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Scritti diPaolo Giuseppe AlessioJoseph SelinGabriella CuscinàAndrea IcardiNicolangelo LiscoMarzio Di MezzaMelisanda Massei AutunnaliRomano PitaroStefano RiccaMarco Saya

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AntologiaScritti di Paolo Giuseppe Alessio Gabriella Cuscin Andrea Icardi Nicolangelo Lisco Marzio Di Mezza Melisanda Massei Autunnali Romano Pitaro Stefano Ricca Marco Saya Joseph Selin

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Presentazione Questa antologia avrebbe dovuto vedere la luce nel 2002 per i tipi di Araba Fenice, poi, per vari motivi, non se ne fatto nulla. Adesso per, approfittando delle nuove tecnologie, cogliamo l'occasione per riproporla, convinti che la buona letteratura non invecchia mai.

Scritti di Paolo Giuseppe Alessio Gabriella Cuscin Andrea Icardi Nicolangelo Lisco Marzio Di Mezza Melisanda Massei Autunnali Romano Pitaro Stefano Ricca Marco Saya Joseph Selin

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Cari amici, confesso che scrivere anche solo poche parole per presentare me stesso mi mette in imbarazzo. Non credo davere molto da dire, se non che mi sono laureato nel febbraio 2000 in Filosofia Teoretica allUniversit di Torino, con una tesi sulla lettura data da Emanuel Lvinas al Libro di Giobbe, che lavoro presso un centro di formazione professionale e ho molti amici; questo della mia vita privata quasi tutto. Aggiungo che scrivo dallet di sei anni e che il mio primo racconto, se ricordo bene, avrebbe dovuto narrare un viaggio sul deserto di Libia a bordo di un minuscolo aeroplano. Si vede che ho sempre provato il gusto per lerranza e il vagabondaggio. Di quel racconto, ovviamente, non mai stato scritto nemmeno lincipit. La novella che invio per la Vostra Antologia fa parte di una raccolta ormai ampia in cui sviluppo il tema del ritorno a casa. Ho intitolato la silloge Racconti della Familiarit. Nulla vieta di immaginare la casa in senso architettonico, come mura domestiche magari adorne dei disegni di bambini e scaldate da una presenza femminile, ma io ho in mente qualcosa di pi metafisico. Penso, insomma, a quella specie di porto interiore nel quale ogni tanto bello ritornare. Spesso capita che la via del ritorno sia difficile, segnata da incontri affascinanti e vicende belle e brutte. Capita che la via del ritorno duri una vita Nel racconto Lisola, in particolare, cerco di descrivere lo stato di alienazione in cui ci si pu trovare quando vengono a mancare rapporti diretti e vivi con il mondo esterno e le persone, quando, in altre parole, ci si chiude nel pi completo isolamento. Lidea del racconto mi venuta leggendo un articolo di giornale in cui era descritto il modus vivendi del bel mondo a Capri, negli anni 20.

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Lisola Arriv sullisola senza far rumore, dallapprodo di servizio, riservato al trasporto delle merci, dei generi alimentari e degli oggetti di lusso, dei pani, dei pesci e dellavorio di Zanzibar. Scese sentendosi pi acuminato e nobile di una zanna delefante, ma vestito male e con la bocca tirata, assomigliando in questo alla pi umile ciabatta. Piccolo di statura, asciutto ma robusto nelle membra, con una strana inquietudine nello sguardo nero, ironico e preciso, lo accompagnava una bambina di circa dieci anni, assorta e sorridente, bianca e lunare. Tacevano, distratti dal sole, dal rollio dellimbarcazione e dalla sagoma alta e accigliata dellisola, che vista da quellapprodo sembrava la nuca sensibile e nervosa di un rapace. Sbarcarono nellacqua bassa e camminarono a lungo sul fondo pietroso del mare, inzuppando sandali e piedi. Ad un tratto, senza distogliere lo sguardo vago e sognante dallisola, la ragazzina disse: Emanuele, che ci siamo venuti a fare quaggi? Il giovane uomo sorrise e, accarezzandole la spalla, rispose: Siamo venuti a cacciarci nei guai, cosa credevi? Ah, ecco, volevo solo esserne certa, sorrise la piccola. I due amici si sistemarono in una spelonca di pescatori. La piccola

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Caterina non si era ancora stesa sul letto a riposare, che la notizia del loro arrivo era gi corsa per tutta lisola, diffondendo un fremito tra le penne pietrose del rapace. Laquila di pietra pot osservare, sotto il becco adunco e ghignante, il frenetico via vai degli abitanti il lato nobile di quel mondo sospeso in mezzo al mare. Come una vecchia pettegola e ansiosa, la notizia trotterell tra i tavolini dei caff del corso e del lungomare, allombra delle foglie di agave. I sorridenti gentiluomini seduti tra ombrelloni, belle donne e coppe di champagne incresparono il loro sorriso, e un moto di fastidio percorse le loro labbra tumide, mai sazie di piacere. Le signore si chiusero un istante nei preziosi scialli e qualcuna chiese: Caro, ci che abbiamo lo continueremo ad avere? Molte non ottennero risposta, e solo le pi desiderate si sentirono dire: S, ma dobbiamo agire in fretta: domani potrebbe essere tardi Al tempo della nostra storia lisola era il rifugio fluttuante della parte migliore del genere umano. I suoi abitanti davano prova di s sulla terra ferma, negli affari, nelle libere professioni e nello spettacolo e sullisola si rifugiavano per distendere i nervi e per godere il riposo di un mondo immobile. Restando ore ed ore con le mani in mano, o accarezzando le belle forme di una statua, di un cane o del preferito tra i propri simili, gli uomini forti radunati sullisola tentavano di sottrarre al divenire e alla metamorfosi il 5

potere sul loro tempo. Celebri artisti e musicisti, con lunghi sforzi di concentrazione e con laiuto di molti bicchieri, riuscivano a udire applausi scroscianti e lunghi settimane intere. I pi fanatici arrivavano a credere che il fragore del mare applaudisse per loro. Gli uomini daffari potevano, con il piccolo aiuto del laudano, gustare allinfinito il sapore forte e inebriante della vittoria. Gli amanti trascorrevano ore languidamente abbracciati, troppo stanchi e fiacchi per muovere insieme i loro corpi, e ad occhi chiusi ricordavano con nostalgia il primo scambio di sguardi damore. Ma era pi la fatica di ricordare che il piacere del ricordo. Tutti cercavano di imbalsamare o conservare in formalina la parte migliore della propria vita; a nessuno passava per la mente che il meglio fosse ancora di l da venire e che i loro ricordi, come tutta lacqua nella scia del passato, fossero anchessi mutevoli e soggetti al divenire. La prima notte i due amici dormirono indisturbati. Caterina sogn qualcuna delle mille avventure vissute insieme. Rivisse i lunghi pomeriggi trascorsi a Parigi, dalle parti delle Halles, a suonare lorganetto e a far roteare nel cielo plumbeo della Capitale i birilli e le mazze colorate da giocoliere. Le capitava spesso di ritornare in sogno alla Ville Lumire e sebbene Emanuele fosse sempre al suo fianco, sempre ironico e assorto nei propri pensieri, i palazzi e le vie della citt erano talmente 6

diversi di sogno in sogno da far sorgere nella sua testolina poetica il dubbio che esistesse davvero, quella citt meravigliosa. Lindomani ricevettero la prima visita. Alle nove di mattina, quando Emanuele leggeva sul giornale dellisola le notizie del giorno, attento e concentrato come se quei fatti minimi lo riguardassero, e mentre Caterina si divertiva con le avventure illustrate di Sinbad il Marinaio, un buffo omino pass a trovarli. Sbuc allimprovviso dallangolo di una casa. E difficile dire se fosse appostato l dietro da secoli o se avesse lasciato da poco la sua comoda casetta sul lato opposto dellisola. Cari amici, un vero piacere fare la vostra conoscenza. Permettete che mi presenti: sono Regolo, il borgomastro. Abbiamo saputo del vostro arrivo e cos sono venuto a darvi il benvenuto. Emanuele e Caterina, vero? Dovete sapere che ho sempre avuto un intuito fenomenale per i nomi. Vi prego, tuttavia, di informarmi se per caso mi sono sbagliato. Non vorrei perseverare e radicami nellerrore. Sarebbe diabolico, non vi pare? Immagino che siate parenti Perdonate la mia curiosit, ma la carica di borgomastro mimpone di conoscere a fondo i costumi degli abitanti dellisola, siano pur essi ospiti di passaggio. Nessun grado di parentela? Una semplice amicizia tra un uomo e una bambina? Una bambina, gi Nulla di scabroso, voglio sperare. Con i tempi che corrono non si pu escludere nulla. Impossibile formalizzare il vostro rapporto? Bene, quand cos vi prego di 7

limitare allo stretto necessario il soggiorno sullisola: fate qualche bagno di sole, visitate magari le grotte marine, e poi tornate a casa. Noi non amiamo le innovazioni sociali... Nulla di personale, sia chiaro. Siete invitati a tornare tra qualche anno, uniti dal sacro vincolo del matrimonio. Concluso il suo bel monologo, il borgomastro spar dietro allangolo dal quale era sbucato e i due amici non seppero pi nulla di lui. Udirono solo i rumori del suo corpo nellallontanarsi, il battito pesante dei passi, i borbottii dellenorme stomaco sazio di piaceri, straripante di vita. Non videro pi, se non in qualche incubo, il viso stupido delluomo che sullisola era andato per primo incontro al pericolo. Bene Caterina, il momento di fare il nostro famoso giro dellisola Famoso, perch?, chiese la ragazzina, con il viso attento. Perch famoso? Perch lo diventer, che domande! Li faremo talmente impazzire che ci vorranno anni perch si dimentichino di noi! Ma Emanuele, come puoi saperlo, nemmeno li conosci! Emanuele pens che la domanda di Caterina fosse pi che giustificata, e allora le raccont di essere gi stato sullisola, anni prima, e di avervi soggiornato come membro riverito del mondo dei forti. Poi, qualcosa - ma questo non lo raccont alla giovane amica - lo aveva condotto lontano. Emanuele ricordava che il suo 8

non era stato un rifiuto morale: aveva ingannato e truffato anche lui, traendone piacere. Semplicemente, ad un certo punto non era pi riuscito a vivere sullisola e un senso di vuoto lo aveva afferrato alle spalle. Cos aveva rinunciato allimpiego di prestigio, ai benefici della sua posizione, agli inchini e alle riverenze. Non si era pentito di passare da uno stipendio da sogno ad una paga da sussistenza. Aveva accettato la cosa, come si accettano i fenomeni naturali. Nessuno, del resto, s mai dannato lanima per aver preso pioggia il giorno del proprio matrimonio Ma allora, aggiunse Caterina, mentre il trenino a scartamento ridotto li portava dallaltra parte dellisola, ma allora perch ci vuoi tornare? Per rinfrescarmi la memoria. Solo per questo I due amici visitarono per prima la sede del quotidiano locale. Dietro alla scrivania, barocca e sfarzosa, ma di pessimo gusto, scarabocchiava, come sempre la mattina, il direttore del giornale. Toh, chi non muore si rivede, disse il direttore, levando solo per un istante gli occhi da un fogliaccio tutto ricoperto della sua zampettatura da gallina. A vedere il foglio, Emanuela pens ai tristi calcoli di un ragioniere da strapazzo o al conto del macellaio. Non ho tempo per te, Emanuele! Cosa sei tornato a fare? Non ti ancora venuto il vizio di lavorare? Io sono in piedi dalle cinque per sistemare questo articolo. A proposito, leggi le prime righe e dimmi se c qualche errore. Sai che la grammatica non mai 9

stata il mio forte! Ora non ne ho voglia, Enzo. In ogni caso, noto subito che manca un apostrofo. Hai sempre avuto bisogno dei grammatici, Enzo, ma non li hai mai amati. Sar meglio che vada, o non finirai il tuo articolo Nulla di personale, Emanuele. Ti ho solo trovato troppo inquieto per fare il nostro lavoro. Tutto qui. Spero che tu abbia di meglio dalla vita. Ti consiglio di lasciare lisola, non posto per te. E un consiglio paterno, credimi. La bambina figlia tua? In ogni caso, non ha alcuna importanza. I due amici sinoltrarono per i carruggi e i vicoli stretti. Ad Emanuele sembr di essere tornato indietro nel tempo, a quando, da bambino, camminava in compagnia di sua madre per i budelli liguri, ed era convinto che la vita avesse la ricchezza di una fiera di paese. Giunsero ai piedi di un palazzotto barocco. Qualcuno, da una casa accanto, rovesci un pitale, ma di certo si tratt di un caso. Si sentirono sbattere gli scuri a molte finestre. Nemmeno ai tempi delle pestilenze gli abitanti dellisola erano stati cos sospettosi e diffidenti. Quale dei tuoi amici andiamo a trovare ora, Emanuele?, chiese Caterina. Oh, ti far conoscere il pi matto di tutti. Ti voglio presentare nientemeno che uno scrittore di successo! Chiss che non abbia 10

qualche lavoretto per noi Salirono dallo scrittore di successo. Emanuele sapeva che forse proprio di successo non era il caso di parlare. Allattivo dello scrittore erano appena tre racconti, di cui il secondo era limitazione del primo e il terzo ladattamento del secondo. Tuttavia, poich lautore, alla pubblicazione delle sue opere, si era sentito subito un granduomo e una persona importante, lattributo di scrittore di successo ci pu anche stare. Lo scrittore di successo viveva in un paio di stanze foderate di libri, un quartierino ottimo per uno scapolo, piazzato proprio in centro citt, ad una ventina di metri dai banchi di frutta e verdura durante giorno e dalle puttane nelle ore della notte. Accanto alle opere dei classici e dei contemporanei, che aveva letto per lo pi in riduzioni e compendi, lo scrittore aveva raccolto infinite copie dei suoi tre racconti. Per distinguerli, visto che era impossibile riuscirvi dal contenuto, aveva chiesto che i volumi, oltre che per il titolo, differissero per il colore dei dorsi. Cos le due stanze erano tutte unarlecchinata di giallo, verde e blu. Osservando i libri, a volte nello scrittore nasceva il desiderio di fuggire in Brasile, a godere le sue miniere doro, le foreste e il mare blu. Poi pensava che anche laggi il suo sarebbe stato un successo privato e lasciava perdere. Le due camerette ricolme di libri non erano tutto. Esisteva una terza stanza, oscura e misteriosa, chiusa da una pesante porta nera, disseminata di pesanti borchie e foderata di cuoio, lucido e 11

levigato come la pelle di un uomo in salute. La porta si apriva con uno scricchiolio sinistro, cigolando sui cardini. Nelle notti dinverno, quando il vento gelido spazzava le vie desolate dellisola, percorse solo da qualche gatto, molti sonni erano turbati e popolati da incubi dallagghiacciante dischiudersi dei cardini. In quelle notti, molto pi che nella bella stagione, lo scrittore dal successo privato entrava nella stanza, richiudeva la porta infernale dietro di s, e urlava alle quattro mura il dolore della sua solitudine. Quando la nera cagna della disperazione lo azzannava con pi ferocia, il pover uomo cercava di ferirla e ucciderla straziando se stesso con i mille oggetti acuminati nascosti nelle tenebre. Poi, placato il mostro, si trascinava a letto, e riposava come un sasso. A volte era cos fiero della lotta sostenuta che, dal fondo del suo sonno solitario, germogliava, bianco tenero e candido, il giglio del sorriso di una donna, conosciuta chiss dove. Se non scriveva, lo scrittore trascorreva le ore del giorno seduto alla preziosa scrivania, e palpava con mani avide il piano ricoperto di cuoio pregiato, ornato in oro zecchino. A parte le palpate, non faceva assolutamente nulla. Non pensava a racconti da scrivere, ma fissava il proprio viso riflesso nello specchio di fronte a s. Lo fissava cos a lungo da non distinguere, infine, i lineamenti. Assente ogni espressione, il suo diventava un viso bianco, 12

confuso e lattiginoso, non raffigurabile. Come era diverso il suo sguardo da quando, catturato dallispirazione e dalla tenace volont di scrivere qualcosa di originale, lo scrittore vergava i fogli di carta con la sua grafia minuta, libera e nervosa. Allora s!, allora il suo sguardo era luminoso come quello di un bambino di fronte ad unaltissima cascata. Scriveva per lo pi opere comiche, tratte dalla vita quotidiana. Definiva il suo stile neorealismo, incurante dessere anacronistico. Osservava gli abitanti dellisola e ne descriveva linvolontario ridicolo. Quello era il suo modo di sopravvivere e di resistere al pensiero dominante. Nei discorsi pubblici era ossequioso e riverente, non una delle sue parole andava mai contro lisola e i suoi vanesi abitanti. Il mondo dei forti era irriso solo nei racconti che scriveva per il suo successo privato. Peccato che in anni di fatica solo tre racconti fossero davvero usciti dalla sua fantasia, e che dei tre il secondo fosse la copia del primo e il terzo ladattamento del secondo. Peccato che nessuno potesse leggere i racconti scritti solo nella sua fantasia e ridere delle scene di vita quotidiana che li popolavano. Tutti gli incredibili personaggi che la sua arte toglieva dalla strada per depositare nellimmaginazione, nellimmaginazione rimanevano, come note mai suonate di un pentagramma. Per alcuni di essi, forse, era meglio cos. Che avrebbero fatto nel mondo reale? Era meglio cos per la vecchia e oscena moglie del gerarca dellisola, talmente viziata dal cibo e dal 13

vino da scendere a fatica, a soli cinquantanni, gli scalini della chiesa. Che bella finzione!, diceva la vecchiaccia, con un lapsus grottesco. Come ha parlato bene il parroco di mio marito! Gliele ha cantate soavi ai soliti disfattisti, a quelli che preferiscono le gite e le scampagnate al sudore della fronte. Ecco l uno, invece, che non esce mai!, e la donna indicava lo scrittore di successo, appartato sotto lombrellone di un caff a gustarsi in silenzio luscita fragorosa dei devoti dalla messa. Dicono che scriva, che scriva sempre!, si scaldava la donna, dimenando i cumuli di grasso del gran culone e vacillando pericolosamente sulle zampette gottose. Si lasciava andare ad una grassa risata e aggiungeva: Ma che cosa scriva, oh signore!, non lo sa nemmeno lui! Da ragazzo, ancora ai tempi dellUniversit, lo scrittore aveva pubblicato un articolo di fuoco contro gli abitanti dellisola su di un foglio clandestino del continente. La moglie del gerarca, che ricordava a stento il nome della piazza del paese, non aveva dimenticato laffronto. Spesso la sera, prima di prendere sonno, rileggeva il vecchio ritaglio di giornale, e grugniva alloscurit della stanza. Poi spegneva la luce, abbracciava il marito, e per miracolo gli regalava momenti destasi, fresca e infiammata come la prima notte di nozze. Lo chiamava cucciolo mio e mio eroe e dopo lamore pregava la Madonna di conservarlo sempre al suo fianco. Peccato che il successo dello scrittore fosse unicamente privato e 14

che trovasse alimento solo nella fiducia dellautore nelle proprie doti letterarie. Ma peccato fino ad un certo punto Scrivere dava allo scrittore un tale piacere che egli avrebbe desiderato, letteralmente, vivere scrivendo. Il suo desiderio sarebbe stato abbandonare la vita e lo scorrere bizzoso dei giorni per dedicare tutto se stesso, come in una preghiera, al tempo immutabile del racconto. Un tempo facile da azzerare a piacere, ricominciando da capo la lettura. In una vita abbastanza lunga di successo privato, lo scrittore era riuscito a concepire solo queste piccole riflessioni sul tempo e sullarte di scrivere. Tentando di affinarle passava i giorni, e non era molto diverso dagli altri abitanti dellisola. Come tutti loro era terrorizzato dai cambiamenti. Emanuele e Caterina bussarono alla sua porta senza preavviso, battendo tre volte il battente sul legno pregiato. Il padrone di casa prese tempo, disse di trovarsi en deshabill, corse allo specchio a controllare di essere presentabile, avvolse un foulard di seta intorno al collo tirato per la tensione, si chiuse un minuto nella stanza degli urli a sfogare lansia invincibile. Lesse per farsi coraggio alcune righe di un suo ultimo lavoro, le sole che avesse scritto nellultimo anno. Diede la stura alla sua completa follia; quindi, pallido come un cencio, and ad aprire. Siamo venuti a trovarti, Stefano, speriamo di non disturbare, disse Emanuele, alzando il mento per fissare negli occhi laltissimo scrittore. La fama del tuo successo giunta sul 15

continente, ma noi non siamo venuti per questo. Ci fai entrare? Prego, siate i benvenuti! Lo scrittore fece accomodare i due scocciatori nello studio: Emanuele sedette su di una vecchia ma comodissima poltrona di pelle verde e Caterina, leggera come una piuma, si accomod sulla bracciolo ampio e accogliente. Stai bene, Stefano, chiese Emanuele. Perch me lo domandi? Non mi vedi da dieci anni e la prima cosa che mi dici se sto bene? Mi sento violato, abbi pazienza! No, che prima che aprissi abbiamo sentito delle urla. Tieni qualche bestia feroce con te? Bestia feroce? Non so di cosa tu stia parlando. E poi, la bestia feroce potrei anche essere io Non abbiamo paura, se per questo, vero Caterina? Verissimo, disse la bambina, e una luce abbagliante le si accese negli occhi. Lo scrittore se naccorse, trem e subito chiese: Sei venuto per la tua vendetta? Dopo tanti anni pensavo che te ne fossi dimenticato Ti riferisci al plagio? Di cosa dovrei vendicarmi? Lunico racconto originale lo hai scritto copiando me. Nel secondo hai plagiato te stesso e nel terzo beh, nel terzo non sai nemmeno tu cosa hai scritto, ma di sicuro hai copiato anche quello! Non sei gentile, Emanuele, ma dici la verit Quindi, lo scrittore deglut, per riuscire a parlare, quindi non sei venuto ad uccidermi? 16

Uccidere te? Ma ti pare che andrei in giro con una bambina, a commettere omicidi? E io cosa ne so? La piccola potrebbe essere langelo della morte Anche questo vero, non ci avevo pensato. Ma io non sono langelo della morte, mi dispiace deluderla!, disse Caterina. Ascolta Stefano, la verit che io e Caterina siamo venuti a trovarti per capire meglio come lavora uno degli scrittori pi famosi del paese. Da dove trai lispirazione, quale genere prediligi, e cos via Oh, ma io ho parlato abbastanza! Tocca a te, Caterina! La piccola salt gi dal bracciolo e and a sedere di fronte allo scrittore, come in un esame scolastico. Una goccia di sudore freddo col sulla fronte dellinterrogato. Cosa ti piace scrivere?, domand la bambina. Lo scrittore rest qualche minuto in silenzio e si domand dove la domanda volesse parare. Poi, credendo che non nascondesse particolari pericoli, rispose: Scrivo per me stesso, piccola mia, per arricchirmi. Nei miei racconti parlo delle persone che ho conosciuto. Mi piace metterle sulla carta e farle parlare con le parole che mi sembra stiano meglio sulle loro labbra. Hai mai notato, piccola, come alcune persone dicano cose che stanno malissimo sulle loro labbra? Ho conosciuto, ad esempio, donne dal viso dolcissimo, pieno damore, che avevano sulla bocca solo 17

parole di disprezzo e di freddezza per me. Non lo trovi ingiusto, piccola? Emanuele mi ha insegnato che a questo mondo c libert di parola!, rispose la piccola, pronta e attenta. Ah, cos le hai insegnato tu?, disse lo scrittore, tendendo i muscoli della gola in una smorfia. Le ho insegnato a dire sempre ci che pensa lei ha un po esagerato. E una bambina ottimista, Stefano. Negli occhi dello scrittore fiammeggi un lampo. Vorresti essere il personaggio di un mio racconto?, chiese a Caterina, sporgendo in avanti il lungo e scarno busto. La piccola sent il fiato delluomo sul viso e quellodore le ricord la corsia di un ospedale. Nel mio racconto avresti tutto ci che desideri, le altre bambine ti guarderebbero con ammirazione e invidia. Farebbero la fila per venire a giocare con te! E poi ti farei crescere bella! S, nel mio racconto saresti una donna bellissima, amata dagli uomini e temuta dalle altre. E non invecchieresti mai, non invecchieresti mai, sussurr luomo, passandosi la lingua sulle labbra scarne, consumate dalla solitudine e da mille baci al muro. Nel tuo racconto sarei molto sola, disse la bambina, sorridendo con leggerezza. No, non voglio essere il personaggio di un tuo racconto. Emanuele, portami via I due amici uscirono dal palazzo dello scrittore di successo, lasciarono la cittadina e tornarono senza fretta dallaltra parte dellisola, per riprendere il mare dallapprodo di servizio. 18

Tacevano. Emanuele pens che non sarebbe mai pi tornato in quel posto sospeso in mezzo allacqua e al tempo. Per la prima volta, cap che solo il gusto dellorrido avrebbe potuto ricondurlo nel regno decaduto dellaquila di pietra. Perch godere delle disgrazie altrui? Non sarebbe carino! A notte fonda, mentre Caterina dormiva appoggiata alla spalla dellamico, cullata dalle onde materne del mare, lo scrittore di successo era chiuso nella sua stanza, davanti a un foglio di carta di Cina. Con il sorriso sulle labbra, scriveva e riscriveva un verso che aveva sempre saputo, ma che per qualche strano motivo si era pietrificato scomparendo dal suo cuore. Era il verso di John Donne: Nessun uomo unisola. Caterina glielo aveva ricordato. Paolo Giuseppe Alessio Scritto il 31 luglio 2002

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Nata a Trapani il 22/09/1949, sposata senza figli, Gabriella Cuscin, vive a Palermo dove, da oltre ventanni, insegna lettere nella scuola media statale. Laureata in lettere classiche, ama viaggiare per il mondo, curiosa e attratta da ci che diverso e bello. Da sempre appassionata lettrice di libri, ha scoperto la sua vocazione a scrivere grazie ad un computer portatile e ha cominciato quindi a scrivere quasi per gioco. Sul lago Dahl Un bus stracarico di uomini, avvolti nei loro turbanti, arrancava per una strada impervia della regione del Kashmir indiano. I poveretti erano stipati dentro un malandato veicolo ed alcuni sedevano pure sul tetto. Ad una curva, le ruote slittarono sulla fanghiglia ed il conduttore perse il controllo del mezzo. Si ud il sibilo dei freni, poi uno sferragliare meccanico. Al di sotto della strada, un burrone scendeva verso le rive del lago Dahl. Impennandosi di fianco, il bus si capovolse ed inizi a precipitare in quella scarpata. Urla, gente schizzata fuori, rumori raccapriccianti. Poi niente. Solo un silenzio di morte, interrotto ogni tanto da qualche esile lamento. Con la sua jeep, in quel momento, si trovava a passare il tenente italiano Mauro Bei, del gruppo 20

Osservatori delle Nazioni Unite. Era un ufficiale di carriera e sera arruolato nellONU per allontanarsi dal reggimento ove prestava servizio e soprattutto da Gianni, suo amico di sempre. Quanta invidia, quanta acrimonia avevano rovinato la loro solidariet! Facevano entrambi lo stesso mestiere di militari abituati alla disciplina, al senso del dovere. Ma la rivalit e il desiderio di primeggiare sono come lacqua che, prima o poi, corrode i ponti. Ed avevano corroso i loro rapporti. Adesso Mauro era sereno, lontano migliaia di chilometri e sempre a contatto con della gente completamente diversa da quella che aveva mai conosciuto. Gente povera, ma dalle antiche tradizioni, che il progresso aveva scalfito appena. Gente dallo sguardo dolce e rassegnato. Con il suo gruppo di ufficiali Osservatori, viveva lavorando molto spesso alla radio, da cui comunicava, in lingua inglese, tutto ci che poteva aiutare a mantenere la pace tra due popoli fratelli, ma divisi da due religioni diverse, in quel lembo del mondo, in quella terra tormentata sulla linea del tra lIndia e il Pakistan. Nei giorni di riposo, aveva viaggiato ed aveva conosciuto posti incantevoli. Aveva fatto esperienze nuove ed aveva iniziato ad abituarsi alle usanze, al cibo, alla lingua di quelle persone. Che paesaggi affascinanti! Nei suoi occhi, quanti monumenti antichi che affondavano le loro radici 21

nel cuore dellumanit! Aveva preso ad amare quei luoghi, a scoprirli sempre con rinnovato piacere. Gli ufficiali alloggiavano molto spesso case galleggianti sul fiume Dahl. In quel periodo, Mauro occupava una house-boat, insieme ad alcuni colleghi. Ricevevano ospiti importanti e avevano a servizio un personale costituito da Kashmiri di nazionalit indiana, ma di fede musulmana e cuore pakistano. Settimanalmente, un piccolo aereo da trasporto canadese, atterrando nel vicino aeroporto, depositava per loro tante varie ed abbondanti derrate alimentari ed ogni altro genere di necessit. Una sera, erano arrivati da Srinigar degli uomini anziani e gli ufficiali li avevano invitati a cena. Mentre mangiavano, uno dei pi vecchi aveva cominciato a narrare una antica leggenda del Kashmir. Quando guardi le stelle aveva detto e in una di loro intravedi una persona cara, ma non ne sei sicuro a causa della distanza, volgi lo sguardo dalla tua house- boat verso le acque del lago Dahl. Se quella persona ti vuol bene, la vedrai rispecchiare nelle sue dolcissime acque. Cos nelle notti successive, Mauro cominci a guardare gli astri stando seduto sul terrazzino della sua casa galleggiante. I riflessi della luna sulle sponde del lago creavano unatmosfera irreale, di sogno. In lontananza, 22

sintravedevano le ombre di alcune antiche pagode, gli alberi stagliavano contro il cielo le loro fronde come tante braccia protese in preghiera. Sar stata la suggestione o quel paesaggio da fiaba, ma il tenente aveva proprio limpressione di scorgere, nelle stelle, il viso di Gianni. Con quel ragazzo aveva condiviso tutta una vita! Erano stati amici per la pelle, confidenti, complici in tante avventure. Poi il lavoro li aveva divisi, ma lamicizia dura a morire quando si cresce, si studia, si gioca assieme. Gianni! Ricordava le risate, i divertimenti, gli scherzi. Ancora nessuno dei due aveva trovato la ragazza adatta cui vincolare la propria libert. In vero ci avevano provato spesso, ma con scarsi risultati. Mauro aveva conosciuto suor Priscilla, in una Missione cattolica, un po scuola un po ospedale. Faceva parte della congregazione fondata da Madre Teresa di Calcutta. Era una oscura suorina, ma santa anche lei. Giovane, alta e slanciata, sempre sorridente e pronta a sacrificarsi per i suoi poveri. Proveniva dallItalia come lui e laveva subito affascinato con i suoi occhi di un azzurro intenso. Alla dogana, suor Priscilla contrabbandava oggetti utili per i suoi assistiti. Laveva scoperta un giorno mentre diceva che, nel pacco ricevuto, cera solo Holy Mary. 23

Laveva ammirata per il suo coraggio e ne era divenuto complice. Adesso, quando poteva, sindustriava per aiutarla nel suo lavoro dassistenza ai poveri e agli ammalati. Quindi, il senso della sua vita aveva acquistato un valore diverso. Si sentiva utile e soddisfatto. Quando rivedeva la suora, il cuore subiva un arresto. La guardava estasiato. Avrebbe voluto curare quelle mani tutte sciupate da umili lavori. Nelle stelle, sul lago Dahl, vedeva il volto soave di Priscilla, ma se si volgeva alle acque, non lo vedeva riflettersi. E sapeva bene il perch. Il suo era un amore impossibile! Una volta alla dogana, sera accorto che la suora sera messa nei guai. Era prontamente intervenuto e si era fatto garante per lei, in qualit di ufficiale delle Nazioni Unite. Grazie tenente, gli aveva detto in seguito non scorder mai la sua bont! Quegli occhi che lo guardavano erano pi azzurri di ogni cielo azzurro. Non laveva pi rivista da parecchi giorni e sapeva che era andata a soccorrere un gruppo di disperati senza tetto, che volevano trovare rifugio in qualche luogo. La jeep dellONU, guidata da un caporale indiano, procedeva celermente lungo la strada che costeggiava il lago, quando era avvenuto il disastro. Mauro, a poche centinaia di metri, aveva assistito 24

allincidente. Ordin di frenare ed allistante balz gi dallauto. Si affacci sullorlo della scarpata e scorse uno spettacolo tremendo. Un fumo denso si alzava dal bus ridotto in rottami e corpi inerti e lacerati erano sparsi ovunque. Si precipit gi nel burrone per dare aiuto ai malcapitati e ai sopravvissuti. Dun tratto, si sent chiamare: Tenente! Venga mi aiuti! Si volse e dietro un grosso sasso, vide suor Priscilla china, accanto ad un moribondo. Sorella! Lei qua! Oh per carit, come sta, cosa si fatta? La sua voce era allarmata, ansiosa. Mi aiuti a trasportare questo poveretto. Vede, ancora vivo, bisogna portarlo allospedale. Ce ne saranno altri. Chiami soccorso alla radio. La prego! S, ma lei come si sente, pu alzarsi? Io sono illesa. Il buon Dio mi ha protetta, ma dobbiamo darci da fare per tutti gli altri. Era ricoperta di polvere ed aveva labito talare strappato, ma si alz repentinamente. Mauro savvicin al ferito e, con sua enorme meraviglia, ravvis in quel viso agonizzante unincredibile rassomiglianza. I capelli lisci e neri incorniciavano un viso bruno assai bello. Era un viso molto simile a quello di Gianni. Com strana la vita! Non era lui, ma lo ricordava in maniera straordinaria. Non pensava pi a Priscilla, guardava il ferito 25

come inebetito. Tenente! Presto! Non bisogna perdere tempo! Se lo caric sulle spalle e cominci la salita della scarpata con quel peso non indifferente. Arrancava e ad ogni passo che compiva, aveva limpressione davere una montagna addosso e questo perch doveva procedere in salita. Quando era disceso non sera accorto di quanto fosse ripida. Il caldo era terribile e riusciva a stento a respirare per la fatica. La suora gli stava dietro e cercava daiutarlo in qualche modo. Quando finalmente arriv stremato alla jeep, adagi sui sedili il ferito che si lament e pronunci qualche parola sconnessa. La voce! La stessa voce di Gianni! Doveva essere proprio vero quellantico adagio secondo cui, nel mondo, siamo in sette ad essere quasi identici. Mauro accese la radio e cominci a chiedere soccorso ai suoi colleghi designando il punto preciso dellincidente. Di l a breve sarebbero sopraggiunti in forze per recare aiuto ai sopravvissuti. La suora si sedette accanto a lui e savviarono verso il pi vicino ospedale. Quando vi arrivarono, compresero che per quel poveraccio vi erano poche speranze. Fu praticato ogni intervento necessario e suor Priscilla gli rest sempre accanto per alleviargli le sofferenze. 26

Come ti chiami? Hai famiglia? gli aveva chiesto. Mohamed, aveva detto in un bisbiglio. Aveva lo sterno e lo stomaco fracassato. Sera lamentato in preda a dolori atroci e lei gli aveva stretta la mano, gli aveva bagnato la fronte, lo aveva carezzato, aveva fatto tutto il possibile per non farlo soffrire troppo. Aveva finanche chiesto che gli somministrassero della morfina. Mauro non sera mai allontanato ed aveva profondamente ammirato lo spirito dabnegazione di quella donna. Suor Priscilla aveva un unico scopo nella vita: servire gli altri. In specie gli ultimi degli ultimi, i sofferenti e i moribondi. Mohamed aveva esalato lultimo respiro e lei laveva aiutato a morire in pace. Che impressine per! Era stato un po come veder morire il suo Gianni. Dopo qualche ora, erano sopraggiunte le station wagon dellONU che recavano gli altri feriti, e i giornalisti locali che chiedevano notizie sullincidente. Gli avevano domandato come si chiamasse, ma non aveva voluto rispondere. Aveva fatto ritorno alla sua house-boat, accompagnato solo da una grande tristezza. Il giorno dopo, come anonimo Osservatore delle Nazioni Unite, aveva provato lintima soddisfazione di leggere, sul giornale locale, di un ufficiale italiano che aveva soccorso invano il fu Mohamed. Il lago Dahl continuava a rispecchiare un volto: il 27

volto di Gianni. La malinconia aveva cominciato ad aleggiare sul sorriso di Mauro. Ma un giorno, segno di quella Provvidenza Divina che tutto vede e che consola, come diceva un grande scrittore, una telefonata gli giunse da lontano: Hallo Sir. A call from Italy. Hold the line. Pronto, sono il tenente De Cesari. Sono Gianni De Cesari e vorrei parlare con il tenente Bei. La sua voce! Dun tratto, Mauro ricord quando al liceo avevano studiato Aristotele che, interrogato su cosa fosse un amico, aveva risposto che unanima che vive in due corpi. Sono io! Gianni sono Mauro! Le due voci attraversavano LAsia e LEuropa, ma in quel momento erano vicinissime poich i cuori battevano allunisono. Ehi scemo! Come va!? Per un corpo ammalato occorre il medico, ma per lanima ci vuole lamico. E si sentiva gi meglio. Gianni dove sei? Come stai? Sto bene, ma mi va di rivederti. Senti, siccome da domani sono in ferie, ho pensato che potrei venire come turista in Kashmir. Che ne pensi? Come comportarsi con gli amici? Semplice: come vorremmo che loro si comportassero con noi! E Gianni stava facendo proprio come lui avrebbe voluto. Che eccitazione! Quanta gioia inespressa! Quando arrivi, a che ora, dove, con quale volo? 28

Dove atterri? Era una raffica di domande convulse. Ah ah ah ah ah. Arrivo domani laltro a Srinigar. Verrai a prendermi? Ci puoi giurare.

Gabriella Cuscin

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GENESI DI UN PASSATO C'era una sacco di gente al funerale del padre di Marco. Era un uomo importante in paese: uno dei pochi laureati. Per il vecchio Mario, invece, neppure un'anima per bene, solo vecchi curiosi che contavano chi mancava all'appello. L'idea della morte mi rendeva terribilmente triste e confuso. Ogni incubo, ogni ragionevole dubbio sulle conseguenze che essa avrebbe potuto avere sul mio spirito, serravano il mio orizzonte della felicit in modo sempre pi oscuro. Concordavo con gli amici sul fatto che la mia dipartita non avrebbe suscitato il minimo squilibrio nell'ordine mondiale, ma il punto non era il dopo per gli altri, ma il dopo per me. Costantemente, se la libert d'immaginazione me lo concedeva, riflettevo sulla sostanza di quel mondo che gi aveva accolto il sonno eterno dei miei avi. Dal punto di vista estetico credevo che l'aldil rispecchiasse la soggettivit di ogni individuo trapassato, che il suo ordine o disordine materiale dipendesse essenzialmente dal modo in cui ognuno ha immaginato la propria vita. Ma i sentimenti, gli incontri, quel non so che di astratto che fa di ogni persona un essere unico, come poteva manifestarsi in quel mondo che inconsciamente mi apparteneva, ma che alla luce del Sole non riusciva mai a svelarsi del tutto, lasciandomi sempre l'inquietudine di un deja-v?

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Avete presente il montaggio cinematografico, il metodo attraverso il quale le sequenze di un film vengono legate l'una all'altra, affinch la storia possa risultare comprensibile? Ecco, la mia vita ricordata non era altro che un film montato in maniera affrettata, in cui, come messaggi subliminali, alcune immagini erano state sbadatamente inserite in situazioni alle quali erano del tutto estranee. E ci che maggiormente tormentava il veloce fluire delle mie esperienze, era il vuoto lasciato da queste immagini. Se, infatti, consideriamo che ogni istante di realt unico ed irripetibile, quelli sottratti alla mia vita futura per essere immessi nella mia realt presente, non potevano che creare dei salti vuoti. Ed era proprio in quei momenti di sospensione che il regista della mia vita mi regalava uno sguardo sull'anima del mondo. Cogliere l'essenza delle cose, al di l del loro ruolo materiale, significava incorporare una dimensione che ancora non riuscivo a decifrare, ma che sicuramente mi apparteneva, poich da l provenivano i miei sogni e l si dirigevano i miei dubbi. Convivere con tale inconfessabile segreto fin dall'infanzia, un buon motivo per sentirsi costantemente sull'orlo di un precipizio, al fondo del quale regnano i fantasmi della psiche. La direzione della mia vita era verticale, a differenza di quella di mio cugino, decisamente orizzontale. Io sostenevo che l'unico modo per interiorizzare le esperienze della vita fosse quello di concentrarsi 31

sul proprio spirito, mentre Luca affermava che il mondo avrebbe dovuto essere esplorato fisicamente, fino alle pi sperdute periferie della realt, dove la vita si fermata al tempo di Cristo e la natura ancora l'unica fonte di chiarezza. Quando Luca part davvero per conoscere la vita, mi promise che al suo ritorno ogni singolo evento di quell'esperienza sarebbe stato anche mio, perch imparare a vivere senza insegnarlo anche agli altri non sarebbe servito a nulla. Lo aspettai per anni, finch un giorno d'autunno d'inizio millennio, un uomo irruppe nella mia esistenza per consegnarmi le chiavi della vita. Tanta insicurezza doveva nascere con tutta probabilit dal suo passato di eremita contadino. Il suo abbigliamento scombinato lasciava trasparire una trascuratezza interiore ed uno strano sentimento di malessere sociale, che ricordavano vagamente l'inquietudine giovanile degli artisti di strada. Credo non fosse mai andato oltre Santo Stefano Belbo, neppure con la mente, come un marito fedele che teme di ardere in eterno al solo pensiero di tradire la moglie. Nel gesticolare delle sue mani era racchiuso un segreto capitale. Le teneva quasi sempre unite, con le dita incrociate all'altezza del cuore, ed appena le lasciava libere sembrava invaso da una forza ultraterrena e cercava, con movimenti involontariamente comici, di riportale all'ordine. 32

Lo osservai statuario in un bar affollato ed intriso di fumo, del tutto indifferente alla sua presenza. Non credo fosse a conoscenza del motivo per cui era uscito di casa quella sera e neppure perch avesse indossato quella vecchia giacca azzurra sopra un maglione di lana a righe colorate in una calda serata di settembre. A tratti scuoteva la testa come se un pensiero lubrico si fosse insinuato nel suo cervello e lo avesse costretto a censurare prontamente la voglia di concretizzarsi. strano come, alle volte, gli esseri umani esternino inconsapevolmente il loro lavoro inconscio, il loro incessante moto spirituale che, come una catena di montaggio, elabora, sostituisce, sublima e censura i prodotti della loro psiche. Sposato non lo era di sicuro e non penso avesse un'approfondita conoscenza del mondo femminile, esperienza che lo avrebbe reso meno timoroso del prossimo e dotato di maggiore autostima, sebbene alle volte le donne rivelino un talento innato nel distruggere la personalit di un uomo. Forse si era innamorato, questo s, ma era stato respinto, per colpa di quella sua presenza precaria e poco rassicurante, che lasciava presagire un futuro incerto e poco gratificante. Riflettei tutta la sera su quell'uomo cos insignificante che pareva uscito da un romanzo di Dostoevskj, tanto apatico e squilibrato da poter commettere un delitto da un momento all'altro 33

con l'unico fine di darsi un'identit, entrando di diritto nella cerchia degli assassini. Doveva pur esserci una chiave per risolvere quell'enigma, una porta da aprire nel labirinto del suo passato che avrebbe lasciato filtrare un po' di luce sul suo presente, liberandolo dal dolore che si portava dietro da sempre. Il cielo fuori era stellato e l'aria confermava anche ai pi nostalgici il volgere al termine dell'estate. Del resto da queste parti impossibile non rendersi conto dello scadere delle stagioni, poich ogni cambiamento scandito dall'inizio di una nuova attivit nei campi. L'estate veniva salutata col sopraggiungere della vendemmia e code di trattori colmi d'uva e mosto occupavano gran parte del traffico cittadino. E poi le Langhe, in autunno, sono inconfondibili, sembrano farsi carico di tutti i sagrini e le malattie dello spirito dei loro abitanti, le colline si gonfiano d'umidit che pare evaporare come nebbia, e le vallate trasudano rancore come ai tempi della Malora, quando la gente si chiudeva in casa per nascondere la paura. Avevo assolutamente bisogno di chiarire il mistero di quell'uomo, consapevole del fatto che penetrare nel dramma di un essere umano significava venirne irrimediabilmente coinvolto. Se vero che il presente di ogni individuo 34

determinato dalla somma delle scelte che ha compiuto in passato, quell'uomo non poteva che essere il frutto di una sfilza di decisioni affrettate, delle quali forse non aveva mai valutato le conseguenze. O forse, pensiero orrendo, era il frutto delle decisioni prese da un'altra persona al posto suo. L'idea che un uomo possa essere manipolato in ogni ambito della vita, affinch la sua personalit corrisponda perfettamente alle esigenze di una seconda persona, cela al suo interno il concetto ancestrale di onnipotenza ed il desiderio di agire sulla mente del prossimo, rivelando il versante pi oscuro e malvagio dell'inconscio collettivo dell'umanit. Il caff di met mattina sempre il migliore. Pi denso e forte, vagamente rassicurante ed il suo prezzo pare decisamente inferiore alla sua utilit. Se si pensa agli elementi di cui composto, un po' d'acqua calda e di polvere scura, il suo costo risulta piuttosto alto, ma il valore intrinseco che riesce a comunicare di gran lunga pi importante del suo prezzo. Simbolo di pausa ristoratrice e di momento di riflessione, il caff mi concesse il tempo di tornare al suo mondo, di annegare ancora una volta nel suo flusso vitale alla ricerca delle risposte che il mio spirito continuava a richiedere per decifrare la vita di quell'uomo. Sabrina era stata assunta solo da pochi giorni e mi ero accorto della sua esistenza solo da allora, ma 35

il suo modo di destreggiarsi tra i tavoli del bar ed il suo inquieto correre tra bancone e cliente alla ricerca di efficienza, mi bastavano per dare a quella ragazza un senso. Per poco che mi concentrassi sul suo volto riuscivo chiaramente a proiettarmi nel suo privato, scovando nel disordine della sua camera i simboli di un passato da sognatrice e di un presente quasi rassegnato. Esiste come un percorso che ogni persona segue fin da bambino per giungere alla sua situazione attuale e, con un po' di stregoneria, non difficile poterne scorgere il futuro pi prossimo. Vedevo ora in lei il vizio assurdo di complicarsi la vita e la voglia inconfessata di perdersi in un labirinto di amanti non corrisposti, come se un peccato capitale ne circondasse l'esistenza alla ricerca di un'espiazione. Ma quel che le mancava era l'identificazione di questo peccato e la conseguente penitenza da scontare. In quel momento, come quando si percepisce che le cose stanno per assumere un nuovo significato, sentivo l'importanza di ci che stava per accadere. Quello che volevo ripercorrere a tutti i costi era la genesi di un passato, la ricostruzione, contaminata o meno che fosse dalla mia immaginazione, del trascorso di un uomo. Poco distante dal mio tavolino, una donna fumava impaziente. Quando Sabrina le chiese se voleva ordinare qualche cosa, ella disse di essere in attesa di un amico ed avrebbe aspettato il suo 36

arrivo per ordinare. Di sicuro quell'uomo era in ritardo e si sarebbe giustificato con un semplice: "Scusa ... il traffico ... una telefonata improvvisa ...". Non avete mai notato quanto sia frequente la giustificazione nel dialogare quotidiano? Oggi ci si giustifica per ogni cosa, scuse per i ritardi, per la mancanza di appetito, per le assenze dal lavoro. Sembra che ogni essere umano abbia cos tante cose da fare da non riuscire mai a farle tutte. Telefonini che squillano in continuazione per comunicare nulla, deliranti imbottigliamenti nel traffico cittadino, ore trascorse davanti a schermi di computer per poi sentirsi dire che tutto da rifare ... un'infinit di situazioni che ci impediscono di essere coscienti dello scorrere del tempo e ci rendono ansiosi e tesi perch il tempo dedicato a queste attivit sempre tempo sottratto alla riflessione. In questo senso si potrebbe anche giustificare l'insonnia, del resto il pensiero deve pur esprimersi, elaborare le informazioni che ha acquisito durante la giornata, e non trova altro momento che quello della sera, quando si spegne la luce per dormire. Quando lui arriv lei lo squadr seria e gli serv una freddezza tale da impedire qualsiasi abbozzo di scuse. In fondo non mai il caso di giustificarsi: sono in ritardo, punto e basta. un dato di fatto, cosa importa il motivo che mi ha impedito la puntualit! Si fanno sempre troppe parole per descrivere le situazioni pi chiare che ci capitano, mentre sarebbe sufficiente prendersi un po' pi di 37

tempo per valutare ci che pi importante e merita priorit nella vita di tutti i giorni, e concedere agli eventi meno importanti il tempo che trovano. Per uno che crede nella predestinazione, facile proporre una simile considerazione, basta convincersi che tanto, prima o poi, le occasioni arrivano, e ci sbattiamo contro. L'essere predestinati era una situazione di comodo, che vivevo forse per pigrizia, convinto di non dover muovere un dito per scalare la montagna del potere, poich alla fine tutto avrebbe fatto il suo corso ed io sarei diventato qualcuno puntando tutto sulla fortuna. Ma in quel momento, come un fantasma, balen davanti al mio pensiero ancora quell'uomo trasandato, e mi venne in mente che, se predestinazione esiste, quell'uomo era veramente stato indirizzato sulla strada maledetta dell'insignificanza. Saldato il conto tornai sulle sue tracce con l'idea allettante di improvvisarmi investigatore, il mestiere che sognavo di fare fin da piccolo. Ancora una volta, per volere del fato, potevo considerarmi un predestinato. Da dove diavolo si comincia un'indagine? Il paese non grande, qualcuno lo conoscer e, considerando l'innata vocazione della gente di Langa a crear leggende attorno ad ogni esistenza, sicuramente sarei venuto a conoscenza di una 38

qualche avventura mitologica che lo aveva visto protagonista. C' un sottile desiderio di essere persuasi a raccontare una storia negli abitanti di queste zone. come se ognuno, qui, sapesse pi cose del dovuto circa i suoi compaesani, ma desiderasse sempre essere pregato per diffonderle. Quest'inclinazione al pettegolezzo, di cui ognuno era cosciente, ora faceva al caso mio. Un amico giornalista mi rifer che probabilmente si trattava di Severino, il matto che viveva in una cascina fatiscente sull'orlo di una collina che guarda verso il fiume. In realt le nostre descrizioni di Severino non collimavano del tutto, ma, per il momento, era l'unica carta d'identit provvisoria di cui fossi in possesso. Che per lui fosse un matto, non avevo dubbi! Da queste parti l'essere diverso anche solo per tratteggiate sfumature, diagnosticava automaticamente follia. Dopotutto un fenomeno comune alle comunit pi isolate e chiuse considerare matta una persona che non fa quello che fanno tutti gli altri: le persone imprevedibili devono essere isolate e guardate con sospetto, poich rischiano di compromettere l'equilibrio della comunit, proprio come i matti. Conoscevo la collina e la scalai in pochi minuti. Lungo la strada umida d'autunno, i contadini osservavano interrogativi il mio incedere, come se fosse inconcepibile il mio fare d'altro quando c'era la vendemmia. Ogni anno la vendemmia mi 39

confermava che il mondo continuava nella sua normalit, anno dopo anno, disastro dopo disastro, a settembre si doveva vendemmiare. E non importava a nessuno se in quel momento ci fossero tragedie ben pi gravi. In questo i contadini erano ammirevoli, c'erano priorit che andavano affrontate con lucidit ed alle volte cinismo, poi venivano gli altri pensieri, a mente vuota, scansato, ma non soppresso, il richiamo del denaro. Pantaloni e vasi vuoti appesi agli alberi avrebbero indicato il capolinea del mio percorso. Nascosta da una curva, infatti, trovai la casa del matto. Non solo pantaloni e vasi, ma anche sveglie, secchi ed indumenti vari mi accolsero indifferenti, emblemi di una normalit lasciata all'esterno. Si trattava di un casolare trascurato, con l'erba alta nella corte ed un gran silenzio che filtrava dalle larghe fessure tra i mattoni. Mi sporsi furtivo ad una finestra, scostai una ragnatela ed osservai la scena: un tavolo e qualche sedia in legno, un fiaschetto di vino a met, una credenza impolverata ed un appendiabiti con una giacca verde militare appesa. Il resto erano umidit ed oscurit che ricordavano vagamente un dipinto di De Chirico, dominato da un logico disordine, tipico dei matti. Provai ad immaginare il mio uomo seduto su quella sedia, intento a bere vino rosso ed a risucchiare un piatto di minestrone, ma la sovrapposizione delle due sequenze non mi convinceva. Insomma: non me lo vedevo 40

quell'uomo in quella casa, in quella sporcizia interiore, con quella giacca appesa al muro era inimmaginabile! Mi spostai sul retro della casa, sfiorando il muro ammuffito con le mani alla ricerca di qualche sensazione metafisica o chiss quale altro potere medianico. Ero convinto di averli, i poteri. Fin da piccolo ero affascinato da testi esoterici e voluminosi trattati di metafisica, nei quali era spiegato il percorso da seguire per entrare in possesso di capacit extrasensoriali. Ma l'unico risultato a cui pervenni sfiorando quella parete fu il raduno di quattro galline bianche, che mi seguirono canticchiando fino alla prima finestra del retro: all'interno vi era una cantina abbandonata, con botti di legno, bottiglie vuote e tubi di gomma per i travasi ed al centro dominava un vecchio torchio per pigiare l'uva. Le vecchie cantine hanno sempre un alone di mistero, ricordano le stanze delle torture medievali, con gli attrezzi per spremere gli arti ed i macchinari per l'inserimento di liquami nel corpo. A pensarci bene, ognuno di quei marchingegni poteva essere funzionale a scopi davvero macabri: il torchio per la compressione del cranio o di qualsiasi altra parte del corpo; i tubi di gomma come flebo di bollenti fluidi di morte; le botti come sarcofagi in cui rinchiudere il corpo esanime del martoriato Mi venne in mente che, forse, Severino aveva realmente compiuto simili nefandezze in quella cantina/obitorio, e che se anche, un giorno, fosse 41

stato scoperto, sarebbe sempre riuscito a cavarsela appellandosi alla sua infermit mentale.

"Hei via di l chi sei?" Severino era tornato! Mi precipitai tra le vigne senza neanche guardarlo in volto, avevo paura. Si. Una terribile paura, non so di che cosa in particolare, ma una generica e sana paura di morire. Sar stata la visione della cantina o la diabolica solitudine in cui era immersa quella cascina, resa ancora pi tetra dall'umidit autunnale, ma ero pervaso da un'angoscia tanto opprimente da non aver voglia neppure di tornare indietro a prendere l'auto, che avevo parcheggiato a pochi metri dalla casa. Alcune voci mi riportarono la tranquillit. Era quasi mezzogiorno ed i contadini stavano per abbandonare i filari per il pranzo. D'un tratto tutto torn quieto e normale, risalii il pendio e mi arrestai a pochi metri dall'auto. Con l'agilit di un gatto affondai le scarpe nell'erba umida fino a raggiungere di nuovo il casolare: questa volti lo vidi bene. Era un uomo magro, non troppo alto, con la schiena incurvata ed 42 i capelli bianchi e

spettinati. Portava un paio di stivali di gomma sopra i pantaloni marroni ed una giacca grigia gli strozzava la vita: non era lui. Matto lo era di certo, ma non era il mio uomo. Saltai in macchina prima che mi notasse e corsi a casa. Vivevo solo da quasi un anno e non mi ero ancora pentito della mia scelta. Dopo Veronica non cera stata pi nessuna ragazza nella mia vita, tranne quel breve sopralluogo sul corpo di Mary, che in realt si chiamava Maria, ma si faceva chiamare Mary per una sua strana convinzione secondo la quale americanizzare la propria vita, a partire proprio dal nome, la rende meno triste ed incolore. Avevo preso la buona abitudine di pranzare ascoltando musica jazz, quella tosta di Ben Webster o di Charles Mingus, ed avevo notato che la digestione si era fatta meno assonnante, come se il mio apparato digerente, privo della visione di telegiornali ed informazioni varie da elaborare, funzionasse con pi tranquillit ed efficienza. Da quando Veronica se nera andata mangiavo molto meno, e quasi sempre verdura o pasta, evitando carni rosse e merende ipercaloriche. Ci avevano guadagnato soprattutto i reni, che filtravano in continuazione imponendomi imbarazzanti corse in bagno ad ogni istante.

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Verso le due del pomeriggio passai al bar per un caff ed una scorsa al giornale. Il mondo stava attraversando un periodo decisamente ostile, un clima di odio si diffondeva fino ai centri pi isolati, come Santo Stefano, ed il timore di una catastrofe imminente, questa volta, sembrava davvero essere sul punto di concretizzarsi. Una seconda Pearl Harbour aveva sconvolto lequilibrio mondiale e la gente cercava sicurezza nel prossimo, concedendogli massima fiducia in ogni ambito. Paradossalmente nei momenti maggiormente critici gli uomini riescono sempre a compiere le scelte peggiori, lasciando che il potere venga gestito da ununica mente. "Credi che scoppier una guerra?" Mi chiese Sabrina rivolgendomi la parola per la prima volta. "No... non lo so ... in fondo non me ne importa granch!" Risposi. Ed era vero. In quel momento, tutto sommato, non me la sentivo di condannare del tutto la guerra. Da alcuni giorni mi sforzavo di vedere la cosa dallalto, senza farmi coinvolgere, ed ero arrivato a considerare la guerra un mero scontro tra gentiluomini ottocenteschi: due uomini si sfidano, scelgono unarma ed un territorio, stabiliscono le regole e si battono. Non riuscivo a credere che potesse esistere una situazione di guerra che arrivasse a coinvolgere anche me o le persone che conosco. Ma probabilmente era la 44

stessa cosa che pensavano le persone che avevano perso la vita nel rogo di New York, che in quei giorni continuava a tenere occupati gli schermi televisivi di tutto il mondo. "Il tuo caff!" La voce di Sabrina mi riport alla realt. Aveva decisamente un bel sorriso, denti perfetti, labbra carnose e lucide, avrei voluto essere Humphrey Bogart per vederla cascare tra le mia braccia ardente di passione, ma ero soltanto uno studente in legge che viveva di lavori occasionali. Dovevo assolutamente conoscere meglio quella ragazza, sentivo attrazione per lei e per il suo privato, provavo una grande curiosit per il suo modo di pensare e di vedere il mondo. Decisi che al suo terzo sorriso ricambiato mi sarei dichiarato. L'uomo misterioso era seduto al fondo del locale, da solo e con l'inconfondibile abbigliamento della sera prima. Sembrava invisibile, tanta era l'indifferenza con cui gli altri clienti gli passavano accanto, alcuni sembravano addirittura oltrepassarlo come un fantasma. Le sue dita battevano ritmicamente sul tavolino, come se attendesse impaziente un'ordinazione, ma n Sabrina n Giovanni, il padrone del locale, avevano notato la sua presenza. Mi concentrai sul suo sguardo come un cane da caccia sulla selvaggina e cercai di scorgere nei suoi lineamenti i segni di un passato sconosciuto. D'un tratto alz 45

gli occhi e mi fiss serio. Per un attimo mi parve di vedere un ragazzo poco pi che ventenne, di bell'aspetto e dall'espressione felice, poi il flash svan e con lui l'uomo. Chiesi a Sabrina se l'avesse visto uscire, ma sostenne di non aver visto nulla, nessun uomo con una giacca azzurra seduto al tavolino. In quel periodo stavo leggendo l'autobiografia di Yeats e mi capitava spesso, durante la lettura, di scorgere a brevi flash il contesto storico della vita del poeta irlandese. La scenografia pi frequente riguardava la sua casa da ragazzo e le sue riunioni a base di sedute spiritiche e letture collettive. Il legno, in quegli ambienti, era l'elemento dominante. Pareti, tavoli, sedie e porte erano sempre dello stesso colore e materiale, calore ed umidit erano gli umori pi diffusi. Non riuscivo mai a notare la presenza di donne, nel suo mondo. Per me, invece, ora le priorit erano due: conoscere Sabrina e svelare il mistero di quell'uomo. Corsi a casa e disegnai la scena che avevo visto incrociando gli occhi dell'uomo. Mi piaceva questo tipo d'indagine, guidata pi dalla mia immaginazione che da indizi concreti. Sempre pi convinto dei miei poteri paranormali, mi concentrai su ci che stava alle sue spalle e sulla sua espressione: un volto disteso, quasi sorridente, ma non del tutto in pace. Camminava velocemente con uno zaino in spalla e dietro di lui 46

un'ampia scalinata portava all'interno di un edificio di recente costruzione. A guardarlo bene assomigliava ad un mio compagno di classe delle elementari, un certo Sergio che ora faceva l'operaio per un'industria di macchine enologiche. Lo battezzai Sergio. Il pomeriggio dur il tempo di un t nero cinese. Gli esami di novembre erano ancora lontani e potevo permettermi di trascorrere il tempo a rimuginare sul mio caso. Ray Charles cantava Confession Blues ed il divano sembrava fatto apposta per accogliere le mie riflessioni serali. Ripresi in mano lo schizzo e mi concentrai sull'edificio che avevo disegnato con dovizia di particolari. Con tutta probabilit si trattava di un edificio scolastico e lui era uno studente. Il suo zaino non poteva che essere pieno di volumi e l'et era quella di un universitario. Il volto mi pareva sempre meno decifrabile: una serenit a met, come se fosse consapevole di una tragedia imminente che gli impedisse di assaporare appieno la sua felicit presente. Un viso preoccupato, ecco. Scesi al bar per rivedere Sabrina. Quando entrai mi lanci un sorriso e dimenticai il mondo. Era il secondo. Mi bastava, non avevo pi alcuna intenzione di aspettare il terzo. Coabitavano in lei la cassiera casinista del supermercato di periferia e la dark lady dei 47

gangster movies anni '40. Del resto in ogni detective story che si rispetti ci deve essere una dark lady (aveva ragione Mary: si finisce sempre con il parlare in inglese quando si vuole mitizzare la propria vita!). Sergio era appostato al solito posto, invisibile. Colsi al volo la presenza del giornale sul suo tavolino ed andai deciso verso di lui. "Scusi posso prendere il giornale?" Mi fiss per alcuni secondi senza rispondere, poi abbass il capo. Rimasi nei suoi pressi. "Terribili questi integralisti!" dissi a voce alta per attaccare bottone. Possibile che fosse cos assorto da non potermi neppure guardare in volto? Tornai al bancone e presi una birra piccola. Sabrina asciugava il marmo sbuffando. "Lo vedi adesso?" "Chi?" "Quell'uomo quello laggi, all'ultimo tavolino!" "Ma tu sei fuori!" "Ma come non lo vedi! l. Prima gli stavo 48

parlando, non hai visto? Tu Giovanni lo vedi?" "Non che hai bevuto troppo?" rispose il vecchio. "Ma non ho bevuto nulla lasciamo perdere" Era meglio interrompere la conversazione, o avrei finito con il perderle per sempre, Sabrina e la reputazione. Ma come potevano non vederlo, era l, immobile con i suoi quarant'anni di passato alle spalle. Che fosse davvero un fantasma? Invece di essere contento per aver avuto la prova dei miei poteri, avevo una paura tragica. Cercai di intrattenere Sabrina, ricordandomi del mio imperativo. "A che ora smetti, Sabrina?" "Alle dieci l'orologio. tra un ora" disse guardando

Dovevo attendere ancora un ora. Uscii fuori per chiamare un amico. Era un sacco di tempo che non facevo due parole con Luigi. Ma appena oltrepassai la porta d'ingresso m'imbattei in Sergio. Questa volta mi guardava interrogativo, senza ombra di dubbio. Sembrava che l'insicurezza lo avesse abbandonato. "Come fai a vedermi, giovanotto?" "Non lo so la guardo e basta" 49

"Nessuno mi vede, solo tu." "L'ho capito, per poco non mi prendevano per matto, nel bar." "Facciamo due passi, voglio spiegarti una cosa." Si stava alzando la nebbia ed avevo il cuore in fibrillazione. Stavo dialogando con un fantasma o qualche cosa del genere, avevo una paura folle. Mi avvicinai a lui lentamente e man mano che lo raggiungevo il mio timore si placava, come se la sua presenza mi infondesse calma e sicurezza. "Tu credi ai fantasmi, vero?" chiese lui.

"Si, o meglio non posso dire di non crederci, ma non ho la certezze che esistano" balbettai. "Credi nella vita dopo la morte, nella convivenza di esseri ultraterreni tra gli umani, in tutte quelle cose a met strada tra la realt e l'immaginazione " Sembrava una di quelle preghiere finali che il prete comunica al termine di una messa importante. La risposta non poteva che seguire il 50

regolamento. "Credo! Si forse ci credo anche troppo" "Ci credi talmente che ne sei venuto a contatto". Passeggiammo lungo il fiume tutta la notte, mi ero dimenticato persino di Sabrina e di Luigi. Sergio mi spieg di come fosse costretto in questo limbo tra la vita e la morte a causa di una donna (le donne: sempre loro!), di come avesse perso ogni informazione sul suo passato recente, poich la sua memoria era rimasta ferma al giorno del suo mancato trapasso, e proprio a causa di questa mancanza egli non fosse ancora riuscito a liberare completamente il suo spirito. Circa vent'anni prima, all'universit, aveva conosciuto una ragazza della sua et. Si chiamava Rosa ed insieme avevano vissuto un mese di indimenticabile passione. Purtroppo la vita di Sergio fu troncata da un incidente stradale mentre tornava a Santo Stefano da Torino, dove studiava. La ragazza, colpita da tanta tragicit, non era mai riuscita ad elaborare il lutto per tale perdita, e continuava a vivere come se Sergio fosse ancora al suo fianco. Mi raccont di averla spiata pi volte, poich viveva in un paese poco distante da Santo Stefano, e di averla vista discorrere ed intrattenersi pi volte con lui. O meglio, con la sua met terrena, quella che ancora credeva di essere viva e di poter restare al fianco di Rosa per 51

sempre. Rosa usciva raramente di casa, viveva con un modesto assegno che le passavano i suoi anziani genitori, poich il mondo reale la considerava, non a torto, un soggetto poco equilibrato, visto che lei continuava a credere di parlare di e con il suo uomo, mentre per chi la osservava parlava da sola. Affinch il suo trapasso potesse avvenire egli avrebbe dovuto riunirsi con la sua met innamorata e convincere Rosa, la vera chiave del problema, ad elaborare il lutto. Al termine della passeggiata mi offrii di aiutarlo, sebbene fossi ancora incredulo di fronte a tanto materiale metafisico. La casa in cui vivevo costituiva leredit di una vecchia zia. Era morta sola, senza figli, e la mia famiglia era lunico legame che le era rimasto. Confidava nel mio avvenire di avvocato, o comunque di uomo giusto, fedele allo stato come lo erano stati i suoi due mariti: maresciallo dei carabinieri il primo e segretario comunale il secondo. Al suo funerale il prete la ricord come una gran signora e la indic come un esempio per tutti. In realt allora non avevo una grande esperienza in fatto di funerali, giusto un paio di nonni, e solo pi tardi mi accorsi che quelle parole il prete le diceva ad ogni sepoltura. La casa non era grande, ma mi era sempre 52

piaciuta. Era comoda, a pochi passa da quella dei miei e di mia nonna paterna, e con una grande veranda sul balcone. Mi aveva sempre attratto lintimit di quella veranda, un luogo trasparente, percorso per tutto il suo perimetro da lunghe tende bianche, con un muretto in mattoni a vista alto un metro a sostenere le vetrate. Ero un privilegiato, me ne rendevo conto. Ma perch non avrei dovuto approfittare di tutte le possibilit che la vita mi offriva, compresa quella di essere figlio unico? La mattina dopo il primo incontro con Sergio feci colazione proprio in veranda, in questa stagione il posto pi caldo poich riscaldato dal Sole che ogni mattina vi penetra. Sul tavolo era sistemato, dal giorno prima, il libro di Yates, Autobiografie. giusto parlare di pi biografie quando si racconta la propria vita, non solo perch si tracciano anche i profili delle persone conosciute, ma anche perch ognuno di noi costituito da diverse esistenze, voglio dire: a trent'anni non siamo pi ci che eravamo a dieci e non saremo ancora ci che diventeremo a settanta. Le scelte condizionano i nostri atteggiamenti futuri, ci trasformano, ci aiutano a decifrare la nostra personalit, e ci che credevamo fosse importante quando eravamo giovani non lo pi nell'et adulta. E Sergio ne era l'esempio concreto, per quanto concreto possa essere un fantasma, di questa pluralit, il suo spirito era infatti diviso tra una parte pi razionale, ancora legata al mondo 53

terreno, ed una parte pi evoluta, gi proiettata verso l'infinito, senza contare le innumerevoli varianti legate ad ognuno dei due aspetti. Esisteva un punto d'incontro di queste due parti che gli avrebbe permesso di oltrepassare il limbo in cui si trovava in quel momento. Una volta vestito presi la decisione di mettermi alla ricerca della donna con la quale aveva condiviso il mese d'amore. Mi aveva detto che viveva a San Giorgio, un paesino di poche anime, a cavallo tra Langhe ed Astigiano, alla cima di una collina dalla quale si poteva ammirare un panorama molto romantico. Conoscevo il posto per esserci stato tre o quattro volte, l'ultima in occasione di un convegno sulle tradizioni contadine ed il degrado del paesaggio rurale contemporaneo, o qualche cosa del genere. Durante il viaggio pensai a come sarebbe stato bello avere al mio fianco Sabrina, che mi raccontava la sua vita sognata. Avevo dimenticato quanto fosse folgorante il panorama autunnale di San Giorgio. Dodici miracolose colline si ergevano a semicerchio davanti al mio sguardo, grondavano vino che si riversava in un laghetto riflettente i raggi del Sole, tra la foschia di settembre. Alle mie spalle si ergeva una vecchia chiesa, il cui fresco respiro pareva provenire direttamente dall'oltretomba. Varcai la soglia del tempio con sospetto e mi avvicinai ad una parete di ex-voto. I miei nonni 54

erano soliti dire che, quando una persona moriva, aveva finito di tribolare. Davanti ai miei occhi, ora, si stagliavano i ritratti di decine di persone che per poco non avevano finito di tribolare, e per questo ringraziavano la Madonna: l'uomo, in fondo, sempre stato masochista. Inconsciamente adora soffrire, per essere sicuro di godere di maggior felicit una volta trapassato. Passeggiavo velocemente accanto a quei dipinti quando un quadro attir la mia attenzione: il disegno che avevo abbozzato il giorno prima sulla scorta di un'allucinazione dominava il centro della parete. Era in tutto e per tutto la stessa situazione, con un ragazzo di profilo ed uno zaino in spalla. In pi, oltre all'edificio scolastico, era rappresentato l'incidente che gli aveva strappato la vita, con un auto in procinto di sbandare ed una Madonna a bordo strada che compiva il miracolo. L'unica persona che poteva aver commissionato un ex-voto per Sergio poteva solamente essere la sua innamorata, convinta com'era che egli fosse ancora in vita, miracolato dalla Vergine. Dovevo trovare il parroco chiarimenti su quella donna. per chiedergli

Prima di uscire mi avvicinai all'altare maggiore, m'inchinai e provai, come da bambino, la sensazione di essere colpevole ed il desiderio di confessare i miei peccati. Poi uscii, ed il senso di 55

colpa svan. Don Paolo era un vero uomo di Dio. Di tutti gli dei. Poteva officiare una messa per Musulmani, Ebrei, Cristiani e Buddisti tutti insieme, ed il suo messaggio sarebbe arrivato uguale a tutti i presenti. Aveva un modo di insinuare il tarlo del dubbio religioso tanto sofisticato ed attraente da far pensare ad un dono del Demonio pi che di Dio. La sua abitazione era una dimensione oltre che un luogo fisico, un antro umido a met strada tra l'oscuro medievale ed il tepore romantico dell'Ottocento. Lo avevo incontrato la prima volta un paio d'anni prima, in occasione di una visita ad una mostra di pittura, e mi aveva fatto ascoltare Wish you were here dei Pink Floyd all'interno della chiesa. Fu una sensazione straordinaria, vedere uscire la musica dalle nicchie votive come l'onda densa del calore sull'asfalto, per qualche minuto mi proiett fuori dal corpo lasciando libero il mio pensiero. Quel giorno mi spieg che la musica, quando si fa portatrice di un messaggio positivo, giusto che venga ascoltata e fatta ascoltare a pi gente possibile, come una tradizione che si deve tramandare. Non gli importava che al suono di quelle note migliaia di persone, un tempo, avessero fatto l'amore in massa, sotto l'effetto di qualche anfetamina, quello che prendeva in considerazione non era il modo in cui una canzone fosse stata ascoltata, ma il fatto che fosse ascoltata, e poesie come quella dovevano essere ascoltate e capite per forza. 56

Quando suonai alla porta ci mise un po' a ricordarsi di me, poi mi invit a sedere e parl di Rosa come un padre di una figlia. La donna viveva in una casa di campagna poco fuori del paese, la gente la considerava pazza ma non aveva paura di lei. I bambini la prendevano in giro per il suo trasandato modo di vestire ed il suo continuo monologare, ma lei non vi badava. Chiamava in continuazione un certo Alessandro, di cui diceva di essere la moglie, ma di Alessandro nessuno aveva mai visto neppure l'ombra. Don Paolo aveva l'abitudine di conservare almeno una fotografia di ogni persona che aveva incontrato in vita, se questa aveva la possibilit di regalargliela. Mi mostr uno scaffale colmo d'album di immagini e ritratti di uomini e donne bizzarri, i cui volti erano carichi di esperienze e di passioni mai concretizzate. Divideva le sue raccolte per grado di conoscenza: il primo piano dello scaffale era dedicato ai parenti ed agli amici pi stretti, poi venivano i semplici conoscenti ed infine le persone che aveva incontrato si e no una volta. Lo faceva per ricordarsi del suo passato, per adempiere alla sua missione di ministro del Signore, di convertitore e salvatore di anime, ma anche per una sorta di bisogno inconscio di credere di avere degli amici, o semplicemente delle persone con cui far finta di convivere. Mi raccont di come, alle volte, vinto dallo sconforto, 57

si soffermava su alcune figure e ne inventava il passato da eroi di guerra, o di amici inseparabili con cui aveva vissuto momenti indimenticabili, come possono essere indimenticabili solo i momenti vissuti nella terra dell'immaginazione. Alla fine estrasse dall'archivio dei conoscenti la foto di Rosa. Avr avuto una ventina d'anni, al tempo dello scatto. Non era bellissima ma i suoi lineamenti denotavano una serenit interiore ed una voglia di innamorarsi che pareva uscita da un vecchio film francese della Nouvelle Vague. Poi le affianc il ritratto di altre ragazze. "Non ti sembra che si incredibilmente?" Mi chiese. somiglino tutte

"Ad essere sincero hanno quasi tutte la stessa espressione di felicit improvvisa, quasi inaspettata" risposi. " l'espressione dell'amore! Dovrei dividerle per espressione queste foto". Alcune erano in bianco e nero, altre a colori, ma il tempo non aveva modificato i loro sorrisi interiori, poich il sentimento, qualsiasi sentimento, un valore ancestrale, che alberga nel nostro inconscio dagli albori dell'umanit. Alcune ragazze si erano fatte fotografare in compagnia dei loro fidanzati, li tenevano stretti come un tesoro costato fatica e dolore. Una coppia, in particolare, sembrava fusa in un'unica espressione, tanta era 58

la gioia dell'essere l'uno accanto all'altra. Don Paolo mi disse che si trattava di due persone meravigliose, che avevano vissuto il sentimento pi forte che avesse mai conosciuto. Forse neanche loro erano al corrente di quale forza ultraterrena li legasse, poich molto spesso si lasciavano fradici di lacrime convinti di non essere all'altezza l'uno dell'altra, e gli amici facevano di tutto per farli tornare insieme. L'ultima volta che li vide passeggiavano mano nella mano proprio sotto il viale che costeggia la chiesa, tra le foglie secche d'autunno, erano commoventi ed il loro incedere pareva quello di un gigante ferito che si trascina con tutte le sue forze fino alla caduta finale. "Io credo che alcune persone siano destinate a restare insieme per forza - mi disse infine - anche contro la loro volont. come se avessero una missione da compiere, come se dovessero dare alla luce chiss quale grande essere umano". "Avevo un amico che viveva la stessa situazione con una ragazza stupenda. Si laceravano in continuazione l'anima lasciandosi per motivi apparentemente oscuri, ma poi tornavano insieme sospinti da una forza improvvisa. Alle volte, guardandoli, li invidiavo, sebbene soffrissero, perch mi rendevo conto che il loro era un sentimento autentico, erano gli unici a sapere realmente cosa significasse non poter fare a meno di una persona". 59

Avevo sempre sostenuto che i concetti di amore e morte fossero indissolubilmente legati, come gli estremi di una qualsiasi emozione. Ogni storia d'amore nasce con l'ambiziosa ed esaltante idea di durare in eterno, mentre il pi delle volte non dura per pi di un anno, il resto un dialogo da osteria. L'amore vero, quello che si porta via una fetta della tua vita perch interamente consumata per dare respiro a quella della persona amata, un fuoco che brucia in fretta. "Credimi" concluse il prete " difficile trovare la persona senza la quale ti sembra impossibile vivere. Ed ancor pi difficile essere un prete in mezzo all'indifferenza di oggi. Tu non hai idea di quanto sia solo un sacerdote ai tempi nostri". Era un uomo coraggioso don Paolo, perch mi diceva tutto questo senza neanche l'ombra di una lacrima. Poi mise su i Pink Floyd e per un attimo mi parve di vederlo volare. Solo dopo mi accorsi che volava davvero, con la mente. Presi la foto con la promessa di restituirgliela e mi incamminai verso la casa di Rosa. Era un casolare isolato, apparentemente privo di ogni confort, con le pareti in pietra di Langa ed un cancello arrugginito aperto su un cortile di terra battuta. Un paio di cani mi corsero incontro, mi annusarono e poi scodinzolarono come se mi conoscessero da tempo. Al loro abbaiare la donna 60

scost una tenda per scrutare l'intruso. Avr avuto quarant'anni, proprio come il fantasma di Sergio. "Buongiorno, sono un amico di don Paolo, volevo solo un'informazione". sempre meglio dichiararsi conoscenti del parroco, per la gente di campagna un biglietto da visita importante. Avevo pensato di improvvisarmi giornalista, intento a scrivere un pezzo sulla storia di San Giorgio. Mi avvicinai all'ingresso. "Sono un giornalista e sono stato incaricato di scrivere un articolo sul vostro paese don Paolo mi ha detto che potevo rivolgermi a lei". "Perch? A nessuno verrebbe in mente di mandarla da me per qualche informazione, lo so come mi considerano in paese!" "So che lei ha frequentato per un breve periodo l'universit a Torino, una persona istruita e pensavo che potesse essermi d'aiuto". Colpita da tanta fiducia mi invit ad entrare. L'ingresso era quello tipico delle case di campagna di una volta, con lo scalone centrale che portava alle camere da letto e due porte laterali che introducevano l'una nell'autorimessa e l'altra nel soggiorno, dove mi fece accomodare. Mise su un caff e si sedette di fronte a me. Fuori, 61

appena oltre il cancello, incrociai lo sguardo di Sergio, il Sergio che gi conoscevo. Per la prima volta quella visione mi rassicur e distesi le gambe sotto il tavolo, con disinvoltura. "Beh da dove vogliamo cominciare dal Medioevo?" Chiese la donna. "Dal misterioso Medioevo, prego".

"Guardi che se comincio non mi fermo tanto facilmente!" "Prego prego " Era proprio una donna di Langa. Quando una di loro inizia a raccontarti una storia non smette pi, capace di partire dalle avventure dei partigiani per approdare alle visioni pi mistiche, coinvolgendoti in un delirio da predicatore religioso. "Dunque: il Paese si sviluppato nell'Alto Medioevo per accentramento delle case facenti parte della corte di Masionti, situata presso l'attuale chiesa cimiteriale di San Bartolomeo, che risale nelle sue forme originarie al XIII secolo. Dal 1518 in poi prese il nome di Scarampi, la famiglia borghese e mercantile astigiana che con abile 62

politica territoriale scalz a poco a poco i Del Carretto e gli Asinari dai feudi delle Alte Langhe". La signora and avanti come una guida turistica per almeno mezz'ora, soffermandosi sulle varie costruzioni del paese. Mi descrisse dettagliatamente la torre, recentemente restaurata: un bell'esempio di edificio difensivo medioevale, con la base scarpata, sei piani e copertura a terrazza, in origine coronata da merli. Tutt'attorno restano le mura di cinta del mastio castellato. La chiesa di San Giorgio, seicentesca, conserva all'interno pitture del XIX secolo di Pietro Ivaldi detto "Il Muto" e otto formelle affrescate del pittore Giovanni Crosio da Trino, datate 1631 e raffiguranti scene della vita di Cristo. Il complesso religioso comprende anche il vicino oratorio dei Disciplinati o Confraternita dell'Annunziata e la chiesetta di San Carlo, poco fuori dal paese, uno dei pi antichi e armoniosi esempi di barocco dell'Alta Langa. Fu edificata all'inizio del XVII secolo come voto formulato dalla popolazione per lo scampato pericolo della peste. In assenza di mattoni, le volute e le decorazioni tipiche del barocco sono ottenute con piccole scaglie pietrose. "Lei mi ha detto di essere stato dal parroco, don Paolo, vero? Le ha fatto vedere le cantine?" Mi 63

chiese infine Rosa.

"Non oggi, ma le avevo viste durante una mia visita precedente" risposi. "Devono risalire al Trecento, ma non ne sono sicura Aspetti, aspetti chiamo mio marito, lui di sicuro lo sa Alessandro Ale vieni gi un attimo!" Url voltando la testa verso le scale. La paura mi colp al cuore come non avevo mai provato. Stavo per incontrare l'oggetto della mia indagine e solo ora mi rendevo conto che quell'uomo era l'unica cosa che non avrei mai voluto vedere. D'un tratto fu alle mie spalle, percepivo la sua presenza e vedevo Rosa che lo fissava con gli occhi. Mi voltai d'impulso e la calma torn. L'uomo era il riflesso di Sergio (avevo preferito continuare a chiamarli con due nomi diversi, sebbene fossero la stessa persona, per poterli distinguere) e nulla lasciava intendere che fosse uno spirito trapassato da anni. La donna fu contenta di notare che, a differenza di tutti gli altri, io riuscivo a vedere perfettamente il suo uomo, e mi concesse pi fiducia e confidenza del dovuto, scherzando con me sul fatto che 64

Alessandro dimostrasse pi anni di lei, sebbene avessero la stessa et. In realt, in cuor mio pensavo esattamente il contrario, ma per educazione stetti zitto. Alessandro disse di non sapere assolutamente nulla in merito alla storia del paese, e Rosa continu il suo racconto da sola. L'uomo la ascoltava assente, non interveniva mai e neppure cambiava mai posizione sulla sedia. Quando lei gli chiese un bicchiere d'acqua, non potei fare a meno di notare come le sue azioni non fossero altro che la risposta agli ordini della moglie, era come se egli non potesse parlare o muoversi se non per rispondere ad una sua domanda o ad un suo preciso ordine, era privo di autonomia e di personalit. Persino il suo modo di parlare, quando interrogato, sembrava privo di sentimento e di coinvolgimento: era una marionetta nelle mani di Rosa. Presi appunti per tutto il tempo e mi congedai da lei con la promessa di tornare per approfondire il discorso. Era quasi ora di pranzo e mi avviai verso la macchina per tornare a casa. Attraversai la piazza con la sensazione di essere pedinato, sentivo il calore di una persona accanto a me come l'aria calda d'estate. Bloccai il mio incedere e mi voltai. Nella foga per poco non perdetti l'equilibrio, ma alle mie spalle non vi era alcuno. Un gatto si tuff tra le foglie cadute ai piedi di un albero e senza dare neppure un'ultima occhiata a 65

quel belvedere naturale saltai sul sedile e misi in moto. Ma dopo appena un paio di curve "Come ti sembrato?" Sussultai con il cuore in gola quando mi accorsi che Sergio era seduto al mio fianco. "Ti pare il modo di lasciamo perdere" "Scusa Non ti sembra che quell'uomo non esista, se non in quanto espressione della volont di Rosa?" "Si forse solo la proiezione del suo amore, come se il desiderio di avere quell'uomo al proprio fianco fosse talmente forte da essere diventato visibile. Tempo fa avevo letto che i defunti non riescono a trapassare completamente se i loro cari continuano a piangerne la scomparsa" "Dev'essere cos. Devi far capire a Rosa che io sono morto, devi convincerla a disinnamorarsi di me". "Ma come si fa?" "Non lo so prova a farla innamorare di un altro" propose Sergio fissandomi. "Non di me non ci pensare neanche" ribattei seccato. 66

"Prova allora con il parroco non ti ha detto di sentirsi solo?" "Don Paolo? Ma ha fatto voto di castit e di celibato " "Ma lui non ci deve fare niente con Rosa, deve solo diventare il destinatario del suo amore, poi le cose si risolveranno da sole!" "Speriamo" conclusi. C'era il progetto di un piano diabolico in quello "Speriamo". In fondo non dovevo persuadere don Paolo a violare i suoi patti con il Signore, ma solo farlo diventare un oggetto del desiderio, meglio ancora se irraggiungibile. Era stato lui, del resto, a dirmi che si sentiva tremendamente solo, un po' di attenzione non avrebbe potuto che fargli piacere. Mentre pensavo tutto questo Sergio scomparve. Andrea Icardi

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Presentazione: "Sono e mi chiamo Nicolangelo Lisco, leva '75, liceo classico e laurea in giurisprudenza, caporale nel fiero esercito repubblicano e, ormai, di questi tempi, avvocato praticante. Bari mi don i natali e in Bari risiedo sin dalla vita uterina. E' questo mio racconto, un racconto che - per dirla alla Jerome - non eleverebbe una mucca. Orbene, le presentazioni m'inducono a riflessione; Vogliate scusarmi, dunque". Nik Lisco

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Lombrello

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Sciolse gradualmente il dubbio circa le colorite prognosi fantasticate da ciascheduno degli impiegati allorch, reintegrata la postura verticale, prese a battersi i calzoni stampigliati di polvericcio bianco dintonaco con vigorose manate, mostrando di non essersi rotto le ossa nel conflitto col suolo.Si fatto male?, chiese il suo segretario personale, che pi felicemente tra i presenti dissimulava lilarit mista a franco sentimento di tripudio per il divino segno desistenza di una benigna provvidenza, effetto dellaver visto il neo-insediato er direktor perpendicolare sedia-pavimento, causa il assecondare cedimento ignominiosamente la forza di gravit, seguendo lasse strutturale della prima, ospitante, da molte ore, il di lui deretano. Questufficio un cesso, bofonchi stizzito e spaventato, un cesso.. non ancora sufficientemente i suoi lucido per si principiare a maledire i malcelati sbotti di risa dei presenti, ripet, mentre collaboratori arressavano agli stipiti della porta per fuoriuscire a sfogare gli spasmi di ridarella da cui erano tutti, indistintamente, afflitti. Raccolse fogli e penne sparse per la stanza, stigmate del rovinoso accaduto, trasse dalla giacca lo scalpicciato pacchetto di Diana morbide, lo volt a testa in gi lacerandone con lindice la velina , ne guadagn una sigaretta che port ancora tremante alle labbra, tast nervosamente la camicia, le tasche dei pantaloni, insacc le

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mani nella giacca sino a scandagliarne i recessi pi remoti alla convulsa ricerca di un cerino che scorse in terra, a qualche metro di distanza. Dalla porta semi aperta, cautelativamente non disancorata dalla mano, sintrodusse il mezzo busto del segretario Mi scusi Ingegnereha bisogno di..., ma non contenendo lennesimo ascesso di ilarit, richiuse dietro se la porta e riprese a sputare risate catarrose, mani ai fianchi e semigenuflesso sulle gambe. Sei un imbecille, persino come servo sei e rimani un grande im-be-cille... sbrait lingegner Adriano Lupis, nuovo direttore tecnico dellarea progetto e sviluppo della , azienda cardine in Europa per la produzione di elettrodomestici casalinghi, dallinterno del suo ufficio. Appicc la paglia, unico suo vizio, retaggio delle vuote compagnie dei tempi del liceo, spalanc la finestra per annusare la pungente fragranza dellaria serale di un ottobre che preludeva senza troppi convenevoli alle asperit dellinverno, allent il nodo alla cravatta, immote le chiome degli alberi strizzavano locchio alla piovosa densit dei nuvoloni stagliati sul giardino della fabbrica, pressoch deserta alle sette di sera, prima dellindomani, osserv, non si sarebbe appropriato di una nuova sedia ed inoltre, per effetto di un insistente dolenza alla natica-cuscinetto, si risolse a decretare la fine della giornata lavorativa, non senza rimorsi e timori circa lopinare dei vertici aziendali,

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sempre resi edotti dalla fitta rete delatoria di uscieriinformatori. Attese che fossero levate le tende da buona parte di quella compatta accolita di geometri e ragionieri facenti parte della Divisione Aziendale sulla quale deteneva, senza dubbio alcuno e quasi convincendosene con intimo piacere, una ragguardevole potest decisionale. Se ne accorgeranno chi sono io, questi parassiti scansafatiche, ripet tra se, a denti stretti, guadagnando laccesso al parcheggio. Lultima pugnalata alle spalle della giornata lavorativa gli fu inferta nel constatare che uninsignificante pulverulenta pioggerellina stava abbattendosi inesorabile sulla sua vettura, ed inesorabilmente rattristava il luminescente sfolgorio della patina di cera applicata durante laccurato lavaggio della sera precedente. Sfior con un dito la carrozzeria, ne apprezz ancora unaccettabile pulizia, mise in moto, lasci che il motore inutilmente salisse di temperatura, part. Cos avrebbe trascorso la serata lingegner Adriano Lupis classe 1970, laurea conseguita a pieni voti in ingegneria elettrotecnica, senza lode, dopo appena un mal digerito anno da fuori corso - consumando il frugale men composto da una fetta di carne e due dita di vino rosso, nella villetta con box auto in cui risiedeva solo e di cui

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spesso soleva dolersi per via di un canone di locazione, a suo avviso, dispendioso ma altres imprescindibile condicio sine qua non per non veder contaminati i suoi spazi dalla vita di quartiere o, peggio, da turbolenti e sanguigni condomini meridionali. A parenti, amici e amiche (non appaia casuale lordine di citazione) si dedicava quindicinalmente, facendo ritorno in terra nata, centinaia di chilometri percorsi vedendo trascorrere dal finestrino del treno paesaggi di diversa natura, sino allaffiorare delle langhe piemontesi, geometricamente disposte dallaratro, e pace e incanto dei suoi sensi. Poca tv, per lo pi durante i pasti, assiduo frequentatore delle chat-line che riuscivano a trasmettergli un astuto senso di proibito libertinaggio, sebbene usasse dimensionarle al triste rango di agenzie matrimoniali, ling. Lupis principi a scacciare dapprima, ma a considerare presto necessaria lidea di deviare litinerario previsto verso la pi vicina farmacia per rifornirsi di una pomata che contrastasse efficacemente il preoccupante intensificarsi del dolore alla porzione di culone interessata dallimpatto.