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1'\APOLJ, SAl\ GIOVANNI A CARBONARA - GIOVANNI DA NOLA, ANNIBALE CACCAVEl.LO, GIOVAN DOMENICO D'AORIA: SEPOLCRO DI NlCOLA ANTONIO CARACClOLO (PART.)
©Ministero dei beni e delle attività culturali-Bollettino d'Arte
l - ROMA, BffiLIOTECA APOSTOLICA VATI CANA - JACOPINO DA REGGIO: CASO DI SEDUZIONE E J'.llATRIMONIO,
MS. VAT. LAT. 1375, C. 273 V.
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2 t 3- IBIDEM COLLABORATORE DI JACOPINO DA REGGIO:
REPRESSIONE DI ERETICI, C. 213 Vj
ARCIVESCOVO CHE_ORDTNA I CHTERICI1 C. 143
ALESSANDRO CONTI
PROBLEMI DI MINIATURA BOLOGNESE
N ELLA Divina Commedia sono ricordati solamente due episodi relativi alle arti figurative: il successo di Giotto che stava sostituendosi alla fama
di Cimabue già quando era immaginata l'azione del poema, nel I300, ed il successo dello stile di Franco Bolognese rispetto alla miniatura di Oderisi da Gubbio. Il contesto sottolinea l'importanza che Dante doveva attribuire a queste decorazioni librarie. Il confronto infatti non solo si volge a quanto era avvenuto in un'altra arte meccanica, la pittura, ma si estende alla poesia dei due Guidi, Guinizelli e Cavalcanti, che avevano rimato in volgare. ,)
La citazione è valsa a mantenere sempre vivo il ricordo della miniatura bolognese, suggerendo continuamente, dal libro di disegni di Giorgio Vasari alle osservazioni di Roberto Longhi sul 11 Miniatore della Bibbia di Corradino " tentativi ed ipotesi volti ad identificare Oderisi e Franco. Una tradizione tanto illustre da risalire ai tentativi di profilo morale (non artistico) di Oderisi da parte dei primi commentatori di Dante e che, nonostante alcuni punti bassissimi a cui è discesa, ha circoscritto l'ambito di Franco allo stile delle Bibbie di Gerona e di Parigi (latina r8). 2>
Il costante rimando ai due nomi danteschi ha però distratto da uno studio della miniatura bolognese nel suo insieme, per tutta una serie di circostanze che sono le meno adatte a valorizzare un contesto figurativo. Inserita in codici di testi preminentemente uni-
versitari, la miniatura bolognese veniva immediatamente dispersa in ogni parte d'Europa al seguito degli studenti; i costi della decorazione non dovevano essere tanto alti da dettare la necessità di contratti come avveniva per la scrittura, e vengono perciò a mancare nomi o indizi documentari adatti a suscitare la curiosità degli archivisti di stampo positivista. Anche al di là dell'impossibilità di identificazioni immediate, la silloge documentaria del Filippini e dello Zucchini è stata troppo confusa per permettere almeno di trarre quel profilo dell'organizzazione del lavoro, delle committenze, dei rapporti tra scrittori e miniatori che emerge da altre pubblicazioni. Al di fuori di un contesto legato alle arti figurative, vari spunti vengono dai volumi dedicati al Chartularium studii bononiensis, dai lavori del Pagnin sulla lettera bolognese e dell'Orlandelli sui contratti di scrittura. 3)
Il dato essenziale è che la situazione dello scrittore con la seconda metà del Duecento diviene sempre più precaria a favore di committenti che, per eccellenza, erano studenti di un'università da proteggere in tutti i suoi privilegi. Mentre si definisce la littera bononiensis e si sviluppa la miniatura bolognese! la scrittura del codice diventa un'attività sottoposta a contratti di allogazione gravosi1 un lavoro nel quale si incontrano molti forestieri ancora non inseriti a pieno diritto nella vita sociale della città comunale e che lascia intravedere un ambito di manovalanza
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4 - PARIGI, BIBLIOTHEQUE NATIONALE NERIO: REGOLAMENTI SULL'USURA,
MS. LAT.8941, C. 67
alfabetizzata nei confronti della quale viene dimenticato il carattere intellettuale che, in origine, doveva avere il lavoro di trascrizione di un testo latino. Non a caso non si incontrano scrittori e miniatori in nessuna arte, neppure come membri minori (diverso e più tardo è il caso di Niccolò di Giacomo), e si può constatare (sulla traccia di quanto osserva l' Orlande!H per la scrittura del codice) la frequenza di miniatori forestieri, anche se culturalmente bolognesi, come J a copino da Reggio. Come suggerisce ad Arezzo il caso di Ristoro, vi è anche un altro aspetto della tenue professionalità del miniatore, la presenza di dilettanti o semi-dilettanti, attestato dal caso strano del notaio e miniatore Paolo di Jacopino di Avvocato, citato da molti documenti e plausibile autore della I antropomorfa del suo memoriale notarile del 1288, una figura tracciata a penna non lontana dalle esperienze di miniatura che si erano formate al seguito della Bibbia Vaticana (latina 20). 4l
Sulla condizione di subordinazione all'università anche dei miniatori, e sulle attività a cui faceva capo quel mondo, si può ricordare il provvedimento ricattatorio preso nel 1296 contro il miniatore Graziadeo di Guglielmo Vedrani quando, in seguito alla rissa con uno studente, il rettore dell'università dei citramontani invita gli scolari a non dargli più lavori da eseguire, a non servirsene come bidello, a non alloggiare presso di lui, e ad impedire che altri lo facessero. s>
Alcuni nomi presenti nei codici non sempre aiutano all'inserimento in quegli studi monografici su una personalità artistica ai quali è abituata la storia dell'arte: lo Jacopino da Reggio del Graziano vaticano latino 1375 firma un codice nel quale si riconoscono
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5 e 6 - IBIDEM NBRIO! FIGURE INSERITE NEL TESTO,
cc. 243t 223
almeno cinque miniatori, non necessariamente inseriti in un'unica bottega (figg. 1-3); Neri da Rimini è una presenza a Bologna di una cultura formatasi nella città di origine e salvo il Guglielmo di una Summa di Azzone ad Holkam Hall ed il Nerio di cui ho trovato la firma a carta 4 del Codice latino 8941 della Bibliothèque Nationale (figg. 4-6), la ricerca onomastica porta ai primi appigli sicuri solamente con Niccolò di Giacomo, ormai alla metà del Trecento. 6)
Il Beda 2843 E della Bibliothèque Nationale è firmato per le miniature da Turino da Mantova (fig. g) , ed è un codice di carattere bolognese, ma il suo caso sembra riferirsi più alla diffusione degli stili bolognesi fuori della città universitaria alla fine del Duecento che al suo ambito in senso stretto. ?l
Un ostacolo che scoraggia o devia nasce poi dall'abitudine di trasferire in altre regioni il metodo che si è sviluppato nello studio dei primitivi toscani. Si dimentica facilmente che la loro attività si svolse principalmente in una regione in cui, grazie alla tradizione di rispetto per la pittura antica di matrice vasariana e poi erudita, la percentuale di opere del XIV secolo sopravvissute è molto alta, si può supporre sul trenta o quaranta per cento: è cosi possibile riconoscere opere citate dalle fonti o documentate, tra opere stilisticamente distanziate si individuano agevolmente anelli di congiunzione che le inseriscono nel l'arco di sviluppo di una sola personalità.
A Bologna la percentuale di opere del Trecento che ci sono pervenute è confrontabile a quella valida per la Toscana della seconda metà del secolo precedente: i rinnovamenti edilizi banno quasi annientato gli affreschi, le tavole sono estremamente ral'e prima dei
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7- MANTOVA, ARCHJVIO DI STATO- UGOLINO DA MANTOVA: MINIATURA DI UN CORALE DA SAN TOMMASO A MANTOVA
polittici di modello veneziano; nella prima metà del secolo dovevano essere meno imponenti che a Sud dell'Appennino oppure potevano gia essere sostituite da tele. aJ Le pitture anteriori a Vitale ed a Jacopino sono estremamente rare, e la stessa pittura in scala maggiore conviene immaginarla attraverso le miniature che suggeriscono un'attribuzione ad artisti abituati alla pittura in tavola o ad affresco. 9)
Il modello della monografia del singolo artista attorno al quale si è andata sviluppando la storia dell'arte nel nostro secolo, nel nostro paese soprattutto come schematizzazione della " monografia qualificante" crociana, è il meno indicato per lo studio di questo tema. Per individuare una serie di miniature riferibili ad una singola personalità sono necessari spogli d i materiale che spesso ne resta estraneo, i codici venivano poi divisi frequentemente tra più botteghe e le forme di collaborazione non dovevano corrisponde re a quella della bottega di pittore di modello giottesco, con un capomaestro che coordina, rivede e dà un proprio inconfondibile stile al lavoro finito, e questo sia per la tecnica che per le condi4ioni di lavoro che dovevano favorire la divisione della decorazione libraria tra soci di pari grado, che variamente potevano succedersi nell'impostazione o nella rifinitura di una miniatura. lol
Tornando allo Jacopino da Reggio del Graziano vaticano latino 1375 (fig. r), si constata che egli di-
8 - LONDRA, TRE BRITISH LIBRARY NERJO: MINlATURA RITAGLIATA, ADO. MS. 32058, C. I
(ripr. autorizzata dal/n Britisll Library)
vide il codice tra più pittori i quali non mimetizzano il loro stile (figg. 2 e 3), in alcuni casi egli ritocca le miniature eseguite da un collaboratore, dando esempi di commistione di mani che sfugge a quell'assorbimento da parte della personalità più forte che troveremmo nella pittura di grande formato. 111 Oppure, nel Digesto 1409 dello stesso fondo, l' " Illuslratore "
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'·' 9- PARIGI, BlBLIOTHEQUB NATIONALE
TURINO DA MANTOVA: 11. RAGNO, MS. LAT. 2843 E, C. 79
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IO - ROMA, BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA L'ILLUSTRATORE: DISPUTA SU BENI RUS TICI,
MS. VAT. LAT. 14091 C. 162 V.
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non solo compare insieme agli aiuti che minieranno il messale petriano 63 B (fig. ro), ma collabora anche col miniatore del Graziano, Nouvelles Acquisit ions latins 2508 della Bibliotbèque Nationale, presente in alcune vignette all'inizio dei libri (fig. rr), con netta divisione di lavoro. È solo considerando l'andatura frastagliata degli alberi nella storia eseguita dall' " lllustratore " all'inizio del IX libro che ci si accorge che la maggior parte degli accenni di vegetazione e delle architetture che ambientano
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Il -IBIDEM MINIATORE BOLOGNESE CA. 133o-40:
AZIONE LEGALE RELATI VA AD UN MINORENNE, C. 19
le sue figure sono state affidate a questo collaboratore. ·~l
Anche in una città non specializzata nella decorazione libraria come Pisa i corali d i San Nicola, verso il 1330, presentano un direttore dei lavori (il " Maestro dello S trozzi II ") che interviene sulle stesse miniature sulle quali lavorano i collaboratori, un pittore avvicinabile al 11 Maestro della Crocefissione di Camposanto " ed uno più martiniano, al quale si può pensare in vista di nuove verifiche su Francesco
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l2- ROMA, BmUOTECA APOSTOLICA VATICAN A MINJATORE BOLOGNESE CA. I270-75 :
VICENDE SULLA DESTITUZIONE Dl UN VESCOVO, JlllS. VAT. LAT. 1371, C. 106
Traini. Soltanto che le varianti stilistiche sono innumerevoli secondo che l'uno o l'altro maestro imposti, inizi o ritocchi la figurazione a cui lavori anche un altro. '3'
Inoltre tra la scrittura e la figurazione istoriata del codice si possono dare vari tipi di partecipazione al lavoro1 dal rubricatore1 al calligrafo che esegue capitali in filigrana, al miniatore che decora a pennello solamente le lettere con fogliami e piccole figure, lasciando in bianco gli spaz;i delle storie principali. 14l Entro il 1275 il Graziano Vaticano latino 1371 (fig. 12) viene diviso tra quattro miniatori, ma all'esame diretto si verifica che la divisione valida per le storie all'inizio delle cause è diversa da quella che orienta sugli esecutori dei fregi di fogliami e droleries che le accompagnano. 15J Lo stesso accade nel gruppo di miniatori molto omogenei che illustrano la Bibbia latina 430 della Biblioteca Estense di Modena, dove diverse sono le combinazioni tra le mani che si intrecciano nelle piccole storie all'inizio dei libri e nei fregi (fig. 13). 16) Fogliami eseguiti a pennello e testine di qualità corrente ma non spregevole sono eseguiti in tutto il Graziano Vaticano latino 1366, anche
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13 - MODENA, BIBLIOTECA ESTENSE MJNIATORE BOLOGNESE CA. 1280- go:
PARTICOLARE DI UN FREGIO, MS. LAT. 4301 C. 26 V.
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nelle parti che sono poi rimaste senza le piccole storie; a carta 277 una S di questa mano accompagna i fregi istoriati della ' Penitenz;a ' dell' 11 Illustratore " (fig. 14). '7> Nella Canzone delle virtù e delle scienze del Museo Condé a Chantilly i disegni attribuiti ad Andrea de' Bartoli si accompagnano alla stessa situazione di capitali sommariamente figurate da una mano che non può essere la sua, e suggeriscono che il codice fosse destinato ad una decorazione policroma. tBl
Diversa è la distribuzione di lavoro che lascia vedere il Digesto Vaticano latino 1409: l' " Illustratore " vi esegue anche le capitali che accompagnano il testo nei fogli che gli erano stati consegnati per eseguire le miniature in apertura dei libri. '9) Invece un altro manoscritto figurato da questo maestro e dalla sua bottega, le Decretali latine 1389 della stessa biblioteca presenta, analogamente al Graziano I366, tutte le capitali con teste o mezze figure che accompagnano il testo all'inizio dei libri eseguite da un altro miniatore, non lontano dal 11 Maestro del 1328 ". 20)
Le elaborazioni di miniature da parte di più mani, la divisione tra varie specializzazioni di decorazione libraria (con le confusioni alle quali si prestano nell'interpretazione dei documenti), sembrano tipiche delle grandi serie di corali quattrocentesche. In realtà le incontriamo già alla fine del Duecento nei corali del duomo di Siena, in una serie la cui esecuzione si dovette protrarre per una ventina di anni; :a•l a Bologna stessa lo verifichiamo nei volumi superstiti della serie più antica di corali di Santa Maria dei Servi. :d
A Firenze il messale del duomo edile 107 della Laurenziana suggerisce la divisione fra più miniatori come un metodo tipico per accelerare il compimento del lavoro: poco prima del 1315 suggerito dall'insieme dei vari stili che vi sono presenti, il codice viene distribuito agli stessi miniatori del corale della Badia a Settimo sottoscritto nel 1315 dove, però, ad un maestro di cultura ancora duecentesca, subentra il " Maestro del codice di San Giorgio ". 'l3l
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14 - ROMA, BIBLIOTECA APOSTO LICA VATICANA L'ILLUSTRATORE: DB PEN/TENTJA1 MS. VAT. LAT. 1366, C. 2 77
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15 - FIRENZE, BIBLIOTECA MEDICEA LAURENZTANA MlNlATORE BOLOGNllSll CA. 1275: LA TRINITÀ,
MS. PLUT. I SIN. 101 C. 3
La divisione di testi liturgici tra più botteghe che ne affrettassero il compimento ricorre molto frequentemente, tipica della miniatura bolognese è invece l'analoga divisione di opere molto meno voluminose, in un arco di tempo che va dal momento in cui La città si afferma come centro di produzione di testi
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16- FIRENZE, BJJ3LIOTECA MEDICEA LAURF.NZIANA MINIATORE BOLOGNESE: DEESIS ED ANGELO,
MS. FIESOLANO !201 C. I.
universitari decorati con ricchezza a quando la miniatura viene a concentrarsi nella bottega di Niccolò di Giacomo. Un caso limite di questo sistema di divisione, verso il 1275 suggerito da una datazione prudente, sono le Decretali pluteo r sin. ro della Laurenziana: le miniature istot·iate sono solamente sette, oltre alle due tavole della 1 Consanguineità ' e dell' ' Affinità', ma la decorazione fu divisa tra ben quattro miniatori il migliore dei quali, presente a carta 3 (fig. 15), dovette interrompere il lavoro, tanto che, nel primo fascicolo, fu sostituito dallo stesso che compare a carta 314 (fig. 17), probabilmente uno scrittore o rubricatore che si improvvisa miniatore in una situazione di emergenza, e che frustra amaramente le nostre aspettative dettate dal senso della qualità. 24l
La possibilità di vedere accanto a tre rniniatori una presenza così al di sotto della professionalità (sia pure come caso limite anche da questo punto dj vista) richiama al problema della sensibilità o meno del pubblico deL Medioevo all'unità stilistica delle opere che cercava ed apprez~va quali testimoni iconografici e per la loro bellezza, ma una bellezza piuttosto tecnica e materiale che stilistica. 2Sl Doveva essere questo l'atteggiamento degli "ignoranti 11 che si riempivano
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17 - FIRENZE, BIJ3LIOTECA MEDICEA LAURENZlANA .RUBRICATORE BOLOGNESE CA. 1275:
PAPA BENEDICENTE, MS. PLUT. l SIN. IO, C. 2
gli occhi con la vecchia pittura che il Boccaccio contrappone ai " savi , il cui intelletto si compiaceva della mimesi giottesca, di una qualità cioè squisitamente stilistica. 26)
L'Italia del XIII secolo non presenta l'unità stilistica tra le varie arti figurative che la Francia raggiunge attraverso il gotico, che Bisan~io aveva sempre garantito con il suo sistema di forme decantate sulla tradizione antica. Ogni arte, pur non predudendosi analogie, è portatrice di uno stile legato alla propria tradizione tecnica. L 'abbazia di Fossanova segue un disegno strettamente gotico ma è costruita da maestranze che in ogni fogliame, in ogni capitello, mostrano una cultura da marmorari romani o campani del XII secolo. A Parma il battistero dell'Antelami viene affrescato in uno stile di '' maniera greca ,, romanico solo fin dove può essere considerata tale la tradi~ione giudicata più severamente da Roberto Longhi nel Giudizio sul Duecento. A Genova la lunetta gotica del portale maggiore di San Lorenzo (fig. 20) è affrescata da un pittore costantinopolitano probabilmente già nei primi anni del XIV secolo. 2''
Alle esperienze di Nicola e Giovanni Pisano in scultura non corrispondono riflessi immediati nella pittura, che ha un diverso indiri:zzo stilistico ; è solo con ritardo e trami te la mediazione dell'esperienza
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I8 - FIRENZE, BlllLJOTECA MEDICEA LAURENZIANA MINIATORE BOLOGNESE CA. 1275: DISP UTA DI VESCOVI,
MS. l'IESOLAMO 1201 C. 79
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MINI A.TORE BOLOGNESE CA. 1275: SPONSALI, MS. FIESOLANO 120, C. 214
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20- GENOVA, SAN LORENZO- MAESTRO COSTANTrNOPOLITANO: GIUDIZIO FINALE
giottesca che Giovanni può essere richiamato per Pietro Lorenzetti, o che si può farne presente l'espressività per il u Maestro del Trionfo della Morte" del Camposanto pisano, sia o meno identificabile con Buffalmacco.
Si pensi, d'altronde, come nel Mediterraneo i re normanni, in imprese grandiose, cercando le tecniche più squisite, accompagnassero mosaici bizantini a capitelli romanici e rivestimenti di derivazione islamica. Oppure si ricordi come, con la scrittura gotica, i feudatari crociati non importassero facilmente nei regni di Palestina una pittura in grado di prospettarsi come modello alternativo a quello costantinopolitano. 3 Bl
Accanto alla divergenza stilistica che è ovvio attendersi tra pittura, scultura, architettura (e le altre tecniche che nella nostra definizione sono arti. minori, ma che per il carattere suntuarìo e sacrale erano spesso proprio le arti guida), un esame di fatti radicati ancora nel XIII secolo dovrà tenere presente che le scuole medioevali non vanno intese in senso territoriale, ma nella semplice accezione di una tradizione
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legata alle circostanze di apprendistato ed alle preferenze personali di un artigiano. Quando si accenna ad una scuola bisogna evitare di dare al termine quel senso !anziano per cui dai Carracci, al Crespi, ai Gandolfi, si individua una scuola bolognese, od una scuola veneziana che va dal Giambellino a tutto il Settecento, come parte integrante del volto culturale di una città.
Le aree di cultura figurativa che si individuano aJla fine del Duecento non fanno capo ad una città in quanto tale ed hanno sempre una possibilità di diffusione molto diramata. D centro di aggregazione di tutta la pittura dell'Italia centrale tra Due e primo Trecento non è dato dalla città di Assisi, ma dal convento di San Francesco; ancora per il XIV secolo, Ferdinando Bologna ha ben focalizzato il centro propulsore della vicenda che descrive intitolando il volume del rg6g I pittori alla corte angioina di N apoli, piuttosto che col riferimento ad una pittura trecentesca semplicemente napoletana.
Nella prima metà del Trecento non è sempre pos sibile parlare neppure di scuola fiorentina o senese
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nello stesso senso in cui, correttamente, si definisce un gruppo molto omogeneo di pittori come scuola riminese. Le due città toscane sono legate a Cimabue, Duccio e Giotto e spesso le botteghe senesi di gusto tradizionale (Ugolino di Nerio) o giottesco (i Lorenzetti) lavorano per le chiese di Firenze; se i Lorenzetti sono giotteschi, un Lippo di Benivieni è duccesco, ed un ' ' senese 11 come il 11 Maestro del codice di San Giorgio " adesso, con la provenienza delle sue opere, suggerisce di essere stato originario di Firenze. 2 9> L'intenzione di seguire un esempio sltilistico, al quale evidentemente andavano le preferenze del pubblico cittadino, si afferma solamente con la seconda metà del Trecento: a Firenze si imitano Giotto e Maso d i Banco, i Memmi ed i Lorenzetti a Siena.
Quando il Lazarev rifiuta l'individuazione della formazione di Duccio nell 'ambito di Cimabue in nome dei cat·atteri originali delle scuole senese e fiorentina1
ha probabilmente ragione nel protestare contro il sapore idealista a cui si poteva prestare la troppo libera estensione dell'area di azione del genio senza confini e senza gabelle; 3ol dimentica però che una scuola senese (o fiorentina) non esisteva in quanto tale: esisteva una scuola guidesca, come si andava formando un giro di pittori senesi che miravano a Cimabue. Lo stile di Gtùdo è tanto poco intrinseco alla sua città che in pochi anni cede davanti agli esempi cimabueschi di Vigoroso e di Duccio, al punto che pittori che vi si erano formati , come rivela di essere l'autore della tavola con ' San Francesco e storie della sua vita ' deUa Pinacoteca di Siena, si adeguano alla maniera duccesca. 3''
Non sempre la nascita di una " scuola 11 significa che il dibattito figurativo si è arricchito; a Perugia con le opere con le quali è stato tentato di costituire un 1 1 Maestro del 1348 " si vede l'assestamento di un gruppo di pittori locali su un'unità di stilemi (più che di stile) ; la scuola è omogenea solamente in quanto alcune botteghe hanno scoperto un formulario io grado di soddisfare le esigenze più immediate del pubblico cittadino. 32)
Osservando la situazione della pittura e della scultura alla fine del Duecento in un centro non secondario come Pistoia, si può verificare che i suoi committenti importano opere di buon prestigio (fino a giungere al pulpito di Giovanni Pisano) e non dimostrano un gusto per niente ritardato. Tuttavia non offrono un mercato tanto regolare da permettere che una serie di botteghe si sviluppino localmente fino a differenziarsi culturalmente dalle altre città della Toscana. 33l Solamente le cattedrali e le chiese dei principali ordini religiosi erano la sede usuale per manufatti di qualità superiore alla media e gli artisti che volevano mantenere la propria bottega costantemente al più alto livello di qualità dovevano essere disposti a spostarsi periodicamente/ con i loro aiuti, come avviene dall' Antelami a Nicola e Giovanni Pisano, a Cimabue, Arnolfo e Giotto. O si consideri un Simone Martini che, rispetto all 'ambito Firenze-Siena-Pisa di
Duccio o dei Lorenzetti, mantiene un livello qualitativo che lo costringe a muoversi dalle comrnittem:e angioine, al vicariato papale di Orvieto, ad Avignone stessa.
Per lo scultore od il pittore di figure il merca to corrente di una città comunale, dove le grandi occasioni erano necessariamente saltuarie, consisteva in chiese parrocchiali e conventi minori, che avevano bisogno di opere di costo limitato tanto nei materiali che nei tempi di esecuzione. Nell'ambito della miniatura la produzione di una città comunale comportava quasi esclusivamente testi liturgici e libri di sta tut i, anche in centri di non secondaria importanza e nei quali si individuano botteghe di miniatori di primo piano distinte da quelle dei pittori, come Pisa o Perugia. 34>
Le grandi città comunali erano fortemente specializzate in produzioni circoscritte; spesso l'aggregazione in determinate corporazioni di tecniche notevolmente lontane da quelle del membro più caratterizzante indicano quelle che, in origine, erano state le attività predominanti: si pensi, a Firenze, agli orefici inserit i nell'arte della seta per il contributo che potevano darle con i fili di metallo prezioso. Come centri di riferimento per la produzione di tavole dipinte, e per il reperimento di pittori in grado di eseguire grandi cicli di affreschi, si possono ricordare Rimini, Firenze o Siena nella prima metà del Trecento; Bologna e Venezia dopo il 1340. La vicinanza dei marmi di San Giuliano concentra a Pisa e l'importazione della pietra d ' Istria a Venezia la sede di botteghe specializzate in scultura.
È attraverso una serie di considerazioni di questo genere che diviene possibile inquadrare il rapido sviluppo della decorazione libraria attorno all'università di Bologna, e che si può cercare di comprendere il contesto in cui era possibile quell 'assenza di unità, sia di stile che di cornice decorativa, che si in contra, come caso limite, nelle Decretali della Laurenziana. Allargando gli esempi, ci si accorge che la più fre quente divisione tra miniatori corrisponde a quella in fascicoli od a quella suggerita da una suddivisione in più volumi. La decorazione avveniva, ovviamente, prima della rilegatura, dopo la scrittura dei vari fascicoli e, con questo sistema di suddivisione che ricorda l'organizzazione di tr ascrizione mediante iJ noleggio delle pecie, testimonia quel forte mercato librario che risulta dalle fonti documentarie. 35l
Una circostam;a di questo genere, col procedere delle collazioni accurate, dovrebbe portare ad una rete di dati da affiancare a quelli che si possono trarre dagli statuti e dalle matricole delle arti bolognesi, la cui illustrazione va considerata immediatamente precedente o successiva alla data di convalida notarile. 36l La presenza di miniatori con caratteristiche non bolognesi in una di queste imprese di collaborazione può far dedurre una loro attività presso l'università emiliana ed, in ogni caso, ci si presenterà uno spaccato di vari artist i o botteghe colti in un momento di contemporaneità.
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21 - LONDRA, TltB BRJTISH LIBRARY JACOPINO DA REGGI O : DAVIDE, ADO. MS. 18720, C. 236
(ripr. autorì::zata dalla British L1brary)
22- PARIGI, BTBLIOTIIEQtTE NATIONALE JACOPINO DA REGGIO: ARISTOTELE, MS. LAT. 6297, C. 30 V.
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23- TORINO, MUSEO CIVICO - MI N lATORE BOLOGNESE CA. 1270-75: INCIPIT DEl. V A NGELO SECONDO LUCA, MS. INV. 3158
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24- TORINO, MUSEO CJVlCO MINIATOaE BOLOGNESE CA. 1270-75: COMBATTIMENTO DEI MACCABEI
I codici figurati da un solo miniatore non mancano: i testi scolastici dove non è prevista che una sola capitale distinta da una decorazione istoriata, con l'autore in atto di scrivere o di insegnare; oppure si dà il caso di codici di particolare importanza affidati ad un solo artista di primo piano; caso tipico è la Bibbia di Clemente VII, latina 18, della Bibliothèque Nationale, o di alcri codici di Jacopino da R eggio (figg. 21 e 22). 37l
Cosi un maestro di buona qualità la cui formazione rimanda ad anni anteriori alla d iffusione di questo sistema di divisione del lavoro, esegue da solo la Bibbia del Museo Civico di T orino (jigg. 23 e 24), ed una sola mano appare in un centinaio di miniature della Summa di Raimondo Pennafort latina 3253 della Bi bliothèque Nationale (figg. 25-28). 38l Si danno çoi
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29 c 30. - PARIGI, BIBLIOTJIEQUE NATIONALE MAESTRO Dlil.LA BfliBIA DI GERONA: FIGURINE INSEIUTE
NEL TESTO, MS. LAT. 4476, CC. 1511 2 1 V.
casi eterocliti nella distribuzione del lavoro, come quando un miniatore di primo piano come il " Maescro della Bibbia di G erona " compare in alcuni fascicoli dell'lnfortiatum latino 4476 di Parigi esclusivamente nelle figurine intercalate fra i paragrafi del
'"'"-' . ., ............ ~ btf.tna.q.ua~-. dl.eftmcaaem• cii' nn"'.-..R"-me
25-28- PARIGI, BIBUOTREQUI! NATIONALE MAESTRO DELLA BIBBIA VAT. LAT. 20: ILLUSTRAZIONI ALLA SUMMA DI RAIMONDO PENNAFORT, MS. LAT. 3253, CC. 64, 96, 191 232 V.
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31 -ROMA, BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA MINIATORE FRANCBSE ('?): ARBOR CONSANGUINITATIS,
MS. VAT. LAT. 1390, C. 2ft V.
testo (figg. 29 e 30), mentre lascia le vignette all'inizio dei libri ad altri miniatori, che ai nostri occhi restano molto al di sotto della sua qualità. 39) La difficoltà di impostazione delle tavole di 1 Affinità ' e di 1 Consanguineità' potevano poi suggerire di affidarne l'esecuzione ad un decoratore che ne fosse ben pratico, al di là delle considerazioni sulla qualità di figurazioni tanto preminenti. Nelle Decretali latine 1390, dello stesso maestro della Bibbia vaticana latina 20, compare un miniatore francese che cerca di adeguarsi ad una stesura fortemente policroma diversa da quella degli scrittoi di origine (fig. 31); nelle Decretali patatine 629 della stessa biblioteca Jacopino da Reggio vi viene sostituito da un decoratore del "primo stile 11 (secondo la definizione del T oesca) al quale probabilmente dà una traccia compositiva (fig. 32). 4°>
Agli scrittori di origine forestiera si accompagnano miniatori che mostrano di provenire da culture non elaborate a Bologna, come i miniatori dei Vangeli Plut. 3 dex. 9 della Laurenziana, che fanno parte di una Bibbia bolognese 4•> o, sempre in questa Bibbia
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32 - ROMA, BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA ARBOR AFFINITATJS SU DISEGNO DI JACOPINO DA REGGIO,
MS. PAL. LAT. 629, C. 261
di Enrico dei Cerchi e nei corali di Gemona, un "Miniatore svevo " (figg. 33 e 34) tanto vicino al "Maestro della prima decade 11 ricostruito da Ferdinando Bologna che solamente davanti al ritmo del tutto diverso che i due miniatori danno alla loro pagina si può concludere che sono due diverse personalità. 43>
L'uso ed il significato della qualifica di bolognese va chiarito soprattutto per la miniatura della fine del Duecento: una corrispodenza tra scuola bolognese ed attività svolta a Bologna, se esiste, è delle meno rigide; inoltre, come attorno agli scrittoi della città universitaria trovano spazio rninìatori di varia origine, miniatori bolognesi possono lavorare per altre città, o trasferirvisi anche se il libro era un oggetto molto più facilmente trasportabile di qualsiasi tavola da altare.
n problema principale, in questo senso, è guello di determinare l'autonomia o meno della mimatura padovana, supponendo in questa città una produzione libraria altrettanto articolata che a Bologna, e tale da configurarsi con una propria fisionomia. 43) Nonostante le testimonianze sulla presenza di miniatori
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33 e 34 - FIRENZE, BIBLIOTECA MEDICEA LAURENZIANA - MINIATORE SVEVO: SAMUELE, MS. PLUT. l DEX. g, C. Ii ECCIDIO NELLE CUliRRE DI SAUL, IBIDEM, C. 77
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35- 37- FIRENZE, BIBLIOTECA NAZIONALE - MlNIATORE FIORENTINO DELLA SECONDA METÀ DEL DUECENTO: SAN GIOVANNI BATTISTA, L'ALBERO DI JESSE, RESURREZIONE1 MS. II.t.167, CC. ll6, I 3 I V., 73
bolognesi, un discorso autonomo non vi si sviluppa: agli in~i del Trecento i corali che il prete Gerardino fa miniare per il duomo di Padova e che riprendono alcune composizioni della cappella degli Scrovegni 44l
sono opera di un maestro che ritroviamo a Bologna, anche in una tipica impresa di collaborazione tra più miniatori come il Decretum Gratiani K.I.3 della Biblioteca degli Intronati di Siena. 45l Sarebbe d'altronde difficile trovare contemporaneamente in due città così vicine uno sviluppo di produzione libraria cosi specializzata ed affine.
Padova presenta una propria vicenda stilistica, diversa da quella bolognese, nell'ambito del codice liturgico, non universitario. n famoso epistolario sottoscritto da Giovanni da Gaibana nel 1259 (ad una data in cui comincia appena a delinearsi il " primo stile , bolognese) servirà anzi da spunto ai miniatori emiliani più bizantini ed aulici della miniatura di fine Duecento. Ed, entro il 1317, il messale 77 della Biblioteca Antoniana mostra figurazioni di impronta giottesca del tutto difformi da quanto viene sperimentato a Bologna sulla stessa linea. 46l
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38 - SANTO STEFANO A MONTEFIORALLE PITTORE FIORENTINO CA. 1270: MADONNA CON BAMBlNO
(foto S opr. B .A.S., Firenze)
Con prudenza ancora maggiore si dovrebbe procedere nella definizione di toscane per opere di cui tura evidentemente bolognese. Specialmente a Firenze dove esiste una tradizione locale individuabile nelle miniature più arcaiche dei corali di Santa Maria Novella, di un gusto geometrizzante che fa pensare agli intagli marmorei di San Miniato al Monte. 47) Nel messale di Santa Felicita (conventi soppressi 233 della Laurenziana) questa tradizione viene a contatto sia con certi ritmi cimabueschi del tempo del Crocifisso di
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Santa Croce che col m1ruatore deiJa Bibbia vaticana latina 20 (soprattutto nel carattere bolognese della ' Santa Felicita ' a carta 241); il gusto locale nella ' Crocefissione ' affiora attraverso la decorazione geometrica che schematizza i panneggi, nella presenza di
39- SIENA, OPERA DEL DUOMO- MINlATORE SENESE CA. 1290: u: MARIE AL SEPOLCRO, ANTIFONAR10 35 E, C. 165 V.
(foto Grassi, Siena)
architetture svolte senza preoccuparsi di nessuna scansione ambientale. 48l
Beo più lontane dalla cultura bolognese sono le figure dell'evangelario II.LI67 della Biblioteca Nazionale di Firenze (figg. 35- 37), così legate al contesto della pittura su tavola, da suggerire un avvicinamento al pittore della ' Madonna' di Montefioralle (fig. 38). 49l A Bologna potrebbe invece far pensare il gusto nuovo di un miniatore che è attento al Cimabue degli anni '70, senza le arcaiche sopravviveoze del messale di Santa Felicita, e si incontra nella ' Vita di San Francesco' di San Bonaventura Plut. 31 sin. 5 della Laurenziana; ma la sua agilità è confrontabile alla pittura di un Vigoroso da Siena, agli esiti dei miniatori senesi dei corali dell'opera del duomo, ad un ambito cioè di cimabuismo toscano. sol
Al di là di un'eco distratta, nessuna traccia della miniatura bolognese anteriore o contemporanea compare nel miniatore di cultura ancora duecentesca del messale edile 107 della stessa biblioteca, eseguito per Santa Reparata non molto dopo il 1310. I miniatori pienamente trecenteschi che vi sono presenti mostrano di essersi modernizzati solamente attraverso il rapporto con la pittura toscana contemporanea, l'impaginazione del 11 Maestro di Santo Stefano 11 e " di San Guglielmo 11 resta antiquata per chi fosse stato attento
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alla truruatura bolognese degli ultimi venti anni; 'e l'inserimento di figurazioni sempre più simili a scomparti di predella o riquadri di affresco è l'esito a cui giunge il (( Miniatore daddesco , . ssl
L 'illustrazione di un testo giuridico od, in parte, della Bibbia stessa, con tutta la sua normativa iconografica che, salvo l'assiste112;a di esperti, ben poche botteghe erano in grado di seguire, richiedeva una conoscenza dei testi che andava ben oltre quella nozione del Nuovo Testamento, degli attributi dei santi e delle allegorie più comuni che permettevano Wl
passaggio iconograficamente più agevole dalla tavola o l'affresco al corale che da questo alle Pandette od all'Infortiatum. Tanto che, volendo un codice di questi testi che fosse decorato, doveva essere senz'altro consigliabile procurarselo in un centro di produzione specializzato. La Biblioteca di Santa Croce, quando i testi scolastici non sono bolognesi, li presenta quasi esclusivamente con decorazioni francesi o inglesi. s:al
Anche a Siena i miniatori presenti nei corali duecenteschi del duomo mostrano una cultura del tutto distinta dalle scuole bolognesi, il solo richiamo alle loro droleries si trova nel miniatore più arcaico, l'unico che faccia supporre di essere stato precipuamente specializzato in figurazioni librarie e che si riconosce in tutto il graduale 45 I. Il maestro che compare nell'antifonario 36 F ed in parti di altri codici fa molto pensare ad un pittore in scala maggiore ; non a torto il Toesca l'ha avvicinato al dossale con l San Pietro ' della pinacoteca senese. n> Degli altri maestri tra cui uno molto vicino alla ' Madonna ' di Sant'Andrea a Mosciano (figg. 39 e 40) ed altre figure che sembrano tradire l'attenzione alle tipologie di Nicola (fig. 41) ed ai ritmi spezzati di Giovanni Pisano (fig. 42) non si può escludere che fossero, abitualmente, pittori in scala maggiore. S4l D i Memmo di Filippuccio, poi, è ben nota l'attività sia in tavola che ad affresco. ssl
Un'emigrazione di stile bolognese si individua invece ad Arezzo, nel corso del Duecento sede di uno studio; e qualche eco di questa miniatura si cogli e anche nelle storie laterali della tavola di Santa Maria delle Vertighe a Monte San Savino, del collaboratore di Margarita, Ristoro: con ogni probabilità l'autore della 1 Composizione del mondo ' cioè un letterato di interessi che facilmente lo portavano a contatto col mondo degli studi e con codici decorati a Bologna. Un accentuato carattere da miniatura bolognese della 11 prima fase , si coglie in una tavoletta di provenienza aretina del Wellesley College, mentre alcuni accenti autonomi che si individuano nei corali della cattedrale si inseriscono in un contesto di tradizione bolognese. s6l
A Lucca una miniatura derivata dalle esperienze della grande università emiliana esiste alla fine dlel Duecento ed è riconoscibile per certi tratti fisionomici tondeggianti, nel gusto frequente in Deodato Orlandi: esempi di questa scuola sembrano il codice Tucci Tognetti ed il graduale 2691 della Biblioteca Statale di Lucca; più a monte, le famose Rime antiche Banco
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40 - SIENA, OPERA DEL DUOMO - MINlATORE SENESE CA. 1290: VOCAZIONE DEI SANTI PIETRO ED ANDREA,
ANTIFONARIO 33-51 C. 210 (foto Grassi, Siena)
4 1 - SIENA, OPERA DEL DUOMO- MlNIATORE SENESE CA. 1290: SAN GIOVANNI EVANGELISTA,
ANTrFONARlO 33-5, C. 156, V. ( f oto Alinari)
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42- SIENA, OPERA DEL DUOMO- Mlli!IATORE SENESE: ANNUNCIAZIONE, ANTIFONARIO 35 E1 C. 240 V. {foto Alinari)
Rari 217 della Biblioteca Nazionale di Firenze (fig. 43), codice per la cui datazione ed ubicazione conviene seguire le indicazioni date dagli studiosi del testo e dal T oesca, piuttosto che distrarsi su pareri chiaramente sfasati. 57) Per i più antichi antifonari di San Romano (2648 e 2654 della biblioteca lucchese), solamente con una più diramata conosceuza dei più antichi codici del " primo stile , si potrà concludere se siano un'importazione da Bologna od un esempio precoce di emigrazione. Certamente anteriori al 1270, rispecchiano infatti un momento in cui la più antica maniera della miniatura bolognese si andava enucleando dagli esemplari di una figurazione più antica e sommaria. s-Sl
Non manca neppure un miniatore bolognese che si stabilì a sud degli Appennini, il u Miniatore di Sant'Alessio in Bigiano " (figg. 44 e 45) del quale si conoscono corali a Pistoia, Firenze, Grosseto ed a Prata in Casentino, ed autore delle figurazioni del salterio 9 della Biblioteca della Certosa di Calci o.ra in Laurenziana. sgl
La necessità di soffermarsi così partitamente sulle città toscane è suggerita dalla confusione che, specialmente per chi non approfondisce l'argomento, risulta sancita in partenza da alcune presenze di codici bolognesi nei volumi del D'Ancona sulla miniatura fiorentina, in realtà in anni in cui (anche se potevano aiutare gli spunti di Adolfo Venturi) la provenienza antica era il solo indizio per suggerire una localizza-
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z10ne: si consideri la Bibbia di Camaldoli, conventi soppressi 582 della Laurenziana, cosi vicina al corale 5 r8 del Museo Civico di Bologna. 6o) La rete di preconcetti si è poi andata perfezionando al punto che anche il corale 526 del Museo Civico di Bologna (del 11 Maestro della Bibbia di Gerona 11) è stato attribuito ad un cimabuesco toscano notando, giustamente, la sua affinità con quelli del convento di Ripoli nel Museo di San Marco a Firenze, indubbiamente usciti dalla stessa bottega, ma bolognese. 6 !)
Tra i codici che rivelano emigrazioni dello stile bolognese della " prima 11 e della 11 seconda fase 11
individuate dal Toesca, si può ricordare il volume di Supplicationes variae pluteo 25.3 della Biblioteca Laurenziana di Firenze (opera probabilmente tutta genovese) nelle sue miniature più correnti; 62 ) oppure si può tenere presente la Bibbia 33 dell'abbazia di Cava dei Tirreni, di ambito napoletano ma legata ai moduli di impaginazione ed alle scelte iconografiche degli analoghi manoscritti bolognesi. 63) Sono poi ovviamente frequenti codici nei quali si individua una derivazione provinciale, e che si è portati a supporre ritardata, dalla decorazione libraria bolognese ma che allo stato attuale non si possono collegare a contesti stilist icamente individuati: si può ricordare la mi-
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43- FIRENZE, BIBUOTECA NAZIONALE - MINIATO RE LUCCHESE ( ?) CA. 1280: BONAGIUNTA ORBICIANI 111! ATTO DI POETARE
SULLA PRIMAVERA, MS. BANCO RARI 217, C. 30
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44 t 45- VENDITA SOTHEBY OELL'S-7-1974- MINIATORE DI SANT'ALESSIO IN BIGIANO: STIMMATE DI SAN FRANCES:O ED ASSUNZIONE (foto Conwey L ibrary, ripr. per cortesia del Courtauld lnstitute)
scellanea da Sant'Agostino e San Bernardo piana 3· 162 della Biblioteca Malatestiana di Cesena, proveniente da Ancona. 64l
L a presenza in area catalana di un codice come il Decretum Gratiani Additional Manuscript 15274 e -75 della British Library propone anche il problema (a date più inoltrate) di un contributo bolognese alla formazione dello stile i tali ano in Catalogna studiato da Millard Meiss. Non a caso (penso per il modo in cui è organizzata la pagina) la ' Novella ' di Giovanni d i Andrea Vaticana Latina 1455 suggeriva ad Adolfo Venturi di elencarla tra i manoscritti miniati bolognesi, mentre le sue figurazioni sono vicinissime a Ferrer Bassa (fig. 46). 65>
La pittura pisana dei primi anni del Trecento e l'esperienza lorenzettiana formano indiscutibilmente la base dello stile italiano in Catalogna, ma l'equivoco di Adolfo Venturi è illuminante come richiamo alla possibilità di inserire se non in Catalogna in altre regioni toccate dal percorso mediterraneo di diffu-
sione dei primitivi italiani-avignonesi opere che uniscano in maniera strana per una bottega italiana elementi moderni ed arcaici. Tra le pitture viene in mente il trittico Kress di Raleigb, 66l considerato senese, di carpenteria e doratura troppo antiquate in confronto alla pittura. Per la miniatura mi sembrerebbe che il tema si possa proporre anche per gli Speculum humanae salvationis latino 9584 della Bibliothèque Nationale e della collezione Riches, o per quello stesso de!Ja Bibliothèque de l' Arsenal illustrato dal Longhi quale opera umbra. 61l Ad un contesto di diffusione figurativa lorenzettiana ma bolognese nell' organizzazione del codice sembrano da riferire an che le Decretali latine 3988 della Bibliothèque Nationaie, che il M eiss stesso citava di sfuggita come opera bolognese verso il 1330. 68l
Una vera filiazione della miniatura bolognese è quella verificata nell'Ungheria angioina con la Bibbia di Necsei Lipòcz (Ms.pre-Accession 1 della Library of Congress di Washington) e del leggendario diviso
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46- ROMA, BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA - FERRER BASSA ( ?) : GIOVANNI DI ANDREA PRESENTA IL COMMENTO ALLE DECRETALI PER L'APPROVAZIONE PAPALE, MS. VAT. LAT. 1455, C. I
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fra la Biblioteca Apostolica Vaticana, la Pierpont Morgan Library di New York e l'Ermitage di Leningrado (fig. 52). L'attenzione che vi hanno prestato gli studiosi delle vicende artistiche dell'Ungheria ne fanno un nucleo ben noto ed esplorato. 69> Si può anche precisare che la cultura della Bibbia di Washington risale al momento del " Maestro del 1328, e degli altri miniatori di gusto più giottesco testimoniato dai corali di San Domenico a Bologna, iniziati ad una data anteriore al 1323. 7ol Cesare Gnudi, soffermandosi sull'argomento, ha poi sottolineato l'importanza di queste esperienze per la formazione della pittura boema della metà del Trecento: 11l col Leggendario lo stile di radice bolognese si è ormai del tutto distaccato dal contesto di origine; secondo il modello ricostruito dal Lazarev per i pittori costantinopolitani, 72> si può pensare che ai miniatori bolognesi si fossero uniti collaboratori locali, e che questi rivelino ormai la loro individualità. Il codice non appartiene più alla vicenda della miniatura bolognese, ma al mondo figurativo dell'Europa centrale.
Da tutte queste osservazioni, sparse al di là dell'unità stilistica ma contenute in un arco cronologico di circa mezzo secolo a cavallo del 1300, mi sembra che si possa dedurre quali sono i rischi di un uso acritico della definizione di bolognesi o meno per miniature eseguite negli stili che si sviluppano attorno agli scrittoi della grande università emiliana, con legami che non è lecito stringere troppo attorno al contesto cittadino. Fino agli anni '20 del Trecento la vicinanza non implica infatti unità di stile, e tutto lascia supporre che a Bologna si producessero manoscritti destinati non meno allo studio di Padova che all'università cittadina. Insistere sulla definizione di toscano per il 11 Miniatore di Sant'Alessio in Bigiano., sem:a precisarne il carattere di filiazione dalla miniatura bolognese del primo stile, o giocare troppo sulla presenza padovana dei due codici dell' Il Illustratore n
con le miniature con le ' Storie ' di Santa Caterina e di Santo Stefano d'Ungheria, dimostra che è mancato un chiarimento della differenza tra la scuola cittadina di definizione !anziana e la scuola, territoriale solo in senso lato, della fine del Medioevo.
Chi desideri un campo di verifica dei limiti della nostra routine di studio che procede attraverso manografie ed attribuzioni a singoli artisti, non ha che da avvicinarsi allo studio della miniatura bolognese anteriore a Niccolò di Giacomo (ed all' 11 Illustratore ,), l'ultimo grande capitolo dell'arte italiana che viene giocato in un sistema di organizzazione del lavoro diverso dalla bottega dei protagonisti del nostro Trecento.
t) Purgatorio, Xl, 9I-I02ì per il dibattito relativo all'interpretazione del passo cfr. A. CoNTI, L'evoluzione dell'artista, in Storia dell'arte italiana, II, Torino 1979, Ed. Einaudi, pp. 63 e 164; A. MmDELDORF KosEGARTEN, Ghiberti e le origini del concorso artistico in Italia, in Lorenzo Ghiberti nel suo tempo, Atti del Convegno (Firenze 1978), in corso di stampa.
ar R. LONGHI, Apertura sui trecentisti umbri, in Paragone, n. 191, 1966, pp. 3-17, in Opere complete, VII, Firen:Ze 1974, pp. 147-I58; IDEM, Postilla all'apertura sugli umbri,
.- . :' lt.Cf ~•iu,,. ·:r tl:u' "".:.t~ ~lJC IUUlt .ÙlJ. ''1J'Q ~~lJ IC" p · , a I.Ct"l , .r.,:. i~.ÙI I IUU :.Utl :tu (e .e. ai ~.ur l ) :~~ \~~ "1t l o mo: ,.... J:Ja l ' ~
47 - TORINO, BmLJOTECA UNIVERSITARIA MINJATORE BOLOGNESE CA. 1280:
MINIATURA AD LEGEM FALCIDJAM, MS. E.l.8, C. 220
'
in Paragone, n. 195, I966, pp. 3-8, in Opere complete, cit .. pp. I 58-162. Per una rassegna di identificazioni ed opinioni relative ai due miniatori danteschi cfr. anche: S. BOTTARI. Per la cultura di Oderisi da Gubbio e di Franco Bolognese. in Dante e Bologna nei tempi di Dante, Bologna 1969, pp. 54-59; I. BELLI BARSALI, in Enciclopedia dantesca, III, 1971 e IV, 1973, ad vocem.
L'individuazione dello stile più aulico e bizantineggiante come legato aJ rinnovamento di Franco Bolognese risale a Pietro Toesca (Il Medioevo, Torino 1927, ed. 1965, p. 1091). Va sottolineato che 1a formazione di questo stile non si può collegare alla miniatura degli statuti dei Battuti del 1260 (Bologna, Biblioteca dell'Archiginnasio, Ms. Ospedali I; cfr. M. FANTI, i11 L'Archiginnasio, 1963, p . 7) che sembra opera molto accurata di un pittore legato alla " maniera greca 11 abituale nella pittura su tavola e ad affresco. È collegando troppo strettamente questa li~urazione aJie vicende della miniatura che M . Salmi (La nuniatura, in D. FAVAM. SALMI, Tesori delle biblioteche d'Italia - Emilia Romagna, Milano 1932, p. 284) interpreta come un prevalere di " rudi accenti emìliani 11 sulla tradizione bizantina più aulica manoscritti della " prima fase , del T oesca, portando a quelle confusioni di cronologia di cui è traccia anche nel citato contributo del Bottari.
Indipendentemente dall'identificazione con Oderisi suggerita da Roberto Longhi, il rapporto del 11 Miniatore della Bibbia di Corradino" con la miniatura bolognese ai suoi inizi viene notato da A. Daneu Lattanzi (in La bibliofilia, 1964, p. 156), suggerendo un suo trasferimento dall'Italia Sveva a Bologna.
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Tra le opere citate relativamente ai due maestri ricordati da Dante è necessario chiarire alcune confusioni più gravi:
L' Infortiatum E.I.8 della Biblioteca Nazionale di T orino (reso familiare dalle riproduzioni a colori di carta 220: fig. 47) è opera tipica della prima fase della miniatura bolognese (secondo la definizione del Toesca) in un momento abbastanza inoltrato; introducendo la rubrica ad legem falcidiam l'architettura della piccola storia presenta tratti che possono rimandare al" Miniatore Svevo " o agli inizi del " Maestro della Bibbia di Gerona " quali vengono rivelati dal graduale Vitr. 21-8 della Biblioteca Nacional di Madrid.
Dei corali dell'Archivio di Stato di Gubbio alcuni vanno riferiti ad ambiente umbro (vedine le riproduzioni in G. FALLANI, Ricerca sui protagonisti della miniatura dugentesca, in Studi danteschi, 1971, pp. 137-151) e risalgono ad un filone meno espressivo della cultura umbra del Duecento, che direi quasi romaneggiante (vedine esempi discussi in: F. BoLOGNA, La pittura delle origini, Roma 1962, pp. u8 e n9; IDEM, I pittori alla corte angioina di Napoli, Roma 1969, p. 91 e n. 65, p. no; A. CALECA, Miniatura in Umbria, Firenze 1969, pp. 83-85; per un caso collaterale che conferma la pertinenza di queste miniature all'Italia centrale, dr.: I. TOESCA, Miniature umbro-laziali del secolo XIII, in Paragone, n. 273, 1972, pp. 59 e 6o). Sono esempi di semplice vulgata della miniatura bolognese alla fine del XIII secolo quelli pubblicati dal Castelfranco (l corali miniati di S. Domenico di Gubbio, in Bollettino d'Arte, 1928-29, pp. 529-5;>5). Infine, i tomi di Bibbia D.XXI.1 e 4 delia Malatestlana non sono assolutamente riferibili all'ambito in cui si può immaginare attivo Franco Bolognese, esse.ndo da escludere una loro datazione posteriore al 1270.
3l Chartularium studii bononiensis, Bologna 1907-39i B. PAGNIN, La littera bononiensis, in Atti del R . Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, 1933-34, pp. 1593-1665 (con elenco di 206 codici); F. FILIPPINI-G. ZuccHlNI, Miniato.ri e pittori a Bologna Documenti dei secoli XIII e XIV, Firenze 1947; P. S. LEICHT, Scrittori e miniatori di codici nei loro rapporti cogli scolari bolognesi nella seconda metà del sec. XIII, in Studi di bibliografia e di argomento romano in memoria di Luigi De Gregori, Roma 1949, pp. 227-33; G. ORLANDRLLI, Il libro a Bologna dal 1300 al 1330, Bologna 1959.
4l Jacopino da Reggio risulta scrittore e mediatore di libri, si hanno sue notizie nel 1269, nel 1284 e nel 1286 (FIUPPINI-ZuccHIN1, o~. cit., p. 257). Secondo l'interpretazione della sua partecipaziOne alle mmiature che firma nel Graziano vaticano latino 1375 (vedi nota t x), egli è identificabile col maestro della Bibbia latina 18 di Parigi.
Su Ristoro vedi nota 56; su Paolo di Jacopino di Avvocato cfr. G . Lrvr, Dante, suoi primi cultori, sua gente in Bologna, Bologna 1918, p. 94 e tav. XV; FILIPPINI-ZuccmNt, op.cit., 1947, pp. 197 e 198, 257-~9 (notizie dal1269 al 1297, Paolo di Jacopino è addirittura tmpiegato in dipinti murali per il Comune).
5l O. MAZZONI TosELLI, Racconti storici estratti dall'archivio criminale di Bologna, Bologna r866-7o, pp. 355 e 356.
6) La firma del Graziano vaticano latino 1375 (vedi a carta 350) è: "Ut rosa flos florum sic liber iste librorumfquem Jacobinus depinxit manu Reginus ,; le firme di Neri da Rimini sono riportate nelle schede di catalogo in La pittura riminese del Trecento di CARLO VoLPE (Milano 1965, p. 70); la firma del miniatore Guglielmo nel manoscritto 206 di Holkham Hall è stata individuata da D. Gioseffi (cfr.: W. O. HASSAL, The Holkham Library, Oxford 1970, p. 20); mai è stata invece notata la firma del codice di Parigi " Nerius feci t , : un Nerio chiaramente diverso dall'omonimo miniatore riminese e del quale non è traccia nella compilazione del Filippini e dello Zucchini. Per altre sue opere cfr. fig. 8 e vedi nota 70.
7l La firma " Mantua quem genuit non scripsit set miniavit hoc Turinus opus, (c. 79 v.) viene segnalata dal Catalogue général des manuscripts latins, III, Paris 1952, inoltre cfr.: E. PEl.I.EGRIN, La bibliothèque des Visconti et des Sforza ... , Paris 1955, pp. r6o e 300; IDEM, Supplément ... , Firenze-Paris 1969, p. 5 e tav. 34i La scienza a corte, catalogo mostra, Mantova 1979, p. 65. Il confronto con figurazioni più abituali dei tanti 'animali ' che accompagnano il testo di
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Beda (cfr. il fregio e le teste di Redentore a c. r) sottolineano il legame col più arcaico corale proveniente da San Tommaso dell'Archivio di Stato di Mantova (fig. 7), legato agli inizi della prima fase della miniatura bolognese, firmato "De Mantua Ugolinus libri scriptor et miniator fuit huius Deo et Virgini Mariae gratias, . (cfr.: Tesori d'arte nella terra dei Gonzaga, catalogo mostra, Mantova 1974, 11, p. 65).
Il! La tradizione bolognese di grandi tele dipinte è testimoniata dalla 'Sant'Elena' di Simone dei Crocifissi della pinacoteca di Bologna e dalle tele quattrocentesche dello stesso museo. Sorprende tuttavia incontrare ad una data precoce come il 1329 nell'inventario dell'ospedale di Santa Maria di Nosadella (Biblioteca dell'Archiginnasio, Ospedali 72, c. 12) unum pannum in quo picta est ymago Virginis Marie cum unigenito Filio suo Domino nostro Yesu Christo cum figuris beati johannis Baptistae et Sancti Francisci et cum duobus angellis super virginem et cum omnibus [ ..... 1 diete sotietatis ad pedes diete Virginis Marie. Inoltre: unam venerabilem tabulam deauratam siue tabemaculum cum ymagine gloriosissime Virginis Marie et cum unigenito Filio suo Domino nostro Yhesu Christo picta in panum cum duobus angellis et cum una vileria virgata de sircho. Nell'inventario ricorrono poi due crocifissi, una tavoletta con figure di osso e, unico dipinto su tavola (c. I?.) unam tabuletam pictam cum sanctis et cum Crucifisso et al!is sanctis cum pluribus stellis.
!Il Tale lo statuto dei Battuti del 1260 a cui alludo alla nota 2, o le miniature degli statuti, ecc. della compagnia di Nosadella (Archiginnasio, Osp. mss. 72 e 73) che alla data del 1329 rivelano un artista che ha ormai presenti le opere più antiche del gruppo al quale alludiamo col nome di Jacopino dei Bavosi.
Tra le presenze pittoriche da sottolineare nel capoluogo emiliano, accanto a quelle più note di carattere italo-btzantino (Giunta Pisano, Marco dt Berlinghiero in Santo Stefano, la Croce di Santa Maria del Borgo) ed alla tavola di Cimabue, sono da ricordare per il carattere prettamente romanico le tavole di Santa Maria Mascarella con i ' Frati commensali di San Domenico ' (E. B. GARRISON, Italian Romanesque Pane[ Painting, Florence 1949, n. 6o6; A. EMILIANI, in G.C. MAL VASIA, Le pitture di Bologna, Bologna 1969, p. 68)7). I più antichi affreschi delle arche di San Giacomo Maggtore sono del massimo interesse anche per certi parallelismi con lo stile mosso e corsivo della miniatura del primo stile; su di essi vedi C. VoLPE, in Il tempio di San Giacomo Maggiore, Bologna 1967, pp. 83-86.
Per gli anni nei quali si possono individuare i primi riflessi di Giotto ad Assisi si tenga presenta il breve profilo della pittura nell'Italia padana tracciato da Carlo Volpe (op. cit., 1965, pp. 9 e Io); richiami più specifid alla situazione bolognese venivano poi avanzati da Francesco Arcangeli (in Il tempio ... , cit., 1967, pp. xoa e 103; in Pittura bolognese del Trecento, Bologna 1978, pp. 37 e 38). In un ambito culturale nel quale non è possibile definire netti profili cittadini si tengano presenti anche le osservazioni di R. Varese sui maestri di Sant'Antonio in Polesine a Ferrara (Trecento ferrarese, Ferrara 1976).
Tra le opere utili a ricostruire il circuito culturale della pittura bolognese in scala mafgiore mi sembra che si debba considerare anche la piccola Madonna ' del museo di San Francesco a Montefalco (C. VOLPE, op. cit., 1965, p. go; S. NESSI, Una tavoletta giottesca nella chiesa di San Fra.ncesco a Montefalco, in Commentari, xg6g, pp. 157-161, con una datazione nel decennio a cavallo del 1330.
10) La bottega di modello giottesco, quale emerge dal profilo complessivo tracciato nel Giotto e la sua bottega di GioVANNI PREVITALI (Milano 1967) richiedeva appositi locali, dato il formato dei principali manufatti e l'uso e quantità dei materiali da mettere in opera; come era inevitabile per gli affreschi, spesso si dava la necessità di eseguire il lavoro in loco. I materiali e l'ingombro necessari per la miniatura dei fascicoli di un codice sono facilmente confrontabili, nelle nostre esperienze correnti, se non all'acquerello, alla tempera su carta.
Il miniatore bolognese poteva perciò lavorare presso gli stazionari, a casa propria, o (caso che sembra del tutto ec-
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cezionale nell'arco di tempo preso i n esame) poteva essere un pittore che eseguiva i l lavoro in una bottega attre.zzata per dipinti di grande formato. È facile dedurre le circostanze di collaborazione familiare tipiche del lavoro a domicilio, suggerite anche dalla presenza di donne tra i calligrafi che trascrivevano le pecie. L'organizzazione della supervisione da parte del maestro ed una sua imprenditorialità di tipo giottesco sembrano riscontrabili con l' 11 Illustratore", dopo il 1335·
u) Sul Decretum Gratiani vaticano latino I375 cfr.: M. DvoRAK, Bizantinischer Einfluss auf der italienische Miniaturmalerei des Trecento (1900), in Gesammelte aufsatze zur Kunstgeschichte, Miinchen I929, P· 5li A. VENTURI, Storia dell'arte italiana, V, Milano 1907, p. 1005; A. ERBACH VON FORSTENAU, La miniatura bolognese del Trecento, in L'Arte, 19II, p. 3; P. ToEsCA, dt., 1927, p. I091; M. SALMI, cit •. 1932, pp. 282 e 283 e nota 34 p. 282; PAGNIN, cit., 1933- 34, n. 49i E. PrRANI, Aspetti della miniatura emiliana dalle origini a tutto il secolo XIV, in Accademie e biblioteche d'Italia, 1955, p . 252i M. SALMI, La miniatura italiana, Milano 1955, p. I7i A. ME!.NtKAS, The Corpus of the Miniatures in the Manuscripts of Decretum Gratiani (Studia Gratiana, XVI- XVIII), Città del Vaticano I975·
Le miniature istoriate rresentano sei situazioni stilisticamente individuabili: I) i miniatore della Bibbia latina I8 della Bibliothèque Nationale: cc. 273 v. (fig. r}, 285, 322; a cc. 1, 82 v., I27 collabora col secondo maestro. 2) Cc. I77, 181 v., 205 v., 213 (fig. 2), 249, 256, 263, 267, 282, 321. 3) Un miniatore scadente che sembra sorretto dai disegni del primo maestro: cc. II9, I34 v., 143 (fig. 3), 170. 4) Un miniatore presente nella Bibbia M.436 della Pierpont Morgan Library, molto vicino al secondo: cc. 131 v., 140, r6o, 197 v., 200 v., 201 v., 204, 271 v., 313 v., 314 v. 5) Un miniatore più differenziato rispetto a questo gruppo che si riconosce facilmente per i camati verdi: cc. 145 v., 174, 234 v., 245 v. 6) Un miniatore scadentissimo presente a cc. 149 e I94· Le miniature di carte I03 e 268 v. sono forse di un a.ltro e diverso miniatore che a c. 268 v. collaborerebbe però col sesto maestro.
Jacopino da Reggio dovrebbe pertanto essere il maestro della Bibbia di Parigi, che esegue da solo le miniature che nei codici di Graziano sono sempre decorate con maggior ricchezza; si potrebbe anche supporre che egli sia il secondo miniatore che per le figurazioni di maggior prestigio si fa aiutare da un grande maestro esterno al suo scrittoio. Preferendo la prima alternativa mi riferisco sempre al maestro della Bibbia latina 18 come a Jacopino da Reggio.
12) Sulla glossa di Accursio al Digesto vaticana latina 1409 cfr.: L. CrAcCIO, Appunti intorno alla miniatura bolognese del secolo XIV, in L'Arte, 1907, p. 105; VENTURl, cit., 1907, p. IOII i ERBACH VON FORSTENAU, cit., 19II1 p. 10i E . CASSEE, ' Pseudo Niccolò' and the Cod. Cap. 63 B in the Biblioteca Vaticana in Rome, in Mededelingen van het Nederlands Historische Instituut te Rome, 1977, p. 133i A. CoNTI, in ARCANGELI, Pittura bolognese del Trecento, Bologna 1978, p. 87.
Le miniature completamente eseguite dall' 11 Illustratore" e dai suoi collaboratori di bottega si trovano in apertura dei capitoli a cc. r, 3, 151, 183i si riconosce l'intervento del rruniatore del Graziano di Parigi a cc. 93, 124 v., I39, 162 v. (fig. xo), 298 v., 308 v., 321; completamente sue sembrano le miniature a cc. 19 (fig. II), 42, 65, II5, I73 v., 203, 2I6, 224 v., 232 v., 239 v., 252 v., 263, 277· 285 v.
Un'ampia illustrazione del Graziano Nouv. Acq. lat. 2508 si trova nelle tavole del Melnikas (op. cit., 197_?)· Sul messale B 63 dell'archivio capitolare di San Pietro \?a cui parti la Ciaccio per ricostruire lo " Pseudo Niccolò ') cfr. adesso la Cassee, op.cit., P.P· 129-141· Va però sottolineato che l'" Illustratore" non VI compare mai di persona e che i tratti più soste.nuti sembrano rivelare l'intervento non suo ma del " Maestro degli statuti dei drappieri del1346" (cfr. CONTI in ARcANGELI, op. ci t., 1978, pp. 92-94), miniatore che, se non ne ereditò la bottega vi ebbe un ruolo predominante negli ultimi anni, dopo le Costituzioni di Clemente V di Padova del 1343·
13) Cfr.: G. DALLI R EGOLI, Miniatura pisana del Trecento, Venezia 1963. Quali esempi utili all'i.ndividua~ione dei tre
maestri a cui accenno cfr. tavv. 136 e 137 (corale E, cc. 219 e 185) che mostrano il "Maestro dello Strozzi 11 " ; tavv. 126 e 132 (corale D, c. 177 e B, c. I09) più martiniane, a questo maestro sembrano riferibili anche ' L'uscita dall'Arca ' e ' Giuseppe che giunge dai fratelli ' a cc. 45 e 220 del corale D; tav. r38 (corale B, c. 148), vicina alla ' Crocefissione ' di Camposanto. Sul carattere martiniana di Francesco Traini cfr. L. BELLOSI, Buffalmacco e il Trionfo della Morte, Torino 1974, pp. 14-16.
14) L'argomento è stato oggetto di una comunicazione di Francesca d' Arcais al Congresso di Storia della Miniatura tenuto a Cortona nel 1978, i cui atti sono in corso di pubblicazione.
15) Una campionatura di miniature è riprodotta dal MELNIKAS, op. cit., I975· I miniatori identificabili nelle storie sono: 1) un maestro di gusto romanico presente a cc. I, 73, 2II v., 221, 224 (?), 241, 244, 245 v., 280, 281 v., 284, 285 v. 2) un miniatore presente anche nel cod. Plut. I sin. ro della Laurenziana, con varianti che possono suggerire stretti collaboratori, nelle miniature figurate da c. 91 a I43 (fig. 12) e da 163 a 185 v. 3) cc. I56, I59, 192 (?), 224, a carta 152 sembra ritoccare il secondo miniatore. 4) cc. 230, 253, 255, a carta 224 sembra collaborare col primo miniatore, a 237 e 240 col secondo.
16> Sulla Bibbia latina 430 della Biblioteca Estense cfr.: VENTURI, op. cit., 1907, nota 2, p. IOI4i SALl.TI, op. cit., 1932, p. 284i D. FAVA-M. SALMI, l manoscritti miniati della Biblioteca Estense, I, Firenze 1950, pp. 18 e 19. La presenza di mani diverse nella figurazione e nel fregio appare chiara in particolare a c. 28 v.
17> Sul Decretum Gratiani vaticano latino 1366 cfr.: CIACcw, op. cit., I9071 pp. I05 e IlO i VENTURI, Op.cit., p. IOII i ERBACR voN FtiRSTENAU, op. cit., 19II, pp. roe II i SALMI, op.cit., 1955, p. 19; MELNIKAS, op.cit., I975,i F. o'ARCAIS, L' '' Illustratore" tra Bologna e Padova, in Arte Veneta, 1977, pp. 34-36; CASSEE, op. cit., I977• nota 17, p. 139; CoNTI in ARCANGELI, op. cit., 1978, p. 87.
I miniatori delle miniature istoriate all'inizio delle cause sono identificabili con il " Maestro del 1328 " presente solamente a c. I; con l'" Illustratore" e la sua bottega [cc. 76, 97, 125, 127 v., I35 v., 177, 198, 277 (fig. 14)], si può osservare che a carta 125 anche le teste nelle capitali appartengono almeno alla sua bottega, come la lettera di incipit a 1~5 v., diversa dalle altre capitali del foglio. È poi presente il miniatore del Graziano Nouv. Acq. lat. 2508 di Parigi a cc. 138 v., I4I v., 144 v., 154 v. e nella capitale che la fronteggia a c. 155· A carta 114 v., diversamente da quanto avevo proposto, credo che si debba riconoscere un miniatore eclettico (forse non impiegato usualmente in miniature che andassero al di là delle teste o mezze figure io una capitale) presente nel graduale 26 di San Domenico a Bologna {cc. 25 v., 28 v., 37, 73 v., 8I v.). Una figurazione di qualità scadentissima compare poi a c. 130 v., mentre in varie cause è rimasto io bianco lo spazio destinato alla storia che le avrebbe illustrate, ma vi sono eseguite le capitali con mezze figure dovute alla solita mano. Si può interpretare la situazione come dovuta aUa necessità del committente di ritirare comunque il codice al momento di lasciare lo studio di Bologna.
18) Il suo facsimile è pubblicato da L. DoREZ, La canzone delle virtù e delle scienze di Bartolomeo de' Bartoli da Bologna, Bergamo 1904.
19) Le teste e mezze figure ne!Je capitali inserite alla divisione dei paragrafi rivelano abitualmente il miniatore del Graziano di Parigi; un miniatore probabilmente specializzato in questo genere di decoraziom, molto vicino al "Maestro del 1328 ", compare nel fascicolo che inizia con c. 143, od a cc. I88 e 298. L'" Illustratore " e la sua bottega compaiono nelle capitali cosi figurate nelle carte con le sue storie od in quelle che formano lo stesso foglio con esse, come c. 12 che è dello stesso foglio di c. 3, c. 131 che va insieme a c. 124; 136 e I39, etc.
::~~o) Sulle Decretali vaticane latine 1389 cfr.: J. B. SEROUX o' AG1NCOURT, Histoire de l'art par l es monuments ... , Paris r8n-zo, III, tav. 75i CtACCIO, op.cit., 1907, p. I05i VENTURI,
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48 e 49 - FIREN~E1 BIBL10'J'ECA MEDlCEA LAURENZIANA MINIATORE DELLO STROZZI 11: SAN LUCA, SAN MATTEO,
MSS. CONV. SOPPR. 564 (C, ~ V.) E 57~ (C. 3 V.)
op.cit., p. tou; ERBACR VON FtiRSTBNAU, op.cit., I9II, p. 8; SALMJ, op. cic., 1975, p. 304; R. LONCHr, La pittura • padana • del Trecento (corso universitario, 1934-35), in Opere complete, VI, Firenze 1973, p. 25; SALMI, op.cit., 1955, p. 15; MELNIKAS, op. cit., 1975, app. rav. ~3; CASSEE, op. cit., 1977, p. 133; CONTI in ARCANGELI, op. cit., 1978, p. 86.
21) I miniatori più arcaici, nel graduale 45 l , nell'antifonario 36 F, non mostrano ancora segno dei riflessi cimabueschi introdotti da Vigoroso da Siena ed, in forma più moderna, da Duccio; il termine stilistico più moderno è quello offerto dalla presenza di Memmo di Filippuccio.
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Un primo richiamo ad alcune delle principali figure presenti in questi corali si incontra nel TOESCA (op. cit. 1927, pp. 1093- 94; Il Trecento, Torino 1951, p. 8r2), un ulteriore accenno alle figure più moderne che vi sono presenti viene dato da G. PREVITALl, Miniature di Memmo di Filippuccio, in Paragone, n. 169, 1964, p. 7·
Nuoce allo stesso diballito critico la continua variazione di segnaiUra a cui sono stati sottoposti i corali; vi accenno secondo la numerazione data nella recente campagna fotografica di Alinari. Su alcuni dei maestri che vi sono presenti cfr. note 53-55·
:u) Cfr.: P. M. BRANCHESI e V. SCASSELLATI SFORZOLINI, in L'organo di Santa Maria dei Servi in Bologna, Bologna 1967, pp. 100 e ss. e 123, 124. Il principale miniatore duecentesco (ivi, tavv. 13, 16 a e c) è identificabile col " Maestro della Bibbia di Gerona " ad un momento avanzato della sua attività.
23) Il messale edile 107 della Laurenziana è collazionato dal D'ANcONA (La miniatura fiorentina, Firenze T9I 4, Il, pp. 8o-84). Per la divisione fra vari miniatori si veda quanto ho osservato negli Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, 1971, p. 618. Il problema della divisione del lavoro nei corali provenienti dalia Badia a Settimo, oggi in Santa Croce in Gerusalemme a Roma, è messo a fuoco (con datazione corretta) da Carlo Berte Ili (Un corale della Badia a Settimo scricco nel 1315, in Paragone, n. 249, 1970, pp. 14-30).
A conferma del nesso culturale che, entro il 1320, vede accanto il " Miniatore daddesco" ed il " Maestro del codice di San Giorgio ", si consideri il saggio di affinità con i loro risultati che il " Maestro dello Strozzi II " dà nei volumi del commento ai Vangeli di San Tommaso d'Aqu.ino Conv. soppr. 564, 566, 568, 572 della Laurenziana, provenienti da Santa Maria Novella (figg. 48 e 49).
24) U codice rientra in una fase non avanzata del " primo stile, che è orientabile verso il I27D-75· I tre miniatori .. professionisti, si incontrano a carta 3 (fig. rs) (il buon maestro che ad una data più inoltrata si riconosce a carta r e, forse, 26o v., del Decretum Gratiani fiesolano 120 della L aurenziana: fig. x6; MllmKAS, op. cil. , 1975, tav. 33, p. 79); a cc. 79 (fig. r8), 212, 213, 236, 318; a cc. 144, 214 (fig. 19), 318, 319, 320 e 321. Quest'ultimo è un vivace narratore, che si riconosce faci lmente per l'abitudine di ammorbidire i tratti delle figure con ombre leggere, individuabile in parte del Graziano vaticano latino 1371 {cfr. nota 15); con una scansione più monumentale, su~gerita dal riquadro di storia sacra, si individua nelle figuraz1oni aggiunte a piena pagina nel diurno romanico Harley 2928 della British Library, a carte 15-16 v.; un suo saggio sembra anche la miniatura all'inizio della matricola della Società degli Spadai del 1285, codice miniato 3, dell'Archivio di Stato di Bologna.
2 51 Si ricordi che per San Tommaso il bello riguarda le qualità naturali di una cosa, non l'arte che è indirizzata solame.nte a scopi fun zionali: cfr.: M. ScHAPIRO, O n the Aestethic Attitude in Romanesque Art, in Art and Thought, scritti in onore di A. K. Coomoraswamy, London 1947, p. 148; P. O. KRrsTELLER, 11 sistema modemo delle arti, ed. Firenze 1977, pp. 9 e ro. La richiesta di qualità stilistiche in testi giuridici (pertanto tendenzialmente conservatori) come i contratti non compare prima del XV secolo (CONTI, op. cit., 1979, pp. 141 e 142).
:a6) Decamerone, VI, V. 27\ Cfr.: ToESCA, op.cit., 1927, nota 30, p. ro30i C. Bozzo
DllFOUR, in La pittura a Genova e in Liguria dagli inizi al Cinquecento, Genova 1970, pp. 28-35. Per il Giudizio Finale è estremamente suggestivo il nome del pittore greco Marco, ricordato a Genova nel 1315 (V. LAZAREV, Storia della pittura bizantina, Torino 1967, p. 322).
:aB) Per la difficoltà di individuare tratti di carattere occidentale nella miniatura del regno di Gerusalemme dr. il corpus di U. H. BucHTHAL, Miniature Painting in che Latin Kingdom of ferusalem, Oxford 1957·
29) BERTELL!1 op. cit., 1970, pp. 21 e 22; C. VOLPE, Frammenti di Lippo di Benivieni, in Paragone, n. 267, 1972, pp. 3-13.
3°) LAZAREV, op. ci t., 1967, pp. 2 r e 22. Si tenga invece presente quanto delinea il Lazarev stesso per i maestri costantinopolitani che lavoravano fuori della capitale (Costantinopoli
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e le scuole na:ionali alla luce di nuove scoperte, in Arte veneta, 1959-60, pp. 7-24) per capire come dalla presenza di una grossa équipe si potevano distaccare i maestri locali che irtizialmente vi avevano collaborato. Questo vale per l'organizzazione del lavoro e le condizioni della richiesta al di là del1o stile più o meno bizantino e della tecnica dei maestri. Dipende poi dal raggio di azione di una bottega il fatto di essere limitati o meno al mercato locale (come Guido a Siena) o di allargarsi, almeno occasionalmente, ad altri centri, dove i collaboratori del posto potevano poi divenire maestri autonomi legati al proprio stile. Dalla maggiore o minore vivacità del mercato cittadino e dalla richiesta più o meno orientata dei committenti diviene possibile l'unità di discorso che permette di definire come scuola la produzione di una serie di botteghe locali.
3tl N. 313, sulla sua vicenda si veda la scheda di P. ToRRITI, in La Pinacoteca Nazionale di Siena. I dipinti dal XIV al XV secolo, Genova 1977, p. 39·
321 M. BosKOVITs, Pittura umbra e marchigiana fra Medioevo e Rinascimento, Firenze 1973, nota 83, p. 37i cfr. quanto ho obbiettare in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, 1974, pp. r 797-98.
33) La rottura di uno schema rigido che divideva la pittura del XIII secolo in scuole cittadine (anziché prendendo coscienza di centri di elaborazione stilistica diversamente caratterizzati) risale, ovviamente, al Giudizio sul Duecento di Roberto Longhi, alla sua individuazione del centro propulsore della cultura figurativa non tanto in una determinata città (secondo l'uso vasariano e la tradizione degli eruditi sei e settecenteschi), ma nel punto d'incontro rappresentato dal cantiere di Assisi. In questo senso l'importanza del saggio veniva subito sottolineata da Gianfranco Contini (Sul metodo di Roberto Longhi, in Beljagor, n. 2, 1949, in Altri esercizi, Torino 1977, pp. ror-uo), assai meno veniva compresa dagli storici dell'arte che non provertissero dalla sua stessa scuola.
A proposito del 11 Maestro di Figline" già Alberto G raziani aveva portato avanti il problema dello sganciamento de l.le scuole cittadine legando la sua penetrante analisi figurativa ad uno svolgimento del problema improntato ad una crociana ricerca di libertà (Proporzioni, 1943, pp. 6g e 70 i il passo è stato recentemente richiamato dal Volpe, in Paragone, n. 277, 1973, pp. 5 e 6). Inserendosi in un dialogo storiografico che va al di là dell'ambito delle arti figurative, sulla base dell'apertura longhiana si collocano cosi i lavori del Previtali sulla bottega, e non più su Giotto come singolo artista (op. cit., 1967), del Bologna sulle presenze di artisLi richiamate a Napoli dalla corte angioina (op. cit., 1969). È in quest'ambito di problemi (e nella prospettiva delineata da E. CASTELNUOVO e C. GINZBURG nel saggio dedicato a Centro e periferia, in Storia dell'arte ital iana, I, Einaudi, T orino 1979, pp. 285-352) che andranno riconfrontate le indagini svolte da P. P. Donati su Arezzo, dove una scuola che \'repara la comparsa di Spinello Aretino emerge con i su01 scarti di generazione (Paragone, n. 215, 1968, pp. 22-39i n. 221, 1968, pp. xo-21), o su Pistoia, dove non mi sembra che si verifichi il passaggio da sede di botteghe a centro di una scuola con caratteri, pur limitatamente, propri (cfr.: A. CONTI, Appunti pistoiesi, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, 1971, pp. 109-I24; P. P. DoNATI, Il punto su Manfredino d'Alberto, in Bollettino d' Arle, 1972, pp. 144-53; P. P. DONATI, Per la pittura pistoiese del Trecento, in Paragone, n. 295, 1974, pp. 3-26; n. 321, 1976, pp. 3-15)·
34) Per Pisa si vedano gli esempi raccolti dalla Dalli Regoli (op.cit., 1963); un p rimo orientamento su codici che ven ivano figurati a Perugia si trae dallo stesso Toesca (op. cit., 1951, pp. 8r8- 2x).
35) Si consideri la fitta attività che risulta per i copisti deJia Bibbia latina 22 di Parigi Cardinale e Ruggero di Paganella da Forli tra il 1267 ed il 1269 quale si rintraccia dal Filippini-Zucchini (op. cit., 1947) o, meglio, dal Chartularium studii bononiensis (VII, 1923; VIII, 1927; X, 1936; XI, 1937).
~l Tenendo presente il contesto generale dei codici bolognesi che ho esaminato, si può osservare che questo genere
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50- SIENA, BIBLIOTECA DEGLI lNTRONATl MINIATOR.E DEL GRAZIANO XII. A. I DI NAPOLI:
QUESTIONE SULL'ORDINAZIONE DEl CffiERICJ1 MS. K.1.3, C. 245 V.
di decorazioni non sembra aver rappresentato un lavoro particolarmente impegnativo per i mlniatorì fino alla metà del Trecento: quas1 sempre la rete cronologica che ne emerge risulta un po' ritardata rispetto agli episodi più importanti della miniatura bolognese, o l'esecuzione appare chiaramente affrettata come è nella Matricola dei merciai (Ms. 633 del Museo Civico) da cui si può trarre un nome per il "Maestro del 1328 "'. D iversa è invece la situazione che vede questi testi decorati da Niccolò di Giacomo, o da un miniatore del respiro del maestro degli Statuti dell'Arte della Seta del 1372 (Archivio di Stato, Bologna, cod. min. 14), su cui cfr. quanto osservo in ARCANGELI, op. cit., 1978, p. 182.
371 Si noti tuttavia che le carte 321 e 322 sono figurate da un miniatore bolognese piuttosto andante, del genere di quelli presenti nella Bibbia latina 430 di Modena. Come opera mteramente eseguita da Jacopino da Reggio si può ncordare la Bibbia dome11icana Additional Ms. 18720 della British Library (fig. 21), l'Aristotele latino 6297 della Bibliothèque Nationale (fig. 22).
38J Sulla Bibbia del Museo Civico di Torino (mutila di molte miniature) cfr.: T O.ESCA, op. cic., 1927, nota 14, p. 1092; G. CASTELFRANco, Contributi alla storia della miniatura bolognese del '200, in Bologna -Rivista mensile del comune, luglio 1935, pp. 17 e 18 e nota 14.
La Summa di Raimondo Pertnafort latina 3253 di Parigi è segnalata nel citato catalogo dei manoscritti latini (IV, 1958); è probabilmente opera del maestro che, sempre da solo, esegue le figurazioni ricchissime della famosa Bibbia vaticana latina 20.
39) Le p rincipali miniature del codice appartengono a maestri che lavorano 11egli stili più corsivi che si diffondono a Bologna dopo Jacopino da Reggio e che già si intravedono nei suoi collaboratori del Graziano vaticano latino 1375· Esempi delle figurine intercalate al testo del "Maestro della Bibbia di Gerona" si incontrano a cc. 12, 14, 15 v., 16, 17 v., 20, 20 v. etc., alternandosi ad altre più vicine alle figurazioni all'inizio dei libri.
4o) Sulle Decretali Vat. lat. 1390 cfr.: VENTURI, op. cit ., 1907, nota 2, p. IOI4i MELNIXAS, op. cit., 1975, I, P· 78;
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51 - FTRENZE, BIBUOTECA 1UCCARD1ANA- MINIATORE BOLOGNESE CA. 1320: BATTAGLIA NAVALE, MS. 1538, C. 24
i due alberi della • Consanguineità' e dell' • Affinità ' (cc. 2tl v. e 212) si trovano su fogli aggiunti ai fascicoli del cod ice.
Sulle Decretali Palatine latine 629 cfr.: DvoRAK, op. cit., 1900, nota 1, p. 51; VENTURI, Storia, op.cit., II, Milano 1902, pp. 488-92; III, Milano 1904, p. 474; V, Milano 1907, p. 1006; ERBACH VON FtlRSTENAU, Op. cit., 19II, pp. 3, 4• IO, 11 i ToESCA, op. ci t., 1927, nota 14, p. 1092; SALMJ, op. cit., 1932, p. 284. Le due tavole a cui accenno si trovano a ce-260 v. e 261. Il Venturi ha avvicinato il codice al Graziano vaticano latino 1375, lo Erbach alla Bibbia latina 18 di Parigi.
41) Il codice è analizzato, con appropriati richiami iconografici da M. ScuDIERI, in Commentari, 1976, pp. 29o-3or.
.P) Per il 11 Miniatore Svevo, cfr. quanto ho notato negli Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, 1972, p. 1052. Affascina la possibilità di un'identificazione con il Benedetto detto Socrate figlio di Aristotele del Regno citato (solamente come scriptor) nel 1284: cfr. FILIPPINI-Z"UCCHtNl, op. cit., 1947·
Il 11 Maestro della prima decade , del manoscritto latino 5690 della Bibliothèque Nationale appartenuto al Petrarca (D itti Cretese, Floro, Livio) è stato oggetto di conclusioni diverse per la cronologia del codice da parte di F. Bologna e di G. Billanovich. Figurativamente è però impossibile divergere da quanto ha messo a fuoco il Bologna; si veda i l suo riassunto della questione in Il Tito Livio n. 5690 della Biblioteca Nazionale di Parigi, in Gli Angioini di Napoli e di Ungheria (atti del colloquio dell'Accademia Nazionale dei L incei, 1972), Roma 1974, pp. 41-n9.
43) La scuola di miniatura che si individua attorno all'evangelario della Biblioteca Capitolare sottoscritto nel 1259 da Giovanni da Gaibana sembra avere un carattere legato allo scrittoio di una cattedrale piuttosto che ad una situaz.ione caratterizzata dalla produzione di testi universitari; sul gruppo cfr.: I. HANSEL, Die Min iaturmalerei einer paduaner Schule im Ducento, in jahrbuch der Oesterreichischen Byzantinischen
Gesellschaft, 1952, pp. 105-148. Le esperienze figurative a cui meglio si collega questa miniatura si colgono bene dagli esempi presentati in C. BELLINA TI-S. BETTINl, L'epistolario miniato di Giovanni da Gaibana, Vicenza 1978. Il canzoniere provenzale M.819 della Pierpont M organ Library (M. HARRSEN-G. K. Boves, Jtalian M anuscripts in che Pierpont Morgan Library, New York 1953, n. 14) sembra indicare con parallelismi con la miniatura dell'Italia Sveva, quale sia anche la miniatura profana che meglio si inserisce in questo contesto.
La presenza di scrittori e miniatori bolognesi porta invece ad accentuare l'equivoco con Bologna da parte di B. PACNlN (Della miniatura padovana dalle origini al principio del secolo XIV, in La bibliofilia, 1933, pp. 1- 21) e, con la debita prudenza, nelle schede curate da F. o' ARCATS in l codici e manoscritti della Biblioteca Antoniana, Vicenza 1975.
44) Per il più recente referto da cui risalire alla bibliografia sui corali della Biblioteca Capitolare di Padova cfr.: Da Giotto al Mantegna, catalogo della mostra, Padova 1974, n. 99· Va sottolineato che la loro datazione aJ 1306 implica una cronologia molto alta per molte delle esperienze p iù giottesche della miniatura bolognese. L 'autore delle miniature torna infatti nel Roman de T roie cod. 2571 della Biblioteca N azionale di Vienna, in parte del manoscritto volgare 1538 della Biblioteca Riccardiana (fig. 51) di Firenze e neJ Graziano di Siena.
45) Sul Decretum Gratiani ms. K.I.3 della Biblioteca degli lntronati di Siena cfr.: VENTURI, op.cit., 1907, p. xoo8; R. VAN MARLE, The Development of the Italian Schools of Painting, IV, The Hague 1924, p . 441; SALMI, op. cit., 1932, p. 304 e n. Ii PACNIN, op. cit., 1933, pp. 17 e 18; TOESCA, op.cit., 1951, p. 836; Mostra di manoscritti e incunabuli del Decretum Gratiani, Bologna 1952, n. 7; G. Muzzwu, catalogo della Mostra storica nazionale della miniatura, Roma 1954, n. 196; MELN!KAS, Op. cit., 1975 i CONTI in ARCANGELI, op. cit., 1978, p. 87. La pagina miziale del codice ha goduto di una
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buona diffusione essendo stata fotografata da Brogi in occasione della Mostra dell'arte antica senese del 1904.
Accanto al miniatore di Padova il Graziano di Siena presenta (vedi c. 121) quello del ms. Nouv. Acq. Lat. 2508 dii Parigi ed un maestro che (cfr. c. 245 v. [fig. so] o 291) identificherei con l'autore delle miniature del Graziano XII. A. 1 della Biblioteca Nazionale di Napoli.
46) Cfr.: F. n'ARCAIS, in I codici, cit., 1975, p. 724. 47) S. ORLANDI, I libri corali di S. Maria Novella con mi
niature dei secoli XIII e XIV, in Memorie domenicane, 1965, pp. 194-97; A. GARZELLI, Miniature fiorentine del D ugento, in Arte illustrata, 1974, p. 341; M. DEGL'iNNOCENTI GAMBUTI, I codici miniati medievali della biblioteca comunale dell'Accademia Etrusca di Cortona, Firenze 1977, pp. 37, 39-43·
48) Al bilancio sul codice Conv. Soppr. 233 della Laurenziana che ho tentato nel 1971 (cit. , p. 120 e nota 2) sono da aggiungere le osservazioni di FERDINANDO BOLOGNA, op. cit., 1969, p. uo, nota 65.
49) Sull'evangelario di Santa Maria Nuova Il.I.r67 della Biblioteca Nazionale di Firenze cfr.: D 'ANCONA, op.cit., 1914, Il, p. 25; M. SALMI, La miniatura fiorentina gotica, Roma 1954, pp. 3, 32; GARZBLLI, Op. cit., 1974, P· 339·
La tavola di Montefioralle è stata data da E. B. GARRISON al " Maestro di Bagnano " (A new Fiorentine Madonna -The Bagnano Master, in The Burlington Magazine, 1947, pp. 151 e 152); precedentemente cfr. la vicenda ripercorsa nella scheda di G. SINIBALDI e G. BRUNETTI (Pittura italiana del Duecento e Trecento, Firenze 1943, n. 74); la distinzione di questo pittore da Meliore toscano, al quale però non dà la tavola di Montefioralle, viene respinta dal LoNGHI nel Giudizio sul Duecento (ed. 1974, p. 40), seguito da C. L. RAGGH!ANTI (Pittura del Dugenta a Firenze, Firenze 1957,
P· 1J00
L). fi ' . d ll V ' B . F . . d' S B so e guraz1001 e a Ila eatz ranczscz 1 an cna-ventura (Plut. XXXI sin. 5) consistono in dieci lettere con fogliami, nella A iniziale con la danneggiata mezza figura del santo, nella V a carta 67 con ' Santa Chiara '.
51) Cfr.: nota 23. Si noterà che a Bologna, con accento diverso e maggior caratterizzazione come decorazione libraria, questo processo che indica chiaramente nella pittura l'arte guida a cui guardano i miniatori avviene definitivamente con Niccolò di Giacomo.
s~) Cfr.: Plut. V d ex. 5; VI d ex. 6; XI d ex. 5; XXII dex. 6; XXVIII dex. 2 e 5i XXIX dex. 6; XXX dex .. 10; Plut. l sin. 8; XII sin. 7i XIII sin. 5; XIV sin. r. La Biblia cum glossis Petri Lombardi appartenuta a Fra' Enrico dei Cerchi e di origine bolognese completa la serie dei propri volumi con Plut. III dex. 3 dell'inizio del XIII secolo e IO con miniature luigiane. Per la Biblioteca di Santa Croce cfr.: C. T. DAvrs, The Early Collection of Books of Santa Croce in Florence, in Proceedings of the American Philosophical Society, ottobre 1963, pp. 399-414.
53) Cfr.: nota 21. Il miniatore del graduale 45 I è presente anche a carta 47 dell'antifonario 33- 5· Il maestro dell'antifonario 36 F è presente in apertura dell'antifonario 33-5 (riprodotta dal Toesca, op. cit., 1927, come corale 25), a cc. 3 v. e 52 v. del corale 34 D, a carta 61 del graduale 46- 2, dove ha ormai accanto Memmo di Filippuccio.
54) La suggestione di una tipologia tratta da Nicola Pisano mi sembra trasparire nel miniatore della 1 Naùvità' famosa dell'antifonario 33-5 (riprodotta dal Toesca, op. cit., 1927 come corale 25, dal Previtali, op. cit., 1964, come corale 23), specialmente nel 1 San Giovanni' a carta 156 v. dello stesso antifonario (fig. 41).
Un'interpretazione in chiave del tutto duecentesca dei ritmi spezzati di Giovanni Pisano mi sembra individuabile nella 1 Annunciazione' a c. 240 v. dell'antifonario 35 E (fig. 42) dell'autore delle figurazioni a cc. 36, 64 v. ed 86 v. dell'antifonario 37 G.
Il maestro a cul alludo come vicino alla tavola di Mosciano (per la quale è stato avanzato un collegamento a Vigoroso da Siena, cfr. quanto ho osservato nel 1971, op.cit., nota 21 pp. I 15-16) è presente nell'antifonario 33-5 (carta 214 v., riprodotta dal Previtali, op. cit., 1964, come corale 780), a carte 165 v. e 208 v. del 35 E, a c. 216 v. del 34 D.
55J Cfr.: PREVITALI, op.cit., 1964, Memmo di Filippuccio compare nell'antifonario 46-2 (cc. 6, 100 v., 109 v.), accanto al miniatore del 36 F.
s61 Sui corali di Arezzo cfr.: ToESCA, op.cit., 1927, nota rs, p. I093· In attesa della loro pubblicazione da parte di Roberta Passalacqua, se ne veda l'esemplificazione riprodotta dalla Degl'Innocenti (op. cit. , 1977, {>P· 33-47), la quale sottolinea opportunamente la presenza dt uno studio ad Arezzo per la diffusione di miniature legate allo sùle bolognese.
In questo contesto si inserisce il problema di Ristoro, singolare esempio di letterato che si dedica sia alle arti liberali che meccaniche; sulla scoperta della sua firma nella tavola di Santa Maria delle Vertighe a Monte San Savino cfr.: A. M. MAETZKE, Nuove ricerche su Margarita d'Arezzo, in Bollettino d'Arte, 1973, pp. 95-II2i Arte nell'Aretino, catalogo della mostra, Arezzo 1974, n. 3· Sulla vicenda della tavoletta del Wellesley College (GARRISON, op. cit., 1949, n. 342) cfr.: C. H. SHELL-J. Mc. ANDREW, Catalogue of European and American Sculpture and Painting at Wellesley College, Wellesley 1964, pp. 64-67 i per i suoi rapporti con la tavola di Monte San Savino e con la miniatura bolognese, cfr. quanto ho osservato negli Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, 1974, p. 1799·
n) Del codice Tucci Tognetti si vedano le riproduzioni della D ALLI REGOLI (op. cit., 1963, tavv. I e 2) i sul graduale 2691 di Lucca cfr.: M. PAOLI, I corali della biblioteca statale di Lucca, Firenze 1977, pp. 17-22, 119-122. Il codice Banco Rari 217 di Firenze è citato tra le derivazioni del primo stile della miniatura bolognese a Sud degli Appennini dal Toesca (op. cit., 1927, p. 1094), con implicita data:~;ione entro il XIII secolo. Assolutamente da rifiutare la data attorno al 1300 suggerita da V. MoLBTA (The Illuminated " Canzoniere , , Ms. Banco Rari 217, in La Bibliofilia, 1976, pp. 1-36) e da confermare quanto è stato osservato per la datazione del testo (recentemente, cfr.: G. CoNTINI, in Poeti del Duecento, II, Milano-Napoli 1960, p. 799i G. FoLENA, Cultura poetica dei primi fiorentini, in Giornale storico della letteratura italiana, 1970, p. 8); è da sottolineare il carattere duecentesco dei costumi che collima con un'esecuzione verso il 1280, come è suggerito dal testo. Per chi abbia un po' di pratica di figurazione profana, che cosa è poi più duecentesco delle grandi storie a carta I e 52 v. del manoscritto fiorentino'?
sBl Cfr. il buon bilancio del Paoli (op. cit., 1977, pp. 7-15, 54-58, 7o-73), va però osservato che la A con ' Le Marie al Sepolcro ' (2648, p. 4) è di mano diversa, più colta ed affine alle migliori pitture in scala monumentale, delle altre miniature che riproduce.
59) Sul' Miniatore di Sant'Alessio in Bigiano' cfr.: CONTI, op. cit., I97I 1 pp. 121-24i GARZELLI, op. cit., I974i PAOL1, op. ci t., 1977; G. MARIANI CANOVA, Miniatura dell'Italia settentrionale nella Fondazione Giorgio Cini, Venezia 1978, p. 77· Senza collegarla ad altre opere la sua personalità era stata individuata nei corali di Santa Maria Novella dall'Orlandi, (op. cit., 1965, p. 198). Va sottolineato che se la provenienza delle opere ne individua come centro di attività la Toscana, il suo stile giustificava pienamente l'inserimento di sue opere dell'Italia settentrionale, occasionalmente suggerito dal Toesca. Una conoscenza più diramata della prima fase della miniatura bolognese mi fa adesso concordare col Paoli nel riconoscimento in un momento più tardo dei corali del Museo Diocesano di Pistoia, di quello del Museo Civico della stessa città, e delle opere riunite dalla Garzelli.
Oltre alle miniature che si rintracciano attraverso la bibliografia (Firenze, Pistoia, Grosseto, Prato, oltre a vari ritagli) ed al salterio 9 di Calci in Laurenziana, si possono attribuire alla sua bottega: la Bibbia francescana Rossiana 183 della Vaticana (cfr.: H. TIETZB, Beschreibendes Verzichnis der Illuminierte Handschrijten in Oesterreich, V, Leipzig 19II, n. 103); la Bibbia Reid Ms. 55 del Victotia an d Albert Museum di Londra; il corale presentato come lotto 85 alla vendita Sotheby deH'S-7-1974 (fotografie presso la Conwey Library del Courtauld lnstitute) (figg. 44 e 45); la miniatura con ' I sacramenti • nel codice Rfs. 1719 della Biblioteca Jagellonica di Cracovia (n. 14 ne catalogo dei
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52- ROMA, BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA - MINIATORE BOLOGNESE-UNGHERESE CA. 1340: QUATTRO STORIE
DJ SAN GEROLAMO, MS. VAT. LAT. 8541, C. 76
codici miniati di quel fondo di Z. Ameisenowa, WrocJawKrac6w 1958).
6ol D'ANCONA, op. ci t., 19 r 4, pp. 29-36. La Bibbia di Carnaidoli è molto vicina al corale 518 del Museo Civico di Bologna; il suo stile richiama anche la Bibbia Rossiana 255 della Vaticana (T lETZE, op. cit., 19n, n. 95): opere tipiche della " prima fase , che non è lecito allontanare da Bologna allo stato attuale delle nostre conoscenze sulla miniatura del Duecento.
6 t) Convinto assertore d el carattere cimabuesco (e pertanto fiorentino) del corale 525 del Museo Civico di Bologna è stato il Salmi (op. ci t ., 1954, pp. 4 e 5; per un quadro sulle opinioni espresse su questo e sul corale 526 e 527 che fa parte della stessa serie, cfr .: Muzz10u, op.cit., 1954, n. 298; gli va aggiunto T oESCA, op. cic., 1927, p. 1089 e p. 1092, nota 14).
Elementi bolognesi sono evidenti nei corali del Museo di San M arco a Firenze, cfr. , nonostante le diverse conclusioni, M. ScuDIERI, Due corali miniati dugenteschi del Museo di San M arco a Firenze, ìn Paragone, n . 343, 1978, pp. 67-72.
6:zl Sul manoscritto cfr.: T oEScA, op.cit., 1927, pp. I94ei95ì A. M . C tARANFT, Disegni e miniature ... , in Rivista del R. Istituto di Archeologia e Scoria dell'Arte, 1929, pp. 325-48; B. DEGENHART-A. S CHMITT, Corpus der italienischen Zeichnungen 1300- 1450, I, Berlin 1968, pp. 7-16; F. BoLOGNA, op. cit., 1969, p. 91; CoNTI, op. ci t., 1971, nota 1, pp. x r6-17. Anche i miniarori di cc. 34- 57 e 131-48 che mi erano parsi tipicamente bolognesi non rappresentano che un esempio di diffusione degli stili elaborati nella città emiliana. U gusto per i ritmi spezzati che caratterizza tutte le miniature del codice, salvo i famosi acquerelli (i l cui autore giunge pure ad effetti di grafica che possono ricordare lontani capolavori carolingi come il salterio di Utrecht), sembra onentare verso una scuola di impronta romanica alla cui ubicazione può dare un u tile punto di riferimento la destinazione genovese del
codice. Un'elaborazione artigianale di analoghi ritmi compositivi sembra potersi cogliere nel dossale di ubicazione ignota pubblicato nel 1947 dal Garrison come opera pisana (The Burlington Magazine, pp. 21 r-12).
C>3) F. BoLOGNA, op. cic., 1969, nota 83, p. u r; nota 193, p. 352; M. RoTILI, La minicrtura nella badia di Cava, Napoli 191,3, pp. 113-18.
4) La decorazione figurata del cod ice si limita agli incipit della prima e della seconda parte.
6$1 Cfr.: M. MErss, Italian Style in Catalonia, in The journal of che Walters Art Gallery, 1941, pp. 45-87; J. D OMINGUEZ BORDONA, Miniatura, in Ars Hispaniae, XVlll, Madrid 1962, _PP· 144-62; sul codice Vat. lat. 1455, vedi VENTURI, op. c1t., 1907, nota 2, p. 1014.
66) F. R. SHAPLEY, Paintings from the Samuel H. Kress Collection - Italian Paimings, I, London 1966, p. 56.
67) B. BERENSON, ltalian Illustrators of the Speculum Humanae Salvationis, in Studies in Medieval Painting, New Haven 1930, pp. IOI-37i per le dispense del corso universitario del Longhi sul Trecento umbro cfr. Paragone, nn. 281-83, 1973.
68) M. MEiss, 1941 cit., p. 86. 69) M. HARRSEN, A Fourteenth Century Manuscript /rom
Hungary in the Library of Congress, Washington 1949; Centrai European Manuscripts in the Pierpont M organ Library, New York 1958, n. 35i F . LEVARDY, Il leggendario ungherese degli Angiò conservato nella Biblioteca Vaticana, nel Morgan Library e nell'Ermitage, in Acta historiae arcium academiae scientiarum hungaricae, 1963, P.P· 76-138; da questi testi si potrà r isalìre ad ulterio re bibliografia, precipuamente in ungherese.
70) Per la cronologia dei corali di San Domenico cfr.: V. ALCE, in V. ALcE- P. D'AMATO, La biblioteca di San Domenico in Bologna, Firenze I96t, pp. 158-160; l' identificazione delle pagine relative al culto d1 San T ommaso d ' Aquino nella Fondazione Cini a Venezia (G. MARIANI CANOVA, Miniature bolognesi a Venezia, in Per Maria Cionini Visani - S critti di amici, Torino 1977, pp. 26--28) dimostra solamente che l'aggiunta poté essere eseguita da uno dei maestri che avevano p artecipato alla divisione della decorazione originale. Sui fogli della Fondazione Cini cfr. G. MARIANI CANOVA, op. cit., 1978, nn. 6--17.
L'identificazione del miniato re della matricola della società dei mercia del 1328 nel museo civico di Bologna si deve al padre Alce (op. cit., p. 164) che ne allarga il profilo con opere cronologicamente pertinenti ma non sue; il giusto riferimento del Graziano Vìtr. 21-2 della Biblioteca Nacional di Madrid e del cod. 2040 di Vienna allo stesso maestro della ' Disputa coi dottori' M. 821 appare invece nel catalogo di M. HARRSEN e G. K. BovcE (op. cit., 1953, n. 37) della Pierpont Morgan Library: prima traccia da ricollegare alla matricola datata. Nei corali di San Domenico il suo intervento va limitato all'antifonario 11 ed ai fogli 14, 15 e 16 della fondazione Ci n i; nel corale 14 e nel foglio 17 della collezione veneziana (e cfr. tutte le schede della M ariani Canova) è invece riconoscibile il Nerio del ms. lat. 8941 di Parigi.
L o stesso contesto ed, in parte, gli stessi maestri ai quali sono legati i miniatori bolognesi che si trasferiranno in Ungheria si incontrano nella Bibbia n. 2 del Collegio di Spagna a Bologna e nel Graziano ms. XII.A.I della Biblioteca Nazionale di Napoli.
711 C. GNUDI, La Bibbia di Demeter Nekcsei-Lipocz, il " leggendario , angioino, e i rapporti fra la miniatura bolognese e l'arte d'oriente, in E volution générale et dévéloppements regionaux en histoire de l'art, Atti del XXXII congresso del C.I.H.A. (Budapest 1969), Budapest 1972, l , pp. 56g-8r.
72) V. LAZAREV, op. cit ., 1959-60.
Con opportune varianti, questo testo è tratto dall' introduzione del volume Scuole e botteghe nella miniatura bolognese tra Due e Trecento che sto curando per la casa editrice Il Polifilo, che ringraz io per il consenso all'anticipazione. Parte del materiale fotografico qui riprodotco è stato procurato col finanziamento del C.N.R.
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