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La pancreatite acuta in pediatria ® 1 EMERGENZA E URGENZA Periodico quadrimestrale di informazione e dibattito della Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP) riv ist a di PEDIATRICA Anno 8 - numero 1 / marzo 2014 Vademecum del chirurgo SIMEUP Rachicentesi Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfida per il pediatra di Pronto Soccorso Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica Approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranico

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La pancreatite acuta in pediatria

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EMERGENZA E URGENZA

Periodico quadrimestrale di informazione e dibattitodella Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP)

rivista diPEDIATRICA

Anno 8 - numero 1 / marzo 2014

Vademecum del chirurgo SImEUP

Rachicentesi

Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza

Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfida per il pediatra di Pronto Soccorso

Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica

Approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranico

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Direttore Responsabile

Antonio Vitale

Direttore Scientifi co

Salvatore Renna

Comitato di Redazione

Gianni Messi – Nicola Monterisi

Danilo Vicedomini – Giovanna Villa

sommario1

Anno 8 - numero 1 / marzo 2014

numero

Approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranicoL. Da Dalt, A. Amigoni, A. Nocerino, N. Parri, P. Peretta, F. Selmin, M.P. Vardeu pag. 5

RachicentesiM.C. Diana, B. Tubino, S. Rosina, S. Renna pag. 16

Vademecum del chirurgo SIMEUPS. Norbedo, M.G. Scarpa, M. Gasperini pag. 37

Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatricaP. Gianiorio pag. 44

La pancreatite acuta in pediatriaT. Bellini, S. Vignola, P. Gandullia pag. 26

Lo stato di male in Pediatria d’UrgenzaA. Palmieri, S. Buratti, P. Striano, MP. Baglietto, P. Di Pietro, E. Piccotti, C. Russo, M. Marchi, S. Renna pag. 20

Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfi da per il pediatra di Pronto SoccorsoG. Monti, E. Castagno, M. Lupica, V. Tarasco, S. Viola, A. Urbino pag. 33

EDITORIALE pag. 3

Tutti i diritti sono riservati.

Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o

conservata in un sistema di recupero o trasmessa in qualsiasi

forma, o con qualsiasi sistema elettronico, meccanico, per mezzo

di fotocopie, registrazioni o altro, senza un’autorizzazione scritta

da parte dell’Editore.

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80125 Napoli

Tel. 081 621911

Fax 081 622445

e-mail: [email protected]

Presidente

Antonio Urbino

Vice Presidente

Riccardo Lubrano

Past President

Gianni Messi

Tesoriere

Stefania Zampogna

Segretario

Francesco Pastore

Consiglieri

Alberto Arrighini – Francesco Bellia – Antonio Cualbu

Luciano Pinto – Simone Rugolotto – Giuseppe Ruscetta

Revisori dei conti

Giovanni Capocasale – Agostino Nocerino – Pietro Scoppi

Per invio contributi, commenti e richiesta ulteriori informazioni,

si prega contattare la Direzione Scientifi ca:

Tel. 0825.503417 – Fax 0825.203459

E-mail: [email protected]

Direzione Editoriale

Marco Iazzetta

Marketing e Comunicazione

Stefania Buonavolontà

Redazione

Antonio Caporali

Sara Troisi

Amministrazione

Andrea Ponsiglione

Grafi ca e impaginazione

Diego Vecchione

®

EMERGENZA E URGENZA

Periodico quadrimestrale di informazione e dibattitodella Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP)

Registrazione al Tribunale di Napoli n. 79 del 1-10-2008

rivista diPEDIATRICA SIMEUP

SIMEUP

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2 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1

ISTRUZIONI GENERALILa lunghezza raccomandata per ogni articolo è di circa 12000 battute totali* (4 pagine circa ad articolo).Le tabelle e le immagini vanno considerate come parte integrante del testo, calcolando per ognuna di esse almeno 2000 battute.

Esempio:• Testo 6000 battute• 2 immagini 4000 battute• 1 tabella 2000 battute• Totale 12000 battute

TESTODeve essere riportato il titolo dell’articolo, l’Autore (nome, cognome), le affi liazioni e l’indirizzo completo (con telefono, fax, e-mail) per l’invio della corrispon-denza. Indicare allo stesso modo anche gli eventuali collaboratori.

ICONOGRAFIAL’iconografi a è costituita da grafi ci, foto e tabelle, corre-date di didascalie.

Foto e grafi ciDovranno essere indicati in ordine progressivo con numeri arabi, con riferimento nel testo, secondo l’ordine in cui vengono citati. Saranno quindi riportati, separatamente dal documento di testo, in fi le distinti in formato .jpg, .bmp, .pdf ad alta risoluzione. Si prega di non utilizzare im-magini in Power Point o in Word. Le foto che riproducono pazienti non dovranno riportare l’identità del soggetto e comporteranno l’accettato consenso alla pubblicazione da parte del genitore o di chi fa le veci del paziente. Per ogni immagine sottrarre 2000 battute dal computo totale. Le relative didascalie dovranno essere riportate in un ulte-riore documento di testo (.doc/.docx) e indicate in ordine progressivo con numeri arabi.

TabelleDovranno essere indicate con numeri romani, con rife-rimento nel testo, secondo l’ordine in cui sono citate.

Saranno quindi riportate, separatamente dal documento di testo, in fi le distinti in formato .doc/.docx e /o .xls/.xlsx. Le relative didascalie, in lingua italiana, dovranno essere riportate separatamente in un ulteriore documento di testo (.doc/.docx). Per ogni tabella sottrarre 2000 battute dal computo totale. Nel caso la tabella risultasse strutturata in più di 20 righe, è opportuno sottrarre dal computo totale 3000 battute.

BIBLIOGRAFIARiferimenti alla letteratura rilevante. Dovrà essere ci-tata in ordine progressivo e redatta secondo lo stile consigliato dalla National Library of Medicine per il suo database (MEDLINE). Gli articoli a fi rma di tre o più au-tori riporteranno i nomi degli stessi seguiti da “et al.”. Esempio:

Citazione articoloHoxhaj S, J ones LL, Fisher AS, et al. Nurse staffi ng levels af-

fect the number of Emergency Department patients that leave

without treatment. Acad Emerg Med 2004; 11 (5): 459-45c.

Citazione di libroVehaskarivivm, Robson AM. Proteinuria. In: Pediatrie Kidney

Disease, edited by Edelman CM Jr, Boston, Little, Brown and

Co., 1992; 531-51.

Citazione atti di ConvegnoMurray C. AIDS and the Global Burden of Disease. Presen-

ted at the 19th Conference on Retroviruses and Opportunistic

Infections (CROI), Seattle, USA, March 5-8, 2012. Paper 128.

LETTERA DI ACCOMPAGNAMENTODeve essere acclusa al lavoro con le fi rme degli Autori che dichiarano l’originalità del materiale.

INVIO MATERIALEIl materiale, in formato elettronico (contenente la ver-sione fi nale del Lavoro), dovrà essere inviato diretta-mente alla Redazione Scientifi ca Menthalia, a mezzo e-mail, all’indirizzo [email protected], con oggetto Rivista di Emergenza e Urgenza Pediatrica.

NOTE AGGIUNTIVESi possono riportare alla fi ne del lavoro.

Istruzioni per gli Autori

*In Microsoft Offi ce Word 2007 e versioni successive, per verifi care il numero esatto di battute, nel gruppo Strumenti di correzione della scheda Revisione, selezionare Conteggio parole, quindi con-sultare la voce Caratteri (spazi inclusi).

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EDITORIALE

rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 3ANNO 8 - numero 1

Antonio UrbinoPresidente Nazionale SIMEUP

Questo numero della rivista esce in occasione del 10° Congresso Nazionale SIMEUP che si tiene a Torino

dal 27 al 29 marzo 2014.

Il Direttivo Nazionale SIMEUP, grazie anche all’impegno dei soci che hanno collaborato, è particolarmente

orgoglioso di presentare queste due importanti iniziative che arricchiscono enormemente la vita societaria.

La rivista esce da qualche mese con una certa regolarità e la sua diffusione online l’ha resa facilmente fruibile

ai soci con costi contenuti. In occasione del Congresso di Torino si è deciso di stampare e regalare a tutti

i congressisti questo numero per permettere anche a chi non la conosce di apprezzarla ed eventualmente

decidere di abbonarsi.

Molti i contributi scientifi ci inviati dagli specializzandi a dimostrazione che la rivista per la sua praticità è

particolarmente apprezzata soprattutto dai giovani medici.

Il 10° Convegno Nazionale SIMEUP come sempre è un convegno medico e infermieristico perché

quando c’è un’urgenza ci si trova a lavorare insieme e il successo dipende molto dalla preparazione e dalla

collaborazione del team che interviene.

Il titolo: “MI PUÒ CAPITARE! Le urgenze pediatriche sul territorio, in pronto soccorso, in reparto”

vuole sottolineare che qualunque sia la sede in cui ci si prende cura di un bambino può esserci un’urgenza

che ci coinvolge. È importante conoscere le cose da fare a diversi livelli d’intervento in modo da dare al

bambino il massimo delle chance possibili.

L’occasione sarà utile per permettere ai soci impegnati nelle tante attività della società di ritrovarsi per

discutere e portare avanti i tanti obiettivi che la SIMEUP si è posta. Le commissioni, i gruppi di lavoro, gli

istruttori, i gruppi regionali avranno la possibilità di incontrarsi e dialogare con le altre realtà che operano nella

nostra società. Il programma del convegno prevede una serie di corsi per lo più nuovi (P-Alarm, BLS SIMEUP,

PEARS). L’idea nasce dalla volontà di far conoscere i nuovi percorsi formativi a cui la SIMEUP crede a fi anco

di moduli già consolidati e molto richiesti come il Triage e il PALS AHA.

Il programma del Convegno prevede workshop interattivi sulle urgenze territoriali, in reparto di degenza e in PS,

sulla gestione del dolore e della sedazione procedurale, ossigenoterapia, disidratazione, ecografi a in urgenza,

traumatologia, medicina legale, ecc. Come sempre ci sarà una sezione infermieristica, ma il contributo degli

infermieri sarà presente in tutte le sezioni nello spirito della collaborazione e della corresponsabilità.

È prevista una visita ai circa 100 poster presentati senza contemporanei lavori in aula in modo da dedicarvi

uno spazio esclusivo; saranno anche presentati in aula i migliori lavori degli specializzandi, dei medici e degli

infermieri. Sarà presentato nella stessa sezione il miglior lavoro arrivato alla Rivista di Pediatria di Emergenza

e Urgenza Pediatrica da parte degli specializzandi. Ritorna il connubio tra rivista e congresso che ha visto

anche la realizzazione di un concorso grazie al quale due specializzandi hanno vinto l’iscrizione gratis al

convegno stesso.

Un’altra iniziativa importante è l’Istructor meeting che si terrà il 29 marzo alla fi ne del Congresso Nazionale

e permetterà agli istruttori di tutta Italia di incontrarsi per discutere dei problemi formativi e per scambiarsi

opinioni e idee. Spero che lo sforzo del Direttivo Nazionale nella realizzazione di questo 10° Congresso

Nazionale sia apprezzato prima di tutto dai soci e poi da tutti coloro che lavorano con i bambini. La speranza è

quella di dare un contributo concreto al miglioramento dell’assistenza clinica nei diversi settori della pediatria

dove un’emergenza può “capitare” a chiunque ed è importante saper assistere al meglio e nei diversi contesti

un bambino critico.

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 5

Approccio in Pronto Soccorso al bambino

con trauma cranicoRaccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica

L. Da Dalt1, A. Amigoni1, A. Nocerino2, N. Parri3, P. Peretta4, F. Selmin1, M.P. Vardeu4

1Dipartimento Salute Donna e Bambino, Pronto Soccorso Pediatrico-Terapia Intensiva Pediatrica, Università di Padova, Padova2Clinica Pediatrica, Azienda Ospedaliero Universitaria “Santa Maria della Misericordia”, Udine3Dipartimento Emergenza Accettazione e Trauma Center, Azienda Ospedaliero Universitaria “Meyer”, Firenze4Pediatria d’Urgenza-Neurochirurgia, Ospedale Regina Margherita Città della Salute, Torino

RACCOMANDAZIONI

ANNO 8 - numero 1

È su queste premesse che si colloca la necessità,

espressa dalla SIMEUP, di rivedere la sua linea gui-

da sull’approccio in Pronto Soccorso al bambino

con trauma cranico (pubblicata nella sua ultima ver-

sione nel 2002) con l’obiettivo di assicurare il massi-

mo grado di appropriatezza degli interventi e ridurre

al minimo quella parte di variabilità nelle decisioni

cliniche legata alla carenza di conoscenze (molto

evolute in questi ultimi anni) e alla soggettività nelle

scelte assistenziali.

Metodi

Il Gruppo di lavoroSi è costituito un gruppo di lavoro multidisciplinare,

espressione di molte competenze e rappresentati-

vo delle molte professionalità coinvolte nella prati-

ca clinica, formato da pediatri d’urgenza, pediatra

intensivista, neurochirurgo pediatra, infermiera di

Pronto Soccorso Pediatrico, neuroradiologo, fi sico

medico. L’intento iniziale era anche di coinvolgere

una rappresentanza dei genitori, per l’importanza

della loro partecipazione attiva nei processi deci-

sionali, ma ciò non è risultato fattibile.

Il riferimento metodologicoSi è scelto come riferimento metodologico il “Ma-

nuale metodologico” pubblicato nel 2004 dall’Isti-

tuto Superiore di Sanità e dall’Agenzia per i Servizi

Sanitari Regionali “come produrre, diffondere, ag-

giornare raccomandazioni per la pratica clinica”.

PremessaNei Paesi sviluppati i traumi tuttora costituiscono la

prima causa di mortalità e morbilità in età evolutiva e

tra di essi il trauma cranico rimane quello più comu-

nemente rappresentato, con un’incidenza annuale

recentemente stimata pari a 1850 bambini/100.000

per la fascia d’età 0-4 anni, di 1100/100.000 per la

fascia 5-9 anni e di 1170/100.000 per la fascia 10-

14 anni.

Il trauma cranico costituisce di fatto una crescente

causa di accesso al Pronto Soccorso e parimente

è crescente la sfi da diagnostica che i bambini af-

fetti da tale patologia cranico pongono nella pra-

tica clinica. Nel trauma cranico grave, tale sfi da

è legata alla necessità di pronta stabilizzazione e

prevenzione del danno neurologico acuto, ma che

nel trauma minore (che costituisce oltre il 90% dei

casi) è fondamentalmente legata al dover bilancia-

re il rischio di perdere lesioni intracraniche clinica-

mente signifi cative con i costi ma soprattutto con

il potenziale danno radiante legato all’esecuzione,

spesso impropria, di Tomografi a Computerizzata

(TC) cerebrale, esame tuttora considerato il gold-

standard per la diagnosi. L’aumentata disponibilità

e la crescente rapidità del tempo di esecuzione di

tale esame ne ha infatti aumentato in maniera im-

propria l’utilizzo, che negli Stati Uniti è circa raddop-

piato negli ultimi 20 anni ed è tuttora eterogeneo nei

diversi centri, a fronte delle sempre più consistenti

evidenze sulla relazione tra esposizione radiante, in

particolare nelle prime età della vita, e futuro svilup-

po di leucemia o tumori.

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6 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica

ANNO 8 - numero 1

Prima valutazione e primi interventi all’arrivo in pronto soccorsoLa prima valutazione del bambino con trauma cra-

nico ha lo scopo di individuare tempestivamente i

fattori di rischio attuali o potenziali di lesione intra-

cranica consentendone un trattamento precoce ed

appropriato tale da evitare l’instaurarsi del danno

secondario. Questo ricordando che nessuna ur-

genza neurologica/neurochirurgica ha la priorità

sulla stabilizzazione del paziente.

Poiché la letteratura degli ultimi anni non ha prodot-

to evidenze sulla modalità più appropriata di triage

o studi di validazione di modelli esistenti di triage

per il trauma cranico in età pediatrica, le seguenti

raccomandazioni provengono da un consenso del

gruppo di lavoro.

Raccomandazioni• Un bambino incosciente deve essere valutato

immediatamente all’arrivo in Pronto Soccorso e

stabilizzato secondo gli algoritmi internazionali.

• Un bambino cosciente con trauma cranico di

qualsiasi entità dovrebbe essere sottoposto a

triage da parte di personale formato per l’età

pediatrica entro massimo 15 minuti dall’arrivo

in Pronto Soccorso.

• Per valutare lo stato di coscienza è raccoman-

dato, anche al triage, l’utilizzo della Scala del

Coma di Glasgow (GCS) appropriata per età

che è auspicabile esprimere per ogni singolo

parametro (E = apertura occhi, M = risposta

motoria, V = risposta verbale).

• Nei pazienti coscienti (GCS 14-15) è racco-

mandato indagare già al triage la presenza di

fattori di rischio per lesione intracranica, come

perdita di coscienza, cefalea, vomito (vedi que-

sito 4).

• Nei pazienti coscienti (GCS 14-15) è racco-

mandato indagare già al triage la presenza di

condizioni personali di rischio (vedi quesito 4).

• In tutti i pazienti, nella fase di approccio e nelle

fasi successive, il dolore deve essere rilevato

con scale adeguate all’età e prontamente trat-

tato secondo i protocolli vigenti con farmaci

adeguati alle condizioni cliniche del paziente e

dosaggi che alterino nella misura minore pos-

sibile la valutazione neurologica.

Classifi cazione di gravitàNon esiste in letteratura un’univoca classifi cazione

del trauma cranico. La maggior parte della lettera-

tura utilizza come criterio di classifi cazione il GCS

Ci si è sforzati quindi di applicare i requisiti meto-

dologici essenziali per la produzione di una linea

guida e cioè:

1. La multidisciplinarietà.

2. Le revisioni sistematiche della letteratura, de-

fi nite come “valutazione delle conoscenze di-

sponibili su un determinato argomento nella

quale tutti gli studi rilevanti (anche quelli con

risultati negativi) sono identifi cati e valutati cri-

ticamente”.

3. La graduazione delle raccomandazioni (gra-

ding) sulla base delle evidenze che la lettera-

tura fornisce.

I quesiti clinici e le raccomandazioniIl Gruppo di lavoro ha individuato una serie di que-

siti clinici sui quali sviluppare le proprie raccoman-

dazioni, quesiti considerati come prioritari perché

riguardanti aspetti molto critici o molto controversi

dell’assistenza al bambino con trauma cranico e

quindi di grande impatto per la pratica clinica.

Per ognuno di essi è stata condotta una ricerca

bibliografi ca utilizzando come principale motore di

ricerca PubMed, a partire dal gennaio 2002, appli-

cando i limiti di età 0-18 anni ed aggiornando perio-

dicamente la ricerca. Sono state anche consultate

banche dati di linee guida (SIGN, CMA infobase,

National Guidelines Clearinghouse, New Zealand

Guidelines Group) dalle quali peraltro non è emer-

sa alcuna linea guida esclusivamente dedicata al

bambino.

Per ogni quesito specifi co le parole chiave usa-

te per la ricerca sono state individuate dai singoli

membri del gruppo di lavoro che hanno provveduto

ad analizzare le evidenze e a stendere sulla base di

esse le specifi che raccomandazioni. Tutte le rac-

comandazioni sono state poi discusse in maniera

collegiale ed in assenza di evidenze forti disponibili

si sono formulati consensi da parte dei membri del

gruppo di lavoro, defi nite come “norme di buona

pratica” (good practice points).

Nella presente pubblicazione vengono presentate

e sinteticamente discusse le raccomandazioni re-

lative a 8 quesiti, rimandando l’intera linea guida ad

una pubblicazione successiva nella quale anche la

forza delle raccomandazioni verrà esplicitata.

Si precisa che le raccomandazioni formulate si

applicano al paziente in età pediatrica con trau-

ma cranico sospetto o testimoniato avvenuto nelle

precedenti 24 ore alla valutazione in Pronto Soc-

corso.

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 7

Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica

ANNO 8 - numero 1

to, irritabilità, breve e transitoria perdita di coscien-

za, segni di frattura della volta cranica – è suffi cien-

temente accurato, se analizzato singolarmente, nel

predire la presenza di lesione.

La sfi da della ricerca è diventata quella di mettere

a punto, sulla base di studi originali, strumenti deci-

sionali fatti di un insieme di variabili cliniche (almeno

tre) ottenute dall’anamnesi e dall’esame clinico al

fi ne di predire con maggiore accuratezza il rischio

di un determinato esito (lesione intracranica) e di

guidare quindi le decisioni cliniche successive note

come “Clinical Decision Rules” (CDR).

Un elemento cruciale nel decidere se una CDR sia

poi utilizzabile nella pratica clinica è non solo la

qualità metodologica con cui essa è stata ricavata

ma anche il fatto di essere stata o meno validata in

una nuova popolazione di pazienti diversa rispetto

alla popolazione in cui è stata derivata.

Due recenti lavori di revisione sistematica hanno

evidenziato come le CDR pubblicate dal 2001 al

2010 e rispondenti a specifi ci requisiti di qualità me-

todologica siano 14, tutte derivate da studi originali

su coorte di pazienti, per un totale di circa 80.000

soggetti inclusi.

Una sintesi delle CDR più signifi cative è riportata in tabella I, ricavata da un nostro recente lavoro di

aggiornamento su questo tema pubblicato in Pro-

spettive in Pediatria nel 2012.

È evidente una notevole eterogeneità dei diversi

studi in termini di popolazione inclusa, di outco-

me considerati, di qualità metodologica e quindi di

predittori clinici individuati (che solo in parte sono

sovrapponibili nelle diverse CDR). Queste diversità

sono evidenziate anche nelle due sopracitate revi-

sioni sistematiche che sottolineano entrambe l’im-

possibilità di effettuare una meta-analisi globale dei

relativi risultati ed ottenere quindi evidenze nel loro

insieme più forti per la pratica clinica.

Vi è però un generale accordo nel dire che di esse

quelle più promettenti per la futura pratica clinica

sono PECARN, CATCH, CHALICE perché derivate

in popolazioni ampie, in setting multicentrico e con

metodologia ed analisi statistica molto rigorose. In

tutte vi è la chiara defi nizione di lesione intracrani-

ca non come qualunque reperto alla TAC ma come

impatto della lesione nella complessiva gestione cli-

nica; tutte hanno come misura di outcome non tan-

to il reperto TC quanto l’impatto della lesione sulla

gestione globale del paziente.

Fondamentale differenza è che CATCH e CHALICE

sono derivate per identifi care i bambini che neces-

sitano di TC, mentre PECARN per identifi care quelli

che non lo richiedono. Tutte ovviamente presenta-

che il gruppo non ritiene esaustivo per l’inquadra-

mento del paziente. La classifi cazione proposta,

importante perché ai diversi livelli di gravità corri-

spondono diversi atteggiamenti clinici, è pertanto

quella condivisa dal gruppo di lavoro.

Raccomandazioni• La defi nizione di trauma cranico maggiore si

applica in presenza di anche una sola delle se-

guenti condizioni: GCS < 13, segni di frattura

della base del cranio, frattura depressa della

volta cranica, defi cit neurologici focali (senso-

riali, motori, visivi, verbali), convulsione post

traumatica.

• Nell’ambito del trauma cranico maggiore si

distingue il trauma cranico grave, defi nito da

un GCS < 8. Un paziente con GCS < 8 o ra-

pido deterioramento dello stato di coscienza

deve prevedere il coinvolgimento del medico

rianimatore/intensivista per la gestione delle vie

aeree.

• La defi nizione di trauma cranico minore si ap-

plica a bambini che presentino tutte le seguenti

caratteristiche: GCS 14-15, assenza di segni di

frattura della base cranica, assenza di defi cit

neurologici focali.

Predittori clinici di lesione intracranica nel bam-bino con trauma cranico minoreUno dei temi più controversi nella letteratura riguar-

dante il Trauma Cranico Minore (TCM) è quanto i

segni/sintomi che il bambino presenta nel periodo

post traumatico siano correlati con la presenza di

lesione intracranica (Traumatic Brain Injury – TBI),

elemento questo cruciale per le successive deci-

sioni cliniche in termini di accertamenti radiologici,

osservazione, ricovero.

Parimenti controverso ed evoluto nel tempo il signi-

fi cato attribuito del termine di lesione intracranica

che si sta spostando dalla mera defi nizione radio-

logica – lesioni di qualunque natura evidenziate alla

TC – ad una defi nizione clinica – impatto della lesio-

ne sull’aspetto più globale delle cure del paziente,

quindi lesione clinicamente signifi cativa.

I presupposti della ricerca clinica a partire dai primi

anni 2000 su questi temi sono che se da un lato po-

chi dubbi esistono sulla predittività di segni/sintomi

che defi niscono il trauma come “maggiore” – quali

alterazione dello stato di coscienza, presenza di se-

gni neurologici focali, presenza di segni di frattura

della base cranica – dall’altro nessuno dei sintomi

minori, peraltro molto comuni – quali cefalea, vomi-

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8 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica

ANNO 8 - numero 1

3. L’accurato calcolo del rischio di lesione cor-

relato alla presenza o meno dei singoli pre-

dittori individuati e la possibilità di compa-

rare tale rischio con il rischio radiante legato

all’esecuzione della TC.

4. L’ampio spettro di condizioni cliniche per

cui una TBI è considerata clinicamente si-

gnifi cativa.

5. La chiarezza degli algoritmi proposti, che

ne rendono facile l’utilizzo.

6. L’essere stata validata prospetticamente già

al momento della sua prima pubblicazione.

Lo studio PECARN individua tre predittori indipen-

denti dall’età quali perdita di coscienza, alterazione

dello stato di coscienza (GCS < 15), dinamica ad

alta energia e tre predittori variabili con l’età costi-

tuiti da alterazioni del comportamento, ematoma

dello scalpo in sede ‘non frontale’, frattura palpa-

bile della volta nel bambino < 2 anni e invece vomi-

no un’alta sensibilità rispetto all’identifi cazione delle

lesioni, a dispetto di una specifi cità più bassa. Tutte

potrebbero pertanto trovare applicazione nella pra-

tica clinica, ma quale sia la migliore da implementa-

re rimane futura area di ricerca.

Il Gruppo di lavoro è però uniformemente convinto,

come già altri autori hanno affermato, che la CDR

PECARN presenti un insieme di punti di forza che

fanno di essa il miglior strumento decisionale al mo-

mento disponibile. Essi sono:

1. La numerosità in assoluto più elevata, otte-

nuta in 25 Centri.

2. La divisione dei pazienti in due classi d’età

(< 2 anni e > 2 anni), elemento questo im-

portante considerata la variabilità dei segni/

sintomi post-traumatici dalla nascita all’a-

dolescenza, la diversa diffi coltà nella valu-

tazione clinica, il diverso impatto del danno

radiante nelle diverse età.

Tabella I. Sintesi dei predittori individuati dalle diverse Clinical Decision Rules

Predittori di

lesione intracranica

Greenes

2001

Heydell

2003

PaltchacK

2003

Oman

2006

Dunning

2006

(CHALICE)

Da Dalt

2006

Sun

2007

Atabaki

2008

Kupperman

2009

(PECARN)

Osmond

2010

(CATCH)

Alterazione stato di coscienza(inclusi solo

asintomatici)+

+

GCS <15

+

GCS <15

+

GCS <14

+

GCS <15

+

GCS <15

+

GCS <15

+

GCS <15

+

GCS <15

Segni neurologici focali + + +

Segni di frattura della base + + + + + + + +

Ematoma dello scalpo (< 2 aa) o

di segni di frattura della volta+ + + + + + + + +

PDC/amnesia + + + + +

Vomito persistente + + + + (≥3) + +

Comportamenti anomali + + + +

Cefalea + + + + + +

Convulsioni + +

Dinamica ad alta energia + + + +

Discoagulopatie +

Sospetto maltrattamento +

Tratta e modifi cata da: “Bressan S, Da Dalt L - Prospettive in Pediatria, 2012”

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 9

Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica

ANNO 8 - numero 1

traumatica e la pronta disponibilità di tale esame

ha nettamente migliorato la capacità diagnostica in

tal senso.

Il crescente uso di TC cerebrale si è però accom-

pagnato a una crescente preoccupazione sul ri-

schio radiante, a cui i bambini sono particolarmente

esposti per la maggiore sensibilità dei propri tessuti

alle radiazioni e per la lunga aspettativa di vita nella

quale il danno oncogeno da radiazione può espri-

mersi con dimostrata maggiore incidenza di leuce-

mie, tumori cerebrali e altri tumori solidi.

È indiscutibile che il rapporto costo-benefi cio di

una TC cerebrale vada misurato esclusivamente in

rapporto al rischio immediato di TBI quando tale

rischio è molto alto come si verifi ca nei traumi mag-

giori (rischio > 20%) in cui la TC cerebrale è sempre

indicata. Al contrario, quando tale rischio è basso, il

rapporto rischio-benefi cio va valutato con una pro-

spettiva a lungo termine nella quale la qualità di vita

globale, quindi anche futura, del bambino deve es-

sere considerata.

Tale impostazione ha caratterizzato alcuni recen-

tissimi lavori relativi al trauma cranico minore, nei

quali si condivide la conclusione che la decisione di

eseguire TC cerebrale deve discendere da precise

CDR, la cui applicazione migliora il costo-benefi cio

di tale esame.

Particolare menzione per la sua metodologia molto

innovativa merita un recente lavoro di Hennelly che,

applicando nel bambino di età < 2 anni la CDR PE-

CARN, arriva a calcolare una soglia ottimale di be-

nefi cio della TC per un rischio di lesione intracranica

pari a 4,8%, precisando che tale soglia potrebbe

diminuire se il carico radiante diminuisse.

E ancora una volta l’algoritmo PECARN, che ripor-

ta minuziosi calcoli dei rischi di lesione intracranica

sulla base della presentazione clinica, viene rece-

pito dal gruppo di lavoro come uno strumento utile

per la pratica clinica.

Nei bambini in cui il rischio si avvicina o supera il

5% è fortemente consigliato eseguire la TC in pri-

ma battuta. L’utilizzo della TC è inoltre fortemente

raccomandato in tutti i casi in cui sia evidente un

deterioramento clinico signifi cativo.

Non c’è invece indicazione all’esecuzione dell’esa-

me TC in prima battuta nei bambini con rischio in-

feriore. In questi pazienti la TC va eseguita solo in

caso di persistenza/peggioramento della sintoma-

tologia dopo osservazione, in considerazione del

fatto che non è mai stato dimostrato che un even-

tuale intervento chirurgico eseguito prima dell’in-

sorgenza del deterioramento clinico possa miglio-

rare l’outcome e ridurre i costi per l’assistenza.

ti ripetuti, cefalea ingravescente, sospetta frattura

della base nel bambino delle età successive. Una

recente esperienza italiana (Pronto Soccorso Pe-

diatrico di Padova) di implementazione della CDR

PECARN nella pratica clinica ha dimostrato la sua

ottima accettazione da parte degli operatori e pa-

rimenti buoni in termini di accuratezza diagnostica

sono stati i risultati di un lavoro di validazione della

stessa PECARN condotto in collaborazione tra un

Centro Italiano e un Centro USA (Padova-Boston)

che ha incluso 2439 bambini di cui 959 (39%) di età

< 2 anni.

Raccomandazioni • I predittori di lesione intracranica devono essere

valutati in rapporto all’età (< 2 anni vs > 2 anni).

• Nella valutazione di un bambino con trauma

cranico in rapporto all’età è raccomandato

porre particolare attenzione ai seguenti segni/

sintomi:

< 2 anniPerdita di coscienza

Alterazione dello stato di coscienza

Comportamento anomalo

Ematoma dello scalpo parieto-occipitale

Frattura palpabile della volta

Dinamica ad alta energia*

> 2 anniPerdita di coscienza

Alterazione dello stato di coscienza

Vomiti ripetuti

Cefalea severa

Sospetta frattura della base

Dinamica ad alta energia*

*Dinamica ad alta energia =Incidente stradale: espulsione, rotolamento del mezzo, morte

di un passeggero, pedone investito, ciclista senza casco

Caduta: > 90 cm per bambini < 2 anni; > 1,5 mt per bambini

> 2 anni

Impatto contro corpo contundente ad alta velocità

• È raccomandato valutare tali predittori in com-

binazione, al fi ne di meglio determinare il rischio

di TBI.

Indicazioni alla TCLa TC cerebrale costituisce il gold standard per

la diagnosi in acuto di lesione intracranica post-

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10 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica

ANNO 8 - numero 1

contemplato l’impatto dell’esposizione radiante tra

le misure di “outcome”. Un recente studio (dicem-

bre 2013) osservazionale prospettico, condotto da

Schonfeld su una popolazione di 1381 bambini,

509 dei quali (37%) di età inferiore ai 2 anni, ha di-

mostrato che la strategia dell’osservazione clinica

dà esito ad una riduzione della richiesta di TC nei

bambini con trauma cranico minore, indipendente-

mente dalla categoria di rischio (defi nita secondo

l’algoritmo PECARN) e che, tale riduzione, risulta

essere direttamente proporzionale al periodo di os-

servazione (maggiore il periodo di osservazione –

maggiore la riduzione delle richieste di TC), senza

che si sia verifi cato un ritardo nella diagnosi di lesio-

ni clinicamente rilevanti. Lo stesso studio, pur sol-

lecitando la necessità di ulteriori ricerche per stabi-

lire la durata del periodo ottimale di osservazione

e sostanziare la sicurezza della strategia osserva-

zionale, pone, nelle sue conclusioni, l’indicazione

che le linee guida basate sull’evidenza includano

l’osservazione clinica nell’algoritmo di trattamento

dei bambini con trauma cranico minore, particolar-

mente in quelli a rischio intermedio.

L’Accademia Americana di Pediatria ha incluso

questa indicazione nelle 5 richieste dal programma

“Choosing Wisely”, avviato negli USA dalla Fonda-

zione ABIM (American Board of Internal Medical

Foundation) ai fi ni di sensibilizzare i professionisti

della Salute all’uso appropriato delle risorse sani-

tarie.

Una ricerca condotta da Karpas nel 2013 ha inol-

tre mostrato che la scelta dell’osservazione clinica

è anche in accordo con la preferenza dei genitori,

opportunamente informati.

Da ricordare infi ne che l’osservazione clinica è obbli-

gatoria in due altre categorie di bambini con trauma

cranico minore: quelli sottoposti a TC, con evidenza

di lesione endocranica tale da non richiedere l’inter-

vento neurochirurgico ma meritevole di monitorag-

gio clinico sul quale basare le decisioni successive;

quelli sottoposti a TC precocemente per la presenza

di predittori clinici di alto rischio, qualora l’esame ri-

sulti normale ma la sintomatologia clinica non si sia

ancora risolta.

Raccomandazioni• L’osservazione clinica rappresenta una strate-

gia effi cace nei bambini con trauma cranico

minore a rischio intermedio di lesione stimabile

attraverso l’algoritmo PECARN modifi cato.

• Il setting pediatrico costituisce l’ambito ideale

a condurre un’osservazione intensiva per 6-24

ore nei bambini con trauma cranico minore.

Raccomandazioni • Nel richiedere una TC cerebrale, ricordare che

l’obiettivo non è il riscontro di una qualunque

lesione radiologica, bensì il riscontro di una le-

sione il cui riconoscimento infl uisce sulle suc-

cessive decisioni cliniche (detta clinicamente

signifi cativa).

• In un bambino con trauma cranico maggiore la

TC è sempre raccomandata in considerazione

dell’alto rischio di TBI clinicamente signifi ca-

tiva. Essa è da eseguire preferibilmente entro

la prima ora dal trauma.

• Per l’esecuzione della TC nel bambino con

trauma cranico minore, l’indicazione ad ese-

guire TC varia in relazione al rischio di lesione

stimabile sulla base dei predittori clinici indivi-

duati. A tal fi ne è fortemente consigliato se-

guire l’algoritmo presentato in fi gura 1A e B,

ricavato dall’algoritmo PECARN modificato

privilegiando l’osservazione clinica come primo

approccio nei bambini a rischio intermedio.

Indicazioni all’osservazione clinicaL’osservazione clinica è risultata una strategia ef-

fi cace nel ridurre il ricorso alla TC nei bambini con

trauma cranico minore. Da uno studio retrospettivo

condotto da Zebrack e coll. su una coorte di 6477

pazienti di età compresa tra 0 e 18 anni, ammes-

si in un’Unità di Osservazione Breve nell’arco di 2

anni, la diagnosi di trauma cranico chiuso è risultata

essere tra quelle cui è corrisposto un miglior esi-

to nelle dimissioni effettuate entro le 24 ore (media

13,3 ore). Il buon esito di dimissione veniva attribui-

to a quanti, dimessi entro le 24 ore, non erano stati

soggetti a riammissione con ricovero nelle 72 ore

successive, risultati essere oltre il 95%.

I bambini candidati elettivamente all’osservazione,

in linea con l’algoritmo PECARN, sono quelli valu-

tati, sulla base dei predittori clinici, a rischio inter-

medio di lesione. Due studi condotti nel Nord-Euro-

pa, pubblicati sul British Medical Journal nel 2006

hanno comparato le due strategie – TC precoce vs

osservazione – concludendo che non vi sono dif-

ferenze in termini di esiti, in particolare guarigione,

complicanze tardive e soddisfazione dei pazienti.

L’unico vantaggio a favore dell’esecuzione della TC

precoce è risultato essere quello economico, es-

sendo più contenuti i costi per l’esame tomografi co

rispetto al ricovero.

Limite di entrambi gli studi è l’aver valutato bambini

con più di 6 anni – il che rende i risultati non esten-

dibili a tutta l’età pediatrica – e soprattutto non aver

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Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica

ANNO 8 - numero 1

Figura 1A e B. Algoritmo PECARN modifi cato per il calcolo dei rischi di lesione intracranica sulla base della presentazione clinica

BAMBINI < 2 aaA

B

GCS = 14

o

Alterazione stato mentale*

o

Frattura palpabile della volta

Ematoma dello scalpo (O/P/T)§

o

Pdc > 5s

o

Dinamica del trauma severa

o

Comportamento non abituale

secondo i genitori

1) Osservazione clinica privilegiata

2) TC raccomandata se

- Segni/sintomi multipli vs reperti isolati

- Peggioramento segni/sintomi durante l’osservazione in PS

Nelle scelte decisionali intervengono anche:

- Esperienza del medico che ha in carico il bambino

- Preferenza dei genitori

Porre particolare attenzione nei b. di età < 3 m

Rischio di lesione intracranica

clinicamente rilevante 4.4%

Rischio di lesione intracranica

clinicamente rilevante 0.9%

Rischio di lesione intracranica

clinicamente rilevante < 0.02%

* = agitazione, sonnolenza, domande ripetitive, risposta rallentata nella comunicazione verbale; § = ematoma occipitale/parietale/temporale.

TC RACCOMANDATA

TC NON RACCOMANDATA

No

No

BAMBINI > 2 aa

GCS = 14

o

Alterazione stato mentale*

o

Segni di frattura della base

Pdc

o

Vomito

o

Dinamica del trauma severa

o

Cefalea ingravescente

1) Osservazione clinica privilegiata

2) TC raccomandata se

- Segni/sintomi multipli vs reperti isolati

- Peggioramento segni/sintomi durante l’osservazione in PS

Nelle scelte decisionali intervengono anche:

- Esperienza del medico che ha in carico il bambino

- Preferenza dei genitori

Rischio di lesione intracranica

clinicamente rilevante 4.3%

Rischio di lesione intracranica

clinicamente rilevante 0.9%

Rischio di lesione intracranica

clinicamente rilevante < 0.05%

* = agitazione, sonnolenza, domande ripetitive, risposta rallentata nella comunicazione verbale, capo colpito da un oggetto ad alto impatto/alta energia

Modifi cato da PECARN.

TC RACCOMANDATA

TC NON RACCOMANDATA

No

No

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12 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica

ANNO 8 - numero 1

gliano esclusivamente l’uso della TC quando sia so-

spettata una frattura.

Raccomandazioni• La radiografi a del cranio non è raccomandata

nel paziente con trauma cranico e sospetta

frattura cranica o lesione intracranica.

Indicazioni all’ecografi aUn numero limitato di studi ha valutato l’ecografi a

come strumento utile nella diagnostica del trauma

cranico con applicazioni di valore tecnico e scientifi -

co ed applicabilità molto diversi tra loro.

Ecografi a per lo studio di emorragia intracra-nica post-traumaticaEsistono solo reports aneddotici sull’uso dell’eco-

grafi a per la diagnosi di emorragia nel trauma cra-

nico, che riportano come limite principale il fatto

che l’esame sia ristretto al neonato e lattante fi no

a quando la fontanella anteriore risulti aperta e di

dimensioni tali da consentirne l’esecuzione. Ma so-

prattutto l’ecografi a si presenta come esame molto

limitato per lo studio di ematomi extra assiali a carico

delle aree vicino alla convessità del cranio perché

questi possono rimanere nascosti e non visualizza-

bili dalla fi nestra trans-fontanellare.

Pur riconoscendo che l’esame trans-fontanellare è

di comune utilizzo dell’ambito neonatologico, sep-

pur con fi nalità differenti, non è possibile, data l’as-

senza di dati in letteratura, trarre conclusioni a favore

dell’uso di questa tecnica per neonati o lattanti mol-

to piccoli con trauma cranico.

Ecografi a per lo studio delle fratture cranicheLa frattura cranica è il reperto patologico più comu-

ne dopo un trauma cranico nel bambino e, come

già detto, nei pazienti con frattura cranica è riportato

un incremento del rischio relativo di lesione intra-

cranica. Negli ultimi anni, 6 studi hanno affrontato

la diagnostica delle fratture craniche nel bambino

mediante l’ecografi a.

Gli studi sono diversi per numerosità della popola-

zione studiata e per risultati conseguiti. Da un’analisi

comparativa risulta una popolazione di 185 pazienti

pediatrici totali studiati, con una sensibilità globale

dell’ecografi a nella diagnosi di frattura pari al 94%

(una specifi cità al 96%).

Tali soddisfacenti risultati, uniti alle considerazioni

sulla rapidità d’esecuzione di tale esame, sulla non

necessità di sedazione, sull’assenza di danno ra-

diante fanno ipotizzare che l’ecografi a ‘point of care’

• L’osservazione deve essere particolarmente

‘intensiva’ nelle prime 6 ore dopo il trauma e

deve essere protratta fi no ad almeno 4-6 ore

dopo la completa stabilizzazione clinica.

Indicazioni alla radiografi a (RX) del cranioLa TC è la metodica di imaging di riferimento in pa-

zienti che potrebbero avere una frattura o una lesio-

ne intracranica post-traumatica. La RX del cranio è

stata usata in passato come una componente fon-

damentale della valutazione strumentale dei bambini

con trauma cranico. Secondo alcuni autori, quando

la TC non fosse disponibile, la RX del cranio potreb-

be fornire informazioni di screening, dato che il ri-

schio relativo di lesione intracranica sarebbe molto

aumentato in caso di frattura al punto da richiedere

una successiva TC per valutare la presenza di lesio-

ni intracraniche.

I vantaggi attribuiti alla RX del cranio sono quelli di

non richiedere sedazione ed esporre i bambini a

dosi fi no a 100 volte inferiori di radiazioni rispetto alla

TC. Tuttavia, il valore della RX del cranio rimane ad

oggi poco chiaro e per alcuni autori non raccoman-

dato per l’incapacità di dare informazioni su possi-

bili lesioni intracraniche post-traumatiche, dato che

queste possono verifi carsi anche in assenza di frat-

tura cranica e che fratture sottili possono non essere

visualizzate alla RX del cranio.

Diversi studi sono stati pubblicati per esaminare

l’accuratezza della RX del cranio come strumento

diagnostico.

La sensibilità riportata per qualsiasi tipo di frattura

varia tra il 64% e il 99%.

In letteratura è inoltre riportata una diffusa diffi coltà

all’interpretazione delle radiografi e del cranio spe-

cialmente nei lattanti con falsi negativi quando la

refertazione sia effettuata da personale non radiolo-

gico (sensibilità 76% specifi cità 84%) o non abituato

a bambini, e falsi positivi per erronea interpretazione

di suture o canali vascolari per fratture.

Due studi più recenti hanno confrontato RX e TC ad

alta risoluzione per le fratture craniche. La sensibilità

per le fratture lineari è risultata essere dell’80% per

entrambe le tecniche e la specifi cità 80% per la RX e

93% per la TC ad alta risoluzione. Per le fratture dia-

stasate, utilizzando la RX è stata riportata una sen-

sibilità pari al 42% e una specifi cità del 96%, mentre

utilizzando la TC ad alta risoluzione la sensibilità è

risultata essere del 75% e la specifi cità del 97%.

Più recentemente, è stato riportato che la TC 3D ha

un rate diagnostico superiore quando comparato

alla RX a tal punto che gli autori del lavoro consi-

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 13

Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica

ANNO 8 - numero 1

Traumi cranici con fattori di rischio “speciali”La presenza di patologie concomitanti o di altri fat-

tori personali di rischio rende più probabile la com-

parsa di un’emorragia intracranica e quindi impo-

ne un atteggiamento più cauto, sia per quel che

riguarda l’invio in ospedale, sia nell’osservazione o

l’esecuzione di esami radiologici, sia nella eventuale

profi lassi dell’emorragia. Le linee guida pubblicate

non danno però criteri univoci di comportamento.

Sono state perciò ricavate alcune indicazioni basa-

te sull’evidenza disponibile.

Coagulopatie e piastrinopenie immuniLa presenza di una coagulopatia è un fattore pre-

dittivo di lesione intracranica. Un’analisi seconda-

ria di bambini arruolati in uno studio del PECARN

(che non tiene conto di eventuali trattamenti pre-

coci per prevenire l’emorragia) ha mostrato che tra

230 soggetti con coagulopatie solo 2 (1%) hanno

presentato un’emorragia intracranica ed entrambi

avevano altri segni e sintomi di TBI che avrebbero

fatto raccomandare l’esecuzione di neuroimmagini.

Perciò l’esecuzione di una TC non è indispensabile

nella valutazione dopo trauma cranico dei bambini

con coagulopatia in assenza di segni e sintomi sug-

gestivi di emorragia intracranica. Fanno eccezione i

bambini in trattamento con warfarin nei quali è rac-

comandata una TC entro 8 ore dal trauma, indipen-

dentemente dai sintomi presentati. Naturalmente

in caso di piastrinopenia, emofi lia e defi cit di altri

fattori della coagulazione, vanno prese le adegua-

te misure di prevenzione dell’emorragia in base alla

patologia e all’entità del trauma, senza attendere

l’eventuale esecuzione di una TC, ed è indispensa-

bile un’attenta osservazione clinica (vedi tabella II).

Derivazione ventricolareLa presenza di una derivazione ventricolo perito-

neale potrebbe costituire un fattore di rischio per

(o ‘bedside’) potrebbe essere utile come esame di

screening per la conferma di sospetta frattura cra-

nica, in particolare in setting senza possibilità di ac-

cesso immediato alla TC, negli ambulatori pediatrici

o nei centri di primo soccorso.

Le evidenze disponibili non sono ritenute però anco-

ra suffi cienti per introdurre tale esame nella pratica

clinica, anche in considerazione della mancata stan-

dardizzazione delle tecniche di esecuzione.

Ecografi a trans-bulbare per lo studio del dia-metro del nervo ottico come indicatore di iper-tensione endocranicaL’ecografi a bedside oculare (trans-bulbare) per mi-

surare il diametro della guaina del nervo ottico è

stata proposta come un sistema non invasivo per

diagnosticare rapidamente l’ipertensione endocra-

nica in Pronto Soccorso per i pazienti con trauma

cranico.

La letteratura recente riporta esperienze di utilizzo

dell’ecografi a trans-bulbare in età pediatrica per la

diagnosi di ipertensione endocranica con una sen-

sibilità fi no all’83% e una specifi cità pari al 38%, ma

solo poche case series sono dedicate al trauma cra-

nico.

Tali limitati risultati non permettono di dare indica-

zioni per l’utilizzo di tale esame nella pratica clinica.

Raccomandazioni• L’utilizzo dell’ecografi a trans-fontanellare per la

diagnosi di emorragia intracranica post-trau-

matica non è raccomandato.

• L’utilizzo dell’ecografi a del cranio per la dia-

gnosi di frattura della volta cranica non è rac-

comandato.

• L’utilizzo dell’ecografi a trans-bulbare per lo stu-

dio dell’ipertensione endocranica nel paziente

pediatrico con trauma cranico non è racco-

mandato.

Tabella II. Indicazioni per i pazienti affetti da Emofi lia A e B

Emofi lia A

LIVELLI DESIDERATI DI FATTORE VIII

Emofi lia B

LIVELLI DESIDERATI DI FATTORE IX

80-100 U/dl di fattore VIII per 1-7 giorni

poi

MANTENIMENTO: 50 U/dL per 8-21 giorni

60-80 U/dl di fattore IX per 1-7 giorni

poi

MANTENIMENTO: 30 U/dL per 8-21 giorni

World Federation of Hemophilia (WFH). Guidelines for the management of hemophilia 2nd edition. 2012

000_Simeup_anno_8_num_1.indb 13000 Simeup anno 8 num 1 indb 13 18/03/14 15:0518/03/14 15:05

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14 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica

ANNO 8 - numero 1

Raccomandazioni• La TC cerebrale non è indispensabile dopo un

trauma cranico minore in bambini con coagu-

lopatia in assenza di segni e sintomi predittivi

di TBI (e non deve far ritardare l’eventuale trat-

tamento), salvo nei pazienti in trattamento con

warfarin in cui è raccomandata.

• La TC cerebrale non è raccomandata dopo un

trauma cranico minore in bambini portatori di

derivazione ventricolo-peritoneali in assenza di

segni e sintomi predittivi di TBI.

• In entrambe le condizioni è fortemente racco-

mandata un’attenta osservazione clinica e, in

caso di coagulopatia, vanno prese le adeguate

misure di prevenzione dell’emorragia.

emorragie endocraniche in caso di trauma cranico

minore perché provoca uno stiramento delle vene

ponte e delle arterie corticali che aderiscono alla su-

perfi cie interna della dura. Sono stati effettivamente

descritti alcuni casi di emorragie endocraniche in

pazienti con derivazioni ventricolari, che fanno con-

sigliare in tali pazienti una più attenta osservazione.

Un’altra analisi secondaria dei bambini arruolati in

uno studio del PECARN, ha consentito di identifi -

care 98 soggetti portatori di shunt ventricolare che

avevano subito un trauma cranico minore, mostran-

do che la TC viene eseguita più frequentemente ma

senza differenza nel riscontro di reperti radiologici

rispetto ai controlli. Perciò i dati disponibili non in-

dicano la necessità di un maggiore ricorso alla TC

in caso di presenza di derivazione ventricolo-peri-

toneale.

Abbreviazioni:CDR = Clinical Decision Rules; GCS = Glasgow Coma Scale; TBI = Traumatic Brain Injury (Lesione intracranica);

TC = Tomografi a Computerizzata.

CATCH: Canadian Assessment Tomography for Childhood Head Injury.

CHALICE: Children Head Injury Algorithm for the prediction of Important Clinical Events.

PECARN: Pediatric Emergency Care Applied Research Network.

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 15

Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica

ANNO 8 - numero 1

1. Atabaki SM, Stiell IG, Bazarian JJ, et al. A clinical deci-

sion rule for cranial computed tomography in minor pe-

diatric head trauma. Arch Pediatr Adolesc Med 2008;

162 (5): 439-45.

2. Da Dalt L, Marchi AG, Laudizi L, et al. Predictors of intra-

cranial injuries in children after blunt head trauma. Eur J

Ped 2006; 165 (3): 142-8.

3. Dunning J, Daly JP, Lomas JP, et al. Derivation of the

children’s head injury algorithm for the prediction of im-

portant clinical events decision rule for head injury in

children. Arch Dis Child 2006; 91 (11): 885-91.

4. Greenes DS, Schutzman SA. Clinical signifi cance of

scalp abnormalities in asymptomatic headinjured in-

fants. Pediatr Emerg Care 2001; 17 (2): 88 –92.

5. Haydel MJ, Shembekar AD. Prediction of intracranial

injury in children aged fi ve years and older with loss of

consciousness after minor head injury due to nontrivial

mechanisms. Ann Emerg Med 2003; 42: 507–14.

6. Kuppermann N, Holmes JF, Dayan PS, et al. Pediatric

Emergency Care Applied Research Network (PECARN).

Identifi cation of children at very low risk of clinically-im-

portant brain injuries after head trauma: a prospective

cohort study. Lancet 2009; 374 (9696): 1160-70.

7. Lyttle MD, Crowe L, Oakley E, et al. Comparing CATCH,

CHALICE and PECARN clinical decision rules for paedi-

atric head injuries. Emerg Med J 2012; 29 (10): 785-94.

8. Maguire JL, Boutis K, Uleryk EM, et al. Should a head-

injured child receive a head CT Scan? A systematic re-

view of clinical prediction rules. Pediatrics 2009; 124 (1):

e145-54.

9. Oman JA, Cooper RJ, Holmes JF, et al. Performance of

a decision rule to predict need for computer tomogra-

phy among children with blunt head trauma. Pediatrics

2006; 117 (2): e238-46.

10. Osmond MH, Klassen TP, Wells GA, et al; Pediat-

ric Emergency Research Canada (PERC) Head Injury

Study Group. CATCH: a clinical decision rule for the use

of computed tomography in children with minor head

injury. CMAJ 2010; 182 (4): 341-8.

11. Palchak MJ, Holmes JF, Vance CW, et al. A decision rule

for identifying children at low risk for brain injures after

blunt head trauma. Ann Em Med 2003; 42 (4): 492-506.

12. Pickering A, Harnan S, Fitzgerald P, et al. Clinical deci-

sion rules for children with minor head injury: a system-

atic review. Arch Dis Child 2011; 96 (5): 414-21.

13. Sun BC, Hoffman JR, Mower WR. Evaluation of a modi-

fi ed prediction instrument to identify signifi cant pediatric

intracranial injury after blunt head trauma. Ann Emerg

Med 2007; 49 (3): 325–32, 332 e1.

Bibliografi a essenzialeBibliografi a essenziale

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SCHEDE D’URGENZA

16 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Rachicentesi

M.C. Diana, B. Tubino, S. Rosina, S. Renna DEA, IRCSS “G. Gaslini”, Genova

ANNO 8 - numero 1

Di cosa si trattaLa rachicentesi o puntura lombare è una metodica

fi nalizzata al prelievo di liquor cefalorachidiano me-

diante inserimento di un ago nello spazio subarac-

noideo a livello lombare (Figura 1). Si tratta di una

procedura per cui è richiesto il consenso informato.

Indicazioni Si tratta di una metodica volta all’accertamento ezio-

logico di infezioni del SNC primitive o secondarie

(meningite, encefalite, sepsi), alla diagnosi di patolo-

gie infi ammatorie del SNC (sclerosi multipla, Sindro-

me di Guillain-Barrè), neoplasie, malattie metaboli-

che, coinvolgimento del SNC da parte di leucemie.

Da non dimenticare le fi nalità terapeutiche con cui

la procedura può essere utilizzata (somministrazione

intratecale di antibiotici/chemioterapici/anestetici op-

pure trattamento dello pseudotumor cerebri).

ControindicazioniA) Assolute

1. Infezione nella sede del prelievo o nelle sue

vicinanze;

2. Segni di aumento della pressione intracra-

nica: grave compromissione della coscienza

o suo rapido deterioramento/paralisi di nervi

cranici/fontanella anteriore tesa/bradicardia,

respiro irregolare/papilledema/anomalie dei

rifl essi oculocefalici;

3. Anomalie della colonna nella regione lombo-

sacrale

B) Relative (prima di procedere a rachicentesi è

necessario procedere a interventi terapeutici

appropriati e/o ad ulteriori indagini diagnostiche).

1. Alterazioni della coagulazione (es. CID), pia-

strinopenia, utilizzo di farmaci anticoagulanti

à correzione mirata del problema;

Figura 1. Spazio subaracnoideo spinale

Cono midollare

Cauda equina

Filo terminale

III vertebra lombare

Spazio subaracnoideo

Dura madre

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 17

Rachicentesi

ANNO 8 - numero 1

2. Instabilità cardiorespiratoria, sepsi, ipoten-

sione, ipertensione arteriosa, rash purpurico

in un paziente critico à stabilizzare prima il

paziente;

3. Segni neurologici focali, crisi convulsive pro-

lungate o focali, GCS < 8 à eseguire prima

indagine di neuroimaging.

L’eventuale controindicazione alla rachicentesi NON

deve mai ritardare l’avvio del trattamento antibiotico

quando indicato.

Le moderne tecniche di biologia molecolare (PCR)

su campioni di liquor consentono un’identifi cazione

eziologica anche dopo avvio della terapia antibioti-

ca.

Precauzioni - Nel sospetto di ipertensione endocranica lo

studio di neuroimmagini (TC o RM) deve pre-

cedere la rachicentesi.

- Monitorizzare i segni vitali e la SaO2 nel corso

della procedura.

- Agire in piena sterilità.

- Usare sempre aghi con mandrino.

- Palpare i punti di repere accuratamente per

prevenire una puntura sull’interspazio L2-L3

(sede del cono midollare).

Materiale

Tutto, eccetto la mascherina, deve essere sterile• Guanti, mascherina

• Soluzione antisettica (a base di iodopovidone

o di clorexidina)

• Garze, tamponi

• Panni o telo trasparente fenestrato

• Ago spinale (con mandrino) da 22 gauge (più

piccolo è il calibro, minore è il rischio di leakage

liquorale)

• Provette sterili con tappo

• Bendaggio adesivo

• Anestetico locale (EMLA/Ralydan)

• Materiale per sedazione con Midazolam intra-

nasale (MAD)

Posizione del paziente (elemento fondamentale per la buona riuscita della procedura)

a) Neonato: un assistente tiene fermo il neo-

nato in decubito laterale con schiena in posi-

zione fl essa e nuca in posizione libera oppure

lo mantiene in posizione seduta con colonna

vertebrale fl essa.

Evitare la fl essione del collo per non compro-

mettere la pervietà delle vie aeree (Figura 2 e

3 A-B).

Figura 2. Posizione del neonato

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18 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Rachicentesi

ANNO 8 - numero 1

nocchia e gomiti), far piegare la testa in avanti

oppure far mettere il paziente seduto al bordo

del letto con tronco fl esso di modo che l’ad-

dome sia posto contro le cosce. È preferibile

la posizione in decubito laterale per ridurre il

rischio di cefalea post-procedurale (Figura 4).

Tecnica 1. Identifi care una linea immaginaria tesa tra

le 2 creste iliache: essa corrisponde a L4

nell’adulto/L5 nel bambino/S1 nel neonato.

Cercare lo spazio intervertebrale subito sotto

(L4-L5) o sopra (L3-L4) tale linea.

2. Posizionare nella sede stabilita l’anestetico

locale prescelto con bendaggio occlusivo,

lasciare agire almeno 30-45 minuti. Con-

trollare la comparsa di eventuali reazioni

locali.

3. Sedare il paziente con Midazolam per via

nasale mediante MAD 0.3-0.5 mg/kg (max

15 mg); la somministrazione va effettuata 40

minuti prima della procedura.

4. Posizionare adeguatamente il paziente.

5. Disinfettare la cute sino alle creste iliache

con movimento centrifugo, asciugare con

una garza sterile la sede della puntura.

Figura 4. Puntura lombare: posizione dell’adulto

Figura 3 A-B. Posizione del neonato

Cono midollare

Filo terminale

Cauda equina

Primo nervo sacrale

Dura madre

Coccige

P rimo nervo lombare

b) Bambino/adolescente: posizionare il pa-

ziente in decubito laterale con la colonna

vertebrale in asse con la superfi cie del letto

e far assumere una posizione a cane di fucile

(eventuale posizionamento di cuscino tra gi-

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 19

Rachicentesi

ANNO 8 - numero 1

nausea (secondari all’abbassamento di pressione

del liquor cefalo-rachidiano per leakage di liquor at-

traverso il sito di puntura eccedente il tasso di produ-

zione liquorale). La cefalea si manifesta fi n nel 36,5%

dei pazienti entro le 48 ore successive la rachicen-

tesi. In questa fase il paziente può inoltre presenta-

re dolore dorsale. Sono pertanto richiesti non solo

l’attento monitoraggio dei parametri vitali e il mante-

nimento di un’adeguata idratazione (eventualmente

somministrando fl uidi per via endovenosa), ma an-

che la somministrazione di terapia antalgica ove ne-

cessaria (es. paracetamolo).

Possibili complicanze peri-/post-procedurali 1. Reazione allergica all’anestetico locale.

2. Decompressione intracranica improvvisa con

erniazione cerebellare.

3. Infezione: meningite da puntura lombare

realizzata durante batteriemia (incidenza

circa 0,2%), discite, ascesso corda spinale,

ascesso epidurale, osteomielite vertebrale.

4. Sanguinamento: ematoma epidurale spinale,

ematoma subaracnoideo spinale.

5. Tumore epidermoide intraspinale da tessuto

epiteliale introdotto dentro il canale spinale.

6. Puntura della corda spinale e danno nervi (se

puntura sopra L2).

7. Paralisi del VI nervo con conseguente di-

plopia (da eccessiva rimozione di liquor con

conseguente trazione del nervo).

8. Deformità della colonna lombare secondaria

a spondilite acuta.

6. Applicare sul campo della procedura telo

sterile.

7. Mantenere l’ago spinale in modo fermo.

8. Tenere un dito sul processo vertebrale sopra

l’interspazio per localizzare il sito della pun-

tura se il paziente si muove.

9. Inserire l’ago spinale nello spazio interverte-

brale lungo la linea mediana, seguendo una

direzione leggermente cefalica per evitare i

corpi vertebrali (direzione postero-anteriore

con inclinazione craniale di 10-20 gradi),

mantenere il “becco di clarino” dell’ago cra-

nialmente rispetto al paziente (per minimiz-

zare il danno sul legamento giallo). A volte

l’inserimento dell’ago può causare al pa-

ziente parestesie a livello delle gambe.

10. Se si incontra resistenza, indietreggiare leg-

germente e ridirigere l’ago in posizione più

craniale.

11. Far avanzare l’ago lentamente fi no ad attra-

versare l’epidermide e il derma.

12. Appena si avverte il cambiamento di resi-

stenza (passaggio attraverso legamento

fl avo e dura) fermarsi, rimuovere il mandrino

e aspettare qualche secondo la fuoriuscita

del liquor (che potrebbe essere lenta).

13. Far defl uire passivamente il liquor in modo

sterile (evitare di toccare l’ago, far gocciolare

il liquor nelle provette), mai aspirare con siringa. Anche piccole pressioni negative

possono aumentare il rischio di emorragia

subdurale o erniazione.

14. Se non fuoriesce liquor ruotare l’ago per

orientare diversamente la punta a “becco di

fl auto”, in caso di fallimento riposizionare il

mandrino, estrarre l’ago sino al sottocute e

ripetere la tecnica cambiando spazio inter-

vertebrale.

15. Se fuoriesce sangue attendere qualche mi-

nuto e riprovare il prelievo nello spazio ver-

tebrale soprastante.

16. Prelevato il liquor, inserire di nuovo il man-

drino (per prevenire l’intrappolamento di ra-

dici nervose spinali nello spazio extradurale)

e solo successivamente rimuovere l’ago.

17. Mettere un bendaggio adesivo sul sito della

puntura.

Assistenza al paziente dopo la proceduraDopo la rachicentesi è importante assicurarsi che il

paziente venga tenuto in clinostasi per almeno due

ore per evitare l’insorgenza di cefalea, vomito e/o

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20 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza

Percorsi interdisciplinari. Lo stato di male epilettico

A. Palmieri1, S. Buratti2, P. Striano3, MP. Baglietto3, P. Di Pietro1, E. Piccotti1, C. Russo4, M. Marchi4, S. Renna1

1DEA, IRCCS “G. Gaslini”, Genova2Dipartimento Alta Intensità di Cure, IRCCS “G. Gaslini”, Genova3Dipartimento Neuroscienze, IRCCS “G. Gaslini”, Genova4Medici Specializzandi, Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli studi di Genova

ANNO 8 - numero 1

• il 54% non ricovero ordinario di cui:

– il 39% viene ricoverato in OBI.

– il 15% viene rinviato a domicilio.

Un aspetto qualifi cante l’attività clinica di stabiliz-

zazione, soprattutto nel settore della neurologia

d’Urgenza, è la possibilità di operare in modo mul-

tidisciplinare. Varie fi gure quali pediatra d’urgenza,

neurologo pediatra, neuroradiologo, rianimatore

concorrono alla miglior gestione clinica.

La medicina dell’evidenza richiede di favorire proce-

dimenti clinici omogenei.

I vari specialisti, ognuno per la propria parte, concor-

reranno a identifi care percorsi così che l’approccio

clinico, l’iter diagnostico e la fase terapeutica si sus-

seguano in maniera armonica fi no all’obiettivo fi nale

(organizzazione per l’effi c acia–effectiveness).

Negli anni nel nostro Istituto, il Dipartimento di Emer-

genza ha creato rapporti di collaborazione con i col-

leghi neurologi, neuroradiologi, oculisti, rianimatori in

vari settori della neurologia d’urgenza: le convulsioni

febbrili, la cefalea, lo stroke.

Ultimo esempio è la gestione dello stato di male epi-

lettico concordato con i colleghi della Rianimazione

Pediatrica e del Dipartimento di Neuroscienze.

Lo stato di male epilettico (SE) rappresenta la più

comune emergenza neurologica in età pediatrica

con un’incidenza stimata in 10-20 casi per 100.000

bambini per anno. Non esiste una defi nizione uni-

versalmente accettata di stato di male epilettico, in

particolare per quanto riguarda la durata delle mani-

La convulsione è sintomo di differenti affezioni che

possono essere primitive ma anche secondarie a

fattori genetici, traumatici, metabolici, infettivi, farma-

cologici e a patologie maligne. Una tale eterogeneità

eziologica rende ragione delle diffi coltà che si pos-

sono incontrare nell’area della Emergenza-Urgenza

ove spesso viene gestito il paziente con evento con-

vulsivo. Si tratta di controllare l’evento, stabilizzare il

paziente e provvedere all’inquadramento causale.

Peraltro il concetto di stabilizzazione assume una di-

versa articolazione operativa a seconda delle com-

petenze in campo: territorio, ospedale di zona, DEA.

Esperienza Dipartimento di Emergenza Istituto “G. Gaslini”Dal punto di vista epidemiologico la sintomatologia

neurologica rappresenta, nella nostra realtà, la se-

conda tipologia di evento dopo la patologia respira-

toria, in termini di accessi al nostro Pronto Soccorso.

La destinazione dei pazienti con quadro convulsivo

che giungono al pronto soccorso, una volta stabiliz-

zati, è la seguente:

• il 46% ricovero ordinario di cui:

– il 45% in Medicina d’Urgenza (Reparto che

con il Pronto Soccorso e l’Osservazione

Breve Intensiva (OBI) costituisce il Diparti-

mento di Emergenza).

– il 21% nel Dipartimento di Neuroscienze.

– il 30% nei reparti clinici.

– solo il 4% necessita di ricovero in UTI.

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 21

Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza

ANNO 8 - numero 1

Ad esempio, nello stato di male associato ad iper-

piressia, piuttosto frequente nella pratica clinica in

emergenza, immediata deve essere, già nelle prime

fasi di stabilizzazione, l’esecuzione di esami utili all’o-

rientamento diagnostico che consentirà anche l’ado-

zione di terapie eziologiche.

In circa il 15% di questi pazienti è diagnosticabile

un’infezione del sistema nervoso centrale la cui sot-

tovalutazione o misconoscimento correla con una

elevata mortalità(3).

Per quanto riguarda le neuroimmagini le linee guida

dell’American Academy of Neurology per la valuta-

zione del primo episodio di convulsioni non febbrili

in età pediatrica prevedono neuroimaging urgente in

tutti i bambini con defi cit neurologici focali.

È inoltre raccomandato neuroimaging (differibile) se:

compromissione cognitiva o motoria di incerta ezio-

logia, anormalità all’esame neurologico, reperti EEG

anormali non riconducibili a sindromi benigne, con-

vulsioni a esordio parziale, bambini di età inferiore

all’anno. Si fa riferimento agli studi di Hsieh e Singh(3)

per la descrizione dei più comuni reperti neuroradio-

logici e della sensibilità di CT e RM in questo conte-

sto (Tabella I).

Trattamento farmacologicoObiettivi principali della terapia di attacco sono: azio-

ne rapida, facilità di somministrazione, sicurezza in

termini di depressione respiratoria e stabilità emo-

dinamica. Alla luce di ciò, nella nostra realtà abbia-

mo condiviso ed elaborato un percorso che parte

dal primo momento dell’arrivo in Pronto Soccorso in

maniera così articolata:

1. paziente senza accesso venoso: somministrare

Midazolam buccale alla posologia di 0,5 mg/Kg

(indicata somministrazione anche in fase preo-

spedaliera: pdf-118);

festazioni cliniche (da 5 a 30 minuti). Il cut-off tempo-

rale (5-10 minuti) introdotto da alcuni AA. per defi nire

lo SE può risultare appropriato se lo SE viene defi nito

in relazione a quando è opportuno iniziare il tratta-

mento.

Peraltro una durata della crisi oltre i 30 minuti, in-

dipendentemente dalla eziologia, è in grado di de-

terminare un danno neuronale diretto e avere effetti

sistemici che possono danneggiare il SNC.

Una delle cause più frequenti è la convulsione febbri-

le prolungata generalmente associata a bassa mor-

talità e morbidità(1).

Altre cause possono essere: un trauma cranico, al-

terazioni metaboliche, intossicazioni, infezioni e alte-

razioni cerebro-vascolari(2, 3).

Nel 20-30% circa dei pazienti non viene individuata

alcuna causa scatenante e questo è più frequente

nei pazienti che già soffrono di epilessia(3, 4).

Nel 50% dei casi uno SE accade in pazienti con sto-

ria di epilessia pre-esistente. Molto spesso è in atto

una modifi cazione terapeutica o risultano sotto ran-

ge i farmaci assunti.

In altre situazioni, decisamente meno frequenti, lo

stato di male può essere causato da ingestione di

sostanze tossiche, abuso di droghe o, più comu-

nemente, assunzione di farmaci prescritti per altre

patologie e che possono alterare la funzione dell’an-

tiepilettico in corso (ad es. salicilati, teofi llina, isonia-

zide, calcio antagonisti).

Gestione in UrgenzaIl primo approccio in Pronto Soccorso al paziente

in stato di male epilettico deve avere come obiet-

tivo prioritario il contenimento della durata della

crisi in modo da evitare il danno cerebrale con un

perfetto sinergismo fra percorso terapeutico e dia-

gnostico.

Tabella I. Aspetti operativi in corso di SE

Assicurare la pervietà delle vie aeree e somministrare O2.

Monitoraggio ECG, SatO2, FR, FC.

Accesso venoso.

Dextrostick.

Analisi: emogasanalisi, emocromo, PCR, profi lo coagulativo, CPK, LDH, AST, ALT, azotemia, creatinina, elettroliti (compresi calcio e magnesio), glicemia.

Dosaggio dei farmaci antiepilettici (se indicato).

Avviare indagini eziologiche secondo anamnesi ed eventuali analisi tossicologiche (conservare campione di sangue).

Monitorare e trattare l’acidosi, l’ipovolemia, le alterazioni ioniche e metaboliche, l’ipertermia.

Secondo accesso venoso appena possibile.

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22 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza

ANNO 8 - numero 1

È a questo punto che i vari specialisti, valutate le

condizioni cliniche e neurologiche, valutano il ricove-

ro in Unità di terapia Intensiva pediatrica.

In tabella II vengono riportati i farmaci citati, nella

fi gura 1 l’algoritmo dello stato epilettico e in ta-bella III le interazioni farmacologiche da tener pre-

sente.

Il trattamento dello stato di male in terapia in-tensivaIl trattamento in terapia intensiva (TI) dello stato epi-

lettico è indicato nel caso di mancata risposta a

farmaci di primo e secondo livello (SE refrattario) o

nel caso di complicanze sistemiche quali instabilità

emodinamica e depressione respiratoria.

Gli obiettivi principali in questo ambito sono: il sup-

porto ventilatorio e cardiovascolare; il monitoraggio

emodinamico avanzato; il monitoraggio continuo

EEG; il trattamento farmacologico delle convulsioni

e delle complicanze sistemiche.

Supporto e monitoraggio in terapia intensivaIl supporto ventilatorio è indispensabile quando lo

stato epilettico e/o l’uso di farmaci sedativo-ipnotici

compromettono la pervietà delle vie aeree, la venti-

lazione e la stabilità emodinamica.

L’attività convulsiva prolungata altera in modo signi-

fi cativo l’emodinamica e l’autoregolazione cerebra-

le(5). È di primaria importanza quindi la prevenzione

dell’ipotensione e dell’ipossiemia mediante il suppor-

to ventilatorio, il monitoraggio dei livelli dei farmaci

antiepilettici e l’uso di agenti inotropi.

L’elettroencefalogramma in continuo, o in alternativa,

l’amplitude-integrated EEG (aEEG), rappresentano

uno strumento indispensabile per il monitoraggio

della risposta alla strategia terapeutica in atto nei

casi di SE refrattario trattato con farmaci anestetici.

L’EEG permette di diagnosticare stato di male non

convulsivo in almeno un terzo dei pazienti in TI(6).

Complicanze sistemicheGli effetti sistemici delle convulsioni prolungate con-

tribuiscono in modo signifi cativo alla morbilità e alla

mortalità dello SE(7).

La prevenzione, il riconoscimento precoce e il trat-

tamento specifi co delle complicanze sistemiche de-

vono avvenire contemporaneamente al trattamento

dello SE.

Le complicanze più frequenti e gravi sono: ipossia e

acidosi respiratoria, acidosi metabolica, ipoglicemia,

2. se è presente un accesso venoso si sommini-

stra Midazolam ev alla dose di 0,2 mg/Kg;

3. dopo 5 minuti, sempre se c’è persistenza della

crisi, seconda somministrazione di Midazolam

ev alla stessa posologia.

NOTA

- non somministrare più di 2 dosi di benzodiazepine

in totale.

- se il paziente ha meno di 2 aa somministrare Piri-

dossina: bolo da 200 mg (dopo le benzodiazepi-

ne le convulsioni piridossina dipendenti si risolvo-

no in 10-60 minuti).

Nel frattempo verranno eseguite le indagini emato-

chimiche urgenti contestualmente a quelle che sug-

gerirà l’anamnesi.

La ulteriore persistenza del quadro epilettico richie-

derà l’utilizzo di Levetiracetam ev alla posologia 30

mg/Kg (max 4 gg) in 15 minuti (è un farmaco che

si può somministrare in tempi brevi, non ha effetti

sedativi, non interferisce con l’emodinamica, non uti-

lizzabile nei nefropatici).

In accordo con il collega neurologo va attivata la re-

gistrazione EEG e programmata risonanza encefalo

(RM) in urgenza una volta stabilizzata la crisi.

L’utilizzo ulteriore di farmaci in caso di mancata rispo-

sta clinica deve tener conto di alcuni fattori limitanti:

a. patologie epatiche, renali, porfi ria;

b. aritmie (BAV II);

c. quadri vascolari gravi con grave ipoten-

sione;

d. quadri neurologici particolari: stato mioclo-

nico;

e. utilizzo di farmaci attivi sul citocromo P450

specie in pazienti già in terapia anticonvul-

siva (interferenza farmacologica).

Il paziente dal suo arrivo è totalmente monitorato e

tutti gli specialisti sono allertati, come il collega riani-

matore, o già presenti a fi anco del Pediatra d’Urgen-

za come il neurologo con cui si condividerà la scelta

farmacologica con cui procedere.

I farmaci da utilizzare sono:

• Fenitoina alla posologia di 15-20 mg/Kg (max

1 g) in 30 minuti

a. diluizione con fi siologica 10 mg/ml

– vena di grosso calibro (rischio fl ebite)

– monitoraggio ECG e PA

• Fenobarbitale: 20 mg/Kg (max 1 g) in 30 minuti

a. monitoraggio funzione respiratoria e PA

• Acido valproico 30 mg/Kg (max 1,5 g) in 15

minuti à1-2 mg/Kg/h (se indicato dall’evolu-

zione clinica)

a. no se patologia metabolica/epatopatia.

000_Simeup_anno_8_num_1.indb 22000 Simeup anno 8 num 1 indb 22 18/03/14 15:0518/03/14 15:05

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 23

Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza

ANNO 8 - numero 1

Trattamento farmacologico Dal 10 al 40% dei casi le convulsioni non sono con-

trollate da farmaci antiepilettici di primo e secondo

livello (SE refrattario)(10, 11). L’anestesia generale per-

mette una rapida soppressione del metabolismo ce-

rebrale e la prevenzione del danno neuronale.

La maggior parte dei protocolli indica una durata

del coma farmacologico di 24-48 ore(5, 12, 13) l’indu-

zione di burst suppression sembra essere correlata

ad un minor rischio di ricorrenza durante il weaning

ipertensione ed edema polmonare, ipertermia, alte-

razioni della coagulazione, squilibri idroelettrolitici,

rabdomiolisi, insuffi cienza renale, edema cerebrale e

disfunzione d’organo multipla.

Lo SE può indurre una condizione di edema del pa-

renchima cerebrale, ma non esistono studi dimo-

stranti l’utilità di una terapia antiedemigena (ad es.

mannitolo, salina ipertonica)(8, 9).

La curarizzazione è indicata in caso di ipertermia,

contrazioni tonico-cloniche prolungate, rabdomiolisi.

Tabella II. Farmaci stato epilettico

MIDAZOLAM BUCCALE (IPNOVEL)

Fiale da 5 mg/ml e 15 mg/3ml

Fiala da 5 mg in siringa da insulina (1ml): 0.5 ml (6-12 mesi) – 1 ml (1-4 anni)

Fiala da 15 mg in siringa da 5 ml senza diluire: 1.5 ml (5-9 anni) – 2 ml (> 10 anni)

0.5 mg/kg

MAX 10 mg

MIDAZOLAM BUCCALE (BUCCOLAM)

Siringhe preriempite 2,5 mg

Siringhe preriempite 5 mg

Siringhe preriempite 7.5 mg

Siringhe preriempite 10 mg

2.5 mg da 3 a 6 mesi contesto ospedaliero 2.5 mg da > 6 mesi a < 1 anno

5 mg da 1 anno a < 5 anni

7.5 mg da 5 anni a < 10 anni

10 mg da 10 anni a < 18 anni

0.5 mg/kg

MAX 10 mg

MIDAZOLAM ENDOVENOSO (IPNOVEL)

Fiale da 5 mg/ml e 15 mg/3 ml

Paz. < 10 kg Fiala da 5 mg a 10 ml di SF: 0.5 mg/ml

Paz. > 10 kg Fiala da 15 mg a 10 ml SF: 1.5 mg/ml

Somministrazione lenta, 1-2 minuti.

0.2 mg/kg

MAX 5 mg

LEVETIRACETAM (KEPPRA)

Fiale da 500 mg/5 ml

Non diluire. Somministrare a 5 mg/Kg/min.

Cautela se compromissione della funzione renale.

30 mg/kg

MAX 3 g

FENITOINA (AURANTIN)

Fiale da 250 mg/5 ml

Una fi ala a 50 ml SF: 5 mg/ml (non usare sol. con glucosio!)

Usare via di infusione indipendente (se possibile vaso di grosso calibro).

MAX 50 mg/min: se risoluzione, continuare infusione a 25 mg/min.

Monitorare ECG e pressione arteriosa.

Controindicazioni: stato mioclonico, patologia cardiovascolare, BAV II grado, ipotensione grave.

Cautela se insuffi cienza epatica o renale.

Controllo livello ematico 15 minuti dopo fi ne infusione (20-30 mcg/ml).

15 mg/kg

ACIDO VALPROICO (DEPAKIN)

Polvere e solvente da 400 mg/4 ml

Somministrare a 5 mg/kg/min.

Controindicazioni: patologie epatiche o metaboliche, coagulopatie.

Indicato se fenitoina e fenobarbitale sono controindicati (es. reazioni allergiche, progressive myoclonus epilepsy).

Aumentare dose ac. valproico a 40 mg/kg se altri farmaci induttori P450: carbamazepina, fenitoina, fenobarbitale, o se già in trattamento

con ac. valproico.

20 mg/kg

FENOBARBITALE

Fiale da 100 mg/ml.

Diluire 1:10 con acqua per soluzioni iniettabili

Somministrare a 2 mg/Kg/min. MAX 60 mg/min

Controindicazioni: ipersensibilità, porfi ria, grave insuffi cienza epatica.

20 mg/kg

MANTENIMENTO e LIVELLI EMATICI TARGET (controllo ogni 24-48 ore)

Fenitoina 6 mg/kg/die ev in 2 somm. (10-20 mcg/ml)

Acido valproico 20 mg/kg/die ev in 2 somm. (50-100 mcg/ml)

Levetiracetam 40 mg/kg/die ev in 2 somm.

Fenobarbitale 5 mg/kg/die ev in 2 somm. (30-40 mcg/ml)

000_Simeup_anno_8_num_1.indb 23000 Simeup anno 8 num 1 indb 23 18/03/14 15:0518/03/14 15:05

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24 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza

ANNO 8 - numero 1

tinua di 0.2-2 mg/kg/h è effi cace per la risoluzione

dello stato di male refrattario nella maggior parte dei

bambini (71-100%). Gli effetti collaterali sono minimi

e la mortalità è inferiore rispetto agli altri farmaci uti-

lizzati per indurre il coma farmacologico, ma il rischio

di ricorrenza è elevato(11, 15, 20, 21).

I barbiturici come il tiopentale (bolo iniziale di 3-5

mg/kg, infusione di 1-5 mg/kg/h) dovrebbero assi-

curare la risoluzione dell’attività convulsiva clinica ed

elettroencefalografi ca (74-100% casi), con una inci-

farmacologico(12, 14). In ambito pediatrico le evidenze

cliniche o le linee guida al riguardo sono limitate(11, 15).

I farmaci comunemente utilizzati nel bambino e

nell’adulto con dose di induzione e infusione conti-

nua sono il tiopentone sodico, il midazolam e il pro-

pofol. Non sono disponibili trial clinici randomizzati

che supportino la scelta di una particolare strategia

farmacologica, ma solo studi retrospettivi e dati ane-

dottici(11-20). Il midazolam con un bolo iniziale di 0.1-0.5

mg/kg (massimo 10 mg) seguito dall’infusione con-

Tabella III. Interazioni farmacologiche

Figura 1. Algoritmo dello stato epilettico

MIDAZOLAM BUCCALE all’ingresso

Se accesso venoso presente all’ingresso

ABCOssigenazione,

protezione vie aeree,eventuale intubazione sostegno emodinamico

Sat O2

ECG dextrostickVena periferica

(quando possibileottenere secondoaccesso vesnoso)

Attivazione EEG

Attivazione RM urgente se primo

episodio di SE

Indagini:emogasanalisi

emocromocoagulazione

elettroliti, Ca, MgAST ALT GGT

CPK LDHbilirubinacreatininaazotemia

Livelli AEDsse in terapia

Se indicato:es. tossicologici

emocolturaliquor

Conservarecampione di sangue

(tappo rosso)

Se persiste

Se persiste

Se persiste

Dopo 5 minuti – appena disponibile accesso venoso MIDAZOLAM EV

Dopo 5 minuti ripetere dose MIDAZOLAM EV

Dopo 5 minuti LEVETIRACETAM EV

Se persiste

Dopo 10 minuti FENITOINA EV oppure

ACIDO VALPROICO EV (secondo indicazione del neurologo)

Se persiste

Dopo 5 minuti FENOBARBITALE EV

TRASFERIMENTO IN TERAPIA INTENSIVA

2 dosi totali ev dibenzodiazepine

compreso territorio

in età neonatale e fino a 1 anno di etàPIRIDOSSINA bolo 200 mg ev

Fenitoina/lidocaina: effetto proaritmico

Fenitoina/acido valproico: competizione con legame proteico

Acido valproico/fenitoina/barbiturici/carbamazepina/ketamina: induzione enzima P450

Nota: in pazienti in terapia con anticonvulsivanti

vedere programma individuale o consultare neurologo.

000_Simeup_anno_8_num_1.indb 24000 Simeup anno 8 num 1 indb 24 18/03/14 15:0518/03/14 15:05

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 25

Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza

ANNO 8 - numero 1

portate in letteratura e valutabili caso per caso sono

il topiramato, la ketamina, il valproato di sodio in infu-

sione continua, la lidocaina, l’ipotermia, il fenobarbi-

tale ad alte dosi, gli alogenati (isofl uorano), le terapie

immunomodulanti e la dieta chetogenica(11, 17, 23, 24).

Dopo la risoluzione dello SE è essenziale continuare

il monitoraggio EEG per 24 ore dopo la sospensione

dei farmaci sedativi per diagnosticare l’eventuale ri-

correnza dell’attività parossistica.

denza inferiore di breakthrough seizures e ricorrenza

durante il weaning rispetto al midazolam, ma sono

associati ad un rischio importante di instabilità emo-

dinamica(14, 15, 18).

L’utilizzo del propofol non è raccomandato nei bam-

bini per l’elevato rischio di “sindrome da infusione

di propofol” (i.e. rabdomiolisi, acidosi metabolica,

insuffi cienza renale, bradicardia refrattaria, arresto

cardiocircolatorio)(11, 22). Molte opzioni terapeutiche ri-

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26 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

La pancreatite acuta in pediatria

T. Bellini, S. Vignola, P. GandulliaU.O.C Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, IRCCS G.Gaslini, Genova

ANNO 8 - numero 1

3,6 e 13,2 casi ogni 100.000 bambini ogni anno.

Studi epidemiologici italiani per la popolazione pe-

diatrica non sono disponibili, anche se è in corso la

raccolta dei casi di pancreatite nell’ambito di un re-

gistro coordinato dalla Società di Gastroenterologia,

Epatologia, Nutrizione Pediatrica (SIGENP) che nel

2009 ha pubblicato la Consensus sulle patologie in-

fi ammatorie pancreatiche acute e croniche(1).

DiagnosiPoiché non è possibile ottenere un campione biop-

tico del processo infi ammatorio pancreatico, la PA

è diagnosticata secondo criteri clinici, biochimici e

radiologici.

La defi nizione clinica accettata per la diagnosi di pan-

creatite acuta richiede la presenza simultanea di al-

meno 2 dei 3 criteri sotto riportati:

1. dolore addominale acuto, invalidante, costante in

sede epigastrica e sovra ombelicale;

2. aumento di amilasi o lipasi o di entrambi gli enzimi

di almeno 3 volte il limite di normalità;

3. evidenza di alterazioni del parenchima pancrea-

tico all’imaging.

Questi criteri, approvati nel 1992 in una Consensus

Conference ad Atlanta(2) e codifi cati per la popola-

zione adulta, sono stati applicati nella pratica clinica

pediatrica; tuttavia, è recente convinzione che variabili

come età, comorbidità e altri fattori condizionino la

presentazione clinica e le alterazioni biochimiche ed

ecografi che osservate in età pediatrica(1, 3, 4).

Defi nizioneLa pancreatite acuta (PA) è caratterizzata sul piano

clinico dal sintomo di dolore cui corrispondono all’i-

maging alterazioni del tessuto pancreatico e alla sie-

rologia un aumento degli enzimi pancreatici; il danno

istologico, nella maggior parte dei casi reversibile, è

contraddistinto dalla presenza di edema interstiziale

associato in grado variabile a necrosi tissutale, apop-

tosi ed emorragia. La pancreatite cronica si associa a

dolore di intensità variabile e a manifestazioni cliniche

correlate a una compromissione della capacità eso-

crina ed endocrina. La pancreatite è ricorrente quando

si manifesta due o più volte. Lo scopo di questa trat-

tazione è quello di fornire le conoscenze basilari per la

diagnosi e il trattamento della PA in pediatria.

FisiopatologiaIl processo fi siopatologico che determina la PA rimane

poco chiaro; attualmente è convinzione comune che,

nonostante l’eterogeneità etiologica, l’infi ammazione

sia conseguenza dell’attivazione di un comune mec-

canismo d’azione(5). Modelli sperimentali dimostrano

che uno o più insulti alla cellula acinare pancreatica

possono innescare segnali intracellulari Ca++-dipen-

denti, con attivazione intra-acinare delle proteasi e

produzione di citochine.

IncidenzaI più recenti studi riportano un’incidenza variabile tra

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 27

La pancreatite acuta in pediatria

ANNO 8 - numero 1

aumento sierico delle amilasi, mentre un’esofagite

può innalzare i livelli di lipasi), altre sono condizioni be-

nigne senza alcun signifi cato clinico (macroenzimemie

per polimerizzazione dell’enzima con altre proteine,

in genere immunoglobuline, e ostacolo alla fi ltrazione

del glomerulo).

RadiologiaPoiché i criteri clinici e biochimici sono soggetti a li-

mitazioni come sopra riportato, l’imaging gioca un

ruolo fondamentale nella diagnosi della pancreatite

acuta anche e soprattutto in età pediatrica. L’eco-

grafi a addominale è il gold standard nella valutazione

del parenchima pancreatico ed è anche più sensibile

rispetto alla Tomografi a Computerizzata (TC) nella dia-

gnosi di pancreatite biliare(7); l’ecografi a inoltre per-

mette di differenziare la PA da altre cause di addome

acuto (intussuscezione, volvolo, appendicite che può

anche causare aumento non pancreatico di amilasi o

lipasi). I principali reperti ecotomografi ci sono rappre-

sentati da alterazioni a carico del parenchima pancre-

atico (iperecogenicità pancreatica, edema, necrosi)

e da raccolte fl uide peripancreatiche e pseudo cisti.

Tuttavia, molti studi riportano che solo il 30-50% dei

bambini sottoposti a ecografi a presentava evidenza

di pancreatite(5).

La TC non è generalmente indicata all’esordio, con-

siderando anche che la completa estensione della

necrosi pancreatica/peripancreatica può essere evi-

dente dopo 72h dall’esordio; la TC è utilizzata se la

diagnosi ecografi ca non è chiara o nel caso l’organo

non sia visualizzabile; nel follow-up di una PA può

essere necessario eseguirla(5, 8).

È consigliabile invece, nel bambino, eseguire la TC in

prima battuta nei seguenti casi(1, 9):

1. storia di grave trauma addominale;

2. stadiazione della pancreatite acuta severa;

3. determinazione e quantifi cazione delle compli-

canze.

Spesso le indagini biochimiche e radiologiche non

chiariscono l’eziologia della pancreatite, pertanto,

superata la fase acuta, è necessario sottoporre il pa-

ziente a indagini volte a escludere anomalie morfolo-

giche biliopancreatiche. Questi esami sono rappre-

sentati dalla colangio-pancreatografi a endoscopica

retrograda (CPRE) e dalla colangiopancreatografi a in

RM.

Stadiazione e classifi cazioneAl fi ne di uniformare il concetto di pancreatite se-

vera, sono stati recentemente revisionati i criteri di

Atlanta(11), che prevedono una classifi cazione in due

SintomatologiaIl dolore addominale è un criterio clinico per la defi ni-

zione diagnostica di PA, tuttavia esso può mancare in

un numero considerevole di pazienti ed è fortemente

infl uenzabile dall’età del paziente; nei bambini < 3 anni

d’età meno di un bambino su tre lamenta dolore ad-

dominale, al contrario possono presentare irritabilità

senza altri sintomi. La sede del dolore tipicamente è

epigastrica, ma raramente è presente irradiazione al

dorso. Il secondo sintomo più comune è la nausea

con o senza vomito (dal 40% all’80% dei casi), che

talvolta può essere biliare (20% dei casi). Altri sin-

tomi possono essere distensione addominale, ittero,

ascite, versamento pleurico; alla palpazione dell’ad-

dome può essere anche rivelata la presenza di massa

addominale (pseudocisti), seppur con incidenze va-

riabili a seconda dello studio in esame(5).

LaboratorioIl dosaggio di amilasi e lipasi viene eseguito per la dia-

gnosi e il monitoraggio del decorso della PA. Conven-

zionalmente, sono considerate indicative di PA valori

tre volte il limite della norma. Tuttavia, è necessario co-

noscere le variazioni in base all’età dei livelli sierologici

degli enzimi pancreatici nella popolazione pediatrica:

le isoamilasi pancreatiche sono relativamente basse

alla nascita e raggiungono i livelli rilevati nell’adulto a

10-15 anni di età; le lipasi invece raggiungono i valori

dell’adulto a un anno di età. Questo è stato rilevato

anche da recenti studi condotti su bambini < 2 anni

con PA, che presentavano valori patologici per lipasi

pressoché nel 100% dei casi, mentre presentavano

valori elevati di amilasi tra il 40% e il 60% a seconda

dello studio(3, 6). Inoltre, le amilasi e le lipasi hanno emi-

vita differente: per esempio, la sensibilità dell’amilasi

pancreatica tra il 2° e 4° giorno dall’inizio della sinto-

matologia dolorosa scende al di sotto del 30%, men-

tre la lipasi (e con essa l’elastasi, non comunemente

dosata) conservano una sensibilità > 80%; per que-

sto motivo in età pediatrica si raccomanda di dosare

entrambi gli enzimi(1, 4). Appare chiaro quindi che la

diagnosi di PA non dovrebbe dipendere da un valore

patologico, arbitrariamente assegnato a un aumento

di 3 o n volte degli enzimi, ma il valore dovrebbe es-

sere interpretato in base all’età e al tempo trascorso

dall’esordio del dolore.

È importante infi ne considerare nell’ambito della dia-

gnosi differenziale condizioni cliniche che possono

causare un aumento non pancreatitico di amilasi, di

lipasi, o di entrambe(5): alcune di queste sono condi-

zioni patologiche a carico di altri organi (un qualsiasi

interessamento a carico del polmone, delle ghiandole

salivari, dell’ovaio o della prostata può determinare

000_Simeup_anno_8_num_1.indb 27000 Simeup anno 8 num 1 indb 27 18/03/14 15:0518/03/14 15:05

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28 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

La pancreatite acuta in pediatria

ANNO 8 - numero 1

di calcoli biliari. In età pediatrica l’eziologia è molto

diversa; in base ai dati disponibili, le principali classi

di patologia che determinano pancreatite acuta in età

pediatrica sono le seguenti(5):

Patologia Biliare 10-30% Iatrogena < 25%

Idiopatica 13-34%Patologia Sistemica

33%

Trauma 10-40%Patologia Infettiva

< 10%

Patologia Metabolica 2-7%Pancreatite Ereditaria

5-8%

Nei lattanti e nei bambini < 2 anni l’eziologia è sovrap-

ponibile a quella per le altre classi d’età pediatrica(4, 6).

Patologia BiliareComprende sia la patologia ostruttiva (presenza di

calcolo o fango biliare) sia la patologia malformativa

(pancreas divisum 2,9%, disfunzione dello sfi ntere di

Oddi 1,4%, malformazioni della giunzione biliopancre-

atica, cisti del coledoco, malattia di Caroli). La mag-

gior parte delle linee guida raccomanda la rimozione

del calcolo biliare mediante CPRE se si ha persistenza

dell’occlusione per 2-3 giorni, o sviluppo di colangite,

o ancora peggioramento del quadro pancreatitico(1, 13,

14-16). In paziente con colelitiasi è indicata colecistec-

tomia, entro le due settimane e non oltre le 4(16, 17).

Pancreatite iatrogena farmaco-indotta.I principali farmaci responsabili di tossicità pancrea-

tica (seppur i meccanismi rimangano non chiari) sono:

acido valproico, L-asparaginasi, Prednisone, 6-mer-

captopurina(5). Altri farmaci per cui è stata segnalata

tossicità pancreatica sono: azatioprina, enalapril, eri-

tromicina, estrogeni, furosemide, metil-Dopa, pen-

tamidina, tetracicline, tiazide, sulindac, sulfonamidi,

propofol.

Patologia SistemicaLe principali patologie(20) più comunemente associate

a pancreatite acuta sono la sepsi, lo shock con o

senza sepsi, la sindrome emolitico-uremica, il lupus

eritematoso sistemico. Altre patologie o condizioni

cliniche per le quali è stata riportata la possibilità di

determinare un danno pancreatico, seppur in per-

centuale minore, sono l’ulcera peptica, la malattia

di Kawasaki, il morbo di Crohn, altre collagenopatie

o vasculiti (porpora di Schoenlein-Henoch, Panarte-

rite Nodosa), l’emocromatosi, il trapianto d’organo

(midollo osseo, fegato, cuore, polmone, farmaco-

indotta), le patologie neoplastiche (tumori cerebrali,

leucemia linfatica acuta, leucemia mieloide acuta) e

l’insuffi cienza renale.

categorie anatomo-patologiche e, in base alla severità

del quadro clinico, in tre gradi:

Pancreatite acuta con edema interstiziale: caratteriz-

zata da infi ammazione del parenchima pancreatico e

del tessuto peripancreatico, senza segni riconducibili

a necrosi tissutale.

Pancreatite acuta necrotizzante: caratterizzata dalla

presenza di necrosi del parenchima o del tessuto pe-

ripancreatico.

Pancreatite Acuta Lieve: caratterizzata dall’assenza di in-

suffi cienza d’organo e da complicanze sistemiche o locali.

Pancreatite Acuta Moderata: caratterizzata da transitoria

insuffi cienza d’organo (< 48h) e/o complicanze locali.

Pancreatite Acuta Severa: persistenza di insuffi cienza

d’organo che può coinvolgere uno o più organi. Tut-

tavia, gli score proposti nella letteratura dell’adulto,

che contengono indici predittivi multifattoriali (score

di Ranson, Glasgow, Balthazar, Atlanta), non risul-

tano applicabili in ambito pediatrico. Nel 2002 è stato

invece proposto il primo sistema a punti utilizzabile

in ambito pediatrico (< 16 anni), costruito retrospet-

tivamente selezionando i parametri che hanno signi-

fi cativamente permesso di distinguere una forma di

gravità media da una di gravità severa (un episodio

è stato considerato severo se soddisfatti retrospetti-

vamente i criteri di Atlanta). Il punteggio ≤ 2 indica il

ricovero nel reparto di degenza mentre il punteggio

≥ 3 richiede il ricovero in Terapia Intensiva. A 48h, se

lo score dovesse risultare ≤ 2, il paziente potrebbe

essere ritrasferito presso il reparto di degenza (Ta-bella I). La sensibilità di questo punteggio è risultata

essere migliore rispetto agli altri score disponibili con

un miglior valore predittivo negativo; tuttavia, questo

score non è stato validato da altri gruppi né da studi

prospettici.

EziologiaNell’adulto la maggior parte delle pancreatiti è de-

terminata dalla tossicità alcoolica o dalla presenza

Tabella I. Classifi cazione di gravità della pancreatite acuta secondo i criteri di De Banto

Punteggio Criterio

all’ammissione

Criterio a 48h

1 Età < 7 anni Calcio < 8.3 mg/dl (4.1 mEq/l)

2 Peso < 23 Kg Albumina < 2.6 g/dl

3 Globuli bianchi

> 18.500/mm3

Sequestro liquidi > 75 ml/

kg/48h

4 LDH > 2000 U/l Incremento Azotemia > 5 mg/dl

Criteri di De Banto et al.(12)

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 29

La pancreatite acuta in pediatria

ANNO 8 - numero 1

Necrosi pancreatica: area necrotica diffusa o focale di

parenchima pancreatico, associata o meno a necrosi

del grasso peripancreatico.

Complicanze Sistemiche

Vascolari peripancreatiche: trombosi della vena

spancnica, pseudo aneurisma, emorragia gastroin-

testinale, sindrome compartimentale addominale.

Respiratorie: insuffi cienza respiratoria acuta, con SaO2

persistentemente < 90% con una PaO2 < 60 mmHg;

Renali: insuffi cienza renale acuta con creatinina sierica

> 2 mg/dl

Cardiache: scompenso cardiaco/shock con pres-

sione arteriosa sistolica < 90 mmHg

Emocoagulative: disordini coagulativi con piastrine

< 100.000/mm3 o fi brinogeno < 100 mg/dl

Disturbi metabolici: iperglicemia, ipocalcemia (< 1.87

mmol/l), iperlattacidemia (> 5 mmol/l)

TerapiaAl momento non sono disponibili linee guida codifi -

cate e approvate per l’età pediatrica.

Le seguenti indicazioni terapeutiche sono validate per

la popolazione adulta e ogni indicazione terapeutica

in ambito pediatrica non è evidence-based, ma solo

maturata dall’esperienza clinica degli autori e delle

società scientifi che(1).

MonitoraggioNelle prime ore dall’esordio della sintomatologia è

fondamentale il monitoraggio continuo delle seguenti

funzioni vitali del paziente(22):

1. Frequenza Respiratoria (FR) e Saturazione per-

cutanea O2; l’ipossia può essere causata da

atelettasia, pneumotorace, versamenti pleurici,

shunt intrapolmonari, sindrome da distress re-

spiratorio;

2. Pressione Arteriosa, Frequenza Cardiaca (FC);

3. Bilancio di urine e liquidi(8);

4. Glicemia e Glicosuria; la glicemia dovrebbe es-

sere controllata ogni ora nei pazienti con pan-

creatite severa e con evidenza di iperglicemia

(> 180-200 mg/dl), per il rischio aumentato di

infezioni. L’iperglicemia può essere causata da

sovraccarico di glucosio durante la nutrizione

parenterale, ridotta produzione di insulina, au-

mentata gluconeogenesi e ridotto utilizzo del

glucosio;

5. Controllo seriato di emoglobina (Hb), ematocrito

(Htc), ionogramma (con Mg), albumina, indici di

funzionalità epatobiliare e renale, coagulazione;

Gli ioni dovrebbero essere controllati frequentemente

per rischio di ipocalcemia e ipomagnesemia;

Patologia TraumaticaÈ opportuno considerare in questa categoria anche i

maltrattamenti oltre al trauma accidentale (per esem-

pio da manubrio di bicicletta).

Patologia InfettivaÈ diffi cile determinare quando vi sia una relazione

causale tra infezione e pancreatite(5, 20); i principali pa-

togeni associati a pancreatite sono i seguenti: virus

della parotite, HAV, HBV, HCV, rotavirus, HEV, CMV,

varicella, mycoplasma pneumoniae, moraxella ca-

tarrhalis, adenovirus, coxsackie (B4), virus infl uenza

A e B, rosolia, ascaridiasi.

Patologia MetabolicaLe principali patologie di origine metaboliche che

possono causare pancreatite sono la chetoacidosi

diabetica, la s. da rialimentazione, le displipidemie,

l’ipercalcemia, le organicoacidurie e la metilmaloni-

coacidemia(1). I pazienti con pancreatite causata da

patologia metabolica, più frequentemente rispetto ad

altre classi vanno incontro a pancreatite ricorrente(6, 20).

Patologia EreditariaAttualmente sono tre i geni identifi cati come respon-

sabili di pancreatite ereditaria(1, 5):

PRSS1, con trasmissione autosomica dominante,

codifi cante per il tripsinogeno cationico presente nel

succo pancreatico;

SPINK1, con trasmissione autosomica dominante,

codifi cante per l’inibitore delle secrezione di tripsina;

CFTR, gene resposabile della Fibrosi Cistica tra-

smesso con modalità autosomica recessiva, che

diluisce ed alcalinizza la secrezione pancreatica im-

pedendone l’ostruzione.

ComplicanzeI criteri di Atlanta(2) forniscono una classifi cazione per

quello che riguarda le complicanze di una pancreatite

acuta nella popolazione adulta(22), le quali si dividono

in complicanze locali e sistemiche:

Complicanze locali

Raccolta fl uida acuta, peripancreatica: si forma rapi-

damente, nelle prime fasi del processo infi ammatorio,

e manca di una capsula fi brosa;

Pseudocisti pancreatica: si forma tardivamente (in

media 4 settimane dopo l’esordio) ed è dotata di

capsula fi brosa;

Ascessi pancreatici e sovrainfezione: si tratta di un’in-

fezione del tessuto pancreatico infi ammatico/necro-

tico, con possibile raccolta localizzata di materiale

purulento;

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30 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

La pancreatite acuta in pediatria

ANNO 8 - numero 1

senti dati che dimostrano come il Gabesato Mesilato

riduca signifi cativamente l’incidenza di complicanze

che portano all’intervento chirurgico(26), la mortalità

nelle forme moderate-severe(27). Controversi e discor-

danti sono anche i dati sull’utilizzo di Octreotide.

IdratazioneNelle prime 48h è consigliabile mantenere un’idra-

tazione di mantenimento con soluzione elettrolitica

bilanciata, isosmolare, o Ringer Lattato e monitorare

la diuresi e i parametri vitali. Nel caso di emocon-

centrazione, il rischio di sviluppare una pancreatite

necrotizzante aumenta(31), mentre una correzione della

volemia nelle prime fasi della PA migliora mortalità e

morbilità(8, 32-34). Dopo le 48h, in base alle condizioni

cliniche del bambino, bisogna valutare se sospendere

la fl uidoterapia in favore di un’alimentazione o di un

supplemento nutrizionale artifi ciale. In caso di ipercal-

cemia non utilizzare il Ringer Lattato.

Terapia AntalgicaLa terapia antalgica è fondamentale per la prognosi

in quanto il dolore induce aumento del consumo di

O2, del catabolismo e dell’instabilità cardiocircolatoria

Dolore lieve:

1° Scelta PARACETAMOLO e.v. 15 mg/kg x 4/die (7,5

mg/kg x 4/die se < 10 Kg o < 6 mesi)

Non utilizzare in caso di interessamento epa-

tico (ipertransaminemiia e/o iperbilirubinemia)

per rischio di sovradosaggio relativo.

2° Scelta METAMIZOLO e.v. 20-30 mg/kg fi no a 4 volte/

die (non utilizzare sotto ai 4 mesi)

Dolore moderato:

1° Scelta TRAMADOLO e.v. 1.5 mg/kg x 4 volte/die

(infusione lenta in 20’), oppure

0,1-0.25 mg/kg/h in infusione continua (utiliz-

zare con cautela nei bambini < 1 anno

Non superare i 100 mg/bolo e i 6 mg/kg/die)

2° Scelta Associazione di TRAMADOLO (risparmio di

oppioidi) con: METAMIZOLO oppure

KETOROLAC 0.5 mg/kg x 3 volte/die (non più

di 3 giorni)

Dolore grave (o non responsivo a TRAMADOLO):

1° Scelta MEPERIDINA 0.8-1 mg/kg ogni 2-3 ore.

È stato dimostrato che ha meno effetto sullo

sfi ntere di Oddi rispetto alla Morfi na, anche

se non ci sono evidenze che la morfi na possa

aggravare pancreatite o colecistite(35).

2° Scelta MORFINA bolo: 0.1 mg/kg ogni 4 ore, oppure

infusione continua 0.03 mg/kg/h

Supporto nutrizionale.

Il supporto nutrizionale (alimentazione orale, nutrizione

parenterale e nutrizione enterale) si può applicare in

base alla gravità clinica del quadro:

• Pancreatiti severe: supporto nutrizionale artifi ciale

con la nutrizione enterale o parenterale;

• Pancreatiti lievi moderate; non esiste accordo una-

nime sui criteri per la ripresa dell’alimentazione; il

criterio più accettato è rappresentato dalla scom-

parsa di dolore, vomito e ileo paralitico(8), unita-

mente a un valore di amilasi < 500 U/l.

Recentemente, è stato dimostrato che una nutrizione

mediante sondino naso-digiunale produce uno stimolo

minimo alla secrezione pancreatica esocrina(15, 17),

riduce signifi cativamente la mortalità, il rischio di in-

suffi cienza multiorgano, le infezioni sistemiche e la

necessità di chirurgia(22).

AntibioticiIn letteratura non sono presenti studi randomizzati

multicentrici sull’utilizzo di antibiotici in corso di PA

nella popolazione pediatrica; nella popolazione adulta

emerge un’evidenza conclusiva sull’utilizzo di antibio-

tici che sembrano ridurre il rischio di infezione locale e

sistemica, considerato che 1/3 delle necrosi si infetta

e che 1/5 delle PA sviluppa un’infezione extrapancre-

atica (polmone, tratto urinario)(15, 25). Il 75% delle infe-

zioni è monomicrobica con organismi di derivazione

viscerale (Kleibsiella, Pseudomonas, Enterococco);

la scelta dell’antibiotico dovrebbe quindi ricadere,

empiricamente, su antibiotici attivi su questi agenti

microbici.

Piperacillina/Tazobactam e.v. 100 mg/kg ogni 8h

(max 4 g/dose);

Ciprofl oxacina e.v. 15 mg/kg ogni 12h (max 400

mg/dose);

Meropenem 20 mg/kg ogni 8h (max 1 g/dose);

Nelle forme gravi è consigliabile inserire anche:

Metronidazolo 10 mg/kg ogni 8h (max 500 mg/

dose).

Le infezioni fungine sono infrequenti, complicando

circa il 9% delle necrosi pancreatiche. Se c’è evidenza

di infezione, è consigliato il trattamento con Flucona-zolo(22) al dosaggio di 6-12 mg/kg/die.

Antiproteasici/AntisecretoriNon esistono revisioni sistematiche né tantomeno

studi multicentrici randomizzati in letteratura sull’u-

tilizzo di queste classi di farmaci in età pediatrica,

ma solamente case reports, peraltro in pazienti con

condizioni cliniche particolari(29, 30); non esistono quindi

studi di qualità suffi ciente per ricavare evidenze appli-

cabili in campo clinico. Nell’adulto, invece, sono pre-

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 31

La pancreatite acuta in pediatria

ANNO 8 - numero 1

sentinella). In caso di pancreas non visualizzato

all’ecotomografi a, o dubbi diagnostici, o eziologia

traumatica, effettuare TC addome superiore con

mezzo di contrasto.

3. Digiuno assoluto per le prime 48h, quindi possi-

bilità di riavviare l’alimentazione per via orale/en-

terale in caso di paziente asintomatico ed amilasi

< 500 U/l.

4. Posizionamento di due accessi venosi stabili.

5. Protezione gastrica con Inibitore di Pompa Pro-

tonica con Omeprazolo 1 mg/kg/die.

6. Se c’è presenza di vomito, mantenere Sondino

Naso Gastrico e somministrare Ondasetrion alla

dose di 0.2 mg/kg/dose, ripetibile ogni 8h.

7. Valutare in base alle condizioni cliniche, biochimi-

che e radiologiche l’eventuale terapia antibiotica.

8. Con un quadro di pancreatite di grado moderato-

severo, è auspicabile effettuare un tentativo con

farmaci antiproteasici ed antisecretori, sebbene

non ci siano suffi cienti dati per supportare questa

scelta:

• Octreotide e.v. su vena dedicata: bolo in

un’ora di 2 μg/kg; successivamente drip in

infusione continua 1 μ/kg/h (che può essere

aumentato a 2);

• Gabesato mesilato e.v. su vena dedicata:

sono fl da 100 mg da ricostituire con solvente

annesso; dopo ricostituzione diluire il tutto in

170 ml di SG 5% ed infondere in drip in infu-

sione continua. Non esiste accordo su dose

pediatrica; nell’adulto si somministrano fi no a

900 mg/die; in un bambino di 20 kg è consi-

gliabile somministrare 100 mg x 3 (1fl ogni 8h in

infusione continua). Per pesi intermedi regolarsi

in maniera proporzionale in quanto non è noto

il dosaggio. Effetti collaterali possibili: fl ebiti,

shock, ipotensione.

Terapia Endoscopica e ChirurgicaEsiste un consensus generale sull’importanza di ef-

fettuare una CPRE nella pancreatite biliare(36): l’esecu-

zione precoce (entro 72h) con rimozione del calcolo

riduce in modo signifi cativo le complicanze(37,38).

La chirurgia della pancreatite, sempre meno necessa-

ria, è indicata nel drenaggio che può essere chirurgico

o TC-guidato, in caso di versamento peripancreatico.

Discussione e Proposta di Protocollo Diagnos-tico-TerapeuticoIn base a queste poche evidenze scientifi che, talvolta

contrastanti, e con le scarse scelte terapeutiche a

disposizione, gli autori propongono, sulla base della

loro esperienza clinica, un protocollo diagnostico-te-

rapeutico per la gestione della PA nella popolazione

pediatrica.

1. Esecuzione esami ematici: esame emocromoci-

tometrico, VES, PCR, glicemia, azotemia, creati-

nine mia, ionogramma compresso P, ph Venoso,

albumina, proteine totali, elettroforesi delle siero

proteine, AST, ALT, gGT, bilirubina totale e frazio-

nata, fosfatasi alcalina, amilasi, lipasi, triglie ridi,

PT, PTT, fi brinogeno, antitrombina III, CK, LDH,

esame urine.

2. Valutazione radiologica di 1° livello con esecu-

zione di Eco Addome (per ricerca di dilatazione

del coledoco, calcolosi o sabbia delle vie biliari,

dilatazione-calcolosi del Wirsung, calcifi cazioni del

pancreas, edema o zone emorragico-necrotiche

del pancreas, cisti pancreatiche, versamenti pe-

ritoneali o peripancreatici), Rx torace (per esclu-

sione di versamenti pleurici), Rx Addome a vuoto

(per ricerca di immagini radio-opache da calcoli

vie biliari o pancreatiche, livelli idro-aerei, anse

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32 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

La pancreatite acuta in pediatria

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 33

Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome

(FPIES): una nuova sfi da per il pediatra di Pronto

Soccorso

G. Monti1, E. Castagno2, M. Lupica3, V. Tarasco4, S. Viola1, A. Urbino2

1 Servizio di Allergologia, Dipartimento di Scienze Pediatriche e dell’Adolescenza, Università degli Studi di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino

2 A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino3 ASL TO3, Ospedale degli Infermi di Rivoli, S.C. Pediatria, Rivoli (TO)4 ASL AT, Ospedale Cardinal Massaia, S.C. Pediatria, Asti

CASE REPORT

ANNO 8 - numero 1

dosi metabolica (pH 7,1; BE -18) e leucocitosi neutro-

fi la (GB 34.750, neutrofi li 23.520); elettroliti, glicemia,

prove emogeniche, funzionalità epatica e renale ed

esame delle urine: tutti nella norma. Ecografi a dell’ad-

dome negativa; eseguiti coprocoltura, urocoltura ed

emocoltura (in seguito risultati tutti negativi).

N. è trattato con boli di soluzione fi siologica e.v. e te-

rapia con ceftriaxone con miglioramento clinico dopo

alcune ore, e dopo la stabilizzazione viene ricoverato.

Nel corso del ricovero, emocromo ed EGA si norma-

lizzano. N. è dimesso in nona giornata con l’indica-

zione a proseguire per qualche giorno la dieta con

formula delattosata iniziata in reparto, addizionandola

a domicilio con crema di riso. A casa ne assume po-

chi ml, poi la rifi uta e a distanza di circa 2 ore presenta

un vomito e 3 evacuazioni diarroiche ed è ricondotto

in PS.

All’ingresso appare un poco abbattuto; FC 155 bpm,

SatO2 97% in aa; lieve acidosi metabolica com-

pensata all’EGA. È dimesso dal PS con diagnosi di

“lieve recidiva di gastroenterite acuta” e prescrizione

di soluzione reidratante orale, oltre all’indicazione a

proseguire con la formula delattosata con la crema

di riso, che però la madre non aggiunge nel dubbio

che il latte così addizionato risulti meno digeribile. Nei

giorni successivi è reintrodotta la formula abituale ed

è ripreso lo svezzamento.

Dopo circa 1 ora dal pasto, di cui N. assume pochi

cucchiaini, compaiono vomito profuso per 1 ora e

mezza, pallore intenso e persistente, iporeattività e

letargia, pertanto il bambino è nuovamente condotto

in PS.

IntroduzioneI bambini condotti in Pronto Soccorso (PS) per vomito

ripetuto, eventualmente associato a diarrea, possono

rappresentare una sfi da per il pediatra urgentista, in

particolare se le condizioni generali sono scadenti

e vi sono segni di shock: le diagnosi differenziali da

prendere in considerazione sono numerose e tra di

esse, recentemente, sta assumendo sempre mag-

gior rilievo anche la forma acuta della Food Protein-

Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES). La FPIES è

una forma emergente di allergia ad alimenti non-IgE

mediata responsabile di quadri clinici anche molto

severi, ben nota in ambito allergologico ma ancora

poco considerata dal pediatra di PS.

Riportiamo due casi a diversa presentazione, il primo

nella sua manifestazione acuta severa “classica” e il

secondo a espressione clinica di minor gravità, en-

trambi riconosciuti dopo multipli episodi acuti e diversi

accessi in PS.

Caso 1N., maschio sano italiano, 7 mesi, nutrito con latte for-

mulato esclusivo dalla nascita, condotto in PS per un

abbondante vomito a getto, coliche intense e diarrea

(due evacuazioni) seguite da pallore intenso e letargia,

a distanza di circa 3 ore dall’introduzione del primo

pasto di svezzamento (di cui peraltro aveva assunto

pochi cucchiaini).

All’ingresso in PS: shock ipovolemico con intenso

pallore e letargia, FC 220 bpm, FR 60 atti/min, SatO2

95% in aa, temperatura 35 °C. Agli ematochimici: aci-

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34 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfi da per il pediatra di Pronto Soccorso

ANNO 8 - numero 1

parenterale. Altri sette episodi analoghi si ripetono

con cadenza mensile, con numerosi accessi in diversi

PS. In più occasioni vengono eseguiti esami delle feci

(ricerca del sangue occulto, coprocoltura, ricerca di

Rotavirus e Adenovirus ed esame parassitologico),

sempre negativi.

In occasione dell’ultimo accesso in PS, un’anamnesi

personale accurata evidenzia che il primo episodio

si era verifi cato 2 ore dopo la prima introduzione di-

retta di proteine del latte vaccino (PLV) nella dieta

sotto forma di Parmigiano e che i successivi episodi

erano sempre comparsi a distanza di 2-3 ore dall’as-

sunzione di latte o derivati, ogni qualvolta la madre

provava a reintrodurli nella dieta a distanza dall’epi-

sodio di “gastroenterite”; pertanto è posto il sospetto

di allergia alle PLV.

I PBP e le sIgE per PLV sono negativi, ma il TPO è po-

sitivo, con comparsa di vomito ripetuto, diarrea e lieve

iporeattività a distanza di 2 ore e mezza dall’assun-

zione dell’ultima dose di latte. Gli esami ematochimici

mostrano acidosi metabolica con iponatremia, leuco-

citosi neutrofi la e piastrinosi. Viene pertanto posta la

diagnosi di FPIES da PLV.

DiscussioneLa FPIES è una forma di allergia alimentare non IgE-

mediata, responsabile di quadri clinici anche molto

severi, che esordisce generalmente nel primo anno di

vita (anche se è possibile l’esordio nelle età succes-

sive) e la cui diagnosi è spesso posta con notevole

ritardo, sia perché poco conosciuta, sia perché pone

problemi di diagnosi differenziale con altre patologie

(allergiche e non), tipiche di questa fascia d’età(1-5).

Le forme di FPIES di maggior interesse per l’urgen-

tista pediatrico sono quelle a esordio acuto (75%).

In particolare, la forma acuta neonatale può mimare

sepsi, NEC, malattia di Hirschprung; la forma acuta

del lattante entra in diagnosi differenziale con l’anafi -

lassi, con i vari tipi di shock e con patologie chirurgi-

che, quali volvolo e invaginazione intestinale. Le forme

acute di minor gravità sono spesso interpretate come

gastroenteriti di origine infettiva (Tabella I). I sintomi acuti compaiono in media dopo 1-3 ore

dall’assunzione dell’alimento trigger e l’esordio av-

viene generalmente alla prima o alla seconda intro-

duzione diretta dell’alimento nella dieta.

I sintomi dominanti nelle forme acute più gravi sono

il vomito ripetuto e profuso, cui si associano pallore

cutaneo intenso e persistente, ipotonia e letargia, e

talora ipotermia (25%), ipotensione (15%) e shock.

La diarrea è incostante. Nel neonato prevalgono la

diarrea ematica, la letargia e la distensione addomi-

All’ingresso: condizioni generali discrete, lieve ipo-

reattività, pallore, temperatura 36 °C, FC 158 bpm,

addome trattabile, appena dolorabile alla palpazione

profonda, mucose appena asciutte. SatO2 98% in aa.

Agli ematochimici: acidosi metabolica compensata

(pH 7,4; EB -8), emocromo, elettroliti, funzionalità epa-

tica e renale, glicemia, lattato e ammoniemia tutti nella

norma. Si intraprende idratazione e.v. con pronto mi-

glioramento, quindi N. viene ricoverato con diagnosi

di gastroenterite con disidratazione e dieta con una

formula delattosata con aggiunta di crema di riso.

Al raccordo anamnestico emerge, tuttavia, che tutti

gli episodi sembrano correlati all’introduzione nella

dieta di alimenti diversi dal latte formulato (con o

senza lattosio), che è stato sempre assunto e tollerato

anche nell’intervallo tra gli episodi acuti, e nel dubbio

di allergia alimentare viene richiesta una consulenza

allergologica e somministrato il solo latte delattosato.

I prick-by-prick (PBP) e le sIgE per riso (presente nel

secondo pasto trigger) e per tutti gli alimenti conte-

nuti nei due pasti di divezzamento (patata, carota,

pollo, agnello), sono negativi. I test di provocazione

orale (TPO) eseguiti separatamente per ogni alimento

risultano tutti negativi tranne per il riso, la cui assun-

zione causa vomito a getto, pianto acuto, indi ridotta

reattività e intenso pallore in presenza di acidosi me-

tabolica (pH 7,25; BE -8), leucocitosi neutrofi la e lieve

piastrinosi; elettroliti, glicemia, coagulazione, funzio-

nalità epatica e renale tutti nella norma.

Sono somministrati cortisonico e soluzione fi siologica

e.v., con risoluzione della reazione dopo circa 1 ora.

Viene pertanto posta diagnosi di FPIES da riso.

Caso 2 W., maschio sano marocchino, 7 mesi, allattato al

seno e svezzato a 5 mesi e mezzo, condotto in PS

per vomito profuso, diarrea e iporeattività in apires-

sia. Posta la diagnosi di disidratazione in corso di

gastroenterite acuta, W. viene reidratato con solu-

zione fi siologica e.v., con rapido e progressivo mi-

glioramento delle condizioni generali. Tre ore dopo

l’arrivo in PS, si alimenta al seno senza vomitare ed è

dimesso in benessere dopo 48 ore. Due giorni dopo

le dimissioni, ritorna in PS per analoga sintomatologia,

è nuovamente idratato per via parenterale, con rapido

miglioramento delle condizioni generali, e dimesso

con diagnosi di gastroenterite acuta, terapia con pro-

biotici e dieta povera di grassi.

Due mesi dopo, W. giunge per la terza volta in PS

per vomito profuso, diarrea e iporeattività insorti al

ritorno da un soggiorno in Marocco, con risoluzione

della sintomatologia dopo poche ore di reidratazione

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 35

Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfi da per il pediatra di Pronto Soccorso

ANNO 8 - numero 1

secondo episodio, mentre in 33/36 (91,67%) il so-

spetto diagnostico di FPIES è stato posto in PS oltre

il quinto episodio.

Le altre diagnosi poste in precedenza sono state di

gastroenterite acuta (16/36), allergia alimentare (9/36),

NEC (3/36), sepsi (1/36), lipotimia (1/36), inalazione

(1/36), subocclusione (1/36), GERD (1/36). In altri sei

casi un paziente con FPIES nota è giunto in PS per

reazione a un nuovo alimento trigger e la diagnosi è

stata posta al primo episodio in 4/6 (66,67%).

ConclusioniI pediatri urgentisti devono includere la FPIES nella

diagnosi differenziale del lattante con vomito acuto

e/o shock, per ridurre il ritardo diagnostico e il rischio

di riesposizione all’alimento-trigger con reazioni pro-

gressivamente più gravi.

La terapia della forma acuta consiste nella rapida rei-

dratazione parenterale.

nale con possibile presenza di gas intramurale all’Rx

addome. Possono essere presenti acidosi metabo-

lica con metaemoglobinemia transitoria, piastrinosi e

leucocitosi neutrofi la, talora iponatriemia(1).

La terapia di primo livello è quella dello shock e con-

siste nella rapida somministrazione di boli di soluzione

fi siologica di 20 ml/kg. Adrenalina e corticosteroidi

non sono controindicati, tuttavia non sembra che

la loro somministrazione infl uenzi signifi cativamente

l’outcome del paziente(6).

Mancano sempre i sintomi cutanei e respiratori acuti

tipici delle forme IgE-mediate e caratteristicamente vi

è rapida restitutio ad integrum a poche ore dall’esor-

dio, qualora sia rimosso l’alimento trigger e sia prati-

cata la terapia reidratante.

È descritta anche una forma cronica, caratterizzata

da vomito intermittente, diarrea mucoematica con

distensione dell’addome e scarso accrescimento,

accompagnati nei casi più severi da letargia e disidra-

tazione fi no allo shock. Qualora l’alimento sospettato

sia eliminato dalla dieta e poi reintrodotto a breve di-

stanza di tempo, si manifestano sempre sintomi acuti

(acute-on-chronic form).

L’eziopatogenesi non è completamente chiarita, ma

sembra coinvolta la produzione a livello intestinale di

citochine proinfi ammatorie da parte di cloni T linfoci-

tari allergene-specifi ci stimolati da proteine alimen-

tari(3). I test allergologici specifi ci sono classicamente

negativi(7), ma sono segnalate forme atipiche IgE-

positive; il TPO può essere utilizzato per la conferma

diagnostica(8, 9).

Gli allergeni più frequentemente implicati sono il latte

vaccino e la soia(4) oltre a una serie sempre più ampia

di alimenti solidi(6-10), tra cui il riso, spesso responsabile

delle reazioni più gravi, per dosi-soglia di alimento an-

che molto basse(10, 11). Gli altri cibi solidi più spesso im-

plicati sono pesce, pollame, legumi e cereali (avena,

frumento, orzo, mais); alcuni pazienti possono reagire

a più di un alimento(6, 7, 11).

È importante che i pediatri di PS conoscano la FPIES

per non tardare il corretto inquadramento del paziente

ed evitare di sottoporlo a terapie o manovre inutil-

mente invasive. In uno studio australiano, su 35 bam-

bini che avevano sperimentato 66 episodi di FPIES,

soltanto in 2/19 dei casi che erano giunti in PS la

diagnosi alla dimissione era corretta; nel 34% di essi

furono eseguite indagini radiologiche addominali, nel

22% fu richiesta una consulenza chirurgica e nel 28%

furono eseguite indagini volte ad escludere la sepsi(5).

Dei 141 episodi di FPIES in 42 pazienti della nostra ca-

sistica, 36 (25,5%) hanno avuto un accesso in PS. Su

questi è stata posta la diagnosi di FPIES solo in 2/36

dei casi (5,5%) al primo episodio e in 1/36 (2,78%) al

Tabella I. Principali patologie con cui la forma acuta di FPIES può essere posta in diagnosi differenziale

Gastroenterite virale

Tossinfezioni alimentari

Sepsi

Anafi lassi

Difetti congeniti del metabolismo

Metemoglobinemia congenita

Disturbi cardiologici e neurologici

Malattia da refl usso gastroesofageo

Enterocolite necrotizzante (NEC)

Proctocolite

Enteropatia indotta da proteine alimentari

Gastroenteropatie eosinofi le

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36 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfi da per il pediatra di Pronto Soccorso

ANNO 8 - numero 1

1. Leonard SA, Nowak-Wegrzyn A. Food protein-induced

enterocolitis syndrome: an update on natural history and

review of management. Ann Allergy Asthma Immunol

2011; 107: 95-101.

2. Leoanard SA, Nowak-Wegrzyn A. Manifestations, diagno-

sis and management of Food Protein-Induced Enterocoli-

tis Syndrome. Pediatric Annals 2013; 42: 135-40.

3. Caubet JC, Nowak-Wegrzyn A. Current understanding

of the immune mechanisms of food protein-induced en-

terocolitis syndrome. Expert Rev Clin Immunol 2011; 7:

317-27.

4. Katz Y, Goldberg MR, Rajuan N, et al. The prevalence

and natural course of food protein-induced enterocolitis

syndrome to cow’s milk: a large-scale, prospective pop-

ulation-based study. J Allergy Clin Immunol 2011; 127:

647-53.

5. Mehr S, Kakakios A, Frith K, et al. Food protein-induced

enterocolitis syndrome: 16-year experience. Pediatrics

2009; 123: e459-64.

6. Sicherer SH. Food protein-induced enterocolitis syn-

drome: clinical perspectives. J Pediatr Gastroenterol Nutr

2000; 30 Suppl: S45-9.

7. Nowak-Wegrzyn A, Sampson HA, Wood RA, et al. Food

protein-induced enterocolitis syndrome caused by solid

food proteins. Pediatrics 2003; 111: 829-35.

8. Hwang JB, Sohn SM, Kim AS. Prospective follow-up oral

food challenge in food protein-induced enterocolitis syn-

drome. Arch Dis Child 2009; 94: 425-8.

9. Sicherer SH. Food protein-induced enterocolitis syn-

drome: case presentations and management lessons.

J Allergy Clin Immunol 2005; 115: 149-56.

10. Nowak-Wegrzyn A, Muraro A. Food protein-induced

enterocolitis syndrome. Curr Opin Allergy Clin Immunol

2009; 9: 371-7.

11. Mehr SS, Kakakio AM, Kemp AS. Rice: a common and

severe cause of food protein-induced enetrocolitis syn-

drome. Arch Dis Child 2009; 94: 220-3.

Bibliografi a essenzialeBibliografi a essenziale

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 37

Vademecum del chirurgo SIMEUP

Le suture base

ANNO 8 - numero 1

S. Norbedo1, M.G. Scarpa2, M. Gasperini3

1Pediatra, Pronto Soccorso IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste2Chirurgo pediatra, IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste3OSS Pronto Soccorso, IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste

SCHEDE D’URGENZA

Nel caso in cui una ferita si caratterizzi per dei margini

cutanei irregolari come nel caso di ferite lacero-con-

tuse, è necessario effettuare una revisione chirurgica

dei margini al fi ne di poter effettuare un preciso acco-

stamento degli stessi ed eliminare tessuto necrotico

o devitalizzato. Il rischio è quello di avere una non

corretta guarigione della ferita soprattutto in termini

estetici.

Il doloreIn caso di dolore riferito pari o superiore a sei al tria-

ge e/o in caso di ferita profonda ed estesa, è neces-

sario somministrare un antidolorifi co per os al fi ne di

ridurre non solo il dolore ma anche l’agitazione del

bambino e quindi renderlo più compliante.

La compliance di genitori e bambini durante l’ese-

cuzione della sutura diventa rilevante ai fi ni della

corretta esecuzione della stessa per cui, in alcuni

casi, è possibile associare un ansiolitico (quale ad

esempio il midazolam per via endonasale a 0,2-0,8

mg/kg oppure il protossido d’azoto al 50%). Il dolore

da sutura può essere ridotto con l’iniezione topica

di una caina quale la carbocaina o l’applicazione di

gel anestetici.

• L’iniezione in sé è chiaramente dolorosa e l’a-

nestetico determina bruciore locale iniziale ma,

per contro, è decisamente rapida. L’anestetico

solitamente viene iniettato uscendo con l’ago

dalla ferita. Il bruciore può essere ridotto sia

premendo con un dito sulla zona di iniezione

Trattamento delle feriteIl trattamento delle ferite prevede vari step che si sud-

dividono in una valutazione iniziale della ferita, nel trat-

tamento del dolore causato dalla ferita e dalla sutura.

Valutazione della feritaPer valutare correttamente una ferita è necessario:

• lavare abbondantemente la ferita con disinfet-

tante (es. clorexidina per le ferite del cavo orale)

evitando il betadine o l’acqua ossigenata poi-

ché lesiva per i tessuti;

• esplorare la ferita escludendo l’interessamento

di strutture quali tendini, nervi o vasi. Nel caso

in cui queste lesioni siano presenti, chiamare

lo specialista;

• valutare la profondità della ferita, la regolarità

dei margini e l’eventuale perdita di sostanza;

• escludere la presenza di corpi estranei interni

alla ferita (ad esempio frammenti di cemento

nelle cadute sull’asfalto o di parti di vetro) e la-

vare abbondantemente irrigando con soluzione

fi siologica.

La ferita da morso va esplorata con attenzione ed

è per defi nizione una ferita sporca, soprattutto se

morso umano.

Generalmente questa tipologia di ferita non dovrebbe

essere suturata, né trattata con colla. Nei casi in cui

sia estesa o in sedi in cui la guarigione per seconda

intenzione sarebbe poco estetica, si consiglia di ap-

plicare punti staccati.

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38 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1

Vademecum del chirurgo SIMEUP

Coda: tutti i fi li di sutura utilizzati in PS posseggono il

fi lo in continuità con la coda dell’ago. Questo tipo di

ago viene defi nito atraumatico.

2. Filo di sutura

I fi li di sutura solitamente utilizzati in chirurgia si dif-

ferenziano in fi li riassorbibili e fi li non riassorbibili, a

monofi lamento od intrecciati. La scelta del fi lo dovrà

essere eseguita in base alla sede della ferita (volto od

altro distretto, in sedi di trazione o meno ecc.) ed alla

necessità di eseguire dei punti esterni o interni. In se-

guito verranno elencati i fi li più comuni in commercio

e di alcuni le caratteristiche proprie.

Fili riassorbibili monofi lamento:

1. Poliglecaprone (Monocryl®)

2. Polidiossanone (PDS®)

3. Poligliconato (Maxon®)

• Monocryl®: il poliglecaprone è un monofi la-

mento riassorbibile usato per suturare la cute.

Si caratterizza per un rapido assorbimento,

ridotta capillarità e reattività ed ottima tenuta

iniziale del nodo (a distanza la tenuta non è ot-

timale, 30% a 14 gg). Il tempo di assorbimento

del fi lo è tra i 90 e i 120 gg.

Gli altri due fi li riassorbibili monofi lamento indicati

sono utilizzati solitamente per le suture profonde o

del sottocute e hanno caratteristica di lunga tenuta,

lento riassorbimento ma minor maneggevolezza e

non sono indicati per suture superfi ciali. I fi li riassor-

bibili a fi lo intrecciato più comunemente usati sono:

1. Poliglactina 910 (Vicryl®) - (Caprosyn®)

2. Lactomero (Polisorb®)

• Vicryl®: è un fi lo di origine sintetica solitamente

utilizzato per suturare il sottocute o le mucose

(ad es. l’interno delle labbra e la bocca) e per

le suture profonde grazie alla sua buona resi-

stenza tensile; ha una buona tenuta pari a circa

32 gg e tempo di riassorbimento di 50-70 gg.

Il Vicryl® esiste anche nella forma Rapid che si

caratterizza per una tenuta più breve (14 gg) ed

un tempo di assorbimento di 50 gg.

Tra i fi li non riassorbibili possiamo scegliere tra quelli

sintetici e quelli meno utilizzati di origine naturale e

nuovamente tra mono e polifi lamenti:

Fili intrecciati

1. Seta

2. Lino

3. Mersilene o Dacron

4. Goretex

seguendo l’ago in direzione dell’uscita dalla

cute, sia diluendo la caina con il bicarbonato.

• L’applicazione di gel anestetico richiede mag-

gior tempo per raggiungere l’effetto anestetico

ma evita il dolore da iniezione ed il bruciore

successivo. Attualmente tra i gel anestetici pre-

senti in commercio o prodotti da alcune farma-

cie ospedaliere il più utilizzato è il LAT. Il LAT è

costituito da adrenalina, tetracaina e lidocaina.

Questo gel va posizionato sulla ferita ed in parti-

colare sui margini, almeno 40 minuti prima della

sutura e, nel caso in cui non venga coperta la

ferita con una pellicola quale il Tegaderm, va

rabboccato circa ogni 15 minuti. L’eccezione

all’uso di tale gel sono le zone scarsamente

irrorate per il rischio di necrosi, quali le dita in

sede distale, la punta del naso e le orecchie.

Sutura della ferita

Sutura chimicaL’utilizzo del fi lo per suturare non è mandatario. Nelle

ferite cutanee superfi ciali a margini netti solitamen-

te, al fi ne di evitare l’anestesia locale, tempistiche

allungate e stress per bambini e genitori, si può pre-

ferire l’utilizzo di collanti quali Dermabond® oppure

l’Indermil®, a base di cianoacrilato. La caratteristica

principale delle colle è di avere una presa molto ra-

pida, solitamente inferiore al minuto ma di mantene-

re l’adesione dei margini per 7-10 gg, tempo in cui

avviene solitamente la guarigione della ferita stessa.

Si tratta di molecole estremamente biocompatibili,

con scarsa reattività tissutale. La polimerizzazione

avviene anche a contatto con i liquidi e consente di

sintetizzare ferite lunghe.

Sutura con fi lo1. Ago

Ogni ago è costituito da una punta, da un corpo e

da una coda.

Punta: la punta di un ago può essere triangolare,

come negli aghi che penetrano tessuti più resistenti

quali la cute oppure rotonda come negli aghi che pe-

netrano tessuti di organi quali il fegato al fi ne di non

lacerare i tessuti.

Corpo: anche il corpo dell’ago può essere triangola-

re, tondo o quadrato e si può presentare di forma re-

curvata o retta. Solitamente la curvatura dell’ago più

utilizzata per aghi da cute è quella di 3/8 di cerchio,

meno usata è la 5/8, la 1/4 ed il mezzo cerchio che

vengono scelte rispettivamente per chirurgia urolo-

gica e oftalmica.

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 39ANNO 8 - numero 1

Vademecum del chirurgo SIMEUP

sulla punta del porta aghi, più o meno in corrispon-

denza della sua metà-terzo prossimale, e formare

con esso un angolo lievemente ottuso (Figura 2). L’altezza a cui fi ssare l’ago dipende anche dalla ne-

cessità o meno di sfruttare tutto il raggio di curvatura

dello stesso. Una volta posizionato l’ago, stringere la

cremagliera del porta aghi. Per aprire la cremaglie-

ra del porta aghi, spingere contemporaneamente la

branca superiore verso sinistra con il primo dito e

la branca inferiore verso destra con il quarto dito.

Eseguire con il polso un movimento rotatorio a 180°

in senso orario per far passare l’ago attraverso la su-

perfi cie.

Figura 1. Porta aghi

Figura 2. Posizione dell’ago

Pinza chirurgicaLa pinza chirurgica (Figura 3) è dotata di denti ai

margini delle due branche.

Fili non intrecciati o monofi lamenti

1. Nylon o Ethilon®

2. Monolene-Prolene®

3. Vylene o Novafi l®

4. Acciaio

• Seta: è un fi lo intrecciato non assorbibile di

origine naturale con buona tenuta del nodo

e maneggevolezza, ma scarsa forza tensile.

Viene solitamente preferito per ferite del cuoio

capelluto o della mucosa orale. Tra le note ne-

gative è l’alta reattività tissutale dovuta alla ele-

vata capillarità che può causare infezione del

punto di sutura in caso di rimozione ritardata

• Nylon (Ethilon®): è un monofi lamento non ri-

assorbibile che si usa per suturare la cute; si

tratta di un fi lo molto resistente alla trazione ma

piuttosto rigido con alta memoria. E’ scorrevole

e ha una bassa capillarità con minima reazione

tissutale. Meno facile da manipolare ed anno-

dare rispetto ad altri.

• Monolene® polipropilene: è un monofi lamento

non riassorbibile con scarsa capillarità che si

usa per suturare la cute sebbene possegga una

ridotta tenuta del nodo ma un’elevatissima scor-

revolezza ed una elevata plasticità. Viene ampia-

mente utilizzato per le suture intradermiche per la

sua più agevole rimozione. Preferibile nelle ferite al

volto per la ridotta cicatrice alla rimozione e, data

la scarsa capillarità, nelle ferite infette.

Calibro del fi loLo spessore dei fi li, inferiore al millimetro, si defi nisce

in zeri. Maggiore è il numero del fi lo, più sottile è il

calibro. Le ferite in zone di trazione, come ad esempio

arti e ginocchia, e le ferite a lembo vanno suturate con

fi li più spessi, 3.0 o 4.0. Per le suture al volto sono

preferibili i fi li 5.0 o 6.0.

Strumenti chirurgici

Porta aghiIl porta aghi (Figura 1) va impugnato con il primo e

il quarto dito della mano destra (sinistra per gli ope-

ratori mancini). Il polpastrello del primo e del quar-

to dito premono sulla parte interna degli occhielli in

modo da poter aprire e chiudere la cremagliera del

porta aghi, senza fare fatica. Il secondo e il terzo dito

si appoggiano sulla superfi cie esterna della branca

inferiore del porta aghi. L’ago deve essere montato

000_Simeup_anno_8_num_1.indb 39000 Simeup anno 8 num 1 indb 39 18/03/14 15:0518/03/14 15:05

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40 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1

Vademecum del chirurgo SIMEUP

Figura 4. Le forbici

Pinza da emostasi o klemmer o peanLa pinza da emostasi va impugnata come il porta

aghi e, come quest’ultimo, è dotata di cremagliera.

Si usa per arrestare il sanguinamento di un’arteriola

clampandone il margine.

Tipo di sutura

Prima di addentrarci nella spiegazione delle suture

più utilizzate in PS dal pediatra, è necessario ricor-

dare che è di fondamentale importanza che i margini

della ferita, una volta suturata, non siano arricciati

ma aderiscano perfettamente gli uni agli altri senza

sezioni che si sovrappongano od introfl ettano od

estrofl ettano, salvo che ci sia una precisa indicazio-

ne (ad es. nei punti di Donati).

È raccomandabile inoltre, prima di eseguire una su-

tura, ricordare ai genitori che ogni ferita può lasciare

una cicatrice le cui caratteristiche non solo dipen-

dono dalla manualità dell’operatore ma dalla singola

ferita nonché dalla capacità di cicatrizzare della cute

del paziente.

Sutura a punti staccati sempliciÈ la sutura più comunemente usata per suturare sot-

tocute e cute e adatta alle zone in cui “non” vi sia tra-

zione. Generalmente è conveniente iniziare la sutura

all’estremo della ferita dove i margini combaciano

meglio; in questo modo i margini vengono avvicinati

via via in maniera corretta.

Si realizza afferrando con le pinze il margine della

ferita. L’ago passa dall’esterno all’interno perpen-

Va impugnata con la mano sinistra (destra per gli

operatori mancini) come se fosse una penna.

Si usa per sollevare il margine cutaneo o il derma

e per vedere meglio il punto di inserzione dell’ago.

Evitare di stringere eccessivamente il margine cuta-

neo, in particolare nel caso di ferite al volto, al fi ne di

ridurre il traumatismo dei tessuti.

La pinza può essere usata per riprendere l’ago dopo

che con il porta aghi lo si è spinto oltre il margine di

sutura e per riposizionare l’ago sul porta aghi. Non

afferrare mai l’ago con le dita.

Figura 3. Pinza chirurgica

ForbiciLe forbici (Figura 4) vanno impugnate come il porta

aghi, con il primo e il quarto dito che entrano negli

occhielli.

Per tagliare il fi lo nella giusta misura, appoggiare la

forbice a piatto sulla ferita con le punte verso l’alto,

compiere una rotazione di 90° gradi verso l’esterno

e quindi tagliare.

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 41ANNO 8 - numero 1

Vademecum del chirurgo SIMEUP

Sutura con punto di DonatiQuesto tipo di sutura va utilizzata nelle sedi di tra-

zione, come ad esempio il ginocchio, il gomito, il

collo del piede, o ricche di tessuto adiposo, come

ad esempio il braccio. L’ago passa dall’esterno all’in-

terno di un margine (cute e sottocute), come nella

sutura a punti staccati semplici, e quindi dall’interno

all’esterno del margine opposto. Successivamente

si deve rientrare nel margine cutaneo omolaterale

introducendo l’ago al davanti dei punti d’uscita del

passaggio precedente, mantenendosi su una linea

retta, nuovamente dall’esterno all’interno e quindi

uscire dall’interno all’esterno nella stessa posizione

sul margine opposto. Il nodo viene quindi confezio-

nato lateralmente alla ferita.

Si raccomanda di accertarsi che i margini della ferita

combacino perfettamente nella parte interna e che

non vi siano “arricciamenti” della sutura. Si creerà

in tal modo una ferita suturata a margini rialzati che

si appianeranno alla rimozione dei punti (Figura 6).

dicolarmente al margine cutaneo o del sottocute.

Quando l’ago trapassa il tessuto, dopo aver aperto

la cremagliera del porta aghi, lo si afferra con il porta

aghi o con la pinza facendolo uscire completamente.

Quindi si rimonta l’ago sul porta aghi nella posizio-

ne iniziale e si ripete la stessa operazione sull’altro

lembo della ferita, passando questa volta dall’interno

all’esterno.

Si fa quindi scorrere il fi lo e si realizza il nodo chi-

rurgico con il porta aghi. Il primo nodo deve essere

doppio, i successivi possono essere singoli e com-

plessivamente non devono essere meno di tre. Il

nodo deve essere chiuso trazionando i fi li perpendi-

colarmente alla ferita e cadere sempre lateralmente

ad essa, non su di essa.

I nodi vanno eseguiti alternando il senso orario e

quello antiorario. I punti successivi vanno eseguiti

mantenendo sempre la stessa distanza tra i punti e

dal margine della ferita, creando quindi una sorta di

quadrato (Figura 5).

Figura 5. Sutura a punti staccati semplici

a cura di M. Gasperini.

000_Simeup_anno_8_num_1.indb 41000 Simeup anno 8 num 1 indb 41 18/03/14 15:0518/03/14 15:05

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42 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1

Vademecum del chirurgo SIMEUP

Figura 7. Sutura intradermica

Ferita a lembo

Si tratta di una ferita con margini in tensione e che

generalmente presenta una forma triangolare. Il po-

sizionamento di punti di sottocute può aiutare a ri-

durre la tensione della sutura cutanea. Il primo pun-

to di sottocute può essere dato in corrispondenza

dell’apice centrale del triangolo del lembo scivolato

verso l’alto. I punti cutanei vanno realizzati preferibil-

mente con fi lo Monolene®, che è adatto alle zone di

tensione e non lede il margine cutaneo.

Dopo aver posizionato il primo punto cutaneo all’a-

pice centrale del triangolo, si può procedere par-

tendo da una delle estremità della ferita e andare

verso l’apice da un lato e dall’altro. Può essere utile

alternare punti di Donati a punti staccati semplici. Bi-

sogna prestare attenzione a non traumatizzare ec-

cessivamente il margine del lembo, cercando di non

passare l’ago troppo vicino al margine che potrebbe

diventare necrotico.

Medicazione occlusiva e bendaggi

CerottiLe suture eseguite con punti o con collante possono

avere la necessità di un aiuto aggiuntivo per man-

tenere adesi i margini cutanei. In tal caso si posso-

no applicare dei cerotti impermeabili quali gli Steri-

Strip (3M-TM) o i Cicagraf (Johnson & JohnsonTM).

Sono derivati dalla cellulosa e oltre ad essere molto

resistenti sono porosi e facili da rimuovere anche a

domicilio da parte dei genitori. Raramente possono

essere utilizzati senza colla o punti nelle ferite super-

fi ciali e di piccole dimensioni, mentre sono da evitare

in quelle profonde o lunghe a causa della loro scarsa

capacità tensiva.

Figura 6. Sutura con punto di Donati

Sutura intradermicaIn caso di ferite a margini lineari e ben combacianti,

come ad esempio nelle ferite da taglio, e nei distretti

corporei non sottoposti a trazione, è possibile utiliz-

zare una sutura continua.

Le suture continue hanno una tenuta minore, ma la

riparazione risulta più lineare. La sutura intradermica

continua si può iniziare introducendo l’ago dall’ester-

no all’interno della ferita in corrispondenza di una

estremità di essa oppure si può realizzare il punto

all’interno di un estremo della ferita; in quest’ultimo

caso il fi lo va annodato e se ne taglia il capo senza

ago.

L’ago viene passato nel derma di un lato della ferita

e poi nel derma del lato opposto, fi no a raggiungere

l’altra estremità.

Dopo l’ultimo passaggio si deve uscire dall’interno

della ferita verso l’esterno e il fi lo va annodato (Fi-gura 7).

a cura di M. Gasperini.

a cura di M. Gasperini.

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 43ANNO 8 - numero 1

Vademecum del chirurgo SIMEUP

Nonostante siano impermeabili è consigliato inoltre

evitare di eseguire dei bagni per almeno 5-7 giorni

dopo la loro applicazione.

Piccoli accorgimentiSe sono presenti delle zone abrase, eseguire toc-

cature con eosina soluzione acquosa, che i genitori

continueranno a fare anche a domicilio una volta al

giorno. Generalmente una fasciatura con Pen-haft®

è suffi ciente a ricordare al bambino di non piegare il

ginocchio o il gomito quando le ferite sono in quella

sede. Non è necessario posizionare una doccia.

Rimozione della sutura

I punti di sutura realizzati con fi lo riassorbibile cado-

no spontaneamente.

Il tempo di permanenza dei punti non riassorbibili va-

ria a seconda della sede della ferita:

Volto 6 giorni

Cuoio capelluto 7 giorni

Torace, addome, dorso ed estremità 10 giorni

Ferite a lembo e in zone di tensione 10-12 giorni

Necessità di appuntamento in ambulatorio chi-rugico e impegnativa

Le ferite pulite e non complesse possono essere

medicate a domicilio dai genitori a giorni alterni. Il

chirurgo vedrà il paziente solo per la rimozione dei

punti secondo il timing sopra riportato.

Inviare in ambulatorio per la medicazione solo le fe-

rite a lembo, quelle particolarmente sporche, nelle

quali si consiglia la terapia antibiotica orale.

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44 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA

Corso Internazionale di simulazione

nell’emergenza pediatrica

Mosca, 13-16 maggio 2013

P. GianiorioDEA, IRCCS “G. Gaslini”, Genova

ANNO 8 - numero 1

L’INVIATO SPECIALE

Curso Internacionalde simulacion en emergencias pediatricas

Moscu, 13-16 Mayo 2013

Corso Internazionaledi simulazione nell’emergenza pediatrica

Mosca, 13-16 Maggio 2013

International Courseof pediatric emergency simulation

Moscow, 13-16 May 2013

Nell’ambito dell’oramai consolidato rapporto di colla-

borazione tra Italia e Russia nel campo della simula-

zione pediatrica avanzata, dal 13 al 16 maggio 2013

si è svolto a Mosca, presso l’Università Nazionale

Russa di Ricerca e Medicina, il Corso Internazionale

di Simulazione nell’emergenza pediatrica. La grande

novità, rispetto alle edizioni del 2008 e 2010, è stata

la partecipazione di altri paesi: Guatemala, Messico,

Spagna, Cuba, Stati Uniti d’America, Uruguay, Hon-

duras.

Il coinvolgimento di altri paesi del mondo che rap-

presentano l’Europa, la Russia, il Nord, Centro e Sud

America è stato il frutto dell’instancabile lavoro “di-

plomatico” del Prof. Hugo Loayza dell’Università di

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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 45ANNO 8 - numero 1

Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica

favorire l’integrazione e l’omogeneità della pratica.

I gruppi così formati hanno superato le diffi coltà lin-

guistiche e di diversa cultura con facilità, dato un forte

impulso allo svolgimento del corso offrendo ricco ma-

teriale per la discussione nel debriefi ng.

Il 13 maggio è stato dedicato alle relazioni dei diversi

gruppi seguite da ampia discussione e confronto sulle

diversità metodologiche.

Dal 14 maggio è iniziata la parte pratica dove i gruppi

hanno potuto confrontarsi con la fi nalità di armoniz-

zare le diverse metodiche e acquisire un comune ap-

proccio all’emergenza pediatrica.

In particolare sono state proposte tutte le tecniche

di rianimazione cardio-polmonare, skill di trattamento

delle vie aeree, del trauma e del trasporto pediatrico.

Durante tutta la giornata i tavoli di skill sono stati

alternati a tavoli di approfondimento diagnostico-

terapeutico sulle urgenze neurologic he, metaboliche,

tossicologiche.

Particolare enfasi è stata posta all’addestramento al

lavoro in equipe, con risultati che hanno ampiamente

superato ogni aspettativa.

I giorni seguenti sono stati dedicati alla simulazione

pediatrica con lo sviluppo di scenari sulle principali

emergenze pediatriche condotti dai vari gruppi.

Molto stimolante è stata la discussione durante i vari

debriefi ng che ha fornito interessanti spunti di rifl es-

sione e indirizzi formativi da sviluppare per ottenere

una metodologia comune nel trattamento delle emer-

genze pediatriche.

Il Corso Internazionale di Mosca ha fornito molti

elementi di rifl essione ed ha permesso di confrontare

sul campo le diverse metodiche ed i diversi comporta-

menti nell’ambito dell’urgenza/emergenza pediatrica.

L’utilizzo della metodologia della simulazione avanzata

Mosca che ha saputo coagulare esperienze e realtà

pediatriche diverse al fi ne di rendere omogenei i com-

portamenti e l’approccio all’emergenza pediatrica.

Il corso è stato articolato in una parte “teorica”, dove

ogni gruppo ha portato la sua esperienza in uno spe-

cifi co campo dell’emergenza pediatrica, e una “pra-

tica” in cui si è cercato di rendere omogeneo l’ap-

proccio all’emergenza, grazie anche alla presenza di

specializzandi in pediatria in ogni delegazione, attra-

verso la simulazione avanzata.

Il pomeriggio del 12 maggio è stato dedicato alla pia-

nifi cazione degli interventi della parte teorica; ogni de-

legazione aveva il compito di svolgere una parte delle

emergenze pediatriche. Inoltre si è deciso un pro-

gramma di massima per la pratica della simulazione.

Ogni gruppo di simulazione era formato da medici

specializzandi di tutti i paesi partecipanti in modo da

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46 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1

Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica

ha di fatto amalgamato esperienze diverse in un omo-

geneo approccio all’emergenza enfatizzando il lavoro

in team, l’abilità pratica e l’applicazione di protocolli

condivisi.

È stato un primo importante passo per creare un

network internazionale di formazione pediatrica per

il trattamento dell’urgenza/emergenza.

La simulazione avanzata può essere applicata anche

ad altri campi di interesse pediatrico: il gruppo di si-

mulazione internazionale si propone di applicare tale

metodologia a tutte le aree pediatriche, siano esse

ospedaliere, del territorio o ambulatoriali.

Prossimo appuntamento: primavera 2014 a Città del

Guatemala!

000_Simeup_anno_8_num_1.indb 46000 Simeup anno 8 num 1 indb 46 18/03/14 15:0518/03/14 15:05

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La pancreatite acuta in pediatria

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EMERGENZA E URGENZA

Periodico quadrimestrale di informazione e dibattitodella Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP)

rivista diPEDIATRICA

Anno 8 - numero 1 / marzo 2014

Vademecum del chirurgo SImEUP

Rachicentesi

Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza

Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfida per il pediatra di Pronto Soccorso

Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica

Approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranico