la costruzione di duecase a Hagen che risalivano al periodo trascorsoda Behrens a Düsseldorf.

[3] P. Behrens, padiglione AEG, esposizione di cantieristica navaletedesca, Berlino 1908 (Hoeber 1913, p. 109)

[4] Vasi etruschi e lampada di Behrens per la AEG, 1907

2 Dall’intervista con Gropius: a seguito deisuoi studi di architettura a Monaco di Ba-viera e Berlino, Gropius ha ricevuto un’ere-dità di 1000 marchi. Suo padre lo ha in-coraggiato a utilizzare tale eredità comepreferiva. Gropius desiderava frequentareun ambiente completamente differente.Ha scelto di andare in Spagna. Là ha co-nosciuto Karl Ernst Osthaus, l’industrialee collezionista di arte di Hagen, che erastato il promotore di Behrens, di Henryvan de Velde, Lauweriks e altri. ProprioOsthaus ha convinto Gropius ad andare daBehrens a lavorare. [Nerdinger 1985, p. 38indica delle date: viaggio in Spagna dallafine del 1906 e arrivo all’atelier di Behrensa Neubabelsberg verso la fine del 1907].Dall’intervista con Mies: Mies stava lavo-rando nell’ufficio di Bruno Paul, il diret-tore della Kunstgewerbeschule di Berlino.Paul Thiersch, definito da Mies un “buonarchitetto”, si era spostato dall’atelier diBehrens, a quello di Paul. ProprioThiersch ha detto a Mies che Behrensstava cercando personale e che sarebbedovuto andare da Behrens, che gli avrebbedato un lavoro. [Schulze 1985, p. 38 indicaottobre 1908 come data di arrivo di Miesnell’atelier di Behrens. Secondo Tegethoff,(Wolf Tegethoff, Catching the Spirit: Mies'sEarly Work and the Impact of the PrussianStyle in Berlin, in Riley - Bergdoll 2001,p. 137), Mies è arrivato prima nell’ufficio“nel 1908”]. Ho chiesto a Mies se la casache aveva costruito a Neubabelsberg l’annoprecedente, la casa Riehl, fosse stata unfattore determinante per la sua occupa-zione da Behrens. Mies ha detto “no”. Haparlato di due periodi di lavoro nell’atelierdi Behrens. [Le varie fonti segnalano di-versamente il tempo che Mies è stato as-sente dall’atelier. Sembra essere stato circaun anno, dall’inizio o dalla metà del 1910].Gropius ha raccontato di un viaggio previ-sto in Grecia con Behrens, per il qualeavevano persino i biglietti, ma all’ultimominuto è arrivato un lavoro complesso e ilviaggio è stato annullato. Gropius ha viag-giato in Inghilterra con Behrens, poichésembrava esserci la possibilità di un la-voro che non si è attuato. Gropius: “Ab-biamo girato, visitato la città e i musei”.[Tegethoff racconta che Gropius ha la-sciato lo studio di Behrens nel marzo1910 (Tegethoff 1985, p. 377); Schulze in-dica giugno 1910 (Schulze 1985). Giedioncita un ricordo di Mies di una festa di com-pleanno per Gropius organizzata daimembri dell’ufficio di Behrens il 18 mag-gio 1910 (Giedion 1954, p. 17). Possiamoallora concludere che entrambi i giovaniabbiano abbandonato l’ufficio di Behrensdalla metà del 1910].Gropius è stato preciso nel dire che il gio-vane Le Corbusier era arrivato da Behrensdopo la sua partenza. [Sembra certo che il

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Dal 1906 Behrens aveva sviluppato, per Osthaus,il progetto per un gruppo di ville a Hohenhagen,vicino al luogo in cui era stata costruita da van deVelde una villa proprio per Osthaus. Le due case diBehrens, la Cuno e la Schröder, furono progettatee realizzate proprio in quel periodo, rispettiva-mente nel 1911 e nel 1909. Gropius si dimostrò re-ticente nello specificare a che lavori avessepartecipato nello studio di Behrens, ma fu invecepreciso nell’indicare come primo progetto la casaCuno e quale progetto successivo la casa Schröder,cui partecipò anche Mies. Mies, dal canto suo, mi disse di aver lavorato sugliinterni di entrambe le case. Le due fabbriche della AEG realizzate nel periodoin cui Gropius lavorava nello studio di Behrens,sono la Turbinenfabrik e la Hochspannungsfabrik(1909-10). La reticenza di Gropius nell’indicare la propria par-tecipazione a questi progetti, e non a quello per leville di Hagen, permette di considerare con serietàle sue parole, quando ci dice che “Behrens era lapersona incaricata, e a lui spettava prendere le de-cisioni finali”. Mies ha invece affermato di aver lavorato al pro-getto della Kleinmotorenfabrik (1910-13) e a quelloper la Montagehalle (1911-12), partecipazione chepotrebbe essere avvenuta in uno o nell’altro pe-riodo in cui Mies si trovò a lavorare nell’atelier diBehrens, oppure in entrambi. Non approfondii questo tema dal momento chenon mi interessava suddividere, fra Behrens eMies, il successo ottenuto in questi progetti. Fu proprio in questo contesto che chiesi a Mies seBehrens fosse un maestro duro o se uomini comelui e Gropius avevano potuto apportare un propriocontributo originale? Mies mi rispose con questeparole: “No. Behrens aveva idee molto definite e isuoi collaboratori le hanno imparate. Eravamo piùsimili a Behrens di Behrens stesso”.L’espressione usata da Mies e Gropius: “più similia Behrens di Behrens stesso” indica che essi pote-vano assumere dei ruoli di responsabilità e di con-seguenza avere libertà di iniziativa nei progetti, maanche che tali contributi potevano avvenire sola-mente in un contesto preciso e sotto il diretto con-trollo di Behrens.

Alcuni sostengono l’ipotesi di un contributo im-portante di Mies al progetto della Turbinenfabrikdella AEG, a partire da una affermazione attribuitaallo stesso Mies e risalente agli anni Venti: “ha rac-contato fiero di aver contribuito al disegno della fi-nestratura sul lato lungo esposto a ovest della

fabbrica delle turbine”3. Due ricercatori, TilmannBuddensieg e Mechthild Heuser, hanno fondato suquesta affermazione l’ipotesi che il progetto dellafacciata ovest sia il primo lavoro di Mies4. Perso-nalmente sono poco propenso ad accettare questaattribuzione per due motivi: nella mia intervistacon Mies, lui stesso non ha menzionato la fabbricadelle turbine fra i progetti AEG su cui ha lavorato e,in modo ancora più conclusivo, l’ingegnere del pro-getto della fabbrica delle turbine, Karl Bernhard, inuna sua pubblicazione sulla fabbrica ha dichiarato,con apprezzamento, che gli era stata data libertànel disegno di questo prospetto5. Il prospetto hauna semplicità elementare, in relazione alla logicadel carico che è naturalmente maggiore al pianoterra e minore al piano superiore, che rende credi-bile la possibilità che sia l’esito di un procedimentorazionale eseguito dallo stesso Bernhard. [5]

Nella mia dissertazione, ho sostenuto che Mies po-trebbe aver partecipato a due progetti di Behrens:quello per la Mannesmann a Düsseldorf e il perGaswerk a Francoforte-Osthafen (entrambi del1910-12). Le numerose torrette delle officine del gassono state realizzate in un mattone rosso scuro – ilclinker – e la composizione dei volumi risultamolto precisa e movimentata solamente dal rilievoe dallo scavo di alcuni elementi come gli stipitidelle finestre. Analoghi dettagli, anche se in pietra,si ritrovano nell’edificio Mannesmann. In una lettera di Henry-Russell Hitchcock del 12dicembre 1962, Paul Schneider-Esleben sostieneche Mies si sia occupato dei dettagli della scala edell’atrio. [6] Schneider-Esleben, architetto della tor-retta di vetro realizzata nel 1951-56, che completal’edificio Mannesmann, conosceva bene l’opera diBehrens e ne era certamente un attento osserva-tore. Heinrich Klotz racconta la storia, presumibil-mente riferita da Schneider-Esleben, della visita diMies alla nuova torretta Mannesmann nel 1956.

[5] P. Behrens, Turbinenfabrik AEG, Berlino-Moabit 1908-09fronte ovest verso la corte (fotogra!e R. Halbe)

tempo di Jeanneret da Behrens è stato dalnovembre 1910 all’aprile 1911. Apparente-mente, anche Mies sembrerebbe non es-sere stato un collega di Jeanneret, poiché ilsecondo periodo di Mies con Behrens è co-minciato nel maggio o nel giugno 1911 (cfr.Tegethoff 1985). Mies stesso ha confermatotali date. Tuttavia, se il documento contem-poraneo all’affare dei Kröller-Müller, citatoda Schulze 1985, p. 41, è credibile, Mies eJeanneret potrebbero essere stati entrambinell’atelier per un breve periodo nella pri-mavera del 1911].3 Conversazione personale di SergiusRuegenberg con l’autore, cit. in Neumeyer1986, ed. inglese 1991, p. 354; ed. it. 1996,p. 99.4 Tilmann Buddensieg, Architektur alsKunst, in Buderath 1990, p. 67; MechthildHeuser, Die Fenster zum Hof. Die Turbinen-halle, Behrens und Mies van der Rohe, inPfeifer 1990, pp. 115-16.5 Bernhard 1911, 30 settembre, pp. 1625-31;7 Ottobre, pp. 1673-82.

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Oltre un certo malcontento verso il progetto dellatorretta, Mies si espresse energicamente sull’atriodi marmo che diceva aver disegnato quando era an-cora nell’ufficio di Behrens6.Vorrei anche evidenziare che parecchi lavori diKarl Friedrich Schinkel, cui Behrens guardava,hanno costituito un precedente per la scelta delmattone e del relativo dettaglio “robusto” che sitrova nel Gaswerk. Ho chiesto a Mies se avesse la-vorato a questo progetto. Mi rispose di no facendoil nome di Adolf Meyer. Dal punto di vista cronologico, è possibile cheMeyer abbia partecipato a questo lavoro prima dilasciare con Gropius l’atelier di Behrens, ma sem-bra improbabile che tali dettagli siano stati studiatiallora. Suggerisco di attribuire il Gaswerk a PeterBehrens con l’influenza dell’insegnamento diSchinkel. [7] La tentazione di continuare ad asso-

ciare Mies ai raffinati dettagli di pietra dell’atriodella Mannesmann, un genere di dettagli che per-sistono nell’architettura moderna, è forte. La testimonianza di Schneider-Esleben confermail coinvolgimento di Mies. Nel 1961, al tempodella nostra intervista, l’edificio Mannesmann erauno dei pochi progetti di Behrens – con la casadi Darmstadt e le case e il crematorio di Hagen –di cui Mies conosceva l’esistenza. Tuttavia eglinon ha incluso l’edificio Mannesmann fra quelliin cui era stato coinvolto. Forse, è sufficiente ri-conoscere un’affinità tra Behrens e Mies perquanto riguarda il disegno dei dettagli comequelli dell’atrio della Mannesmann, e accettare ilfatto che Mies non rivendichi una propria parte-cipazione diretta in essi.Si può inoltre osservare che Mies, dopo essere tor-nato nello studio di Behrens nel 1911, era stato aSan Pietroburgo con il ruolo di responsabile delprogetto per l’Ambasciata Imperiale Tedesca (1911-13)7. [8] Non ricordo perché ebbi questa impres-sione nel 1961, ma ricordo di averla sottoposta aMies che mi corresse dicendo che era stato incari-cato del progetto dell’Ambasciata, non del cantiere,quando lavorava nell’atelier di Behrens. In quel

momento era plausibile che a Mies fosse stata dataquesta responsabilità. Deve essere stato il periodopiù impegnativo per lo studio di Behrens. La Kleinmotorenfabrik AEG era in costruzione; ilGaswerk e l’edificio Mannesmann erano in unafase di progettazione avanzata; il progetto della villaKröller-Müller, la casa Wiegand, l’edificio per laContinental a Hannover e la Montagehalle AEGerano incarichi in arrivo o già iniziati – senza fareaccenno alle numerose commesse minori.Non abbiamo una data precisa che documenti ilrientro di Mies nell’ufficio di Behrens (prima metà

[6] P. Behrens, edi!cio amministrativo Mannesmann AG, Düsseldorf1910-12, atrio d’ingresso (Hoeber 1913, p. 182)

[7] P. Behrens, Gas Werke, Francoforte-Osthafen 1910-12K. F. Schinkel, faro di capo Arkona, isola di Rügen 1825-27

[8] P. Behrens, ambasciata tedesca, San Pietroburgo 1911-13 (Bonn, Ministero degli Affari Esteri)

6 Klotz 1987, p. 13. L’aneddoto continuacon Le Corbusier [Jeanneret] che dise-gna simultaneamente una variazionedella facciata per l’edificio Mannesmanne Gropius che disegna le piante. Si veda lan. 2 per la problematica cronologica di taleaffermazione.7 Wolf Tegethoff, Catching the Spirit:Mies's Early Work and the Impact of thePrussian Style in Berlin, in Riley - Bergdoll2001, p. 137.

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del 1911) o l’inizio del progetto per l’Ambasciata(inizio del 1911). Mies dichiarò che l’ambasciata erastata progettata durante la sua assenza, e poi ri-cordò alcuni interessanti aneddoti riguardanti ilsuo coinvolgimento nel progetto e i crescenti dis-sapori tra lui e Behrens8.

Behrens, allora, era andato a San Pietroburgo pervalutare i preventivi. I pochi appaltatori russo-te-deschi sapevano che uno di loro avrebbe ottenutoil lavoro, pertanto avevano mantenuto i prezzielevati. Al suo ritorno Behrens andò con Mies da“un uomo nel governo” per convincerlo a trovarealtro denaro per la costruzione dell’ambasciata.[Sappiamo da un ricordo successivo di EdmundSchuler che si trattava del membro del ForeignOffice che nel 1911 aveva convinto in primo luogoi suoi superiori diretti e l’allora ministro Alfredvon Kiderlen-Wächter a incaricare Behrens delprogetto per l’ambasciata9.]“L’uomo” era già andato al Reichstag a chiedere isoldi, vi era ritornato chiedendone altri in un se-condo momento [forse un estimatore di Be-hrens?]. Non ci sarebbe più tornato. Behrens rispose che allora non si sarebbe potutacominciare la realizzazione. A quel punto Mies sioffrì di andare a San Pietroburgo per tentare di ab-bassare i prezzi. Behrens si arrabbiò e gli disse:“Che cosa pensi io abbia fatto là, fumato siga-rette?” ma al politico piacque l’idea e Mies fu in-viato a San Pietroburgo. A San Pietroburgo Mies scelse l’appaltatore chepensava avrebbe fatto il lavoro migliore e con lui“contrattò”, riuscendo ad abbassare il prezzo. Al suo rientro a Berlino, secondo quanto raccon-tato da Mies, Behrens era furioso; questa suainiziativa non gli era piaciuta. Chiesi se fosserostate apportate delle modifiche al progetto tali dagiustificare una simile rabbia, ma Mies mi dissedi no, che semplicemente Behrens non aveva gra-dito questa iniziativa. Il cantiere a San Pietroburgo doveva iniziare alpiù presto poiché il 28 ottobre coincide con l’ini-zio del gelo e la fine della possibilità di lavorare al-l’esterno. Mies ritornò dunque a San Pietroburgoalla fine dei lavori “per la consegna dell’edificioda parte dell’appaltatore”. Entrando nell’edificioMies raccontò il progetto di Behrens per gli in-terni all’appaltatore e ad un terzo uomo che eglipensò facesse parte dello staff. Si rivelò inveceessere un giornalista. Fu così che i progetti diBehrens vennero pubblicati sui giornali primache le autorità lì avessero potuti valutare, equando Mies rientrò a Berlino, Behrens più ar-rabbiato che mai, lo licenziò.

Quando incontrai Mies, non essendo a conoscenzadella sua partecipazione al progetto dell’Amba-sciata, avevo un’impressione molto negativa per ilrude classicismo di questo edificio.

Chiesi a Mies le motivazioni di questo classicismosevero; derivava forse da pressioni del governo?No, si trattava di una scelta di Behrens. Arrivato aBerlino, Behrens fu molto colpito da Schinkel eda altri architetti neoclassici: l’Altes Museum,l’Opera, la Neue Wache (trasformata da Tessenownella tomba del milite ignoto), l’Unter den Linden,la porta di Brandeburgo. Sebbene Behrens potesse progettare un edificioindustriale moderno o una lampada ad arcomoderna, e sebbene si occupasse di ricercareun’espressione architettonica del proprio tempo,ancora nessuno aveva idea di come questo potesseessere fatto nel caso di un edificio istituzionale.

Mies era consapevole del fatto che l’Ambasciatanon raggiungeva la precisione conseguita daSchinkel, ma aveva sottolineato che, al contrario,gli interni si avvicinavano molto a questa qualità.Penso che Mies abbia certamente avuto un ruolonel progetto degli interni dell’Ambasciata: infatti,era incaricato del progetto e le commesse dello stu-dio erano talmente numerose che Mies deve avercertamente avuto un ruolo significativo nel dise-gno di quegli interni di cui aveva, con troppa faci-lità, parlato a San Pietroburgo10. [9]

Un altro progetto dell’ufficio di Behrens cui Miesammise di aver partecipato è quello della villaKröller-Müller vicino a L’Aia. I due architetti viag-giarono insieme in Olanda e ad Amsterdam, dovevisitarono la Borsa di Berlage. Mies ricordava: “Behrens disse, accompagnando leparole con un cenno della mano, ‘Passé’. Io repli-cai ‘potresti sbagliarti’ – Behrens non lo gradì –”.

[9] P. Behrens, Ambasciata tedesca a San Pietroburgo 1911-13atrio d’ingresso (fotogra!a F. Stoedtner, Düsseldorf)

8 Parte di questo racconto è comparso nellamia dissertazione e inoltre si trova inSchulze 1985, pp. 57-58, benché la fontenon sia dichiarata. Tutti gli eventi di cuiparla Mies avrebbero dovuto aver luogotra il 1911 e forse gennaio 1912.9 Schuler 1940, pp. 65-66.10 Tilmann Buddensieg, Die KaiserlicheDeutsche Botschaft in Petersburg von PeterBehrens, in Warnke 1984, pp. 374-98.

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Quello che accadde per il progetto dell’amba-sciata tedesca indusse Mies a lasciare lo studio diBehrens, e insieme la sua partecipazione al pro-getto per i Kröller-Müller.

Mies scrisse ai coniugi Kröller avvisandoli della pro-pria partenza dall’ufficio di Behrens, spiegandoneil motivo e augurando loro di realizzare il proget-to come lo desideravano. I Kröller avevano già al-cuni dubbi circa il progetto di Behrens ma a seguitodella lettera di Mies decisero di sostituire l’architetto.Proposero a Mies e a Berlage di fare un progetto.Mies andò in Olanda e assunse l’incarico daiKröller che presto vollero vedere una proposta.Alla fine scelsero il progetto di Berlage. Purtroppo,questo non fu mai costruito a causa dello scoppiodella guerra.

Nel lasciare lo studio di Behrens, Gropius man-tenne i contatti stabiliti a Hagen con Karl ErnstOsthaus al tempo della realizzazione, lunga e pro-blematica, della casa Cuno. Infatti, il rapporto sta-bilito con Osthaus continuò nella realizzazione delDeutsches Museum für Kunst in Handel und Gewerbee nella partecipazione al Deutscher Werkbund.Dopo aver lasciato lo studio di Behrens, Gropius eAdolf Meyer realizzarono rapidamente un progettoche ebbe una notevole importanza nell’opera diGropius, la fabbrica Fagus del 1911. Gropius fupiuttosto maligno quando affermò di aver omessola colonna d’angolo nella fabbrica Fagus semplice-mente perché gli piaceva così e che soltanto suc-cessivamente capì la logica strutturale di taleorganizzazione di forze. Gropius accennò a questastrana storia:

in una discussione sull’importanza dell’intuizionee della sensibilità creativa. Gropius espresse unacerta irritazione nei confronti degli storici che ave-vano trasformato il Bauhaus nella scuola funzio-nalista per eccellenza e avevano fatto delfunzionalismo una cosa puramente materiale. Ilfunzionalismo deve anche riconoscere i problemipsichici.

Si può capire la frustrazione di Gropius nei confrontidegli storici. Negli Stati Uniti, Hitchcock e Johnsonriuscirono nell’operazione di generalizzare il lavo-ro di Gropius e Mies trasformandolo dal cosiddet-to stile internazionale, in uno “stile” – qualcosa dicompletamente opposto alla riduzione al funzio-nalismo puro –. Nel frattempo la terminologia eu-ropea per gli stessi fenomeni storici ha definito, ein genere è ancora valido, quella architettura come“architettura funzionalista”. Aalto, Neutra e altri ar-chitetti hanno combattuto contro questa genera-

lizzazione, ma il “funzionalismo” è rimasto un’eti-chetta, talvolta persino utile se concepita positiva-mente, come è avvenuto nel post-modernismo. L’incontro successivo tra Behrens e Gropius è av-venuto nel contesto della mostra del DeutscherWerkbund del 1914 a Colonia. Il modello di Gropiusper un complesso produttivo portato alla esposi-zione [10] è, a tutti gli effetti, una brillante interpre-tazione della behrensiana fabbrica di turbine.

Se la fabbrica della AEG può essere paragonata a untempio, perché allora non pensare alla complessitàdella fabbrica paragonandola all’organizzazione diuna chiesa come per esempio San Pietro a Roma? Benché Gropius avesse detto poco circa il suo ec-cezionale lavoro a Colonia, accennò all’incarico af-fidato “all’ingegnere [Hans] Schmuckler”. Gropiuscontinuò dicendo che Schmuckler aveva avuto unruolo importante nel disegno delle parti tecnichedella fabbrica di turbine di Behrens; Gropius si sba-gliava nell’attribuire a Schmuckler un ruolo in quelprogetto, è infatti noto che Karl Bernhard è statol’ingegnere nel progetto della fabbrica. Tuttavia,Gropius sembrava particolarmente interessato cheall’ingegnere venisse attribuito il giusto credito peril ruolo svolto nel progetto. Sappiamo che Bernhard è stato anche l’inge-gnere per la fabbrica dell’alta tensione della AEG,la Hochspannungsfabrik, mentre nonostante le ri-cerche, per quanto io sappia, Tilmann Buddensieg e isuoi collaboratori non hanno identificato gli inge-gneri della Kleinmotorenfabrik o della Montage-halle, come non sono riuscito a scoprirlo neppureio. Forse Gropius ha confuso la partecipazione di

[10] W. Gropius, esposizione del Deutscher Werkbund, Colonia 1914

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Schmuckler nel progetto della fabbrica di turbinecon un suo ruolo in uno o entrambi questi altri dueedifici della AEG?

Gropius fece alcune osservazioni, forse ancora piùinteressanti, riguardo agli eventi della mostra delWerkbund:

Gropius mostrò quasi una forma di odio nei con-fronti del suo maestro Behrens, a causa della suapercezione negativa della Festhalle realizzata al-l’esposizione del Deutscher Werkbund. [11] [Il lin-guaggio usato era indubbiamente forte, ma sipuò effettivamente intendere la Festhalle comeuna provocazione verso coloro che ancora im-maginavano una nuova architettura]. Gropiuscontinuò, definendosi l’enfant terrible della mo-stra, e ricordò che, ciò nonostante, era stato no-minato all’interno del consiglio del Werkbund. Laproposta di Muthesius a favore della tipizzazionee della standardizzazione era qualcosa di moltonegativo che fra l’altro provava la sua mancanzadi sensibilità artistica e creativa. Gropius rivelò alconsiglio un certo numero di rapporti d’affaripoco limpidi in cui Muthesius era entrato per as-sicurarsi una posizione nel Werkbund. Muthesiusfu costretto a dimettersi. Gropius disse che nonavrebbe ripetuto tutto ciò se si fosse trovato in unasituazione analoga: allora era giovane. [Ho scrittonei mie appunti che Gropius aveva dimostratouna forte antipatia nei confronti di Muthesius].Gropius concluse facendo notare che condividevala posizione di Henry van de Velde nel famoso di-battito del Werkbund.

Vorrei aggiungere alcune parole sul mio ultimo in-contro con Mies van der Rohe, un’intervista dovutaal mio allora recente impegno nella ricerca dotto-rale su Peter Behrens. Mies portò alla nostra riu-nione la sua copia della monografia su PeterBehrens pubblicata nel 1913 da Fritz Hoeber e lamonografia di Jan Gratama su Berlage. Mies tentò

di spostare la mia attenzione su Berlage, ponendoloin una luce più favorevole rispetto a Behrens.Si trattò forse di un tentativo delicato a persua-dermi ad intraprendere uno studio su Berlage piut-tosto che su Behrens. Certamente era un messag-gio chiaro sull’interesse intellettuale e architetto-nico di Mies.Nel suo tutt’altro che vuoto ufficio, Mies aveva por-tato altri due libri, di cui però non parlammo. Unoera An Outline of Man’s Knowledge of the ModernWorld, una pubblicazione allora molto nota, pub-blicata da Lyman Bryson, un autorevole accade-mico di New York, che illustrava la comprensionedel pensiero corrente della filosofia, della scienza,delle scienze sociali, della legge e delle arti, comeosservato da noti autori liberali americani. Forsequesta era un’indicazione degli interessi di Mies.Infatti, un capitolo: “Mathematics, The Languageof Science” (Matematica, la lingua della scienza) –è di Mario Salvadori, un ingegnere stimato di NewYork, probabilmente conosciuto da Mies11. L’altro libro era Theorie des gegenwärtigen Zeitaltersdi Hans Freyer, un celebre sociologo conservatoredell’Università di Lipsia12. Il libroRevolution vonrechts (Rivoluzione da destra), del 1931, con la rela-tiva inclinazione verso soluzioni conservatrici ra-dicali, totalitarie, dei problemi del libero stato,diede molta visibilità a Freyer e importanza al suopensiero, durante gli anni appena prima e dopol’ascesa di Hitler al potere. La disillusione succes-siva verso il Socialismo Nazionalista condusseFreyer a riformulare un pensiero conservatore.Theorie des gegenwärtigen Zeitalters ebbe un’ampiadiffusione ed esercitò una notevole influenza du-rante gli anni di Adenauer. Jerry in The Other Godthat Failed: Hans Freyer and the Deradicalization ofGerman Conservatism 13 considera Freyer, non perle qualità dell’uomo o del suo pensiero, ma sem-plicemente come qualcuno la cui vita e il cui pen-siero sono rappresentativi di un’epoca avendoabbracciato un conservatorismo radicale seguito dauna disillusa riproposizione di un pensiero con-servatore. Ci si potrebbe domandare se anche Miestrovasse qualche cosa di valido in questo studio.

La personalità di BehrensSia Gropius che Mies trovarono in Behrens unmaestro duro. Gropius si dimostrò abbastanzacomprensivo riguardo a Behrens artista a Monacodi Baviera “e al suo coinvolgimento con l’espres-sionismo” dopo la prima guerra mondiale.Espresse, infatti, un certo apprezzamento per ilcrematorio di Hagen ma rabbia per la Festhalle delWerkbund.

[11] P Behrens, Festhalle, esposizione del Deutscher WerkbundColonia 1914

11 Bryson 1960.12 Freyer 1955.13 Muller 1987.

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Ecco come ricordava Gropius lo studio di Behrens:Behrens sottopagava tutti; non si riceveva mai ca-lore umano nel relazionarsi con lui. Era estrema-mente egocentrico e fiero. Questo aspetto del suocarattere era evidente nel modo in cui si confron-tava con i suoi dipendenti, ma anche con la mogliee i bambini. Gropius stava dalla parte della mo-glie, ma questo avveniva nel periodo in cui stavapensando di andarsene dall’atelier. La proposta daparte di Gropius di assumersi maggiori responsa-bilità nello sviluppo dei progetti dell’atelier nonera stata accolta favorevolmente da Behrens, cosìGropius se ne andò portando con sé Adolf Meyer.[Jean] Krämer fu indicato da Gropius, anche senon ricordava che fine avesse fatto, come un altrobraccio destro dello studio, uno che disegnava ab-bastanza bene ma che seguiva le indicazioni diBehrens, e persino di Gropius [e questa è un’altraindicazione che Mies e Gropius avevano un certocoinvolgimento nei progetti].

Mies fornì altri dettagli circa l’esperienza nell’ate-lier, come la capacità di Behrens di farsi valere, ilfatto che non aveva amici veri, o che non dimo-strava alcuna riconoscenza nei confronti dei suoicollaboratori – “non un uomo caloroso” –.Malgrado queste valutazioni negative sulla per-sona, Mies osservò: “Ho imparato molto da lui.”Gropius fu ancora più elogiativo. Andando daBehrens nel 1907:

Gropius desiderava “ricevere una educazione so-lida”; lavorò a lungo e duramente per Behrens e furiconoscente di aver potuto collaborare con lui e diaver imparato tanto. Gropius considerò Behrens ilsuo Maestro. Fu Behrens che gli aveva insegnatoa pensare per principî.

Circa quest’ultimo argomento, avevo annotato neimiei appunti:

Dal contesto è chiaro che “pensare per principî”ha significato per Gropius che, mentre le scuoleinsegnavano gli stili, Behrens provava a capire iprincipî che stavano alla base degli stili, per riap-plicarli ancora. Gropius intese questo e forseanche più di questo.

ConclusioneUna riflessione finale, non proveniente dalle mieinterviste.La fine del diciannovesimo secolo ha testimoniatoun grande sviluppo delle pubblicazioni dedicate al-l’arte, all’arts and craft e all’architettura. Stimolatoparzialmente dagli avanzamenti nella tecnica dellastampa, questo sviluppo ha favorito anche il com-

mento critico. I rapporti tra artisti e critici nonerano nuovi; basti pensare soltanto alla scena im-pressionista a Parigi. In queste nuove circostanze,tuttavia, il rapporto simbiotico fra gli artisti ed i cri-tici si intensifica ed estende geograficamente.

Malgrado la sua limitata produzione negli annipassati a Monaco di Baviera, Peter Behrens ottennei favori della critica. Il celebre critico Julius Meier-Graefe, che risiedeva a Parigi, referente per pub-blicazioni francesi e tedesche, sostenne fin dasubito Behrens. Fra il 1898 e il 1900, pubblicòquattro articoli su Behrens in “Dekorative Kunst”,seguiti poco dopo da due articoli in “Die Zukunft”sull’attività di Behrens alla colonia degli artisti diDarmstadt.Meier-Graefe espresse la sua posizione-opinionesull’arte moderna e le sue fonti (facendole risalireall’antichità; nello specifico a David), nello scrittoEntwicklungsgeschichte der modernen Kunst. In que-sto lavoro generosamente illustrato, Meier-Graefeindicò Behrens come “esempio per lo sviluppodegli anni recenti”14. Tuttavia, soltanto un’imma-gine del lavoro di Behrens è presente: un’illu-strazione piuttosto brutta del tavolo del salonedella musica della sua casa di Darmstadt – deco-rata, come l’intera stanza, con i motivi del cri-stallo simbolo della fusione di vita e arte –. A questa immagine è stato dato un peso enorme,infatti, nell’edizione originale, la tavola di Behrensè stata proposta come lavoro esemplare e introducela sezione finale: Deutsche Ästhetik von Goethe zuNietzsche!Nell’edizione inglese, a conclusione di questolungo studio sull’arte moderna, le sue fonti e la re-lativa nuova estetica, compaiano due immagini: latavola di Behrens e quello che sembra essere pro-posto come il suo corrispettivo pittorico, La routedi Cezanne15. [12]

[12] J. Meier-Graefe 1908, pp. 326-327

14 Meier-Graefe 1904, II, pp. 725.15 Meier-Graefe 1904, ed. inglese 1908,II, pp. 326-27. “La route” oggi parte dellacollezione Julian and Josie Robertson, NewYork.

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finito di stampare nel mese di dicembre 2011presso BA.IA srl Usmate (MI)

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