Anna rita 12febb

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Una generazione narra all’altra … Carissime, Vi scrivo perché sono convinta che nella narrazione si crea senso di appartenenza e si costruiscono identità.

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Una generazione narra all’altra …

Carissime,

Vi scrivo perché sono convinta che

nella narrazione si crea senso di

appartenenza e si costruiscono

identità.

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La mia generazione, spesso è

chiamata

ad ascoltare.

Ho ascoltato, e mi piace farlo, sorelle

più avanti negli anni che raccontano

pezzi di storia di un Istituto, fiorente,

entusiasta, missionario,

intraprendente.

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Alcune di queste sorelle che raccontano

la loro vita, spesso con nostalgia, sono

state pioniere, hanno affrontato con

coraggio difficoltà, hanno intrapreso

strade nuove e hanno vissuto il loro

presente certe che il futuro sarebbe

stato sempre più radioso.

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A volte ascoltando, viene quasi da

dire: “Che peccato non essere state

giovani in quei tempi i cui l’età media

delle suore era sotto i 40”. Ma poi mi

guardo intorno e vedo la vita e la

possibilità che mi offre e mi dico che è

bello anche oggi.

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Cosa narrare di noi?!

Siamo entusiaste della nostra

vocazione e vorremmo viverla con

leggerezza, vorremmo intraprendere

strade ardue, nuove, vorremmo, con

coraggio, affrontare le sfide del mondo.

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Amiamo i giovani e per loro siamo

disposte a tutto, ma questo non

vuol dire che non amiamo la

comunità. Il nostro ritmo è più

veloce, facciamo più cose

contemporaneamente, ma non

siamo superficiali.

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Maneggiamo computer,

cellulari, amiamo ciò che

amano i giovani.

Ma l’amore per loro è frutto

del grande amore che

abbiamo per Cristo.

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Ci lasciamo coinvolgere dalle

situazioni, mettiamo in campo

emozioni e sentimenti ce questo ci

assorbe tante energie.

Allora a volte in comunità i vedete

stanche… ma siamo solo desiderose di

recuperare vigore, e quale luogo è

migliore di una comunità dove ci si

vuole bene?.

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Siamo chiamate suore giovani, ma la nostra

età è già un’età adulta.

È l’età della creatività ma anche della

responsabilità.

Vorremmo poter vivere in pienezza la nostra

“adultità”, con serenità. Passando ogni tappa

della vita, cogliendone le risorse e le

prospettive. Per non invecchiare senza essere

diventate adulte.

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Vorremmo fiducia e comprensione.

A volte ci sentiamo messe alla prova, ci

sembra che dobbiamo sempre

sostenere un esame.

Invece vorremmo sostegno, stima, non

perché siamo brave, ma perché ce la

mettiamo tutta.

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Riusciamo a comprendere

che a volte voi temete che noi possiamo

distruggere tutto ciò che voi avete costruito. Ma

a volte serve potare, tagliare, demolire, per far

nascere il nuovo.

Il carisma che non si rigenera, muore.

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Noi vogliamo raccontare la nostra gioia di

vivere, ma anche i nostri timori.

Non vogliamo essere trattate da figlie

uniche, da cui ci si aspetta tanto.

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Insieme a voi siamo un’orchestra.

Lo spartito è lo stesso, ma alcuni

strumenti fanno un

accompagnamento di sottofondo con

ritmo lento e regolare.

Altri fanno nuove melodie, con ritmi

differenziati.

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Proviamo grande riconoscenza

e con affetto, dico a nome di tutte,

grazie per aver servito e amato il nostro

Istituto, per averci fatto conoscere don

Bosco e M. Mazzarello, per aver dato la

vita perché noi potessimo continuare il

sogno dei nostri fondatori.

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Una sorella

della prima età

adulta.