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I Una famiglia illustre di San Giuseppe Vesuviano “AMBROSIO” a cura di Luigi Ambrosio e Antonio Angri

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I

Una famiglia illustre di

San Giuseppe Vesuviano

“AMBROSIO”

a cura di

Luigi Ambrosio e Antonio Angri

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Introduzione

Il presente studio si propone di tracciare un breve profilo

araldico-genealogico sulla famiglia Ambrosio, ramo detto

“del Signorino”, della città di San Giuseppe Vesuviano, in

provincia di Napoli, le cui origini remote le troviamo radicate

in Ottajano già dalla seconda metà del Cinquecento1.

La nostra ricerca è partita dallo stemma in pietra posto sulla

facciata principale del palazzo avito insistente nel “Parco

Ambrosio”, edificato quasi certamente nei primi anni del XX

secolo per interessamento del magistrato Aniello Ambrosio,

allorquando ricopriva la carica di giudice presso il Tribunale

Civile e Penale di Napoli.

Nonostante accurate ricerche presso l’Archivio di Stato e la

Biblioteca Nazionale di Napoli, che pure conservano

pregevoli fondi documentari in materia giuridica e

genealogica, nulla è stato rinvenuto in merito ad un probabile

blasone adottato dalla famiglia Ambrosio di San Giuseppe

Vesuviano durante i secoli scorsi, eccezion fatta,

naturalmente, per l’arma antica usata dall’omonima famiglia

Ambrosio feudataria di Marzano, ben conosciuta.

1 Dai documenti in nostro possesso risulta che il cognome originario era

D'Ambrosio. Ne abbiamo testimonianza in molti atti: un matrimonio del 1778; il

testamento di Vincenzo D'Ambrosio del 1850; una citazione di Aniello come figlio

di Pasquale e Lucia D'Ambrosio; i titoli rilasciati dal liceo “Genovesi”, il diploma

di laurea, le licenze del periodo di leva, ecc., tramandano tutti il nome di “Aniello

D'Ambrosio”.

Una copia dell'atto di nascita del 1864, datata 1920, riporta già il cognome

“Ambrosio”. Non è certo il motivo della caduta della particella antecedente il

cognome, e nemmeno la sua natura nobiliare o di appartenenza.

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IV

Il ramo cosiddetto del Signorino sin dal Sette-Ottocento è

stato degnamente “illustrato” da membri detentori di ricche

proprietà terriere e immobiliari, che permetteva ad ognuno di

essi di “vivere del suo” in qualità di “proprietario” o

“possidente”, appellativi questi che abbiamo ritrovato

sovente in atti pubblici e privati. Ciò dimostra che anche lo

stato di “distinta civiltà” raggiunto da tale famiglia.

Con i coniugi sangiuseppesi, i “signori” Pasquale Ambrosio

(n. 1839) e Maria Lucia d’Ambrosio (n. 1830), la famiglia si

eleva e assurge ad alta dignità sociale, grazie anche ad

importanti unioni matrimoniali dei suoi membri,

apparentatisi con facoltose ed illustri famiglie e, soprattutto,

al successo in magistratura di Aniello il quale, nel suo

collocamento a riposo nell’anno 1923, aveva raggiunto il

grado di Consigliere di Cassazione, dopo aver rivestito

egregiamente la carica di Presidente del Tribunale di Napoli.

A corredo della ricerca araldico-genealogica, si è ritenuto

opportuno l’inserimento di una galleria fotografica dei ritratti

di alcuni personaggi della famiglia, nati tra la seconda metà

dell’Ottocento, e la prima metà del Novecento, tra cui

l'indimenticato Michelangelo (1928-1977)2, vittima di un

esecrabile assassinio perpetrato dalla criminalità organizzata

a seguito del suo rapimento a scopo di riscatto, e di Giuseppe,

suo germano, dimorante tutt’oggi nel palazzo di famiglia.

Luigi Ambrosio 9 settembre 2013

2 La data precisa della morte non è stata accertata, poiché Michelangelo fu rapito

nel mese di maggio del 1977 ed il suo corpo fu ritrovato nel marzo del 1938.

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Cursus studiorum di Luigi Ambrosio.

Luigi Ambrosio è nato nel 1972 a Pompei ed è residente in San Giuseppe

Vesuviano. Perito chimico, è responsabile del controllo qualità della rinomata

azienda dolciaria “I.D.A.V. SpA” di Striano. Si interessa di storia locale,

archeologia e araldica. E' socio delle seguenti associazioni:

- Centro studi storici “Agervesuvianus”;

- Centro studi storici archeologici di Boscoreale, Boscotrecase e Trecase;

- Gruppo archeologico “Terra di Palma”.

È membro della S.I.S.A. (Società Italiana di Studi Araldici), della I.A.G.I. (Istituto

Araldico Genealogico Italiano) e della Società napoletana di “Storia Patria”.

Ha pubblicato:

- La chiesa parrocchiale di San Leonardo di Noblac, 2007;

- Personalità che hanno onorato Somma Vesuviana: mons. Raffaele Menzione, 2009;

- Ottajano e i suoi casali in cartolina, vol. I, 2009;

- Il Liber Familiarum, 2009;

- Palma Campania il suffeudo di Pozzoromolo in un’allegazione del 1780, 2013;

- Ottajano e i suoi casali in cartolina. Vol. II, 2013;

- Memorie delle famiglie Avelloni e Mascambruno e della loro nobiltà, 2013;

- Real privilegio 1791 sull’osteria di San Gennaro”, 2013;

In «Agervesuvianus»:

- Striano sacra, n. 1/2011;

- Striano religiosità popolare, n. 2/2012;

- Miscellanea. La pala d’altare perduta della Cappella di S. Maria della Pietà e di S. Stefano

protomartire in Cava de Tirreni;

- Cenni biografici delle suore strianesi appartenute alla congregazione domenicana figlie

del S. Rosario di Pompei, n.3/2012.

Cursus studiorum di Antonio Angri.

- Laurea in “Conservazione dei beni culturali ad indirizzo dei beni artistici, mobili

ed immobili”. Titolo della tesi di laurea: Cosimo Fanzago e la letteratura artistica;

relatore: prof. Pasquale Sabbatino (Letteratura italiana), 2000.

- Corso di formazione regionale: Avviamento all’autoimprenditorialità, Sviluppo

Italia - IG Campania, sede di Napoli, 2001;

-Corso di formazione professionale regionale: Creazione d’impresa e servizi per

le aziende turistiche, CONSVIP, Napoli, 2001;

- Corso di formazione base per bibliotecari, presso il “Centro studi «Politeia»,

Sant’Antimo (Napoli), 2000.

Settore professionale: archivi, biblioteche, beni culturali, risorse umane, turismo,

marketing.

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Stemma della Famiglia Ambrosio

Lo stemma in pietra della Casata Ambrosio è incastonato

sulla facciata principale del palazzo di famiglia sito in San

Giuseppe Vesuviano.

Per tale studio ci siamo serviti del pregevole lavoro dell'amico

Gaetano Damiano funzionario dell'Archivio di Stato di

Napoli: una pubblicazione in «Scrinia» riguardante i blasoni

concessi ad alcune famiglie dell’Antico Regno di Napoli

durante il periodo di occupazione napoleonica3. In esso si

narra del generale Angelo Carlo Ferdinando Ambrosio (d’)

nato a Reggio Calabria il 22 settembre 1774 e morto alla Starza

il 29 luglio 1822:

Ebbe il titolo di barone con decreto n. 848 del 1 gennaio 1811,

registrato al tomo I, foglio 36, n. 36 (b. 44, ff. 3-4).

Maggiorasco con decreto del 1 gennaio 1811 (b. 44, ff. 72-74), e del

30 gennaio 1812 (b. 54, ff. 629-631), confermato con Lettere Patenti

del 3 giugno 1813.

Lo stemma è così descritto:

Arma: "di azzurro alla palma d'oro posata su un monte di tre cime

dello stesso, alla fascia di rosso, caricato di tre stelle d'argento e di

3 «Scrinia. Rivista di archivistica, paleografia, diplomatica e scienze storiche», III,

2006, f. 3.

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una testa di dragone d'oro posta in punta. Il capo dello scudo dei

baroni, scaccato di rosso e di argento".

Come si può notare, tale stemma ha una notevole somiglianza

con quello della Famiglia Ambrosio di San Giuseppe

Vesuviano, eccetto per la testa di drago, dove ve ne sono due

e posizionate in fascia. Possiamo quindi con ciò confermare

con esattezza i colori dello stemma che sul palazzo è

raffigurato monocromo come si evince dalla foto allegata.

Abitazione in San Giuseppe Vesuviano (Na) , dove visse e morì

il Presidente Aniello Ambrosio

Resta da sapere il grado di parentela tra le due famiglie. La

prima ipotesi possibile, dedotta dall’analisi dei documenti

attualmente in nostro possesso, ci porta ad affermare che un

membro degli Ambrosio di San Giuseppe Vesuviano si sia

imparentato con la famiglia del generale e quindi abbia usato

uno stemma simile, salvo la modifica della testa di drago,

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onde porre un grado di distinzione fra di loro. Una

congettura, invece, non esclude che, relativamente al periodo

che va dal 1813 al 1935, lo stemma sia stato copiato da quello

del generale, come capitava e capita ancora oggi.

Allo stato delle ricerche non è ancora certa la data della

realizzazione dello stemma in pietra sulla facciata del

palazzo. Lo spazio temporale è molto ampio, poiché è

compreso tra il 1813, anno in cui il generale d’Ambrosio ebbe

tale riconoscimento, ed il 1935, anno dell’esequie del

magistrato Aniello Ambrosio documentato nell’album di

famiglia (in una delle queste foto si vede lo stemma sulla

facciata del palazzo); purtroppo non sappiamo l’anno di

costruzione del palazzo per restringere ulteriormente il

periodo temporale della data della realizzazione dello

stemma.

Esequie

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Lo stemma Ambrosio lo ritroviamo scolpito, oltre che sul

palazzo di famiglia, anche sulla lapide marmorea presente

nell’Asilo Croce Rossa, sempre in San Giuseppe Vesuviano.

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Descrizione araldica dello stemma Ambrosio.

Stemma in B/N Stemma a colori

La blasonatura descrive così lo stemma4:

Arma: "di azzurro alla palma d'oro posata su di un monte a tre cime

dello stesso, alla fascia5 di rosso, ingollata da due teste di dragone

d'oro e caricata da tre stelle d’argento. Il capo dello scudo dei baroni,

scaccato di rosso e di argento".

Lo scudo6 utilizzato è quello francese moderno o sannitico.

4 L’araldica è detta Nobilissima Armorum Scientia ed è la disciplina che analizza,

descrive e paragona gli stemmi. E’ sia una scienza che un’arte: è una scienza in

quanto studia le origini, la conformazione e il modo in cui descriverli usando un

codice e un linguaggio specifico; è un’arte in quanto delle insegne disciplina uso,

forma, figure e ornamenti. L’arma serve a distinguere le famiglie, i regni, le città,

le comunità, gli ordini religiosi e militari, le corporazioni e le confraternite. Uno

stemma è composto dal campo e dalle figure, il primo rappresenta lo scudo. La

blasonatura, nel suo significato principale, è l'azione di leggere (descrivere) e di

decifrare i blasoni. Questa lettura è eseguita secondo un ordine molto rigoroso,

per cui in linea di principio ad ogni blasone dato corrisponde uno ed un solo testo. 5 La fascia è una pezza onorevole che occupa orizzontalmente la terza parte del

mezzo scudo, rappresenta la cintura o la corazza del cavaliere. 6 Lo scudo è il supporto del blasone; può avere varie forme in base anche alle

nazionalità.

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Nello stemma Ambrosio abbiamo i seguenti colori7:

- l’azzurro, che significa giustizia, lealtà, beltà e buona

reputazione;

- il rosso, che attribuisce verecondia, amore ardente verso Dio,

il prossimo e la giustizia, nobiltà cospicua, dominio, vendetta,

audacia, coraggio, valore, spargimento di sangue in guerra,

fortezza, magnanimità, desiderio ardente;

- l’oro, il più nobile dei metalli, simboleggia la fede, la forza,

la costanza e la ricchezza;

- l’argento, infine, è emblema di purità, innocenza e castità.

Le figure8 dello stemma consistono nei seguenti simboli:

- la palma, simboleggiante vittoria e pace, sia in guerra che in

disputa letteraria;

- il monte a tre cime, indicante i feudi ed i castelli posseduti dai

nobili;

- le stelle a cinque punte, che ricordano azioni magnanime,

grande fama, splendore di famiglia, gloriosa nobiltà;

- la testa di drago, attributo di vigilanza, perspicacia, prudenza,

custodia fedele e dominio.

7 In araldica, i colori sono suddivisi in tre gruppi: smalti, metalli e pellicce (o fodere).

I colori sono oggetto di un'importante regola araldica detta «regola di contrasto

dei colori». Essa si esprime come segue: «mai metallo su metallo, né smalto su

smalto». Nella riproduzione in bianco e nero si usa un tratteggio diverso per ogni

colore. Nel nostro caso, il colore azzurro si rappresenta con linee orizzontali, il

rosso con linee perpendicolari, l’oro si rappresenta punteggiato e l’argento col

fondo bianco. 8 Le figure sono dette mobili e servono a decorare lo scudo; si dividono in “pezze

araldiche” (suddivise in “pezze onorevoli” e “figure araldiche”) e in “figure

ordinarie” (“figure naturali”, “figure artificiali” e “figure chimeriche”).

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Onorificenze e Diplomi

Il “genio” di Aniello Ambrosio, quinto di nove fratelli, si

manifesta in lui fin dalla fanciullezza, ricevendo a tal guisa i

dovuti e giusti riconoscimenti nelle tre classi liceali (1881-

1883) del Genovesi, uno dei più prestigiosi istituti napoletani

del tempo, con l’ambita “menzione onorevole” riservata agli

studenti più meritevoli.

Nel 1887, a soli 23 anni, consegue il dottorato in

Giurisprudenza presso la Regia Università di Napoli,

avviando subito dopo, il suo percorso professionale prima

nell’Avvocatura e quindi nella Magistratura che lo vedrà,

quest’ultima, dapprima Giudice, poi Presidente di Tribunale

ed infine Consigliere di Corte d’Appello e di

Cassazione.

Rivestendo la carica di Giudice del Tribunale Civile e Penale

di Napoli, nel 1910, su proposta del Ministro di Grazia e

Giustizia Cesare Fani (Perugia, 5 febbraio 1844 – Palermo, 5

febbraio 1914) viene nominato Cavaliere dell’Ordine della

Corona d’Italia9 “con facoltà di fregiarsi delle insegne per tale

equestre grado stabilite”. 9 Questo Ordine venne istituito da Re Vittorio Emanuele II con regio decreto del

20 febbraio 1868 e prevedeva cinque classi: Cavaliere di Gran Croce, Grande

Ufficiale, Commendatore, Ufficiale, Cavaliere. Al decreto originale di nomina,

veniva annessa una tabella recante l’indicazione dei servizi resi allo Stato e delle

particolari benemerenze riconosciute all’insignito. I decorati dell’Ordine potevano

fregiarsi di una «Croce patente d’oro, ritondata, smaltata di bianco, accantonata di

quattro nodi d’amore, caricata nel centro di due scudetti d’oro, l’uno smaltato

d’azzurro con la corona ferrea in oro, l’altro con l’aquila nera spiegata, avente nel

cuore la Croce di Savoia, in smalto». La Croce di Cavaliere e di Ufficiale, di 35 mm

di dimensioni, appesa all’occhiello della giacca, pendeva da un nastro rosso

“tramezzato da una doga bianca, della dimensione di due ottavi della larghezza

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Nel 1916, ritrovandosi S. E. Aniello Ambrosio Presidente di

Sezione del Tribunale di Napoli, viene decorato del titolo di

Cavaliere dell’Ordine equestre dei Santi Maurizio e Lazzaro10,

ricevendone la nomina dalle mani di Tommaso di Savoia,

Generale Gran Maestro dell’Ordine e Luogotenente Generale

di S. M. Vittorio Emanuele III.

Nel febbraio del 1923, “in considerazione di particolari

benemerenze” S. E. Aniello Ambrosio fu nominato Ufficiale

dell’Ordine della Corona d’Italia, con iscrizione nel Ruolo al

n. 27150, mentre nel novembre del medesimo anno,

ritrovandosi Consigliere di Cassazione collocato a riposo,

riceve la nomina a Commendatore dell’Ordine medesimo.

Sfogliando le pagine dell’Annuario degli insigniti di Onorificenze

Cavalleresche del regno d’Italia aggiornato al 31 luglio 1934

troviamo la foto ed il nominativo ivi inseriti del dott. Aniello

Ambrosio fu Pasquale.

del nastro”. La Croce di Commendatore e degli altri gradi superiori era di 50 mm

di dimensioni e veniva portata appesa al collo. A tutti i decorati dell’Ordine della

Corona d’Italia spettavano gli onori militari. Nel 1951 l’Ordine è stato sostituito

con l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. 10 L’Ordine cavalleresco dei Santi Maurizio e Lazzaro venne fondato dalla Casa Savoia

e trova origine in due distinte date: nell’XI sec. quello di S. Lazzaro, nel 1434

l’Ordine di S. Maurizio. I due Ordini vennero unificati con “Magistrali Patenti” del

22 gennaio 1573 per volere del duca Emanuele Filiberto di Savoia. Riservato ab

origine ai soli nobili, venne da Re Vittorio Emanuele II ridotto a “Ordine dinastico

onorifico” con i cinque gradi già descritti per l’Ordine della Corona d’Italia.

Naturalmente con la caduta della Monarchia gli antichi privilegi sono venuti

meno e l’Ordine è stato ridotto a semplice associazione senza fini di lucro a scopo

benefico, i cui iscritti (cavalieri) devono possedere doti di onestà, laboriosità e

generosità. Gli insigniti possono fregiarsi di nastrini con delle stelle d’oro e

d’argento.

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Bibliografia essenziale

DAMIANO Gaetano, I Nobili di Murat dal fondo perduto del

consiglio de’ Maggioraschi, in «Scrinia. Rivista di archivistica,

paleografia, diplomatica e scienze storiche», III, 2006, f. 3.

CANDIDA GONZAGA Berardo, Memorie delle Famiglie Nobili

delle province Meridionali d’Italia, Napoli, 1875-83, voll. 1-6.

VOLPICELLA Luigi, Dizionario del linguaggio araldico italiano,

a cura di Girolamo Marcello del Majno, Udine, 2008.

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