HS45 ATTRAZIONE NATURALE

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Attrazione naturale Natalie Anderson

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Attrazione naturaleNatalie Anderson

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Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Hot Boss, Boardroom Mistress To Love, Honour and Disobey

Harlequin Mills & Boon Modern Romance Heat © 2009 Natalie Anderson © 2010 Natalie Anderson

Traduzione di Lucia Panelli Traduzione di Alda Barbi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Collezione Sensual

settembre 2010

Questo volume è stato impresso nell'agosto 2010 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

HARMONY COLLEZIONE SENSUAL

ISSN 1970 - 0377 Periodico mensile n. 45 del 16/9/2010

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 619 del 09/10/2006

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI)

Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A.

Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Giochi di coppia

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Safari di passione

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Giochi di coppia

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Amanda impiegò qualche secondo per cercare con gli occhi la targa metallica dentro l'abitacolo sulla quale erano indicati luogo e data di costruzione del velivolo. Sembrava tutto a posto: l'aereo era stato costruito da un'azienda specializzata e forse non sarebbe precipita-to con lei sopra. Soltanto allora iniziò ad avanzare. Non era mai salita a bordo di un aereo senza prima compiere quel breve rituale. Rassicurato il suo lato scaramantico, si affrettò ad abbassare lo sguardo, onde evitare le occhiate di rim-provero degli assistenti di volo che, con gesti mecca-nici, la invitarono a dirigersi verso il suo posto. Sape-va che erano irritati, ne aveva sentito lo sbuffare sec-cato attraverso l'interfono. Incamminandosi lungo il corridoio avvertì le stesse occhiate di fuoco dei pas-seggeri, innervositi per avere dovuto aspettare per ben venti minuti. Un lasso di tempo sicuramente breve se considerato all'interno del grande schema delle cose, ma a quanto pareva un'eternità per quei passeggeri. Ne sentiva il borbottio irato. Pazienza. Sollevò il viso in un gesto di sfida e cercò di ignorarli. Si era trattato di un'emergenza, troppe persone facevano affidamento su di lei. Grazie a Dio,

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Kathryn, la sua vecchia compagna di università, era riuscita a convincere il personale di terra a posticipare il decollo di qualche minuto mentre lei sfrecciava lun-go il corridoio. Un secondo dopo e quel portellone sa-rebbe stato chiuso. E se non avesse preso quell'ultimo volo, il giorno dopo forse non sarebbe arrivata ad Au-ckland in orario per la riunione. Il rischio di nebbia nelle prime ore del mattino era estremamente elevato. Così aveva guidato da Ashburton a Christchurch in tempo record e poi Kathryn aveva compiuto il miraco-lo. Senza degnare di uno sguardo l'uomo seduto accan-to al finestrino, spinse la borsa con il laptop sotto il sedile di fronte a lei. Lo avrebbe tirato fuori subito dopo il decollo per mettersi a lavorare. Il volo sarebbe durato poco più di un'ora, ma ogni minuto era prezio-so. La presentazione doveva essere perfetta; l'agenzia aveva bisogno di quell'incarico per restare a galla e lei aveva bisogno di tenersi l'impiego. I soldi erano im-portanti e quella era proprio una questione di vita o di morte. Allacciò la cintura di sicurezza; il velivolo aveva già iniziato a muoversi e gli assistenti di volo stavano illustrando le misure di sicurezza. Le conosceva così bene che avrebbe potuto sostituirsi a loro; in quegli ultimi due mesi aveva intrapreso quel viaggio decine di volte. Fu solo in quel momento che si accorse di essere seduta in business class. Erano anni che non viaggiava in quel settore esclusivo. Benedetta Kathryn. Ma quando l'aereo si fermò all'inizio della pista di decollo, l'ansia si impadronì di lei. Appoggiò la testa allo schienale, chiuse gli occhi e si concentrò sulle statistiche e su come gli aerei riuscissero a volare...

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Non funzionò. Iniziò a sudare freddo. Tentò di pensare alla presentazione. Impossibile. Al nonno. Altrettanto impossibile. Il cuore le batteva in gola, le toglieva l'aria, la sof-focava. E sudava più di quando aveva cercato di batte-re ogni record di velocità nel tratto città-aeroporto. Non poteva avere un attacco di panico proprio adesso e provocare ulteriore disagio agli altri passeggeri. Ma il cuore le batteva sempre più forte. Pensa solo a respirare. I bronchi si contrassero, opponendo resistenza. I motori ruggirono. Il sangue cominciò una corsa frene-tica, assordandola più del rumore dei motori. Avvolse le dita intorno ai braccioli, aggrappandosi. Strinse gli occhi e si concentrò sul rilassamento muscolare. Era l'unico modo per cercare di restare in sé. Non era pro-prio il momento di svenire. O di gridare. Respirare. Inspirare ed espirare... «Chi, se non Amanda, poteva essere così egoista e irresponsabile da fare ritardare addirittura la partenza di un volo aereo?» Amanda aprì gli occhi di scatto e girò la testa. Quella voce era penetrata attraverso il frastuono con la stessa incisività con cui un diamante avrebbe taglia-to un vetro e aveva soffocato ogni rumore. Occhi più scuri della notte, adornati da lunghe ci-glia nere, la fissarono. Il naso presentava una lieve gobba a testimonianza di una vecchia frattura, gli zi-gomi erano alti, la fronte ampia. Le labbra erano piene ma su di esse non c'era traccia di sorriso. Non per lei. Era un volto che conosceva meglio del proprio, seppure non lo vedesse da anni.

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«Ciao, Jared.» Sentì a malapena il boato del motore quando l'aereo si staccò da terra. La testa schiacciata contro lo schie-nale, non riusciva a distogliere lo sguardo da quel vol-to freddo e ironico. «Saranno passati almeno dieci anni» affermò Jared con voce strascicata. «Avrei detto che le cose sarebbe-ro cambiate, ma a quanto pare mi sbagliavo.» Gli anni erano nove. Nove anni e sette mesi. «Alcune cose cambiano, altre no.» Amanda lanciò un'occhiata all'abbigliamento dell'uomo. Jeans. Jared portava sempre i jeans, a scuola, nel tempo libero, quando tagliava l'erba del prato, quando impilava sca-toloni, quando lavava le auto... Sotto il sole cocente dell'estate e nelle gelide matti-ne d'inverno, Jared indossava i jeans. Che sapesse quanto gli stessero bene? Ma nell'osservare le cuciture si accorse che adesso erano diversi. Quelli erano jeans di marca, non erano lisi e consunti sulle cosce, bucati sulle ginocchia e con l'orlo sfrangiato. Posò lo sguardo sul maglione di lana nero: cachemire, ne era sicura. Sì, alcune cose cambiavano. L'aereo continuò la sua scalata al cielo e lei nem-meno se ne accorse. Jared James. Tra tutte le persone che avrebbe potu-to incontrare doveva imbattersi proprio in lui. Il rivo-letto di sudore freddo le scivolò lungo la schiena men-tre il cuore galoppava come impazzito. Be', la giornata era stata terribile, perché avrebbe dovuto migliorare nelle ultime ore? Si guardò intorno, speranzosa. Do-veva esserci un posto libero. Ma non vide altro che spalle e gambe che sporgevano ovunque. «Passeresti alla classe economica solo per evitar-

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mi?» mormorò Jared. «Commovente.» Lei allungò ancora di più il collo, cercando di scor-gere anche i sedili accanto al finestrino oltre a quelli lungo il corridoio. Doveva esserci un posto libero. Se avesse dovuto restare seduta accanto a lui, avrebbe ri-schiato di perdere il controllo delle proprie azioni. «Pensi ancora e sempre solo a te stessa?» Jared ag-grottò la fronte. «Guarda come è impegnata.» E indicò l'hostess che spingeva il carrello con le bevande. «Vuoi davvero irritarla un'altra volta?» Imbarazzo e rabbia si impadronirono di Amanda. Il risentimento che Jared risvegliava in lei era stato tenu-to sotto controllo per nove anni e sette mesi e adesso stava per esplodere. C'erano cose che non potevano essere dimenticate. Ma lui si sbagliava; le cose potevano cambiare e cambiavano. Come la sua sconcertante cotta per lui. Due anni di preparazione e lui aveva distrutto tutto in una sola notte. A causa sua, lei aveva dovuto lasciare la città in cui era cresciuta. A causa sua, il meraviglioso rapporto che lei aveva con il nonno si era incrinato. A causa sua, aveva dovuto trascorrere gli ultimi anni di scuola nella solitudine e nell'isolamento. E da allora non era mai tornata a casa senza pensare a lui, senza vedere la sua ombra sul terreno, senza sentire il suo passo sul sentiero. E ogni volta non riu-sciva a fare a meno di chiedersi dove fosse andato e che cosa avesse fatto. Ma subito dopo scacciava quei pensieri inquietanti. Non voleva sapere; non voleva pensare a lui. Perché gli aveva voluto bene. E Jared aveva lascia-to una piega nel suo cuore che lei non riusciva ad ap-pianare, per quanto ci provasse, per quanto non faces-

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se che ripetersi che non sentiva più nulla per lui. Che errore; una ragazzina che aveva visto un eroe dove c'era solo un ragazzo senza cuore. E il comportamento di quest'ultimo si era rivelato una punizione ben peg-giore di quanto la sua stupidità le avesse lasciato im-maginare. Perché era stata così sciocca da credere di essere innamorata di Jared? Poi girò la testa e capì il perché. Nessuna ingenua sedicenne avrebbe potuto resistere a quel volto sedu-cente, a quella carnagione scura, a quegli occhi neri e pericolosamente scintillanti, a quei capelli folti e cor-vini che avevano sempre avuto quell'aspetto lieve-mente arruffato. Mistero, ribellione, un pizzico di sog-gezione: lui era troppo intrigante, troppo enigmatico per non solleticare la sua curiosità. A ciò si aggiunge-va un corpo tonico modellato da ore di duro lavoro fisico. E poi c'era l'atteggiamento. Nessuno era come Jared James. E lei, come ogni altra donna della città, non era ri-masta immune. Ma era stata la più sciocca. «Amanda la Principessa, colei che comanda e di-spone.» La risata di Jared le diede sui nervi. Il vecchio soprannome riusciva ancora a ferirla. Sa-peva come la chiamavano. Lo aveva sentito bisbiglia-re quando passava. Ma nessuno glielo aveva mai detto in faccia, solo Jared. E più di una volta. Gli occhi di lui la canzonavano, la bocca la deride-va. Ma non c'era traccia di un divertito affetto. Aman-da sollevò il mento di scatto. Esisteva un solo modo per affrontare la situazione. Ricorrere a una distaccata cortesia. Modi e comportamento distinguevano una signora, giusto? E i modi non erano qualcosa di cui Jared tendeva a preoccuparsi, per lo meno non con lei.

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Non che potesse biasimarlo. C'era stato un tempo in cui con lui si comportava da vera maleducata, preten-dendo che lui eseguisse i suoi ordini all'interno della proprietà del nonno. Era il sistema utilizzato da una ragazzina viziata per attirare l'attenzione di un uomo, ma non aveva funzionato. Per lo meno, non nel modo che lei aveva sperato. Così aveva escogitato un piano ancora più stupido, basato sulle voci che giravano in città secondo le quali lui era un amante pericoloso ed esigente. Un amante che tutte desideravano. Nella sua ingenuità, Amanda aveva pensato che se gli avesse offerto se stessa avrebbe ottenuto quel genere di at-tenzione che tanto desiderava da lui. Che stupida. La reazione di Jared le era costata gli anni migliori della sua giovinezza e per questo non lo avrebbe mai perdonato. Ma ora non voleva le sue attenzioni. Si sarebbe li-mitata a un educato scambio di battute per poi immer-gersi nel lavoro. Non poteva provocare altro trambu-sto su quel volo e, comunque, non c'erano posti liberi. Abbassò lo sguardo, prese fiato e poi tornò a rivol-gersi a lui sfoderando un sorriso smagliante. O almeno ci provò. «Allora, Jared, come stai?» Lui aggrottò la fronte. «Indaffarato.» Ma certo. Jared era sempre stato indaffarato. Le ore lasciate libere dalla scuola le occupava lavorando per guadagnare il denaro che il padre, sempre troppo u-briaco, non era in grado di procurare. «Sei andato a trovare dei vecchi amici?» Lo sguardo dell'uomo divenne ancora più cupo. «Per me questo era solo uno scalo. Dieci minuti per caricare dei passeggeri provenienti da Christchurch. Ma, a causa tua, i dieci minuti sono diventati venti. Arrivo da Queenstown.»

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Lei ignorò la frecciatina. «Sei andato a sciare?» «Già.» «Che bello.» Ma Jared in jeans e con i capelli spruzzati di neve non era un'immagine che voleva vi-sualizzare. Era così dannatamente bello e così perico-losamente vicino. E a un tratto capì che una donna di venticinque anni non era meno immune al suo fascino di quanto lo fosse stata una sedicenne. Cercò di respirare a fondo, di sopprimere quel pen-siero inquietante e di ritrovare la sua fredda ira. Aveva già chiacchierato abbastanza. L'aereo ora era in quota e lei non se n'era nemmeno accorta; certo lo shock di trovarsi seduta accanto alla sua prima cotta giovanile era stato traumatizzante. Lui aveva infranto i suoi so-gni e le sue fantasie e aveva cambiato il corso della sua vita. Ma quelli erano dettagli che non gli avrebbe mai rivelato. Cercando di mascherare l'agitazione, si piegò in avanti e recuperò la borsa con il computer. Era ora di rifugiarsi dietro uno schermo e di concen-trarsi, anche se sarebbe stata un'impresa ardua se non impossibile. La sua mente era continuamente attraver-sata da ricordi che aveva cercato di seppellire anni prima. E a un tratto l'umiliazione subita riprese a bruciare. Avrebbe voluto svanire nel nulla. Invece, con movi-menti lenti e studiati, sollevò lo schermo del portatile, decisa a restare fredda e distaccata e a mantenere la propria dignità. Non era più un'ingenua sedicenne. «E tu, Amanda, sei stata molto impegnata?» le do-mandò Jared dopo avere bevuto un sorso di caffè of-fertogli dall'assistente di volo. Oh, e così aveva imparato l'arte della conversazio-ne? «Sì, molto.»

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Amanda udì uno strano suono, una via di mezzo tra uno sbuffo e una risata. Dovette guardarlo, solo per assicurarsi che non stesse soffocando. Si trovò davanti un'espressione di tale incredulità da restare a bocca aperta. «Tesoro, tu non sai nemmeno che cosa voglia dire essere impegnati.» Il tono di Jared era indifferente ma gli occhi erano duri, come se volessero trafiggerla da parte a parte. «Jared» replicò Amanda con voce suadente ma de-cisa. «Tu non mi conosci più.» Lui non aveva idea di che cosa fosse accaduto alla sua vita. Forse, un tempo, lei era stata la ragazzina vi-ziata, sciocca e insopportabile che Jared pensava an-cora che fosse. Ma era cresciuta e aveva imparato ad assumersi le proprie responsabilità. «Ne so abbastanza di te.» Lo sguardo penetrante la inchiodò alla poltrona. Lui non poteva vedere molto, ragionò Amanda mentre cominciava a sentire sempre più caldo. Non sotto il cappotto di lana marrone. Non più nuovo, era sufficientemente classico da poter essere ancora in-dossato e nascondeva la gonna e la camicetta che era-no state di gran moda diversi anni prima. Ma nonostante il pesante cappotto e le calze opache che le coprivano le gambe, Amanda aveva la sensa-zione che lo sguardo di Jared le stesse strappando ogni singolo indumento, fino a lasciarla nuda. Era quel qualcosa di sessuale e animale che c'era in lui; quel qualcosa che aveva scoperto quando tanti anni prima lui aveva risvegliato la donna che era in lei. E ancora adesso, mentre osservava le folte ciglia abbassate su un suo braccio, il sangue iniziò a ribollire e a un tratto provò il desiderio di trasformare la scin-

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tilla che si era accesa in lei in una fiamma, solo per vedere che cosa sarebbe successo. Perché quell'emo-zione provata anni prima era diventata la misura per tutto il resto. Ma poi ricordò quanto accaduto dopo il loro burra-scoso incontro. Jared James era cattivo, era maleducato, era irasci-bile e non andava bene per lei. Lui le prese la mano. Amanda cercò di sottrarla, ma dita di acciaio si chiusero intorno al suo polso e lei smise di opporre resistenza. Subito la stretta si am-morbidì, ma Jared non la lasciò andare, anzi, le tirò il braccio verso di sé, fino a poterle osservare la mano. Amanda aveva il cuore in gola. La pelle che bru-ciava dove lui aveva posato le dita. «Dubito che queste belle mani abbiano mai lavora-to sul serio.» Le girò la mano e con il dito indice le disegnò dei cerchi sul palmo. La solleticò e Amanda avrebbe voluto liberarsi ma allo stesso tempo... allo stesso tempo... una parte di lei iniziò a... Volerlo. Lui continuò a stuzzicarla. Un brivido la fece fremere. Un sorriso gli addolcì il viso. Quel genere di sorriso che non le aveva mai dedicato, quel sorriso che la ten-tava e la rendeva nervosa. Oh, no. Non poteva permettergli di trattarla così. Non poteva correre il rischio di... «Mani come queste sono fatte per donare piacere.» Due dita le accarezzarono il palmo e poi lui sollevò la testa e la guardò dritta negli occhi. «Non è vero, A-manda?»

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