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annarita frullini

Il sesto continente

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Non si può essere infelice quando si ha questo: l’odore del mare, la sabbia sotto le

dita, l’aria, il vento. (Irène Némirovsky)

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Il mare è l’abisso colmo fino al limite. (Jules Renard)

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Dove inizia la fne del mare?

O addirittura: cosa diciamo quando diciamo: mare?

Diciamo l’immenso mostro capace di divorarsi qualsiasi cosa,

o quell’onda che ci schiuma intorno ai piedi?

L’acqua che puoi tenere nel cavo della mano o l’abisso che nessuno può vedere?

(Alessandro Baricco)

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L'arcipelago delle isole Dahlak - dichiarate riserva naturale -

è formato da quasi 300 tra isole e scogli, isole madreporiche basse e sabbiose situate al largo della

costa eritrea di fronte alla città portuale di Massaua, nel Mar Rosso meridionale.

Barriere coralline perfettamente preservate, uccelli delle specie più varie che nidifcano e sostano in queste zone, tartarughe marine che vengono a

deporre le uova. Isole in gran parte disabitate, con una popolazione

permanente solo su quattro isole

Nelle poche isole abitate si possono incontrare gazzelle e cammelli che cercano refrigerio nelle acque

del mare durante la stagione calda. Su alcune isole si trovano antiche necropoli

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Alcuni anni fa l’installazione di una piattaforma petrolifera nelle acque dell’arcipelago, tra le isole di Dur Gaam e Dur Ghella, fu un segno tangibile che

anche alle Dahlak i tempi stavano cambiando. Il petrolio non fu trovato, ma il bisogno di uno

sviluppo produttivo è rimasto.

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Le isole dell'arcipelago erano già conosciute ai tempi degli antichi Romani, per la loro ricca

produzione perlifera. Gli abitanti di Dahlak furono tra i primi africani a

convertirsi all'Islam nel VII secolo d.C.

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Annesse allo Yemen Furono un sultanato autonomo fino al 1559,

quando passarono sotto il dominio turco.

Occupate, a periodi alterni, dall'Etiopia

Alla fine del XIX secolo l'arcipelago, parte dell'Eritrea,

divenne un protettorato coloniale italiano (1890). Rimase colonia italiana fino al 1941.

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Nell'arcipelago venne posta una base navale sovietica nel 1975-1987 quando l'Etiopia, durante la Guerra Fredda si alleò con l'Unione Sovietica .

Nel 1990 l'Etiopia perse il controllo dell'arcipelago e della costa settentrionale Eritrea, che passò al

movimento per l'indipendenza Eritrea. ,

L'arcipelago delle Dahlak divenne parte integrante dello Stato Eritreo

In seguito al riconoscimento internazionale dell'indipendenza nel 1993

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Sesto continente è un film del 1954

diretto da Folco Quilici nel corso della

"Spedizione Subacquea Nazionale nel Mar Rosso"

organizzata da Bruno Vailati, il primo a colori nella storia della

cinematografia subacquea italiana.

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La spedizione durò dall'estate del 1952

all'autunno del 1953, ne facevano parte il comandante Raimondo Bucher in qualità di

direttore della sezione sportiva, accompagnato dalla moglie Enza campionessa italiana di caccia subacquea, Silverio Zecca detto l'uomo anfibio, la pittrice Priscilla Hastings che avrebbe realizzato le proprie opere direttamente sul fondo del mare, il

giornalista Gianni Roghi, gli idrobiologi Francesco Baschieri Salvadori e Luigi Stuart Tovini

dell'Università di Roma, il dott. Alberto Grazioli medico della spedizione, l'operatore

cinematografico Masino Manunza e il fotografo Giorgio Ravelli.

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Il documentario fu presentato alla 15ª Mostra internazionale

d'arte cinematografica di Venezia nel 1954.

Molte specie di pesci, invertebrati e coralli raccolti in circa 10.000 ore di immersioni, furono poi

catalogati 10 anni dopo presso il museo zoologico di Roma da un team di studenti di Scienze naturali coordinati dallo stesso prof. Francesco Baschieri

Salvadori.

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Folco Quilici e il "Sesto continente" E' la documentazione di una spedizione scientifica

italiana nel Mar Rosso. Illustra specie e abitudini della fauna acquatica,

descrive gli ardimenti sportivi dei cacciatori subacquei

alle prese con cetacei di difficile cattura.

Giova allo studio e alla conoscenza del mondo sottomarino ma interessa anche per il suo carattere di "reportage", ricco di situazioni

impreviste, di audacie e di emozioni.

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"(...) descrive la vita sottomarina, le meraviglie del "sesto continente": l'oceano.

Il suo film non è solo interessante per le informazioni che fornisce o sorprendente per la

rarità degli immagini, ma artisticamente pregnante, poetico a volte ed elegiaco.

il suo film è un utile mezzo di insegnamento e porta un contributo essenziale alla divulgazione

della cultura scientifica". (G. Rondolino, "Catalogo Bolaffi del Cinema

Italiano-1945/1955").

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“Il mare è l’acqua più pura e più impura: per i pesci essa è potabile e conserva loro la vita, per gli uomini

essa è imbevibile e esiziale.” (Eraclito)“

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Il sesto continente: la scoperta della gigantesca isola di plastica simbolo dell’inquinamento degli

oceani operato dall’uomo

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Ancora oggi è difficile stabilire con certezza quanto sia grande la prima isola di plastica mai

avvistata. Alcuni dicono che si possa paragonare alla penisola iberica, altri addirittura al Canada.

Certo è che quando Charles J. Moore l’avvistò nel lontano 1997 rimase al tempo stesso inorridito e

stupefatto.

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Alcuni ricercatori studiando le correnti marittime ne avevano preconizzato l’esistenza già a partire dalla metà degli anni 80’, ma nessuno avrebbe mai immaginato che questo fenomeno, simbolo

dell’inquinamento umano, avrebbe potuto assumere tali dimensioni.

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La “grande chiazza d’immondizia del Pacifico”, nota come “Pacific Trash Vortex”, si è formata

proprio in quella zona a causa di una particolare corrente, quella del Nord Pacifico, chiamata

“Gyre”. Un vortice che nel corso dei decenni ha raccolto

migliaia di tonnellate di plastica.Questo materiale difficilmente biodegradabile si è scisso in milioni di polimeri che si sono concentrati in un ammasso infinito di detriti, che giorno dopo

giorno ha continuato ad attrarre altri rifiuti abbandonati in mare.

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Il sesto continente è diventato col tempo un ecosistema vero e proprio, abitato da svariate

forme di microrganismi e frequentato da animali di varia natura.

Noti sono gli effetti catastrofici che la plastica ha sulla vita di pesci, anfibi e uccelli marini, che

muoiono a migliaia dopo averla erroneamente ingerita.

Moore dopo l’avvistamento dell’isola di plastica ha deciso di cambiare vita e dedicarsi all’ecologismo.

La scoperta del sesto continente non ha cambiato le abitudini della nostra società e nel corso degli ultimi anni nuove immense distese

galleggianti di rifiuti sono state avvistati in tutti gli oceani.

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Il mare è un immenso deserto dove l’uomo non è mai solo, perché sente fremere la vita

ai suoi fianchi (Jules Verne)

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È un sesto continente trasversale nel senso che ciascuno degli abitanti di questo nuovo mondo

appartiene anche a uno degli altri cinque.

Non è una minaccia ma un'enorme opportunità,da usare con cautela

Vivere nel sesto continente: internet

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La tecnologia di Internet è un potenziamento della nostra capacità di relazione. I pericoli che essa può presentare vanno affrontati

non da soli ma rafforzando la vita relazionale "reale": familiare, di amicizie, comunitaria.

"Internet avvicina ai lontani ma allontana dai vicini".

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Miliardi di persone sono oggi dotate di smartphone usati come protesi tecnologiche, di display magnetici capaci di restringere la visuale

dell'occhio umano rendendola falsamente aumentata, di applicazioni in grado di regalare esperienze virtuali e parallele di tipo digitale.

In questa realtà ciò che manca è una riflessione su quanto la tecnologia stia cambiando la vita

delle persone (High Tech High Touch di Naisbitt) ma soprattutto su quali siano gli effetti e quali

possano esserne le conseguenze.

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stanno cambiando i concetti stessi con cui analizziamo e cerchiamo di comprendere la

realtà? La tecnologia non è più neutrale, sta riscrivendo il

mondo intero e il cervello stesso delle persone.

Lo sta facendo attraverso il potere dei produttori tecnologici e la tacita complicità degli

utenti/consumatori.

Come stanno cambiando i concetti che usiamo per interagire e comprendere la realtà tecnologica?

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Soltanto la musica è all’altezza del mare. (Albert Camus)

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Quante scene madri sul mare propone la letteratura!

Scene di avventura, fantasia, scoperta, viaggio, eccitante imprevedibilità.

Il mare è spesso nero, cupo, tempestoso, mortale.

Mare-maledizione, mare-esilio, mare-tenebra, mare-tomba.

.

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L’archetipo è Ulisse, il primo naufrago costretto ad affrontare l’ira di Poseidone. La solitudine, il senso di abbandono e di impotenza, il vuoto e il

terrore al cospetto del mare troveranno nei secoli un’infinità di declinazioni.

In Beowulf, il poema anglosassone medievale, la minaccia marina si chiama Grendel, un drago degli abissi pronto a ingoiare gli esseri umani.

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Sylvia Earle si racconta

di Chiara Carminati, Editoriale Scienza,

2017

illustrazioni Mariachiara Di Giorgio

LA SIGNORA DEGLI ABISSI

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In ogni caso, io non passavo molto tempo in casa. Era talmente interessante tutto quello che c’era fuori! La

vigna, l’orto, il frutteto, il recinto dei cavalli: ovunque c’erano cose da scoprire e da esplorare.

Ma il posto che mi piaceva più di tutti era ancora una volta un regno di acqua, ed era il nostro piccolo

stagno.

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Dallo stagno al mare a 13 anniuna nuova casa piccolina vicino al mare,

aveva un grande cortile. Grandissimo.

Il cortile della nostra nuova casa era il Golfo del Messico.

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Sylvia, “girino”, per la sua abilità di muoversi con scioltezza sott’acqua,

dimenticandosi quasi di aver bisogno di respirare, inizia le prime indagini marine

Il fascino e il richiamo del mondo acquatico si alimentano anche grazie alla lettura di libri raccolti nella biblioteca cittadina che narrano le gesta di

scienziati che hanno inventato sommergibili capaci di raggiungere profondità considerevoli.

William Bebe, che diventa un suo mito, era stato il primo ad arrivare a quasi 1000 metri sott’acqua

con il suo Bathysphere!

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È il 1952 quando Sylvia respira per la prima volta sott’acqua

tappe più significative dell’incontro di Sylvia Earle con il mare:

il suo ruolo di assistente biologa all’ultimo anno delle superiori, la specializzazione all’Università in botanica marina, le prime missioni lontano da casa per studiare le alghe

e le tante forme di vita acquatiche, le spedizioni avventurose ed epocali con mezzi tecnologici sempre più rafnati…

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Nel corso della sua vita si è sposata tre volte ed ha avuto tre figli

L’equipaggio di questa spedizione comprende settanta uomini, che sono… che sono tutti uomini appunto. Lei si troverà ad essere la sola donna in mezzo a loro. […] Pensa che sia opportuno? Preferisce forse

parlarne prima con suo marito?

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Il docufilm "Mission Blue", motivante e provocatorio,

segue Sylvia Earle nella sua campagna per salvare gli oceani dalle minacce che incombono su di essi, come ad esempio il sovrasfruttamento

delle risorse ittiche e i rifiuti tossici che danneggiano a volte irreparabilmente le nostre

acque. (Regia: Robert Nixon, Fisher Stevens - Attori:

James Cameron, Michael deGruy, Sylvia Earle - Genere: Documentario, Drammatico - Nazione:

USA, Bermuda - Durata: 1h 35min).

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La Dott.ssa Earle detiene diversi record di immersione in profondità stabiliti durante la sua

carriera: nel 1968 ha stabilito il record di immersione in solitaria dentro al sommergibile

Deep Diver toccando i 1.000 metri di profondità nelle acque delle Bahamas[1][4]. Nel 1979

immergendosi nelle acque dell'isola di Oahu (Hawaii) ha camminato sul fondo marino ad una profondità di 381 metri stabilendo il record per la

massima profondità raggiunta da un essere umano senza l'ausilio di un sommergibile[7].

Durante la missione la dott.ssa Earle, all'interno di una JIM suit, ha esplorato il fondale senza essere

collegata al veicolo sottomarino che l'aveva portata sino a quella profondità[1].

In qualità di esperta di ambiente sottomarino ha effettuato studi sui danni provocati all'ecosistema

dalle fuoriuscite di petrolio nel Golfo Persico a seguito della Guerra del Golfo, inoltre ha condotto ricerche sull'impatto ambientale di alcuni incidenti petroliferi, in particolare nei casi della petroliera Exxon Valdez in Alaska (1989) e in quello della

petroliera norvegese Mega Borg in Texas (1994)[8]. Ha condotto ricerche anche sul disastro

ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon avvenuto nel 2010 nel Golfo

del Messico[9].

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La Dott.ssa Earle detiene diversi record di immersione in profondità stabiliti durante la sua

carriera: nel 1968 ha stabilito il record di immersione in solitaria dentro al sommergibile

Deep Diver toccando i 1.000 metri di profondità nelle acque delle Bahamas[1][4]. Nel 1979

immergendosi nelle acque dell'isola di Oahu (Hawaii) ha camminato sul fondo marino ad una profondità di 381 metri stabilendo il record per la

massima profondità raggiunta da un essere umano senza l'ausilio di un sommergibile[7].

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Sylvia Earle “Sua Profondità” è l’oceanografa più famosa del mondo Pioniera delle immersioni con

le bombole, a 82 anni continua a effettuare spedizioni subacquee.

Con una missione: la salvaguardia degli oceani

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Quello che sogno veramente è che tutti un giorno possano andare sott’acqua, a esplorare gli

oceani, con le mute da sub e i sottomarini. Lì c’è un mondo straordinario, ancora sconosciuto e tutto da scoprire. Non bisogna averne paura».

Sylvia Earle è una celebrità: oceanografa di fama mondiale, ingegnere, scienziata, fondatrice di diverse associazioni per la salvaguardia degli oceani (Mission Blue, SEAlliance and Deep Ocean Exploration and Research), nonché

esploratrice per la National Geographic Society. Il New York Times l’ha nominata “Leggenda vivente” e per la rivista Time è un “Eroe del Pianeta”. Negli

anni ’50 è stata una delle prime donne a immergersi con le bombole.

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«Sott’acqua mi sento a casa»

«Gli oceani oggi sono in pericolo e dobbiamo fare qualcosa in fretta » mi racconta. «Ci sono già

delle “zone morte” dove manca l’ossigeno, non crescono le piante e i pesci muoiono». Lei, che ha collezionato oltre 100 spedizioni e passato più di

7.000 ore sott’acqua, può testimoniarlo.

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«L’oceano è troppo grande, vasto. Si pensa che tutto possa contenere

e niente possa nuocergli. Non è così».

Lo dimostrano la plastica e la spazzatura che vengono ingerite dai pesci, contaminandoli.

«Perciò non li mangio» dice. «E anche perché sono contraria alla pesca intensiva».

L’impegno di Sylvia ora è concentrato sugli “Hope Spot", luoghi della speranza: parchi nazionali

sottomarini dove la fauna e la flora devono essere protetti .

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“Oggi ci rendiamo conto di quanto abbiamo in comune con tutte le altre forme di vita. È negli oceani che trova origine buona parte dell’ossigeno della nostra atmosfera e sono gli oceani a

governare la chimica del pianeta, ma solo ora iniziamo a capirne l’importanza. Solo ora capiamo quanto siano vulnerabili di fronte

alle nostre azioni, abbiamo dati che mostrano come stanno cambiando in un modo che dovrebbe davvero preoccuparci. Ciò

che succede ha un impatto su tutti. Ma noi tutti siamo anche così fortunati da vivere in un’epoca nella quale l’esplorazione

degli oceani si sta aprendo, come fu per i cieli agli albori dell’aviazione”.

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Oggi vediamo crescere l’interesse per le esplorazioni oceanografche, ma dati alla mano degli oceani sappiamo

ancora pochissimo: coprono oltre il 70% della superfcie del pianeta ma il 95% della loro estensione rimane inesplorato, mai

visto da occhi umani. Eppure contribuiscono a regolare la temperatura sulla Terra e ospitano i nostri commerci e

spostamenti. Sono anche la principale fonte di sostentamento per oltre tre miliardi di persone che vi dipendono per il lavoro e il cibo. Oltre la metà degli oceani ha profondità di oltre 3 000

metri. È spesso proprio negli abissi che forisce la biodiversità, ad esempio intorno alle sorgenti idrotermali.

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Oltre all’overfishing, tra le minacce maggiori per gli oceani ci sono le specie invasive, i cambiamenti climatici, le trivellazioni per

estrarre petrolio e gas naturale. Tra tutti spicca però l’inquinamento da plastica e microplastiche. Materiali che ci

hanno consentito di produrre oggetti meravigliosi, che da subito sono apparsi come invenzioni grandiose ma “non abbiamo preso

sul serio la durata del loro ciclo di vita”, sottolinea Earle. “Pensavamo potesse distruggersi in breve tempo ma oggi sappiamo benissimo che la plastica ha una lunga vita. E ne

vediamo le conseguenze. Se continuiamo così, arrivati alla metà del secolo negli oceani ci saranno più oggetti di plastica che

pesci.

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Oggi vediamo crescere l’interesse per le esplorazioni oceanografiche, ma dati alla mano

degli oceani sappiamo ancora pochissimo: coprono oltre il 70% della superficie del pianeta

ma il 95% della loro estensione rimane inesplorato, mai visto da occhi umani. Eppure contribuiscono a regolare la temperatura sulla

Terra e ospitano i nostri commerci e spostamenti. Sono anche la principale fonte di sostentamento per oltre tre miliardi di persone che vi dipendono

per il lavoro e il cibo. Oltre la metà degli oceani ha profondità di oltre 3 000 metri. È spesso proprio

negli abissi che fiorisce la biodiversità, ad esempio intorno alle sorgenti idrotermali.

Le risorse non sono infinite, né lo sono gli oceani

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La cura per ogni cosa è l’acqua salata: sudore, lacrime, o il mare. (Karen

Blixen)

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Grazie per l’attenzione ...

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