Antonio Dal Muto - CRITICA D'ARTE - Volume Secondo

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Questo volume raccoglie le mie riflessioni sull'Arte pubblicate dalla VOCE di Romagna nel 2008.

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PREFAZIONE

GLI ARTICOLI PRESENTI IN QUESTO VOLUME SONO TRATTI DAGLI INTERVENTI FATTI E SUL QUOTIDIANO LOCALE LA VOCE DI ROMAGNA NELL ANNO 2008. COME NEL PRIMO VOLUME, PRESENTO UNA RACCOLTA DI RIFLESSIONI SU ARTISTI LOCALI E NON E SU TEMI GENERALI CHE HANNO A CHE FARE E CON L ARTE E CON L ARCHITETTURA, SOFFERMANDOMI SULLE ESPERIENZE ARTISTICHE CHE SONO AVVENUTE NELL ANNO CITATO, CERCANDO DI MANTENERE INTATTA LA MIA CAPACITA DI OSSERVAZIONE LA PIU OGGETTIVA POSSSIBILE. MA, SOPRATTUTTO, DANDO CORPO ALLE MIE RIFLESSIONI CON ARGOMENTI SOLIDI, EVITANDO QUELLE DESCRIZIONI PROSAICHE E POMPOSE CHE TANTO SANNO DI PRESA IN GIRO POICHE QUASI SEMPRE, IN ESSE, APPARE DIFFICILE RICONOSCERE L OGGETTO DELLA SINTESI CRITICA.

ANTONIO DAL [email protected]

RIFLESSIONI CRITICHE

Artisti e Argomenti

ROMANO PIERI CONSERVAZIONE DI BENI STORICI COLLETTIVA GALLERIA LIVERANI GUIDO CAGNACCI SU FIERA BOLOGNA E L ANIMA DELL ARTE ARTE FIERA, ILARIO FIORAVANTI E GIORGIO VILLA SULL ARCHITETTURA DELLA CHIESA RUDDT WACKERS TONINO GOTTARELLI LUCIANO NAVACCHIA E ARTISTI MILITARI DEL 5 STORMO DI CERVIA SULLA CULTURA E SULL ARTE SU UNA RIFLESSIONE SU CULTURA E SU ARTE DOMENICO CANCELLI CORRADO RICCI SU I DISEGNI DI UNA SCUOLA ELEMENTARE

LUCA ALINARI ALESSANDRO TOFANELLI SUGHI E FIORAVANTI I CANTI DELLO SPIRITO E LA BELLEZZA DELL ARTE SUL LIBERISMO SUL MILLENARIUM DI SARSINA SUL SANT AGOSTINO E LA SU RISTRUTTURAZIONE RICCARDO LICATA ALDO BORGONZONI GIUSEPPE ARCIDIACONO IL DIAVOLO E l ACQUA SANTA RIFLESSIONI SULLA FEDE ALESSANDRO TOFANELLI

SU ROMANO PIERI

Il 2007 si chiuso con una densa attivit culturale e artistica: basti pensare alla mostra dedicata ad Alberto Sughi che pu essere considerato l evento clou dell anno. Ma altri eventi hanno contribuito ad arricchire gli aspetti della vita mondana e culturale locale che sommati assieme si resero utili a dare alla cittadinanza locale un occasione ulteriore per sentirsi, anche se non partecipe direttamente, appartenenti ad una societ resa, dalla cultura, maggiormente viva. Non solo dall attivit di compravendita. E a che serve la cultura se non a farci crescere con le riflessioni che essa stimola? Il ricordo dell anno passato, per, mi conduce a rammentare un evento troppo fugacemente archiviato: la pubblicazione della Trilogia di saggi frutto dell impegno e dell ingegno del professor Romano Pieri. Sicuramente una colonna portante della locale cultura. I saggi a cui mi riferisco - pubblicati con decisa volont e impegno, frutto di scelte economiche e culturali ben indirizzate da parte della locale Banca Popo lare dell Emilia Romagna riguardarono dapprima il maestro della Pittura moderna internazionale, il francese Paul Cezanne, francese ma di padre Cesenate, tale Luigi Augusto Cesena, di origini ebree, nato nel 1798 ed emigrato in cerca di fortuna e che trov in Provenza. Le origini romagnole di Cezanne, confermate da prove inoppugnabili e attendibili, fecero il giro del mondo ( penso per un istante ai francesi e al loro scorno ) proprio in quel 2006 che vide, appunto, l edizione del primo saggio Cezan ne Genio Cesenate , edizione coincidente con il centenario della sua nascita, poi, a seguire, gli altri due saggi: Pascoli e Cezanne e Carducci e Campana , quest ultimo edito nell ottobre del 2007. Saggi, ricerche, che hanno svelato nuovi, quanto plausibili, punti di contatto e di affinit tra i tre personaggi e che vanno ad arricchire significativamente gli studi consolidati su di loro. Novit accolte con entusiasmo dal mondo culturale nazionale. Creativit, ricerca, genialit intrisa di quella fase storica contemporanea ai tre mostri sacri, essenzialmente il XIX secolo, scaturiscono e si fondono con le loro vicende personali che hanno dato benzina ai loro motori, accelerati dalle loro personali idee politiche quanto formazioni culturali. Affini per certo versi. Il risultato? Una insorgenza nei confronti della cultura imperante ottocentesca, imbalsamata tra gli accademismi e

le convenienze, ricorrendo anche al simbolismo per esprimere liberamente le proprie idee pittoriche e poetiche: Cezanne e la sua rappresentazione geometrica del paesaggio; Pascoli e il fanciullino; Carducci e Satana; Campana e i Canti Orfici. Una insorgenza culturale a tutti gli effetti, la stessa che, a voler dare una piega di lettura totalmente differente, accomun anche il Manzoni. Nei Promessi Sposi, ritenuto esclusivamente un romanzo storico di fondamentale importanza per la formazione della lingua italiana, secondo me, invece, contiene, dietro le disavventure seicentesche, simbolici riferimenti al tempo vissuto dal Manzoni stesso: un romanzo che un grido di dolore alzato al cielo per invocare l Unit d Italia. A partite gi dalla scelta dei cognomi dei due sposi troviamo la prima traccia: Tramaglino, ha una assonanza con il piemontese travagliare ossia, lavorare, mentre Mondella affine ad un tipico cognome siciliano, Mondello, che anche un paese siculo; l innominato chi non potrebbe essere se non l imperatore d Austria, chiuso nel suo castello, immagine dello Spielberg; inoltre il povero Don Abbondio chi se non il Papa di Roma, tormentato e preso in mezzo tra il perdono evangelico e la ragion di Stato e oltre si potrebbe andare. Ma tornando alla riflessione di partenza, la ricerca di Romano Pieri avrebbe dovuto essere foriera di iniziative di vasta portata, soprattutto per quanto riguarda Cezanne. Non pensate, voi che leggete, cosa avrebbe significato, tanto per fare un esempio, un gemellaggio culturale, con scambio di iniziative, tra Cesena e Aix -en-Provance la patria adottiva del pittore? Nulla si fece. Ecco perch sottolineo, purtroppo, come certi eventi, fugacemente trattati, scomparendo nella memoria di uno scaffale di biblioteca pubblica o privata che sia, fan s che si perdano occasioni uniche e irripetibili. Il 2007 ormai passato e con esso le occasioni, ma il 2 008 appena iniziato e non mai troppo tardi!

2 gennaio 2008

SULLA CONSERVAZIONE DI BENI STORICI

Abbiamo avuto, recentemente, occasione di mostrare un angolo ove evidente il degrado di un manufatto storico: la Portazza. E per essere sinceri e onesti intellettualmente fino in fondo, dobbiamo riconoscere che Cesena una citt, tutto sommato, ben mantenuta - nonostante i gravi danni subiti all interno della sua struttura urbana - e forse per questo suo aspetto, diremmo robusto , che saltano immediatamente agli occhi particolari scorci di degrado legati, soprattutto, ai monumenti storici. Uno di questi aspetti che non possono non suscitare interrogativi quello che si pu solo definire come un magnifico gioiello d arte cinquecentesca, luminosa di zampilli e d arte.. , recita cos una vecchia guida dedicata alla citt, parlando della Fontana Masini. Ma cosa rimane di questo magnifico gioiello? Rimane una fontana appoggiata su di una piattaforma a scalini annerita e con distruzioni assai significative: danneggiamenti che si sono accentuati negli ultimi 20 anni. Ne abbiamo gi parlato giugno 2007 - di questo esempio che non pu essere definito scultoreo, ma come esempio di bellissima architettura tardo-cinquecentesca; la Fontana dei quattro fiumi del Bernini a Roma, in piazza Navona, un esempio di scultura, ma questa fontana semplicemente la realizzazione di un idea architettonica. L unico esempio presente nel territorio. E sicuramente oltre esso. Inoltre, siamo convinti della necessit di apporre ad essa una recinzione alta almeno un metro e mezzo per difendere ci che irripetibile ed unico. Lo abbiamo detto e non ci stancheremo di ripeterlo. E lo si dice, purtroppo, anche alla luce degli ultimi danneggiamenti che non fanno che avvalorare la mia convinzione di apporre una protezione. Chi invece continua a sostenere che la fontana debba essere godibile, sicuramente, non ha a cuore o in mente la preziosit di questo manufatto, dono fatto alla citt da pi di una generazione passata e che l ebbe in custodia. Accanto a questa problematica di conservazione ce ne un altra poco distante; ci riferiamo al Lato B dell ex Pescheria. Se ci consentito questo termine. Vale a dire l ingresso monumentale al mercato coperto che gemello di quello che costituisce la facciata dell ex Pescheria. L attuale situazione a dir poco grottesca: un quarto di facciata dipinta e il resto annerita e sgretolata. Senza parlare di quella bottega che m onta una porta di alluminio anodizzato dorato e che una bestemmia al luogo. Andrebbe chiusa e ripristinato l antico ornato. Probabilmente qualcuno pensa che la facciata possa essere restaurata contemporaneamente al problema di utilizzo del mercato

coperto. Secondo noi sono due interventi, i lavori, che possono essere trattati con due differenti capitoli di spesa anche perch, quando verranno iniziati i lavori sul complesso, la facciata dovr essere restaurata e non ri-costruita. Almeno si spera. D'altronde il restauro della facciata riguarda i beni culturali e per questo vuole che esso sia eseguito da una maestranza specializzata a ristrutturare strutture settecentesche. Gi. Ma quando?

3 gennaio 2008

SU COLLETTIVA GALLERIA LIVERANIAlla domanda postami essendo curatore della mostra e critico - dall anchorman di Teleromagna, il vulcanico Valbonetti presente all inaugurazione di sabato 12 gennaio Cosa spinge gli artisti ad esibire le loro opere? , ho risposto semplicemente: Il loro connaturato esibizionismo; la voglia di mostrarsi e comunicare che li muove . Non sempre vero che un artista dipinge per se stesso: , sono, siamo esseri che hanno bisogno di vivere socialmente all interno di quel consorzio umano a cui rivolto il corale bisogno di comunicare. E di comunicazione, pittoricamente parlando, nell atelir-Galleria della pittrice Liverani - Via Fratti 14/b Forl -, troviamo valide testimonianze. Ventidue artisti, accomunati in una esposizione che durer tre mesi e che dar agli stessi la possibilit di cambiare le opere esposte. Artisti proveniente da Cesena, Terra del Sole, Faenza, Cesenatico, Cervia e, naturalmente, Forl mostrano e comunicano la loro romagnolit attraverso immagini, le pi disparate, ma pur sempre legate da quel filo conduttore rappresentato dalla comune matrice culturale. E l elemento accomunante lo troviamo nel paesaggio, i cui estremi espressivi a parer mio sono rappresentati e dall opera sofisticata dei fratelli Vaccari che, memori della lezion e dell iperrealismo americano e della ricerca pittorico-fotografica del tedesco Gerhard Richter, amano abbracciare in toto la contemporaneit dello scorcio urbano, e dall interpretazione romantico-nostalgica degli acquerelli di Casamurata. Tra questi due punti di iniziale di lettura del percorso espositivo, si posizionano i paesaggi del cervese Maldini che cammina parallelamente alle interpretazioni carnose di Ranzi, fortemente ispirate alla sua terra; del cesenate Irmi che offre una pacata, morbida, quanto bucolica visione di un paesaggio che non conosce le problematiche attuali di inquinamento e di distruzione ambientale; la forlivese Samor che oscilla nella sua ricerca tra un fresco impressionismo di prima maniera e la poetica di Casorati; lo sguardo di Montanari, invece, costruisce e si ispira all articolata materialit della natura; agisce come il poeta che lima pazientemente i suoi versi per raggiungere il desiderato obiettivo, costruendo cos la sua personalissima visione. Spartiacque della mostra l a Giunchedi, pittrice espressionista. Ella ha un incedere fortemente introspettivo, drammatico: il volto esposto sembra richiamare il dramma di Ibsen e la sua teoria narrativa degli spettri; apre la lettura ad altre opere fortemente animiche ed ispirate da una visione esistenziale, pi o meno pacata, pi o meno velata del volto sociale nell ambiente umano: il cesenate Navacchia esprime figure impostate,

verticalizzate su esperienze intime ai personaggi stessi che, a stento, sembrano trattenere; meno trattenute le passionalit espresse dai personaggi di Casadio che ama, e lo sappiamo, raccontare i moti interiori di anime scosse dai sette vizi capitali - versione moderna del Boccaccio - e che sono riconoscibili dalla particolare luce che acquistano i volti. Giuliari, che definisco il pittore dell anima per la sua capacit di dosare abilmente il difficile rapporto tra luce e soggetto, la testimonianza vivente di una coerente fedelt alla tradizione italiana della pittura: l abile tecnica esecutiva sposa in maniera naturale la ricerca dei soggetti certamente liberi da pretese culturali arzigogolate e non imperniate su presunte proposte innovative che, il pi delle volte, se lo sono localmente, appaiono vecchie e logore in altre realt pi stimolate. Il surrealismo di Medri, cervese, affronta tematiche particolari: il sogno e il desiderio, accomunati da una ricerca stilistica che usa accenni rinascimentali evidenti nel vescovo benedicente, per esempio, o nella ricerca esecutiva di un panneggio. Contrapposta la visione geometrica della cesenaticense Annamaria Nanni, pittrice che sembra prediligere, portandola alle pi estreme conseguenze, la visione cezanniana di una natura riconducibile alle pure forme geometriche; per questo assai personale e, quindi, non riconducibile ad un deja vu. Ma dietro quella ricerca estetico -geometrica dell armonia delle forme v pur sempre un filo riconducibile al suo amore per la terra natia. Bosello, Cancelli, che il 5 aprile inaugurer una personale negli stessi spazi; Dal Muto, Mazzoni, Oria, Peroni, Catozzi, Ravaioli e Viroli con le sue romantiche interpretazioni dai dorati fondali bizantineschi concludono una esposizione di sicuro alto livello estetico.

14 gennaio 2008

SU GUIDO CAGNACCI

La portante su cui si svilupp la pittura italiana fino al 700, stata la fede cristiana; non si pu prescindere da questo aspetto che stato fondamentale tanto per la scelta dei temi iconografici quanto per le modalit di rappresentazione: il modo di espressione coerente con i tempi. Nelle due esperienze espositive precedenti quelle del Palmezzano e del Lega mai come in quella attuale si ha la possibilit di verificare il percorso espressivo della pittura italiana. Non stato fatto da nessuno dei relatori che hanno parlato dell artista santarcangiolese - a partire dall inaugurazione l invitare il visitatore a guardare prima le opere esposte nella pinacoteca e poi guardare le opere della mostra. Iniziando la visita dalle tavole a tempera della pittura del XIII secolo per arriva re a Marco Palmezzano con la sua Annunciazione si potr afferrare il senso di certe sottolineature espresse sui concetti della pittura barocca o riformata dagli effetti della Controriforma. Molto stato detto sull attivit di Guido Cagnacci, ma, a mio parere, si enfatizzato troppo sulle influenze che avrebbe subito a partire dalla scuola romana dei caravaggeschi, quella bolognese dei Carracci e di Reni, trasmettendo l ipotesi di un ruolo passivo del Cagnacci. Non credo che si possa rendere giustizia a colui che per un malinteso senso che si dato alla Storia dell Arte o a causa di una lettura degli eventi condizionata, stato relegato a figura di secondo piano. Succede per gli artisti, succede per le opere. Il Bernini noto per la sua scultura e la sua architettura, ma alcune sue opere solo perch fuori dalla centralit della Roma barocca non vengono menzionate; cos fu per il Cagnacci che essendo nato nella lontana periferia dello Stato della Chiesa, Santarcangelo nella Romagna, ha subito l oblio di chi, pigro, ha strutturato la Storia dell Arte sui principali attori. Cagnacci ha espresso il suo pensiero religioso autonomamente, con il linguaggio dell epoca, quello condiviso dai cavaraggeschi, dal Baciccio, dal Mola, dal Manfredi o da Reni: era il lin guaggio della sua epoca. Ma che epoca era quella del XVII secolo? La Chiesa di Roma e quindi la Chiesa universale fu sempre gravata dalle polticae occupationes, soprattutto nel XVI secolo che ebbe ad affrontare l eresia luterana, le problematica imperial i germaniche, eventi che poi spinse la Chiesa di Roma al lungo Concilio di Trento. Il linguaggio religioso era sotto il monitoraggio continuo della Santa Inquisizione, anche quello delle arti: un nonnulla, un sospetto di eresia letto tra le pieghe di un

espressione non consona ai dettami iconografici potevano mettere in serio pericolo l artista. Ecco anche perch la pittura del 1500 si tenne sulla scia di quella rinascimentale, assai scenografica e referenziale, con soggetti che esprimevano posture costruite sulla compiacenza della committenza e accettate dalla Chiesa; paradossalmente la pittura del 500 appare, in termini di scenografia, pi barocca di quella barocca del primo 600. Il periodo post-tridentino, vide la Chiesa ribadire l ortodossia cristiana, quella della fede pura e della semplice adorazione e questo non fece che liberalizzare l espressione, che gradualmente divenne pi consona al cuore che non alla mente dell artista. In questa ottica vanno viste le opere del Caravaggio che offre soluzioni fortemente condizionate dal suo umore espresso in termini di contrasti luminosi che prima di lui era raro vedere. E l inizio di quel verismo che si esprimer con una analisi anatomica dei personaggi meno impostata, meno legnosa e pi coerente con le pass ioni, la sofferenza, il martirio che superer gli orizzonti e aprire i cieli sull olimpo cristiano: non pi la maestosit architettonica, ma la maestosit di cieli squarciati dalla fede e dal sacrificio di coloro non pi attori sulla scena, ma protagonisti. In tutto e per tutto. Il Cagnacci nasce e si educa a questa nuova visione iconografica; la sua abilit esecutiva a considerare il fatto che sar un protagonista e non il semplice duplicatore di quei linguaggi in possesso dei maestri indiscussi. Il fatto di aver operato a Forl per lungo tempo, poi a Venezia e a Vienna dove mor, probabilmente ha condizionato gli studi e le analisi degli storici troppo presi da

Roma, Firenze, Milano; il fatto che non compreso, per esempio, nell elenco delle biografie di Art Dossier un indizio significativo di quanto v affermando. Guardiamo il Cagnacci con occhi nuovi: egli stato protagonista in ambienti meno illuminati dai riflettori di una mondanit laica o clericale che si lasci alle spalle ben presto le promesse comportamentali, ma non quelle teologiche, della controriforma per incamminarsi verso quegli estremismi che portarono alla ribellione generalizzata della Rivoluzione francese.

24 gennaio 2007

SU FIERA BOLOGNA E L ANIMA DELL ARTEStavo accingendomi a fare tutta una serie di riflessioni sulla recente esposizione di Arte che ho intenzionalmente voluto vedere a Bologna - ritengo quanto mai indispensabile, ogni tanto e senza esagerare, fare un bagno all interno delle pi disparate soluzioni espressive per capire cosa sia questa benedetta Arte contemporanea e dove vuole arrivare - quando ho incocciato nella mia programmazione quotidiana di riflessioni l articolo di Tiziano Mariani 30 gennaio scorso, La VOCE - le sue complesse equazioni tra Arte e popolo, tra Arte e giovani e i desolanti suoi constatati risultati. Un articolo stimolante e che m ha portato a ben altre riflessioni, ma non del tutto estranee, in ultima analisi, all ArteFiera bolognese. Chi ha la pazienza di leggermi sa ch e non sono per scelta razionale un citazionista; preferisco che mi si lodi o mi si condanni per quello che, autonomamente, riesco a dire, balbettare, su l articolata quanto densa di significati profondi esperienza umana qual l Arte. Un esperienza che non pu essere misurata con gli strumenti usuali di analisi comparativa o di raffronto semplice tra questo e quello anche se la critica fa poi questo, ma solo per semplificarne le letture ma che meriterebbe approfondimenti sociologici a largo spettro. Come gli antibiotici. L Arte cammina al passo del costume sociale; l Arte viaggia assieme alla conquista o alla perdita dei valori sociali, personali; l Arte avanza di un po il cambiamento degli usi e delle abitudini; risente delle crisi profonde di uno Stato; profetizza scenari futuri; racconta quello che siamo e quello che potremmo essere; l Arte un impronta dell uomo lungo il cammino della storia; l Arte ha una radice divina e quindi attinge, quando si compartecipe nella sua funzione creatrice, alle profonde dimensioni, spesso imperscrutabili del suo medium: l artista. E come tale non pu che essere elitaria. Per il semplice fatto che non si pu essere tutti medium. Anche quando si possiede la tecnica. Non ci sono giovani alle mostre che contano? E innegabile, ma non dimentichiamo che molti giovani fanno arte; e sono quei giovani, costretti al silenzio e all ombra, da leggi di mercato, piuttosto che da leggi di ricerca del nuovo linguaggio, o perlomeno, dell originale raccontato. Costretti al silenzio dalla non-cultura o, se vogliamo, dall apparenza della cultura. E quei giovani si fanno poi vecchi. E saranno destinati ad essere chiamati, chiss un domani, dalla critica con sguardo accigliato e i baffi severi dei carabinieri di Collodi, pittori minori, quelli della pittura locale . Come il Cagnacci. Ecco che i giovani se ne vanno dalle mostre, perch a loro le mostre, i Palazzi Romagnoli e i Palazzi del Ridotto sono vietate: fammi vedere quante

esposizioni hai fatto! Fammi vedere quanti riconos cimenti hai avuto! Fammi vedere Ma io Niente da fare! E allora i giovani espongono nelle cantine, nei Bar, quando ci sono pareti libere, e nei Bar a vedere le opere esposte ci sono anche gli amici dei giovani. Ecco perch quando dico che l Arte viaggia assieme ai costumi si pu constatare come attualmente sia ricorrente costume di non considerare pi l Arte, ma di considerare quanto denaro pu incassare l affittacamere, Pardon, il Gallerista. Ma comunque, al di fuori di queste considerazioni, l Arte rimane sempre un evento elitario: si pu essere tutti poeti, pittori, scultori? Si pu essere tutti sensibili alla poesia, alle arti visive, quando tipico della nostra epoca valorizzare i contenitori fregandosene del contenuto? E la sindrome della Velina Continua a ballare, basta che stai zitta. Ma se parli, allora devi fare audience: pi i fregnacce dici e pi aumenta l audience! E un aspetto dell ArteFiera di Bologna. Ecco che tutti i rapporti si sballano: la scuola non insegna pi o per lo meno non educa al bello, e nemmeno pretende la memorizzazione; il lavoro ti assume, quando ti assume, sfrutta i famosi due anni di sgravi fiscali e poi avanti un altro; la politica priva la cultura dei fondi necessari per far crescere il suo popolo verso la scoperta del bello e la difesa dell antico e allora i bamboccioni si chiudono in s stessi e si danno all alcol e allo spinello; si danno allo sballo: diventano materialisti, poich il bisogno rende tali. Il Wellness va bene per chi non ha problemi ec onomici, perch difficile essere in mens sana quando non tieni lavoro o ti tengono le porte chiuse. Non possiamo lamentarci che poi mancano alle esposizioni di un mostro sacro dell Arte quale Ilario Fioravanti. E poi vorrei dire, se fosse possibile, a P.P. Pasolini: Non so come tu eri da ragazzo, ma io a 15, 16 anni, non mi sono mai emozionato davanti ad un Caravaggio. Beato quel ragazzo che in grado di farlo Forse perch l Arte, essendo materia di spirito o connaturata o una conquista privata dell et della maturit. Questa la mia opinione, l opinione solitaria di un osservatore, altrettanto solitario. Come un artista che non trova bottega. Sull ArteFiera mi riserver di parlarne poi, confrontandone i contenuti con la suggestiva opera di Ilario Fioravanti.

30 gennaio 2008

ARTE FIERA, ILARIO FIORAVANTI E GIORGIO VILLA

Ho letto con estrema attenzione l intervista fatta da Elide Giordani a Giorgio Villa e apparsa su queste pagine alcuni giorni fa: amaro sfogo dai toni duri, perentori, su situazioni in cui emerge la frustrazione di sentirsi emarginato dalla vita cultura le della Cesena che diventata la sua citt per scelta razionale, per quell amore farcito di riflessioni, di cultura profonda, di condivisioni vicessitudinali di una intera vita vissuta nella maturit tra le mura cittadine, infarcita, forse, anche da quei tipici sentimenti che accomunano tutti gli emigranti: nostalgia della propria terra natia e scelta di amare la terra che ti ospita. Ma questa sua citt ospitale, a suo dire, stata talmente distratta da non accorgersi di questo figlio adottato che pure tanto ha fatto e tanto continua a fare al di fuori, tanto da riacutizzare quel sentimento di emigrante: astronauta che poggia i piedi, in solitudine, su una stazione orbitante indifferente, mentre la propria casa chiss dove . Il romagnolo, dovrebbe comprendere forse meglio di chiunque altro l amore per la patria, poich con il cuore canta da sempre Romagna mia , e comprendere l acuta necessit di sentirsi figli di una terra, anche di quella che ti ospita; sentirsi un estraneo, magari dopo 40, 50 anni di vita vissuta, ha il sapore della sconfitta, non di chi la subisce, ma di chi ti ospita. La sua amarezza va compresa ed , al contempo, un invito a riflessioni che saranno obbligatorie, sono obbligatorie, in una fase di globalizzazione come l attuale: non c solo la casa da dare, non c solo il lavoro da assicurare, ma c da donare quel senso di appartenenza alle comunit, figlie di altre culture e nazioni, che cercano quella dignit che non hanno trovato nei loro paesi avari di valori fondamentali. Sicuramente Cesena in debito culturale nei confronti di Villa. Ma al contempo non condivido il giudizio che Villa ha fatto di Ilario Fioravanti come artista. Mi scuso, anticipatamente con la Giordani e con Villa , se dovessi aver frainteso le parole, ma credo, con profonda convinzione, che Fioravanti abbia tutti

i titoli per essere considerato protagonista non di un evento, bens dell evento . E mi riferisco alla mostra in corso, condivisa tra Palazzo Romagnoli e il Palazzo del Ridotto. Al contempo non spender molte parole per questo sensibile artista, poich ritengo che la lettura fatta dalla curatrice, Signora Zattini, delle opere, sia esaustivo. Non amo la piaggeria ne tantomeno l esibizionismo verbale, mi limito solo a sottolineare che Ilario Fioravanti testimonianza vivente di un arte che non teme confronti e che non sovrapponibile alle espressioni artistiche contemporanee: c una radice che trae alimento da profondit troppo personali da essere confrontata con esperienze pi superficiali, dermiche, di chi ricerca validit estetiche ma che non possiede il suggestivo rombo, il tuono imperioso, dell anima, di uno spirito che consegna nelle mani dell artista messaggi che vengono da lontananze irraggiungibili. Fioravanti ha scritto una corposa p agina di Arte contemporanea che dovrebbe invitare, spingere, coloro che ne hanno i mezzi, a comporre tutti gli sforzi possibili affinch venga ospitato in un libro di Storia dell Arte Italiana. Ma dell Arte contemporanea ho voluto vedere cosa offriva l Ar teFiera di Bologna. C era da aspettarselo: continua la ricerca, all interno di un mondo disgregato, dell elemento idoneo che possa destare stupore. Tutto utile allo scopo: dalla spugna per ricreare tronchi di albero, all elettronica e agli schermi a cris talli liquidi, agli stracci, all iperrealismo iperstantio. Se questa cultura, quella che richiama il lirismo compositivo al quale la Storia dell Arte ci ha abituato, e che richiamiamo continuamente quando vogliamo parlare di Arte, lo potr dire la genera zione adulta dell anno 2050. Sicuramente questa arte di inizio secolo. Ma quanto potr fare la magia di parole come contestualizzare ? Bah ! Ho paura che faremo ridere le generazioni future cos come ridiamo, per taluni aspetti, delle generazioni di inizio 900. In ultimo vorrei sottolineare come le espressioni, diciamo artistiche, trovate in questa esposizione non potrebbero mai essere create in una realt come quella cesenate o forlivese ecc. Il confronto fa subito emergere come contenuta, timidamente conservatrice, sia la creativit locale, tanto che l arte termografica di Pulini, presentata dalla Galleria Goethe di Bolzano, in quel di Bologna, appariva come un espressione borghese della cultura. Interazione con la stasi culturale degli usufruitori dell arte? Provincialismo espressivo? Chiss. Sicuramente, ai miei occhi, il tutto apparso come slanci di performance che presto soccomberanno, sono

sicuro, alle realt sostanziose di contenuti artistici come quelli espressi dal grande Ilario Fioravanti.

3 febbraio 2008

SULL ARCHITETTURA DELLA CHIESA

Mi inserisco volentieri nell interessante dibattito sulla Chiesa, intesa e come edificio predisposto al culto e come concetto di raccolta di una comunit che si riconosce nella stessa fede. Ho letto i vari interventi e ho notato elementi di sicura oggettivit e altri molto pi vicini a punti di vista personali che, comunque, hanno reso il confronto stimolante: le fasi di commozione che possono catturare o meno la sfera emotiva di un individuo sono legate alla sua sensibilit privata, ma altrettanto ovvio come la struttura architettonica, certe luci soffuse, certi odori di incenso o di candele possano, indubbiamente, scatenare quelle emozioni che hanno ragione di essere, per, in stati d animo gi preesistenti all ingresso in un determinato luogo di culto. Una cosa certa: nei primi secoli dell era cristiana gli edifici religiosi erano costruiti assecondando il mistero che dovevano racchiudere e non per esaltare il genio creativo o addirittura eccentrico, di architetti come succedeva in un passato recente come nell epoca barocca o nella nostra contemporaneit. L edificio sacro di epoca paleocristiana, non fu una rielaborazione delle basiliche pagane come sostenne Leon Battista Alberti gli antichi templi di epoca romana furono luoghi scelti per due motivi e ssenzialmente, a) esisteva una struttura con solide fondamenta e pareti adatte a essere riutilizzate b) c era abbondanza di materiale da riutilizzare ma per concretizzare attraverso calce e mattoni e forma il senso del cammino delle fede cristiana.

L opera finita risultava essere la vittoria della fede cristiana sul culto pagano, ma rappresentava, volutamente, il cammino simbolico di un fedele verso la sua ultima tappa, ad imitazione di Cristo. Questa lettura si vedeva gi dalla pianta: dal punto di vista della distribuzione architettonica degli spazi, le Basiliche cristiane, presentavano una simmetria bilaterale, rispetto all'asse longitudinale; si svilupparono lungo l'asse longitudinale, prendendo un orientamento da ovest verso est, con chiari riferimenti simbolici. Anche la forma della pianta aveva un forte significato: essendo a forma di croce essa rappresentava un chiaro richiamo alla croce del Cristo . Nelle basiliche di questo periodo come l antica basilica di San Pietro a Roma, Sant Ambrogio a Milano e la stessa Basilica di Sant Apollinare in Classe a Ravenna, i fedeli entravano da un cortile quadrangolare, porticato e scoperto, detto quadriportico. Il quadriportico aveva la funzione di raccogliere i

catecumeni durante il periodo della loro istruzione. I catecumeni, erano coloro i quali non erano ancora battezzati. Il quadriportico, quindi, come simbolo di accoglienza di coloro che aspiravano alla conoscenza cristica; nel quadriportico che si trovavano spesso dei pozzi di acqua a simbolo del battesimo. Una volta battezzati i fedeli potevano iniziare il loro cammino di fede lungo la navata centrale che rappresentava il percorso perfetto, quello fatto da Cristo, altrimenti c erano le navate laterali a simboleggiare un cammino meno perfetto ma condott o all interno di Madre Chiesa. La navata centrale conduceva al luogo del sacrificio l altare/Golgota dove il sacerdote/Cristo avrebbe rinnovato nel tempo il sacrificio supremo di Dio incarnato. L abside o catino absidale era destinato ad accogliere il sangue dell alleanza.

Con il tempo si perse il senso del cammino mistico e le tendenze estetiche estranee a questa simbologia presero il sopravvento: la Cripta importata dai longobardi assieme al Campanile rese intimit al culto ma sconvolse la visione architettonica della simbologia; l architettura romanica accentu nell isolamento il mistero di Cristo, appesantendo le costruzioni con un linguaggio consono al senso del dramma che anim l Italia medievale, mentre i barbari francesi e tedeschi innalzavano leggiadre verso il cielo, oltre che ai gridi di speranza, alle preghiere, e ai roghi alimentati dalle superstizioni, le Cattedrali gotiche - la Cattedrale goticheggiante di Cesena venne costruita da Unterwald un capomastro d oltralpe. Poi venne il Rinascimento ad appesantire con orpelli decorativi, ancora contenuti nelle loro sobriet lineari, gli interni e con il Barocco si pens pi a stupire che a convertire. Le Chiese dei nostri giorni, a partire dagli anni 20 del novecento vedi Aprilia, Latina, Pomezia - sono prive di simbologia, pi strutturate sulla linearit per arrivare, poi, ad ardite costruzioni in cemento armato che glorificano solo se stesse, distanti come sono dall accogliere la preghiera di un fedele vedi la chiesa di Opcina a Trieste. Per concludere, viviamo in un tempo che al cristiano richiesta la consapevolezza di s e del messaggio in cui crede, indipendentemente da dove si trova, come disse Ges alla samaritana: Credimi, donna, giunto il momento in cui n su questo monte, n in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, ... Le simbologie sono superate, vero; rimangono nei mandala tibetani ad alimentare speranze in occidentali che hanno perso la bussola. La Storia dell Arte

ci ha lasciato bellissimi esempi della creativit umana ed questo sforzo, imperfetto, di essere pi vicini a Dio che dovrebbe commuovere, mentre mi indigna, al contempo, l approssimazione progettuale, spesso fine a se stessa, di chi si accinge a pensare ai nuovi luoghi di culto.

10 febbraio 2008

SU RUUDT WACKERS

Mi accingo sempre volentieri ad esternare le mie riflessioni su un artista transnazionale come l olandese Ruudt Wackers Galleria Pieri, Cesena e le motivazioni le ritrovo osservando le sue opere che nulla hanno a che fare con le precedenti esposizioni fatte a Cesena, negli anni scorsi, pur rimanendo, comunque, legate tra loro dall identit, per cos dire, genetica, concettuale e narrat iva propria dell artista. In effetti, in quest ultima mostra, Wackers, affronta le tematiche del paesaggio e della figura, eterni temi che non stancano mai di indurre riflessioni, affrontandone i contenuti attraverso una fase nuova della sua pittura: siam o in bilico tra uno espressionismo di sintesi espositiva e un racconto che ai confini con la concezione propria dell astrattismo. L artista, indubbio, entrato in una fase nuova della sua pittura ed una scoperta piacevolissima; qui si pu toccare con mano l importanza della ricerca nell esperienza di un artista, poich solo grazie a questa libert di espressione che la stessa permette di accedere a nuove visioni del mondo. E quindi ancor pi vero che la produzione di una artista, come Wackers, vada vista e vissuta in prospettiva, onde comprendere al meglio quell evoluzione che non appartiene mai solo ad una fase razionale ma anche a quella emotiva ed esistenziale della personalit dell artista, in generale. E questo aspetto molto pi vero per Wackers, il quale ha superato brillantemente la difficile soglia, terrore di tutti coloro che con fatica hanno guadagnato una certa notoriet, soglia rappresentata dalla paura di perdere l identit esecutiva e tematica, spesso imposta da autocastranti leggi di mercato che costringono gli artisti ad una produzione industriale per ripetitivit, e quindi priva di entusiasmo e di innovazione. Sottolineavo la necessit di leggere in prospettiva il cammino artistico di Wackers: nelle produzioni figurative degli ann i 60 e 70 forte la connotazione baconiana; volti corpi immersi in ambienti bruni, scossi di tensioni esistenziali paradossali. Stranamente, sebbene a latitudini differenti e distanze immense, questo aspetto nasce e acquista un forte contatto con la pro duzione di Sughi. Gli anni 80 rappresentano una svolta decisiva per Wackers: introduce il colore, seppure timidamente, appaiono dalle tinte grigie, che si alleggeriscono, e brune, i primi bagliori di un nuovo modo di esporre la propria intima prosa. Se il colore linguaggio e la scelta degli stessi colori rappresenta la forma e i contenuti narrativi di un artista, allora, Wackers ha abbandonato in questi anni, problematiche intense per affacciarsi ad una visione del mondo pi ottimista. I

cieli, sebbene caotici, sono irradiati da sfumature azzurrognole-violacee che ricordano il rinascimento italiano da Raffaello fino al barocco del Cagnacci nel trionfo di San Valeriano e San Mercuriale. Siamo di fronte ad una pittura sentita pi che ragionata. E rinascimentali, nel loro veloce quanto sicuro disegno appaiono le figure di nudi acquarellati. Gli anni 90 e sono gli anni dei quali direttamente ho potuto vederne la produzione - grazie alle iniziative della Signora Fiorella Pieri, dapprima all Ex Pescheria e poi, nel 2003 presso la Galleria Cesuola rappresentano l esplosione del mondo colorato di Wackers che attinge il suo incedere narrativo nell impressionismo di Van Gogh e Gauguin: i paesaggi sono sinonimi di poesia ritmata su tonalit calde e trasparenti: il nero non mai usato, preferendo le ombre violacee o blu. Ma questa fase, per le motivazione su dette, sembra essere ormai superata: Wackers abbandona il senso della figura per tuffarsi nel pieno del colore - e qui troviamo attinenza con la pittura di Pulini con i

suo verdi e rossi accostati senza timore iconografico. Ma la natura, quella che non abbandona mai l individuo perch incisa nei propri geni, non pu rimanere inascoltata: il paesaggio, sebbene lontano dalla visione di Bacon, acquista in questo periodo una drammaticit inaspettata, richiamando antiche memorie che sembrano aver presa sulla visione ottimistica degli anni 90. I rosso sono squarci di cielo opprimenti e che divorano ogni cosa deformandola, e questo cos se non l anticamera di un astrattismo che tende a sgretolare la realt racchiusa dentro forme note. Le figure, altrettanto drammi illuminati da riflessi verdognoli. Sotto la narrazione di questo maestro della pittura, nel senso pi vero della parola, par di sentire, sempre pi chiaro, il muto Urlo di Munch che vorrebbe far parte come

leit motiv di questa ultima produzione, colorata ma densa di intimi conflitti, evidentemente, mai risolti.

21 febbraio 2008

SU TONINO GOTTARELLI

Il 23 febbraio scorso, presso la Fondazione Gottarelli in quel di Imola, si tenuta una commemorazione dell omonimo artista. A Tonino Gottarelli, illustre artista imolese, morto all et di 87 anni nel 2007, la Citt di Imola ha voluto dedicare un ricordo ricco di testimonianze; il ricordo di un protagonista nel campo dell arte e della letteratura. Laureatosi negli anni 40 del novecento in filosofia, Gottarelli inizi il suo percorso esistenziale impegnandosi contemporaneamente nella riflessione letteraria e nella pittura: un binomio accomunato da una unica matrice, quella di conoscere il mondo circostante, mondo elaborato dalle propri emozioni. Un binomio che non lo abbandoner mai. Per questa sua continua ricerca, per questo suo costruire il percorso della sua vita attraverso l osservazione, tanto da affermare in una sua riflessione come lo sguardo costruisca le cose possiamo definirlo come artista atipico, originale, profondo: un artista on the road . La bicicletta da corsa esposta su un antico scaffale, che dalle macchie di colore appiccicate sulla sua struttura si pu indovinarne l uso, diventa l emblema del suo continuo incedere verso la scoperta quotidiana. Per Gottarelli tutto era meraviglia, una mucca al pascolo, un cartello stradale. Incontrai l artista per la prima volta alla sua antologica ina ugurata nel novembre del 2005 a Cesena, presso la Galleria dell Ex Pescheria. Mi colp il suo sguardo incorniciato dal bianco della barba lunga fusa nei capelli altrettanto lunghi; rammento lo sguardo apparentemente assente, lo sguardo di chi ha smesso di guardare all esterno per scandagliare la sua realt interiore, fatta di memorie vissute lungo la strada, quella strada che fu oggetto di molte sue opere. L energia fisica che lo spingeva a pedalare su per le colline romagnole lo aveva abbandonato da tempo, ma aveva continuato a viaggiare con i mezzi dello spirito, con quella tipicit che contraddistingue chi consapevole di aver vissuto pienamente la vita senza quella paura di invecchiare. Paura che avvelena menti e cuori di moltissime persone, le quali perdono definitivamente un prezioso tesoro: la vecchiaia, vissuta con serenit e pienezza di idee; che pu donare quella consapevolezza di aver acquisito, conquistato, il senso della vita, attraverso le assottigliate pareti che dividono il proprio io dall io trascendentale, cassa di risonanza di quelle emozioni spirituali che ampliano l orizzonte della propria mente e che forniscono, al contempo, la chiave di lettura della propria e delle altrui esistenze.

Pittore-filosofo dunque. Di lui hanno parlato in molti e i molti non hanno potuto non sottolineare le caratteristiche originali del suo percorso e della sua opera: ogni immagine pittorica un verso di una lunga riflessione poetica ritmata dai colori, iniziata nella sua giovinezza e terminata con la sua d ipartita. Interessante, ora, lo sforzo che la Fondazione si propone di affrontare, ossia far conoscere Gottarelli all ampia platea nazionale. A tal proposito, l assessore alla Cultura imolese ha fatto una osservazione illuminante, quanto inusuale a sentirsi per bocca di un amministratore comunale: sarebbe bene che la celebrazione di un artista avvenisse quando egli ancora in vita, e non dopo la sua morte . Certamente, queste, sono parole di grande peso e di contenuti culturali, e a dirla tutta, poco uditi e udibili per bocca, appunto, di un amministratore c omunale. La Cultura campo di azione della politica; non dobbiamo nasconderci dietro un dito. E questo ancor pi evidente nella scala ridotta della vita di una comunit cittadina. Sorge per un dubbio: chi decide se questo o quell artista ancora in vita debba essere celebrato in pompa magna? La politica? O la Cultura?

Sinceramente parlando, vista la realt delle cose, in questo clima di vicendevoli rapporti ossequiosi e interessati, meglio aspettare che un artista muoia, almeno si potr evidenziare che non ci furono interessi da entrambe le parti se non quelli squisitamente culturali. Nulla toglie, per, che il miracolo possa avvenire, il miracolo di una semplice, quanto incontaminata, analisi culturale e nulla esclude che Imola possa appartenere a questo paradiso intellettuale. Comunque sia, un artista che muore un artista che ha chiuso molte finestre aperte su sensibilit uniche e irripetibili. Rimarranno, di Gottarelli, le sue opere a testimoniare come l Arte sia un espressione antropologica di grande importanza per la qualit della vita: uno strumento contro la barbarie dell ignoranza e della grettezza di molti. E Gottarelli ne ha fatto un suo baluardo sin da epoche lontane da una certa approssimazione e superficialit, come lontano da certe espressioni pregne di banalit.

7 marzo 2008

SU LUCIANO NAVACCHIA E ARTISTI MILITARI DEL 5 STORMO DI CERVIA

Sabato 15 marzo, presso la galleria Liverani Via fratti 14, Forl - ha inaugurato la personale il pittore cesenate Luciano Navacchia. Mi stata offerta l opportunit di presentare le opere dell artista, offerta che ho accettato volentieri, poich stimo molto l espressionismo pittorico di Navacchia, che va oltre gli standard usuali riscontrabili all interno di questa corrente pittorica. Espressionismo elaborato, ma in evoluzione. Il catalogo dell artista presente in mostra la prova concreta che, in questo momento, Navacchia sta elaborando visioni, vivendo emozioni, in maniera significativamente differente dal passato; pur rimanendo visibile e riconoscibile il suo approccio, il suo modo di affrontare la tematica, essenzialmente sociale. Massimo Cacciari in un editoriale sulla poesia La Voce, 16 marzo affermando come la: Poesia non l espressione mediata di un emozione; un emozione esatta si sovrapposto ad una analisi coerentemente efficace anche per la pittura; d'altronde che differenza c tra un emozione espressa in versi e una espressa con una scala cromatica? Nessuna differenza per se stessa, cambia solo il modo di leggere le due emozioni. All interno di questa apparente digressione analitica, troviamo con pienezza tutti gli elementi che possono aiutare ad identificare le dinamiche di come l emozione possa subire alternanze e modificarsi con il tempo. E il caso di Navacchia, come dicevamo, che sta affrontando in maniera pi decisa la sua visione del mondo. Nel catalogo a cui facevo riferimento possibile constatare come egli amasse, fino ad un passato recente, interpretare le emozioni o per meglio dire: come palesasse le sue emozioni in maniera dinamica: l opera Le sedie la rappresentazione di un mondo geometrizzato altamente dinamico che porta con se la lezione del movimento futurista e quella dei piani ribaltati del cubismo, ma senza forzature o i rifacimenti tipici di questi linguaggi; ne aveva, semplicemente, assorbito la profonda lezione trovando in esse quelle congenialit espressive che sono state da tempo, personalizzate. Ora, questa lunga fase, iniziata negli anni 70 del novecento, sembra esser e terminata: l artista attende le sue emozioni e non permette che queste prendano il sopravvento: non si lascia usare ma le usa. Ecco perch la pittura esposta in questa mostra appare posata , maggiormente meditata e, quindi, non pi affidata al movimento: i verticalismi presenti, sono accennati da deboli sgocciolature guidate

dal complesso narrativo, mentre permane la sua poesia fatta di colori apparentemente retroilluminati, pur mantenendosi fedele alla concezione della figurazione da sempre delicata e impalpabile. Interessante quindi sottolineare come Navacchia ha iniziato un cammino narrativo in maniera contraria dal solito incedere: con l et, la maturit, infatti, l artista, tende a disgregare la sua visione, la sua la narrazione, per tuffarsi nella sinfonia del colore; abbandona la geometria visiva per fondersi in un informe danza di colori; Navacchia invece, rafforza la sua analisi; rallenta il suo incedere, spingendosi verso analisi pi impegnative da fermare sulla tela: con maggior vigore ferma le emozioni provenienti dai meandri, sempre atti a sorprendere, della propria personalit per riaffermare il suo principio creativo. Lo aspettano giorni di maggior impegno.

Che l arte sia una continua scoperta, anche in un periodo di grande crisi di linguaggio, non deve meravigliare: rallentare il passo davanti ad un opera di arte visiva , oggigiorno, il modo migliore, un obbligo se si vuole comprendere, vista la grande mole di produzione artistica, e per non fare di tutta un erba un fascio. E cos ho fatto dal momento che sono stato invitato a visitare una collettiva di pittura e grafica all interno del Villaggio Azzurro del 5 Stormo Cesena, Villa

Chiaviche - e ho potuto notare, essendo gli autori artisti in divisa, e non avendo aspettative, per cos dire di giudizio di piazza , come la loro capacit espressiva seguisse percorsi totalmente liberi da condizionamenti. Questo presupposto ha permesso l elaborazione di espressioni originali che hanno elementi raramente riscontrabili nei pittori che di questa attivit ne fanno un mestiere. Il sottufficiale Antonio Edgard Russo, per esempio, ama ritirarsi in paesaggi mediati da linee di orizzonti marini: ricami vaporosi di imponenti nubi su coste mediterranee finemente trattate. Il mare, il simbolo, sembrano appartenere ad un mondo pirandelliano del treno che va e che si perde nella lontananza; Renato Cafara, diplomatosi all Accademia delle belle Arti mostra consapevolezza tecnica nelle sue puntesecche e acqueforti o nei sogni femminili alla Lempicka. Al tri espositori: Cosimo Carbone e Adelchi Vigile. Ecco, concludendo, mi rimane che sottolineare come importante sia essere svincolati da qualsiasi condizionamento per esprimere al meglio la marea di emozioni che prende colui, coloro che nell Arte hanno trovato il vocabolario idoneo ai loro personali linguaggi.

16 marzo 2008

SULLA CULTURA E SULL ARTE

Ho dovuto rompere il mio riserbo per intervenire su queste pagine, traendo spunto dalla riflessione di Davide Brullo Venerd 28 marzo - sulla decisione di mettere a morte poeti e poesie delle generazioni giovani . Ho rotto gli indugi e mi sono immerso in quegli spazi privati, animati dai Ciao Davide, come ti butta? di quel Luca Merdone che vuole essere fatto a pezzi, o dagli interventi antimoderni di Usai; spazi privati in cui non mi riconosco - forse a causa della forte tensione che li anima: la propensione, tutta altomedievale, all autoflagellarsi, sperando nella purificazione della propria esistenza intellettuale ma li apprezzo per la loro capacit di espansione dialettica. E tra i volteggi verbali di Brullo, quindi, che ho colto una realt che pu accomunarsi all arte visiva contemporanea, alla pittura, in particolar modo. E per questo che mi sono tuffato nel volteggio pindarico. Scrive Brullo: Questo il vero dramma dei poeti anagraficamente pi giovani degli altri, che hanno meno stellette degli altri e meno pacche sulla spalla, la solitudine. Bene, sostituiamo alla parola poeti con pittori e il senso del discorso non cambier. Sono perfettamente in sintonia, inoltre, quando scrive: si sa, storia brutta quella di chi prende sul serio il proprio paio di braghe e questa seriosit la troviamo tra le: ciurme di occhialuti, boriosi, scafati, intelligentissimi trentenni che sembra che di anni ne abbiano ottanta e qui ci mettiamo i Galleristi dell ultima generazione. A morte i galleristi giovani! Mi associo in questa proclama rigeneratrice ma perdente. Perdente perch sono deceduti, messi a morte i valori di quella cultura che hanno fatto la Storia dell Arte e della Letteratura, i motori possenti dell onest intellettuale: oggi tutti scrivono, tutti dipingono, molti fanno i registi cinematografici e tutti credono di poter rifare il verso ai grandi. E in questa autoesaltazione chi ci rimette l arte del poetare, della pittura, della narrazione cinematografica. Ma vuoi vedere che la mia datata equazione Pi cultura, pi banalit culturale si riveli essere realt? Sicuramente vero che il sistema della Cultura, dell Arte saltato da un pezzo. Andare a fare il portaborse , come scrive Brullo, una realt nata dal generale d isinteresse che ha anestetizzato i protagonisti del sistema della Cultura italiana, i quali non hanno pi interesse all analisi di questo o quel pezzo poetico o pittorico; sono preoccupati solo dal risultato che potrebbe avere non sulla Cultura ma sul

mercato. E un sistema ormai pervertito, ove si specula sulle false o presunte tali speranze di chi ancora crede nell Arte della Parola o della Visione. Grande responsabilit nella Critica, in quel pezzo del sistema che doveva dar significato all espressione artistica all interno del panorama culturale. Invece no. Sono ormai, i critici, parolai di mestiere che ricevono adeguati compensi e quindi sono costretti ad accontentare il datore di lavoro di quel momento. Tra questi responsabili aggiungiamo, appunto, i Galleristi, moderni affittacamere. Mi giunta proprio oggi questa missiva da parte di una associazione di pittori. La riporto testualmente: Cari Amici, la nostra Community funziona e funziona alla grande, vi ricorderete che avevamo fatto un mezzo accordo con La Saletta di Lignano Sabbiadoro? Bene un nostro associato mi ha scritto dicendo che le belle parole che ci hanno scritto non corrispondono affatto a verit e che con loro ha avuto dei grossi problemi... E di queste lettere ne ricevo tante, senza contare di quelle presunte case editrici che promettono di realizzare cataloghi, si fanno dare anticipi e poi scompaiono. Ecco, La Poesia, la Letteratura, la Pittura, soffrono di un mal comune: il menefreghismo per la Cultura e l attenzione al guadagno, po i, l inaccessibilit alle Gallerie serie che non guardano a ci che si presenta loro , ma, come scrive Brullo, guardano alle stellette , finisce per cronicizzare il male, poich assodato come a costoro non interessi la Cultura per s stessa, ma la potenzialit sul mercato. Carissimo Dante, caro Leopardi, caro Morandi sicuramente oggi, voi, fareste parte di quella marea di frustrati che vivono la loro solitudine come maledizione e con sensi di colpa di essere dei falliti. Avrebbero avuto pi successo i testi letterali dei protagonisti di Zelig che non le divine commedie o gli infiniti . In realt fallita, in Italia, la Cultura, e quella ectoplasmatica che si vede in giro in mano ai lobbisti che si spartiscono la torta. Se poi qualcuno riesce a farne parte, non la qualit ma sar il riscontro di mercato che ne far un divo. Poco contano le migliaia di case editrici che sono nate con il PC sottobraccio; ti accolgono a bracci aperte basta che paghi le mille copie che ti vuoi far stampare, illudend oti, poi, di essere uno scrittore alla pari dei noti; poco contano le Gallerie di Milano o di Brescia che ti invitano ad esporre da loro, perch hanno apprezzato la tua pittura , basta che paghi!

28 marzo 2006

SU UNA RIFLESSIONEMolto interessante ho trovato la lettura dell Elzeviro di Tiziano Mariani domenica 6 aprile una buona lettura che ha stimolato ulteriori riflessioni; mi riferisco in particolar modo all affermazione: la grande arte pi reale della realt, perch pi vicina alla ver it e che racchiude il senso dell Elzeviro stesso. Probabilmente, la lunga riflessione portata avanti da Mariani - e dai suoi studenti ha avuto il giusto input dalla e nella discussione affrontata con lo scultore Ilario Fioravanti; ogni incontro con un rappresentante dell arte di per se stimolante. Sempre. Da discussione a riflessione. Da riflessione a discussione dunque. Mi permetto cos, di entrare nel merito di alcune riflessioni parallele, sperando che diano un significativo contributo ad un settore del sentire antropologico, spesso, quasi sempre, superato e oscurato dai bla-bla della nostra contemporaneit. Non gossip, ma attenta e ponderata riflessione su cosa sia l arte. Dunque: una cosa degna di essere, tra le tante, sottolineata, nella frase virgolettata, data dalle parole la grande arte . In questa affermazione, a mio parere, giace insoluto l odierno, quanto antico e contemporaneo insoluto dilemma di cosa sia la grande arte; contemporaneamente si pone anche il problema di chi pu o deve definire l arte come grande; di chi pu o deve dis tinguere l arte dalla grande arte. Una risposta rintracciabile solo nell ambito della Storia dell Arte. Perch Caravaggio grande? Forse perch era un abile disegnatore e un altrettanto abile verista? Sicuramente, ma un altra cosa l ha reso celebre e celebrato: la sua intuizione iconografica nell affermare, una volta per tutte, con la sua opera, che l idealizzazione rinascimentale aveva fatto il suo tempo, assumendo il ruolo di spartiacque tra due epoche, quella raffaellesca da una parte, fatta di subli mi rappresentazioni idealizzanti una realt che non era di questo mondo e quella caravaggesca, appunto, fatta totalmente di questo mondo. La realt di questo mondo rappresentata - non importa se evocante un episodio storico- dalla concretezza delle forme e della materia e, magari, dal colore del sangue, sempre uguale a s stesso in tutte le epoche. Ecco cosa fa di un arte una grande arte: abilit, intuizione e apporto culturale. Non certo solo la tecnica. Nella nostra contemporaneit troviamo moltissime opere di grande prestigio tecnico ed esecutivo ma scarse in apporto culturale; un po come certe attrici bellissime ma meglio che stiano zitte. Allora, ecco che tutta la struttura dialettica esposta da Mariani acquista una luce differente se analizzata con questa chiave di lettura. Se arte pi reale della realt allora quella verit a cui dovrebbe avvicinarci rimane condizionata dal fatto se ci troviamo davanti o meno ad una grande opera d arte, ma, contemporaneamente, all interrogativo: chi pu o deve ecc. Se certo che e sar la storia dell arte a fare grande un opera, e quindi ad oggettivizzarne i contenuti, in attesa che questo

accada, non ci si pu non rendere conto che la verit, a cui vorrebbe accompagnarci un elaborato artistico, non pu che essere soggettiva. L arte, quindi, anche se una finzione come la realt, questo afferma Mariani, non pu che essere una finzione elaborata da una soggettivit cos come soggettiva la percezione della realt - e, se fosse possibile, intravvedere una qualche verit, questa, non potr che essere usufruita da un altra soggettivit. Ma a cosa dovuta questa convinzione? Dall assunto che un linguaggio elaborato sia esso letterario, sia esso pittorico o musicale - viene espresso dalla e nella stessa contemporaneit accomunante l artista come l usufruitore. Ebbene, in questa situazione di contemporaneit, il risultato finale dell analisi non potr che portare ad intuizioni di natura esclusivamente soggettiva, perch contaminate dallo stesso linguag gio. In questo caso la realt del quadrato non regge pi. Il sovente sottolineare, nelle mie riflessioni, di quanto sia importante conoscere la data di un opera per apprezzarne a pieno i contenuti, nasce da questa convinzione: per essere grande un opera se merita - deve poter essere apprezzata solo quando il suo contorno culturale sar sedimentato nel passato. Allora emerger una Verit, sebbene contaminata da una cultura che ormai passata, ne sar anche una testimonianza oggettiva di ci che fu. Credo sia comprensibile, a questo punto, come non condivida appieno la generica affermazione che l arte avvicina alla verit. E se verit rintracciabile nel segno dell arte, questa sar possibile individuarla solo a distanza di tempo. Caravaggio fu osteggiato prima di essere conosciuto come un grande, solo perch usava un linguaggio non consono ai suoi tempi, non comprensibile e non condivisibile e quindi muto. Eppure conteneva verit, quelle verit che sono state trovate, per, molto dopo. La stessa opera di Fioravanti conoscer la giusta collocazione solo a distanza di tempo. Ecco perch le cose geniali, spesso, vanno a braccetto con le banali. Basta saperle distinguere. E qui trova nutrimento la crisi dell arte del nostro tempo. 7 aprile 2008

SU DOMENICO CANCELLI

Grande successo la personale del M cesenate Domenico Cancelli in quel di Forl Galleria Liverani, via Fratti 14. Quella dell artista una mostra di elaborati che danno la giusta chiave di lettura del suo percorso pittorico: una parte dell esposizione , infatti, dedicata a quella visione del mondo osservata, da sempre, attraverso la visione sughiana , punto di riferimento che ha accompagnato le riflessioni di Cancelli sin dalle sue prime esperienze pittoriche. Questo periodo, ormai superato, o in fase di superamento, messo a confronto con le opere della seconda fase: si tratta di lavori incentrati sulla maternit, sulla bellezza della nascita, espressi attraverso un disegno libero dai condizionamenti tipici delle problematiche del neorealismo esistenziale. E soprattutto il colore, quindi, a diventare protagonista di una nuova fase espressiva: gli ocra, gli azzurri e i viola, immaginati talvolta tenui, talvolta appesantiti dal ricordo, esordiscono con una nuova simbologia sociale: non pi le problematiche della provincialit comportamentale, ma una decisa apertura all ottimismo e alla ricerca di sensazioni affidate ad una nuova tavolozza. Un Cancelli, liberatosi del maestro Sughi alla maniera Zen: Se vuoi essere libero, uccidi il maestro che in te - pronto ad esprimere s stesso con inusuale libert espressiva, libert che lo avvicina spontaneamente a Matisse,

ma soprattutto al suo libero sentire. Videoregione ha, recentemente, dedicato un ottimo servizio al maestro e altrettanto ottimo quello che Teleromagna ha realizzato recentemente sulla sua esposizione forlivese che rimarr aperta fino al 24 aprile.

17 aprile 2008

SU CORRADO RICCI

La mostra dal tema La cura del bello, musei, storie, paesaggi per Corrado Ricci , attualmente in corso presso la Loggetta Lombardesca del MAR di Ravenna, ha in s notevoli potenzialit interlocutorie; non solo un omaggio al genio di Ricci, ma soprattutto un percorso attuato attraverso il grido di aiuto raccolto dall illustre ravennate, agli inizi del 900, e risolto con il buon senso . Non ci vuole molto ad arrivare a comprendere come fosse la situazione museale prima del Ricci, una situazione a dir poco umiliante nei confronti del patrimonio artistico italiano: se Ricci un genio solo perch ha attuato quello che doveva apparire come la cosa pi naturale da farsi, allora cosa erano tutti i vari curatori, direttori di musei e pinacoteche, personaggi tronfi e satrapi nella e della loro cultura? Sprovveduti? Ignoranti in materia? Superficiali o semplicemente menefreghisti e incapaci? Cos commenta Muratori: "veniva il dolce figlio, nel pieno della maturit e delle energie, a riscattare i monumenti della sua citt dalle barbare manomissioni e dal lungo abbandono". E il Muratori parla di Ravenna, capitale imperiale d occidente nel IV secolo! Il Ricci stesso, in una sua lettera, riporta come sia meglio lasciare perdere su come fosse la situazione prima che lui ci mettesse le mani; possiamo capire quanto antico fosse il vezzo italico di considerare l arte come una cenerentola, se non come cosa vecchia da eliminare. Prima del Ricci l arte era come l esposizione di un numismatico sprovveduto che mostra monete romane vicino a quelle cinesi di 10 secoli dopo, per poi vedere la nuova serie dell Euro affiancata dai tetragramma greci del tempo di Alessandro Magno: senza senso e senza percorsi di lettura. Nonostante questa rivoluzione di rivalutazione, non dimentichiamo, fino agli anni 60-70 del 900 si continu a distruggere il volto antico delle citt. Cesena ne un esempio. Tralascio volutamente il redigere la lista delle cose fatte dal Ricci per risistemare con acume e razionalit il vasto patrimonio artistico nelle varie citt italiane, Ravenna compresa - pi interessare la visita alla mostra - per soffermarmi su alcune riflessioni. Siamo sicuri che la lezione del Ricci possa essere stata compresa appieno all interno del nostro comune trattare l arte o i reperti artistici d epoche diverse tra loro? Siamo cos sicuri che il patrimonio artistico-culturale sia ancora e giustamente al centro delle attenzioni degli enti e organi competenti al suo mantenimento? Siamo altrettanto

sicuri che l opera d arte lasciataci dalle generazioni passate sia ancora oggetto di particolari valutazioni e quindi trattata come cosa unica e irripetibile? Un esempio di questa cura, senza allontanarci troppo, a Settecrociari di Cesena, la cui torre del XIII-XIV secolo sta andando in rovina tra l indifferenza di molti. Esistono a fianco di cose lodevoli esperienze di trascuratezza e menefreghismo tali da rendere qualsiasi amante dell arte voglioso di cambiare pianeta. La stessa pineta di Ravenna, celebrata da secoli, viene rosic chiata lentamente, come si fa col barattolo della nutella: per non affondare il cucchiaio nell infernale girone della cioccolata si pulisce il vetro tutt attorno, ma chiss com il livello della cioccolata si abbassa. La scusa che, avendo l Italia il 70% del patrimonio mondiale di opere d arte, non pu giustificare il malinteso senso di saziet che ancora, tutt oggi, permette la distruzione della storia: una questione di semplice educazione al senso della stessa, di sensibilit e di amore verso un passato che non si ripeter mai pi. Il restauro di palazzi antichi non passa pi attraverso scandagli e sondaggi mirati a recuperare, magari sotto strati di vernici quegli affreschi che abbellivano le stesse stanze secoli fa; si fa prima a demolire il tutto. Occhio non vede cuore non duole. L interesse per la cultura passa sempre in ultimo piano, eppure grazie alla cultura che siamo usciti dall epoca delle barbarie, non certo perch il vinto fosse stanco di combattere. L amore per la storia e i suoi reperti, ha insegnato Corrado Ricci, lascia in eredit alle future generazioni, potenzialit enormi di crescita, come mostra tutt ora la sua opera. La data pi importante della vita di Ricci, e per l Italia intera, sicuramente il 24 novembre 1897, quando nominato Sovrintendente dei monumenti di Ravenna, primo caso di soprintendenza nella storia del nostro paese. Oggi, se ancora molto rimane del patrimonio artistico, lo dobbiamo alle capacit e all amore di questo ravennate che primo tra tutti comprese il senso della storia e delle sue testimonianze. Il resto sembra abitudine e burocrazia. 29 aprile 2008

SU I DISEGNI DI UNA SCUOLA ELEMENTARE

Entrare nel mondo della creativit significa, semplicemente, entrare nella mente e nel cuore di chi la esercita. Non esiste alcun soggetto della creativit che non rechi con se l impronta psicologica dell esecutore. Ed proprio questa impronta che rende l esercizio della creativit interessante. L apporto culturale, poi, spesso frutto di stiracchiate analisi tese a dimostrare il grande ingegno o la capacit di sintesi creativa dell artista per giustificarne i meccanismi di mercato che sono questa la realt deformanti per l arte stessa. E in questa ottica che dico e affermo come non dovrebbero essere mai fatte esposizioni di lavori pittorici di bambini, di 3, di 6 e di 10 anni, al di fuori delle pareti scolastiche, poich, in esse e attraverso di esse, si finisce per vedere e comprendere ad occhi attenti come certa arte contemporanea trovi il suo trionfo anche sull inganno concettuale che la accompagna. I lavori degli alunni delle elementari della Scuola Carducci di Cesena, esposti nella sala inferiore del Palazzo del Ridotto, mostrano chiaramente come l apporto culturale di molti artisti rispecchi mentalit che, pedagogicamente, vero, sono definite infantili, ma, soprattutto, come certi linguaggi adulti, quando si liberano, intimamente, dalle incrostazioni dell intellettualismo, finiscano compiacevolmente per sovrapporsi ai linguaggi infantili dell espressivit. Sempre che, quando ci si trova di fronte a particolari espressioni pittoriche, il concetto di infantile mantenga il suo valor e semantico. Nella qual cosa non credo comunque. Certo, il punto di incontro, di sovrapposizione, lo si raggiunge percorrendo due vie differenti, ma se arte anche ci che si vede e ci che essa comunica, allora, gli alunni delle elementari della Carducci, o di qualsiasi altra scuola elementare beninteso, dovrebbero trovare posto, per esempio, nella prima edizione d Arte contemporanea che si terr a Faenza. Cosa pu esserci mai di diverso, nel confronto, tra le tanto decantate opere di Marc Kostabi, di Mattia Moreni o di Jean Michel Basquiat e le opere degli alunni Maia, Matilde, Chiara e Leone? Tanto per citarne alcuni Nulla, se non la contestualizzazione che certa critica mercenaria e compiacente con le leggi del mercato, disposta a fare nel ricostruire di quell intellettualismo che, a priori e intimamente, stato abbandonato dall artista stesso. Il processo elaborativo che stato compiuto dagli alunni, seguito con perizia pedagogica dalle insegnanti Valeria, Alice, Rosa, Donata, Donatella e E nza Campodoni, , quindi, lo stesso e

identico di quello che motore di espressivit nei conclamati o meno maestri dell Arte: si parte da uno spunto e si elabora emozionalmente quel messaggio che si agita nelle pieghe della psiche. Il risultato sar un ac tion painting o un concettuale; sar un graffito o un espressionismo L unica differenza tra la psiche di un bambino e un adulto non nella differenza fisiologica, che non esiste, ma nell esperienza e nel sentire, e quando si agisce, si dipinge emotivamen te, le due differenze finiscono sullo stesso livello del piano creativo. Hanno la valenza di due differenti esperienze, di due differenti modi di sentire. E nulla pi. Certo, la sicurezza esecutiva dell adulto non messa in discussione, specialmente se si parla di figurativismo o di verismo in questo caso l abilit esecutiva fa la differenza - ma questo aspetto, soprattutto quando legato al non figurativo per eccellenza, la distinzione tra l opera di un bambino di 3 anni e un adulto di 50 salta, e onestamente parlando, della sicurezza esecutiva nell analisi critica non si parla mai; si parla piuttosto dell apporto dato alla gallerie di immagini che popolano il mondo dell arte per poi dar fiato alle trombe della descrittivit di cosa vuole dire l artista . Quando si sta di fronte ad un opera appartenente alla sfera emotiva non esiste differenza tra un alunno delle elementari e Mattia Moreni. La differenza sta soltanto nel potere di schiacciamento e di prevaricazione che il mondo degli adulti si costruito per distinguersi dal mondo dell infanzia. E questo accade in molti settori, come quello dell Arte. Se pensiamo al mondo della canzone o della musica, di tanto in tanto emergono i cos detti bambini prodigio e qui l inganno e il senso della riflessione presente: il mondo degli adulti che per giustificare come spesso sia normale per un bambino esercitare con disinvoltura un linguaggio cos detto adulto, s inventato il termine bambino prodigio , solo cos si mantengono le differenze. Da quanto tempo i mass-media non parlano pi di bambini che sanno tutto della matematica o della chimica o della fisica? Provate a riflettere su questo punto e capirete come l adulto abbia paura di chi ha doti naturali di apprendimento superiore alla media. Geniali. In pittura questo accade tranquillamente; si preferisce pubblicizzare la pittura informale fatta da uno scimpanz le cui opere arricchiscono qualcuno. Guardaunp piuttosto che quelle appartenenti al cucciolo del genere umano. Concludendo, il movente di questa riflessione credo, sia stato compreso dal lettore: l Arte, in questi tempi di non-regole ormai qualcosa di effimero ove l unica cosa di concreto la certezza del mercato. Io ritengo, tanto per fare un esempio, che il fenomeno Marc Kostabi sia un grande bluff che tender a

sgonfiarsi allorquando qualcuno inizier a fare, anzi a ri-fare della Critica l onesto strumento di supporto all Arte. Fino ad allora dovremo sorbirci le tempeste ormonali di un mercato gonfiato dalla sete di guadagno a scapi to della delicatezza di quella che una volta era una Musa: la Musa ispiratrice della Pittura. La mostra rimane aperta fino al 27 aprile.

21 maggio 2008

SU LUCA ALINARI

Il fatto di poter incontrare, a Cesena, in un pomeriggio qualunque di un qualunque venerd, come quello del 30 maggio, un maestro dell Arte italiana del calibro, riconosciuto a livello internazionale, del pittore fiorentino Luca Alinari, un evento che, di per se stesso, merita un particolare plauso che va e alla signora Maria Grazia Melandri, organizzatrice dell incontro presso lo spazio espositivo della Galleria l Immagine e allo stesso maestro che, con semplicit, ha preso il treno ed venuto qui a Cesena, dalla sua terra toscana, per fare quella che stata una tanto semplice quanto interessante chiacchierata; accompagnata dalle stimolanti riflessioni del noto Critico d Arte, Enzo Dall Ara. Questa semplicit e disponibilit a rispondere alle domande poste dai presenti, disponibilit invidiata sicuramente da chi apprezza il maestro ma lontano, come i cinesi per esempio - che presto potranno ammirare le opere di Alinari da vicino, perch in partenza per il continente asiatico - introduce a quell affabilit insita nella personalit dell artista; affabilit che attraverso le morbidezze cromatiche ritroviamo nelle sue opere. Ma non dobbiamo fermare il nostro sguardo all epidermide del racconto espresso su tela dal maestro. Sarebbe un grande errore. Occorre affacciarsi, sbilanciarsi, probabilmente, totalmente dalla finestra che d su quel mondo solo apparentemente fiabesco del narratore. Dietro la morbidezza del linguaggio gli elementi culturali attinti, succhiati quasi come latte materno, dal ricco contenitore artistico fiorentino, ma assieme ad essi la rinascimentale tragica serenit. L Alinari, infatti, ha molto in comune con la lezione gotico-rinascimentale toscana: la serenit tragica dell annunciazione del Beato Angelico, per esempio, la compostezza iconografica dell angelo e di Maria all interno di un chiostro, contengono i semi della futura violenza, una violenza che aspetta il momento magico dell incarnazione, per tendere l agguato al Dio che nasce; per manifestare la sua dannata fisicit. In quell annunciazione c gi il peso del dramma della strage degli inn ocenti, anche se mascherata dalla tranquilla ritmicit dell architettura claustrale, quanto dalla rigorosit dialettica dell Angelico. Lo stesso dicasi per Alinari: figlio del suo tempo, ha prediletto il linguaggio fiabesco per ricomporre il reale. E una pittura impegnata quindi - ma solo se si ha il coraggio di scegliere questa chiave di lettura la particolare metafisica espressiva, solo apparentemente sembra una fuga dalla realt, ma, in

realt gioco di parole - come afferma il maestro un maquillage che nasconde la realt stessa Ma non dobbiamo meravigliarci; abbiamo forse dimenticato che la favola di Biancaneve inizia con un tentato infanticidio per arrivare all omicidio per avvelenamento? Ecco: spinto dalle peculiarit simboliche del proprio linguaggio, unico e personale, Alinari pone le sue figure, delicate come porcellane, animate da una apparente fissit espressiva - testimonianza di profondi quanto trasognanti sgomenti irrisolti - all interno di un ambiente rugoso che esattamente il contrario della figurazione stessa: un panorama problematico, impegnativo. Paradigma della nostra societ : alla delicatezza degli esseri, femminei per lo pi, Alinari contrappone la realt, quella che sa mascherarsi dietro facciate perbeniste, ma non prive di trappole e inganni. All ingenuit di cappuccetto rosso contrapposta, quindi, la voracit del lupo, del mostro, di quel mostro che lo stesso artista, nella sua attuale ricerca, ci riferisce, sta cercando di mettere in luce. Porsi davanti ad un opera dell Alinari, significa, a mio parere, intraprendere un cammino di lettura antropologica, del rapporto tra uomo e ambiente e dell influenza che questo ha su l uomo stesso, con la sua pesantezza esistenziale vissuta nelle solitudini incantate dei personaggi; si rende necessario, per, non cadere nella trappola della delicatezza dell incedere narrativo

dell Artista: maggiormente aggraziato il flato espressivo maggiore la presenza di quel mostro che vorrebbe divorare l armonia del creato. E di questo i p ersonaggi ne hanno piena consapevolezza. Sanno che il mostro in loro. Ecco perch sognano. Ecco, perch appaiono trasognanti: il loro un tentativo vano di fuga, poich sono consapevoli che la loro fuga dalla realt non ha vie di uscita. Sono e rimarranno figli del loro tempo. Come l artista, crocevia di sensazioni che aspettano di essere esternate con le delicate cromatiche note di un altra tragica, e apparente, favola. 30 maggio 2008

SU ALESSANDRO TOFANELLI

Va riconosciuto, alla professionalit della signora Maria Grazia Melandri, curatrice della Galleria L Immagine di Cesena, il merito di rendere possibile l avvicinarsi ai mostri sacri della pittura contemporanea nazionale e internazionale, con quella confidenzialit rara a trovarsi se non in salotti privati. E l atmosfera che viene a crearsi all interno dei periodici incontri con i maestri diventa cos pregna di affabilit, soprattutto da parte dell ospite, che possibile anche conoscere, dello stesso, non solo il suo volto professionale e artistico, ma anche quello pi intimo e familiare nascosto, di solito, da quella naturale recinzione a cui tutti sono chiamati al massimo rispetto. E dell altro volto o lato di un riconosciuto maestro dell Arte pittorica, e non solo, si parlato lo scorso 19 giugno con l ospite, il maestro Alessandro Tofanelli. Artista toscano vive in un casolare all interno di un bosco tipico della costa toscana viareggina - che a definirlo pittore appare di molto restrittivo: infatti, se la pittura, o meglio il disegno, stata la sua prima lingua espressiva, la sua completa forma mentis, connaturata, emerse sin dalle sue prime esperienze di osservazione del circostante, tanto da indirizzarlo, con sincero amore, verso la fotografia, la ripresa cinematografica, l esperienza documentarista, fino ad ottenere riconoscimenti prestigiosi, come nel suo ultimo film Contronatura che ha vinto il premio Europa Cinema al Festival Nice di New York e San Francisco. E stato anche operatore RAI nella Russia di Gorbaciov-Eltsin per ben tre anni e nella Jugoslavia ai tempi della guerra fratricida in nome dell ideologia politica. La sua formazione artistica e tecnica, in pittura e disegno, avviene presso l Accademia di Brera, Milano. Appassionato osservatore della natura, ricca di espressioni faunistiche e floreali, insegue con tenacia e abilit tecnica quell antico senso delle cose che appare troppo fragile sotto il pesante incedere dell uomo, creando testimonianze - volute come si vuole deporre un atto della propria volont - e fissandole per sempre su di una pellicola o su un supporto elettronico, sperando, al contempo, di trasmettere con esse, quegli interrogativi che portano a riconsiderare la natura come un bene prezioso insostituibile; interrogarsi se vale la pena distruggere l ambiente per costruire il nulla sottoforma, per esempio, di un altra striscia bituminosa nell illusione di diminuire il traffico da qualche altra parte. Questa sete ti testimoniare la fragile bellezza della natura, la ritroviamo inevitabilmente nell opera pittorica che, se non si tiene conto della creativit del l altro lato , cos profondamente situata nel suo intimo

vedere, non potremo mai avvicinarci alla giusta chiave di lettura. Analizzando con un veloce excursus l opera pittorica di Tofanelli possibile notare come la sua poetica espressiva abbia, recentemente, cambiato registro, pur rimanendo fedele a quel lirismo compositivo e cromatico che ha attirato le attenzioni di valenti critici: le opere degli anni 2000, infatti, come Lame d acqua , Un giorno e La notte dei gamberi raccontano di paesaggi ancora concreti, facilmente identificabili, perch ancora pregni della loro fisicit, seppure rielaborati dalla poetica, dalla memoria e dal pensiero di quella idea lizzazione che nasce come bisogno per alimentare e fissare la memoria stessa al interno di sguardi nostalgici. Scorci naturistico-paesaggisti fissati come icone donate alla meditazione o fotogrammi che, restituendo frammenti di un movimento attivato, nat o, dal viaggio introspettivo, appaiono immobili, fissi in quell istante che durer per sempre . Spesso, in questa fase, gli alberi donano un verticalismo all immagine che richiama il gotico: fusti di faggi sottili che, alzandosi verso un cielo mutevole, riportano alla mente le disinvolte cordolature che sorreggono le alte strutture nelle cattedrali gotiche.

Tofanelli al centro. A sinistra il Critico E. Dallara e a destra il Critico A. Dal Muto

La natura, luogo sacro. E di questa sacralit, nella fase attuale, Tofanelli ne sta facendo una maggior intima riflessione: il paesaggio reale diventa lo spunto per dar vita al paesaggio animico: i rari casolari, accettati all interno di una pineta acquitrinosa ricca di antica vita solo perch costruiti senza i degradati e degradanti presupposti attuali, appaiono come cartonature scenografiche senza spessori, come le finestre; il ritrovare, in questo paesaggio che non c -ma-c ninnoli della memoria come una tazzina, qualche foto, qualche pomo conduce a luoghi dell intima nostalgia che, attingendo le sue radici nel silenzio di una natura incontaminata, ma sempre pi lontana, si fa pi straziante il bisogno di ritornare ad essa, e ritrovare s stessi; natura crocevia di pensieri che attingono dal sacro e dal profano, ma con l estrema accortezza a non ferirla, come purtroppo accade nella nostra contemporaneit intrisa di rozza cultura. Ecco, nel messaggio di amore verso la natura che si trova il vero valore delle opere di Tofanelli.

20 giugno 2008

SU SUGHI E FIORAVANTI

Metti una sera nel chiostro della basilica di Santa Maria del Monte; metti pure che le zanzare erano quasi assenti e la conversazione, tra i due sacri artisti cesenati, Ilario Fioravanti e Alberto Sughi, allora, ti accorgi, diventare un esperienza quasi salottiera che la memoria non dimenticher facilmente. L incontro, organizzato dalla Sig.ra Zattini, e dalla Societ A mici del Monte, che sta celebrando i 50 anni dalla sua fondazione. Stimolati dall interloquire della conduttrice, dei due artisti sono stati resi noti alcuni simpatici aneddoti appartenenti all et giovanile degli stessi e che hanno svelato come la notoriet attuale affondi le radici in un costrutto di una iniziale normalit e casualit. Soprattutto le riflessioni sull arte hanno dato un robusto contributo al concetto di creativit: Alberto Sughi, passando dal ricordo del suo primo incontro con Cappelli, a ll avventura torinese, si aperto sulle sensibilit che dovrebbero essere a fondamento di ogni opera artistica; ha richiamato il rapporto tra l onest intellettuale e l opera, parere condiviso con veemenza da Fioravanti, il quale, ha ribattuto che senza a nima, senza il seme spirituale che l artista mette nella fatica delle sue mani per forgiare, nel suo caso o dipingere, nel caso di Sughi, l opera d Arte non tale. Non pu essere tale. Dalle parole dei due illustri ospiti emerso come arte sia un concet to legato esclusivamente al contenuto dell opera e non ad un fatto di mercato, la qual cosa trova d accordo lo scrivente che molte volte ha ribadito inutilmente il concetto,

poich chi compra arte spesso non la comprende e si affida soltanto alla valutazione di mercato, la quale, artatamente gonfiata da un sistema compiacente. Se arte non mercato, quindi, cosa ? E fede; intelletto guidato da onesto sentire; un momento creativo guidato da impulsi profondi che attingono nella parte pi pura e sottile dell artista, il quale, il pi delle volte non comprende o pensa di comprendere il suo manufatto. Sughi ha sottolineato come gli fosse capitato di leggere una sua opera, a distanza di anni, in altro modo rispetto al momento della sua creazione. Questo concetto per richiamare l importanza dell Arte nello stimolare riflessioni, non tanto per cambiare l individuo oggi va di moda sottolineare come una semplice esperienza cambi l individuo: ora non sei pi lo stesso di prima ; ritengo, invece, che si rimane se stessi per il semplice fatto che il pensare appartiene ad un sistema cos dinamico che spesso si rivolta su se stesso , tornando sui suoi passi. Per cambiare un individuo occorre convincerlo a sposare tesi nuove, che sostituiscano antiche prese di posizione. Chiuso l inciso, ecco che l arte diventa un veicolo di comunicazione basato sulla concretezza di idee, intuizioni e non sull effimero. Ma cos non . Sgarbi ha apprezzato il gesto del pittore romano Cecchini per aver colorato di rosso l acqua della Fontana di Trevi, definendo il gesto una provocazione futurista . Il fatto che Sughi e Fioravanti appartengono al mondo serioso e serio dell Arte, quella fondata sulla tradizione: senza disegno non ci si pu definire pittori , e non sulla provocazione per stupire: una realt, questa, non premia l onest intellettuale richiamata dai due, ma d spazio all effimero, all arte-spazzatura che viene metabolizzata e dimenticata in un batter d occhio. Nella contemporaneit dell arte e del sistema che ne alle spalle, un evento artistico, il pi delle volte, parte senza bagaglio culturale, per poi, in una seconda fase, venire rivestito di significati sconosciuti agli stessi artisti, significati che pomposamente hanno una strategia di mercato studiata a tavolino. Per far soldi. Come chi a Milano Marittima e a Cesenatico vendeva pesce cinese, spacciandolo come nostrano e di eccellente in qualit. Alla faccia dell immagine di una Romagna ospitale e accogliente. Questo il mondo in questa fase storica: manc anza di rispetto verso l altro e la fregatura dietro l angolo. Cosa l arte di Mark Kostabi se non una fregatura concettuale? Cosa l arte di Catellan se non una fregatura intellettuale? Cosa hanno le opere del pi famoso museo delle cere di Londra, quello di Madame Tussauds, da invidiare ai personaggi di Catellan? La provocazione! Arte provocazione? Cosa aspettiamo, allora, per diventare famosi, a fare una statua dell attuale papa che fa la corte a Madonna, la cantante, e

mettergli come titolo Senescenza di un prelato . Sono sicuro che il gonzo, stimolato dalla critica e dalla galleria a percentuale, che tirer fuori, un pacco di soldi lo si trovi. Sughi e Fioravanti appartengono al mondo dell onesto e genuino sentire, a quel mondo richiamato dai due quando gli artisti si incontravano e parlavano di tutto. Oggi dove sono gli artisti che si incontrano al bar a parlare dei propri progetti? La mancanza di idee, la mancanza di ricerca e soprattutto la mancanza di attitudine vera alla creativit rende per icoloso parlare dei propri progetti. Si gelosi, quasi presuntuosi. Un grazie, quindi, a questi due protagonisti dell Arte italiana, nel senso pi vero della parola, un grazie alla Zattini per l occasione e l idea e agli Amici del Monte . Ma prima di chi udere vorrei rivolgere ai due artisti una domanda: Se, paradossalmente, vi trovaste ad iniziare a far d arte a Cesena in questo momento storico, pensereste ancora di lasciare la citt per trovare fortuna o apprezzamento? Se si, perch? . Grazie.

25 luglio 2008

I CANTI DELLO SPIRITO E LA BELLEZZA DELL ARTE

Paolo Turroni, per chi segue gli eventi locali, il direttore artistico di stimolanti incontri che, ad agosto, di venerd, si tengono nel chiostro della Basilica del Monte di Cesena e, grazie alla sua iniziativa, in quel luogo della spiritualit, si ha la possibilit di godere di occasioni di riflessione che vertono su specifiche espressioni artistiche del passato il primo incontro fu su alcuni componimenti del Buonarroti, mentre il secondo, sul XXVII canto dell Inferno di Dante, seguiti rispettivamente da un finale accenno a situazioni artistiche del presente. Grazie all idea di ripercorrere i Suoni dello spirito questo il titolo di quegli incontri - in quei momenti di ascolto, si viene trascinati dall insistente invito ad entrare nella dimensione del bello, di principi estetici lontani da noi, ma che conservano il potere del fascino di una bellezza espressa in versi, in forme, che rendono palese come il passato sia una cassaforte inespugnabile destinata a custodire elementi di bellezza immortale. Si viene portati, trascinati, a comparare ci che la creativit stata nei secoli trascorsi - fino alla prima met del 900, aggiungo - con l arte e l espressione creativa della nostra contemporaneit. Da dove nasce questo fascino? Perch troviamo le opere della nostra contemporaneit cos deboli e soprattutto cos limitate di carisma estetico? Dove risiede quella bellezza che fa di un opera d arte un espressione immortale della creativit? Aveva ragione Simonide, poeta greco del VI sec a.C quando disse che: Belle sono tutte le cose cui non si mescola il turpe ? O Budelaire quando pens che: ci sono tanti tipi di bellezza quanti sono i modi abituali di cercare la felicit ? Al di la di queste ipotesi, sempre contestabili, non credo, che il passato sia sempre fascinoso, mentre nella contemporaneit sia limitata la capacit di osservazione, se cos fosse, allora, immortali e bellissime dovrebbero risultare le opere, per esempio in pittura, degli anni 60 del novecento, non essendo pi a noi contemporanee. Appartengono ad una cultura che non pi la nostra. E allora? Beh, la risposta che l arte del passato, quella di Michelangelo, del Tintoretto, del Pontorno, del Cagnacci, di Medardo Rosso o della scapigliatura milanese, per non parlare delle opere pittoriche del Grand Tour italiano ottocentesco, era rispettosa anche e soprattutto dei principi di conoscenza tecnica, degli elementi fondamentali per

la manifestazione dei mezzi espressivi. C era il cosiddetto, e ora vituperato, accademismo. Probabilmente, grazie all accademismo che rimaniamo affascinati dalle forme michelangiolesche espresse sia in pittura che in scultura; per questo rimaniamo estasiati davanti alle stanze vaticane di Raffaello e della sua scuola; per questo ci stupiscono gli incarnati del Caravaggio o del Pontorno e potremmo proseguire con una lunga lista che ci permette di scoprire un importante aspetto consequenziale: di vedere le opere di questi personaggi non ci stancheremo mai. Sfrattato dalla pittura, l accademismo lo apprezziamo, fortunatamente, nel campo della musica sinfonica: nessuno mai si sogner di dire che inutile continuare a solfeggiare o a gorgheggiare. E grazie all accademismo se possiamo rivivere la bellezza immortale delle opere di Wagner o di Verdi. Cos non per la stragrande maggioranza dell opera contemporanea: senza contare poi, come la metabolizzazione delle opere della nostra contemporaneit cos veloce quanto il loro oblio. La bellezza nell Arte quindi capacit esecutiva, accademica e genialit connaturata. Non pu essere un espressione di massa come adesso. Nell analisi di un opera, quindi , occorre sempre andare oltre il legittimo ma non esplicativo Ma a me mi piace . L impatto visivo con un opera gioca brutti scherzi: fa apparire un capolavoro anche quella che Piero Manzoni nel 1974 mise in scatola. Superando la soggettivit, ci rendiamo conto come cambiano i parametri di giudizio; risulta inoltre vero che se davanti al Giudizio Universale del Michelang