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“LA BUSSOLA” Opuscolo pratico per l’orientamento universitario

1 Introduzione: analisi di una “emergenza sociale” di Giuseppe Cigarini

2 I criteri per una scelta oculata: l’eterno enigma: fare quel che piace o quel che mi dà lavoro? di Giuseppe Cigarini

3 Università vicine o lontane, piccole e grandi: analisi di vantaggi e svantaggi di Elena Ferramola

4 Lo spettro del numero chiuso: medicina e compagnia cantante di Francesco Borghi

5 Antologia delle università italiane: cronache di vita vissuta

5.1 Scienze matematiche, fisiche e naturali:

La cenerentola delle università italiane di Elena Ferramola e Francesco Borghi

5.2 Giurisprudenza: Chi non sa…legge! di Giuseppe Cigarini

5.3 Lettere: Soffri e sii grande! di Giovanni Cigarini e Marco Diegoli

5.4 Architettura: Maestri del righello! di Luca Reguzzoni

5.5 Ingegneria: Paladini dell’ingegno. di Carlo Pane, Mattia Petruzziello, Michele Stawowy e Giulio Allesina

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1 Introduzione:

Analisi di un’emergenza sociale Caro studente, questo giornale nasce nell’alveo di un progetto associativo che ha nome “Metexis”. Nata nel 2011 come associazione non riconosciuta di diritto privato, Metexis è uno strumento fatto di persone che mettono in comune idee e capacità, ha come scopo ultimo quello di raccogliere e sviluppare idee ed intuizioni, prevalentemente di natura imprenditoriale, proprie dei partecipanti. Metexis è una cooperativa teorica, le idee sono in comune ed ognuno agisce nel limite delle sue capacità per contribuire allo sviluppo tanto delle proprie idee quanto delle idee degli altri. La paternità dell’idea è sempre tutelata basti che si dia merito morale a Metexis per il suo sviluppo. Già nel 2012 Metexis riconosce nel problema della scelta della propria facoltà universitaria un’emergenza sociale di prim’ordine per i tanti maturandi e maturati italiani. In altre parole perché deve essere diventato normale, ed anzi comunemente accettato, che una persona possa cambiare due o anche a volte tre facoltà prima di trovare quella “giusta”? Perché dobbiamo ormai arrenderci all’idea che un laureato faccia un lavoro che non ha la benché minima attinenza con quello che per ha studiato? Perché il 28% dei laureandi italiani dichiara di non essere soddisfatto della scelta operata nel senso che non si riscriverebbe al medesimo corso di laurea (dato Istat)? Nel mito di Er, raccontato dal filosofo Platone, si narra di come le anime, nella scelta di quale persona doversi reincarnare, scegliessero sempre una vita del tutto diversa da quella che avevano vissuto, ricordandosi solamente degli episodi negativi della vita precedente. Ora non si può certo pensare che sia così anche per ben il 28% degli universitari italiani! Questi tre punti sono a mio avviso sintomo di un malessere generalizzato che richiede una profonda riflessione. Sul punto sono fermamente convinto che quando uno studente compie un errore nella scelta universitaria questo sia anzitutto non solo e non tanto uno spreco di denaro e di risorse pubbliche ma anche e soprattutto uno spreco del suo tempo e delle sue energie che, purtroppo, nessuno gli potrà mai ridare indietro! Tutti abbiamo quindi interesse, sia la società che l’individuo, a che la scelta giusta avvenga al primo colpo. Ebbene, è convinzione di Metexis che tutto questo sia in larga parte possibile, stimolando meccanismi di solidarietà intergenerazionale. Cioè? Mi spiego. Nessuno potrà mai negare che una scelta sarà tanto migliore quanto più sarà avvenuta sulla base di una corretta informazione che, in effetti, è uno dei beni più preziosi che noi possediamo. L’idea di Metexis è che, al di là di volantini, guide e opuscoli di presentazione delle varie facoltà, le informazioni migliori, cioè quelle che portano a scelte più consapevoli ed oculate, siano quelle che passano di “mano in mano”, cioè quelle che si tramandano tra loro laureati e studenti che in prima persona hanno vissuto quelle esperienze: in altre parole non basta avere tante informazioni, occorre soprattutto avere informazioni affidabili per poter fare la scelta giusta! Finalità pertanto di questo opuscoletto è appunto quello di correttamente informarti, ma non come potrebbero fare i vari atenei italiani che sono portatori di interessi

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loro propri, ma come lo può fare un ragazzo/a come te che per questi atenei ci è passato, conoscendone in profondità i pregi ed i difetti e pagando sulla sua pelle le inefficienze e gli sprechi così come le pratiche virtuose. In conclusione, questo giornale vuole solamente analizzare alcuni dei più annosi problemi e varianti sul tema quali ad esempio “l’eterno dilemma studio per piacere o per trovare lavoro?”, che spero ti intrattenga oltre ad esserti di aiuto. Giuseppe Cigarini - Metexis

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2 I criteri per una scelta oculata:

L'eterno enigma: fare quel che piace o quel che mi dà lavoro ?

Nel tentativo di risolvere un eterno enigma che aleggia nel problema della scelta universitaria, ossia faccio quel che mi piace o quel che mi dà lavoro?, occorre fare alcune premesse preliminari. Innanzitutto occorre partire con una constatazione forse banale ma del tutto necessaria: la scelta universitaria non può essere passiva. Sul punto è senz’altro passiva la scelta di una facoltà in ragione del fatto che la stessa scelta è stata fatta dal mio migliore amico, al pari della scelta universitaria fatta perché non si sapeva cos’altro fare: ecco, queste sono le tipiche scelte universitarie passive! La scelta universitaria attiva è quella che, non solo viene ponderata sulla base di informazioni reliable, cioè affidabili, ma che in un qualche modo si prefigura e si proietta in un possibile futuro: in altre parole, cosa voglio fare da grande? Per farla breve, più uno ha un percorso strutturato in testa meglio è per lui, se uno non ha chiaro in testa dove vuole arrivare il rischio è quello di allungare il percorso. A ciò si lega il fatto che all’università si deve tendenzialmente imparare un mestiere non solo imparare una disciplina. A questo ragionamento tuttavia si possono fare molte obiezioni: in primis il fatto che non sempre alla fine del liceo si ha ben chiaro che cosa si vorrà fare. Forse, ed è già qualcosa, si ha chiaro che cosa piace o non piace delle materie che si sono studiate, si ha probabilmente un’idea di cosa non mi annoia troppo studiare. Ed è qui infatti che entra in scacco la filosofia dello scegliere l’università in base al lavoro futuro: quello che conta infatti non è tanto l’università che si sceglie ma come la si fa, con che spirito. Non è detto che se uno sceglie una delle facoltà meno quotate sia per questo destinato alla disoccupazione! Questo anche perché l’idea sul lavoro può mutare molte volte nell’arco di pochi anni. Quello che è sicuro è che l’università non è solo andare a lezione e prendere dei voti: bisogna essere attivi non passivi, scegliere un proprio percorso. Non bisogna impiegare il proprio tempo per passare l’esame e basta. A difesa di questo assioma ci sono tante personalità straordinarie che sono riuscite a ricoprire incarichi prestigiosi pur avendo fatto facoltà considerate non al top: Marchionne, laureato in filosofia, oppure Carlo Azelio Ciampi, laureato in lettere i quali pure avevano ricoperto ruoli per i quali non avevano studiato. Il vero problema sembra essere dunque quello di conoscersi: riprendendo il monito che era scritto sul tempio di Delfi, occorre profondamente capire chi si è per scegliere la propria facoltà ideale. Ad esempio. Se sono una persona molto avversa al rischio (risk averse), sarà per me forse meglio scegliere una facoltà che magari non collima del tutto con i miei desiderata ma che avrà una percentuale più alta di probabilità nella ricerca del lavoro; se invece al contrario sono una persona a cui piace il rischio (risk taker) allora potrò scegliere anche un percorso con meno chances lavorative, sapendo che sarà per me divertente “inventarmi” il mio lavoro un domani. Ma questa forse è solo fantascienza. Quello che probabilmente è raccomandabile è avere

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un ruolo attivo in università: interessarsi non solo agli esami, scegliere percorsi sempre più personalizzati, distinguersi in positivo e non solo attraverso i voti.

3 Università vicine o lontane, piccole e grandi:

Analisi di vantaggi e svantaggi Parliamo prima di me, la mia università era piccola e anche vicino casa, Mirandola Modena sono 40 minuti variabili con il traffico della statale 12. Risultato non mi sono dovuta reinventare con l’università, ho continuato a vivere a casa e ho coltivato le stesse attività che facevo al liceo. Avevo un paio di lavoretti serali e pomeridiani e i soldi guadagnati li ho potuti spendere in viaggi, libri e, si devo ammetterlo in parecchi vestiti. Insomma non avevo troppe spese extra per l’università, a parte la retta, che mi pagavano i miei. Parliamo adesso di Claudia, mia stimata amica e collega, Ingegnere Gestionale, lei di chilometri ne ha fatti circa mille per laurearsi a Bologna. Claudia si è reinventata, ha cominciato a vivere in un appartamento con tre coinquilini sconosciuti, nel centro di una città piuttosto affollata e lavarsi vestiti, cucinare e pulire erano suoi problemi allo stesso modo che studiare. I soldi extra che faceva con dei lavoretti erano spesso impiegati per le spese quotidiane, complessivamente credo abbia faticato più di me a rimanere concentrata sullo studio. Per contro, però sono convinta, Claudia ha vissuto un’esperienza forte, che a me è mancata, condividere la vita con nuovi amici , che vengono da diverse parti di Italia e potersi confrontare con loro, insomma un bel cambio di prospettiva, molto emozionate da vivere a 20anni. Dimenticavo di dire che sono laureata in Fisica, quando mi sono iscritta nel 2002, i Fisici non erano ancora troppo di moda. Adesso con The Big Bang Theory e certi Bosoni che finalmente si fanno trovare stiamo acquisendo notorietà. Risultato eravamo pochi e tutti i professori ci conoscevano, che significa sbagliare un esame era qualcosa che rimaneva, perché non eri una faccia fra mille e il prof poteva permettersi di interrogarti per ore su tutto il programma d’esame, visto che non aveva la fila alla porta. C’erano però anche quei tre o quattro professori con cui potevi molto bene chiacchierare, e che ti ascoltavano sfogare le tue ansie nella settimana prima della discussione della tesi (uno dei momenti più neri). Tutto questo è bene, ci si sente meno numeri e meno soli, ma certo ci sono più persone da non deludere. Claudia mi racconta invece di come Bologna erano una vera massa, e nelle aule a volte eri così indietro che non vedevi la faccia del prof. Questo poi a volte non lo vedevi nemmeno all’esame, perché ad interrogarti era uno dei suoi fortunati assistenti. In compenso c’era davvero un sacco di gente con cui confrontarsi e studiare per gli esami, e magari darsi manforte nell’affrontare le file in segreteria e i tempi dilatati di correzione degli esami. Io e Claudia adesso siamo nello stesso ufficio e collaboriamo spesso ognuna mettendo in gioco le sue competenze, che derivano principalmente dalla passione personale che abbiamo messo nei nostri studi e negli sforzi che abbiamo fatto per concretizzarli in un occupazione, e questi aspetti vanno oltre la vicinanza da casa del nostro ateneo. Certo però che abbiamo vissuto l’università in modo diverso, e questo ha avuto un peso nelle nostre

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vite, perché ci ha reso a tratti più felici o più stressate migliorando o peggiorando alcune parti di noi stesse. Alla luce di questo, scegliere comunque si deve fra andare o restare, fra la grande città e la provincia, il consiglio è per quanto possibile di farlo consapevolmente. Elena Ferramola - Metexis

4 Lo spettro del numero chiuso:

Medicina e compagnia cantante Cari ragazzi, molti di voi sceglieranno una facoltà ad accesso libero. Molti invece tenteranno di entrare in una facoltà a numero chiuso. Cosa si intende esattamente per numero chiuso? I corsi a numero chiuso o programmato sono quelli per i quali è necessario superare una prova ed essere collocati in posizione utile in una graduatoria: solo successivamente ci si può immatricolare e si ha la certezza di poter frequentare il corso scelto. Nel caso in cui la prova sia superata al primo colpo… congratulazioni e in bocca al lupo! Cosa fare, invece, se il test di ingresso non viene superato? Questa paginetta ha lo scopo di darvi qualche spunto di riflessione per aiutarvi a prendere una decisione più consapevole. Se non si passa il test di ingresso, è sempre bene arrivare preparati ed avere in mente una scelta alternativa. Per esempio un corso di studi che ci piace ugualmente e che siamo sicuri affronteremo con passione e dedizione anche se inizialmente non era la prima scelta. E tenete conto che l’università è piena di sorprese, e con un po’ di predisposizione magari ci appassioniamo a materie che non sapevamo nemmeno esistessero!!! Datevi quindi il privilegio di cambiare idea e siate attenti alle soddisfazioni che una scelta apparentemente di ripiego può regalare. Oppure, se proprio siete decisi a entrare in una facoltà a numero chiuso e non passate al primo colpo il test, non resta che ritentare l’anno successivo. Questo gioco si può fare, ovviamente non lo vieta nessuno, però bisogna stare attenti: quante volte tentare il test prima di rinunciare? La risposta giusta per tutti non c’è ma sicuramente è bene tenere a mente un po’ di fattori. Prima di tutto quello del tempo: fare due o tre tentativi significa rimanere indietro due o tre anni…. Immaginate, ora che siete in quinta, di dover tornare indietro e ricominciare dalla terza liceo e fare anche la quarta e la quinta! Bisogna veramente essere convinti! E in attesa di superare un test cosa si fa? Generalmente ci si iscrive ad una facoltà alternativa che abbia corsi simili alla ‘prima scelta’. In questo caso la speranza è quella di superare un po’ di esami e trovarsi alleggeriti una volta che si entrerà nella facoltà a numero chiuso. È bene sapere però che spesso gli esami non sono trasferibili da una facoltà o corso di laurea all’altro, quindi il tempo risparmiato non è tanto quanto ci si aspetta. Studiare alcune materie in un corso di laurea significa non esserne completamente a digiuno e ciò permette di affrontare meglio l’esame se l’anno successivo si supera il test di ingresso. Non è detto, invece, che si possano dare meno esami e si proceda più velocemente.

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Il numero chiuso, inoltre, genera problemi logistici nelle facoltà che vengono scelte come alternativa. Se non avete superato il test ed avete scelto un corso di laurea alternativo, informatevi sugli spazi nei laboratori e nelle aule, sugli strumenti didattici come aule informatica o aule studio di cui dispone il corso di studi che scegliete. Molti dipartimenti, infatti, si trovano ad ospitare molti studenti che sono solo di passaggio e l’anno successivo ritenteranno un test a di ingresso. Questi dipartimenti spesso hanno problemi logistici, come aule sovraffollate, laboratori organizzati in numerosi turni, sono insomma attrezzati per ospitare meno studenti, con ricadute sulla qualità formativa offerta. Francesco Borghi - Métexis

5 Antologia delle università italiane:

Cronache di vita vissuta

5.1 Scienze matematiche, fisiche e naturali: la cenerentola delle università italiane. di Elena Ferramola_Laureata in Fisica

1) Che facoltà hai scelto finito la scuola media superiore? Quale ateneo? Ho frequentato il corso di laurea in Fisica presso la Facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali dell'Università di Modena e Reggio Emilia. 2) Sei complessivamente soddisfatto della scelta operata? Se si, quanto da uno a dieci? Perché? Si mi ritengo soddisfatta, senza esagerare con i numeri perché c'è sempre essere spazio per il miglioramento, direi un buon 7 1/2. Le ragioni sono in primo luogo la materia scelta, che mi ha appassionato e direi senz'altro mi ha dato un ottimo metodo per affrontare le problematiche più disparate che mi si sono poi presentate nell'ambito lavorativo; attualmente lavoro in un'azienda meccanica che produce ingranaggi. In secondo luogo, non meno importante, il dipartimento di Fisica dell'ateneo di Modena è una realtà piccola, nel mio corso eravamo meno di 10, questo mi ha permesso di avere un rapporto diretto con i professori e quindi di essere più seguita e di poter approfondire meglio. Uno di loro, che era stato mio relatore di tesi alla Laurea Triennale, mi ha poi aiutato concretamente nella ricerca del lavoro al termine degli studi. Il fatto di non essere in tanti faceva si che ci fosse più flessibilità nelle date degli esami e sicuramente si evitavano lunghe attese nell'uscita dei risultati. Certo il fatto che i professori ti conoscano per nome non è

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sempre positivo, ma nel caso di uno studio complesso e che richiede una certa dedizione come quello delle Fisica, credo che questo rappresenti un certo vantaggio. 3) Se dovessi tornare indietro ti iscriveresti ad un’altra facoltà? Se si, perché? La mia seconda scelta sarebbe stata Agraria, o forse Ingegneria dei Materiali, ma questo solo se tutti i dipartimenti di Fisica del mondo fossero improvvisamente saltati in aria. Scherzi a parte, non cambierei lo studio della Fisica con niente altro, è una disciplina vasta e davvero appassionante una volta superati alcuni scogli! In più penso che in una società come quella odierna, dove oltre le competenze conta molto anche il sapersi riadattare agli ambiti più disparati, aver studiato Fisica è sicuramente un buon training all'affrontare situazioni sempre nuove e complesse. 4) Perché secondo te il 28% dei laureandi italiani si dichiara insoddisfatto della scelta operata? Come è risolvibile a tuo avviso questo problema? Posso solo ipotizzare, non saprei la mia è stata un'esperienza piuttosto positiva. Direi perché molti atenei in Italia non si rinnovano da tempo, e quindi spesso ci si ritrova a studiare in un ambiente non troppo al passo con i tempi. In più l'aumentare di corsi di laurea dai titoli più disparati, forse facilita la scelta inizialmente, ma poi ci si scopre a studiare qualcosa di non molto significativo. Molti poi non si fanno le domande giuste al momento della scelta, o scelgono per i motivi sbagliati, perché lo fa un amico, perché lo pensano i genitori o per rimandare l'approccio al mondo del lavoro. Iniziative come questa dell'orientamento universitario, così come è stato pensato, per aiutare a farsi la giuste domande a decidere, possono rappresentare un valido aiuto a mio parere. 5) Pensi di aver scelto la tua facoltà perché si trovava lavoro o perché ti piaceva? Che differenza c’è nello scegliere la facoltà per l’uno o per l’altro motivo? Ma forse tutte e due, mi spiego meglio. Consciamente so di aver scelto perché mi appassionava la materia, il mio professore di Fisica delle superiori era molto in gamba, e per un senso anche di sfida con me stessa, venendo dal classico volevo buttarmi in qualcosa di nuovo e complesso. Inconsciamente sono certa di aver scelto con facilità anche perché non mi tormentava troppo l'idea di non trovare un'occupazione dopo, trattandosi di una laurea tecnica, in generale abbastanza apprezzata mi sentivo tranquilla. Certo è che non esiste la professione del Fisico, se non in ambito accademico, i fisici possono essere molte cose, metereologi, informatici, tecnologi. Scegliere solo in base alle possibilità occupazionali è una forzatura, una ricerca di certezze in un mondo, come quello del lavoro, che di certezze ne ha ben poche. Credo che un percorso ci debba anche appassionare, ma il consiglio è di guardare sempre un po avanti quando si sceglie, in modo da avere comunque presente dove ci sta portando la strada prescelta e farsi trovare pronti di fronte agli scogli da affrontare. 6) Riassumi in tre punti i maggiori difetti dell’università italiana Poca pratica, si studia molto (cosa buona sia chiaro), ma si sperimenta poco. Pochi stimoli al rimanere in corso. Scarse politiche di orientamento al lavoro, in generale ci aiutano poco a capire cosa fare da

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grandi, mentre in fondo all'università si impara anche un mestiere. 7) Riassumi in tre punti i maggiori pregi dell’università italiana Si studia molto! Il sapere non è troppo specializzato come in certe università straniere, generalmente i laureati Italiani hanno una cultura generale più vasta e padroneggiano la loro disciplina anche quando ci si sposta dal loro campo di specializzazione. 8) Qual è il tipico esame scoglio della tua facoltà? Per Fisica dipende un po’ da qual è l'ambito di ricerca preferenziale dall'ateneo in cui sei... nel mio caso a Modena esami come Fisica della Materia condensata e Fisica delle particelle (dove ti spiegano il Bosone di Higgs ). 9) Come risolveresti l’eterno problema dei fuori corso? Cercando di spiegare che è tempo perso, purtroppo non si ringiovanisce e entrare nel mondo del lavoro da giovani consente sicuramente di avere più possibilità occupazionali, magari tramite tirocini o contratti di apprendistato. Prima si comincia meglio è 10) Ritieni di fare/farai un lavoro che ha attinenza con quello per cui hai studiato? Al momento si, sono nel settore ricerca e sviluppo di un'azienda meccanica e faccio il tecnologo, ovvero mi occupo delle tecnologie di realizzazione dei prototipi e dei nuovi prodotti, in particolare seguo le problematiche relative ai materiali della produzione, essendo la mia specializzazione in Fisica della materia.

Scienze matematiche, fisiche e naturali: Dipartimento di Chimica di Bologna. di Francesco Borghi_Laureato in Chimica

1) Che facoltà hai scelto finito la scuola media superiore? Quale ateneo? Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, Ateneo di Bologna 2) Sei complessivamente soddisfatto della scelta operata? Se si, quanto da uno a dieci? Perché? Sì sono soddisfatto del corso di studi, e lo rifarei. era la facoltà che mi interessava fare e non ho mai avuto dubbi. 3) Se dovessi tornare indietro ti iscriveresti ad un’altra facoltà? Se si, perché? No non mi iscriverei ad un'altra facoltà

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4) Perché secondo te il 28% dei laureandi italiani si dichiara insoddisfatto della scelta operata? Come è risolvibile a tuo avviso questo problema? Le ragioni sono le più disparate. L'insoddisfazione può essere dovuta, tra i tanti motivi, ad una scelta affrettata, ad aspettative troppo alte. o ad equazioni del tipo studio = lavoro certo e ben retribuito. Si può risolvere facendo scelte più oculate, mollando in tempo se necessario, ridimensionando le aspettative e ciò che l'università può dare (vedi equazioni citate sopra). 5) Pensi di aver scelto la tua facoltà perché si trovava lavoro o perché ti piaceva? Che differenza c’è nello scegliere la facoltà per l’uno o per l’altro motivo? Ho scelto perché mi piaceva. Penso si possa scegliere una facoltà in funzione del futuro lavoro, tenendo conto che si affrontano anni di duri sacrifici, magari studiando cose che non piacciono. Bisogna esserne molto consapevoli. La differenza sta nel fatto che se scelgo perché mi piace ogni giorno mi alzo pensando vado a fare qualcosa che mi piace, se scelgo in base al lavoro ogni giorno mi alzo sapendo di dover tener tenere duro e che raccoglierò i risultati più avanti. al termine degli studi (sempre che ciò avvenga). 6) Riassumi in tre punti i maggiori difetti dell’università italiana 1) mancanza di fondi 2) rapporto prof - studenti troppo formale. 3) eccessiva competizione, scarsa cooperazione tra gruppi di ricerca 7) Riassumi in tre punti i maggiori pregi dell’università italiana 1) formazione dura ma molto valida. 2) i laureati italiani sono apprezzati all'estero. e siamo abituati ad arrangiarci e a risolvere i problemi di tutti i giorni, che in inglese si dice problem solving. 3) inoltre la mancanza di fondi e talvolta la scarsa attenzione di prof e tutor, paradossalmente possono avere il benefico effetto di abituare all'iniziativa. 8) Qual è il tipico esame scoglio della tua facoltà? Esami di chimica fisica come spettroscopia. materia molto affascinante ma difficile ed insegnata nella mia facoltà ad un livello troppo alto per un corso di laurea. 9) Come risolveresti l’eterno problema dei fuori corso? Agevolazioni economiche maggiori per chi ha necessità. Maggior numero di appelli d'esame. Utilizzo dei voti più attento. Spesso si dà 28-30 o si boccia. Esistono anche i voti dal 18 al 27, inoltre non abbiamo bisogno di un popolo di 110 e lode che hanno dato ogni esame 3 volte. Detto questo il problema dei fuori corso spesso è dello studente. Occorrono forme di aiuto che a volte sono più di tipo psicologico che didattico. in ultimo va sottolineato agli studenti il fatto che porre la laurea come obiettivo irrinunciabile è rischioso: in alcuni casi sarebbe molto più conveniente riconoscere che il percorso scelto non è quello giusto e rinunciare prima che passino troppi anni 10) Ritieni di fare/farai un lavoro che ha attinenza con quello per cui hai studiato?

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Lo faccio ora, in futuro non escludo di cambiare completamente ambito

5.2 Giurisprudenza: Chi non sa legge! di Giuseppe Cigarini_Laureato in Giurisprudenza

1) Che facoltà hai scelto finito la scuola media superiore? Quale ateneo? Dopo un tentennamento con medicina mi sono buttato sui codici, quindi Giurisprudenza! Ateneo di Bologna 2) Sei complessivamente soddisfatto della scelta operata? Se si, quanto da uno a dieci? Perché? Sono abbastanza soddisfatto della scelta operata. Da uno a dieci direi un bel 8 dal momento che ho in effetti trovato quello che stavo cercando, in termini di esami e competente acquisite. 3) Se dovessi tornare indietro ti iscriveresti ad un’altra facoltà? Se si, perché? Probabilmente se tornassi indietro avrei un leggero tentennamento con Economia per il semplice fatto che volevo una laurea che mi introducesse nelle scienze sociali. In parole povere volevo capire come funzionavano i rapporti sociali, tra privati, tra privati e Stato etc...per cui anche economia mi avrebbe dato un bell’occhiale per capire le cose.... 4) Perché secondo te il 28% dei laureandi italiani si dichiara insoddisfatto della scelta operata? Come è risolvibile a tuo avviso questo problema?

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Secondo me si arriva in quinta superiore con ben altri problemi per la testa, in primis l’esame di stato, ragion per cui la scelta della facoltà non è ponderata bene. Non si dà il tempo giusto a questa scelta. Il problema sarebbe risolvibile se ad esempio si incentivassero i ragazzi ad informarsi già dal quarto anno del liceo. 5) Pensi di aver scelto la tua facoltà perché si trovava lavoro o perché ti piaceva? Che differenza c’è nello scegliere la facoltà per l’uno o per l’altro motivo? Io ho scelto la mia facoltà per un motivo principalmente “speculativo”, ossia ero interessato a capire alcune cose della società e del suo funzionamento. Non ho scelto fisica ad esempio perché non sono così interessato a capire come funziona la natura, mentre ho scelto una scienza sociale per avere un particolare “occhiale” per così dire sulla società civile. 6) Riassumi in tre punti i maggiori difetti dell’università italiana L’università italiana pecca di troppa burocrazia. Inoltre lascia poca libertà di scelta allo studente nella determinazione del proprio percorso di studi ed inoltre è ancora troppo poco internazionalizzata. 7) Riassumi in tre punti i maggiori pregi dell’università italiana L’università italiana è ancora all’avanguardia nella formazione degli studenti, altrimenti non si spiegherebbe come mai all’estero siamo sempre fra i primi. Se devo essere sincero altri pregi per ora non me ne vengono in mente. 8) Qual è il tipico esame scoglio della tua facoltà? Decisamente Diritto Commerciale e Diritto Tributario 9) Come risolveresti l’eterno problema dei fuori corso? Il problema dei fuori corso potrebbe essere agevolmente risolto con un meccanismo di disincentivo tributario sulle tasse universitarie, cioè in buona sostanza facendo pagare qualcosa in più per chi è fuori corso come d’altronde fa già l’Università di Trento. 10) Ritieni di fare/farai un lavoro che ha attinenza con quello per cui hai studiato? Attualmente svolgo un lavoro perfettamente attinente con quello che ho studiato nel senso che faccio il praticante avvocato.

5.3 Lettere Soffri e sii grande di Giovanni Cigarini_Laureando in lettere classiche e Marco Diegoli_Laureato in lettere classiche.

1) Che facoltà hai scelto finito la scuola media superiore? Quale ateneo?

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Giovanni: Facoltà di Lettere, con curriculum classico (detto “Scienze dell’antichità”). L’ateneo inizialmente è stato quello di Bologna, poi dopo un anno mi sono trasferito in quello milanese, l’Università Statale. Marco: Ho scelto la Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Lettere Classiche, Ateneo di Bologna. 2) Sei complessivamente soddisfatto della scelta operata? Se si, quanto da uno a dieci? Perché? Giovanni: Complessivamente sì, non ci possono essere molti rimpianti all’università, è una scelta troppo radicale, o perlomeno in questi anni viene percepita come tale. Da uno a dieci direi 8. Il perché è semplice: ho scelto in base alle mie inclinazioni e predisposizioni. Questo, nonostante i numerosi limiti di una scelta del genere, dà inevitabilmente delle soddisfazioni grandi, anche perché entrambe le università, e la facoltà in generale, mi hanno dato tantissimo, in termini umani e didattici. Marco: Sono soddisfatto della mia scelta. Valutazione 9. Credo fosse la scelta per me più opportuna, che mi permette di immettermi nel mondo del lavoro in cui penso di potermi meglio spendere. 3) Se dovessi tornare indietro ti iscriveresti ad un’altra facoltà? Se si, perché? Giovanni: Non credo, anche se ci ho pensato spesso, specialmente per facoltà scientifiche, o per filosofia. L’apertura al sapere inevitabilmente porta a desiderare di illuminare campi completamente diversi, ma accomunati dal fatto di essere accesso primario alla conoscenza. Non mi interessano le facoltà per il lavoro che andrò a fare dopo. Certo, a Lettere si sperimenta continuamente il disagio dovuto alla precarietà del futuro, e anche un certo disagio da “dilettanti”, nel senso che la letteratura non è sicuramente uno dei mezzi di comprensione della realtà più potenti in circolazione, al che forse ci si può sentire sprovvisti di strumenti per affrontare il mondo adulto, però rimanere una facoltà grandiosa, in cui si diventa parte di qualcosa di grande e bello. Marco: Anche tornando indietro, sceglierei senza dubbio la stessa Facoltà e lo stesso Ateneo: Lettere a Bologna è culturalmente molto stimolante, consente di conoscere figure rilevanti nel mondo degli studi intrapresi e annovera docenti competenti e preparati. 4) Perché secondo te il 28% dei laureandi italiani si dichiara insoddisfatto della scelta operata? Come è risolvibile a tuo avviso questo problema? Giovanni: Non è facile capire per cosa si è davvero nel posto giusto. E non sempre si ha la fortuna di trovare la gente, giusta. All’università l’insoddisfazione è un atteggiamento, come tanti. Non mi stupisco di nulla. Credo che valga la pena andare all’università per sfidare quel 28%, in cui spesso si nasconde molta mediocrità e molta incapacità voluta di guardare al bello che c’è in questa istituzione. Marco: Una così alta percentuale di giovani penso si consideri insoddisfatta perché ha delle aspettative nei confronti del mondo universitario che poi presto vengono disattese: il mondo delle secondarie di secondo grado ha perso molto e i ragazzi si sentono un po' tutti nella condizione sociale di poter affrontare un percorso universitario, al di là degli interessi, delle

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attitudini e della preparazione acquisita. Per questo scelgono sulla base di criteri poco solidi (amici, comodità, "moda", lavoro futuro), non tanto pensando al percorso di studi che intraprendono; manca la consapevolezza che per essere "qualcuno" è necessario diventarlo, attraverso un processo lungo e faticoso, che perciò crea insoddisfazione e frustrazione, perché non puoi "essere" quel qualcuno che hai in mente subito. 5) Pensi di aver scelto la tua facoltà perché si trovava lavoro o perché ti piaceva? Che differenza c’è nello scegliere la facoltà per l’uno o per l’altro motivo? Giovanni: Non si sceglie Lettere per il lavoro. Questo è il principio base. Certo l’idea di fare il professore è entusiasmante, ma viene dopo (quando viene). La differenza è lampante: la prima privilegia un amore disinteressato per il sapere, la seconda testimonia uno sguardo più pragmatico nei confronti della vita e una preferenza generale per il mondo lavorativo. Marco: La mia scelta, com'è ovvio, è stata operata sulla base dei miei interessi, delle mie passioni, anche se non nego che l'aggancio al mondo del lavoro è sempre stato presente nei miei progetti, costruiti infatti per approdare nel modo più completo possibile alla piattaforma dell'istruzione, mio obiettivo lavorativo. Scegliere solo sulla base della disponibilità d'assunzione di un certo mercato del lavoro crea laureati ancor più insoddisfatti e quindi lavoratori e cittadini che occupano un posto nella società nel quale non potranno essere testimoni della passione e dell'impegno necessari a quest'epoca culturale. 6) Riassumi in tre punti i maggiori difetti dell’università italiana Giovanni: La provincialità: mancano docenti stranieri, manca un’apertura nei confronti del mondo del sapere mondiale. Le istituzioni “italiane” (in questo caso scrittori o studiosi del passato) si vedono accordate una preminenza che spesso non meritano, in nome di un totale menefreghismo verso la cultura odierna, sia accademica che non. L’autoreferenzialità: l’impossibilità di svincolare i docenti dalla sede in cui hanno vinto il dottorato crea incancrenimento di un professore in quella sede, contribuendo a rendere più stantio un ambiente che lo è già di suo per definizione. La massificazione: l’enorme quantità di studenti crea disagi impossibili da descrivere fino a che non li si sperimenti. I programmi sono annacquati, c’è una tendenziale “scolarizzazione” dell’università, fenomeni di maleducazione e mediocrità pubblica, il livello di maturità si abbassa e prevalgono l’infantilismo e il qualunquismo. Marco: - baronia (anche se nella mia Facoltà non penso di averla sperimentata) - raccomandazioni (stessa cosa); - poco contatto col mondo del lavoro 7) Riassumi in tre punti i maggiori pregi dell’università italiana Giovanni: La qualità del sistema degli esami: è ancora richiesto quasi ovunque un livello alto, universitario. Si è molto facilitato il percorso, ma è ancora molto difficile riuscire a passare un esame senza che vi sia dietro uno studio importante. L’accoglienza: gli atenei italiani sono luoghi in cui è piuttosto semplice socializzare, il sistema burocratico non è complesso da gestire, i luoghi sono spesso molto confortevoli e confortanti nella loro dimensione estetica. Per il resto non conosco gli atenei stranieri, quindi non voglio rischiare di dire cose imprecise o scorrette.

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Marco: - insegnanti spesso estremamente preparati (questo l'ho assolutamente sperimentato) - impegno ad andare incontro allo studente - interesse alla stimolazione culturale degli studenti 8) Qual è il tipico esame scoglio della tua facoltà? Giovanni: Dipende dalle università ovviamente. Per Lettere Classiche sicuramente Storia Greca e Filologia Classica. Per Lettere di solito si tratta di Linguistica Italiana e Letteratura Italiana, nonché ovviamente i due esami di Latino. Ovviamente sono tutti più temuti che altro. Ma di sicuro ci vuole una notevole preparazione di studio. Marco: L'esame più duro che ho affrontato è senza dubbio Storia Greca, che viene proposto al primo anno di triennale: una mole insormontabile di studio, di cui lo studente ha una scarsa preparazione, poiché relativa al primo anno di liceo, affiancata dalla richiesta di traduzione di una mole altrettanto insormontabile di fonti greche. 9) Come risolveresti l’eterno problema dei fuori corso? Giovanni: Non credo sia risolvibile. I casi si differenziano troppo tra loro. Marco: No comment. 10) Ritieni di fare/farai un lavoro che ha attinenza con quello per cui hai studiato? Giovanni: Spero di sì. Ma sono aperto a tutto, è un periodo in cui bisogna mettersi in questo ordine di idee. Marco: Ad oggi ritengo di fare un lavoro che ha attinenza col mio percorso di studi (scuola e parascuola), così come mi auguro in futuro di poter conseguire l'abilitazione all'insegnamento ed iniziare nel tempo ad insegnare alla secondaria di secondo grado.

5.4 Architettura: Maestri del righello! di Luca Reguzzoni _ Laureato in Architettura

1) Che facoltà hai scelto finito la scuola media superiore? Quale ateneo? Mi sono iscritto ad architettura ( biennale + specialistica ) a Mantova, sede distaccata del Politecnico di Milano. 2) Sei complessivamente soddisfatto della scelta operata? Se si, quanto da uno a dieci? Perché? Sono complessivamente felice di aver completato la laurea in architettura per tanti motivi :

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ho esteso la mia cultura su diversi settori, ho un titolo che mi viene riconosciuto ad ogni colloquio e con questa laurea posso anche avere dei vantaggi competitivi all'estero. Architettura, se affrontata con passione, aiuta ad affacciarsi a molteplici campi quali il design, l'urbanistica, la computer grafica.. Sebbene non siano esaustivi all'interno del programma di studi, ognuno di questi campi viene accennato con uno o due esami ed aiuta lo studente a scoprire settori specialistici che possono risultare molto utili nella ricerca del lavoro.

3) Se dovessi tornare indietro ti iscriveresti ad un’altra facoltà? Se si, perché? Penso che tornerei a scegliere architettura, ma affrontandola diversamente : mi iscriverei alla facoltà e contemporaneamente cercherei un lavoro part-time ( non troppo impegnativo dal punto di vista delle ore) in uno studio d'architettura e design. Preferirei allungare i tempi della laurea, per poter dare un risvolto pratico alla mia professione. 4) Perché secondo te il 28% dei laureandi italiani si dichiara insoddisfatto della scelta operata? Come è risolvibile a tuo avviso questo problema? Escludendo l'insoddisfazione dovuta a questioni personali, penso che esistano due motivi principali generali che portino malcontento : le prospettive di lavoro e il completo distacco della facoltà dal mondo del lavoro. Questo problema potrebbe risolversi investendo nelle strutture, nei programmi e nel personale ( un test d'idoneità per ogni docente di ruolo da sostenere ogni 5 anni ) : maggiori finanziamenti alla ricerca, corsi collegati al mondo del lavoro con esercitazioni pratiche convenzionate con studi professionali, e una rete di aziende collegata direttamente alle università che agevoli l'inserimento lavorativo, come nel sistema svizzero 5) Pensi di aver scelto la tua facoltà perché si trovava lavoro o perché ti piaceva? Che differenza c’è nello scegliere la facoltà per l’uno o per l’altro motivo? Ho scelto architettura perché sapevo di soddisfare un po' la mia razionalità e contemporaneamente la mia fantasia. E' una facoltà che, quando mi sono iscritto, sembrava potesse aiutare più di altre a trovare lavoro. Non sceglierei mai architettura per questioni lavorative : non perché ora è difficile trovare lavoro come architetti, ma perché in Italia è una facoltà che non specializza. Per trovare lavoro consiglierei piuttosto un corso specializzante di 6-8 mesi, selezionando, tra le figure più richieste, quella più attraente. 6) Riassumi in tre punti i maggiori difetti dell’università italiana 1- non è legata al mondo del lavoro 2- troppo ideale, umanistica e distante dalla pratica professionale. 3- troppo vecchia, antiquata: servono aggiornamenti sia strutturali sia nei programmi.

7) Riassumi in tre punti i maggiori pregi dell’università italiana 1- fornisce un background culturale esteso e profondo 2- Molti docenti sono esperti e appassionati 3- partorisce lavoratori che vengono apprezzati in tutto il mondo 8) Qual è il tipico esame scoglio della tua facoltà?

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Scienze delle costruzioni : consiglio di prendere lezioni da ex-studenti (ora assistenti..quindi giovani) capaci e appassionati. Non state a ripetere l'esame senza prendere lezioni pratiche da chi conosce perfettamente quella materia e quel docente. 9) Come risolveresti l’eterno problema dei fuori corso? Il fuori corso scomparirebbe se la facoltà fosse legata alle aziende sul territorio : se lo studente sperimenta la professione già da subito, è comprende che le possibilità lavorative sono aperte e vicine, è decisamente più spinto ad accorciare i tempi di studio. 10) Ritieni di fare/farai un lavoro che ha attinenza con quello per cui hai studiato? Io personalmente ho approfondito, successivamente alla laurea, un master in computer grafica che mi ha dato abbastanza lavoro. Ora sto lavorando in un'azienda edilizia, come architetto, ma senza esercitare appieno la mia professione : penso di essere un esempio di come l'architettura aiuti a trovare lavoro anche al di fuori degli studi professionali ( che nel mercato italiano sono attualmente messe un po' in crisi ).

5.5 Ingegneria: paladini dell'ingegno di Giulio Allesina_Laureato in ingegneria meccanica_Phd Student presso la Facoltà degli Studi di Modena e Reggio Emilia

1) Che facoltà hai scelto finito la scuola media superiore? Quale ateneo? Ingegneria meccanica, Università di Modena e Reggio Emilia 2) Sei complessivamente soddisfatto della scelta operata? Se si, quanto da uno a dieci? Perché? Si, otto 3) Se dovessi tornare indietro ti iscriveresti ad un’altra facoltà? Se si, perché? No, se mai avessi tempo mi iscriverei direttamente ad un altra facoltà. 4) Perché secondo te il 28% dei laureandi italiani si dichiara insoddisfatto della scelta operata? Come è risolvibile a tuo avviso questo problema? Credo che il problema sia il modo in cui si vive l'università. Sono anni bellissimi ma di grande fragilità nei loro equilibri. Credo che due cose possano dirsi: 1- la scelta universitaria non è una scelta tiepida. Bisogna osare e mantenere alta la carica per tempi lunghi 2- L'università è uno strumento nelle mani dello studente. E' un ambiente difficile e strutturato dove però bisogna imparare a trovare le proprie libertà di movimento nella

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creazione di un percorso di apprendimento personale e ambizioso. Spesso questo non viene recepito. Si pensa di essere alle superiori con qualcosa in più. 5) Pensi di aver scelto la tua facoltà perché si trovava lavoro o perché ti piaceva? Che differenza c’è nello scegliere la facoltà per l’uno o per l’altro motivo? Faticavo a scegliere l'università. Ho scelto questa facoltà unicamente perché la ritenevo ambiziosa. E' stata una sfida. Il lavoro che ho trovato, per ora, è abbastanza atipico per un ingegnere. 6) Riassumi in tre punti i maggiori difetti dell’università italiana Disattenzione verso lo studente, assenza di fondi adeguati, approccio didattico vecchio. 7) Riassumi in tre punti i maggiori pregi dell’università italiana La formazione è sorprendentemente buona visti i presupposti, le rette sono ancora affrontabili, è immersa in un contesto socio-culturale-industriale unico al mondo. 8) Qual è il tipico esame scoglio della tua facoltà? Dipende, per chi veniva dagli istituti tecnici le analisi matematiche, noi liceali avevamo più problemi con la meccanica applicata alle macchine.. ma il prof può essere il vero scoglio. 9) Come risolveresti l’eterno problema dei fuori corso? Non come è risolto ora. Grandi numeri e grandi masse di fuori-corso rischiano di abbassare il livello degli esami. Queste persone devono avere gli strumenti per capire perché sono finiti fuori corso. Servono servizi di sostegno allo studio adeguati che indirizzino verso un rimettersi in gioco con della carica o abbandono degli studi e ricerca di lavoro 10) Ritieni di fare/farai un lavoro che ha attinenza con quello per cui hai studiato? Si.

Ingegneria Informatica: di Carlo Pane, Mattia Petruzziello e Michele Stawowy_Laureati in Ingegneria Informatica

1) Che facoltà hai scelto finito la scuola media superiore? Quale ateneo? Carlo: Ho scelto ingegneria informatica, nell'ateneo di Modena. Mattia: ingegneria informatica nell'ateneo di Modena.

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Michele: Facoltà di Ingegneria Informatica presso l'università di Modena e Reggio Emilia, ateneo di Modena. 2) Sei complessivamente soddisfatto della scelta operata? Se si, quanto da uno a dieci? Perché? Carlo: Complessivamente, contando che ho ricevuto diverse proposte professionali alcune delle quali interessanti, e che mi ritrovo già impiegato per mezzo di una di esse, mi sento molto soddisfatto. Da 1 a 10, direi 9. Mattia: Sì, anche se la struttura della triennale non mi è piaciuta: tanti esami da pochi crediti e molti esami di matematica, chimica, fisica. Voto 6 al triennio, voto 8 alla magistrale. Michele: Sì, soddisfatto. Voto 8. 3) Se dovessi tornare indietro ti iscriveresti ad un’altra facoltà? Se si, perché? Carlo: Se tornassi indietro, probabilmente sceglierei nuovamente ingegneria informatica, però trovandomi a studiare materie come fisica e matematica, ho sviluppato un interesse anche per questi ambiti. Ergo, perlomeno, col senno di poi, sarei molto più indeciso, forse nei confronti di fisica. Mattia: All'inizio ero indeciso tra ingegneria e lingue. Probabilmente rifarei ingegneria. Michele: No 4) Perché secondo te il 28% dei laureandi italiani si dichiara insoddisfatto della scelta operata? Come è risolvibile a tuo avviso questo problema? Carlo: Secondo me questa insoddisfazione nasce dal fatto che ci si ritrova a lavorare in ambiti che non centrano niente con quello che si è studiato (scelto con passione, magari) , oppure ,addirittura si fatica proprio a trovare un'occupazione. Una soluzione possibile, forse non congeniale ad alcuni, potrebbe essere quella di valutare a priori a che tipo di professione avvicinarsi, per scegliere poi, di conseguenza, il percorso accademico più adeguato. Mattia: Forse perché non ci sono molti strumenti che possono far capire agli studenti a che cosa si va incontro quando si sceglie una facoltà. Io, ad esempio, mi aspettavo una triennale diversa da quella che mi era stata presentata. Michele: Il motivo potrebbe essere dovuto ad aspettative diverse dalla realtà, ci si iscrive pensando di trovare una determinata cosa che invece non c'è. I casi sono due: l'offerta formativa non soddisfa il laureando, oppure può essere che la difficoltà di studio sia più elevata del previsto (non è raro ad ingegneria, soprattutto nei primi anni della triennale, vedere studenti che abbandonano anche per questo motivo). Ciò si potrebbe risolvere con un'informazione migliore da dare a chi sta scegliendo l'università, possibilmente attraverso canali non legati direttamente agli atenei, che delineino sia pregi ma anche difetti, dando una visione il più possibile realistica.

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5) Pensi di aver scelto la tua facoltà perché si trovava lavoro o perché ti piaceva? Che differenza c’è nello scegliere la facoltà per l’uno o per l’altro motivo? Carlo: Ragionando in percentuali, ammetto che la mia scelta è stata condizionata al 60% da motivazioni professionali e al 40% da un interesse diretto. Tuttavia, posso anche affermare che all'interno dell'ambiente accademico, studiando certe materie, si finisce anche per interessarsi a cose che non ci saremmo mai aspettati, prima di cominciare l'università. In un certo senso, questo è positivo, perché estende la nostra possibilità di sperimentare nuovi interessi. Quindi, posso dire che scegliere l''università anche per motivi professionali non significa per forza tarpare le ali alla nostra crescita culturale. Mattia: Sicuramente perché mi piaceva l'informatica, ma anche perché offriva molti sbocchi occupazionali. Preciso che la mia scelta è stata quella di provare a fare l'università. Dopo il primo anno, dato che i risultati erano buoni, ho deciso di continuare. Michele: L'ho scelta per entrambi i motivi: i computer e l'informatica in generale sono sempre stata una mia passione, ma anche dal punto di vista lavorativo essere ingegneri da molti vantaggi e prospettive. Anche se i due aspetti non si escludono a vicenda, solitamente scegliere una facoltà per puro piacere può significare avere difficoltà una volta finita l'università, quando non sempre è possibile trovare un lavoro che sia esattamente legato a ciò che si è studiato. 6) Riassumi in tre punti i maggiori difetti dell’università italiana Carlo: - Spesso non si ha la possibilità di lavorare con le ultime tecnologie e quindi raggiungere facilmente risultati "state-of-the-art". Spesso manca un percorso che sia professionalizzante, cosa che dovrebbe essere garantita dall'università, almeno per un primo approccio al mondo del lavoro. Manca la possibilità di formare un piano di studi del tutto personalizzato, come in altri paesi. Mattia: Gap ampio tra università e mondo del lavoro; Ad alcuni prof manca la passione per l'insegnamento; Esistenza di corsi non inerenti all'indirizzo di studi. Michele: 1) Poca meritocrazia; 2) Pochi investimenti nella ricerca¸3) Professori solitamente non eccellenti dal punto di vista dell'insegnamento. 7) Riassumi in tre punti i maggiori pregi dell’università italiana Carlo: - L'approccio teorico non è banale e spesso ricercato all'estero. - Rette non troppo alte, confrontandole con altri paesi. - Le più grandi città universitarie sono anche quelle culturalmente più ricche al mondo, cosa che può avere un valore, soprattutto per coloro che conducono studi umanistici. Mattia: Molta formazione a livello teorico; Più prestigiosa rispetto alle università straniere; Diritto allo studio

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Michele: 1) Accessibile a quasi tutti, non ci sono grossi ostacoli economici; 2) Formazione culturale dello studente buona; 3) - 8) Qual è il tipico esame scoglio della tua facoltà? Carlo: - Analisi. Ma non per forza. Mattia: Analisi A. Per me è stato più che uno scoglio! Michele: Analisi Matematica 9) Come risolveresti l’eterno problema dei fuori corso? Carlo:- Aumenterei le tasse progressivamente, per ogni anno fuori corso. Oppure, metterei degli esami di sbarramento: se non riesci a chiuderli in un anno o due, addio. Ovviamente, andrebbero previste eccezioni per gli studenti che lavorano per necessità. Mattia: Il fuoricorso non lo vedo come un problema. Ho visto persone laurearsi in ritardo di un anno ma con voti molto più alti dei compagni in corso. Un anno si può fare, due o tre sono troppi. Michele: Non saprei. Almeno per quanto mi riguarda, pure io ero un fuori corso, ma era una situazione normale ad ingegneria a causa dell'elevato carico di studio. Non so come sia attualmente la situazione, poiché ci sono state parecchie modifiche. 10) Ritieni di fare/farai un lavoro che ha attinenza con quello per cui hai studiato? Carlo: Sì. Mattia: Sicuramente sì. Il mio campo offre molte opportunità. Michele: Ho lavorato per un anno in un azienda per il suo settore IT, ed attualmente sono un dottorando all'IMT di Lucca nel programma di CDSS (Computer, Decision, and Systems Science).

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