Anno XXXIX N.6 Novembre-Dicembre 2009 New Tabloid · Week, largo consumo, il Giornale del...

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Tabloid Anno XXXIX N.6 Novembre-Dicembre 2009 Direzione e redazione Via A. da Recanate 1 20124 Milano tel. 026771371 fax 0266716194 http:/www.odg.mi.it e-mail: [email protected] Poste Italiane Spa Sped. abb. post. DIn: 353/2003 (conv.in L27/2/2004 n.46) art.1 (comma 2). Filiale di Milano New Ordine dei Giornalisti della Lombardia Ordine LE SINTESI DEL CONVEGNO SUL GIORNALISMO Inchiesta STAMPA TECNICA E PROFESSIONALE DA PRIMA PAGINA Multimediale PIAZZE VIRTUALI E LETTURE DIGITALI ... DA SFOGLIARE Le leggi SCOOP E QUERELE IL GIUDICE SMORZA LE LITI I media del futuro Associazione “Walter Tobagi”- Istituto per la formazione al Giornalismo “Carlo De Martino”

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TabloidAnno XXXIX N.6 Novembre-Dicembre 2009 Direzione e redazione Via A. da Recanate 120124 Milano tel. 026771371 fax 0266716194 http:/www.odg.mi.it e-mail: [email protected] Italiane Spa Sped. abb. post. DIn: 353/2003 (conv.in L27/2/2004 n.46) art.1 (comma 2). Filiale di Milano

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Ordine dei Giornalistidella Lombardia

Ordinele sintesi del convegnosul giornalismo

Inchiestastampa tecnicae professionaleda prima pagina

Multimedialepiazze virtualie letture digitali... da sfogliare

Le leggiscoop e quereleil giudicesmorza le liti

I media del futuro

Associazione “Walter Tobagi”- Ist i tuto per la formazione al Giornal ismo “Carlo De Mart ino”

3Tabloid 6 / 2009

Sommario

4 editoriale Un opificio chiamato Ordine di Letizia Gonzales

6 inchiesta Professioni e mestieri da prima pagina di Paolo Pozzi

14 le iniziative dell’ordine Il futuro del giornalismo - II° edizione Generazione internauta Interventi di: Enrico Finzi, Mario Calabresi, Carlo Malinconico, Marco Pratellesi, Michele Mezza, Maria Grazia Mattei, Simona Panseri, Luca De Biase 26 Posta elettronica certificata e sconosciuta di Fulvio Benussi

30 la voce dei lettori Un po’ di Ordine nell’Elenco dei pubblicisti

32 MUltiMedialita’ Le “piazze virtuali”: istruzioni per l’uso di Roberto Dadda

34 La buona lettura diventa digitale di Marco Bacci

36 l’angolo della legge Scoop e querele mal di cronaca o reality? di Alessandro Galimberti

38 osservatorio sUll’estero Web a pagamento Numeri “ballerini” a cura di Pino Rea

40 colleghi in libreria La cronaca della FNSI nella Storia d’Italia di Antonio Andreini

42 colleghi alla ribalta Giornalista per passione civile di Laura Lombari

44 il Mercato della PUbblicita’ La crisi non arresta la crescita di Internet

46 i nUMeri

New Tabloid n. 6 Novembre-Dicembre 2009

New Tabloid - Periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della LombardiaPoste Italiane Spa. Sped. Abb. Post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano - Anno XXXIXN. 6 / Novembre-Dicembre 2009

Direttore responsabile: Letizia GonzalesRedazione: Paolo Pozzi (coordinamento) Antonio Andreini

Hanno collaborato:Marco Bacci, Fulvio Benussi, Tommaso Cinquemani, Roberto Dadda, Alessandro Galimberti, Laura Lombari, Giuseppe Piacentino, Pino Rea, Maddalena Tufarulo.

Progetto grafico e realizzazione: Maria Luisa Celotti Studio Grafica & ImmagineCrediti fotografici:Photos, NewPress, Tonino MuciFoto di copertina: Elaborazione R. MinoiaDirezione, redazione e amministrazione: Via Antonio da Recanate 1 20124 MilanoTel: 02/67.71.371 - Fax 02/66.71.61.94

Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia:Letizia Gonzales: presidenteStefano Gallizzi: vicepresidenteMario Molinari: consigliere segretarioAlberto Comuzzi: consigliere tesoriere Consiglieri: Amelia Beltramini, Mario Consani, Laura Hoesch,Laura Mulassano, Paolo Pirovano Collegio dei revisori dei conti:

Ezio Chiodini (presidente)Marco Ventimiglia, Angela Battaglia

Direttore OgL: Elisabetta GrazianiRegistrazione n. 213 del 26-05-1970 presso il Tribunale di Milano.Testata iscritta al n. 6197 del Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC)

La tiratura di questo numeroè di 27.500 copie Chiuso in redazione il 19 novembre 2009Stampa: Italgrafica srlVia Verbano 146 - 28100 Novara Veveri

Concessionaria di pubblicità:iMagina di Gabriella CantùCorso di Porta Romana 128 20122 Milano E.mail: [email protected]: 02/58320509 - Fax: 02/58319824

Editoriale

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Un opificio chiamato Ordine

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Fine anno è tempo di bilancio. Sono già passati 1.000 giorni al governo dell’Ordine della Lombardia. Mi guar-do indietro e penso alle cose fatte. Con passione, energia, impegno. Una marea di ore dedicate a scrivere, ricevere gente, fare consigli, programmare iniziative, mettere in piedi corsi e borse di studio. Organizzare convegni, tessere relazioni. Pensare alla Scuola. Cer-care docenti, direttori e persino presidenti. Incon-trare l’Università e stringere accordi. E poi ancora imparare, studiare, leggere gli esposti, tanti, e or-ganizzare i procedimenti disciplinari. Conoscere gli ingranaggi di un ente pubblico con quasi 25.000 iscritti e otto dipendenti. Fare un giornale, aggiornare il sito, predisporre la news letter. Scri-vere interventi, elaborare comunicati, partecipare a riunioni. Portare l’ordine sul territorio ed in mezzo ai colleghi. Editare la nuova versione del contratto di lavoro commentato ed un piccolo vademecum deontologico per i più giovani (in preparazione). Poi naturalmente sbagliare, discutere, risolvere controversie. Insomma un gran lavoro che ha fatto volare questi 2 anni e 5 mesi del mandato ricevuto. Fare, fare, fare, davvero una gran mole di lavoro. Ne renderò conto in modo più dettagliato nei prossimi mesi.Per intanto vi racconto del convegno, del successo di partecipazione, dell’ampia rassegna stampa, del dibattito in rete sull’idea di riconoscere attraverso un marchio di qualità l’informazione nel web prodotta dai giornalisti, certificata dalla firma e magari anche dal numero di tessera di appartenenza all’ordine. Dell’incremento interessante di pubblicità sul web, dei nuovi modelli di organizzazione redazionale, di un

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Editoriale

ripensamento dei giornali di carta. E della incessante, continua domanda di qualità di lettura anche da parte degli internauti. Insomma delle ipotesi di lavoro che si affacciano con prepotenza nella nuova editoria on line. Dedicato ancora al nuovo che avanza, in questo numero (in copertina Tabloid su e-reader) facciamo il punto sulle piazze virtuali più frequentate e sui nuovi dispositivi elettronici in cui stipare 3.000 libri presi da internet, tutti i giornali che vogliamo leggere ogni mattina più naturalmente i blog prediletti. Marco Bacci, specialista del settore e profondo conoscitore del mondo web, ci presenta infatti l’ e-reader che non è un mistero per il mercato italiano (una ventina di modelli esistono già oggi) che ci porteremo in tasca nei prossimi anni se riuscirà a sfondare come l’ipod. Ma chissà, i libri non sono musica! E l’avveniristica ipotesi di una biblioteca in una mano non è detto che conquisti grandi masse di acquirenti. Alle nuove tecnologie e come integrare la carta stampata con i new media è dedicata l’inchiesta di apertura che descrive il vasto mondo della stampa tecnica. Un settore che distribuisce 7.000 riviste (200 milioni di copie solo le testate Anes), che nel 2008 ha raccolto 1 miliardo e 300 miloni di euro di pubblicità, nel quale lavorano circa 1.800 giornalisti. Un pianeta sconosciuto che vive fasi altalenanti di giornali che aprono e chiudono con grande rapidità e appartiene alla ricca e diversificata rete dell’informazione del nostro paese che ha il suo epicentro qui in Lombardia. Infine nella sezione dedicata ai libri segnaliamo una bella e drammatica storia di vita raccontata dal giornalista Alberto Spampinato in memoria del fratello Giovanni ucciso dalla mafia. Per non dimenticare…… gli eroi di casa nostra che hanno pagato con la vita per essere liberi di informare è nato su iniziativa proprio di Spampinato, sostenuto dalla Federazione della Stampa e dall’Ordine nazionale dei giornalisti, un osservatorio dal simbolico nome “Ossigeno“ che monitorizza i casi dei giornalisti minacciati dalla mafia e delle notizie oscurate con la violenza.

Il presidenteLetizia Gonzales

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Le testate giornalistiche registrate sono circa settemila, le aziende editoriali tremila. Un mercato che, complessivamente, vale oltre 2 miliardi di euro. Su poco più di 8mila dipendenti, quasi 2mila sono giornalisti. Milano capitale indiscussa dei periodici tecnici. Che hanno la funzione di aggiornamento nel mondo del lavoro.

Professioni e mestierida prima pagina

la stampa tecnica e specializzata fattura 1,3 miliardi in pubblicita’

Supertecnici, specializzati, professio-nali. basta la parola. e dire che il sogno di tanti aspiranti giornalisti è scrivere per il corriere della sera o per il so-le 24 Ore. facile a dirsi. e se invece si finisce in una piccola redazione, a scrivere per il Giornale dell’installatore elettrico, 30mila copie portate bene o per bargiornale, oltre 130mila copie che vanno a ruba? ci vuole passione e competenza. tanta competenza per scrivere su riviste tecniche, specializ-zate e professionali. fra i tanti settori della stampa sono catalogati così i

giornali che anziché sbattere il fatidico mostro in prima pagina mettono in co-pertina temi e argomenti superspeciali-stici legati a professioni e mestieri.e’ un settore dell’editoria che, solita-mente, non arriva al grande pubblico, in edicola. più spesso (i due terzi) arriva agli addetti ai lavori, tecnici ed operatori di ogni settore merce-ologico, commerciale, scientifico e professionale o agli iscritti a un Or-dine professionale. e’ un’editoria che non fa rumore, ma arriva dritta dritta al core business di ciascun settore

dell’economia sotto forma di house organ o di rivista professionale a te-ma. di solito editate da associazioni di categoria, aziende, enti pubblici o privati e distribuite a medici, car-tolai, albergatori, veterinari, dentisti, avvocati, panettieri e pasticcieri, gio-iellieri, architetti, vetrinisti, bancari, orafi, elettricisti, farmacisti, baristi, tabaccai, imprenditori edili, profes-sionisti del computer o del catering, commercianti di biciclette o del gela-to, grossisti del legno o dell’alluminio e altro ancora.

di Paolo Pozzi

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L’inchiesta

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un settore delicato e, sulla carta, esposto alle più svariate sollecitazioni del mercato pubblicitario. insomma un settore borderline. un settore che non sempre ha voluto riconoscere il merito giornalistico ma che, spes-so, ha dato prova di grande rigore tecnico e competenza professiona-le. doti che, nel giornalismo, certo non guastano. nel complesso sono circa 1 miliardo le copie che ogni anno vengono diffuse agli operatori del commercio, all’industria e ai vari settori merceologici e dell’economia ma anche delle scienze e professioni target, nicchie particolarmente ap-petibili dagli investitori pubblicitari rispetto a giornali e periodici gene-ralisti. al punto che l’intero settore vale 1 miliardo e 300 milioni di euro di sola raccolta pubblicitaria. a ben vedere una quota di mercato equi-valente (anzi leggermente superiore) al mercato pubblicitario dei periodi-ci fieg che vanno in edicola e che i grandi gruppi editoriali sfornano per il grande pubblico. i periodici (per-lopiù fieg e in gran parte certificati ads) hanno raccolto infatti una fetta di pubblicità che nel 2008 è stata di 1 miliardo e 231 milioni di euro. sono circa 7.000 le riviste tecniche, specializzate e professionali in italia, realizzate e distribuite da quasi 3mi-

la piccoli e medi editori, soprattutto per posta. molte però quelle che na-scono e muoiono. lo zoccolo du-ro è costituito da circa 700 società editrici stabilmente sul mercato. di questa quota 234 sono aziende affi-liate all’anes (associazione nazionale editoria periodica specializzata) che incassano circa 750 milioni di euro di pubblicità, pari al 70% del mercato pubblicitario dell’intero settore. con i nomi più svariati: al food & Grocery,

corriere medico, doctor, il Giornale dell’odontoiatra, elettronica Oggi, er-boristeria domani, il sommelier, Gdo Week, largo consumo, il Giornale del meccanico, il nuovo cantiere, pianeta Hotel, solo per citare alcune testate. un settore, quello delle riviste tecniche che esce da un quinquennio di crisi che ha segnato chiusure di testate e forti trasformazioni, con-centrazioni aziendali, accorpamenti e passaggi di proprietà.

STAMPA TECNICA E SPECIALIZZATA: 1 MILIArdo dI CoPIE L’ANNo anes uspi comparto generale**

numero editori 234 2.350 3.000

numero testate 917 3.500 7.000

ricavi diffusionali 1.058mio euro*

ricavi pubblicitari 750milioni euro 1.300

numero copie 200milioni/anno

di cui spedite per posta 130milioni/anno 500milioni/anno 985milioni/anno***

totale dipendenti 2.300 6.000 di cui giornalisti assunti 250 1.500

numero collaboratori 1.200 4.000

indotto lavoratori 50.000

*Stima rilevata dall’Associazione nazionale distributori. **Stime che comprendono anche testate che non sono iscritte ad alcuna associazione di categoria ***Fonte Poste Italiane

•Una diffusione di copie (2/3 in abbonamento) capillare quella delle testate tecniche e professionali. Numeri di tutto rispetto tra i collaboratori (anche giornalisti) e nell’industria dell’indotto. La pubblicità ha subìto un calo del 20-30% e ora il settore è in forte trasformazione

•Alcune delle riviste tecniche e specializzate di Fiera Milano Editore

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L’inchiesta

Pubblicità e diffusioniil peggio è passato?un terremoto. che ha scosso non solo le proprietà dei gruppi editoriali e gli intrecci societari, ma ha fatto scendere ricavi pubblicitari e fatturati aziendali di un buon 20% e anche più, arrivando in alcuni casi anche a -30%, riportando in sostanza, il giro d’affari ai livelli dei primi anni duemi-la. con oscillazioni forti, tra l’altro, da settore merceologico a settore. forti perdite, ad esempio, in pubblici-tà e diffusioni, ci sono state nell’area dei giornali specializzati sull’informa-tica. una ricerca airesis segnala il prossimo biennio con un andamento dei ricavi in calo del 18% per gli inve-stimenti pubblicitari, un calo indicati-vo delle diffusioni intorno al 5% e tra il -10 e -15% gli altri ricavi. e più nel dettaglio, a medio termine, il 40% dei ricavi sarà dovuto alla pubblicità sui periodici, il 15% dagli eventi, il 12% dalla pubblicità su internet e meno del 10% dai contenuti a pagamento su internet.due le associazioni di categoria che raggruppano gli editori delle testate periodiche di questo settore: Anes (nata nel 1995) e Uspi (fondata nel 1953). presidente dell’anes è, dal 27 marzo 2007, Gisella Bertini Malgari-ni, titolare della Be.Ma (dalle iniziali di bertini malgarini) fondata nel 1976 a milano quando con il marito Gaetano e su intuizione del suocero manuele, iniziò l’avventura della rivista modulo, da più di trent’anni mensile, a colori e su carta patinata, della tecnolo-gia e dell’edilizia rivolta ad architetti e progettisti. Oggi la be.ma fattura 12 milioni di euro, ha 54 dipendenti e pubblica 30 testate che spaziano dall’edilizia alla sanità, dall’imballag-gio alle arti grafiche. secondo uno studio anes il 37,4% della distribu-zione delle riviste tecniche specializ-zate avviene nel nord-Ovest d’italia, il 24,5% nel nord-est, il 17,5% al centro, il 14,3% al sud, il 6,2% nelle isole. insomma nord-Ovest e nord-est detengono una quota del 62% del distribuito nazionale. e la lombardia movimenta, da sola, qualcosa come 39 milioni di copie con una quota del 26% del comparto.

STAMPA TECNICA SPECIALIZZATA testata editore diffusione media 2008

sapere&salute editoriale Giornalidea srl 628.317

bargiornale il sole 24 Ore business media 133.553

impianti solari tecniche nuove 125.385

best movie (pocket) editoriale duesse spa 107.154

diagnosi & terapia centro medico ceccardi 95.588

il calcio illustrato moruzzi’s Group 60.418

italia a tavola edizioni contatto 53.335

macef magazine fiera milano international spa 41.703

medici Oggi springer - Verlag italia 41.122

aggiornamento medico editrice Kurtis 40.300

m.d. medicinae doctor passoni editore 40.079

medico e paziente edifarm spa 39.903

corriere medico ariete salute 37.939

Giornale del medico elsevier 34.894

tempo medico elsevier 34.793

doctor ariete salute 34.410

auto Ok auto Ok 31.058

imprese edili tecniche nuove 29.753

il Giornale

dell’installatore elettrico reed business information 29.120

Gt - il Giornale

del termoidraulico tecniche nuove 26.418

Giardinaggio be-ma editrice 25.621

elettro tecniche nuove 22.580

casa&clima Quine 22.314

mark up il sole 24 Ore business media 21.694

italian dental Journal Griffin 21.154

promotion magazine O.p.s. Organizzazione

promozine spazi 20.971

dm - il dentista moderno tecniche nnuove 20.772

Hi-tech ambiente pubblindustria 20.440

GdO Week il sole 24 Ore business media 20.223

food industria pubblindustria 20.098

la rivista

del medico pratico elsevier 20.025

cleanpages edicom 19.785

infodent (ed centro-sud) b&c srl 19.140

corriere termo idrosanitario reed business information 18.988

Giornale dell’odontoiatria elsevier 18.884

punto effe punto effe srl 18.512

notiziario motoristico collins srl 18.369

Fonte: Anes Certificazione stampa specializzata e tecnica 2008

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L’inchiesta

Riviste tecniche e professionaliun motore per l’economia reale<anes è innanzitutto un motore forte dell’economia reale, soprattutto della pmi, della piccola e media industria. le nostre riviste sono spesso il veico-lo più importante per la formazione e l’aggiornamento di dirigenti e dipen-denti delle aziende di ogni settore merceologico - spiega la presidente anes - la carta stampata è insostitu-ibile, ma complementare a internet e al digitale. soprattutto oggi nessuna azienda, nessuna rivista non può più pensare di non essere sul web>. sul fronte della raccolta pubblicitaria, in ogni caso, Gisella bertini malgarini è fiduciosa ma non ottimistica: <sì, è vero, qualche segnale di ripresa ci potrebbe essere nel 2010, ma bi-sogna aspettare il triennio per poter vedere qualche risultato davvero po-sitivo e per poter dire di essere usciti dalla crisi>. sulla stessa lunghezza d’onda è l’uspi (che conta, tra i suoi iscritti, anche numerosi piccoli editori di pe-riodici e testate che non rientrano nel setore della stampa tecnica e che vanno in edicola oltre a cooperative e quotidiani politici) il cui segretario,

Francesco Saverio Vetere, punta il dito anche sullo strapotere televisivo della pubblicità (vedi intervista a pag. 10). il segretario uspi sottolinea poi con forza l’annoso problema delle tariffe postali (vera spina nel fianco per gli editori che vivono di abbona-menti) e della disfunzione cronica di poste italiane. chi si è preso la briga di certificare le diffusioni delle testate tecniche è anes che ha costituito csst (certifi-cazione stampa specializzata e tec-nica). solitamente primo in classifica

è bargiornale. nell’ultima rilevazione csst però si è inserita un’altra testata, sapere&salute, distribuita in più di 600mila copie in settemila farmacie italiane. il gruppo più strutturato e legato a un’azienda editoriale classica è il So-le 24 Ore Business Media (affiliato anes), sezione della stampa tecnica specializzagta (180 dipendenti, di cui una cinquantina di giornalisti) del Gruppo il sole 24 Ore (fieg) forte di una settantina di testate cartacee (con le guide e gli annuari si arriva al centinaio di testate), una trentina di siti e portali oltre a una cinquantina di eventi. nel luglio 2006 sole 24 Ore business media ha creato un maxi-polo a milano, in viale ripamonti, ac-quistando dal fondo d’investimento Wise Venture (che faceva capo al fondo Wisequity) quattro brand di consolidata tradizione e storia come Agepe (che, all’epoca, aveva por-tato in dote 16 testate tra cui Bar-Giornale), Jce (Jacopo castelfranchi editore che editava 18 testate, fra cui Millecanali), Faenza Editore (18 testate) e Quasar (Mark Up e Fuori Casa). Oggi questi brand che hanno fatto la storia della stampa tecnica sono un unico polo editoriale sotto l’egida del sole 24Ore che ha così affiancato il preesistente polo bolo-gnese di edagricole, completando il

•A destra alcune testate di Tecniche Nuove, storica società editrice che ha in portafoglio un’ottantina di giornali specializzati e professionali

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L’inchiesta

portafoglio dell’offerta specializzata nei più svariati settori merceologici e professionali coprendo 12 diffe-renti mercati. <il nostro gruppo ha contenuto la crisi e sofferto meno di altri. ma prevediamo il primo segno positivo solo nel 2011>, dice Antonio Greco, amministratore delegato di sole 24 Ore business media.tra le aziende dell’editoria tecnico-professionale figurano, poi, case editrici altamente innovative che oggi fanno da apripista a un ripo-sizionamento come Reed Business Information, che aveva chiuso il 2008 con 30 milioni di fatturato, 40 testa-te e circa 200 dipendenti (di cui 24 giornalisti). reed business, dopo una politica di espansione e acquisizio-ni degli anni scorsi, ora si appresta ad “asciugare” il numero di testate mantenendo i giornali leader di ogni

settore. <punteremo mol-to sull’online, inteso non solo come testate web. rafforzeremo invece i servizi e le banche dati>,

L’intervista al segretario nazionale Uspi

<Pubblicità, basta strapotere in tv>

conosciuto per il suo aplomb inglese e buon gioco di lobby, francesco saverio Vetere, segretario nazionale uspi (unione stampa periodica italiana) mostra i muscoli quando parla di giornali, in particalare delle testete tecniche.D. Nel mezzo della crisi qual è lo scenario in cui si muovono i 2.350 editori del comparto Uspi?

r. Ovviamente la crisi si è fatta sentire ma ha toccato i periodici medio-piccoli in modo diverso da come ha colpito i quotidiani e i periodici dei grandi gruppi editoriali. la riduzione delle vendite nel comparto uspi non è generalizzata poiché risparmia i non pochi periodici professionali, economici, giuridici, scientifici, culturali e di medicina che non registrano apprezzabili riduzioni delle vendite e degli abbonamenti. diverso e preoccupante è, invece, lo scenario della riduzione dei fatturati pubblicitari. da gennaio, i grandi quotidiani e periodici registrano un calo del 23% (dati Osservatorio stampa della federazione concessionarie di pubblicità) mentre la perdita media subita dai periodici del comparto uspi si può stimare intorno ad un preoccupante – 30%: la stangata colpisce fortemente i gratuiti e la quasi generalità delle testate mentre preoccupa relativamente solo i periodici i cui bilanci viaggiano a pareggio garantito come avviene nelle pubblicazioni degli enti pubblici, regionali e locali, nei periodici sindacali e associativi e nei settimanali diocesani.D. Quali sono i provvedimenti che Uspi sollecita ai pubblici poteri?il Governo berlusconi al pari del Governo prodi dimostra scarsa considerazione per la funzione pluralistica dell’editoria periodica poiché continua a riservarle solo provvedimenti tampone che servono solo ad accentuare le distorsioni del mercato e sono molte, troppe le questioni in ballo che ci fanno navigare nell’incertezza: 70 milioni di euro che spariscono per riapparire (forse), il problema delle tariffe postali agevolate che non sembra all’ordine del giorno ma che incombe sempre sulle teste degli editori, per non parlare delle annunciate riforme del settore che, probabilmente non è il caso neanche di avviare.D. Pubblicità: televisione e carta stampata hanno quote di mercato disparir. l’authority ha comminato a rai e mediaset una multa di 165 milioni per posizioni dominanti nel mercato pubblicitario. sono risorse sottratte alla stampa, ai grandi editori come a quelli piccoli e medi. noi proponiamo allora che le condanne dell’authority siano eseguite e quei milioni di euro vengano assegnati alla stampa sotto forma di contributi indiretti come, crediti d’imposta, agevolazioni, per le spese postali e telefoniche o per l’acquisto carta. sappiamo tutti che questo è un momento difficile, nel quale forse è meglio agire prudentemente, che avventatamente, ma per l’appunto di prudenza vorremmo parlare, non di incertezza. non sapere che fare, non sapere quanti fondi saranno destinati all’editoria, non avere la minima idea delle prospettive future: questo è il connotato attuale della nostra classe dirigente. neppure in questa circostanza riusciremo ad essere pessimisti, ma è chiaro che c’è bisogno di una precisa conoscenza dei problemi e di una reale volontà di sviluppo. non siamo mai stati convinti, e non lo siamo adesso, che ci sia un volontà precisa di affossare il settore. la nostra opinione è che sia arrivato il momento di fare meglio. i nostri peggiori nemici sono l’incertezza e la superficialità.

•La presidente Anes, Gisella Bertini Malgarini e Antonio Greco, amministratore delegato del Sole 24 Ore Business Media

•Francesco Saverio Vetere (in alto nel box) e il Notiziario di categoria dell’Uspi. A destra alcune testate del Sole 24 Ore Business Media.

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L’inchiesta

anticipa Alessandro Cederle, ammi-nistratore delegato di reed business information. e se un gruppo multina-zionale vira verso queste strategia c’è da credere che il futuro del settore passi anche da qui. altro polo che fa tendenza è Fiera Milano Editore che fa capo a fiera milano spa (dal 1 ottobre 2000 quotata al mercato telematico azionario di borsa italia-na) e che, come maggior operatore fieristico italiano, ha anche un settore stampa tecnica b2b con 14 testate. fiera mìlano editore è nata nel 1985 per realizzare brochure e cataloghi ma anche giornali che affiancassero le manifrestazioni che si svolgevano in fiera fino a diventare un sistema integrato di comunicazione e specia-lizzazione in settori chiave dell’eco-nomia italiana. Oggi ha 60 dipendenti (10 giornalisti) e, dopo le ultime ac-quisizioni, ha prodotto un fatturato 2008 di 18 milioni di euro. <per i primi segnali di ripresa biso-gnerà attendere il secondo semestre 2010 - dice Corrado Minnella, am-ministratore delegato di fiera milano editore - si difenderanno le testate leader che aumenteranno la loro quo-ta di mercato>e’ riuscito a tenere la barra dritta

senza tanti scossoni, nonostante i marosi degli ultimi anni, un’azienda come Tecniche Nuove che, dopo 40 anni di attività ed esperienza, che pubblica qualcosa come 80 riviste specializzate (equivalenti a 570mila copie mensili, 50 milioni di fatturato e 140 dipendenti), 800 libri in catalogo e con una fiorente sezione parallela di organizzazione eventi, fiere (29) e congressi (16).

a capo di tecniche nuove c’è Giu-seppe Nardella, storico punto di riferimento nel settore oltre che ex presidente di anes. <il nostro 2008 è andato bene - commenta in contro-tendenza nardella - negli anni scor-si abbiamo acquisito alcune testate scientifiche da de agostini e hanno fruttato più che bene. la qualità e la specializzazione pagano ancora bene>. Elsevier Masson è invece l’editore di riferimento per l’informazione (e formazione) di medici, farmacisti, odontoiatri, riabilitatori, veterinari e, in generale, degli operatori del set-tore della salute (la multinazionale fa capo ad amsterdam ed è il più gros-so editore mondiale di riviste medi-che e farmaceutiche). dal gennaio 2008 è entrata in elsevier masson anche edra, specializzata nella co-municazione digitale e nei servizi per l’healthcare ed è provider accreditato per i progetti di educazione in medi-cina. anche elsevier ha rafforzato i siti e le newsletter. significativo caso editoriale multi-mediale è poi quello dell’Editoriale Duesse (8,5 milioni di fatturato 2008, 50 dipendenti di cui 15 giornalisti) che edita 14 riviste specializzate (di cui 10 certificate csst) rivolte al cinema, alla televisione, al trade, alll’enterteinment. <il settore della stampa tecnica sta vivendo un pe-

IL ToP dEL MErCATo IN ITALIAazienda editoriale fatturato 2008* n. testate

il sole 24 Ore business media 50 100**

tecniche nuove 50 80

edizioni master 50 20

elsevier-masson 30,5 4***

reed business information 30 40

edisport 21 14

secondamano 19 9

fiera milano editore 18 14

be-ma 12 30

ttg italia 11,5 1

editoriale duesse 8,5 14

Fonte: New Tabloid su dati aziende. *in milioni di euro. **Oltre alle riviste, anche le guide e i cataloghi. *** 18 comprendendo le riviste in lingua inglese

Tabloid 6 / 2007Tabloid 6/ 200912

L’inchiesta

riodo di assestamento dopo la crisi. reggono le testate business to bu-siness di qualità - dice Vito Sinopoli, presidente di duesse - e reggono le aziende editoriali che hanno bilanci trasparenti>. recenti passaggi di proprietà (a te-stimonianza dei grandi rivolgimenti che ci sono stati nel settore) hanno caratterizzato l’avventura di un altro gruppo editoriale, quello di Secon-damano (sceso dai 23 milioni di eu-ro nel 2007 ai 19 nel 2008) fino allo scorso anno nelle mani del colosso norvegese dell’editoria online Schi-bsted Classified Media insieme ad altre otto testate italiane. la testata, nata come vero e proprio fenomeno editoriale, nel 1977 dall’intuizione di franco Giffrida e luciano cervone, è ora passata a un nuovo gruppo editoriale che fa capo alla testata romana portaportese ed è capofila di un’associazione di piccoli annunci economici gratuiti che riunisce una quarantina di testate di settore. una forte attività di indotto registra invece Ttg Italia che con una sola testata di turismo (una piccola bibbia del settore) che produce 2,4 milioni di fatturato evidenzia un bilancio certifi-cato aziendale di 11,5 milioni di euro. ttg italia, nata nel 1973, è una società

Direttori a temponon giornalisti

l’elenco speciale annesso all’albo dei giornalisti è stato creato con la legge istitutiva dell’Ordine nel 1963 e serve per iscrivere in un apposito elenco che, pur non esercitando la professione e l’attività di giornalista, assume la carica di direttore responsabile di periodici o di riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico, escluse quelle sportive e cinematografiche. di solito si riconosce l’iscrizione all’elenco speciale a direttori generali, amministratori delegati, sindaci che assumono la direzione di un house organ o di un periodico tecnico o comunale. l’iscrizione decade al termine della carica e/o del mandato del soggetto. i documenti da inoltrare all’Ordine per l’iscrizione sono scaricabili nella sezione modulistica del sito www.odg.mi.it. la domanda viene vagliata dal consiglio dell’Ordine regionale che deve stabilire se la testata rientra fra quelle di natura tecnica e/o professionale. nel caso la domanda venga accettata l’iscritto (al quale non viene rilasciato un tesserino da giornalista) deve comunque attenersi alle norme deontologice della categoria. lo stesso iscritto non ha però facoltà di voto nel rinnovo delle cariche dell’Ordine. dopo due anni d’iscrizione all’elenco speciale, il direttore responsabile, se dimostra la continuità di pubblicazione, i pagamenti ma soprattutto la trasformazione del giornale da tecnico a generalista può presentare domanda per diventare pubblicista. il passaggio, però, ovviamente, non è automatico: i requisiti devono essere valutati dal consiglio.

Elenco speciale legata al Gruppo rimini fiera, lea-der nel settore della comunicazione e dei servizi del settore turistico e degli eventi business to business.altro storico editore è Edisport (21 milioni di fatturato, 14 riviste, 108 dipendenti di cui 37 giornalisti) nato nel 1914 con la rivista motociclismo per arrivare poi a riviste di tennis, ve-la automobilismo, ciclismo. <il 2009 è stato durissimo. abbiamo dovuto fare i conti con un calo pubblicitario pauroso, contenimento dei costi e tagli anche redazionali - commenta Adalberto Falletta, direttore generale di edisport - ma abbiamo un patri-monio di competenze professionali e di passione straordinario. ne uscire-mo>. sta scalando le prime posizioni del mercato invece Edizioni Master con 20 riviste cartacee (10 rilevate ads) che coprono settori che vanno dal videogame alla tecnologia all’in-formatica, dall’home ientertainment dallo sport al lifestyle per un totale di 800mila copie vendute, 1,7 milioni di supporti multimediali tra cd-rom, dvd e blu-ray disc distribuiti men-silmente con oltre 2 milioni di lettori raggiunti.

13Tabloid 6/ 2009

L’inchiesta

di libri, oggetti e servizi. la vendita degli abbonamenti delle riviste online rappresenta il 22% mentre la vendita delle rivista cartacee rappresenta il 56%. in questo caso, insomma, il sito diventa un vero e proprio canale di vendita a fianco di quello tradizionale cartaceo. il 38% dichiara un ricavo dal sito da zero a 10mila euro, il 16% da 10mila a 30mila euro, il 19% da 30mila a 50mila euro e un ulteriore 16% oltre le 50mila euro. il 22% di coloro che ottengono ricavi dal sito dispongono di un venditore interno dedicato. il 53% si avvale dello stes-so venditore interno per il cartaceo e per l’online mentre il 13% utilizza un’organizzazione esterna.

La sfida del digitaleGoogle incalzatutti gli editori della stampa tecnica e specializzata, in ogni caso, sono alle prese da tempo con la sfida del digitale. <nel nostro settore c’è an-cora il prototipo del piccolo editore innamorato, anzi malato della carta stampata e quindi, per scaraman-zia, non ama sentir parlare del e-book o dell’ultimo giorno di vita del new York times e al tempo stesso, proprio perché “piccolo”, è dotato di grande curiosità per ogni novità mediatica che è pronto a sperimen-tare con agilità per sentirsi all’avan-guardia - spiega francesco saverio Vetere, segretario nazionale dell’uspi - Questa attitudine al cambiamento

ha indotto moltissimi piccoli editori a supportare le proprie testate con siti web e molte testate a supporto cartaceo a trasformarsi in periodi-ci on-line, attratti dall’economicità dell’editoria elettronica che in par-te compensa l’esiguità dei proventi pubblicitari>. la stessa Google ha già preso contatti con uspi proponendo un accordo biennale per digitalizzare e diffondere gratuitamente la raccol-ta degli ultimi due anni delle testate associate con la possibilità di inserire annunci pubblicitari che, se cliccati, comporterebbero una percentuale all’editore del periodico. <Gli organi collegiali dell’uspi stanno valutando con attenzione – ma anche con pru-denza – l’incognita Google che può nascondere delle insidie ma che si pone anche come una sfida per una maggiore visibilità dell’editoria medio minore - comenta Vetere - personal-mente mi affascina la prospettiva che gli storici e i ricercatori consultino agevolmente dei settimanali d’infor-mazione locale che possono costitu-ire una sterminata miniera di notizie e di testimonianze d’inestimabile utilità scientifica>

[email protected]

Chi lavora si aggiornasulle riviste tecnichele riviste tecniche specializzate e professionali svolgono poi una fun-zione unica nel loro genere: sono strumento di aggiornamento (in molti casi l’unico) e formazione per chi, fini-to il periodo scolastico, è entrato nel mondo del lavoro. il 48,8% dei tecni-ci, segnala una ricerca astra-doxa, non riceve più una vera formazione dopo aver cominciato a lavorare. e non è un caso che il 45,9% di costoro utilizzino proprio le riviste tecniche specializzate e professionali come strumento di formazione personale per il proprio settore di lavoro. una lettura, quindi, quella delle riviste tecniche, ad alto contenuto e ad al-ta funzione formativa e di aggiorna-mento. secondo questa ricerca solo lo 0,8% dei lavoratori non conosce le riviste specializzate e ben 9,5 mi-lioni di lavoratori consulta queste testate, considerate utili per tenersi aggiornati (89,1%), per capire come cambia il settore (83,4%), conoscere le opinioni degli esperti e di opera-tori qualificati (89,1%) dei prodotti (76%), delle innovazioni tecnologiche e scientifiche (74,3%).

Editoria specializzata sempre più onlineda una ricerca anes risulta che il 91% dei soci dichiara (dal 2007) di possedere un sito. più nel dettaglio il 79% di coloro che si sono dotati di un sito hanno contenuti edito-riali aggiornati più volte al giorno (il 28%) oppure più volte alla settimana (il 20%) o ancora quindicinalmente (il 29%). la rimanente parte delle aziende ha invece contenuti statici e il 45% didi costoro che hanno un sito con contenuti editoriali li pub-blica sotto forma di testate esclusi-vamente online. nell’80% dei casi i conteunuti sono curari direttamente dalla casa editrice e il 60% dichiara di ottenere dei ricavi dal proprio si-to. i ricavi arrivano per il 59% dalla pubblicità, per il 41% dalla vendita

•Le cover delle riviste a destra sono dell’editore milanese Edisport

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Primo piano

Tabloid 6 / 2008

Le iniziative dell’Ordine

Generazioneinternauta La ricerca che l’Ordine della Lombardia ha commissionato a Enrico Finzi e le sintesi degli interventi che si sono succeduti nell’Aula Magna dell’Università Statale di Milano.

iL FUtUrO dEL giOrnALiSMO/ii° EdiziOnE-1° OttObrE 2009

•Il folto pubblico che ha seguito la relazione di Enrico Finzi di Astra Ricerche.Sotto, Letizia Gonzales, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia e il tavolo dei relatori al convegno sul futuro del giornalismo.

Una poderosa rassegna stampa ha accompagnato, illustrato e commentato la giornata del 1° ottobre 2009 all’Università Statale di Milano. Al centro dell’at-tenzione il convegno organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia sul futuro del giornalismo dal titolo “Giornalismo e postgiornalismo tra vecchi e nuovi media”. Un bollino di certificazione di qualità (richiesto dagli internauti), regole certe del mercato e della raccolta pubblicitaria online, sgravi fiscali per le testate giornalistiche che vanno in Rete, nuovi modelli di business e di organizzazione redazionale fino ad arrivare a un ripensamento complessivo di tutta la macchina che oggi fa funzionare il capillare e delicato mondo dell’infor-mazione. Questi sono stati alcuni degli argomenti trattati durante il convegno dai relatori chiamati a commentare la ricca ricerca condotta da Enrico Finzi, presidente di Astra Ricerche. Con una cinquantina di slides, Finzi ha messo inevidenza il cambiamento epocale che sta attraversando non solo la categoria dei giornalisti ma tutto il mondo dell’informazione e della comunicazione, con l’avvento di Internet. Un fermento, quello fotografato dal convegno, che non ha tralasciato luci, ombre e interrogativi e ha evidenziato interessanti proposte che ora potranno essere vagliate dalla categoria.La crisi publicitaria e diffusionale che sta attraversando l’editoria passa dal web? Certo siamo nel pieno di una forte trasformazione. Con cui dobbiamo fare i conti.

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Le iniziative dell’Ordine

Siamo in una terra di mezzotra passato e futuro«Questa Aula Magna contiene quasi mille persone e raramente vede, come oggi, tutti i posti occupati. È un segnale di grande successo di questo convegno ma anche dell’interesse che suscita il te-ma scelto dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia»: con queste parole Marino Regini, prorettore dell’Università Statale di Milano nonché direttore del Master Ifg, ha portato il saluto ai colleghi (e non) che hanno seguito i lavori del convegno. Moderatore Venanzio Postiglione, ca-poredattore centrale del Corriere della Sera: «Sono anni che sentiamo parlare di tramonto della carta stampata. Siamo qui per ragionare sull’argomento, valu-tare idee, spunti e progetti. Ma segnalo un aneddoto - racconta Postiglione - Al primo piano della storica sala Albertini del Corriere della Sera c’è il tavolo delle riu-nioni di redazione portato appositamente da Londra. A quel tavolo si sono seduti Pirandello, Montale, Sciascia. Bene, ora nel mezzo della sala Albertini è stata piazzata una bella lavagna digitale. Non solo, ma la riunione di redazione che da più di cent’anni era sempre officiata solo dal direttore del Corriere del momento, adesso invece viene aperta da Marco Pratellesi che comincia raccontandoci cosa succede nel mondo attraverso i siti di New York Times, Bbc, Financial Times e così via. È una metafora. E le metafore sono il segno dei cambiamenti», ha sot-tolineato Postiglione. «Siamo in una terra di mezzo, tra il passato e un vorticoso futuro - ha spiegato Leti-zia Gonzales, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia - La carta stampata sta attraversando un momento difficile di vendite e di pub-blicità e il web può essere una risorsa straordinaria, che però dobbiamo ap-profondire, capire, interpretare. Serve quindi sperimentare nuovi modelli organizzativi, sullo stile delle reda-zioni intercambiabili on e off line. ll convegno dello scorso anno e quello di oggi hanno un filo rosso in comune e cioè la richiesta di etica da parte dei lettori dei giornali come dagli in-ternauti. Occorre poi, al giornalista di oggi, tenersi aggiornato attraverso corsi di formazione promossi da Fn-si, Fieg, Inpgi e Ordine».

Il consumo di newstra old e new mediaEcco le sintesi dell’intervento di Finzi e dei relatori (la registrazione completa del convegno è sul portale www.odg.mi.it).

Enrico Finzi (presidente Astra Ricerche)Gli internauti regolari in Italia sono per il 53% uomini (le donne hanno quasi an-nullato la differenza che le penalizzava).

Se consideriamo l’età (il 53% è 35-55en-ne) Internet non è più un fenomeno solo giovanile. Il titolo di studio, degli internauti regolari resta superiore a quello degli ita-liani: diplomati (59%) e laureati (32%). L’analisi per ruoli professionali mostra la leadership del ceto medio impiegatizio (inclusi gli insegnanti: 45%), seguito dagli studenti (con i giovani inoccupati: 20%), dagli imprenditori/dirigenti/professionisti (14%) e dai salariati.

89,6 6,4 4

Internet

76,5 12,7 10,7

Tv locali

63,3 18,4 18,3

Radio

40,5 35,9 23,6

Quotidiani locali / regionali

38,9 35,8 25,3

Quotidiani nazionali

46,8 25,0 28,2

Tv locali

51,6 25,0 41,2

Telefono cellulare

10,9 46,7 42,4

Periodici specializzati (in un solo tema / settore)

23,0 29,0 47,9

Quotidiani specializzati in economia, sport, ecc.

23,0 29,0 54,5

Periodici non specializzati

I media preferiti dagli internauti

Le tavole qui sopra e nella pagina a fianco forniscono una sintesi dei media e delle fonti alle quali gli internauti si rivolgono per ottenere informazioni e notizie

Forti utilizzatori Utilizzatori occasionali Non utilizzatori

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Le iniziative dell’Ordine

Le fonti d’informazione - Il web è leader per le informazioni, come con-ferma la classifica dell’accesso quoti-diano alle news, che lo vede stravincere (82%), seguito dalla tv (nazionali 63% e locali 32%), dal cellulare (48%) e dalla radio (48%), dai quotidiani (36%: locali e regionali 23%, nazionali 22%, specia-lizzati 11%). Gli internauti regolari per informarsi (tabella sopra) non usano mai o quasi mai i periodici non specia-

lizzati (55%), i quotidiani specializzati (in economia, sport, ecc.: 48%), i periodici specializzati (in un solo tema/settore: 42%), il telefono cellulare (41%), le tv locali (28%), i quotidiani nazionali (25%) e regionali/locali (24%), la radio (18%), la tv nazionale (11%). Internet (con il cellulare) non è utilizzata per le news solo dal 4%. Internet non sostituisce la stampa Internet e il cellulare si sono aggiunti ai

mezzi classici (stampa e radio-televi-sione) o li hanno sostituiti o ridotti? La risposta è chiara: l’11% degli internauti regolari non usa il web o il “mobile” per avere informazioni e notizie; il 52% non ha ridotto il ricorso agli altri media; dun-que, solo il 37% ha diminuito l’utilizzo dei mezzi tradizionali. La classifica dei media classici più penalizzati da web + cellulare vede in testa i quotidiani (4.9 milioni: 3.1 milioni a scapito di quel-li specializzati, 3.0 di quelli nazionali, 2.3 di quelli locali/regionali); seguiti dai periodici (4.3 milioni: 2.5 a spese di quelli non specializzati e 2.4 di quelli specializzati); poi dalla tv (3.2 milioni: 2.5 a scapito delle emittenti locali e 1.9 di quelle nazionali); con la radio meno penalizzata (1.3 milioni), essendo da sempre la più compatibile o addirittura integrata col web. Con un’aggiunta: le perdite risultano superiori alla media considerando i 45-54enni (per tutta la stampa), i soli 35-44enni (per i quotidiani), i 15-24enni (per la tv).Ogni età ha il suo media preferito Ci sono poi differenze, accentuazioni e preferenze nelle varie fasce di età. I quotidiani on line (acquistabili in edicola o no) e i blog “sfondano’”nella fascia di età fra i 45 e i 54 anni mentre le communities, i newsgroups, i forum di discussione, You Tube e simili preval-gono tra i 14-34enni. Infine i telegiornali on line, le agenzie di stampa on line, i siti sono in auge tra i 25-34enni.I servizi a pagamento - Sono tutt’al-tro che irrilevanti nell’online, pur se an-cora fortemente minoritari: 2.3 milioni

Il metodo dell’indagine

La ricerca è stata realizzata nell’ultima decade di luglio 2009 tramite 805 interviste somministrate col metodo CAWI (Computer Aided Web Interviewing) a un campione rappresentativo degli italiani 15-55enni regolari accedenti a Internet, pari a un universo di 16.2 milioni di adulti (il 49.2% della popolazione totale in queste fasce d’età).

57,7 11,1

Siti / Portali generalisti che offrono informazioni su molti temi diversi

31,2

57,5 11,1

Siti diversi di volta in volta, raggiunti tramite un motore di ricerca

31,4

53,9 11,3

Edizioni on line di quotidiani (come corriere.it, repubblica.it, ecc.)

34,8

47,5 14,8

Siti che trasmettono principalmente video o brani audio (come youtube)

37,6

39,8 22,1

Comunities, newsgroups, forum di discussione aperti a tutti

38,1

39,2 20,4

Agenzie di stampa on line (come ansa.it, adnkronos.com)

40,4

28,7 24,4

Edizioni on line di telegiornali (come Tg1, Tg5, Tgcom, ecc.)

46,9

23,4 32,5

Quotidiani on line che non si acquistano in edicola (come affaritaliani.it)

44,0

22,5 38,9

Blog di amici / conoscenti

38,6

Le fonti più utilizzate

22,5 43,6

Blog di esperti, opinionisti, politici, personaggi noti.

40,3

12,2 46,3

Blog di giornalisti

41,5

Forti utilizzatori Utilizzatori occasionali Non utilizzatori

18 Tabloid 6 / 2008

Le iniziative dell’Ordine

Mario Morcellini*

I lettori cambianoil giornalismo

Ci sono due nodi nella ricerca di Enrico Finzi che sono di attualità: il primo è come le persone si approvvigionano di notizie, il secondo è la richiesta di certificazione qualità. Il primo nodo conferma un processo di stabilizzazione che sembra già delinearsi. C’è un pubblico tradizionale che continua ad approvvigionarsi di notizie avendo al centro l’offerta tradizionale, il generalismo dell’informazione, con la televisione (dominante) e i giornali che hanno un ruolo non banale. C’è poi un secondo pubblico che ha comportamenti e stili diversi e che ha una caratteristica: rinunciare alla mediazione giornalistica. Questo seconda tipologia di pubblico costruisce la priorità degli argomenti sul piano soggettivo invece di affidarlo alla cultura e alla competenza di un mediatore di professione come il giornalista. Cosa succede allora alle notizie una volta che sono movimentate solo ed esclusivamente dal consumatore? E’ un problema concettuale, etico e politico tutt’altro che irrilevante, in tempi di vertenze sui conflitti di potere nell’informazione. C’è però un secondo aspetto che è la vera novità di questa ricerca: avere una specie di bollino, cioè un marchio che caratterizzi anche sulla rete le notizie che sono certificate da giornalisti professionisti. Io non sono sicuro che il mondo dell’informazione sia già pronto a un evento di questo genere. Credo però che sia una vertenza ormai alle porte.

*Preside Facoltà Scienze dalla Comunicazione Università La

Sapienza Roma

accedono a notizie a pagamento senza doversi abbonare (per es. scaricando un arretrato dall’archivio storico o leg-gendo approfondimenti e commenti non gratuiti); 700mila pagano un abbo-namento per avere notizie (scaricando ogni giorno un quotidiano in formato pdf); altri 700mila sono iscritti a servizi Internet che inviano news (sms con le notizie appena pubblicate). Insomma, il fronte è in rapido movimento, come confermano altri due dati: il 65% de-gli internauti regolari afferma di usare il web e/o il cellulare da più di un anno (sempre e solo per le news: specie i 45-54enni, i laureati, i residenti al sud) e il 56% è certo che essi «in pochi anni di-verranno il principale canale attraverso cui gli italiani cercheranno informazioni/notizie», anche se spesso viene esclusa ogni penalizzazione futura della radio-tv (dal 41%) e della stampa (31%).Stampa seria, web veloce - La tv e la radio risultano nettamente leader per la vivacità e l’aggressività, oltre che – di poco – per la non provincialità e la non “ristrettezza” d’orizzonte. La stampa è fortemente dominante per la serietà/affidabilità, l’ampiezza e l’approfon-dimento, la precisione documentata, la veridicità verificata, la competenza/professionalità, i commenti autorevoli e qualificati, l’espressione della comunità locale, la qualità dei testi; oltre che – di poco – la chiarezza/comprensibilità, il rispetto della dignità delle persone, la serena pacatezza dei toni, la selezione

per importanza, la coerenza con le pro-prie convinzioni. Internet e il cellulare hanno una fortissima leadership per la brevità sintetica, la facile reperibilità in ogni momento, l’agevole archiviabilità, la simpatia e il divertimento, l’origina-lità non banale, l’assenza di censure, l’indipendenza da qualunque potere. La partita da giocare è sulla qualità. Con un’aggiunta: il 21% è favorevole a pagare per avere news sul web: si tratta di 3.3 milioni di persone, di cui 1.7 milioni si dicono disposti a pagare qualche centesimo di euro per ogni in-formazione/notizia seria e affidabile ri-chiesta e ricevuta sul proprio computer o cellulare; 1.4 milioni alcuni centesimi per ricevere approfondimenti e com-menti autorevoli; 1.4 milioni pochi euro al mese per avere ogni giorno tali news; 1.2 milioni per informazioni/notizie e approfondimenti d’archivio.La sfida del giornalismo - Si deve misurare col post-giornalismo: quello dei siti/blog/communities ove si può trovare un’informazione seria e affida-bile”. Per il 32% «in Internet le notizie fornite da comuni cittadini sono più af-fidabili di quelle giornalistiche (asservite al potere politico, economico, ecc.)». Ma è vero anche che per il 36% le news “sul web sono numerosissime e si ri-schia di non capire affatto quali sono vere e importanti”; per il 34% “molte non sono serie e affidabili”. Forte (47%) la domanda di ‘giornalismo dei giorna-listi’ sul web, solo l’11% è ostile. Il bollino di qualità - Sono tre i motivi: la maggiore chiarezza/comprensibilità delle informazioni/notizie fornite dai giornalisti sulla Rete (16%); la loro su-periore affidabilità, legata al fatto che i giornalisti sono più informati, esperti e competenti (13%); soprattutto la ga-ranzia che danno gli iscritti all’Ordine di essere contemporaneamente for-mati, addestrati, selezionati e obbligati a rispettare le norme della deontologia professionale (37%). Per 6 milioni “le informazioni fornite da giornalisti iscritti all’Ordine dovrebbero essere indicate con un piccolo simbolo (un bollino)” quale marchio e garanzia di ‘origine controllata’. È forse qui – nella sua rin-novata capacità certificatrice di profes-sionalità e di etica – il futuro dell’Ordine nell’era di Internet?

•Mario Morcellini, preside della Facoltà di Scienze della comunicazione all’Università La Sapienza di Roma e Layla Pavone, presidente Iab

19Tabloid 6 / 2008

Le iniziative dell’Ordine

Layla Pavone*

La pubblicitàva dove c’è gente

Le previsioni di crescita della pubblicità online, quest’anno, sono molto interessanti. Stiamo parlando di investimenti pubblicitari pari a circa 905 milioni di euro. Ovviamente queste sono stime ma tendenzialmente stiamo parlando di una crescita che si assesta sul 10,5% rispetto agli investimenti dello scorso anno. E’ un numero molto importante e interessante se paragonato invece ai numeri dei mezzi tradizionali che invece sono tutti negativi. E’ una questione di persone: dove stanno le persone va la pubblicità, dove ci sono le persone lì le aziende investono. E oggi le persone sono su Internet, oggi le persone passano moltissimo tempo della propria giornata su Internet. Stiamo parlando di 22 milioni di italiani che sono ormai sono grandi navigatori o quanto meno consumatori di Internet e utilizzano tutti i mezzi a disposizione all’interno della Rete, dai social media ai portali ai motori di ricerca. Lì quindi vanno le aziende per ingaggiare una conversazione con queste persone. L’altra grande differenza rispetto al passato, perché ormai di passato dobbiamo parlare, è che le persone non sono più disposte a ricevere un’informazione, soprattutto quando si parla di pubblicità monodirezionale. Internet ha un’offerta interessante e direi anche sofisticata: mette davvero in condizione le aziende di avere un rapporto con i propri consumatori che, in Rete, spendeno qualcosa come un’ora e mezza mediamente al giorno.

*Presidente Iab

Giornalisti mediatorianche nel futuroMario Calabresi (direttore La Stampa): La ricerca di Finzi spazza via un po’ di luoghi comuni che già da tempo si aveva la percezione non fossero veri. Uno fra tutti: non è vero che chi naviga in Rete cerca soltanto gallerie fotogra-fiche, calendari o solo cose curiose e strane. I siti che ho avuto occasione di visitare in giro per il mondo si sono molto orientati all’informazione. Solo tre o quattro anni fa si discuteva del rapporto tra la carta stampata e In-ternet, oggi siamo nel bel mezzo della trasformazione e quindi si deve speri-mentare tutti i giorni la trasformazione. Non c’è più tempo di fare della filosofia. Ora questa ricerca dice cose nuove sulla geografia e su cosa si cerca su Internet. Non solo. Conferma anche che un nuovo mezzo non uccide il pre-cedente ma lo obbliga a trasformarsi. I quotidiani perdono lettori da anni e li

perdono da prima che ci fosse il bo-om della Rete. Prendiamo il caso della televisione: la carta stampata anziché mettere a fuoco la propria identità ha cercato troppo spesso di seguire la televisione. Niente di più sbagliato. Inseguire un mezzo più nuovo e più veloce è un suicidio. E così oggi l’idea che la carta stampata debba insegui-re Internet è un suicidio. Per un certo periodo, negli anni scorsi, si teneva aperto il giornale anche fino alle tre di notte. Poi si è capito che il quotidiano era perdente perché l’aggiornamento del sito è più veloce e quando esce il giornale, la notizia è già vecchia. Il quotidiano di carta e sito hanno due funzioni diverse. La velocità e l’aggior-namento si trovano sul sito. Il giornale di carta non deve inseguire internet, ma deve approfondire, dare credibilità alla notizia, chiavi di lettura e spiegare il contesto. Perchè la notizia da sola, quella che dà Internet, non basta. Così oggi è eviden-te che l’integrazione tra carta stampata e Internet è la ricetta vincente o quanto meno la più intelligente. Ormai tutti noi siamo invasi dalle notizie. Le fonti sono tantissime. Le notizie sono nell’aria e un lettore può venire a sapere della morte di Mike Bongiorno dalla radio, da un sito, al supermercato, su Televi-deo. Abbiamo capito quindi una cosa importante: pensare che la carta stam-pata possa ancora svolgere la funzione di fornitore di notizie è un’idea perden-te. Ma la carta stampata non deve solo approfondire, deve anche essere più snella, più asciutta e sintetica. Il Finan-cial Times, che probabilmente è l’unico giornale globale che esista al mondo, ha la sua sede a Londra ma vende più copie negli Stati Uniti che in Inghilter-ra e uguali copie in Cina e Giappone rispetto all’Europa. Bene, il FT pub-blica, ogni giorno, al massimo trenta storie, trenta articoli. Il Corriere della Sera 80/90, La Stampa un po’ meno. Ma sappiamo che le notizie si trovano

•In alto Enrico Finzi, presidente di Astra Ricerche. Qui accanto, il moderatore Venanzio Postiglione e, sotto, il prorettore dell’Università Statale di Milano, Marino Regini

•Mario Calabresi, direttore de La Stampa di Torino e, a destra, Carlo Malinconico, presidente della Federazione italiana editori giornali.

20 Tabloid 6 / 2008

Le iniziative dell’Ordine

dei nomi alle persone, sono andato a vedere dove stavano, ho visto co-sa succedeva». Questo giornalista ha lavorato due mesi sulle notizie e sulle foto che circolavano su Internet. Ed è stato il primo a raccontare, sul New Yorker, la vera storia di Abu Ghraib, mostrando che gli americani facevano torture nel carcere. Questo ha cambia-to la percezione di una guerra. Io penso che la lentezza abbia ancora un valore, che l’approfondimento abbia ancora un valore. Per questo, chi studia gior-nalismo ha ancora un futuro.

Internet deve avereregole di mercatoCarlo Malinconco (presidente Fieg): Una buona notizia che ricavo da questa ricerca è che non c’è stata la canni-balizzazione della stampa da parte di Internet. I mezzi d’informazione, alla fine, coesistono. Sarà solo necessario un riposizionamento, un adattamen-to. Non sono più garantite, a priori, le

quote di mercato di un mezzo piuttosto che di un altro, ci sarà più equilibrio. Ma proprio tra gli internauti la lettura dei giornali non è stata abbandonata. Ha subito una riduzione, è vero, ma ci sono lettori appassionati al giornale che non vi rinuncerebbero mai. Questo mi sem-bra un fatto positivo. La carta stampata ha subìto una contrazione per effetto della presenza di tante altre fonti d’in-formazione, ma attenzione: non è un caso che i giornali online costituiscono un punto di riferimento di qualità per gli stessi internauti. I giornali online sono al terzo posto nella classifica di chi va a cercare le notizie. Questo vuol dire che attendibilità, affidabilità, selezione e credibilità sono considerate un bene primario per chi naviga in Internet. Un altro punto di forza è che il brand di una testata, il marchio di un giornale - che si chiami Corriere, Repubblica o Messaggero o altro - in qualche modo interagisce e aiuta lo stesso giornale online. La riprova è nel fatto che gli in-ternauti preferiscono andare a cercare le notizie e gli approfondimenti proprio su quei siti che hanno lo stesso mar-chio di affidabilità, lo stesso brand dei giornali di carta. E anche questa è una buona notizia perché ci fa pensare che non sia vero che la carta stampata non ci sarà più. Se noi rimarremo passivi è chiaro che la carta stampata entrerà in crisi, ma se reagiamo la carta stampata avrà ancora non solo delle buone po-tenzialità ma anche un valore aggiunto, visto che le notizie su Internet non sono sempre affidabili.

•Da sinistra Marco Pratellesi (caporedattore di corriere.it) e Michele Mezza (vicedirettore di Rai International)

gratis su Internet, mentre il giornale che costa 1 euro o 1,20. Allora è chiaro che sulla carta stampata bisogna dare al lettore il valore del suo prezzo, di-stinguendosi nettamente dal Internet. Prendiamo il discorso sulla velocità. Non c’è dubbio che la velocità è stata il meccanismo che ha scardinato tutto. La velocità è un valore, ma non è tutto. Quando è arrivato il fast food non ci siamo detti: beh, se si può mangiare veloci, perché perdere tempo? Oggi, infatti, abbiamo voglia di slow food, di lentezza, di riflettere, di camminare, di yoga… Facciamo un esempio. La guerra in Iraq è cambiata quando è venuto fuori lo scandalo di Abu Ghraib. Come? Le foto circolavano su internet, perché i soldati americani si fotografa-vano mentre tenevano al guinzaglio gli iracheni. E sono circolate su Internet. Ma se non c’era un giornalista del New Yorker che si chiama Seymour Hersh, (è il giornalista più “lento” del mondo) a verificare, uno per uno, i nomi e a spiegare il contesto, lo scandalo non ci sarebbe stato. Io sono andato a Wa-shington a trovare questo giornalista, vive in mezzo a montagne di carta, e mi ha detto: «Avevo sentito parlare di queste foto, le ho cercate, ho dato

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Le iniziative dell’Ordine

Altro discorso è quello delle notizie a pagamento. Noi ci siamo sempre interrogati se sia un vero problema o no. Il fatto che la stessa ricerca riveli che ci sono dei numeri, pur contenuti, relativi alle persone che pagano per avere notizie è un elemento che ci deve far pensare. Vediamo allora il modello di business e il sistema normativo nel nostro Paese. È facile dire all’operato-re, all’editore: «Devi trasformarti, devi tener conto delle novità». Ma l’opera-tore per trasformarsi deve godere di agevolazioni, non trovare ostacoli. Per tutelare i guadagni sarebbe auspica-bile, ad esempio, per l’editore avere un’Iva agevolata sul web come per la carta e un copyright telematico sugli ar-ticoli giornalistici. Così come ha fatto la World Association of Newspaper (Wan) e come chiede il 37,4% degli internauti interpellati dalla stessa ricerca di Finzi. Abbiamo visto che l’editoria cartacea dà valore a Internet, che gli stessi in-ternauti prediligono andare a cercare le notizie sui brand dei giornali di carta che hanno siti online. Ma di tutto questo giro di affari, di pubblicità, agli editori arriva praticamente nulla. Allora questo è un problema serio. Noi, ad esempio, abbiamo chiesto all’Autorità Antitrust se sia corretto che chi crea il prodotto, e quindi genera questo flusso di inter-nauti, non debba poi in qualche modo avere un ritorno. Se la qualità non è pagata, il danno è per tutti. Perché se non c’è la qualità non c’è investimento. È un circolo vizioso e senza la qualità dei giornali di carta la stessa naviga-

bilità su Internet perderà di significato. Nessuno più andrà a cercare notizie che non hanno valore. Ma si otten-gono notizie di valore senza pagarle? Internet è una risorsa enorme, tutti la usiamo. Ma non ci sembra eticamente corretto che ci sia qualcuno che crea la ricchezza, cioè il prodotto editoriale e gli altri lo utilizzino senza che chi crea ne abbia poi un vantaggio. Una buona parte dell’economia, oggi, passa da In-ternet. Ma a maggior ragione, a questo punto, Internet deve avere delle regole. Che vanno dalla tutela del copyright ai contratti sulla pubblicità. Se non si arriva a questo allora Internet arriverà a premiare solo alcune situazioni di fatto. Ma come sappiamo, quando si creano situazioni di fatto, poi rimuoverle è diffi-cilissimo. Se non impossibile.

A pagamento solo le news specializzateMarco Pratellesi (capo redattore corriere.it): Internet, per una serie di motivi, ha riempito il vuoto dell’editoria popolare. I giornali su Internet, in Italia, svolgono un ruolo che prima non era mai riuscito a nessuno perché sono nati in un mondo globale. Credo che il modo migliore di fare giornalismo su Internet sia quello di raggiungere il maggior numero di lettori possibile. E questo vuol dire informare ma anche divertire. Io non sono d’accordo sul-le news a pagamento. Niente da dire se per news a pagamento s’intendo-no quei servizi a valore aggiunto che già i nostri lettori pagano, le breaking

news sul cellulare, i servizi “mobile”, le applicazioni sull’iPhone. Ma non mi sembra una buona cosa far pagare quei servizi che già diamo ogni giorno. E non lo credo perché lo dice la Storia. Il giornale moderno e la professione del giornalista sono nati nel 1830 perché un paio di editori illuminati americani hanno ridotto il costo di copertina dei giornali (che era un prodotto di élite) portandolo a un costo accessibile a operai, a contadini, a chiunque. In quel momento è nato il giornale co-me mass media ed è nata la pubblicità. Ed è nato il modello di business su cui i giornali si sono retti fino a oggi. Quando un lettore spende 1 euro in edicola non è certo convinto che sia quello il costo industriale del prodotto giornale. Se si dovesse acquistare il giornale pulito dalla pubblicità si do-vrebbe sborsare ben più di 1 euro. Se si paga così il giornale è perché gran parte dei costi di produzione sono pa-gati dalla pubblicità. Questo modello ha funzionato fino a oggi ma non ha funzionato sull’online. Ci ha provato Usa Today nel 1992 e ha chiuso dopo tre mesi perché quello che ricavava dagli abbonamenti non permetteva neanche di pagare il por-tiere del palazzo. In agosto ero al New York Times e vi assicuro che il concetto di Murdoch sulle notizie online a pagamento è molto dibattuto, perché il NYT dice: “noi vogliamo essere il primo sito nel mondo”. E come si fa a essere primi al mondo facendo pagare le notizie? Se si fa attenzione si scopre che il sito del Guardian è molto più attento alle notizie popolari di quanto sia il Guar-dian di carta, così anche l’Indipendent e così il New York Times, che è pieno di notizie più leggere accanto a quelle che dà sul giornale. Il modello di business che ha funzionato per la carta stam-pata per 200 anni non credo possa essere il modello di business che può funzionare, oggi, per i siti online. Allora, le notizie devono essere free e alcuni

•Il tavolo dei relatori e, nella pagina a fianco, Enrico Finzi mentre viene intervistato dalla Rai e da altre televisioni locali.

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altri servizi, molto mirati e a valore ag-giunto, possono essere a pagamento. È la carta stampata che dovrà invece cambiare. Neppure io credo che ci sarà l’ultima copia del NYT. Credo però che tra un po’ di anni il NYT avrà meno pagine, venderà meno copie e costerà di più. Sarà cioè un prodotto di élite. Avrà meno lettori ma più qualificati. Sotto questo aspetto noi ragioniamo con i nostri parametri, non siamo ancora passati dal XX al XXI secolo. Viviamo in un mondo dove tante persone fanno tanti soldi dando cose gratuitamente. Google ne è la dimostrazione: è una grandissima cosa, ma non produce niente, assembla. Così fanno anche Facebook e Twitter. Siamo in un mondo che offre gratis cose che producono tantissimi soldi. Allora, se vogliamo una Rete free, con contenu-ti liberi, dobbiamo fare in modo che ci sia una diversa distribuzione dei ricavi. Un’ultima cosa sul copyright. Anche questo fa parte del XX secolo, perché è stato introdotto quando riprodurre un’opera dell’ingegno era abbastanza macchinoso e difficile. Oggi c’è una macchina che riproduce per noi: noi dobbiamo solo pigiare un tasto e ripro-duce musica, film, giornali tutto quello che vogliamo. Come possiamo pensare che il vec-chio concetto di copyright possa fronteggiare un mondo che oggi è completamente diverso? Se io vado su Google e digito “Marco Pratellesi” vedo che c’è un mio pezzo su Kata-web, cioè sulla concorrenza. Come posso pensare di far pagare i miei contenuti se chiunque può copiarli e metterli da un’altra parte? Siamo nel mondo dell’impossibile.

Tutti giornalistiSi chiude bottegaMichele Mezza (direttore Rai Inter-national): Siamo usciti da un secolo, il Novecento, che è stato un’orgia per i mediatori. Ci siamo divertiti come pazzi. Il mediatore era al centro: il giornalista, il medico, l’avvocato ave-vano l’esclusiva. Quel tempo però è finito. Internet è diverso dalla carta stampata e non è neppure la nuova televisione. Internet è un alfabeto, un

Le iniziative dell’Ordine

linguaggio, un modo radicalmente di-verso di concepire il sapere, produrlo e distribuirlo. Internet ha fatto una rivoluzione co-pernicana, come il passaggio dalla scrittura manuale ai caratteri mobili. Anche chi, prima, copiava i libri a ma-no, rivendicava la qualità. Ma non ave-va più mercato. Quando un’azienda non ha più mercato chiude. Anche noi abbiamo avuto il passaggio dal caldo al freddo e non potevamo mettere i computer a valle del proto: 40 mila ti-pografi sono diventati 40 mila cadaveri. Ed erano nostri compagni di banco. Non è un caso che Murdoch abbia an-nunciato l’unificazione di tutte le fasi di ricerca delle notizie tra televisione, giornali e internet del suo gruppo. In-vece noi, in Rai, abbiamo una struttura tale per cui una notizia che entra nel circuito viene vista e valutata da 37 persone, in Mediaset da 18. Alla Bbc, che ha il doppio dei giornalisti Rai, da 4. Allora quanto ci costa la notizia che piove in Val Brembana? Quindi non è né un problema di qualità né di orga-nizzazione redazionale. E tanto meno possiamo ridurlo a uno scontro tra Google e Fieg. La nuova tecnologia ha cambiato il sistema di produzione e distribuzio-ne. La gente pretende di avere tutto, quindi anche l’informazione, anyway, anywhere, anytime. Negli archivi digi-tali siamo alla terza generazione. Non è un caso che tanti quotidiani ven-dono meno copie. Ma non è mancato il pubblico popolare. Sono i professionisti e i teenager che non comprano i quotidiani. In questa partita allora non poniamo pro-blemi sull’etica e sulla qualità. In 50 anni i gruppi editoriali sono cresciuti con miglia-ia di colleghi in lavoro nero e precariato. Finora l’etica di far pagare la qualità non l’ha avuta nessuno. E’ quindi difficile oggi richiederla e rivendicarla ad altri. Noi non abbiamo alle spalle l’età dell’oro. Come se avessimo avuto inchieste, au-tonomia, qualità che sgorgavano da tutti i pori e ora diciamo che è arrivato Internet come se fossero arrivati i bar-bari. Ma quante grandi inchieste ci sono state in 50 anni? Cito un’altra cosa a proposito dell’attendibilità della stampa: ve la ricordate la trasmissione alla radio di Orson Welles sull’invasione degli alie-

ni? Ce l’hanno propinata per settant’anni dicendo che la gente impazziva e c’era chi si buttava dalle finestre. Bene, non è vero! Non è mai successo e nessuno si buttava dalle finestre. Lo stesso New York Times ha ricono-sciuto di aver scritto bubbole per 70 anni e tutti le copiavano. C’è stato un solo caso, a Chicago, di un signore che ha telefonato ai pompieri chiedendo se c’erano gli omini verdi per strada. E quel caso è stato moltiplicato all’in-finito. Quindi dov’è tutta questa auto-revolezza? Allora il punto è un altro ed emerge bene dalla ricerca di Finzi: è la velocità. È lì che salta il gioco. Salta il modello di organizzazione industriale. È il real time che fa saltare le regole del gioco. Ci hanno sempre insegnato che velo-cità è sinonimo di approssimazione, incertezza, scarsa qualità. Prima regola del manuale del giornalista era control-lare, controllare, controllare tutto. Poi arriva la Cnn negli anni 80 con uno slogan: “Slow news, no news”. Con questo slogan si alza la qualità dell’in-formazione perché i colleghi devono avere quel supporto di saperi, quelle competenze e capacità di ricerca che li porta a prendere decisioni in real time e a giocarsi la faccia sulla notizia. È complicato, ma è così. E noi gior-nalisti da che parte stiamo? Dobbiamo cambiare mentalità, sistema di valori. È da qui che inizia la partita.

• Maria Grazia Mattei (fondatrice Meet the Media Guru), Simona Panseri (responsabile comunicazione Google Italy) e Luca De Biase (caporedattore Nova 24 - Il Sole 24 Ore).

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Le iniziative dell’Ordine

Si digitalizza tutta la societànon solo l’informazioneMaria Grazia Mattei (fondatrice Meet the Media Guru): Appartenia-mo a generazioni diverse, ma siamo tutti dentro un flusso e non possiamo più dire «guardo la Rete oppure no». Quando all’inizio del secolo scorso i pittori, gli artisti si sono visti arrivare la fotografia, dicevano: qui muore tutto. La pittura invece si è rinnovata. Non è vero che il mezzo che arriva fa esat-tamente quello che faceva prima. È un problema di transizione. Però, at-tenzione: tutti i mezzi nuovi innestano dei processi culturali nuovi - che poi diventano sociali e contemporanea-mente economici - di grande forza e potenza. L’importante è porsi in un’ottica di atteggiamento culturale che va cambiato. Paolo Iabichino sta scrivendo un libro che si chiama In-vertising - guardando al mondo della pubblicità - e a me è piaciuta molto questa definizione di invert: bisogna invertire l’atteggiamento, cioè porsi in questo flusso guardando le cose in maniera diversa. Dobbiamo guarda-

re al contesto, non soltanto trasferire la nostra cultura all’interno dei nuovi strumenti. Andiamo per piccoli passi: non si tratta di fare grandi cose ma di agire, guardando per esempio a quella che è un’offerta poliedrica. Ci sono i giornali nati solamente online e quelli che hanno tentato di vivere un po’ all’ombra del giornale cartaceo; ma ci sono anche ambienti editoriali completamente diversi, nati dai blog, che hanno una tale forza persuasiva, comunicativa, progettuale da avere in sé anche modelli di business - come vogliamo definirli? – “di successo”. Allora, prepariamoci. Questi mezzi ci porteranno ad avere una figura di gior-nalista completamente diversa. Nel ’97, in occasione di un convegno sul cinema alla Biennale Cinema di Ve-nezia, dissi: «Siamo dentro una trasfor-mazione, il cinema sarà digitale». Alcuni non erano d’accordo. In realtà è stato così, il pixel ha corroso la pellicola. Un processo analogo sta accadendo nel mondo dell’informazione. Ed è inu-tile porsi contro. Mi rendo conto che nella transizione c’è ansia. Ma possia-

mo solo metterci di buona lena sapen-do che la società, in tutti i suoi settori, si sta muovendo verso la digitalizzazione. Non è più solo un affare di ingegneri, di scienziati, e quant’altro: è diventato un minimo comun denominatore che attraversa tutte le professioni. È una fase appassionante, e anche scate-nante di idee, creatività, innovazione. Bisogna essere dentro il cambiamento. Un cambiamento digitale.

Sta cambiando il modello di businessSimona Panseri (responsabile comunicazione di Google): Che cosa significa per un giornalista es-sere sul web? Internet ha cambiato la distribuzione dei contenuti. Il web ha abbassato i costi di produzione e di distribuzione delle notizie, rendendole realmente accessibili a livello interna-zionale. Questo pone un problema per gli editori: perché se è vero che un giornale italiano può attrarre un lettore indiano in modo molto semplice, cosa che prima non avrebbe potuto fare, altrettanto deve porsi il problema di

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Le iniziative dell’Ordine

non necessariamente andrà bene per il set-top box o la consolle. Per gli editori varrebbe la pena forse razionalizzare la presenza dei loro con-tenuti in base ad argomenti o a per-sonaggi. Per crescere in visibilità sulla Rete e quindi attrarre più investimenti-, scommettendo ad esempio sulla pub-blicità comportamentale pianificata in base al profilo del singolo utente. Ri-guardo alla monetizzazione, infatti, è più difficile che il lettore sia disposto a pagare l’aggiornamento della noti-zia, che può trovare sotto altre forme. Sarà più propenso a pagare appro-fondimenti o contenuti tematici di una certa qualità che possono trovare sul web un loro spazio.

Le news non dipendonodalla pubblicitàLuca De Biase (Nova 24 - Il Sole 24 Ore) - Abbiamo due modi di guardare al futuro: prevederlo o costruirlo. Oggi il futuro non si può prevedere, ma si de-ve cercare di costruirlo, cominciando col fare chiarezza sui ruoli di editori e di giornalisti, tra mondo dei modelli di business e mondo della produzione dell’informazione: due posizioni che concettualmente si sono molto me-scolate negli anni scorsi. Il problema del modello di business è dell’im-

Magari attraverso un motore di ricerca. Ci arriva attraverso la segnalazione di un conoscente, attraverso un twitter o una qualsiasi fonte , non dall’impa-ginato di un giornale. E probabilmen-te leggerò solo quella notizia. Quindi quello che cambia è l’unità atomica di consumo. La stessa cosa è successa con la musica: con le piattaforme di-gitali la gente ha smesso di comprare l’album così come veniva confezionato dalla produzione e ha cominciato ad acquistare i brani musicali in modo singolo e l’industria musicale ha ride-finito il proprio modello di business con successo su questi fenomeni. Quindi, cambiare unità di consumo, e conside-rare il singolo articolo, la singola notizia come la base, ovviamente rappresenta una sfida ma rappresenta anche una grande opportunità. Quando si crea un articolo bisogna pensare che quell’ar-ticolo deve essere autosufficiente. Ma allora quel singolo articolo deve conte-nere tutti i rimandi che consentono al lettore l’approfondimento. Amazon mi suggerisce altri prodotti, YouTube mi propone altri video da vedere. Ci sono ad esempio le pagine topics del New York Times online che sono pensate in questo modo: sono un primo esempio di quella che potrebbe essere la notizia vivente. Quello che va bene per il pc

non perdere lettori italiani a vantaggio di un giornale indiano o di un giornale inglese. Allora, che cosa fa la gente online? Vede la posta elettronica, cerca le informazioni, guarda i video, ascol-ta la musica, acquista prodotti fisici, prodotti digitali, sicuramente legge le notizie. Ma la gente produce anche contenuto. La fascia di popolazione dai 14 ai 18 non va sulla homepage di un giornale a trovare la notizia ma è attenta alle notizie stesse nel momento in cui le trova in un contesto che ritiene interessante: in un social network, su Twitter, nel blog, su un sito che tratta un argomento che per loro è interessante. Questa modalità è una tendenza irre-versibile, perché cambia il modo con cui la gente fruisce dei contenuti. Quin-di il suggerimento sembrerebbe essere quello non di contrastare le logiche del web 2.0 ma al contrario di abbracciar-le. L’editore deve trovare un modello di business che sia sostenibile facendo leva sui propri asset. La tecnologia può rappresentare un valido alleato per la distribuzione e per la circolazione del contenuto. Il giornalista deve ripensa-re il modo di scrivere contenuti: non possono essere contenuti che migrano sulla Rete ma devono essere contenuti pensati per la Rete. Ci sono tre aspetti quando si parla di modello di business: il traffico, il coinvolgimento del letto-re e la monetizzazione. L’economia precedente l’economia digitale era caratterizzata dalla scarsità dei beni. Quindi, le aziende produttrici indivi-duavano gli interessi dei consumatori e creavano pochi prodotti che potes-sero garantire grandi volumi e fatturati. Nell’economia digitale ci troviamo di fronte a una situazione esattamente opposta: è un’economia caratterizzata dall’abbondanza. L’abbiamo già sen-tito: mai come oggi c’è abbondanza di contenuti. Nell’economia digitale proprio il fatto che la distribuzione sia poco costosa consente di avere un assortimento po-tenzialmente infinito. Nel mondo edito-riale il consumatore è utente-lettore e la notizia diventa il prodotto. Sarebbe come dire che dal giornale noi dob-biamo passare alla singola notizia. Il lettore arriva alla notizia attraverso la ricerca di una informazione specifica.

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Le iniziative dell’Ordine

Come professionisti possiamo portare un po’ di valore attraverso una ricerca che abbia un metodo preciso, condivi-so: verifica, raccolta dei documenti. È chiaro che non siamo perfetti, ma que-sto metodo è il primo bollino di qualità. Dopodiché abbiamo un altro ruolo che diventa sempre più importante, a cau-sa dell’information overload: troppe mail, Twitter, Facebook, Friendfeed... Questa quantità di notizie che arrivano - non solo a noi giornalisti, ma a tutte le persone – questa impressione, ap-punto, di information overload in realtà è il fallimento dei filtri. La questione è che dobbiamo migliorare il modo con il quale selezioniamo le notizie rilevanti. Il fallimento dei filtri, ci offre l’opportu-nità di fare meglio di questi. E poi c’è la questione dell’economia basata sui beni-esperienza: chi compra un gior-nale lo fa perché in quella testata c’è valore. La testata è il bene-esperienza fondamentale del mezzo su cui poi si concentrano il lavoro dei giornalisti e quello degli editori. Per concludere: siamo di fronte a un grande cambia-mento, e proprio per questo si aprono per noi tante opportunità. Bisogna im-parare a seguirle.

(Hanno collaborato Tommaso Cinquemani, Laura Lombari, Giusep-

pe Piacentino Maddalena Tufarulo)

petenti di altri su ogni tema. A Nóva 24 del Sole 24 Ore lavoriamo con persone che nei loro blog si espri-mono su temi scientifici e tecnologici. Noi portiamo un luogo di aggrega-zione, loro portano contenuti estre-mamente avanzati per settori molto precisi. Altra opportunità è il rapporto con il pubblico attivo in termini di ve-locità. Un minuto dopo la scossa di terremoto in Abruzzo c’erano già otto segnalazioni su Twitter, dopo un’ora erano migliaia. Quella non era ancora una notizia ma un’emozione: «C’è il terremoto!». Alla mattina alle 8 i primi che avevano segnalato il terremoto si sono sentiti chiamare dalla BBC, che voleva informazioni di prima mano. Il rapporto fra le persone che si passa-no la parola e i giornalisti che hanno verificato tutto e poi raccontato in un “posto” con molto traffico è stato utile.

prenditore. Nel settore musicale, per esempio, Internet ha investito prima di tutto nel modello di business: è stata messa in discussione non l’importanza della musica, degli artisti, del pubbli-co che ama la musica, ma un sistema per venderla. Altro aspetto è come evolve l’informazione. Certo, l’edito-ria di qualità c’è, ma c’è anche il blog di qualità, c’è il social network dove gli amici fanno una conversazione di qualità. L’editoria deve dimostrare con i fatti che è di qualità senza dipendere dalla pubblicità, altrimenti la Rete la prenderà sempre meno in considera-zione. Il maggior problema arriva dalla pubblicità. E’ importante non rincorrere la pubblicità. Modelli di business fon-dati solo sulle inserzioni pubblicitarie generano contenuti dipendenti dalla pubblicità. Quando invece gli editori si fanno portavoce di una forte critica verso il sistema con il quale Google raccoglie pubblicità, hanno ragione. Soprattutto a preoccuparsi: il sistema di Google cambia molto la linearità con la quale la pubblicità è assegna-ta alle varie testate. Il problema non è bloccare Google, ma innovare più di Google. E si può. Ai tempi di Yahoo nessuno pensava che si potesse fare di meglio; poi è venuto Altavista, che era più veloce, e dopo è arrivato Go-ogle. Io non credo che non si possa fare meglio di Google. Gli editori de-vono almeno provare. Il problema dei giornalisti e di chi fa informazione è altrettanto importante. Anzitutto, è ora di finirla di pensare a una contrapposi-zione fra chi lavora gratuitamente per costruire informazione e chi ci lavora professionalmente. Questa contrap-posizione c’è stata all’inizio dei blog, riflesso di una sorta di delusione nei confronti del sistema dell’informazione tradizionale. E i blog hanno dimostrato spesso di essere molto più competenti dei giornali normali. Niente di male, noi giornalisti - io per primo - non siamo mai stati chiamati a essere più com-

•A sinistra Mario Calabresi, direttore de La Stampa di Torino. A destra il presidente della Fieg, Carlo Malinconico intervistati da alcuni colleghi e, sotto, tra Mario Calabresi e Simona Panseri di Google.

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Primo piano

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Le iniziative dell’Ordine

Posta elettronica certificata e sconosciutaLa Pec garantisce la provenienza e l’autenticità del messaggio inviato e ricevuto. Come una raccomandata postale con ricevuta di ritorno. I freelance che hanno usufruito del servizio gratuito dell’Ordine della Lombardia erano 1.100, a metà novembre.

Per Legge gLI IsCrIttI devOnO COmunICare aLL’OrdIne La PrOPrIa maIL

La posta elettronica certificata che ogni collega deve possedere e co-municare all’Ordine ha pregi e difetti. La necessità per gli iscritti di posse-dere una casella di posta elettronica certificata (Pec) è prevista al comma 7 articolo 16 del Decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e nasce, secondo le intenzioni del legislato-re, dall’obiettivo di una maggior ef-ficienza ed economicità dell’azione amministrativa e di modernizzazione e sviluppo del Paese. La norma ri-sulta sicuramente utile per quelle professioni nell’esercizio delle quali i soggetti si relazionano formalmente e contrattualmente con la Pubblica Amministrazione (ad esempio, par-tecipando a bandi di e-procurement, ecc.). Meno necessaria appare per professioni come quella giornali-stica, che non ha queste caratte-ristiche. Ma tant’è. Circa 1.100 i freelance che hanno usufruito del servizio gratuito avviato dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia.

Quali sono i pregi della Pec?Innanzitutto l’invio di una Pec offre al mittente un riscontro certo dell’in-vio e della consegna al destinatario della propria mail. La consegna si intende effettuata al destinatario se la mail è stata reca-pitata nella sua casella elettronica. In tal caso, a riscontro, viene inviata al mittente una ricevuta di avvenuta consegna firmata elettronicamente dal gestore, che fornisce così prova al mittente stesso che la Pec è ef-fettivamente pervenuta all’indirizzo elettronico del destinatario.Con la certificazione a riscontro della consegna si ottiene anche, tramite l’apposizione di una marca temporale, certezza circa la data e l’ora di ricezione del messaggio da parte del destinatario.Spesso assieme alle mail si inviano degli allegati. Anche in questo caso la Pec offre garanzia dell’invio: infat-ti la mail del mittente viene inserita, completa degli allegati, in una busta

di trasporto che garantisce la pro-venienza, l’integrità e l’autenticità del messaggio di posta elettronica certificata.Per comprendere meglio i vantag-gi della Pec possiamo azzardare il seguente paragone. La posta cer-tificata offre, in ambito elettronico, vantaggi analoghi a quelli di una lettera raccomandata. Una norma-le mail, invece, potrebbe essere paragonata ad una lettera ad invio ordinario.

di Fulvio Benussi

Figura 1

Figura 1/A

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Le iniziative dell’Ordine

•Nella figura a sinistra e sopra, la sequenza d’accesso per “accendere” la Pec: nelle figure 1 e/o 1/A (in alternativa) inserire il proprio indirizzo Pec e la propria password. Nella figura 2 impostare nel campo A l’indirizzo della Pec e nel campo B l’indirizzo della propria mail abitiale.

Rischi e disguidi Ecco come evitarliDue i problemi più evidenti ai quali è però possibile porre rimedio.Il primo riguarda la ricevuta di av-venuto inoltro, rilasciata alla conse-gna della Pec nella casella di posta elettronica certificata messa a di-sposizione del destinatario dal suo gestore di Pec. L’invio della ricevuta avviene indipendentemente dall’av-venuta lettura della mail da parte del soggetto destinatario. Questo può evidentemente causare dei problemi nel caso in cui il destinatario risul-tasse, a sua insaputa, aver ricevuto una comunicazione Pec importante. Come potrebbe avvenire nel caso in cui il destinatario non leggesse la posta pervenuta alla casella Pec. Una soluzione del problema può es-sere quella di impostare la propria Pec in modo che le comunicazioni in arrivo alla casella di posta certificata vengano sempre inoltrate all’usua-le indirizzo mail del destinatatario, che certamente viene visionato con maggior frequenza. L’Ordine in col-laborazione con Artema Tecnologie e Sviluppo srl ha offerto ai colleghi freelance gratuitamente la disponi-bilità di una casella elettronica certi-ficata http://www.giornalistilombar-

dia.it/ (in questo sito si reperiscono tutte le informazioni e istruzioni per l’attivazione della Pec). Analizziamo la procedura da seguire in questo caso (vedi figura 1). Bisogna collegarsi all’indirizzo ht-tps://gestionemail.pec.it/prov/au-thentication.cgi ed inserire il proprio indirizzo Pec e la propria password. Nel menu scegliere Servizio di notifi-ca via mail e impostare nel campo A (vedi figura 2) l’indirizzo della propria Pec e nel campo B l’indirizzo della propria mail usuale e confermare. Chi utilizzasse un diverso gestore Pec si informi sulla procedura da seguire per ottenere il medesimo risultato.Infine si possono verificare dei di-sguidi se l’indirizzo Pec viene uti-lizzato come indirizzo di recapito di una mail non certificata. Infatti le impostazioni di default della Pec di Artema Tecnologie e Sviluppo srl (ma il problema può presentarsi anche con altri gestori) prevedono che i messaggi di posta non cer-tificata non vengano accettati ed inseriti nella casella Pec dell’utente giornalista per evitare problemi di spamming. La soluzione in questo caso può es-sere quella di predisporre un idoneo messaggio di avviso da inserire con la firma (signatures) in ogni mail Pec in uscita che distolga dall’invio di posta non certificata. Oppure è pos-sibile effettuare il collegamento alla pagina web indicata nella procedura precedente, poi selezionare il menu Comportamento in caso di messaggi non certificati e scegliere l’opzione che consente la ricezione di tutte le tipologie di messaggi.

Pec gratuitaper i freelance

Il Consiglio regionale dell’Ordine della Lombardia offre ai propri iscritti freelance una casella Pec gratuita per un anno, grazie a un accordo con Artema Tecnologie e Sviluppo srl, che già cura l’informatizzazione dei nostri uffici. Per poter attivare la Pec è necessario procedere nel seguente modo: 1 - Entrare nel sito www.giornalistilombardia.it e seguire le istruzioni. 2 - Cliccare la voce “Apertura Casella Pec” e compilare il modulo. L’indirizzo che volete certificare e che comparirà in calce al modulo sarà, ad esempio: [email protected]. 3 - Dopo aver compilato il modulo comparirà una finestra sulla mail del mittente che dirà “L’account Pec è stato sottoposto al processo di certificazione…” e chiederà, come controprova, l’invio di un fax e della copia di un documento d’identità. 5 - Inviare il fax con il documento d’identità al numero segnalato sul modulo. Per ottenere la certificazione occorrono da 3 a 10 giorni. A certificazione ultimata, l’iscritto riceverà una mail con i dati della configurazione. A questo punto la casella della Pec certificata sarà attiva entro 12 ore. Info su www.odg.mi.it

Accordo Ordine-Artema

Figura 2

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Le iniziative dell’Ordine

la domanda di conoscenza è tanta, e l’offerta scarsa: «Con la progressiva diffusione di contenuti televisivi su Internet (la cosiddetta televisione Ip, Internet protocol), le fonti di informa-zioni aumenteranno sempre di più e diventeranno sempre più diversifica-te e approfondite». Tante possibilità, quindi, per mettere alla prova capa-cità ed entusiasmo. Il corso ha dato una bella iniezione di energia. Soprattutto a chi - come me - non ha lavoro e approfitta del

La notizia è che la voglia di fare vero giornalismo è ancora viva: lo ha di-mostrato la grande partecipazione al primo corso di “Giornalismo televisi-vo d’inchiesta” organizzato dall’Ordi-ne dei Giornalisti della Lombardia, in collaborazione con l’Università Catto-lica di Milano e il Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi. Al corso, che si è tenuto dal 7 al 10 settembre scorso nella sala stampa della Fondazione Cariplo, hanno aderito circa 60 gior-nalisti: pubblicisti e professionisti, occupati, disoccupati e free lance, persone con un passato professiona-le molto diverso, ma con il desiderio di imparare come si fa un’inchiesta. A spiegarlo sono intervenuti quattro affermati giornalisti televisivi, uno per ogni giornata: Sandro Provvisionato, creatore e conduttore, insieme con Toni Capuozzo, di Terra (Canale 5), Bernardo Iovene e Sabrina Giannini di Report (Rai Tre) e, infine, Maurizio Torrealta (Rainews24). Ciascuno ha illustrato il proprio metodo di lavoro. Fondamentale la componente perso-nale. Ma anche con mezzi limitati, se si è sostenuti da passione e talento, è possibile produrre un servizio di qualità. Iovene, ad esempio, lavora da solo con una o due telecamere e dice: «E’ necessario cercare la verità attraverso una verifica maniacale del-le informazioni». E Giannini aggiunge: «L’inchiesta è qualcosa che porta a galla cose che non si sanno». Non solo: è qualcosa di cui il mercato ha bisogno, secondo Torrealta, perché

Io corsista disoccupatainvesto sulla formazione

di Laura Lombari

La testImOnIanza dI ChI ha ParteCIPatO a un weekend dI aggIOrnamentO

•I colleghi che hanno frequentato il corso di aggiornamento sul giornalismo televisivo d’inchiesta

La full immersion su giornalismo televisivo d’inchiesta organizzata dall’Ordine della Lombardia è stata molto frequentata. segno evidente che i freelance hanno ancora voglia di imparare e mettersi in gioco sul mercato con nuovi strumenti di formazione

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Le iniziative dell’Ordine

tempo libero “forzato” per arricchire la propria preparazione. Con i com-pagni di corso ci siamo scambiate opinioni e idee. Julius vuole trovare anzitutto lavoro: «Alle inchieste potrei poi dedicare il tempo libero». Franco, come molti altri, è convinto che co-munque farà tesoro «di questa occa-sione unica di conoscere colleghi che ce l’hanno fatta». È lo stesso motivo per cui anche chi è già sul campo ha seguito il corso: ascoltare chi ha più esperienza. Insomma, chi tra noi è senza lavoro, oppure non riesce a vivere da free-lance, può ricominciare proprio da qui, dal video-giornalismo d’inchie-sta. «Basta un piccolo investimento», dice Matteo Scanni, coordinatore della Scuola di Giornalismo della Cattolica «per dotarsi dell’attrezza-tura necessaria e mettere in piedi un’inchiesta da vendere a testate, in Italia, ma soprattutto all’estero». Il prezzo di una videocamera digitale è accessibile, ma occorre saperla usare. «Forse sarebbero state utili anche altre lezioni pratiche su ripre-se e montaggio», osserva Martina, pubblicista, impiegata part-time in un’azienda non editoriale. «Come presidente dell’Ordine - conclude Le-tizia Gonzales - mi auguro di riuscire a mettere in campo altre iniziative di formazione permanente a favore del-la categoria, un modo da parte della nostra istituzione di venire incontro ai colleghi colpiti così duramente dalla gravissima crisi occupazionale».

Il Premio Guido Vergani 2009

I cronisti contro il racket e il degrado

Si è svolta sabato 7 novembre al Circolo della Stampa la premiazione dei vincitori del Premio Guido Vergani 2009, Ecco i vincitori. Per la carta stampata: Primo premio: Gisella Roncoroni (foto a destra), de La Provincia di Como, per i servizi sullo scandalo dei rimborsi d’oro alla Amministrazione Provinciale di Como. Secondo premio: Marco Ratti del mensile Club 3 per il servizio-inchiesta «AAA affittasi a malati» sulla speculazione nei confronti dei parenti dei ricoverati all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano in cerca di alloggi temporanei. Terzo premio: Andrea Galli del Corriere della Sera per il servizio «Rapine scippi e videopoker. I ragazzi bruciati d’Ucraina e le mamme lontane» sui figli in patria delle badanti ucraine a Milano. Segnalazione: Massimiliano Chiavarone per gli articoli sul settimanale Visto e sul quotidiano Libero sulle bande giovanili latinoamericane a Milano e Sandro De Riccardis di Repubblica per l’inchiesta «Io cavia nel call center a 4 euro l’ora» sul lavoro precario in un call center di Assago. Premio speciale “Sulla strada” a Giovanni Scarpa de La Provincia Pavese per l’inchiesta sui disservizi delle linee ferroviarie sulla tratta Pavia-Cremona-Mantova, utilizzata da centinaia di pendolari. Per la Radio, Tv e Web: Primo Premio: Alessio Lasta di Telelombardia per il servizio «Parking Here» sui lavori infiniti e i danni all’economia di quartiere provocati dai ritardi nella costruzione dei parcheggi sotterranei a Milano. Secondo premio: Claudio Moschin per il servizio «Evadere con la lettura», trasmesso dalla Radio Televisione della Svizzera Italiana, dedicato all’attività della Biblioteca del carcere di Bollate. Terzo Premio: Elisabetta Reguitti di quiBrescia.it per l’inchiesta «I cinque bambini fantasma di Chiari» sulle loro difficolta di inserimento, pur essendo sinti italiani, nel tessuto sociale della cittadina bresciana. Segnalazione (targa Gruppo Cronisti Lombardi e targa Novartis): Annalisa Corti e Paolo Andriolo di Telelombardia per il servizio «Caorso Warning Zone» sulla ex centrale nucleare di Caorso e sul trasferimento delle barre radioattive in Francia per lo smaltimento. Segnalazione (targa della Giunta Regionale Lombarda) a Raffaella Calandra di Radio 24 per il servizio «Milano-San Luca: le strade dei soldi della ’drangheta» sulle infiltrazioni mafiose a Milano e Provincia. La Giuria ha poi deciso di assegnare due Premi Speciali. Alla Redazione della Cronaca di Milano di CronacaQui per la puntigliosa attività di denuncia dei piccoli problemi quotidiani e del degrado dei quartieri di Milano (targa dell’Unione Province Lombarde) e al mensile Mag, allegato del quotidiano La Provincia di Como, quale originale iniziativa editoriale territoriale (Targa dell’Associazione Lombarda Giornalisti).I premi Vita di Cronista sono stati assegnati, dalla Giunta del Gruppo Cronisti Lombardi, a Roberto Costa, già caporedattore della sede Rai di Milano, e a Paolo Chiarelli, del Corriere della Sera.Infine, il premio speciale dell’Unci è stato assegnato a Renzo Magosso di Gente.

30 Tabloid 5 / 2009Tabloid 6 / 2009

Primo pianoLa posta dei lettori

Un volantino non è un articoloGiusti requisiti per essere iscrittiHo letto con interesse nella posta dei lettori del numero 5/2009, lo sfogo del collega Draicchio. Condivido in pieno. Sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti dall’ottobre 2008 e non sono laureato. Bene ha fatto il collega a lamentarsi del fatto che tutti possono diventare giornalisti. Il legislatore dovrebbe rivedere le modalità di accesso. Secondo me i volantini copiati e pubblicati su qualsiasi giornale non possono essere accettati come un vero articolo o servizio. Non è giusto. Io non sono laureato ma diplomato, sono infermiere professionale e ci tengo a scrivere o dire in pubblico che sono un pubblicista-cronista e non un giornalista come mi dicono quando mi vedono con un’agenda e una biro in mano. Sono fiero di scrivere da ben 29 anni notizie di cronaca, storie, interviste e pubblicare libri su sanità, volontariato, personaggi e storie di vita. Ho alle spalle 4.000 articoli e scritto, dal 1992 ad oggi, 21 libri, alcuni dei quali li ho intitolati “Quaderni”. Non mi sento per nulla giornalista e anch’io sostengo che le cose vanno cambiate. Un po’ di ordine nell’Ordine ci vuole!

Attilio Pignata

Veri o virtuali, con laurea o senza Quel che conta è il “mestiere”Desidero rispondere alla missiva inoltrata da un lettore nel numero scorso di New Tabloid. La mia risposta è: Il Pubblicista senza laurea non è di serie B! La lettera metteva in discussione il lavoro complesso dell’Ordine regionale dei Giornalisti, attribuendone in parte la causa al Legislatore. Nella lettera, si evidenziava un contenuto di disparità e pregiudizio tra un Pubblicista laureato e un Pubblicista “indefinibile” (in poche parole, secondo il lettore, chi ha conseguito la maturità non sarebbe degno di appartenere all’Ordine perché inferiore e culturalmente arretrato). Un contenuto infelice, scritto con altrettanta infelicità e insofferenza nei confronti di un mestiere che andrebbe prima di tutto rispettato. Con coraggio e umiltà, senza nessuna vergogna di redigere testi per oratori, uffici pubblici,

associazioni, eccetera. Aggiungo che, nella mia amata Garbagnate, ci sono persone che, pur non essendo iscritte all’Ordine dei Giornalisti, scrivono da anni per riviste di settore come anche per alcuni importanti quotidiani. “Giornalisti” che hanno addirittura ricevuto premi e riconoscimenti (pur non avendo conseguito lauree) e che scrivono per diletto e per passione. Molto meglio di chi ostenta, tanto per fare un casuale esempio di “promiscuità”, una laurea in scienze giuridiche e un tesserino di Pubblicista, senza sapere ancora quale strada intraprendere nella vita. Strada che dovrebbe farci crescere e diventare grandi e adulti.

Paolo Guerriero

Cari colleghi, io credo che si debba usare buon senso. Ci sono leggi e regolamenti che vanno rispettati. E c’è un mercato e situazioni personali che vanno valutate con attenzione e rispetto. Inutile dire che il problema sollevato sul numero scorso di New Tabloid dal collega Draicchio, al di là dei toni che possono piacere o no, è reale. Non è tanto questione di laurea o meno. Giusto per la cronaca, al momento, ci sono più laureati fra i pubblicisti che tra i professionisti. Quello di Draicchio è un problema trasversale. Il progetto di riforma dell’Ordine prevede un percorso universitario per diventare professionisti. Ma è il Parlamento che deve decidere se approvarlo. Oggi si applica la legge che c’è. Certo, non si può essere pubblicisti scrivendo due righe all’anno, tanto meno pubblicando i volantini di una festa di Paese, magari anche gratis. Ci sono requisiti che vanno rispettati per essere (e rimanere) iscritti all’Elenco pubblicisti.È questo uno dei motivi per cui abbiamo avviato la revisione dell’Elenco pubblicisti. Chi negli ultimi due anni ha mantenuto un’attività di scrittura (con i relativi compensi) regolare non ha nulla da temere. Ricordiamo poi che l’Ordine ha ben presente la situazione formativa della categoria. E per questo motivo dal 2010 tutti coloro che vorranno diventare pubblicisti saranno tenuti a seguire un corso di preparazione su temi etici e giuridici, colmando così l’unico vero gap con i professionisti.

Stefano Gallizzi (vice presidente Ordine giornalisti Lombardia)

Un po’ di Ordinenell’Elenco dei pubblicisti

Continua il dibattito aperto da un lettore con una lettera pubblicata sul numero scorso. Revisione necessaria e prevista dalla legge. Ma con buon senso

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La posta dei lettori

Corsi di aggiornamento utili e professionali Gentile Presidente, ho frequentato il primo corso di giornalismo d’inchiesta televisivo ed è stata un’opportunità di formazione. Abbiamo vissuto un’esperienza intensa, approfondendo la nostre conoscenze in un campo così delicato ma, ritengo, fondamentale, per un nuovo giornalismo come quello d’inchiesta. È stato anche molto bello il clima di scambio e di condivisione che si è venuto a creare tra colleghi, rendendo quest’esperienza ancora più ricca anche dal punto di vista umano, oltre che professionale. Non posso che esprimerti la mia gratitudine e impegnarmi con tenacia in quello che, anche tu, a ragione, hai definito il mestiere più bello del mondo. Rosalia Battaglia

Ho terminato le dieci lezioni del corso di giornalismo multimediale. Ritengo sia stata un’iniziativa non solo utile ma addirittura necessaria per chi, come me, era rimasto ancorato al vecchio mondo della carta stampata. Spero che, in futuro, da questi corsi possa scaturire anche qualcosa di pratico. Per ora, teniamoci al piacere intellettuale di uno scatto di mentalità. Il che, di per sé, già basta e avanza. Spero pertanto che l’aggiornamento professionale continui a essere nei futuri impegni (e possibilità) dell’Ordine. Vittorio Lusvardi

Cara Letizia, le iniziative e i corsi di formazione dell’Ordine della Lombardia spronano noi freelance, appassionati del nostro mestiere, a continuare con lo stesso entusiasmo di sempre, pur consapevoli del difficile momento che sta attraversando l’editoria, e non solo. La mia positività mi suggerisce di non arrendermi davanti ad alcun intoppo e di perseguire con determinazione l’impegno intrapreso, per continuare a dare un’informazione chiara e libera ai lettori. Myriam Dolce

Cara Letizia, partecipando ai due corsi, Multimedialità e Internet/Qxpress 8, ho avuto modo di acquisire nuove visioni e infarinature utili per tentare di vivermi con maggiore consapevolezza e, spero, diverse competenze. Queste iniziative mi hanno dato la possibilità di iniziare a uscire dalla mia condizione di “giornalista della carta” disoccupata e aprire gli occhi, spero anche la testa e il resto, su come il nostro ruolo di giornalisti sia profondamente cambiato. Entrambe le insegnanti, Giovanna Ghidetti e Roberta Migliarini, sono state meravigliose, precise e pazienti nel condurci in ambiti a me in parte noti e in parte sconosciuti.

Suggerisco di arricchire, se possibile, con un approfondimento

avanzato il corso di Multimedialità e Internet. Qui sta l’oggi e il domani e noi giornalisti della carta abbiamo tanto, tanto ancora da imparare. Io, per prima! Gloria Vanni

Le tante lettere che parlano dei corsi sono la testimonianza più bella della scelta che abbiamo fatto, con tutti i colleghi consiglieri, fin dall’inizio del mio mandato. So bene che i freelance sono i colleghi più esposti alla crisi del mercato e agli umori degli editori. Sono convinta che un Ordine debba e possa vivere non solo di procedimenti disciplinari, ma anche di corsi di aggiornamento professionale. Al servizio della categoria e del futuro dei colleghi. Letizia Gonzales (presidente Ordine giornalisti Lombardia)

Una rete di praticantiper la dignità del lavoroHo terminato il corso di preparazione all’esame di Stato. Il corso, a mio avviso, oltre all’introduzione alle materie sulle quali dovremo prepararci per superare l’esame, ci ha permesso di creare una rete. Tra noi praticanti e voi: colleghi, docenti oltre che punto di riferimento in qualità di Ordine della Lombardia. Queste poche righe per dire che le mie personali aspettative iniziali rispetto al corso non sono state deluse. Ammetto di essere rimasta favorevolmente colpita anche dal forte interesse dimostrato dai corsisti. È sempre molto utile confrontarsi anche con i dubbi e i quesiti di altri colleghi. Una cosa, però, non è stata affrontata durante il corso e, al contrario, ha contraddistinto le conversazioni tra chi si prepara all’esame nelle pause tra una lezione e l’altra del corso. Mi riferisco alla “pretesa” di vedersi garantito il minimo di dignità lavorativa per quanti scelgono di fare questa professione. A quell’esercito di collaboratori “fantasma” che riempiono le pagine delle cronache di molti giornali. Certi compensi, come ben sapete, sono davvero vergognosi. Insomma: c’è un limite di decenza a tutto. Non mi spingo nel rivendicare tutele, diritti, contratti a tempo indeterminato. Mi limito a ricordare il diritto di un livello minimo di dignità lavorativa. Quello almeno sì, però.

Elisabetta Reguitti

•Maurizio Torrealta durante il corso di giornalismo d’inchiesta televisiva

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Primo piano

Tabloid 6 / 2009

Multimedialità

Le “piazze virtuali”istruzioni per l’usoCresce sempre più la diffusione dei servizi che in Rete servono a stabilire contatti. Si va da chi cerca amici a chi ama i libri, da chi condivide fotografie a chi vuole diffondere il proprio curriculum

Che CoSa Sono i SoCial netwoRk

“Social network” non è un termine In-ternet: sociologi e antropologi hanno cominciato, alla fine dell’Ottocento, a definire così gruppi di persone con-nesse tra di loro con un qualche lega-me sociale: colleghi, amici, familiari, iscritti al circolo delle bocce …Nei secoli passati i battellieri dei navigli lombardi portavano le notizie di paese in paese, i telegrafisti della fine dell’Ottocento facevano amici-zia tra di loro al suono dell’alfabeto Morse. La Rete, strumento di comu-nicazione principe, offre a tutti noi la possibilità di partecipare a un gran numero di reti sociali attraverso la in-terazione con un sito web dal nostro personal computer o da dispositivi portatili come i telefoni cellulari di ul-tima generazione.In Rete si definiscono “social net-work” i servizi che permettono la creazione di un profilo personale più o meno ricco, di renderlo pubblico o semipubblico in una lista di contatti definita e di gestire una lista di amici con i quali interagire con messaggi anche multimediali. Ma già nel 1986 nascevano i new-group, gruppi di discussione che permettevano a più persone interes-sate di interagire. The Well, una vera e propria comunità virtuale ancora attiva in California, è nata nel 1985 non in Rete, ma utilizzando connes-sioni telefoniche normali con server dedicati ed ha avuto un grande suc-cesso. Il meccanismo è molto simile a quello dei social network generalisti

di oggi. Negli stessi anni nascevano i sistemi di chat, oggi li chiamiamo messaggistica istantanea, che danno la possibilità agli iscritti di colloquiare in due o più scrivendo in una finestra e, in tempi successivi, interagendo anche in conferenza audio e video. Il primo servizio del genere di grande successo è stato ICQ: nato nel 1996, ha raggiunto a un certo punto della sua storia la bellezza di cento milioni di iscritti nel mondo!

Le reti generalisteVolendo fare una distinzione tra i diversi tipi di reti sociali, possiamo dividerle in social network genera-listi e social network specializzati e tematici. Ecco, qui di seguito, le tre più importanti reti generaliste.

Facebook - È il social network ge-neralista più completo. Nato nel 2004, conta oggi all’incirca 300 milioni di iscritti: non certo tutti attivi, ma è co-munque un numero ragguardevole. Deve il nome agli annuari che nelle scuole statunitensi vengono distribuiti agli studenti per facilitare la reciproca conoscenza. Una volta iscritti (gra-tuitamente) si dispone di uno spazio dove inserire i propri dati, informazi-oni sulla propria persona, fotografie, video e ogni altra cosa vogliamo con-dividere con i nostri “amici”. Chi vedrà queste informazioni? I vostri amici. Diventare “amico” su Facebook è semplice. Inizialmente si cercano le persone usando il loro nome o la

loro email. Trovato l’amico appare una pagina che riporta poche informazio-ni, un’immagine e l’indicazione degli amici della persona che state cont-attando. A questo punto potete chie-dere di essere inseriti nella lista degli amici del profilo che avete trovato. Una volta creato un gruppo di amici possiamo scrivere qualche cosa che sarà vista da tutti e sulla quale tutti potranno intervenire. Ai messaggi si possono allegare elementi come link a pagine web, foto, filmati, e c’è la possibilità di inviare messaggi che sa-ranno visti solo dall’amico. Gli amici possono decidere di aggregarsi in gruppi omogenei (per esempio gli ex allievi di una scuola o gli amanti della cucina giapponese). E possono essere creati gruppi per diffondere una causa o organizzare un evento, creando una pagina apposita.

Twitter - Se la caratteristica di Fa-cebook è la ricchezza di funzioni,

di Roberto Dadda

• In alto, una pagina di Facebook. Qui sopra, la homepage di Flickr, la rete sociale attraverso la quale si condividono le immagini

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Multimedialità

quella di Twitter (al quale NewTab-loid ha dedicato un ampio articolo nel numero scorso) è la estrema sem-plicità. Per iscriversi basta immettere il proprio nome, scegliere un nome utente da usare on line, una password e indicare un indirizzo di email e il gioco è fatto. Da quel momento si ha a disposizione una pagina web nella quale si possono scrivere messaggi al massimo di 140 caratteri, i “cinguettii” (twitters in inglese). I messaggi pos-sono essere letti da tutti e il sito pro-pone anche un motore di ricerca degli argomenti. Se si decide di seguire i messaggi di particolari utenti, tutte le volte che ne immettono uno il mes-saggio sarà visualizzato in una nostra pagina. Nato nel 2006, il sito conta 55 milioni di visite al mese!

Friendfeed - Nato nel 2007, conta una media di un milione di utenti al mese. Nel 2009 è stato comperato da Facebook, ma resta comunque ad oggi un servizio autonomo.Anche qui ci si iscrive e da quel mo-mento è possibile immettere brevi messaggi corredati per esempio da immagini o link ad altre pagine web. I messaggi oltre che scritti diretta-mente nel sito possono essere rica-vati in modo automatico da post fatti su altri social network e su blog.Si possono scegliere amici da seguire, ogni utente può decidere se permettere l’ingresso a chiunque o riservarsi il diritto di approvare le richieste di amicizia. Dopo ogni

messaggio può nascere una discus-sione che viene visualizzata come concatenazione dei commenti degli amici.

Le reti tematicheAlle reti generaliste si affianca un notevole numero di reti tematiche che aggregano persone accomunate da-gli interessi e dagli scopi più diversi. LinkedIn - È la più importante rete sociale professionale. Nata nel 2003 conta 50 milioni di utenti in 200 Paesi. Una volta iscritti, dopo aver compilato la pagina del sito che con-tiene il proprio profilo professionale, una sorta di curriculum vitae ricco e articolato, si passa a cercare, utiliz-zando il nome o la email, le persone con le quali si è avuto un contatto professionale e dopo averli trovati si invia un messaggio per chiedere di essere messi nella lista dei contatti. Ottenuto il permesso si ha visibilità sui contatti del nuovo contatto e si può chiedere di essere presentati in modo da allargare la propria cerchia di relazioni professionali. I contatti si possono scambiare messaggi, pos-sono scrivere testimonianze sulla attività professionale delle persone che conoscono e sono informati di tutte le variazioni che i propri con-tatti portano al loro profilo. I datori di lavoro pubblicano in Linkedin of-ferte e cercano candidati, chi cerca lavoro può usare i propri contatti o farsi presentare a qualcuno.

Flickr - È la principale rete sociale dedicata alla fotografia: sette milioni di utenti condividono nel sito duemila nuove fotografie ogni minuto! Ogni utente dopo la iscrizione, che è gra-tuita con qualche limitazione mentre per un uso illimitato il prezzo è di 25 dollari all’anno, può caricare le proprie foto e i propri filmati e vi-sualizzare il materiale caricato dagli altri utenti. Le foto possono essere commentate, i fotografi possono di-ventare amici e seguire l’uno il lavoro degli altri e le foto possono essere commentate. Agli album fotografici si affiancano album comuni tematici e forum all’interno dei quali si pos-sono attivare discussioni specifiche, per esempio su particolari tecniche fotografiche e su specifiche attrez-zature.

aNobii - È la piazza virtuale dei bi-bliofili. Utilizzando il codice ISBN, che identifica in modo univoco ogni volume stampato, una volta iscritti possiamo caricare la nostra libreria personale. Di ogni libro viene re-cuperata in Rete la immagine della copertina e possiamo compilare una scheda con un commento e con la indicazione, per esempio, se lo ab-biamo letto o se lo stiamo leggendo e se siamo disposti a venderlo. Scelto un libro possiamo vedere i commenti degli altri e partecipare al dibattito che ne nasce, possiamo anche sapere chi altro nella comu-nità è interessato a quel libro. Sono previsti anche gruppi di interesse che permettono discussioni tra persone appassionate di una determinata o-pera, di un autore o di uno specifico argomento.Come spesso succede, si tratta di cose che si fanno normalmente tra amici e conoscenti, ma che in Rete assumono una valenza planetaria e allargano in modo molto significa-tivo il gruppo di persone con le quali condividere la propria passione per i libri e per le proprie idee. Il fenomeno delle “piazze virtuali” cresce di giorno in giorno. Quelle che abbiamo qui descritto non sono che le più importanti tra le numero-sissime disponibili in Rete.

•Qui a sinistra, LinkedIn, attraverso il quale si mettono in Rete curriculum, informazioni, contatti e opportunità di lavoro. Più a sinistra, Twitter, il sistema di messaggi-lampo ora usato anche nel mondo del giornalismo

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Primo piano

Tabloid 6 / 2009

Multimedialità

La buona lettura diventa digitaleUn nuovo dispositivo portatile permette di sfogliare giornali e libri su un piccolo schermo. Contiene decine di migliaia di pagine. Ma soppianterà le “vecchie” versioni cartacee?

È CoMinCiata l’era del “reader” elettroniCo

È come un portatile senza tastie-ra, quasi tutto schermo. Da tenere in verticale. Un tablet, diranno i più aggiornati. Quasi. Un tablet con uno schermo da 6 pollici. Con due tasti ai lati, una tastiera minimale, più da cellulare che da computer, senza retroilluminazione. In bianco e ne-ro. Discreto. Non affaticante. È un e-reader. Un dispositivo elettronico in cui potete stipare da 1500 a 3500 libri digitali (presi da Internet soprattutto, anche wireless, senza fili) che esibirà testi con una grafica che ricorda la pelosità di una pagina di carta in-trisa d’inchiostro (si chiama e-ink, è l’inchiostro elettronico...), senza far male agli occhi perché la definizione è diversa da quella del computer o della televisione, con la possibilità di sfogliare le pagine premendo i tasti laterali. Ovviamente potete ingrandi-re i caratteri e fare ricerche di parole e capitoli e titoli quasi come su un computer. Pesa come un libro, ha le misure di un libro, è fatto per ricorda-re anche al tatto un libro, non lo po-tete leggere al buio senza l’abat-jour (come un libro), soffre come e più di un libro (per ora) se leggete in vasca e vi cade in acqua, va ricaricato ogni tanto come un cellulare e nel dubbio che non sappiate decidere che ro-manzo portare in vacanza consente di portare via tutta la biblioteca. E stiamo ancora parlando di libri. Ma da Internet potete caricare ogni mattina i giornali a cui vi abbonate.

Corriere pronto, Repubblica pronto, Stampa pronto. Non è chiaro con quali protocolli e se sono leggibili da ogni reader, ma di sicuro il Cor-riere negli Usa era già disponibile in versione per Kindle da un po’. Kindle 2 è il lettore più gettonato. Lo vendeva Amazon sul mercato americano, dove gli e-book (i libri in digitale) avevano un mercato del 5 per cento (pochino in assoluto, ma in crescita esponenziale) e dal 19 ottobre è in vendita in 100 Paesi del mondo, tra cui l’Italia, a 279 dol-lari, versione wireless internaziona-le, con qualche piccola limitazione. Previsione di In-Stat: entro il 2013 saranno venduti 30 milioni di lettori elettronici di libri in tutto il mondo. Nel 2003 c’era in giro un model-lo solo, tre nel 2006, cinque nel 2007, 20 nel 2009. Nel 2010 ci sarà l’esplosione. O no?A sentire chi li usa negli Usa, dopo

la prima prova non si può più farne a meno. Tutti i libri che vuoi a un prezzo 2 volte e mezzo più basso del libro di carta (meno foreste tagliate, meno lavorazione, meno magazzino, meno trasporto, meno anidride car-bonica. Ehi: anche meno mercato del lavoro... Un mondo più verde, il salotto ripulito e tutte le mattine sul comodino i giornali preferiti che ti aspettano, i blog croccanti su mi-sura (non per gli italiani, per ora) e qualche nuovo problema di copy-right: per esempio, in Kindle hanno dovuto togliere il text to speech, il software per la lettura audio dei libri, perché gli uffici legali di alcuni edi-tori hanno scoperto che così il libro diventa un altro medium, e quindi va pagato un altro fee. Chi invece dei libri non riesce a fare a meno contesta che un libro oltre che un feticcio è un oggetto perfetto da cui sarà difficile sganciarsi. Gli studenti

di Marco Bacci

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Multimedialità

di Princeton hanno contestato Kin-dle: impossibile sottolineare, difficile prendere note. Insomma, faticano a prepararci gli esami. Chi studia l’avvincendarsi delle tecnologie av-verte che di solito un nuovo medium non uccide davvero il precedente se ha un senso, ma occupa spazi diversi e cambia la prospettiva: la fotografia non ha ammazzato la pit-tura, la radio dopo la tv è quasi me-glio di prima e internet non fa dav-vero più male alla tv di quanto male la tv si faccia da sé. E qui veniamo ai quotidiani: l’e-reader ucciderà la famosa ultima copia del New York Times e la carta in genere? Forse no. Anche se è sempre un affare più da indovini che da giornalisti. Comunque l’oggetto e-reader non è un mistero sul mercato italiano. Corriere e Repubblica scaldano i muscoli per il Kindle 2. La Stampa sperimenta l’e-paper da leggere con l’apparecchio Iliad. E ci sono Astak, Sony EReader, Samsung (solo in Corea), iRex Beebook, Cy-book Opus e Gen 3, Txtr Reader, DR 1000s: chi sbirci nelle librerie Feltrinelli, per esempio, noterà in vetrina almeno due moke-up (finti): CyBook e Irex. Siamo tra i 200 e i 400 euro. Gli addetti ai lavori confes-sano che a parte i pionieri entusiasti, le grandi masse li guardano (poco) e li lasciano lì. C’è un suo perché: come riempirli? In libreria, per ora non si vendono e-book. Su internet, dove degli e-book si trovano, non trovi bestseller e uscite parallele alla carta in Italiano. Su Amazon, dove di libri elettronici ne trovi 350mila, i libri sono in inglese. Ma quando si

scateneranno le grandi editrici ita-liane... Già. Quando?Come diceva Gian Arturo Ferrari di Mondadori a VeDrò (il punto sul futuro che si fa ogni agosto in Tren-tino) il futuro è lì, nel libro elettro-nico: in crescita esponenziale. Ma per il momento si trattiene il fiato in attesa di Kindle2. In sostanza si spera che Kindle2 faccia per i libri quel che iPod ha fatto per la mu-sica online. Sì. Giusto. Con un paio di differenze: che iPod ha cavalcato un fenomeno spontaneo veicolato dalla tecnologia: lo scambio (anche illegale) di materiale sonoro messo online a pezzi invece che nei formati decisi dall’industria della musica. E ha trasformato l’anarchia del tutto gratis in una vendita disciplinata. Al momento lo scambio illegale di libri o comunque la richiesta di testi in tagli alternativi non sembra all’ordine del giorno. Ma non è detto... Negli Usa la mossa di Amazon è temuta e imitata. Barnes & Noble ha preparato il suo sito, la sua biblioteca e anche il suo reader: Nook, che non si piega come un fazzoletto però ha lo spessore di sei carte di credito, 259 dollari dal 30 novembre (non per gli italiani). Sony spera per il suo reader nei nuo-vi accordi che Google ha stipulato con autori e editori: e i libri online in digitale, anche se non freschissimi salirebbero a milioni. Milioni di libri uguale milioni di e-reader? Chissà...Le vie che l’e-reader potrebbe pren-dere, posto che i quotidiani esplo-dano in formato digitale e veicolino i libri, sono molteplici. Ipotesi 1: la specializzazione stretta. I lettori forti, gli studiosi, chi si riem-

pie le valigie all’estero e chi compra già su Internet potrebbero optare per il Kindle e I suoi fratelli. Ipotesi 2: la fantascienza. Sony ha già messo online il filmato di uno schermo in polimeri e led che ac-cetta di essere strapazzato da due colonne che lo schiacciano come una pressa. Il giorno che diventasse un foglio pieghevole, un chip e una linea wireless, il gioco è fatto: ecco il giornale che si riempie di contenuti in metrò come quello tecnologico visto in Minority Report o quello magico apparso in Harry Potter.Ipotesi 3: la compressione di fun-zioni. I cellulari più evoluti da tempo leggono news e testi online. Ora un noto writer americano ha giurato sul New Yorker di riuscire a leggere libri sull’iPod (in effetti si può, ma è dura...).Ipotesi 4: la cannibalizzazione. Come da tempo si vocifera, Apple sarebbe pronta a mettere sul mer-cato l’iTablet (rieccoci), per ora im-maginato come un grande iPod che esalta la tecnologia multitouch: tra le sue tante doti sarebbe compresa anche la lettura di libri. Con un plus a cui gli altri non avevano ancora pen-sato: convenzioni con case editrici, simili a quelle con le case discogra-fiche, per abbinare contenuti multi-mediali: il quotidiano, la musica, il film, lo show tv, il testo culturale e il bestseller, più tutto quello che di solito fanno un iPod e un computer. Lascerebbe indietro solo qualche funzione specifica per poter continu-are a vendere l’iPhone (telefonare, forse...). Dal canto suo, Microsoft ha mostrato un prototipo con un nome che è tutto un programma: Courier. Insomma, l’e-reader potrebbe anche estinguersi mentre cerca di espan-dersi. È un rischio evolutivo.

•Anche sul mercato europeo si stanno facendo i test per leggere i quotidiani su Kindle2 (sotto nella pagina a fianco), Cybook (di fianco al titolo) o con E-book reader (qui a sinistra)

36 Tabloid 6 / 2007

Primo piano

questo punto – l’esposizione indifesa alla “spada” giudiziaria – negli ultimi tempi si sono mosse le più autorevoli proposte, dalla “discovery” allargata ai giornalisti (cioè il diritto di acquisire copia degli atti processuali deposi-tati, per scongiurare la pericolosa dipendenza dalle parti del processo e dai loro avvocati), alla cauzione da imporre a chi querela i giornalisti, fi-no al risarcimento-penitenza per chi perde la causa azzardata intentata a un giornale o a una tv. Tutte queste idee hanno il merito di affrontare un problema reale suggerendo soluzioni pratiche e di buon senso ma che, bi-sogna esserne consapevoli, nessun politico si sognerebbe mai di porta-re in Parlamento, come la parabola dei ddl Mastella prima e Alfano poi

Tabloid 6/ 2009

L’angolo della legge

Mal di cronaca. Alla vigilia dell’appro-vazione del disegno di legge Alfano, che promette più che mai il silenzia-tore ai fatti e che potrebbe tornare in aula entro la pausa natalizia, il termo-metro della professione volge davve-ro al brutto. La conflittualità politica dell’ultima stagione, con gli scoop veri e quelli posticci, i lodi nuovi e le immunità mancate, ha compattato se possibile ancor più il fronte di chi vuole un’informazione omologata ai reality, con picchi di giornalismo “in-vestigativo” riservati semmai alle co-mode poltrone tv della seconda sera-ta. E siccome il virus parte dalla testa, ma lì non si ferma, il clima di caccia al giornalista-che-non-si-accomoda cade per effetto domino lungo tutta la dorsale dell’informazione, colpendo forse anche le grandi firme e le grandi testate, ma soprattutto i cronisti lo-cali e gli editori senza peso (e molto spesso senza neppure voglia di stare) nell’agone politico. A far impressio-ne non sono solo e purtroppo i tanti giornalisti minacciati da camorra e mafia, quasi tutti peraltro risucchiati nel cono d’ombra dell’icona Saviano, ma piuttosto gli episodi sempre più numerosi di cronisti e fotoreporter aggrediti durante i servizi esterni (di cui New Tabloid ha dato conto nei nu-meri precedenti), maltrattati quando non strumentalizzati dalle fonti, o la-pidati da centinaia di denunce e cau-se giudiziarie, spesso campate per aria a soli fini intimidatori. Proprio su

Caccia al giornalistaMal di cronaca o reality?I giornalisti d’inchiesta subiscono sempre più spesso citazioni in giudizio avviate a scopo intimidatorio. Una legge prevede che il giudice possa respingerle e che il querelante sia tenuto a “pagare”. Ma ci sono proposte con altri deterrenti, come la cauzione preventiva

L’attUaLe cLIMa dI confLIttUaLItà sta aggravando IL Lavoro neLLe redazIonI

di Alessandro Galimberti

dimostra. La trasparenza dell’infor-mazione, il fair play della cronaca (da non confondere con l’attitudine alla pieghevolezza) sono princìpi che stanno a cuore alla maggioranza del-la categoria, ma certo non ai colletti bianchi delle lobby economiche né ai doppiopetti della politica. In que-sto clima di guerra totale vale allora la pena di sfruttare i rimedi - piccoli ma significativi - introdotti da uno dei tanti maquillage sui codici approvati negli ultimi mesi, proprio sul tema “cause civili”. In particolare la legge ora prevede in modo tassativo che le spese processuali siano totalmente a carico della parte soccombente: in sostanza il giudice quando respinge la citazione per danni contro il giorna-lista, dovrà scaricare costi e parcelle

Dal Consiglio dell’Ordine

37Tabloid 6/ 2009

L’angolo della legge

su chi ha promosso l’azione contro di lui. E se l’azione era stata iniziata “in mala fede” o “con colpa grave” (co-me non è impossibile dimostrare se il lavoro del cronista era stato corretto e trasparente) il giudice su istanza dovrà (ma può anche di propria ini-ziativa) condannare il “querelante” anche a un risarcimento del danno nei confronti del giornalista ingiusta-mente portato a processo. Far vivere queste norme a difesa del-la professione (articoli 92 e 96 del Codice di procedura civile, così come modificati dalla legge 18/06/2009) dipende solo da noi e dai nostri le-gali: è importante che i giudici siano costretti nei prossimi mesi a misu-rarsi con queste regole nuove, nella speranza che aiutino a calmierare il mercato nero delle intimidazioni giu-diziarie. Poi serviranno altri correttivi, certo, che è necessario promuovere

in Parlamento. Per esempio, preve-dere che prima di citare per danni un cronista, il presunto diffamato lo denunci in sede penale per diffama-zione. La differenza? Mentre la que-rela va presentata entro 90 giorni - e sarà poi valutata da magistrati che trattano “reati” - la citazione civilisti-ca può pendere sulla testa per 5 anni prima di essere depositata (con effet-to intimidatorio permanente) e sarà poi valutata da giudici non avvezzi a trattare “reati” ma che nonostante ciò dovranno accertare incidentalmente la “diffamazione” senza il rigore che la prova penale impone. Quando cer-ta politica riempie giornali e tv di ov-vietà sulla durata dei processi e delle inchieste, sul diritto alla certezza dei tempi della giustizia, potrebbe dare un bell’esempio di civilità giuridica cominciando proprio da qui. Ammesso che lo voglia.

I procedimenti disciplinari

Esposti esaminati : 33

Esposti trasferiti

ad altro Ordine: 2

Procedimenti

disciplinari aperti: 3

Procedimenti

disciplinari sospesi: 12

Archiviazioni : 16

Ecco il lavoro del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia per quanto riguarda i procedimenti disciplinari esaminati negli ultimi due mesi. Sul portale dell’Ordine, in un apposito form, sono pubblicati gli atti completi dei procedimenti disciplinari che attengono alle sanzioni comminate.

Il commento

Una legge che “smorza” le liti La legge 18 giugno 2009, n. 96, applicabile a tutti i processi civili instaurati dopo la relativa entrata in vigore in data 4 luglio 2009, ha profondamente inciso sulla disciplina delle spese di lite rimodellando le disposizioni del Codice di procedura civile che ne costituiscono il fulcro. In primo luogo, il 2° comma dell’art. 92 c.p.c. prevede ora che la compensazione delle spese giudiziarie possa avvenire, oltre che nell’ipotesi tradizionale di soccombenza reciproca delle parti, soltanto ove sussistano “altre gravi ed eccezionali ragioni”. Si tratta di una indicazione precisa per il giudice, nel senso che lo stesso dovrà di regola condannare al pagamento delle spese di lite la parte soccombente. In secondo luogo, l’art. 96 c.p.c., che tradizionalmente regolava le ipotesi della cosiddetta lite temeraria prevedendo la condanna per i danni arrecati all’avversario a causa dell’abuso dello strumento processuale, viene integrato mediante l’introduzione, al 3° comma, di un nuovo potere di carattere sanzionatorio in capo all’organo giudicante. In particolare, oggi viene attribuito al giudice, in ogni caso e anche senza una espressa domanda giudiziale, il potere di condannare la parte soccombente non solo alla rifusione delle spese di lite, ma altresì al pagamento di una ulteriore somma di denaro che verrà dallo stesso determinata liberamente in via equitativa. Infine, nella logica di dissuadere le parti dalla prosecuzione del processo, la seconda parte dell’art. 91 c.p.c. prevede un nuovo complesso meccanismo in base al quale anche la parte vittoriosa - che nel corso del processo abbia, senza giustificato motivo, rifiutato una proposta conciliativa rivelatasi al termine del giudizio equivalente al risultato ottenuto con la sentenza - dovrà sostenere i costi processuali maturati dopo il proprio rifiuto, salvo il solo ricorrere delle gravi ragioni di cui all’art. 92, 2° comma c.p.c.

Avv. Matteo Gozzi(Dottore di ricerca in Diritto processuale civile)

38 Tabloid 6 / 2007

L’osservatorio sull’estero

sociali non ci sono novità: la gente con più soldi è più disponibile a pa-gare per l’informazione online, ma il dato comunque si ferma al 6% nel caso delle classi medie o superiori. In generale il sondaggio mostra che i lettori online non vogliono pagare per articoli e servizi giornalistici: cat-tiva notizia per gli editori che cerca-no profitti nel mercato già altamente competitivo dell’informazione online. Nonostante 10 sterline siano almeno 17 volte meno di quello che un letto-re di quotidiani spenderebbe per la carta stampata nello stesso periodo,

nei dati diminuiscono a mano a mano che si scende a livello di ceto sociale ed età. Curiosamente – osserva il sito - la fascia più giovane, quella fra i 16 e i 24 anni, sarebbe la più disponibile a pagare per continuare a leggere le loro fonti di notizie favorite. Questo si deve forse al fatto che questa fascia è la più alfabetizzata in campo digi-tale: in molti hanno trovato nicchie o fonti di informazioni specializzate (ed è per questo che essi desidera-no più che i soli titoli) che giudicano ideali, e non vorrebbero rinunciarvi. Se si analizza il campione per fasce

Tabloid 6 / 2009

Un sondaggio della Harris Interactive sulla questione del pagamento dei contenuti online nel Regno unito indi-ca che solo il 5% dei lettori di notizie online pagherebbe per continuare a leggere ciò che ora legge gratis. Quelli disposti a pagare preferirebbero farlo con un abbonamento annuale piut-tosto che con il controverso sistema dei micropagamenti oppure del pa-gamento giorno per giorno; e che per l’eventuale abbonamento annuale il 72% degli interpellati non sborsereb-be più di 10 sterline. Lo riporta Editors Weblog, spiegando che le fluttuazioni

Web a pagamentoNumeri “ballerini”

a cura di Pino Rea per Lsdi*

Solo il 5% dei lettori interpellati da Harris Interactive si dice disposto a comprare i contenuti pay. E il 91% dei “testati” da Lightspeed Research dichiara che non lo farebbe mai

boccIato da duE RIcERcHE IngLESI IL pRogEtto dI RupERt MuRdocH

Le nuove tendenze nel mercato editoriale dagli Stati Uniti all’Europa

News iperlocali e blogger: un matrimonio che funzionaFwix , il sito di giornalismo partecipativo che copre oltre 80 città degli Usa, è sbarcato in Europa con il lancio in 12 grandi centri britannici, confermando il forte interesse per lo sviluppo di progetti di giornalismo iperlocale. In un’intervista del settembre scorso a Editors Weblog, Darian Shirazi, il giovanissimo (22 anni) ideatore del sito, spiegava perché aveva creato Fwix: «Offriamo la possibilità di intrecciare i contenuti dei giornali locali con quelli prodotti dai blogger in una determinata area», aveva spiegato. Poiché i giornali sono in crisi per il calo dei ricavi pubblicitari e presto non ce la faranno più a coprire tutti i settori, Fwix integra le notizie dei giornali locali con informazioni su altri campi (ristoranti, film, ecc.) provenienti dai blog. Shirazi – spiega Editors Weblog – non è il solo a puntare sull’informazione locale. William

Perrin, fondatore in Gran Bretagna del progetto Talk About Local (TAL), ha seguito un approccio analogo creando un portale in cui è facile trovare informazioni prodotte dai blogger della zona, dove si possono pubblicizzare appuntamenti e dove i cittadini possono «comunicare e intervenire, anche attraverso campagne particolari, per influenzare concretamente gli avvenimenti nelle comunità in cui vivono o lavorano». Visti i licenziamenti e i tagli che colpiscono l’editoria – prosegue Editors Weblog - Perrin sostiene che «i blogger possono fare un passo avanti e cercare di colmare il gap nella produzione di notizie locali di buona qualità». TAL – dice – punta a «incoraggiare gli appassionati di informazione locale» e li mette in grado di «cooperare condividendo risorse e conoscenze». Con un ruolo complementare, non concorrenziale, rispetto ai giornali locali.

L’osservatorio sull’estero

39Tabloid 6 / 2009

una volta che cominciassero a paga-re «come potrebbero accettare che quei servizi a pagamento contengano ancora della pubblicità?», si chiede Andrew Freeman, consigliere esperto in tecnologia, media e comunicazione della Harris Interactive. Ma bisogna sottolineare – rileva Editors Weblog – che il sondaggio si riferisce al Regno unito, dove il dibattito sull’online a pa-gamento è meno febbrile che altrove. Oltre Atlantico i numeri sono diversi. Negli Usa una recente ricerca del Nieman Journalism Lab ha rilevato che il nocciolo duro degli affezionati ai giornali online, quelli che vanno a leg-gerli 2-3 volte al giorno, rappresenta il 25% dei visitatori unici e “produ-ce’’ l’86% delle pagine viste. Inoltre la maggioranza di questo nocciolo duro è già abbonata e sfoglia regolarmente l’edizione cartacea delle testate che legge online. Questi numeri più otti-mistici non hanno convinto tutti i diri-genti editoriali: solo il 51% ritiene che i contenuti a pagamento possano fun-zionare per le sue pubblicazioni. For-se perché conoscono questi contrasti fra i numeri relativi al nocciolo duro dei lettori (il 25% dei visitatori unici) e lo strato di coloro che oggi sareb-bero disposti a pagare per la propria informazione online (il 5% dei lettori britannici interpellati). Inoltre, mentre il sondaggio PCUK/Harris pone do-mande in modo dubbio (chiedendo per esempio al 74% di quelli che non vogliono pagare quanto vorrebbero pagare), i manager presumibilmente si fanno condizionare dai loro stessi programmi editoriali in agenda, come suggerisce il 50 a 50 sulla fattibilità dei pagamenti e il risultato sottilmente orientato in termini di interessi che il sondaggio dell’API suggerisce. Quello che tutto ciò dimostra è che manager ed editori giornalistici stan-no scommettendo sul nocciolo duro dei lettori, fregandosene dei contrasti fra le statistiche UK-US e le loro di-scutibili metodologie. La questione a questo punto però diventa: fino a che punto è possibile spingere i pa-gamenti fra i lettori del nocciolo duro senza alienarsi tutti gli altri lettori, che possono ancora produrre ricavi attra-verso la pubblicità? Segnali contra-

stanti arrivano dalla Gran Bretagna.Uno studio della Lightspeed Rese-arch – aggiunge Editors Weblog – ha appena rilevato che su 2.000 inter-nauti britannici interpellati il 91% ha risposto che «non sarebbero mai di-sposti a pagare» per le informazioni online, mentre circa una metà sareb-be disponibile a pagare per la musica. Ciò conferma che paragonare due diversi settori industriali dei media, in particolare musica ed editoria (vedi il dibattito sul “modello iTunes”), è un grosso errore di base. Il sondaggio ha rilevato anche che gli adulti (45-65 anni) sono meno disposti a pagare (il 96% dice no) per i contenuti online rispetto ai giovani (16-24 anni), che sono restii all’86%. Si tratta, secondo Editors Weblog, di un’altra conferma del fatto che il progetto di Murdoch di far pagare per i contenuti online del suo impero andrà storto.

* Libertà di stampadiritto all’informazione

Diffusione a piccotra i quotidiani

Con un calo medio del 10,6% negli ultimi sei mesi, la diffusione dei quotidiani Usa è piombata a 39,1 milioni di copie, il livello che aveva prima della Seconda guerra mondiale. Lo rilevano gli ultimi dati dell’Audit Bureau of Circulations (ABC) indicando che - spiega Alan Mutter su Reflections of a Newsosaur – solo il 12,9% degli americani compra un quotidiano. Nel 1940 la diffusione era attestata su 41,1 milioni di copie giornaliere e i giornali venivano comprati dal 31,1% della popolazione. Anche i domenicali, per cui il calo nella diffusione è inferiore

(7,5%), hanno toccato, con i 40,9 milioni di copie a settimana, livelli vicini al punto più basso (1945), quando era di 39,9 milioni di copie; negli ultimi sei mesi sono stati acquistati solo dal 13,5% dei cittadini rispetto al 28,5% del 1945, quando la popolazione era meno della metà di oggi.L’unico quotidiano in crescita nella “top 25” dei più venduti è il Wall Street Journal (+ 0,6%): diventato il più diffuso degli Stati Uniti, supera l’ex “numero uno” Usa Today, la cui diffusione è calata di ben 400 mila copie al giorno, quasi un quinto del totale. Il Los Angeles Times perde l’11%, il New York Times con il 7,2% resta al terzo posto ma scende sotto il milione di copie per la prima volta dopo 20 anni. Il Washington Post, infine, perde il 6,4%.

Negli Usa

1,2 milioni

1,1 milioni

1milione

900 mila

800 mila

700 mila

600 mila

500 mila

prEcipitaNo LE copiEdEi qUotidiaNi amEricaNi

40 Tabloid 6 / 2009

Colleghiin libreria

L’autorEGiancarlo tartaglia è direttore della Federazione Nazionale della Stampa e insegna Diritto del lavoro giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo della LuISS Guido Carli di roma. Collaboratore di Nord e Sud, Archivio Trimestrale e La Voce Repubblicana, ha pubblicato studi e ricerche sul mondo laico e democratico italiano.

“Nella storia dell’Italia unita ci sta a pieno titolo la storia del giornalismo italiano e della Federazione Nazio-nale della Stampa”. È il significati-vo apprezzamento che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha espresso ricevendo dalle mani dell’autore Giancarlo Tartaglia, sto-rico di razza e direttore storico della FNSI, il primo volume di Un secolo di giornalismo italiano / Storia della Fe-derazione nazionale della stampa ita-liana (1877-1943). Infatti, come scrive lo stesso Tartaglia nell’Introduzione: “La storia della Federazione nazionale della stampa e delle sue associazioni territoriali è in un certo senso anche la storia d’Italia, perché i giornalisti ne sono stati non solo i testimoni, coloro che l’hanno raccontata ‘in diretta’, ma ieri, molto più di oggi, ne sono stati anche gli intepreti”.Quella del sindacato dei giornalisti è, in effetti, una storia molto lunga e complessa, e il libro (pubblicato da Mondadori con il contributo della FNSI) ne analizza il periodo che va da Porta Pia al 1943, evidenziando

La “cronaca” della FNSInella Storia d’Italia

a cura di antonio andreini

Con un ponderoso e ben documentato lavoro sulle vicende della Federazione Nazionale della Stampa, Giancarlo Tartaglia, direttore di questa organizzazione sindacale, colma un vuoto nella ricostruzione storica della nostra professione

PUBBLICATO IL PRIMO vOLUMe DI “UN SeCOLO DI GIORNALISMO ITALIANO”

come le attività nei giornali e le bat-taglie della professione giornalistica si intreccino con quelle per la piena conquista della libertà di stampa. Già nei primissimi giorni successivi alla caduta del fascismo i giornalisti hanno riaffermato il ruolo della FNSI come organizzazione rappresenta-tiva unica, apartitica, a tutela degli interessi della categoria per quanto attiene il contratto nazionale di lavoro e la libertà di stampa. Questo ponderoso saggio di Tartaglia, come afferma lo storico Piero Crave-ri nella illuminante, puntuale e ricca prefazione, “colma un vuoto grave nella ricostruzione della storia del giornalismo italiano... La storiografia non ha mai veramente tenuto conto del ruolo di questa realtà associativa, sia nello sviluppo della professione sia nella concreta affermazione dei diritti di libertà che la concernono... La loro piena effettività si deve infatti ad un lento processo, in cui certa-mente ebbe peso determinante lo sviluppo liberal-democratico del Pa-ese, ma in cui non solo i giornali,

ma anche e soprattutto le battaglie della professione giornalistica hanno avuto un ruolo importante”.A conferma del valore storiografico dell’opera, alla fine di ogni capitolo troviamo un corposo apparato di no-te e di precise ed esaurienti indica-zioni bibliogafiche, con un minuzio-so Indice dei nomi finale. Il prezioso lavoro di Tartaglia si completa con l’inserimento nella parte centrale di un buon numero di pagine iconogra-fiche, nelle quali troviamo in partico-lare i ritratti di personaggi di spicco della storia della FNSI, a partire dal suo primo presidente, Francesco De Sanctis. Secondo Franco Siddi, segretario della FNSI, il lavoro di Tartaglia “Col-ma un vuoto nella ricostruzione della vicenda concreta della realtà delle Associazioni regionali e della Federa-zione nazionale della stampa, in cui le attività dei giornali si intrecciano con le battaglie della professione giornali-stica impegnata per la piena conqui-sta della libertà di stampa in epoche liberali e non. E ripropone il valore

di filtro sociale delle forme associative quale elemento vitale della democrazia”. Giancarlo tartaglia: Un secolo di giornalismo italiano/Storia della FNSI - I° (1877-1943), Mondadori, Milano, 2009, pagg. 503, € 34,50

41Tabloid 6 / 2009

Colleghiin libreria

Giornalisti e difesa della democrazia Oreste Flamminii Minuto, avvocato e giornalista, ci offre un saggio davvero puntuale, sia per tempismo sia per misura dei contenuti, dal titolo illuminante: “Troppi farabutti” / Il conflitto tra Stampa e Potere in Italia. Flamminii Minuto per cinquant’anni ha trascorso “la maggior parte del tempo a difendere giornalisti e testate giornalistiche”. E ha anche tenuto per quindici anni una rubrica sui problemi dell’informazione su Prima Comunicazione.La lunga militanza permette all’autore di pronunciarsi senza mezzi termini sul ruolo che l’informazione deve svolgere nel nostro paese: “I giornalisti, la stampa, i media in genere sono ‘il cane da guardia della democrazia’… Tutti, chi più, chi meno, hanno capito che compito principale dell’informazione è quello di ‘controllo’ degli atti di tutti i poteri. Istituzionali e non”. Ma, continua l’autore: “Esistono in Italia le condizioni per esercitare in maniera compiuta la professione di giornalista? Ci sono limitazioni e, se sì, quali?”. Uno dei modi per rispondere appropriatamente è, come Flamminii fa nel libro, “mostrare situazioni, a volte bizzare, a volte grottesche, spesso prive di senso logico, nelle quali è venuto a trovarsi chi - nel corso degli anni - ha voluto fare informazione rispettando quel principio di carattere generale che è, appunto, relativo al ruolo di ‘cane da guardia’”. Il susseguirsi dei

capitoli, contraddistinti da brevi e chiari titoli, è un florilegio di esemplari proposte-risposte: da “Libertà di pensiero” a “Quale ruolo per la stampa?”, fino a “La satira” e a “Personaggi e interpreti”. Se è vero che nella “botte piccola sta il buon vino”, nelle 172 pagine di questo agile saggio sta la risposta puntuale a chi fa di tutto per svilire la funzione dei media tenendo sotto pressione i giornalisti alla Montanelli, “dalla schiena diritta”.

Spin doctoringsegreti e misteriChe cos’è, in pratica, lo spin doctoring e che cosa fa lo spin doctor? Il termine spin, roteare vorticosamente - preso a prestito dal linguaggio del baseball - significa in pratica far roteare la notizia in modo tale da abbagliare, e così manipolare, i media e gli utenti. E lo spin doctor è, in pratica, un esperto di comunicazione, spesso al servizio di un politico e che scrive per lui discorsi, gestisce le sue campagne elettorali, gli funge da portavoce e segue i sondaggi. O, semplicemente, ne è il consigliere, aiutandolo a gestire i rapporti con la stampa, a proteggerne l’immagine e a silenziare le polemiche. Con il saggio intitolato, appunto, “Lo spin doctporing: strategie di comunicazione politica”, Paola Stringa, giornlista professionista che lavora presso l’ufficio stampa di un’istituzione pubblica, analizza con sistematicità le tecniche di persuasione e di marketing adottate dai politici di tutti i tempi e il rapporto complesso e controverso con i mass media, gli eterni rivali, ora “cani da guardia del sistema”, ora preziosi alleati di chi è al potere.

oreste Flammini Minuto: ‘Troppi farabutti’, Baldini Castoldi Dalai editore, Milano, 2009, pagg. 172, 15 €

Paola Stringa: Lo spin doctoring: Stra-tegie di comunicazione politica, Carocci, Roma, 2009, pagg. 127, 10 €

Arrivati in redazione:

Curzio Maltese: La bolla, Feltrinelli, Milano, 2009, pagg. 133, 13 €. L’Italia vive da quindici anni in

una bolla politica e mediatica, il berlusconismo. La radiografia impietosa ma reale di un paese che non sa più guardare in avanti

Guido Crainz: Autobiografia di una Repubblica, Donzelli, Roma, 2009, pagg. 241, 16,50 € .

Dove affonda le sue radici l’Italia d’oggi? In un “astorico” carattere nazionale o nel lungo confliggere di modi diversi di essere italiani? Ecco la storia “concreta” della nostra Repubblica. Francesca Bellati-

Gianluca Margheriti: 101 storie su Milano, Newton Compton, Milano, 2009, pagg.

380, 14,90 €. Le 101 più belle storie di incredibili personaggi meneghini, che svelano il volto più sconosciuto della città.

Saverio Lodato-andrea Camilleri: Un inverno italiano, Chiarelettere, Milano, 2009, pagg. 241,

16,50 € . Lodato dà voce a un Camilleri che commenta giorno per giorno, dal novembre 2008 al maggio 2009, fatti, misfatti e personaggi di giornali e tv.

titta Pasinetti: Dal nostro inviato, EBI, Pordenone, 2009, pagg. 182, 12 €Dal ciclismo al Festival di

Sanremo, un’antologia degli articoli più belli di un geniaccio, amato dai giovani come un moschettiere di Dumas. Storia privata e parabola professionale di un cronista irresistibile e indimenticabile.

42 Tabloid 6 / 2009

Colleghialla ribalta

C’è chi sceglie la strada del giorna-lismo per vocazione, chi per amore della scrittura, chi spinto da prospet-tive di carriera. Alberto Spampinato lo ha fatto per affrontare il dolore che lo accompagna da 35 anni, ossia da quando si è visto uccidere il fratello Giovanni, venticinquenne, giorna-lista anche lui, per passione civile. Un percorso che è culminato con un libro, C’erano bei cani, ma molto seri. Storia di mio fratello Giovanni ucciso per aver scritto troppo, pubblicato da Ponte alle Grazie. Nel raccontare la propria vicenda familiare, Alberto spiega come abbia trascorso fino a oggi un’esistenza sospesa tra l’in-capacità di ripercorrere la sua trage-dia e l’impotenza di fronte alla pietà degli altri. Subito dopo la morte di suo fratello, rinuncia a una carriera da ingegnere e sceglie di rimanere a Ragusa, accanto alla sua fami-glia. Diventa giornalista per capire, ma senza venirne a capo. Sperava, invano, che altri ritenessero impor-tante raccontare, e che scrivessero al suo posto. Quirinalista dell’Ansa dal 1999, si “sblocca” nel 2005, du-rante la X giornata del ricordo e del-la memoria delle vittime della mafia. Durante la cerimonia è stato recitato un rosario di 640 nomi di vittime del-la mafia, dal 1893 in poi. «Arrivati al 1972 dissero il nome di Giovanni», racconta Alberto, che non aveva mai pensato alla morte di suo fratello co-me a un delitto di mafia. «Capii solo allora che non era arbitrario chiamare

di Laura Lombari

La storia vera e l’assassinio del fratello Giovanni, corrispondente ragusano del quotidiano L’Ora di Palermo, che nel 1972 fu «ucciso per aver scritto troppo»

La TOccanTe TesTimOnianza di aLberTO sPamPinaTO

•A sinistra, Alberto Spampinato con il fratello maggiore, Giovanni (sopra in Vespa). In alto, di fianco al titolo, l’autore del libro.

L’autore Alberto Spampinato, da dieci anni quirinalista dell’Ansa. Ha iniziato l’attività giornalistica nel 1973 al quotidiano L’Ora di Palermo, di cui è stato capo della redazione romana.

mafia quel miscuglio di insabbiamen-ti, depistaggi, contrabbando, traffici illeciti, trame nere, oscuri moventi, sentenze di favore».È così che ha deciso di uscire dal torpore di quei 35 anni passati nel dubbio. Passa all’azione, ricostruisce le fila del delitto, scrive il libro, e nel 2008 riesce, con il benestare della FNSI e dell’Ordine dei Giornalisti, a fondare Ossigeno, un osservatorio sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza. Nel libro Spampinato rievoca i mo-menti della propria infanzia, trascorsa a Ragusa, fatta di piccole cose, di

Giornalista per passione civile

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Colleghialla ribalta

•La prima pagina de L’Ora di Palermo che dà la notizia dell’uccisione del suo corrispondente, Giovanni Spampinato (sopra a sinistra, alla sua macchina da scrivere). Qui a fianco, l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e don Luigi Ciotti davanti alla lapide per le vittime di mafia.

giochi semplici, ma felice. Pubblica parole di Giovanni, amare perché scritte da un disadattato in una so-cietà divisa, malata e corrotta. In un contesto tale Giovanni Spampinato segue la propria vocazione, e co-mincia a formarsi in quella scuola di denuncia civile e di ricerca della verità che era L’Ora di Palermo, fondata da Vittorio Nisticò (scomparso nel giu-gno del 2009). Stava dipanando la matassa di una serie di intrighi poli-tici italiani in combutta con il mondo della criminalità organizzata, e con propaggini all’estero, nella Grecia dei Colonnelli e nei servizi di intelligence americani. E mentre grattava le incro-stazioni della vita di provincia, fatte di mafia e di estremismo di destra, i fatti presero una piega precipito-sa: l’ingegnere Angelo Tumino, uno dei rappresentanti di quell’oligarchia

corrotta, viene trovato cadavere in una contrada fuori città. Il principale indiziato è Roberto Campria, figlio del presidente del Tribunale di Ragu-sa, e a scriverlo è solo lui, Giovanni Spampinato, sulle pagine de L’Ora. Tutti i suoi colleghi ignorano la noti-zia e lui rimane sempre più isolato. Nei giorni che da questo momento lo separano dalla morte, Spampinato si sente minacciato, il suo telefono è controllato, individua infiltrati fascisti negli ambienti che frequenta, e capi-sce che alcuni loschi personaggi in-dagano sul suo conto. Fino a quel 27 ottobre del 1972. Roberto Campria, accusato del primo delitto, preme il grilletto anche contro di lui. Spara con due pistole, per non sbagliare. E si costituisce. Sconterà poi solo otto anni di prigione. «Mio fratello era un grillo parlante, la voce più libera che

in quel momento c’era nella città di Ragusa. Quando accade una cosa del genere, una società deve riflettere ed elaborare la gravità del fatto. E invece storie come questa vengono continuamente dimenticate», sotto-linea Alberto. L’attività di Ossigeno vuole rimediare a tutto ciò: «Funziona su base volontaria. Con noi lavorano associazioni come Libera informazio-ne e Articolo 21: telefoniamo, racco-gliamo segnalazioni e le verifichiamo, e ogni anno scriviamo un rapporto», spiega ancora Spampinato. «È diffici-le venire a conoscenza di tutti i casi di giornalisti minacciati, perché spesso molti di loro hanno paura della situa-zione che stanno vivendo e non ne parlano a cuor leggero. Soprattutto i lettori, invece, devono sapere. E’ fondamentale che questi colleghi non siano lasciati soli».

44 Tabloid 6 / 2007

Primo piano

Tabloid 6/ 2009

Il mercatodella pubblicità

A più di un anno dall’inizio della cri-si, Internet continua a crescere. E cresce sotto tutti gli aspetti: utilizzo, offerta di contenuti e advertising. Per quanto riguarda l’utilizzo della Rete, non si rileva un aumento so-stanziale nel numero dei navigatori, ma si assiste ad un continuo aumen-to dei consumi. Sono infatti circa 22 milioni i navigatori italiani che nel mese di agosto si sono collegati ad internet in media quasi una volta al giorno (28 sessioni nel mese). E’ un numero certamente inferiore a quello rilevato negli altri mesi per effetto delle vacanze estive (a luglio erano 34 sessioni), ma rappresenta una crescita del 12% rispetto allo stesso mese del 2008. Sono però le pagine viste e il tempo trascorso online ad aumentare maggiormente nell’anno: quasi 1.900 pagine per persona, il 25% in più (erano circa 1.500 nel 2008) e 24 ore contro le 18 ore e 30 minuti del 2008, il 30% in più. Inoltre, nell’ultimo anno cre-sce la penetrazione della maggior parte delle categorie di siti, segno questo che non solo gli utenti pas-sano più tempo collegati, ma hanno un utilizzo più variegato della rete. Tra le categorie di siti che crescono maggiormente nell’ultimo anno, da segnalare community, blog e social network, visitate ormai dal 75% dei navigatori attivi (+13 punti percen-tuale), i siti di video, visitati da oltre la metà dei navigatori (+7 p.p.), i siti di notizie online (+5 p.p.), i tool per la ricerca online come Wikipedia (+6

La crisi non arresta la crescita di InternetE’ stabile il numero dei navigatori, ma aumentano i consumi, l’offerta e l’utilizzo sia dei contenuti sia dell’advertising. Community, blog e social network sono frequentati ormai dal 75% degli utenti attivi. Il web, nella classifica degli investimenti pubblicitari sui mezzi, ha scavalcato la radio e il direct mail. Una scalata lenta, ma costante e inarrestabile.

I datI dI nIElsEn mEdIa rEsEarCh sUllE nUovE frontIErE dElla ComUnICazIonE

evoluzIone del consumo web In ItAlIA

Il grAdImento delle InIzIAtIve dI AdvertIsIng

Iniziative del punto vendita

Pubblicità su carta stampata

Eventi organizzati o sponsorizzati dalle aziende

Pubblicità in TV

Sito dell’azienda o del prodotto

Pubblicità su carta tramite posta

Pubblicità alla radio

Newsletter

Blog aziendale

Video pubblicitario su Internet

Pubblicità su Internet

Pubblicità su digitale terrestre

Pubblicità su telefonino

Pubblicità su bluetooth

Telefonate a casa

70NC

61

5656

4951

4542

44

4244

2722

262123

1719

181718

1517

14

77

NC

NC

20082007

45Tabloid 6/ 2009

Il mercato della pubblicità

p.p.), i siti di giochi online (+8 p.p.) e quelli di poker e scommesse online (+15 p.p.). Questo aumento nella fruizione delle diverse categorie è la diretta conseguenza di un’offerta di contenuti più completa e varia: non solo aumentano gli operatori internet e quindi il numero di siti e di contenuti disponibili online, ma si sviluppano nuove tipologie di conte-nuti, come gli user-generated con-tent (social network, blog e forum che vengono sempre più affiancati

e, a volte, sostituiti all’informazio-ne di tipo verticale veicolata dalle aziende) o come la fruizione di video e di tv online. Internet è cresciuto in termini di raccolta pubblicitaria, anche se a tassi inferiori rispetto agli anni precedenti. Da gennaio a luglio di quest’anno gli investimenti in rete, infatti, sono aumentati del 7% raggiungendo i 340 milioni di euro. Il web ha così sorpassato la radio, scesa a 249 milioni, e ha la-sciato definitivamente alle spalle le

affissioni ferme a 100 milioni di euro. La vetta che eguaglia la stampa e la tv è invece ancora lontana. La quota di internet sul totale advertising è attualmente del 7%, contro il 27% di quotidiani e periodici e il 52% della televisione. E’ da considerare che l’annata completa del 2008 rispet-to al 2007 aveva già chiuso con un eccellente +14%, segno che la sca-lata di internet è ormai costante nel tempo e inarrestabile. Le previsioni di crescita per il 2009, nonostante le difficoltà del momento, esprimono perciò la fiducia che gli operatori di questo mercato riconoscono sem-pre di più al potenziale innovativo dei media digitali rispetto ai media classici, sia in termini di valore che di efficacia.

Gradita la pubblicità sulla carta stampataIl consumatore gradisce strumenti di advertising che lo coinvolgono maggiormente e/o lo informano al meglio: in particolare le iniziative nel punto vendita (gradite dal 70%), a cui seguono le tradizionali iniziative pubblicitarie sulla carta stampata, gli eventi e la pubblicità in televisione. Aumenta il gradimento dei siti inter-net dell’azienda ( giudizio positivo da parte del 45% dei consumatori). Da evidenziare come tutte le forme di advertising su Internet ottengano un crescente apprezzamento da parte dei consumatori: oltre ai siti delle aziende, cresce il gradimento per le newsletters, i blog aziendali, i video pubblicitari. D i converso diminuisce il gradimento della pubblicità sul telefono cellulare, in cui si può ipotizzare che i rispon-denti associno solo gli sms pubbli-citari, percepiti come invasivi, e non le altre attività più evolute legate al mobile internet; inoltre sempre sul cellulare è significativo il gradimento da parte del 14% dei consumato-ri dei messaggi pubblicitari ricevuti attraverso la rete bluetooth, che so-litamente colpiscono il consumatore in occasioni di prossimità al punto vendita o sono scambiati in logica peer to peer alimentando, quindi, dinamiche virali.

glI InvestImentI PubblIcItArI Per mezzo

le cAtegorIe che crescono nell’ultImo Anno

Comunità online (social network, blog, ecc.)

Video/Cinema

Notizie online

Servizi enciclopedici (dizionari, enciclopedie, yahoo answers)

Giochi

Giochi d’azzardo/Lotterie

Agosto 2008

Agosto 2009

63%75%

46%54%

48%

53%

43%49%

27%35%

14%29%

Affissioni 2%

Internet 7%

Radio 5%

Stampa 7%

TV 52%

Cinema 1%Direct Mail 6%

46 Tabloid 6 / 2009

È il totale degli investimenti pubblicitari netti nel periodo gennaio-settembre 2009 (-16,0%), suddivisi tra: Televisione 3 miliardi e 71 milioni (-13,2% rispetto al periodo omogeneo dell’anno precedente)Stampa 1 miliardo e 6855 milioni (-23,6%), di cui 987,233 milioni (-19,5%) sui quotidiani a pagamento, 70,263 sui quotidiani free/paypress (-28,7%) e 627,905 milioni (-28,5%) sui periodiciRadio 301,125 milioni (-14%) Internet 421,453 milioni (+5,2%) Direct mail 348,163 milioni (-17,9%)Affissioni 120,835 milioni (-26%) Cinema 30,169 milioni (-12,4%)Cards 5,127 milioni (+1%)Out of home tv* 6,542milioni (-26%) Transit** 71,281 milioni

Fonte: Nielsen Media Research* Pubblicità televisiva in aeroporti e metropolitane.** Pubblicità mobile su metropolitane, aeroporti, autobus e tram.

e 5 miliardi 990 milioni

lA nOSTRA ReAlTà “fOTOgRAfATA” In CIfRe

275 professionisti

87 praticanti(di cui 52 d’ufficio)

617 pubblicisti

237elenco speciale

Sono le nuove iscrizioni all’Ordine dei giornalisti della Lombardia dall’1/1/2009 al 15/11/2009.

I numeri

Fonte: Ads (Accertamenti diffusione stampa) media mobile agosto 2008-luglio 2009. **Variazione percentuale rispetto alla media mobile dei 12 mesi dell’anno precedente. *Ads media 2008

I SeI gIORnAlI DI pROvInCIA Testata Diffusione Var. copie Var. %**

Eco di Bergamo 54.308 -706 -1,3

Giornale di Brescia 46.927 -1.938 -4

Provincia di Como 42.930 -1.302 -2,9

Gazzetta di Mantova 33.099 -673 -2

Provincia di Cremona 22.500 -594 -2,6

Provincia Pavese 22.201 -362 -1,6

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