Pagine da Educazione acquatica Bovi

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Educazione acquatica - TUTTI I COLORI DI UNA FANTASTICA AVVENTURA PER L’INFANZIA 124 Come abbiamo avuto modo di anticipare, i nostri bambini scendono in acqua muniti di braccioli aiutati dai loro istruttori, alcuni dei quali si trovano già in acqua preparati ad intervenire per ogni evenienza. Uno degli scopi iniziali che ci poniamo è quello di far scoprire ad ogni partecipante che “pedalando” e muovendo le mani con piccoli “cerchietti” ci si sposta in più direzioni mante- nendo un atteggiamento verticale e “non si cade giù!” L’esercizio assume le caratteristiche di una prima, concreta… Passeggiata collettiva Si tratta di una vera e propria esplorazione volta a riconoscere le caratteristi- che dell’acqua, ad individuare eventuali obiettivi, ad ottenere dati informativi soprattutto per evitare sgradite sorprese. Durante il tragitto, per sollecitare la percezione tattile e la coordinazione oculo-manuale, e per rendere meno monotona l’attraversata, è prevista la raccolta di qualsiasi piccolo oggetto che galleggia sulla superficie e che in qualche modo ostacola il transito. Tutti gli oggetti - pesci, rane, palline, stelle marine - vengono recuperati e deposi- tati in appositi contenitori disposti sui bordi. L’istruttore invita più volte i par- tecipanti a “cambiare marcia”, inducendoli ad azioni motorie più o meno accentuate riferibili agli arti inferiori. L’esecuzione dei movimenti può avvenire in maniera più veloce o più lenta a seconda della quantità di “carburante” presente nel “motore” di ogni allie- vo. La stessa azione, oltre che frontalmente, si può ripetere lateralmente ed anche in “retromarcia” per verificare se la spinta mani e braccia è in grado di fornire la stessa efficacia pur adottando un atteggiamento diverso dal solito. Spostarsi a destra e sinistra, avanti e indietro diviene un atto importante da un punto di vista dell’organizzazione spazio-temporale e come tale, va sviluppato sin dai primi momenti. 1

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Come abbiamo avuto modo di anticipare, i nostri bambini scendono in acqua muniti di braccioli aiutati dai loro istruttori, alcuni dei quali si trovano già in acqua preparati ad intervenire per ogni evenienza. Uno degli scopi iniziali che ci poniamo è quello di far scoprire ad ogni partecipante che “pedalando” e muovendo le mani con piccoli “cerchietti” ci si sposta in più direzioni mante-nendo un atteggiamento verticale e “non si cade giù!”

L’esercizio assume le caratteristiche di una prima, concreta…

Passeggiata collettiva

Si tratta di una vera e propria esplorazione volta a riconoscere le caratteristi-che dell’acqua, ad individuare eventuali obiettivi, ad ottenere dati informativi soprattutto per evitare sgradite sorprese. Durante il tragitto, per sollecitare la percezione tattile e la coordinazione oculo-manuale, e per rendere meno monotona l’attraversata, è prevista la raccolta di qualsiasi piccolo oggetto che galleggia sulla superficie e che in qualche modo ostacola il transito. Tutti gli oggetti - pesci, rane, palline, stelle marine - vengono recuperati e deposi-tati in appositi contenitori disposti sui bordi. L’istruttore invita più volte i par-tecipanti a “cambiare marcia”, inducendoli ad azioni motorie più o meno accentuate riferibili agli arti inferiori.L’esecuzione dei movimenti può avvenire in maniera più veloce o più lenta a seconda della quantità di “carburante” presente nel “motore” di ogni allie-vo. La stessa azione, oltre che frontalmente, si può ripetere lateralmente ed anche in “retromarcia” per verificare se la spinta mani e braccia è in grado di fornire la stessa efficacia pur adottando un atteggiamento diverso dal solito. Spostarsi a destra e sinistra, avanti e indietro diviene un atto importante da un punto di vista dell’organizzazione spazio-temporale e come tale, va sviluppato sin dai primi momenti.

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Nel frattempo, aumenta la sicurezza e con essa la padronanza del mezzo acquatico si fa sempre più completa fino al punto che l’istruttore improvvi-samente abbandona per un istante il suo ruolo “istituzionale” e inserendosi vivacemente tra i fanciulli grida:

Chi mi tocca, vince!

“La caccia” ad una “preda” così ambita ha subito inizio. L’entusiasmo diventa contagioso e coinvolgente: al “povero maestro” non resta altro che darsi alla fuga, inseguito da un nugolo di fanciulli festanti e pronti a… ghermirlo! Naturalmente, si presenta anche l’evenienza in cui tutti i “motori” dei prota-gonisti, ormai privi di benzina, tacciono. Ogni pilota, rimanendo immobile, si riposa per qualche istante. Quando tutti i fanciulli scoprono che gli spostamenti che avvengono in acqua sono alla loro portata, quando avvertono che la loro esecuzione non procura disagi o particolare imbarazzo si adoperano con assoluta dedizione appor-tando anche piccole, personali, varianti al loro modo di procedere. Un tocco di creatività non fa altro che migliorare i contorni delle loro esperienze. È il momento in cui il maestro, sfruttando i primi sintomi di soddisfazione ma-nifestati dai propri allievi, cogliendo l’occasione favorevole, invita gli stessi a progettare e trovare nuove maniere di spostamento. La risposta immediata ad una simile richiesta è quella di un gruppo che, preso dalla foga della liber-tà di azione, tra “gridolini” di compiacimento, confluisce con sorprendente concordanza nello stesso punto, muovendosi “a folate” improvvise.

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L’immagine può suscitare una impressione negativa, dal momento che nella circostanza la baraonda assume la veste principale. La ragione, invece, ci in-duce a riconoscere che il gesto collettivo presuntivamente “incriminato”, si può trasformare, complice lo spirito di emulazione, nell’ennesimo pre-testo per entrare in relazione positiva con l’ambiente acquatico. Alcuni fanciulli, per rendere l’operazione appena descritta più originale, si prendono per mano “pedalando” in ogni angolo dello spazio acqua a loro disposizione. La meta rimane quella di tornare al punto di partenza avendo cura di non urtare i propri compagni e creare incidenti. Lo stesso percorso, con piacevole sorpresa da parte nostra, viene eseguito anche attraverso la creazione, sia pur rabberciata, di un simpatico trenino. Il “macchinista” di turno simulando una veloce locomotiva, lo conduce da un bordo all’altro curando che i rispettivi “vagoni” siano ben agganciati tra loro. L’aggancio avviene per mezzo delle mani che il primo vagone appoggia sulle spalle del conducente, sollecitando così il resto del convoglio a procedere saldamente alla stessa maniera, onde evitare il pericolo di un possibile “deragliamento”.

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L’istruttore, preoccupato per il continuo verificarsi di quest’ultima ipotesi, pronuncia ai “viaggiatori” il seguente, solenne, avviso: “si richiama l’attenzio-ne dei signori passeggeri che il treno in transito è molto lento, traballante, e quasi mai puntuale. Si consiglia pertanto pazienza, perseveranza e soprattut-to speranza che prima o poi giunga a destinazione!” Come i lettori avranno già potuto constatare, ci siamo abbondantemente di-lungati sul tema della “passeggiata collettiva” ritenendola una fase di grande rilevanza nel processo di apprendimento acquatico iniziale del bambino. Ben lungi dal trasformarla in una banale “sortita acquatica”, l’abbiamo qualificata come la porta di ingresso più o meno spalancata attraverso la quale si con-figura l’evolversi sereno e non, del primo impatto con l’acqua di ogni nostro allievo. È valsa davvero la pena sottolineare la necessità che ogni bambi-no debba sensibilizzarsi al meglio nel vivere una tale situazione, tutt’altro che abituale. Del resto, il raggiungimento di questa particolare condi-zione determina sia una modifica graduale della funzionalità globale di ogni protagonista che il cambiamento della sua organizzazione postu-rale-motoria. Riteniamo che proprio in questo spazio di tempo, dedicato principalmente ad un’indagine diretta di un ambiente non comune, debba prendere avvio la nascita di un autentico laboratorio acquatico. Trattasi di un’area operativa particolarmente lungimirante volta a sostenere i fanciulli nella proiezione multi-direzionale delle loro conoscenze: presupposti essen-ziali per entrare in sintonia con un mondo affascinante e pieno di sorprese.

Proseguendo il nostro lavoro di familiarizzazione con l’acqua, il contatto con essa si fa sempre più appropriato sino a trasformarsi per ogni bambino in un evento accettabile e tollerabile. È prudente, tuttavia, non fare il passo più lungo della gamba. Intendiamo sottolineare che il nostro modo di operare non può essere lo stesso per tutti, visto che lo scopo è quello di ottenere risposte proporzionate pari alle effet-tive possibilità di ognuno. Il momento è molto singolare ed il ricorso ad un apprendimento differenziato rimane l’atto più coerente anche perché errori di valutazione in questa fase sono molto comuni e, purtroppo, si pagano du-ramente. Infatti, l’abbandono immediato dell’impianto natatorio da parte del fanciullo di turno nel quale si insinua l’idea di non essere capace è piuttosto frequente, ed in certi casi, persino irreversibile.

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Tornando per un istante all’affermazione che ricorrere ad un lavoro in-dividualizzato è l’atto più coerente a cui far ricorso, ci sembra già di udire la tipica divergenza di pensiero da parte degli addetti ai lavori: “ma come, devo far fronte da solo a otto/nove bambini, come faccio a predisporre un lavoro individualizzato?” La riflessione di per sé appare le-gittima e fondata, ed è subito comprensibile che una soluzione bella e pronta è ben lungi dall’essere fornita. Possiamo però indurre gli interessati a riflettere su alcune considerazioni già espresse sull’argomento apparse sul nostro testo “Tutti in acqua…ed è subito magia!” che riportiamo integralmente:

“Una qualità che distingue un buon istruttore da uno mediocre è senza dubbio il suo modo di proporre la lezione. Abbiamo già evidenziato che non è vantaggioso stabilire per tutti i bambini un punto unico di convergenza nella stesura del nostro lavoro, ma pur mantenendo un’area comune di apprendimento è più opportuno accontentarsi che ognuno di essi esegua il compito affidatogli secondo le poten-zialità del momento. Siamo sempre più convinti che l’inizio di un’attività, e non solo l’inizio, affinché non parta con il piede sbagliato debba rispon-dere al principio della gradualità (20).

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Giochiamo a… nascondino!

Un gioco così affascinante, praticato molto spesso anche dai bambini più piccoli negli spazi esterni di ogni scuola materna, non è impossibile attuarlo anche in piscina. Basta prendersi per mano e ad un segnale convenzionale “scomparire” sotto la superficie dell’acqua. “Il nascondersi” tra i flutti non è poco. Implica un’im-mersione del capo, del viso, trattenendo aria per alcuni secondi. Caspiterina - mormora il maestro con orgoglio- che squadra di intrepidi subacquei sono questi bambini! Si infilano con disinvoltura a tutte “le profondità!”.

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OBIETTIVI INERENTI ALL’AREA DIFAMILIARIZZAZIONE CON L’ACQUA

Obiettivi formativiPrevedono l’organizzazione del movimento, l’elaborazione di modelli intesi a rendere più agevole il raccordo tra aspetti diversi del reale, la percezione di

variazioni senso-motorie, l’orientamento e l’evoluzione funzionale del movimento. La manipolazione degli oggetti, la consapevolezza del corpo, la stimolazione delle sensazioni tattili, visive e cinestetiche, le prime progettazioni di strategie motorie individuali e collettive rappresentano un segnale concreto della maturazione in

atto di gioiose, singole esperienze.

Obiettivi educativiCoincidono con l’accettazione dell’entrata in acqua, la scoperta dei modi per conquistare un primo distacco dal bordovasca e la conseguente conoscenza

dell’ambiente acquatico. Il successo dell’azione è dovuto all’avvenuta consapevolezza dell’importanza dei movimenti

degli arti inferiori e superiori nelle fasi di spostamento.

Obiettivi operativiPerseguono il muoversi in acqua in qualsiasi direzione usando gli arti inferiori e superiori.

Una tale azione mira a padroneggiare la capacità di raddrizzarsi dall’eventuale atteggiamento prono e supino a quello

verticale. L’acquisita padronanza delle singole posizioni consente di constatare che simili

movimenti risultano praticabili per tutti e privi di particolari difficoltà. Per di più, la graduale dimestichezza con l’acqua sul capo e sul viso

sempre più accentuata, agevola in ognuno dei protagonisti qualunque scelta di traslocazione.

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