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G. FIORANI - A. PROFUMO - M. GASCO - P. GUALTIERI - P. GAVAZZI “L’EVOLUZIONE DEI MODELLI ORGANIZZATIVI: IMPLICAZIONI PER L’EFFICIENZA E LA REDDITIVITA’DEI GRUPPI BANCARI” Interventi tenuti nellʼambito del Seminario su: “Redditività, patrimonio e mutamenti organizzativi nelle banche italiane” S. Marco - Perugia, 15 marzo 2002 Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa Università Cattolica del Sacro Cuore Facoltà di Scienze Bancarie Finanziarie e Assicurative QUADERNO N. 201

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G. FIORANI - A. PROFUMO - M. GASCO - P. GUALTIERI - P. GAVAZZI

“L’EVOLUZIONE DEI MODELLI ORGANIZZATIVI:IMPLICAZIONI PER L’EFFICIENZA

E LA REDDITIVITA’ DEI GRUPPI BANCARI”

Interventi tenuti nellʼambito del Seminario su:“Redditività, patrimonio e mutamenti organizzativi nelle banche italiane”

S. Marco - Perugia, 15 marzo 2002

Associazioneper lo Sviluppodegli Studi diBanca e Borsa

Università Cattolicadel Sacro Cuore

Facoltà di Scienze Bancarie

Finanziarie e Assicurative

QUADERNO N. 201

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Sede: Presso Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano, Largo A. Gemell i , n. 1Segreteria: Presso Banca Popolare Commercio e Industria - Milano, Via Moscova, 33 - Tel. 62.755.1Cassiere: Presso Banca Popolare di Milano - Milano, Piazza Meda n. 2/4 - c/c n. 40625

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Università Cattolicadel Sacro Cuore

Facoltà di Scienze Bancarie

Finanziarie e Assicurative

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“L’EVOLUZIONE DEI MODELLI ORGANIZZATIVI:IMPLICAZIONI PER L’EFFICIENZA

E LA REDDITIVITA’ DEI GRUPPI BANCARI”

Interventi tenuti nell’ambito del Seminario su:“Redditività, patrimonio e mutamenti organizzativi nelle banche italiane”

S. Marco - Perugia, 15 marzo 2002

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Dott. Gianpiero FIORANI,Amministratore Delegato Banca Popolare di Lodi

Modelli organizzativi e struttura dei costi nei gruppibancari

L’argomento al centro della discussione di questa tavolarotonda è molto impegnativo, in quanto il focus è posto suproblematiche di assetto organizzativo “ottimale”, checonsentano la migliore combinazione tra struttura dei costi,dimensionamento degli investimenti, risultati reddituali. Sitratta di un punto di equilibrio sempre variabile nel tempo,caratterizzato anzi da elevata volatilità , ancheindipendentemente dalla “missione” aziendale.

Su tutto questo si innestano poi i delicati aspetti dellacorporate governance in cui interagiscono questioni di dirittosocietario (in corso di rivisitazione in relazione all’iniziativagovernativa di riforma, che è nella fase dei decreti“delegati”), profili di status di società quotata, i rapporti congli stakeholders (azionisti, mercati finanziari, collaboratoriinterni ed esterni…)

In questa sede affrontiamo gli aspetti più squisitamenteorganizzativi della gestione bancaria; l’intervento sul temarichiamato nel titolo è strutturato in 3 passaggi:• Una trattazione di alcuni profili caratteristici dei modelli

organizzativi in generale;• Gli interventi delineabili in materia di struttura dei costi;• L’esperienza del Gruppo Bipielle al riguardo.

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Profili dei modelli organizzativi

Come è tipico di questa materia, la scelta di modelliorganizzativi non ha una validità assoluta, in sé, ma in quantofunzionale ad una determinata strategia. Gli stessi modelliorganizzativi sono a loro volta una semplificazione, unaforzatura di una realtà che è più complessa e che tende adavere un’incessante evoluzione: possiamo comunque rilevarel’esistenza di un approccio di tipo “divisionale” ovvero ditipo “federale”, in relazione al maggiore o, rispettivamente,minor grado di accentramento della struttura. Inoltre, aseconda che il vertice del gruppo finanziario sia rappresentatoda una entità con esclusive funzioni di Holding o sia invececostituito da un’azienda Capogruppo che svolge ancheattività operative, possono distinguersi due ulteriori profiliorganizzativi rilevanti.

In Italia, il panorama creditizio manifesta una accentuatadinamicità. La crescita della concorrenza, di caratterepermanente e strutturale, inasprisce la potenziale vulnerabilitàdelle singole istituzioni finanziarie al ciclo congiunturale edancor di più agli shock imprevisti, innescando una sorta diselezione naturale, che impegna le aziende a ricercare edattuare soltanto scelte efficienti in grado di assicurare unasopravvivenza non più in altro modo garantita: in questocontesto, ogni errore di valutazione diventa cruciale e lestrutture devono fornire tutta la flessibilità di adattamentonecessaria, mantenendo sempre la coerenza di fondo.

Di fronte a uno scenario di riferimento così mobile, unmodello organizzativo risulta di successo e profittevole seriesce a svilupparsi in simbiosi con l’ambiente circostante,perseguendo un assetto industriale in grado di monitorare inmodo coerente l’evoluzione dei processi con la missionaziendale. Ma un ulteriore requisito è necessario: unacorporate governance che apporti un forte contributo distabilità in linea con l’obiettivo di uno sviluppoeffettivamente sostenibile per l’azienda.

Il concetto di “crescita sostenibile” è chiaramente

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connesso al tema della definizione della dimensioneottimale. Questa non è predeterminabile quantitativamentema risponde alla necessità del raggiungimento nel tempo dieconomie di scala e di scopo. Infatti, è da osservare che:• proprio per effetto delle operazioni di concentrazione, la

dimensione media degli intermediari bancari si innalzavelocemente, a ritmi superiori alla crescita dei mercati diriferimento;

• in secondo luogo (e qui richiamo la coerenza di fondo),questa dimensione ottimale è in funzione della mission edella situazione di partenza dell’azienda;

• essa però, possiamo dire, si colloca di certo al di sopradella dimensione minima, quest’ultima espressa comequella che assicura soltanto la sopravvivenza del gruppofinanziario mediante le società captive disponibiliall’epoca corrente.

Le strade per raggiungere la dimensione ottimale(comunque individuata) ed al tempo stesso per imprimere unsignificativo upscaling dimensionale sono finora statepercorse con maggiore frequenza e rapidità di risultatimediante crescita esterna tramite acquisizioni eaggregazioni; la distinzione tra queste due modalità non ècerto di poco conto.

Le operazioni di cessione del controllo originano daldesiderio di crescere dell’acquirente (condizionato dalle suedotazioni patrimoniali, il free capital, e dalla credibilità delsuo progetto industriale); le stesse trovano anche vincoli nellecircostanze (sia di origine interna aziendale che derivanti dalquadro normativo) in cui si trova il venditore.

A differenza delle acquisizioni, i processi di aggregazionecomportano ulteriori requisiti per il soggetto economicoattivo (l’aggregante): quest’ultimo deve aver dimostrato diessere in grado di sostenere la concentrazione con le propriecapacità di governo del progetto, che è sempre unacostruzione complessa, e con il suo assetto organizzativo.

Possiamo ulteriormente affermare che la scelta di un

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modello organizzativo, o meglio la sua riuscita in termini diefficacia, trascina il modello di crescita e ne condiziona illivello dell’impegno finanziario (rappresentato dal goodwillin caso di acquisizione); ne risultano evidentementecondizionate anche le opportunità, nella misura in cui leoperazioni di fusione pura o di Offerta Pubblica di Acquisto eScambio non impoveriscono il patrimonio.

La scelta della soluzione più appropriata , cioè piùcoerente con i fattori condizionanti, genera valore egarantisce la qualità della crescita sotto il profilopatrimoniale, economico, finanziario, manageriale.

L’intensità del processo di integrazione delle entitàacquisite o aggregate (il discorso qui si applica ad entrambele modalità) può oscillare tra i due estremi dell’aggregazionesu base federale e della fusione pura.

Nell’esperienza economica vi è ampia elencazione dei“pro e contro” di ciascuno dei due estremi di questa scala diintensità; in linea generale, è però da riconoscere che lafusione presenta, guardando all’insieme dei pregi e difettiriconoscibili, una sua attrattività:• assorbimento di banche minori, con scarsa giustificazione

economica;• applicazione di scelte unificanti, ma di impatto

tipicamente dirompente;• esasperazione dei processi di taglio dei costi e di risparmio

di risorse umane;

L’intensità di integrazione

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• più brevi durate del processo di concentrazione.

Tra i due, Bipielle ha optato per un terzo percorso, unmodello di reti federate che salvaguarda il radicamentoterritoriale, coniugato con l’efficienza mediante la creazionedi company centers di eccellenza e attraverso progressiviinterventi di insourcing; attraverso questa metodologia,l’accentramento funzionale può progredire ancheindipendentemente dagli accorpamenti societari.

La scelta di questo metodo deriva dalla considerazione chese tali attività sono separate si può gestire più proficuamentele interrelazioni tra le funzioni, che in caso di concentrazionia “dosi forzate” potrebbero essere minate dall’eccessivacomplessità intrinseca dell’insieme.

Questa è la logica utilizzata dal Gruppo Bipielle con le

Unbuilding e Insourcing

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operazioni di accentramento funzionale e, in parallelo, dispin-off effettuate e in corso.

Gli obiettivi sono• il raggiungimento di un elevato livello di efficienza con

una contenuta struttura dei costi e• il miglioramento dell’offerta di prodotti e servizi alla

clientela, ma anche• un’ottimizzazione dei risultati nei confronti degli

stakeholders in genere.

Frequentemente è possibile, con adeguati investimentispecie sulla qualità delle risorse umane, far progredire unsemplice modello di accentramento di operatività a bassovalore aggiunto in un modello di centro d’eccellenzaspecialistico.

In questo àmbito, lo spin-off tecnologico si configura comecentro di servizio, così come le attività immobiliari; unacaratterizzazione del genere appare forse meno evidente peruna società di riscossione tributi, che però può fornireinteressanti prospettive una volta che sia adeguatamenteindirizzata.

La novità di questa fase storica è che ora esisteconcretamente la possibilità di compiere un salto di qualitàdell’assetto organizzativo, nel senso che oltre al recupero diefficienza sui costi si può puntare alle opportunità di ricaviincrementali in business specialistici correlati alla tipicaoperatività bancaria.

Come gestire questo processo in continuo di adeguamentomacro-organizzativo? In Bipielle è stata istituita una funzionededicata, che cura il process managing, che è una evoluzionedella figura del project manager già esistente da temponell’organizzazione.

Per realizzare i presupposti di riallocazione di attività, ilpunto focale di attenzione si è spostato sulla coerenza deiprocessi e la Capogruppo diventa il titolare del procedimento

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(process owner), identificando:• i target del progetto,• le metodologie,• gli indicatori caratteristici di performance.

In questa area di condivisione progettuale tra Capogruppo(process owner) e capi-azienda delle entità controllate sta ilconcetto di corresponsabilità, un difficile metodo dispiegatocon evidenza su un sottile filo di equilibrio, ma che èmigliore di altri percorsi gestionali suscettibili di innescareconflitti con maggiore facilità.

Il process managing diventa una funzione di Capogruppo agaranzia della coerenza tra strategia e modello organizzativoapplicabile da un lato e risultati che ne conseguono dall’altro.La funzione necessita di essere continuamente alimentata dainformazioni e dati al fine della sua continue revisioni atte amantenere una corretta valutazione dei processi di costantecambiamento.

I modelli organizzativi hanno anche un ciclo di vita, conmomenti critici riferibili non soltanto al loro tasso diobsolescenza e al loro declino.

L’azienda è tesa al raggiungimento di ulteriorimiglioramenti lungo lo stesso percorso di crescita fin tantoche cresce , ma solamente quando vede iniziare la sua curvadiscendente è stimolata a cambiare, passando su una nuovacurva di crescita. Se però questo salto avviene dopo il puntodi massima, la crescita si interrompe e tende ad arretrare, nelcaso migliore non va oltre il mantenimento della posizione.

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Se invece l’azienda trova al suo interno la forza e lemotivazioni per saltare sulla nuova curva prima di averraggiunto il culmine, si garantisce un ulteriore periodo dicrescita che la porterà verso un nuovo massimo. In talecircostanza, la cosa più difficile è individuare l’esatto timingdell’intervento di ri-potenziamento (revamping direbberoforse gli ingegneri) nonché la scelta della direzione verso cuiindirizzare gli interventi di rinnovamento.

L’applicazione di uno schema organizzativo valido edadatto allo scopo può di frequente essere condizionato dalraggiungimento di dimensioni minime critiche in grado disostenerlo, da un equilibrio quantomeno di natura logica tragli oneri della sua implementazione ed i ricavi ritraibili esoprattutto dal margine di profitto che la sua applicazione èsuscettibile di generare. Talvolta diviene necessarioprocrastinare la messa in opera del modello “ideale” fino ache non si realizzino sufficienti presupposti al suo sostegno,pur essendo consapevoli dei vantaggi che sarebbero derivatida una immediata applicazione. La casistica che si incontrapiù facilmente al riguardo attiene a delicati elementi digovernance che impongono la modifica dei tempi di messa aregime del modello.

I fattori alla base dei modelli organizzativi possono essereenucleati in:• dotazione di fattori strumentali per il successo, in

particolare nel campo delle piattaforme tecnologiche;• motivazione individuale delle risorse umane coerente con

la mission aziendale; • creazione e rafforzamento di una identità comune al

personale aziendale (la “corporate identity”).

Se la filosofia organizzativa aziendale è improntata a talicaratteristiche, si può realizzare un’organizzazione comequella rappresentata a seguire.

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A. Cooperazione intrinseca, cioè persone che lavoranoinsieme per obiettivi comuni e condivisi

B. Comunicazione estesa, basata su modalità di connessionedi media interni aziendali ed esterni

C. Conoscenza condivisa tra gli individui coinvolti nelprocesso di cambiamento, mediante un approccio diknowledge management

D. Comunità performante orientata all’innovazione, articolatain squadre capaci di autoregolamentazione.

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Gli interventi sulla struttura dei costi

Dalla struttura organizzativa aziendale discende unaspecifica struttura dei costi, da affrontare ai fini della lororiduzione. Al riguardo, sono individuabili 6 grandi modalitàdi intervento: ritiro da settori non aziendalmente strategici,effetto “leva” delle tecnologie dell’informazione,esternalizzazione di operazioni non strategiche,ridimensionamento di capacità, ristrutturazione, focussull’uso di strumenti a basso costo.

Queste macro-aree di intervento portano con sé lanecessità di monitorare nel tempo i risultati attesi: non èinfrequente il caso di riduzioni di costi in una singola areache incrementano costi di altre aree! Per quanto possasembrare ovvio e scontato, è meglio qui ribadire il concettoche strategie di riduzione dei costi sono strumentali ad altriobiettivi e non rappresentano un obiettivo in sé. Noi leabbiamo introdotte nel discorso in quanto esse generanorisorse necessarie ad investire nel futuro; l’adozione di sceltepotenzialmente incisive e dolorose diventa allora unimperativo cogente per l’impresa che vuol crescere.Rinunciare ad un dimensionamento adeguato degliinvestimenti a motivo dell’incapacità a gestire la struttura deicosti condanna inevitabilmente l’impresa a extra-rischiorganizzativi, tecnologici, operativi.

Ma l’attivazione di un circolo virtuoso di ottimizzazionedei costi è condizionato alla possibilità di gestire questi ultimie si evolve da taglio dei costi alla loro pianificazione; questa,a sua volta, innesca una pressione ad allocare in modo“ottimale” il capitale, tale da limitare da l’onere di coperturadei rischi operativi gravanti sull’organizzazione aziendale.

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Quanta parte del risparmio derivante dal cost cutting devee può essere reinvestita nei programmi d’investimento? Taledeterminazione è funzione del livello di efficienza raggiunto:maggiore è, più alto livello di risorse può essere generato perle immobilizzazioni. I risultati sono influenzati non soltantodalla dimensione dei costi ma anche dalla loro prevedibilità,dal loro grado di incertezza, in specie per la categoria deinuovi investimenti.

Ottimizzazione dei costi

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In Bipielle, gli interventi già completati sulla struttura deicosti si sono sostanziati in contratti-quadro riferiti a:• modulistica (produzione, distribuzione),• info-provider,• telefonia mobile e fissa,• logistica,• gestione assegni,• gestione retribuzioni,• centrale acquisti,• in generale, centralizzazione delle funzioni di costo.

Con la istituzione di una centrale acquisti e dellafunzione di cost control, il Gruppo Bipielle ha avviato ilridisegno del modello di gestione degli acquisti e delle spesegenerali , in ottica di razionalizzazione e riduzione dei costi.

L’esperienza organizzativa del Gruppo Bipielle

Siamo ora in grado di esporre in modo più organico larecente esperienza del gruppo Bipielle nel vasto campo degliassetti organizzativi di un’impresa finanziaria. Per farequesto, ci appoggeremo in misura preminente sullarappresentazione visiva, che rende con immediatezza ildisegno organizzativo complessivo.

A metà degli anni Novanta (del secolo scorso, dovremmoquasi dire..), il Gruppo era in estrema sintesi così strutturato:

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Nel 1999 eravamo arrivati ad una articolazione societariaad elevata complessità, che ci ha spinto ad effettuareinterventi di semplificazione, per giungere alla situazioneesistente alla fine del 2001 nella figura successiva.

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Quest’ultimo assetto non soddisfa, nel senso che non è diper sé in grado di facilitare il dispiegarsi di tutte quellepotenzialità che sono insite in business specialistici chetuttora sono incorporati in attività bancarie (ed, in generale,aziendali) più collaudate e tradizionali.

Ciò significa affrontare ed applicare al nostro caso leproblematiche relative alla corrente modellistica macro-organizzativa; per riprendere il discorso accennato alparagrafo iniziale di questa trattazione, ci troviamo opporremodello divisionale (prossima figura) e modello federale(successiva figura).

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Il modello divisionale

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La differenza veramente sostanziale tra i due schemirisiede nel raggruppare o meno il tradizionale businessbancario per segmento di clientela target piuttosto chemantenere l’individualità di marchio indifferenziato sullaclientela nel suo complesso.

Noi non ci siamo sentiti vincolati a scegliere rigidamentetra queste ipotesi, ma abbiamo adattato alle nostre esigenzequanto è possibile ricavare dall’esperienza di processmanagement che abbiamo illustrato in precedenza e che puòessere vista una categoria del più vasto campo del changemanagement.

Abbiamo pertanto imboccato una terza via, il modellopolarizzato.

Il modello federale

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Con questo termine intendiamo delineare una strutturabasata su poli, in questa fase ne abbiamo individuati due ma èdel tutto verosimile che in un futuro possa esserci unamolteplicità di poli.

La terza via: Modello polarizzato

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Quello che è altamente prioritario in questo schema è ilforte focus sul cliente, con una tensione forte ed innovativasull’obiettivo qualificante di raggiungere nuovi target diclientela autonoma anche al di fuori delle reti del Gruppo.L’intento è nuovo nel mondo bancario, e in qualche misurarichiama evoluzioni già intraprese da gruppi industrialiitaliani di prima grandezza: aprire business complementari estrumentali del “fare banca” a nuovi contatti, trasformareentità ora captive in aziende a tutto tondo, che si confrontanocon il mare aperto della concorrenza e del mercato.

In conclusione, dalla nostra più recente esperienza,abbiamo potuto verificare che il modello organizzativoprogressivamente più efficace consiste in un modello“ametamorfosi continua”, in grado di metabolizzarecontinuamente tutte le variazioni che le modifiche interne edesterne del contesto richiedono.

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Dott. Alessandro PROFUMO,Amministratore Delegato di UniCredito Italiano

MODELLI ORGANIZZATIVI E STRUTTURA DEICOSTI NEI GRUPPI BANCARI

Tendenze in atto

In Europa, il fenomeno del consolidamento haprofondamente caratterizzato la ristrutturazione dei gruppicreditizi. Ciò è testimoniato dall’intensa accelerazione delleoperazioni di M&A a cui si è assistito a partire dalla secondametà degli anni 90, che ha prodotto una sensibile riduzionedel numero di banche commerciali nel periodo 1995-1999.

Nello stesso periodo, il livello di concentrazione(misurabile in termini di quota di mercato delle prime 5banche) è aumentato in tutti i paesi dell’Unione Europea adeccezione di Irlanda e Portogallo, facendo registrare valorisuperiori al 70% nelle aree omogenee del Benelux e dei PaesiNordici. In Italia, le prime cinque banche possiedono unaquota di mercato che sfiora il 50%; ciò grazie ad unincremento assai rilevante e secondo solo a quello del Belgio.

Nel Nostro Paese, il processo di aggregazione è statoquindi molto significativo ma probabilmente non ha esauritolo spazio per ulteriori operazioni, soprattutto se si tiene contodei livelli di concentrazione presente in paesi concaratteristiche simili all’Italia.

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In Europa, il processo di concentrazione è stato comuneall’intero mondo del “Finance”; le dimensioni più rilevantisono state raggiunte proprio nel settore bancario con oltre1200 operazioni di concentrazione realizzate nel decennio1990-99, mentre nel settore assicurativo sono state realizzate507 operazioni e nelle securities 816.

Le operazioni di concentrazione si sono caratterizzate perun profilo prevalentemente in border e in industry (tendenzaconfermata negli ultimi anni) mentre decisamente pocherisultano le operazioni di consolidamento cross border ecross industry e nessuna di queste ha ancora dimostrato diessere stata una operazione di successo.

Aspetti critici e fattori di successo

Il passaggio chiave per creare valore a beneficio deisoggetti direttamente o indirettamente coinvolti in operazionidi concentrazione è la buona gestione del processo diristrutturazione.

Una corretta gestione dovrebbe consentire unmiglioramento della redditività e dell’efficienza e procurarevantaggi:• per i clienti, in termini di aumento del numero di business,

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prodotti e servizi offerti, nonché della loro qualità econvenienza;

• per gli azionisti, in termini di aumento delle prospettive direndita e della solidità del titolo;

• per gli altri stakeholders, in termini di beneficio dellapossibilità di godere di operatori in grado di affrontare consuccesso le nuove sfide poste dai mercati (i fornitori, adesempio, dovrebbero avere la possibilità di accrescere laqualità delle loro prestazioni);

• per la collettività, che dovrebbe poter beneficiare dellapresenza di operatori in grado di rispondere positivamentealla nuova sfida dei mercati;

• per le stesse banche, in termini di rating migliori,opportunità di cross selling, allungamento del ciclo di vitadei prodotti, maggior accesso ai mercati dei capitali e piùelevata competitività sui mercati finanziari.

Dall’analisi delle principali operazioni di aggregazionerisulta che la divisionalizzazione sia l’opzione maggiormenteseguita a prescindere dal peso dei costi e delle dimensioni.

Le principali operazioni annunciate in Europa negli ultimitre anni evidenziano una ripartizione delle sinergie del 60% afavore dei ricavi e del 40% a favore dei costi. Le sinergie daricavo derivano prevalentemente dalla possibilità di operaresu nuove aree geografiche, di valorizzare le best practices edi proiettarsi su nuovi business esclusi ai piccoli operatori. Lesinergie da costi, per contro, derivano dallo sfruttamento dellesinergie di scala e di scopo oltre che dalla massimizzazionedei benefici che derivano dagli investimenti informatici. Iltasso di realizzazione resta peraltro basso in entrambi i casi.

Del resto, lo stesso rapporto Ferguson ha dimostrato comele economie di scala generano risparmi solo fino a benprecise soglie dimensionali: il superamento del livello di $50bn in termini di asset determina un riacquisto delleinefficienze riportando in casa i costi eliminati nella faseoriginale.

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Negli Stati Uniti, grazie ad una maggiore flessibilità delmercato del lavoro è più facile ottenere nell’immediatorisparmi anche consistenti dal lato dei costi che, però, solonella metà dei casi vengono mantenuti nel medio lungoperiodo grazie all’esistenza di una adeguata strutturamanageriale unita soprattutto a capacità realizzative adeguate.

In Europa, invece, la maggior rigidità del lavoro ostacola ilraggiungimento di questi risparmi: ne da una chiaraesemplificazione l’operazione di concentrazione tra ABNBank e Amro Bank che, a fronte della chiusura del 25% dellefiliali, ha prodotto una riduzione dell’organico di solo l’8%,al di sotto degli obiettivi. Il rischio risulta pertanto quello diridurre la capacità di presa sul mercato in maniera piùmarcata rispetto alla riduzione della struttura dei costi.

Non bisogna sviluppare modelli teorici ma è necessariotener conto delle proprie situazioni oggettive. Premessal’assoluta eterogeneità delle scelte organizzative proprie diogni gruppo e le differenze di obiettivi che si voglionoraggiungere con operazioni di riorganizzazione, si puòaffermare che:1. non esiste un modello organizzativo migliore degli altri2. le nuove scelte organizzative devono sempre essere il

miglior mix di strategie che tengano conto soprattuttodelle potenzialità interne ma anche dell’ambientecompetitivo che esisterà al momento del completamentodella riorganizzazione

3. i maggiori risultati potranno derivare dall’aumento deiricavi piuttosto che dalla riduzione dei costi. A questoriguardo, è opportuno precisare che le reazioni degliinvestitori di fronte ad annunci di sinergie da ricavi nonsono mai positive, ma la realtà è che bisogna lavorare inmodo intenso sui costi focalizzandosi, però, con grande

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attenzione sui possibili ricavi aggiuntivi che potrebberonascere fondamentalmente dalla valorizzazione delle “bestpractices” (l’applicazione delle migliori capacità presentiin singole parti del Gruppo a vantaggio di tutto il resto delGruppo).

Per realizzare tutto questo sono necessarie adeguatecondizioni organizzative sintetizzabili in tre elementi:1. adeguata corporate governance2. adeguata struttura manageriale3. adeguate capacità realizzative (questa terza condizione è

quella maggiormente in grado di fare la differenza tra ivari players)

Le scelte di UniCredito Italiano

UniCredito si sta evolvendo verso un modello finanziariomultispecialistico prestando attenzione a mantenere bendiversificato il proprio portafoglio di business e sviluppandonuove iniziative per sostenere la crescita futura. Questa sceltasignifica:1. avere la possibilità di generare in modo sistematico nuove

linee di business focalizzate e di rapida crescita;2. facilitare l’adozione di specifiche strategie “ad hoc” per

singole linee di business;3. migliorare l’allocazione del capitale per rendere più

efficace il “value based” management4. aumentare la comunicazione al mercato dei risultati per

“business lines” nonché la conoscenza da parte delmercato nelle diverse linee di business.

Nel concreto questo significa che la holding (UniCredito)controllerà una serie di attività caratterizzate da una grandechiarezza non solo in termini di segmenti di mercato coperti,ma anche di prodotti forniti e di combinazioni di canale-prodotto. Ciò permetterà, inoltre, di avere delle linee dibusiness fortemente focalizzate su singole aree di attività edotate di grande capacità di crescita nel business lorodestinato.

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Grazie a questo modello risulterà semplificata l’adozionedi mosse strategiche ad hoc anche a livello di singole aree diattività. La rilevanza di questo aspetto è correlata allaconsiderazione che, in futuro, non necessariamente si dovràcrescere a livello di capogruppo, ma potranno crescere anchele singole linee di business attraverso aggregazioni (adesempio, nel private banking, nel corporate e nel retail).

Risulta certamente migliorata l’allocazione del capitale,più efficace una valutazione basata sul valore delle singolelinee di attività (anche delle capacità manageriali) eaumentata in misura rilevante l’accountability, cioè lapossibilità di valutare e comunicare i risultati per linee dibusiness con l’opportunità di capire meglio qual’è il valoreespresso come somma delle parti. Quest’ultimo aspettoriveste una particolare rilevanza in quanto oggi gli analistitendono a valutare sempre più le aziende come somma delleparti: il problema più rilevante è che questi numeri nonsempre sono chiarissimi mentre il modello adottato daUniCredito permetterà valutazioni assolutamente chiare.

Il vero tema è che diventa necessario operare con un fortestrabismo: si deve guardare al breve, medio e lungo terminecon la stessa attenzione; è essenziale avere una fortissimacapacità di ottimizzare il business corrente e nel frattempocostruire opzioni per la crescita futura.

Schematizzando temporalmente il portafoglio strategico diUniCredito si possono distinguere tre orizzonti temporali:• un primo di allargamento e difesa del core business,

caratterizzato dall’implementazione di nuovi progetti voltial rafforzamento dei principali business domestici,cercando di aumentare la qualità dei servizi e la quota dimercato;

• un secondo di costruzione di business emergenti,caratterizzato dallo sviluppo di nuovi mercati domestici inEuropa Centrale e dalla costruzione di una posizioneinternazionale in aree selezionate;

• un terzo di creazione di opzioni vitali, caratterizzatodall’affermazione di nuove iniziative legate alla new

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economy e dallo sfruttamento di opportunità cross Europein nicchie specialistiche

Partendo da questo modello, UniCredito arriva all’attualeprofonda trasformazione realizzata tenendo conto delle fortipressioni esercitate da tutti gli attori con cui interagisce.

Per quanto attiene allo scenario esterno, le spinte maggioriderivano:• dalla riorganizzazione per segmento di alcuni competitors• dal graduale indebolimento delle barriere all’entrata per

player stranieri• dal nuovo focus strategico dei leader del risparmio gestito

sui clienti di fascia alta Le pressioni da parte dei mercati finanziari sono relative:• al maggiore orientamento per segmento da parte degli

investitori famiglie• alla preoccupazione circa la possibilità di crescita degli

utili • alla pressione nella ricerca di nuovi modelli di servizio.Al contempo la Clientela risulta essere:• sempre meno legata ai marchi bancari storici (alcune

ricerche di mercato da noi condotte hanno dimostrato chel’interesse per i marchi locali ha una qualche rilevanzasolo per la clientela mass market - di questo bisogna esserepienamente consapevoli perché altrimenti si rischia dinascondere dietro la difesa del localismo l’incapacità, inalcuni casi, di non riuscire a modificare adeguatamente isistemi di corporate governance)

• sempre più alla ricerca di servizi distintivi e di adeguatirapporti qualità/prezzo

• esposta alla futura “discontinuità” legata ai passaggigenerazionali (perdita relazioni “storiche”).

In termini più generali (ambientali), forti spinte alcambiamento derivano:• dal miglioramento dell’efficienza del modello federale (il

cost/income ratio delle banche italiane del Gruppo è al46.7% ed è difficilmente migliorabile con l’attualemodello organizzativo)

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• dall’aumento della massa critica nei segmenti a maggiorvalore

• dall’accrescimento della visibilità esterna nei segmentiCorporate e Privatedall’innalzamento della capacità di attrarre “talenti”.

Da un punto di vista operativo le banche italiane verrannofuse in un’unica entità e successivamente saranno create trebanche, società legalmente separate, focalizzaterispettivamente sul retail banking (presidierà i segmenti dimassa, l’affluent e lo small business), sul corporate banking esul private banking.Il nuovo modello organizzativo consentirà di:1. aumentare la massa critica nei segmenti di valore2. eliminare le duplicazioni esistenti tra le banche3. semplificare la governance del Gruppo (ad oggi la gestione

di sette Consigli di Amministrazione è tutt’altro chesemplice) eliminando le sovrapposizioni di mercato

4. gestire le banche di segmento come un portafoglio dibusiness per i quali definire specifiche opzioni di sviluppostrategico. Il progetto di riorganizzazione, chiamato S3, genererà

sinergie lorde per 720 mln di euro nel 2004, composte per il60% da sinergie da ricavi e per il 40% da sinergie da costi,esattamente in linea con la media delle principali operazionifinora verificatesi.

Le sinergie da ricavo si manifesteranno essenzialmentegrazie a due fattori:1. applicazione delle best practice in tutto il Gruppo con lo

stesso livello di efficacia2. accelerazione nei tassi di crescita sulla nuova clientela

proprio perché strutture specializzate hanno la possibilitàdi crescere in misura maggiore rispetto a strutture nonspecializzate.Le sinergie di costi deriveranno per quasi la metà da una

riduzione delle spese direttamente imputabili al personale, epoi da una razionalizzazione delle strutture di direzionegenerale, di governo commerciale e di supporto operativo, da

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minori investimenti necessari per un’adeguata riconoscibilitàdel marchio e dei costi di comunicazione, da una riduzionedegli oneri di gestione in seguito all’ottimizzazione logistica,alla maggiore efficienza operativa ed applicativa dei sistemiinformativi ed alla standardizzazione delle specifiche diacquisto.

Le realizzazione di un cambiamento organizzativo cosìcomplesso in tempi abbastanza brevi è possibile grazieall’avvenuto completamento della divisionalizzazione dellebanche federate, all’esistenza di masse critiche adeguate ed alraggiungimento di alcuni presupposti quali la:1. realizzazione di un’unica piattaforma tecnologica2. centralizzazione dei servizi3. gestione strategica dell’ALM e della tesoreria di Gruppo4. gestione del personale5. gestione dei rischi di credito tra Capogruppo e Banche

Federate.

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Marcello GASCO,Direttore Generale di IntesaBci Sistemi e Servizi

Modelli organizzativi e struttura dei costi nei gruppibancari. L’esperienza IntesaBci Sistemi e Servizi

Questa nota ha lo scopo di integrare il contenuto dei lucidiallegati, presentati al “Seminario di Sadiba”, tenutosi aPerugia il 14-15-16 marzo 2002. L’intervento prende l’avvioda un’analisi degli assetti e dei modelli operativi dei centriservizi di gruppo e da una valutazione dell’opportunità diricorrere a soluzioni di outsourcing, per illustrare poil’esperienza IntesaBci Sistemi e Servizi, centro servizi delGruppo IntesaBci.

La necessità di ottenere sinergie di costo, di concentrare ilpatrimonio di competenze e di ridurre la complessità e lavarietà esistenti al loro interno, ha spinto le grandi aziende e igrandi gruppi a portare a fattor comune alcuni processiaziendali, tipicamente quelli infrastrutturali e di back office, ea concentrarli in strutture specializzate che operano neiconfronti del gruppo di appartenenza secondo una logicacliente-fornitore. Tali strutture si configurano come “aziendenell’azienda”, avendo come clienti le business unit del gruppoe come prodotto i servizi ad esse offerti sulla base di un veroe proprio contratto di servizio.

L’adozione di questo modello consente una gestionemanageriale dei servizi, il cui intero ciclo di vita vienegovernato sulla base delle esigenze dei clienti, ottenendosoluzioni di eccellenza che vengono rese disponibili all’interogruppo. La standardizzazione e l’omogeneizzazione dellesoluzioni permette al contempo forti sinergie nella gestioneordinaria, con economie di scala e quindi efficacia di costo.Il mantenimento all’interno dell’azienda dei processi, sia purein strutture specializzate ed in parte autonome, garantisce inogni caso la tempestività nel rispondere alle esigenzedell’utente, in virtù della vicinanza al cliente e della

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conoscenza del suo core business. E’ però necessario disporredella massa critica sufficiente a garantire lo sviluppo e ilmantenimento delle competenze, e ad ottenere le economie discala che consentono di ottimizzare i costi.

La disponibilità sul mercato di soluzioni di outsourcing, inparticolare nell’area Information Technology, ha introdotto inquesto scenario un’importante alternativa, consentendo diaffidare la gestione dei processi a minor valore aggiunto aduna terza parte esterna all’azienda, sulla base di contratti cheregolano il livello di servizio da garantire. E’ possibile inquesto modo disporre di capability difficilmente sviluppabilie mantenibili all’interno in assenza di massa critica efocalizzare maggiormente le risorse interne sui temi core,quali il governo delle scelte chiave e del ciclo di vita deiservizi, nonché il rapporto con l’utente finale. Si ottiene inquesto modo un modello più flessibile, che permette diottimizzare ulteriormente i costi rendendoli variabili infunzione delle effettive esigenze, pur mantenendo costante illivello di servizio. La maggiore flessibilità può però esserelimitata dalla scelta dell’outsourcer e dall’articolazione delcontratto di servizio. Ne nasce l’esigenza di creareinternamente nuovi ruoli e nuove professionalità, orientate algoverno del rapporto con i fornitori.

Alla luce delle caratteristiche distintive dei due modelli edelle conseguenze che la loro adozione comporta, appareevidente come la scelta tra un assetto interno ed uno esternodipenda fortemente dal contesto aziendale di partenza e dagliobiettivi da raggiungere. Infatti la scelta dell’outsourcing puòconsentire da un lato di ottenere ottimizzazioni di costo intempi brevi, ma nel medio periodo può generare perdita diknow how, con conseguenze negative sul livello di servizioofferto e sulla capacità di evolvere in funzione delle esigenzedegli utenti. Gli interventi necessari a correggere talisituazioni possono indurre costi aggiuntivi, che annullano oriducono sensibilmente i risparmi ottenuti nel breve periodo.Una soluzione che può consentire il superamento di questi

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limiti è rappresentata dall’adozione di modelli “ibridi” (co-sourcing, collaborative outsourcing, ecc.), che garantisconol’ottimizzazione del rapporto fra la qualità e l’adeguatezzadel servizio e i relativi costi e il mantenimento nel tempo ditale equilibrio.

L’esperienza IntesaBci nella creazione e successivaevoluzione di IntesaBci Sistemi e Servizi (nel seguito ISS)rappresenta un esempio particolarmente significativo di comei modelli sin qui descritti possano agevolare e addiritturaabilitare il perseguimento delle strategie di gruppo.

ISS nasce nel novembre 1998 come Società Consortile perAzioni, in occasione della fusione in Banca Intesa del BancoAmbrosiano Veneto e di Cariplo, con l’obiettivo di fornireservizi alla nuova banca e alle altre società del gruppo,coerentemente con il modello federale da esso adottato.L’acquisizione nel 1999 da parte di Banca Intesa del 70%della Banca Commerciale Italiana e la successiva fusione inIntesaBci nel 2000, ha comportato nel 2001 il passaggio dalmodello federale al modello divisionale. Al momento delcambio di modello, ISS era già in grado di garantire ilfunzionamento della “macchina operativa” di integrazione edha rappresentato un fattore chiave di successo, consentendouna tabella di marcia accelerata e significative economie discala negli investimenti necessari all’integrazione.

Oggi IntesaBci si configura come un Gruppo bancariomultispecialist, articolato in un Centro di Governo confunzioni di indirizzo strategico e coordinamento e in Aree diBusiness specializzate per segmento di clientela, mercato eprodotti, che controllano direttamente le principali leveoperative. I servizi e le infrastrutture del gruppo sonoaccentrati in ISS, al cui interno si sta sviluppando unacrescente specializzazione per Area di Business, coerente conil nuovo modello di Gruppo.

ISS mette a disposizione di Banca IntesaBci e delle altre

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banche e società prodotto del gruppo i servizi di gestionedelle infrastrutture tecnologiche (Systems Operations &Network), del parco applicativo (Application Management),dei processi di back office (incassi e pagamenti, finanza,ecc.), degli acquisti e della logistica.

Il modello operativo di ISS comprende da un lato losviluppo e la gestione di servizi specializzati e di eccellenza,garantiti anche ricorrendo a fornitori terzi, con l’obiettivo diottenere standardizzazione, sinergie ed economie di scala;dall’altro è gestita la relazione con il cliente interno, conl’obiettivo di rispondere e se possibile anticipare le esigenzedi business. Dal punto di vista delle competenze, questocomporta la necessità di sviluppare e mantenere sia quelletecnico-specialistiche sui servizi offerti, sia quelle piùorientate al business e alla gestione manageriale del rapportocon i clienti.

Nel corso del 2001 ISS è riuscita nel contempo a garantirela gestione dei notevoli volumi operativi generati dal Gruppoe a supportare i numerosi e profondi cambiamenti indottidalle trasformazioni in atto: fusione legale e operativa,divisionalizzazione delle reti di vendita, moving logistico,cessione di banche e sportelli, creazione della TV satellitare epassaggio all’Euro, per citare solo i più importanti.

Pur in presenza dei molteplici impegni e obiettivi daraggiungere, ISS ha dimostrato efficacia nel contenimento deicosti, con una progressiva riduzione degli organici e dei costiinformatici medi per sportello.

Nel contesto della profonda e rapida trasformazione diIntesaBci, la scelta di adottare un modello shared services siè quindi rivelata efficace nel perseguimento degli obiettivi delGruppo. La recente evoluzione organizzativa (luglio 2002) diIntesaBci vede - fra l’altro - una semplificazione del modellodivisionale e la riallocazione di alcune attività da ISS alleBusiness Unit, ciò in coerenza con il livello di maturazioneraggiunto del Gruppo.

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Prof. Paolo GUALTIERI,Straordinario di Economia del Mercato MobiliareUniversità Cattolica del S. Cuore di Milano

I costi di distribuzione dei servizi finanziari: retitradizionali e nuovi canali

Obiettivo e articolazione del contributo

Obiettivo del presente contributo è analizzare l’impatto deicosti relativi all’attivazione di nuovi canali distributivi, inparticolare quelli associati alla rete internet, sulle strategiedistributive delle banche.

Il lavoro è articolato in cinque parti: nella prima sidelineano le principali caratteristiche dei nuovi canalidistributivi, nella seconda si analizzano le potenzialità disviluppo del canale virtuale in relazione alla diffusione dellarete internet, nella terza si presentano alcune evidenzeempiriche relative all’internet banking in Italia, nella quartaci si sofferma sui costi associati ai nuovi canali distributivi enella quinta si presentano alcune considerazioni in merito allavalutazione delle strategie distributive in presenza del canaleinternet.

I nuovi canali distributivi

In passato la fase di contatto banca-cliente era confinata inun ambito di interazione puramente personale. Oggi lemodalità di contatto della clientela sono molteplici. Esistono,infatti, una pluralità di canali distributivi: le filiali, le reti diconsulenti finanziari, gli automatic teller machines (ATM), ilphone banking (PB) e, da ultimo in ordine di tempo,l’internet banking (IB).

I nuovi canali non rappresentano necessariamenteun’evoluzione di quelli vecchi, ma sono sovente il risultato diun break tecnologico. In questa sede si limita l’attenzione aun sottoinsieme dei canali distributivi elencati in precedenzacaratterizzato da un forte contenuto tecnologico: gli ATM, ilphone banking e l’internet banking. Tali canali, che perbrevità indicheremo come “canali tecnologici”, presentano

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diverse caratteristiche di funzionalità, differenti modalità difruizione e un diverso grado di sviluppo e di diffusione.

Le funzioni informative sono disponibili in tutti i canalitecnologici, ma con un grado di dettaglio crescente dagliATM fino all’IB. Le funzioni dispositive sono anch’essedisponibili in tutti i canali, ma con contenuti diversi. Gli ATMdanno la possibilità di prelevare contante, ma non consentonodi effettuare operazioni meno standardizzate comedisposizioni di pagamento ad personam o negoziazioni distrumenti finanziari. D’altro canto, il phone banking el’internet banking – pur offrendo un’ampia gamma difunzioni dispositive – non consentono di prelevare contante.

Oltre che per gli aspetti di funzionalità, i canali tecnologicisi distinguono per le modalità di fruizione: l’internet e ilphone banking sono canali ad accesso puramente remoto,mentre gli ATM necessitano dell’incontro fisico del punto diaccesso bancario (lo sportello automatico) e del cliente.

Infine, ciò che ulteriormente differenzia i canalitecnologici è il loro grado di sviluppo e diffusione. Inparticolare, mentre la diffusione degli ATM e del canaletelefonico è ormai una realtà, appare più incerto lo sviluppodell’internet banking, se non altro per la sua più recenteintroduzione.

Internet ed e-banking

Al fine di fornire indicazioni utili per valutare lepossibilità di sviluppo dell’internet banking in Italia siassume una prospettiva internazionale. Il grafico della Figura1 mette in relazione il tasso di penetrazione di internet(numero di utenti internet / popolazione) con il tasso dipenetrazione dell’e-banking (numero di clienti dell’internetbanking / popolazione).1 La relazione è crescente, comeprevedibile, ma, soprattutto, è strettamente convessa; la lineacontinua è, infatti, un’interpolazione esponenziale. Ciò

1. I dati sono a fine 2000. La fonte è Christiansen, Hans, Electronic Finance:Economics and Institutional Factors, OECD Financial Affairs Division,Occasional Paper, No. 2, novembre 2001.

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significa che all’aumentare del saggio di penetrazione diinternet in un paese il saggio di penetrazione dell’e-bankingcresce sempre più velocemente.

In termini di valori assoluti, il numero più elevato di utentidell’internet banking è quello relativo agli Stati Uniti: 11milioni di persone nel 2000. Di questi, il 100% ha utilizzatointernet per funzioni informative (ad esempio, per verificare ilsaldo del conto corrente), mentre il 50%-60% ha usatointernet per disporre operazioni di pagamento. Il saggio dioperatività in Italia, come si dirà oltre, si attesta ancora al35% per il banking e 25-30% per il trading.

In termini relativi (utenti internet banking rispetto allapopolazione complessiva), i paesi nordici rappresentano illeading factor a livello mondiale; essi hanno infattiaccumulato un significativo vantaggio rispetto agli altri: iltasso di penetrazione (utenti in % della popolazione) supera il25% in Norvegia e Svezia e il 30% in Finlandia. Gli StatiUniti si pongono in una posizione defilata soprattutto amotivo delle stridenti eterogeneità che permangono in unpaese così grande. Nell’Europa Mediterranea i paesi piùvivaci in tema di internet banking sono la Spagna (14%) e ilPortogallo (7%). In Italia tale valore è appena al 2%.

Per quanto riguarda la gamma di prodotti offerti via webnon si rilevano differenze significative con gli altri paesi. Lebanche italiane offrono i prodottipiù avanzati.

Nel confronto con gli altri paesi europei l’Italia evidenziaun rapporto clienti trading/clienti banking sbilanciato a favoredei primi. Negli altri paesi europei il rapporto si attestanell’intorno del 20% (10% nel Regno Unito), in Italia essoera pari al 50% nel 2000 e soltanto nel primo semestre 2001 èsceso al 34%.

Il tasso di penetrazione di internet in Italia è pari al 23%,equivalente a circa 13,3 milioni di utenti. I clientidell’internet banking, pari a circa 2,7 milioni, rappresentanoil 20% della popolazione internet. Per valutare le potenzialitàdi sviluppo ulteriore sono stati effettuati i seguenti passi:• abbiamo considerato il tasso di penetrazione di internet

sulla popolazione complessiva a fine 2000 (fonte OCSE) e

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moltiplicandolo per la popolazione a fine 2000 (fonteISTAT) abbiamo stimato il numero di utenti internet (lapopolazione dei “navigatori” italiani): 13,3 milioni dipersone a fine 2000;

• abbiamo quindi considerato il numero di clienti censitidell’internet banking alla fine del primo semestre 2001,pari a 2,7 milioni;

• abbiamo poi rapportato il numero di clienti censitidell’internet banking sia alla popolazione dei navigatori(ottenendo il 20,3%) sia alla popolazione dei navigatoricorrentisti (ottenendo il 35,5%);

• i navigatori correntisti sono stati stimati applicando il tassodi penetrazione dei c/c (pari al 57,1% della popolazione,Tavola aH 7 della Relazione Banca d’Italia 2001) alnumero di navigatori.

Lo spazio di crescita dell’internet banking appare quindirilevante, alla luce delle evidenze precedenti. E, considerandoanche le misure a supporto della diffusione di internet (alcunedelle quali condotte anche dall’ABI, come il sostegno perl’acquisto dei PC), sembrano esservi ancora significativispazi di sviluppo (soprattutto nel settore del banking) neiprossimi anni.

L’e-banking in Italia: alcune evidenze empiriche

Le banche italiane hanno reagito con dinamismo alla sfidadell’internet banking, attivando con velocità (probabilmenteinversamente proporzionale alla dimensione della banca) unaserie di servizi dispositivi. La Figura 2 presenta la dinamicadi attivazione dei servizi dispositivi on line in Italia; perciascun trimestre, dal 1997 agli inizi del 2001, si riporta ilnumero di servizi dispositivi attivati dalle banche pereffettuare disposizioni di pagamento (nel grafico “banking”),negoziazioni di strumenti finanziari (“trading”) e operazionisu fondi comuni (“FCI-SICAV”). Si riporta inoltre, nelmedesimo grafico, l’andamento di un indice borsisticorappresentativo delle imprese internet-based.2

In particolare è molto evidente, nonché molto interessante,

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la sovrapposizione della bolla internet con l’attivazione deiservizi dispositivi sul trading on line (con un lag temporale dicirca sei mesi). La risposta delle banche italiane in questocaso sembra essere stata in parte indotta (“guidata”)dall’euforia del momento delle valutazioni internet e, d’altraparte, “richiesta” dal mercato borsistico, che ha preteso dallebanche l’ingresso in internet (altrimenti le avrebbepenalizzate, per poi ravvedersi di recente).

Le evidenze empiriche che si presentano in questa sedesono state raccolte dall’Osservatorio e-banking della Facoltàdi Scienze bancarie, finanziarie e assicurativa dell’UniversitàCattolica. L’Osservatorio e-banking, nato nel marzo 2000 edivenuto operativo nel settembre dello stesso anno, effettuaun monitoraggio trimestrale dell’internet banking in Italia. Al31 dicembre 2001 il campione dell’Osservatorio è compostoda 57 intermediari ed è rappresentativo di oltre il 70% delsistema bancario italiano in termini di totale attivo

I clienti e-banking censiti, ovvero potenzialmente in gradodi operare via internet, ammontano a oltre 2,7 milioni, di cuioltre il 97% è rappresentato da clienti individuali e il resto daimprese. I clienti che hanno realmente effettuato operazionidispositive via internet (“operativi”) sono stati, nel quartotrimestre 2001, oltre 700.000 per il banking e circa 575.000per il trading. Il saggio di operatività (operativi/censiti) èstato pari in media (mediana) al 38% (31%) per il banking eal 23% (15%) per il trading. I volumi intermediati via internetsono stati, sempre nel quarto trimestre 2001, pari a circa 2,3mld di euro per le disposizioni pagamento e a circa 39 mld dieuro per i contratti di compravendita di titoli. Quest’ultimodato, relativo all’operatività del trading, risulta fortementeinfluenzato dal ciclo di borsa: aumenta in fasi di mercatorialziste, decresce in fasi ribassiste.

Dalle prime evidenze empiriche sembra emergere che

2. L’indice World DS Internet Index è costruito da Thomson Financialaggregando i 5 titoli maggiormente capitalizzati presenti nei sub-indici nazionalidelle imprese internet-based per i seguenti 16 paesi: Stati Uniti, Regno Unito,Germania, Belgio, Canada, Spagna, Francia, Hong Kong, India, Italia, Giappone,Malesia, Olanda, Norvegia, Austria, Portogallo. Attualmente per l’Italia sonopresenti nell’indice: CDB Web Tech, E-Planet, Tiscali, Finmatica, I.Net.

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l’internet banking possa offrire le maggiori possibilità disviluppo per i servizi finanziari a basso valore aggiunto(servizi di pagamento, ordini di borsa, ricarica cellulari). Ilprezzo non sembra la leva competitiva più importante, madeve essere inquadrato in una strategia complessivamentecoerente. Il cross selling, che ha senso soltanto in un contestomulticanale, risulta difficile da realizzare in assenza dicontatto umano.

I costi dell’e-banking

Le principali voci di costo per operare nell’e-banking sonorappresentate dal sistema informativo e dal marketing. Nel1999 l’investimento complessivamente sostenuto dagliintermediari italiani per avviare l’operatività dispositiva viainternet ammonta a 174 milioni di euro; i due terzi (116milioni) si riferiscono al sistema informativo. Nel 2000 taliinvestimenti ammontano a 400 milioni di euro; il 60% (240milioni) si riferisce al sistema informativo.

La rilevanza dei costi di marketing è, sebbene inferiore,comunque non trascurabile. Più di un quarto degliinvestimenti complessivamente sostenuti per l’attivitàbancaria su internet è rappresentato da costi di marketing(circa 100 mln di euro). I costi di marketing sono quasiraddoppiati nell’ultimo biennio (da 58 mln di euro nel 1999 a100 mln di euro nel 2000). Inoltre, è aumentata anchel’incidenza di tali costi sul totale dei costi operativi dellebanche italiane: da 0,17% a 0,27%.

Nell’ambito della voce marketing i costi di pubblicitàrappresentano una componente fondamentale. Una recenteindagine condotta dall’Osservatorio e-banking dell’UniversitàCattolica ha analizzato l’andamento dei costi di pubblicità perun campione di banche italiane. L’investimento pubblicitarioè risultato molto eterogeneo: l’investimento medio per bancaè pari a 2,2 milioni di euro, mentre l’investimento mediano èpari a 260mila euro. Ci sono, pertanto, poche banche cheinvestono molto e un numero consistente di intermediari cheinveste cifre limitate. Esistono, tuttavia, alcuni elementi

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comuni: le strutture ad hoc hanno investito in media(mediana) 7 (7,3) milioni di euro, mentre gli intermediarimulticanale integrati hanno investito in media (mediana) 0,16(0,095) milioni di euro. Tali evidenze sembrano confermarel’ipotesi secondo cui le strutture ad hoc hanno investito cifreconsistenti al fine di creare un marchio ex novo.

La valutazione della strategia distributiva

Ad oggi sono stati realizzati soltanto pochi studi, condottinegli USA, sull’impatto di internet quale canale distributivosulle performance delle banche (in termini di redditività, costie rischi).3 I risultati di tali studi indicano che, comparandobanche “omogenee”, gli intermediari virtuali puri sono menoprofittevoli a causa di minori volumi intermediati eincrementi nei costi operativi non da interessi (marketing)superiori ai risparmi nei costi del personale. Tuttavia, talirisultati vanno letti con cautela in quanto si basano soltantosui primi anni di operatività delle banche e risentonofortemente dei costi necessari per l’affermazione del marchio(ingenti, come visto per l’Italia). D’altro canto, a questirisultati andrebbe anche aggiunto il rischio operativo che perun intermediario virtuale puro raggiunge livelli sicuramentepiù elevati, ceteris paribus, di un intermediario multicanale (amotivo dell’assenza dell’effetto diversificazione rischio dicanale).

Un altro studio recente4 confronta le performance dibanche dotate di canale internet e banche che non dispongonodi internet. La quota di ricavi da servizi sempre è maggiore

3. Gli studi ai quali ci si riferisce sono: Robert DeYoung, The Internet’s place inthe banking industry, Chicago Fed Letter, The Federal Reserve Bank of Chicago,marzo 2001, n. 163; Robert De Young, The financial performance of pure playInternet banks, Economic Perspectives, The Federal Reserve Bank of Chicago,settembre 2001; Richard Sulllivan, How Has the Adoption of Internet BankingAffected Performance and Risk in Banks, Financial Industry Perspective, FederalReserve Bank of Kansas City, 2000; Karen Furst, William Lang, Daniel Nolle,Internet banking in the U.S.: landscape, prospects, industry implications, Journalof Financial Transformation, settembre 2001.4. Cfr. Karen Furst, William Lang, Daniel Nolle, Internet Banking: Developmentsand Prospects, Economic and Policy Analysis Working Paper, Office of theComptroller of the Currency, settembre 2000.

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nelle banche con internet. L’efficienza sembra dipendere dalladimensione: per le banche con attivo superiore a $ 100milioni, le banche con internet hanno migliori indici diefficienza; per le banche con attivo inferiore a $ 100 milioni,le banche senza internet hanno migliori indici di efficienza. Inbreve, gli studi empirici finora condotti non consentono difornire una risposta definitiva sul fronte dei costi/redditivitàdel canale internet.

Altri studi empirici5 mostrano che i clienti dell’internetbanking sono quelli più profittevoli (acquistano più servizi,detengono maggiori asset, si indebitano più facilmente, ecc.),anche controllando per le caratteristiche demografiche e didurata del rapporto. Gli autori usano dati di contabilitàanalitica articolati per cliente e costruiscono indicatori diprofittabilità a livello di cliente. Il vero valore del canaleinternet sembra non risiedere, pertanto, nel “potenziale”risparmio di costi, ipotesi a cui si fa spesso genericamenteriferimento, bensì nella capacità di ritenere i “migliori”clienti.

Atteso che non si può ignorare il canale internet, leopzioni di sviluppo per integrare il canale internet nellastrategia distributiva complessiva di una banca sonomolteplici. Basti pensare al continuum stand alone-multicanalità integrata. Al contempo va tenuto conto del fattoche una semplice valutazione in ottica costi-benefici èdiscorsiva: l’attribuzione dei costi è fattibile, ma i beneficiderivanti dall’attivazione dei servizi dispositivi on line nonsono confinabili nei ricavi “direttamente attribuibili” al canaleinternet.

5. Il lavoro al quale ci si riferisce è Lorin Hitt, Frances Frei, Do Better CustomersUtilize Electronic Channels? The Case of PC Banking, Financial InstitutionsCenter, Wharton School, University of Pennsylvania, 1999.

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Conclusioni

La strategia distributiva di una banca oggi non puòprescindere da internet. I clienti già oggi operano in otticamulticanale, nel senso che fanno uso di diverse modalità diaccesso ai servizi dispositivi bancari, la banca non può cheessere tale. I canali distributivi sono, pertanto,congiuntamente necessari. Di conseguenza, non è possibilevalutare l’efficacia di un canale autonomamente. Lavalutazione del canale internet nell’ambito della strategiadistributiva di una banca è il tipico caso di valutazione diinvestimenti congiunti. Per tale motivo il canale internet deveessere valutato in relazione ai costi e benefici differenzialicomplessivi, sia diretti che indiretti, derivanti dalla suaattivazione.

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Tavola

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Ing. Piero GAVAZZI,Amministratore Delegato Banca della Rete S.p.A.

Modelli organizzativi e struttura dei costi nei gruppibancari

Ritengo che elaborare l'argomento che mi è stato affidatosulla base della mia esperienza diretta in Banca della Rete siaprobabilmente il modo migliore per fornire un contributoutile a questa audience.

Prenderei volentieri spunto dai temi sollevati poc'anzi dalprof. Gualtieri, che sostanzialmente coprono la maggior partedelle tematiche affrontate dalla mia banca nei mesi dipartenza, per descrivere come questi sono stati affrontati nelnostro caso specifico. Banca della Rete è uno start-updefinibile, secondo una terminologia in uso, una bancamulticanale, e queste due caratteristiche vanno tenutepresenti: certamente, le stesse tematiche troverebbero rispostemigliori in realtà che hanno già basi di clientela consolidate,o che operano con sportelli "tradizionali".

La gestione della struttura di costo è senza dubbio la levapiù immediata di cui il management dispone per raggiungerei risultati economici. Credo però che la vera questione non sia"Come spendere il meno possibile?", bensì "Come assicurareche ogni euro speso produca almeno un euro di valore?". Perbanale che sembri, questa è la vera sfida, e purtroppo larisposta è sempre più difficile.

Con questo in mente, analizzerei le tre principali voci dicosto: Produzione/Tecnologia, marketing e distribuzione.

1. Produzione, che principalmente significa tecnologia.La prima osservazione che viene in mente è quanto variabilepossa essere il costo della tecnologia necessario per arrivareallo stesso risultato. Banca della Rete ha speso circa 10 Mm

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in tecnologia (5w, Hw, consulenza tecnologica> per dotarsi diuna "fabbrica" ritenuta adeguata. Il risultato lo considerocomplessivamente soddisfacente (Tavola). Se dovessi direquanti di questi investimenti hanno soddisfatto il principiogenerale di produrre più valore di quanto sono costati, temoche dovrei rispondere poco più della metà. Ovvero, serinascessimo oggi, allo stesso risultato ci arriveremmospendendo molto meno, ma era praticamente impossibilesaperlo allora. Un esempio per tutti: siamo partiti conun'architettura tecnologica provvisoria, per fare in fretta; giàal momento dell'avvio ci si è posti il problema di sostituire ilsito provvisorio con quello definitivo. Abbiamo raccoltodiverse proposte alternative per il rifacimento del sito, daprimarie case di software, che variavano da i a 3 milioni, manessuna ci convinceva. Abbiamo finalmente deciso disvilupparlo in casa, per un costo complessivo di 200 kC almassimo, ed il risultato è quello che avete visto.

Ne ho tratto una forte convinzione: a costo di andarecontrocorrente, credo che le tecnologie internet mal siconiugano con l'outsourcing delle applicazioni informatiche.Non vi è dubbio che aHa base debba esserci un legacyconsolidato, di acquisizione dall'esterno, ma per tutto quelloche riguarda l'interfaccia con il Cliente passare attraverso unfornitore esterno è difficilmente efficace. Personalmente noncredo che chi ci chiedeva 3 milioni per fare quello cheabbiamo fatto con 200.000 £ ci stesse "turlupinando", né,men che meno, ritengo che la soluzione infine adottata sia ilmeglio disponibile nel panorama tecnologico attuale:semplicemente ritengo che le offerte esterne contenesseroelementi tecnologici superiori", che però le nostre strutturecommerciali ed operative non sarebbero state in grado dimettere a reddito. Adesso invece, i miei colleghi hanno quelche loro serve per lavorare, e se fra qualche mese o anno sidovrà, come probabile, rifare tutto per saltare su una nuovagenerazione tecnologica, lo si potrà fare a cuor leggero,perché non dovremo "rottamare" investimenti rilevanti.

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2. Marketing. E' questa la voce di costo più difficile dagestire, perché molto rilevante ed al tempo stesso del tuttoaleatoria. Qui le questioni sono in particolare due: lanciare ono un nuovo marchio, e quanto spendere in manieraricorrente in marketing e comunicazione.

In merito alla prima, la risposta è “francamente non lo so".L'unica cosa praticamente certa è che lanciare un nuovomarchio impone uno sforzo di comunicazione inizialestimabile in almeno 10 Milioni, ed un investimentocontinuativo di almeno 5 all 'anno. Non tuth questiinvestimenti vanno considerati “a perdere”, in quanto siaall'inizio sia soprattutto nel mantenimento anche campagne diprodotto, che quindi offrono ritorni diretti misurabili fanno algioco: tuttavia, se si decide di lanciare un nuovo marchio,come Banca della Rete ha fatto, l 'impegno totale incomunicazione non può avere dimensione minore.

D'altronde, soprattutto sul lato della raccolta, il marchio èfondamentale: la notorietà del marchio è il miglior modo - e,per quanto a mia conoscenza, praticamente l'unico - perrassicurare i Clienti sul fatto che i loro soldi sono al sicuro,messaggio imprescindibile per chi vuole conquistare, o anchesolo mantenere, quote di mercato. La principale alternativa aquesto investimento è costruire un marchio sotto l'ombrello diquello della casa madre (es. Rasbank, Intesa Italia, SanpaoloInvest); ciò d'altra parte pone dei seri vincoli sulposizionamento commerciale della nuova entità, e rendepraticamente impossibile far propri elementi di sostanzialeinnovazione rispetto a quella. Con tutto il rispetto per lerispettive case madri, dubito fortemente che Banca 121 eBanca Fineco avrebbero avuto i risultati commerciali chehanno avuto senza un marchio indipendente: se crediamo cheanche solo un terzo dei Clienti e dei volumi di queste duerealtà siano figli del marchio indipendente, l'investimento dimarketing si è pagato abbondantemente.

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3. Distribuzione. Questa è in ogni caso la principale vocedi costo. Il tema merita almeno una premessa. Ritengo chenon vi sia (ancora?) spazio per una pura banca diretta, ovveroper una banca in cui i clienti operano esclusivamente adistanza. Ciò è senz'altro vero in [talia, ed è quantomenodubbio che sia vero il contrario all'estero.

Il motivo è molto semplice: i puri servizi bancari (dc,bonifici, utenze, ecc), che restano comunque un eccellentestrumento di fidelizzazione, non lasciano spazi di redditività,in particolare per un nuovo entrante. La verità è che, benchéeffettivamente la banca diretta sia intrinsecamente piùefficiente di quella tradizionale (soprattutto sul canaleinternet), la struttura di pricing che le banche applicano nonpermette di ribaltare tale vantaggio sui Clienti, prezzando ipropri prodotti significativamente al di sotto del mercato.

Per Banca della Rete i servizi di incasso e pagamento sonoprevisti in perdita sia nel breve che nel medio periodo: lascommessa è di sviluppare un adeguato livello di cross-selling di prodotti a valore aggiunto (principalmente gestioneed amministrazione del risparmio, nelle sue varie forme).

Il fatto però è che non mi risulta sia ancora stato realizzatoun caso di successo di crossselling di dimensioni significativesu risparmio gestito utilizzando il solo canale internet.Qualche tempo fa l'assioma era che man mano fosse cresciutala diffusione di internet, progressivamente si sarebbe assistitoad una confluenza dei Clienti delle banche sull'e-banking.Credo che questo sia senz'altro vero per i servizi di incasso epagamento, che però come detto non è una fonte di ricavisufficiente a coprire i costi per un futuro prevedibile. Credosia invece assai meno vero per quanto riguarda i serviziall'investimento (Tol, risparmio gestito, assicurazione vita): inquesto caso, infatti, il vincolo non èl'alfabetizzazionetecnologica della Clientela (che in effetti sta procedendo ecredo continuerà a procedere a ritmi elevati), bensìl'alfabetizzazione finanziaria, che procede per tutt'altra via, e

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comunque con ritmi assai più blandi e più ancora, sevogliamo, il processo psicologico dell'investitore privato, cheanche se finanziariamente preparato, ha comunque bisogno diun consulente, o quanto meno di una controparte preparatacon cui condividere le scelte di asset allocation.

Credo di conseguenza che per quanto riguarda l'orizzontefuturo che interessa noi che siamo qui oggi, il fattoredeterminante per il successo sul mercato sarà ancora ladistribuzione fisica. Su questo fronte si continua a dividere ilmondo in due modelli (le filiali più o meno tradizionali ed iPromotori Finanziari), mentre credo che tale classificazionevada progressivamente perdendo di significato: da un lato, leFiliali evolvono verso modelli organizzativi sempre più similia quelli dei PF (assegnazione di portafogli individuali diClienti a singoli operatori, aumento della remunerazionevariabile dei singoli sulla base del proprio portafoglio,dall'altro il mondo dei PF va sempre più ad assomigliare aquello delle Filiali (forte incremento di meccanismi e distrumenti di controllo operativo, introduzione di componentifisse o semi fisse nella remunerazione, ecc.).

Risultato (e mi riallaccio al concetto iniziale di rilevanzanon del costo, bensì del rapporto tra costi e ricavi): presidiareuna porzione di territorio con Filiali o con PF richiede costipiù o meno analoghi, in rapporto ai volumi. Credo che ladifferenza più rilevante oggi, e sempre più in futuro, non siala forma giuridica del rapporto (contratto di lavorosubordinato o mandato di agenzia), bensì il livello dispecializzazione della distribuzione. L'esperienza recente, nelnostro come in tutti i settori in cui la distribuzione svolge unruolo più di consulenza che di deliveiy, mostra che a parità dicosto, un venditore specializzato produce sino a tre/quattrovolte più ricavi che un generalista, ed è qui, non nella formulacontrattuale applicata, che le filiali tradizionali rischiano dipiù di mostrare la corda, ma al tempo stesso la distribuzionetrarnite promotori non è la panacea.

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In conclusione: lungi da me sostenere che non vi sia futuroper l'e-banking; tuttavia stento a considerare internet (comepure il telefono) un canale - e di conseguenza non consideroBanca della Rete una banca multicanale: ritengo invece che ilcanale di distribuzione sia uno ed uno solo, le persone cheservono i Clienti, e che l'unico modo per massimizzare iritorni dei costi di distribuzione sia la specializzazione(formazione, sistemi di supporto, incentivi, ed abolizione diqualunque incombenza non rilevante rispetto alla lorospecializzazione - nel caso nostro la gestione del risparmio).La tecnologia, ed internet in particolare, è invece unformidabile strumento per supportare il servizio al Cliente el'azione dei venditori, i cui costi possono essere ampiamenteripagati all'unica condizione che la guida dello sviluppo stianel commerciale e non nella tecnologia. Sul marketing, infine,la nebbia resta: non c'è dubbio che il costo vada sostenuto eche i ritorni siano possibili, ma sul come e sul quanto, credoche non resti che affidarsi sulla qualità delle persone che nesono responsabili, soprattutto se si ha la fortuna, comeabbiamo avuto noi, di averne di altissima qualità.

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ADERENTI ALLA ASSOCIAZIONEPER LO SVILUPPO DEGLI STUDI DI BANCA E DI BORSA

AccentureAssociazione Italiana delle Società ed Enti di Gestione Mobiliare ed ImmobiliareAssociazione Nazionale Banche PrivateAssociazione Nazionale per le Banche PopolariBanca Agricola Mantovana S.p.A.Banca Agricola Popolare di RagusaBanca Aletti & C. S.p.A.Banca Antoniana - Popolare VenetaBanca Carige S.p.A.Banca Carime S.p.A.Banca Cassa di Risparmio di Asti S.p.A.Banca Cassa di Risparmio di Torino S.p.A.Banca di Cividale S.p.A.Banca CRV - Cassa di Risparmio di Vignola S.p.A.Banca Credito Popolare S.p.A.Banca Fideuram S.p.A.Banca di Imola S.p.ABanca di LegnanoBanca Leonardo S.p.A.Banca Lombarda S.p.A.Banca delle Marche S.p.A.Banca Mediocredito S.p.A.Banca Mediolanum S.p.A.Banca del Monte di Parma S.p.A.Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.Banca Nazionale del Lavoro S.p.A.Banca di PiacenzaBanca del Piemonte S.p.A.Banca Popolare dell’AdriaticoBanca Popolare dell’Alto AdigeBanca Popolare di Ancona S.p.A.Banca Popolare di BariBanca Popolare di Bergamo - Credito VaresinoBanca Popolare Commercio e IndustriaBanca Popolare di CremaBanca Popolare di CremonaBanca Popolare dell’Emilia RomagnaBanca Popolare dell’Etruria e del LazioBanca Popolare di IntraBanca Popolare dell’IrpiniaBanca Popolare di LodiBanca Popolare di Luino e Varese S.p.A.Banca Popolare di MarosticaBanca Popolare del Materano S.p.A.Banca Popolare di MilanoBanca Popolare di Novara S.p.A.Banca Popolare di Puglia e BasilicataBanca Popolare PuglieseBanca Popolare di Ravenna S.p.A.Banca Popolare Sant’AngeloBanca Popolare Santa Venera S.p.A.Banca Popolare di SondrioBanca Popolare di Spoleto S.p.A.Banca Popolare ValconcaBanca Popolare di VicenzaBanca Regionale Europea S.p.A.Banca Regionale S. Angelo S.p.A.Banca di RomaBanca di San Marino

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Banca di Sassari S.p.A.Banca Sella S.p.A.Banca Toscana S.p.A.Banca dell' Umbria 1462 S.p.A.Banca di Valle Camonica S.p.A.Banca 121 S.p.A.Banco di Chiavari e della Riviera Ligure S.p.A.Banco di Desio e della BrianzaBanco di Napoli S.p.A.Banco Popolare di Verona e NovaraBanco di Sardegna S.p.A.Banco di Sicilia S.p.A.Bipop-Carire S.p.A.Borsa Italiana S.p.A.Carichieti S.p.A.Carifermo S.p.A.Carinord 2 S.p.A.Cariverona Banca S.p.A.Cassa Lombarda S.p.A.Cassamarca S.p.A.Cassa di Risparmio di Alessandria S.p.A.Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno S.p.A.Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A.Cassa di Risparmio di Bolzano S.p.A.Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana S.p.A.Cassa di Risparmio di Fano S.p.ACassa di Risparmio di Ferrara S.p.A.Cassa di Risparmio di Firenze S.p.A.Cassa di Risparmio di Foligno S.p.A.Cassa di Risparmio di Gorizia S.p.A.Cassa di Risparmio di Mirandola S.p.A.Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo S.p.A.Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.p.A.Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia S.p.A.Cassa di Risparmio di Prato S.p.A.Cassa di Risparmio di Ravenna S.p.A.Cassa di Risparmio della Repubblica di S. MarinoCassa di Risparmio di Rimini S.p.A.Cassa di Risparmio di San Miniato S.p.A.Cassa di Risparmio di Savona S.p.A.Cassa di Risparmio della Spezia S.p.A.Cassa di Risparmio di Spoleto S.p.A.Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto S.p.A.Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone S.p.A.Cassa di Risparmio di Venezia S.p.A.Centrale dei BilanciCentrobanca Credito Artigiano S.p.A.Credito Bergamasco S.p.A.Credito Emiliano S.p.A.Credito Italiano S.p.A.Credito ValtellineseDeutsche Bank S.p.A.Efibanca S.p.A.Euros S.p.A. - Cefor & Istinform ConsultingFederazione Lombarda Banche di Credito CooperativoFedercasseICCRI - Banca Federale Europea S.p.A.Interbanca S.p.A.Intesa Bci S.p.A.Istituto Centrale Banche Popolari ItalianeMediocredito Centrale S.p.A.

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Mediocredito Fondiario Centro Italia S.p.A.Mediocredito Trentino Alto Adige S.p.A.Mediovenezie Banca S.p.A.Meliorbanca Gallo & C. S.p.A.Rasbank S.p.A.Rolo Banca 1473 S.p.A.Sanpaolo IMI S.p.A.Unicredito Italiano S.p.A.Veneto Banca

Amici dell’Associazione

Arca SGR S.p.A.Centrofactoring S.p.A.Finsibi S.p.A.Kpmg S.p.A.Monte TitoliSofid S.p.A. Tesi

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PUBBLICAZIONI A CURA DELL’ASSOCIAZIONEPER LO SVILUPPO DEGLI STUDI DI BANCA E BORSA

A stampaLA RIFORMA STRALCIO DELLA SOCIETÀ PER AZIONI E LA PICCOLA RIFORMADELLA BORSA VALORI, Ed. Vita e Pensiero, 1975.IL MARKETING BANCARIO, a cura di E.T. Brioschi, Ed. Vita e Pensiero, 1977.MONETA E POLITICA MONETARIA IN ITALIA, a cura di P. Ranci, Ed. Vita e PEnsiero,1977.LE OPERAZIONI BANCARIE, a cura di G. B. Portale, Ed. Giuffrè 1978.I TITOLI DI CREDITO, a cura di G.L. Pellizzi, Ed. Giuffrè, 1980.LA RESPONSABILITÀ PENALE DELL’OPERATORE BANCARIO, a cura di M. Romano,Ed. Il Mulino, 1980.ANALISI DELLE SERIE STORICHE, a cura di L. Santamaria, Ed. Il Mulino, 1981.CONGIUNTURA E POLITICA MONETARIA, a cura di G. vaciago, Ed. Il Mulino, 1981.RICAPITALIZZAZIONE DELLE BANCHE, E NUOVI STRUMENTI DI RICORSO ALMERCATO, a cura di Giuseppe B. Portale, Ed. Giuffrè, 1983.STRATEGIA E ORGANIZZAZIONE NELLE AZIENDE DI CREDITO, a cura di A.Balossino, G. Di Stefano, A. Fusconi, P. Genoni, Ed. Franco Angeli, 1983.ORGANIZZAZIONE ED EFFICIENZA NELLE AZIENDE DI CREDITO, a cura di A.Fusconi, Ed. Franco Angeli, 1985LA LEGGE 216 DIECI ANNI DOPO: ASPETTI SOCIETARI, a cura di G.E. Colombo, F.Cesarini, Ed. Giuffrè, 1985.CRISI DI IMPRESA E AMMINISTRAZIONE CONTROLLATA, a cura di M. Cattaneo, F.Cesarini, A. Provasoli, B. Quatraro, Ed. Giuffrè, 1986.GLI IMPEGNI E RISCHI DELL’IMPRESA BANCARIA: PROFILI CONTABILI E GIU-RIDICI, a cura di S. De Angeli, Ed. Franco Angeli, 1986.LA GESTIONE DELLA FUNZIONE FINANZIARIA NELLE AZIENDE DI CREDITO: IPROFILI TECNICI E DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO, a cura di A. Fusconi, A Patarnello,Ed. Franco Angeli, 1989.LE DIRETTIVE DELLA C.E.E. IN MATERIA BANCARIA, a cura di F. Cesarini, S. ScottiCamuzzi, Ed. Giuffrè, 1991.INTERMEDIARI E MERCATI FINANZIARI IN FRANCIA, a cura di M. Anolli, A.Patarnello, Ed. Il Mulino, 1991.IL SISTEMA FINANZIARIO TEDESCO, a cura di A. Banfi, R. Locatelli, C. Schena, Ed. IlMulino, 1991.IL SISTEMA FINANZIARIO DEL REGNO UNITO E LA CONCORRENZA NEL RETAILBANKING, a cura di M.L. Di Battista, Ed. Il Mulino, 1992.IL SISTEMA BANCARIO SPAGNOLO E L’INTEGRAZIONE EUROPEA, a cura di A.Barzaghi, Ed. Il Mulino, 1993.TENDENZE E PROSPETTIVE DELLA RACCOLTA BANCARIA IN ITALIA, a cura di F.Cesarini, V. Conti, M.L. Di Battista, Ed. Il Mulino, 1994.L’ESPANSIONE ALL’ESTERO DELLE BANCHE ITALIANE, a cura di L. Nieri, Ed. IlMulino, 1994.TENDENZE E PROSPETTIVE DEL RISPARMIO GESTITO, a cura di A. Banfi, M. L. DiBattista, Ed. Il Mulino, 1998.COLLEGIO SINDACALE E SISTEMA DEI CONTROLLI NEL DIRITO SOCIETARIOCOMUNE E SPECIALE, a cura di G. Presti, Giuffré, 2002.

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CiclostilatiIL MARKETING BANCARIO - 21/23 marzo 1974.LA RILEVAZIONE DEI COSTI IN BANCA - 6/7 giugno 1974.GLI ASPETTI FISCALI DEL BILANCIO BANCARIO - 27/28 novembre 1974.LA CERTIFICAZIONE DEI BILANCI - 24 giugno 1975.IL CONTROLLO DI GESTIONE IN BANCA - 1977.OPERAZIONI BANCARIE: PROFILI GIURIDICI (1ª parte) - 1977.ASPETTI TECNICI E GIURIDICI DELLE NEGOZIAZIONI DI BORSA - 1977.IL NUOVO DIRITTO DI FAMIGLIA E I SUOI RIFLESSI SULLE OPERAZIONI DIBANCA - 1977.ASPETTI GIURIDICI DELLA CERTIFICAZIONE DI BILANCIO - 1977.PROBLEMI DI DIRITTO SOCIETARIO - 1980.

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QUADERNI PUBBLICATI

N. 1 «LA BANCA IN UN MONDO CHE MUTA»prof. Gaetano Stammati - 14 gennaio 1976

N. 2 «L’OPERATORE DI BORSA»prof. Gerardo Santini - 25 maggio 1976

N. 3 «I CONTRATTI DI BORSA E LA SPECULAZIONE»prof. Francesco Masera - 19 novembre 1976

N. 4 «STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE DI UN’AZIENDA DI CREDITO A CARATTERE NAZIONALE»dott. Innocenzo Monti - 21 marzo 1977

N. 5 «IL CONTROLLO DI GESTIONE IN BANCA E LE RIVELAZIONI CREDITIZIEDELLA BANCA D’ITALIA»dott. Giuseppe Mascetti - 2 giugno 1977

N. 6 «ASSICURAZIONE E FINANZIAMENTO DEL CREDITO ALL’EXPORT»dott. Rinaldo Ossola - 10 giugno 1977

N. 7 «PROBLEMI E STRATEGIE DELLA POLITICA MONETARIA»prof. Giacomo Vaciago - 31 marzo 1977

N. 8 «MERCATO OBBLIGAZIONARIO E VINCOLO DI PORTAFOGLIO»dott. Bruno Bianchi - 31 marzo 1977

N. 9 «IL FINANZIAMENTO DEL DISAVANZO PUBBLICO»prof. Dino Piero Giarda - 1 aprile 1977

N. 10 «L’ESPANSIONE ALL’ESTERO DELLE BANCHE ITALIANE»dott. Cesare Caranza- 1 aprile 1977

N. 11 «IL VINCOLO ESTERNO ALLO SVILUPPO DELL‘ECONOMIA ITALIANA»dott. Giovanni Magnifico - 1 aprile 1977

N. 12 «LA POLITICA VALUTARIA NEL 1975/76»dott. Carlo Santini - 1 aprile 1977

N. 13 «OBIETTIVI INTERMEDI E FINALI DELLA POLITICA MONETARIA»prof. Giacomo Vaciago - marzo 1978

N. 14 «CONTROLLI DI VIGILANZA E LORO RIFLESSI SULLA ORGANIZZAZIONEDELLE AZIENDE DI CREDITO»dott. Vincenzo Desario - ottobre 1978

N. 15 «STATI UNITI E ITALIA: DUE SISTEMI BANCARI A CONFRONTO»prof. Frank Tamagna - 9 novembre 1978

N. 16 «THE INSTABILITY AND THE RESILIENCE OF AMERICAN BANKING (1946-1978)»(«Instabilità finanziaria e capacità di reazione delle banche americane»)prof. Hyman P. Minsky - 8 febbraio 1979

N. 17 «INTRODUZIONE ALLO STUDIO DEL DIRITTO PENALE BANCARIO»prof. Mario Romano - 4 aprile 1979

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N. 18 «FRODI VALUTARIE E RESPONSABILITÀ PENALE DEI DIPENDENTI DEGLIISTITUTI DI CREDITO»prof. Federico Stella - 4/6 aprile 1979

N. 19 «EFFETTI DELL’INFLAZIONE SUI MERCATI FINANZIARI»prof. Franco Modigliani - 18 settembre 1979

N. 20 «IL CONTROLLO INTERNO E L’ISPETTORATO GENERALE DELLE BANCHEFRANCESI»Pierre Greder - novembre 1979

N. 21 «VERSO UN MERCATO EUROPEO DI VALORI MOBILIARI?»Cristopher Tugendhat - 25 gennaio 1980

N. 22 «CONSIDERAZIONI PER IL VERTICE ECONOMICO DI VENEZIA»Richard N. Gardner - 12 febbraio 1980

N. 23 «LA RECENTE POLITICA DEL CREDITO E DEL CAMBIO DEGLI STATI UNITI»prof. Frank Tamagna - 6 dicembre 1979

N. 24 «LA MONETA È IMPORTANTE?»Paul Davidson - 31 marzo 1980

N. 25 «RIFLESSIONI SULLA POLITICA MONETARIA (1979-1980)»prof. Giacomo Vaciago - 13 marzo 1980

N. 26 «IL CONTROLLO DELLE ISTITUZIONI CREDITIZIE NELLA NUOVA LEGGEBANCARIA BRITANNICA»prof. J.R.S. Revell - 8 maggio 1980

N. 27 «PREVISIONI, STRUMENTI D’ANALISI E VINCOLI NELLA GESTIONEDELL’ATTIVITÀ BANCARIA»dott. Ulpiano Quaranta - 13 marzo 1980

N. 28 «LE FUNZIONI ISPETTIVE NELLE BANCHE ITALIANE OGGI»Carmine De Robbio - 5/9 maggio 1980

N. 29 «OPINIONI E COMPORTAMENTI DEGLI OPERATORI BANCARI: I RISULTATIDI UN SONDAGGIO»Francesco Cesarini, Pier Domenico Gallo - maggio 1980

N. 30 «EFFETTI DELL’AUTOMAZIONE SUI PROCESSI OPERATIVI DECISIONALIDELLA BANCA D’ITALIA»dott. Antonio Finocchiaro - 2 giugno 1980

N. 31 «ALCUNE OSSERVAZIONI SULLA FORMAZIONE DEI TASSI DI INTERESSEBANCARI»dott. Lucio Rondelli - 28 gennaio 1981

N. 32 «L’INCIDENZA DELLA FUNZIONE MONETARIA E DEI SERVIZI BANCARI SULL’ECONOMIA DELLA BANCA»prof. Tancredi Bianchi - 13 marzo 1981

N. 33 «I RIFLESSI SULLA GESTIONE E SULLA PROFESSIONE BANCARIA DEIDIVERSI STRUMENTI E DELLE NUOVE FORME DI INTERMEDIAZIONEFINANZIARIA»Urbano Aletti, Francesco Cesarini, Franco Riccardi - aprile 1981

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N. 34 «LA RIFORMA DEI TITOLI DI CREDITO IN SPAGNA»Evelio Verdera y Tuells - 9 novembre 1981

N. 35 «GLI INTERVENTI DELLA BANCA CENTRALE SUL MERCATO MONETARIO»dott. Bruno Bianchi - 2 dicembre 1981

N. 36 «IL RUOLO DELLA BANCA CENTRALE UNGHERESE NELL’ECONOMIA E NELL’INTERSCAMBIO CON L’ESTERO»dott. Tamas Bacskai - 16 marzo 1982

N. 37 «L’INNOVAZIONE FINANZIARIA IN BANCA E FUORI BANCA»Giuseppe Antonio Banfi, Pierandrea Dosi Delfini, Marcello Melani, Vincenzo Mosca,Giacomo Vaciago - febbraio 1982

N. 38 «BANCHE E ISTITUTI DI CREDITO SPECIALE: COMPLEMENTARIETÀ,CONCORRENZA O SOVRAPPOSIZIONE?»Luigi Arcuti, Francesco Cesarini, Federico Pepe, Maurizio Sella, Ermanno Veronesi -febbraio 1982

N. 39 «LA FORMAZIONE E L’IMPIEGO DEL RISPARMIO: EFFETTI DELLA POLITICA MONETARIA E RIFLESSI SUI MERCATI»Franco Cotula - febbraio 1982

N. 40 «GLI EFFETTI DELL’INTRODUZIONE DI SISTEMI ELETTRONICI DI TRASFERIMENTO DI FONDI SULLA POLITICA»prof. J.R.S. Revell - 3 giugno 1982

N. 41 «ASPETTI ISTITUZIONALI ED OPERATIVI DEL MERCATO DEI BUONI ORDINARI DEL TESORO IN ITALIA»Fiorenzo Di Pasquali - 9 febbraio 1982

N. 42 «ASPETTI FUNZIONALI E DI MERCATO DEGLI STRUMENTI DI RICAPITALIZZAZIONE DELLE BANCHE»Francesco Cesarini - settembre 1982

N. 43 «ASPETTI ECONOMICI E TECNICI DEL CAPITALE PROPRIO DELLEBANCHE»Marco Onado - settembre 1982

N. 44 «LA RICAPITALIZZAZIONE DELLE BANCHE PUBBLICHE»Fabio Merusi - settembre 1982

N. 45 «I PRESTITI POSTERGATI NEL DIRITTO ITALIANO»Gian Franco Campobasso - settembre 1982

N. 46 «TITOLI “ATIPICI” E LIBERTÀ DI EMISSIONE NELL’AMBITO DELLESTRUTTURE ORGANIZZATIVE DELLA GRANDE IMPRESA »Antonio Pavone La Rosa - settembre 1982

N. 47 «LA RICAPITALIZZAZIONE DELLE AZIENDE DI CREDITO (PROBLEMI E IPOTESI)»Giuseppe B. Portale - settembre 1982

N. 48 «RICAPITALIZZAZIONE DELLE BANCHE»Giovanni L. Pellizzi - settembre 1982

N. 49 «L’ABBANDONO DEGLI ESTREMISMI NELLA POLITICA MONETARIA»Guido Carli - 20 gennaio 1983

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N. 50 «INSEDIAMENTI BANCARI ED EFFICIENZA DEL SISTEMA CREDITIZIO»Claudio Conigliani - 10 febbraio 1983

N. 51 «LO SVILUPPO DELL’ATTIVITÀ PARABANCARIA ED IL RUOLO DELLE BANCHE»Giambattista Marchesini - 6 giugno 1983

N. 52 «IL PARABANCARIO E L’INNOVAZIONE FINANZIARIA ASPETTI GIURIDICIDELL’EMISSIONE DEI TITOLI ATIPICI »Giovanni L. Pellizzi - 14 giugno 1983

N. 53 «L’ESPANSIONE TERRITORIALE NELLA STRATEGIA DELLE AZIENDE DICREDITO»Luigi Orombelli - 9 febbraio 1983

N. 54 «PRESENTAZIONE DEL VOLUME “STRATEGIA E ORGANIZZAZIONE NELLEAZIENDE DI CREDITO”: UNA METODOLOGIA PER L’AUTODIAGNOSI»Lamberto Dini - 21 ottobre 1983

N. 55 «STRATEGIA E ORGANIZZAZIONE NELLE AZIENDE DI CREDITO: UNAMETODOLOGIA PER L’AUTODIAGNOSI»Parte seconda.F. Pepe, A. Balossino, G. Di Stefano - 21 ottobre 1983

N. 56 «COMPETITIVITÀ INNOVAZIONE ED EFFICIENZA NEL SISTEMA FINANZIARIO ITALIANO»Nerio Nesi - 13 febbraio 1984

N. 57 «STRUTTURA, OPERATORI ED EVOLUZIONE TECNICA DEL MERCATO DEIFONDI INTERBANCARI IN ITALIA (1979-1982)»Arturo Patarnello - marzo 1984

N. 58 «LA TUTELA DEL RISPARMIO BANCARIO»Tancredi Bianchi - aprile 1984

N. 59 «IL MERCATO FINANZIARIO DOPO LA LEGGE 216»Guido Rossi - maggio 1984

N. 60 «BANCA E BORSA DI FRONTE AL PROBLEMA DELLA STRUTTURA FINANZIARIA DELLE IMPRESE»U. Aletti, H. Bieler, F. Cesarini, L. Orombelli, G.M. Roveraro - giugno 1984

N. 61 «LINEAMENTI DEL TESSUTO INDUSTRIALE ITALIANO NEL SISTEMA DELLESTATISTICHE ISTAT»Guido Rey - giugno 1984

N. 62 «SISTEMA CREDITIZIO E FINANZIAMENTO DELLA CASA: I RISULTATI DIUN’INDAGINE»Maria Luisa Di Battista - agosto 1984

N. 63 «PROCESSI DI FORMAZIONE DEL REDDITO D’ESERCIZIO NELLE AZIENDEDI CREDITO E LORO VARIAZIONI»Lucio Motta - ottobre 1984

N. 64 «GESTIONE DELLA LIQUIDITÀ BANCARIA E EFFICIENZA DEL MERCATOMONETARIO»B. Bianchi, P. Boaretto, R. Franceschini - novembre 1984

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N. 65 «UN PROFILO PER UN SISTEMA»Francesco Cingano - dicembre 1984

N. 66 «LA GARANZIA DEI DEPOSITI»Giannino Parravicini - febbraio 1985

N. 67 «TEORIA E PRASSI DELLA VIGILANZA BANCARIA: ALCUNE RIFLESSIONI»Edward P.M. Gardener - aprile 1985

N. 68 «GLI INTERVENTI SULLA STRUTTURA E SULL’OPERATIVITÀ DEL SISTEMACREDITIZIO: PROBLEMI E PROSPETTIVE»V. Pontolillo, E. Ugolini, F. Battini - aprile 1985

N. 69 «LA CONCORRENZA BANCARIA DOPO L’ACCANTONAMENTO DEL MASSIMALE»G. Carosio, E. Ceccatelli, A. Ceola - maggio 1985

N. 70 «LE PARTECIPAZIONI DELLE GRANDI BANCHE TEDESCHE: ASPETTI QUANTITATIVI E DISCIPLINA PRUDENZIALE»Rossella Locatelli - maggio 1985

N. 71 «STRUTTURA E COSTI DELL’ATTIVITÀ BANCARIA NEL MERCATO MOBILIARE E GESTIONE ACCENTRATA DEI TITOLI»Ernesto Ugolini - giugno 1985

N. 72 «L’UTILIZZO DELLE ANALISI DI SETTORE NELL’ISTRUTTORIA DEI FIDI»P. Brasca, A. Geremia, A. Martelli, P.L. Novello, C. Porcari - settembre 1985

N. 73 «CONCORRENZA E CONTROLLI NELLE OPINIONI DEL MANAGEMENT BANCARIO»M.L. Di Battista, A. Patarnello - settembre 1985

N. 74 «L’INNOVAZIONE FINANZIARIA NEL SISTEMA CREDITIZIO»E. Ceccatelli, V. Desario, L. Frey, S. Isgrò, G. Marchesini - febbraio 1986

N. 75 «L’INNOVAZIONE FINANZIARIA NEL MERCATO IMMOBILIARE»G. Caprara, E. Fumagalli, P. Iovenitti, G. Lombardo, U. Verecondi Scortecci - febbraio1986

N. 76 «NUOVI PROFILI DELL’ORDINAMENTO DEL MERCATO MOBILIARE E LAPOSIZIONE DELLA CONSOB»Franco Piga - febbraio 1986

N. 77 «GLI SVILUPPI E LE PROSPETTIVE DEL MERCATO AZIONARIO»U. Aletti, M. Vitale - marzo 1986

N. 78 «DIMENSIONE, COMPOSIZIONE E COSTO DEL DEBITO PUBBLICO INTERNODAL 1861 AL 1985»F. Spinelli, S. Formentini - febbraio 1987

N. 79 «I BUONI (ORDINARI) DEL TESORO»G.L. Calvi - febbraio 1987

N. 80 «TENDENZE DI MEDIO PERIODO NEI MERCATI DEL CREDITO»P.D. Gallo, S. Molinari, O. Salamone - aprile 1987

N. 81 «LE RISPOSTE DELL’INDUSTRIA BANCARIA AI CAMBIAMENTI»T. Bianchi, A. Cova - aprile 1987

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N. 82 «LA GESTIONE DEL PASSIVO E I NUOVI SERVIZI BANCARI»P. Forti, S. De Bernardis - maggio 1987

N. 83 «ASPETTI EVOLUTIVI DELLA GESTIONE DELLE AZIENDE DI CREDITO E ISUOI RIFLESSI SUL BILANCIO D’ESERCIZIO»F. Gianani - maggio 1987

N. 84 «LE CARATTERISTICHE E GLI EFFETTI SULLA GESTIONE BANCARIA DEIRISCHI CONNESSI ALLE “OFF BALANCE SHEET TRANSACTIONS”»M. Oriani - giugno 1987

N. 85 «GLI INTERMEDIARI DI BORSA: PROSPETTIVE A CONFRONTO»F. Cesarini, P. Marchetti, M.T. Tebaldi - luglio 1987

N. 86 «GLI EFFETTI DELLE PRIVATIZZAZIONI SUL SISTEMA FINANZIARIO BRITANNICO»P. Fandella - febbraio 1988

N. 87 «STRUTTURA E PROSPETTIVE DEI GRUPPI BANCARI IN ITALIA»G. Schena - febbraio 1988

N. 88 «L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO»G. Zandano, T. Bianchi, W.G. Verhoeven, F. Pepe - maggio 1988

N. 89 «IL SISTEMA BANCARIO ITALIANO NELLA PROSPETTIVA DEL 1992»E. Filippi, M. Sella, G. Frigeri - maggio 1988

N. 90 «RIFLESSI SULLA GESTIONE BANCARIA DELL’EVOLUZIONE DEL MERCATOMOBILIARE»U. Aletti, C. Faissola, E. Monti - giugno 1988

N. 91 «BANCHE E ATTIVITÀ DI INTERMEDIAZIONE SUL MERCATO AZIONARIO:I RISULTATI DI UN SONDAGGIO»F. Cesarini - giugno 1988

N. 92 «IL MERCATO DEI TITOLI DI STATO»V. Brocci, A. Tucci - ottobre 1988

N. 93 «LA REDDITIVITÀ DELLE AZIENDE DI CREDITO NELLA PROSPETTIVA DIEVOLUZIONE STRUTTURALE DEL SISTEMA»T. Bianchi, F. Bizzocchi, G. Carducci - giugno 1989

N. 94 «UN SISTEMA ESPERTO PER LA GESTIONE DELLA TESORERIA»M. De Marco, G. Grassano, S. De Bernardis, F. Gardin, C. Rossignoli, I. Zaniboni, H.Taylor, G. Trotta - luglio 1989

N. 95 «POSIZIONE COSTITUZIONALE E FUNZIONI AMMINISTRATIVE DEL C.I.C.R.NELL’AMBITO DELL’ORDINAMENTO DEL CREDITO»E. Balboni, G. Massoli - luglio 1989

N. 96 «LINEE EVOLUTIVE NELL’ORGANIZZAZIONE BANCARIA»A. Balossino - gennaio 1990

N. 97 «ASPETTI TECNICI DELLA POLITICA DI IMPIEGO»T. Bianchi, P. Bongianino, A. Finotti, L. Sibani, G. Osculati - maggio 1990

N. 98 «TENDENZE EVOLUTIVE DELLA POLITICA DI RACCOLTA»C. Faissola, E. Veronesi, M. Nonni - maggio 1990

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N. 99 «LA BANCA E L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DEI PAGAMENTI»L. Rondelli, M. Sella - maggio 1990

N. 100 «I PROSPETTI DI RICLASSIFICAZIONE E DI DETTAGLIO NELLA DOCUMENTAZIONE INTEGRATIVA DEI BILANCI BANCARI, I RISULTATI DI UN’INDAGINE»P. Benigno - giugno 1990

N. 101 «SISTEMA DEI PAGAMENTI, PRODOTTI BANCARI E RETI TELEMATICHE,ASPETTI TECNOLOGICI, REALIZZATIVI, DI SICUREZZA E GIURIDICI» I PARTEA. Tarola, D. Qualeatti, P. Di Blasi, P. Salamone - settembre 1990

N. 102 «SISTEMA DEI PAGAMENTI, PRODOTTI BANCARI E RETI TELEMATICHE,ASPETTI TECNOLOGICI, REALIZZATIVI, DI SICUREZZA E GIURIDICI» II PARTEA. Pincherle, C. Rossignoli, R. Virtuani, M. Atzeni - settembre 1990

N. 103 «L’ASSET & LIABILITY MANAGEMENT STRATEGICO NELLE BANCHE ITALIANE»M. Carrara - novembre 1990

N. 104 «EQUILIBRI REDDITUALI E FINANZIARI E PROBLEMI DELLA CONCORREN-ZA NEL MERCATO BANCARIO EUROPEO: VALUTAZIONI DI SINTESI»F. Cesarini, M.L. Di Battista, V. Conti, A. Patarnello, R. Locatelli - dicembre 1990

N. 105 «EQUILIBRI REDDITUALI E FINANZIARI E PROBLEMI DELLA CONCORRENZA NEL MERCATO BANCARIO EUROPEO»T. Bianchi, M. Nonni - gennaio 1991

N. 106 «I RIFLESSI DELLA RECENTE LEGISLAZIONE SULLA STRUTTURA E SULFUNZIONAMENTO DEL SISTEMA FINANZIARIO ITALIANO»F. Cesarini, T. Bianchi, G. Trombi - aprile 1991

N. 107 «SVILUPPO DEI MERCATI E GESTIONE BANCARIA»L. Rondelli, M. Mauro, G. Vaciago - maggio 1991

N. 108 «I RIFLESSI DELLA RECENTE LEGISLAZIONE SULLA STRUTTURA E SULFUNZIONAMENTO DEL SISTEMA FINANZIARIO ITALIANO»P.D. Gallo, P. Baratta, P. Gnes - giugno 1991

N. 109 «TRASPARENZA E COMPARABILITÀ DEL BILANCIO D’ESERCIZIO DELLEAZIENDE DI CREDITO»P. Golia, A. Marchesi - novembre 1991

N. 110 «GESTIONE DEL DEBITO PUBBLICO E PRIVATIZZAZIONI»T. Bianchi - novembre 1991

N. 111 «IL SISTEMA INFORMATIVO DI MARKETING “MINIMALE”»A.A. Astolfi, G. Brioschi, F. Di Tizio, P. Rigamonti, A. Variati - novembre 1991

N. 112 «IL CREDITO DI ULTIMA ISTANZA»Carlo Azeglio Ciampi - febbraio 1992

N. 113 «PROSPETTIVE E SVILUPPO DEI MERCATI FINANZIARI» P. Marchetti, B. Bianchi, U. Aletti, L. Rondelli, S. Lo Faso - aprile 1992

N. 114 «PROFITTABILITÀ E RISCHI DELL’INTERMEDIAZIONE CREDITIZIA»C. Salvatori, L. Arcuti, A. Molendi, G. Mazzarello, G. Ferretti, C. Tresoldi - aprile 1992

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N. 115 «PROFITTABILITÀ E RISCHI DELL’INTERMEDIAZIONE CREDITIZIA»F. Cesarini, T. Bianchi, F. Passacantando, V. Conti - aprile 1992

N. 116 «L’ATTUALE SITUAZIONE DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI NON BANCARI SOTTO IL PROFILO DELLE COMUNICAZIONI DELLA VIGILANZA EDELLA TRASPARENZA»M. Cardillo - settembre 1992

N. 117 «LE PROSPETTIVE DELLA BANCA SPAGNOLA VERSO L’INTEGRAZIONEFINANZIARIA IN EUROPA»J. Quesada - settembre 1992

N. 118 «INSIDER TRADING: CONSIDERAZIONI E PERPLESSITÀ»A. Mignoli - ottobre 1992

N. 119 «LE PROSPETTIVE DEL SISTEMA BANCARIO SPAGNOLO NELL’ATTUALECONGIUNTURA EUROPEA»F. Perez, E. Coletti, F. Kerbaker, A. Pironti - febbraio 1993

N. 120 «I CANALI DI DISTRIBUZIONE DEGLI ISTITUTI DI CREDITO SPECIALE»P.D. Gallo, D. Conti, M. Corradi, F. Del Nero - marzo 1993

N. 121 «IL COSTO DEL LAVORO NELLE AZIENDE DI CREDITO»T. Bianchi, C. Faissola, G. Trombi, L. Dini - aprile 1993

N. 122 «I RAPPORTI TRA BANCA E IMPRESA»F. Frasca, F. Cesarini, G. Cirla, L. Rondelli - aprile 1993

N. 123 «IL TRATTAMENTO FISCALE DEI RISCHI SU CREDITI»F. Gallo - gennaio 1994

N. 124 «PER UNA CREDIBILE INFORMAZIONE SOCIETARIA»ovvero: L’ETICA DELL’INFORMAZIONE AZIENDALE

T. Bianchi, E. Berlanda, R. Tronchetti Provera, A. Zappi - marzo 1994

N. 125 «LA SITUAZIONE CONGIUNTURALE E LE PROSPETTIVE» M. Venturino - marzo 1994

N. 126 «IL COMPORTAMENTO DELLE BANCHE NEI MERCATI LOCALI»L. Gentilini, G. Testoni, M. Näef - maggio 1994

N. 127 «LA PRASSI DEI FIDI MULTIPLI E L’EVOLUZIONE DEL RAPPORTO BANCA-IMPRESA»P. Marullo Reedtz, A. Ceola, A. Geremia, C. Scarenzio - maggio 1994

N. 128 «COMPORTAMENTI DELLE BANCHE, MODIFICHE ISTITUZIONALI ED EVOLUZIONI DEL MERCATO MOBILIARE»T. Bianchi, A. Ventura, E.G. Bruno, B. Bianchi, V. Desario - maggio 1994

N. 129 «ALCUNE RIFLESSIONI IN TEMA DI “RACCOLTA INDIRETTA” DELLE BANCHE» M. Oriani - maggio 1994

N. 130 «RISCHIO DI CREDITO E RISCHIO DI MERCATO NELLA GESTIONE BANCARIA»V. Conti, M. Silvani, G. Carosio - novembre 1994

N. 131 «PROSPETTIVE DI RIORDINO DELLA REGOLAMENTAZIONE CONSOB - BANCA D’ITALIA»C. Capuzzo, F. Forghieri, L. Gardelli, R. Tedeschi, M. Venturino - novembre 1994

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N. 132 «LA BANCA COME OPERATRICE SUI MERCATI MOBILIARI »F. Cesarini, M. Anolli, A. Ventura, U. Aletti - novembre 1994

N. 133 «DAL MERCATO DEGLI INTERESSI AGLI INTERESSI DEL MERCATO»D. Usellini, P. Pasini, G. Vigorelli, L. Abete, E. Berlanda, P. Gnes, A. Ventura, J.G. De Wael,G. Pagliarini - aprile 1995

N. 134 «LA RIPRESA CICLICA E L’ATTIVITÁ BANCARIA»P. Ranci, M.L. Di Battista, C. Caletti, M. Fazzini, - maggio 1995

N. 135 «LA PRESENZA DELLE BANCHE NEI MERCATI»T. Bianchi, A. Papa, E. Paolillo, V. Desario - maggio 1995

N. 136 «REDDITIVITÁ DELLE BANCHE, REMUNERAZIONE DEL CAPITALE E RICORSO AL MERCATO»V. Conti, B. Bianchi, M. Venturi, C. Faissola - maggio 1995

N. 137 «TENDENZE NELLA REDDITIVITÁ E PRODUTTIVITÁ BANCARIA»F. Passacantando, M. Nonni, F. Pepe, L.G. Attanasio, G. Frigeri - maggio 1995

N. 138 «L’APPLICAZIONE DEL RATING AL SETTORE BANCARIO: PROBLEMI E PROSPETTIVE»Laura Nieri - gennaio 1996

N. 139 «IL RATING: UN’OPPROTUNITÀ PER LE BANCHE ITALIANE»E. Monti, A. Esmanech, A. Tamagnini - gennaio 1996

N. 140 «L’UNIONE ECONOMICA E MONETARIA: I CRITERI DI RIFERIMENTO E LE REGOLE DI CONVERGENZA»Rainer Masera - febbraio 1996

N. 141 «IMPRESA, COMUNICAZIONE FINANZIARIA, COMPETITIVITÀ:IL QUADRO ITALIANO TRA REGOLE E OPPORTUNITÀ»E. Presutti, G. Vigorelli, F. Cesarini, I. Cipolletta, M. Onado, A. Bombassei, P. Pasini -marzo 1996

N. 142 «LE BANCHE E LO SVILUPPO DEI MERCATI»L. Rondelli, C. Santini - marzo 1996

N. 143 «GLI ASPETTI NEVRALGICI DEI PROCESSI DI RAZIONALIZZAZIONE DELLAGESTIONE DELLA BANCA»M.L. Di Battista, M. Sella, P. Marullo Reedtz, L. Arcuti - maggio 1996

N. 144 «I PROBLEMI DELLA PROFESSIONE BANCARIA»V.Desario, T. Bianchi - maggio 1996

N. 145 «LA GESTIONE DELLA RACCOLTA BANCARIA»A. Nottola - giugno 1996

N. 146 «INTERMEDIAZIONE BANCARIA E FINANZA D’IMPRESA NELLA PROSPETTIVA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA»C. Scognamiglio, G. Palladino, G. Zadra, E. G. Bruno, A. Falck, G. Grassano,G. Zucchi - febbraio 1997

N. 147 «COMUNICAZIONE FINANZIARIA E SVILUPPO DELLE IMPRESE:LE PROSPETTIVE»G. Vigorelli, M. Miccio, B. Boschetto, S. Bragantini, P. Gnes, E. Presutti, T. Bianchi, P.Pasini - febbraio 1997

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N. 148 «LA TASSAZIONE DELL’ATTIVITÀ BANCARIA E DEGLI STRUMENTIFINANZIARI»F. Caleffi, G. Zadra, E.G. Bruno - maggio 1997

N. 149 «L’UNIONE MONETARIA E GLI ADEMPIMENTI ORGANIZZATIVI»T. Bianchi, M. Sarcinelli, A. Iozzo - maggio 1997

N. 150 «FATTORI DETERMINANTI DEL RISULTATO ECONOMICO DELLE BANCHE NEL 1996»N. Oggiano, G. Grassano - giugno 1997

N. 151 «LE IMPLICAZIONI PER LE BANCHE ITALIANE DELL’AVVIO DELL’UNIONE MONETARIA»F. Cesarini, I. Angeloni, A. Generale, R. Tedeschi - settembre 1997

N. 152 «PROFILI DI REDDITIVITÀ BANCARIA IN EUROPA: ALLA RICERCA DELMODELLO VINCENTE NELLA PROSPETTIVA DELL’UNIONE MONETARIAEUROPEA»V. Conti, M. Ossana, M. Senati - settembre 1997

N. 153 «STRUMENTI E SOLUZIONI ORGANIZZATIVE PER LA GESTIONE DELRISCHIO DI CREDITO»R. Barontini, P. Gualtieri, A. Patarnello, F. Russello - gennaio 1998

N. 154 «IMPRESE, MERCATO DEI CAPITALI E COMUNICAZIONE FINANZIARIA»B. Benedini, G. Vigorelli, A. Albertini, T. Bianchi, M. Miccio, G. Fossa, P. Pasini - feb-braio 1998

N. 155 «L’OFFERTA DI SERVIZI DI CONSULENZA ALLE IMPRESE»F. Arpe, C. Costamagna, C. Porcari - aprile 1998

N. 156 «TENDENZE NELL’OFFERTA DI SERVIZI DI GESTIONE DEL RISPARMIO»F. Cesarini, I. Angeloni, E.G. Bruno - G. Testoni - maggio 1998

N. 157 «LE BANCHE ITALIANE E LA PREPARAZIONE ALL’UNIONE MONETARIA»T. Bianchi, P. Campaioli, V. Conti, V. De Bustis, V. Consoli, A. Valdembri, G. Zadra -maggio 1998

N. 158 «LA RIFORMA DELLA TASSAZIONE DEI REDDITI DELLE ATTIVITÀFINANZIARIE: RIFLESSI SUGLI INTERMEDIARI»M. F. Ambrosanio - giugno 1998

N. 159 «LA SITUAZIONE CONGIUNTURALE REALE E MONETARIA E I CONTIECONOMICI DELLE BANCHE»G. Vaciago, G. Morcaldo, I. Cipolletta, M.L. Di Battista, C. Faissola - giugno 1998

N. 160 «L’AREA DELL’EURO: ASPETTI STRUTTURALI E RAPPORTI CON LE PRINCIPALI AREE VALUTARIE»G. Vigorelli - I. Visco - G. Bishop - B. Eichengreen - agosto 1998

N. 161 «I MERCATI FINANZIARI IN EURO E L’OPERATIVITÀ DELLE BANCHE ITALIANE»R. Barbieri - L. Rondelli - G. Vaciago - agosto 1998

N. 162 «LE STRATEGIE DEI PRINCIPALI SISTEMI BANCARI EUROPEI NELLA PROSPETTIVA DELLA MONETA UNICA»J.P. Abraham - J.R. Inciarte - U. Schroeder - settembre 1998

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N. 163 «L’APPLICAZIONE DELLE REGOLE DELLA CONCORRENZA ALLE IMPRESEBANCARIE NELL’ESPERIENZA EUROPEA E NELL’ESPERIENZA ITALIANAPARTE I - LE INTESE»F. Turati - novembre 1998

N. 164 «I RIFLESSI DEL TESTO UNICO DELLA FINANZA SULL’ATTIVITÀ DELLEBANCHE: PROFILI ECONOMICI E DI VIGILANZA»F. Taranto, M. Onado - novembre 1998

N. 165 «BILANCIO E COMUNICAZIONI SOCIALI: LE NUOVE REGOLE A CONFRONTO CON L’EUROPA»G. Vigorelli - M. Miccio - B. Benedini - M. Sella - L. Martino - P. Gnes - S. Preda - D.Bracco - P. Pasini - febbraio 1999

N. 166 «NUOVI MODELLI ORGANIZZATIVI PER LE BANCHE E PER I MERCATI»V. Desario - marzo 1999

N. 167 «L'ATTUAZIONE DELLA POLITICA MONETARIA NELLA TERZA FASEDELL'UNIONE MONETARIA»T. Bianchi - C. Santini - E. Paolillo - A. Varisco - aprile 1999

N. 168 «INCENTIVI PER IL PERSONALE E PIANI DI STOCK OPTION NELLE BANCHE»P. Gualtieri - R. Locatelli - M. Cozzolini - G. Spadafora - marzo 1999

N. 169 «IL RUOLO DELLA PIAZZA FINANZIARIA ITALIANA NEL CONTESTOEURO»R. Pinza - M. Sella - A. Ventura - maggio 1999

N. 170 «LE CONCENTRAZIONI BANCARIE: ASPETTI ORGANIZZATIVI E DI VIGILANZA»A. Profumo - C. Salvatori - F. Frasca - giugno 1999

N. 171 «LE CONCENTRAZIONI BANCARIE: ASPETTI ECONOMICO-TECNICI»F. Cesarini - F. Panetta - F. Bizzocchi - C. Piazza Spessa - gennaio 2000

N. 172 «IL BUON GOVERNO SOCIETARIO: AUTOREGOLAMENTAZIONI,COMUNICAZIONI»G. Vigorelli - B. Benedini - M. Miccio - A. Desiata - P. Gnes - M. Sella - S. PredaP. Fassino - P. Pasini - marzo 2000

N. 173 «INVESTIMENTI FISSI E GESTIONE DEL PATRIMONIO DELLE BANCHE»P. Gualtieri - G. Scorza - G. Rosnati - P. Gavazzi - marzo 2000

N. 174 «LA CONCENTRAZIONE SUL MERCATO DEGLI SCAMBI DI AZIONI:I PROBLEMI APERTI E L'OPINIONE DEGLI OPERATORI»A. Banfi - M. Calzolari - F. Chiappetta - G. Ferrarini R. Hamaui - G. Makula - G.Verzelli - maggio 2000

N. 175 «L'OFFERTA DI CREDITO E DI SERVIZI FINANZIARI ALLE PICCOLE EMEDIE IMPRESE»C. Faissola - M. Bianconi - maggio 2000

N. 176 «IL MERCATO DEI SERVIZI DI GESTIONE PROFESSIONALE DEL RISPARMIO: ASPETTI DOMESTICI E INTERNAZIONALI»T. Bianchi - L. Rondelli - A Ferrari - B. Bianchi - maggio 2000

N. 177 «IL RATING INTERNO E LA GESTIONE DEI RISCHI BANCARI NEI GRUPPICREDITIZI»R. Masera - giugno 2000

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N. 178 «STRUMENTI DI FINANZIAMENTO DIRETTO, CARTOLARIZZAZIONE DEICREDITI E SVILUPPO DELL'ATTIVITÀ DI IMPIEGO»A. Patarnello - V. Conti - M. Maccarinelli - P.D. Gallo - giugno 2000

N. 179 «TENDENZE DELLA DOMANDA E DELL'OFFERTA DI CREDITOBANCARIO»D. Gronchi - L. Sibani - luglio 2000

N. 180 «MISURAZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO DI CREDITO»C. Santini - G. Carosio - P. Marullo Reedtz - luglio 2000

N. 181 «LE COMPONENTI DEL RENDIMENTO DEI PORTAFOGLI GESTITI.UN’APPLICAZIONE DELLA PERFORMANCE ATTRIBUTION AI FONDIBILANCIATI DI DIRITTO ITALIANO»G. Petrella - febbraio 2001

N. 182 «I BENEFICI DI CREAZIONE DI VALORE NELL’ACCESSO DELLE BANCHEAI MERCATI ORGANIZZATI»A. Nagel - maggio 2001

N. 183 «LA DIFFUSIONE DELLE TECNOLOGIE INFORMATICHE: IMPLICAZIONIPER GLI ASSETTI ORGANIZZATIVI DEGLI INTERMEDIARI E DEIMERCATI»V. Pontolillo - A. Tantazzi - T. Cartone - maggio 2001

N. 184 «LA REDDITIVITÀ DELLE BANCHE E DEI GRUPPI BANCARI ITALIANI»G. Pirovano - F. Pepe - giugno 2001

N. 185 «LA CONCORRENZA NELL’OFFERTADI SERVIZI FINANZIARI: MERCATI, BANCHE E ALTRI OPERATORI»T. Bianchi - F. Panetta - M. Calzolari - luglio 2001

N. 186 «L'OFFERTA DI SERVIZI FINANZIARI DA PARTE DI OPERATORI ESTERNIAL SETTORE BANCARIO»A. Banfi - C. Passera - G. Cappelletti - luglio 2001

N. 187 «LA NUOVA NORMATIVA INTERNAZIONALE SUI REQUISITIPATRIMONIALI»G. Carosio - P. Marullo Reedtz - M. Venturino - luglio 2001

N. 188 «VERSO UNA NUOVA BRETTON WOODS:UN PROGETTO PER USCIRE DALLA CRISI FINANZIARIA INTERNAZIONALE»L. H. Larouche - settembre 2001

N. 189 «L’IMPATTO DEL DIRITTO COMUNITARIO SULL’E-BANKING»S. Scotti Camuzzi - ottobre 2001

N. 190 «LA CONGIUNTURA REALE E MONETARIA IN ITALIA E NELL'AREADELL'EURO E LE PROSPETTIVE DEI BILANCI BANCARI»S. Rossi - G. Morcaldo - G. Vaciago - gennaio 2002

N. 191 «REPUTAZIONE E DEONTOLOGIA PROFESSIONALE DELLE BANCHE NEIRAPPORTI CON LA CLIENTELA NEL CONTESTO DELLA NEW ECONOMY»C. Santini - B. Bianchi - A. Finocchiaro - febbraio 2002

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Finito di stampare luglio 2002

N. 192 «GLI EFFETTI DELLE COMMISSIONI D’INCENTIVOSULLE PERFORMANCE DEI FONDI COMUNI»E. J. Elton - M. J. Gruber - C. R. Blake - febbraio 2002

N. 193 «IL RISCHIO OPERATIVO»R. Locatelli - E. Magistretti - P. Scalerandi - G. Carosio - marzo 2002

N. 194 «LE CRISI FINANZIARIE INTERNAZIONALI: RISCHIO PAESE ED EFFETTISULLE BANCHE ITALIANE»M. Lossani - P. Marullo Reedtz - L. Benassi - giugno 2002

N. 195 «LA CONGIUNTURA REALE E MONETARIAITALIANA E INTERNAZIONALE»G. Morcaldo - S. Rossi - G. Vaciago - giugno 2002

N. 196 «CAPITALE E RISCHIO: RECENTI TENDENZE E PROSPETTIVE NELLAPATRIMONIALIZZAZIONE DELLE BANCHE ITALIANE»R. Masera - R. Maino - luglio 2002

N. 197 «LA REGOLAMENTAZIONE NEI RAPPORTI CON LA CLIENTELA DEISERVIZI DI INVESTIMENTO»G. D’Agostino - A. Iuliucci - luglio 2002

N. 198 «I RIFLESSI DEL CICLO ECONOMICO SULL’ATTIVITÀ BANCARIA»F. Panetta - V. de Bustis - F. Innocenzi - luglio 2002

N. 199 «LA GESTIONE DEL PATRIMONIO DELLE BANCHE»E. Paolillo - C. Costamagna - S. Theodore - luglio 2002

N. 200 «I CAMBIAMENTI NELLA REGOLAMENTAZIONE SUI REQUISITIPATRIMONIALI E NEGLI ASSETTI PROPRIETARI DELLE BANCHE»T. Bianchi - G. Carosio - F.M. Frasca - S. Cassese - luglio 2002

Per ogni informazione circa le pubblicazioni ci si può rivolgere alla Segreteria dell’Associazione - tel. 02/62.755.252