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“Le 3A nel bosco delle relazioni” Chi siamo Valeria Sono Valeria Margutti, ho partecipato al campo estivo “Le3A” in veste di educatrice, in particolar modo quello di accogliere i bambini al mattino. E’ stata una bellissima esperienza, nuova per me: mi ha permesso di imparare tante cose, soprattutto accompagnando Anna nei suoi lavori con i bambini. Sono qui per cercare di rappresentare, anche attraverso le immagini, quello che è stato fatto durante i mesi di luglio e agosto. Marcello Mi chiamo Marcello Bergamini, sono il padre di due bambini che hanno frequentato in questi anni il campo estivo. Sono parte del comitato genitori “Le3A” che, insieme e grazie alla collaborazione di Anna Bellini, ha pensato, organizzato e istituito questo campo estivo. Il comitato genitori “Le3A” che oggi rappresento è nato nella primavera del 2004 ed era allora formato da nove persone. La sua costituzione rappresentava in quel momento la conclusione di un itinerario di conoscenza e di stima reciproca fra il nostro gruppo di genitori e l’insegnante di scuola elementare Anna Bellini, che i nostri figli avevano avuto tre anni prima quando frequentavano la classe seconda. Eravamo venuti a conoscenza di una particolare modalità, per noi nuova, di stare insieme ai bambini e di prendersi cura di loro. Una modalità, che abbiamo imparato, nasceva dalle radici culturali e della formazione professionale di Anna Bellini presso il Movimento di Cooperazione Educativa (M.C.E. vedi nota n.1). Quando Anna Bellini è andata in pensione, il nostro rapporto è continuato modificandosi e, nel tempo, ha permesso l’approfondimento e la condivisione di alcuni temi relativi all’infanzia, ad esempio l’importanza della qualità e di alcune modalità della relazione, le caratteristiche di certe modalità di apprendimento che possono favorire il raggiungimento delle competenze cognitive e di sviluppo, attraverso dei percorsi individuali e collettivi legati alla creatività. Inoltre avevamo condiviso l’importanza che ci fosse un ambiente tranquillo, caldo, accogliente in cui i bambini potessero ascoltarsi l’un l’altro, mettersi in relazione per poter condividere e realizzare qualcosa di costruttivo. 1

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“Le 3A nel bosco delle relazioni”

Chi siamo

ValeriaSono Valeria Margutti, ho partecipato al campo estivo “Le3A” in veste di educatrice, in particolar modo quello di accogliere i bambini al mattino. E’ stata una bellissima esperienza, nuova per me: mi ha permesso di imparare tante cose, soprattutto accompagnando Anna nei suoi lavori con i bambini. Sono qui per cercare di rappresentare, anche attraverso le immagini, quello che è stato fatto durante i mesi di luglio e agosto.

MarcelloMi chiamo Marcello Bergamini, sono il padre di due bambini che hanno frequentato in questi anni il campo estivo. Sono parte del comitato genitori “Le3A” che, insieme e grazie alla collaborazione di Anna Bellini, ha pensato, organizzato e istituito questo campo estivo.Il comitato genitori “Le3A” che oggi rappresento è nato nella primavera del 2004 ed era allora formato da nove persone. La sua costituzione rappresentava in quel momento la conclusione di un itinerario di conoscenza e di stima reciproca fra il nostro gruppo di genitori e l’insegnante di scuola elementare Anna Bellini, che i nostri figli avevano avuto tre anni prima quando frequentavano la classe seconda.Eravamo venuti a conoscenza di una particolare modalità, per noi nuova, di stare insieme ai bambini e di prendersi cura di loro. Una modalità, che abbiamo imparato, nasceva dalle radici culturali e della formazione professionale di Anna Bellini presso il Movimento di Cooperazione Educativa (M.C.E. vedi nota n.1).Quando Anna Bellini è andata in pensione, il nostro rapporto è continuato modificandosi e, nel tempo, ha permesso l’approfondimento e la condivisione di alcuni temi relativi all’infanzia, ad esempio l’importanza della qualità e di alcune modalità della relazione, le caratteristiche di certe modalità di apprendimento che possono favorire il raggiungimento delle competenze cognitive e di sviluppo, attraverso dei percorsi individuali e collettivi legati alla creatività.Inoltre avevamo condiviso l’importanza che ci fosse un ambiente tranquillo, caldo, accogliente in cui i bambini potessero ascoltarsi l’un l’altro, mettersi in relazione per poter condividere e realizzare qualcosa di costruttivo.

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A questo punto nacque l’idea di cercare un ambiente stabile nel quale dar vita a quella sorta di progetto che era scaturito da queste riflessioni.L’estate, come ben si sa, è un periodo un pò critico per tutte le famiglie che hanno impegni di lavoro. Abbiamo pensato così di impiantare un nuovo campo estivo nel quale i nostri bambini potessero passare delle giornate in un ambiente disteso, accogliente, nel rispetto dei ritmi individuali ma anche, e questo conta molto per noi, che fossero seguiti da educatori preparati ed in grado di instaurare delle relazioni di cura e di ascolto positive. Ed è da queste riflessioni che sono nate “Le3A” , che significano Accogliere, Ascoltare e Amare.Avevamo accarezzato l’idea, in un primo momento, di trovare una vera e propria casa che potesse favorire la creazione di un clima sereno ed il più possibile simile ad un ambiente domestico, ma questo non ci fu consentito per via dei costi d’affitto.Siamo così ricorsi ai Servizi Comunali di Ferrara e successivamente ad una Direzione Didattica della zona Sud.Queste istituzioni ci hanno gentilmente concesso l’utilizzo della scuola elementare Bruno Ciari di Cocomaro di Cona, dove già da quattro anni si svolge durante i mesi estivi di luglio e agosto il nostro campo.Questa scuola si è rivelata nel tempo particolarmente idonea, essendo una struttura tutta a pianterreno, dotata di numerose stanze, ampie, con comunicazione fra l’interno e l’esterno, per cui i bambini hanno la possibilità di circolare tra dentro e fuori in un ambiente di totale sicurezza.Queste caratteristiche ambientali, unite alla scelta, per noi restrittiva in senso economico, di limitare l’affluenza al campo ad un numero massimo di 15 bambini per settimana, hanno consentito in questi anni ad Anna Bellini e ai suoi collaboratori, che devo riconoscere sempre qualificati, di dar vita a quelle relazioni di cura e di ascolto che hanno rappresentato e rappresentano lo spirito fondante del nostro comitato e del progetto educativo “Le3A”. In questo contesto si sono attuate le attività laboratoriali di cui Anna Bellini presenterà alcuni frammenti.Queste peculiarità : il numero limitato a 15, la costante relazione d’ascolto, la cura e le competenze, hanno contribuito a creare il terreno favorevole soprattutto per accogliere bambini diversamente abili seguiti da un educatore specifico, ad ospitare gratuitamente per brevi periodi, bambini di diverse nazionalità e, contemporaneamente, hanno consentito la presenza di bambini di età diverse, fino ad un’età quasi adolescenziale.Infatti negli ultimi due anni il campo si è arricchito di un nuovo gruppo di ragazzini di scuola media: I Ràga.

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Nel periodo in cui bambini e ragazzi sono insieme, i grandi in parte svolgono attività per conto loro con il proprio educatore, ed in parte fungono da “tutor” dei piccoli allestendo mini- gruppi in cui tenere laboratori vari in base alle competenze e ai desideri dei ragazzi. Ci sono ad esempio gruppi di musica, canto, danza, disegno, pallacanestro dove i piccoli si alternano guidati da uno o due grandi .Anche questa è stata un’esperienza molto positiva e costruttiva .Concludo brevemente ricordando le mostre organizzate una presso la Biblioteca Bassani e una presso la sala dell’Imbarcadero del Castello Estense, finalizzate sia a valorizzare quanto i bambini avevano prodotto durante l’estate precedente, che a stimolare un’attenzione critica verso ciò che si era andato facendo ed inoltre è stato un momento importante come forma di restituzione e di apertura al territorio.Alla fine del terzo anno, abbiamo messo in scena al teatro Sala Estense di Ferrara, uno spettacolo musicale in costume, un musical , “ Sulle ali del tempo”, che ha visto come attori e cantanti tutti i bambini e tutti i ragazzi che hanno partecipato al campo.Questa esperienza ha consentito in questi anni uno scambio reciproco e costruttivo di esperienze e di idee che è avvenuto sia tra genitori e genitori, che tra genitori ed educatori, pur nel mantenimento primario della maturazione anche affettiva dei nostri figli.

Anna

Mi chiamo Anna Bellini e desidero ringraziare vivamente tutte le persone che hanno visto in qualche modo nascere questo progetto de “Le3A”, ne hanno seguito lo sviluppo ed hanno continuato a crederci.Desidero ringraziare l’ENDAS provinciale di Ferrara che provvede alla copertura assicurativa degli educatori, dei bambini e dei volontari che frequentano il campo.Il progetto è partito da un momento di incontro, fra me ed alcuni genitori, in cui si è attivato una relazione autentica fondata sulla narrazione di sè attraverso l’ascolto reciproco.Provo una grande soddisfazione nell’essermi ritrovata nelle parole dei relatori che mi hanno preceduta, in particolare in quelle del dottor Riziero Zucchi, che vanno a convalidare il nostro fare e mi riconfermano l’appartenenza a quelle matrici culturali (...Vigotskj, Dewey, Brunner, Piaget, M.C.E...).Come è nata questa esperienza? In parte vi ha già parlato il dottor Bergamini. Dicevo prima con la dottoressa Bondi che quando abbiamo trovato questa sigla, era un momento particolare: imperversavano le tre I – Informatica, Inglese, Impresa, della legge Moratti -, e noi eravamo molto contenti di aver trovato queste tre A che, nel loro piccolo, potevano in qualche modo testimoniare con la nostra presenza una visione diversa dell’educazione e della realtà.

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Le 3A rispecchiano una modalità di essere che fa da sfondo affinchè ci siano le relazioni. Quando sono stata invitata a partecipare a questo convegno avevo moltissime cose da dire e da farvi vedere. Ho cercato di restringere il più possibile e ho focalizzato le immagini che vedrete.

Inizio dalla prima A che è ACCOGLIERE.Credo fermamente che l’accogliere e l’accoglienza non siano” progetti” da sviluppare o relegare in tempi determinati: i primi giorni dell’anno scolastico, alcune ore del giorno....., penso che sia un atteggiamento di fondo del sè e che perciò c’è sempre e comporta la sospensione del giudizio. Accogliere comprende la capacità di contenere le emozioni dei bambini, sapendo che anche lo sviluppo cognitivo si fonda sui rapporti relazionali, ed è possibile all’interno di un quadro relazionale positivo.E’ una forma di presenza-assenza che permette ai bambini di essere se stessi in tutta la propria individualità, senza essere ingabbiati da streotipi o moralismi.

L’immagine che vedete è la sintesi finale di un’attività precedente. Quel mattino i bambini erano venuti al campo diciamo “vivaci”, ed avevano tante parolacce da dire che di più non ce ne potevano stare. Quando sono arrivata Valeria, l’educatrice di turno, aveva i capelli dritti. Allora ho pensato di raccogliere tutte le parolacce che ogni bambino conosceva in tanti bigliettini.In quel momento qualche bambino ha detto “Ma io non le voglio scrivere, perchè tu dopo lo dici a mia mamma”. Questo la dice lunga su come noi adulti ci rapportiamo con i bambini, perdendo la loro fiducia.

Il rito è proseguito dando fuoco ai bigliettini. Finito il fuoco, c’era un grande silenzio in giardino quella mattina. Ho pensato di far ascoltare ai bambini il Silenzio. Ogni bambino doveva ascoltare una parola sola detta dal Silenzio, portarla con sè per poi mettersi a lavorare nella produzione delle pitture.

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Le pitture venivano svolte in piccoli gruppi, dove ognuno trovava il proprio spazio liberamente. Le pitture sono un momento importante di rielaborazione delle attività di tipo corporeo, sia che siano giochi o attività di drammatizzazione.

La seconda A è ASCOLTARE.Nella narrazione vi è una relazione reciproca, per cui colui che ascolta, poi, è anche quello che a sua volta si mette a raccontare. Ed è in questa posizione che è necessario mettere i bambini in modo che possano ascoltare: sentire sè e l’altro da sè.Credo sia importante per noi educatori e genitori saper guardare dietro gli stereotipi, per non rimanere prigionieri del contingente e della concretezza che spesso condizionano e ci impediscono di fare un piccolo salto per andare oltre.

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foto n. 4

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L’attività che vedete nelle foto, è stata svolta attraverso animazioni e giochi di riconoscimento in un processo di individuazione e di integrazione continuo. Le parole dei bambini riguardano la persona considerata in quel momento. L’altro viene percepito con le proprie contraddizioni ed ambivalenze. L’ immagine successiva racconta di un’amicizia nata da un incontro vissuto come una storia abbastanza difficile. Si è presentato un bimbo straniero che, proprio per la sua storia personale, presentava disagi nelle relazioni creando scompiglio nel gruppo. Per fortuna i genitori sono stati così attenti che, parlando insieme, hanno riconosciuto l’opportunità di far venire il bambino non solo per una settimana, come era stato concordato, ma per ben quattro settimane. Abbiamo così avuto il tempo per organizzare delle attività partendo da lui come centro.

Nella foto, i bambini hanno scritto della gioia e della rabbia, che sono emozioni contrastanti ed ambivalenti. Credo sia molto importante che i bambini imparino a riconoscere e nominare quelle che sono le emozioni, anche quelle contrastanti e ambivalenti in quanto ci appartengono come persone

La terza A è AMARE.Questa è una parola abusata, stereotipata, difficile. E’ difficile parlare di amore, è difficile perchè, forse, ne abbiamo paura. Abbiamo paura di esprimere cosa significa amare.Quando penso alla parola amare in educazione, penso a don Milani, al suo modo di amare con tutto se stesso. Credo che amare voglia dire sentire il “qui e ora” della e nella relazione. Una relazione educativa è porsi in funzione dell’altro, farsi sponda, assumersi la responsabilità come adulto che guida, contiene, sollecita, stimola...affinchè il bambino e il ragazzo vadano alla ricerca del proprio sè e della autonomia necessaria ad attivare la propria forza interiore. Credo sia necessario essere fedeli a se stessi, sentire, prendere a cuore, sentire sè e l’altro da sè.

In questi giorni, mentre preparavo la relazione, pensavo a Spinoza che, nel suo “Etica e trattato teologico politico” edizioni Utet, parla di “Potentia” che è una nostra parte interiore e ci mantiene in costante relazione con noi stessi, con gli altri e con il mondo. E’ una qualità che possediamo come esseri umani e che ci dà la possibilità di affrontare le difficoltà della vita. E’ appunto in questa direzione e in questa modalità

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che le attività del campo hanno cercato di concretizzare: l’attivazione della “potentia”, affinchè ogni momento di ludicità, espressione, riflessione, comunicazione e di cretività, potesse essere e diventare formativo.L’attività che vedete nelle foto, è partita da una conversazione con i bambini sulla disabilità di N.

Apro una parentesi. Credo sia fondamentale parlare ai bambini con sincerità, in modo semplice e chiaro, ma anche diretto. Negli adulti, che tendono a nasconderlo, nei bambini che non se ne rendono conto ma lo sentono, la disabilità provoca disagio. Per avviare una relazione autentica, ho attivato una conversazione sulla disabilità di N.Dalla conversazione era uscito che i bambini hanno paura della disabilità perchè pensano che possa essere una malattia e che possa essere trasmessa. Toccare un bambino disabile, che sbava, che non parla, e che ci mette veramente in crisi, fa paura. Qualcuno addirittura diceva che aveva paura di morire. Quindi dentro ai nostri bambini ci sono delle grosse emozioni e vanno stimolate ad emergere. Bisogna avere il coraggio di lasciarle esprimere, semplicemente perchè ci appartengono.Nell’arco della discussione i bambini sottolineavano la difficoltà di N. a parlare. Anche questo è uno dei disagi: non c’è la parola e sembra che non ci sia comunicazione. Allora ho chiesto “ Ma cosa esprime?” e loro rispondevano” Lui sa esprimere molto bene la gioia”.Noi diamo scarso valore al linguaggio corporeo e ai diversi linguaggi di cui anche il professor Zucchi parlava prima, che sono tutti quei linguaggi che parlano alla

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complessa rete delle percezioni, sensazioni, emozioni e portano all’astrazione, al linguaggio simbolico e al pensiero.Tornando a noi, hanno visto che il bimbo manifestava la sua gioia, come potete vedere dalla foto, con tutto se stesso. E di nuovo ho chiesto “Ma noi riusciamo a manifestare la nostra gioia?” E loro “Insomma!?!”.Quindi l’attività successiva è stata un’animazione musicale dove tutti i bambini potevano esprimere la propria gioia con il corpo.Qui purtroppo non si vedono le immagini dei bambini perchè al campo quest’estate abbiamo avuto una bella sorpresa: sono venuti i ladri e ci hanno portato via le macchine fotografiche, così ora tante immagini non si possono vedere. Si sono salvati i lavori...anche i ladri non ritengono importanti i lavori dei bambini!!!

I bambini poi hanno disegnato. Ognuno di loro si prendeva uno spazio lavorando però in gruppo; e questo ha un grande valore di socializzazione. Sopra il titolo c’è scritto “Io provo gioia quando...”Prima di dipingere le proprie pitture, ciascuno aveva detto quando provava gioia.Volevo farvi notare come i bambini per rappresentare le emozioni, i sentimenti, usino l’ astratto. Ho portato spesso testi di artisti contemporanei: Mirò, Kandinskij, Cuniberti, Mattioli, Morlotti, Vedova, Fontana, Burri... per avvicinare i bimbi a questa forma di arte che è sconosciuta a molti, ma ci dà uno spaccato della realtà di oggi.E’ una forma di pittura necessaria perchè collegata al pensiero simbolico, all’astrazione, e lo rappresenta. Penso che gli educatori debbano avere delle competenze sui vari tipi di linguaggi, in particolare su quelli che, come i disegni con i segni, le forme e i colori, sono le basi ,“ l’alfabeto” del pensiero simbolico che, a sua volta, forma i concetti e il linguaggio. Non bastano le attività sensopercettive per sviluppare queste funzioni del pensiero.

L’immagine si riferisce a un lavoro effettuato dopo un laboratorio di danza.Il tema del campo di quest’anno era lo “spazio” inteso nelle sue varie accezioni: fisico, sensoriale, interiore, simbolico, psicologico.

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Il laboratorio di danza, tenuto come ogni anno da Paola Gherardi, docente MCE, aveva attraversato i vari aspetti della Terra: la solidità dei sassi, della roccia e del terreno; l’umidità delle grotte, delle caverne, il movimento del mare, lo scorrere dei fiumi per le varie forme d’Acqua. La leggerezza e mobilità delle nuvole, l’energia dei venti per l’Aria. Lo scaturire del calore dal ventre della terra, la dinamicità e la flessuosità del Fuoco. Tutte queste caratteristiche fisiche dei quattro elementi sono state danzate con il corpo dai bambini, trasformate in danze rituali, messe in relazione con le cartteristiche interiori di emozioni, sentimenti e momenti vissuti nelle esperienze personali. Le analogie emerse e le trasformazioni da un elemento all’altro sono state infine rappresentate con materiali, forme e colori, che hanno stimolato pensieri, parole e scritture in un gioco circolare di comunicazione.

Dopo il laboratorio di danza (foto n.8 e 9), come accadeva con altre attività, i bambini lavoravano con me nella elaborazione di contenuti sperimentati durante i laboratori che, in genere, venivano attivati nelle mattinate. Come si può vedere il titolo è “Dal pesante al leggero” ed esprime con chiarezza la metamorfosi dalla Terra all’Aria che accade in natura e anche dentro di noi. Ho inoltre incluso la parola “Metamorfosi”, perchè parola pregnante e significante per tutti i processi di vita. L’ immagine n. 9 è il disegno di D., bambino disabile presente in tutte le attività che, pur avendo grosse difficoltà motorie, è riuscito ad esprimere la sua leggerezza.

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foto n. 8 foto n. 9

foto n. 10

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L’immagine n.10 si riferisce ad un momento di rilassamento, che avveniva regolarmente dopo il pranzo come tempo di benessere e quiete, dove i bambini dovevano visualizzare il loro angelo custode. Nell’ immagine di sinistra ci sono disegni stereotipati degli angeli e solo quello al centro è un’immagine astratta. Per avviarli alla creatività e all’astrazione è necessario aiutare i bambini ad uscire dagli stereotipi. Ho dunque chiesto ai bambini cosa c’era nelle immagini di uguale e di diverso, mi hanno risposto che il disegno al centro era privo di forma, ma si capiva ugualmente che era un angelo. E quindi, nello stesso tempo, si sono dati l’input per disegnare di nuovo, dando vita ad altri angeli con un linguaggio astratto. Dopo i disegni i bambini avevano inventato alcune belle poesie che ho raccolto in fascicoli.

Quest’altra immagine, foto n 11, appartiene ad un percorso che si snoda dalla fiaba alla ricerca di se stessi attraverso un processo di empatia e di riconoscimento.

La fiaba sa andare in profondità utilizzando l’ambiguità e l’allusività date dai contenuti fortemente emotivi ed esistenziali, è in grado di veicolare temi forti, ambivalenti e paurosi, che possono presentare un certo rischio emotivo, come ha detto il Bettelheim ne “Il mondo incantato”.Dopo la lettura di una fiaba di Basile “L’orsa”, tratta dal testo di Adalinda Gasparini“Le prime fiabe del mondo” in cui l’autrice, psicanalista younghiana, non effettua alcuna –pulizia- sui testi originali per lasciare al linguaggio la sua forza, ogni bambino ha cercato di trovare le caratteristiche dei protagonisti della fiaba, lavorando con le sagome naturali di due bambini e con i colori usati per denominare le caratteristiche scritte con le parole, realizzando una combinazione di più linguaggi che potenzia la ricerca.

La foto n. 12 è un’ immagine della festa con i genitori e di gioco-lavoro con Federica Loponte, educatrice dei bimbi diversamente abili. Guardandole mi sono resa conto che educatori, genitori...,gli adulti, in ogni situazione dovrebbero possedere una caratteristica fondamentale: l’autorevolezza amorosa che consiste nel rimanere in contatto con il proprio sè-bambino, continuando ad essere adulti responsabili all’interno della relazione bambino-adulto, che è sempre una relazione asimmetrica.

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La foto n. 13 indica il gruppo Ràga al lavoro! E’ la parte finale di un laboratorio condotto da un educatore, Giacomo Stefani, che è stato presente nel mese di Agosto con i più grandi con cui ha effettuato un percorso incentrato sull’ascolto dello spazio interiore.

I ragazzi, dopo un momento di pratica yoga, avevano visualizzato un albero immaginario in cui poter rispecchiare le caratteristiche personali di ciascuno. Dall’immagine ideale dell’albero si è passati a ritrovare la corrispondente immagine in un albero presente nel giardino della scuola, rispecchiando così un movimento interno-esterno, esterno-interno, come segno tangibile delle proprie elaborazioni mentali, date dal percorso senso-percettivo ed emotivo. Dalla relazione del progetto di Giacomo Stefani ”Sentieri nei boschi dell’identità: alberi, emozioni, colori” : “ L’obiettivo principale è stato quello di partire da strade diverse per poi far congiungere i due aspetti della ricerca, dove nella prima settimana all’interno di un gruppo si tendeva a far spiccare la personalità, il gusto e quindi l’individualità di ogni ragazzo all’interno di un sistema maggiormente legato agli altri; nella seconda settimana dopo un percorso invece più individuale si è voluto far confluire il lavoro verso un confronto con gli altri che tendeva a sottolineare le differenze e l’accettazione all’interno del gruppo partendo appunto da un lavoro maggiormente svolto dal singolo sulla ricerca dei propri valori”.

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foto n. 13

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Le immagini sopra sono prese dal laboratorio con i genitori “I castelli dell’identità”.

Tutti gli anni con Luciana Canetti, insegnante MCE, viene concordato un laboratorio che sviluppa le stesse tematiche del progetto del campo. Ciò avviene per creare situazioni di reale coinvolgimento dei genitori, per tentare di far assumere un senso di responsabilità sociale che deriva da una relazione aperta, e per dare ai bambini il senso di uno sfondo educativo di “insieme”, che dà benessere alle relazioni tra adulti e bambini.Il campo è pur sempre un frammento di società, e al suo interno si sviluppa un senso etico che tocca tutti i componenti.

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NOTE

(nota n.1)

Il Movimento di Cooperazione Educativa è un’associazione di educatori, insegnanti e dirigenti scolastici fondata sulla cooperazione, sorta in Italia nel 1951. E’ un movimento socio culturale che si sostiene grazie all’impegno delle persone che ne fanno parte. Alla base della pedagogia del M.C.E. c’è lo scambio tra educatori attraverso esperienze di laboratorio adulto che permettono di mettersi in gioco sul piano umano e professionale, per condividere idee e buone prassi intorno al mestiere dell’ educare. La pedagogia MCE si è caratterizzata per la ricerca sulla relazione educativa, sulle modalità di conoscenza e apprendimento, sulla sperimentazione metodologica. Le prassi educative del MCE mirano a favorire e progettare una cultura di pace e una convivenza ispirata ai diritti di cittadinanza per tutti e per tutte.Il MCE coniuga l’idea di cooperazione con l’impegno pedagogico-culturale e politico per il cambiamento sociale, e la declina nella formazione degli insegnanti attraverso stage, giornate di studio, corsi e incontri su esperienze e problemi educativi. Il MCE è presente nelle azioni a difesa della scuola pubblica, nelle sedi istituzionali e politiche, partecipa al Forum delle Associazioni che il MPI consulta sulle problematiche che investono la scuola attuale.Sito web: www.mce-fimem.it

Valeria MarguttiLaureata in Scienze dell’educazione, ha svolto alcune supplenze nella scuola elementare e tiene il servizio di accoglienza presso la Scuola Elementare di Cocomaro di Cona (Fe).

Marcello BergaminiMedico pediatra, svolge la sua professione in Ferrara città.

Anna BelliniDocente elementare in pensione, è stata negli anni ‘70 responsabile del Coordinamento Regionale dell’EmiliaRomagna del MCE, co-fondatrice insieme a Luciana Canetti del Gruppo Territoriale MCE. Ha tenuto e tiene corsi di aggiornamento e laboratori per adulti,educatori e insegnanti, bambini e ragazzi, presso varie Associazioni e presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione di Bologna. Dal 2001 è responsabile del progetto educativo Le3A.

Paola GherardiDocente elementare tuttora in servizio nelle scuole di Bologna, è parte del MCE, diplomata al Mousikè e alla Scuola di psicomotricità IFRA, in cui svolge tuttora un laboratorio triennale di formazione per psicomotricisti.

Federica LoponteLaureata in Psicologia, ha lavorato come insegnante di sostegno nelle scuola materne comunali.

Giacomo StefaniDiplomato come dirigente di comunità (ITAS), ha svolto attività di educatore presso il CIF,scuola materna di Ferrara, presso l’Arci e presso la coop Il Germoglio, con la quale tuttora collabora nella gestione di progetto per adolescenti. Svolge la sua attività educativa presso la Comunità Socio-residenziale “Opera don Calabria, Città del Ragazzo”.

Luciana CanettiDocente elementare in pensione, è stata co-fondatrice del Gruppo Territoriale Ferrarese MCE insieme ad Anna Bellini, responsabile del GT dagli anni ’80 fino agli anni ’90, ha fatto parte del Gruppo Redazione del MCE, ha svolto attività di aggiornamento e laboratori per educatori, insegnanti, genitori, presso vari Enti, Associazioni e Scuole. Attualmente svolge un servizio di volontariato con le Cooperative ferraresi Anffas e Serena, attuando percorsi di teatro con ragazzi e adulti diversamente abili.

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