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16 Domenica 21 febbraio 2010 Domenica AMORE E SPERANZA DI UN GARIBALDINO di TONINO SICOLI U n garibaldino, plurilaureato, sindaco e artista. Non c’è che dire per un personaggio della Calabria ottocentesca, emar- ginata, arretrata e subalterna. Antonio Migliaccio ha una storia di rilie- vo ancora più insolita per la sua epoca, se si considera che nella sua vita non ha mai tagliato i legami con la sua terra, dove an- zi ha operato sempre con grande dedizio- ne. Era nato a Girifalco in provincia di Ca- tanzaro nel 1830 primo di tre fratelli. Il pa- dre Giuseppe gli aveva fatto frequentare il Liceo Classico “Pasquale Galluppi” nel ca- poluogo calabrese, dove aveva conseguito la maturità classica. Poi, come tanti altri giovani calabresi del tempo, si era recato a Napoli per studiare, scegliendo la facoltà di Scienze Matematiche e fisiche. Laurea- tosi nell’agosto del 1850, per assecondare i suoi interessi umanistici, aveva deciso di iscriversi alla Facoltà di Lettere e filosofia, sempre a Napoli, conseguendo l’altra lau- rea nel giugno del 1857. Non contento an- cora della sua formazione aveva preso a frequentare il Reale Istituto di Belle Arti partenopeo, seguendo la scuola di Filippo Palizzi e di Gaetano Mancinelli, maestri di naturalismo, ottenendo nel 1870 il titolo per insegnare Disegno. Nel 1859 aveva partecipato all'ultima Biennale Borbonica con il dipinto “Amore e speranza”, che fu premiato con una medaglia d’argento. Le Biennali Borboniche erano nate nel 1826 ad opera di Francesco I di Borbone, che a modello dei Salon parigini, aveva vo- luto istituire un’esposizione periodica, da inaugurarsi il giorno del suo onomastico (il 4 ottobre) aperta ai giovani artisti del Re- gno ma anche ai professori dell’Istituto di Belle Arti e agli artisti stranieri. Ma nonostante gli sprazzi di mecenati- smo del governo borbonico molti artisti na- poletani avevano seguito con entusiasmo i venti di libertà, che soffiavano in tutta la penisola, aderendo con slancio prima ai moti antiborbonici e poi all’impresa milita- re di Giuseppe Garibaldi. «Dal ‘59 al ‘60 - scrive Alfonso Frangipa- ne nel catalogo della Prima Mostra d’Arte Calabrese a Catanzaro del 1912 - la magna- nima riscossa era alla sua splendida, fre- mente, ardua vigilia. Si combatteva nelle Accademie con lo stesso ardore e con la stessa improntitudine epica, con cui si combatteva sulle barricate. E molte volte i giovani, pugnaci atleti, erano gli stessi». Anche Migliaccio sente forte il dovere di prendere posizione e di partecipare alla spedizione dei Mille ritenendo che anche un artista abbia il dovere di combattere per la libertà della Patria. Certamente è un fre- quentatore dello studio napoletano del suo conterraneo Andrea Cefaly, che oltre a ra- dunare artisti animati dalla stessa tensio- ne poetica, in un localino di vicolo San Mat- tia riunisce anche i giovani patrioti. Qui conosce Achille Martelli, Michele Lenzi, Michele Tedesco e come loro si arruola fra i garibaldini, aderendo alle società segrete e partecipando, con la divisione del generale Francesco Stocco, a tante battaglie, da quella di Maida a quella storica del Voltur- no nel 1960, conclusasi con la sconfitta dell’esercito borbonico. Le vicende garibal- dine segnano tanto Migliaccio da costitui- re spunto per alcune opere, che ne colgono più il lato umano che quello eroico. È del 1861 il dipinto “I garibaldini all’osteria”, oggi conservato nel Museo di Capodimon- te a Napoli, in cui viene descritta la scena di una sosta in trattoria, in un contesto asso- lutament comprese è attenta in voga i temi dom poetica si assumen mento na gliaccio cline ai s con spun talvolta c autobiog so del “G (Museo c vo, Napo destra de le da pitt canto ad u raccia; o i se” (Muse camente versitari come sicu Quest’ult per la som Con l’U nuove es di segna creano u Antonio Migliaccio Nato a Girifalco nel 1830, una storia di rilievo la sua, considerata l’epoca in cui visse Garibaldin Antonio M 23

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16 Domenica 21 febbraio 2010 Domenica

AMORE E SPERANZADI UN GARIBALDINO

di TONINO SICOLI

Un garibaldino, plurilaureato,sindaco e artista. Non c’è chedire per un personaggio dellaCalabria ottocentesca, emar-ginata, arretrata e subalterna.

Antonio Migliaccio ha una storia di rilie-vo ancora più insolita per la sua epoca, sesi considera che nella sua vita non ha maitagliato i legami con la sua terra, dove an-zi ha operato sempre con grande dedizio-ne.

Era nato a Girifalco in provincia di Ca-tanzaro nel 1830primo di tre fratelli. Il pa-dre Giuseppe gli aveva fatto frequentare ilLiceo Classico “Pasquale Galluppi” nel ca-poluogo calabrese, dove aveva conseguitola maturità classica. Poi, come tanti altrigiovani calabresi del tempo, si era recato aNapoli per studiare, scegliendo la facoltàdi Scienze Matematiche e fisiche. Laurea-tosi nell’agosto del 1850, per assecondare isuoi interessi umanistici, aveva deciso diiscriversi alla Facoltà di Lettere e filosofia,sempre a Napoli, conseguendo l’altra lau-rea nel giugno del 1857. Non contento an-cora della sua formazione aveva preso afrequentare il Reale Istituto di Belle Artipartenopeo, seguendo la scuola di FilippoPalizzi e di Gaetano Mancinelli, maestri dinaturalismo, ottenendo nel 1870 il titoloper insegnare Disegno. Nel 1859 avevapartecipato all'ultima Biennale Borbonicacon il dipinto “Amore e speranza”, che fupremiato con una medaglia d’argento.

Le Biennali Borboniche erano nate nel1826 ad opera di Francesco I di Borbone,che a modello dei Salon parigini, aveva vo-luto istituire un’esposizione periodica, dainaugurarsi il giorno del suo onomastico(il 4 ottobre) aperta ai giovani artisti del Re-gno ma anche ai professori dell’Istituto diBelle Arti e agli artisti stranieri.

Ma nonostante gli sprazzi di mecenati-smo del governo borbonico molti artisti na-poletani avevano seguito con entusiasmo iventi di libertà, che soffiavano in tutta lapenisola, aderendo con slancio prima aimoti antiborbonici e poi all’impresa milita-re di Giuseppe Garibaldi.

«Dal ‘59 al ‘60 - scrive Alfonso Frangipa-ne nel catalogo della Prima Mostra d’ArteCalabrese a Catanzaro del 1912 - la magna-nima riscossa era alla sua splendida, fre-mente, ardua vigilia. Si combatteva nelleAccademie con lo stesso ardore e con lastessa improntitudine epica, con cui sicombatteva sulle barricate. E molte volte igiovani, pugnaci atleti, erano gli stessi».

Anche Migliaccio sente forte il dovere diprendere posizione e di partecipare allaspedizione dei Mille ritenendo che ancheun artista abbia il dovere di combattere perla libertà della Patria. Certamente è un fre-quentatore dello studio napoletano del suoconterraneo Andrea Cefaly, che oltre a ra-dunare artisti animati dalla stessa tensio-ne poetica, in un localino di vicolo San Mat-tia riunisce anche i giovani patrioti. Quiconosce Achille Martelli, Michele Lenzi,Michele Tedesco e come loro si arruola fra igaribaldini, aderendo alle società segrete epartecipando, con la divisione del generaleFrancesco Stocco, a tante battaglie, daquella di Maida a quella storica del Voltur-no nel 1960, conclusasi con la sconfittadell’esercito borbonico. Le vicende garibal-dine segnano tanto Migliaccio da costitui-re spuntoper alcune opere, chene colgonopiù il lato umano che quello eroico. È del1861 il dipinto “I garibaldini all’osteria”,oggi conservato nel Museo di Capodimon-te a Napoli, in cui viene descritta la scena diuna sosta in trattoria, in un contesto asso-

lutamentcompreseè attenta in voga itemi dompoeticasiassumenmento nagliaccio cline ai scon spuntalvolta cautobiogso del “G(Museo cvo, Napodestra dele da pittcanto ad uraccia; o ise” (Musecamente versitaricome sicuQuest’ultper la som

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Antonio MigliaccioNato a Girifalco nel 1830, una storia di rilievola sua, considerata l’epoca in cui visse

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Anche l’artistaaveva il doveredi combattereper la libertà

lutamente ordinario, fra avventori vari,comprese donne e bambini. La descrizioneè attenta e si rifà alla pittura di genere assaiin voga in quegli anni; l’attrazione è per itemi domestici e la vita quotidiana; la suapoeticasi incontra conquelladelVerismo,assumendone toni e influenze. L’insegna -mento naturalista di Palizzi trova in Mi-gliaccio un’interpretazione intimista, in-cline ai sentimenti popolari,con spunti di umana pietà etalvolta con qualche accennoautobiografico. Come nel ca-so del “Garibaldino ferito”(Museo civico di Castel Nuo-vo, Napoli) in cui si vedono adestra della scena, alcune te-le da pittore accatastate ac-canto ad un fucile ed una bor-raccia; o in “Lo studente al quindici del me-se” (Museo di Capodimonte, Napoli), ironi-camente allusivo della condizione dell’uni -versitario fuori sede, che vive in pensione,come sicuramente era capitatoanche a lui.Quest’ultimo quadro è acquistato dal Reper la somma di 100 lire.

Con l’Unità d’Italia prendono il via anchenuove esposizioni d’arte, che nell’intentodi segnare la nuova identità nazionalecreano un appuntamento periodico da di-

slocareognivolta in unacittàdiversa.Dal-la prima edizione tenutasi a Firenze nel1861 all’ultima diPalermonel1891 si sus-segue un trentennio di mostre, che docu-mentano la produzione artistica delle varieregioni italiane. A quella fiorentina, chevolutamente celebra anche l’epopea risor-gimentale appena conclusasi, partecipaanche Migliaccio. Seguono le partecipazio-

ni ad altri importanti appun-tamenti espositivi come laprima Mostra della SocietàPromotrice di Belle Arti “Sal -vator Rosa” di Napoli del1862, in cui l’artista calabre-se espone opere, che la stori-ca dell’arte napoletana Isa-bella Velente considera per-tinentemente «inserite in

quel realismo minuto tracciatoda Palizzi edagli Induno, con assonanze con le opere diToma» (Andrea Cefaly e la Scuola di Corta-le, Catanzaro, 1998-99).

Nello stesso anno viene premiato conuna medaglia d’argento alla Mostra Uni-versale di Londra per l’opera “La tradita”,che segna uno dei momenti di maggiore in-tensità intimistica e sentimentale dell’arti -sta. In questa opera, presentata talvoltacon il titolo “La convalescente”, raffigura

una donna in piedi accanto ad un letto conbaldacchino, in un’atmosfera tetra e com-punta. La donna angosciata non prendesonno e ha slegato la tenda per richiudere ilpadiglione rinunciando a dormire; dal ve-stito che indossa e dal letto superficialmen-te disfatto si capisce che vi si é solo adagiatae deve aver pregato il piccolo crocifisso, chesi intravede accanto al cuscino. La scena ètipicamente romantica e as-sume toni chiaramente me-lodrammatici. La donna ac-canto al letto è una soluzioneiconografica assai cara atanti pittori dell’Ottocento,soprattutto a Gioacchino To-ma, che la usa in “Luisa San-felice in carcere” e in altri di-pinti d’intenso pietismo. Gliinterni domestici sono per Migliaccio illuogo delle riposte sensazioni, delle strug-genti emozioni, dell’animo affranto, siache si tratti di mali interiori che del males-sere della povertà. Nel 1863 torna ad espor-re nella seconda mostra della Società Pro-motrice napoletana col dipinto “La casa delpovero”, in cui dispone i personaggi di unafamigliola, vestiti col costume popolare eintenti in umili occupazioni.

Quando nel 1862 l’amico Cefaly, compa-

gno di tante battaglie patriottiche e artisti-che, fonda in Calabria la Scuola di Cortale ela connessa “Società degli artieri”, Migliac-cio è fra i suoi adepti, in nome della comunemilitanza garibaldina ma anche del loroforte bisogno di sentirsi utili alla ricostru-zione della Calabria post-risorgimentale.

«Forti uomini - scrive loro Garibaldi - for-ti uomini come coloro, che combatterono alponte di Turrina, commilitoni miei a Sove-ria, Caserta, Capua e che compongono labrava Società degli Artieri di Cortale, ioamo e stimo, e non dimenticherei certo inun nuovo bisogno del paese» (in: A. Frangi-pane, La Prima Mostra d’Arte Calabrese,Catanzaro, 1912).

L’arte come sintesi di poesia e mestiereper uomini un po’ artisti e un po’ genieri.Domina in questi intellettuali - artigianiuna preoccupazione anche di tipo sociale,di educatori che organizzano la formazio-ne dei giovani, di primi fautori di una poli-tica culturale. Quasi coetaneo di Cefaly Mi-gliaccio ne condivide l’azione di proseliti-smo assieme a Lenzi e Martelli, con loro giàa Napoli.

Intanto prende ad insegnare nelle scuolepubbliche di Catanzaro: dapprima all’Isti -tuto Tecnico e poi all’Istituto Femminile.Ma la sua azione più appassionata e social-mente più incisiva la svolge con l’aperturaa Girifalco di una scuola serale di disegnoper i giovani meno abbienti, che in questomodo possono avviarsi al mestiere artisti-co senza doversi spostare altrove. I poveri egli emarginati sono un motivo dominantedel pensiero e dell'azione di Migliaccio. Liritrae nelle modeste abitazioni contadinecon lo stesso spirito caritatevole che dimo-stra nell’azione sociale. La solidarietà nongli basta più dimostrarla nel partecipatosentimentalismo dei suoi quadri ma senteil bisogno di praticarla sempre più concre-tamente nella realtà. La sua decisione di de-dicarsi all’attività politica è la naturaleconseguenza dei suoi trascorsi patriottici edella sua fede repubblicana. Diventa sinda-co di Girifalco e lo resta per dieci anni, la-sciando, tra le altre cose fatte, un segnotangibile del suo operato nella messa a di-sposizione dell’exconvento deiPadri rifor-mati per l’istituzione, nel settembre 1878,dell’Ospedale Psichiatrico, terzo a sorgerenell’Italia meridionale dopo quello di Pa-lermo e di Aversa. Sempre nel 1878 per isuoi meriti civili è nominato Cavaliere del-la Corona d'Italia, essendosi distinto nellalotta albrigantaggio eper avercatturato ilpericoloso brigante Rizzelli. Ma le sue com-petenze e i suoi studi artistici lo portano aricoprire anche incarichi pubblici nel cam-po della tutela del patrimonio culturale: è

membro della Commissioneper il Restauro e la Conserva-zione dei Monumenti dellaProvincia di Catanzaro e, suincarico del prefetto dell’epo -ca, segue il restauro del Ca-stello di Gioacchino Murat aVibo Valentia.

Continua a partecipare aqualche mostra locale come

la Mostra Agricola Industriale e Artisticadi Catanzaro del giugno 1875, in cui gli vie-ne conferita una menzione d'onore. Trovail tempo per dedicarsi anche alla scritturadi versi. Muore a Catanzaro nel 1902. Conlui scompare uno dei personaggi più varie-gati delpanorama artisticocalabrese, ulti-mo di una generazione di uomini di cultu-ra dall’atteggiamento certamente aristo-cratico ma sensibili alle nuove istanze so-ciali.

Plurilaur etofu sindaco

e anche pittore

Partecipòalla spedizione

dei Mille

Garibaldini in osteria, Museo di Capodimonte, Napoli; in alto La tradita; nel riquadroAntonio Migliaccio. Pagina sinistra: Bambini