ANTOLOGIA del CONCORSO DI NARRATIVA E POESIA … · ha istituito un concorso di scrittura per...

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In collaborazione con Città di Bovolone Con il patrocinio e il contributo di ANTOLOGIA del CONCORSO DI NARRATIVA E POESIA “SCRIVERE, CHE PASSIONE!” 1 o EDIZIONE - 2016/2017

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In collaborazione con

Città di Bovolone

Con il patrocinio eil contributo di

ANTOLOGIA delCONCORSO DI NARRATIVA E POESIA

“SCRIVERE,CHE PASSIONE!”

1o EDIZIONE - 2016/2017

SCRIVERE, CHE PASSIONE

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L’Associazione Comitato Genitori I.C. Franco Cappa Bovolone

in collaborazione con il Dipartimento di Letteredell’I.C. “Franco Cappa”

con il patrocinio e il contributo del Comune di Bovolone

ha istituito un concorso di scrittura per racconti e poesiein lingua italiana e dialetto veronese denominato

“Scrivere, che passione!”

Hanno potuto partecipare al concorso gli alunni iscrittialla classe quinta della scuola primaria

e alle classi prima, seconda e terzadella scuola secondaria di primo grado.

In collaborazione con

Città di Bovolone

Con il patrocinio eil contributo di

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SCRIVERE, CHE PASSIONE

Commissione Giudicatrice

Adriana RugolottoInsegnante in pensione

Annamaria SantiInsegnante in pensione

Annarosa TomezzoliBiblioteca Civica “Mario Donadoni” Bovolone

Francesco Di LauroGruppo Cultura Comune di Bovolone

Sara TestiRappresentante Comitato Genitori

Silvia MarangoniRappresentante Comitato Genitori

SCRIVERE, CHE PASSIONE

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Categorie

Gli elaborati sono suddivisi in base alle seguenti categorie:

Sezione A Elaborati in lingua italiana Riservata ad alunni frequentanti la classe quinta

della scuola primaria

Sezione B Elaborati in lingua italiana Riservata ad alunni frequentanti la classe prima

della scuola secondaria di primo grado

Sezione C Elaborati in lingua italiana Riservata ad alunni frequentanti la classe seconda

della scuola secondaria di primo grado

Sezione D Elaborati in lingua italiana Riservata ad alunni frequentanti la classe terza

della scuola secondaria di primo grado

Sezione E Elaborati in dialetto Riservata ad alunni frequentanti la classe quinta

della scuola primaria, prima, seconda e terza della scuola secondaria di primo grado

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SCRIVERE, CHE PASSIONE

SCRIVERE, CHE PASSIONE

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Sommario

CARO PRESIDENTE di Giole Crema 9

RAPINA IN VALLE DEL MENAGO di Giada Pizzoli 11

IL MIO PAESE di Letizia Nascimbeni 21

IL MIO PAESE di Nicole Bragazza 25

IL MIO PAESE di Elena Eremia 27

IL MIO PAESE di Alice Giulia Bergamo 29

IL MIO PAESE di Martina Grezzani 31

BOVOLONE CHE PASSIONE di Michelle Scipioni 33

LA MAGIA DELLA VALLE di Aurora Petrafesa 35

STORIA DEL MIO PAESE di Sofia Sgarbossa 43

LA RINASCITA di Josè Maragnoli 45

L’ORIGINE DI BOVOLONE di Giorgia Donadoni 51

COS’È BOVOLONE PER ME? di Martina Saccà 55

L’INCREDIBILE STORIA DI BOVOLONE di Giacomo Brunelli 59

CASA di Diego Cevoloni 65

LE 4 CONTRADE di Gaia Stella 71

BOVOLON di Rebecca Barcotto 73

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SCRIVERE, CHE PASSIONE

SCRIVERE, CHE PASSIONE

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Sezione A

Elaborati in lingua italiana

Riservata ad alunni frequentanti la classe quintadella scuola primaria

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SCRIVERE, CHE PASSIONE

SCRIVERE, CHE PASSIONE

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Buongiorno caro Presidente, sono il Sindaco di Bovolone e in questa lettera vorrei descriverle e raccontarle un

po’ di storia della mia bellissima città per invitarla e per fargliela conoscere.Bovolone è una città piccola e anche per questo bella. Que-sto paese è pieno di campi coltivati di tanti prodotti e di questi in gran parte è tabacco, ma ci sono anche molti arti-giani di mobili e altre industrie di ogni genere. Bovolone ha anche un parco: la Valle del Menago che a me piace molto perché è un luogo tranquillo in cui si può passeggiare, fare esercizio e i bambini possono giocare o rilassarsi all’ombra degli alberi; ci sono anche un laghetto e la riproduzione di un villaggio preistorico. La valle si chiama così per il fosso che attraversa Bovolone. Qui è nato anche Franco Cappa, un eroe di guerra che ha schiantato il suo aereo contro una nave che poi è affondata insieme all’aereo. Maria Mastena, una donna nata qui, è diventata beata per il miracolo che ha compiuto: all’ospedale c’era una bambina appena nata che stava male e rischiava di morire. Così Maria pregò fino a farla guarire. A Bovolone si festeggia una fiera che è la fie-ra di San Biagio. San Biagio era un vescovo che ha compiuto miracoli ed ora è il patrono di Bovolone. La sua è una fiera agricola in cui vengono esposte macchine agricole, attrez-zi, trattori nuovi e d’epoca, ma ci sono pure cavalli, buoi, asini, capre, uccelli e polli. Ma di tutto questo quello che piace di più a me è l’esposizione di foto e oggetti antichi e i laboratori. Questa fiera si svolge a Febbraio. Tra i racconti

CARO PRESIDENTEdi Giole Crema

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delle nonne sulla storia di Bovolone ne ho scelti due. Il pri-mo descrive il modo con cui venne pagata la chiesa: loro e gli altri bambini andavano in giro per le case chiedendo uova gratis che poi davano ai preti che vendevano e con il ricavato hanno pagato la chiesa. Il secondo narra che… “1944 seconda guerra mondiale siamo sotto l’attacco degli americani e tutti vogliono prendere il treno per scappare, così loro provano a bombardare le rotaie e ci riescono; allo-ra molti si rifugiano in chiesa per pregare la Madonna e le promettono che se Lei avesse salvato Bovolone ogni anno si sarebbe fatta una processione in suo onore. Gli americani non riuscirono a distruggere la Chiesa così la processione si è fatta ogni anno fino ad oggi.”A me Bovolone piace per-ché, come ho detto prima, è una città piccola e per questo calma, ma anche perché nella sua piccolezza può fare gran-di cose se gli uomini si uniscono tra loro nel bene. Quindi ci piacerebbe se venisse qui e noi potremmo ospitarla nel municipio, che era una volta la residenza estiva del vesco-vo, o nell’ex comune conosciuto anche come Palazzo Corte Salvi. Ma la cosa più bella di Bovolone sono i suoi abitanti.La saluto e a presto!

Il Sindaco della città più bella

SCRIVERE, CHE PASSIONE

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Era il ventotto dicembre 2015, il sole splendeva alto nel cielo limpido senza nuvole in quello stupendo giorno

d’inverno.Emily si era appena svegliata: aveva dodici anni, era in se-conda media, i capelli marroncini sotto le spalle, una car-nagione rosea, degli stupendi occhi a fessura azzurri, era di corporatura esile, aveva una piccola cicatrice sulla mano destra perché quand’era piccola il cane di sua zia l’aveva morsa ed aveva un carattere gentile ed educato.Il suo animale preferito era il cavallo, infatti lei aveva un frisone con il manto nero lucido, si chiamava Neromanto, mentre il suo colore preferito era il giallo, praticava palla-volo ed era nell’under tredici.Le piaceva molto leggere ed il suo autore preferito era Jules Verne mentre la cantante era Ariana Grande.Abitava in centro, per essere più precisi in una di quelle stupende case a due piani vicine all’A&O, lei abitava sopra mentre sotto c’erano i suoi nonni. Quella mattina si era svegliata di buonumore, e ora stava andando a prendere L’Arena all’edicola Bovolone 2000; en-trò, la pagò e se ne andò fuori, ma quando guardò la prima pagina, il suo buonumore si trasformò in malumore: tutte e sette le capre (cinque nane tibetane, un montone berga-masco e un capretto) erano state rubate dalla valle del Me-nago!Ah, giusto, non vi ho ancora detto che Emily era una studen-tessa di una scuola per detective, lei non era molto esperta

RAPINA IN VALLE DEL MENAGOdi Giada Pizzoli

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ma gli avevano già assegnato una missione l’anno prece-dente, ed essendo andata a buon fine, aveva potuto passare nella classe superiore e il suo nome in codice era EM28.La scuola si trovava in un luogo segretissimo; era pratica-mente scavata nella terra sotto Corte Salvi.Ad un certo punto il suo eyenet (un congegno modernissi-mo che gli era stato dato nella sua prima missione) squillò, lei lo tirò fuori dalla tasca dei jeans, premette il pulsante di accensione e sullo schermo apparì un signore basso e cic-ciottello, era il direttore della scuola:- Agente EM28 abbiamo bisogno di voi, ha saputo del furto in valle del Menago? - Sì, l’ho appena saputo dal giornale di stamattina.Il direttore proseguì:- Be, visto che lei è la più giovane, ed è l’unica libera in que-sto momento, se lo assumerà lei il caso.Emily annui con la testa, e il direttore continuò il suo di-scorso:- Sono state rubate tutte le capre, il suo compito è di ritrova-le tutte, scovare il ladro e metterlo dentro; solo allora avrà finito il suo lavoro.- Certo.Ma proprio mentre lo stava spegnendo il direttore riattac-cò:- Ah, questa volta avrà quarantotto ore per risolvere il caso, altrimenti è fuori dalla scuola di detective.- Cosa!!!! Ma ho lavorato sodo per arrivare fino a qui, non potete escludermi! Emily stette un minuto in silenzio sperando che il direttore cambiasse idea:- Allora se ha lavorato sodo, lavorerà sodo anche per cattu-

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rare il colpevole, è tutto!E l’eienet si spense, Emily lo rimise nella tasca, aveva poco tempo.Allora corse a casa, prese tutta la sua roba, sellò Neromanto e partì al galoppo per andare in valle.Quando arrivò l’ingresso era aperto, ma al bar c’erano de-gli agenti di polizia che stavano parlando con un signore anziano.Quando gli agenti se ne andarono, Emily si avvicinò al si-gnore che portava un costoso gilet in pelle e gli chiese:- Mi scusi signore, sono Emily Enderson e faccio parte della scuola per giovani detective di Bovolone e se non le dispia-ce vorrei farle qualche domanda sul furto.- Certo, io sono Alberto.Emily continuò:- Potrebbe dirmi chi è passato di qui ieri?- Allora fatemi pensare un attimo, ieri non è passata molta gente, mi ricordo solo che è passata una coppia russa in vacanza e due signore in passeggiata.Emily si fece pensierosa, e continuò:- Ha controllato nel recinto se c’erano oggetti o impronte?- Certo che ho controllato, ma non c’era niente neanche un ciuffo di capelli!!- Grazie signor Alberto ma ora devo andare.Concluse Emily, e se ne andò con una sola idea in testa, in-terrogare i sospettati.Cercò sul suo eienet e trovò la localizzazione della coppia russa, alloggiavano all’hotel Nuovo Sole, secondo piano, ca-mera venti.Quando arrivò corse su per le scale e arrivata alla porta giusta bussò senza esitare, si sentì il rumore della serratura

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e sulla soglia comparve un signore sui trent’anni, di corpo-ratura snella e i capelli biondi.Lei che conosceva bene il russo perché glielo aveva inse-gnato suo nonno che era andato per lavoro un mese in Rus-sia, gli chiese senza fatica:- Buongiorno signore posso chiederle se ieri è andato in valle? Perché sa sono sparite tutte le capre e quindi io sto investi-gando. Il russo la guardò male e rispose:- Sì, io ieri sono andato in valle con mia moglie, ma non sono stato io.- Lo so, lo so, ma volevo chiedergli... Non fece in tempo a finire la frase che il signore le richiuse la porta in faccia.Lei restò delusa, ma aveva ancora le due signore che cercò sull’eienet e decise di chiamarle invece di andare là e pren-dersi un’altra porta in faccia.Purtroppo al telefono non rispose nessuno e lei un po’ sec-cata, anche se non avrebbe voluto, andò a trovarle.Quando arrivò suonò il campanello due, tre, quattro volte ma nessuno aprì; allora lei infuriata come non so cosa, cal-ciò un vaso, talmente forte che quello cadde per terra.Dopo questo fallimento si sedette sul ciglio del marciapiede e pensò “ora che faccio.”Si consolò un pochino quando si ricordò che poteva ancora cercare nel recinto in valle.Quando arrivò non si fermò neanche al bar per chiedere il permesso di cercare, ma andò direttamente al recinto.Controllò sul sentiero prima del ponte per vedere se tro-vava segni di ruote o impronte per capire se il ladro era

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venuto a piedi o con una macchina o furgoncino.Guardando bene con la lente d’ingrandimento trovò delle tracce di ruote, però erano troppo grandi per essere di una macchina, quindi il ladro era arrivato con un furgoncino. Entrando nel praticello dove si trovava l’ovile, notò appena sotto il cancelletto che per terra c’era il lucchetto ed esami-nandolo per bene capì che era stato troncato di netto, quin-di le bestiole non erano uscite di loro spontanea volontà.Giunta a casa (erano ormai le 21.30) si sentì le parole da sua madre per essere tornata così tardi, però lei era felice per aver trovato almeno un indizio; fece un’abbondante cena e poi andò a dormire.La mattina seguente si svegliò un po’ agitata perché pur-troppo era il suo ultimo giorno per finire l’indagine e se no, ciao, ciao scuola di detective.Fece colazione.Quando arrivò però l’attendevano brutte notizie, l’ingresso era chiuso e sorvegliato da un massiccio poliziotto.Emily gli si avvicinò e chiese con gentilezza se poteva en-trare, ma il poliziotto rispose prontamente di no; ci riprovò e riprovò ma il poliziotto era irremovibile. Stava per arrendersi quando... le venne un’idea:- Ma io ho già il permesso!Il poliziotto allora fece una faccia come dire “o santo cielo che figuraccia da pesce lesso” e disse un po’ imbarazzato:- E perché non l’hai detto subito, se hai il permesso allora puoi entrare.Il poliziotto aprì il cancelletto che avevano montato per non far passare la gente e così Emily riuscì ad entrare.Quella notte aveva pensato molto e la questione le era fi-nalmente chiara, ora doveva solo scoprire chi era il ladro.

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Secondo lei il ladro aveva approfittato della nebbia per av-vicinarsi il più possibile col furgoncino, poi aveva immo-bilizzato le capre, legate per le zampe, essendo esemplari adulti piuttosto mansueti portati a fidarsi dell’uomo; poi erano state caricate sul furgoncino e portate via.Emily entrò nell’ovile per cercare indizi che la potessero aiutare a trovare il ladro; scostando una pila di rastrelli notò un pezzo di giacca strappata, controllando meglio capì che era pelle molto costosa, però aveva già viso quel tipo di pelle, ma dove?All’improvviso le venne in mente ed esplose in una escla-mazione:- Ho la soluzione!!!!!!Intanto Alberto si trovava nel locale all’entrata della valle che una volta era un ristorante e stava radunando le sue cose per andare via, quando sentì una voce alle sue spalle:- Fine della corsa signor Alberto.Alberto un po’ confuso rispose:- Cosa vai farfugliando ragazzina?- So che è stato lei a rubare le capre e ho anche la prova.E tirò fuori dalla tasca dei jeans il pezzo strappato di gilet di pelle, che si era ricordata che lui indossava proprio un gilet di pelle di quel colore.Intanto Alberto stava guardando il pezzo di gilet, ma repli-cò:- Quel pezzo di stoffa non è del mio gilet, infatti se guardi questo è in pelle.- Ah sì, e come spiega quello strappo?E poi il ladro è scappa-to con un camioncino come il suo e la targa è 285KHY.Alberto non sapendo cosa rispondere rimase un minuto in silenzio ma poi disse:

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- E voi però come fate a sapere che il ladro è scappato via con camioncino?- Ho esaminato le tracce per terra e ora però verrà con me o con le buone o con le cattive.- MAI!!!E lui si buttò fuori dalla finestra (che fortunatamente era aperta se no avrebbe fatto un disastro) e si mise a correre per arrivare sul piazzale Mulino dove aveva parcheggiato il suo camioncino; all’improvviso però si sentì il suono del-le sirene della polizia, e infatti si videro tre o quattro volan-ti arrivare di volata da via Umberto 1°, allora lui si lanciò in macchina e partì sgommando.Ma appena arrivato alla fine della salita di via 72° gruppo trovò ad attenderlo delle volanti che bloccavano la strada, lui cercò di frenare, ma andando troppo veloce, il camion-cino si ribaltò e lui fu costretto ad uscire e ad arrendersi.Quella sera tutti i telegiornali ne parlavano, e dissero an-che che le capre si trovavano a casa di Alberto, che era una casetta fuori città, con tutti i muri rovinati tanto che sem-brava abbandonata.Ma non dissero solo quello, dissero anche che il signor Al-berto le aveva rubate perché il giorno dopo le avrebbe por-tate a Washington negli Stati Uniti per venderle al migliore offerente, perchè secondo lui erano capre di razze speciali; e le avrebbe rivendute a un mucchio di soldi.Emily invece inventò una scusa e disse a sua madre che do-veva andare ad una festa con le amiche e invece andò alla sua premiazione, le diedero un diploma e una coppa; poi fecero festa fino a tardi.Emily non dimenticherà mai quell’indagine.

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Sezione B

Elaborati in lingua italiana

Riservata ad alunni frequentanti la classe primadella scuola secondaria di primo grado

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Il mio paese è una vera meraviglia. Sapete perché? Sinceramente, non lo so neanch’io, ma

…quando esco e passeggio mi dà un senso di libertà e di stupore. Vedere tutte queste persone passeggiare è molto piacevole. Vedere i negozi, le case colorate, i palazzi altissi-mi, che quando ero piccola stavo lì e li ammiravo dal mio balcone. Mi piaceva soprattutto ammirare il condominio di San Biagio. Per non parlare dei ristoranti, che cucinano cose squisite. Però ora che ci penso, manca qualcosa, il cine-ma: sarebbe perfetto ogni tanto guardare un bel film!. Ma la cosa che adoro del mio paese sono le gelaterie. Mi viene l’acquolina in bocca a pensarci, uhmm, che buono!! Il mio compito è fare la studentessa, infatti ci sono delle scuole, secondo me fantastiche!! E quando hai voglia di prendere aria fresca e di fare una bella passeggiata senza il rumore delle macchine, allora è proprio ora di andare alla valle del Menago: una valle silenziosa dove puoi ammirare la flora e la fauna! Io spesso ci andavo con la scuola e con le guide che ci spiegavano tutta la sua storia.A Bovolone c’è una meravigliosa chiesa dove ci sono va-rie attività: il coro i chierichetti e tante altre attività che possono praticare tutti. Una cosa che adoriamo fare qui a Bovolone è il famoso Grest, per il quale ogni hanno il no-stro paese organizza tantissime attività. Siamo fortunati noi bambini, perché Bovolone offre quattro centri sportivi come le Caltrane, il centro sportivo sociale Casella, le Crosa-re e San Pierino, che noi spesso utilizziamo per fare le feste

IL MIO PAESEdi Letizia Nascimbeni

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di compleanno. Quando hai voglia di un attimo di pace e di silenzio, affrettati ad andare in biblioteca, io quando ci vado mi perdo nei libri e sto là ore e ore. Ma nel tempo li-bero tutti a teatro, dove ci sono meravigliosi spettacoli che possono commuoverti oppure farti ridere a crepelle. La piazza principale di Bovolone è piazza Scipioni dove c’è la statua del Perseo e dove molte persone si siedono tranquil-le sulle panchine ascoltando il dolce suono della fontana. E in estate tutti a rinfrescarsi alle piscine di Bovolone, dove ogni estate andiamo a tuffarci e giocare con i nostri amici.Insomma, cosa posso dire? Bovolone è un paese molto bello e ben organizzato! Le strade sono comode e facili da raggiungere. Lo adoro perché ho conosciuto dei fantastici amici e compagni di scuola. Bovolone è un paese dove chi vuole passeggiare può farlo liberamente e se altri vogliono incontrare persone a cui vogliono bene sono liberi di farlo perché ogni cittadino ha i propri diritti. Ed è consapevole delle azioni che svolge. Bisogna però tenere pulito e rispet-tare il nostro paese! E dobbiamo considerarci fortunati per-ché abbiamo un paese bello e dobbiamo esserne orgogliosi!

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Sezione C

Elaborati in lingua italiana

Riservata ad alunni frequentanti la classe secondadella scuola secondaria di primo grado

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Sai cos’è Bovolone?Bovolone è...

Bovolone è buono come un torroneBovolone è bello come un castello Bovolone è caldo come un fornello Bovolone è fresco come in inverno senza il piumone.

Bovolone è... è un mondo di immaginazioneBovolone è un sogno senza confini Bovolone è un mondo di bambini Bovolone sa la storia di tante persone.

Bovolone mi dà sempre un’ispirazione Bovolone sembra una farfalla libera nel cieloBovolone sembra un versetto di un Vangelo Bovolone sembra scritto per un copione.

Bovolone è un gran mattacchione Bovolone il giovedì fa un gran bordelloBovolone non è tanto cicciottello Bovolone è un gran coccolone Bovolone alla festa indossa sempre un bel gioielloBovolone è libero come un aquilone.

BOVOLONE PER ME È COME UN FRATELLO!!!

IL MIO PAESEdi Nicole Bragazza

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SCRIVERE, CHE PASSIONE

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Il mio paese è verde come le foglie in primavera.Il mio paese è unico come la terra.Nel mio paese si sentono uccellini cinguettare.Nel mio paese si vedono fiori sbocciare.Il mio paese viene rispettato.Il mio paese viene amato.Nel mio paese siamo tutti uguali.Nel mio paese siamo tutti speciali.Il mio paese è conosciuto.Il mio paese è tutto.Nel mio paese c’è un posto per ognuno.Nel mio paese c’è calore per ciascuno.Amo il mio paese.

IL MIO PAESEdi Elena Eremia

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Arrivando da Verona, dalla strada provinciale,ti capiterà di entrare in un paese un po’ speciale.

Da qualche anno, ormai è risaputo, non è più un posto sconosciuto,

anzi, e non è una novità, ha il titolo di CITTÀ. Sono sicuramente un po’ di parte nel raccontare della

località del MOBILE D’ARTE,perché io sono cresciuta in questo paesone che porta il

nome di BOVOLONE.Percorrendo Via Madonna, che è la strada principale,si arriva direttamente in “Piazza“, dove c’è la nostra

chiesa monumentale.Lì vicino, sullo stesso lato, c’è anche l’Oratorio San Biagio

che ormai è un po’ invecchiato.Mi hanno detto, che tanti anni fa, anche un monumento

stava là,ma il nostro Perseo fu spostato e nel Piazzale Scipioni lo

trovi situato.E ora, nelle sere d’estate, quando la gente cammina,

questa statua fa compagnia alla fontana lì vicina.Questa è una zona un po’ speciale, perché lì c’è anche la

scuola elementare,noi tutti l’abbiamo frequentata, ma quella strana scalinata

che c’è dentro non l’abbiamo mai dimenticata.Quante volte noi alunni abbiamo giocato nel vecchio

parco comunale, disturbando il sindaco chedoveva lavorare, perché il nostro comune non è un edifico

IL MIO PAESEdi Alice Giulia Bergamo

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SCRIVERE, CHE PASSIONE

anonimo e scontato, ma un palazzoVescovile con tanta storia e tanto passato.Il martedì, a Bovolone, c’è sempre un po’ più di

confusione, perché il nostro mercato è vissuto come un bella occasione.

Le nostre mamme e le nostre nonne fanno belle passeggiate e dal mercato tornano con tante cose

appena acquistate.E nel piazzale del mercato, devo ricordare che ogni anno

si tiene una avvenimento molto speciale;la fiera di San Biagio è molto rinomata e dagli agricoltori è

molto frequentata.Invece per noi bambini, il giorno più importante è

sicuramente molto più esuberante: tra maschere,carri e stelle filanti, sfiliamo al carnevale sempre

raggianti.Il nostro martedì grasso è tanto famoso e Bovolone in quel

giorno diventa molto spassoso.Per me il mio paesone è un luogo speciale, prima di tutto

perché è il mio paese natale.Ci sono diverse occasioni per stare in compagnia e

divertirsi insieme in allegria.

SCRIVERE, CHE PASSIONE

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Il mio paese è proprio belloperchè porta gioia ed allegria

ed i brutti pensieri scaccia via.Per le strade si sente un fragore magicoche fa sorridere e sognare,voler bene ed amare.La gente è molto solare e vivacee ha voglia di sperimentare e apprendere.I bambini felici, invece, giocano e sognanonei parchi con gli scivoli e le altaleneche dondolano avanti ed indietro.Tutto questo porta molta gioia e non vorreimai andarmene da qui, perchè tra tuttii paesi questo è il migliore e le personeformano una comunità felicissima dove sivive bene ed in allegria. Il mio paeseporta una solidarietà immensa e, persino,nei giorni bui, i sorrisi della gente lo accendono.I fiori colorati, portano ancora piùgioia e felicità e le persone ne vannofiere. Il mio paese è perfetto, perchè misento al sicuro, mi sento proprio a casa mia. Anche se il mio non è un paesegrande, io sto bene e non mi sento per niente sola. Bovolone è il suonome, un nome allegro che nessuno dimenticherà mai!

IL MIO PAESEdi Martina Grezzani

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Il paese dove tutto è possibile e dove ogni stagione si espri-me con gioia e allegria... la primavera con i suoi boccioli

colorati incantano tutto il dì e le stelle scintillanti che nella tenebrosa notte affascinano tutti; l’estate con i suoi raggi riscalda il mondo come un abbraccio e la dolce luna piena con i suoi raggi tenui e dolci... con le falene che ballano su di lei come per incanto; l’autunno con le sue dolci castagne e con le sue foglie colorate che illuminano tutta Bovolone come un dipinto in attesa di essere finito; E come dimen-ticare il nostro caro inverno che con la sua dolce neve lo illumina di fragranza fresca come un ruscello di montagna. Bovolone è la passione dei colori e delle stagioni che passa-no ma lasciano sempre un ricordo.

Il fiume Menago porta a sè tutte le sue meraviglie naturali, i suoi esemplari di animali e fiori che in primavera incan-tano fino a sera. I fiori colorati sembrano un arcobaleno in erba, i fiori dorati paiono raggi del sole caduti a terra. Dolce tentazione sono le succose more nere che spontaneamente crescono sulle sponde del fiume dove nuotano e guizzano veloci pesci. Chiassosi uccelli cantano e volano da mattina a sera lasciando poi il posto ai terrorizzanti gufi notturni. Tutto il dì le bellissime farfalle colorate danzano da un fio-re all’altro creando una magica atmosfera e tutta la gente si gode Bovolone e la sua natura.

BOVOLONE CHE PASSIONEdi Michelle Scipioni

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Fa freddo. È un pomeriggio di autunno e pioviggina ap-pena. Fa freddo. I miei occhi continuano a rileggere la

stessa chat, anche se io rifiuto di continuare. Le lacrime ful-minee percorrono il mio viso. “Chissà mai perché piange?” si chiederà qualcuno. Pochi sanno cosa sto passando. Si è appena conclusa un’a-micizia e non è facile digerire la cosa. Tenevo molto, troppo a questa persona, e puff… tutto è cambiato. Perché quan-do un amico o un’amica inizia le superiori o si trasferisce in un’altra scuola, tutto peggiora. Già dal primo giorno di scuola capivo che qualcosa non quadrava. Me lo sentivo. Fa freddo. “Wake me up when September ends”, canzone dei Green Day, è la risposta. Lui stava imparando questa canzone alla chitarra e mi ha mandato l’audio di quello che stava stu-diando. “E’ bellissima” dico subito. Lo era davvero, ma ogni cosa che faceva lui era bella. Perfino il suo sorriso era bello. Ma la traduzione del titolo non è poi così bella secondo la mia interpretazione, tante cose che faccio io non sono belle. “Svegliami quando finisce settembre”, ecco la famosa frase in italiano. Ma a settembre è finito tutto, e quindi sarebbe “Svegliami quando finisce l’amicizia”. Devo svegliarmi da quel sogno. Quando in classe abbiamo sentito la canzone, suggerita nel libro Wonder, che narra di un ragazzino deforme che si ri-trova a scuola con amici e nemici, ho ricordato i litigi e i sorrisi e, ahimè, non ho trattenuto una lacrima. La seconda

LA MAGIA DELLA VALLEdi Aurora Petrafesa

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è scesa senza preavviso. La terza era troppo grande da fer-mare. Mi sono detta tra me e me che dovevo bloccarmi, o di sicuro avrei fatto un lago, e poi le persone mi avrebbero chiesto che cosa avessi: non mi piace questa domanda. Non posso riaggiustare le cose tra me e lui. E quindi ho preso una decisione: dimenticarlo. Non è facile, con tutti quei dannati ricordi… ma si sa, la cosa migliore è prendere una boccata d’aria, andando a camminare, ma non come attività sportiva, anche se farebbe bene, ma solo per stac-carmi dal cellulare, dai pensieri, da lui. Chiedo a qualche mia amica se vuole venire con me o me ne vado da sola? Certo, un po’ di compagnia mi farebbe bene, specialmente ora, ma scelgo di stare da sola. E così infilo le cuffiette nelle orecchie e preparo la canzone “Stay with me” di Sam Smi-th, senza però farla partire. Esco di casa, mi guardo intor-no. Autunno è una stagione bellissima, per me, per la sua natura morta. Insomma, le foglie degli alberi che diventa-no di un arancione vivo, o di un rosso fuoco, o rosso rabbia, o rosso sangue, o rosso amore. Dipende tutto da come sono nel momento in cui le osservo, moralmente intendo. Dal mio giardino vicinissimo alla Valle del Menago si può osservare un panorama meraviglioso, io però vedo ogni cosa scura. Sono ferma, ancora qualche istante, ad ascol-tare con piacere il canto degli uccellini. Mi piace così tanto che mi perdo ancora un pochino a sentire i vivaci cip-cip, e così rientro in casa e butto sul letto le cuffiette e me ne vado. In questo modo non ho la tentazione di ascoltare le canzoni deprimenti. E poi parto. Sempre tutto scuro. Il cielo, la strada (anche se lo è già), le case… ma pian piano vedo tutto da un’altra pro-spettiva. Comincio a vedere quelle grigie nuvole che copro-

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no il cielo e il sole che cerca di far risplendere i suoi raggi, quei passerotti posarsi sui cigli dei muretti che circondano i palazzi e le ville. Tutto ora è più chiaro. E sì, ora va decisa-mente meglio. Ammiro quel pesco vicino casa mia, il quale è diventato di un colore tra l’arancione e il giallo. Definire bellissimo è dir poco. Mi piace molto vedere il ciclo degli alberi. In inverno, non hanno nemmeno una fogliolina, e se è passata la neve diventano di un bianco candido. In primavera vantano di tanti germogli e colori, dal lilla, al bianco, al verde. L’estate è favolosa perché gli alberi sono grandi e pieni di foglie di un verde vivo, che risplende dei raggi del sole, abbagliante. Ma l’autunno batte tutti. I colori caldi, rosso, marrone, arancione, giallo, verdognolo e tutte le loro sfumature si trovano su tutti gli alberi (escludendo i sempreverdi) e quindi moltissime tonalità ricoprono vaste valli. E poi ci sono quelle foglioline che cadono al suolo per raccogliersi in grandi quantità, sembrano fatte apposta per buttarcisi sopra, come su un letto. E poi guardarle volteg-giare veloci dal ramo al terriccio, tutto bagnato. Amo l’au-tunno. Respiro l’aria fredda e continuo la mia passeggiata pomeridiana. Cammino, cammino e mi ritrovo davanti alla Valle del Menago. Mi ha sempre incantato questo posto, non so perché, ma mi sembra un luogo magico. Il laghetto, i cigni che con le ali formano un cuore, le giostrine, il villag-gio dei nostri cari antenati, il ponticello… fantastico. E poi l’entrata sembra quella del film di Percy Jackson! Una vol-ta, d’estate, vicino questa, c’erano i piccoli frutti, i gelsi, sia scuri che chiari, attaccati ai rametti, dai quali si potevano staccare e assaporare. Ora invece non ci sono più. È un pec-cato che non ci siano tutto l’anno, ma se li trovassi sempre non li gusterei come in queste rare occasioni.

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Un passo. Poi un altro. E così via. Mi sento libera di viag-giare nella fantasia che questa mia valle magica mi fa vi-vere. Agli occhi di tutti potrebbe essere solo un parchetto, con qualche animale, un fiumiciattolo accanto e un laghet-to messo lì, come se nulla fosse. Ma per pochi può essere un posto dove ritrovarsi, fare foto, osservare gli animali, sedersi su una panchina e meravigliarsi dello spettacolo, un luogo attraversato da un piccolo torrente dall’inizio alla fine, con un laghetto in cui sguazzano delle anatre e dei ro-mantici cigni, i quali nuotano vicini vicini, senza disturba-re nessuno. Visioni diverse a seconda dello stato d’animo. Prima di partire vedevo gli alberi rosso rabbia, o cose del genere, ora invece li vedo di un rosso gioia, perché final-mente sto bene. Che belli i cerbiatti del parchetto, così carini, come li chia-mo io, i Bambie. Uno di loro si avvicina alla rete dove sono io e mi lecca la mano, un gesto di amore. Io lo accarezzo e dopo lui si tira indietro e salta dall’altra parte del ruscellet-to. Pensavo andasse via invece chiama altri suoi amichetti a farmi compagnia. Che cosa folle, io che faccio amicizia con dei “bambie”… mi ricordo di avere un pacchetto di cracker nella mia taschina del giubbotto, perché a scuola non avevo fame, così li tiro fuori e apro la bustina. Un pez-zetto ad un mio nuovo “amichetto”, uno ad un altro e così via. Per ultimo al primo che è venuto da me. Era il pezzo più grande e anche se avevo molta fame, ho dato tutto il ri-manente a lui. Lo riconoscevo, era diverso dagli altri, aveva delle macchiette diverse, ma anche se l’avessero messo in un mucchio di cerbiatti, avrei potuto riconoscerlo tra tutti gli altri. Aveva un modo di fare diverso. Guardo l’orologio e mi accorgo che è un po’ tardino e il cie-

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lo sta cominciando ad imbrunire. Li saluto e me ne vado. Nella strada di casa, proprio nella parte centrale, trovo un bruco verde chiaro. Minuscolo. Io lo vedo piccolo e lui mi vede enorme, com’è strano il mondo! Preoccupandomi che qualche ragazzo o qualche macchina lo investa, lo prendo con cautela. Mi attraversa le mani e, giuro, ce ne mette di tempo, perché sarà più o meno grande quanto una falan-getta. Lo appoggio accuratamente all’albero più vicino. Poi ritorno a casa, sempre più triste perché vorrei rimane-re nella mia valle incantata, circondata dai sogni. E ora non penso più a quell’ “amico” dal quale sono stata dimenticata, perché non ha senso. Perché gli amici non si dimenticano di te da un giorno all’altro. Il cerbiatto di prima, l’avevo già visto in estate, e lui si è ricordato di me nonostante il tempo e tutte le facce che ha visto. Stessa cosa per me. E fare una passeggiata in mezzo alla natura, lontano dalle tecnologie (eccetto l’orologio) mi ha fatto riflettere su quanto fa bene alla salute camminare tra gli alberi e gli uccellini, e sono sicura che se ci andassi un’altra volta con dei miei amici o i miei genitori sarebbe ancora più emozionante. Ho capito quanto è bella la natura, quanto bisogna rispettarla. Che fortuna avere in paese un’oasi così! Ora non sento più freddo, mi sento una persona con uno sguardo vivo ma soprattutto con il cuore un po’ più aperto.

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Sezione D

Elaborati in lingua italiana

Riservata ad alunni frequentanti la classe terzadella scuola secondaria di primo grado

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Bovolone: questa è la mia città,case ed edifici sorgono qua,

in mezzo ad alberi e fiorie ad alcuni allevatori.Di contadini era questo paese,ma pian piano sorsero le imprese.Si costruirono botteghe artigianeche lavoravano a tutto spiano il legname…tavole, sedie, mobili su misuracon cui si faceva sempre una gran figura.Da tutte le parti venivano quaa comperare mobili in gran quantità.Ma un giorno la crisi arrivòe anche il mio paese un po’ devastò.I nostri artigiani provarono a resisterema molte botteghe cessarono di esistere.Ora purtroppo la crisi c’è ancora,ma la speranza resiste tuttora.Vorrei benessere e semplicitàche porti Bovolone alla sua felicità.

STORIA DEL MIO PAESEdi Sofia Sgarbossa

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Italia, Bovolone 10 settembre 1179. Romualdo, un giovane nobile, discute con il suo amico

Anselmo dell’assassinio del vescovo “Biagio I” nella sua di-mora del “Vescovado”. Sembra che un furfante mantovano si sia calato attraverso la finestra, prendendo la rincorsa dal tetto della casa accanto, per poi pugnalare il prelato. Dopo il confronto, Romualdo invita l’amico ad aiutarlo a sistemare la vecchia casa di campagna dei suoi genitori. L’amico accetta ed insieme si recano alla vecchia dimora, in località “Campagne” per un sopraluogo.Quando entrano Anselmo scorge un fucile attaccato alla pa-rete.Incuriositi cercano di staccarlo dal muro, ma in quel mo-mento il pavimento inizia a scricchiolare e si apre inghiot-tendo i due nel vuoto.Dopo un lungo salto, finirono su della morbida paglia.Rialzatisi, Romualdo nota uno strano costume con il cap-puccio appeso ad un chiodo.Altre cose interessanti erano lì attorno come per esempio dei progetti messi dentro all’armadio.In particolare un disegno su una pergamena destò stupore ai due amici: rappresentava un bracciale speciale con una lama scorrevole alla fine.Presero il foglio e sotto trovarono due bracciali tutti impol-verati.Erano di acciaio con una ricopertura in pelle a forma di guanto.

LA RINASCITAdi Josè Maragnoli

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Curiosi, se li misero addosso.Romualdo notò uno strano bottone alla fine del guanto e lo schiacciò.Nello stesso istante, una lama a forma di pugnale scattò ed usci dal bracciale, impaurendo i due.Dopo essersi ripresi, Anselmo intuì che per far uscire la lama bisognava premere il bottone una volta mentre per farla rientrare due.Si guardavano attorno, videro un topo che usciva da un buco vicino alla gamba della libreria. Romualdo con l’aiuto di Anselmo spostò il mobile e trovarono un passaggio se-greto.Camminando lungo questo corridoio si accorsero che il tunnel finiva con un’altra botola. Aprirono la porticina e con immenso stupore si accorsero che stavano entrando nella cantina di Anselmo.Incuriositi dalla situazione e spaesati inciamparono in un baule.Questo era seminascosto da paglia e vecchi vestiti, ed era chiuso con un lucchetto.Decisero di aprirlo per vedere il contenuto.Anselmo stava per rompere il lucchetto grazie a una pala da contadino ma Romualdo lo interruppe per fargli vedere che il bracciale indossato aveva una piccola leva.La tirò e poi senza volerlo la lasciò: il bracciale sparò un proiettile che andò a far saltare in aria la serratura.Al suo interno trovarono 2 diari impolverati ma leggibili: uno era di Orlando VII, antenato di Romualdo del ‘400 e l’altro era di Umberto III, antenato di Anselmo sempre del ‘400.Romualdo iniziò a leggere ad alta voce:“Diario di Orlando

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VII: sono a Londra insieme al mio amico Umberto III e ci siamo intrufolati alla festa della regina Maria Toudor per smascherare sir Edoardo (responsabile del rapimento di miss Lady Lucylla I).L’ultima volta che sono stato nel palazzo della regina sono stato scoperto e ho dovuto abbandonare la missione. Ora se state leggendo il mio diario vi confesserò un segre-to: fedeltà, onore, giustizia, coraggio queste parole fanno di me un giustiziere.”Dopo aver scoperto la “terribile” verità, cioè che i loro an-tenati erano degli assassini, i due amici uscirono per fare un giro anche se era mezzanotte, nei pressi della località il Bosco.Mentre camminavano udirono delle grida e così si precipi-tarono per vedere cosa stava succedendo.Passarono lungo la via immersa nella fitta vegetazione del bosco, luogo di ladroni e briganti. Arrivati sul luogo delle grida, videro miss accerchiata da due banditi. Romualdo disse ad Anselmo:“Dobbiamo liberala immedia-tamente “Così mise in atto il suo piano e mandò l’amico a distrarre i malviventi. I due banditi tirarono fuori le spade e dissero:“Se vuoi vive-re torna a casa ragazzo, non immischiarti!”Romualdo capì che il piano non stava funzionando ed allo-ra ne ideò subito un altro.Con grande coraggio, ricordandosi del bracciale indossato, si arrampicò sul tetto del palazzo a fianco, e si gettò.Mentre era in aria schiacciò il bottone per far uscire la lama.Cadde dritto sulla testa di un bandito uccidendolo.

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L’altro, però, giratosi, tentò di pugnalarlo, ma Anselmo, usando il bracciale, lo infilzò.Le sorprese non erano ancora finite, perché c’era un terzo bandito tutto muscoloso che spuntò da dietro un cespuglio.Costui tirò fuori una spada e colpì Romualdo all’occhio.Anselmo provò a tirargli qualche pugno ma al gigante non fece male.Quando l’amico fu sfinito il bandito lo prese e lo alzò, lo scaraventò contro una finestra che si ruppe in mille pezzi.Intanto il giovane nobile si rialzò con fatica e riuscì a com-battere ed ad uccidere il bandito con un proiettile dritto nell’occhio, infilzandolo poi anche con la lama del suo nuo-vo bracciale.Dopo essersi ripresi i due liberarono miss Emma Lucia che li ringraziò con del denaro.Tornati a casa si divisero la ricompensa che avevano gua-dagnato con il loro grande coraggio.La mattina seguente Romualdo si svegliò ed andò a chia-mare Anselmo per andare a cacciare.Si raccontarono riguardo la notte precedente e decisero di diventare anche loro degli assassini in difesa dei deboli.Così prima della promessa d’onore, Romualdo disse un fra-se che diventò il suo motto:“Viviamo nel buio per servire la luce noi siamo i giustizieri che difendono i deboli!”Dieci anni dopo, a 30 anni, i due amici erano diventati mol-to bravi ad arrampicarsi su tetti e muri e soprattutto ad usare la loro lama celata.Il bracciale era sempre al suo polso.Romualdo ed Anselmo portavano ancora i segni della lot-ta con i banditi per difendere Emma Lucia, una cicatrice sull’occhio destro per il primo, una cicatrice sul labbro in-

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feriore per il secondo.Un giorno, un informatore, disse loro che i soldati del nuo-vo vescovo avevano trovato una mela dell’Eden, un frutto tutto d’oro.La leggenda narra che questo frutto, unito ad altri due og-getti chiamati la spada dell’Eden e lo scudo dell’Eden, pote-va far ottenere al suo possessore l’immortalità.Romualdo capì che doveva rubare il frutto prima che qual-cuno lo facesse al posto suo e dominasse il mondo.Partì con il suo amico Anselmo.Arrivati al vescovado, entrarono per rubare l’oggetto, ma vennero scoperti e circondati dalle guardie.Ci fu una grande battaglia piuttosto difficile.I giovani nobili erano solo in due contro cento guardie, ma alla fine ebbero la meglio.Recuperato il frutto dell’Eden, lo misero dentro uno scrigno e lo nascosero nella chiesetta della Pieve di San Giovanni Battista per proteggerlo.Il giorno dopo “al difensore dei deboli” fu recapitata una lettera da parte di miss Emma Lucia con scritto una richie-sta di aiuto.Preparato il cavallo, si lanciò al galoppo per raggiungere la reggia della sua amica d’infanzia.Quando arrivò, Emma gli disse che alcuni nobili stavano complottando per uccidere suo padre Riccardo IV.All’epoca esisteva anche una setta, la setta dei templari.I templari erano i nemici degli assassini che difendevano i deboli, quindi nobili senza scrupoli.Il giovane capì che Emma era figlia di uno di loro senza saperlo.Il padre, Riccardo IV, era a capo della setta.

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Il complotto era nato dai suoi seguaci in quanto sapevano che teneva nascosti gli altri due oggetti dell’Eden.A Romualdo non gli importava,Cercò di capire chi fosse il colpevole.Non riuscendoci decise di andare a fare una proposta a papa Innocenzo III.Il patto stava nell’aiutare il papa a liberare le terre circo-stanti a Bovolone dai mantovani per avere il nome del co-spiratore.Reclutò Anselmo per l’aiuto e i due scorrazzando di notte li-berarono le terre dagli occupatori mantovani incendiando e scacciando i tiranni.Papa Innocenzo III per gratitudine, come accordi, indicò a Romualdo il nome del colpevole: Ildebrando di Mantova.

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Dall’alto arrivava il grande drago. Il cielo si oscurava e gli abitanti del villaggio cominciavano a preparare i doni.

Con lentezza il drago si avvicinava al terreno. Un grande tonfo preannunciava la cerimonia. Mentre la polvere, al-zatasi, avvolgeva il drago gli abitanti del villaggio uscivano dalle case per prostrarsi al potere della grande bestia bian-ca. Aveva larghe e possenti ali, lungo collo, denti affilati e una forza che gli permetteva di distruggere intere civiltà. Dalle sue enormi fauci poteva uscire fuoco. Gli abitanti del villaggio si erano inchinati al cospetto del drago perché temevano il fuoco. Temevano che il loro po-polo ormai sottomesso dalla sua potenza potesse essere spazzato via come successe ad altri popoli. Nessuno era mai riuscito a ribellarsi al drago, alcuni avevano provato ma nessuno di questi era riuscito a sopravvivere.Il drago perlustrava il villaggio controllava che tutti aves-sero doni o cibo da dargli, passava tra le case camminando con enormi passi. Ad ogni cerimonia chiedeva sempre più doni finché non prosciugò il villaggio. Il contadino produ-ceva pochi raccolti, all’allevatore non rimanevano più ani-mali. A questo punto gli abitanti del villaggio decisero di migrare in una terra fertile e ricca di bestiame.I preparativi durarono al lungo e quando furono pronti mi-grarono verso il fiume Po. Non trovarono il posto ideale per insediare il loro villaggio; a volte i borghi vicini non erano socievoli, a volte la terra

L’ORIGINE DI BOVOLONEdi Giorgia Donadoni

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non era fertile oppure mancava la selvaggina. Dopo quasi quattro giorni di cammino chiesero asilo in una città molto grande che li ospitò per due giorni. Si trattava di Verona, fiorente città romana circondata da mura che avrebbero potuto fermare il drago.Nel frattempo il drago cercava gli abitanti del villaggio, si guardava intorno e giurò a se stesso che se li avesse ritro-vati avrebbe distrutto loro e tutto quello che possedevano. Il popolo lo sapeva!! Chi li aveva schiavizzati e derubati per anni sarebbe tornato per vendicarsi. Si sa che i draghi es-sendo più grandi vanno molto più veloci di qualsiasi crea-tura, compresi gli umani. E così raggiunse molto in fretta la città che ha ospitato gli abitanti del villaggio. Gli uomini di quel luogo non sapevano cosa era un drago. L’enorme bestia arrivata a quella città si fermò e minacciò gli uomini. Come fece con i villaggi precedentemente distrutti il drago chiedeva i più preziosi doni per non distruggere la loro cit-tà. Le mura di Verona vennero in parte distrutte dalla forza del drago così che gli abitanti non si sentirono più sicuri.L’imponente creatura pensò:“Se non ritrovo il mio villaggio mi fermerò qui”. Gli abitanti del villaggio fuggirono più in fretta che potero-no. Trovarono finalmente la terra desiderata. Circondata da acque stagnanti e paludi questa terra era nascosta agli occhi del drago da una fitta coltre di nebbia durante l’inver-no mentre d’estate era protetta dall’afa, che la bestia non sopportava. Il nuovo villaggio venne chiamato città delle rane cioè Bovolone poiché il gracidio copriva i rumori della vita quotidiana. Qualche anno più tardi, dopo essersi stabiliti in modo de-

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finitivo inviarono diverse lettere ai villaggi vicini con ri-chiesta di costituire un esercito per aiutare la città, ormai anch’essa prosciugata dalle richieste del drago. Un mese dopo l’esercito fu pronto. Era composto dai migliori guer-rieri, cavalieri, arcieri e lancieri. Fu una lotta funesta che durò poco più di tre giorni e alla fine il drago caduto a terra debole e sofferente esalò l’ultimo respiro. Erano morti più della metà degli uomini però il drago era stato sconfitto. A tutti i sopravvissuti venne assegnata una medaglia d’o-nore e dopo essersi riuniti a Bovolone festeggiarono la vit-toria contro il drago. Poi gli uomini venuti da lontano tor-narono a casa soddisfatti di loro stessi. Da quel momento la città e il villaggio furono riconoscenti gli uni verso gli altri e condivisero pacificamente il territorio.

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Ebbene, tanto tempo fa, prima di conoscere questa ter-ra a me tanto amata, consideravo Bovolone una piccola

città, un po’ più grande degli altri comuni della provincia della bassa veronese, ritenuta da tutti una zona molto atti-va e spenserosa.Sinceramente non ritenevo importante la cosa; una città valeva l’altra per me, eppure, ricordo quell’estate in cui i miei piedi la varcarono, e da quel momento la vidi per la prima volta per come era. Devo ammeterlo; ci misi un po’ a capire quante fosse fantastica e liberatoria da pensieri a me sconvenienti; ma quando imparai a conoscerla bene, incomiciai a sentirla mia e a riservare una grande parte del mio cuore a questo territorio.La mattina quando mi svegliavo guardavo il cielo limpido e terso dalle nuvole e lo immaginavo come se fosse uno scu-do che proteggeva da ogni pericolo quello che tutt’ora defi-nisco come il mio paese; poi uscivo fuori di casa e sentivo il freddo invadermi le ossa ma nonostante ciò continuavo a ripertermi nella mente “oggi io non ho freddo perchè io oggi mi sento a casa”; vedevo il fumo che usciva dalla mia bocca ma poi rivolgevo il mio sguardo al cielo e a quel suo sole che, benchè mi sembrasse lontano man mano che per-correvo Bovolone su e giù, sentivo sempre più vicino al mio petto.Era un calore che percorreva tutto il mio corpo fino ad ar-rivare al mio cuore e lì si fermava riscaldando tutti i miei pensieri: era come un respiro di un bambino lento ma dol-

COS’È BOVOLONE PER ME?di Martina Saccà

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ce che ti intrappolava nella sua dolce atmosfera; che sensa-zione indimenticabile!!Certe giornate ero talmente contenta di abitare in un paese in cui avevo amici, e intendo amici veri, che, ad un certo punto mentre percorrevo vicoletti sperduti della città ritro-vandomi in posti al me del tutto sconosciuti, sentivo sgor-gare lacrime calde dalle guance.Poi mi rifugiavo nei posti più remoti del parco del Menago (sperando di ritrovare la via pricipale) e, mentre guardavo la natura sconfinata del parco, sentivo i rumori degli arceri più bravi tirare frecce con i loro spettacolari archi imitan-do quasi dei Robin Hood nella foresta di Sherwood; allora camminavo portandomi dietro il mio quadernino dei temi e mi mettevo a scrivere intere pagine sulla natura che mi attornava.Stavo lì ore ammirando e ascoltando ogni singolo animale che il comune ha gentilmente messo a disposizione all’in-terno del parco finchè non faceva buio; allora, a quel pun-to, dovevo andare sennò erano guai con i genitori.Mentre tornavo a casa porgevo gli occhi al piccolo canale che seguivo per ritrovare la strada pricipale che percorrevo sempre e osservavo il mio riflesso dietro gli alberi doman-dandomi dove ancora si potesse trovare un parco naturale così (ormai al dì fuori di lì c’era solo cemento); poi, scher-zando, mi ripetevo ad alta voce “a Bovolone puoi trovarlo” e mi mettevo a ridere.La notte mi buttavo sul letto, spalancavo le serrande della finestra e guadavo la luna di quel suo bianco puro, simile ad un colore angelico; accompagnata di quel suo blu inten-so e ripensavo a quale altra giornata fantastica ho passato in questa terra che ogni giorno sentivo di possedere un pò

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di più.Spero non fraintendiate, non possedere nel senso possessi-vo della parola ma nel senso di essere appartente a questa grande e unita comunità bovolonese di cui andrò sempre fiera.E poi arrivò il Natale e iniziarono a mettere le prime deco-razioni natalizie; io rimasi stupita quando la notte, passe-giando con il mio cane, le vidi.Erano strabilianti e sentivo, in un piccolo angolo della mia mente, una vocina che mi sussurò “è Natale e la tua casa te lo sta facendo capire rendendoti accogliente il posto più di quanto non lo fosse mai stato”; quelle luci mi stregarono gli occhi, era come se quelle luci le avesse montate la dea Venere e ora mi stesse stregando con la sua lingua amma-liatrice.Poi, un signore mi chiese se stavo bene, effetivamente pen-so che tutti mi avrebbero presa per pazza se restavo ancora lì a guardare quelle luci lì ferma impalata.Comunque, morale della storia, restai tutto il giorno fuori a percorrere i confini di Bovolone cercando di non saltare nessuna decorazione natalizia che valesse la pena guarda-re.Ma penso che la cosa, per quanto stupida, che mi ha preso di più è stato l’odore del biscottificio.Ricordo quando, per la prima volta, tornando dai centri sportivi sulla via della scuola con una temperatura abba-stanza fresca, all’improvviso vennì assalita dall’odore di bi-scotti che mi fece tornare a casa con una fame da lupi.Insomma io volevo dire grazie a questa città favolosa per quello che ha fatto per me, io le sono grata per avermi fatto conoscere amici, avermi fatto vivere in natura, avermi dato

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semplicemente FELICITÀ; e con questa parola racchiudo o, almeno ho provato a racchiudere, tutte le emozioni che provo e che proverò per questa terra che io considerò mia patria, e al quale ho dedicato questo tema.Grazie BOVOLONE.

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NOTE INTRODUTTIVE: Cosa si nasconde dietro un pa-ese? Cosa si nasconde dietro il MIO paese? È una do-

manda che mi sono, da sempre, posto. Considero la storia come il miglior strumento per comprendere ed apprezzare il presente. Da sempre mi sono chiesto cosa è stato Bovolo-ne nel passato, senza darmi risposta. Con questo racconto ho voluto immaginare Bovolone come grande metropoli, trasformando un paesino di campagna in una fiorente ca-pitale. Spero che questo racconto, una fantasiosissima in-terpretazione della storia diverta me come ha divertito voi.Com’era Bovolone nel passato? Era la capitale di un fioren-te impero o un piccolo accampamento romano? Un grande centro artigianale o una campagna? Era abitato da artisti, letterati, musicisti, dottori, attori… o da analfabeti? Era oc-cupato da grandi e maestose ville o da tende di fortuna? Ebbene, per quanto gli storici si siano impegnati e sforzati, ancora oggi questo è un mistero. Essendo al corrente che questa mia impresa può risultare utopistica, ho deciso, co-munque, di ripercorrere alcuni tratti dei tempi ormai lon-tani e di descrivere come, probabilmente, poteva essere il mio paese nel passato.Consultando gli antichi testi conservati negli archivi del-la biblioteca e visionando i reperti recentemente scoperti, sono stato in grado di ricostruire i trascorsi tempi.Proprio nel 476 d.C. il vasto impero occidentale, con capi-tale Roma, venne definitivamente sconfitto. Associamo la colpa alle popolazioni barbariche che attaccarono i confini.

L’INCREDIBILE STORIA DI BOVOLONEdi Giacomo Brunelli

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Dopo la deposizione dell’ultimo imperatore, Romolo Augu-sto, che all’epoca aveva solo dieci anni, l’impero si divise in tanti regni, principalmente di dominazioni barbariche. La zona di Bovolone, tuttavia, riuscì a rendersi indipendente e a formare una Città-Stato. Dovete sapere che, allora, si chiamava Bodolonus, ovvero “Città delle rane”.Dalla coltivazione del grano e di altri prodotti, ricavò il cibo necessario per la vita di tutti i suoi abitanti. Il periodo in-torno al 500 d.C. fu il secolo d’oro della nostra cittadina; questo grazie al ricavato della vendita di tutti i prodotti agricoli in eccesso. È proprio in quest’epoca che nascono le prime idee espansionistiche; difatti la popolazione stava notevolmente aumentando e occorrevano nuovi territori in cui poter abitare e coltivare. Nel 507 d.C. i confini varia-vano dalle Crosare a Bellevere, da Villafontana a San Pie-rin. Effettivamente non era un territorio molto vasto, ma i ventimila abitanti trascorrevano le loro giornate in pace e allegria.Sempre animato con musica e balli, era il centro, cuore del-la vita sociale di Bovolone, nel quale si svolgevano banchet-ti offerti dai ricchi proprietari terrieri. È proprio in questo momento di benessere che il re Leone I decise di partecipa-re alla prima guerra di espansione. Dovete sapere che il 19 maggio 507 d.C, quando erano le cinque del mattino re Leone, con quattrocento contadini ben armati, partì da Bodolonus e raggiunse Legnugarum (odierna Legnago). Appena arrivato dovette oltrepassare le mura di confine che si ergevano alte e imponenti. Non fu un’impresa facile, ma grazie alla bravura dei suoi soldati Leone riuscì nell’intento. Colse i legnaghesi allo scoperto. Solo alle tredici aveva con-

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quistato quasi tutta la città, mancava solo la fortezza (di cui oggi rimane solo il torrione). L’ultima tappa: la conquista del castello, era stata attesa e sognata da molto tempo e quel giorno fu finalmente realizzata. Prima abbatterono il cancello, erano restati solo in cento-cinquanta, contro duecento guardie, sembrava un’impresa impossibile! Arrivate le quattordici erano riusciti a oltre-passare il portone d’ingresso e raggiungere le prime stanze. Il re e la regina di Legnugarum li attendevano nel salone del trono, protetti da trenta guardie. Erano restati solo ven-tidue dei soldati di Leone, ma erano i più valorosi dell’inte-ro gruppo. Guidati dal loro re sconfissero tutte le guardie. Quella sera, al rientro, Leone si presentò vittorioso con due corone: quella di Bodolonus e quella di Legnugarum. Erano tornati solo in quindici, ma erano tornati da eroi, gli unici sopravvissuti, gli unici superstiti di una sanguinosa batta-glia nella quale centinaia di vite vennero sacrificate per il bene del proprio paese. Ancora oggi ricordiamo quel gior-no come il più glorioso della storia di Bovolone.In seguito all’annessione di Legnugarum re Leone I conti-nuò la sua campagna espansionistica; conquistò prima Ve-rona, poi Vicenza, gran parte del Veneto e infine la zona cir-costante a Mantova. Il sovrano non volle spostare la capita-le in altre città, ma preferì costruire il palazzo reale proprio a Bovolone. Grazie a questa sua decisione la popolazione aumentò notevolmente. Nel 529 d.C. si registrarono ben duecentomila persone. Le case povere dei contadini venne-ro abbattute e al loro posto furono eretti numerosi palazzi ampi e maestosi. Mi diverte molto immaginare i parenti di queste persone, magari trasferitosi in luoghi lontani, far ri-torno a Bodolonus e ritrovarsi in mezzo ad un’attiva città.

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Da lontano si poteva vedere la statua di re Leone innalzarsi dalla piazza. Le strette vie furono allargate per permettere il passaggio di carri e cavalli. La recentissima chiesa, co-struita al posto dell’antico tempietto, aveva di fronte la sta-tua di san Michele, arcangelo della guerra. In seguito alla conquista di Mantova venne istituito il Regno del Nord. Durante questo periodo nacque anche un altro regno: il Sa-cro Romano Impero, guidato da Carlo Magno. Il 29 settembre 538 d.C. morì il primo re del Regno del Nord. Salì al trono il suo primogenito Leone II. Anche se giovane non era certamente impreparato, infatti aveva già in men-te la conquista del Tironarum (Trentino), zona di estrema importanza strategica dalla quale si aveva una vista ampia sui territori germanici, e di Venezia, uno sbocco al mare economicamente di primaria importanza. L’11 maggio 539 d.C. Leone II partì con quattromila uomini per Venezia, alle due di notte. Come suo padre puntò tut-to sull’effetto sorpresa, era importantissimo cogliere l’av-versario impreparato e disorganizzato, anche se era ine-vitabile che qualche spia riferisse tutto ai Bizantini. For-tunatamente per lui i sovrani non prestarono particolare attenzione alle spie, posizionando solo qualche vedetta e qualche squadriglia male armata. L’incredibile bravura ereditata dal padre gli permise di manovrare l’esercito con straordinaria bravura e, malgrado alcune perdite, riuscì a conquistare la sua prima meta. Successivamente a quest’e-vento i commercianti riuscirono ad esportare le loro merci all’estero. Molto richieste erano la lana veronese, le collane vicentine e lo zaffiro padovano. Il 12 luglio 539 d.C. il re decise che era giunta l’ora di conqui-stare il Tironarum. Sia lui sia il generale Gregorio sapeva-

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no entrambi che le valli nordiche e le montagne non erano loro amiche. Anche se era estate e il pericolo del freddo era ormai scampato, sarebbe stato opportuno vestirsi adegua-tamente, inoltre una guerra lampo, come la precedente, era assolutamente una teoria da scartare. Si decise il luogo del-la battaglia: Bolzano. Per accedervi era necessario passare per le Alpi bellunesi. Re Leone II stabilì che sei armamenti da cinquecento persone ciascuno dovevano attaccare da zone diverse. In questo modo l’esercito longobardo non po-teva concentrare tutte le sue forze in un punto determina-to, ma doveva frammentarle all’ultimo momento. Grazie a questa tecnica il Regno del Nord ne uscì vittorioso.Le conquiste militari, seppur modeste, riuscirono a ravvi-vare l’economia, che negli ultimi anni si stava spegnendo, aumentando il capitale del regno. Grazie a questo i succes-sori di Leone II riuscirono a conquistare la Lombardia e il Piemonte (con la battaglia di Tullarovo), il Friuli-Venezia Giulia, la Dalmazia, la Croazia, l’Ungheria, la Svizzera, l’Au-stria e l’Italia centrale (senza toccare lo Stato Pontificio).In seguito a queste conquiste l’imperialismo del Regno del Nord si arrestò. Da società guerriera si trasformò in so-cietà colta. Innumerevoli letterati, filosofi, matematici, fi-sici e astrofisici risiedevano nelle principali città, chi natio di quelle terre, chi attratto da quel tipo di società. Fu una grande epoca quella tra il Seicento e il Novecento d.C. Se potessi decidere dove e quanto nascere, sceglierei proprio quel momento. Purtroppo i nostri avi non hanno pensato a preservare le loro opere e, se lo hanno fatto, devono ancora essere scoperte. Come si può ben sapere, tutto ha un inizio e una fine. Eb-bene anche il regno, o impero, del Nord iniziava ad avere i

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suoi problemi. Gli imperi circostanti erano pronti e vogliosi di attaccare alla prima possibilità. Le guardie presidiava-no ventiquattro ore su ventiquattro i confini, purtroppo i secoli vissuti pacificamente avevano causato una diminu-zione altissima dei soldati, ridotti a un piccolo gruppo. Que-sto causò l’arruolamento di molti intellettuali i quali non possedevano doti guerriere e quindi non erano in grado di sostenere eventuali battaglie.Inoltre i passaggi ereditari del trono tra parenti causò una divisione dell’impero, organizzato in province con ampia autonomia. Questo causò un ampio indebolimento. A cau-sa di questi notevoli problemi il regno si ridusse sempre di più ed andò via via scomparendo.Era giunta anche la sua fine…… per il momento.

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Bovolone è un piccolo paese disperso nella campagna, per molte persone non è niente, ma per me, questo pic-

colo paesino, è la mia Casa: qui vivono i miei amici, parte della mia famiglia e il bambino che c’è dentro di me, quel bambino che da piccolo immagina stravaganti storie tra le vie e i parchetti.Bovolone è formata da più contrade, le quali organizzano feste e giornate dedicate a giochi, soprattutto quelli che ne-gli ultimi anni vengono trascurati, ho sempre amato quelle giornate.Inoltre ogni contrada è munita di un parco giochi e dei campetti da calcio e da basket: luoghi perfetti per un pome-riggio libero.Bovolone è un paese molto sportivo: ci sono molte associa-zioni sportive: calcio, basket, atletica, pallavolo ecc. e sic-come non bastano le palestre a ogni ora c’è qualcuno che cammina o corre.Bovolone possiede una piccola riserva naturale: la Valle del Menago; quanti pomeriggi passati a giocare e scoprire sempre più sentieri nascosti… non era un passatempo, era libertà e puro divertimento. Oggi che sono cresciuto “la val-le” è diventata un luogo per trovarsi con gli amici, passare del tempo, giocare, parlare…Però il miglior posto per incontrarsi con gli amici rimane sempre e solo la gelateria Ketty!Bovolone ha la solita caratteristica dei paesini: sono rare le serate dedicate ai ragazzi o allo svago in genere, non rie-

CASAdi Diego Cevoloni

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sco a capire tutti quei ragazzi che sono in giro tutte le sere (come fanno?!).Il comune invita i cittadini a partecipare a numerose atti-vità, come corsi di lingue o spettacoli teatrali, i quali sono recitati dal gruppo Neverland (la compagnia teatrale di Bo-volone).Bovolone è anche famoso per la sua centenaria fiera di S. Biagio (santo protettore di Bovolone), il tema parte dall’ agricoltura e dai mezzi utilizzati e finisce con la presenza di ristoranti che tentano, con sforzi invani, di pubblicizzarsi.Bovolone non ha cinema, ha di meglio: due teatri, una bi-blioteca, un centro che fa spuntare la creatività ai ragazzi e università del tempo libero.Forse, a Bovolone, ci sono persone convinte dei propri prin-cipi radicali che non permettono la convivenza con perso-ne più sfortunate di noi; però conosco molte più persone di loro con convinzioni ben diverse dai loro ideali arretrati.Mi dispiace che Bovolone stia venendo dimenticato dalle persone che sempre più spesso vanno nei grandi centri commerciali, l’ effetto è la sparizione dei piccoli negozi che è sempre più normale.A Bovolone ha un grande influsso anche la chiesa, quasi tutti sono credenti praticanti, inoltre sono molte le inizia-tive della chiesa per i ragazzi e a volte anche per i suoi in-teressi.Qui non ci si annoia neanche d’ estate… ci sono le pisci-ne, la Valle del Menago la gelateria, gli amici e soprattut-to i centri estivi: dove giochi e conosci futuri amici, poi c’è anche il grest (organizzato dalla chiesa), non so come sia perché non l’ho mai frequentato, ma ne ho sentito palare molto bene.

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Questa è Bovolone come la vedo io, non so se tutti la pen-sano come me ma questa è una bellissima cittadina, spero che rimanga così, non voglio che nessuno la cambi.

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Sezione E

Elaborati in dialetto veronese

Riservata ad alunni frequentantila classe quinta della scuola primaria,

le classi prima, seconda e terzadella scuola secondaria di primo grado

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Quante vie ghe a Bovolon,mama cari che confusion!

In tuto ghe quatro contrade:Casela, Crosare, San Pierin e Caltrane.Al sie de genar inizia l’ano la CaselaCon na festa molto bela:l’è la “Festa dela Befana” con el briolodove se impiza un groso fogo.Segue dopo San Pierincon la “Festa del Susin”.Dopo vien la “Festa delo Sportivo” ale Crosare,dove se core, se magna e se fa le gare.E alla fine ghe le Caltranecon na festa molto speciale:l’è la “Festa dela Madona”che l’è proprio na gran Dona!Ma quel che rende specialele quatro contradel’è tuta la gente che senza ciapar scheila neta, la tien ben, e la se mete anca ai fornei.Lo savemo ben noaltri butiniparchè con le feste de clase e dei asilicatemo sempre un postesindove magnar un bon risotin.UN GRAZIE SPECIALE ALE 4 CONTRADE!!!!

LE 4 CONTRADEdi Gaia Stella

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Dove steto?A Bovolon …

El par proprio un parolon,ma vedendolo da dentro l’è un paesin poco contento.Gh’è le strade còle zonte,meze rote e meze a ponte,i marciapiè no te digo i par fati par castigo.No parlemo dei lampionii g’à sconvolto i neuroni, masa alti, masa basi, poca luce, pochi pasi.Ma sa gh’è da lamentarse! Gh’è la piaza tuta nova par de essar in via Nova,gh’è parcheggi a volontàpar ci vien e par ci và.Gh’è ‘na cesa imponenteche la tira tanta gente,gh’è la statua del Perseoche l’è quasi da museo.Gh’è la Valle del Menagoinvidià da quei del lagoe un bel gran marcà anca quando ghe bagnà.E g’avemo le contrade

BOVOLONdi Rebecca Barcotto

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San Pierin e le Caltrane,le Crosare e la Casela,sempre pronti con la gradela.Sa ‘olìo da Bovolon!L’è un paese rinomato la Mastena el n’a dato,e ‘na fiera importantecome quela del Levante.L’è un paese de mobilieri i g’a fato i schei fin a ieri, ma adeso la gran crisila g’a sbiancà tanti visi.E in piazza ogni matinase riempie la tazina,con ‘na ciacola e un lamentoi vecioti i pasa el tempo.L’è un rito questo qua, che el vien tramandà.‘Sa ‘olìo da Bovolon…qua se stà proprio benon!

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Finito di stampare nel mese di marzo 2017

© Associazione Comitato Genitori I.C. Franco Cappa Bovolone