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Anno XI Numero 10 Mensile in A.P. 70% - C.P.O. Vicenza Novembre 2009 in punta di dita Arriva a Vicenza, in punta di piedi, un intramontabile Franco Cerri: col dito puntato su un’Italia ancora senza musica a scuola, e con tanta voglia di “suonarle ancora”.

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Arriva a Vicenza, in punta di piedi,un intramontabile Franco Cerri:col dito puntato su un’Italiaancora senza musica a scuola,e con tanta vogliadi “suonarle ancora”.

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Anno XI - Numero 10 Novembre 2009

coordinamento editorialeGiovanni CostantinicollaboratoriFilippo LovatoPaolo MeneghiniAndrea ScarparifotoLuca Zanon

per le altre foto l’Editore è a disposizione di quanti provassero diritti di Copyright

Periodico di cultura, musica e spettacolodella Società del Quartetto di VicenzaDirettore Resp.: Matteo SalinEditore: Società del Quartetto di VicenzaRedazione: vicolo cieco Retrone, 24 Vicenza - Tel. 0444/543729 Fax 0444/543546http//:www.quartettovicenza.orgemail:[email protected] iscritto al registro Stampa del Tribunale di Vicenza n. 977Impaginazione: VitoCatozzo & d.G.C.Stampa: Tipografia Pavansu carta Cyclus offset da 90 g/mqTiratura 3000 copie

Per questo numero si ringrazia:Michele Calgaro, Marco Scilironi,Francesca Vidal, Filippo Gamba, Anna Toniolo, Mario Lanaro

Paolo PigatopresidenteRiccardo De Fonzovice presidentePiergiorgio Meneghinidirettore artisticoAntonino ManganotesoriereconsiglieriDonata Folco Zambelli CattaneoPaolo CaoduroFabio PupilloLuca Trivellatorevisori dei contiAntonio Dal MasoLorenzo MarcanteDavide PellizzaroorganizzazioneAdriana CristiniGiovanna ReghellinamministrazioneSandro Pupilloaffari generaliGiovanni Costantiniprogetti e comunicazioneMaria Carolina di Valmaranarelazioni esterneufficio stampaPaolo Meneghini Tro

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MusicaMesePanocha, 40 primavere in musicadi Paolo Meneghini 4MusicaMeseCerri, quel vecchio fracdi Filippo Lovato 6

Registri&NoteUn libro scritto per cantaredi Mario Lanaro 14

Frasi&AccordiIntervista a Michele Calgarodi Giovanni Costantini 11DissonanzeUn passaporto per il futurodi Giovanni Costantini 12

Registri&NoteLasciate che i bambini…a cura di Giovanni Costantini 15

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no

ta“Ignoranza…non saprei come altri-

menti spiegarmi le scelte italianesulla musica a scuola se non con

l’ignoranza dei nostri politici”. Chiaro e ton-do, come la voce del suo violino: SalvatoreAccardo così ha esternato ai microfoni delTgR Veneto il suo punto di vista sui tagli allacultura - “legittimi, se fossero mirati a chi la-vora male”, ha poi aggiunto - e sulla carenzadell’insegnamento delle sette note e della lo-ro storia nella scuola italica.Col mese di novembre arriva la seconda “do-se”, firmata Franco Cerri, altro big della mu-sica colta italiana, seppure di un’altra “fami-glia”, quella del jazz. In una recente intervi-sta, il chitarrista milanese - in concerto al Co-munale di Vicenza il 23 novembre – ha affer-mato dall’alto dei suoi ottantatre anni com-piuti: “La musica è l’unica medicina senza con-troindicazioni: il mio grande desiderio sareb-be di vedere finalmente l’educazione musica-le nelle scuole, alla stessa stregua di tutte lepiù importanti discipline formative.”Intanto, il Musicare di questo mese vi raccon-ta della storia lontana di un quartetto natonella Primavera di Praga, il Panocha - sul pal-coscenico della Stagione il 4 novembre -, edella storia vicina, attuale, di giovani musici-sti italiani costretti ad emigrare per vivere dimusica.Cercando di fare nostra l’eleganza e la spe-ranza dell’essere musicisti che maestri comeCerri e Accardo ci trasmettono, non rinuncia-mo a scommettere sul futuro, presentandovianche una nuova pubblicazione didattica perle scuole (“Scrivi che ti canto 2009”) ed inumeri e qualche “scatto” della partecipazio-ne degli studenti alle prove aperte di “Nottitrasfigurate”. ●

Giovanni Costantini

Immagine di copertina:Franco Cerri

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Sono passati poco più di 40 anni dalla Pri-mavera di Praga del 1968. Le riformepolitiche di Alexander Dubcek che aveva-

no introdotto in Cecoslovacchia un “Socialismodal volto umano” non si proponevano, in realtà,di rovesciare completamente il vecchio regimee di staccarsi definitivamente dall’Unione So-vietica: il progetto intendeva invece mantenereil sistema economico collettivista affiancandoviperò una maggiore libertà politica, di stampa edi espressione.Ciononostante, queste istanze vennero interpre-tate da Mosca come una grave minaccia all’e-gemonia dell’URSS sui Paesi del blocco orien-tale e nella notte fra il 20 e 21 agosto del 1968Leonid Breznev diede ordine di invadere laCecoslovacchia con mezzo milione di soldati ealmeno 6 mila carri armati. L’Occidente rimasealla finestra, limitandosi a sterili proteste diplo-matiche, poiché era lampante che il rischio diuno scontro nucleare in quei tempi di GuerraFredda non consigliava di sfidare la potenzamilitare sovietica schierata nell’Europa centrale.

Intanto, per i cittadini di Praga, la vita continua-va; doveva continuare, nonostante tutto.Proseguiva, in qualche modo, anche la vitamusicale, forte peraltro di una straordinaria tra-dizione che nella prima metà del Novecentoaveva fatto fiorire un’importante scuola quartet-tistica che aveva avuto i suoi rappresentanti dimaggior rilievo in tre formazioni che natural-mente la Società del Quartetto non ha fattomancare al proprio pubblico: il Quartetto Sme-tana (il 7 novembre 1979), il Quartetto Janácek(il 23 marzo 1966) ed il Quartetto di Praga (nel-la stagione 1913-14).Il Quartetto Panocha, che si inserisce in manierainconfondibile in questa tradizione del quartettoceco per il suo repertorio, ma soprattutto per ilmodo di interpretare e vivere la musica da ca-mera, nasce proprio in quel tragico 1968 dall’in-contro di quattro giovani studenti del Conser-vatorio di Praga: Jiri Panocha (violino), PavelZejfart (violino), Miroslav Sehnoutka (viola),Jaroslav Kulhan (violoncello).Il primo grande successo ottenuto nel 1975 al4

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Scuola boema e classicismo viennese a confronto, nel concerto al Comunale

Panocha, 40 primavere in musicaDal ’68 di Praga alla vittoria dello “Spring International”, un quartetto d’archi che è storia

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“Prague Spring InternationalString Quartet Competition”lo fa conoscere a livello inter-nazionale e da allora il nomedel Quartetto Panocha è presen-te nelle stagioni delle maggioriistituzioni concertistiche euro-pee, ma anche negli Stati Uni-ti, in Canada, in Giappone, Nuo-va Zelanda, Israele e Messico.Le incisioni discografiche deiQuartetti di Martinu e soprat-tutto dell’integrale dei Quar-tetti di Antonín Dvorák hannovalso al “Panocha” i più pre-stigiosi riconoscimenti dellacritica internazionale.Martedì 3 novembre il Quar-tetto Panocha si ripresenta alpubblico della Società delQuartetto (dopo alcune appari-

zioni al festival “Omaggio aPalladio” a fianco di AndrásSchiff) con un audace quantoinsolito programma architetta-to come una sorta di “botta erisposta” fra i maggiori com-positori della scuola musicaleboema del XIX secolo ed il“classicismo viennese” di Mo-zart e Haydn.Il Terzetto in do maggiore op.74, che apre il concerto, è unbrano composto in una solasettimana (dal 7 al 14 gennaiodel 1887) per l’insolito organi-co di due violini e viola da unAntonín Dvorák che aveva fi-nalmente trovato un periodo dipace dopo gli onori e le fatichedella ribalta internazionale. ADvorák viene subito contrap-

posto il Quartetto il sol mag-giore KV 80 composto, duran-te il suo primo viaggio in Ita-lia, da un Mozart appena quat-tordicenne.La seconda parte del concertoci riporta ad un altro illustreesponente della scuola musi-cale boema, Zdenek Fibich,del quale sarà eseguito il Quar-tetto n. 2 in sol maggiore op.8. In chiusura un capolavorodi Haydn (il Quartetto in remaggiore op. 76/5), compostoin un periodo particolarmentefelice del genio austriaco cheera da poco rientrato dal suosecondo trionfale soggiorno aLondra.●

Paolo Meneghini

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martedì 3 novembre 2009ore 20.30 teatro Comunale

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Franco Cerri è un uomogentile, e non è solo me-rito dei suoi ottantatre

anni e mezzo. “Ho fatto a tem-po a vivere in un periodo incui c’era ancora poesia, c’eragrande educazione e rispettoper il prossimo”, ha dichiaratoin un’intervista a Mimmo Spi-na. Nella prima metà del seco-lo i jazzisti vestivano in smo-king. Non era arrivato ancorail tempo dei camicioni sopra lebrache, del casual intellettuale.E anche se il jazz sovvertiva lageometria del ballo borghese,se ribolliva di scarti inattesi, diun’espressività malinconicache offendevano l’orecchio be-neducato, se riportava in augel’improvvisazione e riversava

in occidente il ritmo impetuo-so dei tamburi d’Africa, anchese quella musica dava suonoalle rivendicazioni di una mi-noranza oppressa, proponen-dosi di fatto come mezzo d’e-spressione per chi era “con-tro”, i sacerdoti del genere, iRobespierre, Danton e Maratd’America stavano ritti e inap-puntabili sul palco a suonare,con il loro bello sparato e il far-fallino, magari nei locali equi-voci.Franco Cerri è un chitarrista ingiacca e cravatta, un artista dalnodo inappuntabile che calzail vestito con l’eleganza di chiha dalla sua un fisico slanciatoe asciutto. Entra in scena conla sua fida L5 Gibsone un

misto di scrupolo e timidezza.È il figlio di una Milano indu-striosa e sobria, di un tempo or-mai andato. “Penso sempre al-le cose che mi mancano. Quel-le che sono riuscito a fare ècome se non avessero più va-lore”. Il jazzista meneghinosembra rimproverarsi d’esserestato un autodidatta, perchéchi ha imparato da sé non èmai certo che la sua prepara-zione sia adeguata.A diciassette anni e mezzo ilpadre esaudisce un suo deside-rio. “Volevi la chitarra? E ades-so suonala.” Franco cominciaa strimpellare, acquista dei me-todi didattici e si impratichiscecon le sei corde. L’amico Giam-piero Boneschi, che studiava6

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Il 23 novembre a Vicenza un grande maestro del Jazz, con Calgaro e Gurrisi

Franco Cerri, quel vecchio fracUn galantuomo che “ce le suona” da ottantatre anni, con la sua L5 Gibson

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pianoforte al Conservatorio,gli dà qualche dritta. Ma sonogli anni della guerra e il regi-me non ama il jazz. Poi la svol-ta: Gorni Kramer lo ascolta suo-nare, sembra per caso, e lo in-gaggia facendolo entrare nellasua orchestra. È il 1945. “Maho fatto tanti lavori, il murato-re, l’ascensorista, il fattorino,l’impiegato alla Montecatini”.E da autodidatta impara anchea pizzicare il contrabbasso.Nel 1949, a ventitre anni, Cer-ri suona all’Astoria di Milanoaccanto a Django Reinhardt,secondo Woody Allen (vedere“Sweet and Lowdown”) il piùbravo chitarrista jazz al mon-do. Hanno imparato entrambida soli. Django si sottopose asforzi strenui per dotare le ditarimaste della sua sinistra, me-nomata da un incendio, dellaforza e flessibilità necessarie acorrere sulla tastiera. Cerri sep-pe forgiare la sua tecnica conun occhio a quello che volevaesprimere (più avanti pubbli-cherà anche un metodo didat-tico per chitarra).Il musicologo Maurizio Fran-co descrive così il suo stile:“Si è formato jazzisticamentecon il be-bop, la cui frenesiaangosciosa è stata temperatanel tempo dalla ricerca di ar-monie morbide e suadenti. Nederiva un fraseggiare costruitosui contrasti, sulla successionedi segmenti melodici ancheeterogenei e frutto di un’ispi-razione feconda, basata sulfeeling del momento, mai pre-costituita o infarcita di cliché.”Quello con il gitano è solo unodegli incontri con le star del

genere che fecero di Cerri ilpiù internazionale dei jazzmannostrani. Cerri collabora anchecon Barney Kessel (che tantolo influenzerà), Chet Baker,Dizzy Gillespie, Gerry Mul-ligan, Jean Luc Ponty e altriancora. Ma lavora anche con ilquartetto Cetra, Natalino Otto,Mina, Giorgio Gaber, BrunoLauzi. A “Fine serata”, la tra-smissione da lui condotta inRAI, Enzo Jannacci e LucioDalla si rivelano per essere ilprimo uno scatenato tastieri-sta, l’altro un clarinettista bril-lante che si concede qualcheescursione nello scat. Cerri pro-muove il talento del pianistaDado Moroni e del percussio-nista Tullio De Piscopo. Nel1980 il chitarrista meneghinotrova in Enrico Intra, pianista ejazzista di meditata espressivi-tà, un partner che rinverdiscela sua ispirazione.Per i suoi ottant’anni si sonoritrovati in tanti amici: c’eranoEnrico Rava, Franco Ambro-setti e Claudio Fasoli, De Pi-scopo, Lauzi e Moroni, e c’erapersino Piero Angela ad acca-rezzare il pianoforte. Eppure aFranco Cerri non è parso verodi essere riuscito a vivere suo-nando. “Uno fa della musica,ma non è sicuro... Fa un po’strano.” Non sono poche leparole spese a favore dei mu-sicisti e della musica nei suoiinterventi più recenti. Scrive:“Io dico sempre che «abbiamobisogno della musica come cia-scuno di noi ha bisogno di re-spirare» e anche nei momentipiù difficili «la musica è l’uni-ca medicina senza controindi- 7

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lunedì 23 novembre 2009ore 20.30 teatro Comunale“in punta di dita”Franco CerriMichele Calgaro, Alberto Gurrisi

“Ho fatto a tempo a vivere in un periodo in cui c’era ancora poesia, c’era grandeeducazione e rispetto per il prossimo”

“La musica è l’unicamedicina senza controindicazioni: il mio grande desiderio sarebbe di vedere finalmente l’educazione musicalenelle scuole, alla stessa stregua di tutte le più importanti disciplineformative.”

“Sono stato bravo a non schiacciare ipiedi al mio prossimo e a toglierli per tempo,per non farmeli schiacciare”

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cazioni»: il mio grande deside-rio sarebbe di vedere final-mente l’educazione musicalenelle scuole, alla stessa streguadi tutte le più importanti disci-pline formative.” E ancora:“Quando iniziai, nei locali enegli alberghi le orchestre ave-vano ingaggi della durata diben due ed anche tre mesi.Oggi è molto diverso! Se quel-la continuità lavorativa si po-tesse riproporre, si favorirebbela formazione di gruppi stabili,il che darebbe origine a un sa-lutare affiatamento, una mag-giore dimestichezza con lo stru-mento e quindi una crescitaprofessionale! Cosa sta acca-dendo invece? I concerti a vol-te hanno luogo con musicistidifferenti, salvo qualche casofortunato, e, sempre più frequen-temente, si va in scena senzaneanche aver provato!”Malgrado tutto questo restal’amore per la musica, una ri-vale con cui la signora Cerriha imparato a convivere. “Quan-do non suono in giro, sto conla mia famiglia, anche se miamoglie mi rimprovera di averesempre la musica in testa”. Il23 novembre Franco Cerri ver-rà a Vicenza. Dalle 20.30, nel-la sala grande del Comunale,proporrà jazz standard e origi-nal assieme a Michele Calgaro(chitarra) e Alberto Gurrisi (or-gano). Il concerto si intitola“In punta di dita”, un titolo az-zeccato per un artista che hacoltivato il suo talento coninstancabile dedizione, che hasaputo imporsi per la poesiadei suoi accordi e non per ilfrastuono delle sue provoca-zioni, per un uomo garbato eonesto che ha detto di sé: “So-no stato bravo a non schiaccia-re i piedi al mio prossimo e atoglierli per tempo, per nonfarmeli schiacciare”. ●

Filippo Lovato10

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M ichele Calgaro, diplomato con il mas-simo dei voti presso il conservatoriodi Vicenza, chitarrista jazz professio-

nista - nonostante ami definirsi un eterno “dilet-tante”, in quanto amatore del proprio lavoro - hatenuto più di mille concerti in Italia e all’estero eregistrato 30 cd. Il prossimo 23 novembre saliràsul palco del teatro della sua città per duettarecon un pezzo di storia della musica italiana, ilmaestro Franco Cerri. Ed il titolo del concerto ègià un programma: “In punta di dita”…Michele Calgaro, come nasce l’idea di unconcerto con Franco Cerri?“In questi anni ci siamo più volte incrociati inalcuni palcoscenici italiani e un paio di queste ciè capitato di “jammare” assieme con reciprocodivertimento e rispetto, due componenti moltoimportanti nella musica e per le quali abbiamoun’affinità comune. Da qui l’idea di dare conti-nuità a questa collaborazione, anche se non misarei permesso di chiedere a Franco di suonareassieme se non fosse stato lui ad incoraggiarmie proporre questa eventualità, della quale sonomolto orgoglioso. Del resto se penso che ha giàsuonato con Django Reinhardt, Jim Hall, Bar-

ney Kessell, Tal Farlow, George Benson...”.Parlaci di questo organico: organo e due chi-tarre...“La mancanza della sezione ritmica (basso ebatteria) apre delle possibilità dinamiche chevalorizzano appieno la sensibilità musicale diFranco, abilissimo a sfruttare anche il “pianissi-mo”, e permettono di utilizzare tutte le poten-zialità tecniche ed espressive della chitarra, stru-mento polifonico dall’ampio registro. In que-st’ottica il trio è stato pensato come la somma didue duetti (chitarra e organo, e due chitarre) inmodo da consentire maggiore varietà timbrica edi combinazioni di organico. Il concerto si svol-gerà in questa direzione, dal solo al trio passan-do per vari duetti.”Cosa significa per Michele Calgaro salire suun palco con Franco Cerri?“Una grande esperienza non solo musicale maanche umana. È una persona di una classe inarri-vabile, che ti consente di dimenticare per un po’l’esistenza dell’arroganza, anche nella musica.”Perchè “In punta di dita”?“Per non disturbare.”●

G.C.

“In punta di dita”: un titolo che è un programma, per due chitarre e un organo

Calgaro: “Con Franco, divertimento e stima”Intervista al chitarrista vicentino sull’ebbrezza di suonare con un maestro come Cerri

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Capita che a forza di parlare di immigra-zione ci si dimentichi del fenomeno op-posto, ossia dell’emigrazione. Possibile

che qualcuno desideri oggi andarsene dal Bel-paese, dove il successo e la fama sono a portatadi telecomando? Chiedetelo a tanti musicisti ita-liani che, nonostante l’indubbia bravura e pro-fessionalità, non trovano né successo né famanel loro paese, e la risposta sarà sì.Capita che due dei tre pianisti della Musikacka-demie der Stadt Basel(l’Accademia Musicaledella città di Basilea), che il 23 agosto scorso sisono esibiti alla chiesetta dei Santi Filippo eGiacomo per la rassegna Estatequi* del Comu-ne di Vicenza, siano non solo italiani ma addirit-tura veneti. Il maestro Scilironi e la professores-sa Vidal, il primo padovano, la seconda di SanDonà di Piave, risiedono nella svizzera Basileaper coltivare l’arte della musica in un’Accade-mia internazionale. Vista da un’altra prospetti-va, però, è anche la storia di Marco (Scilironi) e

Francesca (Vidal), due ragazzi poco più cheventenni che, per portare avanti una professioneche qui è considerata un lusso - fare i pianisti,essere musicisti - sono stati costretti ad emigrarein un altro Paese, lasciando la propria città.“Io non sto benissimo a Basilea - ci confida Fran-cesca, smontando un po’di “esterofilia” - infattitorno a casa più che posso! La musica mi hasempre fatto girare molto, ci sono abituata, maora vorrei stabilizzarmi un po’qui”.Ma con quale grande maestro studiano France-sca e Marco per aver scelto la Musikackademiedi Basilea? Con un certo Filippo Gamba, vero-nese, ottimo interprete, solista e camerista delpianoforte, con un curriculum talmente straordi-nario da non aver trovato posto in un Conser-vatorio italiano, dovendosi così “accontentare”di tenere il corso di Kunstlerische Hauptpianoalla Hochschuledell’Accademia di Basilea. Dunque, ricapitolando, due pianisti veneti van-no a Basilea per studiare con un maestro veneto.

Riflessioni, musicali e non, dopo un concerto e quattro chiacchiere

Un passaporto per il futuroCultura italiana: storie di emigrazione in tempi di immigrazione

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Verrebbe da sorridere, se non fosse che, come cispiega Marco, “là il telefono squilla”. Tradotto:in Svizzera si lavora. “Ho frequentato, quasi percultura personale, un corso di direzione d’or-chestra - prosegue Marco, riferendosi alla Musi-kackademie- e poco più di una settimana dopomi hanno chiamato a dirigere un’orchestra distudenti svizzeri!”. Sorride Marco, scherza intedesco con Yunjung Koo, la terza pianista dellagiornata e, sempre più “straniero” all’Italia, cifornisce i documenti da residente all’estero.Il violoncellista Rocco Filippini - assiduo ospitedel Teatro Olimpico -, accademico di Santa Ce-cilia a Roma, docente all’Accademia Stauffer diCremona e già al Conservatorio di Milano, non-ché musicista di altra generazione, scherzandoammise: “Suono in Italia, insegno in Italia, vivoin Italia…ma il passaporto rosso non si strappamai”. Alludeva a quel passaporto svizzero cheFrancesca non impazzisce dalla voglia di avere,che il maestro Gamba non avrà mai e che Marcoforse un giorno strapperà col “sì” di una donna,nuovo emigrante in tempi di immigrazione.Chi lo sa, magari un giorno capiterà che nei“ragionamenti” dei ministri italiani su welfare,offerta e richiesta di lavoro in Italia, si cominci aconsiderare anche l’emigrazione come un peri-colo sociale, oltre all’immigrazione. Nel frat-tempo, il telefono del maestro Marco Scilironi,in Svizzera, continua a suonare; il campanellod’allarme, in Italia, ancora no.●

Giovanni Costantini

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…Esiamo al fascicolo: la fasefinale della V edizione delConcorso poetico Scrivi che

ti canto2008/2009. Una ricca antologia pensa-ta come strumento podagogico per insegnanti,con dieci nuove composizioni. Altro esempiotangibile di un’attenzione – quella della Societàdel Quartetto di Vicenza - rivolta proprio almondo della scuola. Dopo un anno di intensa attività didattica -Corso di aggiornamento sui temi “La vocalità”e “Il gesto”, otto Laboratori corali nelle scuoledel vicentino, la Festa corale al Teatro Co-munale di Vicenza, ora il fascicolo (con il con-sueto CD guida) che si compone dei quattrobrani vincitori del Concorso; seguono poi trecanti sui testi segnalati dalla giuria,un’appendice con altre tre compo-sizioni e due schede didattiche per idocenti: livelli e stili diversi persoddisfare le varie esigenze del-l’età scolare. Brani adatti al lavoro in classe,per sviluppare l’uso corretto del-l’emissione, della pronuncia, delrespiro, dell’ascolto; far coro,insieme, il modo più semplice,bello, completo di vivere l’espe-rienza musicale. Lo stesso branosi lascia poi trasformare in pic-cola azione scenica: serve lafantasia degli alunni e la creati-vità del docente, facile opera-zione dato che i testi nasconosui banchi di scuola.La Società del Quartetto, inco-raggiata dalla sempre crescen-te richiesta, ha affiancato aidocenti Mario Lanaro e Fede-rico Zandonà, altri preparatimusicisti vicentini: Jose Bor-go e Lorenzo Fattambrini perl’insegnamento, AlessandroCosta e Diego Girardelloper la composizione; un rin-graziamento va anche a Gio-vanni Costantini, Elena Bia-

si e Sandro Pupillo per il lavoro organizzativo. Queste nuove collaborazioni, la pubblicazionedel presente fascicolo, una progettualità indiriz-zata a soddisfare le reali esigenze del mondodella scuola confermano una realtà in espan-sione: ne siamo coscienti e orgogliosi, conside-rando anche le difficoltà economiche e di con-tatto con cui dobbiamo “fare i conti” in questitempi. Un grazie sentito, dunque, a chi, come Vene-tobanca, ci sta sostenendo in questo progetto, ea chi, con sensibilità e generosità ci ha datonuova linfa: la professoressa Enrica Volpi.A tutti l’augurio di tanta musica, nella voce,negli occhi e nel cuore. ●

Mario Lanaro

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“Scrivi che ti canto”: una nuova pubblicazione del Quartetto

Un libro scritto per cantareLanaro: “Una ricca antologia pensata come strumento pedagogico”

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Ebbene sì: anche que-st’anno il maestro Sal-vatore Accardo ha la-

sciato che i bambini andasseroa…lei. Alla musica, quella suae dei suoi colleghi, impegnatinei concerti di “Notti trasfigu-rate”. O, meglio ancora, ha per-messo che la musica di grandiautori dei secoli scorsi andassea “investire” di sensazioni ed e-mozioni il pubblico delle scuo-le di Vicenza e provincia.La risposta non è mancata,portando il Salone d’Apollo diPalazzo Leoni Montanari a re-gistrare numeri elevati e sorrisicompiaciuti da parte di tutti ipresenti, musicisti e giovani a-scoltatori, ai tre giorni di proveaperte: più di 400 studenti, inrappresentanza di una ventinadi scuole della provincia, pri-marie e secondarie.Ascolto che, in qualche caso, siè tradotto poi in disegni e crea-zioni ad opera dei bambinidelle scuole primarie. Due ma-gliette della scuola in regalo al-le gemelline Accardo, invece,per i ragazzi della scuola se-condaria “Dalle Laste” di Ma-rostica.Autografi e foto a parte, la nu-trita presenza e partecipazionesilenziosa (o “silenzio parteci-pato”) di così tanti giovanissimiha riconfermato l’importanzadell’iniziativa delle Gallerie diPalazzo Leoni Montanari (sedemuseale di Intesa-Sanpaolo),resa possibile dalla disponibilitàdegli artisti e dall’organizzazio-ne della Società del Quartetto. 15

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Lasciate che i bambini…Più di 400 studenti ai tre giorni di prove apertedi Accardo e amici a Palazzo Montanari

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Libreria Galla 1880– Libreria Librarsi

– Libreria Traverso– Liceo “Pigafetta” – Liceo “Lioy”

– Scuola Media “M

affei” – Scuola Media “Giuriolo”

Istituto “Fogazzaro” – Istituto “Montagna” – Conservatorio di M

usica “Pedrollo” –Biblioteca B

ertoliana “Palazzo Costantini” – Teatro Olimpico

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otel Cristina–

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po Marzo

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Biblioteche e luoghi culturali dei principali centri urbani della provincia di Vicenza…

agli abbonati alla stagione concertisticadella Società del Quartetto di Vicenza

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