Anno XII Numero 6 Giugno 2010 - quartettovicenza.org · compagnata al pianoforte, intonerà “Il...

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Anno XII Numero 6 Mensile in A.P. 70% C.P.O. Vicenza Giugno 2010

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Anno XII - Numero 6 Giugno 2010

coordinamento editorialeGiovanni CostantinicollaboratoriFilippo LovatoPaolo MeneghiniAndrea ScarparifotoLuca Zanon

per le altre foto l’Editore è a disposizione di quanti provassero diritti di Copyright

Periodico di cultura, musica e spettacolodella Società del Quartetto di VicenzaDirettore Resp.: Matteo SalinEditore: Società del Quartetto di VicenzaRedazione: vicolo cieco Retrone, 24 Vicenza - Tel. 0444/543729 Fax 0444/543546http//:www.quartettovicenza.orgemail:[email protected] iscritto al registro Stampa del Tribunale di Vicenza n. 977Impaginazione: Guido ZovicoStampa: Tipografia Pavansu carta Cyclus offset da 90 g/mqTiratura 3000 copie

Per questo numero si ringrazia: Fiorenzo Ederosi

Paolo PigatopresidenteRiccardo De Fonzovice presidentePiergiorgio Meneghinidirettore artisticoAntonino Manganotesoriere

consiglieriDonata Folco Zambelli CattaneoPaolo CaoduroFabio PupilloLuca Trivellato

revisori dei contiAntonio Dal MasoLorenzo MarcanteDavide Pellizzaro

organizzazioneGiovanna ReghellinamministrazioneSandro Pupilloaffari generaliGiovanni Costantiniprogetti e comunicazioneMaria Carolina di Valmaranarelazioni esterne

ufficio stampaPaolo Meneghini Tro

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OuvertureTutti all’Olimpico…di Filippo Lovato 4NotEventi“Classica”: quale futuro?di Paolo Meneghini 6Registri&NoteProgetto Scuole: che numeri!di Giovanni Costantini 10

DissonanzeUn taglio alle nostre “necessità”di Andrea Scarpari 14

EchiBobby, bellezza ed energiadi Filippo Lovato 12

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F ormano una sorta di botta e risposta o, volendo,addirittura un piccolo manifesto di pensiero, ititoli in indice a questo Musicare. Se la Società

del Quartetto dedica una tavola rotonda (21 giugno,Teatro Comunale: tutte le informazioni a pag. 6) a in-terrogarsi sul futuro della musica “classica”, è però an-che pronta a cercare di dare una “risposta”, coi numeridi un anno di divulgazione e didattica per le scuole delterritorio (Progetto Scuole, pag. 10).Educare all’arte ed alla sua forza comunicativa, al dia-logo culturale ed al “bello”. Come ha fatto BobbyMcFerrin la sera del 25 maggio col pubblico giunto aVicenza: a pagina 12 raccontiamo l’energia di quest’uo-mo e di quella serata, senza la pretesa di recensirne laqualità (non ce n’è bisogno). E l’immagine della vocedi McFerrin che dialoga con il corpo di una ballerinapescata tra il pubblico non può non rimandarci allacitazione di Daniel Barenboim di due pagine dopo: “Lamusica non è un lusso, è una necessità… è l’espressio-ne fisica dell’anima”. Ma le cose belle costano, si sa: 35 euro per il concertodi McFerrin forse non son pochi. Ma se l’amico spettato-re sapesse quanto la Società del Quartetto paga ilTeatro per portarvi le Scuole (che notoriamente nonhanno soldi) o, per fare un altro esempio, quanto puòcostare in termini di diritti d’esecuzione un concerto dimusica contemporanea (ancora McFerrin su tutti), forsesi ricrederebbe.Da questo punto di vista, quindi, la musica è inveceproprio un lusso, e dimostrare che è una necessità perl’animo può comportare scelte forti per il portafoglio.Tanto più se lo Stato per primo non ha più intenzionedi pagare questo lusso (per motivi di necessità o di“anima”): il Decreto Bondi sul riordino degli Enti liriciva in questa direzione, e a pagina 14 vi proponiamo al-cune considerazioni sugli ultimi “tagli”.Su chi far ricadere, dunque, il prezzo dell’arte?… Laquestione resta aperta.Guardando alla realtà di Vicenza, possiamo far presenteche come associazione impegnata nella vita culturaledella città seguiamo con attenzione gli sviluppi del pro-getto di gestione che deve dare vita ed identità alTeatro Comunale. Il rinnovo del Consiglio di ammini-strazione della Fondazione può essere l’occasione perconvocare le personalità e le professionalità migliori percostruire un gruppo di lavoro che sappia valorizzare almeglio le potenzialità del Teatro, in una collaborazionevirtuosa tra pubblico e privato, tra società civile e mon-do dell'arte e della cultura, tra Vicenza e l'Europa. E larisposta a questa implicita domanda si avrà a breve,probabilmente a Musicare già stampato. ●

Giovanni Costantini

In copertina:Vienna, 1960. Friedrich Gulda (1930-2000), eclettico pianista “classico”, in jam session col clarinettista jazz “Fatty George”(Franz Georg Pressler).Foto: Hulton Archive/Getty Images, tratta da“Cent’anni” di Cesare Galla e Paolo Meneghini

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L a regola, implicita, è più o meno questa:“Il teatro Olimpico ospiterà solo manife-stazioni che siano all’altezza del luogo al

quale sono ammesse”. Tutto chiaro? Sì e no.Perché, come sempre, il confine tra ciò che èammesso e ciò che è inopportuno è labile, sfug-gente, nascosto dalla fastidiosa foschia dell’arbi-trio. Qualche esempio.Non si può ipotecare il futuro, ma temiamo che gliamanti del burlesque non vedranno mai Dita vonTeese sfilarsi guanti e giarrettiera davanti allescene di Scamozzi. E i fan di Zelig non vedrannola panchina di Ale e Franz di traverso all’arcotrionfale (ma uno spettacolo a tema mitologicocon Natalino Balasso c’è stato). Forse, chissà, un giorno Ornella Vanoni, ac-compagnata al pianoforte, intonerà “Il cielo inuna stanza”, con lo sguardo rapito dalle nuvoledel Bialetti.Cos’è all’altezza del teatro Olimpico? La classicasì, la classica sembra calzare a pennello.L’acustica c’è, e se gli artisti sono all’altezza, ilteatro non può che valorizzare (ed essere valoriz-zato da) l’evento. Ma tutta la musica classica?L’esperienza suggerisce di rispondere sì. Postoche ci sia spazio per gli orchestrali, all’Olimpico èpassato un po’di tutto dai madrigali di Gesualdoalla dodecafonia. Nessuno bandirà Bartók,Webern, Sostakovic, Stravinskij, Boulez oTakemitsu. Con la lirica e la prosa le cose si complicano per-ché l’allestimento deve “dialogare” con le intan-gibili scene di Scamozzi. E, checché se ne dica,Scamozzi ha progettato le vie di un centro abitato.Che sia Tebe o una città ideale, poco importa. Nonè la campagna inglese né il deserto algerino.Anche se di questi tempi le invenzioni registiche sisprecano, ed è possibile ambientare il Ratto delSerraglio su un motoscafo o fare Don Giovannicon i pellerossa, occorre pur sempre un bel po’difantasia per immaginare, all’Olimpico, il maresullo sfondo o qualche balcone nascosto dalla ver-zura. Però, ancora una volta, sul palco del teatropalladiano è passato un po’di tutto. Anzi, dato chele scene sono già fatte si risparmia. E comunquenessuno consentirebbe di alterare o coprire ilcapolavoro di Scamozzi. È quindi opportuno stig-4

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Tutti all’Olimpico…

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matizzare l’idea di rappresentare, chessò, il Fidelioa favore della Clemenza di Tito, solo perché laseconda è di ambientazione romana? Se così fosse,addio Barbiere di Siviglia, addio Don Giovanni,addio Flauto Magico, addio Italiana in Algeri.Chi propende per l’interpretazione restrittiva con-corderà nel ritenere l’Olimpico adatto solo ai rac-conti tratti dal mito tebano e poco più. Già rappre-sentarvi Le Baccanti diventa problematico, conquelle scene tra le foreste del Citerone. E anche ilpovero Edipo, personaggio olimpico quant’altrimai, basta che si sposti nel boschetto di Colono persembrare un pesce fuor d’acqua. Se si opta inveceper l’interpretazione estensiva, si valuterà solo laqualità dei singoli progetti e la loro compatibilitàcon le fragili strutture del teatro. Poi, come sempre,salterà fuori qualcuno a dire ma che c’azzecca Labottega del caffè con l’Olimpico? E siamo da capo.Ma anche il collegare l’uso dell’Olimpico a unindefinibile concetto di qualità comporta imbaraz-zanti corto circuiti logici. Caso esemplare, il jazz.András Schiff l’ha ribadito più di una volta: lui iljazz all’Olimpico non ce lo vede. Altri sono di opi-nioni opposte: il jazz all’Olimpico funziona e cisono jazzisti che hanno i quarti di nobiltà per suo-nare nel più antico teatro coperto del mondo. Bene,se Schiff ha torto, allora si potrebbe invitare BobDylan, per vederlo cantare “Knocking on Heaven’sdoor” con lo sguardo al cielo del Bialetti. Non èforse “di qualità” la musica di Robert AllenZimmerman? La sua classe non è forse all’altezzadi quella di Frank Peter Zimmermann o diKrystian Zimerman che già sono statiall’Olimpico?Se Schiff ha ragione occorre ripensare l’opportuni-tà di fare dell’Olimpico una sala per concerti. Nonse ne esce. La scelta più coerente è bandire gli spet-tacoli dall’Olimpico e farne solo un monumento. Èla migliore? Non è detto.Così, in mancanza di criteri condivisi e coerenti,l’uso del teatro continuerà a suscitare oziosediscussioni su cosa sia opportuno o meno ospitarvi.E certo ad abbassare il rumore di fondo di questechiacchiere il presente scritto non ha contribuito.L’autore se ne scusa.●

Filippo Lovato

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Fra i vari generi di spettacolo dal vivo,quello della musica “Classica” è rele-gato al ruolo di “fanalino di coda”. Lo

è per numero di presenze, ma soprattutto per ilfatto di avere un pubblico che non è esageratodefinire “vecchio e statico”.Basta entrare in una qualsiasi sala da concertoper constatare, ictu oculi, che l’età media deglispettatori supera abbondantemente i 60 anni,mentre una larga fascia d’età – quella fra i 25 e i50 anni – latita clamorosamente. Eppure que-st’ultima è quella stessa fascia di età – cultural-mente preparata e con una buona capacità dispesa – che affolla rassegne dedicate al jazz, chevisita mostre d’arte, che partecipa a presentazio-

ni di libri o segue i festival della letteratura.Le cause di questa disaffezione sono moltepli-ci: alcuni affermano che la colpa è da attribuirealla cronica carenza di un’adeguata educazio-ne musicale e all’ascolto nelle scuole, che nonha formato un’intera generazione di spettatori;altri ritengono che certe stagioni concertistichesiano troppo “difficili”, “noiose”, dedicate adun pubblico già musicalmente preparato, quin-di eccessivamente selettive; altri, ancora, sonoconvinti che il mondo della musica classica siaarroccato in posizioni elitarie, quasi aristocrati-che (anche nelle modalità di comunicare con ilpubblico), che non corrispondono alla realtàdei tempi che viviamo.6

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0Una tavola rotonda organizzata dal Quartetto nel giorno della “Festa della Musica”

“Classica”: quale futuro?Tecnici e artisti riuniti a Vicenza il 21 giugno per confrontarsi su pubblico e concerti

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Negli ultimi anni, tuttavia, qualcosa si sta muo-vendo: alcune associazioni concertistiche efestival, in Italia, hanno iniziato a proporre“contaminazioni” fra i vari generi ed eventi“crossover”; musicisti “classici” sempre più siaprono a collaborazioni con artisti di altri generi(jazz, musica etnica, musica da film); enti sinfo-nici e associazioni concertistiche investono incampagne pubblicitarie mirate al pubblico deigiovani; Fabio Fazio, con il suo programma“Che tempo che fa”, dà spazio a puntate temati-che ospitando maestri come Abbado, Pollini eBarenboim con ottimi riscontri di audience.E poi c’è il fenomeno web, dove la Classica –a livello globale – è cliccatissima. È di un annofa il primo concerto ufficiale della YouTubeSymphony Orchestra, straordinario esempio diinterazione fra il web “giovane” ed il “paluda-to” mondo della musica classica. In Italia l’e-sperimento è stato recentemente ripreso dallaFondazione Festival Pucciniano con l’iniziati-va “That’s Opera Festival”.Nasce da queste premesse la tavola rotondache la Società del Quartetto di Vicenza, in col-laborazione con la Fondazione Teatro Comu-nale Città di Vicenza ed il patrocinio della Re-gione del Veneto organizza lunedì 21 giugno alTeatro Comunale con inizio alle ore 10,30.Moderato da Enrico Girardi (critico musicaledel Corriere della Sera), l’incontro metterà aconfronto alcune fra i maggiori protagonisti delpanorama musicale veneto e nazionale, giorna-listi, musicisti, programmatori artistici, pubbli-che amministrazioni, esperti di marketing ecomunicazione, per capire con quali strumentiriuscire a catturare l’attenzione di un nuovopubblico per la musica “classica” dal vivo chealtrimenti, con l’attuale trend, sarebbe un gene-re di spettacolo destinato alla sicura estinzione.Al tavolo dei relatori siederanno, fra gli altri,Luigi Corbani (direttore generale dell’Orche-stra Sinfonica Verdi di Milano), Gisella Belgeri(presidente CEMAT), Alfonso Malaguti (presi-dente AGIS Triveneto), Luigi Tuppini (pre-sidente Accademia Filarmonica di Verona).●

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L a Società del Quartetto di Vicenza, fon-data da Antonio Fogazzaro nel lontano1910, è oggi la principale associazione

concertistica del Triveneto. Lo è per numero dispettatori (oltre 22 mila persone hanno seguitogli eventi realizzati dal Quartetto nella stagio-ne appena conclusa) e soprattutto per unaprogrammazione nella quale i protagonistisono stati la Musica ed i Musicisti, senza eti-chette, senza barriere di genere, senza schemipreconcetti.Il pubblico ha dimostrato di apprezzare questalinea programmatica,se è vero che appassio-nati da tutto il Veneto –ma anche dalle provin-ce di Bergamo, Bolo-gna, Brescia, Ferrara,Genova, Mantova, Mi-lano, Modena, Parma,Pordenone, Udine,Trento e Trieste – si so-no dati appuntamentoin una piccola città diprovincia come Vicen-za per ascoltare il pia-nismo di Krystian Zi-merman e Radu Lupu,il magico violino diSalvatore Accardo; per applaudire i chitarristiFranco Cerri e Manuel Barrueco, le voci di Bob-by McFerrin e dei King’s Singers, il rock de-menziale di Elio e Le Storie Tese e le parole diStefano Benni, accompagnate dalla tromba diPaolo Fresu.A decine le presenze dall’estero, in occasionedella tre-giorni concertistica dal titolo “Omag-gio a Palladio” con András Schiff e la sua“Cappella Andrea Barca”: dal 30 aprile al 2maggio hanno gremito le gradinate del TeatroOlimpico spettatori provenienti dalla Germa-nia, dall’Austria, dalla Svizzera, dal RegnoUnito. Qualcuno è arrivato appositamenteperfino dagli Stati Uniti.Quanto alle contaminazioni con altri generimusicali – avendo come unico punto fermo laqualità degli interpreti – la Società del Quar-

tetto di Vicenza è una delle associazioni pio-nieristiche in Italia. Era il 17 marzo del 1965quando il Quartetto propose la prima “conta-minazione” fra classica e jazz della sua lungastoria ad opera dell’eclettico Friedrich Gulda,che si presentò a Vicenza in compagnia delcontrabbassista Jimmy Woode e del batteristaAlbert Heath. Nella prima parte della serataautori barocchi come Bach ed Händel, e unascelta di Preludi di Debussy; nella seconda iljazz, di mano (compositiva) dello stesso Gul-da. Il tutto con “ideologica” spiegazione sulle

analogie fra il pensie-ro musicale del Ba-rocco, o di Debussy, equello del jazz.Sei mesi più tardi, nel-l’ottobre del 1966, ar-rivava al Teatro Olim-pico il mitico ModernJazz Quartet per laprima delle sole dueapparizioni a Vicenza.Ma è dagli anni Ot-tanta che il “diverso”entra con sempre mag-gior frequenza neicartelloni della Socie-tà del Quartetto dap-

prima “timidamente”, poi in maniera semprepiù decisa: i “Classic Buskers”, le marionettedi Otello Sarzi, i pupi di Mimmo Cuticchio,l’arte del mimo di Sergio Bini (in arte Bustric),il jazz di Dee Dee Bridgewater, Milva con illanguido tango di Piazzolla, il Quintetto ar-gentino di Luis Rizzo, la canzone napoletana(con la Nuova Compagnia di Canto Popola-re), il minimalismo di Michael Nymann, il go-spel, il ragtime, l’operetta, la tradizione ebrai-ca del “klezmer” vista da Giora Feidman eMoni Ovadia, le straordinarie voci degli Swin-gle Singers e dei King’s Singers, i bicchieri delpercussionista francese Josef Sarkozy, Lu-dovico Eunaudi, Paolo Conte, Sergio Camma-riere, Goran Bregovi?, Franco Cerri, Giovan-ni Allevi... ●

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La Società del Quartetto, leader & crossoverNel 1965 la prima “contaminazione” col jazz di Gulda: da allora tutta la musica colta in città

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Si è concluso con un divertente quantointeressante incontro col Quartetto diCremona, la mattina del 19 aprile scorso,

il cammino del Progetto Scuole 2009/10 dellaSocietà del Quartetto, intitolato quest’anno“Do, Re, Mi…ascolto e canto così!”ed inseri-to nel Piano dell’Offerta Formativa Territorialedell’Assessorato all’Istruzione del Comune diVicenza. I quattro “amici” – ci permettiamo dichiamarli così, considerate la disponibilità esimpatia che hanno dimostrato alla nostra asso-ciazione e l’armonia che esprimono all’internodella loro formazione – del Quartetto di Cre-mona hanno saputo trasmettere al massimo labellezza del fare musica ai più di 300 bambinie ragazzi raccolti in un silenzio partecipato alRidotto del Comunale, attraverso battute, dialo-ghi, dimostrazioni, esperimenti sonori ed atmo-sfere emozionanti. I frutti di quell’incontro, cheha coronato un anno di attività per le scuole,sono ben testimoniati da uno dei tanti messaggigiunti dai docenti all’associazione: “I musicistidel Quartetto di Cremona sono stati molto bra-vi ed accattivanti: hanno (avete!) saputo fare unbellissimo percorso verso la musica. Grazie perqueste iniziative!”. Non solo: grazie alle “nuo-ve” tecnologie ed al canale YouTube della So-cietà del Quartetto (QuartettoVicenza) è possi-

bile rivivere le curiosità e le emozioni di quellamattinata con un clic al video (http://www.you-tube.com/watch?v=Wn8ihAA9xyQ).I numeri finali del Progetto Scuole, ancora ap-prossimativi, parlano di una crescita nella di-vulgazione della “Classica”: 1300 alunni coin-volti di circa 80 classi, accompagnati da 150docenti. Dopo i più di 400 “piccoli fans” diSalvatore Accardo e colleghi transitati per Pa-lazzo Leoni Montanari a ottobre scorso (vediMusicareNovembre 2009), sono stati quasi1.000 gli studenti coinvolti dalle prove aperte elezioni-concerto degli artisti ospiti della Sta-gione del Centenario, distribuiti in 4 incontri dagennaio ad aprile. A questi si aggiungono idocenti interessati dagli incontri di formazionedi “Fare un bel coro” (vedi MusicareDicembre2009) e le centinaia di studenti delle scuole su-periori contattati col progetto regionale “Musi-ca oltre i confini” (vedi MusicareAprile 2010).Due sole “note stonate”: l’impossibilità a realiz-zare i laboratori decentrati di “Scrivi che ticanto…” – a cui han concorso vari fattori, dalledifficoltà organizzative a quelle economiche,fino alla disponibilità dei docenti – e i costi diaffitto del Teatro Comunale per attività che, co-me è notorio, non solo non portano lucro manemmeno permettono di pareggiare i conti. A10

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0L’incontro col Quartetto di Cremona ha concluso un anno di prove aperte e lezioni-concerto

Progetto Scuole: che numeri!1300 studenti, 80 classi, 150 docenti. Ma gli alti costi del Comunale minacciano le iniziative future

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fronte della disponibilità degli artisti ad incon-trare gratuitamente, la mattina, i ragazzi dellescuole, e a fronte dei simbolici 3 euro a studenterichiesti dall’organizzazione, risultano veramen-te insostenibili e ingiustificabili i costi “stan-dard” di utilizzo del Comunale di Vicenza.Spostare in altri luoghi (scuole, conservatorio,sede dell’associazione, ecc.) questi momenti dicontatto con l’arte rischia di far perdere granparte del fascino dell’evento, così per come lovivono i ragazzini avvicinandosi al teatro dellacittà. L’auspicio è che aumenti la consapevo-lezza che quei 900 posti del mastodontico Tea-tro “Valle” tra una ventina d’anni non potrannoriempirsi se non grazie a quell’educazioneall’arte, all’incontro e al Bello che è compito ditutti trasmettere e rendere fruibile.Per questo sono già in cantiere le proposte per lescuole per l’anno scolastico e artistico 2010/11,contando di rinnovare la collaborazione conl’Assessorato all’Istruzione nell’ambito delPOFT. Per ora anticipiamo solo i titoli dei dueprogetti principali: “Concertiamo il mondo” e“Fiabe musicali tra terra e arte”.●

Giovanni Costantini

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A l termine del concerto che BobbyMcFerrin ha tenuto lo scorso 25 mag-gio al Comunale c’erano tante facce

contente in teatro. Perché?... Facile, si direbbe: èstato un bello spettacolo. Sulla bravura del gran-de improvvisatore si sono già spese parole eparole. Forse basta aggiungere che il cantante(ma si può chiamarlo solo così?!) newyorkese hacorrisposto in pieno alle aspettative di quantisono arrivati a Vicenza espressamente per lui.Ma c’è di più.Ci si sentiva irretiti da una specie di forzamagnetica, indescrivibile ma non meno reale,forse responsabile di quell’allegria, della sensa-zione di benessere e serenità che si è portato acasa chi ha partecipato all’evento. Una brevedivagazione può aiutare a capire. MassimoGramellini, vicedirettore della Stampa, curavaper l’inserto Specchio la rubrica della posta delcuore. Aun single che imputava la sua incapaci-tà di trovare l’anima gemella all’essere bruttospiegò che “l’unica vera bruttezza è la mancan-za di energia”. Continua Gramellini: “Sei unico,

non sei solo, ma sei unico! E quando cominci acapire questa cosa, ti metti anche nelle condizio-ni di incontrare la bellezza, e tirare fuori l’enor-me bellezza che ogni uno di noi ha dentro di sé.Si chiama “energia”, “energia vitale”, “energiacreativa”.”Ecco la parola: energia. Bobby McFerrin tra-smette, in virtù di un carisma che non è secondoalle sue doti vocali, energia. Anche se è lì da solosul palco, seduto, circondato da altoparlanti, conun microfono in mano, bagnato da un discretogioco di luci, anche con pochi mezzi McFerrinsa comunicare, sa coinvolgere, far vibrare glispettatori, elettrizzarli. E si badi, senza distorso-ri, senza il tambureggiare di ritmi ossessivi,senza gridare, ma con leggerezza, senza forzare,naturalmente. Ma “il mago della voce” è ancheuna sorta di catalizzatore capace di favorire sor-prendenti reazioni da parte del pubblico, di atti-vare l’energia creativa sopita in ognuno di noi.Energia contro l’indifferenza che genera mostri.Conclusa la parte improvvisata, dopo quei buffiinchini da seduto con il microfono sollevato

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Sold out ed entusiasmo trascinante al Teatro Comunale per McFerrin

Bobby, bellezza ed energiaFuochi d’artificio vocali ma anche duetti col pubblico, musicali e umani

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sopra il capo come se il battimani fosse per l’am-plificatore e non per lui, McFerrin interpella gliascoltatori. Con generosità. Come a dire:“Perché devo essere solo io a divertirmi qui?”.Si passa prima per l’Ave Maria di Gounod (alpubblico la melodia, e i tanti coristi, amatoriali oprofessionisti, lì per ascoltare l’autore di “Don’tworry, be happy”, hanno reso memorabile ilrisultato), poi ascoltatori divisi chiamati a inter-venire durante la performance, due note direfrain a destra, altre due note a sinistra. PoiMcFerrin lascia il palco a chi vuol danzare men-tre lui inventa ritmi e melodie in un brillante gra-melot. Arriva una ragazza e fa la sua figura. Ilsecondo danzatore si acquatta lì perché, più chemuoversi, vuole duettare con lui. Bobby lo

accontenta. Ne verranno degli altri, ricompensa-ti da un’affabile stretta di mano o da un abbrac-cio sincero. Molti tra il pubblico venivano dafuori, all’inseguimento del vocalist americano inItalia per un breve tour (Vicenza insieme aRoma, Milano, Torino e Bologna).Ecco la reazione energetica che il catalizzatoreMcFerrin riesce a produrre. Bobby chiama sedi-ci maschi e sedici femmine per un coro improv-visato, istruisce per imitazione e dirige. È lamusica. Non è più un problema di performance,di professionismo, di non fare stecche. Non è laricerca della perfezione, quanto il sentirsi partedi un gruppo che fa qualcosa assieme e cerca difare bene. Chi canta in un coro, chi suona inorchestra ha idea di cosa si prova, anche se, tal-volta, l’ansia da prestazione distrugge il piaceredi suonare o cantare. Con McFerrin è diverso: edè anche per questo che canta anche chi magarinon si sognava di farlo. Poi McFerrin torna aimprovvisare su grandi classici da solo. Tutto lospettacolo dura per un’ora e quaranta. Alla fineniente bis, McFerrin si siede e invita la gente afargli domande: occorre non sforzare troppo lecorde vocali. Ultimo delicato gesto: un ragazzoin carrozzina gli chiede di vederlo da vicino.Bobby McFerrin zampetta su per la platea e loraggiunge. Applausi, applausi, applausi. ●

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“ Ma “il mago della voce” è anche una sorta di catalizzatore capace di favorire sorprendenti reazioni da parte del pubblico, di attivare l’energia creativa sopita in ognuno di noi. Energia contro l’indifferenza che genera mostri.”

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L o scorso 30 aprile il Capo dello Statoha emanato il decreto-legge del Gover-no sul riordino degli enti lirici: in tutto

il paese si sono diffuse aspre proteste, spessoorganizzate dai musicisti delle 14 orchestre in-teressate. Il decreto influisce su numerosi aspet-ti, perlopiù gestionali, della vita delle fondazio-ni e, se non verrà modificato in sede di conver-sione, è destinato ad avere effetti significativinel lungo periodo.Non è facile dare un giudizio obiettivo su unadisposizione che mischia, in un unico corpo,questioni sostanzialmente sindacali e piani pro-grammatici per il futuro: è tuttavia possibile fa-re alcune osservazioni generali.

Una prima considerazione riguarda l’opportu-nità di deliberare per decreto-legge: il ministroBondi ha giustificato la procedura d’urgenzacon i bilanci degli enti, profondamente in rosso.Proprio i dati messi a disposizione (http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1272013574828_FondazioniLirico-Sinfoniche.pdf)evidenziano però come perquasi tutti gli enti, le passività siano presentialmeno dal 2004: è poco verosimile credereche il ministero si sia accorto solo ora della si-tuazione, e ne consegue allora l’ipotesi che talestrada sia stata scelta perché più sbrigativa emeno onerosa in termini di confronto con leparti interessate.

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Considerazioni sul riordino dei 14 enti lirici: quando la cultura diventa un lusso…

Un taglio alle nostre “necessità”Decreto “Bondi”: in pericolo l’attività concertistica nei principali teatri italiani

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Alla lettura del testo risulta abbastanza evidentel’intenzione – quasi punitiva – nei confrontidelle categorie di lavoratori: la questione delcontratto è annosa e si trascina dal 2003, ancheper la rigidità di artisti ed operatori; il decretopone numerosi vincoli aggiuntivi (vedi box alato) proprio in caso di mancato rinnovo, cer-cando di costringere così le parti, e specialmen-te i lavoratori, a giungere ad un accordo. Se èvero che qualcuno ha cercato di difendere posi-zioni di privilegio, occorre anche ammettereche ricondurre il negoziato, affidandoloall’ARAN, al modello degli altri dipendentipubblici significa non riconoscere le specificitàdi un settore particolarissimo.È questo il cuore del decreto: una manovra dicontenimento dei costi, volta a ridurre il deficitper attirare il capitale privato, nell’ottica di unaprogressiva uscita del pubblico dalla gestione.Ma se questo è possibile a Milano, capitaledella finanza, dove la Scala chiude da anni ilbilancio in pareggio, è onesto ipotizzare cheavvenga davvero anche nel resto d’Italia, doveil tessuto produttivo non è altrettanto florido?Le associazioni private (come la Società delQuartetto di Vicenza) da sempre si confrontanocon questo problema e possono insegnaremolto in fatto di ricerca di fondi e utilizzo ocu-lato delle risorse: i 14 enti lirici italiani sonoperò un patrimonio per tutto il paese, che nonpuò essere disperso.La cultura va salvaguardata, anche se non pro-duce direttamente ricchezza: essa non è unaattività accessoria, che trova posto solo neitempi migliori; “la musica non è un lusso, èuna necessità… è l’espressione fisica dell’ani-ma” ha commentato il maestro Barenboim inproposito: ci auguriamo davvero che tutti se nerendano conto.●

Andrea Scarpari

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Concetti nuovi,ballerini “vecchi”?Alcune novità introdotte dal Ministero

L’obiettivo dichiarato del decreto Bondi èquello di favorire l’ingresso di capitali priva-ti negli enti lirici, cercando di rimediare allaloro dissestata situazione finanziaria. Esso siconcentra sull’organizzazione delle fonda-zioni, introducendo concetti nuovi come“ imprenditorialità” e “economicità” nellagestione, superando la precedente disposi-zione (D.lgs 376/96) che ne sottolineaval’indirizzo non lucrativo.Oltre ai principi, la nuova norma si soffermasui rapporti con il personale (tecnico ed arti-stico) dei teatri e sulle modalità di nuoveassunzioni: esse sono bloccate fino al 2012,e dal 2013 dovranno essere preventivamen-te autorizzate dal Ministero. In caso di man-cato rinnovo del contratto nazionale (scadu-to nel 2003), vengono vietati gli impegniextra-curricolari dei musicisti a partire dal 1°gennaio e viene dimezzato il contratto inte-grativo locale. La trattativa sul rinnovo con-trattuale passa dal Ministero all’ARAN(Agenzia per la Rappresentanza Negozialenelle pubbliche amministrazioni), come pertutti i dipendenti pubblici. Infine, sonomodificate alcune disposizioni in materiaprevidenziale, fra cui spicca l’innalzamentoa 45 anni dell’età pensionabile per i balleri-ni. (a.s.)

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