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A Las Vegas la maggiore attrazione dell'ultima fiera Consumer Electronic Show 2014 è stata la cosiddetta “Internet delle cose”. Col termine Internet of Things (IoT) si indica l’evoluzione di Internet, da rete di comunicazione per le persone, a rete che connette gli “oggetti intelligenti” (smart objects) i sensori che popolano gli ambienti che ci circondano, dalla casa, alla città, al territorio, fino a comprendere l’intero pianeta. Si stima che per ogni persona sul pianeta ci saranno a disposizione circa 1.000 “oggetti” tra quelli personali e privati (vestiti, portafogli, arredamento, …) e quelli pubblici (prodotti nei negozi, cartelloni stradali, panchine, …). Grazie alle nanotecnologie, i calcolatori e i dispositivi di comunicazione radio diventano piccolissimi e molto economici al punto da poter essere immersi (embedded) in tutti i tipi di oggetti, che quindi diventano “intelligenti”. Internet infatti evolve dal Web verso tre grandi direttrici. La prima direttrice è quella del Web 2.0 (il Social Web) che coinvolge ormai la grande maggioranza dei navigatori: Facebook, Linkedin e Twitter sono già entrati di prepotenza nella finanza industriale del pianeta. Le altre due direttrici sono il Web Semantico e il Web Ubiquo o Pervasivo (IoT). Questi due ultimi obiettivi stanno maturando in questi anni e domineranno il mercato nei prossimi 10-20 anni. L’accademia e l’industria si stanno preparando a recepire le prossime ondate tecnologiche di Internet per coglierne i grandi benefici che si prospettano. I settori più avanzati sono quelli relativi al risparmio energetico, a tutti i livelli: smart home (casa), smart buildings (edifici), smart cities (città), smart grid (reti di distribuzione dell’energia), smart planet (pianeta), sono le parole chiave per indicare l’uso dei sensori per abbattere l’emissione di CO2 e consentire lo sviluppo sostenibile del nostro pianeta. Inoltre, altri settori emergenti sono quello dell’e-health (monitoraggio della salute e del benessere), dei trasporti intelligenti (controllo del traffico veicolare, della mobilità, dei parcheggi, dei trasporti), della logistica (magazzini, stoccaggio) e del controllo dell’ambiente (monitoraggio della qualità dell’aria, delle alluvioni, dei terremoti). L’IoT cambierà radicalmente la vita delle persone. Con l’Internet di oggi esistono due piani di vita: quello del mondo reale e quello del ciberspazio. Se non si è connessi a Internet tramite pc/smartphone/tablet i due mondi sono staccati e indipendenti. Con l’IoT, ciberspazio e mondo reale si integrano in modo pervasivo in un solo mondo composto da realtà e virtualità. E questo comporterà radicali cambiamenti alla nostra vita, certamente con grandi benefici per lo sviluppo della nostra società, ma anche con grandi problemi per quanto riguarda la sicurezza e la privacy delle persone.

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A Las Vegas la maggiore attrazione dell'ultima fiera Consumer Electronic Show 2014 è stata la cosiddetta “Internet delle cose”. Col termine Internet of Things (IoT) si indica l’evoluzione di Internet, da rete di comunicazione per le persone, a rete che connette gli “oggetti intelligenti” (smart objects) i sensori che popolano gli ambienti che ci circondano, dalla casa, alla città, al territorio, fino a comprendere l’intero pianeta. Si stima che per ogni persona sul pianeta ci saranno a disposizione circa 1.000 “oggetti” tra quelli personali e privati (vestiti, portafogli, arredamento, …) e quelli pubblici (prodotti nei negozi, cartelloni stradali, panchine, …). Grazie alle nanotecnologie, i calcolatori e i dispositivi di comunicazione radio diventano piccolissimi e molto economici al punto da poter essere immersi (embedded) in tutti i tipi di oggetti, che quindi diventano “intelligenti”.

Internet infatti evolve dal Web verso tre grandi direttrici. La prima direttrice è quella del Web 2.0 (il Social Web) che coinvolge ormai la grande maggioranza dei navigatori: Facebook, Linkedin e Twitter sono già entrati di prepotenza nella finanza industriale del pianeta. Le altre due direttrici sono il Web Semantico e il Web Ubiquo o Pervasivo (IoT). Questi due ultimi obiettivi stanno maturando in questi anni e domineranno il mercato nei prossimi 10-20 anni. L’accademia e l’industria si stanno preparando a recepire le prossime ondate tecnologiche di Internet per coglierne i grandi benefici che si prospettano.

I settori più avanzati sono quelli relativi al risparmio energetico, a tutti i livelli: smart home (casa), smart buildings (edifici), smart cities (città), smart grid (reti di distribuzione dell’energia), smart planet (pianeta), sono le parole chiave per indicare l’uso dei sensori per abbattere l’emissione di CO2 e consentire lo sviluppo sostenibile del nostro pianeta. Inoltre, altri settori emergenti sono quello dell’e-health (monitoraggio della salute e del benessere), dei trasporti intelligenti (controllo del traffico veicolare, della mobilità, dei parcheggi, dei trasporti), della logistica (magazzini, stoccaggio) e del controllo dell’ambiente (monitoraggio della qualità dell’aria, delle alluvioni, dei terremoti).

L’IoT cambierà radicalmente la vita delle persone. Con l’Internet di oggi esistono due piani di vita: quello del mondo reale e quello del ciberspazio. Se non si è connessi a Internet tramite pc/smartphone/tablet i due mondi sono staccati e indipendenti. Con l’IoT, ciberspazio e mondo reale si integrano in modo pervasivo in un solo mondo composto da realtà e virtualità. E questo comporterà radicali cambiamenti alla nostra vita, certamente con grandi benefici per lo sviluppo della nostra società, ma anche con grandi problemi per quanto riguarda la sicurezza e la privacy delle persone.

L’Internet del futuro si dispiega secondo quattro quadranti. I due in basso, Il Web e il Social Web, sono paradigmi già realizzati (un miliardo e mezzo di navigatori, su un totale di due miliardi e mezzo, sono iscritti a Social Networks), mentre i due quadranti in alto, il Web Semantico e il Web Ubiquo rappresentano le onde tecnologiche del futuro. L’internet delle cose (Internet of Things) è sinonimo di Web Ubiquo, detto anche Web Pervasivo. L’onda dell’internet delle cose è già in arrivo come annunciato a gran voce al CES, Consumer Electronic Show, la fiera di Las Vegas a inizio 2014. Cisco prevede che nel 2020 l’economia della Internet of Everything raggiungerà la straordinaria dimensione di 19.000 miliardi di dollari, tra fatturato diretto proveniente dai vari settori applicativi e risparmi ottenuti, in particolare in efficienza energetica.

La banda di accesso a Internet su reti fisse e reti mobili aumenta nel tempo in modo esponenziale, di un fattore 1.000 all’incirca ogni 10 anni. Gli anni indicati sono quelli della prima introduzione sul mercato mondiale delle varie tecnologie (in Italia siamo perfettamente in linea col mobile, mentre si riscontra un ritardo di oltre 5 anni sul fisso!). Per la rete fissa il diagramma in alto mostra il progresso dalla rete in rame (con un massimo di 100 Megabit/s per la tecnologia VDSL2 utilizzata nelle reti Fiber To The Cabinet con vectoring) a quella in fibra ottica (le reti ottiche passive, PON, vanno da pochi Gigabit/s fino a ben 1.000 Gigabit/s!). Per la rete mobile si va invece dai 10 Kilobit/s del sistema GSM fino ai 100 Megabit/s dell’odierno sistema LTE, per arrivare ai Gigabit/s dei sistemi di 5a generazione (LTE-Advanced) e di 6a generazione (LTE-Beyond). La banda aggregata dell’accesso su rete fissa risulta sempre circa 100 volte più grande di quella disponibile nelle celle radio dei sistemi radiomobili. Inoltre, la banda di accesso fissa è condivisa soltanto tra i dispositivi presenti nella casa o negli uffici, mentre quella mobile si ripartisce tra tutti i dispositivi attivi in una cella radio di grandi dimensioni.

Lo scenario dell’Internet del futuro è caratterizzato da una vera e propria esplosione delle tecnologie ICT che non solo si dispiegano in modo pervasivo sugli oggetti intelligenti (smart objects), ma richiedono anche una straordinaria quantità di tecnologie centralizzate nel Cloud (la “nuvola”) per consentire l’erogazione delle applicazioni e il controllo dei dispositivi. Gli esseri umani e le loro attività lavorative si svolgono in un mondo reale pieno di sensori che trova una sua completa virtualizzazione (mirror world) all’interno dei grandi data center distribuiti sul pianeta. L’Internet delle cose quindi non solo riempie il mondo reale di reti di sensori dedicati alla meccanizzazione delle attività umane, ma richiede anche che il controllo di queste reti sia centralizzato per creare un “clone” del mondo reale suscettibile di analisi dei dati (Big Data) e decisioni in tempo reale. I dispositivi mobili, tipicamente gli smartphone, giocano un ruolo cruciale di intermediazione (pivot) tra le persone, il mondo reale degli oggetti intelligenti e quello virtuale costruito tra le “nuvole distribuite” della tecnologia ICT di controllo.

Gli oggetti intelligenti si diffondono in primo luogo tra le cose da indossare e quelle che sono presenti nella casa e nelle automobili. Gli oggetti intelligenti sono controllati dalle persone tramite i loro dispositivi mobili, tipicamente gli smartphone con le tecnologie radio Bluetooth e WiFi. Sono qui mostrati alcuni sensori da indossare - dal braccialetto per la misurazione del benessere (Fitbit), ai Google Glass, alle lenti a contatto intelligenti per il controllo del diabete, agli orologi intelligenti (smart gear) - e alcuni oggetti per la domotica: il termostato intelligente Nest Lab, la centralina SmartThings per il controllo della casa, e l’applet di controllo della casa di Sensorsuite con le indicazioni su temperatura, umidità, stato di apertura/chiusura delle porte, movimento, …

Lo smartphone agisce da pivot tra la persona e l’ambiente circostante ove sono diffusi i sensori intelligenti. Nella slide il visitatore entra nella piazza del Municipio a Lugano e usufruisce della “realtà aumentata” tramite smartphone: si informa sui Bar Caffè disponibili nella piazza. Il dispositivo mobile interroga il Cloud che ha in memoria la virtualizzazione di quell’ambiente (il mondo specchio) e risponde elencando tre Caffè. La sessione continua quando il visitatore chiede di visionare i menù, comprese le prestazioni opzionali e promozionali (coupon, ticket), nonché di effettuare una passeggiata virtuale tridimensionale nei tre Caffè proposti per rendersi conto degli ambienti e dello stato di riempimento dei locali. Il dispositivo mobile accede al Cloud, ricorda cosa è successo in passato e conosce i gusti del visitatore: gli ricorda, ad esempio, che è già stato al Bar Vanini l’anno scorso e che il cappuccino non gli era piaciuto, mentre al Caffè Federale servono il suo favorito cappuccino Illy.... Infine il visitatore decide di andare al Caffè Federale e chiede al suo dispositivo di attivare il metodo di pagamento per prossimità tramite i coupon che colleziona appunto da Illy. Lo scenario illustrato mostra le fantastiche prestazioni che saranno consentite dall’Internet delle cose ai consumatori. La disponibilità di un enorme quantità di tecnologia nel Cloud distribuito per il supporto alle decisioni prese da miliardi di individui in tempo reale abilita il paradigma della cosiddetta “collective intelligence”, l’intelligenza collettiva.

L’informazione digitale si accumula sul pianeta con un tasso di crescita del 40% nei prossimi dieci anni. L’informazione digitale è quella che si memorizza all’interno dei dispositivi di calcolo e comunicazione personale (PC, smartphone, tablet) e nei dispositivi informatici centralizzati (server, web server, memorie di massa). Viene misurata in “byte”, un gruppo di 8 bit. Una foto digitale è composta da milioni di byte (MegaByte), un film in HD da miliardi di byte (GigaByte), mentre il quantitativo di informazione immagazzinata da una media impresa è dell'ordine di centinaia di TeraByte (un Tera = mille Giga). Nel 2010 IDC ha condotto uno studio per valutare la quantità di informazione presente nel pianeta e per stimare il suo valore nel 2020. Nel 2009 IDC stima un totale planetario di circa un ZettaByte (un miliardo di TeraByte): a partire dal 2010 l’umanità entra quindi nell’Era dello ZettaByte (uno ZettaByte uguale a 1021 byte). Nel 2020 si arriva a circa 35 ZettaByte. Recentemente questa cifra è stata aggiornata da IDC in oltre 40 ZettaByte.

Il termine Big Data si rivolge alla straordinaria e crescente importanza dei dati digitali, non soltanto con riferimento all’aumento quantitativo dei dati in termini di byte accumulati nelle memorie digitali a semiconduttore, magnetiche e ottiche. C’è infatti il bisogno di analizzare enormi quantitativi di dati in tempo reale (data analysis, business intelligence), dati che possono essere distribuiti in data center geograficamente diversificati. Inoltre i dati stessi possono essere di varia natura: in genere vengono classificati come dati “strutturati” e “non-strutturati”. Un dato è strutturato quando risiede in uno specifico campo di una stringa di dati (record, file) e dipende dalla preventiva creazione di un “modello dei dati”, e cioè del loro formato, delle modalità con cui è il dato è scritto, elaborato e letto nella memoria. I dati strutturati possono essere identificati ed analizzati con grande velocità. Big Data si riferisce quindi alla capacità di eseguire in tempo reale transazioni, interazioni e osservazioni sull’enorme mole di dati che si accumula sempre più vertiginosamente tramite i dispositivi connessi in rete.

Il Cloud Computing si riferisce alla capacità di elaborare le informazioni tramite server e memorie poste in siti geograficamente distribuiti e accessibili via Internet da parte dei terminali degli utenti. Il paradigma del Cloud (nuvola) risale agli albori di Internet e trova la sua prima grande realizzazione nei server web accessibili tramite protocollo ipertestuale, ed in particolare con i motori di ricerca (Yahoo!, Google, …). La seconda realizzazione del paradigma è quella accaduta nel mondo dei consumatori tramite gli smartphone e gli applet store. Tutti i contenuti utili ai consumatori per motivi di intrattenimento (musica, foto, video, applet, telefonia, documenti, …) sono oggi accessibili via Cloud. Circa cinque anni fa esplose l’interesse del Cloud Computing per le applicazioni di business e quelle della Pubblica Amministrazione. Nasce quindi il concetto di Cloud Pubblico (aperto a tutte le imprese) e Cloud Privato (in uso da parte una singola grande impresa, tipicamente una grande banca, con consociate e filiali). Vengono poi classificati i vari tipi di servizi: Infrastructure Services (hardware: memorie, terminali, router, reti, …), Platform Services (middleware: interoperabilità, sicurezza, strumenti di sviluppo, …); Software Services (applicazioni e servizi); fino ad includere la fornitura di Business Processes, e cioè di servizi professionali (call center, supply chain, human resources, CRM, ERP, …).

L’Internet delle cose (Internet of Things, IoT) è composta da migliaia di miliardi di sensori e attuatori immersi negli oggetti che ci circondano, in tutti gli oggetti del pianeta (Internet of Everything). Si parla di circa 1.000 oggetti intelligenti per persona e nell’Internet delle cose persone e oggetti sono in comunicazione tra loro attraverso la Rete. Il menù delle applicazioni che si generano è praticamente illimitato. Si va dalle applicazioni per la casa e le città (domotica, smart building e smart cities), a quelle per il risparmio di energia (smart meter, smart grid), per il controllo degli impianti industriali e delle grandi infrastrutture, per la sanità e i benessere. Le applicazioni più visibili e affascinanti sono quelle relative ai sensori personali e da indossare, nonché quelle fruibili con i dispositivi mobili, dai pagamenti di prossimità alla realtà aumentata e virtuale. Grandi benefici sono attesi per il monitoraggio e il controllo dell’ambiente e del cibo, per la logistica e lo stoccaggio delle merci, nonché per il controllo del traffico veicolare e della mobilità. Nel 2009 il premier cinese Wen Jiabao ha dedicato la città di Wuxi all’IoT e ha coniato l’equazione:

Internet + Internet delle cose = saggezza della terra.

La fiera CES (Consumer Electronic Show) di Las Vegas all’inizio del 2014 ha avuto come grande protagonista l’Internet of Things (IoT). Cisco ha coniato l’espressione Internet of Everything e ha riportato i risultati di uno studio sull’impatto dell’IoT sull’economia del mondo fino al 2020. 19 mila miliardi di dollari (14,4 nel settore privato e 4,6 in quello pubblico) è la cifra stimata da Cisco, composta sia da nuovi ricavi direttamente generati dalle applicazioni IoT, sia da nuovi risparmi ottenibili in termini di efficienza, in particolare energetica. Nel 1984, all’alba di Internet, c’erano 1.000 personal computer connessi, nel 2015 i dispositivi mobili personali (telefonini, smartphone e tablet) saranno più del totale della popolazione del mondo. Nel 2020 ci saranno circa 50 miliardi di oggetti intelligenti (smart objects) connessi alla rete.

La diffusione degli oggetti intelligenti connessi in rete segue un percorso evolutivo marcato da tre tipi di acronimi, a volte presi come sinonimi, ma con significato piuttosto diversificato. All’inizio si parla di “machine-to-machine, M2M”. Macchine che parlano solo con macchine, sono sensori che permettono automazione e controllo remoti: le applicazioni sono in genere sviluppate separatamente e c’è grande spazio per le SIM (le carte dei telefonini) che a partire dal 2015 saranno non più fisicamente separate, ma saranno “embedded”, e cioè realizzate nell’hardware e/o nel software dei dispositivi. Si passa quindi allo scenario propriamente detto Internet of Things (IoT), ove cluster di sensori permettono attraverso Internet la realizzazione di applicazioni integrate, e vengono abilitate sia la condivisione dei dati, sia la comunicazione tra macchine e persone. L’ultimo stadio di sviluppo viene decantato come, Web of Things (WoT), altri lo chiamano Internet with Things (IwT) o Internet of Everything (IoE). In questo stadio si realizza nel Cloud la virtualizzazione del mondo reale in un mondo specchio (mirror world), si abilita la piena apertura e condivisione dei dati, e ci si inoltra nell’ulteriore onda tecnologica di Internet, quella del Web Semantico

Gli scienziati stanno tuttora dibattendo i modelli da adottare nell’Internet delle cose, sia per la rappresentazione virtuale degli oggetti del mondo reale, sia per l’identificazione dei vari oggetti, le “cose”. Ogni oggetto reale ha una sua rappresentazione virtuale nel Cloud, il suo “clone”, che è essenziale per la vita futura dell’oggetto. Ogni azione o evento sull’oggetto reale si deve riflettere sul clone, e viceversa. Il clone serve per generare una duplicazione, per effettuare una sincronizzazione delle sue caratteristiche, per creare un oggetto più evoluto, ecc. Senza clone l’oggetto reale è “morto”. Cosa sono gli oggetti intelligenti? Oltre alle cose “dure (hard)” (scarpe, occhiali, chiavi, lampadine, panchine, ecc.), le “cose” da identificare possono anche essere “morbide (soft)”. La slide mostra un elenco di “file digitali”, una pagina web, un widget, una fattura, la registrazione di una telefonata, ecc. Le cose soft sono molto più numerose di quelle hard. Sul mio PC ci sono oggi presenti circa 500.000 diversi file. Quindi, quando si parla di mille smart object per persona, ci riferisce inconsciamente solo alle cose dure. Quando si includono anche le cose soft si arriva a milioni di cose per persona! Ebbene tutte le cose vanno identificate al fine di indirizzarle in modo assolutamente univoco. Gli oggetti intelligenti si differenziano poi in due categorie. Gli oggetti “personali”, a differenza di quelli “pubblici”, sono associati rigidamente all’identità dell’utilizzatore, del loro “padrone”. Quindi ogni persona ha potere di programmazione e controllo sui propri oggetti personali.

L’Internet delle cose è basata su grappoli di sensori/attuatori che realizzano quelle che gli ingegneri chiamano le reti di sensori, WSN, wireless sensor networks. Ciascun cluster è composto da un numero di sensori limitato, diciamo al massimo 1.000 – 10.000 sensori. Per comunicare i sensori usano le radiocomunicazioni. Oggi sono in discussione vari standard radio per le WSN operanti su bande senza licenza, tra cui i principali sono quattro:

Low Energy Bluetooth, LEBT, una variante di Bluetooth a basso consumo, opera a 2,4 Giga Hertz, funziona fino a 10 metri e porta una capacità di banda di 1 Mbit/s; è compatibile con il Bluetooth dei telefonini;

DASH7, deriva dallo standard degli RFID, le etichette intelligenti, opera a 434 Mega Hertz, funziona fino a 250 metri e porta una capacità di 100 Kbit/s;

Low Power WiFi, LPWiFi, una variante di WiFi a basso consumo (più elevato di LEBT e DASH7), opera a 2,4 Giga Hertz, funziona fino a 25 metri e porta da 1 a 50 Mbit/s di capacità; è compatibile col WiFi dei telefonini;

ZigBee, è lo standard nato appositamente per le reti di sensori, ha un consumo paragonabile a LPWiFi, opera a 2,4 Giga Hertz, funziona fino a 75 metri e porta una capacità di 250-500 Kbit/s.

Dopo un iniziale popolarità dell’uso di ZigBee, l’attenzione si sta focalizzando sugli altri tre standard, in particolare sui due a basso consumo, DASH7, per la domotica e l’automazione di fabbrica, e BTLE, per sfruttare la compatibilità con i telefonini.

Il Forum IPSO, IP for Smart Objects, ha già emesso alcuni standard per le WSN basati su ZigBee e noti con l’acronimo 6LoWPAN (IPv6 over Low power Wireless Personal Area Networks). IPSO adotta il protocollo IP versione 6 adattato al cluster di sensori e specifica il protocollo di routing fino al Gateway (Edge Router) del cluster verso Internet. Il protocollo di routing si chiama RPL “Ripple” Protocol (IPv6 Routing Protocol for Low-Power and Lossy Networks). IPSO emette standard per le seguenti applicazioni dell’Internet delle cose:

Automazione della casa

Automazione degli edifici

Automazione degli impianti industriali

Ambiente urbano

Lo scenario delle applicazioni pervasive dell’Internet delle cose si articola su un’architettura a due sezioni:

quella periferica comprende il cluster di sensori, la WSN, mentre la sezione posta nel Cloud comprende

sia la piattaforma applicativa IoT, sia i server applicativi e le memorie dei dati. Gli standard di

programmazione sono quelli dei Web Services adattati al mondo dei sensori. REST (REpresentational State

Transfer) è lo stile di programmazione più adottato, una semplificazione di SOA (Service Oriented

Architecture), mentre il protocollo applicativo è CoAP (Constrained Application Protocol). La

virtualizzazione degli oggetti insieme alla disponibilità di varie API (Application Programming Interface)

trova attuazione sia a livello di Gateway che di piattaforma.

L’utente entra in prossimità del cluster e può scambiare informazioni con lo smartphone, sia direttamente

con il Gateway tramite WiFi o Bluetooth, sia con il Cloud tramite i sistemi cellulari.

Aldilà delle applicazioni specifiche che si realizzano, i dati personali raccolti dal cluster di sensori durante

la visita dell’utente vengono immagazzinati nelle memorie del Cloud, a disposizione per future analisi e

business intelligence.

Lo spettro delle applicazioni dell’Internet delle cose è molto esteso. Il grafico di Beecham Research mostra nove settori principali (manca esplicitamente l’ambiente): gli edifici, l’energia, la casa e il consumatore, la sanità e le scienze della vita, l’industria, i trasporti, il commercio a dettaglio, la sicurezza e la tecnologia ICT. Per ciascun settore vengono indicati i campi di applicazione, i posizionamenti (locations) delle applicazione e i dispositivi utilizzati. Per esempio, per il settore sicurezza i campi applicativi comprendono la sorveglianza, gli apparati, il tracciamento, l’infrastruttura pubblica e i servizi di emergenza. Per il tracciamento, ad esempio, i posizionamenti comprendono le persone, gli animali, i pacchi postali, il cibo, i bagagli, le medicine, ecc. I dispositivi per il tracciamento comprendono invece le etichette di identificazione poste sia sugli oggetti e persone, sia all’interno di cibo e persone.

Cisco ha condotto uno studio sui benefici ottenibili tramite le applicazioni dell’Internet delle cose nei vari settori industriali con proiezione al 2020: 19 mila miliardi di dollari (14,4 nel settore privato e 4,6 in quello pubblico) è la cifra stimata, composta sia da nuovi ricavi generati dalle applicazioni IoT, sia da nuovi risparmi ottenibili. Sull’asse delle ascisse viene riportata la dimensione del settore industriale (in evidenza: servizi informatici, pubblica amministrazione, commercio, educazione, assistenza sanitaria, gestione aziendale, finanza e assicurazioni, commercio all’ingrosso, servizi professionali e manifattura) in miliardi di dollari di valore aggiunto, mentre sull’asse delle ordinate si indica il grado dell’impatto dell’IoT sul settore specifico in termini di percentuale del valore in gioco (value at stake comprende sia nuovi ricavi che nuovi risparmi generati da IoT), rispetto alla dimensione globale del settore. Le sfere hanno una dimensione proporzionale al valore in gioco. I valori in gioco più elevati sono quelli dei settori: manifatturiero, finanza e assicurazioni, commercio al dettaglio, servizi informatici, assistenza sanitaria. Seguono poi pubblica amministrazione, educazione, servizi professionali e commercio all’ingrosso.

A dicembre 2013 l’Università di Jyvaskyla in Finlandia ha pubblicato un rapporto sullo stato dell’arte

(Status-of-the-Art) delle proiezioni al 2020 sui ricavi attesi dall’introduzione di “dispositivi connessi” in

rete secondo la prassi seguita nel GSMA. I ricavi sono stimati per le etichette intelligenti (RFID, Radio

Frequency IDentification) ed i dispositivi connessi (connected devices, che includono dispositivi M2M, PC,

telefonini e tablet). Il rapporto cita la stima GSMA di circa 24 miliardi tra RFID e dispositivi connessi al

2020: molto meno dei 50 miliardi previsti da Cisco. Per gli RFID, il mercato si quadruplica in dieci anni fino

a circa 22 miliardi di dollari, una cifra modesta rispetto al complesso. Per i dispositivi connessi, vengono

fornite stime al 2020 per alcuni settori verticali con ricavi complessivi di circa 3.500 miliardi di dollari, in

aumento rispetto ai circa 1.000 miliardi del 2010 al tasso medio di crescita annuo CAGR del 13%. Nei

ricavi sono inclusi: i dispositivi, i servizi di rete, le applicazioni orizzontali di sistema e le applicazioni a

valore aggiunto. I settori esaminati sono: elettronica di consumo, assistenza sanitaria, veicoli e trasporti,

utilities, dispositivi M2M connessi e connected life (pc, telefonini e tablet connessi). Assistenza sanitaria,

veicoli e trasporti mostrano le crescite più forti (fino al 50%) mentre tutti i settori, tranne l’elettronica di

consumo, crescono con tassi annui a due cifre.

L’ITU-T è l’International Telecommunication Union di Ginevra e sponsorizza da molti anni l’iniziativa IoT – GSI, IoT - Global Standards Initiative, per la promozione degli standard internazionali sull’Internet of Things. La tumultuosa crescita dello sviluppo di dispositivi e applicazioni dell’IoT richiede infatti il confronto tra le numerose organizzazioni internazionali coinvolte già da tempo nello sviluppo degli standard relativi agli svariati aspetti dell’IoT. Gli sforzi dell’iniziativa si sono concentrati sui principali aspetti relativi all’identificazione, alle reti di sensori, alle comunicazioni orientate alle macchine, fino a comprendere il Web of Things, i Web Services e il Web Semantico. Gli standard favoriscono lo sviluppo di sistemi aperti e interoperabili: solo questi sistemi garantiscono l’apertura della tecnologia alla pluralità della concorrenza e allo stimolo all’innovazione. La complessità dei sistemi di calcolo e comunicazione richiede enormi sforzi per armonizzare le varie tecnologie presenti sul mercato e per garantire gli adeguati livelli di apertura, sicurezza, privacy, interoperabilità e concorrenza.

Il lato più oscuro dell’Internet of Things è quello della sicurezza e della privacy. Con l’Internet di oggi esistono due piani di vita: quello del mondo reale e quello del ciberspazio. Se non si è connessi a Internet tramite pc/smartphone/tablet i due mondi sono staccati e indipendenti. Con l’IoT, ciberspazio e mondo reale si integrano in modo pervasivo in un solo mondo composto da realtà e virtualità. E questo comporterà radicali cambiamenti alla nostra vita, certamente con grandi benefici per lo sviluppo della nostra società, ma anche con grandi problemi per quanto riguarda la sicurezza e la privacy delle persone. Il 16 gennaio 2014, Proofpoint, un Internet Service Provider statunitense, ha diffuso la notizia di un cyber-attacco di spam e phishing effettuato tramite inondazione di 700.000 e-mail lanciate da appositi programmi malware per le cose (“Thingbots”) riposti dagli hacker in oggetti intelligenti, tra cui frigoriferi e televisori. Le etichette intelligenti, gli RFID (Radio Frequency Identification), si diffondono in tutti gli oggetti personali: indumenti, borse, valigette, portafogli, occhiali, chiavi, libri, ecc. Gli RFID possono essere crittografati per evitare la lettura di dati riservati da parte di chiunque abbia un “lettore” radio di etichette RFID disponibile. Tuttavia, mentre la cifratura evita la lettura del contenuto dell’etichetta, non si può evitare l’identificazione, tramite il codice binario che contrassegna l’etichetta, della persona che la porta con se, e si consente quindi il tracciamento dei suoi spostamenti.

Il Politecnico di Milano gestisce tramite la School of Management una filiera di Osservatori focalizzati sui

vari aspetti delle Tecnologie ICT e del Management. Un Osservatorio è specificatamente dedicato a

monitorare lo sviluppo delle applicazioni e del mercato dell’Internet delle cose in Italia. Il grafico illustra lo

stato di maturità dei vari settori applicativi, in termini di grado di maturità del settore e grado di aderenza

dell’applicazione al paradigma Internet of Things.

Per quanto riguarda il grado di maturità “consolidato”, propedeutico alla vera e propria diffusione sul

mercato, si rileva un’eccellenza italiana nel settore degli smart meters per l’energia elettrica, un discreto

sviluppo del settore smart car e un iniziale, promettente sviluppo nella gestione degli scenari per smart

home & building. Emergono poi dallo stadio sperimentale alcuni progetti di smart city e eHealth, mentre

permangono ancora in questo stadio gli sviluppi di smart home & building orientati al risparmio di energia

e alla sicurezza. Ancora allo stato embrionale sono, sia gli scenari di integrazione tra gestione energetica

efficiente della casa e degli edifici con la smart grid, sia gli scenari di smart car per la gestione del traffico

veicolare. Rimangono sullo sfondo le applicazioni più avanzate: per la fabbrica intelligente, per la smart

city & smart environment, nonché per la smart agricolture.