Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia...

18
Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014 Appunti ad uso interno Le aree di attrazione di Vítali E' necessario citare anche altri tentativi di individuazione delle aree metropolitane come quello proposto da Vitali che in un volume intitolato "Mutamenti nelle aree urbane" sviluppa un'analisi delle componenti dinamiche della popolazione riferite alla popolazione di queste aree urbane. Vitali considera i 90 capoluoghi di provincia e aggrega intorno ad essi tutti i comuni che si trovano entro una fascia di attrazione di dimensioni pari a 10, 15, o 20 km a seconda dell'ammontare di popolazione che risiede nel comune polo di attrazione 1 : solo se il centro abitato del comune rientra entro la fascia, il comune fa parte dell'area. Dimensione del polo 2 Fascia 1 10 km Fascia 2 15 km Fascia 3 20 km < 100.000 X 100.000-200.000 X >=200.000 X Suddiviso il territorio italiano in queste aree urbane composte dal polo, dalle fasce di attrazione, e dai comuni periferici (il resto dei comuni della provincia) vediamo cosa succede nel periodo 1951-1981. La tabella 3 mostra per l'Italia e poi per grandi ripartizioni geografiche i tassi medi annui di variazione della popolazione nelle aree di attrazione. Limitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i capoluoghi di provincia), 1°, 2° e 3° fascia, poi il totale delle aree di attrazione, quindi il resto dei comuni e, infine, il totale dei comuni; sulle righe abbiamo, invece, gli 1 Per i comuni che hanno una popolazione inferiore a 100.000 abitanti, la dimensione della fascia sarà pari a 10 Km, se la popolazione sarà compresa tra 100.000 e 200.000 abitanti il comune sarà circondato da una fascia di 15 Km; se infine la popolazione è superiore a 200.000 abitanti la fascia avrà un raggio di 15-20 Km (si tratta delle città di Torino, Milano, Roma e Napoli). Questa diversificazione riflette l’ipotesi che il potere di polarizzazione di un polo sia direttamente proporzionale alla sua ampiezza demografica. 2 Al Censimento del 1981 Università Degli Studi di Milano - Bicocca 133

Transcript of Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia...

Page 1: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

Le aree di attrazione di Vítali

E' necessario citare anche altri tentativi di individuazione delle aree metropolitane come quello proposto da Vitali che in un volume intitolato "Mutamenti nelle aree urbane" sviluppa un'analisi delle componenti dinamiche della popolazione riferite alla popolazione di queste aree urbane.Vitali considera i 90 capoluoghi di provincia e aggrega intorno ad essi tutti i comuni che si trovano entro una fascia di attrazione di dimensioni pari a 10, 15, o 20 km a seconda dell'ammontare di popolazione che risiede nel comune polo di attrazione 1: solo se il centro abitato del comune rientra entro la fascia, il comune fa parte dell'area.

Dimensione del polo2 Fascia 110 km

Fascia 215 km

Fascia 320 km

< 100.000 X100.000-200.000 X>=200.000 X

Suddiviso il territorio italiano in queste aree urbane composte dal polo, dalle fasce di attrazione, e dai comuni periferici (il resto dei comuni della provincia) vediamo cosa succede nel periodo 1951-1981.

La tabella 3 mostra per l'Italia e poi per grandi ripartizioni geografiche i tassi medi annui di variazione della popolazione nelle aree di attrazione. Limitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i capoluoghi di provincia), 1°, 2° e 3° fascia, poi il totale delle aree di attrazione, quindi il resto dei comuni e, infine, il totale dei comuni; sulle righe abbiamo, invece, gli intervalli intercensuari 1951-61, 1961-71, 1971-81 e il periodo complessivo 1951-1981. Dalla lettura della tabella emerge come al variare dell’intervallo di riferimento si verifica uno spostamento della vitalità demografica dai poli verso le fasce. Nel periodo iniziale, infatti, la vitalità nei poli è forte (19,3 per mille3) ma anche nelle fasce si osserva una certa vivacità mentre è il resto dei comuni che perde popolazione, secondo il tipico schema del processo di urbanizzazione. Nel periodo successivo (1961-71), i poli cominciano a perdere vitalità a favore delle fasce, per le quali si registrano tassi d’incremento sempre superiori a quelli dei poli (intorno al 20 per mille), il resto comuni, invece, continua a perdere popolazione. Nel terzo periodo (197l-81) la situazione cambia completamente: i poli smettono di essere vitali dal punto di vista demografico e, tuttavia, sebbene i comuni rimanenti (che costituiscono le aree marginali e dunque il loro incrememento rappresenta la tendenza alla controurbanizzazione) presentino tassi elevati, intorno al 4 per mille, le aree più vitali continuano senza dubbio a essere le fasce.

La tabella 4 mostra come nel periodo 1981-87 (suddiviso in due periodi triennali 1981-84 e 1984-87) i poli continuano a cedere popolazione mentre il resto dei comuni da segni di vitalità 1 Per i comuni che hanno una popolazione inferiore a 100.000 abitanti, la dimensione della fascia sarà pari a 10 Km, se la popolazione sarà compresa tra 100.000 e 200.000 abitanti il comune sarà circondato da una fascia di 15 Km; se infine la popolazione è superiore a 200.000 abitanti la fascia avrà un raggio di 15-20 Km (si tratta delle città di Torino, Milano, Roma e Napoli). Questa diversificazione riflette l’ipotesi che il potere di polarizzazione di un polo sia direttamente proporzionale alla sua ampiezza demografica.2 Al Censimento del 19813 Ossia quasi il 2% che secondo formule note sta a significare un raddoppio della popolazione ogni 35anni circa.

Università Degli Studi di Milano - Bicocca133

Page 2: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

che tuttavia vanno rallentando nel secondo triennio; anche in questo periodo sono le fasce intorno alle aree urbane a manifestare i tassi di incremento più alti.

La tabella 8 mostra cosa è successo agli indicatori demografici (natalità, mortalità, emigratorietà e immigratorietà) nei poli, nelle fasce e nel resto dei comuni nei periodi precedentemente considerati. Per quanto riguarda la natalità si può osservare come la forte diminuzione che si è registrata in Italia a partire dal 1964 investa tutte le categorie territoriali, poli, fasce e resto dei comuni, anche se i tassi di natalità risultano comunque più elevati nelle fasce rispetto ai poli, con differenziali che che vanno attenuandosi nell'ultimo periodo. Tali differenziali nei tassi di natalità tra poli e fasce riflette, in definitiva, le differenze strutturali esistenti nella popolazione dei diversi contesti presi in esame: in generale, infatti, le giovani coppie (in età fertile), tendono a spostarsi dai poli verso le fasce (abitazioni meno costose, spazi verdi, ecc.), mentre nei poli tende ad accentuarsi l'invecchiamento della popolazione. Per la mortalità, invece, si rilevano tassi di analoga intensità nei poli e nelle fasce; le differenze che si osservano possono essenzialmente attribuirsi alla diversa struttura per età.Infine, per quanto riguarda i flussi migratori, si potrebbe essere ingannati dalla variazione del saldo migratorio (ottenibile per differenza tra i tassi di immigrazione e i tassi di emigrazione); ad esempio, con riferimento ai poli, tale variazione consiste nel passaggio dal +12 per 1000 nel 1951-61 al -4 per 1000 nel 1981-87; una tale variazione, infatti, potrebbe far pensare che nel periodo considerato si sia verificata una inversione di tendenza, cioè una “fuga dalla città”. E questo è effettivamente ciò che molti studiosi del tempo avevano ipotizzato, ma che invece si deve smentire: infatti, osservando i tassi di emigrazione dei poli, si può notare come, a partire dal 1961, essi siano costantemente in diminuzione ma anche i tassi di immigrazione sono in diminuzione, anzi lo sono con intensità maggiore. In definitiva, si può affermare che non c’è stata “fuga” (cioè aumento dell’emigrazione) ma arresto della capacità di attrarre (diminuzione dell’immigrazione) da parte dei poli.

Il metodo delle aree di attrazione di Vitali ha il pregio di aver considerato nell'analisi sia gli effetti della variazione della popolazione sia l'andamento dei principali indicatori demografici. Tuttavia anche questo contributo non è esente da critiche, innanzitutto perché nell'individuare il polo (il capoluogo di provincia), la fascia di attrazione che gli gravita intorno e il resto del territorio provinciale non si tiene conto del fatto che alcune province (ad esempio Livorno) sono abbastanza anomale dal punto di vista territoriale –essendo costiera-, quindi, nella costruzione delle fasce di attrazione potrebbero rientrarvi dei comuni che appartengono anche ad altre province. In altri termini, emerge la già ribadita questione della forzatura introdotta dall’utilizzo dei confini amministrativi (le province) nella determonazione delle aree di gravitazione.

Università Degli Studi di Milano - Bicocca134

Page 3: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

Università Degli Studi di Milano - Bicocca135

Page 4: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

Università Degli Studi di Milano - Bicocca136

Page 5: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

Università Degli Studi di Milano - Bicocca137

Page 6: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

L'esperimento di Marchese

Un interessante contributo allo studio delle aree metropolitane è proposto da Marchese (1989), il quale definisce area metropolitana, "un gruppo di centri caratterizzato dalla presenza di vincoli e relazioni funzionali attraverso cui si articola lo svolgimento di una civiltà urbana avanzata comprendente servizi di rango elevato per le popolazioni e attività di leadership in qualche settore di attività industriale, commerciale, dei trasporti e del credito”. Questa definizione introduce elementi nuovi, come l'esistenza di relazioni funzionali o di servizi di rango elevato e l'esercizio di una attività di leadership in qualche settore economico.Marchese parte dal calcolo di un indicatore di densità, la densità industriale e terziaria (livelli di popolazione attiva nei settori industriale e terziario per Kmq) e individua quindi le aree costituite da comuni per i quali si registra un valore della densità industriale e terziaria superiore a 100 per kmq.I comuni formeranno sul territorio aree che, se soddisfano altri requisiti richiesti dalla definizione di Marchese, possono essere considerate aree metropolitane.

Le aree vengono classificate in quattro gruppi in base ad un criterio demografico:

- continui urbani minori (aree che raccolgono una popolazione residente inferiore ai 30.000 abitanti);

- continui urbani (aree che hanno una popolazione residente compresa tra i 30.000 e i 100.000 abitanti);

- continui urbani a dimensione urbana maggiore (aree con una popolazione residente compresa tra i 100.000 e i 150.000 abitanti);

- aree metropolitane (continui metropolitani) di base (con una popolazione residente superiore alle 150.000 unità).

Queste ultime vengono definite aree metropolitane di base perché è su ciascuna di esse che viene misurata la capacità di esercitare una funzione di leadership economica o di produrre servizi di rango elevato secondo la definizione data da Marchese.

Per questa valutazione si rendono necessari alcuni indicatori che Marchese ottiene miscelando elementi quantitativi e qualitativi.

Un primo gruppo di indicatori proposti da Marchese informano sul grado di propensione nazionale, regionale e provinciale delle aree e sulla loro attitudine ad essere importatrici o esportatrici di impresa. Dal Censimento dell’Industria e dei Servizi si possono derivare informazioni sulle imprese e sulle unità locali: per ogni impresa, classificata rispetto alla tipologia di diffusione (una impresa si dice monolocalizzata quando tutte le sue unità locali risiedono nella stessa area, plurilocalizzate altrimenti), si dispone del numero degli addetti, distintamente per ciascuna unità locale.E’ dunque possibile costruire i seguenti indicatori:

Università Degli Studi di Milano - Bicocca138

Page 7: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

- grado di propensione nazionale dell’area è ottenuto calcolando per ogni comune j dell’area il rapporto tra la proporzione di addetti nelle unità locali delle imprese a diffusione nazionale (imprese plurilocalizzate sul territorio nazionale, con unità locali in più regioni) sul numero complessivo di addetti nelle unità locali, e l’analogo rapporto calcolato sul complesso dei comuni italiani:

per tutti i comuni j dell’area

Es: l’area metropolitana di base è composta da 2 comuni A e B, dove si osserva una proporzione di addetti alle unità locali di imprese a diffusione nazionale pari, rispettivamente al 35% e al 42%; la quota di tali addetti per tutti i comuni italiani è pari al 28%. Ne consegue che il grado di propensione nazionale dell’area metropolitana è pari a

GPN=3528

+ 4228

=2,75

- grado di propensione regionale dell’area è ottenuto calcolando per ogni comune j dell’area il rapporto tra il numero degli addetti nelle unità locali delle imprese a diffusione regionale (imprese plurilocalizzate sul territorio regionale, con unità locali in più province della stessa regione) sul numero complessivo di addetti nelle unità locali, e l’analogo rapporto calcolato sul complesso dei comuni italiani:

per tutti i comuni j dell’area

Sommando le due propensioni, si otterrà un’indicazione sul grado di propensione extraprovinciale dell’area:

GPE = GPN + GPR

- Un terzo indicatore è costruito al fine di esprimere la capacità dell'area di essere esportatrice o importatrice netta di funzioni di impresa.

Tale indicatore è ottenuto calcolando per ogni comune j dell’area il rapporto tra il numero di addetti nelle unità locali delle imprese che hanno la sede centrale nella stessa provincia e il numero complessivo di addetti nelle unità locali delle imprese che hanno almeno una unità locale in provincia, e l’analogo rapporto calcolato sul complesso dei comuni italiani:

Per tutti i comuni j dell’area

Questi 3 indicatori vengono costruiti per ciascun settore e per le 33 aree metropolitane di base individuate da Marchese.

Università Degli Studi di Milano - Bicocca139

Page 8: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

L'autore si chiede poi se i comuni che costituiscono le aree metropolitane di base, individuate con gli indicatori precedenti, possiedono alcuni servizi che possono essere considerati di rango elevato, come ad esempio, le università, la corte d'appello, la borsa valori, gli aeroporti nazionali, le stazioni che registrano fermate di treni rapidi, i compartimenti ferroviari, gli ordini professionali (come gli ingegneri, gli architetti, i medici, i commercialisti ... ).

La tabella 1 mostra per i continui metropolitani di base il numero dei comuni che li costituiscono, la popolazione al 1981, la superficie, la densità di attivi, il totale degli attivi, il numero di attivi nei settori industriale e terziario, il numero di attivi nel settore agricolo, il tasso di attività industriale e terziario (rapporto tra gli attivi nei due settori e l'ammontare della popolazione) e la densità industriale e terziaria. Quest'ultimo indicatore, come è possibile vedere dalla tabella, è in tutti i casi superiore a 100 (fatta eccezione per Foggia), quasi tutte le aree riportate possono quindi potenzialmente essere definite come aree metropolitane.

Università Degli Studi di Milano - Bicocca140

Page 9: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

Università Degli Studi di Milano - Bicocca141

Page 10: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

In conclusione, l’'analisi di Marchese è molto approfondita e complessa poiché utilizza una pluralità di fonti diverse, come i Censimenti della popolazione e dell'industria e servizi, ma anche elementi qualitativi (come quelli relativi alla presenza di servizi di rango elevato).Ciononostante, vale la pena di osservare come l’eccesso di peso dato alle variabili strutturali economiche penalizza alcune realtà territoriali come, ad esempio, quella romana, che in base ai risultati di Marchese finisce per contenere solo 18 comuni. Tale contributo, tuttavia, è un prezioso sforzo nella direzione della ricerca sulle aree funzionali, con il limite di aver utilizzato solo indicatori di stato, escludendo totalmente indicatori di flusso tra le unità (flussi di pendolari, trasferimenti di residenza, flussi di merci, chiamate telefoniche ecc.) che invece sembrano determinanti nell'analisi delle aree metropolitane.

Il contributo di Del Colle

Tra gli autori che si sono dedicati all’introduzione di indicatori di flusso utili per la rilevazione dei legami esistenti tra le varie unità di uno stesso territorio si segnala Del Colle. Va detto che un problema fondamentale da risolvere è quello della disponibilità delle fonti; ad esempio il pendolarismo (cioè i flussi in ingresso e in uscita da e per ciascun comune, per movimento pendolare) è un dato rilevato in occasione dei Censimenti: al censimento del 1971 i dati sono stati rilevati ma non elaborati, nel 1981 i dati raccolti furono elaborati e pubblicati ma non sono mai stati utilizzati per costruire aree metropolitane a livello nazionale seguendo un criterio omogeneo, pertanto, si può affermare che la serie dei flussi pendolari risulta disponibile, in definitiva, dal censimento del 1991.Tra i flussi che si possono considerare, oltre al pendolarismo, vi sono quelli rilevabili dai registri delle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche per trasferimento di residenza (tali informazioni forniscono una misura dei trasferimenti di residenza a livello micro ossia a livello comunale o addirittura per sezioni di censimento).E' proprio sulla base di queste informazioni che Del Colle ha elaborato una sua ipotesi di area metropolitana in riferimento all'area di Roma (in un primo lavoro il metodo è stato applicato ai comuni della Toscana).Nel suo contributo propone, quindi, un modello che lega la dinamica della terziarizzazione alla dinamica dell'attrazione migratoria (misurata dai flussi di iscrizione dall'interno e dall'estero).

In sintesi, il procedimento di Del Colle è il seguente.Per tutti i comuni dell'area romana si conosce, per ogni anno di un certo periodo, una quantità chiamata

Nj

che indica il flusso di emigrazioni in uscita da Roma e diretto verso un particolare comune j-esimo della provincia di Roma.

E’ poi possibile costruire un indicatore della dinamica della terziarizzazione. Prendendo in considerazione due censimenti limite inferiore e superiore del periodo, si considera la distribuzione della popolazione attiva in alcuni settori ritenuti fondamentali (assicurazioni e banche, trasporti, pubblica amministrazione):

ifj

indica la percentuale di popolazione del comune j-esimo che lavora nell’i-esimo settore (tra i settori del terziario individuati come fondamentali).

Università Degli Studi di Milano - Bicocca142

Page 11: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

Tale proporzione viene confrontata con il valore massimo provinciale rilevabile in quel settore: in altri termini viene costruita una differenza tra valore massimo provinciale e valore rilevato nel comune. Sommando queste differenze per tutti i settori considerati si ottiene una prima informazione sul grado di scostamento del comune j-esimo rispetto al massimo provinciale, per ciò che concerne la percentuale di popolazione attiva in quei settori, con riferimento al Censimento nell’anno t.

In corrispondenza del Censimento successivo viene svolto l’analogo calcolo, ottenendo:

E’ possibile così costruire un indicatore della dinamica della terziarizzazione

dato dal rapporto tra la differenza e la somma dei due indicatori precedentemente definiti.

Il suo complemento è l’indicatore di deterziarizzazione:

Del Colle afferma che solo se il comune fa parte di un sistema esiste una relazione tra terziarizzazione e attrazione migratoria.Si dimostra in termini empirici l’esistenza di una relazione funzionale decrescente: l’attrazione migratoria del comune j-esimo aumenta al diminuire della deterziarizzazione:

In conclusione, dei 140 comuni della Provincia di Roma solo in 43 la relazione è rispettata, dunque per Del Colle i comuni dell’area metropolitana di Roma risultano 43.

Università Degli Studi di Milano - Bicocca

tj

tji

ti Dff max

10tjD

jj TT 1100

bjj TaN

143

Page 12: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

La distanza funzionale e la matrice dei tempi medi di primo passaggio

Il contrributo di Del Colle ha il pregio di introdurre l’indicatore di flusso per valorizzare il legame tra le unità che compongono l’area. Un ulteriore passo avanti in questa direzione è rappresentato dagli studi di Vitali in cui si definisce il concetto di distanza funzionale come il tempo medio di primo passaggio tra due unità territoriali che fanno parte di un sistema.Si consideri in primo luogo la matrice origine-destinazione dei flussi migratori da un comune i del territorio ad un altro comune j (ad esempio la matrice degli iscritti e cancellati da e per l’interno riferiti ad un determinato periodo di tempo, generalmente un anno).Questa matrice dei flussi viene trasformata in una matrice di probabilità di transizione (pij):

La matrice dei tempi medi di primo passaggio tiene conto non solo del flusso diretto da un comune all’altro ma anche dei flussi indiretti, cioè di tutti i passaggi intermedi che l’individuo compie spostandosi da un comune all’altro.Ad esempio, consideriamo un sistema bi-regionale in cui vi sono due sole aree di provenienza e di arrivo (Nord e Sud) e costruiamo la matrice origine-destinazione:

nella diagonale principale si ha la probabilità di permanenza nei luoghi, fuori dalla diagonale si ha invece la probabilità di spostarsi nell’arco di tempo considerato.

Si supponga ora di considerare diversi periodi di osservazione, successivi nel tempo.La probabilità di spostarsi per la prima volta da Nord a Sud (ad esempio), nel corso del tempo, può calcolarsi così:

Periodo 1 – la probabilità di spostarsi per la 1° volta è PNS

Periodo 2 - “ è PNN * PNS (infatti, se la probabilità è riferita alla prima volta, significa che nel periodo 1 si è rimasti nell’area N)

Periodo 3 – “ è PNN * PNN * PNS

…………………

Periodo n – “ è (PNN)n-1* PNS

Di questa funzione (che è una binomiale) possiamo calcolare il valore atteso (cioè il numero medio di spostamenti in un lasso di tempo per raggiungere per la prima volta S),

E( t )=E [ (PNN )n−1⋅PNS ]=PNS

Università Degli Studi di Milano - Bicocca144

pij=f ij

∑i

fij

[PNN PNS

PSN PSS ]

Page 13: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

Pertanto, il tempo medio di primo passaggio, sarà determinato dal reciproco di tale valore medio

E’ evidente che più il tempo medio è alto, meno le due unità sono collegate.E’ importante sottolineare come questo rapporto, inoltre, esprima il legame che c’è tra Nord e Sud ma non è simmetrico, quindi non esprime il legame tra Sud e Nord.Come detto, dunque, tale matrice dei tempi medi di primo passaggio, esprime la forza del legame tra le unità territoriali, tale matrice non rileva solo i legami diretti ma anche i passaggi intermedi.La tabella 1 riporta gli esempi di due matrici dei tempi medi di primo passaggio, con riferimento a due sistemi di cui il primo è molto connesso (A) mentre l’altro è scarsamente connesso (B). Nel primo la forte connessione si evince dal fatto che per colonna i tempi medi sono molto simili mentre non lo sono nel secondo esempio.Inoltre, si deduce anche che, nel primo caso, A è il polo, in quanto le distanze con B, C e D sono di gran lunga inferiori alle distanze che si possono leggere sulle altre colonne.Nel secondo esempio non emergono nuclei centrali o sono comunque molto meno visibili.

Università Degli Studi di Milano - Bicocca

NSNS P

m 1

145

Page 14: Antonio Golini - Bruno Cantalini · Web viewLimitando l'analisi solo ai dati relativi all'Italia nel suo complesso, vediamo sulle colonne le aree di attrazione distinte in poli (i

Corso di Popolazione, Territorio e Società 1 A.A. 2013-2014Appunti ad uso interno

Università Degli Studi di Milano - Bicocca146