Bollettino d'arte

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lA Estratto dal Fascicolo N. 11 – luglio-settembre 2011 (Serie VII) StUdi e VAlorizzAzione il reStAUro dellA ‘MAdonnA Con il BAMBino in gloriA trA i SAnti giorgio e MiCheledi doSSo doSSi Per lA ChieSA di SAnt’AgoStino A ModenA: gioVAnnA PAolozzi Strozzi Nuove proposte su committenza e datazione dopo il restauro lUigi de CeSAriS (†) – AlBerto SUCAto Relazione tecnica del restauro lUigi de CeSAriS (†) – eMiliAno riCChi Nota sulle analisi di laboratorio MiniStero Per i Beni e le AttiVità CUltUrAli © Bollettino d’Arte De L uca eDitori D’arte s . r. L .

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Studi e valorizzazioneIl restauro della ‘Madonna con il Bambino in gloria tra i Santi Giorgio e Michele’ di Dosso Dossiper la chiesa di Sant’Agostino a Modena:Giovanna Paolozzi StrozziNuove Proposte Su Committenza E Datazione Dopo Il RestauroLuigi De Cesaris (†) – Alberto SucatoRelazione Tecnica Del RestauroLuigi De Cesaris (†) – Emiliano RicchiNota Sulle Analisi Di Laboratorio

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lA

Estratto dal Fascicolo N. 11 – luglio-settembre 2011 (Serie VII)

StUdi e VAlorizzAzione

il reStAUro dellA ‘MAdonnA Con il BAMBino in gloriA

trA i SAnti giorgio e MiChele’ di doSSo doSSi

Per lA ChieSA di SAnt’AgoStino A ModenA:

gioVAnnA PAolozzi Strozzi

Nuove proposte su committenza e datazionedopo il restauro

lUigi de CeSAriS (†) – AlBerto SUCAto

Relazione tecnica del restauro

lUigi de CeSAriS (†) – eMiliAno riCChi

Nota sulle analisi di laboratorio

MiniStero Per i Beni e le AttiVità CUltUrAli ©

Bollettino d’Arte

De Luca eDitori D’arte s.r.L.

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Una delle commissioni esterne più importanti pergiovanni Luteri detto Dosso Dossi in suolo modenese,la ‘pala di Sant’Agostino’ (figg. 1 e 2), oggetto di que-sto studio,1) non sfugge alle mire estensi quando, nel1584, il governatore Ferrante Estense Tassoni redigeper Alfonso II l’Elenco di pitture di considerazione chesono nella città di Modena, tra le quali risulta la nostra.La missiva parla di due tavole del pittore, quella conla ‘Immacolata concezione, i padri della chiesa gero-lamo, gregorio Magno, Ambrogio, Agostino e SanBernardino’, fatta eseguire dalla compagnia dellaconcezione per il Duomo di Modena, e «In S.to Augu-stino ve una ancona con la madona e puttino circon-dati da nuvole, e di sotto un S. georgio et un S.Michel di mano del med.mo dosso».2) Nonostante ildesiderio di incamerarle, Alfonso II non riuscì nell’in-tento e solo molti decenni dopo fu raggiunto lo scopo:si ipotizza infatti che ambedue le pale furono portatea palazzo Ducale per volontà di Francesco I d’Este,all’epoca in cui lo stesso attuò numerosi prelievi dallechiese, non solo modenesi, per arricchire la sua costi-tuenda quadreria. Di sicuro sappiamo che era presen-te in palazzo Ducale a partire dal 1663 quando risultacitata in un inventario estense.3)

che la ‘pala di Sant’Agostino’ fosse una commissio-ne importante lo denunciano la forma e le misure(una pala d’altare centinata di considerevole grandez-za), il fatto che l’illustre pittore di corte lavorasse dasolo, senza coinvolgere la sua bottega come nella stra-grande maggioranza delle sue esecuzioni per la corte,e la qualità stessa dei materiali usati. Nonostante que-sto, l’ancona oggi costituisce una delle opere più enig-matiche dell’autore, ingombrante e quasi fastidiosanella difficile impresa di incastrarla all’interno di unpreciso periodo dell’attività dossesca. Non ne aiuta lostudio l’assoluta mancanza di documentazione che lariguarda, né una tradizione critica, se pur nobile, chene ha definito ambiti temporali precisi, mai dimostra-ti con certezza e in gran parte tralasciati dagli studisuccessivi.

Eppure anche quello che assolutamente non si trovapuò costituire una traccia: ovvero, parlando per nega-

zioni, se veramente non esiste niente di documentatoriferito a un’opera di tali proporzioni all’interno dellaguardaroba estense, che puntualmente registrava nonsolo i propri beni ma anche quelli commissionati aipittori di corte per poi donarli a chiese o regnanti, nénelle cronache degli storici contemporanei moltoattenti a pubblicizzare gli eventi riguardanti la città, ilDuca e il suo entourage, potremmo ipotizzare che nonsi tratti di commissione estense e, forse, neppure diuna commissione modenese in senso stretto. La primaipotesi potrebbe essere suffragata dal fatto che nonpiù di cinquant’anni dopo il dipinto fosse desideratoardentemente, senza speranza, dagli Este; tanto menoè da sottovalutare la forma stessa della tavola: tutte lepale pubbliche commissionate da Alfonso I — pensia-mo alla dossesca ‘Madonna in trono tra i Santi Seba-stiano e giorgio’; alla ‘Adorazione del Bambino conl’Eterno in gloria’ di Dosso e Battista Dossi, ambedueconservate in galleria Estense; alla tavola con ‘SanMichele che sconfigge il demonio’, commissionata peril Duomo di Reggio Emilia, oggi nella pinacoteca diparma; nonché alla pala del garofalo con la ‘Madon-na in trono tra i Santi giovanni Battista, contardo eLucia’, sempre in galleria — sono opere rettangolarie non presentano centina. per questo motivo, per ilgusto di omologarla ad una raccolta privata che sem-bra dominare le scelte estensi, la pala centinata diSant’Agostino subirà, a metà del diciassettesimo seco-lo, quando entrerà finalmente a far parte della qua-dreria ducale, un intervento di “rettangolarizzazione”drastica, con il taglio di parte della centina e l’allarga-mento dei fianchi. Anche gli studi d’archivio incentra-tisi a lungo e approfonditamente sulla chiesa diSant’Agostino non hanno dato risultati incoraggiantial punto da far scartare altresì l’ipotesi di una com-missione monastica.4)

Abbiamo accennato ad una tradizione critica inparte fuorviante per gli studi successivi che, ricono-scendo unanimamente la paternità dossesca dell’ope-ra, si sono orientati, soprattutto negli ultimi decenni,verso una datazione sempre più anticipata: l’ipotesipartiva da Longhi che ne ravvisava l’ispirazione “a

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STUDI E VALORIZZAZIONE

IL RESTAURO DELLA ‘MADONNA cON IL BAMBINO IN gLORIA TRA I SANTI gIORgIOE MIchELE’ DI DOSSO DOSSI pER LA chIESA DI SANT’AgOSTINO A MODENA

gIOVANNA pAOLOZZI STROZZI

NUOVE pROpOSTE SU cOMMITTENZA E DATAZIONE DOpO IL RESTAURO

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1 – MODENA, gALLERIA ESTENSE – DOSSO DOSSI: MADONNA cON IL BAMBINO IN gLORIATRA I SANTI gIORgIO E MIchELE, pRIMA DEL RESTAURO

(foto Studio Pugnaghi, Modena)

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2 – MODENA, gALLERIA ESTENSE – DOSSO DOSSI: MADONNA cON IL BAMBINO IN gLORIATRA I SANTI gIORgIO E MIchELE, DOpO IL RESTAURO

(foto Studio Pugnaghi, Modena)

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caldo” dalla ‘Madonna di Foligno’ di Raffaello, nata asua volta da uno spunto di cavalcaselle, che mettevain evidenza la familiarità del paesaggio di quest’ultimacon le abilità dossesche, tanto da immaginare la pre-senza del pittore padano a Roma proprio in occasionedell’esecuzione della pala.5) Da opera collegata stretta-mente alla produzione del grande pittore urbinate, lanostra pala non è mai riuscita ad affrancarsi, nono-stante approfondimenti sul tema abbiano sconfessatorapporti diretti di Dosso con Raffaello, rimettendo ingioco la posizione della pala modenese nello scacchie-re temporale dell’attività dossesca.6)

come si giustifica oggi la data anticipata della ‘paladi Sant’Agostino’ rispetto alla nota produzione pubbli-ca del pittore? Il riferimento ineludibile resta sempree comunque la ‘pala di San Sebastiano’ (fig. 3), esegui-ta dal pittore per la Mensa comune della cattedraledi Modena: negli ultimi decenni si è sempre sostenutoche quest’ultima seguisse in ordine di tempo lanostra.7) La pala con la ‘Madonna e il Bambino tra iSanti Rocco, Lorenzo, giovanni Battista, giobbe8) eSebastiano’, detta ‘pala di San Sebastiano’ per la cen-tralità monumentale del santo protettore della peste,offre una data certa, il 1522, anno in cui veniva conse-gnata ai Fabbriceri della cattedrale, avvenimentoriportato nella Cronaca modenese dallo storico contem-poraneo Tomasino Lancellotti.9)

La data 1519, che per un buon numero di anni èstata affiancata al nostro dipinto, sembra essere giustifi-cata in quanto precedente rispetto a quella del Duomo.prendiamo in considerazione, se pur in modo stringa-to, le motivazioni che rendono così inamovibile la posi-zione temporale della ‘pala di Sant’Agostino’: poichénon esiste alcun tipo di documentazione che la riguar-di, è soprattutto un ragionamento sulle qualità stilisti-che che ne giustifica l’assioma. partendo sempre dallairrinunciabile ispirazione derivante dalla ‘Madonna diFoligno’ (ispirazione comunque tardiva considerandoche quest’ultima fu eseguita nel 1512), rendendonecessario il viaggio di Dosso a Roma nel 1517, si sot-tolinea la stretta vicinanza con la ‘pala della Stragedegli Innocenti’ eseguita dal garofalo proprio nel1519: se ne evidenzia il comune cammino verso unplasticismo formale di origine romano–michelangiole-sca che si pone di fronte all’antico in maniera nuova,tendenza artistica diffusasi con forza, proprio sul fini-re del secondo decennio del cinquecento in tutta lapenisola. Dosso in particolare sembrerebbe fortemen-te attirato da quel raffaellismo tragico di ultimamaniera, ben documentato a Ferrara attraverso i car-toni raffiguranti l’‘Incendio di Borgo’ dell’omonimasala, giunto nelle mani di Alfonso I d’Este nel 1517, edi quello raffigurante ‘San Michele’, arrivato a Ferraranel 1518 come dono da parte del grande artista urbi-nate.10) Molti i richiami a quest’ultima opera che siravvisano nella ‘pala di Sant’Agostino’, seppure, inverità, siano difficili da condividere, a parte l’identitàdel soggetto: non la delicatezza eterea della figura cheplana sul nemico con l’eleganza di maniera, priva dipeso e tutta studiata sul ritmo sinuoso che suscita laposa instabile, né il movimento in funzione dellalinea; non è possibile ritrovare tutto questo nelle figu-re turgide, corporee, stanziali, direi colonnari che siaffacciano al piano del quadro agostiniano. Il ‘SanMichele’ modenese, tolti alcuni orpelli di facciata (ifiori tra i capelli, piume copiose nelle naturalisticheali) è un atleta dal corpo vigoroso, poggiato ben stabi-le con un piede sul terreno, mentre con l’altro premeenergicamente sul corpo di Satana. Quello che inte-ressa l’autore non è dimostrare il virtuosismo musicalecompositivo, ma rendere vivi — vicini allo spettatorein maniera quasi tattile oltre che obiettiva — i duepersonaggi di grandezza naturale, giorgio e Michele:nel movimento impercettibile delle labbra di quest’ul-timo si crea un ulteriore collegamento con l’esternoche mostra la volontà di resa quanto mai reale e coin-volgente al pari di una sacra rappresentazione.

Ritornando alla posizione recente della critica, siribadisce la maturità stilistica della ‘pala di San Seba-stiano’, rispetto alla ‘pala di Sant’Agostino’, per quelsuo evidente michelangiolismo, coniugato al tratta-mento instabile e surriscaldato del colore tizianescoche ne sfuma i contorni, posteriore a quella enfasidisegnativa di ascendenza tardo–raffaellesca checaratterizza la ‘pala di Sant’ Agostino’. In sintesi, ègiustificare quel «decollo anticlassico» del pittore rag-giunto senza incertezze nella ‘pala del Duomo’, contro

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3 – MODENA, cATTEDRALE – DOSSO DOSSI: LA MADONNA E ILBAMBINO TRA I SANTI ROccO, LORENZO, gIOVANNI BATTISTA,gIOBBE E SEBASTIANO, pARTIcOLARE DURANTE LA pULITURA

(foto Soprintendenza SBSAE di Modena e Reggio Emilia)

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un «adattamento dello schema della Madonna di Foli-gno»,11) che rivelerebbe ancora una certa immaturitàdi intenti.

A seguito di importanti risultanze d’archivio l’esecu-zione della ‘pala del Duomo’ modenese è slittata tra il1518 e il 1521, termini per l’affidamento del lavoro alpittore e la sua presenza in Duomo.12) Non menodeflagrante è diventata la scomoda novità documenta-ria emersa negli ultimi anni riguardante la ferrarese‘pala costabili’, eseguita per l’altar maggiore dellachiesa di Sant’Andrea a Ferrara a partire dall’estatedel 1513,13) alla cui esecuzione avaveva partecipatoanche Dosso: un’anticipazione così repentina, eppuredocumentata, rimbalzata pericolosamente alla primametà del secondo decennio del secolo, che ha di con-seguenza portato a datare la nostra, come in una rea-zione a catena, al 1517 circa.14)

Nell’ottica di questo aggiustamento temporale, lalettura dell’opera si è orientata sul documentato viag-gio del pittore a Firenze, dove Dosso si recò in quel-l’anno ed ebbe l’occasione di vedere frammenti delcartone michelangiolesco per la ‘Battaglia di cascina’,in modo da giustificare la poderosa volumetria rina-scimentale di matrice romana dei corpi, ma guardan-do, per il trattamento del colore, a Venezia e Tizianonella sua contemporanea ‘pala dei Frari’.15) La certez-za temporale in merito all’attività di Dosso per la ‘palacostabili’ ha poi assunto profili più sfumati, scaturitida una cauta lettura dei dati archivistici emersi, inbase ai quali è stato proposto un allungamento deitempi esecutivi, a causa delle ampie dimensioni dellatavola.16) Riconsiderazioni e aggiustamenti più che

condivisibili, che però hanno portato, di conseguenza,ad un completo ripensamento, non solo di date, dellanostra; costretta a giocare il ruolo non suo di opera diapertura dell’attività pubblica ad ogni costo, la paladella pinacoteca Estense è stata relegata in un ristret-tissimo ambito temporale, prigioniera di fluttuazionidocumentarie, a volte mal interpretate poiché nonrivisitate alla luce delle complesse conoscenze che lamateria esige.

considerando la differenza stilistica e tecnica note-volissima tra le due pale modenesi, ritengo che nonsia ragionevole crederle quasi coeve come le date indi-cate, a questo punto, farebbero pensare. cerchiamo dianalizzare meglio questo bellissimo quadro lasciandoda parte, per ora, ogni preoccupazione temporale.

INDIcAZIONI DI RESTAURO

Durante il recente restauro, seguito da chi scrive investe di direttore lavori, via via che si apriva unanuova finestra sul dipinto originale, liberato gradual-mente da sovrammissioni pesanti di vernici ossidate e“beveroni” colorati (fig. 4), si capivano meglio le paro-le di studiosi che erano riusciti ad ammirarlo nella suafreschezza originaria: Baruffaldi, come ricorda Ventu-ri, definí le figure «parlanti e vivissime» e, lui stesso,un secolo e mezzo dopo riconobbe che poche volteDosso aveva mostrato «tanta potenza e splendore d’ar-te».17) Ma ancor più stupivano le parole di Robertopallucchini che recitano: «Un’atmosfera luminosa chesembra crepitare nello sfondo fantastico, è la chiave

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4 – MODENA, gALLERIA ESTENSE – DOSSO DOSSI: MADONNA cON IL BAMBINO IN gLORIA TRA I SANTI gIORgIO E MIchELEpARTIcOLARE DELLA TESTA DELLA VERgINE DURANTE LA pULITURA

(foto Studio Pugnaghi, Modena)

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cromatica, per non dire protagonista, di questa super-ba pagina del ferrarese: le forme umane grevi e mas-sicce, vivono il sogno e la fantasia suscitata dalmomento particolare di quell’aria e di quella luce».18)

poi ho visto «quell’aria e quella luce» e ho capito. Luceche squarcia le tenebre, trapassi, sfolgorii di armaturaraggiunti attraverso una tecnica ormai perfetta, cali-brata in ogni sua parte e capace di imitare qualunquesostanza, dalla più evanescente di quell’aria tempesto-sa e saettante del cielo pieno di nuvole, ma pronta arischiararsi nel cerchio perfetto dell’arcobaleno, aquella algida del metallo dell’armatura di San gior-gio, caleidoscopio di mille rispecchiamenti, ai filid’oro dei capelli o delle piume delle ali del SanMichele, nota quanto mai moderna di trompe l’oeil d’i-spirazione dureriana.19)

Le analisi dimostrano, come meglio spiegherà larelazione di restauro, la tecnica consumata di proce-dere per pennellate e velature ad olio attraverso reite-rate giustapposizioni di colori sempre più chiari e tra-sparenti, dando prova di aver assimilato in modo

profondo la grande lezione giorgionesca attraverso lostudio e l’interpretazione vivissima di Tiziano. La scal-trezza tecnica si esprime in una notevole complessitàesecutiva che molto si poggia su un difficile equilibriolegante–carica.

La pulitura della pala ha portato in evidenza la qua-lità straordinaria dei pigmenti usati, si parla del raro ecostoso blu oltremare naturale, tratto dalla macinaturadel lapislazzulo che dal lontano Oriente arrivava aVenezia: solitamente usato con parsimonia per il costonon esiguo, lo troviamo qui presente in quantità un po’dappertutto. E riconosciamo anche, nel rosso smaglian-te della veste della Madonna richiamato dalla fascia aifianchi dell’arcangelo, la luminosissima lacca di garan-za e, non inferiore nel magico gioco timbrico nato dagliaccostamenti delle diverse cromie, il verde squillantedell’acetato di rame nel vessillo tenuto da San giorgioinsieme all’orpimento aranciato della veste di SanMichele. Nessun arricciamento, nessuno scivolamentodel colore: la ‘pala di Sant’Agostino’ è perfetta dalpunto di vista tecnico oltre che formale; i colori scorro-

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5 – MODENA, gALLERIA ESTENSE – DOSSO DOSSI: MADONNA cON IL BAMBINO IN TRONO TRA I SANTI SEBASTIANO E gIORgIO

(foto Soprintendenza SBSAE di Modena e Reggio Emilia)

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no mirabilmente lucenti sulla superficie e si esaltanovicendevolmente, nella corazza smagliante si rispec-chiano parti della composizione, le lacche verdi e rossefanno da controcanto in una ben studiata visionepolifonica. Su tutti domina il carismatico, prezioso lapi-slazzulo che diventa cangiante violetto sulla veste svo-lazzante del San Michele, cupo e minaccioso tra le nubidi un cielo ancora corrusco, sconvolto da un recentetemporale, ma che lascia il posto ad un rosa pallido diuna nuova alba e di un nuovo mattino, annunciato dal-l’arcobaleno a lato della Madonna. Nessun “ripasso”dei profili: Dosso ormai domina la complessa tecnicaad olio e la sfrutta in tutte le sue potenzialità, nonostan-te un’esecuzione pittorica complessa, che nel tempodimostrerà le sue fragilità, fatta di giustapposizioniripetute di colore ora a corpo, ora a velatura.20)

È possibile incontrare tale perfezione tecnica in unatavola di Dosso? La ‘pala del Duomo di Modena’, cheresta il termine di raffronto più importante per lanostra, dimostra ancora diverse incertezze. Se pur, nelforte ed efficace impasto di matrice tizianesca e nellacontrapposizione di corpi possenti e compressi legatialla cultura romana michelangiolesca l’artista indichiattenzione alle più eccellenti espressioni d’arte delmomento, resta ancora uno sperimentatore dal puntodi vista della tecnica: negli scuri, dentro le pieghe degliampi manti dove si nascondono le ombre e in certicolori più complessi il pigmento scivola, si coagula,sembra ribollire, mentre in altri la craquelure si allargasmisuratamente trasformandosi in cretti vistosi, dove èl’imprimitura ad emergere. Molti i ripensamenti e leindecisioni compositive. Inoltre, ad una visione a luceradente, si può osservare come Dosso sia tornato aridefinire i contorni delle figure con ripassature corpo-se a pennello che creano dislivelli nella stessa pellicolapittorica: un «sagomare a posteriori» già notato nellatecnica adottata in alcuni rombi della galleriaEstense.21) Se è vero che quest’ultima era già conosciu-ta all’epoca di cennino cennini, è anche vero che soloa partire dagli inizi del cinquecento e proprio in areaveneta l’olio, come legante puro non mischiato ad altrileganti di natura proteica, diventa l’indiscusso prota-gonista del “fare pittura”: è quindi una tecnica giova-ne, ricca di potenzialità, ma anche di insidie.

cONFRONTI

La ‘pala di Sant’Agostino’ vive in galleria Estense afianco di un’opera, sempre del Dosso e di soggettosimilare, di cui poco è stato detto e poco sostanzial-mente si sa: la tavola con la ‘Madonna in trono tra iSanti Sebastiano e giorgio’ (fig. 5).22) Eppure è evi-dente che dipende anche dalla sua più chiara cono-scenza il raggiungimento di un’accettabile collocazio-ne temporale dell’attività pittorica devozionale,pubblica e no, del nostro.

Opera probabilmente di committenza estense, sia perla forma sia per la sua precoce presenza negli inventariestensi, evidenzia ancora un Dosso alla ricerca di un suo

originalissimo stile con l’aiuto dell’innovativa tecnica adolio, senza ancor averne raggiunto la piena padronanza.Anche in questo caso, l’azzurro del manto della Madon-na è segnato da miriadi di crettature larghe e profondedel colore, gli scuri, bituminosi, vengono aggiunti allafine per dare le ombre ma sono troppo ricchi di legan-te e così scivolano sulla preparazione, creando addensa-menti cromatici. Rispetto alla tavola del Duomo, si notauna totale disarticolazione dei nessi sintattici della com-posizione: ciascun personaggio sembra “in altro affac-cendato” e vive come separato, all’interno di una pro-pria, virtuale nicchia di polittico: il San Sebastianosembra impegnato a liberarsi da quei legacci che loobbligano ad una innaturale posizione, San giorgio simette in posa ostentando la sua armatura e guarda lospettatore, la Vergine è concentrata nel tenere a frenogesù Bambino e viene ritratta, in modo alquantoinconsueto, in netto profilo. Molti i ripensamenti visibi-li ad occhio nudo che documentano le difficoltà nell’u-niformare la composizione. In realtà, ad una visione

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6 – pARIgI, MUSéE DU LOUVREMIchELANgELO: SchIAVO MORENTE

(da F. hART, Michelangelo, Milano ed. 1972, vol. La Scultura, p. 134)

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più attenta, in questa pala Dosso dimostra di non averancor bene elaborato le influenze esterne rendendolecosì riconoscibili. Nel San Sebastiano, per esempio, vi èil tentativo di resa monumentale dovuto all’incontroemozionale con Michelangelo: il modello ‘Schiavomorente’ del Louvre, per il progetto della tomba dipapa giulio II, è qui riproposto in tutta la sua evidenzafisica, dimostrazione inconfutabile che Dosso lo studiòattentamente nella posa in falso equilibrio con il torsosensuale, sporgente all’esterno, capace di captare laluce, la testa incassata tra le spalle, la gamba sinistrapiegata quasi ad accennare un passo mentre il bracciosinistro si solleva dietro la testa (figg. 5 e 6). Si può par-lare di una citazione con qualche variante della straor-dinaria scultura che deve aver visto con i suoi occhi oattraverso studi del maestro.

Altra citazione alquanto puntuale è rintracciabilenelle fattezze della Vergine: se certa spigolosità delmanto della Madonna ricorda ancora il più anticosubstrato culturale ferrarese–mantovano, il profilo,puro nella sua classicità e quasi inciso nello scuro fon-dale, ne rivela l’opera di riferimento: la bellissima‘Sacra conversazione’ di Tiziano oggi a Dresda, con lariproposizione quasi fedele del volto di profilo dellasplendida Maddalena, fulcro di tutto il dipinto.23)

L’urgenza di mettere alla prova su diverso contestoimmagini “altre” che profondamente lo avevano col-pito, sicuramente databili, e le incertezze chiare deldisegno e della tecnica rendono accettabile riferire latavola al 1516–1517,24) quando da poco si era trasferi-to presso la corte estense.25) A questo punto ci trove-remmo a dover accostare due opere molto diverse traloro per poter garantire alla ‘pala di Sant’Agostino’ diprecedere cronologicamente l’ancona del Duomo.

partendo da queste considerazioni, cercheremo didimostrare la validità della nostra proposta, che siaffida ad una data alquanto attardata rispetto agliorientamenti della critica contemporanea, ma solidalecon le indicazioni di studi meno recenti e non menoautorevoli, quali il volume della Mendelsohn, che rife-riva la pala alla fine degli anni Venti;26) della Mezzetti,secondo la quale si tratta di una delle opere piùimportanti del Dosso, dove «la stesura a velature sotti-li, il modellato tornito sfiorato da luci mobili, la pene-trazione psicologica dei personaggi» testimoniavanoun lavoro più maturo dell’artista rispetto ai dipintidegli inizi degli anni Venti; e dello stesso pallucchiniche, considerandola opera capitale dell’artista, la rife-risce al terzo decennio.27)

IcONOgRAFIA

Non di poca importanza, ai fini del nostro assunto,si rivela l’interpretazione formale: per il supporto deldipinto Dosso sceglie sette assi di pioppo strette e lun-ghe poste in verticale, creando così uno spazio pittori-co che già definisce il carattere della composizionenon narrativa, ma ascendente, che tende a far salirel’occhio dello spettatore verso l’alto. Le assi sono

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7 – MODENA, gALLERIA ESTENSE – DOSSO DOSSI: MADONNA cONIL BAMBINO IN gLORIA TRA I SANTI gIORgIO E MIchELE

pARTIcOLARE DI SAN gIORgIO

(foto Studio Pugnaghi, Modena)

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estremamente sottili di spessore in rapporto alla lun-ghezza ma, probabilmente, conveniva costruire un’e-banisteria più leggera, considerate le dimensionigenerali, che avrebbe permesso un viaggio via acquaFerrara–Modena più semplice.28)

costruisce in primo piano, a grandezza naturale, idue Santi guerrieri vincitori sul male (figg. 7 e 8): allanostra destra San Michele Arcangelo che poggia ilpiede, in atto di trionfo, sopra il demonio atterratomentre esala gli ultimi fumi dalla bocca, e alla sinistraSan giorgio sotto al quale giace esanime il drago dalmuso in forma di ibrido pesce–aquila. Sono ambedueSanti venerati a Ferrara: il primo copatrono della cittàinsieme a San Maurelio, il secondo in qualità di pro-tettore del castello di Ferrara. Il San giorgio è uncavaliere imprigionato entro una pesante armaturache sostiene un non meno pesante stendardo, il cuibastone si appoggia sulla spalla sinistra. Lo stendardoè ripiegato su se stesso ed è di un intenso verde sme-raldo. La testa è cinta da un copricapo all’orientalenel rispetto delle sue origini.

L’armatura raffinata è più volte riproposta, in diver-se varianti, nell’occasione di rappresentare il Santo,omaggio o pubblicità occulta alle famose produzioniferraresi: in questo caso è descritta in maniera quantomai lenticolare persino nel gioco di specchiature eriverberi che si creano nella superficie metallica diinusitata lucentezza, dimostrazione di una raggiuntacapacità di resa del particolare che lo avvicina agliesiti contemporanei della pittura fiamminga.29) La suacollocazione in primissimo piano in funzione di soste-gno della macchina della Apparizione, viene vivificatagenialmente dal pittore facendo compiere al Santo unmovimento di contrappasso mediante l’avanzamentodella gamba destra e la conseguente torsione delbusto verso sinistra, perché ambedue siano investiti diluce: il braccio che cade lungo il fianco destro si animadi vita in quel pugno chiuso che dimostra tutta la ten-sione provocata dallo scorgere l’inaspettato evento,insieme allo scatto repentino della testa che si sollevabruscamente a guardare sopra di sé, in uno sforzoinnaturale dimostrato dall’ingrossarsi delle vene delcollo. Dosso in questa postura si è ricordato dell’omo-nimo santo donatelliano per Orsanmichele.

San giorgio, nemico e vincitore del drago, simbo-leggia colui che fa trionfare il bene sul male: paladinodella chiesa per antonomasia e simbolo dei cavalieriche, nel nome della croce, andavano a combattere ilturco che minacciava il popolo cristiano, tema quantomai d’attualità. Male anche come male fisico, colui cheriesce a vincere le malattie e le calamità più terribili,flagello dei secoli passati: il drago uccideva con il suofiato la gente, quindi impersonava nella fantasiapopolare la peggiore delle sventure, la peste. A Ferra-ra ebbe grande venerazione poiché fin dal Medioevoera credenza che nel po si nascondesse un drago fero-ce, che solo il Santo avrebbe potuto annientare salvan-do la popolazione: un modo per esorcizzare i timoridelle piene del fiume spesso causa di inondazioni, tre-mende carestie e pestilenze.

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8 – MODENA, gALLERIA ESTENSE – DOSSO DOSSI: MADONNA cONIL BAMBINO IN gLORIA TRA I SANTI gIORgIO E MIchELE

pARTIcOLARE DI SAN MIchELE

(foto Studio Pugnaghi, Modena)

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Se San giorgio diventa perno della macchina sacra,nell’economia compositiva della pala, e testimone del-l’evento divino, l’Arcangelo Michele è il vero protago-nista del discorso per immagini, insieme alla Vergine.Ricordato come angelo guerriero per aver difeso lafede in Dio contro Satana e gli angeli ribelli, l’Arcan-gelo viene generalmente raffigurato, secondo i passidell’Apocalisse, in antica armatura mentre impugnauna spada o lancia. La Legenda Aurea, che ad essa s’i-spira, lo descrive difensore della Madonna contro ildrago, cioè il Male. come combattente del popolo cri-stiano è chiamato in difesa dei nemici della chiesa.citato già nella Bibbia viene paragonato allo SpiritoSanto immacolato dall’aspetto femmineo: da qui ilvolto vagamente aggraziato, quasi in contrasto con lapossanza fisica, sottolineato dagli ondulati capellibiondi al vento, incoronati da gelsomini, vestito conuna lunga tunica, ad ali spiegate mentre poggia ilpiede vincitore sul demonio atterrato. L’Arcangeloguarda verso i fedeli e la bocca si schiude in atto diparlare; il ginocchio proteso in avanti e il braccio pie-gato che sfondano la superficie entrando nello spazioreale, l’altro braccio che tiene lo spadone e si allungaa toccare le vesti della Vergine, sono artifici prebaroc-chi per mettere in collegamento fisico gli astanti conMaria, centro del discorso. Nella mano sinistra tieneuna bilancia, simbolo della sua capacità di pesare leanime prima del giudizio, un recupero dell’iconogra-fia egiziana della psicostasia.30) Il simbolo viene osten-tato per sottolineare la sua qualifica di traghettatoredi anime, con diretto riferimento alla commissionefunebre della tavola, di cui si dirà più avanti. Nell’al-tra mano tiene ben stretto lo stocco benedetto o spa-done cerimoniale a significare la potestà del perso-naggio che presenta, la Vergine Maria.

Abbiamo detto che ci troviamo di fronte a due Santiferraresi: accanto a San giorgio copatrono della città diFerrara, San Michele diventa il protettore del castelloestense ma solo a partire dal 1528, al momento in cuiAlfonso I d’Este viene insignito dell’ordine di SanMichele dal Re di Francia, a seguito degli sponsali trasuo figlio Ercole II e la figlia di Luigi XII, Reneé. Non èfuori luogo ricordare che la figura del santo assunsemaggior importanza proprio dopo il Sacco di Roma: alui, da sempre protettore della fortezza papale, e allasua intercessione si volle riferire la salvezza del papastesso che, grazie alle uscite segrete di castel Sant’Ange-lo, era riuscito a sfuggire alle truppe lanzichenecche.31)

Osserviamo ora il paesaggio, a commento del discor-so principale. poco spazio è concesso all’ambientenaturale, ma sufficiente a rammentare fatti della vitadei due santi: all’inizio stupisce che un grande narrato-re di vedute esterne come Dosso non si sia fatto pren-dere la mano ma, in realtà, si sia attenuto scrupolosa-mente al tema, come noi presumiamo, indicatogli dalcommittente, costruendo uno scenario arido, deserti-co, fedele all’ambientazione dei fatti narrati. Tutta lacomposizione si riferisce, come abbiamo già accennato,alla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. La pala èideata per costituire un facile ma puntuale testo del

credo cattolico: in primo piano, i paladini della chiesasovrastati dalla incombente apparizione della Vergine;negli spazi esigui rimasti della zona centrale, ma sullosfondo, viene illustrata la storia più nota di San gior-gio ambientata nella città di Selem in Libia, dove alferimento del drago alla presenza della principessa fada sfondo una lontana città orientaleggiante conguglie e pinnacoli; nella zona laterale del dipinto,sotto le ali di San Michele, è invece illustrato ilmomento in cui il drago, ormai mansueto, viene con-dotto dai soldati dentro la città fortificata, immaginatacon mura merlate e corpo centrale con copertura inpaglia (fig. 9). Ma c’è anche l’apparizione spettrale dicastel Sant’Angelo, un po’ più in alto, illuminato dalleluci guizzanti di un temporale (fig. 10). A cosa si riferi-sce? Qui entriamo nella storia di San Michele: semprela Legenda, a proposito della vita di San gregorioMagno, narra che durante una tremenda pestilenzascoppiata a Roma, al termine di una processione, ilpapa vide apparire sull’allora mole adriana San Miche-le che deponeva la spada nel fodero, segno che le pre-ghiere erano state ascoltate e che la terribile epidemiache flagellava la città sarebbe cessata. Era l’anno 590 eda allora il monumento prese l’attuale nome, castelSant’Angelo, in onore dell’Arcangelo Michele che, inquesto contesto, ricorda non solo la sua qualità disanto protettore dalla peste, ma anche la forza dellapreghiera e quindi della chiesa romana.

Stando alle prime conclusioni, la pala rappresenta isanti protettori di Ferrara e degli Este, ambedue pala-dini e combattenti per la fede cattolica, ma è eseguitaper un altare della chiesa modenese di Sant’Agostino,chiesa per la quale, all’epoca, il Duca non avrebbeavuto motivo di commissionare un’opera così presti-giosa e tanto più perché, come abbiamo visto, dall’in-ventario estense del 1584 si evince che la pala, se purambita da Alfonso II, non poté essere incamerata per-ché non di commissione ducale. Molto estense mamodenese, alla fine. Lo stesso colore del vessillo soste-nuto da San giorgio induce a confermare quest’ipote-si nel riconoscerlo espressione del ducato di Modena eReggio istituito, per volontà imperiale, al tempo diBorso d’Este: armi Estensi in campo verde.32) Se lapala è modenese, si può anche aggiungere che è statafatta in occasione di un evento luttuoso, come potreb-be indicare la presenza di San Michele, e per un illu-stre, ricco personaggio che ha potuto servirsi di unfamoso pittore di corte.

pROpOSTE SULLA cOMMITTENZA

Si propone a questo punto di collegare la commit-tenza della pala a un nome i cui illustri funerali sonoben descritti nella Cronaca del Lancellotti: «M. Liano-ra di Ferrari consorte de messer Mathè caxela secre-tario del Signor Duca Alfonso da Este nostro signore,è morta in Ferrara ed è stata portata questo dì inSanta cecilia de Modena, la quale ha fatto il suo testa-mento in Ferrara con molti legati secondo se inten-

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derà. In venerdi da ore 22 fu sepelita honorevolmentea Santo Augustino, e a farge honore ge stato tute lecompagnie e regole de Frati, e capitolo deli preti, contute le croce dele capele, e a tuti ge stato dato la cirabiancha honorevole».33)

Sappiamo così che un’illustre cittadina modenese,Eleonora Ferrari, morta a Ferrara nel 1532, avevaespresso il desiderio di essere seppellita nella sua cittànatale con tutti gli onori. La famiglia Ferrari contavaal suo attivo nei primi decenni del cinquecento bendue cardinali, attraverso i quali aveva ottenuto il titolocomitale, poi confermato in perpetuo dal duca cesareI nel 1614. Inoltre, vantava numerose residenze incittà tra cui il prestigioso palazzo avito nella contradaSant’Agostino, attuale rua Muro, uno dei palazzi citta-dini più signorili, finito di costruire l’anno successivoalla sua morte.34)

Si prepararono per lei apparati funebri degni diuna regina: «Ala bara gera 40 torze bianche acexeportate da incapuzati, la bara era portata da 8 hominidel 3° oerdino de Santo Francesco accompagnata dasei dottori e cavalieri, vidilicet, messer AugustinoBelencin, messer Ludovigo dal Forno, messer France-sco Belencin, messer helio carandin, messer carolo

codebò e messer Andrea Manzolo, e la portornodreto la strata magistra de Santa cecilia de fora dallaporta Salexé sino a Santo Augustino in la bara gera inuna cassa pergolata e cuperta tuta la bara de panonegro, et se ge sonato tute le campane dele capele aquatro bati, etiam quele del Domo a quattro bati. Fufato alla ditta un solennissimo offitio all’exequi aSanto Augustino con gran pompa de cira e cantori».35)

Era il 29 novembre del 1532, la dama aveva stilato «ilsuo testamento in Ferrara con molti legati». È proba-bile che tra quelle volontà ferraresi ci fosse la commis-sione di una pala per il suo altare in Sant’Agostino,parrocchia della residenza modenese, da affidare alpittore di corte Dosso Dossi: il nome illustre lo giusti-fica e la sua provenienza anche, ma non solo, comevedremo.

Eleonora si fece seppellire, con un corteo formatodai rappresentanti delle più nobili famiglie modene-si36) nella sua città e nella cappella di famiglia pressola chiesa di Sant’Agostino: l’esistenza della cappellaFerrari è confermata nella biografia dedicata ai mode-nesi illustri da Ludovico Vedriani nel 1665 dove, aproposto del primo marito di Eleonora, il «dottissimogalasso Quattrofrati», si afferma che il sepolcro mar-

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MODENA, gALLERIA ESTENSE – DOSSO DOSSI: MADONNA cON IL BAMBINO IN gLORIA TRA I SANTI gIORgIO E MIchELE9 e 10 – pARTIcOLARE DI SAN gIORgIO E LA pRINcIpESSA (SINISTRA) E pARTIcOLARE DEL pAESAggIO (DESTRA)

(foto Studio Pugnaghi, Modena)

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moreo dell’erudito era sospeso in alto «accanto la cap-pella dei conti Ferrari, perché la di lui moglie fu diquesta casa».37) galasso Quattrofrati risulta scomparsonel 1518, data che conferma già allora l’esistenzadella cappella, distrutta nel Seicento al momento delrinnovamento del tempio. Ma dei suoi quattro mariti,di cui parla Lancellotti, in questo momento ci interes-sa soprattutto l’ultimo, il non meno illustre Matteocasella, che meglio può spiegare la forte valenza fer-rarese del dipinto. Dai documenti dell’archivio priva-

to della famiglia Ferrari, Eleonora risulta presente aModena fino al 1529: il marito è all’epoca Segretariodi Stato del Duca Alfonso I e si parla di lui come«faentino, consigliere del Duca di Ferrara», già sposa-to ad Eleonora nel 1529.38)

Sempre Lancellotti, seguito da gruyer, spiega comesia proprio lui, già a partire dall’inizio del quartodecennio, a tessere, quale ambasciatore del duca, latela per ottenere dall’imperatore carlo V la restituzio-ne ufficiale dei territori di Modena e Reggio e per farsì che, attraverso l’intermediazione imperiale, il papapotesse cedere definitivamente Ferrara alla casataestense. Le missive che si conservano presso l’Archiviodi Stato modenese confermano le sue parole.39)

Lancellotti descrive quei primi anni del quartodecennio in maniera tragica: Modena affamata dallacarestia, assediata dalle truppe dei lanzichenecchi edalle milizie spagnole, spettatrice di eventi importantiper le sorti del ducato come l’arrivo dell’imperatore,ospite prima a Modena, agli inizi di dicembre (1532),e poi a Bologna. E tanti problemi sul piatto: un sovra-no straniero divenuto Re d’Italia, il conflitto religiosoinfiammatosi anche nel nostro paese dopo il Sacco diRoma, le invasioni ottomane che premono ai confininazionali fino a minacciare la stessa Vienna. Annicupi, difficili per uno stato piccolo che doveva salvarsida predatori ben più potenti di lui e dove la strategiae la scaltrezza politica significavano la sua stessasopravvivenza. Da qui l’importanza che assumevanogli uomini politici fidati, cui il Duca demandava l’at-tuazione dei passi necessari all’interno del grandescacchiere internazionale.40)

Eleonara Ferrari, sposa del segretario ducale, vivevaa Ferrara presso la corte estense: tale appartenenzaspiega, a mio avviso, perché l’opera venisse allogataad un pittore estense, in quell’epoca al massimo dellafortuna, e anche perché i santi riprodotti nel dipintofacessero riferimento sia alla devozione ferrarese cheestense. Era espressione del favore ducale concedere ilproprio pittore a personaggi di spicco della corte.41)

Eleonora desidera essere sepolta nella sua città perchéModena, finalmente, era tornata a far parte del duca-to estense, grazie all’intercessione dell’imperatore, magrazie anche all’ottimo lavoro di mediazione condottoda Matteo casella, suo marito.

STILISTIcAMENTE

Stilisticamente l’opera può rientrare in maniera piùconsona nell’alveo di quelle opere che si differenzianodalla produzione di Dossi della fine del secondodecennio per quel senso di possanza delle figure, dipregnante romanismo spiegabile solo con la vicinanzadi giulio Romano a Mantova, corte consorella. Lapala, infatti, dimostra una consapevole affinità allacultura romana ma non proprio o non solo a quella didiretta ascendenza tardo–raffaellesca, quanto piutto-sto alla cultura raffaellesca–michelangiolesca che sidiffonde, nel nord Italia, attraverso l’intermediazione

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11 – MODENA, gALLERIA ESTENSE – DOSSO DOSSI: MADONNA cONIL BAMBINO IN gLORIA TRA I SANTI gIORgIO E MIchELE

pARTIcOLARE DELLA VERgINE

(foto Studio Pugnaghi, Modena)

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del grande ripropositore e manipolatore geniale deidue stili svuotati dagli originali contenuti: giulioRomano. È su questa conoscenza diretta e plausibileche penso vada inserita la nostra: Dosso ha lasciatoalle spalle ogni forma di spirito anticlassico, ognieccentricità se si esclude quel minimo movimento biz-zarro dei putti tra le nubi che comunque, come vedre-mo, non è fine a se stesso ma serve a focalizzare l’at-tenzione dello spettatore sul tema espresso, soprattuttoa seguito di un clima profondamente cambiato. Lalinea di contorno definisce con precisione i corpi emantiene il predominio sul colore, se pur quest’ultimoraggiunga altrettanta possanza nel gioco dei contrastitimbrici. Non è più il classicismo romano emozionaledella ‘pala di San Sebastiano’ del Duomo di Modena,dove le forme michelangiolesche plasmate sui richia-mi nostalgici dell’antico vengono interpretate attra-verso mezzi pittorici prettamente veneziani ovverotizianeschi.

La risposta a giulio si avverte già a partire dalla‘pala Della Sale’, del 1527, per poi procedere con la‘Disputa sull’Immacolata concezione’ destinata alDuomo di Modena, fino ai lavori nel castello delBuonconsiglio: è il Dosso monumentale che si cimen-ta su soggetti sacri e di pubblica fruizione. È quelloche Freedberg definisce “the public style”42) a cuiDosso si conforma perché grande eco aveva suscitatonella cultura padana: le forme diventano massicceall’interno di un disegno preciso che la forza del colo-re non riesce ad ammorbidire. Le masse tendono adoccupare la superficie per avvicinarsi allo spettatore,perché all’urgenza del discorso non preme il rispettoprospettico e quindi la razionale naturalezza dellacomposizione. Le campiture pittoriche diventanoestremamente lucenti, l’invenzione e la fantasia lascia-no il posto ad una ricercatezza formale che non rag-giunge comunque un’armonia: la pala agostinianapotrebbe essere stata eseguita tra il 1533–1534, dopola ‘pala delle Sale’ e la ‘pala dell’Immacolata’ delDuomo.43) La nostra possiede infatti, rispetto a questeultime, un equilibrio compositivo pur nei movimenticontrapposti giocati in superficie: la tensione, checontraddistingue le precedenti si scioglie in oratoria etutto sembra chiarito e dimostrabile. Inoltre, i volumisono inseriti all’interno di un’atmosfera che entra nelgioco visivo, sciogliendo la linea appuntita dei contor-ni in sfumate ombre azzurrine, accarezzando i morbi-di capelli dell’arcangelo e illuminando di luce natura-le i volti dei personaggi. Il riferimento stilistico piùvicino alla ‘pala di Sant’Agostino’ è costituito dagliaffreschi del castello del Buonconsiglio a Trento doveDosso lavorò tra il 1531 e 1532. La familiarità tipolo-gica e compositiva dei due gruppi della Madonna colBambino nella nostra pala e nell’affresco raffigurantela ‘presentazione del vescovo clelio alla Vergine e alBambino da parte di San Vigilio’ sembrerebbe confer-mare datazioni prossime (figg. 11 e 12). In quest’ulti-mo la costruzione in primo piano di figure massicce,la fisionomia e la postura della Madonna ricordano davicino la pala modenese se pur quest’ultima si sia libe-

rata anche dell’ultima vena di goffaggine. confrontointeressante è anche quello con i dosseschi ‘poeti anti-chi’, lacunari lignei della «libraria», dove alle ponde-rose proporzioni volumetriche contrasta una cura deiparticolari che porta ad evidenziare, quasi uno aduno, i peli delle barbe e i capelli, il riproporre lo scrit-to minuto di un libro, minuzia e lenticolarità che siritrova nella resa dei capelli e della barba del diavolo,della pelle del drago, dell’armatura, dei capelli di SanMichele.

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12 – TRENTO, cASTELLO DEL BUONcONSIgLIO – DOSSO DOSSI:pRESENTAZIONE DEL VEScOVO cLELIO ALLA VERgINE E AL

BAMBINO DA pARTE DI SAN VIgILIO, pARTIcOLARE

(foto Castello del Buonconsiglio – Ufficio Fotografico)

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DI NUOVO IcONOgRAFIA

La data proposta può essere sostenuta anche tornan-do all’iconografia della pala: finora abbiamo preso inconsiderazione i due santi che, nella regìa compositiva,costituiscono le colonne su cui poggia la non menoimponente figura della Madonna col Bambino chesembra planare in volo su di loro, d’improvviso, colsuo ampio manto gonfiato dal vento e la turba di ange-li irrequieti. Non c’è più prospettiva e la Madonna nonpuò, come nella pala del Duomo, avere un postosecondario all’interno di una scatola prospettica che laallontana. La sua immagine è, al pari dei due santi,ben visibile, incombente: il primo piano si anima cosìdi queste tre presenze immanenti, che chiedono allospettatore, attraverso gli sguardi e gli atteggiamenti, dicomprendere il significato di quanto illustrato.

La Vergine che tiene in grembo gesù Bambino conin mano il mondo, simbolo della sua sovranità, è rap-presentata nella possanza volumetrica di una statua,in vesti semplici e caste, i capelli coperti da un grandedrappo. La monumentalità di ascendenza romana,che Antonio Begarelli raggiunge nella sua ‘Immacola-ta concezione’ per la chiesa modenese di San Salvato-re e nell’altra ‘Immacolata’ per la chiesa di San pietro,è spiegabile in rapporto a questo recente e importan-te arrivo a Modena. I gruppi plastici begarelliani della‘Madonna col Bambino’ eseguito per la chiesa di SanSalvatore (oggi in galleria Estense) e la ‘Immacolataconcezione’ per la chiesa di San pietro a Modena ven-nero eseguiti dal grande artista modenese nella secon-da metà del quarto decennio del XVI secolo.44)

Nessun orpello, nessuna civetteria sono permessinella resa di questa immagine sacra. gli occhi dellaVergine non guardano lo spettatore ma il Bambinogesù a cui si rivolge indicando l’Arcangelo. poggia ilpiede su uno spicchio di luna, la circonda la luce di unarcobaleno che prepara il cielo, ancor pieno di nubitemporalesche, ad un’alba radiosa. Il tema della falcedi luna è uno dei dettagli che possono dare un carat-tere immacolista ad una immagine della Vergine,come probabilmente accade in questo caso, in cui citroviamo di fronte alla personificazione dell’Immaco-lata concezione.45) Al suo fianco, tra una bagarre diputti, si nota un angioletto con manto rosso svolazzan-te, forse in riferimento ad uno dei quattro angeli del-l’Avvento. Si narra che, nella seconda settimana del-l’Avvento, un angelo dal manto rosso scenda dal cieloportando con la mano sinistra un cesto vuoto, intessu-to di raggi di sole che può contenere solo ciò che èleggero e delicato. L’angelo guarda nel cuore di tuttigli uomini per vedere se trova un po’ d’amore da met-tere nel cesto e riportare in cielo.46) proprio in questoperiodo cade l’8 dicembre, giorno della festività del-l’Immacolata concezione.47)

La pala sembra dunque sottolineare con forza unriferimento al tema immacolista, tema abbastanzararo tra il Quattrocento e il primo quarto del cinque-cento per la posizione ancora dialettica della chiesa.48)

La difesa della chiesa è sentita come urgente dopo il

Sacco di Roma che ha dimostrato tutta la debolezzadel pontefice: non diversa sensazione sommuove idomini estensi tanto più per la presenza del circolo diRenata di Francia giunta giovane sposa a Ferrara unanno dopo e intrisa di cultura religiosa eterodossa.Non sono i contenuti riferibili agli inizi degli anniVenti, ancora non infiammati dal nuovo spirito crocia-to: è noto che già da alcuni anni si dibattevano lediverse posizioni luterane–riformatrici della chiesacattolica, la cui visione sulla predestinazione non for-niva spazio ad alcuna intermediazione, negava cosìogni ruolo attivo della chiesa sul tema della salvezza,facendo decadere ogni giustificazione della sua stessaesistenza. Il Sacco di Roma fu la dimostrazione dram-matica di come ben poco contasse la gerarchia eccle-siastica per le nuove forze scese in campo.

Ritornando alla nostra pala, il riferimento sembraad un tema in quegli anni scottante con il fine dirivendicare l’importanza della ‘Maria Immacolata’,concepita dai genitori priva del peccato originale, acui è stata concessa una sovrabbondanza di grazia pervincere il peccato. L’Immacolata, la nuova Eva, Madredi Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera salvi-fica del Figlio, frutto più alto della Redenzione. LaDonna dell’Apocalisse è così descritta: «Un segnograndioso apparve nel cielo (l’arcobaleno): una donnavestita di sole con la luna sotto i piedi e sul suo capouna corona di dodici stelle».49) La Madre di cristoesemplifica la madre della chiesa tutta, di cui deveimitare le virtù. È il simbolo della chiesa trionfante:l’Immacolata sconfessa l’ineluttabilità del peccato ori-ginario sull’uomo e apre alla speranza della redenzio-ne attraverso la sua intermediazione tra Dio e uomo.La Vergine indica a gesù l’Arcangelo Michele, perchéè attraverso la sua azione che Satana viene sconfitto ecristo trionfa sul peccato e sulla morte. Anche leimmagini diventano prezioso strumento di convinci-mento. contro l’iconoclastia, che si stava diffondendoin molte nazioni europee, la chiesa riafferma l’impor-tanza di illustrare i testi biblici ed evangelici, ma ildiscorso deve diventare fedele allo scritto, una racco-mandazione più tardi normalizzata dal concilio tri-dentino.

Non stupisce come, proprio a Modena in pochianni, tra la fine del terzo e la metà del quarto decen-nio, la stessa bottega ferrarese fornisca quattro imma-gini della ‘Immacolata concezione’, includendo neldiscorso anche il nostro dipinto. Oltre alla grande‘Immacolata’ del Duomo, si mise in opera la piccola‘Immacolata concezione’ (che a quest’ultima s’ispira-va e che ne condivise la sorte, finendo anch’essa aDresda) e la frammentaria ‘Immacolata’ berlinese,mutilata della parte superiore.50)

Modena è in odore di eresia proprio a partire daquegli anni: sotto l’appoggio della duchessa Renée siera venuta a creare una koinè di intellettuali modenesiche in un breve giro di anni avrebbero fondato un’ac-cademia all’interno della corte, sospetta alla chiesaper le sue simpatie eterodosse. La controtendenza stain queste immagini votive, a cui si aggiunge la ‘pala di

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Sant’ Alberto degli Abati da Trapani’, eseguita per lachiesa di Santa Maria del carmine da gian gherardodalle catene: il soggetto viene imposto dall’Ordinecarmelitano al committente. Si tratta della rara rap-presentazione del fondatore dell’ordine, distintosi perla predicazione e la purezza della preghiera, poi con-fermato santo da papa Sisto IV, lo stesso che riconob-be il culto dell’Immacolata.

Nel dipinto Sant’Alberto è raffigurato mentre calpe-sta una donna dalle belle sembianze, ma dalle zamped’arpia: l’interpretazione duplice è quella del bene chesconfigge il vizio, la seduzione dei sensi, ma anche dellavittoria sull’eresia.51) Esemplificativo del “clima cambia-to” è il confronto tra queste opere, che partono dagliinizi del quarto decennio, e il dipinto immacolista raffi-gurante la ‘Visione di San girolamo’ del parmigianino(oggi alla National gallery di Londra), eseguito a Romaagli inizi del 1527: un’opera di committenza privatacarica di significati terreni.

Nell’ambito della committenza estense si nota, daparte del Duca, un desiderio di chiarire le sue posizioniin merito. In effetti, le pale per il Duomo di Modena eReggio Emilia, fatte eseguire come ringraziamento perl’avvenuto recupero dei due territori, sembrano ribadi-re una posizione assolutamente coerente con i dettamiecclesiastici: sempre temi mariani a partire dalla ‘Ado-razione di gesù’ come divina maternità di Maria,primo dogma mariano, tema della pala commissionatacome ex–voto per la cappella estense nel Duomo diModena.52) Nel Duomo di Reggio invece è protagonistadi nuovo ‘San Michele Arcangelo’ insieme alla Vergineassunta in cielo, quarto dogma mariano.53)

Una nota curiosa: chiunque guardi il dipinto agosti-niano è inesorabilmente attratto da quelle straordina-rie ali dipinte a trompe l’oeil che, abbiamo detto, sonod’ispirazione dureriana; squillanti piumaggi che fuo-riescono dalla corazza a coprire parte della spalla ericordano faune esotiche e costumi di popoli lontanidi cui Dosso ha voluto comunque portare testimonian-za, forse per via del noto l’interesse che fin dall’epocadi Ercole I la corte estense ha dimostrato per i viaggialla scoperta di nuove terre e nuove genti.54)

cONcLUSIONI

La pala in esame è da considerare, dunque, come undipinto estense perché i coniugi Matteo casella edEleonora Ferrari facevano parte integrante del grupporistretto di famiglie inserite presso la corte, ma è ancheun dipinto modenese per via delle origini di Eleonora,fatto che viene confermato dalla decisione di far torna-re le proprie spoglie nella sua città natale. Ed è undipinto in parte anche dell’ordine Agostiniano, chesenz’altro avrà tracciato i punti salienti dell’ideazionedi un tema divenuto monito e guida alla città.

concludo con una precisazione circa l’esistenza omeno di una pala di garofalo presso la chiesa diSant’Agostino, di cui parla Spaccini, presente nelprimo altare a destra entrando e poi spostata nel 1614

sull’altar maggiore, in seguito al restauro dei pavi-menti.55) In recenti studi si tende ad identificarla conla ‘Madonna col Bambino tra i Santi Lucia, contardoe giovanni Battista’, opera firmata e datata 1533,anch’essa oggi di proprietà della galleria Estense,56)

ma reputo che quest’ultima non abbia mai fatto partedegli apparati della chiesa in quanto la storia deldipinto rientra direttamente nell’alveo della commit-tenza privata estense.57) Il dipinto, una tavola didimensioni importanti e di forma rettangolare, fu ese-guita da garofalo nel 1533 in occasione della ricon-quista dei feudi estensi, ma fu fatta per una cappelladelle ducali dimore dove lo scopo ultimo era stretta-mente apologetico e dinastico, quello cioè di ufficializ-zare la ormai prossima ascesa di Ercole II al trono cheil padre Alfonso I si predisponeva a lasciargli: il Santodella casata, contardo d’Este, storicamente morto gio-vane, in questo contesto e per questo fine, s’incanuti-sce e gira la testa per richiamare le fattezze di Alfonso;ai suoi piedi, la corona che lascia al giovane figlioErcole II, allora ventiquattrenne, in sembianza di Sangiovanni Battista, patrono della casata degli Este. Lasomiglianza con i ritratti che si conservano di lui spin-gono ad ipotizzarlo. Alfonso I morirà l’anno successi-vo, nell’ottobre del 1534. San contardo indica suofiglio e successore alla Vergine affinché interceda perlui; Santa Lucia, con gli stessi tratti della Madonna,rappresenta la promessa di luce, sia come luce mate-riale che apre gli occhi agli uomini sul mondo, sia inin senso più ampio e apologetico, cioé come simbolodella fine delle tenebre e l’annuncio di giorni piùradiosi.

Resta il grande punto interrogativo sulla presenza el’identità di questa pala garofaliana nella chiesa diSant’Agostino di cui parla lo Spaccini: si può avere latentazione di pensare che, durante i lavori edilizi dellachiesa compiuti nel 1614, la pala, che dalla prima cap-pella fu spostata sull’altare maggiore, fosse proprio lapala del Dosso Dossi, stilisticamente non lontana dallesoluzioni artistiche contemporanee portate avanti dalTisi. Anche ipotizzando che la cappella Ferrari fossela prima sulla destra indicata dallo Spaccini, a questoassunto si oppone il tempo: nel 1584 la casa d’Estevuole impossessarsi della pala di Dosso (non la reputadi garofalo), senza riuscirvi. È possibile che dopo solotrent’anni, nel 1614, Spaccini, strettamente legato allacasata, ne confonda la paternità? La pala del garofaloin Sant’Agostino resta ancora un mistero.

Si coglie l’occasione per ringraziare, dell’Archivio di Statodi Modena, la Direttrice, dott.ssa Euride Fregni, che ha for-nito il suo appoggio e garantito l’aiuto da parte dei suoi col-laboratori; la dott.ssa Anna Rosa Venturi, che ha condottouna importante indagine conoscitiva sull’archivio dellafamiglia Ferrari, rintracciando informazioni servite allarealizzazione di questo scritto; infine, il dott. Gilberto Zac-chè, che mi ha efficacemente guidata nella ricerca d’archivio.Dell’Archivio di Stato di Ferrara ringrazio la Direttrice,dott.ssa Antonietta Folchi, per la collaborazione dimostrata.

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1) Sull’opera si vedano almeno: A. MEZZETTI, Il Dosso eBattista ferraresi, Milano 1965, pp. 98 e 99, n. 108, fig. 28;F. gIBBONS, Dosso and Battista Dossi Court Painters at Fer-rara, princeton 1968, p. 190, n. 44, fig. 45; A. BALLARIN,Dosso Dossi. La pittura a Ferrara negli anni del ducato diAlfonso I, 2 voll., cittadella (pD) 1994–1995, I, pp. 314 e315, n. 377, tav. cXXVI; e II, fig. 515; e F. TREVISANI,Madonna col Bambino tra i santi Giorgio e Michele arcan-gelo, in Nicolò dell’Abate. Storie dipinte nella pittura delCinquecento tra Modena e Fontainebleau, catalogo dellamostra a cura di S. BégUIN, F. pIccININI, Modena, Foro Boa-rio, 20 marzo – 19 giugno 2005, cinisello Balsamo 2005,pp. 207 e 208, n. 4. per un esame dell’armatura indossatada San giorgio, invece, cfr. J. BRIDgEMAN, K. WATTS,Armour, weapons and Dress in four paintings by DossoDossi, in Apollo, cLI, 2000, 456, pp. 20–27.

2) Archivio di Stato di Modena (d’ora in avanti ASMo),Archivio Segreto Estense (d’ora in avanti ASE), Archivio permaterie, Arti Belle, Cose d’arte, cass. 18/1, 1584 marzo 13:Minuta di lettera del segretario Antonio Montecatini algovernatore di Modena e Reggio, con allegato l’elenco dellepitture. Inizialmente citata da A. VENTURI, La Regia Galle-ria Estense, Modena 1883, p. 171, poi riproposta nel Rege-sto di documenti relativi a Sant’Agostino conservati nei fondiecclesiastici e non ecclesiastici dell’Archivio di Stato di Mode-na, a cura di p. L. cAVANI, L. D’ANgELO, in La chiesa diSant’Agostino in Modena, Pantheon Atestinum, a cura di E.cORRADINI, E. gARZILLO, g. pOLIDORI, Milano 2002, pp.278–287, in particolare p. 279.

3) VENTURI, La Regia Galleria …, cit., pp. 225 e 226; g.gRUyER, L’art Ferrarais à l’epoque des Princes d’Este, 2 voll.,parigi 1897, II, p. 265; e J. BENTINI, p. cURTI, Arredi, sup-pellettili e “pitture famose” degli Estensi: inventari 1663,Modena 1993, p. 60.

4) Regesto ..., cit., p. 279.

5) R. LONghI, Officina ferrarese, Roma 1934, pp. 143 e144; e g. B. cAVALcASELLE, 2 voll., Raffaello, Firenze 1890,II, p. 187.

6) BALLARIN, Dosso Dossi …, cit., I, pp. 37.

7) IDEM, I, pp. 32, 33 e 41. Nel testo si stabilisce per lapala una data intorno al 1519, riconfermata dallo stesso A.BALLARIN, Dosso 1524–1529, in A. BALLARIN, V. ROMANI,Dosso Dossi e le favole antiche. Il risveglio di Venere, citta-della (pD) 1999, pp. 13–44, in particolare p. 13; ripresa poida g. FIORENZA, Dosso Dossi, Garofalo, and the CostabiliPolyptych: Imaging Spiritual Authority, in The Art Bulletin,LXXXII, 2000, 2, pp. 252–279, in particolare pp. 255 e256; e da TREVISANI, Madonna col Bambino …, cat. cit. hainvece proposto una anticipazione del dipinto al1517–1518, p. hUMFREy, Dosso Dossi: vita e opere, in DossoDossi. Pittore di corte a Ferrara nel Rinascimento, mostra acura di p. hUMFREy, M. LUccO, Ferrara, civiche Raccolted’Arte Moderna e contemporanea, 26 settembre – 14dicembre 1998, catalogo a cura di A. BAyER, Ferrara 1998,pp. 3–15, in particolare pp. 8 e 9, fig. 6; datazione ribaditadall’autore in un saggio dello stesso anno: p. hUMFREy,Dosso Dossi et la peinture de retables, in Revue de l’art, 119,1998, 1, pp. 9–20, in particolare pp. 13 e 14, fig. 7.

8) per l’identificazione del santo con giobbe, piuttosto checon girolamo, cfr. la scheda di c. cREMONINI, in Il Duomo diModena / The Cathedral of Modena (Mirabilia Italiae), a

cura di c. FRUgONI, 3 voll., Modena 1999, in particolare:Testo, pp. 287–289, n. 884, e Atlante, II, p. 450, fig. 884.

9) Modena, Biblioteca Estense Universitaria, ms. 1530–1533,T. LANcELLOTTI, Cronaca modenese (1506–1554), p. 114 (23novembre 1532).

10) BALLARIN, Dosso Dossi ..., cit., pp. 78 e 79.

11) M. FERRETTI, Ai margini di Dosso (Tre altari in SanPietro a Modena), in Ricerche di Storia dell’Arte, 1982, 17,pp. 57–76, in particolare p. 61.

12) O. BARAcchI, c. gIOVANNINI, Il Duomo e la Torre diModena. Nuovi documenti e ricerche, Modena 1988, pp.265–292.

13) A. FRANcESchINI, Dosso Dossi, Benvenuto da Garofalo eil polittico Costabili di Ferrara in Paragone, 1995, 543–545,pp. 110–115; successivamente pubblicato in inglese: DossoDossi, Benvenuto da Garofalo, and the Costabili Polyptych inFerrara, in Dosso’s Fate: Painting and Court Culture inRenaissance Italy, edited by L. cIAMMITTI, S. F. OSTROW, S.SETTIS, Los Angeles 1998, pp. 143–151.

14) p. hUMFREy, M. LUccO, Dosso Dossi in 1513. A reas-sessment of the artist’s early works and influences, in Apollo,147, 1998, febbraio, pp. 22–30, in particolare p. 29. Si vedainoltre la nota 7.

15) hUMFREy, Dosso Dossi …, cat. cit., pp. 8 e 9.

16) Garofalo e Dosso. Ricerche sul polittico Costabili, a curadi L. cIAMMITTI, Venezia 1998, pp. 9–26.

17) VENTURI, La Regia Galleria …, cit., pp. 225 e 226.

18) R. pALLUcchINI, I dipinti della Galleria Estense diModena, Roma 1945, pp. 87 e 88, n. 171.

19) Si veda in particolare l’‘Ala di una ghiandaia’ (Garru-lus glandiarius), acquarello e guazzo su pergamena, firmatoe datato (1512), oggi alla graphische Sammlung Albertinadi Vienna, cfr. p. STRIEDER, Dürer, con contributi di g.gOLDBERg, J. hARNEST, M. LILONI, M. MENDE, Milano 1992,pp. 194–221, in particolare p. 199.

20) confronta qui di seguito la relazione di restauro e ilcommento delle analisi dei pigmenti.

21) Sulla tecnica dossesca, cfr. A ROThE, D. W. cARR, Latecnica di Dosso Dossi. Poesia con pittura, in Dosso Dossi …,cat. cit, pp. 55–64; sull’uso di “ripassare” i profili, cfr. J.BENTINI, Le opere di Dosso Dossi nella Galleria Estense diModena e nella Pinacoteca Nazionale di Ferrara, ibidem,pp. 65–71.

22) g. F. pAgANI, Descrizione della pittura e dei disegniche esistono nel grande ducale appartamento di FrancescoIII, in g. F. pAgANI, Le pitture e sculture di Modena, Mode-na 1770, p. 152, con attribuzione a Dosso; e c. DELLA pALU-DE, Descrizione de’ quadri del Ducale Appartamento diModena, Modena 1784, p. 103, dove è riferita invece a Bat-tista Dossi.

23) La ‘Madonna con il Bambino tra i santi giovanni Bat-tista, paolo, Maria Maddalena e girolamo’ (Dresda, Staatli-che Kunstsammlungen, gemäldegalerie) sembra essere nonsolo appartenuta agli Este, ma eseguita per Alfonso I d’Estetra il 1515 e il 1516; Dosso poté quindi studiarla a suo agio(g. A. DELL’AcQUA, Tiziano, Milano 1955, p. 112; e R. pAL-LUcchINI, Tiziano, 2 voll., Firenze 1969, I, p. 37).

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24) Data proposta da FERRETTI, Ai margini …, cit., p. 61.

25) c. gIOVANNINI, Nuovi documenti sul Dosso, in Pro-spettiva, 1992, 68, pp. 57–60, in particolare p. 58.

26) h. MENDELSOhN, Das werk der Dossi, München 1914,pp. 83 e 84.

27) MEZZETTI, Il Dosso …, cit., pp. 25, 26 e 102; e pAL-LUcchINI, I dipinti ..., cit, p. 87.

28) che Dosso preferisse lavorare, come è comprensibile,a Ferrara è documentato già per la ‘pala di San Sebastiano’(O. BARAcchI gIOVANARDI, Regesti, in D. BENATI, L. pERUZZI,Francesco Bianchi Ferrari e la pittura a Modena tra il ‘4 e‘500, Modena 1990, pp. 176 e 177) e in seguito anche daritrovamenti più recenti (FRANcESchINI, Dosso Dossi …, cit.,p. 115, nota 17: «A Maistro Dosso depintore che alogia incastelo […]»).

29) Sui rapporti di Dosso con la cultura fiamminga, cfr. B.W. MEIJER, Ferrara e il nord, in Un Rinascimento singolare.La corte degli Este a Ferrara, a cura di J. BENTINI, g. AgO-STINI, Milano 2004, pp. 221–233.

30) La “pesatura del cuore e dell’anima” è una cerimoniacui, secondo il libro dei morti dell’antica religione egiziana,veniva sottoposto il defunto prima di poter accedere all’aldilà.

31) A. chASTEL, Il sacco di Roma 1527, Torino 1983, p.178 e ss., dimostra come, a partire dal 1528, parta una seriedi iniziative volte a far comprendere il filo provvidenzialedegli eventi. Il papa incarica Baccio Bandinelli di ricollocarel’angelo in bronzo in cima alla Mole Adriana, già issato altempo di gregorio Magno, in funzione di protettore delpapato, giudicandolo insieme alla Madonna il vessillo con-tro la grande eresia.

32) gRUyER, L’art Ferrarais ..., cit., I, p. 48.

33) LANcELLOTTI, Cronaca …, cit., p. 116 (28 e 29novembre 1532).

34) g. BERTUZZI, Palazzi a Modena, 3 voll., Modena2000, II, pp. 139 e 140; e g. BENATTI, Ferrari Moreni, inFamiglie nobili e patrizie nelle terre del ducato di Modena,Modena 1983, s.n.

35) LANcELLOTTI, Cronaca …, cit., p. 116.

36) Tra loro anche Elia carandini e Ludovico Forni che,assai sensibili alla riforma della chiesa, nel 1540 furono pro-tagonisti della rivolta di San Bartolomeo (cfr. g. DOTTI MES-SORI, I Carandini, in Aedes Muratoriana, Modena 1997, pp.11–16, in particolare p. 15).

37) L. VEDRIANI, Dottori modonesi di teologia, filosofia,legge canonica e ciuile, con i suoi ritratti dal naturale inrame; et altri letterati insigni per l’opere, e dignità loro, cele-brati da vari potenti e scrittori, Modena 1665, p. 249; cfr.anche g. SOLI, Chiese di Modena, a cura di g. BERTUZZI, 3voll., Modena 1974, I, pp. 23 e 32.

38) ASMo, Archivio Ferrari Moreni, Inventario (1735),55, filza IX, nn. 1 e 2, alla data 9 settembre 1518, dove siparla di restituzione della dote di Eleonora di gasparo Fer-rari modenese andata a «galascio Quatrofrati ... già maritodella predetta Eleonora»; e 13 aprile 1529, in riferimentoad una transazione tra la «signora Eleonora, ora moglie delsignor Matteo caselli faentino, consigliere del Duca di Fer-rara da una parte e li signori girolamo del fu signor guido-ne et gabriella del fu signor Nicolò, tutti Quattrofrati dal-

l’altra per le liti vertite e vertenti circa l’eredità del signorgasparo del fu dottor galascio loro fratello et della dettasignora Eleonora …»; e, inoltre, cfr. LANcELLOTTI, Cronaca…, cit., p. 129.

39) LANcELLOTTI, Cronaca …, cit., pp. 190, 196: il 5 gen-naio 1533 «Matteo caxela ambasciatore del Duca da Bolognaè andato a Ferrara per commissioni per l’Imperatore», dove sireca nuovamente un mese dopo, il 6 febbraio, «con mandatoamplissimo per fare l’accordo su Ferrara col papa» (cfr. inproposito anche gRUyER, L’art Ferrarais ..., I, pp. 138 e 139,nota 1). per una migliore definizione del personaggio sirimanda ai titoli delle missive e dispacci posti in Appendice.

40) Matteo casella otterrà in dono da Alfonso I d’Estealcune terre ed edifici, come ringraziamento per l’ottimolavoro svolto (ASMo, ASE, cancelleria Ducale, carteggi eDocumenti, particolari, 1487, busta 316: Casella).

41) g. BARUFFALDI, Vite de’ pittori e scultori ferraresi, 2voll., Ferrara 1844–1846, I, p. 286: «Il conte Achille Taccoli,nobile reggiano, allora che risiedeva in Ferrara col titolo dicommissiario del Duca di Modena, di molti quadri dipintidal Dossi ornava le sue stanze».

42) J. FREEDBERg, The Pelican History of Art, cambridge1975, pp. 315–322.

43) c. cREMONINI, La pala dell’‘Immacolata Concezione’di Dosso Dossi nel Duomo di Modena: un contributo per lacronologia, in Dialoghi di Storia dell’Arte, 4/5, 1997 pp.250–257; sulla base delle nuove indicazioni documentarie,l’intervento di Dosso sulla tavola si attesta intorno al1527–1528 (cfr. anche L. pUppI, Dosso al Buonconsiglio, inArte veneta, XVIII, 1964, pp. 19–34, in particolare p. 29).

44) g. BONSANTI, F. pIccININI, Emozioni in terracotta,Modena 2009.

45) Sul tema si vedano almeno: M. LEVI D’ANcONA, The Ico-nography of the Immaculate Conception in the Middle Agesand Early Renaissance, New york 1957; V. FRANcIA, Splendo-re di bellezza: l’iconografia dell’Immacolata Concezione nellapittura rinascimentale italiana, città del Vaticano 2004; A.gALIZZI KROEgEL, Quando il centro usa prudenza e la periferiaosa: l’iconografia dell’Immacolata Concezione in Emilia e nelleMarche (con una postilla sulla Vergine delle Rocce di Leonar-do), in Emilia e Marche nel Rinascimento. L’identità visivadella ‘Periferia’, a cura di g. pERITI, Azzano San paolo (Berga-mo) 2005, pp. 215–251; Una donna vestita di sole: l’Immaco-lata Concezione nelle opere dei grandi maestri, catalogo dellamostra a cura di g. MORELLO, V. FRANcIA, R. FUScO, città delVaticano, Braccio di carlo Magno, 11 febbraio – 13 maggio2005, Milano 2005; e E. SIMI VARANELLI, Maria l’Immacolata:la rappresentazione nel Medioevo, Roma 2008.

46) Si fa riferimento ad una tradizione religiosa popolaretuttora molto in voga (per questo cfr. S. LIENhARD, Festeg-giare l’Avvento, Milano 2009).

47) La festa dell’Immacolata concezione venne fissata ilgiorno 8 dicembre (seconda settimana dell’Avvento) e inse-rita ufficialmente nel calendario romano dal francescanoSisto IV, attraverso l’approvazione di due nuovi Uffici litur-gici, approntati dai frati dell’ordine, Leonardo Nogarola eBernardino de’ Busti (pubblicati in ArmamentariumSeraphicum et Regestum Universale tuendo titulo Immacu-latae Conceptionis, 2 voll., Madrid, 1649, II, rispettivamentealle coll. 55– 70 e 70–105) e approvati dal pontefice tra il

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1476 e il 1480 (cfr. Bullarium Franciscanum continens con-stitutiones, epistolas, diplomata Romani Pontificis Sixti IVad tres ordines S.P.N. Francisci spectantia, collegit et ediditIoseph M. Pou y Marti, Nova series. Tomus 3, Ad clarasAcquas, prope Florentiam, 1949, III, p. 452, n. 924; pp. 462e 463, n. 942; e p. 665, n. 1336).

48) I. FEDOZZI, Antonio Costabili: un ritratto, in Garofaloe Dosso ..., cit., pp. 55–73.

49) Apocalisse di Giovanni, 12, 1–2.

50) La grande ‘Immacolata’ si riferisce alla pala commis-sionata per il Duomo di Modena (‘Immacolata concezione,i padri della chiesa gerolamo, gregorio magno, Ambrogio,Agostino e San Bernardino’) poi incamerata nella quadreriaestense e infine venduta all’Elettore di Sassonia. La piccola‘Immacolata concezione con i Santi Anselmo, Agostino,girolamo e Ambrogio’ seguì la prima a Dresda. Ambeduefurono distrutte a seguito dei bombardamenti durante laseconda guerra mondiale. Sempre nella Staatliche Kunst-sammlungen, gemäldegalerie di Dresda si conserva unframmento di ‘Immacolata concezione con i santi girola-mo, Ambrogio, gregorio e Agostino’ attribuita a BattistaDossi (su quest’ultima cfr. BALLARIN, Dosso Dossi …, cit., I,p. 363, n. 487; e II, fig. 214).

51) c. cREMONINI, Sant’Alberto di Sicilia, in Nicolò dell’A-bate …, cat. cit., pp. 222–224, n. 16.

52) Dosso e Battista Dossi, ‘Adorazione del Bambino conl’Eterno in gloria’ dipinto per la cappella estense in Duomo,oggi presso la galleria Estense di Modena (g. pAOLOZZI

STROZZI, Adorazione del Bambino, in Nicolò dell’Abate …,cat. cit., pp. 209 e 210, n. 6).

53) L’opera oggi si conserva presso la pinacoteca Nazio-nale di parma.

54) D. FAVA, c. MONTAgNANI, Mostra colombiana e ameri-cana della R. Biblioteca Estense, Modena 1925, pp. 33 e 34.

55) g. B. SpAccINI, Cronaca di Modena, 1612–1616, acura di R. BUSSI, c. gIOVANNINI, Modena 2002, p. 331: «Adì16, mercordì, Li padri di sant’Agostino hanno meso la tavo-la dell’altar grande, dipinta del Be<n>venuto da garofanopittor ferrarese, che era al primo altare all’intrare dentro amano destra, doppo che hanno sbassato il coro».

56) g. ghIRALDI, Madonna in trono tra gli angeli musi-canti e i santi Giovanni Battista, Contardo d’Este e Lucia, inNicolò dell’Abate …, cat. cit., pp. 204 e 205, n. 1.

57) VENTURI, La Regia Galleria ..., cit., p. 47; e c. NIcOSIA,Sovrane passioni, a cura di J. BENTINI, Milano 1998, p. 168.

AppENDIcE

Documenti relativi l’attività diplomatica di Matteo Casella

Archivio di Stato di Modena, cancelleria Ducale. carteggiodegli Ambasciatori–Italia: alla voce: Matteo Casella.

Bologna (ms n. 8, fasc. 1)1528, 10 gennaio: missione speciale presso il cardinale cybolegato di Bologna.1529, 14 marzo: si reca presso il papa e l’Imperatore carloV1532, aprile – 1533, febbraio: missione speciale presso ilpapa.

Napoli (ms. n. 9)1535, 21 settembre – 1536, 23 marzo: «per complire [percomplimentarsi con] all’Imperatore carlo V».

Roma (ms. n.10, b. n. 473)1523, 23 dicembre – 1524, 10 aprile: con Antonio costabili«compirono diverse officiali missioni».1526, 12 luglio – 1527, 9 maggio: «Ambasciatore residente,successe a giacomo Alvarotti».1529, 26 ottobre – 1530, 14 marzo: insieme ad Enea pio«scrivono da Bologna ove furono spediti presso il papa el’Imperatore carlo V. casella scrive fino al 1 febbraio 1530».1532, 9 settembre – 1533, febbraio: «scrive da Bologna ovefu spedito presso il papa e l’Imperatore. Scrive con lui gia-como Alvarotti».1534, 1 novembre: «pio Marco e casella M. furno spediti aRoma per congratularsi per l’esaltazione di paolo III [Far-nese] al pontificato e per chiedere l’approvazione del laudodi carlo V per la restituzione di Modena e Reggio. Il casel-la doveva poi colà fermarsi quale oratore residente».1534, 18 novembre – 1535, 10 dicembre: «Questi [Matteocasella] rimase a Roma quale ambasciatore presso il papa».1536, 25 marzo – 30 aprile: casella «era al seguito di carlo V».

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1. – tecnica esecutiva

a) Supporto e strati preparatori

la tavola oggi misura cm 285 di altezza per cm178.5 di larghezza. il dato dell’altezza non corrispon-de alla misura originale dell’opera che un tempo eracentinata, prima della manomissione seicentesca chene ha tagliato la parte apicale. la larghezza, comeabbiamo visto, è costituita da sette assi in pioppo dellospessore di circa cm 2, disposte verticalmente.1) lungole linee di giunzione tra le assi sono presenti strisce ditessuto in fibra di origine vegetale, della larghezza dicirca cm 4–5.

la preparazione del dipinto è costituita da due opiù mani di tradizionale stucco costituito da gessocotto. sopra questo strato si osserva un’esile stesuradi colla animale applicata in funzione di “primer”.2)

a questa si sovrappone una sottile imprimitura oleo-sa di colore grigio a base di bianco di piombo e nerocarbone, abituale nella produzione dossesca,3) e dalletonalità non sempre uniformi, bensì variabili da zonaa zona, in considerazione, verosimilmente, dellatonalità della campitura a cui avrebbe fatto da base.Questo secondo strato presenta, con ogni probabi-lità, l’olio di noce in funzione di legante, frequente-mente utilizzato da dosso nelle imprimiture dei suoi

dipinti.4) grazie alla significativa quantità di biancodi piombo, tale preparazione era fortemente siccati-va e costituiva così un’ottima base per la successivastesura del colore ad olio.5)

tale stratigrafia, ricorrente nelle opere di dosso,che preparava a gesso e colla anche le tele, è ben rap-presentativa di una fase di transizione dalla tradizionedella pittura a tempera al completo assestarsi dellapiù recente tecnica a olio. l’interazione tra i consuetistrati a base acquosa — come la preparazione a gessoe la mano di colla stesa come priming — con l’impri-mitura e gli strati pittorici legati invece con olio, sonofattori che, associati all’uso di un olio relativamentepoco siccativo come l’olio di noce e alle modalità diapplicazione del colore tipiche di dosso illustrate diseguito, hanno a nostro avviso contribuito in misurasignificativa ad indebolire l’adesione delle stesure e, diconseguenza, hanno accentuato il deperimento dell’o-pera, la cui causa di fondo rimane comunque la reatti-vità del supporto ligneo (figg. 1 e 2).

b) Pellicola pittorica

come in molte altre opere di dosso, anche in que-sto dipinto si riscontra la sovrapposizione di più stratidi colore, talvolta in deciso contrasto tonale tra loro.tali sovrapposizioni sono dovute sia ad una consape-

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luigi de cesaris – alberto sucato

relazione tecnica del restauro

1 – modena, galleria estense – dosso dossi: madonnacon il bambino in gloria tra i santi giorgio e michele(particolare), sollevamenti della pellicola pittorica

e degli strati preparatori stabilizzati con bendine di carta

(foto degli Autori)

2 – particolare a luce radente dei sollevamenti dellapellicola pittorica e degli strati preparatori stabilizzati

con bendine di carta

(foto degli Autori)

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vole ricerca di preziosi effetti di luminosità, trasparen-za e cangiantismo, sia alla consuetudine che dossoaveva di apportare in corso d’opera modifiche talvoltasostanziali ad uno schema compositivo che, evidente-mente, prima di iniziare a dipingere era stato messo apunto con disinvolta approssimazione.

ad esempio negli incarnati e nel blu del cielo, siosserva la sovrapposizione di più stesure pittoriche, inalcuni casi estremamente fluide e sottili, in altri, comeper la definizione dei dettagli, più spesse. general-mente le prime stesure appaiono più scure allo scopodi ottenere, grazie al contrasto con le stesure successi-ve, ricercati effetti di trasparenza, a volte freddi, altrecaldi. nei blu una prima stesura rosata, ribadita conuna velatura di lacca e nero fumo, uniti al bianco dipiombo, crea raffinati effetti in trasparenza con il sot-tile e prezioso strato di blu oltremare ad essa sovrap-posto (fig. 3). negli incarnati, che si avvalgono finoagli strati più superficiali di pennellate spesse e nontrasparenti, le stesure sottostanti a volte calde (peresempio con l’utilizzo di vermiglione e lacca uniti alnero fumo e al bianco di piombo), altre volte fredde (abase di smalto, terre e nero fumo) permettono di otte-nere esiti vicini al cangiantismo, contribuendo a quel-la raffinatezza caratteristica della tecnica di dosso.

come giorgione, dosso sembra lavorare dallo scuroal chiaro, facendo guizzare su fondi scuri bagliori diluce che hanno al contempo una consistenza luminosae materica. l’esecuzione del verde avviene secondouna sequenza già individuata stratigraficamente sualtre opere dello stesso autore,6) basata sulla sovrappo-sizione di stesure a base di giallo di piombo e stagno,completate da pennellate verdi ricche di legante,secondo la tecnica definita “a smalto”, colorate conpigmento a base rame, con ogni probabilità resinato.7)

il campione prelevato nel verde dello stendardoaccanto alla mano destra di san giorgio (fig. 4) mostrauna stratigrafia leggermente diversa, che attesta lapresenza di pentimenti e modifiche. ad una prima

stesura rossa a base di vermiglione si sovrappone unulteriore strato grigio simile a quello dell’imprimitu-ra, sui cui ne viene poi dipinto un altro grigio/blua-stro, a sua volta preparazione per il resinato di ramead esso sovrapposto. ciò induce a pensare che, nelcorso dell’esecuzione, dosso abbia apportato leggeremodifiche alla composizione, preparando la campitu-ra definitiva con un nuovo strato di imprimitura, cheal contempo “cancella” le stesure sottostanti e preparale nuove. localizzati pentimenti sono stati individuatiin prossimità della mano destra e nel piumaggio delcollare di san michele, nonché forse nel nodo delmantello sulla spalla destra della madonna, inizial-mente non previsto, come sembra dimostrare la riflet-tografia all’infrarosso (fig. 5).8) l’indagine all’infraros-so sembra inoltre suggerire che dosso abbiasignificativamente modificato in corso d’opera la posi-zione del bambino. a sinistra di quest’ultimo, infatti,in corrispondenza del seno della vergine, sembranopotersi scorgere i lineamenti di un viso, poi ricoperto.si tratta solo di una cauta ipotesi, che andrebbe verifi-cata con indagini ulteriori.9)

il numero di prelievi volutamente limitato ha con-sentito di identificare molte delle caratteristiche dellatavolozza di dosso in quest’opera;10) degni di notasono l’uso diffuso del pregiato blu oltremare e il trat-tamento delle lacche, che in questo caso sembranoessere state “mosse” dall’artista con pennelli morbidie piatti, passati asciutti sopra la stesura di lacca ancorafresca.

la caratteristica esecuzione pittorica per stratisovrapposti, che produce il già citato e mirabile effet-to di trasparenze e cangiantismi, costituisce senz’altrouna delle maggiori acquisizioni tecniche consentitedal progressivo affermarsi della pittura ad olio. dossone sfrutta abilmente le possibilità, sia nella libertà chegli viene concessa a livello progettuale e poi esecutivo— ovvero la possibilità di apportare mutamenti incorso d’opera — sia nel ricercare, proprio attraverso

3 – particolare del panneggio azzurro del san michele

(foto degli Autori)

4 – particolare dello stendardo verde retto da san giorgio

(foto degli Autori)

Page 22: Bollettino d'arte

le sovrapposizioni, raffinati effetti cromatici e materici.si tratta di procedimenti che giorgione per primosfruttò in maniera sistematica e tiziano adoperò conben altra disinvoltura. tuttavia, a nostro avviso, questoispessimento degli strati, questo dipingere per sovrap-posizioni ha contribuito — insieme all’interazione trastrati preparatori e supporto, e tra strati preparatori ele stesure oleose di cui si è già detto — a generarequella oggettiva fragilità del dipinto di dosso che sitrova senz’altro all’origine, certo insieme ai movimentidel supporto, dei numerosi sollevamenti di colore pati-ti dalla tavola fin dall’epoca in cui era conservata nellachiesa di sant’agostino. nelle zone dove furono origi-nariamente incollate delle strisce di tessuto lungo lelinee di giuntura tra le assi, il coefficiente di dilatazio-ne si è dimostrato simile a quello degli strati prepara-tori; in tal modo si è limitato l’innesco di fenomeni didistacco tra gli strati e i sollevamenti.

a fronte di una debolezza tecnica che solo neltempo si mostrerà con tutta evidenza, le caratteristi-che della pellicola pittorica di quest’opera, le notevolipreziosità esecutive ottenute con grande sicurezza, iricercati effetti raggiunti senza bisogno di alti spessori,attestano, a nostro avviso, una tecnica evoluta e matu-ra, soprattutto se comparata con opere quali la ‘paladi san sebastiano’ del duomo di modena o i rombidella galleria estense.

2. – interventi precedenti

la ‘madonna con il bambino tra i santi giorgio emichele’ ha una storia conservativa complessa. i primidanni sono, con ogni evidenza, precedenti allo sposta-mento dalla sua sede originaria nella chiesa di sant’a-gostino a palazzo ducale di modena (ante 1663), even-

to cui si associa la modifica delle dimensioni e del for-mato. tra il 1883 e il 1981 la tavola dimostra di aversubìto ben quattro interventi di restauro, dovuti conogni probabilità al costante riproporsi di sollevamentie cadute del colore, accentuati dalla rigidità del siste-ma di sostegno del supporto applicato sul tavolato inepoca imprecisata, proprio con lo scopo di limitare ipericolosi movimenti del legno. si consideri inoltreche durante la seconda guerra mondiale il dipinto,insieme a molte altre opere della galleria estense,rimase per quattro anni murato in un vano del castel-lo di guiglia, subendo quindi le conseguenze dellapresenza di umidità e di ripetute e repentine variazio-ni climatiche.11)

il problema dell’adesione degli strati superficiali hacontinuato a manifestarsi anche all’indomani dell’in-tervento del 1981,12) nonostante in quella occasione sisia provveduto a sostituire il rigido sostegno ligneo delsupporto con un sistema che garantisse maggiore, maevidentemente ancora insufficiente, elasticità. Questointervento comportò inoltre una pulitura approfondi-ta, nonché l’integrazione a tratteggio di quasi tutte lenumerose cadute di pellicola pittorica originale, anchequelle di dimensioni molto ridotte (figg. 6 e 7).

a) Supporto e strati preparatori

formato e dimensioni del dipinto sono stati alteratial momento del suo ingresso nella collezione estensecon il taglio apicale della centina e con l’aggiunta didue elementi verticali sui lati lunghi (larghezza: sx cm4,5, dx cm 5) e di due inserti negli angoli superiori,tutti in legno di conifera per raggiungere l’attualeaspetto rettangolare, corrispondente alle misure dellabella cornice seicentesca entro cui è ancora oggi rac-chiuso il dipinto.

fino al restauro del 1981, la tavola era sostenuta sulretro da una struttura rigida che bloccava il naturalemovimento delle assi, causando – come si è già avutomodo di accennare – numerosi difetti di adesione eperdite a carico della pellicola pittorica e degli stratipreparatori. i difetti di adesione iniziarono a manife-starsi forse ancora prima dell’intervento che modificòil formato della tavola. si sono individuati diversi tipidi stuccature di restauro, alcune delle quali potrebbe-ro risalire all’intervento seicentesco, avvalorando l’i-potesi che a quel tempo la superficie della tavola fossegià danneggiata. le stuccature più antiche hanno con-sistenza cerosa di colore di bruno–nero; un secondotipo di colore chiaro, invece, a base di gesso e colla ècorrelabile ad uno o più d’uno degli interventiotto–novecenetschi; infine, le più recenti sono le stuc-cature rosse a base di gesso e adesivo acrilico pigmen-tate con ossido di ferro, applicate forse in diverse fasidella manutenzione in galleria.

b) Pellicola pittorica e vernice

il dipinto presenta numerose lacune, per lo più diandamento corrispondente alle fibre del legno (fig. 6),

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5 – riflettografia all’infrarossodella figura della vergine con il bambino

(foto Gaetano Guida, Laboratorio fotografico della Soprintendenzaper i Beni Storico Artistici ed Etnoantropologici

di Modena e Reggio Emilia)

Page 23: Bollettino d'arte

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6 – fase di pulitura con l’eliminazione del colore che omogeneizzava le giustapposizioni lignee perimetralial dipinto originale durante il restauto del 1981

(foto Archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Storico Artistici ed Etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia)

Page 24: Bollettino d'arte

risarcite in maniera estensiva a tratteggio nel corsodell’intervento del 1981 (fig. 7). nelle zone in cui lelacune sono più numerose e di dimensioni ridotte, iritocchi si estendono oltre le stuccature, debordandosulla pellicola pittorica originale.

nel corso del restauro del 1981, furono inoltrerimosse le integrazioni pittoriche che modificavanol’originale formato centinato della tavola. tali inte-grazioni completavano mimeticamente i fondi, adat-tando il dipinto alla nuova cornice rettangolare. inquell’occasione furono rimosse le aggiunte pittoriche,ma non gli inserti lignei che ne costituivano il suppor-to, trattati con una tinta ad olio color ocra, in mododa ripristinare visivamente il profilo originario dellatavola all’interno della cornice rettangolare.13)

come detto, i sollevamenti di pellicola pittoricahanno continuato a manifestarsi anche dopo il restau-ro novecentesco: ciò ha reso necessari diversi inter-venti di emergenza sulla superficie del dipinto, consi-stiti nell’applicazione di bendine di carta, allo scopodi contenere i sollevamenti e impedire la perdita discaglie più o meno estese di materia originale. È statopossibile distinguere almeno due tipologie diverse dibende: una con carta da modello dai bordi a zig zagfatta aderire con vernice e in qualche caso con alcoolpolivinilico (figg. 1 e 2), e un’altra con carta giappone-se dai bordi regolari applicata con colletta (fig. 8).

c) Vernice

la superficie appariva omogenea ed equilibrata, enon si notavano evidenti discontinuità tra le zonereintegrate e il dipinto originale. tuttavia, in alcuniincarnati e nei fondi dai toni chiari era evidente ilnotevole offuscamento della brillante, preziosa cromiadossesca, dovuto alla presenza di una vernice moltoossidata e imbrunita (fig. 9). sembrava inoltre di poterindividuare una verniciatura più scura, probabilmentepigmentata, sugli aranci e sulle terre, in generalenella zona inferiore del dipinto.

grazie alle indagini chimiche, è stato possibile indi-viduare diverse vernici sovrapposte nel corso deltempo: una più antica, conservata a tratti, compostada resine naturali forse mescolate ad olii; e una piùrecente, probabilmente da mettere in relazione conl’intervento del 1981, forse anch’essa miscelata ad unapiccola quantità di olio, che è risultata contenere resi-na alkidica. sono state individuate anche tracce disostanze proteiche, riferibili ad una colla animale.

3. – intervento di restauro

l’intervento di restauro è stato eseguito in due fasidistinte. all’inizio, infatti, era mirato esclusivamente arisolvere il problema dei distacchi degli strati pittorici esi limitava quindi, oltre al trattamento del supporto, allariadesione dei frammenti sollevati e ad una generaleopera di consolidamento, operazione seguita nei mesi disettembre e ottobre 2006. in seguito, come si vedrà, si è

deciso di completare il restauro strutturale con un inter-vento mirato al recupero della piena leggibilità dell’ope-ra, che ha comportato la pulitura della superficie e larevisione della reintegrazione pittorica. tale secondafase è stata compiuta tra luglio 2009 e febbraio 2010.

a) Supporto

i movimenti del supporto e le tensioni create dallestrutture di sostegno apposte nel corso dei precedentiinterventi di restauro erano la causa principale deidiffusi sollevamenti di pellicola pittorica riscontratisulla tavola, insieme alle già individuate fragilità dellatecnica originale. nel corso di questo progetto direstauro, si è pertanto deciso di rimuovere il sistemadi supporto applicato nel 1981 e di sostituirlo con unastruttura più idonea, con caratteristiche di elasticitàtali da assecondare la curvatura del tavolato originalee i naturali movimenti del legno (figg. 10 e 11).

b) Strati preparatori e pellicola pittorica

per eseguire il fissaggio della pellicola pittorica e larimozione delle bende, la tavola è stata posizionata

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7 – estensiva reintegrazione pittorica con tecnicaa “tratteggio” relativa all’intervento del 1981

(foto degli Autori)

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orizzontalmente su cavalletti; sono quindi iniziate leoperazioni di consolidamento procedendo nel seguentemodo: la pellicola pittorica sollevata è stata fatta riade-rire mediante infiltrazione di alcool polivinilico inalcool etilico al 25%, esercitando, quando necessario,una leggera pressione con una spatola elastica e inter-ponendo un foglio di carta siliconata. ove necessario,sono stati temporaneamente applicati dei piccoli pesiper assicurare una buona adesione. laddove i distacchipresentavano formazione “a cresta”, con riduzionedella superficie di incollaggio, o estensione considere-vole (fino a cm2 6), si è fatto ricorso ad infiltrazioni diun adesivo a base di proteine animali (colletta), impie-gando talvolta una campana ermetica che, attraversoun sistema forzato di aspirazione dell’aria, ha facilitatola penetrazione della colletta all’interno dei solleva-menti e la successiva spianatura della superficie. a talescopo si è anche sfruttata vantaggiosamente la presenzadelle velinature in carta e la trazione da queste esercita-ta, una volta inumidite.

completata la fase del consolidamento si è proce-duto alla rimozione delle velinature: la carta damodello applicata con vernice è stata rimossa con unamiscela di vernice da ritocco, White Spirit, e una picco-la quantità di Carbopol. Questa miscela è stata applica-ta sulla superficie con un pennello morbido e massag-giata leggermente.

le velinature eseguite con adesivo a base di proteineanimali (colletta) sono state rimosse con piccole spu-gne naturali imbibite di acqua tiepida (circa 40° c).

particolarmente positivo è stato il fatto che il meto-do di rimozione delle velinature ha consentito di noneliminare completamente lo strato di verniciaturadegli interventi precedenti. tale fatto ha permesso dinon rimuovere, in questa fase, alcuna delle vaste inte-grazioni a tratteggio eseguite in precedenza, vale adire di separare nettamente le operazioni di fissaggioe consolidamento da quelle di pulitura.

in alcune zone attigue ai sollevamenti si erano veri-ficate microcadute di pellicola pittorica. Queste sonostate risarcite con uno stucco a base di gesso di bolo-gna e colla lapin e quindi rasate.

c) Pulitura

l’intervento di restauro doveva quindi inizialmentelimitarsi alla rimozione dei bendaggi e ad una riequi-libratura della superficie del dipinto, al fine di con-sentirne il ricollocamento in galleria e la fruizione daparte del pubblico, anche perché, seppure interessatada numerosissime integrazioni e da un generaleottundimento dei toni, la superficie pittorica si pre-sentava nel suo complesso in condizioni di armonicaomogeneità, che ne garantivano una lettura accettabi-le. tuttavia, per loro stessa natura le opere d’arte tal-volta esigono, ove possibile, che venga loro restituitanon soltanto una stabilità strutturale, ma anche condi-zioni di leggibilità non lesive degli originali valori visi-vi, laddove questi appaiano significativamente com-promessi.

8 – sollevamenti della pellicola pittorica e degli strati preparatori stabilizzati con bendine di carta giapponesee carta da modello prima dell’intervento di restauro

(foto degli Autori)

Page 26: Bollettino d'arte

pertanto, su suggerimento della direttrice dei lavo-ri, sono stati eseguiti alcuni saggi, allo scopo di verifi-care la possibilità di recuperare una più consona leg-gibilità dell’opera, senza tuttavia comprometterne unequilibrio che, per quanto non pienamente soddisfa-cente, appariva comunque esistere. si è quindi decisodi eseguire tre sondaggi di pulitura della dimensione

di cm 15 × 5 circa, in aree ove non erano presentilacune e dove la superficie originale si mostrava inbuono stato di conservazione. si è inoltre cercato disondare zone cromaticamente diverse.14)

i sondaggi hanno permesso di cogliere l’effettivaportata delle alterazioni prodotte sulla preziosa super-ficie dossesca dalla presenza delle vernici ossidate, che

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9 – particolare del dipinto durante le operazioni di pulitura

(foto Studio Pugnaghi, Modena)

Page 27: Bollettino d'arte

impedivano di apprezzarne le tonalità limpide e fred-de, i raffinati effetti cromatici e la ricercata matericità.si è dunque deciso di estendere la pulitura all’interasuperficie, utilizzando gli stessi solventi messi a puntodurante l’esecuzione dei sondaggi e sistematizzando-ne il processo.15)

d) Stuccatura e reintegrazione

molto meditato è stato il trattamento riservato allelacune, ovvero alle integrazioni eseguite nel corso deiprecedenti interventi, che hanno garantito alla tavoladi mantenere nei secoli una condizione di sostanziale,seppur apparente, integrità. partendo dal presuppo-sto che tale integrità sia ormai un dato storicamente elegittimamente acquisito del dipinto, si è ritenuto ine-vitabile mantenere tutte le integrazioni, ma allo tessotempo sottoporle ad una attenta verifica, volta a ricon-durre la loro estensione rigorosamente entro i limitieffettivi della lacuna, e al contempo a dare loro unaspetto che ne attutisse l’impatto con la superficie ori-ginale.

la scelta di reintegrare a tratteggio anche le lacunepiù minute, compiuta nel corso del restauro del 1981,sebbene ineccepibile sotto il profilo teorico, in questospecifico caso appariva non del tutto efficace, proprioa causa del numero molto elevato di tali lacune e dellaloro distribuzione sull’intera superficie. l’effetto divibrazione, pregio e caratteristica del tratteggio erainsomma, alla resa dei fatti, troppo evidente, domi-nante sulla texture della superficie originale. si è per-tanto deciso di riproporre la tecnica del tratteggio sol-tanto nelle poche lacune più estese, dove era spessonecessario ricostruire profili e contorni di alcuni det-tagli (fig. 12), mentre le lacune di dimensioni ridottesono state reintegrate a tono, con colori a vernice,attraverso puntini e velature.

riteniamo utile sottolineare come le particolari con-dizioni del dipinto, la diffusa lacunosità e la granquantità di precedenti integrazioni ci abbiano indottoa procedere con grande prudenza. si è cioè deciso diagire su aree circoscritte, portando a compimento l’in-tero ciclo di operazioni (pulitura–stuccatura–reinte-grazione) su ciascuna area prima di passare alla suc-cessiva, piuttosto che procedere a tappeto con ognisingola operazione su tutta la superficie. Questo ci haconsentito di mantenere sempre una visione equili-brata dell’opera nel suo insieme, nella sua condizionedi integrità, piuttosto che trovarci di fronte, una voltaultimata la pulitura, ad una superficie fortementediscontinua e frammentata, che avrebbe poi richiestoun’opera di reintegrazione molto più impegnativa erischiosa.

princìpi analoghi a quelli seguiti per la reintegra-zione sono stati adottati nel trattamento delle stucca-ture preesistenti, una volta accertata la compatibilitàcon la materia originale, che sono state tutte mante-nute. si è inoltre avuto cura di riportare a livello quel-le non perfettamente complanari alla superficie, ese-guendo ove necessario nuove microstuccature congesso di bologna e colla di coniglio o riducendo abisturi quelle di spessore eccessivo. infine, con l’aiutodi un tampone inumidito con acqua è stato completa-mente rimosso lo stucco ogni qualvolta si sovrappone-va alla pellicola pittorica originale.

Questa attenta revisione ha consentito di recupera-re non solo lacerti di integrazioni molto antiche,16)

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10 – sistema di supporto odierno

(foto degli Autori)

11 – sistema di supporto odierno (particolare)(foto degli Autori)

Page 28: Bollettino d'arte

forse seicentesche, ma anche frammenti di colore ori-ginale nel mezzo dell’unica lacuna non risarcitamimeticamente nel corso dei precedenti interventi, incorrispondenza della scenetta con san giorgio cheuccide il drago sullo sfondo, al centro del dipinto.tale recupero ha quindi consentito — con l’ausiliodelle fotografie precedenti al restauro del 1981, dovequesto particolare appariva reintegrato pittoricamen-te — di proporre anche per questa lacuna una reinte-grazione a tono eseguita a tratteggio.

l’ultimo dato significativo riguarda il trattamentodell’area perimetrale della tavola, ovvero le aggiunterealizzate nel Xvii secolo. la tinta color ocra, applica-ta nel corso del ‘900 in sostituzione delle aggiuntemimetiche seicentesche, appariva emergere con evi-denza eccessiva. attraverso successive velature concolori ad acquerello si è cercato di trovare un nuovoequilibrio tra le tinte fredde e limpide del dipinto equeste aggiunte perimetrali, che al momento dellaloro applicazione dovevano apparire del tutto integra-te nell’opera.

e) Verniciatura

per finire, ripetute verniciature sono state eseguiteprima della reintegrazione, a restauro ultimato, convernice Retoucher surfin (lefranc & bourgeois) stesaprima a pennello e successivamente per nebulizzazione.

Ringraziamo Federica Giacomini per il proficuo confron-to sull’impostazione teorica del nostro intervento nonché perl’attenta revisione del testo. Un sincero ringraziamento va

inoltre a Maria Cristina Tomassetti, per il suo significativocontributo al buon esito del restauro, e a Chiara Di Marcoper la sua dedita partecipazione. Siamo grati inoltre al dott.Domenico Poggi, per l’insostituibile contributo scientifico cheda anni illumina il nostro lavoro.

1) la larghezza delle singole assi, da sinistra verso destra,è di cm 25,6; cm 30,5; cm 21; cm 25,5; cm 25; cm 18; cm19. colpisce l’esiguo spessore della tavola: sebbene non siadimostrabile una drastica riduzione dello spessore originale,è tuttavia plausibile che il retro sia stato livellato mediantemezzi meccanici. ciò spiega l’esistenza in superficie dialcune gallerie prodotte dai tarli. sulla tecnica e il restaurodel supporto, si rimanda alla relazione del restauratore ger-mano bertolani, che praticò la parchettatura della tavola,conservata presso gli uffici della soprintendenza per il patri-monio storico artistico e etnoantropologico di modena ereggio emilia.

2) una consuetudine descritta da vasari e riscontrata inaltre opere di dosso, per la quale cfr. b. h. berrie, s. l.fisher, A Technical Investigation of the Materials andMethods of Dosso Dossi, in Preprints of ICOM Committee forConservation, 10th Triennial Meeting, Washington, dc,usa, 22–27 august 1993, pp. 70–74; e b. h. berrie, A Noteon the Imprimatura in Two of Dosso Dossi’s Paintings, inJournal of the American Institute for Conservation, vol. 33,n. 3, 1994, pp. 307–313.

3) una preparazione grigia a base di biacca e nero car-bone è stata individuata in quasi tutti i dipinti su tavola didosso finora analizzati, per i quali cfr. berrie, A Note …,cit., p. 307; a. braham, J. dunkerton, Fragments of a Ceil-ing Decoration by Dosso Dossi, in The National GalleryTechnical Bullettin, 5, 1981, pp. 27–37; a. rothe, d. W.carr, Poesia con pittura, in Dosso Dossi. Pittore di corte a

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12 – reintegrazione a “tratteggio” del particolare del drago

(foto degli Autori)

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Ferrara nel Rinascimento, mostra a cura di p. humfrey, m.lucco, ferrara – new york – los angeles, 1998–1999, cat-alogo a cura di a. bayer, ferrara 1998, pp. 55–64; e, nellostesso catalogo, J. bentini, Le opere di Dosso Dossi nellaGalleria Estense di Modena e nella Pinacoteca Nazionale diFerrara, pp. 65–71.

4) rothe, carr, Poesia …, cit., p. 56, che a loro voltacitano i risultati delle analisi sull’‘adorazione dei magi’ didosso alla national gallery di londra, da cui è emersa lapresenza di olio di noce (r. White, J. pilc, Analysis of PaintMedia, in The National Gallery Technical Bulletin, 16,1995, pp. 85–95, in particolare pp. 88 e 89).

5) braham, dunkerton, Fragments ..., cit., p. 29, osser-vano come la presenza del nero carbone, pigmento igro-scopico, potesse ritardare l’asciugatura della preparazione edi conseguenza causare una fitta craquelure sugli stratisovrapposti, come si può osservare sul frammento raffigu-rante un ‘uomo che abbraccia una donna’ proveniente dalsoffitto della camera del poggiolo nel castello di ferrara.

6) braham, dunkerton, Fragments ..., cit., p. 29; erothe, carr, Poesia …, cit., p. 63.

7) sull’applicazione di stesure “a smalto”, tipiche dellapittura veneziana di primo cinquecento, si veda l. lazzari-

ni, Il colore nei pittori veneziani tra il 1480 e il 1580, inStudi Veneziani. Ricerche di archivio e di laboratorio, sup-plemento n. 5 del Bollettino d’Arte, 1983, pp. 135–144; eidem, Note su alcune opere comprese tra il 1510 e il 1542,in Tiziano, catalogo della mostra a cura di f. valcanover,d. a. broWn, venezia–Washington 1990, venezia 1990, pp.378–384.

8) tale interpretazione ci sembra reggere anche tenendoin giusto conto la trasparenza agli ir di pigmenti come ilblu oltremare e la biacca; in ogni caso, dosso realizzò ilmantello ricoprendo la veste già dipinta.

9) l’indagine riflettografica all’infrarosso è stata condottadall’ufficio fotografico soprintendenza per i beni storici,artistici ed etnoantropologici delle province di modena ereggio emilia. risultati più chiari potrebbero ottenersi conun’indagine compiuta sfruttando la medesima tecnologia,ma con strumentazioni più avanzate, in grado di garantireuna maggiore penetrazione degli strati pittorici superficiali.

10) le analisi di laboratorio sono state eseguite dal geo-logo dott. domenico poggi – artelab s.r.l., roma.

11) p. zampetti, Con la Galleria Estense nell’ultimo annodi guerra, ancona 1947, pp. 5 e 6.

12) compiuto da giorgio zamboni e avio melloni; rena-to boni eseguì, invece, il restauro del supporto.

13) sebbene ampiamente giustificabile, questa sceltaappare viziata da un atteggiamento contraddittorio: da unlato la volontà di riproporre la forma originaria del dipinto,dall’altro la necessità di mantenere la cornice seicentescarettangolare. dell’intervento seicentesco, pertanto, venneconservato arbitrariamente soltanto uno degli aspetti,venendo così a creare una situazione che oggi ci appareincoerente sul piano teorico e insoddisfacente dal punto divista estetico.

14) i test sono stati eseguiti con la miscela solvente taco7 (alcool etilico 45, acetone 21, White spirit 34) applicata atampone. i residui di adesivo proteico presenti sulla superfi-cie sono stati rimossi con un tampone imbibito di acqua tie-pida (40° c circa).

15) il taco 7, applicato mediante carta giapponese contempi di contatti variabili tra i 2 e i 4 minuti e l’utilizzo dipiccoli tamponi di cotone o piccoli pennelli di martora perla rifinitura, ha permesso una rimozione delle vernici agevo-le e graduale.

16) in particolare nel piede destro di san giorgio e inaltri punti della sua armatura.

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13 – luigi de cesaris durante le operazioni

di reintegrazione pittorica

(foto degli Autori)

Page 30: Bollettino d'arte

la campagna di indagini ha avuto come obiettivol’approfondimento e la verifica di alcuni dati emersidallo studio della tecnica esecutiva.1) l’analisi visiva,supportata dal confronto con le pubblicazioni scientifi-

che esistenti, permetteva comunque una verosimilericostruzione della tavolozza impiegata dall’artista, con-sentendo di limitare il campionamento a cinque micro-prelievi (fig. 1).2) lo studio microstratigrafico delle

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lUigi de cesaris – emiliano ricchi

nota sUlle analisi di laboratorio

1 – modena, galleria estense – dosso dossi:madonna con il bambino in gloria tra i santi giorgio e michele, localizzazione dei campioni

(foto Studio Pugnaghi, Modena)

Page 31: Bollettino d'arte

sezioni (campioni 1, 2 e 5) (figg. 2–4) ha permesso diricostruire la complessa sequenza di stesure pittoricheutilizzate dall’artista nel suo procedere per velature dicolori, coprenti e trasparenti, più o meno ricche dilegante, con frequenti correzioni in corso d’opera. leanalisi spettrofotometriche all’infrarosso Ft–ir, nonrappresentate graficamente in questo contributo, hannoinvece consentito di caratterizzare sia lo strato di prepa-razione, opportunamente isolato dagli strati pittorici(campione 3), sia le vernici di restauro (campione 4).

con le informazioni ottenute dall’analisi Ft–ir,unite a quelle fornite dallo studio microstratigraficocorredato da test istochimici, si è potuto concludere chela preparazione stesa sulla tavola è stata ottenuta impie-gando “gesso cotto” e colla animale (vedi strato “a”,campioni 2 e 5);3) per le vernici è stato accertato l’im-piego di resine alkidiche miscelate ad oli (probabilmen-te ad olio di lino). la presenza nello strato preparatoriodi colla o gelatina animale è stata confermata anche daitest istochimici con fucsina, eseguiti sulle tre sezionilucide allestite con i campioni 1, 2 e 5. nei tre prelievilo studio microscopico ha consentito di individuare unesile e discontinuo strato bruno a base di colla animale(spessore: 0.01 a 0.05 mm), applicato sopra la prepara-zione (vedi strato “b”, campioni 2 e 5). tale stesura èinterpretabile come un ‘primer’ impermeabilizzanteche ha agevolato la successiva stesura dell’imprimituraad olio. l’imprimitura, comune a tutto il dipinto comeindicato dalle osservazioni visive nelle zone di lacuna, èstata preparata miscelando bianco di piombo e nero dicarbone (vedi strato “c”, campioni 1, 2 e 5).

i due campioni 1 e 2 presentano entrambi, al disopra dell’imprimitura grigia, una successione di diver-se stesure di colore, a volte in contrasto tra loro, comegià descritto nella relazione di restauro. nel campione1 (fig. 2) relativo alla sezione lucida dell’incarnato dellamano sinistra di san michele, procedendo dall’internoverso l’esterno, si osservano: l’imprimitura grigia a basedi bianco di piombo e nero di carbone (c); la stesura dicolore rosso–violaceo a base di lacca rossa, nero di car-bone, vermiglione, un poco bianco di piombo e rarominio–litargirio (d); la stesura avorio a base di bianco dipiombo, poco nero di carbone (riferibile in parte a nerofumo) e un raro pigmento giallo di probabile origineartificiale (e); un corposo strato pittorico rosa chiaro(incarnato), ottenuto con tre stesure contestuali di unamiscela di bianco di piombo, vermiglione e poco nerodi carbone (f); infine, tracce di vernice (g).

nel campione 2 (fig. 3), riguardante il pigmento bludel panneggio di san michele, è ben visibile, sopra gli‘strati di fondo’ (a, b, c: preparazione, primer edimprimitura), la pellicola pittorica realizzata con trestesure contestuali: uno strato di colore rosa chiaroottenuto stemperando all’interno di un impasto dibianco di piombo e abbondante legante a base oleosa,una piccola quantità di nero di carbone e di laccarosso–violacea (d); la stesura pittorica viola, prodotta‘sciogliendo’ lacca rosso–violacea all’interno di unlegante oleoso, e la miscela pigmentata con un pocodi nero carbone di granulometria finissima (nero

fumo) e poco bianco di piombo (e); la sottile e lacuno-sa stesura pittorica azzurra realizzata con bianco dipiombo e lapislazzuli (f); infine, la vernice (g).

l’alternanza di tali sottili stesure chiare e scuremanifesta la consumata abilità dell’artista nell’ottenereparticolare profondità e delicati effetti di sfumatura ecangiantismo grazie al fatto che le campiture prelimi-nari sono in diversa misura avvertite attraverso le ulti-me pennellate ad esse sovrapposte. Questa caratteristi-ca tecnica lascia intuire che l’imprimitura di coloregrigio fosse piuttosto funzionale sia all’impermeabiliz-zazione e all’uniformità della preparazione, per garan-tire una buona esecuzione pittorica, sia all’aspetto cro-matico della pittura.

nel caso del campione 5 (fig. 4), proveniente da unazona d’ombra dello stendardo verde di san giorgio, citroviamo invece di fronte con molta probabilità aduna correzione in corso d’opera. l’immagine a sini-stra è stata acquisita dopo il test istochimico con fucsi-na: la colorazione magenta assunta dagli strati prepa-ratori (a, b) attesta la presenza di colla o gelatinaanimale. al di sopra dell’imprimitura (c) si osservano iseguenti strati: sottile stesura di colore rosso scuro abase di nero di carbone e vermiglione (d); strato dalcolore d’insieme grigio con tonalità bluastre compostodi nero fumo, bianco di piombo, resinato di rame inparticelle, poca azzurrite e raro vermiglione (e); esilestrato grigio a base di nero carbone e poco bianco dipiombo (f); corposa stesura pittorica ottenuta ‘scio-gliendo’ in un abbondante legante a base oleosa unpigmento di rame attribuibile a ‘resinato’ e pochi pig-menti ‘siccativi’ quali bianco di piombo e ‘terre’ natu-rali (g); vernice (h).

Una prima campitura di colore rosso vermiglio èdunque stata corretta con un ulteriore doppio stratodi imprimitura grigia per preparare la stesura pittori-ca finale di colore verde. Questa è stata eseguita contecnica “a smalto”, stemperando un pigmento di rame(probabilmente ‘resinato’), poca biacca e ‘terre’ in unmedium a base di olio (vedi strato “g”). tale correzionepuò forse suggerire una iniziale diversa posizione delbraccio destro del santo, poi modificata da dosso.

1) le analisi di laboratorio sono state eseguite dal geolo-go dott. domenico poggi – artelab s.r.l.

2) tutti i campioni prelevati, costituiti da diverse stesure,sono stati esaminati preliminarmente allo stereo–microsco-pio al fine di sceglierne le porzioni più rappresentative dasottoporre alle indagini di approfondimento: analisi micro-stratigrafiche su sezione lucida (campioni 1, 2 e 5), correda-te di test micro ed istochimici; indagini Ft–ir (campioni 3 e4). Questo tipo di analisi, oltre ai dati di tipo stratigrafico,utili all’identificazione del numero e, talora, della funzionedelle stesure, permette una preliminare identificazione deipigmenti, dei leganti e delle cariche. per uno studio piùapprofondito e per una sicura identificazione delle compo-nenti può essere, invece, consigliato di eseguire indagini diapprofondimento quali le microanalisi elementali al sem –eds, gli esami mediante micro–Ft–ir e le indaginigas–cromatografiche (gc–ms).

152

Page 32: Bollettino d'arte

3) per “gesso cotto” si intende gesso minerale opportuna-mente selezionato, macinato e raffinato (gesso biidrato:caso4.2h2o), calcinato indicativamente ad una tempera-

tura intorno ai 200 °c. a questa temperatura il gesso biidra-to perde le due molecole d’acqua trasformandosi in gessoanidro (anidrite: caso4).

153

2 – campione 1: incarnato della mano sinistra di san michele

ingrandimenti diversi della sezione lUcida al microscopio ottico in lUce riFlessa

(analisi e foto effettuate dal geologo Domenico Poggi)

3 – campione 2: pigmento blU del manto di san michele

ingrandimenti diversi della sezione lUcida al microscopio ottico in lUce riFlessa

(analisi e foto effettuate dal geologo Domenico Poggi)

4 – campione 5: pigmento verde della bandiera sUl Fondo del braccio destro di san giorgio

ingrandimenti diversi della sezione lUcida al microscopio ottico in lUce riFlessa

(analisi e foto effettuate dal geologo Domenico Poggi)

Page 33: Bollettino d'arte

B O l l e t t I n O d’ A R t eministero per i beni e le attività culturali

11 AnnO 2011 AnnO XcvI

luGlIO–SetteMBRe SeRIe vII

S O M M A R I O

MASSIMO OSAnnA, nIkOlAOS ARvAnItIS, vIncenzO cApOzzOlI, GIAnclAudIO FeRReRI, BARBARA SeRIO: 1Sedi del potere di un insediamento italico nell'Appennino lucano: Torre di Satriano in età arcaica

FRAnceScO pAOlO ARAtA: La “Pandora” di Villa d’Este tra il XVI e il XVIII secolo 27

MARIAnnA BRAncIA dI ApRIcenA: Il lascito imperiale romano. Il «Palatium Octaviani Imperatoris» 37sul versante nord del Campidoglio e le sue implicazioni nella progettazione dell’area capitolinada Paolo III Farnese a Pio IV Medici

In BReve

FRAnceScO lIuzzI: A proposito dell’attività barese del pittore napoletano Andrea Miglionico. 97Annotazioni su una inedita tela a Cassano delle Murge e su recenti “documenti” biografici

ARchIvIO

AnnA MARIA pedROcchI: La Cappella di Santa Monica in Sant’Agostino a Roma: da Maffeo Vegio 107al Cardinale Montelparo

StudI e vAlORIzzAzIOne

Il ReStAuRO dellA ‘MAdOnnA cOn Il BAMBInO In GlORIA tRA I SAntI GIORGIO e MIchele’dI dOSSO dOSSI peR lA chIeSA dI SAnt’AGOStInO A MOdenA

GIOvAnnA pAOlOzzI StROzzI: Nuove proposte su committenza e datazione dopo il restauro 123

luIGI de ceSARIS (†), AlBeRtO SucAtO: Relazione tecnica del restauro 141

luIGI de ceSARIS (†), eMIlIAnO RIcchI: Nota sulle analisi di laboratorio 151

Abstracts 154