“RASSEGNA STAMPA” (1949 – 1972)...pubblicati su quotidiani e riviste dell’epoca A cura di...

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PROF. ING. DOTT. MARCO TODESCHINI “RASSEGNA STAMPA” (1949 – 1972) Articoli di suo pugno pubblicati su quotidiani e riviste dell’epoca A cura di Fiorenzo Zampieri Circolo di Psicobiofisica “Amici di Marco Todeschini”

Transcript of “RASSEGNA STAMPA” (1949 – 1972)...pubblicati su quotidiani e riviste dell’epoca A cura di...

  • PROF. ING. DOTT.

    MARCO TODESCHINI

    “RASSEGNA STAMPA” (1949 – 1972)

    Articoli di suo pugno pubblicati su quotidiani

    e riviste dell’epoca

    A cura di

    Fiorenzo Zampieri Circolo di Psicobiofisica

    “Amici di Marco Todeschini”

  • PREMESSA

    Successivamente alla pubblicazione della Teoria delle Apparenze (agosto

    1949) del Prof. Dott. Ing. Marco Todeschini, in moltissimi quotidiani e riviste

    italiani ed esteri, furono pubblicati articoli, notizie, commenti intesi ad

    illustrare ed informare i lettori sulla nuova scienza, descrivendone le

    caratteristiche e le novità scientifiche oltre che il suo impatto sul mondo

    accademico, scientifico e culturale.

    Fra quegli articoli meritano particolare attenzione quelli redatti

    direttamente di suo pugno dallo Scienziato, con i quali preferisce illustrare,

    in prima persona, la sua Teoria PsicoBioFisica, in modo tale da esprimere il

    suo pensiero senza intermediazioni e perciò senza imprecisioni o cattive

    interpretazioni.

    E’ ovvio che questi brani rivestono una importanza particolare sia per gli

    addetti ai lavori, sia per tutti coloro che amano avere la più ampia panoramica

    della visione scientifica todeschiniana.

    Diversi di questi articoli, come era usuale all’epoca, vennero pubblicati in

    diverse testate giornalistiche mantenendone il medesimo contenuto, per cui

    in questo lavoro, abbiamo preferito riportarne, scelto fra quelli, uno soltanto,

    per non incorrere in inutili ripetizioni.

    In quelli che abbiamo selezionato, essendo com’è logico, gli argomenti

    praticamente sempre i medesimi, abbiamo privilegiato quelli i cui contenuti

    offrono al lettore la possibilità di approfondimenti utili per una più completa

    comprensione degli argomenti specifici delle teorie todeschiniane.

    Riteniamo che questa nostra opera di divulgazione vada ad implementare

    costruttivamente la produzione dei testi più conosciuti pubblicati dal

    Professore di Bergamo, contribuendo ad una maggiore conoscenza della sua

    Scienza Universale.

  • CANTO ALTO – Bergamo - maggio 1949

    Un interessante problema scientifico attraverso i secoli

    Le masse dell’universo sono immerse nell’etere o nel vuoto?

    Per secoli gli scienziati hanno cercato di spiegare i fenomeni naturali con due ipotesi contrarie: quella dell’etere e quella del vuoto. La prima di queste ipotesi suppone che le masse materiali dell'Universo sono immerse in un mezzo fluido chiamato etere, il quale riempie tutto spazio del Creato, etere nel quale possono formarsi vortici e prodursi onde, come nell'acqua di un lago. La seconda di queste ipotesi invece suppone che le masse dell'Universo siano immerse nel vuoto assoluto.

    Per brevità ometteremo di narrare quando e come sono nate queste due antitetiche concezioni e come furono sviluppate dai filosofi dal tempo dagli antichi Greci sino all'epoca di Galileo, ma seguiremo invece le vicende che ebbero le due ipotesi da tale epoca ai nostri giorni.

    Fu con Cartesio e Newton che le due teorie entrarono in lizza per contrastarsi il dominio della scienza, poiché il primo ammetteva un Universo pieno di fluido i cui vortici muovevano i pianeti intorno ai soli, ed il secondo invece ammetteva un Universo con vuoti assoluti nei quali i corpi celesti potessero muoversi senza attrito eternamente, spinti da forze misteriose di gravità da sé stessi emanate.

    Grandi discussioni sollevò a quell'epoca il contrasto tra le opposte teorie di quei due giganti del pensiero, sicché il Newton, con una serie di sperimentazioni, credette di aver dimostrato che l'ipotesi dell'etere era insostenibile scientificamente.

    L'ipotesi del vuoto allora trionfò e parve che la vittoria non potesse essere più contestata. Ma intanto la curiosità degli uomini si era posta la domanda: che cos'è la luce? E come si propaga nello spazio? Sino al secolo XVI si era ritenuto che la sua velocità fosse infinita, si era creduto cioè che la luce potesse trasmettersi da un punto all'altro dello spazio senza impiegare tempo nel compiere il tragitto. Galileo per primo mise in dubbio questa fede ed eseguì perciò un esperimento inteso a misurare la velocità della luce. Dispose due uomini muniti ciascuno di una lanterna con schermo, ad una distanza di 200 metri. Uno degli operatori, togliendo lo schermo, inviava un raggio all'altro, che immediatamente rispondeva col proprio apparecchio. Dividendo la lunghezza del percorso di andata e ritorno pel tempo trascorso tra l'istante di emissione e quello di ricezione, si doveva ottenere la velocità della luce. Questo esperimento, forse per l'impossibiliti di quei tempi di registrare il brevissimo tempo intercorso, non diede risultati, ma servì di base nei secoli venturi ad eminenti scienziati per determinare la velocità della luce.

    Frattanto l'astronomo danese Romer (1644-1710) avendo rimarcato che le durate dell'eclissi dei satelliti di Giove alla congiunzione ed all'opposizione

  • della Terra, discordavano da quelli segnati nelle tavole del Cassini, ebbe l'idea che ciò fosse dovuto a differenti percorsi della luce e pensò di misurarne cosi la velocità, essendo note quelle distanze astronomiche. Fu così che per il primo ne dedusse il valore in 149000 Km al secondo.

    Successivamente il Fizeau (1851), il Focault (1862) e più recentemente il Michelson (1926) con esperimenti simili a quello di Galileo, precisarono quella velocità molto prossima ai 300000 Km. per secondo.

    Se pensiamo che ci sono astri la cui luce viaggia con quella spaventosa velocità per migliaia di anni prima di giungere a noi, abbiamo una pallida idea dell'immensità dell'Universo. Le infinite stelle che trapuntano d'oro la coperta celeste, hanno distanze grandemente differenti, ma noi grazie alla velocità della luce, in una sera ne ammiriamo le immagini contemporanee sebbene emesse in epoche diverse.

    Com'era possibile ammettere con la teoria dell'emissione, che dei corpuscoli viaggiassero attraverso tali enormi spazi e tanto rapidamente? Ecco che l'ipotesi dell'etere lanciata da Aristotele, sostenuta da Cartesio ed Huyghens, appariva la più adatta a spiegare tale velocità con una semplice perturbazione ondosa, ed il Fresnel perseguendo tale ipotesi sull'inizio del secolo XIX dimostrava che la polarizzazione, la diffrazione, l'interferenza erano di natura periodica, cioè fenomeni che rivelavano la struttura ondulatoria della luce e di conseguenza bisognava ammettere che essa si propagasse In un mezzo vibrante: l'etere.

    Frattanto col Faraday prima (1631) ed il Weber poi (184Q) si tentava di indagare il seducente mistero elettromagnetico.

    Che cosa sono l'elettricità ed il magnetismo? E come si propagano nello spazio? Mentre il Weber ammetteva questi agenti fisici situati in masse ed esercitanti azioni attrattive o repulsive a distanza, in analogia alla forza di gravità del Newton, il Faraday invece escludeva simile trasmissione, sostenendo che l'elettricità ed il magnetismo si propagano per contatto successivo di particelle del mezzo ambiente detto appunto dielettrico ed immaginava tali agenti come flussi di forza emanati da centri elettromagnetici.

    Il Maxwell sostituiva in seguito la nozione precisa di flusso di induzione attraverso una superficie e, con mirabile edificio matematico, determinava il rapporto fra unità elettromagnetiche ed elettrostatiche giungendo cosi alla grande scoperta che le perturbazioni elettromagnetiche si propagano nel vuoto colla stessa velocità della luce, cioè a 300000 Km al secondo. Tale identità svelò al grande elettrotecnico l'analogia dei fenomeni luminosi ed elettromagnetici e fu possibile ad esso preconizzare cosi che entrambe le energie erano di natura ondulatoria e perciò dovevano propagarsi mediante l'etere. L'Hertz infatti nei 1887 con le sue classiche esperienze dimostrava le perturbazioni periodiche apportate da scariche oscillanti, confermando in pieno ciò che il Maxwell aveva predetto in base ai calcoli. Da tali esperienze il nostro grande Marconi traeva poi la più sbalorditiva applicazione del secolo: la telegrafia senza fili.

  • Anche nel campo elettromagnetico come in quello ottico, si rendeva quindi indispensabile ammettere l'esistenza dell'etere.

    Ma Arago fin dal 1818 aveva fatto notare che l'aberrazione della luce richiedeva che l'etere tosse immobile. Il fenomeno dell'aberrazione, scoperto casualmente da Bradley nel 1727, consiste nel fatto che le stelle subiscono spostamenti apparenti annuali non corrispondenti alla posizione geometrica che dovrebbero assumere pel movimento della Terra intorno al Sole, per cui chi volesse osservare un astro non deve dirigere il cannocchiale ad esso, ma inclinarlo di un certo angolo e ciò per il fatto che il movimento della luce, nel giungere a noi, si compone col moto del nostro pianeta. Qui succede pressappoco come ad un osservatore in corsa sotto una pioggia che cade verticalmente al suolo. Chi corre ha l'impressione che le gocce cadano obliquamente, con un certo angolo, che si può paragonare a quello dell’aberrazione della luce su citato.

    Tale fenomeno presume che il movimento della luce e quello della terra siano indipendenti e cioè che l'etere pur vibrando, non segua li moto dei corpi celesti. L'Astronomo Michelson pensò che se era vero che l’etere giace immobile, allora sarebbe stato passibile misurare il movimento della Terra rispetto ad esso, come è possibile misurare la spostamento di una barca relativamente all'acqua stagnante su cui slitta. Per far questo bastava lanciare un raggio da una sorgente luminosa nel senso del movimento della Terra e costringendo poi con uno specchio a ritornare al punto d'emissione. Poiché nell'andata il raggio si muove nel senso del nostro pianeta ed al ritorno nel senso contrario, il tempo impiegato in questi due percorsi avrebbe dovuto risultare diverso. Ma con grande meraviglia dei sostenitori della teoria ondulatoria, l'esperimento fatto da Michelson nei 1882 diede esito negativo ed il Lorenz, per conciliare il principio della relatività classica colla costanza della velocità della luce, messa in contrasto da quell'esperimento, veniva alla conclusione che un sistema spostatesi nell'etere doveva essere soggetto ad una contrazione nel senso del moto, ed il suo tempo subiva un ritardo rispetto al sistema di riferimento supposto in quiete. Insomma, un metro posto sopra un treno velocissimo, diminuiva la sua lunghezza. Sulle formule di trasformazione di questo matematico, l'Einstein fondava la sua famosa "Teoria della relatività”, che giungeva ad escludere l'etere sostituendone l’ufficio coi "quanti d'energia”, già immaginati dal fisico Planck sin dal 1900, studiando il potere calorifico dei corpi neri. Secondo questa ipotesi ogni energia, luce, calore, magnetismo, ecc. si suppone originata ed emessa dalle vibrazioni di oscillatori e ricevuta da risuonatori elettrici per quantità costanti, cioè per "quanti d'energia”. Il lettore troverà un'analogia nel fenomeno della risonanza per il quale la corda di uno strumento musicale entra in vibrazione se un'altra di determinate caratteristiche viene fatta vibrare. Ulteriori conferme a tali ipotesi giungevano intanto dalla fisica teoretica. Infatti, la scoperta dei raggi X e lo studio della loro frequenza in relazione alla tensione elettrica che li provoca, aveva messo in evidenza che l'energia per suscitare

  • le diverse radiazioni, variava per salti, cioè per quantità finite. Successivamente ''l'effetto fotoelettrico”, tanto noto al pubblico per le applicazioni radiofoniche, dimostrava come una radiazione luminosa potesse originare energia elettrica e viceversa. Similmente "l'effetto Compton” veniva a confermare la legge Balmer, per cui il giovane fisico Bohr immaginava essere l'atomo costituito di elettroni ruotanti attorno ad un centro detto nucleo e che le radiazioni luminose sorgessero quando uno di tali elettroni cambiava orbita. Il moto degli astri era quindi riprodotto dagli elementi piccolissimi costituenti la materia. Ma se la teoria dell'emissione spiegava tutti i fenomeni che accadevano esaminando l'azione della luce sopra un singolo atomo, la interferenza, la diffrazione, la polarizzazione, i raggi visibili ed invisibili, non erano spiegabili altrimenti che colla opposta teoria dell'etere.

    In verità la spiegazione dei fenomeni universali era completa solamente ricorrendo alle due teorie avverse. Da che parte stava la verità naturale?

    A questo strano bivio si trovava la scienza nel 1927 quando due eminenti scienziati tentarono per vie diverse di conciliare la crisi.

    L'Heisemberg, notato come non fosse possibile osservare un fenomeno senza alterarlo, colla radiazione adoperata, rinunciava ad ogni modello di traiettoria dell'elettrone, per attenersi solamente ai risultati incontrovertibili, quali la frequenza delle radiazioni, la velocità, ecc. Abbandonando quindi la meccanica del Newton ne fondava una esclusiva per l'atomo.

    Lo Schrödinger invece spiega l'onda nel vuoto come un variare di puri va- lori energetici nei diversi punti dello spazio e nei diversi istanti, ma a questa onda di probabilità", Egli ha cosi tolto ogni substrato fisico, il che ci porta a non saper spiegare come la vibrazione si trasmette dalla sorgente allo Spazio circostante.

    Sembrerebbe cosi che il secolare contrasto tra l'ipotesi dell'etere e quella del vuoto si sia esaurito ai nostri giorni con la rinuncia da parte della scienza a spiegare le modalità con le quali avvengono i fenomeni e con la sua impotenza a rilevarne le leggi precise. Ma una scienza che venga meno a queste due sue manifeste e basilari finalità non adempie più suoi scopi, non è più scienza. In altre parole, per evitare una crisi, si è caduti in una più grave, il che ci dice chiaramente che il problema è ben lungi dall’essere stato risolto, e che le due ipotesi antitetiche dell’etere e del vuoto, si contendono ancora la spiegazione dei fenomeni naturali, e se la contenderanno fin che non ci si deciderà a scartarle entrambe per una terza e nuova ipotesi risolutiva ed esauriente la quale risponda veramente alla realtà fisica.

    Ora, come ho dimostrato nella mia “Teoria Selle Apparenze”, solamente l'ipotesi di uno spazio che oltre all'estensione geometrica, sia sostanziato da una densità e mobilità propria come un fluido gassoso o liquido, dà ragione qualitativa e quantitativa di tutti i fenomeni e ne spiega il meccanismo con chiarezza, risolvendo così questo capitale e secolare problema scientifico.

    Dott. Ing. Marco Todeschini

  • QUADERNI DEL 2000 – Milano – 01 settembre 1952

    LA TEORIA DELLE APPARENZE

    ….incompleto…

    …fanno entrare in risonanza gli oscillatori che costituiscono gli organi del tatto, dell'orecchio, della vista, del gusto, dell'olfatto, ecc.

    Mentre mi riservo di spiegare nel prossimo articolo come ho potuto dimostrare che le sensazioni sorgono esclusivamente nella psiche, è di interesse ora, per restare in argomento, esporre come altri importanti fenomeni, oltre ai sistemi atomici ed astronomici, possano ridursi a movimento di spazio. Cerchiamo di spiegare il peso e l'inerzia dei corpi.

    Se prendiamo un setaccio e sostenendolo con le mani lo poniamo sotto un rubinetto aperto che getta acqua, noi avvertiamo subito che il peso del setaccio sembra improvvisamente aumentato.

    Noi sappiamo che ciò è dovuto alla spinta che l'acqua esercita sul reticolo del setaccio e constatiamo che tale spinta varia con la velocità e la massa del liquido che vi fluisce contro e varia altresì con l'ampiezza dei fori della rete e lo spessore dei fili che la costituiscono.

    Questo semplice esperimento ci può servire per comprendere come nasce il peso dei corpi, e la sua intima essenza, che sinora ci sono apparsi misteri inesplicabili. I corpi infatti, come hanno dimostrato gli scienziati Bragg, padre e, figlio, sono costituiti da atomi disposti agli incroci di un reticolo spaziale.

    Questi due celebri Scienziati, applicando il metodo di Laue, cioè facendo attraversare una sostanza qualsiasi da un fascio di raggi X, notarono come esso veniva difratto, solo in determinate direzioni. Ricevuto il fascio su una lastra sensibile, ottennero dei radiogrammi costituiti da tante macchie quanti erano gli atomi componenti la sostanza attraversata dalla radiazione. Dalle ombre, variamente distribuite sullo schermo, quei due ricercatori, ricavarono la distribuzione spaziale degli atomi. Furono così ricostruiti i reticoli atomici di molte sostanze e si dimostrò che essi avevano nei punti di incrocio, atomi di forma sferica e diametro diverso a seconda della sostanza esaminata.

    Se ora immaginiamo che sugli atomi disposti agli incroci del reticolo che costituisce un corpo, fluisca una corrente di spazio fluido, tale corrente filtrando attraverso il reticolo ed investendo le sfere atomiche, le assoggetta ad una spinta. Orbene, la somma delle spinte, esercitate su tutti gli atomi che costituiscono il corpo, ci darà il peso del corpo stesso.

    E’ chiaro che tale peso dipenderà dal numero degli atomi che costituiscono il corpo considerato, dalla loro area maestra opposta normalmente alla corrente investitrice, nonché dalla densità ed accelerazione di questa corrente. E’ però da notare, come abbiamo già dimostrato, che gli atomi sono campi rotanti centro-mossi, e perciò sono da considerarsi nella loro superficie

  • esterna, come sfere ruotanti su sé stesse. Ne segue che essi investiti dalla corrente di spazio fluido che attraversa i fori del reticolo, saranno soggetti, per effetto Magnus, ad una spinta inclinata di un certo angolo rispetto alla direzione della corrente investitrice. Tale spinta è quindi scomponibile in due: una diretta nel senso della corrente ed una normale a questa.

    Se la corrente invece di essere rettilinea è circolare, gli atomi del reticolo saranno quindi soggetti ad una spinta diretta verso il centro della corrente investitrice e ad una spinta diretta tangenzialmente alle sue linee di moto.

    Immerso quindi un corpo nel campo rotante di spazio centro-mosso circostante alla Terra, gli atomi rotanti che lo costituiscono, investiti dalla corrente circolare del campo, saranno soggetti, per effetto Magnus, ad una spinta tangenziale che li costringe a rivoluire intorno al centro del campo terrestre e ad una spinta centripeta, sì che essi saranno costretti a descrivere una spirale e cadere verso la Terra. Orbene, la somma delle spinte centripete di tutti gli atomi che costituiscono il corpo considerato, è uguale al peso del corpo stesso.

    Si può quindi affermare che il peso P dei corpi è dovuto alla decelerazione g centripeta dello spazio fluido del campo terrestre, contro gli atomi che costituiscono il corpo stesso. In altre parole, è come se il reticolo atomico del corpo, restasse immobile e fosse attraversato da una corrente accelerata di spazio fluido che preme su di esso.

    Come la decelerazione dello spazio contro il reticolo dei corpi immobili provoca su questi una forza (peso), così viceversa per accelerare i corpi contro lo spazio immobile occorre applicare loro una forza (d'inerzia).

    L'inerzia è quindi la resistenza opposto dallo spazio fluido al movimento dei corpi in esso immersi.

    Tra forza d'inerzia e peso non vi è quindi alcuna diversità in quanto entrambi sono dovuti al moto relativo dei corpi rispetto allo spazio in cui sono immersi.

    Sia il peso che l'inerzia, non sono quindi proprietà caratteristiche della materia indipendenti dallo spazio fluido circostante, come ritenuto erroneamente sinora ma bensì dipendono dalla densità e dall'accelerazione relativa di questo rispetto alla materia in esso immersa.

    Il peso dei corpi è quindi un'apparenza della spinta che ricevono i loro atomi costituenti da parte dello spazio fluido del campo rotante terrestre, che decelera contro di essi. Parimenti l'inerzia è una apparenza della resistenza opposta dallo spazio fluido all'accelerazione o decelerazione dei corpi in esso immersi.

    L'inerzia è apparsa un mistero non potendosi comprendere come per accelerare o ritardare il moto di un corpo occorre applicargli una forza. Il permanere di tale mistero è dovuto al fatto che con l'ipotesi dello spazio vuoto, privo di densità, non si può ammettere che offra resistenza al movimento dei corpi, e così l'inerzia apparve come una proprietà misteriosa di essi e non venne mai compresa nella sua essenza.

  • Un'altra entità misteriosa è la forza centrifuga che si sviluppa quando un corpo viene fatto rivoluire intorno ad un centro. Si è precisato che tale forza è equivalente al prodotto della massa del corpo per la sua accelerazione centrifuga, ma con ciò si è data una relazione matematica che se pur sperimentalmente accertata, tuttavia non chiarisce affatto il mistero.

    Infatti, alla domanda: accelerazione rispetto a che cosa? Taluno risponde: rispetto al centro; tal altro, come Einstein, risponde: rispetto alle masse astrali circostanti dell'Universo.

    Noi invece, coerenti alla nostra teoria, che una massa non può manifestare forze od accelerazioni se non è urtata da altre masse solide, liquide o gasose, possiamo chiarire che la forza centrifuga di un corpo in rotazione è dovuta alla sua accelerazione centripeta rispetto allo spazio fluido immobile in cui è immerso, è dovuta cioè alla resistenza che tale spazio oppone all'accelerazione centripeta del corpo. Fra la massa che ruota e lo spazio ambiente, vi è un'accelerazione relativa. Ergo: il reticolo che costituisce il corpo si sposta contro lo spazio fluido che filtrando nei suoi vani investe gli atomi opponendo resistenza al loro movimento.

    La componente radiale di tale resistenza, è la forza centrifuga; questa dunque sì identifica con la componente radiale della forza d'inerzia.

    Notevole il fatto che con la Teoria delle Apparenze si arriva a dimostrare che gli effetti giroscopici si identificano con effetti Magnus. Del come si possono spiegare con la teoria anche i fenomeni contemplati da altre scienze, quali l’ottica, l'acustica, la termodinamica, l'elettrotecnica, ecc., diremo nei prossimi articoli.

    ILPRINCIPIO UNIFENOMENICO DEL MONDO FISICO

    Nei due articoli precedenti pubblicati su questa Rivista ho spiegato come i

    sistemi atomici ed astronomici che costituiscono la materia ed i suoi campi di forza, sono formati da ben determinate serie di sfere concentriche di spazio fluido rotanti, centro-mosse e che invece le varie forme di energia ondulatoria sono movimenti vibranti di spazio.

    Tale concezione ha il vantaggio rispetto alle altre, di conseguire la tanto e invano agognata unificazione qualitativa tra la materia, il suo campo e l'energia ondulatoria, poiché si vede chiaro come tutte queste tre manifestazioni risultano costituite dal movimento rotante o vibrante di un’unica sostanza: lo spazio fluido. Ha inoltre il vantaggio di unificare le miriadi di leggi che dominano le tre manifestazioni predette poiché tali leggi si possono condensare tutte nelle 5 equazioni generali della fluido-dinamica che perciò diventa la meccanica unitaria del Creato.

    Viene quindi il dubbio legittimo che nel mondo fisico oggettivo, non vi siano altro che movimenti di spazio e che tutti gli altri fenomeni, quali le forze, l'elettricità, il magnetismo, il suono, la luce, il calore, il sapore, l'odore, ecc., altro non siano che sensazioni soggettive che sorgono nella nostra psiche

  • allorché quei movimenti spaziali vengono ad infrangersi contro i nostri organi di senso (Principio unifenomenico).

    Che tale dubbio sia stato affacciato da Democrito e sia riaffiorato con Galilei, non può che rafforzare la probabile sua attendibilità; ma per tradurre l'opinione di quei due Grandi in un principio indiscutibile, occorreva darne le rigorose prove poiché le verità scientifiche non sono fondate su opinioni, ma sopra inconfutabili dimostrazioni fisico-matematiche e sperimentali.

    Come si possono raggiungere queste dimostrazioni? Considerando l'urto di due sfere materiali e valutando quali degli effetti conseguenti siano oggettivamente reperibili e quali invece non lo siano.

    Dimostrare cioè se dopo lo scontro di due corpi, siano oggettivamente reperibili le decelerazioni delle loro masse totali o costituenti, oppure siano reperibili le corrispondenti forze, calore, suono, luce, ecc. provocati dall'urto.

    Basterà allo scopo dimostrare che una di tali sensazioni, ad esempio la forza, è irreperibile fuori di noi oggettivamente, per estendere poi la

    dimostrazione a tutte le altre sensazioni, citate. Supponiamo perciò che una sfera di massa m1 in movimento rettilineo, subisca una decelerazione a1

    nell'urtare contro un'altra sfera immobile avente massa m2 e le imprima una accelerazione a2. Immaginiamo anche, per semplificare il calcolo, che

    nell'urto non vi sia alcuna dispersione in calore, luce, suono, ecc. e che la sfera urtante, dopo l'urto, resti immobile, come accade tal volta nel gioco del

    bigliardo. Potremo rappresentare questo fenomeno con la seguente equazione che

    eguaglia l'inerzia trasmessa a quella ricevuta:

    m1 a1 = m2 a2 (1)

    Sia il primo membro che il secondo, esprimendo il prodotto di una massa per un'accelerazione, sono equivalenti, per il principio del Newton, ad una forza F.

    Orbene, si tratta di accertare se la massa urtante m1 ha trasmesso a quella urtata m2 una forza od un'accelerazione, oppure entrambe.

    Se fòsse vero quest'ultimo caso, dopo l'urto, nella massa m2 si dovrebbe trovare sia la forza F, sia l'accelerazione a2, cioè si avrebbe:

    m1 a1 = m2 a2 + F (2)

    ma essendo F = m1 e a1 = m2 a2, sostituendo questi valori nella (2), avremo

    m1 a1 = 2 m1 a1 (3)

    la quale costituisce un assurdo matematico, essendo invece:

    m1 a1 ˂ 2 m1 a1 (4)

  • Questo non è un assurdo matematico, ma costituisce un assurdo fisico, perché si dice che dopo l'urto raccogliamo una forza di inerzia doppia di quella spesa per ottenerla. Se questo fosse, sarebbe possibile generale il moto perpetuo e le reazioni sarebbero maggiori delle azioni in netto contrasto con la legge basilare della meccanica classica convalidata da secoli di esperienza ed espressa dalla (1).

    Bisogna quindi concludere che la massa urtante abbia ceduto a quella urtata solamente una forza oppure solo l'equivalente inerzia data dal prodotto di cui al primo membro della (1).

    Ora poiché dopo l'urto, nella sfera urtata troviamo realmente la sua massa m2 e l'accelerazione a2, ne segue che tra le due sfere non si è trasmessa forza, ma solamente una accelerazione di massa. L'unica realtà esistente nel mondo fisico, dopo l'urto, è la massa urtata che accelera e non possiamo sostituire questa realtà fisica con una forza astratta irreperibile in tale mondo.

    Solamente se la massa urtante cozza contro i nostri organi di senso noi risentiamo una forza. Questa è quindi una sensazione che sorge esclusivamente nella nostra psiche allorché contro i nostri organi di tatto vengono ad infrangersi movimenti di materia solida, liquida, gasosa o sciolta allo stato di spazio fluido.

    Con eguale procedimento potremmo dimostrare che anche il suono, il calore, la luce, l'elettricità, ecc. che percepiamo in seguito all'urto dei corpi, non coesistono nel mondo fisico assieme alle equivalenti accelerazioni delle masse molecolari, atomiche che costituiscono i corpi urtati, perché tale coesistenza porterebbe ad assurdi matematici o fisici identici a quello che abbiamo visto derivare dal supporre la forza e la corrispondente accelerazione di massa come entrambe reperibili nel mondo fisico.

    Potremo quindi concludere che nel mondo fisico oggettivo a noi esterno non esistono né forze, né elettricità, né magnetismo, né suono, né calore, né luce, né odori, né sapori, né qualsiasi altra sfumatura di queste sensazioni, ma esistono solamente in esso le accelerazioni materiali corrispondenti.

    Tutte le sensazioni citate sono quindi apparenze del mondo fisico, suscitate però realmente nella nostra psiche dalle equivalenti decelerazioni di masse contro i nostri organi di senso.

    L'importanza del principio unifenomenico consiste nel fatto che esso ci fa comprendere come ad ogni fenomeno fisico costituito da un particolare moto dello spazio, corrisponde uno speciale fenomeno psichico costituito dalla sensazione suscitata in noi allorché quel movimento di spazio incide sui nostri organi di senso.

    Con 10 equivalenze psicofisiche che generalizzano la legge d'inerzia del Newton, ho dimostrato quanto sopra, svelando che non è solamente la sensazione di forza che è equivalente al prodotto della massa per l'accelerazione, ma anche tutte le altre sensazioni citate sono equivalenti a tale prodotto.

  • Per la prima volta nella scienza si vengono così a considerare oltre ai fenomeni fisici oggettivi (movimenti di spazio), anche quelli psichici correlativi (sensazioni) che sorgono nel soggetto osservatore e che sinora sono stati arbitrariamente trascurati, per quanto essi, per essere i soli da noi percepiti direttamente, hanno una esistenza molto più evidente e certa di quella dei fenomeni fisici. Così, ad esempio, il suono è un fenomeno fisico se si considera la vibrazione atmosferica che lo produce, mentre invece è un fenomeno psichico se si considera la sensazione acustica che tale vibrazione produce nella nostra psiche allorché quella vibrazione viene a colpire la membrana del timpano d nostri orecchi.

    Per il fatto che noi percepiamo direttamente il suono e non la vibrazione atmosferica corrispondente siamo più certi del primo che è un fenomeno psichico, che della seconda che è un fenomeno fisico.

    Contrariamente a quanto ritenuto sinora i fenomeni psichici (spirituali) sono quindi sperimentalmente e direttamente più accertabili di quelli fisici e noi dobbiamo almeno concedere la stessa credibilità ad entrambi. Ma con ciò l'antica concezione di Galilei, tutt'ora seguita dalla Scienza, di applicare il metodo sperimentale esclusivamente ai fenomeni fisici escludendo quelli psichici e l'osservatore che li contempla e valuta, viene ad essere enormemente ampliata sino ad includere questi ultimi.

    Questa importantissima estensione comporta un riesame approfondito di tutte le scienze e specialmente di quelle tramontate o di avanguardia contemplate dalla metapsichica, che implicando fenomeni psichici ed il soggetto osservatore, possono trovare nell'estensione citata del metodo di Galilei le basi teoriche e sperimentali di indiscussa validità atte a liberarle dalla taccia di occultismo ed a spiegarne razionalmente e chiaramente i fenomeni sinora avvolti nel mistero.

    Quest'ultima considerazione è di capitale importanza per i problemi trattati in questa Rivista, in merito ai quali ci proponiamo di ritornare nel prossimo articolo, per metterli in relazione con la Teoria delle Apparenze.

    MARCO TODESCHINI

  • BATTAGLIA LETTERARIA – Messina – luglio-ottobre 1953

    I riflessi filosofici e semantici di una scienza unitaria

    Se si dà uno sguardo al panorama storico della filosofia e della scienza, si rimane colpiti da uno strano fatto : mentre nel 600 la nascente scienza sperimentale fondata da Galileo escludeva il soggetto osservatore e si orientava decisamente verso l'oggetto, verso la materia ed i suoi fenomeni, ritenendoli uniche verità assolute; la filosofia invece, vecchia di millenni, con Cartesio cominciava proprio allora a seguire una strada che l'avrebbe condotta all'idealismo scettico prima su ogni possibilità di conoscenza e negante poi la stessa esistenza del mondo esterno oggettivo, per ritenere reale solamente lo spirito del soggetto osservatore.

    La scienza e la filosofia così risalgono da quell'epoca ad oggi due vie diametralmente opposte, ma che evidentemente le portano ben lontane dalla verità, poiché è chiaro che se la materia ed i suoi fenomeni hanno in noi delle rappresentazioni mentali soggettive, è anche vero che per suscitare tali rappresentazioni qualche cosa di reale oggettivo deve esistere fuori di noi, per quanto esso possa essere diverso da quello che percepiamo.

    Si tratta quindi di discernere le realtà oggettive da quelle soggettive che le rappresentano. Questa avrebbe dovuto essere l'arduo e primo compito della scienza sperimentale. Dico arduo perché già una serie di filosofi, con Kant in testa, avevano giudicato impossibile conoscere la realtà oggettiva, la cosa in se, il « noumeno » dico primo perché già dal 5° secolo a. C: Senofane di Colofone ci aveva avvertito che l’essere delle cose non è direttamente percepibile ed il non essere ci inganna con le sue apparenze.

    In verità l'uomo non ha altri mezzi per conoscere il mondo oggettivo se non gli organi di senso. Lo scienziato descrive infatti i fenomeni conformemente alle sensazioni di luce, colore, suono, sapore, odore, forza, elettricità ecc., che essi suscitano nel suo spirito, direttamente o tramite apparecchi rivelatori.

    Ma queste sensazioni non ci mostrano l'essenza oggettiva delle cose, ma l'apparenza soggettiva, e ciò perché gli stimoli meccanici che ci denunciano i fenomeni quando colpiscono i nostri organi di senso non solo vengono alterati da questi, ma addirittura trasformati in altri di natura spirituale (sensazioni) da parte della psiche ultima rivelatrice di essi.

    La rappresentazione soggettiva di ogni fenomeno è quindi funzione di tre azioni: una fisica, una biologica ed una psichica, per cui bisogna conoscere ciascuna delle tre per determinare cosa sia veramente la realtà oggettiva e quella soggettiva. E poiché sinora ciò non è stato fatto, le qualità dei fenomeni ci sono apparse ben diverse da quelle che sono e tutte le certezze della scienza

  • in merito vengono poste in dubbio. In base a tali chiare premesse, dedicai 30 anni di studi, esperimenti e

    ricerche per svelare e soprattutto dimostrare col rigore delle scienze esatte, quali fossero le realtà oggettive fisiche e biologiche e quali le realtà psichiche soggettive.

    Cominciai dalla ricerca delle realtà oggettive fisiche, e, dopo aver considerato che sia l'ipotesi di uno spazio cosmico vuoto, sia quella di uno spazio pieno di etere, non sono risultate adatte alla spiegazione della totalità dei fenomeni, tenendo presenti le obiezioni fatte ad entrambe, cercai una terza ipotesi più adatta allo scopo, e così giunsi a dimostrare che se si sostituisce all'etere imponderabile di aristotelica e cartesiana memoria, uno spazio tridimensionale, sostanziata di densità costante e mobile come un fluido, i movimenti rotanti di questo costituiscono i sistemi atomici ed astronomici che ci appaiono come materia, ed i movimenti ondulatori invece, quando colpiscono i nostri organi di senso, suscitano nella nostra psiche le sensazioni di luce, calore, elettricità, suono, odore, sapore, ecc.

    Poiché tulle queste sensazioni sono esclusive attività psichiche, ne consegue che esse sono realtà del

    mondo psichico soggettivo, mentre invece sono apparenze del mondo fisico oggettivo, Da ciò la rivelazione che noi viviamo in un mondo buio, silente, atermico, inodore, incolore, e privo anche di forze, elettricità, e magnetismo, ma percorso solamente di movimenti di spazio - fluido che perciò è l’unica realtà del mondo fisico oggettivo, il « noumeno » di Kant, che per tal modo resta svelato.

    La realtà oggettiva è quindi costituita di movimenti di spazio: quella soggettiva invece dalle sensazioni che tali movimenti suscitano nella psiche allorché vengono ad infrangersi contro i nostri organi di senso.

    Ad ogni fenomeno fisico, costituito da un particolare movimento di spazio, corrisponde quindi uno speciale fenomeno fisico costituito dalla sensazione suscitata nel nostro spirito allorché quel movimento colpisce i nostri organi di senso.

    Con 10 equivalenze psico-fisiche, la prima delle quali è l'equazione di inerzia del Newton, ho potuto dimostrare matematicamente le relazioni tra i movimenti spaziali oggettivi e le corrispondenti sensazioni suscitate nella psiche.

    Ho introdotto cosi, per la prima volta nelle scienze esatte, i fenomeni psichici sinora arbitrariamente trascurati per quanto la loro esistenza sia sperimentalmente più accertabile di quella dei fenomeni fisici.

    Infatti il suono, ad esempio, è un fenomeno fisico, se si considera la vibrazione atmosferica che lo produce, mentre invece è un fenomeno psichico se si considera la sensazione che tale vibrazione produce nella nostra psiche, allorché viene a colpire la membrana del nostro orecchio.

  • Per il fatto che noi percepiamo direttamente il suono e non la vibrazione atmosferica corrispondente, siamo più certi del primo che è un fenomeno psichico che della seconda che è un fenomeno fisico.

    Contrariamente a quanto ritenuto sinora i fenomeni psichici (spirituali) sono quindi sperimentalmente e direttamente più accertabili di quelli fisici e noi dobbiamo per lo meno concedere la stessa credibilità agli uni quanto agli altri. Ma con ciò l'antica concezione di Galilei, tuttora seguita dalla scienza, di applicare il metodo sperimentale esclusivamente ai fenomeni fisici, escludendo il soggetto osservatore ed i correlativi fenomeni psichici, che in lui sorgono, viene ad essere enormemente ampliata sino a comprendere questi ultimi.

    In tal modo io porto la scienza sperimentale a considerare le vie del soggettiviamo già percorse dalla filosofia, fornendo però ad entrambe le prove fisico-matematiche e sperimentali che alle realtà fisiche oggettive (movimenti di spazio), corrispondono realtà psichiche soggettive (sensazioni) che non si possono più negare perché entrambe matematicamente e sperimen- talmente accertabili.

    La « Psicobiofisica » da me elaborata viene quindi a conciliare le opposte tesi soggettivistiche ed oggettivistiche assunte dalla filosofia nei secoli, ed armonizza il pensiero scientifico e quello filosofico, con aumento di prestigio per entrambi.

    Mi prometto negli articoli successivi di sviluppare altri punti interessanti su questo argomento.

    Marco Todeschini

  • ORIENTAMENTI NUOVI – Casale Monferrato (AL) – 31 gennaio 1954

    La teoria delle apparenze

    Siamo lieti che il Prof. Dottor MARCO TODESCHINI abbia accolto il nostro invito per esporre la sua Teoria Ielle Apparenze, che tanto interesse ha sollevato nel mondo perché ha preceduto di molti anni la relatività di Einstein, superandola nettamente. Essa infatti non solo unifica le leggi che dominano la materia, il suo campo e le varie forme di energia ondulatoria, ma svelando anche le relazioni che corrono tra i fenomeni fisici, biologici e psichici, li inquadra in una scienza unitaria: « La Psicobiofìsica », la quale è la più vasta, chiara e completa sintesi dell'Universo possibile ai nostri giorni.

    La concezione elettronica del sistema nervoso che da tale Teoria è stata dedotta, costituisce la base scientifica per spiegare i fenomeni della metapsichica che interessano i lettori della nostra Rivista.

    Il Todeschini fu collaboratore di Marconi e Levi-Civita. Per molti anni fu Ordinario alla Cattedra di Meccanica Razionale ed Elettrotecnica al Biennio di Ingegneria. E’ Membro di parecchie Accademie e Società Scientifiche italiane ed estere. La sua « Psicobiofisica » è stata introdotta nelle Università degli Stati Uniti ed ha dato luogo a due grandi raggruppamenti di scienziati: il Movimento Psicobiofisico Europeo, ed il Movimento di Integrazione Culturale americano che fa capo al Prof. Margenau, Ordinario di Fisica alla Università di Yale.

    Due ipotesi contrarie si contendono da secoli la spiegazione dei fenomeni naturali: quella dell'etere e quella del vuoto.

    La prima ipotesi suppone lo spazio dell’universo occupato da un fluido detto etere le cui vibrazioni, a seconda della frequenza, provocherebbero luce, calore, elettricità, magnetismo, ecc. Queste energie si propagherebbero quindi da un punto all'altro dello spazio col dilatarsi delle onde prodotte in tale mezzo fluido, allo stesso modo cioè come in uno stagno d'acqua si trasmettono le oscillazioni prodotte in esso dalla caduta di un sasso.

    La seconda di queste ipotesi, invece, suppone che le masse materiali dell'Universo siano circondate da vuoto e che le energie radianti sopracitate siano dovute all'emissione rapidissima di corpuscoli da parte della materia.

    Ma, come ha detto Dante: « Per la contraddizione che nol consente » non si poteva ammettere contemporaneamente che l'Universo fosse pieno di etere per spiegare una parte dei fenomeni e fosse vuoto invece per spiegare la

  • rimanente parte, epperò si rendeva necessario un esperimento atto ad assicurare, una volta per sempre, se l'etere esisteva o meno. Perciò nel 1900 l'astronomo Michelson ideò ed effettuò tale esperimento che diede esito negativo.

    In base a ciò la scienza moderna ripudiò l'etere ed ammise il vuoto. Ma con questo non si poteva più spiegare né la natura ondulatoria né il propagarsi delle energie radianti sopracitate. In altre parole la scienza, per bocca di uno dei suoi più eminenti cultori, l'Heisemberg, fu costretto ad ammettere di non poter spiegare le modalità con le quali avvengono i fenomeni, né trarne i dati quantitativi esatti perché questi venivano alterati dai mezzi usati per rilevarli. Insomma, per evitare ima crisi escludendo l'etere, si è caduti in un'altra crisi ancor più grave.

    Mi sorse così il dubbio che l'esperimento Michelson non fosse atto a provare l'esistenza del vuoto, e questo tanto più che tale esperimento era stato eseguito per confermare solamente se esisteva un etere immobile, il che lasciava adito al dubbio che ne esistesse invece uno mobile e parzialmente mobile assieme ai corpi celesti.

    Mi chiesi allora il perché l'ipotesi dell'etere e dei suoi movimenti, che avrebbe potuto spiegare tutti i fenomeni, fosse stata in ogni secolo prima ammessa e poi ripudiata, e con una profonda e vasta indagine storica riuscii a stabilire che la crisi della scienza moderna risaliva sino alle origini della scienza sperimentale.

    Infatti, tale crisi prendeva forma dalle opposte teorie di due giganti del pensiero: Cartesio e Newton, poiché il primo ammetteva un Universo pieno di fluido i cui vortici movevano gli astri, ed il secondo invece ammetteva un Universo con vuoti siderali assoluti nei quali gli astri potessero muovere senza attrito eternamente, spinti da forze misteriose di gravità da se stessi emanate.

    Newton per decidere se fosse vera la sua ipotesi o quella del rivale Cartesio, aveva perciò misurato le velocità di rivoluzione delle molecole intorno ai centri di vortici di acqua, e trovando che esse seguivano una legge differente da quella dei pianeti intorno al sole, ne aveva concluso che questi non erano immersi in vortici di fluido, ma bensì si muovevano nel vuoto. Da ciò il Newton elevava contro l'ipotesi dell'etere quattro obiezioni formidabili, le quali proiettandosi come anatemi sino ai giorni nostri demolivano alle basi qualsiasi concezione fluidodinamica dell’Universo.

    Mi avvidi così che contrariamente a quanto ritenuto sinora, Michelson non era stato il primo ad ideare ed effettuare un esperimento per provare o meno l'esistenza dell'etere, poiché era stato preceduto da Newton con un esperimento ben più inattaccabile.

    Per molti anni meditai su tale esperimento ed alfine mi apparve chiaro che Newton non avrebbe dovuto misurare le velocità de le molecole di un vortice

  • di acqua, ma bensì le velocità dei galleggianti immersi in tali vortici, ciò perché i pianeti dovevano considerarsi galleggianti immersi nel vortice solare di etere e non molecole di questo. Seguendo tale concetto infatti produssi speciali vortici forzati in acqua ed immersi in essi delle piccole sfere di legno. Potei constatare che esse seguivano le leggi del moto dei pianeti.

    Restava così demolita l'obiezione capitale del Newton contro l'avvento della teoria fluidodinamica dell'Universo ed in varie memorabili esperienze effettuate presso diversi Centri Superiori dello Stato, riuscii a riprodurre i moti astronomici.

    Immerse poi due sfere rotanti attorno ai loro assi polari, in una vasca d'acqua, sì che il liquido producesse intorno ad esse i rispettivi campi rotanti, constatai che le due sfere si attraevano e respingevano a seconda che il loro moto era equiverso o controverso e che la forza di attrazione ora inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza, in perfetta corrispondenza alla legge di gravitazione universale.

    Avevo quindi scoperto il modo ed il meccanismo di originare e trasmettere la misteriosa forza di gravitazione con la quale si attraggono tra di loro i corpi e dimostrato che essa è un'apparenza della spinta fluidodinamica che esercitano tra di loro i gorghi prodotti dagli atomi costituenti della materia.

    Per quanto questa scoperta fosse sensazionale, di più alta importanza mi apparve subito il fatto che avendo demolito con tale esperimento le obiezioni di Newton, potevo ora procedere a costituire una teoria fluidodinamica dell'Universo.

    Per ragioni che qui sarebbe troppo lungo esporre fui costretto però ad escludere un fluido eterico, e così per sostituirlo nelle sue azioni pervenni alla concezione che lo spazio non fosse solamente una estensione geometrica, ma bensì avesse anche una densità e mobilità propria come un qualsiasi fluido o liquido. Con numerose prove sperimentali legate da una serie di relazioni matematiche ho dimostrato inoppugnabilmente queste scoperte.

    Pervenni così ad istituire una meccanica universale: la spazio-dinamica, dalle cui equazioni generali dedussi tutte le relazioni matematiche che esprimono le leggi che regolano i fenomeni relativi alle varie branche della scienza.

    Sono giunto così a spiegare con semplici e chiare azioni spazio dinamiche anche i fenomeni naturali più misteriosi, raggiungendo la sintetica visione che l'Universo è' costituito da spazio fluido ponderale i cui moti vorticosi costituiscono la materia, ed i cui moti vibratori suscitano nella psiche le varie sensazioni (forze, elettricità, suono, luce, calore, sapore, odore, ecc.).

    A questo punto, dopo lunga meditazione, feci una scoperta che ritengo la più rivoluzionaria: quella cioè del principio unifenomenico per cui l'unico fenomeno possibile nel mondo fisico è il movimento dello spazio. Dimostrai matematicamente tale principio, che porta alla certezza che le varie sensazioni

  • sopraccennate sono esclusive attività dell'anima, prodotte dalle decolorazioni dello spazio contro i nostri organi di senso.

    L'enorme importanza di ciò sta nel fatto che per la prima volta nella scienza, si vengono a considerare, oltre ai fenomeni fisici, gli equivalenti fenomeni psichici. Così ad esempio, il suono è fenomeno fisico se si considera la vibrazione atmosferica che lo produce, ed è invece fenomeno psichico se si considera la sensazione sinora che tale vibrazione produce nell’anima.

    Tale concetto è confermato dal fatto che dalle cinque equazioni generali della spazio-dinamica mi fu possibile dedurre dieci equivalenze psico-fisiche che generalizzano la legge d’inerzia del Newton, dimostrando che non è solamente la forza che corrisponde al prodotto della massa per l’accelerazione, come ritenuto sinora, ma bensì che anche tutte le altre sensazioni sono equivalenti a tale prodotto.

    Consegue da tutto ciò una strabiliante certezza: e cioè che le sensazioni essendo attività esclusiva dell'anima dimostrano l'esistenza di questa.

    Tutte le sensazioni quindi mentre sono realtà del mondo psichico, sono apparenze del mondo fisico. Noi viviamo quindi in un Universo senza luce, suoni, odori, sapori, e privo anche di forze, di elettricità e magnetismo, poiché tutte queste sensazioni sono prodotte esclusivamente nell’animo dal movimento dello spazio, unica realtà oggettiva costituente l’Universo.

    Considerando poi che i fenomeni fisici sono percepiti dagli organi di senso del corpo umano e degli altri animali, e che tali organi, in base al principio unifenomenico, non potevano trasmettere sensazioni, ma bensì esclusivamente delle vibrazioni materiali, pervenni alla scoperta che la costituzione ed il funzionamento di ciascuno di essi, nonché quello degli organi di moto automatici o volontari, sono simili a quelli degli apparecchi teletrasmittenti a filo che l'uomo ha inventato per i propri scopi pratici.

    Marco Todeschini

  • AZIONE ITALIANA – Bergamo – 01 gennaio 1956

    LA PSICOBIOFISICA SCIENZA UITARIA DEL CREATO

    LA SPAZIO – DINAMICA

    La questione più importarne della fisica si può in una semplice domanda: «Qual è la causa del movimento della materia?»

    Sembra facile rispondere a tale quesito perché è evidente che un corpo può muoversi urtandolo con un altro corpo solido od investendolo con una corrente liquida o gassosa. Ma contro questa certezza sperimentale, sta il fatto che vi sono anche dei corpi che sembrano muoversi senza essere urtati da altri, come ad esempio: un pennino quando viene attratto da una calamita, un grave che cade verso Terra, i pianeti che si muovono intorno al Sole, le stelle che corrono in tutte le direzioni, gli elettroni che rivoluiscono intorno al nucleo atomico, ecc..

    Ora, per spiegare i movimenti di questi corpi, o si ammette che siano trascinati da correnti di una sostanza fluida invisibile (etere); oppure si ammette che siano attratti da altri corpi circostanti vicini o lontani, mediante misteriose forze gravitiche od elettromagnetiche che si propagano ancor più misteriosamente nel vuoto.

    Dì qui, la nascita di due ipotesi contrarie per spiegare i fenomeni: quella di considerare le masse materiali dell’Universo immerse in uno spazio cosmico pieno di etere; e quella di considerare invece tali masse immerse in uno spazio cosmico assolutamente vuoto.

    Ma nessuna delle due ipotesi si è dimostrata finora valida a spiegare la totalità dei fenomeni e perciò tenendo conto delle obiezioni mosse da entrambe nel corso dei secoli sono giunto a scoprire che, se si sostituisce all'etere sinora considerato imponderabile ed immobile, uno spazio che oltre ad avere un’estensione geometrica tridimensionale, sia sostanziato anche di densità costante e sia mobile come un fluido liquido o gassoso, con i movimenti dì questa unica sostanza primigenia si possono non solo spiegare qualitativamente e quantitativamente tutti i fenomeni, ma si possono anche conciliare le due opposte tesi.

    Infatti, se noi vediamo roteare in alto dei granelli di polvere, possiamo pensare che siano mossi da un turbine d’aria; oppure che a ciascuno di essi siano applicate delle forze. E per quanto noi non possiamo vedere né l’aria, né le forze, tuttavia dal movimento del pulviscolo siamo autorizzati a dedurre con pari legittimità scientifica, o l’esistenza di un vortice dì aria, o quella delle equivalenti forze. Così, il movimento dei pianeti intorno al Sole, può essere

  • concepito come causato da un vortice di spazio fluido e denso invisibile, oppure dalle equivalenti forze gravitiche aventi sede in uno spazio vuoto ed immobile.

    Da ciò consegue che: «Ogni variazione di velocità di un corpo abbandonato a sé stesso può essere considerata o come prodotta da correnti di spazio fluido e denso che decelerando contro il corpo lo trascinano a descrivere le sue traiettorie; oppure come prodotta dalle forze che emanando da masse materiali, si propagano in uno spazio vuoto ed immobile (campo gravitazionale od elettromagnetico)».

    Questo importante principio di equivalenza è inoppugnabile perché basato sula legge d’inerzia del Newton che ci autorizza appunto a sostituire le forze motrici delle masse, con l’urto di un fluido (spazio mobile).

    In base a tale principio di equivalenza sono scientificamente legittime entrambe le ipotesi e non solamente quella del vuoto, come presumono erroneamente certi fisici moderni. Questi infatti, ammettendo uno spazio vuoto, curvabile e sede di forze, veniamo in sostanza ad attribuirgli tutte le caratteristiche dello spazio fluido inerziale da me sostenuto.

    In base al principio di equivaleva succitato, è incontestabile che noi possiamo scegliere con pari legittimità scientifica o l’una o l’altra ipotesi; ma prendendo quella di uno spazio mobile e denso si ha l'enorme vantaggio di ridurre tutti i fenomeni a chiare e semplici azioni fluido-dinamiche; mentre invece adottando l’ipotesi del vuoto si è costretti a far ricorso ad iperspazi non euclidei, come quelli ideati dal Minkowski, de Sitter, Milne, ecc., che per avere più di tre dimensioni ed essere commisti ibridamente col tempo, riducono l’idea del mondo ad una pura astrazione inconcepibile ed irreale, come quella di Einstein. E ciò senza contare che anche con tali iperspazi non e potuto sinora svelare il meccanismo che fa sorgere la materia, che fa sorgere le forze del campo a lei circostante, che fa sorgere le varie forme di energia ondulatoria, che spiega come queste si trasmettano a distanza, né sì è potuto scoprire la sostanza primigenia che compone la materia, il suo campo e le varie forme di energia ondulatoria, né unificarne le leggi; scoperte ed unificazioni tutte che viceversa l’ipotesi dello spazio fluido-dinamico consegue in pieno.

    Infatti, nelle mie opere ho dimostrato che il meccanismo e l’essenza intima dei seguenti fenomeni: materia, peso, massa, gravità, inerzia, elettricità, magnetismo, suono, calore, luce, sapore, odore, azioni chimiche, astronomiche ed interazioni tra onde e corpuscoli, sono apparenze tutte di una unica realtà fisica oggettiva: il movimento dello spazio.

    Vengono così unificate le varie scienze esatte in una sola madre di tutte: la spazio-dinamica che assurge perciò all’importanza di meccanica universale.

    Con ciò le miriadi di fenomeni e di leggi che hanno tenuta sinora divisa la scienza in branche diverse, vengono ridotte a poche e chiare azioni

  • fluidodinamiche rette solamente da 5 equazioni matematiche, con enorme semplificazione di concetto e di calcolo.

    UNIFICAZIONE DEI FENOMENI FISICI

    Tre sono le manifestazioni del mondo fisico: la materia, il suo campo e l’energia ondulatoria.

    La materia si manifesta aggregata in sistemi che vanno dall’atomo alle stelle. Tali sistemi sono tutti costituiti da una massa sferica centrale rotante su sé stessa attorno alla quale rotorivoluiscono, a distante varie, altre masse sferiche planetarie. La struttura dei sistemi atomici ed astronomici è quindi simile e l’intuito ci suggerire che le forze che tengono avvinte le loro masse dovrebbero essere della stessa natura; mentre invece si è postulato sinora che gli elettroni siano vincolati al nucleo da forze elettriche colombiane ed i pianeti invece siano vincolati al Sole da misteriose forze di graviti newtoniane. Per unificare le leggi che dominano tali sistemi, occorre anzitutto unificare la natura delle loro forze. Per comprendete poi quale sia il loro meccanismo, occorre indagare come il moto delle masse centrali sia collegato e trasmesso a quelle periferiche planetarie.

    Cominciamo perciò a vedere come con la spazio-dinamica si possa spiegare il sistema atomico che è la base di tutta la materia.

    L'atomo, (fig. 1) essendo costituito da una sfera centrale di spazio (nucleo) che ruota rapidamente su sé stessa, trascina in movimento per attrito lo spazio fluido circostante, che si muove suddiviso in strati sferici concentrici i quali assumono velocità di rotazione decrescenti da quello centrale di minor raggio a quello periferico di raggio maggiore, ove il moto si estingue per eccesso di attrito rispetto alla forza motrice centrale ancora disponibile. Gli strati mobili sferici di spazio compresi fra il nucleo centrale e la superficie esterna di sponda immobile costituiscono il campo energetico dell’atomo.

    Il nucleo centrale ed il campo risultano così entrambi costituiti di spazio fluido in rotazione, ed appare chiaro l'unificazione qualitativa fra materia e campo, unificazione invano cercata sinora dai fisici.

    I successivi strati sferici concentrici di spazio fluido, avendo velocità di rotazione diversa, generano tra di essi, per accartocciamento, la rotazione di piccole sfere di spazio che costituiscono gli elettroni planetari. Questi, ruotando intorno al loro asse polare ed essendo investiti dalla corrente circolare di spazio del campo, sono soggetti all'effetto Magnus. Perciò risentono di una spinta F che si può scomporre in due: una Ft tangente alle linee di moto circolare che provoca il movimento di rivoluzione dell'elettrone intorno al nucleo; ed una Fc diretta verso il centro che costituisce la forza che equilibra quella centrifuga che l'elettrone sviluppa per effetto del suo moto di rivoluzione. Questa forza centripeta Fc ha quindi lo stesso ufficio della

  • Fig. 1

    forza elettrica che sinora si era supposta per spiegare l'attrazione degli elettroni verso il nucleo. Così resta svelato che la forza elettrica tra nucleo centrale ed elettrone periferico si identifica ed è un'apparenza della forza spazio-dinamica.

    Lo stesso meccanismo regge i sistemi astronomici. II Sole infatti, essendo una sfera che ruota su sé stessa, trascina in moto per attrito gli strati sferici di spazio fluido concentrici, con velocità decrescenti sino alla superficie di sponda. Tali strati mobili costituiscono il campo fluido-dinamico del sistema. I pianeti essendo sfere ruotanti su sé stesse ed immerse nella corrente di spazio circolante attorno al Sole, sono soggetti parimenti all'effetto Magnus e perciò risentono di una spinta F la quale può scomporsi in una Ft tangenziale che provoca il loro movimento di rivoluzione, ed una Fc che equilibra quella centrifuga sviluppata per effetto del moto di rivoluzione del pianeta. Questa forza Fc ha quindi lo stesso ufficio della misteriosa forza di gravità newtoniana, la quale così resta svelata nella sua natura fluido-dinamica.

    Cosi la forza elettromagnetica e quella di gravità risultano fisicamente «una cosa sola», sono cioè entrambe apparenze della forza fluido-dinamica, la quale è l'unica che domina la materia dall'atomo alle stelle.

    Con esperimenti effettuati nel 1936 al Centro Studi ed Esperienze del Genio Militare, ho potuto dimostrare che la concezione predetta risponde a realtà fisica. Infatti, immerso in una vasca d'acqua una sfera rotante, ho prodotto così nel liquido un campo circolante centro-mosso, ed immerse in questo delle sfere planetarie ho potuto constatare che queste, trascinate dal liquido a rivoluire intorno al centro, seguivano le leggi del moto dei pianeti

  • intorno al Sole e degli elettroni intorno al nucleo. Ho potuto anche constatare che la sfera centrale attraeva quelle planetarie con una forza inversamente proporzionale al quadrato della loro reciproca distanza, in perfetta armonia con la legge di gravitazione universale con la quale si attraggono i due frammenti qualsiasi di materia, ed in perfetta armonia con la legge con la quale si attraggono due masse elettriche o magnetiche.

    La forza di attrazione risultò funzione delle velocità di rotazione delle sfere ed indipendente dalle loro masse. Questo risultato ha ricevuto autorevole conferma sperimentale due anni or sono dal procedimento che Fermi ha usato per ottenere i mesoni dall'atomo di berillo, esperimento dal quale si è potuto constatare l'azione di misteriose forze non attribuibili a masse gravitiche od elettromagnetiche, e che risultano appunto quelle fluido-dinamiche previste dalla mia teoria.

    Einstein come spiega invece questi fenomeni? Egli sostiene che l'effetto di una massa materiale, non è quello di produrre intorno a sé delle forze di gravità come pensò Newton, bensì è quello di produrre delle curvature nel continuo spazio-tempo.

    La massa materiale del Sole avrebbe quindi la proprietà di produrre nello spazio vuoto circostante delle curvature ellittiche che servirebbero da binari ai pianeti in corsa. Ora è chiaro che non basta avere binari curvi e mettervi sopra un treno, ma occorre anche spingerlo con una forza, se si vuole muoverlo.

    Orbene, questa forza Einstein la esclude perché suppone che i pianeti e le stelle posseggono già un movimento indistruttibile, abbiano cioè inerente una inerzia perpetua.

    In definitiva Einstein sostiene che i pianeti si muovono perché... si muovono! Ma vi pare questa una spiegazione? Sorgono quindi le giustificate domande: — Come è possibile che lo spazio-tempo vuoto, cioè il nulla, possa curvarsi e possa inoltre offrire resistenze alle forze centrifughe che i corpi in movimento sviluppano su traiettorie curve? Perché la materia produce il campo e questo deforma lo spazio? Chi ha dato il movimento alle masse celesti?

    A tali quesiti, né Einstein, né i suoi sostenitori, hanno mai dato risposta. Con la mia teoria invece si vede come la rotazione della massa sferica del

    Sole trascina in movimento lo spazio fluido circostante, il quale a sua volta costringe i pianeti a rotorivoluire intorno all'astro; si comprende bene come il movimento della massa centrale sia collegato e trasmesso a quelle periferiche planetarie. Le forze che muovono la massa centrale le determinerò più avanti.

    Raggiunta così l'unificazione del campo elettromagnetico e gravitico, ho potuto dimostrare poi che le vibrazioni dello spazio, pur potendo avere

    frequenze diverse, non trasmettono oggettivamente che movimenti di spazio, privi di qualsiasi manifestazione di forza, di luce, di calore, di suono, di

  • elettricità ecc. e che queste manifestazioni sorgono esclusivamente in noi come sensazioni, allorché quelle vibrazioni colpiscono i nostri organi di senso.

    Così, come la materia ed il suo campo, si sono rivelati semplici movimenti rotanti di spazio, anche le varie forme di energia ondulatoria, altro non sono che movimenti vibranti di spazio, senza alcuna diversità qualitativa tra di loro, se non nella frequenza. La grande importanza di ciò sta nel fatto che la materia, il suo campo e l'energia radiante, vengono ad essere qualitativamente identici, essendo tutte tre oggettivamente considerate, solamente dei movimenti di spazio.

    LE BASI DELLA PSICOBIOFISICA

    In sostanza la mia teoria dimostra che l'Universo è costituito solamente di

    spazio fluido inerziale i cui movimenti rotanti costituiscono i sistemi atomici ed astronomici che ci appaiono come materia, ed i cui movimenti ondosi, quando colpiscono i nostri organi di senso, suscitano nella nostra psiche, ed esclusivamente in essa, le sensazioni di forza, elettricità, luce, suono, calore, sapore, odore, ecc.

    Queste sensazioni non esistono quindi nel mondo fisico oggettivo, sono apparenze di esso, mentre invece sono realtà psichiche soggettive

    Ne segue la rivelazione che noi viviamo in un mondo buio, silente, atono, inodore, incolore, insipido, e privo anche di forze ed elettricità, ma animato solamente da movimenti continui od alterni di spazio fluido, che solo quando vengono ad infrangersi contro i nostri organi sensori, li pongono in oscillazione e suscitano nella nostra psiche le sensazioni predette.

    Ad ogni fenomeno fisico, costituito da un particolare movimento di spazio, corrisponde quindi uno speciale fenomeno psichico, costituito dalla sensazione suscitata nel nostro spirito allorché quel movimento colpisce i nostri organi di senso.

    Con 10 equazioni psico-fisiche che generalizzano la legge di inerzia del Newton, ho dimostrato la corrispondenza tra le decelerazioni della materia contro il corpo umano e le sensazioni che sorgono nella psiche, svelando che non è solamente la forza che corrisponde al prodotto della massa per l'accelerazione, ma bensì anche tutte le altre sensazioni sono equivalenti a tale prodotto.

    L'enorme importanza di ciò consiste nel fatto che si vengono ad introdurre nella scienza, oltre ai fenomeni fisici, anche i corrispondenti fenomeni psichici, sinora trascurati, per quanto innegabili come i primi.

    Cosi ad esempio, il suono è un fenomeno fisico se si considera solo la vibrazione atmosferica silenziosa oggettiva che lo produce; mentre invece è un fenomeno psichico se si considera solo la sensazione acustica soggettiva

  • che sorge nella nostra psiche allorché quella vibrazione silente viene a colpire la membrana del timpano dei nostri orecchi.

    Per il fatto che percepiamo il suono e non la vibrazione atmosferica corrispondente, siamo più certi del primo che è un fenomeno psichico, che della seconda che è un fenomeno fisico.

    Contrariamente a quanto ritenuto sinora, i fenomeni psichici (spirituali), sono quindi più accertabili di quelli fisici. Ma con ciò il metodo sperimentale di Galilei, tutt'ora seguito dalla scienza, di voler considerare solo i fenomeni fisici oggettivi, escludendo il soggetto osservatore, risulta inadeguato a descriverci la realtà e deve perciò essere riformato, cioè ampliato sino a considerare anche i fenomeni spirituali che in tale soggetto nascono, altrimenti si rischia di attribuire ai fenomeni fisici (movimenti di spazio), qualità che non hanno (sensazioni), proiettando queste ultime nel mondo oggettivo, mentre invece sono realtà psichiche esclusivamente soggettive.

    Infatti, i movimenti di materia solida, liquida, gasosa o sciolta allo stato di spazio fluido, che si infrangono contro il nostro corpo e ci denunciano i fenomeni fisici, non solo vengono alterati nella loro intensità e frequenza dai nostri organi di senso, ma vengono altresì trasformati in fenomeni di natura spirituale (sensazioni) dalla psiche che li percepisce e valuta sotto questa forma.

    Ogni fenomeno è così funzione di tre variabili: una fisica, una biologica, ed una psichica, e bisogna precisare ciascuna delle tre se si vuole discernere che cos'è la realtà oggettiva e quella soggettiva.

    Viene così chiarito che solamente quando vi è movimento tra spazio fluido, gli organi di senso e la psiche, può sorgere in questa una delle sensazioni citate. Ne segue che dalla duplice catena dei movimenti spaziali e degli oscillatori organici rispetto alla psiche, dipendono le qualità delle sensazioni da noi percepite, cioè le qualità che noi attribuiamo ai fenomeni.

    Così ad esempio, se facciamo oscillare una mano dentro l'acqua immobile sentiamo la sensazione di una forza ora sul dorso, ora sul palmo, perché vi è movimento relativo tra la mano ed il liquido. Se invece facessimo oscillare anche l'acqua alla stessa frequenza ed ampiezza, nessuna forza verrebbe da noi percepita. Allo stesso modo, quando un'onda atmosferica colpisce la membrana del nostro timpano sentiamo un suono; ma se noi potessimo far oscillare la testa con la stessa frequenza ed ampiezza dell'onda in arrivo, non udremmo nulla. Se variassimo invece l'oscillazione del capo, udremmo suoni diversi a seconda della variazione. Così dicasi delle altre sensazioni.

    Gli effetti della relatività dei movimenti non sono quelli di contrarre spazi e tempi per lasciare invariati i fenomeni, come ritenne Einstein, bensì viceversa sono quelli di lasciare invariati spazi e tempi e modificare invece i fenomeni, o meglio le loro apparenze in noi. Infatti, i fenomeni fisici (movimenti di spazio) e le loro qualità (sensazioni), vengono da noi percepiti

  • o meno e variano, a seconda che esistono o meno e variano i movimenti dello spazio e degli oscillatori organici rispetto alla nostra psiche, che perciò risulta per noi il sistema di riferimento assoluto di valutazione.

    Considerando poi che i movimenti continui od alterni dello spazio cosmico si infrangono contro il corpo umano che vi è immerso e ne pongono in risonanza gli oscillatori dei vari organi di senso a seconda della intensità e frequenza dell'onda incidente, ho potuto svelare la meravigliosa tecnologia elettronica del sistema nervoso e dimostrare che gli organi di senso, di moto e vegetativi, situati alla periferia del corpo e collegati tramite linee nervose agli apparati del cervello, sono costituiti e funzionano come apparecchi teletrasmittenti a filo azionati da correnti corpuscolari (elettroniche).

    Così ad esempio, l'organo della vista, è costituito e funziona come un impianto televisivo a filo. L'udito come un apparato telefonico. L'odorato, il gusto, il tatto, rispettivamente come telesuscitatori nella psiche di odori, sapori, forze, elettricità e calore. I nervi come conduttori di elettricità ed i loro neuroni come pile voltaiche di rinforzo delle correnti in linea. La materia grigia della spina dorsale come centrale di alimentazione elettrica di tutti gli organi e circuiti del sistema nervoso. Il cervelletto come un complesso di telepuntatori automatici ed a comando per orientare l'asse degli organi bilaterali di senso e di moto verso ima determinata direzione. Il cervello infine, come la centrale suprema in cui sono disposti tutti gli apparati riceventi delle correnti provenienti dagli organi di senso periferici; tutti gli apparecchi trasmittenti delle correnti destinate a teleazionare gli organi di moto periferici; tutti i dispositivi ipofisari per la regolazione automatica delle varie glandole secretive e dei corpuscoli periferici che presiedono alle varie funzioni vegetative; nonché i quattro centri psico-fisici nei quali la psiche ha le sensazioni comuni, quelle del linguaggio orale e scritto e quello dal quale comanda gli organi di moto.

    La psiche quindi ha sede di percezione ed azione in questi quattro centri cerebrali, perché solo in essi arrivano le correnti elettriche provenienti da tutti gli organi di senso che essa trasforma in sensazioni, solo da essi partono a raggera verso la periferia le linee nervose atte a trasmettere le correnti elettriche provenienti da tutti gli organi di senso periferici dietro suo comando.

    La psiche quindi è il comandante supremo del corpo umano, e, stando davanti agli apparecchi cerebrali, si serve dei ricevitori ivi collocati per avere sensazioni che la informano sul mondo fisico esterno, e si serve dei trasmettitori per manifestarsi in esso con movimenti; perché noi non possiamo esprimere il nostro pensiero, né compiere azioni, se non movendo qualche parte del nostro corpo.

    Ma poiché ho dimostrato che le sensazioni sono irreperibili nel mondo fisico a cui appartiene anche la materia cerebrale, esse devono sorgere in un

  • organo immateriale, cioè spirituale. La psiche quindi si identifica con l'anima, e, se le sensazioni ed i movimenti volontari sono sue esclusive attività, essi costituiscono le prove sperimentali dirette della di lei esistenza, e possiamo così dire: « Ho sensazioni e moti volontari, quindi ho un'anima », e possiamo anche proclamare: «L'anima; ecco l'uomo! ».

    LE PROVE SCIENTIFICHE DEL MONDO SPIRITUALE

    Immateriale, cioè spirituale. Ecco un punto da chiarire. Tutta la materia,

    anche la particella più piccola occupa spazio. Lo spirito e tutte le entità ed attività spirituali, non essendo per definizione materiali, non devono occupare spazio, pur durando nel tempo. Così ad esempio, il suono, la luce, il calore, l'odore, il sapore, le forze, l'elettricità, essendo sensazioni soggettive non occupano spazio, benché le vibrazioni materiali del mondo oggettivo che suscitano in noi tali sensazioni, occupano spazio. Anche il pensiero, essendo una combinazione di ricordi di tali sensazioni, non occupa spazio pur durando nel tempo. Non si può infatti riempire una bottiglia di pensiero, né di luce, né di suono, né di forze, ecc.; né si può vedere l'anima col microscopio e prenderla con le pinzette, come pretenderebbero certi positivisti.

    Insomma, io ho date le dimostrazioni che esistono entità materiali che occupano spazio e durano nel tempo, ed entità spirituali (sensazioni ecc.) che durano nel tempo senza occupare spazio. La condizione di esistenza di un'entità materiale o spirituale è che essa duri un certo tempo.

    Tali dimostrazioni le ho colte in due campi diversi: in quello fisico ed in quello anatomico.

    Nel campo fisico, ho considerato che nell'urto di due masse si può manifestare a noi, forza, suono, calore, e luce; entità che non esistevano prima dell'urto nei due corpi e perciò questi non possono dare dopo, ciò che prima non avevano. Nelle due masse invece sono reperibili esclusivamente le loro accelerazioni e quelle degli atomi ed elettroni che le costituiscono. Con equazioni matematiche ho dimostrato che la massa urtante non può trasmettere a quella urtata forza, suono, luce, calore, ed anche le equivalenti accelerazioni di masse, perché ciò porta all'assurdo matematico che una certa quantità di energia sia eguale al doppio di essa, oppure all'assurdo fisico che da una energia unitaria se ne possa ricavare il doppio. Bisogna quindi con- venire che nei corpi urtantisi è reperibile una sola delle due forme di energia: o l'accelerazione delle masse, oppure le equivalenti forze, suono, luce, calore. E poiché prima, durante e dopo l'urto, noi troviamo le masse e le loro acce- lerazioni, bisogna convenire che le energie citate sorgono esclusivamente in noi sotto forma di sensazioni a causa delle vibrazioni che le masse urtate trasmettono al mezzo ambiente (aria o spazio fluido), e questo ai nostri organi di senso.

  • E' questo un risultato inoppugnabile perché basato su rigorose equazioni matematiche. Esso ci assicura che tutti i fenomeni fisici si possono ridurre ad uno solo: movimento ed urto di massa (principio unifenomenico del mondo fisico) e che tali urti, a seconda della loro intensità e frequenza, suscitano in noi sensazioni varie, compresa quella di forza (principio polifenomenico del mondo psichico). Ne segue, che il corpo umano, non può ricevere dall'esterno sensazioni, né può crearle in proprio nella materia cerebrale, perché anche questa appartiene al mondo fisico ove tali sensazioni sono irreperibili; esse sono quindi immateriali ed appartengono ad un mondo immateriale, cioè spirituale che dura nel tempo, ma non occupa spazio.

    A tale risultato sono pervenuto anche partendo dal campo anatomico. Infatti, il nervo ottico che va dalla retina dell'occhio ai centri corticali, non può trasmettere luce perché è costituito di materia che non è trasparente alla luce, è opaco. Inoltre, le fibre di tale nervo sono costituite come conduttori di elettricità, ed ho potuto dimostrare sperimentalmente che allorché percepiamo luce, tali fibre sono percorse da correnti elettriche di intensità e frequenza varianti a secondo del colore suscitato in noi. Tale esperimento è stato ora ripetuto dal Prof. Brigg, della Brown University, con lo stesso risultato. Questo ci assicura che le linee nervose di tutti gli organi periferici di senso trasmettono al cervello esclusivamente delle correnti elettriche, cioè delle successioni di urti tra elettroni ed atomi. Se noi invece percepiamo delle sensazioni di forza, luce, suono, calore, odore, sapore ecc., vuol dire che in tali centri deve esistere un'entità (psiche) che trasforma tali correnti in sensazioni. Ma se tale psiche fosse costituita di materia, questa ricevendo gli urti corpuscolari, non potrebbe che trasmetterli alle proprie particelle costituenti. Poiché invece essa trasforma tali urti in sensazioni, vuol dire che non è costituita di materia, è immateriale, cioè di natura spirituale come lo sono infatti anche le sensazioni sue specifiche attività che abbiamo visto essere irreperibili nel mondo fisico, corpo umano compreso.

    L'enorme importanza di questa dimostrazione non sta solamente nel fatto che per la prima volta si è riusciti a dimostrare con argomenti esclusivamente fisico-matematici e sperimentali l'esistenza in noi di un'anima spirituale, ma anche nel fatto che si è provato con le stesse vie rigorosamente scientifiche che le forze sono sensazioni, sono irreperibili nel mondo fisico oggettivo, sono entità di natura spirituale, e poiché le forze entrano in tutte le relazioni della dinamica, noi non possiamo più negare le azioni del mondo spirituale su quello fisico.

    In base a questa certezza si può ora rispondere alla riserva fatta prima: «Da chi riceve e come conserva il moto rotatorio l'elettrone, pietra basilare della materia?». I fisici da Newton ad Einstein, non hanno risposto a tale domanda di pertinenza esclusiva della scienza. Or bene io rispondo così: «Gli elettroni sono sferette di spazio fluido in rapidissima rotazione su sé stesse. Le forze

  • che imprimono e mantengono questo movimento rotatorio, sono immateriali, come tutte le forze e perciò provengono dal mondo spirituale».

    All'origine, l'Universo era un'immensa distesa di spazio fluido immobile. Ad esso sono state applicate da parte del mondo spirituale, tante coppie di forze che hanno provocato la rotazione di piccole sfere di spazio, le quali per attrito hanno trascinato in rotazione strati sferici concentrici di spazio, generando così i campi rotanti centro-mossi dei positroni e degli elettroni, a seconda del senso di rotazione. Positroni ed elettroni, attraendosi tra di loro per effetto Magnus, hanno formato i nuclei, e questi gli atomi, e questi le molecole, e così via.

    Le forze del mondo spirituale applicate e mantenute allo spazio fluido ne hanno prodotto quindi i movimenti nei quali si identificano tutti i fenomeni del mondo fisico. La conservazione della quantità di moto in questo mondo è quindi dovuta alla conservazione dell'equivalente impulso delle forze corrispondenti da parte del mondo spirituale. Più chiaramente, nell'Universo il movimento dello spazio (materia) si può solamente trasferire da un punto all'altro; ma non si può né creare, né distruggere, poiché la quantità di moto in un sistema isolato come l'Universo, resta quella che è, resta costante. Bisogna quindi convenire che il moto è stato immesso nell'Universo da una causa esterna ad esso. La causa è costituita dalle forze immateriali del mondo spirituale e la loro permanente applicazione nel tempo, provoca la costanza della quantità di moto nell'Universo. La causa prima del movimento essendo esterna all'Universo è quindi trascendente, ed essendo immateriale, è di natura spirituale.

    L'aver tratto questi risultati esclusivamente col rigore del metodo fisico- matematico e sperimentale è di importanza immensa nel campo scientifico, filosofico e teologico, perché si giunge alla certezza scientifica dell'esistenza dell'anima umana, del mondo spirituale e di un Dio trascendente.

    Infatti, solamente dal mondo spirituale e dall'anima umana possono essere emesse le forze. La volontà di Dio è manifesta nelle leggi che coordinano e dirigono tali forze a muovere lo spazio in quei particolari modi atti a produrre tutti i fenomeni del mondo inorganico ed organico, corpo umano compreso, in modo che essi conseguano le finalità particolari e di insieme che Egli desidera; e l'anima umana invece, pur non potendo infrangere tali leggi fisiche, può sfruttarne la conoscenza per il suo benessere materiale o spirituale, o per fini nettamente opposti, avendo essa il libero arbitrio di usare la strumentazione organica del corpo umano posta a sua disposizione, nel modo che crede.

    Seguendo poi la catena degli indici irreversibili delle finalità che dagli astri scende agli esseri dei regni minerale, vegetale, ed animale sino al corpo umano, ho dimostrato che lo scopo dell'Universo risulta quello di consentire la esperienza terrena dell'anima umana. Universo e corpo umano risultano

  • così mezzi di difesa per l'anima umana. Ma dal fatto che ogni mezzo di difesa implica una intelligenza che lo abbia ideato, costruito e coordinato in modo che ogni sua parte e nel complesso risponda a quei precisi scopi di difesa automatica e comandata che gli vengano riscontrati, si deduce che l'esistenza dell'Universo e del corpo umano dimostrano quella di una Mente Suprema che li ha ideati, creati e li mantiene nel tempo.

    Ne segue ancora che poiché ogni mezzo di difesa a comando implica un'intelligenza che lo usi, l'esistenza del corpo umano in azione, dimostra l'esistenza dell'anima umana che lo guida.

    Tale anima ha la facoltà non solo di percepire sensazioni e far compiere al corpo moti volontari al fine di conservarlo in vita; ma ha anche quella di ricordare quelle sensazioni, combinarle variamente per formare il pensiero, comprendere, ideare ed esprimersi in linguaggio convenzionale orale, scritto o figurato sì da giungere al raziocinio astratto, al fine di intendere non solo i fenomeni, ma soprattutto di giungere a capire l'esistenza di se stessa, del mondo spirituale e di Dio, onde orientarsi verso di Lui eternamente.

    Da ciò appare chiaro che: «Lo scopo ultimo della scienza non è quello di soddisfare vanità di sapere, né quello di sfruttare le sue applicazioni pratiche per l’esclusivo benessere materiale od il basso egoismo degli uomini e delle Nazioni, ma bensì è quello di farci intravvedere nella infinita genialità di ogni cosa e nell'ordine dell'Universo, l'opera e l'esistenza del Creatore, e ciò in perfetta, armonia con lo scopo ultimo e supremo della nostra breve esistenza terrena».

    LA RIFORMA DEL METODO DI GALILEI

    Gli scienziati, da Galilei ad Einstein, furono ostinatamente oggettivisti e

    non vollero mai implicare nella spiegazione dei fenomeni naturali, né le cause prime del mondo spirituale, né l'anima del soggetto osservatore ed i fenomeni che in essa sorgono, ma ciò facendo hanno ridotta la scienza alla grave crisi odierna, denunciata dal Premio Nobel Heisemberg con queste testuali parole: «La scienza oggi ha rinunciato alla spiegazione dei fenomeni e dichiara la sua impotenza a ricavarne le leggi precise». Ma se la scienza rinuncia alle sue finalità basilari, non è più scienza e si degrada al livello di una bassa tecnica utilitaria atta solo a costruire trovati utili esclusivamente al bene materiale dell'umanità od al suo catastrofico sterminio, come la bomba H.

    Per superare tale crisi, ho dimostrato che occorre riformare il metodo sperimentale di Galilei. Questo dice: «Vero è ciò che si può provare sperimentalmente, cioè a base di osservazioni». Ora io non nego la validità di questa asserzione, ma insorgo contro la seguente falsa interpretazione di essa: «Dato di fatto, oggetto di esperienza è solo ciò che avviene fuori dal soggetto pensante. Questi non è un fatto di esperienza, non è oggetto di scienza

  • sperimentale». Io ribatto invece: «Non preoccupatevi se i fatti sono oggettivi o soggettivi, se sono materiali o spirituali. Ci vogliono certo le prove di fatto, ci vogliono i documenti, ma la realtà documentata accettiamola tutta, integralmente, qualunque essa sia». Una tale conclusione non va contro il principio di Galilei, ma anzi lo estende alle sue estreme conseguenze.

    Non è difficile osservare che la infelice ed arbitraria limitazione del principio sperimentale ai soli fenomeni oggettivi porta ad una tesi che suona così: «Nel mondo non esistono che fatti e fenomeni che occupano spazio, per cui una scienza per essere oggettiva non può considerare altro che fenomeni di natura materiale». Ma questo è un postulato che ha portato la scienza al materialismo e all'ateismo, e che gli scienziati hanno accettato aprioristicamente, cioè ad occhi chiusi, senza curarsi di documentarlo con la realtà dei fatti. E ciò in aperta contraddizione con il principio di Galilei stesso, secondo cui la verità non può provarsi che per via dell'esperienza.

    Gli scienziati da Galilei ad Einstein ci dicono: «Ciò che non si può vedere, udire, assaporare, odorare, sentire, non può essere oggetto di esperienza; non può diventare patrimonio di scienza, e se non è oggetto di scienza non può far parte delle nostre opinioni, delle nostre verità».

    Siamo perfettamente d'accordo — rispondo io — ma i colori e la luce che noi vediamo, i suoni e i rumori che noi udiamo, i sapori che noi gustiamo, gli odori che noi percepiamo, il calore, le forze, l'elettricità che noi sentiamo e

    che quindi sono oggetti della nostra esperienza, sono proprio percezioni soggettive dirette di quelle realtà spirituali (sensazioni) che l'odierna scienza

    agnostica e materialista ci vuole negare. In virtù del suo stesso principio sperimentale io risalgo alla dimostrazione scientifica delle realtà immateriali.

    Io propugno quindi legittimamente di estendere il metodo sperimentale di Galilei dai fenomeni fisico-oggettivi a quelli biologici e psichici correlativi che sorgono nel soggetto osservatore, perché ho dimostrato che solamente per tale via si riesce a spiegare esaurientemente ciascuno di essi, le loro relazioni reciproche e di insieme, risolvendo la crisi della scienza; solamente per tale via si raccolgono le dimostrazioni esclusivamente scientifiche dell'esistenza

    dell'anima umana, del mondo spirituale e di Dio, che riportano la scienza alla sua nobile tradizione di ricostruire il Divino Disegno unitario del Creato, già

    infranto in minutissimi pezzi e reso incomprensibile dalla crescente specializzazione della tecnica moderna; solo per tale via l'uomo non può rinnegare «l'amor che muove il Sole e l'altre stelle».

    A Dio si va per le vie della fede e per quelle della scienza. Di Lui ci parlano i Sacri Testi ed il gran libro dell'Universo.

    Marco Todeschini

  • MARCO TODESCH1NI

    II prof. ing. Marco Todeschini fu collaboratore di Guglielmo Marconi e Levi-Civita. Per molti anni fu Professore alla Cattedra di Meccanica Razionale al Biennio di Ingegneria S.T.G.M. E' Presidente del Movimento Psicobiofisico Europeo. Ha partecipato a molti Congressi Internazionali di Fisica. E' membro di varie Accademie e Società Scientifiche.

    La sua «Psicobiofisica» è stata ora introdotta come materia di insegnamento nelle Università degli Stati Uniti d'America. Opere principali:

    La Teoria delle Apparenze» Ed. Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo, pp. 1000, 158 ill.

    Psicobiofisica - Scienza unitaria dei Creato» Ed. M.P.S.M., pp. 333, 76 ill.

  • AZIONE ITALIANA – Bergamo – 01 febbraio 1956

    IL MISTERO DELLA MATERIA SVELATO

    Il 9 luglio 1954, Lo scienziato M. Schein annunciava alla Società di Fisica Americana la scoperta di una nuova particella materiale dotata di prodigiosa forza d'urto, le cui tracce erano state registrate su una lastra fotografica inviata a grande altezza a mezzo di un pallone sonda lanciato dall'Università di Chicago.

    Lo Schein riteneva che i raggi cosmici, cioè i nuclei di idrogeno di ignota provenienza mossi da potentissima energia, incontrando i nuclei costituenti l'alta atmosfera terrestre e disgregandoli, ne avessero fatto sortire la nuova particella, che per tal modo veniva concepita come un costituente nucleare.

    Molte altre ipotesi vennero invano formulate, finché l'esimio prof. Amaldi che dirige la gloriosa scuola di Roma, nella primavera del 1955, con una serie sistematica di esperienze ebbe modo di osservare, nelle emulsioni sensibili esposte ai raggi cosmici, un evento che corrispondeva all'annichilimento della materia, dovuto all'urto fra protone e la nuova particella. Così fu stabilito che questa ha una massa uguale al protone ed una carica elettrica opposta (negativa); perciò fu chiamata anti-protone.

    In seguito a tali risultati, il Premio Nobel E. Lawrence, già inventore del ciclotrone e del bevatrone, effettuò a Berkeley con i suoi assistenti E. Lofgren, E. Segre, C. Weigand, T. Ypsilandis, C. Chamberlain ed H. Steiner, esperimenti per ottenere artificialmente l'anti-protone, ed il 19 ottobre 1955 annunciò all'Università di California che mediante il bombardamento di protoni lanciati con un ciclotrone a velocità prossima a quella della luce contro una sottile lamina di rame, era riuscito a far sortire da questo metallo degli anti-protoni.

    La notizia sollevò enorme interesse perché le caratteristiche ed il comportamento della nuova particella