Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

download Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

of 52

Transcript of Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    1/52

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    2/52

    PREFAZIONE

    GLI ARTICOLI PRESENTI IN QUESTO VOLUME SONO TRATTI

    DAGLI INTERVENTI FATTI E SUL QUOTIDIANO LOCALE LA VOCE

    DI ROMAGNA NELLANNO 2009.

    COME NEL PRIMO E SECONDO VOLUME, PRESENTO UNA

    RACCOLTA DI RIFLESSIONI SU ARTISTI LOCALI E NON E SU TEMIGENERALI CHE HANNO A CHE FARE E CON LARTE E CON

    LARCHITETTURA, SOFFERMANDOMI SULLE ESPERIENZE

    ARTISTICHE CHE SONO AVVENUTE NELLANNO CITATO.

    HO CERCATO DI MANTENERE LA MIA CAPACITA DI

    OSSERVAZIONE LA PIU OGGETTIVA POSSIBILE E, SOPRATTUTTO,

    DANDO CORPO ALLE MIE RIFLESSIONI CON ARGOMENTI SOLIDI,EVITANDO QUELLE DESCRIZIONI PROSAICHE E POMPOSE CHE

    TANTO SANNO DI ARTIFICIOSIT FINE A SE STESSA, IN CUI

    SEMPRE DIFFICILE RICONOSCERE IL SOGGETTO DELLA SINTESI

    CRITICA.

    ANTONIO DAL MUTO

    [email protected]

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    3/52

    RIFLESSIONI

    CRITICHE

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    4/52

    Artisti e Argomenti

    MOSTRA SULLA SHOAH

    LUCIANO DE LIBERATO

    UNA RISPOSTA E UNA RIFLESSIONE

    SUL FUMETTO

    ILARIO FIORAVANTI

    DOMENICO GRENCI

    ARCHITETTURA CESENATE

    IL SASSOFERRATO E STEFANIA RUSSO

    ALDO BORGONZONI

    NIVES GUAZZARINI

    CONTEMPLAZIONI

    ESTETICA

    PREMIO MALATESTA NOVELLO EDIZ.2009

    ARTE IRREGOLARE

    MOSTRA A CASTEL SISMONDO, RIMINI

    PIAZZA DEL POPOLO, CESENA

    EMILIO TADINI

    NUOVO SPAZIO ESPOSITIVO DI ALBERTO COSENTINO

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    5/52

    MOSTRA SULLA SHOAH

    E stata inaugurata il giorno 17 la mostra di pittura sul dramma dellOlocausto,

    presso la Sala Rubicone ex magazzini del sale - del Comune di Cervia .

    Lesposizione stata voluta dallamministrazione comunale e dallAssociazione

    Culturale Il Menocchio, per commemorare con il Giorno della Memoria, 27

    gennaio, il ricordo di quellimmane tragedia che sconvolse lEuropa, tragedia nota

    come lOlocausto. Non mi dilungher sullaspetto storico che lascio a chi ha

    maggiori e pi toccanti argomenti di me; mi soffermer, invece, sullaspetto

    tematico dal punto di vista pittorico-compositivo che questa esposizione offre al

    visitatore.

    Lartista, Antonio Dal Muto, si posto davanti alla tragedia storica con intenzione

    puramente culturale, sapendo gi prima di iniziare che non avrebbe raggiunto

    alcun obiettivo egoico, ponendosi davanti alla domanda: Come si pu rendere

    pittoricamente la morte, il senso di abbandono e di totale scoramento da parte di

    unumanit che ha intuito come nulla e nessuno potr trarl a fuori dallinferno dei

    lager?. La risposta scivolata dietro lo scorrere del pennello, ascoltando il grido

    di disperazione che le immagini fotografiche dellepoca ancora riescono a

    infondere. Ne uscito un omaggio, un ricordo e una riflessione dedicata a tutta

    lumanit coinvolta in questo dramma. Ed lumanit che emerge dalle immagini

    di Dal Muto, immagini spente, grigie, volti senza il bagliore della spe ranza:

    espressioni di morte tra le pieghe di volti censurati nelle loro dignit perduta e gli

    sguardi dei protagonisti. Il cammino di lettura inizia con un quadro che mostra

    individui messi in fila come pecore, spinte dentro il recinto spinato di un lager, per

    poi proseguire con lopera Lultimo sguardo, lo sguardo di chi, per lultima volta,

    vede i suoi cari, la sua casa, la sua citt allontanarsi per sempre dalla sua storia

    personale. E uno sguardo, sgomento, attonito, perso nel vuoto di chi intuisce un

    risvolto violento, ma non ne ha ancora la piena consapevolezza. Lo sguardo siposa, poi, e si ferma davanti alle icone del dramma: Io cero Non

    dimenticatemi La Madre dei Lager sono il titolo di tre ritratti di unumanit

    persa per sempre nellanonimato; volti tratti da foto depoca. Tutta lopera un

    tributo a chi non ha pi volto, non ha tomba, non ha un passato poich inghiottiti

    per sempre dalla storia. Come gli incavi dei sepolcri ipogei cristiani che hanno

    conservato lorma di un defunto di cui si perso il ricordo. Maternit senza

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    6/52

    speranza e la Piet, iconograficamente cristiana, sono altre opere dedicate a

    chi, varcata la soglia del lager, ha sperimentato il totale abbandono e impotenza,

    esprimendo con intima violenza istintiva il grido del perche?, domanda che

    ancor oggi risuona, ma che ancora oggi stenta a trovare una risposta condivisa,

    globale. Il rosso, il grigio, il nero e il bianco vergato da righe nere, sono i colori cheavvolgono le composizioni umane dell iconografia del dramma. Immagini di

    morte. Dal Muto, nella risposta cromatica alla domanda iniziale si chiesto,

    inoltre, fin dove fosse possibile spingersi, senza scadere nellasprezza delle

    immagini, mantenendo incolume la dignit della persona, anzi: restituendo alla

    persona la dignit persa nel dramma del sacrificio, di un sacrificio ancora

    sconosciuto nella sua essenza e motivazione spirituale per essere tributato

    semplicemente e soltanto alla pura violenza. La risposta venuta attraverso la

    ricerca di uno stile compositivo che nulla compartecipasse alla tentazione

    espressionista: dignit e ricordo immersi nello sforzo di un ambiente impregnato

    dal senso della morte, ma anche della vita a cui le opere invitano, si sforzano di

    invitare losservatore a riflettere a cosa pu portare la sopraffazione dellindividuo

    sul proprio simile. LOlocausto, un dramma, una lezione e un monito nei confronti

    di tutti a comprendere come dietro larroganza ideologica e gli atteggiamenti

    contemporanei possano sussistere i semi di drammi futuri. La mostra supera la

    storia denunciando la violenza delluomo contro luomo per inseguire un sogno, o

    un incubo, ideologico. Ma vien da pensare come povera deve essere quella

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    7/52

    societ, quel consorzio umano che ancora oggi ha bisogno di tali insegnamenti e

    moniti. Stranamente una iniziativa artistica che ha trovato il totale disinteresse

    delle comunit italiane di religione ebraica. La mostra rimarr aperta ore

    1600/1900 - fino al 1 febbraio.

    23 GENNAIO 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    8/52

    SU LUCIANO DE LIBERATO

    Il giorno 8 febbraio, presso la Galleria LImmagine , gestita dalla sig.ra Maria

    Grazia Melandri, stato possibile incontrare il Maestro, di fama internazionale,

    Luciano De Liberato e vedere una piccola antologia delle sue opere. Lincontro

    stato introdotto da una breve lettura - celebrativa dei cento anni della nascita del

    movimento Futurista di alcuni versi del poeta Palazzeschi, letti dalleclettico Enzo

    Vanarelli, che hanno messo in evidenza il passaggio di questo ottocentesco

    poeta dalla lunga fase romantica della sua poesia, fatta del culto delle piccole

    cose, ad una fase modernista della stessa, contaminata dai concetti futuristi e che

    ha fatto letteralmente impazzire Palazzeschi il quale abol il romantico incedere

    della sua dialettica poetica per esprimersi e in stringati e asciutti slogan quanto in

    suoni onomatopeici, evidenziando quella stessa dinamica espressiva

    rintracciabile, poi, nella pittura da Boccioni, Balla e Depero. Ma nulla a che vedere

    con De Liberato a meno di una lettura storico-evolutiva del segno nellarte.

    E Linfinito viaggio del segno

    il tema conduttore della mostra.

    Evidenti sono le ricerche che il

    maestro chietino ha affrontato

    sin dai suoi esordi. Nonostante la

    sua preparazione accademica,

    intesa nel suo pi nobile aspetto,

    De Liberato rimasto da subito

    affascinato dal segno e dalle sue

    potenziali espressivit. Sin

    dallopera Sudario del 1975,

    passando per Nero del 1979 si

    comprende come la tematica

    affrontata poco aveva a che fare

    con la pittura cos come la

    intendiamo, ma piuttosto si rifaceva, e per certi versi persiste su questo concetto,

    alla scrittura grafica e alla composizione secondo concetti di designer. Licata ne

    un esempio, come lillustre concittadino Giorgio Villa, che avendo da subito, dalla

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    9/52

    fine degli anni 60 del novecento, affrontato lespressione creativa come prodotto

    di una elaborazione grafica risultante dalla progettazione e dagli equilibri tra vuoti

    e pieni, secondo i dettami costruttivi del designer, raggiunse risultati

    sovrapponibili a quelli dellattuale De Liberato. E questo risulta inevitabile.

    Quando si intraprende la strada della scomposizione spaziale espressa attraversogeometrie, i risultati possono essere raffrontabili e rapportabili tra diversi artisti

    connotati dagli stessi linguaggi, anche se i contenuti sono e saranno diversi. De

    Liberato attraversa quindi diversi approcci di ricerca, sviluppando quel segno che

    diventer il suo linguaggio personale, un marchio di identificazione, sin dagli anni

    80: il colore modulato su onde parallele, strisce armoniche che si affiancano o si

    intrecciano. Saranno gli anni 90 a testimoniare la piena maturit del segno

    attraverso le matasse, grovigli cromatici che molto ricordano lAction Painting di

    Pollock. E a proposito occorre sottolineare per onest intellettuale che se Pollock

    ricava, negli anni 60 del novecento, le sue matasse, distribuite su tutta la

    superficie, e anche oltre, affidandosi alla casualit e fermandosi nel momento del

    raggiunto equilibrio tra i vuoti e i pieni, De Liberato fa il percorso inverso: progetta

    e costruisce lapparente caos. Cosicch, la casualit risultante solo apparente;

    frutto, in realt, di una rigorosa progettazione. Vedi Calappio o Cio lamore

    del 1994. Dal 96 in poi emerge cos, in ma niera definitiva e inconfondibile il

    linguaggio del maestro, enfatizzato dal contrasto cromatico di colori che spesso

    indugiano sui fondamentali; Teatro del 99, ed esposto in galleria per la prima

    volta, la pietra miliare del suo linguaggio, della sua scrittura modulare fatta di

    scomposizioni della gamma visiva in unit fondamentali. In questo vedo, seppure

    in minima misura, una parentela genetica del linguaggio con lo Schifano della

    visione o della televisione. Concettualmente, sappiamo come questo apparato

    ricevente si esprima per righe oltre che per punti. E questa lontana parentela

    espressiva porter De Liberato un caso o una inevitabile scelta derivata

    dallanalisi di stessi comparti sociali? allelaborazione delle opere denominate

    Chips. I chip sono componenti dellelettronica e De Liberato li usa, usa il loro

    habitat naturale, lo schema elettrico, per ridistribuire il suo spazio mediante unracconto fatto di contrapposte armonie geometriche, vedi Circuito interrotto 3

    del 2008. Un discorso a parte meritano le ricerche ultime espresse dalle opere

    denominate Mappe e presenti nella mostra: a parer mio, rappresentano non

    una evoluzione del linguaggio dellartista, quanto piuttosto una ricerca parallela

    che, sinceramente, non so fino a dove arriver, poich il linguaggio ultimo che

    conosciamo espressamente favorevole agli angoli e alle intersezioni

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    10/52

    prevalentemente angolari. Ma un artista ha diritto di sperimentare ed ampliare il

    proprio linguaggio; vedremo di cosa parler il maestro nel prossimo futuro.

    La mostra rimarr aperta fino all8 marzo.

    27 febbraio 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    11/52

    Una risposta-riflessione dedicata a ci che ha scritto Daniele

    Mario Marani, Presidente della locale sezione di Italia Nostra, il

    giorno 3 marzo.

    Non posso che condividere lanalisi di Marani e per questo intervengo nel merito,

    anche perch su temi importanti, il pi delle volte, manca il dibattito e il silenzio

    che ne segue fa cadere il tema nel dimenticatoio. Considero losservazione

    introdotta dallamara ironia che, a dirla tutta, contemporaneamente mette in

    evidenza come i barbari e i Barberini di antica memoria ancora operano

    allegramente, svolgendo il loro compito istituzionale che si pu solo definire

    storicoclasta, ossia distruttori della storia o della memoria storica se preferite.

    Lesempio delledificio che sostituir il vecchio ex essiccatoio in via Canonico

    Lugaresi mander in frantumi un angolo di grande prestigio storico locale,

    sottraendolo alla vista e alla memoria dei cittadini, figl i di quella storia. E la

    domanda che si pone Marani del perch non si debbano concepire installazioni

    museali mi trova concorde, poich fa emergere quanto sia approssimativo

    lintervento dellamministrazione in questi casi. Infatti, premettendo lo scrivente

    che non fautore della totale paralisi edilizia in citt o a ridosso della stessa, non

    si comprende perch certi interventi non vengono e non possono essererimodulati allinterno di un progetto in grado di valorizzare il reperto archeologico,

    inserendolo in un percorso che far senzaltro un gran bene al turismo. Invece si

    preferisce la pesante soluzione che ancora una volta comunica a tutti che la storia

    passata e i suoi reperti sono un gran fastidio e che vanno tolti di mezzo.

    Possibilmente di notte o il 15 agosto. Questa non crescita culturale, ma un

    retrocedere verso metodi distruttivi in tempo di pace; un andare controsenso

    rispetto agli interventi che si fanno per valorizzare la memoria storica di questa

    citt. Anche Sarsina, che della sua origine romana ne ha fatto un vanto con Plauto

    e con la festa in costume romano testimonianza fresca di questa contraddizione:

    in Via 4 Novembre uno scavo per costruire un edificio riport alla luce ambienti

    altomedievali e romani, tant che emersero un paio di ambienti domestici con

    significative tracce di pavimento a mosaico bianco e nero. Cosa avrebbe potuto

    sperare di pi Sarsina per enfatizzare le sue origini cos tanto declamate, proprio a

    ridosso della piazza? La risposta sta nella recente colata di cemento delle

    fondamenta delledificio in costruzione! Rimodulare il progetto avrebbe voluto

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    12/52

    dire una costruzione sopraelevata di quel tanto da rendere visibile sotto il nuovo

    lantico, illuminato da faretti e reso disponibile al turista. Ma si scelta l a

    soluzione pi facile e quella congeniale alla stragrande maggioranza degli italiani;

    lautolesionismo e la barbarie culturale. Il tutto, per, sempre e immancabilmente

    sapientemente giustificato da motivazioni bizantinesche di cui, noi, popoloabituato da secoli allindividualismo e alla sopravvivenza fatta di escamotage e di

    furbizie, ne siamo diventati ottimi maestri oratori. A questo punto mi chiedo e

    chiedo: La Sovrintendenza ai Beni culturali e alla conservazione degli stessi serve

    solo per fare le foto e fare i rilievi?

    4 Marzo 2009

    PS

    Per onest va sottolineato che lamministrazione sarsinate ha poi operato affinch

    parte dei ritrovamenti rimanessero in bella vista allinterno delledificio di nuova

    costruzione, dove ora vengono organizzate mostre dArte.

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    13/52

    SUL FUMETTO

    Tutto fa brodo. Limportante raccontare, raccontare e raccontare. Poco

    significativo il fatto che tutto ci che si racconta non altro che frutto di una

    fantasia che va a braccetto con la degradazione culturale di una societ che non ha

    pi i mezzi per riconoscere che strada sta facendo; poco importa se i racconti sono

    frutto di mentalit lontane che hanno gli appigli di una simbologia ancestrale che

    non ci appartiene, come quella giapponese con tutte le sue anime e manga,

    capaci di far impazzire adolescenti eSseMmeoSi e chattosi e adulti intellettualoidi

    che, conoscendo poco o punto de prodotti nostrani, si riempiono la bocca di

    termini che fanno tendenza. Ma il peggio quando questi racconti sono

    accompagnati da immagini stiamo parlando del fumetto che hanno molto di

    isterico e di tendenzialmente patologico, relativamente alla sfera sessuale, e che

    poi ritroviamo nei concorsi nazionali sottoforma di tavole ove la fantasia non sa

    altro che ricamare falli e vagine sgocciolanti e cimiteri talmen te pieni che sfollano

    dalle tombe strapiene i de quius sotto forma di zombie. Ma questa la fantasia,

    questa la libert di espressione che totalmente coerente con la libert odierna

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    14/52

    di stuprare, applicare ad un barbone un incendio ludico o mettere s otto una

    giovane creatura perch si bevuto o ci si sballato un po troppo per

    semplificare il tutto con la formula dellincidente stradale e benedetta dallo Stato

    come tale. Siamo nella fase delle libert assolute che in una Italietta come la

    nostra assurgono a valori esistenziali intoccabili, strumenti politici di quellapolitica che del pelo che ha sullo stomaco ne fa uno scaldino. Cos nellarte, nella

    letteratura e nel fumetto. Sei in grado di reggere un pennello davanti ad una tela?

    Allora sei un grande artista e se hai i soldi sei ancora pi grande; sei in grado di

    scrivere? Allora sei un letterato da Campiello e se hai i soldi per pagare una casa

    editrice il premio tuo, ma anche se paghi per pubblicare un libello di versi sei un

    grande poeta; possiedi un po di dialettica fatta di atmosfere vibranti corde

    dellanima e di seducente sapore avanguardista beh, allora sei un critico darte.

    E nel campo del fumetto? La lotta amico si fa dura Non serve essere impegnati,

    occorre essere provocatori e possibilmente stranieri. E gi, noi italiani avendo

    smesso, di massima e con qualche eccezione, di esportare cultura sin dagli anni 50

    del 900, abbiamo ripreso il vezzo di autodemolirci per osannare lo straniero. Nel

    campo del fumetto quante sono le storie in mano ad autori italiani e quante in

    mano ai francesi, americani, argentini e soprattutto giapponesi? Almeno il 70 per

    cento straniero. Evviva lo straniero e chissenefrega dellitaliano. I vari autori

    nostrani affermati sono per lo pi anziani che hanno avuto modo di crescere farsi

    rispettare quando il settore era in costruzione, ora, i nuovi, sono fugaci apparizioni

    e portano la dentiera: non sono in grado di masticare pesante offrendo prodotti

    dai contenuti solidi e sostanziosi. Sono figli del computer. I vari Tappi sono merce

    in via di esaurimento e gli osannati Manara sono rimasti impantanati tra eleganti

    chiappe veneziane. Ha ragione Brullo quando afferma che nel fumetto italiano c

    poca avventura. Il motivo la mancanza di cultura; infatti senza cultura storica,

    senza cultura antropologica e sociale, senza cultura geografica non si pu essere

    dei novelli Verne, diventa impossibile inventare avventure. Non ci sono

    evidentemente sceneggiatori che sappiano concretizzare storie verosimili.

    Ma c un minuscolo settore nellambito del fumetto che spetta al Fumetto

    storico, ossia quel fumetto che racconta la storia partendo dalla Storia. Chi scrive

    autore della Storia a fumetti di Cesena, Rimini, Ravenna e Forl. Dalle Origini

    allUnit dItalia cinque volumi editi da Ponte Vecchio. Ebbene, questa poderosa

    opera ( pi di 1500 tavole disegnate) caduta nel dimenticatoio e non ha

    suscitato alcuna reazione di tipo culturale quando stata pubblicizzata; La Storia

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    15/52

    di Sarsina antica.

    Dalle origini allXI

    secolo terminata

    qualche mese fa, non

    ha trovato sponsor egli enti della cittadina

    omonima hanno

    pianto miseria.

    Concludo

    sottolineando come

    le generazioni della

    presente e d

    efficientissima

    societ amino

    leffimero e non

    sanno pi conoscere,

    o meglio, riconoscere,

    dove abita la cultura.

    Sono stato rifiutato

    dai responsabili

    dellultimo concorso

    per disegnatori di

    fumetto tenutosi a

    Ravenna: non hanno

    nemmeno accettato

    che potessi esporre, fuori concorso, alcune tavole di queste opere, perch non

    invitato. E pensare che la proposta la feci un paio di mesi prima che il concorso

    chiudesse. Allora: prendiamoci per i fondelli; lasciamo che altri prendano per i

    fondelli il prossimo; decantiamo leffimero ( almeno fosse di qualit grafica) e

    inebriamoci di stupidaggini ( non forse questa la societ dello sballo?) elasciamo, in ultimo che i letterati facciano i critici darte, di quelli che vedono

    ovunque capolavori. Nel frattempo ho iniziato un altro fumetto storico riguardo

    unaltra cittadina romagnola. Riuscir a trovare sponsor? Chissenefrega! Sono uno

    sconosciuto ammalato della cultura, , e non posso farci niente; ma il peggio che

    sono fuori da quegli ambienti che vogliono personuncole ossequiose e referenti,

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    16/52

    squallidi personaggi che per raschiare il successo si guardano bene dal dire quello

    che realmente pensano.

    13 marzo 2009

    PS

    La storia a fumetti

    della citt a cui

    accennavo (

    Castrocaro) non

    stat pubblicata

    perch

    lamministrazione ha

    pinato miseria (4500

    euro per la stampa e

    nessun compenso

    chiesto per aver

    disegnato 6 mesi);

    lEnte Terme

    castrocarese non si

    voluto impegnare e

    il Presidente degli

    albergatori mi ha

    risposto non mi

    interessa!

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    17/52

    SU ILARIO FIORAVANTI

    Immergere le mani nellumida pasta terrosa e plasmare lidea, che viene spinta

    fuori da lontane stanze, celate pieghe dellanimo, attorno ad una struttura

    ferruginosa, rappresenta per il Maestro Fioravanti un momento di intensa

    preghiera: lesternazione di un sentimento di profonda religiosit che ha

    altrettante profonde radici nella Madre Terra, in quella Madre raccontata dai riti

    arcaici di una cultura ingoiata dal raziocinio del tornaconto. Arcaicit e senso

    cristiano del riscatto; morte e rinascita; materia informe e sublimazione dellidea

    nellimmagine espressa. Questa la scultura di Ilario Fioravanti.

    Lottantatreenne artista-architetto appartiene ad una razza di sparuti creativi che

    fine a se stante; non condivide il globalizzante senso estetico proprio della

    scultura che si contenta del prodotto finito come il raggiungimento massimo dello

    sforzo creativo; dellesaltazione della tecnica e dellautoglorificazione del concetto

    espresso.

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    18/52

    Nulla di tutto questo. Ilario Fioravanti vede la sua scultura come un rosario che

    non finisce mai, una contemplazione del mistero espresso attraverso lumile terra,

    plasmata con la devozione dellorante: ogni opera una grano di rosario usato per

    soffermarsi, un solo istante, sul mistero, deux-ex-machina, che sovrasta, culla,

    nutre la totalit delluniverso. E a quellumile terra, la Madre di tutte le creature,utero terragno, il Maestro tributa il massimo rispetto. Per questo, il plasmare la

    massa informe di creta, cuocerla, dotarla di anima attraverso luso arcaico del

    colore, rappresentano un atto devozionale per Fioravanti, un atto che lascia le sue

    imperfezioni di creatura umana nelle crepe, nelle asimmetrie compositive, nelle

    impronte delle dita, i cui spessori digitali testimoniano le emozioni, motore della

    tensione creativa. Un artista a se stante. Nicchia di un concepire, la terra, la

    natura, il paesaggio alla stessa maniera delle religioni arcaiche dei padri fondatori

    della terra italica, dei popoli che osservavano con timore reverenziale la presenza

    del divino nello stormir delle foglie di boschi antichi, nel fragore delle acque di

    fiumi che ancora plasmavano le proprie valli: ogni forma naturale era il dono di in

    dio sconosciuto ma presente nella sua furia elementare. Sono ancora le Esperie,

    ancelle di Artemide-Diana, a danzar nelle selve? Egeria piange ancora il suo algido

    dolore per la morte dellamato Anco Marzio? Non lo sappiamo pi, sappiamo solo

    che il senso della deit o delle deit, con Cristo, ha assunto il suo pi alto e unico

    valore universale. E Fioravanti ha colto, questo valore, sin dai suoi esordi di artista-

    architetto, esprimendo al massimo il suo profondo rispetto per la natura, per

    quella terra che sar propria, intrinseca, alla sua devozione: le opere

    architettoniche di Fioravanti non hanno mai offeso le antiche sedi delle deit

    arcaiche; non hanno mai stravolto il profilo dei colli, ma silenziosamente si sono

    poste con profondo rispetto in quella culla uterina che il grembo della Madre

    Terra e ne hanno goduto dei suoi frutti. Come esempi o vale il Convento delle

    Cappuccine sulla collina antistante il cimitero cesenate. Linventiva che il Maestro

    ha, seppur brevemente, fatto, in occasione dellinaugurazione della sua mostra, il

    28 marzo, nei confronti di una generazione di architetti imbecilli tali perch

    straziano la terra con opere che sono fini a se stesse e che autocelebrano il potereeconomico dei committenti novelle torri altomedievali che con la loro altezza

    sottolineavano i successi economici dei loro padroni dimostra come il profondo

    rispetto per la Madre terra sia, in Fioravanti, da sempre presente, innato in

    unanima devozionalmente attenta ad un mistero a cui si pu solo essere grati; un

    rispetto continuamente lacerato, straziato, dagli esempi di urbanizzazione

    selvaggia, perch dei selvaggi. Per questo, opere come il Compianto, seppur

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    19/52

    testimonianza del massimo dolore, non manifestano la straziante sofferenza che

    colse il giovane DAnnunzio alla vista delopera di Niccol dellArca (XV secolo) a

    Bologna, espressa con queste parole: Intravidi nellombra non so che agitazione

    impetuosa di dolore. Piuttosto che intravedere, mi sembr esser percosso da un

    vento di dolore, da un nembo di sciagura, da uno schianto di passione selvaggia. ,ma, invece, esprimono, nonostante tutto, il silenzio di gratitudine contemplativa

    che nasce dal sacrificio di Dio per ri-donare alluomo il senso delle cose. Il senso

    della Vita e di se stessi. E di questa gratitudine-testimonianza, non pi ostacolata

    dalle resistenze giovanili, fatto il flusso creativo del Maestro Fioravanti, il cui

    incedere non rappresenta altro che quellunicuum che fa della sua opera, del suo

    porsi, una profonda genialit creativa. Ora c solo da augurarsi che la

    cittadinanza, attraverso la Municipalit, mostri compiutamente la sua

    riconoscenza verso il Maestro con il conferimento del premio Malatesta Novello,

    a cui associo anche la personalit del Prof. Romano Pieri che con i suoi studi ha

    dato spessore alla cultura cesenate, spesso distratta e assente, a livello

    internazionale.

    La mostra, Le stanze

    dellanima, curata

    dallassociazione Il Vicolo,

    visitabile presso il Palazzo

    del Ridotto di Cesena.

    30 marzo 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    20/52

    SU DOMENICO GRENCI

    Recentemente inaugurata presso la Galleria LImmagine di Cesena la mostra

    del giovane pittore Grenci, calabrese di nascita ma proiettato verso destinazioni

    che superano i confini nazionali. Le immagini esposte hanno come oggetto la testa

    femminile, in cui il concetto di ritratto viene superato, ponendo lattenzione alle

    posture piuttosto che alle somiglianze con eventuali soggetti reali. Volti di

    profilo, di trequarti, teste che mostrano la nuca, insomma un ribaltamento

    concettuale allapproccio con un soggetto che diventa analisi di studio pi che

    testimonianza storica dello stesso allinterno di un ambiente contestualizzato

    storicamente. Il ritratto, il volto, da sempre, stata ispirazione di generazioni di

    artisti che oltre agli sguardi finestre sullanima, come ebbe a dire Leonardo,tramandavano messaggi in chiave di lettura storica: un ritratto era anche una

    testimonianza storica del costume. Questo concetto morto per sempre, su scala

    generale, anche se alcuni esempi di minore impatto sulla storia dellarte

    continuano a produrre esempi degni della tradizione italiana del ritratto. Questa

    fedelt riproduttiva, che ha iniziato a perdere colpi con il Picasso cubista, con

    Modigliani fino a Liechtestein, in cui il ritratto fu, in ultima analisi, solo una

    distribuzione volumetrica su uno spazio in cui si giocavano elementi concettuali

    collegati a linguaggi dissacratori ma, al contempo, avanguardisti, ha fatto perdere iconnotati storici dellambiente collegato ai soggetti, facendo acquistare alle opere

    ben altre dimensioni. Lintroduzione di nuovi linguaggi espressi attraverso un

    modo nuovo di usare i colori e il pennello ha fatto perdere, nellosservatore, la

    possibilit di entrare nella psicologia dei soggetti ritratti e carpirne le loro anime.

    E, in pratica, terminato il tempo in cui il ritratto, nellarte contemporanea, veniva

    concepito come una carta didentit di un soggetto allinterno di un ego: ora,

    gli stessi sono amorfi e anonimi, sono contenitori vuoti che fanno cornice a volti

    senzanima o, se lhanno, perduta in luoghi irraggiungibili perch ignoti. E il caso

    di Grenci, che testimonia con la sua pittura pi che il senso estetico - in quanto la

    sua figurazione normale da punto di vista rappresentativo - testimonia il vuoto di

    unumanit che ha perso i suoi punti di riferimento. E il malessere che avvolge la

    societ che viene metabolizzato dallartista-alchimista e riversato sulla tela, la

    quale si macchia ma non si colora. Il colore in Grenci lassenza di colore. La sua

    monocromia, stemperata da scolature sono la parte viva della personalit

    anonima dei soggetti: modelle attonite e fatte di barbiturici, di quella marijuana

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    21/52

    contemporanea che priva lo sguardo della voglia di vivere. Ecco, il ritratto-postura

    di Grenci non pi la testimonianza del soggetto dentro il suo mondo, ma la

    testimonianza del mondo-societ in cui levento artistico avvenuto. Nellarte

    contemporanea, quindi, non avremo pi il ritratto romantico di tenebrosi soggetti

    alla Delacroix; non potremo pi parlare del ritratto psicologico di un Goya o di unGericault, ma nemmeno le strazianti figuri di un Bacon che vomitano la loro anima,

    anche se deformata dalla drammaticit, pur sempre anima riman e. Per non

    parlare di Antonello da

    Messina che con i suoi

    ritratti aveva anticipato di

    quattrocento anni

    lintroduzione della

    fotografia, quella del

    ritratto psicologico, quella

    fotografia che nei primi anni

    dellottocento restitu

    allutente quella sottigliezza

    indagatrice della personalit

    del soggetto che iniziava a

    mancare in certe esperienze

    pittoriche.

    Risulta chiaro, quindi, che

    dalla pittura

    contemporanea del ritratto non possibile ritrovare lo spessore della personalit

    dei soggetti, poich lo stesso non altro che la proiezione trasparente di uno

    spessore, tragico, drammatico o anche normale se vogliamo, che va ricercato al di

    fuori della tela. Paradossalmente si ripresenta la lezione di Fontana che taglia la

    tela, la lacera per cercare larte al di fuori della stessa: il taglio la porta di

    ingresso che apre allocchio indagatore il mondo esteriore in cui, poi, si incontrer

    il Ferrarotti della situazione che spiegher come lanima mundi non pi sulla

    tela dellartista ma oltre di essa, nei contenuti deleteri o meno dei mass media! La

    scelta di Grenci e qui ribadisco il concetto che la scelta di un materiale per una

    artista non mai solo razionale di usare il catrame per rappresentare i suoi

    soggetti la dice lunga sulla visione del mondo. I ritratti di Grenci sono ritratti del

    pessimismo che pervade la contemporaneit, in cui lunico ardire la truffa ai

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    22/52

    danni della collettivit, ridimensionata poi dai drammi cosmici: una chiave di

    lettura del mondo. Daltronde al catrame, al bitume non associata la strada su

    cui pisciano i cani? Su cui ci vomitano i frequentatori della notte? Su cui

    avvengono le stragi del sabato sera? La lista potrebbe essere lunga. Il catrame

    quindi come simbolo di una umanit che attonita guarda punti persi n el vuoto incerca di una personalit. I ritratti di Grenci sono associabili ai drammi di Ibsen, di

    personaggi in cerca di quegli autori che possano riempire i loro sguardi di un anima

    recitativa ma purch sia anima, ma anche di personaggi pirandelliani che stesi sul

    loro divano sognano ad occhi chiusi il treno che va. Il problema che la loro anima

    persa fuori dalla tela, nel mondo che divora. La mostra rimane aperta fino al 10

    maggio.

    8 Aprile 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    23/52

    SU ARCHITETTURA CESENATE

    La recente pubblicazione del libro di Davide Fabbri Cesena: il potere del

    cemento stato linput per una serie di riflessioni, accelerate dai lavori in

    corso che stanno interessando la citt di Cesena e quelli futuri presentati pi

    volte allopinione pubblica e, recentemente, ribaditi attraverso il periodico

    dellAmministrazione di Cesena Cesena Informa. Senza contare che, essendo in

    clima elettorale, le varie ricette presentate dai candidati sindaci, inducono

    ulteriormente a chiedersi: Dove andr la Cesena del terzo millennio?, ma

    soprattutto: Con che faccia?

    Analizzando gli interventi in corso (Piazza Amendola; Via Cesare Battisti) e quelli

    per il prossimo futuro, (Quartiere Malatesta Novello) salta agli occhi un dato

    incontroversibile: Cesena ha rotto con la sua tradizione ma non sa ancora dove

    andare! Tradizione, cosa la tradizione, in termini architettonici, quindi funzionali

    e quindi estetici? Una definizione o risposta, mi vien da dire, che la tradizione

    per una citt come Cesena sta nel volgere lo sguardo alle estetiche del passato,

    riproponendo, in termini attuali, elementi estetici che prolunghino le funzionalit

    da sempre presenti, a partire dal centro storico, per adeguarle, senza traumi, allefunzionalit attuali. Senza rotture evidenti con il passato come invece sta

    avvenendo. La pavimentazione del Centro Storico, motore funzionale, rompe con il

    passato in maniera bullesca, imponendo alle scenografie antiche soluzioni

    estetico-funzionali adattabili a centri che di storico hanno ben poco. Come Milano.

    Non conta pensare tanto ci si abitua, poich, in questottica, sarebbe inutile

    qualsiasi confronto e renderebbe inutile e dispendioso lo sforzo creativo. Il

    vantaggio di essere filologicamente coerenti con le realt storiche risiede

    nellidentit del luogo che si trasmette inevitabilmente ai residenti. Il rischio di

    sentirsi milanesi a Cesena sta diventando sempre pi forte: si sta compiendo una

    operazione culturale di dismissione delle peculiarit storiche locali ( Cesena Citt

    Malatestiana? Perch?) per sposare espressioni architettoniche estranee alla

    mentalit di una comunit che ama spesso rispolverare, inorgogliendosi, le

    proprie tradizioni e sbandierarle, giustamente, come un elemento di vanto. Ma

    forse qualcuno si accorto che questa epoca sta lentamente sacrificandosi alla

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    24/52

    globalizzazione espressiva e allesplosione del cemento che sta distruggendo

    tra laltro in una maniera da acuire le problematiche di traffico e di inquinamento

    esistenti senza accennare ad uno sforzo innovativo e concettuale da far supporre

    una inversione di tendenza alla usuale tendenza allespansionismo urbanistico. Il

    rapporto tra la Cesena-centro storico e la periferia-campagna perduto persempre, poich sembra che la campagna sia stata dismessa dalla politica locale,

    favorendo lintroduzione squilibrata tra offerta e domanda reale - di poli

    industriali nella prima periferia. Ma il vizio di guardare troppo lontano tipico

    vezzo italico: si sputa sulla minestra che mangiamo o se vogliamo lerba del vicino

    sempre pi verde. E cos che una citt come Reggio Emilia la conosco dagli

    anni 50 ha da tempo perso la propria emilianeit oltre che per un senso politico

    dellospitalit nei confronti degli extracomunitari assai dubbio, in ag giunta al fatto

    che un intero paese calabrese (Cutro) ci si trasferito, ormai connotata da una

    periferia caotica dal punto di vista estetico; poco funzionale per il fatto di essere

    stata concepita, in gran parte come dormitorio. Il centro ha perso, altrettanto, la

    sua funzione di socializzazione perch in mano ad etnie non integrate

    culturalmente. Ma al peggio non c mai fine: ultimamente, vezzo politico, lepiazze reggiane saranno allietate da poltroncine disegnate da un certo Tokujin

    Yosnova al quale viene permesso di aggiungere ad un emiliano stanco il lessico

    della globalizzazione: Calatrava il classico esempio di quella smania italiana

    vogliosa di monumentalit esterofila fine a se stessa. Reggio come esempio,

    ovviamente, da non imitare. La monumentalit, nella realt italiana cosa del

    passato; la stessa Roma ha vicoli che sembrano appartenere a paesotti. E poi,

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    25/52

    basta con i progetti edulcorati artificialmente dalla computer grafica come quelli

    sulla rivista dellamministrazione comunale. Nellimmagine computerizzata del

    quartiere Malatesta Novello non si vedono le ciminiere in acciaio inox che servono

    ad aspirare il monossido di carbonio dal tunnel della secante. Hanno un forte

    impatto ambientale tanto da, secondo il mio inutile parere, svilire il quartiereintero.

    In sostanza, ancora non sono riuscito a vedere a Cesena quelle sensibilit

    architettoniche, rispettose del passato e dellambiente come invece sono presenti,

    un altro esempio, nelle opere realizzate da Jan Kleihues ( Mostra di architettura

    nella chiesa sconsacrata dello Spirito Santo a Cesena) che si inserisce allinterno di

    una struttura seicentesca ( il castello sulla piazza di Shlossplatz a Berlino) con una

    moderna eleganza che non mortifica la priorit lestetica dellantica faccia ta e

    della corte interna. Ma questa roba dellaltro mondo.

    24 Aprile 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    26/52

    SUL GIOVAN BATTISTA SALVI, IL SASSOFERRATO

    E STEFANIA RUSSO

    Evviva lArte! Diamo a Cesare quel che di Cesare, anzi: diamo a Dio quel che di

    Dio, poich lArte quella con la A maiuscola - non che esternazione di uno

    stato spirituale, animico e non solo di tecnica mentalizzata, memorizzata, nelle

    botteghe darte. Sabato 16 scorso, Cesena stata al centro di inaugurazioni

    pittoriche di grande rilievo: la mostra in onore di Giovan Battista Salvi, detto il

    Sassoferrato (1609-1685) pensata dal professor Massimo Pulini con il sostegno

    dellamministrazione comunale (se ci sono stati sponsor non saprei dirlo perch

    non cerano cataloghi disponibili per la stampa e critici darte, ma solo per la

    vendita) e altre mostre tra le quali intendo soffermarmi, per i risvolti interessati

    che possono scaturire dal raffronto sul concerto di arte, solo a quella di grande

    qualit della pittrice bolognese Stefania Russo ( Sala Silvio Severini ENDAS C.so

    Mazzini). Dicevo evviva lArte non a caso, poich ancora una volta affidato al

    passato della storia della Pittura il

    compito di far conoscere cosa

    lArte: le armonie compositive, le

    capacit esecutive legate alla

    capacit di disegnare prima che di

    dipingere, le impostazioni

    volumetriche e gli equilibri cromaticisono gli ingredienti che nella nostra

    contemporaneit sono diventati

    perfetti sconosciuti. Per la

    stragrande maggioranza degli artisti.

    Per meglio comprenderci: alzi la

    mano chi non daccordo con me

    che se vogliamo ascoltare della

    buona musica, godibile anche per la

    sua fresca poesia, dobbiamo tornare

    agli anni 60 e 70. Burt Bacharach e

    Dionne Warwick, Paul Mac cartney, Lucio Battisti, De andr, Gaber il passato

    come custode della qualit. E grazie a queste mostre viene reso possibile,

    attraverso losservazione da parte dei frequentatori, affinare ed educare locchio

    alla pittura dlite di un opera. Non importa se proviene da ambiti storici e sociali

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    27/52

    lontanissimi, poich lArte ha il suo biglietto da visita per farsi conoscere:

    larmonia compositiva soprattutto. Lopera del Salvi stata paragonata,

    raffrontata e commisurata sulle lunghezze dei grandi che lo hanno preceduto e dei

    suoi contemporanei; si parlato, a proposito di influenze, di Raffaello (1483 -1520),

    del suo contemporaneo Domenichino (1581- 1641), di Annibale Carracci (1560-1609) dei bolognesi Francesco Albani (1578-1660) e Guido Reni ( 1575 1642) per

    arrivare addirittura al fiammingo Duerer (1471-1528), ma la lista potrebbe

    allungarsi per svelare solo una cosa: il Salvi stato il fedele esecutore della

    tradizione pittorica italiana nella pittura del suo tempo. Di Raffaello ha conservato

    leleganza posturale ma con un registro di luci che nulla avevano pi a che fare con

    il concetto del bello rinascimentale, idealizzato e messo, trionfalmente, al servizio

    della Chiesa; Il Salvi, cosa che non stata detta: ha incarnato della sua

    contemporaneit il modo di porsi davanti al divino, aggiungendo al registro

    raffaellesco parte della pregnanza caravaggiesca sulluso della luce. Siamo

    daccordo con chi afferma che in Salvi non c dramma, non c il dolore intuito del

    futuro sacrificio del Cristo, esiste per lo spessore della presenza della divinit,

    non pi idealizzata e allontanata dalla realt - che in Caravaggio diventa

    prepotentemente carnosa e umana essa, con Salvi, diventa una compagna di vita

    o, se vogliamo, del viaggio terreno delluomo. Forse sta proprio in questo aspetto

    il fatto che il papa cesenate Chiaramonti volle riprodurre una Madonna con

    Bambino, per farne un incisione, dando via a quella produzione di santini che

    ebbero nel Sassoferrato il punto di riferimento iconografico ideale. Arte del

    passato e Arte contemporanea, un raffronto che non potrebbe reggere se non si

    abbandona il concetto che diversi e lontani tra loro sono i canoni espressivi e i

    linguaggi pittorici, ma la qualit se c resta fedele a se stessa, poich si presenta

    sempre con il solito biglietto da visita: le armonie compositive.

    Stefania Russo, un passato di grafico pubblicitario e quindi di abile disegnatrice

    (finalmente!) si fa conoscere a Cesena con una retrospettiva che in grado di

    mostrare quale cammino ha percorso lartista per arrivare al suo lirismo attuale,

    fatto di figurazione mista a grafite e velature delicate di colori. Nonostante la suagiovane et ( e qui trovo la conferma che luso della parola esordie nte , come vo

    da sempre affermando, sia una grossa imbecillit voluta per salvaguardare le

    banalit dei presunti artisti affermati) la Russo ha gi raggiunto quel virtuosismo

    espressivo che raro a vedersi: colori che emergono da anonimi quanto nobili

    monocromatismi; velature e trasparenze compositive che non stonano se messe

    accanto ad un Morandi; sperimentazioni poetiche di qualche hanno addietro ma

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    28/52

    che hanno lasciato il posto ad una ricerca di linguaggio che sta rendendo

    interessanti le solite cose. Non un realismo o verismo alla fratelli forlivesi

    Vaccari che appare stantio e sorpassato, bens il trasportare su un piano parallelo

    alla realt situazioni normali che vengono raccontate con la delicatezza di chi

    sente forte il richiamo della ricerca. Giovan Battista Salvi e Stefania Russo, unraffronto da quale emerge chiaramente cosa lArte.

    16 Maggio 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    29/52

    SU ALDO BORGONZONI

    Percorrendo la strada che costeggia dappresso il mare, in direzione di Riccione, si

    assaliti dalle immagini dei costrutti del legittimo relax e del divertimentificio che

    ha caratterizzato da sempre la riviera romagnola, accanto ai quali, pi brucianti,

    appaiono i segni del decadimento o trasformazione culturale ( in meglio o in

    peggio?) mediato da antiche strutture balneari, esempi di architettura di altri

    tempi, come la poderosa quanto elegante Colonia Bologna a Miramare, ancora

    dignitosamente in piedi nonostante gli insulti della natura, ma, soprattutto, delle

    amministrazioni comunali che si sono succedute da sessanta anni a questa parte, e

    che fa il paio con leleganza stilistica, asciutta e lineare, della Colonia Reggio

    Emilia a Riccione esempio unico di architettura del ventennio: in malora per i

    pregiudizi o per ignoranza?

    Segni del tempo quelli che ci

    aiutano a riconoscere il

    cammino percorso e che hanno

    punti di contatto concettuale

    con lesposizione dedicata ad

    Aldo Borgonzoni (1913 2004),

    presso Villa Franceschi in Viale

    Gorizia a Riccione. E sono i

    segni del tempo, addendi diuna lunga conta, che

    scandiscono il susseguirsi delle

    ere sociali, dei cambiamenti di

    costume che danno corpo alla

    concretezza del tempo che

    scorre, alla nostra storia

    personale e collettiva:

    distruggere o lasciardistruggere ( come le suddette

    colonie marine) significa spezzare lidentit, la propria e quella del popolo a cui

    apparteniamo, per fluttuare in un ambiente reso irriconoscibile dallusa e getta,

    dalla fragilit dei prodotti di un consumismo che istituzionalmente possono

    conoscere solo frazioni di storia. E lassassinio della nostra identit! Aldo

    Borgonzoni - se si possiede la giusta propensione alla cultura, la sensibilit e

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    30/52

    lamore per larte e la storia di questo paese - quel testimone che ha preservato,

    attraverso la sua opera e creativit, le tracce e le testimonianze dello scorrere del

    tempo, tracce, sapientemente disposte dal curatore della mostra, prof Aldo

    Spadoni; dalla sentita e profondamente custodita memoria dellartista, espressa,

    con precisa quanto eleganza espositiva, dal prof Ezio Orlandi, presidente dei BeniCulturali dellE. Romagna; e dallattenzione messa nella scelta delle opere da parte

    del suo funzionario, il critico darte Orlando Piraccini; presente anche la vedova

    Bergonzoni, sig.ra Alfonsina e il figlio dellartista, Giovanbattista, curatore della

    omonima fondazione che, con amore filiale, rappresenta il primo custode di una

    preziosa memoria, quella di un Maestro dellArte italiana. Ho detto: Borgonzoni

    Maestro dellArte italiana, aggiungo, nellArte italiana, poich Borgonzoni ha

    pienamente interagito con le sue contemporaneit, operando in un momento

    storico della Pittura - a parer mio durato fino alla prima met degli anni 70 del

    novecento contribuendo alla costruzione della Storia della Pittura Italiana,

    accompagnandola fino alle tappe ultime della sua evoluzione storica. Gli anni 30

    del secolo scorso, che hanno visto il suo esordio: le opere, come Ferrovia del 34,

    Case abbandonate del 36 mostrano i segni di una impostazione iconografica che

    a fatica cerca la via dellintuizione modernista: let doro del paesaggio romantico

    italiano appare lontana, e lapparente staticit delle campiture sembrano

    attendere una felice intuizione che arriva in Viale Irnerio del 35: il cielo

    fosforescente, giallognolo, la chiave di lettura di tutta lopera Borgonzoniana:

    dietro lapparente zigzagare della sua ricerca espressiva si celano importanti

    momenti intuitivi che segneranno il passo alle generazioni future. Si ripetuto che

    lartista appare essere un poliglotta della semantica pittorica con il suo inseguire

    le lezioni degli antichi maestri quali Guidi, Mafai, Picasso ecc. questo non vero,

    poich Aldo, da libero ricercatore ha dato alle sue emozioni, farcite di inediti

    quanto intimi fonemi di un proprio scandagliare, gli strumenti pi adatti al suo

    sentire; linguaggi presi in prestito solamente; ha inseguito, e molte opere ne sono

    testimonianza, le sue intuizioni espressive e cromatiche che appartengono solo

    alla propria sfera interpretativa. Un concreto esempio, a parer mio, nelAutoritratto del 40, dove possibile scorgere, vero, risonanze

    espressionistiche, ma laggiunta della materia pittorica ad ispessire certe parti

    dellimmagine cosa se non una intuizione della pittura che verr, lopera di Burri

    o quella informale? In apparente contraddizione con il proprio linguaggio lo

    stesso Sughi: nella La stanza di un uomo del 68 appare in total e dissonanza con

    Il cipresso abbattuto del 70. Il giudizio pu essere dato solo in prospettiva. Ed in

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    31/52

    prospettiva possiamo concludere che Borgonzoni stato testimone di tempi e

    culture diverse: il periodo anteguerra, il dopoguerra, i grigi anni 50 e i favolosi

    anni 60, dove la sua ricerca sembra chiudersi in se stessa, come interno del 62

    per poi esplodere nei rossi di Pazzia del 63 per ritornare negli anni 80 in Bosco

    virgiliano alla esplosione metafisica e intimistica. Borgonzoni, testimone quindidei sui tempi e costruttore della ricerca sulluomo e sui significati esistenziali e

    sociali che lo hanno avviluppato sotto e davanti il suo scrutare. Un plauso alla

    neoeletta giunta comunale riccionese che ha voluto accanto allesordio estivo

    della citt un segno di quella cultura che accomuna, nello scorrere del tempo, nei

    suoi segni e nelle sue tracce, le architetture delle colonie rinnegate e le opere del

    Maestro Borgonzoni.

    29 Giugno 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    32/52

    SU NIVES GUAZZARINI

    In quel di Sarsina, Centro Culturale di Via Roma - dove belzeb, cacciato

    quotidianamente dalla basilica, rientrato dalla finestra con un omaggio artistico

    dedicato ad uno dei tanti strumenti luciferini molto in voga nella nostra

    quotidianit per ingannare i sempliciotti, ossia la nota mostra sui Tarocchi in

    corso una esposizione di lavori scultorei ad opera dellartista cesenate Nives

    Guazzarini. La Mostra avviene in contemporanea con unaltra, a Rimini, in piazza

    Cavour, Sala degli Archi. Lapproccio analitico alle opere scultoree in ceramica

    della mostra di Sarsina, dal tema Terre appese, parte dalla considerazione come

    questa artista, a cui non manca il completo sostegno tecnico della conoscenza

    della materia forgiata, avendo studiato ceramica a Faenza, abbia sviluppatoconcetti espressivi fortemente personali tali da rendere riconoscibili le opere della

    stessa artista anche in ambienti decontestualizzati. Non un caso che da tempo

    vado affermando come la scultura ( e la ceramica tale va consi derata ormai ) abbia

    ancora vaste dimensioni espressive da scoprire e che una ricercatrice come la

    Guazzarini sembra essersi incamminata lungo uno di questi percorsi non ancora

    esplorati da altri scultori. Chi segue le mie riflessioni sapr come considero, invece,

    la pittura contemporanea. Elementi originali e appartenenti alla sfera personale

    dellartista, vanno inquadrati allinterno di una dimensione concettuale, tappa

    fortemente connotata, questultima, frutto di un lungo cammino di ricerca in cui la

    figurazione non fine a se stessa, plasmata solo per fini estetici come di solito

    siamo abituati a vedere, tanto per citare un esempio, nello scultore cesenate

    Leonardo Lucchi, ma funge da supporto a obiettivi concettuali in cui lessere

    antropomorfo esprime la sua essenza esistenziale. Donna oggetto, da appendere

    appena usata, ma compiacente di questo uso? Uomini in mostra tanto da finire in

    una cornice che li isola dal mondo esterno, poich vale la forma e non il

    contenuto? Lo spirito escluso? Parlando con lartista ribadii il concetto che uno

    scultore dovrebbe essere a conoscenza della produzione altrui per evitare la

    sovrapponibilit della propria produzione con quella di altre mano: appare, cos, in

    questa prospettiva, essenziale la ricerca, il continuo rimettersi in discussione e la

    Guazzarini, con le sue tematiche ha pienamente compreso, senza laiuto della mia

    citata considerazione, da tempo, come larte, intesa solo dal punto di vista estetico

    appare tramontata; sono i contenuti fortemente indirizzati che possono rendere

    interessante una produzione artistica. Ivo Sassi, ceramista del monumentale e che

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    33/52

    ha in corso una esposizione a Cesena e a Cesenatico, pur mantenendo una sua

    connotazione appare in molte opere piccole sfere e totem sovrapponibile alla

    lezione di Pomodoro in quella espressivit che io identifico come scultura

    analitica dove il carezzevole liscio di superfici esterne sono messe in forte

    contraddizioni con le rugosit del loro interno. La sovrapponibilit diventa quindi ilmetro di misura della ricerca in ogni artista e la Guazzarini, e lo dico con onest

    intellettuale, sembra non essere sovrapponibile a nessun scultore che conosco per

    la presenza, appunto, di elementi fortemente personali, presenza costante nelle

    sue sculture e inequivocabile frutto di

    una continua e tenace ricerca. La

    preziosit e la valenza artistica delle sue

    opere sono proprio in questa

    personalizzazione delle forme

    accompagnate da un profondo senso dei

    significati veicolati dalle opere stesse.

    Un invito quindi a chi legge di andare a

    vedere queste mostre, tenendo

    presente che in quella di Sarsina

    esistono manufatti che danno

    allesposizione una traccia di leggibilit

    legata ad un percorso artistico ben

    preciso: dalla fase informale allultima

    produzione della figurazione

    concettuale.

    27 Luglio 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    34/52

    SU CONTEMPLAZIONI

    Visitare la mostra Contemplazioni, divisa tra Castel Sismondo e il Palazzo del

    Podest, a Rimini, significa porsi, ancora una volta e con maggiore convinzione, la

    domanda. Cosa , allora, lArte?. E quanto mai urgente, una volta per tutte,

    stabilire se, per comprendere e giudicare, occorra riappropriarci dei parametri di

    riferimento storici ( i maestri dellArte del passato) o stabilire che, non occorrendo

    percorrere la prima strada, lArte libera manifestazione creativa a prescindere.

    Questa ultima supposizione, ma che frequentemente sembra essere diventata

    lunico riferimento, ha dei vantaggi e anche pericoli di disgregazione culturale.

    LArte non forse cultura? Vero che lArte, volente o nolente, rimane pur

    sempre testimonianza dei tempi che sono contemporanei allartista, il quale,

    inevitabilmente, risente delle variazioni umorali del suo tempo.

    Agazzani, critico dArte e

    curatore della mostra, ha

    fatto un buon lavoro ma ha

    anche, mi sembrato, dare

    limpressione,

    nellassemblare la mostra, di

    aver seguito la seconda

    strada suaccennata, vale a

    dire che arte anche

    approssimazione artistica.

    Nel senso che assieme ad

    opere interessanti e

    stilisticamente perfette

    convivono banalit espressive. E questo non va bene se si vuole risollevare le sorti

    di quella pittura come mi parso intendere fossero le intenzioni del curatore -

    che sta soffrendo i malumori, le ignoranze, gli estremismi e i vuoti esistenziali del

    tempo che viviamo. Molta enfatizzazione si data alla presenza della pittura

    iperrealista, corrente nata negli anni sessanta in America e che, come al solito,

    sbarcata almeno una decina di anni dopo in Italia. Anche se liperrealismo

    americano non nasce dal nulla, alla sua base c lesperienza rinascimentale dei

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    35/52

    pittori italiani come Antonello da Messina ( ritratto di uomo) e Piero della

    Francesca ( la riproduzione perfetta dellarmatura indossata dal Duca Federico da

    Urbino nella pala di Brera) tanto per citare due esempi . Le opere di Papetti,

    Monatanari, e compagni iperrealisti ecc. sono stilisticamente perfette che non ci

    si pu esimere dal sottolineare la capacit tecnica di riproduzione fotografica desoggetti espressi, ma sono al contempo anonimi, nel senso che la mano di

    qualsiasi iperrealista potrebbe aver fatto le opere degli autori citati. E questo

    vero anche a distanza di anni e con condizioni ambientali totalmente differenti. In

    buona sostanza: lopera iperealista esclude lartista; non rende riconoscibile

    lartista, perch priva della personale impronta emotiva dellesecutore: quanto

    ricche, sono le opere, di accorgimenti tecnici tanto prive dellanimo dellartista

    sono. Ma quello dello stupire parte essenziale dellArte; pensiamo a chi per la

    prima volta si trovato ad ammirare la Cappella Sistina affrescata da

    Michelangelo. Ma non basta stupire. Occorre comunicare. E qui sta la chiave di

    lettura della mostra, dove convivono opere che comunicano emozioni accanto ad

    opere che non lasciano tracce nella memoria: esistono opere che ad una profonda

    lettura lasciano vedere svarioni significanti sullesecuzione anatomica dei

    personaggi: e pi si ha la pretesa di essere perfezionisti e pi questi svarioni

    denunciano la mancanza di una attenta osservazione e studio dellanatomia

    umana.

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    36/52

    Ma una cosa ancora pi evidente in questa mostra-testimonianza dei tempi che

    viviamo - tempi di grandi sbandate e di miraggi darte la sovrapposizione di

    linguaggi che una volta nulla avevano a che fare con la Pittura intesa nel senso

    tradizionale. Esistono paesaggi che, qualche anno fa, li potevamo ammirare solo

    nelle illustrazioni di fiabe; esistono immagini che possono benissimo far parte delfotogramma di un fumetto. Cosa voglio dire? Che allora arte anche lillustrazione

    di una fiaba di Anderseen; allora arte anche le illustrazioni di Brian K. Vaughan -

    Pia Guerra, Y: l'ultimo uomo. E potrei proseguire. Quindi c qualcosa che non va

    in fondo alla faccenda: o qualcuno ci vuole prendere in giro facendoci vedere cose

    che in altri settori sono la norma, spacciandola per arte solo perch lopera non

    sulla carta ma sulla tela, o ci sono settori (pubblicit, fiabe, fumetto) in cui grandi

    opere dArte rimangono sconosciute grazie alla pigrizia intellettuale di certi critici,

    spesso anche improvvisati Il giudizio lo lascio al lettore. Purch sia un sincero

    amante dellArte. I gusti personali sono legittimi, ma non sono sufficienti, anzi

    ingannevoli, per ponderare attentamente la questione.

    22 Agosto 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    37/52

    SULLESTETICA

    Nelle mie riflessioni, essenzialmente dedicate alla pittura, talvolta allarchitettura,

    soventemente mi soffermo sul concetto estetico dellopera presa in esame e, se

    generalmente per estetica intendiamo ci che ci piace - concetto fuorviante se

    si vuole fare della Critica un approccio serio - meno soventemente ci soffermiamo

    su ci che non piace.

    Per meglio dire, se una cosa ritenuta brutta non la spieghiamo con lo stesso

    puntiglio come facciamo per le belle cose, lanalisi finisce per diventare poco

    credibile. Sbagliata. Eppure, se ci si sofferma sulle motivazioni dellanalisi del

    brutto, potremmo scorgere, emergere, le lezioni, per contrapposizione, su come

    leggere ci che bello, cosa di cui oggi abbiamo un gran bisogno!

    Si tenga presente, inoltre, che i due concetti bello brutto, sono fortemente

    condizionati dalle contestualizzazioni storiche: nel seicento era bella una donna

    pallida, mentre una abbronzata era disdicevole, volgare, contadina e rozza; negli

    anni 60 del novecento la Giulietta Sprint dellAlfa Romeo era il non plus ultra,

    mentre ora fa ridere. Se questo vero, come la mettiamo con le influenze

    soggettive che, inevitabilmente possono ricadere sulla lettura del bello o del

    brutto?. Difficile dirlo, onde per cui appare ancor pi indispensabile articolare le

    riflessioni attraverso termini di paragone, i quali, essendo i riferimenti presi quelli

    che sono per se stessi, possono divenire il metro di misura, lo strumento per

    agevolare lanalisi in corso.

    Altres appare evidente che se molte cose sono ormai accettate come

    esteticamente valide, diventa rischioso, per chi sfida le acquisizioni definite,

    metterle in discussione. Uno di questi casi potrebbe essere il rivedere il concetto

    estetico della Chiesa di Santa Maria del Fiore , a Firenze, in rapporto alla sua

    cupola.

    Progettata e iniziata nel 1296 da Arnolfo di Cambio (autore del Palazzo Vecchio) in

    un bellissimo Gotico fiorentino, la costruzione fu continuata da Francesco Talenti,

    nel 1357, il quale, al progetto originale, apport significative modifiche quali

    lallargamento dellarea della pianta originale nella sua sezione a trifoglio su cui

    poggia la cupola, quella stessa cupola che, si ipotizza, nellidea di Arnolfo di

    Cambio fosse quella raffigurata in un affresco presente nel Cappellone degli

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    38/52

    spagnoli in Santa Maria Novella; l, possibile constatare come la cupola sia

    perfettamente equilibrata alle proporzioni delintero corpo. Ma essendo, Santa

    Maria del Fiore, rimasta incompiuta, senza cupola, per molti decenni, solo ne l

    1420 la Signoria decise di terminare lopera mettendo a concorso il progetto di

    copertura definitiva.

    Brunelleschi, con il suo genio ingegneristico riusc, laddove i suoi contemporanei

    non furono capaci; costru una cupola autoportante e a doppia parete, su tamburo

    ottagonale preesistente, senza bisogno di impalcature. Il risultato finale fu s una

    immensa e irripetibile opera di ingegneria, ma anche fu anche enorme la

    sproporzione volumetrica rispetto alla chiesa stessa. Possiamo pensare che la

    causa vada ricercata dellampiezza del tamburo? O nel sistema messo in praticadal Brunelleschi? Chi lo sa. Fatto che quel concetto di estetica, nellesempio test

    citato, e richiamato allinizio della nostra riflessione, risulta fortemente messo in

    discussione a causa di proporzioni non relazionabili perfettamente allarchitettura

    stessa, e non solo: non sovrapponibili ai concetti volumetrici che lo stesso

    Brunelleschi rappresenter nella Cappella Pazzi o nello Spedale degli Innocenti.

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    39/52

    In poche parole, una costruzione unica al mondo ( e di cupole al mondo ce ne sono

    diverse) nata, a mio parere, grazie a presupp osti spaziali concepiti da menti

    diverse e in tempi diversi. Probabilmente, non poteva essere altrimenti: una

    cupola pi bassa e semisferica forse non sarebbe stato possibile costruirla per

    ragioni di statica, vista lampiezza del tamburo su cui poggia la ttuale.

    Ora, il punto : si pu mettere in discussione il concetto estetico della Chiesa di

    Santa Maria del Fiore, tormento ed estasi di tutti gli studenti della facolt di

    architettura di Firenze e non solo, dal punto di vista delle proporzioni? Non lo so.

    Io non ho nulla da perdere e quindi rimango del mio punto di vista. Certo che

    magari molti lo hanno pensato ma non hanno avuto il coraggio di esprimere il

    proprio parere. Credo che questo accada un po dappertutto nelle arti in genere:

    se il celebre critico benedice un opera come Arte Pura nessuno, poi, avr il

    coraggio di dire il contrario. Chiss se questo qualcuno, leggendo queste righe,possa concordare, aprendo una discussione mai fatta in merito. Estetica, quindi,

    senso delle proporzioni.

    31 Agosto 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    40/52

    SUL PREMIO MALATESTA NOVELLO EDIZIONE 2009

    La notizia che d per certa la formazione della giuria alla quale deputato il

    compito di trovare i tre nomi di personaggi della cultura e non, a cui conferire il

    riconoscimento del Malatesta Novello, recente. Sicuramente i membri della

    giuria stanno gi al lavoro, anche se mi sovvengono le parole dellex sindaco

    Giordano Conti espresse diversi mesi fa, che questanno ( riferendosi al 2009)

    uscir una terna di nomi che sar una sorpresa. Dico questo, perch non voglio

    pensare che la scelta sia stata fatta mesi fa, quindi, molto prima che il senso della

    formazione della giuria ,annunziata a mezzo stampa, fosse stato, per cos dire di

    gi esautorato. Comunque sia, senza la pretesa di influenzare o di condizionare la

    scelta dei nomi - potere del quale sono totalmente sprovvisto - mi permetto diinvitare i tre illustri giurati a riflettere sullopportunit di dare, finalmente, il

    riconoscimento al maestro Ilario Fioravanti.

    Egli non ha nulla da dimostrare alla cittadinanza riguardo alla sua valenza creativa

    - credo sia stata esaustiva la mostra dedicatagli nel gennaio del 2008 a Palazzo

    Romagnoli e al Palazzo del Ridotto - ma certamente ha contribuito a dar lustro alla

    citt di Cesena, poich egli conosciuto su vasta scala. Antonio Paolucci,

    responsabile del sistema museale del Vaticano ebbe modo di esprimere, dallalto

    della sua conoscenza del mondo dellarte antico e contemporaneo parole di

    grande elogio sullarte di Fioravanti; basta solo accennare al fatto che il maestro

    sia il decano degli architetti della provincia di Cesena-Forl; vale forse rammentare,

    e pochi ne sono a conoscenza, che Fioravanti lunico scultore vivente che non

    pu disporre liberamente del suo studio, poich vincolato dal ministero dei Beni

    Culturali! Forse altres utile rammentare che da qualche anno a questa parte il

    maestro, aiutato dalla gentile moglie, Signora Adele e da altri collaboratori,

    impegnato nella catalogazione della sua produzione, fatta oltre che di sculture

    anche di disegni, bozzetti, catalogazione voluta, imposta forse meglio dire, dalsempre competente ministero. Non il caso di dilungarsi, poich come ho detto

    precedentemente, il maestro Ilario Fioravanti non deve pi dimostrare nulla della

    sua particolare capacit espressiva. Ora, sta agli uomini della giuria, sicuramente

    di rispettabile valenza culturale fare la giusta scelta.

    4 Settembre 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    41/52

    SULLARTE IRREGOLARE

    Fino al 27 settembre, presso la Galleria Ex Pescheria di Cesena possibile visitare

    la mostra di pittura organizzata dallAssociazione Il Disegno. Questa associazione

    impegnata nel coinvolgere persone, differentemente abili dal punto di vista

    mentale, in attivit artistiche con scopi soprattutto terapeutici oltre che sociali. E

    in mostra, in aggiunta, anche lavori dei cosiddetti abili mentali (AM) . La mostra

    tratta di figurazioni, le pi varie, realizzate secondo il tema Il volto della madre lo

    sguardo di Maria. Un tema a sfondo religioso quindi. Non mi soffermer, come al

    solito, riflettendo sulle opere dal punto di vista di una analisi critica, ma, questa

    volta, desidero sottolineare il tipo di linguaggio che i non abili (NA) o

    diversamente abili (DA) hanno usato per interpretare il tema. Si trattasostanzialmente del linguaggio espressionista, molto vicino, per molti aspetti, agli

    espressionisti tedeschi (Vasily Kandinsky, Oskar Kokoschka, Franz Marc, Edvard

    Munch, Emil Nolde, Egon Schiele ) e allarte di Basquiet, il graffitaro americano.

    Questa somiglianza di linguaggio, tra lespressionismo citato e il linguaggio

    espresso da questi artisti atipici, presenti in mostra, nota come Arte

    irregolaretra i molti studiosi del settore, presenta spunti di riflessione che non

    andrebbero tralasciati. Senza voler affrontare una disquisizione inerente la salute

    mentale e larte in genere, desta curiosit come larte degli NA sia

    prevalentemente basata, appunto, sul linguaggio espressionista, che conosciamo

    essere il linguaggio della denuncia sociale, del malessere emotivo ( Munch), della

    fantasia angosciosa e angosciante (Chagal) e dellastrazione-rifugio (Ligabue)ecc.

    un linguaggio non mediato n dalla razionalit compositiva n dalla pretesa

    concettuale. Diremmo che lespressionismo il linguaggio dellemozione non

    mediata dalla ragione: dipingo direttamente quello che mi salt a in mente! Se cos

    allora, dovremmo dire, con concetti generalizzanti, che larte nei NA fluisce

    attraverso canali che al pari degli AM bypassa la razionalit. Se cos fosse, questo

    porterebbe al concetto che lespressionismo una manifestazione artistica

    supernaturale: mette in collegamento lIO di chi esegue lopera con il mondo

    esterno in modo diretto, non mediato e non condizionato da eventi intellettuali.

    Se avrete modo di visitare la mostra, chiedetevi che differenza pu passare tra Il

    Grido di Munch e limmagine dal titolo Madonna eseguita da Carlo Mazzotti. I

    due dipinti sembrano accomunati dallo stesso disagio o angoscia intima. Ma

    dobbiamo fare queste riflessioni senza tener conto del fatto che sono certificate le

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    42/52

    abilit mentali. Altrimenti, dovremmo supporre che Munch fosse non troppo in

    equilibrio con la propria mente. E anche vero, inoltre, che larte permette il fruire

    salutare di pulsioni profonde che nelle persone AM e qui dobbiamo essere

    sinceri con noi stessi son tenute a freno dal senso estetico che si vuole dare alla

    produzione artistica. Probabilmente lapparente mancanza di un giudizioestetico, condizionato dagli ambienti artistici, dalle mode, che nel NA o DA lascia

    fruire nella sua totalit espressiva lio, mentre la sua presenza negli AM ne

    impedisce la massima libert espressiva. Se cos fosse, ci sarebbe la conferma che

    lespressionismo sia lunico linguaggio artistico connaturale al linguaggio libero

    dellio o dellanimo.

    Queste riflessioni inducono alla conferma che il linguaggio artistico, negli AM,

    prevalentemente non altro che il linguaggio della mente storica dellartista, della

    mente culturale del mondo sociale che si agita nellartista e quindi non che unasovrastruttura, in cui le abilit tecniche (quando ci sono) e le furbizie concettuali (

    ce ne sono molte) vanno per la maggiore. Allespressionismo invece affidato il

    linguaggio dellanima, delle pulsioni, delle emozioni dandoci limpressione di

    essere il solo veicolo istintivo dellespressione intima dellartista. Dal punto di

    vista artistico mi sento di dire, in conclusione, che coloro che sono NA o DA sono

    persone normali, dal punto di vista artistico, perch sanno esprimere

    naturalmente e direttamente il proprio io.

    Un plauso agli organizzatori eallassociazione Il Disegno per

    larricchimento culturale che hanno dato

    alla citt.

    21 SETTEMBRE 2009

    Carlo Mazzotti Madonna

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    43/52

    SULLA MOSTRA A CASTEL SISMONDO, RIMINI

    Da Rembrandt a Gauguin a Picasso

    La bellezza salver il mondo, un aforisma dostoievskijano ormai divenuto

    insopportabile a sentirsi, poich sembra aver dato modo a molti di trovare una

    nuova via per giustificare le proprie opinioni e i propri punti di vista, autorevoli o

    meno, in rapporto allArte, alla Pittura. Una frase decontestualizzata, come quella

    citata, non pu che essere fuorviante, specialmente se parliamo di Arte, dove il

    gusto personale contraddice, il pi delle volte, il concetto del bello. Certo che

    se dovessi misurare con questo metro un elemento di salvezza per il mondo,

    basandomi sullopera di Pieter Saenredam Interno della Chiesa di Saint

    Odulphus del 1655 ed esposta in Castel Sismondo, verrebbe da dire che la data

    del 2012, da pi parti evocata ed interpretata come la fine di un sistema o delmondo stesso, sia, purtroppo

    veritiera: la tal opera, appare

    evidentissimo, appartiene ad un

    pittore dilettante quanto scarso

    a conoscenze prospettiche, per

    gli errori madornali presenti e

    per la mancanza di studio sulla

    luce negli interni. Ma questo

    testimonia come la passione

    della pittura non ha et: ieri

    come oggi, di dilettanti allo

    sbaraglio ne abbiamo avuto

    moltissimi e ancora ne

    abbiamo; chiss, se al pari di

    Pieter li vedremo fra duecento

    anni in qualche museo ( la

    possibilit rimane concreta

    visto gli andazzi della critica e

    del mercato. Specialmente in

    Italia). Quello di Pieter, fortunatamente, lunico caso di approssimazione

    artistica presente negli spazi espositivi. E il bello di oggi non era certo il bello di

    ieri se ci riferiamo alle contestazioni fatte nei riguardi degli impressionisti.

    Venendo al concreto, la mostra ha un suo primo fascino nelloccasione di vedere

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    44/52

    opere che altrimenti sarebbero state inaccessibili se non pagando un biglietto di

    aereo per raggiungere Boston, la citt da cui provengono, e poi perch d la

    possibilit di verificare direttamente ci che lArte, vale a dire linguaggio.

    LArte linguaggio e non contenuto: le sezioni della mostra come il sentimento

    religioso, lintimit del ritratto, la nobilt del ritratto ecc. restituiscono allospettatore molti contenuti assimilabili, iconograficamente, tra loro, quello che li

    rende interessanti il linguaggio che fu usato per esprimerli: dal XVI secolo fino al

    XX molto stato dipinto, secondo le contestualizzazioni storiche in cui sono stati

    creati i contenuti, e laccostamento di pezzi di grande prestigio ( non

    dimentichiamo che labilit esecutiva anche se appare secondaria allaffermazione

    fatta sullArte, rimane sempre indispensabile per giungere al sublime senso

    estetico del manufatto) laccostamento, dicevamo, evidenzia il lento quanto

    progressivo cambiamento di linguaggio pittorico, dando il senso del tempo che

    avanza e con esso i cambiamenti culturali collegati. Un esempio clamoroso, a mio

    avviso, dato da Edgard Degas nei ritratti di Edmondo e Teresa Morbilli del

    1865. Conosciamo Degas per impressionista, anche se indipendente, ma la sua

    formazione neoclassicista, formatasi allombra di Ingres, in questopera stenta

    ancora a lasciar spazio alla libera pennellata del linguaggio impressionista: la mano

    in primo piano di Edmondo Morbilli eseguita, pittoricamente, con quella ritmica

    realista del neoclassicismo, mentre il volto appare pi disposto a concedere spazio

    alla lezione impressionista che sta facendosi lentamente strada. Ed questa

    contraddizione semantica che fa dellArte un linguaggio. Il confronto tra i ritratti

    dei coniugi Elison di Rembrandt (1634) con quello di Emile Bernard La nonna

    dellArtista (1887) ci d il senso di quello che affermiamo in maniera molto

    concreta. Molto potremmo dire ma ci dilungheremmo troppo rispetto alla

    riflessione che non vorrebbe distaccarsi dal concetto e dallinvito che facciamo a

    vedere questi capolavori di linguaggio, di ricerca e di capacit esecutiva dal

    punto di vista dellArte come linguaggio. Se visti in questa ottica allora potremmo

    comprendere meglio lo spessore culturale dellaltra mostra, sempre nel medesimo

    contesto logistico, della Pittura Italia. Paesaggi veri e dellanima. A proposito diquesta ultima mostra, ci pare azzardato quanto affermato in un piccolo

    cataloghino preso nel Museo della Citt di Rimini, secondo cui (questa) seconda

    mostra che intende riflettere, attraverso le oltre settanta opere esposte, sul senso

    della pittura di paesaggio oggi in Italia; evidente la forzatura e lindicazione

    fuorviante che viene data se consideriamo che tra Cesena, Rimini, Ravenna e Forl ,

    tra professionisti e dilettanti pi o meno bravi, ci saranno almeno 1500 pittori

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    45/52

    allopera. La riflessione appare impossibile nella nostra contemporaneit.

    Soprattutto per la grande eterogeneit di linguaggi, che appaiono pi o meno

    efficaci se non addirittura, spesso, banali. Questa seconda mostra una forzatura

    con altri obiettivi, a parer mio.

    Unultima curiosit: chiss cosa avr fatto perdere la pazienza a Rembrandt,

    quando dipingeva il ritratto del reverendo Elison, se per interpretare lo scritto del

    libro aperto us eseguire segnacci ( di un impressionismo ante-litteram) malfatti e

    che non possono essere giustificati n dalle dimensioni del quadro n dalla cura

    del particolare tipica di questo Pittore?

    11 Ottobre 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    46/52

    SU PIAZZA DEL POPOLO, CESENA

    Non ho potuto partecipare al recente incontro pubblico tra lamministrazione e i

    commercianti cesenati, che ebbe come oggetto le riflessioni e le proposte

    eventuali per una rinascita della piazza e di Cesena al di fuori degli orari

    commerciali. Ma a darmi lo spunto, per qualche riflessione in merito, stato il sig

    Macori (Pdl) che sembrerebbe sia in totale disaccordo con Preger (ex sindaco) il

    quale non ci sta a riempire gli spazi sotto il portico di palazzo Albornoz con

    ristorantini, bar qualche vetrina di prodotti tipici locali. Colgo quindi la

    speranza dello stesso Macori, sul fare riflessioni approfondite su questo

    tema,,, per dare il mio contributo. Inizio col rammentare che dal 29 settembre al

    2 ottobre 2005 si tenne a Cesena una mostra che port alla luce il volume Cesena

    2010, mediante il quale si parlava dei lavori fatti per riqualificare il comprensorio

    e la citt di Cesena, chiedendosi come sar la Cesena del futuro; per il 50 esimo

    anno del Rotary club, invece, furono chiamati i cittadini di Cesena ( miracolo) a

    dare il proprio contributo per rendere questa citt, il centro storico, maggiormente

    accogliente. Le idee migliori vennero rese pubbliche mediante il volume che il

    Rotary dette alle stampe. Ebbene, per farla breve, le migliori int enzioni

    sottolineavano come gli aspetti viari, commerciali e culturali, dovessero

    amalgamarsi, in misura differente a seconda del luogo, per sfociare in un unico e

    comune obiettivo: lospitalit di un centro storico rinnovato. Le idee, ricordo a

    Macori ci sono, e tante, ma lerrore che di solito si compie quello di buttare tuttonel dimenticatoio, rivolgendosi ogni volta che c da rilanciare un pezzo di citt, al

    solito ritornello che termina con i tarallucci e vino. Ricordate cosa venne

    proposto per rendere maggiormente visitabile la rocca? Un ristorante al suo

    interno! Un antico vizio e una facile scorciatoia. No, cos non pu continuare:

    luomo non soltanto un sistema digestivo ma anche un sistema emotivo e

    psichico, un sistema a cui un po di cultura non farebbe male. Ma la cultura a chi

    giova? Alla Confesercenti che vorrebbe un parcheggio sotto la Piazza della Libert

    sacrificando la memoria storica di questa citt? Abbiamo gi distrutto la DomusRomana di piazza Fabbri per farne un contenitore di auto. Forse chi ha a cuore il

    commercio cesenate dovrebbe prendere ad esempio anche Rimini che con la

    Domus del chirurgo ha catalizzato lattenzione di mezza Europa con grande

    beneficio dei commercianti del centro storico. Cultura quindi. E lora di quella

    cultura che possa riappropriarsi di spazi urbani tali da richiamare turismo, che di

    pub, ristoranti e taverne ne abbiamo abbastanza. Ma ci vuole coraggio. Parlare di

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    47/52

    aggregazione, inoltre, un riempitivo dialettico e ormai anacronistico, poich

    questo bisogno luomo lo sente quando giovane non certo quando ha 60 o 70

    anni; i giovani, poi, non vanno in piazza per aggregarsi o socializzare succedeva

    negli anni 60 del 900 - se ne vanno nei pub e nelle discoteche di cui il territorio

    strapieno. La cultura vuole scelte coraggiose, ma questa amministrazione ingrado di farle liberamente, visto che sacrifica la memoria storica? Vedi le fornaci

    romane su cui sorto il Cubo, vedi il fatto del Canale dei Mulini presso il Lugaresi,

    vedi la necropoli al Sacro Cuore. Ma facciamo un esempio, la Piazza del Popolo (

    quando, mi chiedo, avverr quel momento che venga restituita al suo signore

    chiamandola Piazza Malatesta Novello? Basta con la prosopopea risorgimentale

    che ha appiattito lItalia, con i centinaia di Corsi Garibaldi, Mazzini e Piazze del

    Popolo ecc. ) Piazza del Popolo dicevo, perch non si ha il coraggio di ricostituirne

    il suo quarto lato per ospitare ambienti per larte contemporanea, meeting ecc.?

    Larte uno di quei motori che sposta le masse curiose e amanti della creativit. E

    un esempio che richiede coraggio. La piazza, antico luogo nato per gli scambi

    commerciali e per le feste, quando si abbassano le saracinesce dei negozi potrebbe

    diventare luogo di discussione e di incontro solo se si ha il coraggio di trovare

    soluzioni allinterno della Cultura, nuovi motori della viabilit interna che

    possano fornire

    gli strumenti per

    un nuovo

    rinascimento

    della citt di

    Cesena, citt

    commerciale,

    universitaria e

    di cultura. Il

    resto viene da se.

    24 Ottobre 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    48/52

    SU EMILIO TADINI

    Una interessante mostra pittorica incentrata sulla produzione di Emilo Tadini in

    corso a Cesena presso la Galleria LImmagine, uno dei rari motori culturali della

    citt che, nel deserto domenicale, giustifica lo spostarsi. Come stile espositivo la

    Galleria, diretta dalla signora Melandri, ama dedicare periodicamente le sue

    esposizioni ai moderni autori della pittura nazionale e internazionale, come

    Alinari, come Licata e Tofanelli, riconosciuti protagonisti della costruzione della

    futura Storia della Pittura italiana. Questa la volta di Emilio Tadini, uomo di

    cultura prima che pittore, nato nel 27 del 900 e quindi ha potuto godere, per la

    sua formazione, dei periodi doro della pittura italiana non ancora contaminati dal

    pressappochismo e da quel mercato opprimente e fuorviante che contraddistinguei nostri giorni. La sua attivit nasce da un amore per la Pop Arte inglese, quella

    scaturita dalla mano di Richard Hamilton e Lawrence Halloway. Sono gli anni 50

    del secolo scorso che prepararono linghilterra a uscire dal grigiore vittoriano per

    esplodere con Mary Quant, la minigonna e i Beatles. Una nazione che in quegli

    anni ebbe il suo boom moderno

    tanto da farla diventare meta

    sospirata degli adolescenti di mezza

    Europa di allora. Ma la Pop Art,

    grazie a Halloway sbarc in America,

    ancora indaffarata con il dadaismo

    di Jasper John ( The broom and the

    cup) e di Roy Liechtestein il quale

    divenne un assertore della Pop Art

    americana assieme a Andy Warhol:

    saranno poi le confezioni delle

    minestre in scatola di Campbell di

    Warhol o i fumetti assunti alla

    dignit della pittura di Liechtestein

    a tracciare le linee guida per Tadini,

    il quale, metabolizzando la lezione

    allinterno del crogiuolo della geniale arte italica, si c re un suo percorso

    personale in cui il minimalismo espressivo ( non a caso una sua opera dedicata a

    Malevic ) e il design divennero il suo personale linguaggio espressivo.

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    49/52

    Allinizio abbiamo accennato a Tadini come uomo di cultura prima che pittore

    non a caso. Occorre infatti tener conto che il bagaglio culturale di questo artista,

    laureato in lettere, scrittore e critico darte, non poteva rimanere distante dalla

    sua attivit pittorica; prepotentemente e inevitabilmente entrato a far parte dei

    contenuti e che con il tempo e la maturit ha assunto il compito di fornire quellaprofondit concettuale che fa della pittura di Tadini quasi un messaggo simbolico.

    Parlando della sua pittura, spesso si fa riferimento alla fiaba, al mito, poich

    appare evidente come le sue opere, soprattutto quelle dellultima produzione,

    non appaiono come un mero esercizio pittorico, ma come elementi di ricerca che

    hanno superato la grafica espressiva per addentrarsi nella poetica dei contenuti

    dellanima. I suoi acquerelli, poi, sono leggere velature, delicati assemblaggi di

    spezzoni cromatici che svelano e appena rivelano concetti che sono dentro lanimo

    delluomo. Losservatore chiamato allesercizio della interpretazione dei

    messaggi contenuti. Le opere, potremmo azzardare, potrebbero essere associate

    alla poesia ungarettiana, secca, sintetica, quella del si sta come le foglie sugli

    alberi dautunno, pochi accenni che sintetizzano la vastit di un mondo intero.

    Lultimo Tadini, diremmo, lautore di un linguaggio che guarda lessenziale, senza

    perdersi tra le retoriche e i conformismi autocelebranti. La mostra rimarr aperta

    fino a met novembre.

    24 Ottobre 2009

  • 8/6/2019 Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Terzo

    50/52

    SUL NUOVO SPAZIO ESPOSITIVO DI ALBERTO COSENTINO