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Sensualità e seduzione. Storie d’amore giovani, glamour e spregiudicate all’insegna del desiderio. Dal 15 marzo Scopri le trame su www.eHarmony.it ✔ PIÙ PAGINE DA LEGGERE ✔ PIÙ EMOZIONI ✔ PIÙ COVENIENZA, solo 5 € Dall’1 marzo www.eHarmony.it Ti aspettano in edicola due volumi, ciascuno contenente 2 romanzi. È DIVENTATO MAGNETICA ATTRAZIONE Penny Jordan

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Sensualità e seduzione.Storie d’amore giovani, glamour e

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NOVITÀ 2012

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Penny Jordan

MAGNETICA ATTRAZIONE

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Power of Vasilii

Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2011 Penny Jordan

Traduzione di Anna Vassalli

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony

marzo 2012

Questo volume è stato stampato nel febbraio 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano

COLLEZIONE HARMONY

ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 2680 del 13/03/2012

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Non avrebbe dovuto essere così agitata. No, non c'era motivo. Si trattava di un colloquio per un impiego di cui a-veva disperatamente bisogno. Tutto qui. Un lavoro temporaneo, fianco a fianco con Vasilii Demidov, come sua assistente personale. Laura West-cotte si fermò di scatto mentre percorreva Sloane Street. Oh, per amor del cielo! Non aveva più quattordici anni, quando era infatua-ta pazzamente dell'affascinante fratellastro, molto più grande di lei, di una compagna di classe nella scuola in cui sua zia era direttrice. E non era neppure la stessa ragazzina sciocca che a-veva navigato in Internet alla ricerca di qualsiasi in-formazione su Vasilii Demidov per farne tesoro. Grazie al cielo, i grandi social network all'epoca non esistevano, risparmiandole di rendere pubblica la propria stupidità. Scattare quella foto per guardarla in privato e sognare era stato stupido a sufficienza, pensò Laura con amarezza. L'aveva scattata un venerdì pomeriggio in cui lui era venuto a scuola a prendere la sorella. Le mani le tremavano mentre lo osservava scendere dalla mac-

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china, i muscoli del corpo che si muovevano con ar-monia sotto i jeans e la maglietta di cotone nera che sottolineava i pettorali scolpiti, ed era arrossita per l'improvviso desiderio. Era un miracolo che la foto non fosse sfocata al punto da renderlo irriconoscibile. L'aveva nascosta nel suo luogo segreto, il cassettino del cofanetto dei gioielli che originariamente era ap-partenuto a sua madre e che, in qualche modo, aveva mantenuto una traccia del suo profumo. L'aveva anco-ra quel cofanetto. E la fotografia? Cominciava a sentirsi ridicola. Se l'aveva ancora era semplicemente perché non aveva mai pensato di buttarla. Per nessun altro motivo. A quattordici anni era talmente idealista che adorar-lo da lontano era stato naturale come respirare. Si era cullata nella ridicola fantasia che si incon-trassero... quel tipo di fantasia in cui solo una ragazzi-na sognatrice e solitaria, con gli ormoni che si risve-gliano, può indulgere. Nella sua immaginazione aveva persino voluto convincersi che, poiché entrambi ave-vano perso la madre, tra loro ci fosse un legame parti-colare. Tutto questo pur non essendosi mai trovata di fron-te a lui e, tantomeno, avergli rivolto la parola. Tuttavia aveva sognato in continuazione, combattuta tra il di-sperato desiderio che lui la notasse e il timore che, se fosse accaduto, non avrebbe saputo venire a patti con una tale eccitazione sensuale. E allora? Questo succedeva quando aveva quattor-dici anni. Adesso era diverso. Non era forse riuscita a ripetersi mentalmente diverse volte il suo nome, senza che il cuore battesse impazzito? No, non aveva più quattordici anni, si disse Laura.

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Eppure non poté evitare di guardarsi nella vetrina del-la boutique di lusso davanti alla quale stava passando mentre si recava al colloquio, come se avesse bisogno di accertarsi che il riflesso che vi avrebbe scorto fosse quello di una donna di ventiquattro anni, con una per-fetta padronanza di sé. Una donna in carriera, con i ca-pelli che ondeggiavano ordinati sulle spalle, gli occhi verde azzurro nel viso dalla pelle chiara, discretamen-te truccati, come si conviene quando ci si presenta a un colloquio per un impiego dal quale dipende una immediata sicurezza economica. Allora, perché quella necessità di controllarsi? Si-curamente non aveva timore che in lei esistesse ancora la ragazzina romantica e fantasiosa di un tempo, né che, per qualche pericolosa alchimia, Vasilii Demidov riuscisse a far rinascere il suo innamoramento per il solo fatto di respirare la stessa aria. Invece di tormentarsi sul passato avrebbe dovuto focalizzarsi sul presente, si redarguì Laura. Facendo riferimento a quel famoso detto di Oscar Wilde, dove-va tener presente che essere rifiutata per un impiego per il quale aveva tutte le qualifiche, poteva essere una sfortuna, ma non essere accettata una seconda volta sarebbe stata una macchia indelebile sulla sua carriera. Non si faceva illusioni. Sapeva perfettamente per-ché non le era stata concessa la promozione che, a pa-role, le era stata promessa nell'impiego precedente. Il nuovo amministratore delegato della Compagnia glie-lo aveva chiarito perfettamente. La sofferenza e l'umiliazione subite le fecero deflui-re il sangue dal viso. Oh, sì, aveva bisogno di quell'impiego. Un impiego fantastico da Vasilii Demidov, come sua assistente, con un contratto di sei mesi e uno stipendio che le a-

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veva fatto trattenere il fiato. Circa il doppio di quanto guadagnava nell'impiego precedente e che, inoltre, le avrebbe aperto diverse porte, citando quest'esperienza nel curriculum vitae, per non menzionare che l'avreb-be ripagata dell'attuale sfortuna nella carriera. Il fatto che, recentemente, su Internet, avesse cerca-to di nuovo Vasilii Demidov non aveva nessun signifi-cato. Come qualsiasi candidato per un nuovo lavoro, voleva avere più informazioni possibili sulla Società nella quale sperava di entrare a far parte. Nel caso spe-cifico, inoltre, la Società di Vasilii Demidov era Vasi-lii Demidov. E che Società. Vasilii aveva acquisito il portfolio o-riginariamente appartenuto a suo padre e l'aveva tra-sformato in un impero. La sede tecnicamente era a Zu-rigo, ma da quanto aveva capito Laura, si adeguava al-la tradizione dei guerrieri nomadi della sua famiglia materna. Vasilii viaggiava in continuazione, spostandosi o-vunque avesse affari e interessi finanziari. A differenza di molti oligarchi russi, Vasilii non possedeva dimore fastose sparse per il mondo. Si si-stemava in suite d'albergo, quasi che lo spirito nomade gli imponesse di spostarsi in continuazione, come era abituato a fare il popolo di sua madre. Com'era stata affascinata, a quattordici anni, nello scoprire che Vasilii, pur essendo russo per parte di pa-dre, poteva far risalire le proprie radici, tramite la fa-miglia della madre, a uno dei popoli più antichi che attraversavano i deserti e l'aspro territorio della Russia meridionale. Una leggenda che aveva letto sosteneva che questo popolo guerriero dalla pelle chiara e dagli occhi azzur-ri, nell'antichità aveva mescolato il sangue con quello

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di una legione romana sperduta, e che proprio da que-sto discendeva la loro abilità nel combattere. In Internet c'erano molte altre ipotesi sull'origine di quel-la tribù, sul loro orgoglio e sul loro codice d'onore. Come per molte altre tribù del deserto, le guerre e le malattie avevano decimato la popolazione diversi anni prima che nascesse la madre di Vasilii. La giova-ne principessa si era innamorata del padre di Vasilii ma, purtroppo, pochi anni dopo era morta in circostan-ze tragiche. Laura aveva provato una profonda compassione e un amore istintivo quando aveva saputo dalla zia la storia del rapimento e della successiva morte della madre di Vasilii. Ma questo era stato un tempo, adesso era il presen-te, e tutto ciò che ora sapeva di Vasilii suggeriva che si trattava di un uomo immune dalla vulnerabilità ca-ratteristica della maggior parte del genere umano. Un uomo potente, duro, focalizzato totalmente sul succes-so della propria Società. Non certo l'uomo che poteva accogliere con simpatia e benevolenza l'infatuazione di una quattordicenne che... Basta! Laura controllò l'orologio e accelerò il passo. Non doveva essere in ritardo per quell'appuntamento tanto importante e, soprattutto, doveva smetterla di abban-donarsi a fantasie sull'uomo col quale avrebbe avuto il colloquio. Dalla suite esclusiva dell'ultimo piano di uno degli alberghi più prestigiosi di Londra, Vasilii godeva di una vista eccellente su Sloane Street. Un raggio del sole morente di luglio che gli cadeva sul viso metteva in evidenza gli zigomi pronunciati e

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la linea dura e determinata della mascella. Per i compatrioti russi, il colore caldo dorato della sua pelle e il naso aristocratico potevano essere carat-teristiche di uno straniero, di qualcuno che appartene-va più al mondo arabo che al loro, ma lui era cresciuto estraneo sia al mondo della madre, sia a quello del pa-dre. Non si sentiva realmente inserito in nessuno dei due, caratterizzato nel fisico dai geni della madre e nella mente dall'abilità negli affari del padre. Un estra-neo che già da giovane aveva imparato a camminare da solo, e a fidarsi solo di se stesso, soprattutto dopo che la madre era stata rapita e uccisa in un malriuscito tentativo di salvataggio. Essere stato emotivamente dipendente dall'affetto materno per poi perdere quell'amore, aveva inculcato all'uomo che era diventato la necessità di proteggersi da questa vulnerabilità. Ed era esattamente ciò che a-veva fatto, tenendo gli altri a distanza e riprometten-dosi di non mettersi mai più in una situazione di debo-lezza, rischiando di patire di nuovo la perdita di un af-fetto. Ma in quel momento non era il pensiero del passato che gli faceva aggrottare la fronte, era il presente. Il presente e una certa signorina Laura Westcotte. Se era stata una sfortuna che il suo assistente fosse costretto a chiedere un periodo di permesso per assi-stere la moglie malata, era stato devastante che il so-stituto, assunto a tempo determinato, fosse colpito da uno strano virus... proprio quando Vasilii era a un punto molto delicato dei negoziati con i cinesi, e più che mai nella necessità di un assistente che, non solo parlasse fluentemente il mandarino, ma anche il russo oltre all'inglese e che conoscesse alla perfezione il protocollo e la complessità dell'etichetta negli accordi

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con dignitari cinesi di alto rango. Vasilii conosceva perfettamente le tre lingue, ma non poteva rischiare la faccia o, peggio ancora, rischiare di farla perdere agli alti dignitari cinesi, traducendo da sé. Aveva subito scoperto che quando si tratta con i ci-nesi è molto importante essere affiancati da personale eccellente, e per questo era in attesa di fare il collo-quio a Laura Westcotte, la candidata più qualificata per le sue necessità, a parere del cacciatore di teste che aveva assunto per trovargli un assistente. Ma c'erano buone ragioni per cui Laura Westcotte non era la candidata ideale. Prima di tutto era una don-na, e Vasilii non assumeva mai donne che lavorassero a stretto contatto con lui. Aveva notato, per esperienza diretta, che il personale femminile era portato a veder-lo per ciò che era - uno scapolo estremamente ricco - come potenziale marito, mentre lui non aveva nessuna intenzione di sposarsi. Mai. Un muscolo gli pulsò sulla mascella, come se il corpo s'irrigidisse per una fastidiosa emozione. Il ma-trimonio, come ogni altro rapporto umano intimo, im-plica dare agli altri qualcosa di sé. Implica impegno e, di conseguenza, rendersi vulnerabili alla perdita e quindi alla sofferenza. La contraddizione che scaturiva dal suo duplice re-taggio lo portava a vivere nella Russia moderna come un fiero guerriero del deserto, il cui codice morale e i principi erano ovviamente in contrasto con la vita at-tuale. E perché avrebbe dovuto sposarsi? Non ce n'era nessun bisogno. Sua sorella, anzi la sua sorellastra Alena, si era da poco sposata, e con tutta probabilità il matrimonio a-vrebbe portato dei figli che, a tempo debito, avrebbero

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preso in mano le redini dell'impero di famiglia. Ma non era soltanto l'avversione ad assumere una donna che lo irritava. Nonostante l'eccellente curriculum vitae, ciò che a-veva saputo da Alena e le indagini che aveva svolto su di lei, mettevano in evidenza che mancava di senso di responsabilità e di etica, quindi non era affidabile. In breve, Laura Westcotte rappresentava tutto ciò che non voleva nel proprio assistente. Sfortunatamen-te non c'era nessun altro candidato che fosse lontana-mente qualificato quanto lei. Non soltanto la sua conoscenza del mandarino e del russo, secondo le indagini che aveva svolto, era eccel-lente, ma anche quella dell'etichetta e del mondo di-plomatico cinese era approfondita. E lui aveva dispe-ratamente bisogno di una persona con queste capacità subito, se voleva assicurarsi il contratto che gli era già costato quindici mesi di impegno. Perdere questa sfida non solo avrebbe danneggiato i suoi profitti, ma anche l'immagine della Società e la crescita potenziale. No, non aveva scelta. Era costretto ad assumere Laura Westcotte. Era stata la salita rapida dell'ascensore la causa di quella strana sensazione allo stomaco, e non il pensie-ro di trovarsi a faccia a faccia con l'uomo responsabile di quelle imbarazzanti fantasie adolescenziali, cercò di convincersi Laura mentre attendeva che le aprissero la porta che introduceva nella suite di Vasilii Demidov. Dopo tutto era un colloquio di lavoro, un lavoro del quale aveva disperatamente bisogno. Non poteva per-mettersi di mostrare il benché minimo segno di nervo-sismo, in nessun caso.

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Stabilita la gelida abilità analitica di Vasilii, in base a quanto aveva letto su di lui, di annientare tutto ciò che si frapponeva sul suo cammino, era impensabile che provasse comprensione per l'incertezza e il nervo-sismo altrui. Anzi, si sarebbe servito a proprio vantag-gio di quella vulnerabilità. Lo scatto della serratura, accompagnato da una vo-ce metallica che istruiva di entrare quando la luce ver-de si fosse accesa, permise a Laura di introdursi con tutta la sicurezza che riuscì a esibire in un atrio con pavimento di marmo illuminato a giorno da luci na-scoste. Automaticamente si aprirono un paio di doppie por-te e una voce proveniente dall'interno ordinò, con l'ac-cento inglese della classe privilegiata: «Entri». Non era certo un'accoglienza cordiale, si disse Lau-ra avviandosi verso le porte e poi nella stanza che era moderna e accogliente. Ma la sua attenzione non era concentrata sui mobili costosi o sul design. Era volta, come un piccione viaggiatore che ritorna a casa, al-l'uomo che stava alla finestra dandole le spalle. Come lei, indossava un abito formale, scuro. I ca-pelli, altrettanto scuri, sfioravano il colletto della ca-micia immacolata. Le mani, che teneva lungo i fian-chi, erano abbronzate e prive di anelli. Il capo era leg-germente inclinato da un lato e la luce proveniente dalla finestra metteva in risalto la sua marcata struttu-ra ossea. Lo strano rimescolio allo stomaco che aveva prova-to in ascensore si era mutato in una sensazione costan-te e fastidiosa... naturalmente non per la consapevo-lezza di lui come uomo, e certo non per un apprezza-mento femminile di tanta virilità. Non poteva permetterselo. In ogni caso non aveva

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niente a che vedere con Vasilii Demidov e con l'infa-tuazione che aveva avuto per lui. Ciò che provava era semplicemente ansia, si con-vinse Laura. Un'ansia professionale perché aveva di-speratamente bisogno di quell'impiego. Tutto qui. E poi lui si voltò. L'uomo che a quattordici anni aveva adorato, dove-va esserselo impresso nella memoria con i tratti ingen-tiliti dall'idealismo, dovette ammettere Laura, combat-tuta tra il desiderio che ci fosse una sedia cui appog-giarsi, e la soddisfazione che non ci fosse, mentre os-servava la palese ostilità in quello sguardo che richia-mava il vento più gelido che avesse mai sferzato la steppa russa. Laura aveva insegnato per un po' di tempo in Rus-sia, così come in Cina, mentre approfondiva lo studio di entrambe le lingue e sapeva perfettamente come quel vento può insinuarsi sotto la pelle, distruggendo coloro che non sono forti a sufficienza per opporsi alla sua violenza. Quel vento e la sferzata della sabbia del deserto a-vevano sicuramente scolpito la struttura ossea del suo viso, che era privo di qualsiasi dolcezza. L'abbronza-tura poteva dare alla pelle un certo calore e un aspetto umano, sufficiente perché una donna aspirasse a una sua carezza, ma la luce in quegli occhi grigi metteva in guardia chiunque si fosse permesso un gesto tanto sconsiderato. Era un uomo che si vantava di non avere nessuna debolezza umana. E questo Laura già lo sapeva dalle sue ricerche, ma constatare la realtà delineata così chiaramente nei suoi tratti, fu un colpo al cuore. Le spalle ampie potevano anche essere fasciate dal-l'abito migliore di Savile Row, ma per lei era più che

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evidente che sotto quel capo del ventunesimo secolo non c'era carne, ma un'armatura d'acciaio. Quell'uomo aveva nel sangue i geni del popolo di sua madre e del padre. Poteva anche essere dovuto al sangue, ma in lui c'era un gelo, un distacco, quasi una repulsione per l'umanità, combinata al totale disprezzo per la vulnerabilità altrui. L'assalto delle informazioni riferitele dai sensi fu troppo intenso da sopportare. Tutti i sistemi di allarme che il corpo possedeva la avvertivano di voltare le spalle e andarsene, correre se necessario. Eppure... quel brivido, quell'insieme di sensazioni, quell'indesiderata ma precisa consapevo-lezza sensuale di lui come uomo, che interessava ogni terminazione nervosa e ogni poro della pelle, signifi-cava... Non significava niente. E anche se avesse avu-to un significato, non era che una ridicola eco della sua adolescenza, un prodotto dell'immaginazione, e come tale doveva essere ignorato, si disse Laura con fermezza. La sua fotografia sul curriculum vitae non rivelava la delicatezza femminile e la perfezione del viso a for-ma di cuore e i tratti armoniosi com'erano in realtà, fu costretto ad ammettere Vasilii mentre studiava la gio-vane donna in piedi davanti a lui. Del tutto intrigante... o forse sospetto, a seconda dei punti di vista, lei non era presente in Internet. Nessuna foto dell'università, nessun sito per rivelare il vero a-spetto della sua personalità. Ma lui non ne aveva biso-gno. Sapeva esattamente che persona era. Proprio il genere che disprezzava. Poteva anche essere fisicamente attraente, e aver ri-vestito il corpo sottile ed elegante con un abito estivo da donna in carriera sul quale indossava una giacca

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grigio chiaro, con scarpe a mezzo tacco e una venti-quattrore professionale, ma lui conosceva la realtà. Così come sapeva che sotto quell'abito che le accarez-zava discretamente il corpo, aveva quel genere di cur-ve, che suscitano i desideri degli uomini. Immediatamente Vasilii scoprì di fare delle consi-derazioni illogiche e del tutto non attinenti sul numero di mesi che erano trascorsi dall'ultima volta che aveva accarezzato un seno femminile, mentre lentamente si apriva la via ricoprendo la pelle di baci a partire dalla gola. La sua pelle doveva essere molto chiara, un inci-tamento sensuale per l'uomo che la desiderava. Ma, naturalmente, lui non era quell'uomo. Lui controllava le proprie reazioni fisiche, non erano loro a controllare lui. La potente eccitazione scaturita improvvisa non a-veva significato. Era semplicemente una reazione fisi-ca istintiva. Niente di più. Aveva cose ben più impor-tanti cui pensare che a quel fuggevole, fastidioso desi-derio maschile, inesplicabile e indesiderato che era sgorgato in lui. Distogliendo lo sguardo, Vasilii prese alcune carte sulla scrivania domandando brusco: «Vedo che parla russo e cinese. Perché proprio il russo, quando la maggior parte degli uomini d'affari russi parla ingle-se?». La domanda la colse alla sprovvista. Ricordava chiaramente da cosa era stata spinta a imparare il rus-so, e da chi, ma non poteva certo confessargli che es-sere in grado di parlargli nella sua lingua era la moti-vazione che l'aveva spinta tanti anni prima. «I miei genitori erano poliglotti; entrambi parlava-no russo e io, ascoltandoli, ho cominciato a imparare. Pensavo... Mi sembrava naturale seguire le loro or-

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me.» Dopo tutto, era una parte della verità... anche se non gli avrebbe confessato il resto. «Così lei ha deciso di seguire le loro orme invece di trovare una sua strada nella vita? È questo che mi sta dicendo? Non le sembra che sia una mancanza di au-todeterminazione e di ambizione?» «Non direi» si difese Laura con fermezza. Voleva deliberatamente metterla a disagio, ne era certa, ma non gliel'avrebbe permesso. «Certe predisposizioni so-no ereditarie, dopo tutto. Nel suo caso, ad esempio, lei ha seguito suo padre nella stessa attività e il suo suc-cesso ha dimostrato che era... predisposto. Io ero por-tata per le lingue. Dopo aver perso i miei genitori, mettere a frutto quest'attitudine e seguire i loro passi, mi ha aiutato. Mi sembrava che loro facessero ancora parte della mia vita. Mi piacciono le lingue e avevo bi-sogno di qualcosa cui aggrapparmi che mi desse l'im-pressione di essere sempre parte di loro.» Qualcosa cui aggrapparsi. Un'immagine della ma-dre, l'ultima volta che l'aveva vista viva, passò doloro-samente per la mente di Vasilii prima che potesse bloccarla. Il solo fatto che si fosse presentata accrebbe a di-smisura la repulsione per Laura. Quella donna gli su-scitava ricordi che non aveva il diritto di fargli rivive-re, dissotterrava questioni che nessuno doveva dissot-terrare, superava dei limiti che a nessuno era permesso superare con quei discorsi sui genitori e il suo stupido sentimentalismo. Perché? E ancora più importante, come? Era assur-do che una donna come lei, della quale già sapeva di non potersi fidare, in qualche modo avesse abbattuto difese che neppure le carezze amorevoli della sua ma-trigna erano riuscite a intaccare. Assurdo e pericoloso.

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Non sarebbe mai spuntato il giorno in cui Laura We-stcotte avrebbe costituto un pericolo per lui, si ripro-mise Vasilii. «Le ho chiesto di spiegarmi perché ha scelto il rus-so. Mi aspettavo una motivazione pratica, non una la-crimevole descrizione delle sue emozioni infantili.» A quel tono duro, Laura avrebbe voluto indietreg-giare. Aveva provato pena per lui quando aveva sapu-to che aveva perso la madre; da ragazzina aveva persi-no considerato questa perdita come un legame che li accomunasse. Per questo aveva parlato dei propri ge-nitori? Voleva ancora creare un legame tra loro? No! Non c'era alcun motivo perché, sospettava, a nessuna donna sarebbe mai stato permesso stabilire un legame emotivo con l'uomo che era attualmente. Quelle parole caustiche l'avevano ferita e in circo-stanze normali - se non avesse avuto disperatamente bisogno di quell'impiego - si sarebbe domandata se era il tipo di persona con la quale voleva lavorare. D'ac-cordo, poteva anche aver bisogno di quel lavoro, ma non gli avrebbe lasciato passare quelle parole aspre. Raddrizzò le spalle. «Posso anche aver scelto il rus-so per motivi personali, ma la decisione di imparare il cinese - che non è una lingua che i miei genitori cono-scevano - dimostra che guardavo verso il futuro, con-sapevole dell'importanza che avrebbe assunto nel mondo il mercato cinese.» Si permetteva di sfidarlo? Era qualcosa a cui Vasilii non era abituato. Nessuno si era mai permesso, e tan-tomeno le donne che di solito erano troppo impegnate ad adularlo e corteggiarlo. «Lei ha frequentato la stessa scuola di mia sorella. Da quanto mi risulta, il cinese non era in programma.» Sapeva che era stata a scuola con Alena? L'imma-

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gine di sé che cercava di carpire alla zia quando Vasi-lii sarebbe venuto a prendere la sorella a scuola, per posizionarsi alla finestra a spiare il suo arrivo, rischiò di abbattere le sue difese. Ma lui non poteva saperlo... così come ignorava quante volte lei aveva sperato di trovare il coraggio di passare casualmente accanto alla sua macchina mentre aspettava Alena, un coraggio che non aveva mai avuto. Sei ridicola, si ammonì Laura. Ovvio che sapesse che era compagna di scuola di Alena, così come sape-va che sua zia era la direttrice della scuola, perché... ovviamente doveva aver preso informazioni. «No, il cinese non era in programma» confermò. Un sopracciglio scuro si arcuò critico. «Le lezioni private devono essere state una spesa extra per sua zia.» Davvero lei non gli piaceva, Laura ne era certa. «Le ho pagate io» lo informò, il tono freddo come il suo. «Alcune alunne avevano dei cavalli nelle stalle della scuola, io me ne occupavo. Loro potevano resta-re a letto un'ora in più e io guadagnavo il denaro suffi-ciente per pagarmi le lezioni di mandarino. Oh, e pri-ma che me lo chieda, ho anche risparmiato e mi sono comprata una vecchia bicicletta per andare alle stalle.» Contro il proprio volere, Vasilii ebbe un'immagine mentale di una versione molto più giovane di Laura Westcotte - coda di cavallo, viso senza trucco e deter-minata - che pedalava sulla vecchia bicicletta ogni mattina, anche col maltempo, per occuparsi di ciò che le alunne di famiglie altolocate erano troppo viziate per svolgere, prima di andare a scuola. Anche suo pa-dre aveva sempre insistito che lavorasse per guada-gnarsi qualcosa da ragazzo, e anche Alena, pur protet-ta e coccolata com'era stata, aveva i suoi compiti.

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Non era abituato a pensare agli altri emotivamente, e tantomeno facendo un collegamento mentale tra la loro situazione e se stesso. Perché mai fosse accaduto, proprio non ne aveva idea, ma sapeva per certo che non sarebbe più successo. «Vorrei che leggesse a voce alta questi appunti, tra-ducendoli in mandarino» le disse accantonando con decisione la sgradita immagine di lei ragazzina. Velocemente Laura diede un'occhiata al primo pa-ragrafo dei dati tecnici. Con l'esperienza che aveva nelle trattative ad alto livello non aveva difficoltà a fa-re quanto Vasilii le aveva richiesto, quindi non c'era motivo che le mani le tremassero e subito dopo anche il corpo, né che il colore si accendesse e defluisse dal viso... a parte il fatto che Vasilii, nel porgerle i fogli, le aveva sfiorato la mano. Ma era ridicolo! Un contat-to involontario con Vasilii non poteva suscitarle una reazione del genere. Trasse un profondo respiro e cominciò a tradurre. Era in gamba, fu costretto ad ammettere Vasilii mentre seguiva la traduzione di Laura. Il suo assisten-te precedente avrebbe impiegato più tempo, nonostan-te l'esperienza. «E ora vorrebbe tradurre in russo?» Laura annuì. Di nuovo la traduzione era perfetta. Non che Vasilii si fosse aspettato qualcosa di diverso. «Bene, abbiamo stabilito che la sua abilità di tradut-trice è... adeguata, ma immagino che sia al corrente che nei negoziati con i cinesi serve ben altro che una buona conoscenza del mandarino.» «Sì, naturalmente» convenne Laura. «Anche se par-lano un'altra lingua, i dirigenti d'industria cinesi e i personaggi di alto lignaggio si servono di interpreti e

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assistenti perché è una prerogativa del loro status. È una pratica per condurre gli affari. Poiché lei parla sia il mandarino sia il russo, immagino che sia per rispet-tare questa consuetudine che ha deciso di negoziare tramite un interprete.» «Esatto» replicò Vasilii, e poi la fissò negli occhi, lo sguardo impenetrabile. Istintivamente Laura percepì che il silenzio che se-guì era studiato per innervosirla. Sarebbe stato molto più semplice per lei se quella pericolosa infatuazione adolescenziale non interferisse nelle sue emozioni. La sola presenza era sufficiente a minare la sua sicurezza. Quando il silenzio si prolungò al punto da essere in-sopportabile, Vasilii fece scoppiare la bomba che pro-veniva da una direzione che lei non si sarebbe aspetta-ta. «So che si è licenziata dal precedente impiego... senza avere un'altra prospettiva di lavoro. Perché? È un grosso rischio nel momento attuale.»

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