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www.youGUC.com www.youGUC.com www.youGUC.com REDAZIONE-DIREZIONE: VIA MARCONI 126 GAZOLDO D/IPP. - MAIL: [email protected] 23 seembre 2011 Anno 1, n°4 L i n f o r m a r i o d e l G U C I due volti dell’ Arte Antani Indignados: Voci dalla Piazza e=mc2: Il Valore della Cultura

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IV NUMERO DELL'INFORMARIO DEL GUC

Transcript of ANTANI IV

www.youGUC.comwww.youGUC.com www.youGUC.com

REDAZIONE-DIREZIONE: VIA MARCONI 126 GAZOLDO D/IPP. - MAIL: [email protected] 23 settembre 2011 Anno 1, n°4

L ’ i n f o r m a r i o d e l G U C

I due volti

dell’Arte

AntaniIndignados:

Voci dalla Piazzae=mc2:

Il Valore della Cultura

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Che Dio mi conceda la serenità di accettare ciò che non posso cam-biare, la tenacia di cambiare ciò che posso e la fortuna di non fare troppe cazzate. (Stephen King)

Cominciamo con una citazione a metà tra il serio ed il faceto. L’ago della bilancia di un numero di Antani dovrebbe essere quello. Tut-tavia, non è sempre possibile ottenere un simile equilibrio. Innanzi tutto, la situazione attuale ci sta sfidando. C’è poco da ridere, persino Charles Spencer Chaplin avrebbe avuto il suo bel da fare ad estrarre qualcosa di buffo (e lui, era un campione della risata amara). Anche questa volta, tra ritardi, fatica e, soprattutto, un caldo assassino, il numero è completo e pronto da leggere. L’esperienza e gli amici mi hanno suggerito nuove idee per migliorarne la qualità, cose che si potranno già vedere dai prossimi numeri. Abbiamo scelto, all’inizio della nostra storia, il formato bimestrale. Una scelta ottimale, per chi lavora a questo numero (nessuno di noi è un professionista che potrebbe dedicarci ogni giorno). È anche una scelta vincente sotto il profilo delle notizie: non dovendo inseguire ogni singola notizia di cronaca come farebbe un quotidiano (e ci sono già i quotidiani per questo, la nostra è una scelta differente), il tempo tende a selezio-narle per noi, lasciando in evidenza ciò che può essere importante. Tuttavia, c’è anche il suo rovescio della medaglia, allorchè arriva-no notizie attraenti quando ormai cominciamo ad impaginare. Per quanto riguarda questo numero… salutiamo la new entry Manuel di Vito, che ha riempito con il suo personalissimo stile le pagine di que-sto numero, fornendoci una sua retrospettiva sul Cinema all’Aperto del GUC, e proseguendo con le sue riflessioni sulla tournèe di “The Wall”, conferendo a questo numero un’impronta artistica. Impron-ta corroborata dalle interviste di Silvia Viviani, che ha contribuito al numero con non una ma ben due interviste di artisti locali (una cantante e un regista). Per quanto riguarda la rivista, e la possibilità di collaborare, l’invito è sempre il medesimo. Scriveteci ad [email protected].

La supercazzola

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Sommario

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Antani Racconta

Supertramp! Notizie, curiosità, riflessioni di gazoldesi e mantovani sparsi per l’Italia e per il mondo

L’Intervista

Resoconto di GuCinema all’aperto, a cura di Manuel Di Vito

E=MC2Il Sindaco Nicola Leoni, Franca Ferretti e Cesare Battistelli dicono la loro sul referendum imminente

La Missione della Freedom Flotilla, un anno dopo

Elogio a un folle

Los Indignados

Guciverba!

La giornata mondiale dei costumi buffi, Madrid 16-21 Agosto 2011

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Come hai cominciato?

Da piccola ho sempre sognato di cantare. Andavo a scuola di musi-ca a Novi di Modena dove studiavo chitarra,batteria e canto. Volevo andare al conservatorio, ma la mia famiglia non poteva permetter-selo. L’alternativa era iscriversi ad un istituto superiore per diventare segretaria d’azienda, ma non mi interessava. Io volevo la musica. Sono rimasta a casa e ho continua-to a frequentare le lezioni di canto, quando mi contattò una batterista che cercava qualcuno che suonas-

se la chitarra. Il provino però si do-veva svolgere a Roma. Ricordo che la mia famiglia mi disse: “O vai a Roma, o vai fuori di casa.” Scelsi la prima, e partii. Avevo la terza me-dia, e solo 17 anni. E’ stato difficile, più o meno sono arrivata, ma “tan-ta fame”.

Quindi Roma è stata una svolta: cosa successe dopo?

E’ stato difficile, il gruppo per cui avevo fatto il provino stava andan-do a rotoli, lavoricchiavo e passavo da un provino all’altro. La prima vera occasione arrivò nell’81 quan-do venni scelta per il programma RAI “Al Paradise” di Falqui come corista per i turni cantati. Prendevo 30.000 lire lorde. Da lì continuai a

lavorare in Rai, in programmi come “Pronto chi gioca?”,”Fantastico” e “La Corrida”. Fare la corista era diventato il mio lavoro, e iniziai a lavorare anche fuori dalla televi-sione. Andai in tournèe con Paola Turci, Fiorella Mannoia, Luca Bar-barossa, Edoardo Bennato, Alex Britti e Giorgia, inoltre entrai a far parte del coro di Sanremo. Ho la-vorato anche come doppiatrice di cartoni animati quali “Biancaneve” e “Shrek”. Attualmente sono cori-sta di “Amici”, seguo da sei anni la tournèe di Gigi D’Alessio e insegno Canto a Roma.

Sei tra le prime cinque coriste in Italia, lavori in televisione e colla-bori con alcuni tra i maggiori arti-sti musicali italiani. Nonostante

L’INTERVISTAA cura di Riccardo Donini, Marco Viviani, Silvia Viviani

CLAUDIA ARVATIE’ nata a Gazoldo dove ha trascor-so l’infanzia e poco più. Viveva di musica ancor prima che la musica entrasse concretamente a far par-te della sua vita. La chiamiamo per un’intervista. Il suo entusiasmo già ci travolge attraverso la cor-netta. Piacevolmente esuberante ci ha parlato di sè con sensibilità e umorismo senza risparmiarsi gor-gheggi e imitazioni.

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questo hai sostenuto più volte di non essere arrivata dove volevi...

Questo è il mio mondo, la musica è la mia vita. Per quanto riguarda la televisione, onestamente non mi diverto più come prima, trovo che fosse molto più entusiasmante una volta, quando iniziai la mia carriera. In realtà ora sono più soddisfatta dalle tournèe. Nonostante questo, il mio sogno è sempre stato quello di diventare una cantante solista, ma purtroppo non è capitato.

Secondo te per quale motivo?

Ho un aneddoto molto carino: a Sanremo c’era una persona che mi seguiva molto. Era un direttore di palco e conosceva tutti i discogra-fici. Un giorno gli do un pezzo che si chiamava “La Voce Della Luna”. Il direttore sentì il pezzo, gli piacque e lo portò ad un grosso discografico di Milano, che dopo qualche tempo mi telefonò. Ricordo che mi tenne un quarto d’ora per spiegarmi che la canzone era bellissima e cantata altrettanto bene, ma che purtrop-po non era da “panino e birra”, cioè che era troppo impegnativa per Sanremo. Anni dopo, Alex Baroni inserì quella stessa canzone all’in-terno di un suo album e fu un suc-cesso. Quindi, cosa è mancato lì? La casa discografica non aveva cre-duto in me fino in fondo? La can-zone c’era, il progetto c’era. Non saprei rispondere. A volte è anche una questione di fortuna. Questo è un mondo spietato.

E allora cosa consiglieresti a chi si sta affacciando per la prima volta?

Come ho detto, è un mondo spie-tato, ma se vali, vali. Serve talen-to, ma oltre a quello, anche molta personalità. Ho allieve che sono bravissime, che possiedono una voce splendida, ma alle quali man-ca qualcosa. Manca una particola-rità, un modo originale di cantare.

ANDREA LANFREDISono i primi anni del 2000 quando si innamora del palcoscenico. E di cos’altro si poteva innamorare stan-do ai fornelli dell’Osteria al Vecchio Teatro? Proprio Gazoldo giocò un ruolo fondamentale per Andrea che tra un’omelette e un prelibato dessert si iscrive ad un corso di te-atro che si sarebbe tenuto a partire dall’autunno al Circolo La Fenice. Neodiplomato, nato e cresciuto a Casaloldo sta per intraprendere una nuova avventura.

Se dovessi sentire qualcuno che ha partecipato all’ultimo Sanremo, non lo riconoscerei. Hanno qua-si tutti voci molto simili e decisa-mente poco identificabili. Bisogna cercare un genere e uno stile ori-ginale. Bisogna essere riconoscibili, e possedere personalità. Anche sul palco.

Cosa pensi dei Talent Show?

Se ci fossero stati al mio tempo, avrei tentato quella strada. Per la mia esperienza in “Amici”, posso dire che per i ragazzi che partecipa-no è uno stress continuo. Essendo un programma televisivo ha delle regole che vanno oltre alla sem-plice capacità di cantare. Spesso i partecipanti vengono ripresi e criticati per aver cantato male, o per essere fuori tempo, quando in realtà, non è così. Pur di mandarli via, ricorrono a queste scuse. Trovo sarebbe più corretto dire loro che non sono adatti a fare quel pro-gramma, piuttosto che deludere le loro aspettative quando non lo me-ritano. Nonostante questo, qual-che personalità forte e meritevole esce, cito il caso della Amoroso o di Emma. Probabilmente molti de-gli altri non faranno mai più nulla, perchè la fama televisiva a volte è una semplice illusione, è solo un momento. Molti vogliono cantare, e non è così semplice affermarsi.

Un’ultima domanda, è tradizione di Antani chiedere all’intervistato di lasciarci un pensiero.

La prima cosa che mi viene in men-te: se ho mal di pancia, e canto mi passa. Non sto scherzando, se ho qualche problema, se sono ner-vosa, canto e vado in estasi. Amo cantare, non importa se davanti ho mille persone o una sola. Se c’è qualcuno che mi ascolta, io canto. Per me la musica è tutto, vivo di quello. Io nuoto nella musica.

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Tutto è iniziato dal quel corso a Gazoldo, e poi cosa è successo?

Quel corso era il mio primo, ri-masi folgorato. Non avevo an-cora vent’anni ma avevo capito che quello era ciò che avrei vo-luto fare. L’anno dopo feci subito i provini all’Accademia Teatrale Campogalliani che aprì proprio quell’anno a Mantova una scuo-la; poco dopo mi iscrissi anche allo Stabile di Verona con il qua-le incominciai a lavorare quando ero ancora studente. Ottenni per due anni consecutivi il ruolo di Romeo, replicavamo i pomeriggi estivi al balcone di Giuietta. Nel frattempo lavorai con nomi im-

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portanti del panorama teatrale come Sebastiano Lo Monaco, Se-rena Sinigaglia e Gioele Dix.

In quel periodo iniziavi anche a fare provini molti andarono bene ma uno fu molto speciale..

Ermanno Olmi cercava comparse in provincia di Mantova. Quasi per caso andai a fare il provino. Dopo una settimana ricevetti una chiamata: “Il Maestro Olmi è in-teressato”. Subito pensai ad una normale routine per selezionare le comparse ma solo dopo capii che c’era qualcosa di più. Mi die-dero un testo da studiare, andai a fare il provino a Bologna e solo dopo averlo terminato mi dissero che era per un ruolo. Pensavo di non aver dato il meglio, ero agita-tissimo, fissai il telefono per quat-tro giorni consecutivi fino a quan-

do squillò: era la figlia di Ermanno Olmi. Mi telefonò per dirmi di tornare a Bologna perché il Ma-estro era interessato. Da provino come comparsa a coprotagonista. Lavorai a fianco di Raz Degan per Centochiodi film testamento di

Ermanno Olmi.

Qualcosa però è cambiato ad un certo punto. Da un po’ di tempo a questa parte non ti vediamo più sul palcoscenico..

Qualche anno fa feci il provino per far parte del cast di “Ma che Mu-sical!”, una produzione RAI , venni scelto e tornai anche l’anno dopo dove mi cimentai non solo come attore e cantante ma iniziai anche a collaborare come assistente alla regia. Capii che il ruolo da regista poteva dare molto più sfogo alle

mille idee cui la mia mente conti-nua a dare vita. In più il palco non mi emozionava più come prima, sentivo che avevo poco da dire. Non ci avrei mai pensato. Io vole-vo fare l’attore.

Ci hai detto che ti senti molto fortunato, che molte cose sono venute da sé, ti sono capitate. Serve solo fortuna per fare que-sto mestiere?

La fortuna è un fattore importan-te ma bisogna studiare, tanto. Ci sono troppe persone che si im-provvisano attori o registi piut-tosto che cantanti, ma succede solo nel mondo dell’arte perché viene sottovalutato. Nessuno si improvvisa commercialista ma at-tore sì, la gente dovrebbe capire che è un lavoro come gli altri, che ha bisogno di continuo studio. Poi bisogna imparare a conoscere le proprie potenzialità e capire dove si può arrivare. Inseguire i propri i sogni e avere le carte giuste. E’ giusto seguire la propria strada e capire dove si può arrivare, lavo-rare con eccellenza per spiccare e non rimanere un puntino tra mil-le.

Negli ultimi mesi Andrea ha por-tato sui migliori palcoscenici della provincia il suo ultimo lavoro “In Viaggio Verso Broadway” per il quale, ci dice emozionato, si pro-spetta un ricco futuro. Dal 2009 è direttore artistico e co-fondatore della casa di produzione Anian Film. La sua famiglia è in prima fila ad ogni spettacolo. Per anni la scelta di Andrea lasciò perplesse le persone care, ora organizzano autobus da Casaloldo per seguire i suoi spettacoli. E citando Shake-speare, Andrea ci saluta dicendo-ci: “bisogna essere pronti a tutto nel bene e nel male”.

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Antani raccontaAntani non è un’entità di-sincarnata. Antani è un gruppo di persone. Ognu-no di noi, quando scrive per Antani, è Antani. Chia-matelo come volete, rivi-sta, foglio d’informazione, giornalino, anche carta sprecata, se la pensate così. Rimane la somma del lavoro di più persone, individui che assieme ad Antani seguono – anche emotivamente – le sue sorti. Con un certo disap-punto, ma d’altronde do-vevamo aspettarcelo, l’ac-coglienza di Antani è stata piuttosto tiepida. Ho pen-sato, forse con molta inge-nuità, che gli ultimi eventi GUC avrebbero aiutato a lanciare la rivista, esposta al suo stand. Non è sta-to così. Tuttavia, da ogni cosa, in maniera speciale dagli errori, si può impa-rare. I lettori “stagionati”, quelli che ci hanno seguito sin dai primi numeri, sono affezionati a noi. Gli piace il nostro giornale, aspetta-no le nostre novità, sanno chi siamo e apprezzano il nostro lavoro. D’altro can-to, non si può pretendere lo stesso entusiasmo da

chi non ha mai visto pri-ma un nostro numero, né credere che una coperti-na accattivante possa da sola attirare potenziali let-tori. Abbiamo analizzato i pro e i contro della nostra rivista, arrivando ad una conclusione: adesso, non riusciamo a raggiungere nel modo che vorremmo i nostri lettori. Non dob-biamo tuttavia conside-rarlo un fallimento. Siamo al quarto numero di una pubblicazione, la cui ver-sione cartacea è scarsa, e la cui distribuzione è spo-radica. Abbiamo lettori al di fuori della cerchia del GUC, e questo è un picco-lo successo. Piccolo, ma pur sempre un successo, assieme al fatto di riuscire a costruire, ogni due mesi (salvo ritardi), un nuovo numero. A volte la “reda-zione” viene travolta dalle idee, a volte, il numero di Antani decide di sedersi, testardo come un mulo, e rimanere lì. Tuttavia, sia-mo al quarto numero, e stanno nascendo nuove idee. A noi spetta solo il crederci e portarle avanti.

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2011. Il mese di luglio è appena cominciato. In Grecia, un Paese nel mezzo di una crisi economica dif-ficilmente risolvibile, si scatenano violente rivolte di piazza alle quali partecipano migliaia di cittadini, ma gli esponenti del governo e le forze dell’ordine sono impegnati in un’altra questione di portata inter-nazionale: da diversi giorni in alcuni dei principali porti greci sono ormeg-giate nove imbarcazioni coordinate tra loro, che porterebbero a bordo persone vicine ad organizzazioni ter-roristiche e armi chimiche. Lo stesso Ministro degli Esteri israeliano Li-eberman ha appena diachiarato che su quelle imbarcazioni si trova il nocciolo duro degli attivisti terror-isti. E, forse rivolgendosi alla propria popolazione minacciata, forse rivol-gendosi al pubblico internazionale, ha tenuto a precisare: “ Sapremo comunque far fronte alla Flottiglia”.

2010. E’ la notte del 31 maggio: la nave Mavi Marmara, di proprietà della ong turca IHH e ammiraglia di una piccola flotta di sette navi de-nominata Freedom Flotilla, è salpata da Cipro e si sta dirigendo verso la Striscia di Gaza. Le imbarcazioni por-tano a bordo aiuti umanitari: cibo, medicine, vestiti e materiale edile. Alle ore 4:30, dopo diversi contatti radio tra la nave turca e la marina

La missione della Freedom Flotilla, un anno dopo.Di Matteo “Rambo” Mantelli

israeliana, avviene l’accerchiamento in acque internazionali, ben lontano dalle acque territoriali di Gaza di cui Israele ha il controllo: un commando si cala da un elicottero sulla nave turca. I primi soldati vengono ferma-ti e disarmati dai passeggeri, in nu-mero molto maggiore, e colpiti con bastoni e spranghe. In breve tempo dal comando della missione israe-liano viene data l’autorizzazione ai militari– ben informati, anzi, proba-bilmente sovrainformati riguardo la presenza di armi a bordo della nave –ad aprire il fuoco. Le parti della nave lontane dagli scontri vengono utilizzate dai medici presenti nella spedizione per i primi soccorsi. Nove attivisti, tutti turchi, di cui un dici-annovenne con cittadinanza ameri-cana, rimarranno uccisi. Secondo le versioni del personale medico a bor-do, almeno quattro di loro sono stati freddati con un colpo alla testa. I civili feriti saranno una cinquantina, molti colpiti a gambe e braccia, diversi sa-ranno sottoposti ad interventi chirur-gici. Durante le operazioni su tutte le altre imbarcazioni l’esercito ha uti-lizzato proiettili di gomma, mentre le armi a disposizione degli attivisti si dimostreranno essere spranghe e coltelli da cucina. Il totale dei soldati feriti, secondo fonti israeliane, sarà di almeno sette, di cui due con ferite provocate da armi da fuoco. E’ stato

appurato che la Mavi Marmara non trasportava aiuti: in realtà delle sette imbarcazioni solo quattro avevano a bordo merci, tra cui circa quattro tonnellate di medicinali, 300 sedie a rotelle, 20 tonnellate di vestiti, zaini per la scuola e scarpe: il governo israeliano ne criticherà lo stato di conservazione ( medicinali vicino al termine di scadenza e vestiti in stato di usura) e continuerà a considerare la propria azione legittima, tuttavia un’indagine interna all’esercito giu-dicherà scarsa la preparazione dei soldati per la missione. La vicenda è ancora al centro di un duro scontro diplomatico tra Israele e Turchia.

2011. L’ammiraglio E. Marom, ha af-fermato che i suoi uomini sono stati addestrati a non reagire violente-mente a sputi o lanci di oggetti da parte degli attivisti.

Ma, chi sono questi attivisti che membri del governo israeliano non esitano a definire terroristi? Quali sono i rifugi, le grotte, i bunker in cui si sono fin’ora nascosti e dai quali sono improvvisamente usciti?

Uno dei più noti è Alice Walker, ha 67 anni, è americana, ha vinto il Pre-mio Pulitzer per la narrativa nel 1983 con il suo romanzo “ Il colore viola”, è imbarcata sulla nave statunitense

Audacity of Hope. Amira Hass, invece, è una scrit-trice e giornalista per Haaretz, il primo quo-tidiano di informazione in Israele. Trevor Ho-gan è laureato in gior-nalismo ed è un ormai ex-giocatore di rugby irlandese: la sua carriera si è conclusa lo scorso gennaio a causa di un grave infortunio. Tano D’amico è un giornalista e fotoreporter, nato a Filicudi, nelle Isole Eo-lie, nel 1942. E’ il 29 gi-ugno quando, sulla nave italiana della spedizione ormeggiata a Corfù ed intitolata in memoria di Stefano Chiarini ( gior-nalista morto nel 2007, per anni inviato di guer-ra in Medio Oriente), in-contra un altro attivista: Vauro Senesi, scrittore

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e vignettista de Il Manifesto e di An-nozero per l’occasione reporter; sua è la lettera-manifesto indirizzata all’ammiraglio Marom in nome della spedizione, che quest’anno è stata battezzata “Freedom Flotilla 2 - Stay Human” ( dal motto di Vittorio Arri-goni, il volontario e giornalista rapito e poi ucciso proprio a Gaza, da espo-nenti un piccolissimo gruppo fonda-mentalista, in aprile).

Tutte le imbarcazioni sono state bloc-cate per giorni nei porti dalle autorità greche fino a che, con il passare del tempo, sempre più volontari hanno rinunciato alla spedizione. Solo il capitano dell’imbarcazione ameri-cana, John Klusmire, ha deciso di salpare senza autorizzazione e, una volta intercettato dalla marina greca, è stato arrestato; l’accusa è quella di

aver violato una norma del codice navale greco che impone ai capitani di sottostare agli ordini del ministero degli interni in caso di guerra o di forti tensioni nei rapporti internazionali. La nave francese Dignité è riuscita ad ottenere l’autorizzazione per partire per l’Egitto il 16 luglio: una volta in mare aperto cambia la sua rotta in-dirizzandola verso la Striscia di Gaza, mentre si trova in acque internazion-ali, si imbatte nell’esercito israeliano. A bordo c’è Dror Feiler, nato a Tel-Aviv nel 1951, è un musicista e com-positore di cittadinanza svedese ( ha rinunciato a quella israeliana), presi-dente dell’associazione European Jews for a Just Peace ( Ebrei Europei per una Pace Giusta). Anche Amira Hass, la giornalista, è sulla Dignité. La marina israeliana accerchierà e

forzerà la piccola imbarcazione a dirigersi verso il porto di Ashdod ed una volta a terra, i suoi 16 paseggeri saranno arrestati con l’accusa di aver violato le acque territoriali israe-liane. Dopo tre giorni durante i quali nessuno saprà nulla sulle loro con-dizioni, verranno liberati e rimpatri-ati. Prima della partenza la famiglia Arrigoni, Moni Ovadia, Dario Fo e Franca Rame, giornalisti, fotografi, musicisti ( come Fiorella Mannoia), associazioni ( tra le quali anche di-verse associazioni ebraiche), alcuni esponenti politici ( chiaramente nes-suno appartenente alla maggiornaza parlamentare) hanno firmato un ap-pello in supporto dell’iniziativa.

Questi sforzi per portare aiuti o an-che solamente visibilità alla popo-lazione della Striscia di Gaza non

sono gli unici: da anni ven-gono organizzate spedizioni via mare o via terra con sco-pi umanitari. Fino a pochi anni fa Israele aveva addirit-tura permesso ad alcune imbarcazioni di portare aiuti umantari a Gaza. Dal 2006 la situazione è cambiata, Israele ha posto la Striscia sotto embargo per motivi politici ( in quanto Gaza è da allora governata da Hamas, il “Movimento Islamico di Resistenza”, nella lista delle organizzazioni terroristiche in Israele, negli Stati Uniti e in gran parte d’Europa, Italia compresa). Migliaia di tonnellate di merci sono ferme al confine egiziano. A Gaza c’è un aeroporto in-ternazionale ma è chiuso da quasi dieci anni. Sono in gravissima crisi tutti i settori

della vita quotidiana di un Paese: la sanità, il commercio, l’agricoltura, la pesca ( a causa del limite di navigazi-one, imposto con l’idea di evitare l’importazione di armi, a 3 miglia dal-la costa). Il tasso di disoccupazione è oltre il 40%. Mancano le risorse per costruire o ricostruire case, distrutte da anni di scontri, anche interni, e dagli improvvisi bombardamenti che Israele compie ancora oggi colpendo comunissime case, normalissime persone, campetti da calcio e bam-bini, come testimoniava Vittorio Ar-rigoni in uno dei suoi ultimi articoli.

L’ONU ha dichiarato che nella Striscia di Gaza l’embargo ha causato un danno irreversibile. La sua superficie è di 360 Km² e nel 70% delle famiglie si vive con meno di 1$ per persona al

giorno. Nella Striscia di Gaza vivono più di 1 milione e 650 mila persone.

No, non è un errore di stampa e nem-meno un disturbo del segnale video analogico. E’ l’opera di un affermato artista contemporaneo francese che... No, scherzo: è un codice QR, magari l’avete già visto sulle copertine di quo-tidiani o riviste, o in Giappone ( lì lo mettono dappertutto). Dentro il qua-drato ci sono una serie di dati ( del tipo: 010100101001011001001...), che sono nel nostro caso un collegamento ad una breve intervista a Moni Ovadia su You-tube. Quindi da questa pagina, che è di carta e che non può contenere immagini in movimento ( abbiamo, però, in can-tiere, nei nostri laboratori segreti, uno studio per sfruttare speciali occhiali con una lente rossa e l’altra verde) e nem-meno suoni ( qui invece la creatività si è fermata all’audiogiornale, con cassetta allegata), si può passare a leggere, ve-dere e ascoltare, in pochi secondi, una pagina con potenzialità indubbiamente diverse. Bisogna avere a disposizione 2 cose: un telefono cellulare con fotocam-era e un collegamento internet ( altri-menti si visualizzerebbe solo l’url: http://www.youtube.com/watch?v=rifMw4eJaqk&feature=related, senza potervi acce-dere. Ecco, così chi non potrà utilizzare il codice, ma avrà quei dieci minuti a dis-posizione per digitarlo può guardarselo, n.d.r.). Ora, ciò che colmerà la distanza che va da qui al nostro video, sarà un let-tore di codici QR: un programma minus-colo che permette di leggere il codice at-traverso la fotocamera. Per farla breve, uno dei più diffusi è I-nigma, che anche il sottoscritto possiede in quanto gratu-tito ( scaricabile direttamente sul tele-fono dal sito: www.i-nigma.mobi ), per I-Phone esiste QR Reader for I-Phone ( scaricabile da I-Tunes o dall’App Store), poi se ne trovano tantissimi altri, in siti per la maggior parte in inglese, cercan-do su google “QR READER” e verificando la compatibilità con il proprio cellu-lare. Una volta scaricato il programma, basterà avviarlo e inquadrare il codice per vedersi il filmato.

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eugualeemmecidueQuestione di opinioniFermiamoci un attimo sulla questione Cultura.

L’argomento ha acceso non pochi dibattiti su scala nazionale, è stato approfondito da diversi media, ed è un problema più che mai attuale all’interno del mondo politico, artistico e accademico. C

onsideriamo la questione dal vostro punto di vista: secondo voi, dando una vostra definizione di cos’è la cul-tura, quanto questa è importante nella vita di una comunità? Da cosa è mossa, e che cosa muove la cultura? Quali obiettivi dovrebbe porsi? Sopratutto, quale ruolo devono avere le istituzioni al fine di una sua migliore promozione?

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di Franca Ferretti

La’etimologia ci riporta alla cicero-niana “cultura animi”, alla capacità cioè di “coltivare” la formazione del-la personalità umana. La cultura è, quindi, l’insieme delle cognizioni in-tellettuali che una persona ha acqui-sito ed acquisisce attraverso lo studio e l’esperienza, convertendo il tutto in elemento costitutivo della propria personalità morale, della propria spi-ritualità e del proprio gusto estetico, in una parola del proprio mondo. Con l’Illuminismo nel XVIII secolo la cultu-ra continua ad essere un processo di formazione; ma questo non riguar-da più solo il singolo, bensì l’umani-tà stessa od un suo gruppo sociale. Le varie fasi di sviluppo della cultura vengono fatte coincidere con le tappe storiche del cammino dell’umanità.

Quanto sia importante: deriva proprio dal fatto che la cultura è un aspetto del processo complessivo della vita

sociale, anzi essa assume il compito di trasmettere da una generazione all’altra il patrimonio di idee e di va-lori del gruppo sociale. In definitiva, la cultura tende ad essere identifica-ta con l’eredità sociale propria di una determinata comunità. Da qui deriva la sua importanza fondamentale

Da cosa è mossa: un sistema di cul-tura ha origine dall’associarsi di più individui in vista di scopi comuni li-beramente scelti, la cui realizzazione comporta una produzione di valori che diventano costitutivi di quel grup-po e contesto, che hanno la possibilità di espandersi verso gli altri attraverso stimoli, relazioni e forme imitative. Le motivazioni possono essere le più di-verse. Scegliamone una che ci riguar-da da vicino: la valorizzazione delle diversità e la loro intrinseca ricchezza. Conoscere i valori e le identità (reli-giosi, etnici e così via) delle persone è il presupposto per una diversa e più convincente convivenza e per avviare un dialogo. Un altro esempio può es-sere la conoscenza del nostro territo-rio e delle sue caratteristiche naturali, morfologiche ed antropiche. Il pas-saggio da una società agricola ad una società basata sull’industria ha com-portato un distacco anche in termini di conoscenza e di continuità riguardo ai luoghi in cui viviamo ed operiamo.

La scuola, per definizione, è il presi-dio culturale fondamentale di una qualsiasi comunità. I processi di inte-grazione, ad esempio, operano in via quasi automatica proprio all’interno della scuola, in quanto il metodo e le

procedure di apprendimento in essa si uniformano e si democratizzano. Queste scelte sono state sempre alla base dei nostri interventi ammini-strativi e lo sforzo compiuto per dare a Gazoldo sia una scuola di quantità che di qualità hanno prodotto risultati straordinari, facendo sì che il nostro paesello fosse, dopo Asola, il secondo centro scolastico del distretto, mal-grado la presenza di Comuni (Castel Goffredo, Canneto) demograficamen-te più importanti. Fuori dal contesto scolastico, il fiore all’occhiello - piac-cia o non piaccia - è stata ed è l’azione dell’Associazione Postumia; un’azione a largo spettro, territoriale e di inte-ressi culturali, che ha attratto su Ga-zoldo attenzioni ed aspettative impor-tanti nei campi dell’arte, della storia, della ricerca, al minimo provinciali e interregionali. Le istituzioni pubbli-che hanno il compito, innanzi tutto di tutelare e di accrescere queste risor-se, attraverso un rapporto dialettico di collaborazione e di confronto, nel rispetto dell’autonomia che è tipica del libero associazionismo. Le isti-tuzioni dovrebbero saper esercitare con lungimiranza in materia culturale la funzione di indirizzo e di coordina-mento. L’organizzazione della cultura ed il suo processo di elaborazione e di diffusione sono tra i compiti più signi-ficativi ed essenziali che le istituzioni democratiche devono saper eserci-tare, avendo ben chiara la funzione politico-sociale che la cultura sempre più sta assumendo nella complessa e ormai “globalizzata” società contem-poranea.

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di Cesare Battistelli

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di Nicola Leoni - Sindaco

La domanda è alquanto complessa e non basterebbe un ampio dibattito a risolvere la problematica posta dal quesito soprattutto al primo punto. Prima di rispondere, bisognereb-be precisare di quale cultura stiamo parlando, giacché ogni settore so-ciale produce una propria cultura

e non penso che la cultura di uno specifico ambiente sociale o produt-tivo debba considerarsi maggiore o minore di ogni altra . In questo senso occorre pensare alla cultura con aper-tura liberale verso ogni sua manife-stazione. Pertanto, non c’è alcuna uti-lità nel definire cosa sia cultura e cosa no. In proposito ognuno esprime una propria concezione. E’ impossibile de-finire genericamente un concetto che sarebbe inevitabilmente soggetti-vo, a meno di valersi della definizione fornita da dizionario. Volendo tuttavia rispondere, sebbene succintamente e in modo forse troppo sintetico, credia-mo che la cultura sia mossa dall’ansia di conoscenza, spirito critico vigilan-te, volontà esperienziale, dall’inten-zione di migliorare la consapevolezza individuale del proprio ruolo sociale, ma soprattutto dall’umanistico in-tento di essere utili al prossimo. Da questa convinzione discende l’in-dividuazione dei più vari obiettivi che riguardano, è chiaro, la capacità di analizzare le priorità in rapporto all’ambiente sociale nel quale si attua l’atto culturale, giacché riteniamo che

l’azione culturale esiga un utilizzo im-mediato, contingente, ma non stru-mentale: cioè non può essere usata per raggiungere scopi differenti dal suo specifico ambientale. Nella vita di una comunità la cultura è essenziale per la crescita e la convivenza, a pat-to che sia condivisa il più largamen-te possibile, soprattutto dai giovani cittadini i quali, con le loro migliori energie, concorrano allo sviluppo e alla promozione culturale del pro-prio ambiente sociale, qualunque esso sia. Sarebbero loro stessi a ri-cavare il maggior beneficio. Tocca a loro collaborare con le Istituzioni per venire a galla, evidenziare le proprie competenze, valorizzarsi senza pre-tendere che la comunità faccia per loro, ma offrendo alla comunità quel-lo che loro possono fare per arricchir-la, e così manifestare attivamente la propria idea di “cultura”. Alle Istitu-zioni poi anche il compito di promuo-vere quotidianamente sul territorio la cultura della legalità, della trasparen-za e della correttezza, quali elementi fondamentali di confronto con cittadi-ni e Associazioni.

Per me la cultura è sostanzialmente conoscenza, conoscenza consapevole; un sapere, cioè, fatto proprio nella riflessione e nel confronto che permette di agire responsabilmente nel contesto e nel tempo in cui si vive. Cosa si può conoscere? La realtà. Naturale e sociale, umana. Nelle diverse sfaccettature e complessità di cui sono costituite queste due realtà che sono poi una sola.La cultura è cercare di collegare in un insieme coerente le varie conoscenze

settoriali, specifiche, tecniche che sono fondamentali per la nostra vita ma non bastano prese singolarmente. Quindi è conoscenza globale (il più possibile ampia anche se sempre parziale) e consapevole della realtà, la quale risulta sempre complessa e mutevole. La ricerca di cultura-conoscenza è mossa dal bisogno di sopravvivere e di stare bene nel mondo, di poter essere magari realizzati e felici in armonia con gli altri esseri con cui condividiamo la nostra esistenza. Ogni società ha bisogno di cultura per sopravvivere a sé stessa, ai propri limiti o alle proprie contraddizioni; cercando magari nuove possibilità e soluzioni rispetto ai nuovi problemi che il suo sviluppo inesorabilmente produce. Ogni società che voglia dirsi veramente avanzata e civile deve promuovere la cultura, deve permettere a ogni suo membro di poter emanciparsi e crescere attraverso il tempo dedicato a conoscere e riflettere sulla realtà. Ogni società dovrebbe quindi cercare di sviluppare una sorta di educazione permanente per i propri cittadini e le istituzioni dovrebbero farsi carico di questo obiettivo.

La cultura non è arte o tecnica o scienza ma è sforzo di capire dall’esperienza in tutte le sue possibilità, è riflessione che cerca, ragionando, di superare i limiti, di migliorare, tenendo conto il più possibile dell’estrema complessità del reale avendo come scopo la costruzione di un mondo un pochino migliore. Non basta lavorare per essere uomini, serve anche conoscere e riflettere; specie in momenti di crisi di sistema come noi oggi stiamo vivendo. Cosa dovrebbero fare quindi le istituzioni? Favorire, anche nelle piccole cose, una conoscenza diffusa e condivisa, attraverso tutte quelle forme che possano divulgare voglia di sapere e riflessione. Magari creando luoghi di incontro e dibattito, migliorando biblioteche, diffondendo l’abitudine a informarsi, avvicinando le scienze alla nostra realtà quotidiana e soprattutto liberando la cultura da una concezione che si vuole elitaria, di pochi per pochi, ma riportarla tra il popolo e per il popolo.

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Come si fa a riconoscere la culturadi Manuel Di Vito

Devo scrivere qualcosa per spiega-re il motivo della scelta dei film…non è semplice, è un discorso complesso, ci vorranno un sac-co di aggettivi, di avverbi… Bah…perché bisogna spiegare la scelta dei due film, Caspita se veramen-te abbiamo fatto un buon lavoro l’avranno capito, gli spettatori! Abbiamo fatto un buon lavoro? Si, Si ,e poi si.. nonostante siano venuti 3 gatti, nonostante abbia quasi piovuto, nonostante il Cicli-co bussare metallico della Voce di Dio a ricordare a TUTTI CHE LAS-SU’ C’E’ QUALCUNO CHE SEMBRA NON SIA BEN DISPOSTO VERSO DI VOI…ESPIATE I VOSTRI PECCATI MALEDETTI!

I film, di per se, sono belli, io preferisco il primo, quello sulla storia del ragazzo che molla tut-to e scappa in Messico e poi se ne va in Alaska e passa il tempo a girare, a lavorare e a pensare, quello che non ho capito bene è se scappa da qualcosa o insegua qualcos’altro, scappare e rincor-rere..un guardie e ladri infinito..mi sa tanto che questa è una me-tafora…non so se sia una doman-da pertinente, e non so se ci sia una risposta certa…lui è morto pace all’anima sua! Bello anche l’altro eh…ti prende da subito, anche questa storia vera, cono-sciuta, sfruttata, un sacco di soldi, un’idea innovativa, ha tutta l’aria di essere una svolta epocale… c’è anche un montaggio eccezionale, lo sapete che i due gemelli in real-tà sono la stessa persona? Io l ho scoperto dopo aver visto il film. Incredibile!

Dopo aver reso in breve la trama, cosa manca? Il messaggio! Mi han detto che era azzardato proporre

Into the wild, è lungo, è lento, è triste, è vietato ai minori di 14 anni, è scomodo, si vede un pene,

(qualcuno si ricorda di aver visto un pene in tutto il film?), c’è Kri-sten Stewart (la tipa presa male di Twilight Ndr.).. per me questo è un gran film, ti lascia qualcosa

dentro, è “intimo”, lo amo, l’avrò visto 10 volte, e l’ho proposto perché secondo me lascia un bel

messaggio ed ha una colonna so-nora eccezionale! Tanti ragazzi di 20 anni sono come il protagoni-sta, si credono inadatti alla socie-tà, vorrebbero scappare, girare come trottole impazzite scavando solchi indelebili nell’asfalto del tempo.. non immaginate quanti ce ne sono, cercano risposte, e credono di avere le ali per sor-volare tutta la Noia della Pianura Padana e della Città, li conoscete anche voi..sono i vostri amici , i vostri fratelli un po’ svampiti, i vostri figli all’università…dentro tutti loro c’è un piccolo Alexander Supertramp che pagaia sul fiume della vita come un’autostoppista lisergico.

Per quanto riguarda l’altro film, non ha bisogno di presentazio-ni… è Mr Facebook, quello che ha rubato l’idea a Milioni di per-sone..idea che milioni di persone hanno avuto dopo di lui! Ha 27 anni ed è uno degli uomini più ricchi del pianeta Terra! Ricco in termini monetari, magari è uno sfigato antipatico con la puzza sotto il naso, vuoto come un ce-sto di H&M dopo il primo giorno dei Saldi… comunque, un paio di supposizioni si possono fare..ha fondato il Social Network per eccellenza, ha messo in contatto Statisticamente parlando, Tutti..il suo Giocattolo ha fatto e disfatto famiglie, ucciso figli, promosso ri-volte, sparso la voce e ha creato il tasto “mi piace” che Dio lo ac-cechi! Lui ha semplicemente Vin-to, mettiamoci il cuore in pace…di idee come la suo ne escono una ogni 20/30 anni e noi siamo fuori tempo massimo, pazienza..parlando del film a me è piaciuto, l’ho visto un paio di volte perché è molto veloce, bella la colonna

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sonora, bravi gli attori e c’è quel-la magia che si sprigiona quando la Finzione racconta la Realtà..ot-timo lavoro!

E adesso veniamo ai punti dolenti, spieghiamo ai fan di Fast&furious e di Neri Parenti che collegamen-to c’è tra i due film, perché li abbiamo inseriti in questa specie di Mini Rassegna Estiva. Parlo solo con chi ha visto entrambi i film sia chiaro, con chi non li ha visti mi scuso per aver rivelato come fi-nisce” Into the wild” e che si vede un pene e vi invito a guardarli prima di prose-guire. Scusate l ’ interruzione, eravamo rimasti al collegamento. Possiamo conti-nuare la nostra spiegazione del nesso tra Christo-pher McCandless e Mark Zucker-berg… innanzi-tutto entrambi hanno un età che si aggira attorno ai 20 anni quan-do compiono l’impresa che li renderà famosi, entrambi sono di sesso Maschile (ma questo non c’entra nulla) e entrambi sono Americani (questo probabilmente c’entra un po’ di più), da quello che ci raccontano i film sono Americani intelligenti, frequentano università America-ne prestigiose e non hanno molti

Amici (Amici, potremo dilungarci per ore sul significato attuale di questa parola dopo l’avvento di Facebook, ma lasciamo perde-re…), certo, appartengono a 2 ge-nerazioni differenti, Into the Wild

è ambientato all’inizio degli anni novanta, mentre The social Net-work nel primo decennio del nuo-vo millennio. I ragazzi hanno però in comune una qualità: hanno un idea e cercano in tutti i modi di realizzarla. Il nesso sta proprio in questo, nella somiglianza degli

opposti, Christopher lascia tutto e tutti, brucia i soldi, cambia nome e si dirige a nord, in Alaska, a vi-vere da solo con la Nostra Amata Natura. Mark, al contrario, crea e sviluppa un sistema per cui tutti

siamo “ami-ci”, una sorta di Grande Fa-miglia Globa-le dove si può c o n d i v i d e r e tutto, pericolo-sa e affascinan-te, una sorta di Torre di Babele rovesciata, e arriviamo alla c o n c l u s i o n e che Mark, il Nerd, lo Sfigato è Paradossal-mente amico di più di 500 milioni di per-sone. Avete capito? Il nesso sta nell’abis-sale differenza fra questi due estremi, l’uno ha toccato il punto massi-mo della soli-tudine, l’altro ha sfondato la porta della Globalizzazione dandoci una vi-brante e perico-losa macchina di connessione..e noi? Dove sia-mo? Che fac-ciamo? Noi stiam li.. a nuo-

tare nelle torbide acque della vita…che questi due ragazzi han trovato il modo di fregare…

E adesso la Citazione: La felicità è reale solo quando condivisa… (ma senza esagerare)!

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Los Indignadosdi Filippo Gorni

Il periodo di campagna elettorale spagnolo è stato caratterizzato da un movimento schierato al di so-pra del sistema bipolarstico attuale; mentre i due principali partiti lotta-vano a suon di proclami elettorali, un gruppo di persone insoddisfat-

te con l’aiuto dei social network e dei nuovi mezzi d’informazione (blog, forum e tutti gli altri stru-menti messi a disposizione dal web 2.0) ha fatto sentire la sua voce. Il successo è stato pressoché istanta-neo: in pochi giorni migliaia di perso-ne hanno manifestato la propria sim-patia verso questo nuovo movimento lontano dalle caste politiche e più at-tento ai problemi della gente comune.

I problemi spagnoli sono evidenti, su tutti si contraddistinguono l’acutezza della crisi (il dato della disoccupazio-ne giovanile è eclatante: superiore al 43 %) ed una classe politica che non si è vergognata ad inserire nelle liste (peraltro già chiuse) dei condannati per corruzione.

In questo periodo di crisi profonda e perdita di credibilità politica a livel-lo internazionale il cittadino perde completamente l’interesse per le elezioni nelle piccole città o nei pic-coli comuni e preferisce guardare il sistema nella sua totalità.

Gli spagnoli, visto lo spettacolo poco credibile e noioso di cui erano spet-tatori, hanno rivolto la loro attenzio-ne al collettivo ed alle loro richieste. Se rivolgiamo l’attenzione alle pre-

tese del movimento scopriamo che son proclami non molto complessi e facilmente comprensibili frutto di una popolazione debole che non vede più un futuro e che pian piano vede scomparire anche il proprio presente.

Un punto forte del collettivo è sta-to l’utilizzo delle nuove tecnologie (twitter.com sopra tutti): grazie alla banda larga sono riusciti a raggiun-

gere tutti creando in ogni contatto un bisogno interiore di azione imme-diata.

Grazie a questa massa enorme di informazioni il movimento è riusci-to a catturare l’attenzione di coloro che stavano per essere schiacciati dal sistema attuale: giovani, preca-ri, disoccupati, studenti creando un collettivo di persone cresciuto ai lati del sistema attuale. Nonostante esi-stano dei cyber-capi, il collettivo non ha un proprio leader: ognuno ha una sua storia e ragioni personali per es-sere presente e ciascuno utilizza la rete per raccontare la propria storia e per creare la ribellione dal basso.

Il successo della prima chiamata e la risposta comica della politica spa-gnola (sgombrare con la forza) han-no solo aumentato le adesioni al mo-viemento.

Ora bisogna solo capire se questo movimento resisterà al tentativo di neutralizzazione fatto dai grandi par-titi.

Normalmente preferisco non indica-re mai il mio punto di vista nei pezzi che scrivo per questa rivista e anche stavolta preferisco non indicare cosa penso degli indgnados. Sono però sicuro di una cosa: se la classe poli-tica spagnola non risponderà a tutti i problemi che sono stati sollevati, il movimento sicuramente si risveglie-rà, ma la prossima volta il tutto sarà molto più forte.

“Gli indignados sono un movimen-to sociale di cittadini nato in Spa-gna il 15 maggio 2011 con lo scopo di promuovere una democrazia più partecipativa, attualmente domina-ta dal bipartitismo Partido Socialista Obrero Español - Partido Popular. Il movimento è composto da cittadini, disoccupati, mileuristas, casalin-ghe, immigrati e studenti, tutti uniti con un solo slogan: Noi non siamo marionette nelle mani di politici e banchieri.” [Tratto da Wikipedia, l’enciclopedia libera]

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Elogio a un folledi Manuel Di Vito

Sono partito da Rodigo, con Veronica, la mia ragazza, in direzione Assago, il Forum..ho fatto benzina, abbiamo prepa-rato i panini e siamo partiti, era pomeriggio, c’era caldo e se fossi stato americano avrei acceso dei Fuochi d’artificio e fatto un barbecue..

Io non sono americano, nemmeno Lui…abbiamo parcheggiato alle 6 e siamo entrati al Forum alle 7 e mezza; in coda abbiamo fatto le parole crociate origliando almeno una tonnellata di quei discorsi vuoti che si fanno quando si aspetta l’apertura dei cancelli di qualsiasi manifestazione; le maschere hanno strappato i nostri biglietti, (naturalmente i bi-glietti più economici, 2° anello non numerato). Una volta saliti e seduti, abbiamo mangiato e aspettato, fermi su quelle seggioline tristi e sporche. Quando finalmente è arrivato Lui e alle 9 e 30 circa è iniziato il più grande spettacolo che io abbia mai visto…

Roger Waters sale su un Palco incredibile…i rimasugli di un muro di mattoni bianchi fanno da cornice alla Band, che attacca a suonare mitragliando letteralmente il pubblico con accordi graffianti e violenti. Alla fine della canzone sono loro che accendono i fuochi e l’intero Forum esplode di luce e di stupore mentre un aereo va a schiantarsi dietro le quinte, tra esplosioni e fiamme alte venti metri…e questo è solo l’inizio…

Io strabuzzo gli occhi, Veronica strabuzza gli occhi, tutti strabuzziamo gli occhi. Sia-mo lì seduti ad assaporare ogni nota, ogni momento, ogni riflesso di verità che ap-pare su un muro in continua costruzione. Una grande Madre Gonfiabile ci fissa e ci dice di stare tranquilli, che lei ci protegge-rà sempre e ovunque, che staremo tutti comodi e in pace coccolati dal morbido Seno di questo eterno occhio che ci fissa, ci studia e ci illude, mentre fuori dalle sue braccia le bombe continuano a cadere e le foto dei tanti morti in guerra scorrono e vanno ad arricchire ogni mattone bianco che viene posato. Ora ne siamo tutti certi, non siamo più fan ad un concerto, siamo parte integrante di uno spettacolo lungo tutta la vita; non siamo solo spettatori, ma cellule vitali di quel momento. E’ lui, Roger, il genio indiscusso dei Pink Floyd, che ti permette di “Essere Lo Show”, di entrare dentro quel meccanismo malato e lisergico che è la guerra, l’abbandono, la mancanza e l’arroganza. Quando il muro è quasi completo, Waters saluta in-tonando “Goodbay Cruel World” mentre sta per essere tappato l’ultimo spiraglio che divide Noi da Lui. Durante i venti minuti di intervallo ci sentiamo tutti un po’ più soli e spaventati nel guardare quella gigantesca parete di gomma che ci ricorda tanto la morte quanto il coraggio…

Il ritorno è un apocalisse di colori, di immagini, di marionette alte 15 metri che fanno il verso a professori odiosi e donne cattive, siamo come evasi…ci cercano con le luci..urlano di non muoverci e sparano in continuazione..elicotteri passano sopra di noi, facendoci sentire come topi in trappola. Ci chiediamo dov’è la Grande Madre che ci proteggeva, che diceva “è tutto ok” mentre il Maiale Volante (che per l’occasione è diventato un cinghiale, con tatuaggi e orecchi-ni) fa il suo spettacolare ingresso planando sulla platea in ovazione...e improvvisamente il grigio Roger, rimasto solo, batte i pugni sul muro per entrare, o forse per uscire, ma comunque per vedere cosa lo aspetta oltre i mattoni, mentre dall’alto della parete copulano le note di “Confortably Numb”...ed io non riesco a trattenere le lacrime. Questo è il punto massimo dell’ emotività, lo zenit di tutte le mie colpe non espiate, fa venir voglia di chiedere scusa, di credere veramente in qualcosa e di commuoversi davvero. Avvinghiati nel più scuro meandro di noi stessi, un Giudice antropo-morfo sbuca dal muro per giudicarci, comincia a deriderci, a sbattere le nostre immobili membra da una parte all’altra, come fossimo fantocci di pezza. La potenza della musica è infinita, è la nostra unica salvezza in questo supplizio, e quando un boato assordante preannuncia il crollo del muro, possiamo finalmente tirare un sospiro di sollievo e dire grazie a quest’Uomo, a questo Folle, a questo Genio che ci ha incastonati con lui, per un tempo infinito, nel mosaico della Storia.

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Supertramp!Notizie, curiosità, riflessioni di gazoldesi e mantovani sparsi per l’italia e per il mondo.

di Sandra Buzzago Milano

Sul treno del lunedì mattina gli studenti fuori sede si riconoscono subito: valigia ab-norme con vestiti e mutande, custodia del PC a tracolla e soprattutto una sporta piena zeppa di cibo in grado di sfamare un batta-glione degli alpini. È la sorte di chi studia in una città troppo lontana per fare il pendo-lare ma abbastanza vicina per poter torna-

re ogni finesettimana. E io non mi sono sottratta.L’elemento chiave della mia esperienza è stato il tupperware, magico contenitore per condimenti e spezzatini, che ogni sera mi ha permesso di sedermi a tavola senza dover cucinare gustando cibo vero! Al di là della parte culinaria, la vita dello studente mi ha mostrato le cose quotidiane in un ottica più consapevo-le e disincantata: ho scoperto che a nessuna madre piace pulire il bagno o stirare, ma lo fanno perché qual-cuno deve farlo e ci vogliono bene. Quindi ora, quando sono a casa-casa, dopo cena con sforzo titanico mi alzo e sparecchio la tavola, e alla sera non lancio i vestiti in tutti gli angoli ma li rimetto là dove li avevo presi. Inoltre ho sviluppato una discreta sensibilità e preveggenza nei confronti dei comportamenti dell’altro, e ho imparato quando è ora di mollare la presa per salvaguardare la pace comune. Ma la cosa più importante che mi ha dato vivere qui è stato l’amore per la mia città natale: a chi rimane può sembrare che sia morta e provinciale e in parte è così; tuttavia vivere in una posto caotico e freddo, in cui i ritmi e i valori umani sono decisamente sballati, fa sembrare subito Mantova più interessante.

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Carissimi Trampolieri, in questo numero si parla di voi. Con il GUC, di recente, è stato proiettato “Into the Wild”, vero e proprio romanzo di formazione, basato sulla vita di Christopher McCandless, supermigratore, viaggiatore, cercatore della libertà. Visto e considerato che la nostra rubrica affonda le mani in questo spirito, la domanda di questo numero è molto autoreferenziale: Con che spirito vi siete allontanati da casa, quali sono state le difficoltà, i rimpianti e i conti in sospeso? È prevalso il senso di libertà o la nostalgia? Avete imparato lezioni dal vostro “migrare”, siano esse dovute al nuovo ambiente o anche solo dal fatto di esservi trovati, più o meno, da soli?

di Filippo Gorni

Siviglia e ritorno

Partire volontariamente per 10 mesi di studio all’estero è molto semplice dopo aver do-nato 23 anni di vita a Gazoldo. La causa principale che mi spinse ad andarmene, prima sei mesi a Milano e successivamente altri dieci nella capitale andalusa, è stata la voglia fuggire da questo paesello, la voglia di conoscere gente nuova proveniente dai quattro angoli di questo pianeta e la voglia di confrontarmi con essa. Sono un ex-erasmus,

un ex studente-viaggiatore ed ora le due cose torneranno ad essere indipen-denti. Come mi disse un buon amico, l’importante, al ritorno, è non ricomin-ciare da capo, ma ricominciare di nuovo, che è ben diverso. Ho ritrovato le cose la dove le avevo lasciate ed un po’ alla volta sto riscoprendo cosa m’ero scordato, o cosa non ricordavo più bene, con la semplicità e l’entusiasmo del viaggiatore di ritorno dopo tanto tempo.

Non provo la malinconia e la nostalgia del rimpianto di qualcosa che non ho

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di Paola Tellaroli

Padova

A 18 anni tutto quello che volevo era Libertà: mi mancava l’aria. Sapevo benissimo dove andare, ero diretta a Bologna da sempre. Ormai da anni mi preparavo leggendo Brizzi e guardando Via Zanardi 33. Finalmente il momento è arrivato: era il 3 Ottobre 2005.Tanto entusiasmo e qualche paura, ma soprattutto ansia di sbirciare questo fantomatico mon-do universitario. Inizialmente non mancano le difficoltà, ma questa libertà vale bene il lavarsi i piatti o fare una lavatrice. E poi c’è la convivenza. Si va a vivere con altre persone - spesso sconosciute - è tutta questione di rispetto ed equilibri, ma nonostante i futili

bisticci iniziano spesso ottime amicizie.Ripen-sandoci ora mi sembrerebbe impossibile pen-sarmi diversamente, e non ho mai avuto rimpianti né nostalgia. Gli amici che dovevano restare sono rimasti, quelli meno impor-tanti si sono persi. Le conseguenze inevitabili dell’allontanamento sono piuttosto il fatto che non si torna indietro e non ci si ferma più tanto facilmente (poi verranno Erasmus, Overseas, Leonardo, Dottorato all’Estero, ecc..), e tornando “a casa” le differenze fra te e chi è rimasto diventano sempre meno trascurabili.In questi anni ho imparato molte cose: ho imparato che non si va mai a vivere con un amica, che i piatti si lavano con l’acqua calda, ho i miei orari, non ho orari, so scrivere una tesi, ho preso più treni di un

ferroviere, conosco gente da tutt’Italia, ho vissuto in diverse città, ho imparato che le tresche fra coinquilini sono severamente vietate, ho capito quanto è bello cenare insieme, ho imparato a rispettare i turni delle pulizie, so che chi non cucina fa i piatti, so sturare un lavandino e pagare le bollette o come organizzare feste abnormi in casa, ho vissuto all’estero, imparato una lingua, dormito nei posti più impensabili, montato le uova del tiramisù con un trapano, vissuto con più di 20 persone diverse, mi sono divertita e mi sono laureata. Andare fuori casa è una sfida e un’occasione che va presa al volo, credetemi!

fatto e non ho provato; l’unica mancanza è l’indipendenza completa, o meglio, la totale dipendenza unica-mente da me stesso, che lì era d’obbligo. In ogni caso eccomi di nuovo qui: un’altra avventura nel solito posto. Siviglia avrà sempre un posto speciale, in un’assolata pianura, bagnata da quel fiume chiamato Guadalquivir.

“Sevilla, tu eres mi amante, misteriosa reina mora, tan flamenca y elegante, Sevilla enamora al mundo por su manera de ser, por su calor, por sus ferias, Sevilla tuvo que ser.”

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Il GUCiverba

Orizzontale1. Per i latini era Domus4. Così la chiamavano nel paesino di Sant’Ilario13. Cianuro14. Musa di Lennon15. Il D’angelo star di uno scugnizzo a New York e Quel ragazzo della

curva B16. Quello progettato da Next segnò il rilancio di Steve Jobs.17. Albert serial Killer statunitense.19. Avverbio di negazione.20. Partito politico fondato nel ’42 da Alcide De Gasperi.21. Produce dadi da brodo.22. Partito indipendentista sardo. 24. Mr Pink è stata la migliore di Tarantino. 26. Agghiacciante Serie Tv Belga del 2008 in onda su RaiGulp.28. Codice internazionale della nazione Armenia.29. Amuleto.30. Quello liquido è consigliato dal Gianni per i sistemi di raffredda-

mento per PC.31. L’urside protagonista di Kung Fu Panda.32. L’ente a lungo presieduto da Romano Prodi.33. Indimenticabile (risata ndr) Singolo di Valerio Scanu.34. Il Parenti leggendario regista di “Fracchia la belva Umana”. 36. Gruppo musicale statunitense e titolo dell’omonimo album del

1999.38. Sicuramente non te ne pentiresti.42. 0,8 ettari sono pari a 2.43. Case di pennuti.44. Il gancio si utilizza in emergenza stradale.45. Delicato.47. Il Bordon indimenticato portiere dell’Inter.50. Il messaggero degli dei.51. Confortevole, di facile utilizzo.54. Electronic Arts.55. Reinhold Messner è stato il più grande.57. Storica casa discografica italiana.58. Dominio internet del Lichtenstein.60. L’alchimista sa ottenerlo da ogni metallo.61. Santo d’oltremanica.

62. Un azzurro intenso.63. Movimento indipendentista Basco.

Verticale1. Legge in copia2. Figlio della svolta di Fiuggi3. Parenti lontani.4. La Rhapsody di Mercury ha segnato la storia della musica5. Acceso6. Shwarzenegger ne diede un’interpretazione che ancora oggi

commuove.7. La Bolena seconda moglie di Enrico VIII.8. Preposizione semplice.9. Uno non fa una prova.10. Al secolo Matteo Mantelli.11. Richiesta di soccorso.12. Può indicare il membro maschile in alcuni contesti17. Quella produttiva rappresenta la struttura di un comparto eco-

nomico.18. Servizio segreto militare.22. Italia per gli amici.23. Le più ridicole le ha il formichiere 25. Già amica del fascinoso Briatore27. A lui è intitolato l’aeroporto di Bologna35. Nome dell’Universo (il Mondo che È) nei romanzi di J.R.R. Tol-

kien37. Lo studia lo zoologo.39. Crema dal barattolo blu.40. Dio della guerra tra le divinità norrene.41. Vittorio Pozzo è più titolato, con due mondiali. 42. Eestimaa Rahvaliit: partito popolare estone.48. Gruppo musicale hardcore punk statunitense49. Tra il giallo e il marrone.52. Elemento areiforme.53. Nano della mitologia norrena - decimo mese dell’anno.55. Simbolo chimico dello stronzio.56. Cotone.59. Romanzo di Stephen King.

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CREDITI

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Sede: Sala Gianantonio Ferrari, Via Marconi 126

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inFo: [email protected]

Direttore: Marco Viviani

In questo numero hanno scritto e collaborato: Cesare Battistelli, Sandra Buzzago, Stefano Cerutti, Manuel Di Vito, Riccardo Donini, Franca Ferretti, Filippo Gorni, Sindaco Nicola

Leoni, Matteo “Rambo” Mantelli, Andrea Pasini, Giovanni Pe-

drollo, Paola Tellaroli, Marco Viviani., Silvia Viviani. Ringraziamo

Matteo Cremona per le vignette di E=MC2

Impaginazione e grafica: Foto, vignette e Immagini: :

Quest’opera è stata rilasciata sotto la licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.5 Italy. Per leggere una copia della

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l’interViSta

- come da titolo: le nostre interviste. Domande, citazioni e curiosità.

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- La Relatività delle opinioni. Sindaco e opposizioni si raccontano: opinioni, pareri, riflessioni.

SupertraMp!- Com’è il mondo fuori? Si riesce a vedere Gazoldo da lontano? Come appare? Commenti e parole di gazoldesi all’estero

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REDAZIONE-DIREZIONE: VIA MARCONI 126 GAZOLDO D/IPP. - MAIL: [email protected] settembre 2011 Anno 1, n°4

L ’ i n f o r m a r i o d e l G U C

I due volti

dell’Arte

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Voci dalla Piazzae=mc2:

Il Valore della Cultura