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La pancreatite acuta in pediatria
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EMERGENZA E URGENZA
Periodico quadrimestrale di informazione e dibattitodella Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP)
rivista diPEDIATRICA
Anno 8 - numero 1 / marzo 2014
Vademecum del chirurgo SImEUP
Rachicentesi
Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza
Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfida per il pediatra di Pronto Soccorso
Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica
Approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranico
Direttore Responsabile
Antonio Vitale
Direttore Scientifi co
Salvatore Renna
Comitato di Redazione
Gianni Messi – Nicola Monterisi
Danilo Vicedomini – Giovanna Villa
sommario1
Anno 8 - numero 1 / marzo 2014
numero
Approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranicoL. Da Dalt, A. Amigoni, A. Nocerino, N. Parri, P. Peretta, F. Selmin, M.P. Vardeu pag. 5
RachicentesiM.C. Diana, B. Tubino, S. Rosina, S. Renna pag. 16
Vademecum del chirurgo SIMEUPS. Norbedo, M.G. Scarpa, M. Gasperini pag. 37
Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatricaP. Gianiorio pag. 44
La pancreatite acuta in pediatriaT. Bellini, S. Vignola, P. Gandullia pag. 26
Lo stato di male in Pediatria d’UrgenzaA. Palmieri, S. Buratti, P. Striano, MP. Baglietto, P. Di Pietro, E. Piccotti, C. Russo, M. Marchi, S. Renna pag. 20
Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfi da per il pediatra di Pronto SoccorsoG. Monti, E. Castagno, M. Lupica, V. Tarasco, S. Viola, A. Urbino pag. 33
EDITORIALE pag. 3
Tutti i diritti sono riservati.
Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o
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forma, o con qualsiasi sistema elettronico, meccanico, per mezzo
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© 2014 Menthalia Srl
Piazzale V. Tecchio, 49
80125 Napoli
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Fax 081 622445
e-mail: [email protected]
Presidente
Antonio Urbino
Vice Presidente
Riccardo Lubrano
Past President
Gianni Messi
Tesoriere
Stefania Zampogna
Segretario
Francesco Pastore
Consiglieri
Alberto Arrighini – Francesco Bellia – Antonio Cualbu
Luciano Pinto – Simone Rugolotto – Giuseppe Ruscetta
Revisori dei conti
Giovanni Capocasale – Agostino Nocerino – Pietro Scoppi
Per invio contributi, commenti e richiesta ulteriori informazioni,
si prega contattare la Direzione Scientifi ca:
Tel. 0825.503417 – Fax 0825.203459
E-mail: [email protected]
Direzione Editoriale
Marco Iazzetta
Marketing e Comunicazione
Stefania Buonavolontà
Redazione
Antonio Caporali
Sara Troisi
Amministrazione
Andrea Ponsiglione
Grafi ca e impaginazione
Diego Vecchione
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EMERGENZA E URGENZA
Periodico quadrimestrale di informazione e dibattitodella Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP)
Registrazione al Tribunale di Napoli n. 79 del 1-10-2008
rivista diPEDIATRICA SIMEUP
SIMEUP
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2 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1
ISTRUZIONI GENERALILa lunghezza raccomandata per ogni articolo è di circa 12000 battute totali* (4 pagine circa ad articolo).Le tabelle e le immagini vanno considerate come parte integrante del testo, calcolando per ognuna di esse almeno 2000 battute.
Esempio:• Testo 6000 battute• 2 immagini 4000 battute• 1 tabella 2000 battute• Totale 12000 battute
TESTODeve essere riportato il titolo dell’articolo, l’Autore (nome, cognome), le affi liazioni e l’indirizzo completo (con telefono, fax, e-mail) per l’invio della corrispon-denza. Indicare allo stesso modo anche gli eventuali collaboratori.
ICONOGRAFIAL’iconografi a è costituita da grafi ci, foto e tabelle, corre-date di didascalie.
Foto e grafi ciDovranno essere indicati in ordine progressivo con numeri arabi, con riferimento nel testo, secondo l’ordine in cui vengono citati. Saranno quindi riportati, separatamente dal documento di testo, in fi le distinti in formato .jpg, .bmp, .pdf ad alta risoluzione. Si prega di non utilizzare im-magini in Power Point o in Word. Le foto che riproducono pazienti non dovranno riportare l’identità del soggetto e comporteranno l’accettato consenso alla pubblicazione da parte del genitore o di chi fa le veci del paziente. Per ogni immagine sottrarre 2000 battute dal computo totale. Le relative didascalie dovranno essere riportate in un ulte-riore documento di testo (.doc/.docx) e indicate in ordine progressivo con numeri arabi.
TabelleDovranno essere indicate con numeri romani, con rife-rimento nel testo, secondo l’ordine in cui sono citate.
Saranno quindi riportate, separatamente dal documento di testo, in fi le distinti in formato .doc/.docx e /o .xls/.xlsx. Le relative didascalie, in lingua italiana, dovranno essere riportate separatamente in un ulteriore documento di testo (.doc/.docx). Per ogni tabella sottrarre 2000 battute dal computo totale. Nel caso la tabella risultasse strutturata in più di 20 righe, è opportuno sottrarre dal computo totale 3000 battute.
BIBLIOGRAFIARiferimenti alla letteratura rilevante. Dovrà essere ci-tata in ordine progressivo e redatta secondo lo stile consigliato dalla National Library of Medicine per il suo database (MEDLINE). Gli articoli a fi rma di tre o più au-tori riporteranno i nomi degli stessi seguiti da “et al.”. Esempio:
Citazione articoloHoxhaj S, J ones LL, Fisher AS, et al. Nurse staffi ng levels af-
fect the number of Emergency Department patients that leave
without treatment. Acad Emerg Med 2004; 11 (5): 459-45c.
Citazione di libroVehaskarivivm, Robson AM. Proteinuria. In: Pediatrie Kidney
Disease, edited by Edelman CM Jr, Boston, Little, Brown and
Co., 1992; 531-51.
Citazione atti di ConvegnoMurray C. AIDS and the Global Burden of Disease. Presen-
ted at the 19th Conference on Retroviruses and Opportunistic
Infections (CROI), Seattle, USA, March 5-8, 2012. Paper 128.
LETTERA DI ACCOMPAGNAMENTODeve essere acclusa al lavoro con le fi rme degli Autori che dichiarano l’originalità del materiale.
INVIO MATERIALEIl materiale, in formato elettronico (contenente la ver-sione fi nale del Lavoro), dovrà essere inviato diretta-mente alla Redazione Scientifi ca Menthalia, a mezzo e-mail, all’indirizzo [email protected], con oggetto Rivista di Emergenza e Urgenza Pediatrica.
NOTE AGGIUNTIVESi possono riportare alla fi ne del lavoro.
Istruzioni per gli Autori
*In Microsoft Offi ce Word 2007 e versioni successive, per verifi care il numero esatto di battute, nel gruppo Strumenti di correzione della scheda Revisione, selezionare Conteggio parole, quindi con-sultare la voce Caratteri (spazi inclusi).
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EDITORIALE
rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 3ANNO 8 - numero 1
Antonio UrbinoPresidente Nazionale SIMEUP
Questo numero della rivista esce in occasione del 10° Congresso Nazionale SIMEUP che si tiene a Torino
dal 27 al 29 marzo 2014.
Il Direttivo Nazionale SIMEUP, grazie anche all’impegno dei soci che hanno collaborato, è particolarmente
orgoglioso di presentare queste due importanti iniziative che arricchiscono enormemente la vita societaria.
La rivista esce da qualche mese con una certa regolarità e la sua diffusione online l’ha resa facilmente fruibile
ai soci con costi contenuti. In occasione del Congresso di Torino si è deciso di stampare e regalare a tutti
i congressisti questo numero per permettere anche a chi non la conosce di apprezzarla ed eventualmente
decidere di abbonarsi.
Molti i contributi scientifi ci inviati dagli specializzandi a dimostrazione che la rivista per la sua praticità è
particolarmente apprezzata soprattutto dai giovani medici.
Il 10° Convegno Nazionale SIMEUP come sempre è un convegno medico e infermieristico perché
quando c’è un’urgenza ci si trova a lavorare insieme e il successo dipende molto dalla preparazione e dalla
collaborazione del team che interviene.
Il titolo: “MI PUÒ CAPITARE! Le urgenze pediatriche sul territorio, in pronto soccorso, in reparto”
vuole sottolineare che qualunque sia la sede in cui ci si prende cura di un bambino può esserci un’urgenza
che ci coinvolge. È importante conoscere le cose da fare a diversi livelli d’intervento in modo da dare al
bambino il massimo delle chance possibili.
L’occasione sarà utile per permettere ai soci impegnati nelle tante attività della società di ritrovarsi per
discutere e portare avanti i tanti obiettivi che la SIMEUP si è posta. Le commissioni, i gruppi di lavoro, gli
istruttori, i gruppi regionali avranno la possibilità di incontrarsi e dialogare con le altre realtà che operano nella
nostra società. Il programma del convegno prevede una serie di corsi per lo più nuovi (P-Alarm, BLS SIMEUP,
PEARS). L’idea nasce dalla volontà di far conoscere i nuovi percorsi formativi a cui la SIMEUP crede a fi anco
di moduli già consolidati e molto richiesti come il Triage e il PALS AHA.
Il programma del Convegno prevede workshop interattivi sulle urgenze territoriali, in reparto di degenza e in PS,
sulla gestione del dolore e della sedazione procedurale, ossigenoterapia, disidratazione, ecografi a in urgenza,
traumatologia, medicina legale, ecc. Come sempre ci sarà una sezione infermieristica, ma il contributo degli
infermieri sarà presente in tutte le sezioni nello spirito della collaborazione e della corresponsabilità.
È prevista una visita ai circa 100 poster presentati senza contemporanei lavori in aula in modo da dedicarvi
uno spazio esclusivo; saranno anche presentati in aula i migliori lavori degli specializzandi, dei medici e degli
infermieri. Sarà presentato nella stessa sezione il miglior lavoro arrivato alla Rivista di Pediatria di Emergenza
e Urgenza Pediatrica da parte degli specializzandi. Ritorna il connubio tra rivista e congresso che ha visto
anche la realizzazione di un concorso grazie al quale due specializzandi hanno vinto l’iscrizione gratis al
convegno stesso.
Un’altra iniziativa importante è l’Istructor meeting che si terrà il 29 marzo alla fi ne del Congresso Nazionale
e permetterà agli istruttori di tutta Italia di incontrarsi per discutere dei problemi formativi e per scambiarsi
opinioni e idee. Spero che lo sforzo del Direttivo Nazionale nella realizzazione di questo 10° Congresso
Nazionale sia apprezzato prima di tutto dai soci e poi da tutti coloro che lavorano con i bambini. La speranza è
quella di dare un contributo concreto al miglioramento dell’assistenza clinica nei diversi settori della pediatria
dove un’emergenza può “capitare” a chiunque ed è importante saper assistere al meglio e nei diversi contesti
un bambino critico.
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Approccio in Pronto Soccorso al bambino
con trauma cranicoRaccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica
L. Da Dalt1, A. Amigoni1, A. Nocerino2, N. Parri3, P. Peretta4, F. Selmin1, M.P. Vardeu4
1Dipartimento Salute Donna e Bambino, Pronto Soccorso Pediatrico-Terapia Intensiva Pediatrica, Università di Padova, Padova2Clinica Pediatrica, Azienda Ospedaliero Universitaria “Santa Maria della Misericordia”, Udine3Dipartimento Emergenza Accettazione e Trauma Center, Azienda Ospedaliero Universitaria “Meyer”, Firenze4Pediatria d’Urgenza-Neurochirurgia, Ospedale Regina Margherita Città della Salute, Torino
RACCOMANDAZIONI
ANNO 8 - numero 1
È su queste premesse che si colloca la necessità,
espressa dalla SIMEUP, di rivedere la sua linea gui-
da sull’approccio in Pronto Soccorso al bambino
con trauma cranico (pubblicata nella sua ultima ver-
sione nel 2002) con l’obiettivo di assicurare il massi-
mo grado di appropriatezza degli interventi e ridurre
al minimo quella parte di variabilità nelle decisioni
cliniche legata alla carenza di conoscenze (molto
evolute in questi ultimi anni) e alla soggettività nelle
scelte assistenziali.
Metodi
Il Gruppo di lavoroSi è costituito un gruppo di lavoro multidisciplinare,
espressione di molte competenze e rappresentati-
vo delle molte professionalità coinvolte nella prati-
ca clinica, formato da pediatri d’urgenza, pediatra
intensivista, neurochirurgo pediatra, infermiera di
Pronto Soccorso Pediatrico, neuroradiologo, fi sico
medico. L’intento iniziale era anche di coinvolgere
una rappresentanza dei genitori, per l’importanza
della loro partecipazione attiva nei processi deci-
sionali, ma ciò non è risultato fattibile.
Il riferimento metodologicoSi è scelto come riferimento metodologico il “Ma-
nuale metodologico” pubblicato nel 2004 dall’Isti-
tuto Superiore di Sanità e dall’Agenzia per i Servizi
Sanitari Regionali “come produrre, diffondere, ag-
giornare raccomandazioni per la pratica clinica”.
PremessaNei Paesi sviluppati i traumi tuttora costituiscono la
prima causa di mortalità e morbilità in età evolutiva e
tra di essi il trauma cranico rimane quello più comu-
nemente rappresentato, con un’incidenza annuale
recentemente stimata pari a 1850 bambini/100.000
per la fascia d’età 0-4 anni, di 1100/100.000 per la
fascia 5-9 anni e di 1170/100.000 per la fascia 10-
14 anni.
Il trauma cranico costituisce di fatto una crescente
causa di accesso al Pronto Soccorso e parimente
è crescente la sfi da diagnostica che i bambini af-
fetti da tale patologia cranico pongono nella pra-
tica clinica. Nel trauma cranico grave, tale sfi da
è legata alla necessità di pronta stabilizzazione e
prevenzione del danno neurologico acuto, ma che
nel trauma minore (che costituisce oltre il 90% dei
casi) è fondamentalmente legata al dover bilancia-
re il rischio di perdere lesioni intracraniche clinica-
mente signifi cative con i costi ma soprattutto con
il potenziale danno radiante legato all’esecuzione,
spesso impropria, di Tomografi a Computerizzata
(TC) cerebrale, esame tuttora considerato il gold-
standard per la diagnosi. L’aumentata disponibilità
e la crescente rapidità del tempo di esecuzione di
tale esame ne ha infatti aumentato in maniera im-
propria l’utilizzo, che negli Stati Uniti è circa raddop-
piato negli ultimi 20 anni ed è tuttora eterogeneo nei
diversi centri, a fronte delle sempre più consistenti
evidenze sulla relazione tra esposizione radiante, in
particolare nelle prime età della vita, e futuro svilup-
po di leucemia o tumori.
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Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica
ANNO 8 - numero 1
Prima valutazione e primi interventi all’arrivo in pronto soccorsoLa prima valutazione del bambino con trauma cra-
nico ha lo scopo di individuare tempestivamente i
fattori di rischio attuali o potenziali di lesione intra-
cranica consentendone un trattamento precoce ed
appropriato tale da evitare l’instaurarsi del danno
secondario. Questo ricordando che nessuna ur-
genza neurologica/neurochirurgica ha la priorità
sulla stabilizzazione del paziente.
Poiché la letteratura degli ultimi anni non ha prodot-
to evidenze sulla modalità più appropriata di triage
o studi di validazione di modelli esistenti di triage
per il trauma cranico in età pediatrica, le seguenti
raccomandazioni provengono da un consenso del
gruppo di lavoro.
Raccomandazioni• Un bambino incosciente deve essere valutato
immediatamente all’arrivo in Pronto Soccorso e
stabilizzato secondo gli algoritmi internazionali.
• Un bambino cosciente con trauma cranico di
qualsiasi entità dovrebbe essere sottoposto a
triage da parte di personale formato per l’età
pediatrica entro massimo 15 minuti dall’arrivo
in Pronto Soccorso.
• Per valutare lo stato di coscienza è raccoman-
dato, anche al triage, l’utilizzo della Scala del
Coma di Glasgow (GCS) appropriata per età
che è auspicabile esprimere per ogni singolo
parametro (E = apertura occhi, M = risposta
motoria, V = risposta verbale).
• Nei pazienti coscienti (GCS 14-15) è racco-
mandato indagare già al triage la presenza di
fattori di rischio per lesione intracranica, come
perdita di coscienza, cefalea, vomito (vedi que-
sito 4).
• Nei pazienti coscienti (GCS 14-15) è racco-
mandato indagare già al triage la presenza di
condizioni personali di rischio (vedi quesito 4).
• In tutti i pazienti, nella fase di approccio e nelle
fasi successive, il dolore deve essere rilevato
con scale adeguate all’età e prontamente trat-
tato secondo i protocolli vigenti con farmaci
adeguati alle condizioni cliniche del paziente e
dosaggi che alterino nella misura minore pos-
sibile la valutazione neurologica.
Classifi cazione di gravitàNon esiste in letteratura un’univoca classifi cazione
del trauma cranico. La maggior parte della lettera-
tura utilizza come criterio di classifi cazione il GCS
Ci si è sforzati quindi di applicare i requisiti meto-
dologici essenziali per la produzione di una linea
guida e cioè:
1. La multidisciplinarietà.
2. Le revisioni sistematiche della letteratura, de-
fi nite come “valutazione delle conoscenze di-
sponibili su un determinato argomento nella
quale tutti gli studi rilevanti (anche quelli con
risultati negativi) sono identifi cati e valutati cri-
ticamente”.
3. La graduazione delle raccomandazioni (gra-
ding) sulla base delle evidenze che la lettera-
tura fornisce.
I quesiti clinici e le raccomandazioniIl Gruppo di lavoro ha individuato una serie di que-
siti clinici sui quali sviluppare le proprie raccoman-
dazioni, quesiti considerati come prioritari perché
riguardanti aspetti molto critici o molto controversi
dell’assistenza al bambino con trauma cranico e
quindi di grande impatto per la pratica clinica.
Per ognuno di essi è stata condotta una ricerca
bibliografi ca utilizzando come principale motore di
ricerca PubMed, a partire dal gennaio 2002, appli-
cando i limiti di età 0-18 anni ed aggiornando perio-
dicamente la ricerca. Sono state anche consultate
banche dati di linee guida (SIGN, CMA infobase,
National Guidelines Clearinghouse, New Zealand
Guidelines Group) dalle quali peraltro non è emer-
sa alcuna linea guida esclusivamente dedicata al
bambino.
Per ogni quesito specifi co le parole chiave usa-
te per la ricerca sono state individuate dai singoli
membri del gruppo di lavoro che hanno provveduto
ad analizzare le evidenze e a stendere sulla base di
esse le specifi che raccomandazioni. Tutte le rac-
comandazioni sono state poi discusse in maniera
collegiale ed in assenza di evidenze forti disponibili
si sono formulati consensi da parte dei membri del
gruppo di lavoro, defi nite come “norme di buona
pratica” (good practice points).
Nella presente pubblicazione vengono presentate
e sinteticamente discusse le raccomandazioni re-
lative a 8 quesiti, rimandando l’intera linea guida ad
una pubblicazione successiva nella quale anche la
forza delle raccomandazioni verrà esplicitata.
Si precisa che le raccomandazioni formulate si
applicano al paziente in età pediatrica con trau-
ma cranico sospetto o testimoniato avvenuto nelle
precedenti 24 ore alla valutazione in Pronto Soc-
corso.
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Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica
ANNO 8 - numero 1
to, irritabilità, breve e transitoria perdita di coscien-
za, segni di frattura della volta cranica – è suffi cien-
temente accurato, se analizzato singolarmente, nel
predire la presenza di lesione.
La sfi da della ricerca è diventata quella di mettere
a punto, sulla base di studi originali, strumenti deci-
sionali fatti di un insieme di variabili cliniche (almeno
tre) ottenute dall’anamnesi e dall’esame clinico al
fi ne di predire con maggiore accuratezza il rischio
di un determinato esito (lesione intracranica) e di
guidare quindi le decisioni cliniche successive note
come “Clinical Decision Rules” (CDR).
Un elemento cruciale nel decidere se una CDR sia
poi utilizzabile nella pratica clinica è non solo la
qualità metodologica con cui essa è stata ricavata
ma anche il fatto di essere stata o meno validata in
una nuova popolazione di pazienti diversa rispetto
alla popolazione in cui è stata derivata.
Due recenti lavori di revisione sistematica hanno
evidenziato come le CDR pubblicate dal 2001 al
2010 e rispondenti a specifi ci requisiti di qualità me-
todologica siano 14, tutte derivate da studi originali
su coorte di pazienti, per un totale di circa 80.000
soggetti inclusi.
Una sintesi delle CDR più signifi cative è riportata in tabella I, ricavata da un nostro recente lavoro di
aggiornamento su questo tema pubblicato in Pro-
spettive in Pediatria nel 2012.
È evidente una notevole eterogeneità dei diversi
studi in termini di popolazione inclusa, di outco-
me considerati, di qualità metodologica e quindi di
predittori clinici individuati (che solo in parte sono
sovrapponibili nelle diverse CDR). Queste diversità
sono evidenziate anche nelle due sopracitate revi-
sioni sistematiche che sottolineano entrambe l’im-
possibilità di effettuare una meta-analisi globale dei
relativi risultati ed ottenere quindi evidenze nel loro
insieme più forti per la pratica clinica.
Vi è però un generale accordo nel dire che di esse
quelle più promettenti per la futura pratica clinica
sono PECARN, CATCH, CHALICE perché derivate
in popolazioni ampie, in setting multicentrico e con
metodologia ed analisi statistica molto rigorose. In
tutte vi è la chiara defi nizione di lesione intracrani-
ca non come qualunque reperto alla TAC ma come
impatto della lesione nella complessiva gestione cli-
nica; tutte hanno come misura di outcome non tan-
to il reperto TC quanto l’impatto della lesione sulla
gestione globale del paziente.
Fondamentale differenza è che CATCH e CHALICE
sono derivate per identifi care i bambini che neces-
sitano di TC, mentre PECARN per identifi care quelli
che non lo richiedono. Tutte ovviamente presenta-
che il gruppo non ritiene esaustivo per l’inquadra-
mento del paziente. La classifi cazione proposta,
importante perché ai diversi livelli di gravità corri-
spondono diversi atteggiamenti clinici, è pertanto
quella condivisa dal gruppo di lavoro.
Raccomandazioni• La defi nizione di trauma cranico maggiore si
applica in presenza di anche una sola delle se-
guenti condizioni: GCS < 13, segni di frattura
della base del cranio, frattura depressa della
volta cranica, defi cit neurologici focali (senso-
riali, motori, visivi, verbali), convulsione post
traumatica.
• Nell’ambito del trauma cranico maggiore si
distingue il trauma cranico grave, defi nito da
un GCS < 8. Un paziente con GCS < 8 o ra-
pido deterioramento dello stato di coscienza
deve prevedere il coinvolgimento del medico
rianimatore/intensivista per la gestione delle vie
aeree.
• La defi nizione di trauma cranico minore si ap-
plica a bambini che presentino tutte le seguenti
caratteristiche: GCS 14-15, assenza di segni di
frattura della base cranica, assenza di defi cit
neurologici focali.
Predittori clinici di lesione intracranica nel bam-bino con trauma cranico minoreUno dei temi più controversi nella letteratura riguar-
dante il Trauma Cranico Minore (TCM) è quanto i
segni/sintomi che il bambino presenta nel periodo
post traumatico siano correlati con la presenza di
lesione intracranica (Traumatic Brain Injury – TBI),
elemento questo cruciale per le successive deci-
sioni cliniche in termini di accertamenti radiologici,
osservazione, ricovero.
Parimenti controverso ed evoluto nel tempo il signi-
fi cato attribuito del termine di lesione intracranica
che si sta spostando dalla mera defi nizione radio-
logica – lesioni di qualunque natura evidenziate alla
TC – ad una defi nizione clinica – impatto della lesio-
ne sull’aspetto più globale delle cure del paziente,
quindi lesione clinicamente signifi cativa.
I presupposti della ricerca clinica a partire dai primi
anni 2000 su questi temi sono che se da un lato po-
chi dubbi esistono sulla predittività di segni/sintomi
che defi niscono il trauma come “maggiore” – quali
alterazione dello stato di coscienza, presenza di se-
gni neurologici focali, presenza di segni di frattura
della base cranica – dall’altro nessuno dei sintomi
minori, peraltro molto comuni – quali cefalea, vomi-
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Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica
ANNO 8 - numero 1
3. L’accurato calcolo del rischio di lesione cor-
relato alla presenza o meno dei singoli pre-
dittori individuati e la possibilità di compa-
rare tale rischio con il rischio radiante legato
all’esecuzione della TC.
4. L’ampio spettro di condizioni cliniche per
cui una TBI è considerata clinicamente si-
gnifi cativa.
5. La chiarezza degli algoritmi proposti, che
ne rendono facile l’utilizzo.
6. L’essere stata validata prospetticamente già
al momento della sua prima pubblicazione.
Lo studio PECARN individua tre predittori indipen-
denti dall’età quali perdita di coscienza, alterazione
dello stato di coscienza (GCS < 15), dinamica ad
alta energia e tre predittori variabili con l’età costi-
tuiti da alterazioni del comportamento, ematoma
dello scalpo in sede ‘non frontale’, frattura palpa-
bile della volta nel bambino < 2 anni e invece vomi-
no un’alta sensibilità rispetto all’identifi cazione delle
lesioni, a dispetto di una specifi cità più bassa. Tutte
potrebbero pertanto trovare applicazione nella pra-
tica clinica, ma quale sia la migliore da implementa-
re rimane futura area di ricerca.
Il Gruppo di lavoro è però uniformemente convinto,
come già altri autori hanno affermato, che la CDR
PECARN presenti un insieme di punti di forza che
fanno di essa il miglior strumento decisionale al mo-
mento disponibile. Essi sono:
1. La numerosità in assoluto più elevata, otte-
nuta in 25 Centri.
2. La divisione dei pazienti in due classi d’età
(< 2 anni e > 2 anni), elemento questo im-
portante considerata la variabilità dei segni/
sintomi post-traumatici dalla nascita all’a-
dolescenza, la diversa diffi coltà nella valu-
tazione clinica, il diverso impatto del danno
radiante nelle diverse età.
Tabella I. Sintesi dei predittori individuati dalle diverse Clinical Decision Rules
Predittori di
lesione intracranica
Greenes
2001
Heydell
2003
PaltchacK
2003
Oman
2006
Dunning
2006
(CHALICE)
Da Dalt
2006
Sun
2007
Atabaki
2008
Kupperman
2009
(PECARN)
Osmond
2010
(CATCH)
Alterazione stato di coscienza(inclusi solo
asintomatici)+
+
GCS <15
+
GCS <15
+
GCS <14
+
GCS <15
+
GCS <15
+
GCS <15
+
GCS <15
+
GCS <15
Segni neurologici focali + + +
Segni di frattura della base + + + + + + + +
Ematoma dello scalpo (< 2 aa) o
di segni di frattura della volta+ + + + + + + + +
PDC/amnesia + + + + +
Vomito persistente + + + + (≥3) + +
Comportamenti anomali + + + +
Cefalea + + + + + +
Convulsioni + +
Dinamica ad alta energia + + + +
Discoagulopatie +
Sospetto maltrattamento +
Tratta e modifi cata da: “Bressan S, Da Dalt L - Prospettive in Pediatria, 2012”
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Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica
ANNO 8 - numero 1
traumatica e la pronta disponibilità di tale esame
ha nettamente migliorato la capacità diagnostica in
tal senso.
Il crescente uso di TC cerebrale si è però accom-
pagnato a una crescente preoccupazione sul ri-
schio radiante, a cui i bambini sono particolarmente
esposti per la maggiore sensibilità dei propri tessuti
alle radiazioni e per la lunga aspettativa di vita nella
quale il danno oncogeno da radiazione può espri-
mersi con dimostrata maggiore incidenza di leuce-
mie, tumori cerebrali e altri tumori solidi.
È indiscutibile che il rapporto costo-benefi cio di
una TC cerebrale vada misurato esclusivamente in
rapporto al rischio immediato di TBI quando tale
rischio è molto alto come si verifi ca nei traumi mag-
giori (rischio > 20%) in cui la TC cerebrale è sempre
indicata. Al contrario, quando tale rischio è basso, il
rapporto rischio-benefi cio va valutato con una pro-
spettiva a lungo termine nella quale la qualità di vita
globale, quindi anche futura, del bambino deve es-
sere considerata.
Tale impostazione ha caratterizzato alcuni recen-
tissimi lavori relativi al trauma cranico minore, nei
quali si condivide la conclusione che la decisione di
eseguire TC cerebrale deve discendere da precise
CDR, la cui applicazione migliora il costo-benefi cio
di tale esame.
Particolare menzione per la sua metodologia molto
innovativa merita un recente lavoro di Hennelly che,
applicando nel bambino di età < 2 anni la CDR PE-
CARN, arriva a calcolare una soglia ottimale di be-
nefi cio della TC per un rischio di lesione intracranica
pari a 4,8%, precisando che tale soglia potrebbe
diminuire se il carico radiante diminuisse.
E ancora una volta l’algoritmo PECARN, che ripor-
ta minuziosi calcoli dei rischi di lesione intracranica
sulla base della presentazione clinica, viene rece-
pito dal gruppo di lavoro come uno strumento utile
per la pratica clinica.
Nei bambini in cui il rischio si avvicina o supera il
5% è fortemente consigliato eseguire la TC in pri-
ma battuta. L’utilizzo della TC è inoltre fortemente
raccomandato in tutti i casi in cui sia evidente un
deterioramento clinico signifi cativo.
Non c’è invece indicazione all’esecuzione dell’esa-
me TC in prima battuta nei bambini con rischio in-
feriore. In questi pazienti la TC va eseguita solo in
caso di persistenza/peggioramento della sintoma-
tologia dopo osservazione, in considerazione del
fatto che non è mai stato dimostrato che un even-
tuale intervento chirurgico eseguito prima dell’in-
sorgenza del deterioramento clinico possa miglio-
rare l’outcome e ridurre i costi per l’assistenza.
ti ripetuti, cefalea ingravescente, sospetta frattura
della base nel bambino delle età successive. Una
recente esperienza italiana (Pronto Soccorso Pe-
diatrico di Padova) di implementazione della CDR
PECARN nella pratica clinica ha dimostrato la sua
ottima accettazione da parte degli operatori e pa-
rimenti buoni in termini di accuratezza diagnostica
sono stati i risultati di un lavoro di validazione della
stessa PECARN condotto in collaborazione tra un
Centro Italiano e un Centro USA (Padova-Boston)
che ha incluso 2439 bambini di cui 959 (39%) di età
< 2 anni.
Raccomandazioni • I predittori di lesione intracranica devono essere
valutati in rapporto all’età (< 2 anni vs > 2 anni).
• Nella valutazione di un bambino con trauma
cranico in rapporto all’età è raccomandato
porre particolare attenzione ai seguenti segni/
sintomi:
< 2 anniPerdita di coscienza
Alterazione dello stato di coscienza
Comportamento anomalo
Ematoma dello scalpo parieto-occipitale
Frattura palpabile della volta
Dinamica ad alta energia*
> 2 anniPerdita di coscienza
Alterazione dello stato di coscienza
Vomiti ripetuti
Cefalea severa
Sospetta frattura della base
Dinamica ad alta energia*
*Dinamica ad alta energia =Incidente stradale: espulsione, rotolamento del mezzo, morte
di un passeggero, pedone investito, ciclista senza casco
Caduta: > 90 cm per bambini < 2 anni; > 1,5 mt per bambini
> 2 anni
Impatto contro corpo contundente ad alta velocità
• È raccomandato valutare tali predittori in com-
binazione, al fi ne di meglio determinare il rischio
di TBI.
Indicazioni alla TCLa TC cerebrale costituisce il gold standard per
la diagnosi in acuto di lesione intracranica post-
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Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica
ANNO 8 - numero 1
contemplato l’impatto dell’esposizione radiante tra
le misure di “outcome”. Un recente studio (dicem-
bre 2013) osservazionale prospettico, condotto da
Schonfeld su una popolazione di 1381 bambini,
509 dei quali (37%) di età inferiore ai 2 anni, ha di-
mostrato che la strategia dell’osservazione clinica
dà esito ad una riduzione della richiesta di TC nei
bambini con trauma cranico minore, indipendente-
mente dalla categoria di rischio (defi nita secondo
l’algoritmo PECARN) e che, tale riduzione, risulta
essere direttamente proporzionale al periodo di os-
servazione (maggiore il periodo di osservazione –
maggiore la riduzione delle richieste di TC), senza
che si sia verifi cato un ritardo nella diagnosi di lesio-
ni clinicamente rilevanti. Lo stesso studio, pur sol-
lecitando la necessità di ulteriori ricerche per stabi-
lire la durata del periodo ottimale di osservazione
e sostanziare la sicurezza della strategia osserva-
zionale, pone, nelle sue conclusioni, l’indicazione
che le linee guida basate sull’evidenza includano
l’osservazione clinica nell’algoritmo di trattamento
dei bambini con trauma cranico minore, particolar-
mente in quelli a rischio intermedio.
L’Accademia Americana di Pediatria ha incluso
questa indicazione nelle 5 richieste dal programma
“Choosing Wisely”, avviato negli USA dalla Fonda-
zione ABIM (American Board of Internal Medical
Foundation) ai fi ni di sensibilizzare i professionisti
della Salute all’uso appropriato delle risorse sani-
tarie.
Una ricerca condotta da Karpas nel 2013 ha inol-
tre mostrato che la scelta dell’osservazione clinica
è anche in accordo con la preferenza dei genitori,
opportunamente informati.
Da ricordare infi ne che l’osservazione clinica è obbli-
gatoria in due altre categorie di bambini con trauma
cranico minore: quelli sottoposti a TC, con evidenza
di lesione endocranica tale da non richiedere l’inter-
vento neurochirurgico ma meritevole di monitorag-
gio clinico sul quale basare le decisioni successive;
quelli sottoposti a TC precocemente per la presenza
di predittori clinici di alto rischio, qualora l’esame ri-
sulti normale ma la sintomatologia clinica non si sia
ancora risolta.
Raccomandazioni• L’osservazione clinica rappresenta una strate-
gia effi cace nei bambini con trauma cranico
minore a rischio intermedio di lesione stimabile
attraverso l’algoritmo PECARN modifi cato.
• Il setting pediatrico costituisce l’ambito ideale
a condurre un’osservazione intensiva per 6-24
ore nei bambini con trauma cranico minore.
Raccomandazioni • Nel richiedere una TC cerebrale, ricordare che
l’obiettivo non è il riscontro di una qualunque
lesione radiologica, bensì il riscontro di una le-
sione il cui riconoscimento infl uisce sulle suc-
cessive decisioni cliniche (detta clinicamente
signifi cativa).
• In un bambino con trauma cranico maggiore la
TC è sempre raccomandata in considerazione
dell’alto rischio di TBI clinicamente signifi ca-
tiva. Essa è da eseguire preferibilmente entro
la prima ora dal trauma.
• Per l’esecuzione della TC nel bambino con
trauma cranico minore, l’indicazione ad ese-
guire TC varia in relazione al rischio di lesione
stimabile sulla base dei predittori clinici indivi-
duati. A tal fi ne è fortemente consigliato se-
guire l’algoritmo presentato in fi gura 1A e B,
ricavato dall’algoritmo PECARN modificato
privilegiando l’osservazione clinica come primo
approccio nei bambini a rischio intermedio.
Indicazioni all’osservazione clinicaL’osservazione clinica è risultata una strategia ef-
fi cace nel ridurre il ricorso alla TC nei bambini con
trauma cranico minore. Da uno studio retrospettivo
condotto da Zebrack e coll. su una coorte di 6477
pazienti di età compresa tra 0 e 18 anni, ammes-
si in un’Unità di Osservazione Breve nell’arco di 2
anni, la diagnosi di trauma cranico chiuso è risultata
essere tra quelle cui è corrisposto un miglior esi-
to nelle dimissioni effettuate entro le 24 ore (media
13,3 ore). Il buon esito di dimissione veniva attribui-
to a quanti, dimessi entro le 24 ore, non erano stati
soggetti a riammissione con ricovero nelle 72 ore
successive, risultati essere oltre il 95%.
I bambini candidati elettivamente all’osservazione,
in linea con l’algoritmo PECARN, sono quelli valu-
tati, sulla base dei predittori clinici, a rischio inter-
medio di lesione. Due studi condotti nel Nord-Euro-
pa, pubblicati sul British Medical Journal nel 2006
hanno comparato le due strategie – TC precoce vs
osservazione – concludendo che non vi sono dif-
ferenze in termini di esiti, in particolare guarigione,
complicanze tardive e soddisfazione dei pazienti.
L’unico vantaggio a favore dell’esecuzione della TC
precoce è risultato essere quello economico, es-
sendo più contenuti i costi per l’esame tomografi co
rispetto al ricovero.
Limite di entrambi gli studi è l’aver valutato bambini
con più di 6 anni – il che rende i risultati non esten-
dibili a tutta l’età pediatrica – e soprattutto non aver
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ANNO 8 - numero 1
Figura 1A e B. Algoritmo PECARN modifi cato per il calcolo dei rischi di lesione intracranica sulla base della presentazione clinica
BAMBINI < 2 aaA
B
GCS = 14
o
Alterazione stato mentale*
o
Frattura palpabile della volta
Ematoma dello scalpo (O/P/T)§
o
Pdc > 5s
o
Dinamica del trauma severa
o
Comportamento non abituale
secondo i genitori
1) Osservazione clinica privilegiata
2) TC raccomandata se
- Segni/sintomi multipli vs reperti isolati
- Peggioramento segni/sintomi durante l’osservazione in PS
Nelle scelte decisionali intervengono anche:
- Esperienza del medico che ha in carico il bambino
- Preferenza dei genitori
Porre particolare attenzione nei b. di età < 3 m
Rischio di lesione intracranica
clinicamente rilevante 4.4%
Rischio di lesione intracranica
clinicamente rilevante 0.9%
Rischio di lesione intracranica
clinicamente rilevante < 0.02%
* = agitazione, sonnolenza, domande ripetitive, risposta rallentata nella comunicazione verbale; § = ematoma occipitale/parietale/temporale.
TC RACCOMANDATA
TC NON RACCOMANDATA
Sì
No
No
Sì
BAMBINI > 2 aa
GCS = 14
o
Alterazione stato mentale*
o
Segni di frattura della base
Pdc
o
Vomito
o
Dinamica del trauma severa
o
Cefalea ingravescente
1) Osservazione clinica privilegiata
2) TC raccomandata se
- Segni/sintomi multipli vs reperti isolati
- Peggioramento segni/sintomi durante l’osservazione in PS
Nelle scelte decisionali intervengono anche:
- Esperienza del medico che ha in carico il bambino
- Preferenza dei genitori
Rischio di lesione intracranica
clinicamente rilevante 4.3%
Rischio di lesione intracranica
clinicamente rilevante 0.9%
Rischio di lesione intracranica
clinicamente rilevante < 0.05%
* = agitazione, sonnolenza, domande ripetitive, risposta rallentata nella comunicazione verbale, capo colpito da un oggetto ad alto impatto/alta energia
Modifi cato da PECARN.
TC RACCOMANDATA
TC NON RACCOMANDATA
Sì
No
No
Sì
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ANNO 8 - numero 1
gliano esclusivamente l’uso della TC quando sia so-
spettata una frattura.
Raccomandazioni• La radiografi a del cranio non è raccomandata
nel paziente con trauma cranico e sospetta
frattura cranica o lesione intracranica.
Indicazioni all’ecografi aUn numero limitato di studi ha valutato l’ecografi a
come strumento utile nella diagnostica del trauma
cranico con applicazioni di valore tecnico e scientifi -
co ed applicabilità molto diversi tra loro.
Ecografi a per lo studio di emorragia intracra-nica post-traumaticaEsistono solo reports aneddotici sull’uso dell’eco-
grafi a per la diagnosi di emorragia nel trauma cra-
nico, che riportano come limite principale il fatto
che l’esame sia ristretto al neonato e lattante fi no
a quando la fontanella anteriore risulti aperta e di
dimensioni tali da consentirne l’esecuzione. Ma so-
prattutto l’ecografi a si presenta come esame molto
limitato per lo studio di ematomi extra assiali a carico
delle aree vicino alla convessità del cranio perché
questi possono rimanere nascosti e non visualizza-
bili dalla fi nestra trans-fontanellare.
Pur riconoscendo che l’esame trans-fontanellare è
di comune utilizzo dell’ambito neonatologico, sep-
pur con fi nalità differenti, non è possibile, data l’as-
senza di dati in letteratura, trarre conclusioni a favore
dell’uso di questa tecnica per neonati o lattanti mol-
to piccoli con trauma cranico.
Ecografi a per lo studio delle fratture cranicheLa frattura cranica è il reperto patologico più comu-
ne dopo un trauma cranico nel bambino e, come
già detto, nei pazienti con frattura cranica è riportato
un incremento del rischio relativo di lesione intra-
cranica. Negli ultimi anni, 6 studi hanno affrontato
la diagnostica delle fratture craniche nel bambino
mediante l’ecografi a.
Gli studi sono diversi per numerosità della popola-
zione studiata e per risultati conseguiti. Da un’analisi
comparativa risulta una popolazione di 185 pazienti
pediatrici totali studiati, con una sensibilità globale
dell’ecografi a nella diagnosi di frattura pari al 94%
(una specifi cità al 96%).
Tali soddisfacenti risultati, uniti alle considerazioni
sulla rapidità d’esecuzione di tale esame, sulla non
necessità di sedazione, sull’assenza di danno ra-
diante fanno ipotizzare che l’ecografi a ‘point of care’
• L’osservazione deve essere particolarmente
‘intensiva’ nelle prime 6 ore dopo il trauma e
deve essere protratta fi no ad almeno 4-6 ore
dopo la completa stabilizzazione clinica.
Indicazioni alla radiografi a (RX) del cranioLa TC è la metodica di imaging di riferimento in pa-
zienti che potrebbero avere una frattura o una lesio-
ne intracranica post-traumatica. La RX del cranio è
stata usata in passato come una componente fon-
damentale della valutazione strumentale dei bambini
con trauma cranico. Secondo alcuni autori, quando
la TC non fosse disponibile, la RX del cranio potreb-
be fornire informazioni di screening, dato che il ri-
schio relativo di lesione intracranica sarebbe molto
aumentato in caso di frattura al punto da richiedere
una successiva TC per valutare la presenza di lesio-
ni intracraniche.
I vantaggi attribuiti alla RX del cranio sono quelli di
non richiedere sedazione ed esporre i bambini a
dosi fi no a 100 volte inferiori di radiazioni rispetto alla
TC. Tuttavia, il valore della RX del cranio rimane ad
oggi poco chiaro e per alcuni autori non raccoman-
dato per l’incapacità di dare informazioni su possi-
bili lesioni intracraniche post-traumatiche, dato che
queste possono verifi carsi anche in assenza di frat-
tura cranica e che fratture sottili possono non essere
visualizzate alla RX del cranio.
Diversi studi sono stati pubblicati per esaminare
l’accuratezza della RX del cranio come strumento
diagnostico.
La sensibilità riportata per qualsiasi tipo di frattura
varia tra il 64% e il 99%.
In letteratura è inoltre riportata una diffusa diffi coltà
all’interpretazione delle radiografi e del cranio spe-
cialmente nei lattanti con falsi negativi quando la
refertazione sia effettuata da personale non radiolo-
gico (sensibilità 76% specifi cità 84%) o non abituato
a bambini, e falsi positivi per erronea interpretazione
di suture o canali vascolari per fratture.
Due studi più recenti hanno confrontato RX e TC ad
alta risoluzione per le fratture craniche. La sensibilità
per le fratture lineari è risultata essere dell’80% per
entrambe le tecniche e la specifi cità 80% per la RX e
93% per la TC ad alta risoluzione. Per le fratture dia-
stasate, utilizzando la RX è stata riportata una sen-
sibilità pari al 42% e una specifi cità del 96%, mentre
utilizzando la TC ad alta risoluzione la sensibilità è
risultata essere del 75% e la specifi cità del 97%.
Più recentemente, è stato riportato che la TC 3D ha
un rate diagnostico superiore quando comparato
alla RX a tal punto che gli autori del lavoro consi-
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Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica
ANNO 8 - numero 1
Traumi cranici con fattori di rischio “speciali”La presenza di patologie concomitanti o di altri fat-
tori personali di rischio rende più probabile la com-
parsa di un’emorragia intracranica e quindi impo-
ne un atteggiamento più cauto, sia per quel che
riguarda l’invio in ospedale, sia nell’osservazione o
l’esecuzione di esami radiologici, sia nella eventuale
profi lassi dell’emorragia. Le linee guida pubblicate
non danno però criteri univoci di comportamento.
Sono state perciò ricavate alcune indicazioni basa-
te sull’evidenza disponibile.
Coagulopatie e piastrinopenie immuniLa presenza di una coagulopatia è un fattore pre-
dittivo di lesione intracranica. Un’analisi seconda-
ria di bambini arruolati in uno studio del PECARN
(che non tiene conto di eventuali trattamenti pre-
coci per prevenire l’emorragia) ha mostrato che tra
230 soggetti con coagulopatie solo 2 (1%) hanno
presentato un’emorragia intracranica ed entrambi
avevano altri segni e sintomi di TBI che avrebbero
fatto raccomandare l’esecuzione di neuroimmagini.
Perciò l’esecuzione di una TC non è indispensabile
nella valutazione dopo trauma cranico dei bambini
con coagulopatia in assenza di segni e sintomi sug-
gestivi di emorragia intracranica. Fanno eccezione i
bambini in trattamento con warfarin nei quali è rac-
comandata una TC entro 8 ore dal trauma, indipen-
dentemente dai sintomi presentati. Naturalmente
in caso di piastrinopenia, emofi lia e defi cit di altri
fattori della coagulazione, vanno prese le adegua-
te misure di prevenzione dell’emorragia in base alla
patologia e all’entità del trauma, senza attendere
l’eventuale esecuzione di una TC, ed è indispensa-
bile un’attenta osservazione clinica (vedi tabella II).
Derivazione ventricolareLa presenza di una derivazione ventricolo perito-
neale potrebbe costituire un fattore di rischio per
(o ‘bedside’) potrebbe essere utile come esame di
screening per la conferma di sospetta frattura cra-
nica, in particolare in setting senza possibilità di ac-
cesso immediato alla TC, negli ambulatori pediatrici
o nei centri di primo soccorso.
Le evidenze disponibili non sono ritenute però anco-
ra suffi cienti per introdurre tale esame nella pratica
clinica, anche in considerazione della mancata stan-
dardizzazione delle tecniche di esecuzione.
Ecografi a trans-bulbare per lo studio del dia-metro del nervo ottico come indicatore di iper-tensione endocranicaL’ecografi a bedside oculare (trans-bulbare) per mi-
surare il diametro della guaina del nervo ottico è
stata proposta come un sistema non invasivo per
diagnosticare rapidamente l’ipertensione endocra-
nica in Pronto Soccorso per i pazienti con trauma
cranico.
La letteratura recente riporta esperienze di utilizzo
dell’ecografi a trans-bulbare in età pediatrica per la
diagnosi di ipertensione endocranica con una sen-
sibilità fi no all’83% e una specifi cità pari al 38%, ma
solo poche case series sono dedicate al trauma cra-
nico.
Tali limitati risultati non permettono di dare indica-
zioni per l’utilizzo di tale esame nella pratica clinica.
Raccomandazioni• L’utilizzo dell’ecografi a trans-fontanellare per la
diagnosi di emorragia intracranica post-trau-
matica non è raccomandato.
• L’utilizzo dell’ecografi a del cranio per la dia-
gnosi di frattura della volta cranica non è rac-
comandato.
• L’utilizzo dell’ecografi a trans-bulbare per lo stu-
dio dell’ipertensione endocranica nel paziente
pediatrico con trauma cranico non è racco-
mandato.
Tabella II. Indicazioni per i pazienti affetti da Emofi lia A e B
Emofi lia A
LIVELLI DESIDERATI DI FATTORE VIII
Emofi lia B
LIVELLI DESIDERATI DI FATTORE IX
80-100 U/dl di fattore VIII per 1-7 giorni
poi
MANTENIMENTO: 50 U/dL per 8-21 giorni
60-80 U/dl di fattore IX per 1-7 giorni
poi
MANTENIMENTO: 30 U/dL per 8-21 giorni
World Federation of Hemophilia (WFH). Guidelines for the management of hemophilia 2nd edition. 2012
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Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica
ANNO 8 - numero 1
Raccomandazioni• La TC cerebrale non è indispensabile dopo un
trauma cranico minore in bambini con coagu-
lopatia in assenza di segni e sintomi predittivi
di TBI (e non deve far ritardare l’eventuale trat-
tamento), salvo nei pazienti in trattamento con
warfarin in cui è raccomandata.
• La TC cerebrale non è raccomandata dopo un
trauma cranico minore in bambini portatori di
derivazione ventricolo-peritoneali in assenza di
segni e sintomi predittivi di TBI.
• In entrambe le condizioni è fortemente racco-
mandata un’attenta osservazione clinica e, in
caso di coagulopatia, vanno prese le adeguate
misure di prevenzione dell’emorragia.
emorragie endocraniche in caso di trauma cranico
minore perché provoca uno stiramento delle vene
ponte e delle arterie corticali che aderiscono alla su-
perfi cie interna della dura. Sono stati effettivamente
descritti alcuni casi di emorragie endocraniche in
pazienti con derivazioni ventricolari, che fanno con-
sigliare in tali pazienti una più attenta osservazione.
Un’altra analisi secondaria dei bambini arruolati in
uno studio del PECARN, ha consentito di identifi -
care 98 soggetti portatori di shunt ventricolare che
avevano subito un trauma cranico minore, mostran-
do che la TC viene eseguita più frequentemente ma
senza differenza nel riscontro di reperti radiologici
rispetto ai controlli. Perciò i dati disponibili non in-
dicano la necessità di un maggiore ricorso alla TC
in caso di presenza di derivazione ventricolo-peri-
toneale.
Abbreviazioni:CDR = Clinical Decision Rules; GCS = Glasgow Coma Scale; TBI = Traumatic Brain Injury (Lesione intracranica);
TC = Tomografi a Computerizzata.
CATCH: Canadian Assessment Tomography for Childhood Head Injury.
CHALICE: Children Head Injury Algorithm for the prediction of Important Clinical Events.
PECARN: Pediatric Emergency Care Applied Research Network.
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Med 2007; 49 (3): 325–32, 332 e1.
Bibliografi a essenzialeBibliografi a essenziale
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SCHEDE D’URGENZA
16 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA
Rachicentesi
M.C. Diana, B. Tubino, S. Rosina, S. Renna DEA, IRCSS “G. Gaslini”, Genova
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Di cosa si trattaLa rachicentesi o puntura lombare è una metodica
fi nalizzata al prelievo di liquor cefalorachidiano me-
diante inserimento di un ago nello spazio subarac-
noideo a livello lombare (Figura 1). Si tratta di una
procedura per cui è richiesto il consenso informato.
Indicazioni Si tratta di una metodica volta all’accertamento ezio-
logico di infezioni del SNC primitive o secondarie
(meningite, encefalite, sepsi), alla diagnosi di patolo-
gie infi ammatorie del SNC (sclerosi multipla, Sindro-
me di Guillain-Barrè), neoplasie, malattie metaboli-
che, coinvolgimento del SNC da parte di leucemie.
Da non dimenticare le fi nalità terapeutiche con cui
la procedura può essere utilizzata (somministrazione
intratecale di antibiotici/chemioterapici/anestetici op-
pure trattamento dello pseudotumor cerebri).
ControindicazioniA) Assolute
1. Infezione nella sede del prelievo o nelle sue
vicinanze;
2. Segni di aumento della pressione intracra-
nica: grave compromissione della coscienza
o suo rapido deterioramento/paralisi di nervi
cranici/fontanella anteriore tesa/bradicardia,
respiro irregolare/papilledema/anomalie dei
rifl essi oculocefalici;
3. Anomalie della colonna nella regione lombo-
sacrale
B) Relative (prima di procedere a rachicentesi è
necessario procedere a interventi terapeutici
appropriati e/o ad ulteriori indagini diagnostiche).
1. Alterazioni della coagulazione (es. CID), pia-
strinopenia, utilizzo di farmaci anticoagulanti
à correzione mirata del problema;
Figura 1. Spazio subaracnoideo spinale
Cono midollare
Cauda equina
Filo terminale
III vertebra lombare
Spazio subaracnoideo
Dura madre
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Rachicentesi
ANNO 8 - numero 1
2. Instabilità cardiorespiratoria, sepsi, ipoten-
sione, ipertensione arteriosa, rash purpurico
in un paziente critico à stabilizzare prima il
paziente;
3. Segni neurologici focali, crisi convulsive pro-
lungate o focali, GCS < 8 à eseguire prima
indagine di neuroimaging.
L’eventuale controindicazione alla rachicentesi NON
deve mai ritardare l’avvio del trattamento antibiotico
quando indicato.
Le moderne tecniche di biologia molecolare (PCR)
su campioni di liquor consentono un’identifi cazione
eziologica anche dopo avvio della terapia antibioti-
ca.
Precauzioni - Nel sospetto di ipertensione endocranica lo
studio di neuroimmagini (TC o RM) deve pre-
cedere la rachicentesi.
- Monitorizzare i segni vitali e la SaO2 nel corso
della procedura.
- Agire in piena sterilità.
- Usare sempre aghi con mandrino.
- Palpare i punti di repere accuratamente per
prevenire una puntura sull’interspazio L2-L3
(sede del cono midollare).
Materiale
Tutto, eccetto la mascherina, deve essere sterile• Guanti, mascherina
• Soluzione antisettica (a base di iodopovidone
o di clorexidina)
• Garze, tamponi
• Panni o telo trasparente fenestrato
• Ago spinale (con mandrino) da 22 gauge (più
piccolo è il calibro, minore è il rischio di leakage
liquorale)
• Provette sterili con tappo
• Bendaggio adesivo
• Anestetico locale (EMLA/Ralydan)
• Materiale per sedazione con Midazolam intra-
nasale (MAD)
Posizione del paziente (elemento fondamentale per la buona riuscita della procedura)
a) Neonato: un assistente tiene fermo il neo-
nato in decubito laterale con schiena in posi-
zione fl essa e nuca in posizione libera oppure
lo mantiene in posizione seduta con colonna
vertebrale fl essa.
Evitare la fl essione del collo per non compro-
mettere la pervietà delle vie aeree (Figura 2 e
3 A-B).
Figura 2. Posizione del neonato
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Rachicentesi
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nocchia e gomiti), far piegare la testa in avanti
oppure far mettere il paziente seduto al bordo
del letto con tronco fl esso di modo che l’ad-
dome sia posto contro le cosce. È preferibile
la posizione in decubito laterale per ridurre il
rischio di cefalea post-procedurale (Figura 4).
Tecnica 1. Identifi care una linea immaginaria tesa tra
le 2 creste iliache: essa corrisponde a L4
nell’adulto/L5 nel bambino/S1 nel neonato.
Cercare lo spazio intervertebrale subito sotto
(L4-L5) o sopra (L3-L4) tale linea.
2. Posizionare nella sede stabilita l’anestetico
locale prescelto con bendaggio occlusivo,
lasciare agire almeno 30-45 minuti. Con-
trollare la comparsa di eventuali reazioni
locali.
3. Sedare il paziente con Midazolam per via
nasale mediante MAD 0.3-0.5 mg/kg (max
15 mg); la somministrazione va effettuata 40
minuti prima della procedura.
4. Posizionare adeguatamente il paziente.
5. Disinfettare la cute sino alle creste iliache
con movimento centrifugo, asciugare con
una garza sterile la sede della puntura.
Figura 4. Puntura lombare: posizione dell’adulto
Figura 3 A-B. Posizione del neonato
Cono midollare
Filo terminale
Cauda equina
Primo nervo sacrale
Dura madre
Coccige
P rimo nervo lombare
b) Bambino/adolescente: posizionare il pa-
ziente in decubito laterale con la colonna
vertebrale in asse con la superfi cie del letto
e far assumere una posizione a cane di fucile
(eventuale posizionamento di cuscino tra gi-
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ANNO 8 - numero 1
nausea (secondari all’abbassamento di pressione
del liquor cefalo-rachidiano per leakage di liquor at-
traverso il sito di puntura eccedente il tasso di produ-
zione liquorale). La cefalea si manifesta fi n nel 36,5%
dei pazienti entro le 48 ore successive la rachicen-
tesi. In questa fase il paziente può inoltre presenta-
re dolore dorsale. Sono pertanto richiesti non solo
l’attento monitoraggio dei parametri vitali e il mante-
nimento di un’adeguata idratazione (eventualmente
somministrando fl uidi per via endovenosa), ma an-
che la somministrazione di terapia antalgica ove ne-
cessaria (es. paracetamolo).
Possibili complicanze peri-/post-procedurali 1. Reazione allergica all’anestetico locale.
2. Decompressione intracranica improvvisa con
erniazione cerebellare.
3. Infezione: meningite da puntura lombare
realizzata durante batteriemia (incidenza
circa 0,2%), discite, ascesso corda spinale,
ascesso epidurale, osteomielite vertebrale.
4. Sanguinamento: ematoma epidurale spinale,
ematoma subaracnoideo spinale.
5. Tumore epidermoide intraspinale da tessuto
epiteliale introdotto dentro il canale spinale.
6. Puntura della corda spinale e danno nervi (se
puntura sopra L2).
7. Paralisi del VI nervo con conseguente di-
plopia (da eccessiva rimozione di liquor con
conseguente trazione del nervo).
8. Deformità della colonna lombare secondaria
a spondilite acuta.
6. Applicare sul campo della procedura telo
sterile.
7. Mantenere l’ago spinale in modo fermo.
8. Tenere un dito sul processo vertebrale sopra
l’interspazio per localizzare il sito della pun-
tura se il paziente si muove.
9. Inserire l’ago spinale nello spazio interverte-
brale lungo la linea mediana, seguendo una
direzione leggermente cefalica per evitare i
corpi vertebrali (direzione postero-anteriore
con inclinazione craniale di 10-20 gradi),
mantenere il “becco di clarino” dell’ago cra-
nialmente rispetto al paziente (per minimiz-
zare il danno sul legamento giallo). A volte
l’inserimento dell’ago può causare al pa-
ziente parestesie a livello delle gambe.
10. Se si incontra resistenza, indietreggiare leg-
germente e ridirigere l’ago in posizione più
craniale.
11. Far avanzare l’ago lentamente fi no ad attra-
versare l’epidermide e il derma.
12. Appena si avverte il cambiamento di resi-
stenza (passaggio attraverso legamento
fl avo e dura) fermarsi, rimuovere il mandrino
e aspettare qualche secondo la fuoriuscita
del liquor (che potrebbe essere lenta).
13. Far defl uire passivamente il liquor in modo
sterile (evitare di toccare l’ago, far gocciolare
il liquor nelle provette), mai aspirare con siringa. Anche piccole pressioni negative
possono aumentare il rischio di emorragia
subdurale o erniazione.
14. Se non fuoriesce liquor ruotare l’ago per
orientare diversamente la punta a “becco di
fl auto”, in caso di fallimento riposizionare il
mandrino, estrarre l’ago sino al sottocute e
ripetere la tecnica cambiando spazio inter-
vertebrale.
15. Se fuoriesce sangue attendere qualche mi-
nuto e riprovare il prelievo nello spazio ver-
tebrale soprastante.
16. Prelevato il liquor, inserire di nuovo il man-
drino (per prevenire l’intrappolamento di ra-
dici nervose spinali nello spazio extradurale)
e solo successivamente rimuovere l’ago.
17. Mettere un bendaggio adesivo sul sito della
puntura.
Assistenza al paziente dopo la proceduraDopo la rachicentesi è importante assicurarsi che il
paziente venga tenuto in clinostasi per almeno due
ore per evitare l’insorgenza di cefalea, vomito e/o
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20 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA
Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza
Percorsi interdisciplinari. Lo stato di male epilettico
A. Palmieri1, S. Buratti2, P. Striano3, MP. Baglietto3, P. Di Pietro1, E. Piccotti1, C. Russo4, M. Marchi4, S. Renna1
1DEA, IRCCS “G. Gaslini”, Genova2Dipartimento Alta Intensità di Cure, IRCCS “G. Gaslini”, Genova3Dipartimento Neuroscienze, IRCCS “G. Gaslini”, Genova4Medici Specializzandi, Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli studi di Genova
ANNO 8 - numero 1
• il 54% non ricovero ordinario di cui:
– il 39% viene ricoverato in OBI.
– il 15% viene rinviato a domicilio.
Un aspetto qualifi cante l’attività clinica di stabiliz-
zazione, soprattutto nel settore della neurologia
d’Urgenza, è la possibilità di operare in modo mul-
tidisciplinare. Varie fi gure quali pediatra d’urgenza,
neurologo pediatra, neuroradiologo, rianimatore
concorrono alla miglior gestione clinica.
La medicina dell’evidenza richiede di favorire proce-
dimenti clinici omogenei.
I vari specialisti, ognuno per la propria parte, concor-
reranno a identifi care percorsi così che l’approccio
clinico, l’iter diagnostico e la fase terapeutica si sus-
seguano in maniera armonica fi no all’obiettivo fi nale
(organizzazione per l’effi c acia–effectiveness).
Negli anni nel nostro Istituto, il Dipartimento di Emer-
genza ha creato rapporti di collaborazione con i col-
leghi neurologi, neuroradiologi, oculisti, rianimatori in
vari settori della neurologia d’urgenza: le convulsioni
febbrili, la cefalea, lo stroke.
Ultimo esempio è la gestione dello stato di male epi-
lettico concordato con i colleghi della Rianimazione
Pediatrica e del Dipartimento di Neuroscienze.
Lo stato di male epilettico (SE) rappresenta la più
comune emergenza neurologica in età pediatrica
con un’incidenza stimata in 10-20 casi per 100.000
bambini per anno. Non esiste una defi nizione uni-
versalmente accettata di stato di male epilettico, in
particolare per quanto riguarda la durata delle mani-
La convulsione è sintomo di differenti affezioni che
possono essere primitive ma anche secondarie a
fattori genetici, traumatici, metabolici, infettivi, farma-
cologici e a patologie maligne. Una tale eterogeneità
eziologica rende ragione delle diffi coltà che si pos-
sono incontrare nell’area della Emergenza-Urgenza
ove spesso viene gestito il paziente con evento con-
vulsivo. Si tratta di controllare l’evento, stabilizzare il
paziente e provvedere all’inquadramento causale.
Peraltro il concetto di stabilizzazione assume una di-
versa articolazione operativa a seconda delle com-
petenze in campo: territorio, ospedale di zona, DEA.
Esperienza Dipartimento di Emergenza Istituto “G. Gaslini”Dal punto di vista epidemiologico la sintomatologia
neurologica rappresenta, nella nostra realtà, la se-
conda tipologia di evento dopo la patologia respira-
toria, in termini di accessi al nostro Pronto Soccorso.
La destinazione dei pazienti con quadro convulsivo
che giungono al pronto soccorso, una volta stabiliz-
zati, è la seguente:
• il 46% ricovero ordinario di cui:
– il 45% in Medicina d’Urgenza (Reparto che
con il Pronto Soccorso e l’Osservazione
Breve Intensiva (OBI) costituisce il Diparti-
mento di Emergenza).
– il 21% nel Dipartimento di Neuroscienze.
– il 30% nei reparti clinici.
– solo il 4% necessita di ricovero in UTI.
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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 21
Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza
ANNO 8 - numero 1
Ad esempio, nello stato di male associato ad iper-
piressia, piuttosto frequente nella pratica clinica in
emergenza, immediata deve essere, già nelle prime
fasi di stabilizzazione, l’esecuzione di esami utili all’o-
rientamento diagnostico che consentirà anche l’ado-
zione di terapie eziologiche.
In circa il 15% di questi pazienti è diagnosticabile
un’infezione del sistema nervoso centrale la cui sot-
tovalutazione o misconoscimento correla con una
elevata mortalità(3).
Per quanto riguarda le neuroimmagini le linee guida
dell’American Academy of Neurology per la valuta-
zione del primo episodio di convulsioni non febbrili
in età pediatrica prevedono neuroimaging urgente in
tutti i bambini con defi cit neurologici focali.
È inoltre raccomandato neuroimaging (differibile) se:
compromissione cognitiva o motoria di incerta ezio-
logia, anormalità all’esame neurologico, reperti EEG
anormali non riconducibili a sindromi benigne, con-
vulsioni a esordio parziale, bambini di età inferiore
all’anno. Si fa riferimento agli studi di Hsieh e Singh(3)
per la descrizione dei più comuni reperti neuroradio-
logici e della sensibilità di CT e RM in questo conte-
sto (Tabella I).
Trattamento farmacologicoObiettivi principali della terapia di attacco sono: azio-
ne rapida, facilità di somministrazione, sicurezza in
termini di depressione respiratoria e stabilità emo-
dinamica. Alla luce di ciò, nella nostra realtà abbia-
mo condiviso ed elaborato un percorso che parte
dal primo momento dell’arrivo in Pronto Soccorso in
maniera così articolata:
1. paziente senza accesso venoso: somministrare
Midazolam buccale alla posologia di 0,5 mg/Kg
(indicata somministrazione anche in fase preo-
spedaliera: pdf-118);
festazioni cliniche (da 5 a 30 minuti). Il cut-off tempo-
rale (5-10 minuti) introdotto da alcuni AA. per defi nire
lo SE può risultare appropriato se lo SE viene defi nito
in relazione a quando è opportuno iniziare il tratta-
mento.
Peraltro una durata della crisi oltre i 30 minuti, in-
dipendentemente dalla eziologia, è in grado di de-
terminare un danno neuronale diretto e avere effetti
sistemici che possono danneggiare il SNC.
Una delle cause più frequenti è la convulsione febbri-
le prolungata generalmente associata a bassa mor-
talità e morbidità(1).
Altre cause possono essere: un trauma cranico, al-
terazioni metaboliche, intossicazioni, infezioni e alte-
razioni cerebro-vascolari(2, 3).
Nel 20-30% circa dei pazienti non viene individuata
alcuna causa scatenante e questo è più frequente
nei pazienti che già soffrono di epilessia(3, 4).
Nel 50% dei casi uno SE accade in pazienti con sto-
ria di epilessia pre-esistente. Molto spesso è in atto
una modifi cazione terapeutica o risultano sotto ran-
ge i farmaci assunti.
In altre situazioni, decisamente meno frequenti, lo
stato di male può essere causato da ingestione di
sostanze tossiche, abuso di droghe o, più comu-
nemente, assunzione di farmaci prescritti per altre
patologie e che possono alterare la funzione dell’an-
tiepilettico in corso (ad es. salicilati, teofi llina, isonia-
zide, calcio antagonisti).
Gestione in UrgenzaIl primo approccio in Pronto Soccorso al paziente
in stato di male epilettico deve avere come obiet-
tivo prioritario il contenimento della durata della
crisi in modo da evitare il danno cerebrale con un
perfetto sinergismo fra percorso terapeutico e dia-
gnostico.
Tabella I. Aspetti operativi in corso di SE
Assicurare la pervietà delle vie aeree e somministrare O2.
Monitoraggio ECG, SatO2, FR, FC.
Accesso venoso.
Dextrostick.
Analisi: emogasanalisi, emocromo, PCR, profi lo coagulativo, CPK, LDH, AST, ALT, azotemia, creatinina, elettroliti (compresi calcio e magnesio), glicemia.
Dosaggio dei farmaci antiepilettici (se indicato).
Avviare indagini eziologiche secondo anamnesi ed eventuali analisi tossicologiche (conservare campione di sangue).
Monitorare e trattare l’acidosi, l’ipovolemia, le alterazioni ioniche e metaboliche, l’ipertermia.
Secondo accesso venoso appena possibile.
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22 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA
Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza
ANNO 8 - numero 1
È a questo punto che i vari specialisti, valutate le
condizioni cliniche e neurologiche, valutano il ricove-
ro in Unità di terapia Intensiva pediatrica.
In tabella II vengono riportati i farmaci citati, nella
fi gura 1 l’algoritmo dello stato epilettico e in ta-bella III le interazioni farmacologiche da tener pre-
sente.
Il trattamento dello stato di male in terapia in-tensivaIl trattamento in terapia intensiva (TI) dello stato epi-
lettico è indicato nel caso di mancata risposta a
farmaci di primo e secondo livello (SE refrattario) o
nel caso di complicanze sistemiche quali instabilità
emodinamica e depressione respiratoria.
Gli obiettivi principali in questo ambito sono: il sup-
porto ventilatorio e cardiovascolare; il monitoraggio
emodinamico avanzato; il monitoraggio continuo
EEG; il trattamento farmacologico delle convulsioni
e delle complicanze sistemiche.
Supporto e monitoraggio in terapia intensivaIl supporto ventilatorio è indispensabile quando lo
stato epilettico e/o l’uso di farmaci sedativo-ipnotici
compromettono la pervietà delle vie aeree, la venti-
lazione e la stabilità emodinamica.
L’attività convulsiva prolungata altera in modo signi-
fi cativo l’emodinamica e l’autoregolazione cerebra-
le(5). È di primaria importanza quindi la prevenzione
dell’ipotensione e dell’ipossiemia mediante il suppor-
to ventilatorio, il monitoraggio dei livelli dei farmaci
antiepilettici e l’uso di agenti inotropi.
L’elettroencefalogramma in continuo, o in alternativa,
l’amplitude-integrated EEG (aEEG), rappresentano
uno strumento indispensabile per il monitoraggio
della risposta alla strategia terapeutica in atto nei
casi di SE refrattario trattato con farmaci anestetici.
L’EEG permette di diagnosticare stato di male non
convulsivo in almeno un terzo dei pazienti in TI(6).
Complicanze sistemicheGli effetti sistemici delle convulsioni prolungate con-
tribuiscono in modo signifi cativo alla morbilità e alla
mortalità dello SE(7).
La prevenzione, il riconoscimento precoce e il trat-
tamento specifi co delle complicanze sistemiche de-
vono avvenire contemporaneamente al trattamento
dello SE.
Le complicanze più frequenti e gravi sono: ipossia e
acidosi respiratoria, acidosi metabolica, ipoglicemia,
2. se è presente un accesso venoso si sommini-
stra Midazolam ev alla dose di 0,2 mg/Kg;
3. dopo 5 minuti, sempre se c’è persistenza della
crisi, seconda somministrazione di Midazolam
ev alla stessa posologia.
NOTA
- non somministrare più di 2 dosi di benzodiazepine
in totale.
- se il paziente ha meno di 2 aa somministrare Piri-
dossina: bolo da 200 mg (dopo le benzodiazepi-
ne le convulsioni piridossina dipendenti si risolvo-
no in 10-60 minuti).
Nel frattempo verranno eseguite le indagini emato-
chimiche urgenti contestualmente a quelle che sug-
gerirà l’anamnesi.
La ulteriore persistenza del quadro epilettico richie-
derà l’utilizzo di Levetiracetam ev alla posologia 30
mg/Kg (max 4 gg) in 15 minuti (è un farmaco che
si può somministrare in tempi brevi, non ha effetti
sedativi, non interferisce con l’emodinamica, non uti-
lizzabile nei nefropatici).
In accordo con il collega neurologo va attivata la re-
gistrazione EEG e programmata risonanza encefalo
(RM) in urgenza una volta stabilizzata la crisi.
L’utilizzo ulteriore di farmaci in caso di mancata rispo-
sta clinica deve tener conto di alcuni fattori limitanti:
a. patologie epatiche, renali, porfi ria;
b. aritmie (BAV II);
c. quadri vascolari gravi con grave ipoten-
sione;
d. quadri neurologici particolari: stato mioclo-
nico;
e. utilizzo di farmaci attivi sul citocromo P450
specie in pazienti già in terapia anticonvul-
siva (interferenza farmacologica).
Il paziente dal suo arrivo è totalmente monitorato e
tutti gli specialisti sono allertati, come il collega riani-
matore, o già presenti a fi anco del Pediatra d’Urgen-
za come il neurologo con cui si condividerà la scelta
farmacologica con cui procedere.
I farmaci da utilizzare sono:
• Fenitoina alla posologia di 15-20 mg/Kg (max
1 g) in 30 minuti
a. diluizione con fi siologica 10 mg/ml
– vena di grosso calibro (rischio fl ebite)
– monitoraggio ECG e PA
• Fenobarbitale: 20 mg/Kg (max 1 g) in 30 minuti
a. monitoraggio funzione respiratoria e PA
• Acido valproico 30 mg/Kg (max 1,5 g) in 15
minuti à1-2 mg/Kg/h (se indicato dall’evolu-
zione clinica)
a. no se patologia metabolica/epatopatia.
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Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza
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Trattamento farmacologico Dal 10 al 40% dei casi le convulsioni non sono con-
trollate da farmaci antiepilettici di primo e secondo
livello (SE refrattario)(10, 11). L’anestesia generale per-
mette una rapida soppressione del metabolismo ce-
rebrale e la prevenzione del danno neuronale.
La maggior parte dei protocolli indica una durata
del coma farmacologico di 24-48 ore(5, 12, 13) l’indu-
zione di burst suppression sembra essere correlata
ad un minor rischio di ricorrenza durante il weaning
ipertensione ed edema polmonare, ipertermia, alte-
razioni della coagulazione, squilibri idroelettrolitici,
rabdomiolisi, insuffi cienza renale, edema cerebrale e
disfunzione d’organo multipla.
Lo SE può indurre una condizione di edema del pa-
renchima cerebrale, ma non esistono studi dimo-
stranti l’utilità di una terapia antiedemigena (ad es.
mannitolo, salina ipertonica)(8, 9).
La curarizzazione è indicata in caso di ipertermia,
contrazioni tonico-cloniche prolungate, rabdomiolisi.
Tabella II. Farmaci stato epilettico
MIDAZOLAM BUCCALE (IPNOVEL)
Fiale da 5 mg/ml e 15 mg/3ml
Fiala da 5 mg in siringa da insulina (1ml): 0.5 ml (6-12 mesi) – 1 ml (1-4 anni)
Fiala da 15 mg in siringa da 5 ml senza diluire: 1.5 ml (5-9 anni) – 2 ml (> 10 anni)
0.5 mg/kg
MAX 10 mg
MIDAZOLAM BUCCALE (BUCCOLAM)
Siringhe preriempite 2,5 mg
Siringhe preriempite 5 mg
Siringhe preriempite 7.5 mg
Siringhe preriempite 10 mg
2.5 mg da 3 a 6 mesi contesto ospedaliero 2.5 mg da > 6 mesi a < 1 anno
5 mg da 1 anno a < 5 anni
7.5 mg da 5 anni a < 10 anni
10 mg da 10 anni a < 18 anni
0.5 mg/kg
MAX 10 mg
MIDAZOLAM ENDOVENOSO (IPNOVEL)
Fiale da 5 mg/ml e 15 mg/3 ml
Paz. < 10 kg Fiala da 5 mg a 10 ml di SF: 0.5 mg/ml
Paz. > 10 kg Fiala da 15 mg a 10 ml SF: 1.5 mg/ml
Somministrazione lenta, 1-2 minuti.
0.2 mg/kg
MAX 5 mg
LEVETIRACETAM (KEPPRA)
Fiale da 500 mg/5 ml
Non diluire. Somministrare a 5 mg/Kg/min.
Cautela se compromissione della funzione renale.
30 mg/kg
MAX 3 g
FENITOINA (AURANTIN)
Fiale da 250 mg/5 ml
Una fi ala a 50 ml SF: 5 mg/ml (non usare sol. con glucosio!)
Usare via di infusione indipendente (se possibile vaso di grosso calibro).
MAX 50 mg/min: se risoluzione, continuare infusione a 25 mg/min.
Monitorare ECG e pressione arteriosa.
Controindicazioni: stato mioclonico, patologia cardiovascolare, BAV II grado, ipotensione grave.
Cautela se insuffi cienza epatica o renale.
Controllo livello ematico 15 minuti dopo fi ne infusione (20-30 mcg/ml).
15 mg/kg
ACIDO VALPROICO (DEPAKIN)
Polvere e solvente da 400 mg/4 ml
Somministrare a 5 mg/kg/min.
Controindicazioni: patologie epatiche o metaboliche, coagulopatie.
Indicato se fenitoina e fenobarbitale sono controindicati (es. reazioni allergiche, progressive myoclonus epilepsy).
Aumentare dose ac. valproico a 40 mg/kg se altri farmaci induttori P450: carbamazepina, fenitoina, fenobarbitale, o se già in trattamento
con ac. valproico.
20 mg/kg
FENOBARBITALE
Fiale da 100 mg/ml.
Diluire 1:10 con acqua per soluzioni iniettabili
Somministrare a 2 mg/Kg/min. MAX 60 mg/min
Controindicazioni: ipersensibilità, porfi ria, grave insuffi cienza epatica.
20 mg/kg
MANTENIMENTO e LIVELLI EMATICI TARGET (controllo ogni 24-48 ore)
Fenitoina 6 mg/kg/die ev in 2 somm. (10-20 mcg/ml)
Acido valproico 20 mg/kg/die ev in 2 somm. (50-100 mcg/ml)
Levetiracetam 40 mg/kg/die ev in 2 somm.
Fenobarbitale 5 mg/kg/die ev in 2 somm. (30-40 mcg/ml)
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 23000 Simeup anno 8 num 1 indb 23 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
24 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA
Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza
ANNO 8 - numero 1
tinua di 0.2-2 mg/kg/h è effi cace per la risoluzione
dello stato di male refrattario nella maggior parte dei
bambini (71-100%). Gli effetti collaterali sono minimi
e la mortalità è inferiore rispetto agli altri farmaci uti-
lizzati per indurre il coma farmacologico, ma il rischio
di ricorrenza è elevato(11, 15, 20, 21).
I barbiturici come il tiopentale (bolo iniziale di 3-5
mg/kg, infusione di 1-5 mg/kg/h) dovrebbero assi-
curare la risoluzione dell’attività convulsiva clinica ed
elettroencefalografi ca (74-100% casi), con una inci-
farmacologico(12, 14). In ambito pediatrico le evidenze
cliniche o le linee guida al riguardo sono limitate(11, 15).
I farmaci comunemente utilizzati nel bambino e
nell’adulto con dose di induzione e infusione conti-
nua sono il tiopentone sodico, il midazolam e il pro-
pofol. Non sono disponibili trial clinici randomizzati
che supportino la scelta di una particolare strategia
farmacologica, ma solo studi retrospettivi e dati ane-
dottici(11-20). Il midazolam con un bolo iniziale di 0.1-0.5
mg/kg (massimo 10 mg) seguito dall’infusione con-
Tabella III. Interazioni farmacologiche
Figura 1. Algoritmo dello stato epilettico
MIDAZOLAM BUCCALE all’ingresso
Se accesso venoso presente all’ingresso
ABCOssigenazione,
protezione vie aeree,eventuale intubazione sostegno emodinamico
Sat O2
ECG dextrostickVena periferica
(quando possibileottenere secondoaccesso vesnoso)
Attivazione EEG
Attivazione RM urgente se primo
episodio di SE
Indagini:emogasanalisi
emocromocoagulazione
elettroliti, Ca, MgAST ALT GGT
CPK LDHbilirubinacreatininaazotemia
Livelli AEDsse in terapia
Se indicato:es. tossicologici
emocolturaliquor
Conservarecampione di sangue
(tappo rosso)
Se persiste
Se persiste
Se persiste
Dopo 5 minuti – appena disponibile accesso venoso MIDAZOLAM EV
Dopo 5 minuti ripetere dose MIDAZOLAM EV
Dopo 5 minuti LEVETIRACETAM EV
Se persiste
Dopo 10 minuti FENITOINA EV oppure
ACIDO VALPROICO EV (secondo indicazione del neurologo)
Se persiste
Dopo 5 minuti FENOBARBITALE EV
TRASFERIMENTO IN TERAPIA INTENSIVA
2 dosi totali ev dibenzodiazepine
compreso territorio
in età neonatale e fino a 1 anno di etàPIRIDOSSINA bolo 200 mg ev
Fenitoina/lidocaina: effetto proaritmico
Fenitoina/acido valproico: competizione con legame proteico
Acido valproico/fenitoina/barbiturici/carbamazepina/ketamina: induzione enzima P450
Nota: in pazienti in terapia con anticonvulsivanti
vedere programma individuale o consultare neurologo.
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 24000 Simeup anno 8 num 1 indb 24 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 25
Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza
ANNO 8 - numero 1
portate in letteratura e valutabili caso per caso sono
il topiramato, la ketamina, il valproato di sodio in infu-
sione continua, la lidocaina, l’ipotermia, il fenobarbi-
tale ad alte dosi, gli alogenati (isofl uorano), le terapie
immunomodulanti e la dieta chetogenica(11, 17, 23, 24).
Dopo la risoluzione dello SE è essenziale continuare
il monitoraggio EEG per 24 ore dopo la sospensione
dei farmaci sedativi per diagnosticare l’eventuale ri-
correnza dell’attività parossistica.
denza inferiore di breakthrough seizures e ricorrenza
durante il weaning rispetto al midazolam, ma sono
associati ad un rischio importante di instabilità emo-
dinamica(14, 15, 18).
L’utilizzo del propofol non è raccomandato nei bam-
bini per l’elevato rischio di “sindrome da infusione
di propofol” (i.e. rabdomiolisi, acidosi metabolica,
insuffi cienza renale, bradicardia refrattaria, arresto
cardiocircolatorio)(11, 22). Molte opzioni terapeutiche ri-
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26 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA
La pancreatite acuta in pediatria
T. Bellini, S. Vignola, P. GandulliaU.O.C Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, IRCCS G.Gaslini, Genova
ANNO 8 - numero 1
3,6 e 13,2 casi ogni 100.000 bambini ogni anno.
Studi epidemiologici italiani per la popolazione pe-
diatrica non sono disponibili, anche se è in corso la
raccolta dei casi di pancreatite nell’ambito di un re-
gistro coordinato dalla Società di Gastroenterologia,
Epatologia, Nutrizione Pediatrica (SIGENP) che nel
2009 ha pubblicato la Consensus sulle patologie in-
fi ammatorie pancreatiche acute e croniche(1).
DiagnosiPoiché non è possibile ottenere un campione biop-
tico del processo infi ammatorio pancreatico, la PA
è diagnosticata secondo criteri clinici, biochimici e
radiologici.
La defi nizione clinica accettata per la diagnosi di pan-
creatite acuta richiede la presenza simultanea di al-
meno 2 dei 3 criteri sotto riportati:
1. dolore addominale acuto, invalidante, costante in
sede epigastrica e sovra ombelicale;
2. aumento di amilasi o lipasi o di entrambi gli enzimi
di almeno 3 volte il limite di normalità;
3. evidenza di alterazioni del parenchima pancrea-
tico all’imaging.
Questi criteri, approvati nel 1992 in una Consensus
Conference ad Atlanta(2) e codifi cati per la popola-
zione adulta, sono stati applicati nella pratica clinica
pediatrica; tuttavia, è recente convinzione che variabili
come età, comorbidità e altri fattori condizionino la
presentazione clinica e le alterazioni biochimiche ed
ecografi che osservate in età pediatrica(1, 3, 4).
Defi nizioneLa pancreatite acuta (PA) è caratterizzata sul piano
clinico dal sintomo di dolore cui corrispondono all’i-
maging alterazioni del tessuto pancreatico e alla sie-
rologia un aumento degli enzimi pancreatici; il danno
istologico, nella maggior parte dei casi reversibile, è
contraddistinto dalla presenza di edema interstiziale
associato in grado variabile a necrosi tissutale, apop-
tosi ed emorragia. La pancreatite cronica si associa a
dolore di intensità variabile e a manifestazioni cliniche
correlate a una compromissione della capacità eso-
crina ed endocrina. La pancreatite è ricorrente quando
si manifesta due o più volte. Lo scopo di questa trat-
tazione è quello di fornire le conoscenze basilari per la
diagnosi e il trattamento della PA in pediatria.
FisiopatologiaIl processo fi siopatologico che determina la PA rimane
poco chiaro; attualmente è convinzione comune che,
nonostante l’eterogeneità etiologica, l’infi ammazione
sia conseguenza dell’attivazione di un comune mec-
canismo d’azione(5). Modelli sperimentali dimostrano
che uno o più insulti alla cellula acinare pancreatica
possono innescare segnali intracellulari Ca++-dipen-
denti, con attivazione intra-acinare delle proteasi e
produzione di citochine.
IncidenzaI più recenti studi riportano un’incidenza variabile tra
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 26000 Simeup anno 8 num 1 indb 26 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 27
La pancreatite acuta in pediatria
ANNO 8 - numero 1
aumento sierico delle amilasi, mentre un’esofagite
può innalzare i livelli di lipasi), altre sono condizioni be-
nigne senza alcun signifi cato clinico (macroenzimemie
per polimerizzazione dell’enzima con altre proteine,
in genere immunoglobuline, e ostacolo alla fi ltrazione
del glomerulo).
RadiologiaPoiché i criteri clinici e biochimici sono soggetti a li-
mitazioni come sopra riportato, l’imaging gioca un
ruolo fondamentale nella diagnosi della pancreatite
acuta anche e soprattutto in età pediatrica. L’eco-
grafi a addominale è il gold standard nella valutazione
del parenchima pancreatico ed è anche più sensibile
rispetto alla Tomografi a Computerizzata (TC) nella dia-
gnosi di pancreatite biliare(7); l’ecografi a inoltre per-
mette di differenziare la PA da altre cause di addome
acuto (intussuscezione, volvolo, appendicite che può
anche causare aumento non pancreatico di amilasi o
lipasi). I principali reperti ecotomografi ci sono rappre-
sentati da alterazioni a carico del parenchima pancre-
atico (iperecogenicità pancreatica, edema, necrosi)
e da raccolte fl uide peripancreatiche e pseudo cisti.
Tuttavia, molti studi riportano che solo il 30-50% dei
bambini sottoposti a ecografi a presentava evidenza
di pancreatite(5).
La TC non è generalmente indicata all’esordio, con-
siderando anche che la completa estensione della
necrosi pancreatica/peripancreatica può essere evi-
dente dopo 72h dall’esordio; la TC è utilizzata se la
diagnosi ecografi ca non è chiara o nel caso l’organo
non sia visualizzabile; nel follow-up di una PA può
essere necessario eseguirla(5, 8).
È consigliabile invece, nel bambino, eseguire la TC in
prima battuta nei seguenti casi(1, 9):
1. storia di grave trauma addominale;
2. stadiazione della pancreatite acuta severa;
3. determinazione e quantifi cazione delle compli-
canze.
Spesso le indagini biochimiche e radiologiche non
chiariscono l’eziologia della pancreatite, pertanto,
superata la fase acuta, è necessario sottoporre il pa-
ziente a indagini volte a escludere anomalie morfolo-
giche biliopancreatiche. Questi esami sono rappre-
sentati dalla colangio-pancreatografi a endoscopica
retrograda (CPRE) e dalla colangiopancreatografi a in
RM.
Stadiazione e classifi cazioneAl fi ne di uniformare il concetto di pancreatite se-
vera, sono stati recentemente revisionati i criteri di
Atlanta(11), che prevedono una classifi cazione in due
SintomatologiaIl dolore addominale è un criterio clinico per la defi ni-
zione diagnostica di PA, tuttavia esso può mancare in
un numero considerevole di pazienti ed è fortemente
infl uenzabile dall’età del paziente; nei bambini < 3 anni
d’età meno di un bambino su tre lamenta dolore ad-
dominale, al contrario possono presentare irritabilità
senza altri sintomi. La sede del dolore tipicamente è
epigastrica, ma raramente è presente irradiazione al
dorso. Il secondo sintomo più comune è la nausea
con o senza vomito (dal 40% all’80% dei casi), che
talvolta può essere biliare (20% dei casi). Altri sin-
tomi possono essere distensione addominale, ittero,
ascite, versamento pleurico; alla palpazione dell’ad-
dome può essere anche rivelata la presenza di massa
addominale (pseudocisti), seppur con incidenze va-
riabili a seconda dello studio in esame(5).
LaboratorioIl dosaggio di amilasi e lipasi viene eseguito per la dia-
gnosi e il monitoraggio del decorso della PA. Conven-
zionalmente, sono considerate indicative di PA valori
tre volte il limite della norma. Tuttavia, è necessario co-
noscere le variazioni in base all’età dei livelli sierologici
degli enzimi pancreatici nella popolazione pediatrica:
le isoamilasi pancreatiche sono relativamente basse
alla nascita e raggiungono i livelli rilevati nell’adulto a
10-15 anni di età; le lipasi invece raggiungono i valori
dell’adulto a un anno di età. Questo è stato rilevato
anche da recenti studi condotti su bambini < 2 anni
con PA, che presentavano valori patologici per lipasi
pressoché nel 100% dei casi, mentre presentavano
valori elevati di amilasi tra il 40% e il 60% a seconda
dello studio(3, 6). Inoltre, le amilasi e le lipasi hanno emi-
vita differente: per esempio, la sensibilità dell’amilasi
pancreatica tra il 2° e 4° giorno dall’inizio della sinto-
matologia dolorosa scende al di sotto del 30%, men-
tre la lipasi (e con essa l’elastasi, non comunemente
dosata) conservano una sensibilità > 80%; per que-
sto motivo in età pediatrica si raccomanda di dosare
entrambi gli enzimi(1, 4). Appare chiaro quindi che la
diagnosi di PA non dovrebbe dipendere da un valore
patologico, arbitrariamente assegnato a un aumento
di 3 o n volte degli enzimi, ma il valore dovrebbe es-
sere interpretato in base all’età e al tempo trascorso
dall’esordio del dolore.
È importante infi ne considerare nell’ambito della dia-
gnosi differenziale condizioni cliniche che possono
causare un aumento non pancreatitico di amilasi, di
lipasi, o di entrambe(5): alcune di queste sono condi-
zioni patologiche a carico di altri organi (un qualsiasi
interessamento a carico del polmone, delle ghiandole
salivari, dell’ovaio o della prostata può determinare
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 27000 Simeup anno 8 num 1 indb 27 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
28 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA
La pancreatite acuta in pediatria
ANNO 8 - numero 1
di calcoli biliari. In età pediatrica l’eziologia è molto
diversa; in base ai dati disponibili, le principali classi
di patologia che determinano pancreatite acuta in età
pediatrica sono le seguenti(5):
Patologia Biliare 10-30% Iatrogena < 25%
Idiopatica 13-34%Patologia Sistemica
33%
Trauma 10-40%Patologia Infettiva
< 10%
Patologia Metabolica 2-7%Pancreatite Ereditaria
5-8%
Nei lattanti e nei bambini < 2 anni l’eziologia è sovrap-
ponibile a quella per le altre classi d’età pediatrica(4, 6).
Patologia BiliareComprende sia la patologia ostruttiva (presenza di
calcolo o fango biliare) sia la patologia malformativa
(pancreas divisum 2,9%, disfunzione dello sfi ntere di
Oddi 1,4%, malformazioni della giunzione biliopancre-
atica, cisti del coledoco, malattia di Caroli). La mag-
gior parte delle linee guida raccomanda la rimozione
del calcolo biliare mediante CPRE se si ha persistenza
dell’occlusione per 2-3 giorni, o sviluppo di colangite,
o ancora peggioramento del quadro pancreatitico(1, 13,
14-16). In paziente con colelitiasi è indicata colecistec-
tomia, entro le due settimane e non oltre le 4(16, 17).
Pancreatite iatrogena farmaco-indotta.I principali farmaci responsabili di tossicità pancrea-
tica (seppur i meccanismi rimangano non chiari) sono:
acido valproico, L-asparaginasi, Prednisone, 6-mer-
captopurina(5). Altri farmaci per cui è stata segnalata
tossicità pancreatica sono: azatioprina, enalapril, eri-
tromicina, estrogeni, furosemide, metil-Dopa, pen-
tamidina, tetracicline, tiazide, sulindac, sulfonamidi,
propofol.
Patologia SistemicaLe principali patologie(20) più comunemente associate
a pancreatite acuta sono la sepsi, lo shock con o
senza sepsi, la sindrome emolitico-uremica, il lupus
eritematoso sistemico. Altre patologie o condizioni
cliniche per le quali è stata riportata la possibilità di
determinare un danno pancreatico, seppur in per-
centuale minore, sono l’ulcera peptica, la malattia
di Kawasaki, il morbo di Crohn, altre collagenopatie
o vasculiti (porpora di Schoenlein-Henoch, Panarte-
rite Nodosa), l’emocromatosi, il trapianto d’organo
(midollo osseo, fegato, cuore, polmone, farmaco-
indotta), le patologie neoplastiche (tumori cerebrali,
leucemia linfatica acuta, leucemia mieloide acuta) e
l’insuffi cienza renale.
categorie anatomo-patologiche e, in base alla severità
del quadro clinico, in tre gradi:
Pancreatite acuta con edema interstiziale: caratteriz-
zata da infi ammazione del parenchima pancreatico e
del tessuto peripancreatico, senza segni riconducibili
a necrosi tissutale.
Pancreatite acuta necrotizzante: caratterizzata dalla
presenza di necrosi del parenchima o del tessuto pe-
ripancreatico.
Pancreatite Acuta Lieve: caratterizzata dall’assenza di in-
suffi cienza d’organo e da complicanze sistemiche o locali.
Pancreatite Acuta Moderata: caratterizzata da transitoria
insuffi cienza d’organo (< 48h) e/o complicanze locali.
Pancreatite Acuta Severa: persistenza di insuffi cienza
d’organo che può coinvolgere uno o più organi. Tut-
tavia, gli score proposti nella letteratura dell’adulto,
che contengono indici predittivi multifattoriali (score
di Ranson, Glasgow, Balthazar, Atlanta), non risul-
tano applicabili in ambito pediatrico. Nel 2002 è stato
invece proposto il primo sistema a punti utilizzabile
in ambito pediatrico (< 16 anni), costruito retrospet-
tivamente selezionando i parametri che hanno signi-
fi cativamente permesso di distinguere una forma di
gravità media da una di gravità severa (un episodio
è stato considerato severo se soddisfatti retrospetti-
vamente i criteri di Atlanta). Il punteggio ≤ 2 indica il
ricovero nel reparto di degenza mentre il punteggio
≥ 3 richiede il ricovero in Terapia Intensiva. A 48h, se
lo score dovesse risultare ≤ 2, il paziente potrebbe
essere ritrasferito presso il reparto di degenza (Ta-bella I). La sensibilità di questo punteggio è risultata
essere migliore rispetto agli altri score disponibili con
un miglior valore predittivo negativo; tuttavia, questo
score non è stato validato da altri gruppi né da studi
prospettici.
EziologiaNell’adulto la maggior parte delle pancreatiti è de-
terminata dalla tossicità alcoolica o dalla presenza
Tabella I. Classifi cazione di gravità della pancreatite acuta secondo i criteri di De Banto
Punteggio Criterio
all’ammissione
Criterio a 48h
1 Età < 7 anni Calcio < 8.3 mg/dl (4.1 mEq/l)
2 Peso < 23 Kg Albumina < 2.6 g/dl
3 Globuli bianchi
> 18.500/mm3
Sequestro liquidi > 75 ml/
kg/48h
4 LDH > 2000 U/l Incremento Azotemia > 5 mg/dl
Criteri di De Banto et al.(12)
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 28000 Simeup anno 8 num 1 indb 28 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 29
La pancreatite acuta in pediatria
ANNO 8 - numero 1
Necrosi pancreatica: area necrotica diffusa o focale di
parenchima pancreatico, associata o meno a necrosi
del grasso peripancreatico.
Complicanze Sistemiche
Vascolari peripancreatiche: trombosi della vena
spancnica, pseudo aneurisma, emorragia gastroin-
testinale, sindrome compartimentale addominale.
Respiratorie: insuffi cienza respiratoria acuta, con SaO2
persistentemente < 90% con una PaO2 < 60 mmHg;
Renali: insuffi cienza renale acuta con creatinina sierica
> 2 mg/dl
Cardiache: scompenso cardiaco/shock con pres-
sione arteriosa sistolica < 90 mmHg
Emocoagulative: disordini coagulativi con piastrine
< 100.000/mm3 o fi brinogeno < 100 mg/dl
Disturbi metabolici: iperglicemia, ipocalcemia (< 1.87
mmol/l), iperlattacidemia (> 5 mmol/l)
TerapiaAl momento non sono disponibili linee guida codifi -
cate e approvate per l’età pediatrica.
Le seguenti indicazioni terapeutiche sono validate per
la popolazione adulta e ogni indicazione terapeutica
in ambito pediatrica non è evidence-based, ma solo
maturata dall’esperienza clinica degli autori e delle
società scientifi che(1).
MonitoraggioNelle prime ore dall’esordio della sintomatologia è
fondamentale il monitoraggio continuo delle seguenti
funzioni vitali del paziente(22):
1. Frequenza Respiratoria (FR) e Saturazione per-
cutanea O2; l’ipossia può essere causata da
atelettasia, pneumotorace, versamenti pleurici,
shunt intrapolmonari, sindrome da distress re-
spiratorio;
2. Pressione Arteriosa, Frequenza Cardiaca (FC);
3. Bilancio di urine e liquidi(8);
4. Glicemia e Glicosuria; la glicemia dovrebbe es-
sere controllata ogni ora nei pazienti con pan-
creatite severa e con evidenza di iperglicemia
(> 180-200 mg/dl), per il rischio aumentato di
infezioni. L’iperglicemia può essere causata da
sovraccarico di glucosio durante la nutrizione
parenterale, ridotta produzione di insulina, au-
mentata gluconeogenesi e ridotto utilizzo del
glucosio;
5. Controllo seriato di emoglobina (Hb), ematocrito
(Htc), ionogramma (con Mg), albumina, indici di
funzionalità epatobiliare e renale, coagulazione;
Gli ioni dovrebbero essere controllati frequentemente
per rischio di ipocalcemia e ipomagnesemia;
Patologia TraumaticaÈ opportuno considerare in questa categoria anche i
maltrattamenti oltre al trauma accidentale (per esem-
pio da manubrio di bicicletta).
Patologia InfettivaÈ diffi cile determinare quando vi sia una relazione
causale tra infezione e pancreatite(5, 20); i principali pa-
togeni associati a pancreatite sono i seguenti: virus
della parotite, HAV, HBV, HCV, rotavirus, HEV, CMV,
varicella, mycoplasma pneumoniae, moraxella ca-
tarrhalis, adenovirus, coxsackie (B4), virus infl uenza
A e B, rosolia, ascaridiasi.
Patologia MetabolicaLe principali patologie di origine metaboliche che
possono causare pancreatite sono la chetoacidosi
diabetica, la s. da rialimentazione, le displipidemie,
l’ipercalcemia, le organicoacidurie e la metilmaloni-
coacidemia(1). I pazienti con pancreatite causata da
patologia metabolica, più frequentemente rispetto ad
altre classi vanno incontro a pancreatite ricorrente(6, 20).
Patologia EreditariaAttualmente sono tre i geni identifi cati come respon-
sabili di pancreatite ereditaria(1, 5):
PRSS1, con trasmissione autosomica dominante,
codifi cante per il tripsinogeno cationico presente nel
succo pancreatico;
SPINK1, con trasmissione autosomica dominante,
codifi cante per l’inibitore delle secrezione di tripsina;
CFTR, gene resposabile della Fibrosi Cistica tra-
smesso con modalità autosomica recessiva, che
diluisce ed alcalinizza la secrezione pancreatica im-
pedendone l’ostruzione.
ComplicanzeI criteri di Atlanta(2) forniscono una classifi cazione per
quello che riguarda le complicanze di una pancreatite
acuta nella popolazione adulta(22), le quali si dividono
in complicanze locali e sistemiche:
Complicanze locali
Raccolta fl uida acuta, peripancreatica: si forma rapi-
damente, nelle prime fasi del processo infi ammatorio,
e manca di una capsula fi brosa;
Pseudocisti pancreatica: si forma tardivamente (in
media 4 settimane dopo l’esordio) ed è dotata di
capsula fi brosa;
Ascessi pancreatici e sovrainfezione: si tratta di un’in-
fezione del tessuto pancreatico infi ammatico/necro-
tico, con possibile raccolta localizzata di materiale
purulento;
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30 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA
La pancreatite acuta in pediatria
ANNO 8 - numero 1
senti dati che dimostrano come il Gabesato Mesilato
riduca signifi cativamente l’incidenza di complicanze
che portano all’intervento chirurgico(26), la mortalità
nelle forme moderate-severe(27). Controversi e discor-
danti sono anche i dati sull’utilizzo di Octreotide.
IdratazioneNelle prime 48h è consigliabile mantenere un’idra-
tazione di mantenimento con soluzione elettrolitica
bilanciata, isosmolare, o Ringer Lattato e monitorare
la diuresi e i parametri vitali. Nel caso di emocon-
centrazione, il rischio di sviluppare una pancreatite
necrotizzante aumenta(31), mentre una correzione della
volemia nelle prime fasi della PA migliora mortalità e
morbilità(8, 32-34). Dopo le 48h, in base alle condizioni
cliniche del bambino, bisogna valutare se sospendere
la fl uidoterapia in favore di un’alimentazione o di un
supplemento nutrizionale artifi ciale. In caso di ipercal-
cemia non utilizzare il Ringer Lattato.
Terapia AntalgicaLa terapia antalgica è fondamentale per la prognosi
in quanto il dolore induce aumento del consumo di
O2, del catabolismo e dell’instabilità cardiocircolatoria
Dolore lieve:
1° Scelta PARACETAMOLO e.v. 15 mg/kg x 4/die (7,5
mg/kg x 4/die se < 10 Kg o < 6 mesi)
Non utilizzare in caso di interessamento epa-
tico (ipertransaminemiia e/o iperbilirubinemia)
per rischio di sovradosaggio relativo.
2° Scelta METAMIZOLO e.v. 20-30 mg/kg fi no a 4 volte/
die (non utilizzare sotto ai 4 mesi)
Dolore moderato:
1° Scelta TRAMADOLO e.v. 1.5 mg/kg x 4 volte/die
(infusione lenta in 20’), oppure
0,1-0.25 mg/kg/h in infusione continua (utiliz-
zare con cautela nei bambini < 1 anno
Non superare i 100 mg/bolo e i 6 mg/kg/die)
2° Scelta Associazione di TRAMADOLO (risparmio di
oppioidi) con: METAMIZOLO oppure
KETOROLAC 0.5 mg/kg x 3 volte/die (non più
di 3 giorni)
Dolore grave (o non responsivo a TRAMADOLO):
1° Scelta MEPERIDINA 0.8-1 mg/kg ogni 2-3 ore.
È stato dimostrato che ha meno effetto sullo
sfi ntere di Oddi rispetto alla Morfi na, anche
se non ci sono evidenze che la morfi na possa
aggravare pancreatite o colecistite(35).
2° Scelta MORFINA bolo: 0.1 mg/kg ogni 4 ore, oppure
infusione continua 0.03 mg/kg/h
Supporto nutrizionale.
Il supporto nutrizionale (alimentazione orale, nutrizione
parenterale e nutrizione enterale) si può applicare in
base alla gravità clinica del quadro:
• Pancreatiti severe: supporto nutrizionale artifi ciale
con la nutrizione enterale o parenterale;
• Pancreatiti lievi moderate; non esiste accordo una-
nime sui criteri per la ripresa dell’alimentazione; il
criterio più accettato è rappresentato dalla scom-
parsa di dolore, vomito e ileo paralitico(8), unita-
mente a un valore di amilasi < 500 U/l.
Recentemente, è stato dimostrato che una nutrizione
mediante sondino naso-digiunale produce uno stimolo
minimo alla secrezione pancreatica esocrina(15, 17),
riduce signifi cativamente la mortalità, il rischio di in-
suffi cienza multiorgano, le infezioni sistemiche e la
necessità di chirurgia(22).
AntibioticiIn letteratura non sono presenti studi randomizzati
multicentrici sull’utilizzo di antibiotici in corso di PA
nella popolazione pediatrica; nella popolazione adulta
emerge un’evidenza conclusiva sull’utilizzo di antibio-
tici che sembrano ridurre il rischio di infezione locale e
sistemica, considerato che 1/3 delle necrosi si infetta
e che 1/5 delle PA sviluppa un’infezione extrapancre-
atica (polmone, tratto urinario)(15, 25). Il 75% delle infe-
zioni è monomicrobica con organismi di derivazione
viscerale (Kleibsiella, Pseudomonas, Enterococco);
la scelta dell’antibiotico dovrebbe quindi ricadere,
empiricamente, su antibiotici attivi su questi agenti
microbici.
Piperacillina/Tazobactam e.v. 100 mg/kg ogni 8h
(max 4 g/dose);
Ciprofl oxacina e.v. 15 mg/kg ogni 12h (max 400
mg/dose);
Meropenem 20 mg/kg ogni 8h (max 1 g/dose);
Nelle forme gravi è consigliabile inserire anche:
Metronidazolo 10 mg/kg ogni 8h (max 500 mg/
dose).
Le infezioni fungine sono infrequenti, complicando
circa il 9% delle necrosi pancreatiche. Se c’è evidenza
di infezione, è consigliato il trattamento con Flucona-zolo(22) al dosaggio di 6-12 mg/kg/die.
Antiproteasici/AntisecretoriNon esistono revisioni sistematiche né tantomeno
studi multicentrici randomizzati in letteratura sull’u-
tilizzo di queste classi di farmaci in età pediatrica,
ma solamente case reports, peraltro in pazienti con
condizioni cliniche particolari(29, 30); non esistono quindi
studi di qualità suffi ciente per ricavare evidenze appli-
cabili in campo clinico. Nell’adulto, invece, sono pre-
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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 31
La pancreatite acuta in pediatria
ANNO 8 - numero 1
sentinella). In caso di pancreas non visualizzato
all’ecotomografi a, o dubbi diagnostici, o eziologia
traumatica, effettuare TC addome superiore con
mezzo di contrasto.
3. Digiuno assoluto per le prime 48h, quindi possi-
bilità di riavviare l’alimentazione per via orale/en-
terale in caso di paziente asintomatico ed amilasi
< 500 U/l.
4. Posizionamento di due accessi venosi stabili.
5. Protezione gastrica con Inibitore di Pompa Pro-
tonica con Omeprazolo 1 mg/kg/die.
6. Se c’è presenza di vomito, mantenere Sondino
Naso Gastrico e somministrare Ondasetrion alla
dose di 0.2 mg/kg/dose, ripetibile ogni 8h.
7. Valutare in base alle condizioni cliniche, biochimi-
che e radiologiche l’eventuale terapia antibiotica.
8. Con un quadro di pancreatite di grado moderato-
severo, è auspicabile effettuare un tentativo con
farmaci antiproteasici ed antisecretori, sebbene
non ci siano suffi cienti dati per supportare questa
scelta:
• Octreotide e.v. su vena dedicata: bolo in
un’ora di 2 μg/kg; successivamente drip in
infusione continua 1 μ/kg/h (che può essere
aumentato a 2);
• Gabesato mesilato e.v. su vena dedicata:
sono fl da 100 mg da ricostituire con solvente
annesso; dopo ricostituzione diluire il tutto in
170 ml di SG 5% ed infondere in drip in infu-
sione continua. Non esiste accordo su dose
pediatrica; nell’adulto si somministrano fi no a
900 mg/die; in un bambino di 20 kg è consi-
gliabile somministrare 100 mg x 3 (1fl ogni 8h in
infusione continua). Per pesi intermedi regolarsi
in maniera proporzionale in quanto non è noto
il dosaggio. Effetti collaterali possibili: fl ebiti,
shock, ipotensione.
Terapia Endoscopica e ChirurgicaEsiste un consensus generale sull’importanza di ef-
fettuare una CPRE nella pancreatite biliare(36): l’esecu-
zione precoce (entro 72h) con rimozione del calcolo
riduce in modo signifi cativo le complicanze(37,38).
La chirurgia della pancreatite, sempre meno necessa-
ria, è indicata nel drenaggio che può essere chirurgico
o TC-guidato, in caso di versamento peripancreatico.
Discussione e Proposta di Protocollo Diagnos-tico-TerapeuticoIn base a queste poche evidenze scientifi che, talvolta
contrastanti, e con le scarse scelte terapeutiche a
disposizione, gli autori propongono, sulla base della
loro esperienza clinica, un protocollo diagnostico-te-
rapeutico per la gestione della PA nella popolazione
pediatrica.
1. Esecuzione esami ematici: esame emocromoci-
tometrico, VES, PCR, glicemia, azotemia, creati-
nine mia, ionogramma compresso P, ph Venoso,
albumina, proteine totali, elettroforesi delle siero
proteine, AST, ALT, gGT, bilirubina totale e frazio-
nata, fosfatasi alcalina, amilasi, lipasi, triglie ridi,
PT, PTT, fi brinogeno, antitrombina III, CK, LDH,
esame urine.
2. Valutazione radiologica di 1° livello con esecu-
zione di Eco Addome (per ricerca di dilatazione
del coledoco, calcolosi o sabbia delle vie biliari,
dilatazione-calcolosi del Wirsung, calcifi cazioni del
pancreas, edema o zone emorragico-necrotiche
del pancreas, cisti pancreatiche, versamenti pe-
ritoneali o peripancreatici), Rx torace (per esclu-
sione di versamenti pleurici), Rx Addome a vuoto
(per ricerca di immagini radio-opache da calcoli
vie biliari o pancreatiche, livelli idro-aerei, anse
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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 33
Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome
(FPIES): una nuova sfi da per il pediatra di Pronto
Soccorso
G. Monti1, E. Castagno2, M. Lupica3, V. Tarasco4, S. Viola1, A. Urbino2
1 Servizio di Allergologia, Dipartimento di Scienze Pediatriche e dell’Adolescenza, Università degli Studi di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino
2 A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino3 ASL TO3, Ospedale degli Infermi di Rivoli, S.C. Pediatria, Rivoli (TO)4 ASL AT, Ospedale Cardinal Massaia, S.C. Pediatria, Asti
CASE REPORT
ANNO 8 - numero 1
dosi metabolica (pH 7,1; BE -18) e leucocitosi neutro-
fi la (GB 34.750, neutrofi li 23.520); elettroliti, glicemia,
prove emogeniche, funzionalità epatica e renale ed
esame delle urine: tutti nella norma. Ecografi a dell’ad-
dome negativa; eseguiti coprocoltura, urocoltura ed
emocoltura (in seguito risultati tutti negativi).
N. è trattato con boli di soluzione fi siologica e.v. e te-
rapia con ceftriaxone con miglioramento clinico dopo
alcune ore, e dopo la stabilizzazione viene ricoverato.
Nel corso del ricovero, emocromo ed EGA si norma-
lizzano. N. è dimesso in nona giornata con l’indica-
zione a proseguire per qualche giorno la dieta con
formula delattosata iniziata in reparto, addizionandola
a domicilio con crema di riso. A casa ne assume po-
chi ml, poi la rifi uta e a distanza di circa 2 ore presenta
un vomito e 3 evacuazioni diarroiche ed è ricondotto
in PS.
All’ingresso appare un poco abbattuto; FC 155 bpm,
SatO2 97% in aa; lieve acidosi metabolica com-
pensata all’EGA. È dimesso dal PS con diagnosi di
“lieve recidiva di gastroenterite acuta” e prescrizione
di soluzione reidratante orale, oltre all’indicazione a
proseguire con la formula delattosata con la crema
di riso, che però la madre non aggiunge nel dubbio
che il latte così addizionato risulti meno digeribile. Nei
giorni successivi è reintrodotta la formula abituale ed
è ripreso lo svezzamento.
Dopo circa 1 ora dal pasto, di cui N. assume pochi
cucchiaini, compaiono vomito profuso per 1 ora e
mezza, pallore intenso e persistente, iporeattività e
letargia, pertanto il bambino è nuovamente condotto
in PS.
IntroduzioneI bambini condotti in Pronto Soccorso (PS) per vomito
ripetuto, eventualmente associato a diarrea, possono
rappresentare una sfi da per il pediatra urgentista, in
particolare se le condizioni generali sono scadenti
e vi sono segni di shock: le diagnosi differenziali da
prendere in considerazione sono numerose e tra di
esse, recentemente, sta assumendo sempre mag-
gior rilievo anche la forma acuta della Food Protein-
Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES). La FPIES è
una forma emergente di allergia ad alimenti non-IgE
mediata responsabile di quadri clinici anche molto
severi, ben nota in ambito allergologico ma ancora
poco considerata dal pediatra di PS.
Riportiamo due casi a diversa presentazione, il primo
nella sua manifestazione acuta severa “classica” e il
secondo a espressione clinica di minor gravità, en-
trambi riconosciuti dopo multipli episodi acuti e diversi
accessi in PS.
Caso 1N., maschio sano italiano, 7 mesi, nutrito con latte for-
mulato esclusivo dalla nascita, condotto in PS per un
abbondante vomito a getto, coliche intense e diarrea
(due evacuazioni) seguite da pallore intenso e letargia,
a distanza di circa 3 ore dall’introduzione del primo
pasto di svezzamento (di cui peraltro aveva assunto
pochi cucchiaini).
All’ingresso in PS: shock ipovolemico con intenso
pallore e letargia, FC 220 bpm, FR 60 atti/min, SatO2
95% in aa, temperatura 35 °C. Agli ematochimici: aci-
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34 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA
Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfi da per il pediatra di Pronto Soccorso
ANNO 8 - numero 1
parenterale. Altri sette episodi analoghi si ripetono
con cadenza mensile, con numerosi accessi in diversi
PS. In più occasioni vengono eseguiti esami delle feci
(ricerca del sangue occulto, coprocoltura, ricerca di
Rotavirus e Adenovirus ed esame parassitologico),
sempre negativi.
In occasione dell’ultimo accesso in PS, un’anamnesi
personale accurata evidenzia che il primo episodio
si era verifi cato 2 ore dopo la prima introduzione di-
retta di proteine del latte vaccino (PLV) nella dieta
sotto forma di Parmigiano e che i successivi episodi
erano sempre comparsi a distanza di 2-3 ore dall’as-
sunzione di latte o derivati, ogni qualvolta la madre
provava a reintrodurli nella dieta a distanza dall’epi-
sodio di “gastroenterite”; pertanto è posto il sospetto
di allergia alle PLV.
I PBP e le sIgE per PLV sono negativi, ma il TPO è po-
sitivo, con comparsa di vomito ripetuto, diarrea e lieve
iporeattività a distanza di 2 ore e mezza dall’assun-
zione dell’ultima dose di latte. Gli esami ematochimici
mostrano acidosi metabolica con iponatremia, leuco-
citosi neutrofi la e piastrinosi. Viene pertanto posta la
diagnosi di FPIES da PLV.
DiscussioneLa FPIES è una forma di allergia alimentare non IgE-
mediata, responsabile di quadri clinici anche molto
severi, che esordisce generalmente nel primo anno di
vita (anche se è possibile l’esordio nelle età succes-
sive) e la cui diagnosi è spesso posta con notevole
ritardo, sia perché poco conosciuta, sia perché pone
problemi di diagnosi differenziale con altre patologie
(allergiche e non), tipiche di questa fascia d’età(1-5).
Le forme di FPIES di maggior interesse per l’urgen-
tista pediatrico sono quelle a esordio acuto (75%).
In particolare, la forma acuta neonatale può mimare
sepsi, NEC, malattia di Hirschprung; la forma acuta
del lattante entra in diagnosi differenziale con l’anafi -
lassi, con i vari tipi di shock e con patologie chirurgi-
che, quali volvolo e invaginazione intestinale. Le forme
acute di minor gravità sono spesso interpretate come
gastroenteriti di origine infettiva (Tabella I). I sintomi acuti compaiono in media dopo 1-3 ore
dall’assunzione dell’alimento trigger e l’esordio av-
viene generalmente alla prima o alla seconda intro-
duzione diretta dell’alimento nella dieta.
I sintomi dominanti nelle forme acute più gravi sono
il vomito ripetuto e profuso, cui si associano pallore
cutaneo intenso e persistente, ipotonia e letargia, e
talora ipotermia (25%), ipotensione (15%) e shock.
La diarrea è incostante. Nel neonato prevalgono la
diarrea ematica, la letargia e la distensione addomi-
All’ingresso: condizioni generali discrete, lieve ipo-
reattività, pallore, temperatura 36 °C, FC 158 bpm,
addome trattabile, appena dolorabile alla palpazione
profonda, mucose appena asciutte. SatO2 98% in aa.
Agli ematochimici: acidosi metabolica compensata
(pH 7,4; EB -8), emocromo, elettroliti, funzionalità epa-
tica e renale, glicemia, lattato e ammoniemia tutti nella
norma. Si intraprende idratazione e.v. con pronto mi-
glioramento, quindi N. viene ricoverato con diagnosi
di gastroenterite con disidratazione e dieta con una
formula delattosata con aggiunta di crema di riso.
Al raccordo anamnestico emerge, tuttavia, che tutti
gli episodi sembrano correlati all’introduzione nella
dieta di alimenti diversi dal latte formulato (con o
senza lattosio), che è stato sempre assunto e tollerato
anche nell’intervallo tra gli episodi acuti, e nel dubbio
di allergia alimentare viene richiesta una consulenza
allergologica e somministrato il solo latte delattosato.
I prick-by-prick (PBP) e le sIgE per riso (presente nel
secondo pasto trigger) e per tutti gli alimenti conte-
nuti nei due pasti di divezzamento (patata, carota,
pollo, agnello), sono negativi. I test di provocazione
orale (TPO) eseguiti separatamente per ogni alimento
risultano tutti negativi tranne per il riso, la cui assun-
zione causa vomito a getto, pianto acuto, indi ridotta
reattività e intenso pallore in presenza di acidosi me-
tabolica (pH 7,25; BE -8), leucocitosi neutrofi la e lieve
piastrinosi; elettroliti, glicemia, coagulazione, funzio-
nalità epatica e renale tutti nella norma.
Sono somministrati cortisonico e soluzione fi siologica
e.v., con risoluzione della reazione dopo circa 1 ora.
Viene pertanto posta diagnosi di FPIES da riso.
Caso 2 W., maschio sano marocchino, 7 mesi, allattato al
seno e svezzato a 5 mesi e mezzo, condotto in PS
per vomito profuso, diarrea e iporeattività in apires-
sia. Posta la diagnosi di disidratazione in corso di
gastroenterite acuta, W. viene reidratato con solu-
zione fi siologica e.v., con rapido e progressivo mi-
glioramento delle condizioni generali. Tre ore dopo
l’arrivo in PS, si alimenta al seno senza vomitare ed è
dimesso in benessere dopo 48 ore. Due giorni dopo
le dimissioni, ritorna in PS per analoga sintomatologia,
è nuovamente idratato per via parenterale, con rapido
miglioramento delle condizioni generali, e dimesso
con diagnosi di gastroenterite acuta, terapia con pro-
biotici e dieta povera di grassi.
Due mesi dopo, W. giunge per la terza volta in PS
per vomito profuso, diarrea e iporeattività insorti al
ritorno da un soggiorno in Marocco, con risoluzione
della sintomatologia dopo poche ore di reidratazione
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 34000 Simeup anno 8 num 1 indb 34 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 35
Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfi da per il pediatra di Pronto Soccorso
ANNO 8 - numero 1
secondo episodio, mentre in 33/36 (91,67%) il so-
spetto diagnostico di FPIES è stato posto in PS oltre
il quinto episodio.
Le altre diagnosi poste in precedenza sono state di
gastroenterite acuta (16/36), allergia alimentare (9/36),
NEC (3/36), sepsi (1/36), lipotimia (1/36), inalazione
(1/36), subocclusione (1/36), GERD (1/36). In altri sei
casi un paziente con FPIES nota è giunto in PS per
reazione a un nuovo alimento trigger e la diagnosi è
stata posta al primo episodio in 4/6 (66,67%).
ConclusioniI pediatri urgentisti devono includere la FPIES nella
diagnosi differenziale del lattante con vomito acuto
e/o shock, per ridurre il ritardo diagnostico e il rischio
di riesposizione all’alimento-trigger con reazioni pro-
gressivamente più gravi.
La terapia della forma acuta consiste nella rapida rei-
dratazione parenterale.
nale con possibile presenza di gas intramurale all’Rx
addome. Possono essere presenti acidosi metabo-
lica con metaemoglobinemia transitoria, piastrinosi e
leucocitosi neutrofi la, talora iponatriemia(1).
La terapia di primo livello è quella dello shock e con-
siste nella rapida somministrazione di boli di soluzione
fi siologica di 20 ml/kg. Adrenalina e corticosteroidi
non sono controindicati, tuttavia non sembra che
la loro somministrazione infl uenzi signifi cativamente
l’outcome del paziente(6).
Mancano sempre i sintomi cutanei e respiratori acuti
tipici delle forme IgE-mediate e caratteristicamente vi
è rapida restitutio ad integrum a poche ore dall’esor-
dio, qualora sia rimosso l’alimento trigger e sia prati-
cata la terapia reidratante.
È descritta anche una forma cronica, caratterizzata
da vomito intermittente, diarrea mucoematica con
distensione dell’addome e scarso accrescimento,
accompagnati nei casi più severi da letargia e disidra-
tazione fi no allo shock. Qualora l’alimento sospettato
sia eliminato dalla dieta e poi reintrodotto a breve di-
stanza di tempo, si manifestano sempre sintomi acuti
(acute-on-chronic form).
L’eziopatogenesi non è completamente chiarita, ma
sembra coinvolta la produzione a livello intestinale di
citochine proinfi ammatorie da parte di cloni T linfoci-
tari allergene-specifi ci stimolati da proteine alimen-
tari(3). I test allergologici specifi ci sono classicamente
negativi(7), ma sono segnalate forme atipiche IgE-
positive; il TPO può essere utilizzato per la conferma
diagnostica(8, 9).
Gli allergeni più frequentemente implicati sono il latte
vaccino e la soia(4) oltre a una serie sempre più ampia
di alimenti solidi(6-10), tra cui il riso, spesso responsabile
delle reazioni più gravi, per dosi-soglia di alimento an-
che molto basse(10, 11). Gli altri cibi solidi più spesso im-
plicati sono pesce, pollame, legumi e cereali (avena,
frumento, orzo, mais); alcuni pazienti possono reagire
a più di un alimento(6, 7, 11).
È importante che i pediatri di PS conoscano la FPIES
per non tardare il corretto inquadramento del paziente
ed evitare di sottoporlo a terapie o manovre inutil-
mente invasive. In uno studio australiano, su 35 bam-
bini che avevano sperimentato 66 episodi di FPIES,
soltanto in 2/19 dei casi che erano giunti in PS la
diagnosi alla dimissione era corretta; nel 34% di essi
furono eseguite indagini radiologiche addominali, nel
22% fu richiesta una consulenza chirurgica e nel 28%
furono eseguite indagini volte ad escludere la sepsi(5).
Dei 141 episodi di FPIES in 42 pazienti della nostra ca-
sistica, 36 (25,5%) hanno avuto un accesso in PS. Su
questi è stata posta la diagnosi di FPIES solo in 2/36
dei casi (5,5%) al primo episodio e in 1/36 (2,78%) al
Tabella I. Principali patologie con cui la forma acuta di FPIES può essere posta in diagnosi differenziale
Gastroenterite virale
Tossinfezioni alimentari
Sepsi
Anafi lassi
Difetti congeniti del metabolismo
Metemoglobinemia congenita
Disturbi cardiologici e neurologici
Malattia da refl usso gastroesofageo
Enterocolite necrotizzante (NEC)
Proctocolite
Enteropatia indotta da proteine alimentari
Gastroenteropatie eosinofi le
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 35000 Simeup anno 8 num 1 indb 35 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
36 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA
Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfi da per il pediatra di Pronto Soccorso
ANNO 8 - numero 1
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review of management. Ann Allergy Asthma Immunol
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Bibliografi a essenzialeBibliografi a essenziale
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 36000 Simeup anno 8 num 1 indb 36 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 37
Vademecum del chirurgo SIMEUP
Le suture base
ANNO 8 - numero 1
S. Norbedo1, M.G. Scarpa2, M. Gasperini3
1Pediatra, Pronto Soccorso IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste2Chirurgo pediatra, IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste3OSS Pronto Soccorso, IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste
SCHEDE D’URGENZA
Nel caso in cui una ferita si caratterizzi per dei margini
cutanei irregolari come nel caso di ferite lacero-con-
tuse, è necessario effettuare una revisione chirurgica
dei margini al fi ne di poter effettuare un preciso acco-
stamento degli stessi ed eliminare tessuto necrotico
o devitalizzato. Il rischio è quello di avere una non
corretta guarigione della ferita soprattutto in termini
estetici.
Il doloreIn caso di dolore riferito pari o superiore a sei al tria-
ge e/o in caso di ferita profonda ed estesa, è neces-
sario somministrare un antidolorifi co per os al fi ne di
ridurre non solo il dolore ma anche l’agitazione del
bambino e quindi renderlo più compliante.
La compliance di genitori e bambini durante l’ese-
cuzione della sutura diventa rilevante ai fi ni della
corretta esecuzione della stessa per cui, in alcuni
casi, è possibile associare un ansiolitico (quale ad
esempio il midazolam per via endonasale a 0,2-0,8
mg/kg oppure il protossido d’azoto al 50%). Il dolore
da sutura può essere ridotto con l’iniezione topica
di una caina quale la carbocaina o l’applicazione di
gel anestetici.
• L’iniezione in sé è chiaramente dolorosa e l’a-
nestetico determina bruciore locale iniziale ma,
per contro, è decisamente rapida. L’anestetico
solitamente viene iniettato uscendo con l’ago
dalla ferita. Il bruciore può essere ridotto sia
premendo con un dito sulla zona di iniezione
Trattamento delle feriteIl trattamento delle ferite prevede vari step che si sud-
dividono in una valutazione iniziale della ferita, nel trat-
tamento del dolore causato dalla ferita e dalla sutura.
Valutazione della feritaPer valutare correttamente una ferita è necessario:
• lavare abbondantemente la ferita con disinfet-
tante (es. clorexidina per le ferite del cavo orale)
evitando il betadine o l’acqua ossigenata poi-
ché lesiva per i tessuti;
• esplorare la ferita escludendo l’interessamento
di strutture quali tendini, nervi o vasi. Nel caso
in cui queste lesioni siano presenti, chiamare
lo specialista;
• valutare la profondità della ferita, la regolarità
dei margini e l’eventuale perdita di sostanza;
• escludere la presenza di corpi estranei interni
alla ferita (ad esempio frammenti di cemento
nelle cadute sull’asfalto o di parti di vetro) e la-
vare abbondantemente irrigando con soluzione
fi siologica.
La ferita da morso va esplorata con attenzione ed
è per defi nizione una ferita sporca, soprattutto se
morso umano.
Generalmente questa tipologia di ferita non dovrebbe
essere suturata, né trattata con colla. Nei casi in cui
sia estesa o in sedi in cui la guarigione per seconda
intenzione sarebbe poco estetica, si consiglia di ap-
plicare punti staccati.
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 37000 Simeup anno 8 num 1 indb 37 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
38 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1
Vademecum del chirurgo SIMEUP
Coda: tutti i fi li di sutura utilizzati in PS posseggono il
fi lo in continuità con la coda dell’ago. Questo tipo di
ago viene defi nito atraumatico.
2. Filo di sutura
I fi li di sutura solitamente utilizzati in chirurgia si dif-
ferenziano in fi li riassorbibili e fi li non riassorbibili, a
monofi lamento od intrecciati. La scelta del fi lo dovrà
essere eseguita in base alla sede della ferita (volto od
altro distretto, in sedi di trazione o meno ecc.) ed alla
necessità di eseguire dei punti esterni o interni. In se-
guito verranno elencati i fi li più comuni in commercio
e di alcuni le caratteristiche proprie.
Fili riassorbibili monofi lamento:
1. Poliglecaprone (Monocryl®)
2. Polidiossanone (PDS®)
3. Poligliconato (Maxon®)
• Monocryl®: il poliglecaprone è un monofi la-
mento riassorbibile usato per suturare la cute.
Si caratterizza per un rapido assorbimento,
ridotta capillarità e reattività ed ottima tenuta
iniziale del nodo (a distanza la tenuta non è ot-
timale, 30% a 14 gg). Il tempo di assorbimento
del fi lo è tra i 90 e i 120 gg.
Gli altri due fi li riassorbibili monofi lamento indicati
sono utilizzati solitamente per le suture profonde o
del sottocute e hanno caratteristica di lunga tenuta,
lento riassorbimento ma minor maneggevolezza e
non sono indicati per suture superfi ciali. I fi li riassor-
bibili a fi lo intrecciato più comunemente usati sono:
1. Poliglactina 910 (Vicryl®) - (Caprosyn®)
2. Lactomero (Polisorb®)
• Vicryl®: è un fi lo di origine sintetica solitamente
utilizzato per suturare il sottocute o le mucose
(ad es. l’interno delle labbra e la bocca) e per
le suture profonde grazie alla sua buona resi-
stenza tensile; ha una buona tenuta pari a circa
32 gg e tempo di riassorbimento di 50-70 gg.
Il Vicryl® esiste anche nella forma Rapid che si
caratterizza per una tenuta più breve (14 gg) ed
un tempo di assorbimento di 50 gg.
Tra i fi li non riassorbibili possiamo scegliere tra quelli
sintetici e quelli meno utilizzati di origine naturale e
nuovamente tra mono e polifi lamenti:
Fili intrecciati
1. Seta
2. Lino
3. Mersilene o Dacron
4. Goretex
seguendo l’ago in direzione dell’uscita dalla
cute, sia diluendo la caina con il bicarbonato.
• L’applicazione di gel anestetico richiede mag-
gior tempo per raggiungere l’effetto anestetico
ma evita il dolore da iniezione ed il bruciore
successivo. Attualmente tra i gel anestetici pre-
senti in commercio o prodotti da alcune farma-
cie ospedaliere il più utilizzato è il LAT. Il LAT è
costituito da adrenalina, tetracaina e lidocaina.
Questo gel va posizionato sulla ferita ed in parti-
colare sui margini, almeno 40 minuti prima della
sutura e, nel caso in cui non venga coperta la
ferita con una pellicola quale il Tegaderm, va
rabboccato circa ogni 15 minuti. L’eccezione
all’uso di tale gel sono le zone scarsamente
irrorate per il rischio di necrosi, quali le dita in
sede distale, la punta del naso e le orecchie.
Sutura della ferita
Sutura chimicaL’utilizzo del fi lo per suturare non è mandatario. Nelle
ferite cutanee superfi ciali a margini netti solitamen-
te, al fi ne di evitare l’anestesia locale, tempistiche
allungate e stress per bambini e genitori, si può pre-
ferire l’utilizzo di collanti quali Dermabond® oppure
l’Indermil®, a base di cianoacrilato. La caratteristica
principale delle colle è di avere una presa molto ra-
pida, solitamente inferiore al minuto ma di mantene-
re l’adesione dei margini per 7-10 gg, tempo in cui
avviene solitamente la guarigione della ferita stessa.
Si tratta di molecole estremamente biocompatibili,
con scarsa reattività tissutale. La polimerizzazione
avviene anche a contatto con i liquidi e consente di
sintetizzare ferite lunghe.
Sutura con fi lo1. Ago
Ogni ago è costituito da una punta, da un corpo e
da una coda.
Punta: la punta di un ago può essere triangolare,
come negli aghi che penetrano tessuti più resistenti
quali la cute oppure rotonda come negli aghi che pe-
netrano tessuti di organi quali il fegato al fi ne di non
lacerare i tessuti.
Corpo: anche il corpo dell’ago può essere triangola-
re, tondo o quadrato e si può presentare di forma re-
curvata o retta. Solitamente la curvatura dell’ago più
utilizzata per aghi da cute è quella di 3/8 di cerchio,
meno usata è la 5/8, la 1/4 ed il mezzo cerchio che
vengono scelte rispettivamente per chirurgia urolo-
gica e oftalmica.
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 38000 Simeup anno 8 num 1 indb 38 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 39ANNO 8 - numero 1
Vademecum del chirurgo SIMEUP
sulla punta del porta aghi, più o meno in corrispon-
denza della sua metà-terzo prossimale, e formare
con esso un angolo lievemente ottuso (Figura 2). L’altezza a cui fi ssare l’ago dipende anche dalla ne-
cessità o meno di sfruttare tutto il raggio di curvatura
dello stesso. Una volta posizionato l’ago, stringere la
cremagliera del porta aghi. Per aprire la cremaglie-
ra del porta aghi, spingere contemporaneamente la
branca superiore verso sinistra con il primo dito e
la branca inferiore verso destra con il quarto dito.
Eseguire con il polso un movimento rotatorio a 180°
in senso orario per far passare l’ago attraverso la su-
perfi cie.
Figura 1. Porta aghi
Figura 2. Posizione dell’ago
Pinza chirurgicaLa pinza chirurgica (Figura 3) è dotata di denti ai
margini delle due branche.
Fili non intrecciati o monofi lamenti
1. Nylon o Ethilon®
2. Monolene-Prolene®
3. Vylene o Novafi l®
4. Acciaio
• Seta: è un fi lo intrecciato non assorbibile di
origine naturale con buona tenuta del nodo
e maneggevolezza, ma scarsa forza tensile.
Viene solitamente preferito per ferite del cuoio
capelluto o della mucosa orale. Tra le note ne-
gative è l’alta reattività tissutale dovuta alla ele-
vata capillarità che può causare infezione del
punto di sutura in caso di rimozione ritardata
• Nylon (Ethilon®): è un monofi lamento non ri-
assorbibile che si usa per suturare la cute; si
tratta di un fi lo molto resistente alla trazione ma
piuttosto rigido con alta memoria. E’ scorrevole
e ha una bassa capillarità con minima reazione
tissutale. Meno facile da manipolare ed anno-
dare rispetto ad altri.
• Monolene® polipropilene: è un monofi lamento
non riassorbibile con scarsa capillarità che si
usa per suturare la cute sebbene possegga una
ridotta tenuta del nodo ma un’elevatissima scor-
revolezza ed una elevata plasticità. Viene ampia-
mente utilizzato per le suture intradermiche per la
sua più agevole rimozione. Preferibile nelle ferite al
volto per la ridotta cicatrice alla rimozione e, data
la scarsa capillarità, nelle ferite infette.
Calibro del fi loLo spessore dei fi li, inferiore al millimetro, si defi nisce
in zeri. Maggiore è il numero del fi lo, più sottile è il
calibro. Le ferite in zone di trazione, come ad esempio
arti e ginocchia, e le ferite a lembo vanno suturate con
fi li più spessi, 3.0 o 4.0. Per le suture al volto sono
preferibili i fi li 5.0 o 6.0.
Strumenti chirurgici
Porta aghiIl porta aghi (Figura 1) va impugnato con il primo e
il quarto dito della mano destra (sinistra per gli ope-
ratori mancini). Il polpastrello del primo e del quar-
to dito premono sulla parte interna degli occhielli in
modo da poter aprire e chiudere la cremagliera del
porta aghi, senza fare fatica. Il secondo e il terzo dito
si appoggiano sulla superfi cie esterna della branca
inferiore del porta aghi. L’ago deve essere montato
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 39000 Simeup anno 8 num 1 indb 39 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
40 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1
Vademecum del chirurgo SIMEUP
Figura 4. Le forbici
Pinza da emostasi o klemmer o peanLa pinza da emostasi va impugnata come il porta
aghi e, come quest’ultimo, è dotata di cremagliera.
Si usa per arrestare il sanguinamento di un’arteriola
clampandone il margine.
Tipo di sutura
Prima di addentrarci nella spiegazione delle suture
più utilizzate in PS dal pediatra, è necessario ricor-
dare che è di fondamentale importanza che i margini
della ferita, una volta suturata, non siano arricciati
ma aderiscano perfettamente gli uni agli altri senza
sezioni che si sovrappongano od introfl ettano od
estrofl ettano, salvo che ci sia una precisa indicazio-
ne (ad es. nei punti di Donati).
È raccomandabile inoltre, prima di eseguire una su-
tura, ricordare ai genitori che ogni ferita può lasciare
una cicatrice le cui caratteristiche non solo dipen-
dono dalla manualità dell’operatore ma dalla singola
ferita nonché dalla capacità di cicatrizzare della cute
del paziente.
Sutura a punti staccati sempliciÈ la sutura più comunemente usata per suturare sot-
tocute e cute e adatta alle zone in cui “non” vi sia tra-
zione. Generalmente è conveniente iniziare la sutura
all’estremo della ferita dove i margini combaciano
meglio; in questo modo i margini vengono avvicinati
via via in maniera corretta.
Si realizza afferrando con le pinze il margine della
ferita. L’ago passa dall’esterno all’interno perpen-
Va impugnata con la mano sinistra (destra per gli
operatori mancini) come se fosse una penna.
Si usa per sollevare il margine cutaneo o il derma
e per vedere meglio il punto di inserzione dell’ago.
Evitare di stringere eccessivamente il margine cuta-
neo, in particolare nel caso di ferite al volto, al fi ne di
ridurre il traumatismo dei tessuti.
La pinza può essere usata per riprendere l’ago dopo
che con il porta aghi lo si è spinto oltre il margine di
sutura e per riposizionare l’ago sul porta aghi. Non
afferrare mai l’ago con le dita.
Figura 3. Pinza chirurgica
ForbiciLe forbici (Figura 4) vanno impugnate come il porta
aghi, con il primo e il quarto dito che entrano negli
occhielli.
Per tagliare il fi lo nella giusta misura, appoggiare la
forbice a piatto sulla ferita con le punte verso l’alto,
compiere una rotazione di 90° gradi verso l’esterno
e quindi tagliare.
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 40000 Simeup anno 8 num 1 indb 40 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 41ANNO 8 - numero 1
Vademecum del chirurgo SIMEUP
Sutura con punto di DonatiQuesto tipo di sutura va utilizzata nelle sedi di tra-
zione, come ad esempio il ginocchio, il gomito, il
collo del piede, o ricche di tessuto adiposo, come
ad esempio il braccio. L’ago passa dall’esterno all’in-
terno di un margine (cute e sottocute), come nella
sutura a punti staccati semplici, e quindi dall’interno
all’esterno del margine opposto. Successivamente
si deve rientrare nel margine cutaneo omolaterale
introducendo l’ago al davanti dei punti d’uscita del
passaggio precedente, mantenendosi su una linea
retta, nuovamente dall’esterno all’interno e quindi
uscire dall’interno all’esterno nella stessa posizione
sul margine opposto. Il nodo viene quindi confezio-
nato lateralmente alla ferita.
Si raccomanda di accertarsi che i margini della ferita
combacino perfettamente nella parte interna e che
non vi siano “arricciamenti” della sutura. Si creerà
in tal modo una ferita suturata a margini rialzati che
si appianeranno alla rimozione dei punti (Figura 6).
dicolarmente al margine cutaneo o del sottocute.
Quando l’ago trapassa il tessuto, dopo aver aperto
la cremagliera del porta aghi, lo si afferra con il porta
aghi o con la pinza facendolo uscire completamente.
Quindi si rimonta l’ago sul porta aghi nella posizio-
ne iniziale e si ripete la stessa operazione sull’altro
lembo della ferita, passando questa volta dall’interno
all’esterno.
Si fa quindi scorrere il fi lo e si realizza il nodo chi-
rurgico con il porta aghi. Il primo nodo deve essere
doppio, i successivi possono essere singoli e com-
plessivamente non devono essere meno di tre. Il
nodo deve essere chiuso trazionando i fi li perpendi-
colarmente alla ferita e cadere sempre lateralmente
ad essa, non su di essa.
I nodi vanno eseguiti alternando il senso orario e
quello antiorario. I punti successivi vanno eseguiti
mantenendo sempre la stessa distanza tra i punti e
dal margine della ferita, creando quindi una sorta di
quadrato (Figura 5).
Figura 5. Sutura a punti staccati semplici
a cura di M. Gasperini.
000_Simeup_anno_8_num_1.indb 41000 Simeup anno 8 num 1 indb 41 18/03/14 15:0518/03/14 15:05
42 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1
Vademecum del chirurgo SIMEUP
Figura 7. Sutura intradermica
Ferita a lembo
Si tratta di una ferita con margini in tensione e che
generalmente presenta una forma triangolare. Il po-
sizionamento di punti di sottocute può aiutare a ri-
durre la tensione della sutura cutanea. Il primo pun-
to di sottocute può essere dato in corrispondenza
dell’apice centrale del triangolo del lembo scivolato
verso l’alto. I punti cutanei vanno realizzati preferibil-
mente con fi lo Monolene®, che è adatto alle zone di
tensione e non lede il margine cutaneo.
Dopo aver posizionato il primo punto cutaneo all’a-
pice centrale del triangolo, si può procedere par-
tendo da una delle estremità della ferita e andare
verso l’apice da un lato e dall’altro. Può essere utile
alternare punti di Donati a punti staccati semplici. Bi-
sogna prestare attenzione a non traumatizzare ec-
cessivamente il margine del lembo, cercando di non
passare l’ago troppo vicino al margine che potrebbe
diventare necrotico.
Medicazione occlusiva e bendaggi
CerottiLe suture eseguite con punti o con collante possono
avere la necessità di un aiuto aggiuntivo per man-
tenere adesi i margini cutanei. In tal caso si posso-
no applicare dei cerotti impermeabili quali gli Steri-
Strip (3M-TM) o i Cicagraf (Johnson & JohnsonTM).
Sono derivati dalla cellulosa e oltre ad essere molto
resistenti sono porosi e facili da rimuovere anche a
domicilio da parte dei genitori. Raramente possono
essere utilizzati senza colla o punti nelle ferite super-
fi ciali e di piccole dimensioni, mentre sono da evitare
in quelle profonde o lunghe a causa della loro scarsa
capacità tensiva.
Figura 6. Sutura con punto di Donati
Sutura intradermicaIn caso di ferite a margini lineari e ben combacianti,
come ad esempio nelle ferite da taglio, e nei distretti
corporei non sottoposti a trazione, è possibile utiliz-
zare una sutura continua.
Le suture continue hanno una tenuta minore, ma la
riparazione risulta più lineare. La sutura intradermica
continua si può iniziare introducendo l’ago dall’ester-
no all’interno della ferita in corrispondenza di una
estremità di essa oppure si può realizzare il punto
all’interno di un estremo della ferita; in quest’ultimo
caso il fi lo va annodato e se ne taglia il capo senza
ago.
L’ago viene passato nel derma di un lato della ferita
e poi nel derma del lato opposto, fi no a raggiungere
l’altra estremità.
Dopo l’ultimo passaggio si deve uscire dall’interno
della ferita verso l’esterno e il fi lo va annodato (Fi-gura 7).
a cura di M. Gasperini.
a cura di M. Gasperini.
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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 43ANNO 8 - numero 1
Vademecum del chirurgo SIMEUP
Nonostante siano impermeabili è consigliato inoltre
evitare di eseguire dei bagni per almeno 5-7 giorni
dopo la loro applicazione.
Piccoli accorgimentiSe sono presenti delle zone abrase, eseguire toc-
cature con eosina soluzione acquosa, che i genitori
continueranno a fare anche a domicilio una volta al
giorno. Generalmente una fasciatura con Pen-haft®
è suffi ciente a ricordare al bambino di non piegare il
ginocchio o il gomito quando le ferite sono in quella
sede. Non è necessario posizionare una doccia.
Rimozione della sutura
I punti di sutura realizzati con fi lo riassorbibile cado-
no spontaneamente.
Il tempo di permanenza dei punti non riassorbibili va-
ria a seconda della sede della ferita:
Volto 6 giorni
Cuoio capelluto 7 giorni
Torace, addome, dorso ed estremità 10 giorni
Ferite a lembo e in zone di tensione 10-12 giorni
Necessità di appuntamento in ambulatorio chi-rugico e impegnativa
Le ferite pulite e non complesse possono essere
medicate a domicilio dai genitori a giorni alterni. Il
chirurgo vedrà il paziente solo per la rimozione dei
punti secondo il timing sopra riportato.
Inviare in ambulatorio per la medicazione solo le fe-
rite a lembo, quelle particolarmente sporche, nelle
quali si consiglia la terapia antibiotica orale.
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44 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA
Corso Internazionale di simulazione
nell’emergenza pediatrica
Mosca, 13-16 maggio 2013
P. GianiorioDEA, IRCCS “G. Gaslini”, Genova
ANNO 8 - numero 1
L’INVIATO SPECIALE
Curso Internacionalde simulacion en emergencias pediatricas
Moscu, 13-16 Mayo 2013
Corso Internazionaledi simulazione nell’emergenza pediatrica
Mosca, 13-16 Maggio 2013
International Courseof pediatric emergency simulation
Moscow, 13-16 May 2013
Nell’ambito dell’oramai consolidato rapporto di colla-
borazione tra Italia e Russia nel campo della simula-
zione pediatrica avanzata, dal 13 al 16 maggio 2013
si è svolto a Mosca, presso l’Università Nazionale
Russa di Ricerca e Medicina, il Corso Internazionale
di Simulazione nell’emergenza pediatrica. La grande
novità, rispetto alle edizioni del 2008 e 2010, è stata
la partecipazione di altri paesi: Guatemala, Messico,
Spagna, Cuba, Stati Uniti d’America, Uruguay, Hon-
duras.
Il coinvolgimento di altri paesi del mondo che rap-
presentano l’Europa, la Russia, il Nord, Centro e Sud
America è stato il frutto dell’instancabile lavoro “di-
plomatico” del Prof. Hugo Loayza dell’Università di
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rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 45ANNO 8 - numero 1
Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica
favorire l’integrazione e l’omogeneità della pratica.
I gruppi così formati hanno superato le diffi coltà lin-
guistiche e di diversa cultura con facilità, dato un forte
impulso allo svolgimento del corso offrendo ricco ma-
teriale per la discussione nel debriefi ng.
Il 13 maggio è stato dedicato alle relazioni dei diversi
gruppi seguite da ampia discussione e confronto sulle
diversità metodologiche.
Dal 14 maggio è iniziata la parte pratica dove i gruppi
hanno potuto confrontarsi con la fi nalità di armoniz-
zare le diverse metodiche e acquisire un comune ap-
proccio all’emergenza pediatrica.
In particolare sono state proposte tutte le tecniche
di rianimazione cardio-polmonare, skill di trattamento
delle vie aeree, del trauma e del trasporto pediatrico.
Durante tutta la giornata i tavoli di skill sono stati
alternati a tavoli di approfondimento diagnostico-
terapeutico sulle urgenze neurologic he, metaboliche,
tossicologiche.
Particolare enfasi è stata posta all’addestramento al
lavoro in equipe, con risultati che hanno ampiamente
superato ogni aspettativa.
I giorni seguenti sono stati dedicati alla simulazione
pediatrica con lo sviluppo di scenari sulle principali
emergenze pediatriche condotti dai vari gruppi.
Molto stimolante è stata la discussione durante i vari
debriefi ng che ha fornito interessanti spunti di rifl es-
sione e indirizzi formativi da sviluppare per ottenere
una metodologia comune nel trattamento delle emer-
genze pediatriche.
Il Corso Internazionale di Mosca ha fornito molti
elementi di rifl essione ed ha permesso di confrontare
sul campo le diverse metodiche ed i diversi comporta-
menti nell’ambito dell’urgenza/emergenza pediatrica.
L’utilizzo della metodologia della simulazione avanzata
Mosca che ha saputo coagulare esperienze e realtà
pediatriche diverse al fi ne di rendere omogenei i com-
portamenti e l’approccio all’emergenza pediatrica.
Il corso è stato articolato in una parte “teorica”, dove
ogni gruppo ha portato la sua esperienza in uno spe-
cifi co campo dell’emergenza pediatrica, e una “pra-
tica” in cui si è cercato di rendere omogeneo l’ap-
proccio all’emergenza, grazie anche alla presenza di
specializzandi in pediatria in ogni delegazione, attra-
verso la simulazione avanzata.
Il pomeriggio del 12 maggio è stato dedicato alla pia-
nifi cazione degli interventi della parte teorica; ogni de-
legazione aveva il compito di svolgere una parte delle
emergenze pediatriche. Inoltre si è deciso un pro-
gramma di massima per la pratica della simulazione.
Ogni gruppo di simulazione era formato da medici
specializzandi di tutti i paesi partecipanti in modo da
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46 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1
Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica
ha di fatto amalgamato esperienze diverse in un omo-
geneo approccio all’emergenza enfatizzando il lavoro
in team, l’abilità pratica e l’applicazione di protocolli
condivisi.
È stato un primo importante passo per creare un
network internazionale di formazione pediatrica per
il trattamento dell’urgenza/emergenza.
La simulazione avanzata può essere applicata anche
ad altri campi di interesse pediatrico: il gruppo di si-
mulazione internazionale si propone di applicare tale
metodologia a tutte le aree pediatriche, siano esse
ospedaliere, del territorio o ambulatoriali.
Prossimo appuntamento: primavera 2014 a Città del
Guatemala!
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La pancreatite acuta in pediatria
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EMERGENZA E URGENZA
Periodico quadrimestrale di informazione e dibattitodella Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP)
rivista diPEDIATRICA
Anno 8 - numero 1 / marzo 2014
Vademecum del chirurgo SImEUP
Rachicentesi
Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza
Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfida per il pediatra di Pronto Soccorso
Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica
Approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranico