La voce del muto

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Fabio Mazzoni La voce del muto

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Fabio Mazzoni La voce del muto Alla fine degli anni ‘90 sì comincia a parlare di new economy, la new age spopola e un nuovo secolo si avvicina con angosciante ottimismo. Un aspirante scrittore disoccupato si mette in cerca di uno stile che possa dire suo. A una festa notturna conosce un’appassionata di letteratura che lo introduce ai piaceri della carne e in seguito alla via dello spirito. È convinto che la grande città sia il posto più adatto ad alimentare una vena creativa, ma finirà in un minuscolo paese tra le montagne più alte d’Europa, a badare a un gruppo di anziani apparentemente inermi.Nel momento preciso in cui l’Italia cerca di riscrivere il passato per guardare al futuro, lo scrittore incontrerà una donna che non doveva essere sua, troverà la propria voce in quella di un vecchio e una storia nella frattura che ha cambiato la vita di un villaggio di montagna e il corso dell’intero Novecento.

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Fabio Mazzoni La voce del muto

Fabio Mazzoni

La voce del mutoRomanzo

Dello stesso autore in prossima uscita:

La mia vita con TessQuaranta chilometri ed altri racconti

© Fabio MazzoniTutti i diritti riservati

[email protected]

Prima edizione giugno 2012

Copertina a cura di Sonia Squilloni

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1.

Ansia.Nello stomaco uno scompiglio di lumache

che cercano l’uscita.Seduto in punta di sedile, i palmi aperti, le

dita che stringono le ginocchia.Sull’ultima fila dell’ultima scassata carrozza

di quel treno. Non vedevo nemmeno la forfora sulle spal-

line della giacca, la scucitura sul colletto della camicia, il buco sotto l’angolo di un finto taschino. Con gli occhi al finestrino, seguivo le onde increspate dei campi di grano e mi ripetevo che alla fine di tutto avrei suonato al suo portone. Le cascine correvano nella direzione delle colline che mi ero lasciato alle spalle. Un trattore senza conducente, una famiglia di maiali, una stazione minuscola, un cane. Un mondo inanimato che si affret-tava a raggiungere il luogo da cui me ne stavo andando. Chiusi gli occhi e vidi quello che mi andava di vedere. Vidi la porta di casa sua e poi il sorriso che si impadroniva del suo viso, vidi quello che avremmo fatto insieme, con gli occhi stretti, le mani sudate e il respiro che si

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fermò quando il treno cominciò a frenare.E le lumache, in fila indiana, su per la gola.Sulla spianata dell’atrio, il bagliore di luce

riflesso dal pavimento mi prese di sorpresa. Tornai indietro, pensando che i soldi non mi sarebbero mai serviti e che di affetto, ne avrei potuto trovare sotto le suole delle scarpe. Poi mi voltai una seconda volta. Guardai la lunga vetrata che rifletteva l’immagine di una giacca da cafone piegato sotto un volto grottesco. A sfidare quel panico non sapevo davvero chi avrebbe prevalso. Decisi di raddrizzare la schiena e cambiare passo. Non so perché, ma quella faccia all’improvviso mi piacque e uscii all’aria aperta.

La WHTS s.p.a. trasudava potenza dalle colonne di granito dell’ingresso, tecnologia avanzata dalle porte a vetri che si divaricarono per farmi entrare, seduzione dalle cosce nude della ragazza che mi accolse senza sorriso e nessuna intonazione nella voce. Seguii la direzione del suo dito. Presi un’ascensore, percorsi un corridoio, svoltai, imboccai un secondo corridoio e in fondo trovai una porta semi-aperta.

Aspettai di sputare la prima lumaca. Mi avvicinai senza entrare e vidi una scrivania.

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Mi piegai per guardare meglio. In quell’uf-ficio non c’era nessuno. Pensai di andarmene, mi dissi che se non c’era nessuno ad aspet-tarmi, non avevano nessun bisogno di me.

«Cerca qualcuno?»La voce mi arrivò alle spalle e mentre mi

voltavo immaginai che l’avrei ricoperto di lumache.

Era un uomo dai capelli brizzolati, un’ab-bronzatura dorata fuori stagione e il nodo della cravatta perfettamente simmetrico.

«Sono qui per il colloquio».Entrò nell’ufficio senza invitarmi ad entrare.

Tornò con dei fogli e me li mise in mano. «Si può accomodare in quello stanzino.

Quando ha finito torni da me».

Nato a, residente in, titolo di studio. I suoi genitori sono ancora in vita? Se sì,

che lavoro svolgono? Fratelli e sorelle: a) vivono un qualunque

disagio b) sono dediti all’alcool c) assumono spesso sostanze stupefacenti d) altro? Ritiene di aver avuto un’infanzia: a) felice b) serena c) ha cercato di dimenticare?

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Sospetta che la sua attuale condotta di vita sia oggetto di:

a) chiacchiere b) trame oscure c) cospi-razioni d) complotti e) altro? (non più di 10 parole)

Attualmente vive una serena vita di coppia? Quali energie ritiene di poter apportare alla

nostra azienda? Le piace il golf?

Risposi e firmai in fondo. Sapevo che le mie risposte sarebbero state vagliate, analizzate, elaborate e vendute. Ma firmai, perché era l’unico modo, era scritto in fondo, di essere preso in considerazione da un annoiato sele-zionatore.

Tornai dal brizzolato con i fogli compilati. Mi fece sedere e tenendo le mie risposte

sotto gli occhi cominciò a parlare.«Vedo che ha indicato solo sua madre».«Mio padre è morto sette anni fa».«Capisco», gli occhi sul questionario, scri-

veva appunti illeggibili. Portava un anello con una pietra nera grossa come uno scarafaggio.

«Che lavoro svolgeva suo padre?»«Operaio siderurgico. Mia madre stava a

casa, se può essere utile. Per il questionario,

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intendo, come si può insinuare che una madre non lo sia?»

Forse abbozzò un sorriso, ma non lo vidi, perché continuava a tenere la testa sopra il foglio.

«È figlio unico».«Sì».Gli vidi sporgere il labbro, mentre scriveva.«Ultimo lavoro?»«L’assistente di una colonia».«Per quanto tempo?»«Due mesi».«Quanto ha guadagnato?»D’istinto voltai la testa alla finestra. Guardai

la facciata della banca d’affari che stava oltre il vetro. Finsi un rapido calcolo. Forse, a quel punto, se avessi sputato un paio di lumache, ne avrei approfittato per cambiare argomento.

«Duemilioni», esagerai, «depurate da vitto e alloggio».

Il brizzolato scrisse, arricciando di nuovo il labbro con il volto espressivo quanto l’anello che portava al dito.

«Per due mesi?»«Due mesi e mezzo».Passò alla seconda pagina del questionario.«Non ha mai pensato di iscriversi all’uni-

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Fabio MazzoniLa voce del muto

«Non so se questo è il lavoro per me».«Alla sua età nessuno può saperlo».«Non voglio vendere titoli finanziari, non voglio promet-tere rendimenti solo ipotetici, assicurandone la certezza».

Alla fine degli anni ‘90 sì comincia a parlare di new eco-nomy, la new age spopola e un nuovo secolo si avvicina con angosciante ottimismo.

Un aspirante scrittore disoccupato si mette in cerca di uno stile che possa dire suo. A una festa notturna conosce un’appassionata di letteratura che lo introduce ai piaceri della carne e in seguito alla via dello spirito. È convinto che la grande città sia il posto più adatto ad alimentare una vena creativa, ma finirà in un minuscolo paese tra le montagne più alte d’Europa, a badare a un gruppo di anziani apparentemente inermi.

Nel momento preciso in cui l’Italia cerca di riscrivere il passato per guardare al futuro, lo scrittore incontrerà una donna che non doveva essere sua, troverà la propria voce in quella di un vecchio e una storia nella frattura che ha cambiato la vita di un villaggio di montagna e il corso dell’intero Novecento.

Tutto era concentrato in quei due anni di lotta tra le montagne, nella caparbietà di quei ragazzi, la ferocia degli occupanti e la rabbia del muto. Il resto non era nient’altro che una bolla di cristallo con un profondo sfregio al centro.

Fabio Mazzoni vive in provincia di Firenze con Sonia e Margherita. Lui è figlio della Valle d’Aosta per l’anagrafe, loro per adozione. Ha pubblicato racconti per alcuni piccoli editori italiani. Ha scoperto che la rete arriva lontano, spesso più lontano di un libro promosso e distri-buito sui canali editoriali. La voce del muto è il suo primo romanzo.