Anfibi, il coraggio di un popolo che lotta per la riproduzione

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"Anfibi: Il coraggio di un popolo che contro mille avversità lotta disperatamente per adempiere ad un compito fondamentale per la sopravvivenza della specie: la riproduzione." Nel fumetto, alla fine di ogni capitolo, un rospo Bufo bufo femmina ci guiderà alla scoperta di questo popolo coraggioso.  Scopriremo le bellezze di un territorio unico e le varie forme di vita ancora presenti:  ululoni, salamandre, tritoni, bisce. I gamberi d'acqua vi stupiranno per la loro bellezza, così pure le lamprede, i Cotus Gobio e i numerosi pesci del fiume Livenza. Le foto accompagneranno il visitatore sia sopra che sotto il pelo dell'acqua immergendoci là dove è iniziata la storia della nostra gente, tra i reperti neolitici del Palù del Livenza e l'incredibile biodiversità ancora presente. Alfredo Marson

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«Osservare le bellezze che ci circondano è la vera arma per migliorare il nostro futuro.»

Il libro con le sue fotografie ha questa intenzione. Si rivolge a grandi e piccini con il linguaggio accattivante del fumetto, inserendo all'inizio di ogni capitolo semplici informazioni sulle località geografiche della zona teatro degli avvenimenti e sugli animali presentati. Non ha nessuna pretesa di scientificità, è solamente un lavoro divulgativo.

Questi scatti, nella loro modestia, sono dei documenti storici, testimoniano la ricchezza del nostro ecosistema, in un determinato momento.

Teatro degli eventi è l’Alto Livenza in particolare la zona di Polcenigo, le sue colline e il corso del fiume Livenza. Polcenigo è un paese che ha saputo mantenere nel tempo uno stile architettonico perfettamente in armonia con la natura nella quale è immerso. Sorgenti, risorgive, boschi, anfibi, cervi, cinghiali,

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PREFAZIONE

“La natura è un miracolo che si perpetua ogni giorno davanti ai nostri occhi, e noi spesso non riusciamo a vederlo.”Stephen Littleword.

Con il patrocinio del Comune di Polcenigo

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montagne, pesci, di certo qui la natura non manca. Nemmeno la storia si è scordata di lasciare profonde e preziose testimonianze: i ritrovamenti preistorici nel Palù del Livenza hanno meritato il riconoscimento di “Patrimonio mondiale dell’Unesco”. La migrazione dei Bufo bufo e di altri anfibi è un

evento che si ripete ogni anno quando l’inverno allenta la sua morsa.

La condivisione dei cicli di vita di questi semplici animali ha sicuramente arricchito il mio modo di vivere e la profondità dei miei pensieri. Seguendo la migrazione dei rospi, ho compreso, nelle serate buie, magari sotto una

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Tramonto a Polcenigo (PN)

Il comune di Polcenigo, situato a poca distanza da Pordenone, comprende le frazioni Coltura, Mezzomonte, San Giovanni e le località Gorgazzo, Range e Santissima.Il comune è di rilevante interesse turistico per un concorso di elementi storici, artistici, naturali, di ospitalità e di ristorazione, alcuni dei quali eccezionali. Qui ha sede il Museo dell'Arte Cucinaria, in ricordo delle generazioni di cuochi emigrate in tutto il mondo.

Polcenigo si trova a pochi chilometri dalla Foresta del Cansiglio, ottimamente attrezzata per gite e escursioni. Il suo legame con l'acqua è estremamente forte. Di indiscutibile fascino sono le

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fitta pioggia, cosa significa il senso del dovere. Vedere un popolo che rischia ogni anno la vita per poter dare un futuro alla propria specie, in un momento dove l’uomo, travolto dal progresso stenta a darsi delle priorità, è illuminante. Non abbiamo bisogno di fare feste o sagre per ammirare

gli animali chiusi in patetiche gabbie. La natura si può osservare 365 giorni all'anno appena fuori l'uscio di casa. Un mio caro amico divide l’umanità in due categorie: chi ha messo i piedi nudi sull’erba e chi non li ha mai messi: È così! Non facciamo caso alle cose, non osserviamo più, non

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La conca del Palù vista dai prati del Gaiardin (Gruppo Cavallo)

I ritrovamenti preistorici nel Palù del Livenza.

La zona paludosa del Palù, alle sorgenti della Livenza a m. 33 s.l.m. si è formata in una depressione strutturale, cioè dipendente dalla disposizione degli strati rocciosi del sottostante bacino. Le considerazioni desunte dai dati stratigrafici permettono di riconoscere che, fin dagli strati più profondi, la sedimentazione era determinata dallo sbarramento del fiume Livenza da parte delle alluvioni ghiaiose-sabbiose del conoide del torrente Cellina.Il Palù è delimitato ad est dal Col Longon alto ca. 100 s.l.m. e a ovest dalle pendici del Crep di Varda (m. 1033) e del Torrione (m. 1320), preludio del Monte Cavallo.

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siamo curiosi, raramente abbiamo visto albe e tramonti, siamo troppo presi dai nostri strumenti elettronici e travolti dai frenetici ritmi di vita.

Abitiamo in una zona ricca d'acqua, non la rispettiamo, diamo per scontato che ci sia ora e per sempre. La consideriamo un elemento ostile, non la frequentiamo, ci fa paura. Ci scandalizziamo se, in città, vicino alle cascate si accumulano strati di foglie, puntiamo il dito sentenziando che il fiume è sporco che non è un belvedere che ci sono sgradevoli odori.

Nessuno si scandalizza se l'acqua è inquinata dai numerosi scarichi fognari che ancor oggi si immettono direttamente nel fiume. Quello non si vede e…va bene. Poco importa se il fiume è in agonia se sul fondo non si trovano più preziosi macro e microinvertebrati (portasassi, larve di perla, Gammarus, etc..) tutti indicatori della salute delle acque. L'importante è che non puzzi e che non si veda!! I pescatori si mitigano con un significativo lancio di trote “in scatola” pronte all'uso e…tutti contenti.

Ancora una volta guardiamo e discutiamo del dito mentre la luna splende sopra le nostre teste e ride malinconicamente scuotendo il testone!

“Ma noi uomini siam in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani, e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non rassegnati, ma stupidi, il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile”. Ecco ho scomodato anche A.Manzoni.

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I l Livenza a San Giovanni di Polcenigo

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Il tardo inverno e la primavera sono periodi straordinari per gli anfibi e gli altri animali: è tempo di riproduzione.

Rane e rospi prendono d'assalto i fossetti della pedemontana nei pressi della Santissima.

Le salamandre in collina scendono a cercare nelle giornate piovose e soprattutto di notte i numerosi rivoli con acqua corrente e pulitissima per partorire in acqua i loro piccoli.

I tritoni cercano le pozze di acqua stagnante ma ben ossigenata, per deporre le uova.

Gli ululoni (piccoli anfibi dal ventre giallo) si accontentano delle pozzanghere nel bosco.

Le neanidi delle libellule gradualmente metamorfosano risalendo dall'acqua avvinghiandosi agli steli delle piante acquatiche. Abbandonano le loro vecchie spoglie e volano lentamente via.

Stessa cosa accade ai portasassi (larve di tricottero) e alle numerose larve acquatiche presenti sul fondo dei rigoli d'acqua quando la stagione si intiepidisce.Nuvole di regali effimere sorvolano inosservate le nostre teste.

Trote e temoli hanno già deposto nelle sempre meno presenti “freghe” e i maschi delle lamprede scavano le loro buche spostando i sassi con la bocca a ventosa per accogliere la deposizione delle femmine.

I Cotus gobio attaccano sotto i sassi le loro uova rosse sorvegliandole attentamente.

Un mondo in movimento, un mondo che adempie la missione della loro vita: la perpetuazione della specie.

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Schiusa di effimera

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Come non sbalordirci? Come restare indifferenti difronte a un fatto straordinario come la nascita.

Se la morte è un evento certo, una grande falce che pareggia tutte le erbe sia quelle buone sia quelle cattive, un grande atto di democrazia, un generoso cedere spazio ad altre vite, la vita che sorge è un evento straordinario.

La natura che si rinnova, che fa il pieno di nuove speranze, che sgomita per rivendicare il proprio spazio. Conoscenze che si sommano ed evolvono, geni riscritti e migliorati resi più forti e sapienti grazie alle esperienze di generazioni passate. La fine della vita è una passaggio di testimone con una pacca sulla spalla, un continuare una strada faticosamente percorsa.

La straordinaria ricchezza che tutti noi abbiamo, è che i nostri avi vivono in noi, nel nostro DNA.

Un brulichio di vita nella tarda primavera improvvisamente si offre ai nostri occhi. Migliaia di piccoli girini metamorfosano nel giro di poco tempo. Giovani vite di pochi millimetri danno vitalità ai prati e ai boschi vicino ai fossi. Piccole infinitesimali creature compiono balzi straordinari che farebbero

arrossire di vergogna i migliori campioni dell'atletica. Dove andranno? Mistero! Probabilmente si disperderanno nella zona per avere maggiori probabilità di sopravvivere.

Nelle colline le giovani salamandre da poco nate, avranno il loro periodo di maturazione e apprendistato nelle pozze, per poi salire, una volta mature, nel bosco per vivere le loro vite. Idem per i tritoni.

I piccoli di ululone, nascono più velocemente tanto più rapidamente si riscalda l'acqua delle pozzanghere. Una chance in più di vita.

Scorrono i capitoli del libro, lanciano qualche timido ma importante messaggio e, spero, facciano intravedere quell'alone di magia che non ho voluto deturpare con frasi polemiche. Avrei potuto calcare la mano sulla presenza di un depuratore posto all’inizio del rio Brosa a Budoia. Collocazione sicuramente infelice.

Potrei distribuire a piene mani la frustrazione che provo ogni volta che guardo il ramo vecchio del Livenza spesso prosciugato da una gestione delle acque a dir poco faziosa. La centrale del ramo nuovo (tratto che attraversa il Longon) si trattiene tutta l’acqua.

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viiI l Gorgazzo a Polcenigo

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Che sbadati i nostri politici!

Non alimenterò nemmeno polemiche sulla difficoltà di far capire ai nostri amministratori che realizzare i sottopassi nel tratto stradale di Polcenigo è un atto di civiltà e di risonanza turistica. Un’opera che ci farebbe avvicinare alla sensibilità e al rispetto di altri paesi Europei, in primis dei nostri amici austriaci.

Tante altre forme di vita legate all’acqua saranno coprotagoniste di questo nostro lavoro. Vite che certificano l’unicità del nostro territorio, che ci spingono a tutelare e a far conoscere la ricchezza dei nostri ecosistemi.

Un’eredità purtroppo corrosa in quest’ultimo secolo da una gestione del territorio e del patrimonio faunistico non esente da gravi responsabilità collettive.

“C'è un'emozione più grande di uccidere: lasciare in vita.” - J.O. Curwood

Sono convinto che la maggior parte dei cacciatori, dei pescatori, sia riguardosa delle rispettive regole e non eserciti il suo hobby (come suona male questa parola, peggio ancora se il termine viene affiancato dalla parola sport o sportivo) esclusivamente con l'intenzione di mangiare la preda.

Cacciatori e pescatori lo fanno per restare a contatto con la natura e godersene le sue bellezze. Chiaramente sbagliando parecchio. Posso comprenderli, pescavo anch'io, ho sbagliato alla grande; questo però è un retaggio dei tempi nei quali vivevo. Eri bravo, eri importante se catturavi, se uccidevi; l’uomo procacciatore di cibo! Cercavo la preda da fotografia. Passati però gli ormoni della gioventù, passato il fascino dell'uomo cacciatore, del surplus di autostima che la cattura distortamente ti fornisce, ti appare la realtà nuda e cruda.

Salvi il salvabile, ovverosia le esperienze fatte in riva al fiume o tra i boschi, le tante albe intraviste, il brivido che precede il sorgere del sole.

Tenti di rimuovere le nefandezze legali che facevi, le teste dei pesci sbattute per non farle soffrire (pensa te!), gli strappi che davi per conficcare l'amo nella bocca del pesce.

Ora con la saggezza del tempo che scorre, vedo le cose da un'altra angolatura. Ho sempre la stessa malattia, l'acqua, i pesci, la natura, mi limito però a sparare con un click della macchina fotografica e a portare a casa,

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nella mia memory card, tutte le prede comprese le specie vietate e quelle sottomisura.

Il bello è che la volta dopo gli animali li ritrovo sempre, o meglio quasi sempre, e questo mi da una gioia straordinaria. Mi arrabbio se ho la certezza che qualche pescatore ha catturato quel pesce che quasi ero riuscito ad accarezzare. Provo tristezza ma mi rincuora il fatto che vedo sempre meno pescatori e cacciatori. Proietto questa mia speranza nel futuro e nelle nuove generazioni.

Un’altra modo di intendere la pesca è possibile. La pesca a mosca, la pesca con gli artificiali, rinunciare all’ardiglione e anche all’amo è fattibile e auspicabile. Allora si che i pescatori potrebbero essere a pieno le sentinelle dell’ambiente.

La parte più interessante della pesca è la ricerca del pesce, sentire come si dice in gergo che ti ha “dato”, che il ragionamento che hai fatto sulla possibile presenza della trota in quel dato anfratto del fiume era corretto: avere la certezza, con l’abboccata, di aver costruito un artificiale talmente reale e di averlo posato delicatamente sul filo della corrente in modo da ingannare anche il temolo più furbo. Non serve più conficcare l’amo nelle carni e recuperare la preda

facendola soffrire. Non serve più uccidere il pesce. Se rubo la palla a dei ragazzini che giocano a calcio, rubo il loro divertimento, se tolgo il pesce dal fiume….

Il pescatore che porta a casa le trote si frega la palla, impoverisce il fiume e limita la sua passione.

La caccia prevede un ragionamento molto diverso. Personalmente ritengo l’uccisione di liberi animali un atto indegno che lede la sensibilità della maggioranza delle persone. Un tempo si cacciava per mangiare, ora per puro divertimento: intollerabile.

“Verrà il tempo in cui l'uomo non dovrà più uccidere per mangiare, ed anche l'uccisione di un solo animale sarà considerato un grave delitto...” - Leonardo da Vinci

L’argomento è molto dibattuto e non pretendo di avere la verità in tasca. Nessuno, tra l’altro, può negare che meno armi ci sono in giro meglio è per tutti. In ogni caso sia i naturalisti, i pescatori ed i cacciatori hanno in comune l’interesse per un ambiente più prospero, non inquinato, meno cementificato e ricco di aree ripariali. Partiamo con le nostre diversità da questo comune denominatore.

Finora gli ambientalisti sono stati visti come fumo negli occhi e oggetto di derisione. Noto con gran piacere che

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il vento è cambiato, ora le nuove generazioni hanno maggiore cultura, sono più sensibili al rispetto dell'ambiente e sanno dire la loro cavalcando proteste civili.

La politica finora ha raccolto vagonate di voti da cacciatori e pescatori e ha venduto l'anima al diavolo per questo consenso. Spero tutto questo sia finito.

Bando alle malinconie, sono sicuro che ce la faremo. Godiamoci questo scorcio di natura offerto dal libro per poi viverla nella realtà!

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Enrico Chisari (clicca sull’immagine

per leggere l’intervista)

Alessandro Sperotto(clicca sull’immagine

per leggere l’intervista)

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Nebbia o “caligo” alla Santissima

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Pochi eventi della vita colpiscono in maniera significativa come la migrazione degli anuri nei mesi tardo invernali. È un chiaro richiamo della natura che spinge un'intera popolazione di rane e rospi a scendere dai comodi rifugi invernali fino alle zone d'acqua per la riproduzione. Quando l'inverno allenta la sua gelida morsa, nelle serate umide o ancora meglio piovose, una moltitudine di Bufo bufo, rane rosse e rane verdi scendono a valle singolarmente oppure già accoppiati, con il maschio

rigorosamente sopra alla femmina, per deporre numerose uova nei fossetti di acqua pura che caratterizzano questa zona dell'Alto Livenza.

Cornice più bella per questo accoppiamento non potrebbe esserci: una montagna che degrada non troppo dolcemente e dai piedi di questo rilievo, esce come per incanto un fiume. Non un rivoletto d'acqua, ma un fiume bello formato.

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DALLA MONTAGNA ALL'ACQUA

La Santissima di Polcenigo (PN), dove nasce il Livenza

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Un fiume che nasce fiume...

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La natura ci offre questo straordinario colpo d'occhio al quale forse ci siamo ingiustamente abituati. Se solo potessimo immaginare il percorso di queste acque nascoste, raccolte dalle numerose crepe carsiche nella conca del Cansiglio (monte Cavallo), assorbite per

incanto dalla montagna e rigettate a valle attraverso percorsi ancora misteriosi, non potremmo che riflettere ancora una volta sulla complessità delle cose che ci circondano.

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La piana del Cansiglio - Val Menera

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15Il Percorso dell’acqua (clicca sull’immagine per l’approfondimento) foto: A. Sacilotto - Gruppo Speleologi Sacilesi - GSS

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L'acqua del fiume Livenza nasce da queste sorgenti che da ovest verso nord-est sono:

16Mulinetto (clicca la foto per l’approfondimento e a destra l’icona per la geolocalizzazione)

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17Col de Rust (clicca la foto per l’approfondimento e a destra l’icona per la geolocalizzazione)

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18Coda Molla (clicca la foto per l’approfondimento e a destra l’icona per la geolocalizzazione)

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19Santissima (clicca la foto per l’approfondimento e a destra l’icona per la geolocalizzazione)

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20Sorgente degli occhi (clicca la foto per l’approfondimento e a destra l’icona per la geolocalizzazione)

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21Gorgazzo (clicca la foto per l’approfondimento e a destra l’icona per la geolocalizzazione)

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Esse si rincontreranno per dare luogo al fiume Livenza poco più a sud dopo il Col Longon (Zona ampiamente deturbata negli anni 80 da una ristrutturazione selvaggia dell’alveo del fiume Livenza).

Le acque sono, però, probabilmente troppo fredde per deporre le uova (9°costanti tutto l'anno) e gli anfibi le utilizzano per una funzione di trasporto. È una grande autostrada che li distribuisce nei numerosi fossetti ad acqua più temperata (almeno nella parte centrale della giornata) della Conca del Palù.

Quest'ultima è una zona ricca di storia da poco patrimonio dell'Unesco importantissima soprattutto per i reperti paleolitici ritrovati a testimonianza di antichissimi

insediamenti umani. È una zona bonificata negli anni

dall'uomo per debellare la malaria creando numerosi

fossi per far defluire le acque

e proprio questi tiepidi corsi

d'acqua sono i luoghi di deposizione di rane e rospi.

Il rospo comune Bufo bufo è relativamente grande (5-7 cm nei maschi, le femmine 7-12 cm) presenta due grosse placche ghiandolari cutanee proprio dietro gli occhi, quest'ultimi di colore arancio con pupilla nera schiacciata orizzontalmente. La pelle è molto coriacea e ricoperta di verruche. È insettivoro, si riproduce una volta all'anno: febbraio-marzo in pianura e giugno in montagna. In natura vive circa 15 anni ma può superare anche i 30 anni di vita. Raggiunge la fertilità dopo 3-5 anni di vita. Si avvicina ai corsi d'acqua camminando con perfetta coordinazione degli arti anteriori e posteriori, supera facilmente le varie asperità del terreno. I maschi spesso si fanno trasportare dalle femmine già oberate da una pancia gonfia di uova. Non sono rare le liti tra maschi per salire sulla schiena della femmina. I maschi spesso emettono i loro suoni di richiamo (gruk, gruk). Questo canto alimenta la magia della notte.

Le testimonianze dei nostri nonni purtroppo ci confermano che la specie si è di molto rarefatta soprattutto a causa della pressione antropica.

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Clicca qui per ascoltare il canto del rospo Bufo bufo

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Strade da attraversare, inquinamento di acqua e terra, riduzione dei corsi d'acqua. Il loro areale che un tempo si estendeva per gran parte delle zone umide dell’Alto Livenza e della montagna si è drasticamente ridotto.

Gli anfibi per raggiungere la loro meta devono attraversare una strada trafficata che miete numerose vittime a ogni migrazione e contromigrazione. Infatti, una volta deposto, sia gli adulti che i piccoli, devono ritornare in montagna con gli stessi pericoli dell'andata.

Numerose persone sensibili della zona, ogni anno si organizzano per tentare di risolvere il problema.

Da molti anni realizzano nel mese di febbraio una barriera lunghissima che blocca i rospi poco prima dell'asfalto. I volontari si alternano, muniti di fonti luminose e contenitori, per portare gli anfibi al di là della strada regalando loro la possibilità di riprodursi e metà salvezza. L'altra metà se la giocheranno risalendo, a deposizione

avvenuta, più leggeri e veloci verso la montagna.

Unitamente a questo “Gli amici dei rospi di Polcenigo” sensibilizzano le autorità per un intervento definitivo e risolutore: la realizzazione di appositi tunnel sotto la sede stradale che

permetterebbero un sicuro passaggio a rospi e ad altri

piccoli animali.

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Clicca sull’immagine per l’approfondimento con l’intervista al Prof. Mario Cosmo anima degli Amici dei rospi di Polcenigo Foto Fabio Bidese

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Rana verde Klepton esculenta

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Poco prima dei rospi migrano le rane rosse di Lataste. Sono più piccole, più agili e scattanti rispetto ai rospi, hanno delle zampe posteriori lunghissime e preferiscono viaggiare singolarmente anche se è facile trovarle già accoppiate con il maschio rigorosamente sopra.

La loro vita dura relativamente poco: circa 3 anni.

Sulla pancia la rana di Lataste presenta una striscia bianca longitudinale ben evidente che forma una T

rovesciata. Il ventre è biancastro con piccole macchioline nere. Il dorso è variabile generalmente brunastro-rossastro. Il muso è appuntito. Timpano più piccolo dell'occhio.

Come i rospi, la rana di Lataste è insettivora e si riproduce in febbraio- marzo.

I maschi in amore emettono dei suoni subacquei per richiamare le femmine e per delimitare il territorio.

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CI SIAMO ANCHE NOI

“L'autunno è un andante grazioso e malinconico che prepara mirabilmente i l solenne adagio dell' inverno.”

George Sand

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I numerosi fossetti della Conca del Palù

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È una specie protetta nel Friuli Venezia Giulia dalla legge regionale 10/2003. Le popolazioni del FVG sono tra le più abbondanti d'Italia.

La conservazione di questa specie assume, pertanto straordinaria importanza.

Le rane verdi si riproducono più tardi rispetto alle rosse e ai rospi e generalmente non si allontanano molto dall'areale di riproduzione. Le specie presenti sono di difficile classificazione date le numerose ibridazioni che hanno avuto nel tempo.

La rana ibrida dei fossi o rana Klepton esculenta è di taglia media o medio grande 10/12 cm. I sacchi vocali bianchi o biancastri. Zampe posteriori lunghe.

È la più diffusa nell'Italia del Nord e occupa generalmente i fossi di pianura e anche le aree agricole

e industriali più compromesse e disturbate. Insettivora,

gregaria, amante del sole, molto vocifera.

La rana di Lessona o rana verde minore è più piccola, colorazione verdastra brillante con macchie nere e gialle, zampe posteriori più corte della Klepton, sacchi vocali color bianco puro. In FVG è molto diffusa nelle torbiere e negli ambienti palustri poco disturbati dall'uomo.

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Clicca qui per ascoltare il canto del rana di Latestei

Rana verde di Lessona

Clicca qui per ascoltare il canto del rana verde di Lessona

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Spesso forma popolazioni miste con Klepton. È gregaria, vocifera, poco legata all'acqua, predilige torbiere e prati umidi ad elevata naturalità. Può costituire popolazioni pure senza ibridazioni.

La rana rossa scende dalla montagna prima dei rospi e delle rane verdi che migrano per ultime. Al rientro essa trova ancora le barriere protettive che le impediscono la risalita. Si verifica pertanto un problema di non semplice soluzione: rospi e rane verdi che scendono, rane rosse e anche rospi a deposizione precoce che risalgono. I volontari devono destreggiarsi ai bordi della trafficata strada pedemontana raccogliendo

il possibile e assistendo impotenti allo schiacciamento di numerosi anfibi in risalita.

Gli automobilisti non facilitano la situazione dimostrando spesso poco senso civico. La situazione che si crea è di estremo pericolo sia per i volontari, sia per gli stessi automobilisti. A volte, essi, frenano per non investire gli anfibi, altre volte sfrecciano via mettendo in pericolo i volontari poco visibili di notte nonostante pile e giubbotti fosforescenti.

Queste tre rane sono molto diffuse nei nostri areali.

L’acqua che nasce costituisce un patrimonio di straordinario valore per le nostre terre, terre di risorgiva.

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Olla di risorgiva (clicca sull’immagine per l’approfondimento)

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Osserviamo alcuni scorci di quelle presenti nel territorio di Polcenigo:

47Acqua Molle (clicca la foto per l’approfondimento e a destra l’icona per la geolocalizzazione).

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48Riva Alta (clicca la foto per l’approfondimento e a destra l’icona per la geolocalizzazione)

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49Col Molletta, Col Longon e Colle San Floriano

(clicca la foto per l’approfondimento e a destra l’icona per la geolocalizzazione)

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«Tra il Col Longon, il Col Molletta e San Floriano si estende una zona estremamente interessante.La zona agricola declina bruscamente e ai piedi di questa depressione le terre trasudano l'acqua, i prati diventano cariceti e la natura si riappropria disordinatamente del territorio. È un disordine di una straordinaria bellezza, il caos che ha permesso l'evoluzione delle varie forme di vita.

Lingue d'acqua galleggiano su un terreno formato da fango, foglie, rami secchi caduti per alimentare la terra. Qui trovo la mia religione, il mio concetto di ordine, di rispetto, di serietà. All'improvviso si materializza un piccolo laghetto, guardando meglio mi accorgo che è uno slargo del rio che sorge ai piedi del Col Molletta. Mi oriento, riconosco questi cariceti e questa acqua: a breve si immetterà nel Livenza. Finalmente ho quadrato il cerchio della mia ignoranza geografica.

Tracce di animali fedeli ai soliti passaggi animano e completano il paesaggio. Alla mia destra assaporo tutta questa vita, alla mia sinistra vedo la morte scorgendo le numerose altane. Vita e morte. Serietà e gioco. Ottimismo e pessimismo. Le contraddizioni dell'uomo mi appaiono in modo estremamente lucido. Non condanno, analizzo anche le mie contraddizioni.

Attraverso questi spazi con la curiosità di un bambino, in questo momento vorrei avere accanto tutti gli alunni della mia scuola per dire loro… niente: lascerei fare alla natura. Natura docet. Poco più in là il fiume Livenza lambisce il Col Longon. Cervi, cinghiali e altri animali si rifugiano tra la ricca vegetazione di questo colle e all'imbrunire numerosi esemplari si spostano attraversando il fiume sui prati limitrofi al Col Molletta e San Floriano. All'improvviso da un boschetto di platani noto la sagoma di un cervo, mi fermo, si ferma, mi guarda e poi si inabissa nella fitta vegetazione. Dal Colle sento il rumore disordinato di qualche cinghiale. Proseguo camminando sul greto del Livenza. Intravedo delle chiazze bianche, ghiaia da poco smossa. Sono le “freghe” delle trote fario e marmorate. Al primo scuro di luna del mese di novembre i primi esemplari risalgono il fiume per raggiungere queste acque poco profonde, pure e riccamente ossigenate per deporre le uova. Numerose sono queste chiazze. Anche in questo caso però c'è una velatura di tristezza e di malinconia nei miei pensieri: l'acqua è bassa, troppo bassa, non giustificabile solamente con la siccità del periodo…l'uomo ancora l'uomo…se quella benedetta centralina non fregasse tutta l'acqua!! Ecco i danni della

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cattiva gestione del territorio: si alterano i cilcli della natura. Alla mia sinistra vita alla mia destra ancora altane. Vita e morte si rincorrono continuamente. La mia passeggiata continua fino alla confluenza del Gorgazzo con il Livenza. Vengo subito rapito dalla limpidezza delle acque e dalle numerose chiazze bianche sul fondo. Mi riprometto di scattare a breve qualche foto immergendomi in queste acque…realizzo che sto invecchiando e che non sarebbe una buona cosa… sicuramente lo farò! Risalgo il torrente Gorgazzo, vedo le opere dell'uomo un tempo realizzate per sfruttare

l'acqua nella produzione invernale di erba: le marcite. Saggezza dei nostri precursori ora abbandonata e travolta da un progresso non sempre necessario.

Ancora acqua, ancora vita.»

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52Rio Fontaniva (clicca la foto per l’approfondimento e a destra l’icona per la geolocalizzazione)

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53Rio Schiavozit (clicca la foto per l’approfondimento e a destra l’icona per la geolocalizzazione)

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Bufo bufo: la deposizione

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Cordone di uova di Bufo bufo

L'arrivo nel fossetto è liberatorio per rane e rospi; è il luogo dove gli anfibi deporranno le loro uova, quest'ultime si schiuderanno liberando come per magia numerosissimi girini che satureranno l'ambiente acquatico. Si ciberanno di vegetali e saranno cibo per numerosi frequentatori abituali di quegli spazi.

Prede e predatori, il solito discorso che si ripete. La crudele guerra che si realizza dentro e fuori

dall'acqua è argomento ricorrente del fumetto e ripropone ancora una volta i temi della vita e della morte.

La ricchezza di specie presenti nell'ecosistema fosso è fonte di stupore.

Esiste un delicatissimo equilibrio tra le popolazioni presenti che potrebbe in ogni momento essere spezzato dalla mano dell'uomo: un piccolo inquinamento in questi luoghi sarebbe una nuova Hiroshima e Nagasaki.

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FINALMENTE IL FOSSETTO!

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Rospi Bufo bufo in fuga.

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Il tutto passerebbe inosservato. Chi se ne accorgerebbe? Chi mai osserva un fossetto?

«Una sera dopo il solito giro per raccogliere i numerosissimi anfibi fermi sulle barriere, sotto una pioggia battente, verso le due, bagnato per bagnato mi recai armato di pila, macchina fotografica e numerose speranze nelle zone d'acqua sottostanti per vedere se i fossetti si animavano di rane e rospi.

Notai che l'acqua era torbida a causa della pioggia che dilavava la terra dei campi e con stupore vidi che numerose coppie di rospi Bufo bufo e rane rosse erano con la testa fuori dall'acqua in curiosi atteggiamenti. Rispondevano allo sguardo indiscreto della mia pila e soprattutto…non scappavano. Era un'occasione più unica che rara per scattare delle bellissime e curiose foto. Al primo click maledii il mio innato disordine!

Mancava la MemoryCard! Niente foto. Potevo farmi scappare un'occasione del genere? No! Rientrai velocemente a Sacile, congedando Fabio che mi ha ricordato, ma già lo sapevo, che non ero per niente a posto, e nel giro di mezzora ero di nuovo lì pronto a cogliere l'attimo che per poco non fuggiva davvero. Quella è la genesi di gran parte delle foto di questo capitolo. Una serata bagnata ma indimenticabile.»

La deposizione della rana rossa di Lataste è inconfondibile, degli agglomerati formati da centinaia di uova sostenuti dai rametti sommersi. La deposizione è un fatto collettivo pertanto si osservano tutti questi ammassi vicini uno all'altro. Dopo la deposizione, le rane rosse si disperdono nell'ambiente circostante o ritornano in montagna.

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Ovature rana di Lataste

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Il rospo Bufo bufo invece depone dei cordoni lunghi sino a 5 metri che racchiudono una doppia fila di uova larghi circa 1/2 cm attorcigliandoli attorno alla vegetazione.Il maschio è sempre in schiena alla femmina e per ore essi adempiono a questa loro missione subacquea in un continuo su e giù per ancorare questi cordoni alle alghe del fossetto.

Circa 6000 uova verranno deposte dalla femmina.Anche i Bufo bufo dopo la deposizione rientreranno nei loro rifugi invernali affrontando un'ulteriore rischio nell'attraversare la strada.

È curioso osservare sotto acqua la coppia di rospi, con accanto un altro maschio in un atteggiamento inequivocabile, che io chiamo “faccia da sberle” rendendo abbastanza l'idea. In pratica vorrebbe subentrare all'altro maschio nella coppia già formata.

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Ovature rospo Bufo bufo

Maschio di Bufo bufo

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Si irrigidisce impettendosi e assume uno sguardo veramente provocatorio.

Se ci avviciniamo con movimenti lenti e rispettando la privacy delle coppie che stanno deponendo potremmo osservare con quanta delicatezza e

lentezza srotolano i cordoni di deposizione.

Un paziente e lento lavoro che dispenserà vita a circa 6000 giovani rospi.

La natura non sarà così generosa nell'offrire

a tutti una vita

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duratura, gran parte di questi 6000 sarà cibo per altri animali, un'altra parte renderà più fertile la terra, quei pochi che sopravviveranno avranno il privilegio di combattere contro tutto e tutti per tornare tra qualche anno, una volta raggiunta la maturità sessuale a procurare vita ad un'altra generazione. Nel frattempo noi potremmo arricchirci rubando

preziosi insegnamenti sulla tenacia e sui valori delle loro azioni. Tutti noi dovremmo essere ammirati da questi cicli naturali, dovremmo tutelare queste residue zone ripariali dove tante piccole forme di vita raggiungono la maturità

sessuale per poter perpetuare la specie.

Nel caso dei nostri piccoli anfibi, basta una

strada asfaltata da attraversare e una giornata di sole per

sterminare un'intera

generazione.

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Bufo bufo: la deposizione

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Rana verde a fine maturazione

Osservando attentamente il fossetto di giorno, quando l'acqua è bella limpida, possiamo notare la notevole presenza di altre forme di vita. Innanzitutto i pesci: numerose scardole e qualche bella tinca si intravedono fuggenti tra la vegetazione del fondo.

Quegli strani animaletti che si vedono pattinare sul pelo d'acqua sono degli insetti chiamati Gerridi e sono dotati di peli idrofughi proprio per non affondare.

Sono una famiglia di insetti dell’ordine degli Eterotteri.

Sempre dello stesso ordine sono la Nepa cinerea detto lo scorpione d'acqua e la Notonecta i cui arti posteriori sono trasformati in robusti remi. Essi, cacciano all'agguato numerosi insetti, larve acquatiche e probabilmente anche piccoli girini. Sono a loro volta predati dalla terribile larva di Ditiscus, un coleottero acquatico, detta la “Tigre dei fossi” per la

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ECOSISTEMA FOSSO

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Giovane rana di Lataste.

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spietatezza nel cacciare. Non risparmia nemmeno i girini anche di notevoli dimensioni. Si sviluppa in un grosso coleottero Dytiscus marginalis capace di volare per lunghi tratti e di rimanere sotto acqua per parecchio tempo sfruttando depositi di aria che usa come riserva di ossigeno. Iniettando un liquido paralizzante può cacciare insetti e animali molto più grandi di lui: ad esempio le rane.

Tra gli aracnidi la Argyroneta aquatica, detta ragnetto palombaro, utilizza una campana di seta che fa, in tutto e per tutto, le stesse funzioni di una tradizionale bombola di ossigeno utilizzata dai sub per le immersioni. Questo materiale risulta essere un ottimo filtro che si sgonfia solo

dopo un giorno intero quando il ragno palombaro deve fare una breve capatina in superficie per assicurarsi una nuova dose di ossigeno.  

Nel fondo dello stagno notiamo numerosi molluschi. Il Viviparus contectus è sicuramente tra i gasteropodi più appariscenti, è viviparo e detritivoro.

Altra presenza importante è quella dei Tricotteri ordine di insetti ben noti per l'astuccio che si

costruiscono attorno al proprio corpo. L’astuccio è formato da piccole scaglie di sasso nelle zone di corrente, oppure realizzato con materiale

vegetale nei fossetti

come il nostro.

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Alcuni sono filtratori delle acque, altri si nutrono di elementi vegetali, altri cacciano insetti o piccoli invertebrati.

A maturazione, nei mesi caldi, la larva si trasforma in pupa e successivamente emerge l'insetto già formato con la caratteristica forma delle ali a capanna, con due lunghe antenne e tre paia di zampe. Sono alimento molto ricercato dai pesci della zona in

particolare trote e temoli, sia nello stadio subacqueo che in quello terrestre, quando cadono accidentalmente in acqua o nella delicata fase della trasformazione.Tutte queste forme di vita svolgono funzioni importantissime e, in generale, sono indicatori della purezza delle nostre acque.

Maggiore è la loro presenza per numero e varietà di specie maggiore è la purezza dell'ecosistema.

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Argyroneta aquatica

Gerridi

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«È sicuramente un gennaio del tutto anomalo, temperature miti, piogge abbondanti, neve... poca... rispedita subito a valle dalle anomali sciroccate. Dopo aver traghettato le poche rane rosse e due maschi di Bufo bufo, come da abitudine per finire in bellezza la serata mi reco al fossetto che decorre parallelo alla strada pedemontana per poi inoltrarmi nel fitto bosco che porta ad altre zone d’acqua.

Cosa cerco? Innanzitutto osservo gli anfibi; di notte rane e rospi si possono osservare molto bene. Se l’acqua è un po’ torbida, assumono posizioni curiose.

La presenza, vista o sentita di cervi e cinghiali, è poi veramente emozionante.

Accadono di notte, cose che non ti aspetti ma che io avrei dovuto sapere: i pesci illuminati, non scappano! Le leggende dei bracconieri, della pesca di frodo, delle notti passate dai vecchi pescatori fiocina in mano e pila per illuminare e poi catturare il pesce…finalmente ho realizzato che, puntando la pila in acqua, potevo con tutta calma osservare tutti quei pesci che durante il giorno, appena intravisti, mi lasciavano con un palmo di naso. Sgardole e piccoli pesciolini molto affusolati sono le

prime presenze individuate. Si muovono lentamente e non sembrano infastiditi dalla mia presenza. Scorgo la sagoma di qualche tritone, ma non ne sono sicuro. I primi precoci arrivi di Bufo bufo maschi si osservano sul fondo come al solito impettiti e ansiosi di incontri femminili.

Ecco una bella presenza: la tinca! Pinneggia indisturbata rasente al fondo. Quando il fosso diventa saturo di ovature degli anfibi, accade il fenomeno ricorrente della moria di numerosi pesci probabilmente per avvelenamento o asfissia. Avevo già visto tinche morte.

Continuo la mia ricerca…ancora sgardole… forse tritoni…un’altra tinca piccola. Illumino l’altra sponda, una forma affusolata, sottile, con l’occhio che riflette il raggio di luce, non può che essere lui…il predatore delle acque: Il luccio. Bellissima sorpresa, un piccolo di luccio, straordinario!

Continuo più motivato, più prudente, più furtivo; due rami caduti in acqua stimolano la mia curiosità, vedo un altro luccio, con calma lo illumino, si sposta un po’ a casaccio, alla fine si ferma proprio davanti ai miei piedi, lo osservo in tutta la sua bellezza, è giovane, ha il becco lunghissimo, piano piano si nasconde sotto le foglie.

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Continuo, osservo la sabbia sul fondo: si muove lentamente, è un’olla di risorgiva, l’acqua ribolle lentamente. Poco più in là un’altra tinca attira la mia attenzione, ma no…non è una tinca, osservo la magnifica pinna che ha sul dorso, non può che essere un… temolo!! Chi l’avrebbe mai detto? Un temolo risalito dal Livenza per deporre in queste acque leggermente più tiepide, veramente sorprendente. Quanto vale quello che ho visto? Quanto valgono queste vite? Quanto vale questa biodiversità? Temo, temo che il valore di queste vite sia direttamente proporzionale all’ampiezza della nostra cultura, della nostra etica, del nostro rispetto.

Non ho nemmeno la macchina fotografica, che fotografo scalcinato, dilettante… tutto sommato una scusa in più per ritornare qua! Spero di ritrovare un’acqua così limpida!

Proseguo, mi faccio largo tra i rami, illumino, frugo con la luce rubando l’intimità notturna del fossetto. Eccola questa è sicuramente una tinca, che bella, non riesco a percepire i colori, me l’immagino verde scuro con riflessi giallo oro, resta ferma, non scappa, si avvicina lentamente, si infila sotto il fango, emerge solamente con

una parte della schiena, mezza pinna caudale e quella dorsale…che foto!!!!!! Ahhhhhhhhh

Sono arrivato alla fine del fossetto, illumino :solo foglie di platano, un tappeto di foglie che tra non molto si affollerà di rospi Bufo bufo, rane rosse e verdi, voracissime neanidi di libellule, terribili larve di Ditiscus. Tutti intenti a sgomitare, tutti delicati e sofisticati ingranaggi di un orologio che per funzionare ha bisogno di ogni pezzo, tutti egualmente importanti, fondamentali.

L’intreccio di queste acque, sorgenti come per incanto qua e là in questa zona denominata “coda molle” è mirabile, fa pensare ad un sofisticato gioco di squadra; acque correnti, acque stagnanti, acque di risorgiva, acque che gelano, acque che non gelano, tratti che vanno in secca, altri mai, ogni forma di vita trova il suo habitat ideale. Ogni forma di vita è fondamentale per la sopravvivenza delle altre. Siamo abbastanza consapevoli del significato di quest’ultima frase?»

Dopo circa due, tre mesi dalla deposizione, rane e rospi raggiungeranno una metamorfosi completa che porterà alla nascita di un esserino di pochi millimetri, dotato di una incredibile vitalità. Nelle ultime fasi della maturazione, la piccola rana o il piccolo rospo, vivranno solamente grazie alle sostanze

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che derivano dal graduale riassorbimento della coda. Una volta mangiatasi la coda, approfittando di un periodo piovoso, abbandoneranno i fossi nativi per disperdersi nell'ambiente circostante. La cosa sorprendente è che il loro sviluppo ricalca perfettamente il loro cammino evolutivo. Le conquiste succedutesi in milioni di anni vengono ripercorse a velocità supersonica in 60 giorni.

Dal girino erbivoro si è ora passati alla rana o al rospo insettivoro.

I prati e il sottobosco limitrofo ai fossetti, scelti per la deposizione, nel mese di giugno, improvvisamente e solo per alcuni giorni, si animeranno di un brulichio di piccoli esserini saltellanti.

93“Esserini saltellanti”

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Tandem di Sympetrum fonscolombii

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Neanide di l ibellula

Questo capitolo è dedicato alle ….. polemiche. La millenaria questione delle catene alimentari, del chi mangia chi, si affaccia ancora una volta, nei nostri racconti; lo fa per bocca delle libellule che cadono in palese contraddizione quando lamentandosi dei rospi che se le mangiano, vengono pizzicate da uno scatto fotografico impietoso a divorare voracemente un insetto. Proviamo a scoprire da dove provengono queste libellule.

Appartengono all'ordine degli odonati (da odontognati: dotati di mandibole dentate). La prima parte della loro vita è acquatica, dall'uovo si schiude una piccola vorace larva chiamata neanide che si trasformerà poi in ninfa. Questa è caratterizzata dalla presenza delle pteroteche ovverosia degli astucci alari. Neanide e ninfe si nutrono di invertebrati acquatici ma anche di girini e avannotti. Per catturare le prede usano un'arma temibile: la maschera.

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È L'ORA DELLE POLEMICHE

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Libellula depressa femmina.

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Tenuta ripiegata sotto il corpo, visibile solo di profilo, nella cattura viene rapidamente proiettata in avanti e non lascia scampo alla preda.

Con un po' di fortuna si possono osservare delle ninfe di libellula pronte, nelle giornate calde di aprile, a trasformarsi in esemplari adulti di Libellula depressa, la specie più precoce ad apparire. Il periodo si sovrappone proprio alla schiusa delle uova degli anfibi. L'esuvia, che resta appesa agli steli emersi della

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Orthetrum brunneum maschio

Metamorfosi di Sympetrum striolatum.

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vegetazione del fossetto, è la testimonianza dell'avvenuta metamorfosi.

Nel corso della stagione il fossetto farà da culla a numerose altre specie di odonati sia della categoria degli Anisotteri che dei Zigotteri. Senza entrare troppo nei particolari gli Anisotteri sono caratterizzate principalmente da un corpo più imponente e dalle ali che a riposo vengono tenute orizzontalmente al corpo. Gli occhi si congiungono al centro del capo.

Hanno spiccati comportamenti territoriali e sono straordinari volatori.

Gli Zigotteri invece sono più esili hanno un volo svolazzante, come le farfalle per capirsi. Le ali a riposo vengono chiuse lungo l'esile corpo, gli occhi sono laterali ben distanti tra loro. La loro vita terrestre è proiettata tutta verso la riproduzione. È un tema ricorrente.

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Onychogomphus forcipatus Calopterix virgo femmina

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Calopterix splendens maschio

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Il maschio aggancerà la femmina per la testa. Gli organi della riproduzione non sono nelle posizioni convenzionali e i due insetti si accoppieranno a cuore appoggiati a un posatoio, oppure formeranno un tandem in volo a seconda della specie e così saranno fecondate le uova.

La deposizione avviene con il maschio ancora legato a tandem (Simpetrum fonscolombii ad esempio) con la femmina che in volo “batte” con la parte finale del corpo (coda) l'acqua deponendo pacchetti di uova, oppure con la femmina che singolarmente affonda il proprio corpo appoggiata a pelo d'acqua (Anax imperator, Calopterix sp.). E il ciclo ricomincia...

Nelle catene alimentari, il cibo passa continuamente attraverso una serie di organismi: i carnivori più grossi mangiano i più piccoli, questi ne mangiano altri e così via fino agli erbivori che si nutrono di vegetali. Nel capitolo dicono la loro anche api e farfalle che si sà essere vegetariane e importantissime per la moltiplicazione di innumerevoli specie vegetali. Loro possono permettersi di fare la morale senza essere smentite o cadere in contraddizione.

Una saggia libellula dal suo posatoio rimette in ordine le cose dicendo che la natura è la natura e queste sono le sue leggi.

Propone alcuni esempi

con protagonisti le terribili larve di ditisco, il ragnetto rematore (Notonecta), un povero girino…prede e predatori … non sempre la nostra morale coincide con quella della natura.

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Dobbiamo guardare le cose con occhi che riflettono ordini, equilibri più complessi e grandi rispetto alle singole vite.

Nel finire del capitolo compare un altro anfibio purtroppo in forte rarefazione. Fino a cinquant’anni fa, la raganella (Hyla arborea) popolava in modo massiccio tutte le nostre campagne, era ordinaria. Ora è veramente difficile trovare anche solo qualche sparuto esemplare.

Di piccole dimensioni (3-5 cm) le dita terminano con dei dischi adesivi, colore dorsale verde pisello o smeraldo-bluastro. I maschi hanno un grande sacco vocale impari mediano.

È arboricola, si riproduce più volte all'anno da marzo ad agosto. Il suo canto è molto potente e viene usato sia per attirare la femmina, sia per comportamenti territoriali.

Depone qualche centinaio di uova raggruppate in piccoli ammassi. Le raganelle vivono in media 3 anni ma possono raggiungere anche 5-8 anni.

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Clicca qui per ascoltare il canto delle raganelle

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Le colline da Budoia a Polcenigo

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L’acqua è vita per numerose specie floreali , felci , muschi.

Il nostro viaggio continua entrando in un altro biotopo: le formazioni collinari che partono dal paese di Budoia per arrivare fino a Polcenigo e oltre: sono i colli di S. Lucia, Pizzoc, Col delle Razze, S. Floriano e poi Col Molletta e Col Longon, con andamento SW-NE. Hanno origine geologica Terziaria (A. Noacco “Il Vallone di San Tomè”) formati da molasse di varie età, conglomerati, arenarie e marne, più erodibili dei calcari e questo spiega la notevole quantità di materiale eroso

che si raccoglie nelle bassure formando zone umide e acquitrinose .

Un piccolo lembo costituente la parte settentrionale dei Colli di Santa Lucia è ascrivibile al miocene medio Elveziano con la presenza di arenarie finissime grigio-azzurro, marne arenacee e marne grigio scuro contenenti fossili caratteristici di spiagge sommerse di poca profondità.

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IL LENTO SCORRERE DELL'ACQUA

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Salamandra salamandra

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Le restanti zone collinari, la cui formazione è collocabile nel Pontiano-Miocene superiore, sono formate prevalentemente da conglomerati continentali la cui origine è legata a depositi di tipo torrentizio. In pratica la zona era una antica pianura alluvionale che bordava i rilievi. Pertanto non si trovano fossili marini ma impronte di foglie, gusci di chiocciole e di altri molluschi terrestri e fluviali.

Quando entriamo in un biotopo così, le informazioni di cui sopra, alimentano la magia del nostro passato e l’emozione nel percorrere il fitto bosco. Perdersi tra queste colline, abbandonando le numerose carrarecce forestali, non è proprio come andare dal lattaio. Il bosco è allo stato naturale e numerosi sono gli ostacoli che impediscono un agevole passaggio. La natura di queste terre, abbiamo visto, è di facile erosione pertanto è tutto un erto saliscendi.

Il bosco è misto dove si mescolano roverelle (Quercus pubescens), acero campestre (Acer campestre), olmo di montagna (Ulmus glabra), carpino bianco (Carpinus betulus) e il prevalente castagno (Castanea sativa) che forma macchie omogenee. Numerose le acacie (Robinia pseudoacacia).

Le betulle colonizzano gli spazi aperti per poi lasciare spazio ad altre specie, una metafora della vita come ben dice Eileen Caddy:

“...La forza della vita è all’interno, e da essa scaturirà il nuovo. Sappi che il vecchio deve morire, affinché possa nascere il nuovo”.Quante volte i nostri anziani hanno aperto con enormi fatiche determinate “strade” che poi i giovani hanno sfruttato e così via di generazione in generazione,

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L’aspro fondovalle dei coll i di Budoia

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ognuno di noi è chiamato a essere betulla, non per sè stessi ma per gli altri.

La passeggiata è spesso interrotta dal sottobosco ricchissimo di pungitopo che ci costringe a nuovi percorsi.

In primavera anemoni, primule, liliacee si rincorrono in effimere apparizioni, impadronendosi, con estrema saggezza, per il breve periodo favorevole offerto loro dai cicli naturali, dell’aumento delle ore di luce e della temperatura. Sono i segnali di un imminente arrivo della primavera.Le api e gli altri insetti, da queste fioriture precoci, raccolgono prezioso polline e nettare utilizzandolo per alimentare le giovani larve. Il rinnovarsi delle chiome degli alberi deciderà il rapido diradamento di queste splendide fioriture che impreziosiscono il sottobosco.

Nella tarda primavera i Lamium bordano i margini del bosco e regalano un bel colpo

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Hepatica nobil is

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d’occhio alle numerose persone intente a raccogliere gli ultimi germogli del pungitopo (”asparagi de rust”).

Profumatissime, a fine Agosto, sono, nei versanti più umidi e ombreggiati, le macchie di ciclamini.

Muschi e felci accompagnano il nostro passo lungo i vari rigoli d’acqua.Se abbiamo la fortuna di essere sottovento e attenti a

non fare troppo rumore non è raro imbattersi in un bellissimo esemplare di cervo o sentire un rumore che rompe il silenzio e scorgere un gruppo di caprioli che fugge lentamente via. Se prestiamo attenzione possiamo persino scorgere una volpe, che generalmente predilige la notte, cacciare nella fitta vegetazione e giocare a nascondino con il nostro sguardo celandosi tra la fitta vegetazione.

Dopo il tramonto e nelle ore a cavallo dell'alba possiamo udire, non senza un po' di batticuore, i cinghiali, vicino a noi, grugnire con i loro versi cavernosi. Numerosi sono i sentieri tracciati da loro, fedeli ai soliti percorsi.

Purtroppo ancora una volta numerose altane infrangono la magia del luogo riportando tutti alla nuda e triste realtà. Quella di una caccia “viziata”, agevole, ingannevole non degna della nostra civiltà.

«Il cacciatore arriva fin sotto la postazione con il suo bel fuoristrada. Sale nell’altana. Precedentemente ha distribuito il mangiare tutto attorno: fieno, acqua, mele, biava, pane, sale, ho visto perfino avanzi di pasticceria. Si apposta di lato ad un invitante bicchiere di vino. Vede la preda. Il respiro diventa più frequente, il battito cardiaco aumenta. L’adrenalina schizza a mille, si controlla, …spara. Il bambino cacciatore ha avuto le sue

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Lamium orvala

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emozioni, è gratificato, si sente finalmente importante. Raccoglie con un bel po' di fatica quel quintale di carne e … siamo diventati tutti più poveri.»

Nelle giornate piovose il bosco ci offre nuovi incontri. Adattando ai colori del bosco la nostra vista, possiamo scorgere le salamandre.

Nei mesi tardo primaverili, nelle giornate piovose, escono dai loro rifugi e si godono l'umidità e l’intimità del bosco. La loro colorazione nera con delle pezzature gialle è facilmente visibile. Sono animali notturni che si muovono molto lentamente e cercano in primavera i numerosi rigoli d'acqua per partorire i loro piccoli. Infatti, se osserviamo con attenzione, a marzo-aprile, il fondo di queste piccole pozze scorgiamo non senza difficoltà numerose piccole salamandre.

Gradualmente matureranno assumendo la loro tipica livrea e abbandoneranno l'acqua per ripararsi tra le radici di un albero o in altri rifugi naturali.

Nelle pozze di acqua più stagnante invece possiamo scorgere i Tritoni, visibili fino a fine agosto in questa fase di vita acquatica. Il Tritone carniflex e quello punteggiato deporranno le loro uova nell’acqua. Dalle uova nasceranno delle giovani larve che una volta mature intraprenderanno la vita terrestre.

Fanno compagnia ai tritoni le numerose larve di libellula che a loro volta popolano le acque stagnanti. Neanidi voracissime e difficili da sorprendere. A breve avranno la loro metamorfosi e abbandoneranno la vita acquatica.

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Giovane Salamandra ancora in fase acquatica

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Triturus alpestris

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Una simpatica e curiosa presenza è l'ululone dal ventre giallo: Bombina variegata, una specie in via d'estinzione ma molto presente in queste colline.

È facile scorgerla in maggio-giugno soprattutto nelle pozzanghere delle stradine del bosco. Se guardiamo attentamente l'acqua torbida scorgiamo un paio di occhi sporgenti che ci fissano: sono loro.

Piccolissime, simpaticissime caratterizzate proprio da questi occhioni sporgenti e dal ventre giallo, sono inconfondibili. Usano la colorazione della pancia in caso di attacco dei predatori per

spaventare

l'aggressore. Sono inoltre dotate di una potente secrezione cutanea piuttosto tossica per i predatori a sangue caldo.

Il maschio richiama la femmina con un caratteristico verso ritmato (uhuuu-uhuuu).

Depongono poche uova, più volte durante l'anno, agglomerate in modesti grappoli fissati a piccoli

supporti della vegetazione sommersa. La maturazione delle

uova accelera tanto più si riscalda l'acqua.

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Clicca qui per ascoltare il canto dell’ululone

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Gli ululoni possono vivere anche 15-20 anni.

Queste pozzanghere sono soggette spesso a prosciugarsi. I numerosi girini che affollano la pozza hanno le ore contate. In uno scenario del genere i predatori hanno vita facile. Lo sa bene la biscia acquatica Natrix natrix che puntualmente scorgiamo pronta a banchettare. In una tale situazione anche numerosi uccelli acquatici trovano una facile colazione.

La ricchezza di biodiversità che si incontra in queste passeggiate è sorprendente: cedo la parola alle immagini.

Bombina variegata

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Mantide religiosa

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Natrix natrix

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Cascate sul Rio Brosa

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Gambero d’acqua dolce ricercata presenza e segnale di purezza delle acque.

Scendendo dalla sommità di queste colline ci si imbatte spesso in numerosi rivoli d'acqua che scorrono verso un piccolo rio (Rio Brosa) che taglia longitudinalmente questi rilievi per sfociare in quel di Polcenigo poco a valle del ponte in centro paese ai piedi del Colle di San Floriano.

Il pavimento di questo corso d'acqua è formato dai numerosi materiali erosi dall'acqua e da argilla.

Lo scenario è semplicemente fantastico. Di tanto in tanto dalle pareti più a picco si possono facilmente notare delle lingue d'acqua che scendono dolcemente alimentando il corso principale del rio.

L'ambiente umido e fresco, quasi sempre ombreggiato, facilita lo sviluppo di numerose felci che ornano fittamente i versanti più umidi. Sui versanti scoscesi non è raro trovare nei periodi giusti qualche bel porcino,

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DA RIO BROSA AL FIUME LIVENZA

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Rio Brosa, Polcenigo

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qualche raro ovulo buono, le mazze di tamburo e in autunno sostanziosi ceppi di chiodini.

Dal Col Pizzoc e dal Colle delle Razze scendono delle flebili ma costanti cascate create nel tempo dall'acqua. Quando le acque sotterranee vengono a giorno, la quantità di CO2 disciolto si riequilibra con la pressione parziale del medesimo gas in atmosfera provocando ancora una volta la precipitazione del carbonato di calcio, con formazione di incrostazioni di calcite. La perdita di anidride carbonica è più forte in prossimità delle sorgenti e in corrispondenza di salti (cascatelle, rapide, ecc.) dove questo deposito è favorito dall’agitazione delle acque.

Il travertino è una roccia molto porosa: questa porosità deriva dal fatto che il carbonato di calcio si deposita sulla vegetazione (es. fili d'erba, foglie, rametti); il trattenimento favorisce la deposizione e quindi la formazione degli ammassi di travertino. La distruzione della materia organica “lascia” un segno ossia i vuoti occupati dai fili d'erba, rametti, foglie su cui si è depositato il carbonato.

L'acqua dunque ricca di carbonato di calcio, forma con il passare del tempo un pavimento stabile dalle

caratteristiche del travertino che possiamo notare proprio in queste piccole cascate “pietrificanti”.

Sotto a esse si formano delle piccole pozze d'acqua che brulicano di vita; per scorgerla bisogna sollevare

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Cascate pietrificanti

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qualche sasso, oppure, attendere con pazienza qualche rapido spostamento di una giovane salamandra, di una ninfa di libellula, di qualche gammarus o dei lenti tricotteri.

Proprio queste forme di vita saranno il vitale pasto di un animale difficile da scorgere e nelle nostre parti purtroppo in via d'estinzione: il gambero d'acqua dolce Austropotamobius pallipes.

Assomigliano agli astici e come questi vantano ottime credenziali culinarie. La loro cattura è però, per fortuna, da tempo vietata.

Sono in perdente competizione con il terribile gambero rosso della Luisiana, maldestramente introdotto nelle nostre acque e portatore di virus molto potenti che

mettono in crisi la sopravvivenza del nostro crostaceo.

L'areale di queste colline è però

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un luogo sicuramente circoscritto e che non teme (spero di non essere smentito) questa invasione.

Il nostro gambero, citato spesso nei vecchi libri di storia locale per l'abbondanza della sua presenza e la bontà delle sue carni, ha una crescita a tappe, l'esoscheletro non è elastico pertanto per crescere deve liberarsi del vecchio involucro per crearne uno più ampio e comodo e così via fino a maturità.

Sono animali di abitudini crepuscolari o notturne, vivono sotto i sassi o negli anfratti in prossimità delle rive.

L'epoca riproduttiva è quella autunnale, il maschio avvicina, con una certa opposizione la femmina e deposita il materiale seminale in prossimità degli ovidutti della femmina. Essa entra in un periodo di gestazione.

Con delle ghiandole secerne delle sostanze che creeranno una specie di sacca trasparente sotto l'addome per trattenere le uova che entreranno in contatto con il liquido seminale maschile sciogliendolo.

Ai primi tepori estivi le uova si schiuderanno dando vita a delle giovani larve che ancora per una quindicina di giorni resteranno appese alla madre nutrendosi di materiale contenuto nell'uovo.

Successivamente la larva passerà ad una nutrizione autonoma, simile a quella dell’adulto. Sollevando con molta precauzione le pietre del fondo si possono notare questi piccoli giovani gamberi.

Da evitare le camminate all'interno del greto poiché potremmo schiacciarne un gran numero.

Per ricercare la loro presenza è importante osservare attentamente il fondo del rivolo d'acqua e i corsi secondari. Se si notano i resti dell'esoscheletro, sicuramente da qualche parte ci sono.

È sicuramente più facile individuarli nei mesi estivi che in altri periodi.

Nel tratto finale del Rio Brosa numerose cascatelle regolano il lento fluire delle acque e formano dei piccoli salti d’acqua che regalano ossigeno alle varie forme di vita acquatiche.

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I

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Torrente Gorgazzo, Polcenigo

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l Rio lambisce la parte nord di Polcenigo nei pressi di un’officina meccanica e fa il suo ingresso in paese, proprio in centro, poco prima della piazza. Sfocia nel fiume Gorgazzo bellissimo tratto di fiume a carattere torrentizio che nasce dalla montagna a nord di Polcenigo precisamente dalla sorgente omonima.

Il Gorgazzo a sua volta si getta nel ramo vecchio del Livenza regalando acqua ad un tratto oramai in grave carenza a causa dei prelievi forzati ed inopportuni fatti

per alimentare una centrale idroelettrica privata costruita nel 1908.

Risalendo la cascata che regola questo flusso d'acqua, ci troviamo in uno dei posti più belli e puri della nostra zona: lo conosciamo già, siamo ritornati là dove eravamo partiti: La sorgente della Santissima.

Proprio nei pressi del ponticello di legno a primavera possiamo scorgere un'altra straordinaria e rarefatta presenza: La lampreda di fiume (Lethenteron zanandrei).

Non è un parassita di altri pesci come comunemente si crede. Trascorre tutta la sua vita in acque dolci, non migrando mai verso il mare.Svolge, pertanto, l’intero ciclo biologico nel Livenza dove nel periodo di riproduzione (da gennaio a inizio primavera) la possiamo individuare solo per pochi giorni intenta a scavare, spostando i sassi con la bocca a ventosa nelle ghiaie vicino al ponticello nei pressi della chiesa della Santissima. La femmina depone le uova (fino a 1500-2000) nelle cavità scavate, che si schiudono dopo circa tre settimane.Le larve alla nascita e nei primi anni di vita sono cieche e prive di denti. Dopo 4-5 anni vanno incontro a metamorfosi nella forma adulta: compaiono gli occhi e la

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I l Torrente Gorgazzo si immette nel Ramo vecchio del Livenza ai piedi del Col Longon

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dentatura e nello stesso tempo degenera l’apparato intestinale. Da questo momento esse non si nutrono più, dedicano tutto il resto della loro breve vita da adulto alla riproduzione.

Un tempo, lungo tutto il tratto

del fiume Livenza, si individuavano numerosi gruppi di 10/20 lamprede intente a preparare le loro tane riproduttive. Ora, se va bene, ci sono 3/4 esemplari nelle

due tre postazioni individuate.

È innegabile che in questi ultimi decenni abbiamo distrutto gran parte delle

meraviglie sapientemente modellate dalla natura in

millenni di evoluzione.

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Scorcio della Santissima

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Temoli alla Santissima

L'acqua del Livenza in questi primi metri scorre attraverso una Conca racchiusa tra i piedi del bosco del Cansiglio e le formazioni collinari che da Sarone continuano fino a Budoia. In questa depressione sono stati trovati numerosi reperti lignei sommersi a testimonianza di un insediamento palafitticolo datato circa 5000 anni e più avanti Cristo. Questa scoperta vanta il nome di Canzio Taffarello, presidente onorario della nostra Associazione.

Durante un'escursione con la moglie Clara, anch'essa esperta e appassionata, scoprì in un terreno di riporto (lo scavo di un canale) nell'area del Palù, nel 1965, una notevole quantità di strumenti litici e frammenti di ceramica attribuibili al Neolitico Recente. Il sito, da poco, è passato sotto l'egida UNESCO, un importante passo avanti per la sua tutela. Immergersi in queste acque significa ripassare 7000 anni di storia, ogni cosa cela misteri in parte scoperti in parte da decodificare.

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VIVIAMO SOTTO I SASSI

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Cotus gobio

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Acque limpide, pure, ossigenate, temperatura ahinoi di 9° costante tutto l'anno, l'ambiente ideale per ricercare i Cotus gobio, le trote i temoli.

Mi immergo un po’ impacciato proprio dove sorge l’acqua. La purezza del posto mi avvolge:

Controllo il respiro che tenderebbe a schizzare di frequenza causa lo shock termico ed aggiustata la vista, senza nemmeno sollevare sassi... eccoli li i nostri piccoli pesci adagiati sul fondo, sulla lama di corrente. È un fondale misto di sassi grossolanamente modellati dalla corrente, fine sabbia, argilla e bellissima vegetazione acquatica che la luce del sole, penetrando e perdendo la sua potenza, illumina con splendidi riflessi. Tutto perfetto per fotografare...con due piccoli problemini: l'apnea e la corrente.

«L'apnea è un codice di regolamentazione che mi sono dato, quel minuto che passi sotto acqua deve bastare per non rubare troppo all'ambiente,

per non essere troppo impattante, troppo tecnologico.

L’apnea ha in se i ritmi della natura, delle stagioni, della notte e del giorno: inspirare, espirare… ogni momento senza fretta. È il tempo della riflessione, della

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lentezza, delle cose semplici, essenziali, il ritmo della vita… inspirare, pausa, espirare. L’acqua abbraccia senza stringere, li sotto il silenzio è totale, rumoreggia solo la natura se sappiamo ascoltarla, se sappiamo prima guardarci dentro.

Immergersi pareggia le forze, ora l’uomo è spoglio, è alla pari con gli altri animali, con l’ambiente, è equamente vicino alla vita e alla morte, a pochi secondi dall’una e dall’altra… è il tempo della meditazione, del rispetto della propria e delle altrui vite.»

La corrente non mi permette di catturare foto decorose, è un continuo movimento e non ci sono appigli nello stesso tempo silenziosi e stabili.

I nostri pesci sono lì sul fondo con delle livree splendide.

Una grandissima capacità di adattamento li ha portati nel corso dell'evoluzione a perdere la vescica natatoria e a stazionare sotto i sassi nutrendosi di macroinvertebrati (larve di tricotteri, gamberetti, sanguisughe, vermi etc...)

Le pinne pettorali sono molto sviluppate poiché a loro spetta la funzione di propulsione negli spostamenti, anziché con la coda, come avviene negli altri pesci. Quando un predatore si avvicina il pesciolino le utilizza per assumere un “comportamento terrifico”.

All'approssimarsi della minaccia allarga le pinne pettorali e dilata gli opercoli sperando di spaventare il potenziale aggressore.

Questi Cotus gobio (“marson” in dialetto locale) si riproducono nel periodo che va da marzo a maggio, attaccando sotto al sasso un grappolo di uova.

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Cotus gobio: comportamento terrifico

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Il maschio sorveglia la covata sino alla schiusa, che si verifica generalmente dopo 3-4 settimane.

Le larve misurano circa 6-7,5 mm alla nascita e, come altre specie che vivono in acque fredde con scarsi microrganismi planctonici, hanno un grande sacco vitellino in grado di alimentarle per circa 10-12 giorni, dopo di che iniziano a predare piccoli invertebrati.

La capacità di mimetizzarsi è sicuramente molto sviluppata come testimoniano le foto. Questo consente loro di sfuggire ai predatori, in particolare le trote.

Nelle immersioni successive la mia attenzione si è orientata sui pesci di taglia maggiore: trote e temoli. In una delle ultime immersioni ho avuto la fortuna di trovarmi faccia a faccia con una trota fario dalle dimensioni veramente notevoli. Nel tratto della Santissima, nonostante avessi ispezionato tante possibili

tane, ho visto veramente poche trote… quel giorno però ho avuto il privilegio di questo incontro:

«Mi sono immerso appena sopra il ponte di legno, l’acqua era molto limpida, e molto fredda, i primi secondi li ho passati stringendo i denti, il freddo alla faccia era molto sgradevole, so’ che è questione di pochi attimi, poi il nostro corpo si adegua.

Poche pinneggiate e butto lo sguardo sul solito ceppo sommerso e penso: -Perché no? Capovolta e giù, mi infilo sotto, macchina fotografica pronta sulla mano destra, la sinistra la uso per entrare delicatamente nell’anfratto, mi aspetto buio e invece si apre una tana, una nicchia di creta perfettamente illuminata dai raggi del sole e li, maestosa, lambita da una fascia di alghe, una bellissima e

slanciata trota fario. Scatto, nel modo meno impattante possibile… due… tre foto, la ammiro ancora un pò...

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non scappa, forse non mi ha visto, difficile da credere! Risalgo...riemergo, imposto la macchinetta su filmato… so già che le foto difficilmente riescono in queste situazioni, voglio però portarmela a casa… il filmato è la mossa giusta, ne sono sicuro. Respirone e torno giù, stesse precauzioni, stessa lentezza, l’adrenalina intanto si è impadronita di me, l’apnea dura poco, filmo con la massima cura, sicuramente il video verrà tremolante; non posso appoggiare la mano da nessuna parte; non voglio rischiare “la fuga della super trota”.

Risalgo, calmo il respiro, recupero, ora ho le foto, ho il filmato, posso osare di più… giù di nuovo... oso di più ma lei si è stufata e se ne và. Con la coda dell’occhio però la scorgo adagiata in una nicchia vicino all’altra sponda... che limpida quest’acqua!

Accetto la sfida, delicatamente mi sposto, e giù, decido per il filmato. So che in spazi aperti le trote ti lasciano sempre con un palmo di naso.

Scendo filmandola.Quando sono ad un metro se ne và sollevando quel sbuffo di polvere che caratterizza le prede maestose. Che emozione però!»

Ben presenti in questo tratto di fiume invece sono i temoli. Si muovono in gruppo a differenza delle trote che sono invece solitarie. Li ritrovo a ogni immersione puntualmente nello stesso punto: un grande albero, appoggiato sul fondo del fiume, crea numerosi passaggi subacquei, il fondale da un lato è avvolto da una fitta vegetazione di alghe e dall’altro da una ripida parete di argilla grigia bellissima. In questo corridoio numerosi temoli si fanno rincorrere in un continuo andirivieni passando sotto i tunnel creati dal nostro albero subacqueo. Sembra giochino con me, gioco che finisce però ben presto all’esaurirsi del mio ossigeno.

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La purezza delle acque e la notevole quantità di insetti riscontrabile in superficie e sul fondo del fiume incoraggia la loro presenza. Si nutrono in particolare di gammarus, quei piccoli gamberetti che troviamo nel fondale, e di portasassi. È veramente massiccia la presenza di queste larve di tricottero. Basta rovesciare un sasso dal fondo del fiume per vedere centinaia di questi astucci contenenti ognuno una larva: è una bella immagine di purezza del fiume.

Dopo un'ora e un po’ di immersione, il gelo dei miei piedi e il viola sulle labbra mi costringono ad uscire con la convinzione,

però, di aver vissuto un momento straordinario da ricordare e da ripetere prima possibile.

Non ho trovato gamberi d'acqua dolce come mai? Ci sono sicuramente. Non ho cercato dove dovevo, forse non era il momento giusto… e le lamprede che pur sono presenti, dove si sono rifugiate?Nel fango? Quanto poco conosciamo! Ci sentiamo orgogliosi delle due foto che abbiamo fatto

ma l'ecosistema fiume è ancora tutto da scoprire.

Tutto da imparare.

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La profondità del primo tratto dalle sorgenti fino al ponte di legno in prossimità della chiesetta è abbastanza varia, si va dal paio di metri all'inizio per arrivare ai 5/6 metri delle varie buche. Numerosi sono i reperti palaffitticoli che si scorgono sul fondo e sui lati del corso d'acqua. Probabilmente i reperti dei lati sono pali piantati in epoche recenti per sostenere la riva, più interessanti sono quelli di grosse dimensioni che si scorgono sul fondo. Qualche carcassa di cervo e/o di cinghiale conferma la massiccia presenza di ungulati in questa conca.

Fortunatamente pochi sono i rifiuti “sociali”, qualche scarpone, bottiglie, pentolame vario, che ci riproponiamo in una delle prossime immersioni di rimuovere.

Degni di nota alcuni reperti: cocci di vasi datati circa 1400, gavette della prima guerra mondiale etc. In queste zone ci sono stati anche gli scontri della Battaglia dei Camolli, interessante sarebbe ritrovare qualche traccia dell'evento bellico.

Continuando l’immersione, sul ramo che porta verso il tunnel che sottopassa il Col Longon, si viene subito rapiti dalla selvaticità del luogo. «L’acqua è sempre limpidissima, ogni anfratto, ogni sasso riserva una sorpresa. Il fondale è bellissimo, tutto

bianco..sembra di essere sopra le nuvole. Una bella trota fario fugge via concedendosi solo per pochi attimi. Vado giù, rovescio un sasso: numerosi portasassi sono attaccati sotto e tre quattro Cotus gobio (“marson” in dialetto) si spostano di poco e si fanno ammirare nella loro splendida livrea con le pinne meravigliosamente aperte.

Hanno colori diversi, si mimetizzano alla perfezione. Finisce l’ossigeno… risalgo.

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Osservo con attenzione un temolo, non sembra impaurito, pinneggia in corrente a pochi cm da me, resta diffidente, come mi avvicino si allontana un po’ senza scappare. Nuoto un po’ controllando sempre con lo sguardo il fondale: sassi, alghe, un palo appena affiorante dal fondo del fiume attira la mia attenzione; altri pali… mi fermo, un respiro profondo e giù... sono tornato 7000 anni indietro nel tempo e vedo l’uomo cacciatore, allevatore e coltivatore che realizza la sua palafitta in questi spazi paludosi…non tocco il bordo di questo palo, si deve un religioso rispetto a questi reperti.

Risalgo, pinneggio in superficie. Un fossetto sbuca nel fiume, mi affaccio silenziosamente…come supponevo… una bellissima tinca si lascia osservare per pochi attimi e

poi scappa lasciandomi avvolto in una scia fangosa.

Riprendo il corso principale, il fondale ha delle colorazioni bellissime, argilla chiarissima, alghe, sassi corrosi dal tempo e dall’acqua, qualche rifiuto macchia la religiosità del luogo, avverto i primi brividi lungo la schiena, è ora di uscire…»

“Un archivio naturalistico e archeologico importantissimo”, questa è la definizione fornita dagli esperti della regione in una conferenza tenuta a Polcenigo quest'inverno. Io aggiungerei: “un incredibile scrigno di natura, di biodiversità”.

Un forziere non ancora scardinato nonostante tutto, nonostante l’uomo...

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Canzio Tafferello e la moglie Clara Costariol i due protagonisti dell’importante ritrovamento archeologico.

- Maestro Canzio Taffarello ci racconti quel pomeriggio alla Santissima:

Era una domenica di Marzo del 1965, una bella giornata di sole dopo un inverno particolarmente rigido. Io e la mia fidanzata Clara (ora mia moglie) avevamo programmato un’uscita alla Santissima di Polcenigo. Mi avevano incuriosito alcuni pali vecchi sommersi lungo la riva destra del fiume Livenza. Dopo aver

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Cascate a Polcenigo

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La siccità cancella la vita dal fiume.

I fenomeni naturali atmosferici colpiscono inesorabilmente l'uomo, il territorio e gli animali che popolano terre e acque.

Abbondanti precipitazioni, come quella recente del 2010 e allarmanti siccità come quella del 2012 si alternano sempre più spesso e vengono inserite nel quadro dei mutamenti climatici accentuati dal surriscaldamento globale del pianeta.

La siccità è purtroppo la tragedia più grande che possa capitare a un corso d'acqua.La Santissima, il Molinetto e le altre sorgenti non vanno mai in secca, anche se riducono notevolmente la loro portata, il Gorgazzo è invece soggetto, a volte anche annualmente, a radicali siccità.In questi periodi le rare pozze che trattengono per un po’ l'acqua esauriscono rapidamente l'ossigeno e le varie forme di vita muoiono per asfissia.

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BENE O MALE LA VITA CONTINUA

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Siccità

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Approfittando della resistenza di alcune specie come i Cotus gobio e i gamberi di fiume, gli abitanti del luogo con gesto veramente meritorio puntualmente li raccolgono, sfidando grandi mal di schiena, e li trasportano nella buca del Gorgazzo dando loro una nuova opportunità e garantendo la vita futura lungo tutta l'asta del fiume. Gran bel comportamento!!

Le trote purtroppo sono le prime a soccombere molto prima che si asciughino del tutto le pozze.

La carenza di ossigeno è fatale per il loro organismo. temoli in questo tratto non ne ho mai visti.

Si racconta che nelle secche del torrente di molti anni fà si siano recuperate molte anguille particolarmente nella zona dietro il Convento di San Giacomo.

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Trote destinate alla morte per carenza di ossigenazione delle acque

Gammarus in attesa di una benevola pioggia.

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I gamberi di acqua dolce si sono notevolmente rarefatti nel tempo.

Ricordo che circa trent'anni fa durante una secca guardando le pozze rimaste, dal ponte in centro a Polcenigo, si scorgevano centinaia di gamberi animare il fondo nel disperato tentativo di salvarsi. Nella siccità del 2012 lungo tutta l'asta del fiume si sono salvati, esagerando, una decina di essi. Quali le cause? Malattia?Inquinamento? Predatori?

La sorgente con il suo sifone profondissimo logicamente non si asciuga. Và in secca invece il bel tratto torrentizio che nasce dal sifone, attraversa la pedemontana, lambisce la roccia che fa da fondamenta all'ex Convento di San Giacomo e successivamente attraversa Polcenigo solcando un paesaggio unico e di

rara bellezza.

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Gorgazzo: La sua Sorgente

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Gorgazzo: Primo ponte

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Gorgazzo: lento scorrere

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Gorgazzo: Prima cascata sotto il Convento

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Gorgazzo: cascate in centro a Polcenigo

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Gorgazzo: esondazione a San Floriano

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Gorgazzo: ai piedi del colle San Floriano

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L’acqua è stata, ed è tuttora, l’elemento essenziale del paesaggio fisico, umano e culturale della comunità di Polcenigo. L’acqua era con lo sforzo muscolare umano e animale, la principale forza

motrice a disposizione

dell’uomo. Almeno sette mulini sono stati citati dagli storici locali. Venivano utilizzati per alimentare segherie, folli da pani, macine, battiferro, e successivamente per la produzione di energia elettrica.

In epoca anteriore al 1375 parte dell’acqua del Gorgazzo veniva costretta verso un piccolo canale artificiale chiamato “Gorgazzetto” probabilmente dai benestanti conti di Polcenigo, proprio per costruire e alimentare alcuni mulini.

“L’aqua magna Gorgacii” (come veniva definita anticamente) continua scorrendo ai piedi del Colle di San Floriano per gettarsi nel ramo vecchio del Livenza

in un ambiente maldestramente modificato dalle incerte mani dell'uomo che ha alterato un

luogo di straordinaria bellezza e selvaticità.

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Polcenigo: mulino su “Gorgazzetto”

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Un video pubblicato sul canale Youtube nel 2013. “Il coraggio di un popolo che contro mille avversità lotta disperatamente per adempiere ad un compito fondamentale per la sopravvivenza della specie: la riproduzione. Un rospo bufo-bufo femmina ci guiderà alla scoperta di questo popolo coraggioso. Scopriremo le bellezze di un territorio unico e le varie forme di vita ancora presenti:

ululoni, salamandre, tritoni, bisce. I gamberi d'acqua vi stupiranno per la loro bellezza, così pure le lamprede, i

Cotus Gobio e i numerosi pesci del fiume Livenza.

Le foto accompagneranno il visitatore sia sopra che sotto il pelo dell'acqua immergendoci là dove è iniziata la storia della nostra gente, tra i reperti neolitici e l'incredibile biodiversità ancora presente.”

Alfredo Marson

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VIDEOFUMETTO

Clicca qui per vedere il video su Youtube

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Immergiti nella natura visitandola con l’ausilio di questi itinerari alla scoperta di sorgenti, risorgive, flora e fauna tipiche del territorio dell’Alto Livenza: Polcenigo e Budoia.Con il 4° itinerario, in continuo aggiornamento, potrai scoprire mese per mese i fenomeni che la natura ti offre:la fioritura di rare orchidee, la migrazione dei Bufo bufo, la frega di lamprede, trote e temoli, l’osservazione dei cervi, la fiori degli ultimi prati stabili ecc..

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IT INERARI NATURALISTICI1° Itinerario - Le sorgenti del Livenza

2° Itinerario - Sorgenti del Gorgazzo e colli di Budoia

3° Itinerario - Colle di San Floriano e risorgive in bicicletta

4° Itinerario - I fenomeni naturali da vedere mese per mese

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“E come quei che con lena affannatauscito fuor del pelago alla riva si volge all’acqua perigliosa e guata così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,si volse a retro a rimirar lo passoche non lasciò già mai persona viva.” Dante - Inferno: Canto primo

Mi sento un po’ come Dante che uscito dall’acqua, sulla riva si volge a guardare le tormentate acque dove stava affogando. Spero di aver colto nel segno: far conoscere un po’ di più un territorio di una bellezza unica, con delle

forme di vita assolutamente sorprendenti per quantità e qualità. Ho messo a nudo anche alcune mie emozioni e preso posizione su alcuni argomenti sperando vengano condivisi. Ho criticato anche aspramente alcuni comportamenti ben sapendo che nessuno, tantomeno io, può “scagliare la prima pietra”.

La certezza che ho è che gli animali in generale e nello specifico gli anfibi, possono insegnarci molte cose. L’incredibile senso del dovere, la tenacia nella migrazione per riprodursi contro ogni avversità, sono esempi che non possiamo ignorare.

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CONCLUSIONI

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Il filo conduttore di tutto questo lavoro è l’acqua, presente dalla prima all’ultima foto. Acqua dispensatrice di vita, acqua simbolo religioso, acqua per comunicare, acqua per lavorare, acqua da ammirare, acqua per vivere, acqua per giocare, acqua per trasportare, acqua per mangiare, fin dai tempi più remoti l’acqua è stata tutto questo e gli abitanti dei nostri territori l’hanno utilizzata pienamente.

Panta-rei (Eraclito) dicevano gli antichi, ovverosia l’acqua non è mai uguale a se stessa, è sempre diversa. Non ci si bagna mai due volte nella stessa acqua, cambia l’acqua e cambiamo allo stesso tempo anche noi. Questo è un concetto importantissimo, noi non siamo uguali nemmeno per un attimo a noi stessi, il nostro corpo cambia impercettibilmente ma inesorabilmente e così anche i nostri pensieri, la nostra personalità, il nostro modo di intendere la vita, le nostre posizioni politiche, le nostre abitudini.Questo cambiamento è la cosa più straordinaria che ci possa capitare perché possiamo, se lo sappiamo sfruttare, sommare esperienze e conoscenze e dare un giusto valore alle cose, rispettare la propria e le altrui vite. Imparare a guardare le cose da un’altra angolazione apre la nostra mente a riflessioni

inaspettate. Le foto, nella loro pochezza, ricercano proprio questo: un altro punto di vista, un altro ragionamento. I nostri nonni si sono impegnati per darci da mangiare, i nostri genitori per darci istruzione, noi abbiamo l’imperativo di lasciare ai nostri figli un ambiente migliore.Rispettare il territorio, ripensare ad una società e ad una agricoltura più riguardosa e meno impattante, meno chimica, meno transgenica; tutelare la flora e la fauna esistenti con azioni concrete che non siano fucili da caccia e altane, ma sottopassi, aree ripariali, educazione ambientale nelle scuole e alla cittadinanza. Non sempre ciò che vien dopo è progresso (Alessandro Manzoni), dobbiamo riappropriarci della saggia cultura contadina, quella che puliva i fossi, regolava a ceduo gli alberi vicino ai fiumi , lasciava riposare la terra, non produceva immondizia ma riciclava tutto, rispettava gli anziani, sapeva convivere con più nuclei familiari, permetteva ai bambini di crescere giocando sui prati e aiutando gli adulti. Viveva con l’essenziale e non per pagare il superfluo come facciamo noi. La crisi non ci ha del tutto danneggiato, ci ha insegnato cose che i nostri nonni già sapevano e che noi travolti dai falsi messaggi sociali abbiamo rimosso.

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260La Nutria specie invasiva (clicca sull’immagine per l’approfondimento)

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261Il Siluro minaccia anche il Livenza? (clicca sull’immagine per l’approfondimento)

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262I cervi: richezza o problema? (clicca sull’immagine per l’approfondimento)

Page 264: Anfibi, il coraggio di un popolo che lotta per la riproduzione

• Fadelli A. - Polcenigo e le sue acque

• Taffarello C. – “Flora popolare dell’Alto Livenza” Associazione Naturalisti ONLUS Sacile 2003

• Costalonga S. e Pavan R. – “Flora delle zone umide dell’alto Livenza” Associazione Naturalisti ONLUS Sacile 2001

• Pavan R. Taffarello C. - “Il Livenza sito archeologico e percorsi botanici

• Lapini L. - “Si fà presto a dire rana”

• Pavan R. Costariol C. - “Il vallone di San Tomè”

• Costariol C. e Pavan R. – “Conservazione della Flora” Associazione Naturalisti ONLUS Sacile 2011

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BIBLIOGRAFIA

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Per i contributi dati alla stesura dei testi:

- Associazione Naturalisti Sacile Onlus per il sostegno fornito al lavoro, per le preziose pubblicazioni in precedenza edite che sono state spunto per la composizione di molte parti dell’eBook.- Dott. Chisari Enrico e l’Avv. Sperotto Alessandro per le interviste rilasciate. - Amici dei Rospi per l’intervento sulla necessità di realizzare i sottopassi per i piccoli animali. - Associazione Speleologi di Sacile per la foto sulle grotte del Cansiglio.

- Pierluigi Verardo per la correzione scentifica dei testi.- Gruppo Nisoria - Atlante degli anfibi e dei rettili della provincia di Vicenza. Note di notte “Guida sonora al riconoscimento degli anfibi della provincia di Vicenza.

Per la realizzazione grafica e impaginazione dell’opera: - Armando Cardazzo di iBunkerStudio.com per l’oramai conosciuta capacità creativa, ha partecipato attivamente alla buona riuscita del lavoro.- Alessandro Marson per il videofumetto e per la correzione dei testi.

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RINGRAZIAMENTI

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Anfibi, il coraggio di un popolo che lotta per la riproduzione

© Fotoapi.comvia Luigi Nono, 22 33077 Sacile - PN - ItaliaT. +39 339 7098291

H. www.fotoapi.com E. [email protected]

Associazione Naturalisti Sacile ONLUS Viale Zancanaro 10 - 33077 Sacile (PN)Tel. +39 0434 734246E. [email protected]

Grafiche ed impaginazione:

di Armando Cardazzo T. +39 393 9959348 E. [email protected]

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INFO & CONTATTI

Foto e Testi di Alfredo Marson © Copyright - Ogni riproduzione del testo e delle immagini della presente pubblicazione non è permessa senza il consenso.

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Con un semplice foglio di carta è possibile creare una deliziosa ranocchia primaverile. Segui le istruzioni...

Stendi un foglio di carta su una superficie piana posta di fronte a te. Scegli della normale carta da stampa, un foglio colorato o della carta per origami.

Crea una grande X. Inizia piegando uno degli angoli superiori diagonalmente, verso il lato opposto del foglio. Riaprilo e ripeti l'operazione con l'angolo superiore opposto. (Se avevi un foglio di forma rettangolare rimuovi con le forbici la forma rettangolare creatasi nella parte inferiore. Ricorda però, che un origami originale non prevede né tagli né strappi nella carta, solo pieghe). La X creata sarà di fondamentale importanza nella creazione della rana.

Piega il foglio in due, dall'alto verso il basso, creando una piega orizzontale che attraversi il centro esatto della X. Otterrai delle pieghe che ricorderanno la forma di una stella o quella di un asterisco.

ORIGAMI

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Riapri il foglio e ripiega i due lati verso l'interno. Per facilitarti il compito ripiega la linea orizzontale, creata nel passaggio precedente, nella direzione opposta.

Livella le pieghe. Ora il tuo foglio di carta dovrà aver assunto una forma triangolare.

Piega l'angolo inferiore destro verso il centro, sovrapponendolo ed allineandolo alla punta superiore del triangolo.

Ripeti l'operazione con l'angolo inferiore sinistro.

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Ripiega uno degli angoli laterali appena creati verso il centro, come nell'immagine, portandolo fino alla linea centrale verticale.

Ripeti l'operazione con l'altro angolo.

Piega le punte superiori, create nei passaggi 5 e 6 verso l'esterno, allineandole a quelle create nei passaggi 7 e 8. Questi nuovi triangoli saranno le zampe anteriori della rana.

Capovolgi il foglio come nell'immagine.

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Piega i due angoli inferiori verso l'interno, allineandoli alla linea verticale centrale.

Piega i due margini interni verso l'esterno, allineandoli alle pieghe create nel passaggio precedente. Questi nuovi triangoli saranno le zampe posteriori della rana.

Crea una piega all'altezza della vita della rana. Assicurati di piegare la metà inferiore (con le zampe posteriori) sotto la metà superiore. Quando hai finito, la nuova piega dovrebbe trovarsi sul fondo.

Ripiega la rana per permetterle di saltare. Tenendola piegata alla vita, capovolgila verticalmente, così che le zampe siano rivolte verso di te e che la piega intorno alla vita sia rivolta verso l'alto. Poi, piega le zampe verso l'alto, allineandole alla linea orizzontale (le zampe sporgeranno oltre la linea).

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Appoggia la rana sulle zampe posteriori, poi premi e rilascia la piega centrale per farla saltare.

• Una carta sottile è più adatta, mentre una carta spessa è difficile da piegare e non permetterà alla rana di fare grandi salti.

• Più piccola sarà la rana, più distante salterà.

• Al tuo primo tentativo usa della carta a righe, riuscirai a creare delle pieghe più regolari. In seguito ricopia la tua creazione con della carta normale.

• Piega gli angoli con attenzione. La tua rana salterà meglio.

• Le rane di carta sono perfette per animare una festa dei più piccoli.

AVVERTENZE

• Le forbici possono essere pericolose, se hai meno di 8 anni chiedi l'aiuto di un adulto.

• Fai attenzione a non tagliarti con la carta.

tratto da WikiHow

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CONSIGLI