Verso La Routenazionalers_ Coraggio

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  • 7/30/2019 Verso La Routenazionalers_ Coraggio

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    a cura di Michele Pandolfelli

    Il coraggio, la scelta,la responsabilitLe sfide educative ed esistenziali

    per i giovani del ventunesimo secolo

    I dossier del Centro Documentazione Agesci per il Progetto nazionale,

    in particolare per la preparazione della Route nazionale R/S

    Quaderni del Centro Documentazione Agesci

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    ISBN 978-88-8054-.......

    Incaricata del Comitato editoriale @ Laura Galimberti A

    cura di @ Michele Pandolfelli Redazione @ Francesca

    Pizzetti Progetto grafico @ Giovanna Mathis

    Impaginazione @ Luigi Marchitelli Fiordaliso soc. coo @

    Corso Vittorio Emanuele II, 337, 00186 Roma,

    www.fiordaliso.it Finito di stampare @ aprile 2012

    Centro Documentazione Agesci @ Piazza Pasquale Paoli 18, 00186

    Roma telefono 06 68166203 fax 06 68166236 www.agesci.org/cen-trodocumentazione/home e-mail: [email protected]

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    Indice

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    Introduzione

    Parte I Il coraggio, una virt esigenteIl coraggio come impostazione di vita

    I.1 Il coraggio viene dal cuore.Il coraggio come virt civile

    I.2 Lora dellindignazione, della verit, del senso dello StatoIl coraggio civile in Agesci

    I.3 Coraggiosi si diventase si hanno vicino educatori competenti, sensibili e coraggiosi

    I.4 Liberi, scomodi, protagonisti, ripieni di speranza... in una parola coraggiosiInterventi sulleducazione al coraggio in Agesci

    Parte II La scelta per dare un senso a questa vita

    La sfida di scegliere cosa si vuole essere e di educare a scelte consapevoli

    II.1 Dover scegliere: perch? Le difficolt e i problemi cheun giovane oggi affronta dinanzi alle scelte fondamentali della vita

    II.2 Un compito arduo.Interventi sulleducazione alle scelte in Agesci

    II.3 Cercare il bene possibile.Il discernimento come dimensione delleducare e delleducarsi a scegliere

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    II.4 La coerenza segue la Promessa.La dimensione della coerenza nelleducazione a scegliere dellAgesci

    Parte III Chi sceglie responsabile?

    La responsabilit come altra faccia della scelta. Alcuni interventi sul tema

    III.1 Le piccole responsabilit crescono.Come si impara in Agesci il senso di responsabilit

    Postfazione

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    troduzione

    Con il presente dossier Il coraggio, le scelte, la responsabilit il CentroDocumentazione intende fornire un contributo sui temi della Route

    nazionale 2014, presentando come di consueto una raccolta ragionata ditesti e documenti che illustrano la cultura associativa sul tema, ordinati ecommentati per facilitarne la lettura.

    Alcune idee-forza di questo dossier, che intendo sottolineare, sono leseguenti:

    interpretare il coraggio, pi che come temerariet e ardimento, nel

    senso della virt della fortezza, quindi come capacit e forza morale nelsostenere e nel vivere ci che si crede giusto per s e per la collettivit(coraggio civile);

    il coraggio diventa la disposizione danimo propizia per fondare la propriaidentit su scelte precise di valore che danno senso alla vita (nel doppiosignificato di contenuto e di direzione), esercitando il discernimento delbene possibile qui e ora e quindi la virt della coerenza;

    il coraggio diventa anche lassunzione della responsabilit delle propriescelte, vivendo la vita con responsabilit verso s stessi e gli altri.

    Introduzione

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    Il coraggio non si pone comunque in contrapposizione alla ricerca di dialogocon tutti e con la solidariet (anzi il coraggio civile si fonda su una conce-zione della giustizia).

    Com evidente si tratta di una linea di crescita e di una proposta educativaparticolarmente esigente e sfidante per i giovani di oggi, sottoposti a dureprove dalle vicende contemporanee: mutamenti improvvisi degli scenari eco-nomici, politici e sociali; diversit culturali e di valore; carenza di prospetti-ve di affermazione individuale in campo familiare, professionale e politico.

    Di fronte ad un simile contesto per un associazione educativa non vi sonoche da percorrere (e da indicare ai giovani) simultaneamente due strade:

    impegno politico per il bene comune, per una buona politica e una buonaeconomia da un lato (insieme si pu pi che da soli), impegno ad aiutare igiovani a formarsi personalit coraggiose, capaci di scelte incisive e diresponsabilit, per affrontare il mare aperto della crisi di questa fase sto-rica (insieme si pu se ognuno parte attiva)

    Si segnala infine che nella postfazione inserita una proposta di attivit perle Comunit capi sul coraggio, sia come formazione permanente sia come sti-molo a rivedere i nostri progetti educativi (per renderli pi coraggiosi), uti-lizzando altra documentazione riportata sul sito del Centro Documentazione(Percorsi di lettura: Le voci del coraggio Provincia Autonoma di Bolzano;Mani sporche di coraggio Agesci Toscana), che presenta una rassegna distorie, personaggi, testi sul tema.

    Michele PandolfelliIncaricato nazionale alla Documentazione

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    Parte I: Il coraggio, una virt esigente

    Il coraggio come

    impostazione di vita

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    Il coraggio come virt civileDallintroduzione a una raccolta di testi, personaggi e storie sulcoraggio, curata dallAssessorato alla cultura della Provincia diBolzano, si presenta una pista di riflessione sul significato dellaparola (privilegiando laccostamento alla fortezza, al saperdifendere i valori che ci uniscono) e lo si declina nella virt civi-le dellazione per servire il bene pubblico e per salvaguardare lalibert e la dignit di tutti i cittadini.

    I.1: Il coraggio viene dal cuore

    Il coraggio civile

    Questi sono i nostri figli: a noi, dunque, sembrato giusto prenderci cura dicostoro, per quanto ci era possibile, e di non comportarci come i pi che, quan-do i figli sono divenuti adolescenti, lasciano che essi facciano ci che voglio-no, ma cominciare fin da ora a occuparci di loro, per quanto ne siamo in grado.Poich sappiamo che anche voi avete dei figli, abbiamo ritenuto che voi, senon altri, vi sareste preoccupati di come avrebbero potuto diventare ottimi, sevi foste curati di loro

    Platone, Lachete1

    Che cosa significa il termine coraggio accanto allaggettivo civile? E,viceversa, che cosa significa laggettivo civile accanto al termine corag-gio? Come facciamo a riconoscere un atto di coraggio civile, da un atto chenon lo ?

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    Dialogo del filosofo greco Platone (V-IV sec. a.C.)., incentrato sui tema della virt e delcoraggio.

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    Ilcoraggio,unavirtesigente

    La risposta a queste domande ci porta a scavare nei significati e anche nellastoria passata e presente, alla ricerca pi che degli eroi, delle diverse declina-zioni in cui si coniugato il coraggio civile. Una ricerca che abbiamo voluto ini-ziare da un mito, quasi fosse lorigine del significato che stiamo cercando.

    1. Il mito di Prometeo: fu un atto di coraggio civile il suo?Prometeo era un Titano, cio di quella razza spodestata dal cielo per operadi Giove, che port a questo Dio e alla sua nuova signoria un rancore eterno.Egli rappresenta la scienza contrapposta alla rivelazione, ma anche il liberopensiero, la ribellione allautorit costituita.

    Egli impast col fango della terra luomo e gli diede vita. Minerva ammi-

    r molto questa sua opera e volle portare in cielo Prometeo perch lass cer-casse ci che poteva perfezionare anche di pi la sua creatura.

    Prometeo trov il fuoco e lo rub agli dei per darlo agli uomini. Irritato perquesto furto Giove consegn Prometeo a Mercurio, ordinandogli di portarlo sulCaucaso, di attaccarlo a una rupe, tenendovelo legato con catene ai piedi e allebraccia, condannato a vedersi rodere per leternit il fegato dallaquila di Zeus.

    Il fegato per i Greci, ma anche per i Romani, era la sede dellardimento.Del resto ancora oggi diciamo che fegato, per indicare sia un atto di

    coraggio, che una particolare forma di forza, propria di chi dimostra di avereuna buona corazza di fronte a situazioni difficili.

    Ma che coraggio fu quello di Prometeo? I Greci parlavano diybris, un ter-mine che traducibile con insolenza, tracotanza, violenza, prepotenza. Ma ilsuo significato filosofico riguarda pi precisamente loltrepassamento dellamisura, la sfrenata insensatezza, lagire contro gli dei, ma che contro illgos,la ragione.

    2. Alle radici del termine: tra ybris e coraggioMa se non lybris greca a quale dobbiamo rifarci per ritrovare il significatodel coraggio, a quale altro termine dobbiamo guardare?

    Diciamo pure che la parola coraggio richiama nel profondo di noi sempreuna qualit un po rude, forte, pesante, un sentimento duro, unesperienzalimite. Limmaginario popolare lega il coraggio agli strumenti della violenza,alladdestramento, allo scontro, alla capacit di lotta, alla forza nellaffron-tare situazioni cariche di rischio.

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    Insomma qualcosa di difficilmente compatibile con lavere cuore coscome invece rimanda letimologia del termine coraggio: dal provenzale edal latino volgare coraticum, da una forma popolare per cor (= cuore).

    3. Il coraggio non temerariet, piuttosto una virtTornando alla cultura greca, non c solo lybris del mito di Prometeo, canche landria (la fortezza o il coraggio), ovvero quella virt che accantoalla prudenza, giustizia e temperanza contribuisce a costituire le fonda-menta della citt ideale di Platone e designa la natura del bene comune.

    La nostra citt - si legge nelLa Repubblica2 - se stata rettamente fon-data, sar perfettamente buona, e dunque sar sapiente, coraggiosa, tem-

    perante e giusta.

    Ma che cos di preciso il coraggio al quale Platone si riferisce?Platone definisce la fortezza (il coraggio) come salvaguardia dellopinio-

    ne retta e conforme alla legge su ci che si deve e su ci che non si devetemere. Un coraggio che ha quindi molto a che fare con la conoscenza emolto meno - se non per nulla con la temerariet. Il tema del coraggioritorna anche nelLachete di Platone (dialogo sulla virt e sul coraggio): dueanziani interrogano i valorosi condottieri su come si debbano educare i figli.

    Imparare a combattere in armi adatto o no a dei ragazzi? la discipli-na per eccellenza che conduce alla virt del coraggio? Se il coraggio la virtprincipale di ogni buon cittadino, i valorosi condottieri dovrebbero saperlo.E invece non ne sanno nulla, perch il coraggio militare non ci che serveallAtene democratica. Viene infine interpellato Socrate che interpreta ilcoraggio come coraggio civile e afferma la necessit di educare i cittadini

    alla democrazia.

    Il coraggio, si ribadisce nel Lachete, non ybris: non sconsideratezza,ovvero non considerare, non esaminare attentamente, non dedicare a qualco-sa unaccurata riflessione. Il coraggio, ancora, diverso dallignoranza cheporta a non avere paura di qualcuno o di qualcosa.

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    2 La Repubblica un dialogo di teoria politica, incentrato sul tema della giustizia, scritto

    approssimativamente tra il 390 e il 360 a.C.

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    Ilcoraggio,unavirtesigente

    Il coraggio siscrive in una funzione di salvaguardia e di difesa che haa cuore il benessere della collettivit cos come garantito dalla legge. Adassolvere questo compito della Repubblica di Platone chiamata la classedei guardiani: persone particolarmente dotate di coraggio e assolutamen-

    te fedeli alla citt.Possiamo dire che anche oggi c bisogno di una classe di guardiani capa-

    ci sia di fedelt nei confronti della citt che di coraggio civile; capaci ciodi aver a cuore le leggi, le norme che ci siamo dati, che regolano lo spaziodel nostro vivere in comune e capaci di vigilare sul pericolo che non sianorispettate, che vengano calpestate.

    Considerare il coraggio come una virt implica non solo essere a cono-

    scenza di un valore generale di riferimento, ma anche sapere che si tratta disforzarsi di praticarlo.

    In breve, citando R. Dahrendorf3 Le virt sono valori generali pi faticaindividuale.

    3.1. Il coraggio civileLaggettivo civile accanto al termine coraggio indica che non si tratta diatti di legati alla responsabilit del buon cittadino.

    Non c un nemico da combattere, n un atto di eroismo da compiere,bens un patrimonio comune di leggi e norme da difendere e rivendicare per-ch garantiscono la libert, la giustizia e la democrazia.

    E, se vero che il cittadino chiamato a rispettare le leggi, ovvero allob-bedienza civile, altrettanto vero che il cittadino ha il diritto di esseregovernato saggiamente e con giustizia.

    Il coraggio civile una virt civile; come dice Machiavelli 4, tenere le

    mani sopra la libert. Per frenare coloro che hanno le mani lunghe ci vuole,oltre alle buone leggi, la virt civile dei cittadini.

    Se non ci sono cittadini disposti a essere vigili, ad impegnarsi, capaci diresistere contro gli arroganti, servire il bene pubblico, la repubblica muore,

    3 Ralph Gustav Daherndof (1929-2009) stato un filosofo e sociologo tedesco.4 Niccol Machiavelli (1469 1527), celebre storico, scrittore e drammaturgo italiano con-

    siderato il fondatore della scienza politica moderna. La sua opera pi famosa Il Principe,

    uscito postumo nel 1532.

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    diventa il luogo in cui alcuni dominano e gli altri servono, il luogo in cuidomina il particolare, di cui parla Guicciardini5 (lutile individuale, gli inte-ressi dei pochi).

    Il coraggio civile non tanto la volont di immolarsi per la patria o un

    atto di coraggio fine a se stesso: piuttosto la coscienza (nel senso dicoscienza e consapevolezza = percezione e azione, coscienza di s e coscien-za degli altri) di avere il diritto/dovere di salvaguardare la propria dignit dipersona umana/di cittadino membro di una comunit, contro chi o cosamette a rischio la libert, il bene comune.

    E quando parliamo di libert ci riferiamo ad una condizione di indipen-denza dellindividuo, che non va intesa come la libera uscita da ogni patto o

    regola che governa il vivere civile.Non liceit: assenza dimpedimento (secondo lidea liberale di libert).Semmai, proprio larbitrio che pu proliferare in situazioni di mancato

    rispetto delle leggi come principi regolatori del buon vivere civile a ren-dere dipendenti gli individui dalla volont appunto arbitraria di altri indi-vidui, a generare oppressioni e forme di schiavit.

    Nasce l la paura nei confronti di persone che hanno o vantano poteriarbitrari. Paura che alimenta atteggiamenti servili, che porta a tacere o adu-lare i potenti.

    Una condizione di dipendenza incompatibile con lo status del cittadino eche va combattuta, con coraggio civile, denunciandola come atto contro lalibert dalla legge, intesa questultima come volont non arbitraria che siapplica a tutti, come condizione dindipendenza dellindividuo.

    Giorgio Mezzalira, in: Le voci del coraggio. Percorsi di lettura. Notiziario

    bibliografico dellAssessorato alla cultura della provincia di Bolzano, 2010, p6-7(http://www.provincia.bz.it/cultura/download/Pdf_definitivo.pdf)

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    5 Francesco Guicciardini (1483 1540), anchegli scrittore, storico e politico italiano noto

    soprattutto per la Storia d'Italia, vasto e dettagliato affresco delle vicende italiane tra il 1494

    e il 1532 e capolavoro della storiografia della prima epoca moderna e della storiografia scien-

    tifica in generale.

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    Il coraggio civile in Agesci

    Il coraggio civile in Agesci stato declinato in vari modi.

    Franco La Ferla sottolinea il coraggio necessario per acquisire emantenere il senso dello Stato e per impegnarsi per la comunitcivile, per indignarsi contro le minacce alla libert e alla dignitdellindividuo, affrontando un conflitto che deve essere non vio-lento.

    Giancarlo Lombardi e Andrea Biondi evidenziano lesigenza del-lindignazione contro le ingiustizie, che richiede coraggio civile,anche nei confronti degli aspetti negativi della realt ecclesiale,con spirito costruttivo. La lezione dei magistrati di Tangentopolirichiama poi il coraggio di affermare i valori anche in situazionidifficili, mostrando carattere e competenza.

    Davide Magatti interpreta il coraggio come testimonianza attiva,senza paura di esporsi e con la speranza e la fiducia di una nuovacoesione sociale da raggiungere.

    Monsignor Renato Boccardo richiama la lezione ai giovani diGiovanni Paolo II (non abbiate paura e siate sentinelle delmattino), ai quali chiede di impegnarsi per la verit.

    I.2 Lora dellindignazione, della verit,del senso dello Stato

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    Ci vuole un bel coraggio

    Ci vuole un bel coraggio a sostenere, nonostante ogni evidenza di segnocontrario, il senso dello Stato.

    Gli articoli precedenti dovrebbero per aver convinto tutti che di Statoc bisogno e che per esso servono onesti cittadini.

    Si tratta ora di trovare il modo per innescare (forse ri-innescare) quelprocesso che poi si autoalimenta: buoni cittadini che generano un buonoStato, che genera cittadini migliori, che consolidano uno Stato ancoramigliore e cos via. Come si pu cominciare (forse ri-cominciare)?

    A me sembra che ancora una volta che larte dello scouting possa torna-

    re utile, soprattutto laddove diventa educazione al coraggio.Ci troviamo, infatti, in unepoca di eccesso di richiesta di garanzie e

    dove dunque pochi amano rischiare il viaggio verso lOregon, su carri pococonfortevoli e con guide assai incerte, nonostante si sappia con certezza chequelle terre esistono e che permettono una vita migliore.

    Cos, anche se so perfettamente che lo Stato di diritto permette indubi-tabilmente una vita migliore, perch dovrei io solo pagare le tasse, lavorarecon solerzia, rispettare i limiti di velocit, informarmi puntualmente, ascol-tare con animo sgombro i politici, trattare con gentilezza gli utenti del ser-vizio pubblico a cui io sono preposto?

    Ci vuole un bel coraggio.Per incitarci a partire possono intanto essere utili alcune considerazioni.Intanto che un errore credere che saremmo gli unici ad esercitare i

    diritti-doveri sanciti dalla Costituzione.

    Se cos fosse, la civilt non dovrebbe essere morta da tempo? Se cos non avvenuto non forse perch a fronte di un numero ristretto di sfacciatiesempi negativi convivono innumerevoli gesti positivi? questa unipotesidi incerta dimostrazione, che ci pu comunque servire per tirare avanti nelnostro cammino. La seconda considerazione-molla deriva dal fatto che, senon riusciamo a convincerci che conviene essere buoni cittadini, che cio ilbene fa bene, non dovrebbe essere difficile dimostrare il contrario, cio che

    il male fa male.14Il

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    Ilcoraggio,unavirtesigente

    Proviamo ad immaginare la societ, o la nostra vita personale stessa, carat-terizzate da un generale atteggiamento antisociale: fa male; chi non ci crede,provi a praticare meticolosamente lanti-Stato e preghi di non trovarsi adavere bisogno di nessun altro, n per il necessario (mangiare, coprirsi, ecc.)n per il superfluo. Questa seconda considerazione non molto bella per glieducatori, essendo una motivazione in negativo (Se non ti comporti comesi deve, saranno dolori ). Ma quando si deve partire (e si deve, perch solo per strada che si apprezzeranno poi le valenze positive di un atteggia-mento), credo si possa non andare troppo per il sottile.

    Comunque, le due considerazioni ora fatte non bastano ancora; non sarcio semplicemente la ragione a muoverci.

    Ci vuole coraggio.Ci vuole il coraggio fisico acquisito nel riassestare di notte la tenda strap-

    pata da un vento furioso.Ci vuole il coraggio di chi sa infondere sicurezza al suo gruppo nella ricer-

    ca con la nebbia di un sentiero smarrito in montagna.Ci vuole il coraggio dei chi nellhyke solitario si sente piccolo e accetta

    di chiedere laiuto degli altri.Ci vuole il coraggio di chi in una discussione della sua comunit si rende

    conto di esprimere una posizione avversata da tutti, ma la esprime lo stes-so, ritenendola ragionevole.

    Ci vuole il coraggio di chi si lanciato generosamente in un servizio che un filo al di sopra delle sue possibilit e non per questo si tira indietro.

    Questo coraggio, acquisito per gioco nellavventura dello scautismo, quello che ci permetter di gettarci con gratuit nellavventura dello Stato.

    I carri per lOregon aspettano.

    Franco La Ferla, R-S Servire, 1990, n. 1, p.46

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    Il coraggio di aprire conflittiPer lasciare il mondo migliore dobbiamo avere il coraggio di scontrarci con chiil mondo lo vuole immutabile, se non peggiore.

    Indignazione quandoSe, come si visto negli articoli precedenti, indignarsi un dovere, la con-seguenza necessaria unazione che rimuova le cause che hanno generato ilfatto che suscita la nostra indignazione.

    E dato che questa doverosa azione non pu che confliggere con quellecause; e che ogni conflitto richiede sempre coraggio e impegno e talvoltaanche sofferenza, bene delimitare i casi in cui ineludibile la concatena-

    zione indignazione conflitto.Credo si possa restringere il campo dellindignazione ai casi in cui una

    persona offesa nel profondo; e questo profondo sono i diritti fondamen-tali della persona, contenuti in tutte le carte che si sono succedute dal 700(in Europa nel 1789, con la Dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadi-no, redatta sul modello dei neonati Stati Uniti dAmerica) fino ai giorni nostri(Costituzione italiana del 1948 e la Carta dei diritti fondamentali dellUnioneeuropea, proclamata il 7 dicembre 2000 e il cui primo articolo recita subitoLa dignit umana inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata). [...]

    Conflitto come e quandoManifestare la propria indignazione ad altri non obbligatorio, in quantoalcuni conflitti possono, o addirittura debbono, essere aperti da soli, senzacoinvolgere il mondo intero nella nostra indignazione. Ma altre volte, trattan-dosi di diritti della persona, che al tempo stesso individuo e comunit,

    manifestare la propria indignazione ad altri va fatto, ma in genere non suf-ficiente, anche se gi qualcosa. Perch comunicarla include, se tutto vabene: il confrontarsi con altri punti di vista, accorgersi eventualmente di ina-deguatezze o errori nella propria indignazione: lindividuare possibili condi-visioni di pensieri e intenti; il non potersi rimangiare le proprie parole subi-to dopo. Ma non basta, perch occorre passare dal rischio del semplice mugu-gno, che dopo il calcio il nostro secondo sport nazionale, al conflitto con

    cui ci si propone di risolvere le cause dellindignazione.Non ho fatto finora alcun riferimento a motivi dindignazione che, nei16Il

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    tempi recenti, sono sotto gli occhi di tutti e continuer a non farlo.Lambizione di queste poche righe infatti di tratteggiare qualche criteriogenerale di scelta per agire nellindignazione e nel conflitto, senza essere quisviati da citazioni di casi concreti di indignazione, che peraltro mi hanno gui-

    dato nel tentativo di individuare i criteri stessi.

    Il criterio generale: stato gi accennato. Essendo lindignazione un motolibero dellintelligenza e dellanimo di ogni soggetto, a questi in primo luogocompete la scelta se aprire un conflitto da solo o con altri, in modo paleseo occulto e con quali mezzi. So che questo pu coprire lignavia e la paura(che conosco bene) di si chi rintana in conflitti minimali e non risolutivi,

    mentre ci si dovrebbe esporre con coraggio e con altri. Ma non va dimenti-cato che esistono casi limite nei quali le circostanze richiedono proprio diaprire prudenti conflitti solitari e occulti. Lesempio emblematico per gravitdel limite raggiunto nella negazione dei diritti delle persone sono i lagernazisti, dove ognuno si difeso come poteva, ritrovandosi poi, sopravvissu-to, di fronte alle severe incaute domande del tipo: Ma perch non vi sieteribellati?.

    Attese dal conflitto. Naturalmente si apre un conflitto per vincerlo, rimuoven-do totalmente i fatti che hanno suscitato indignazione. Molto spesso diffi-cile essere razionali in questo, perch lo zelo ci porta a sottovalutare tutte ledifficolt che comporta. banale dirlo, ma un fatto di una certa gravit checi indigna ha sempre radici nel passato e permea ampi rapporti a rete nel pre-sente. Purtroppo, quando questa constatazione banale razionalizzata, sigenera spesso un senso dimpotenza per la difficolt oggettiva di capire tutto

    del passato e di dominare tutti i rapporti del presente: la conseguenza spes-so la resa delle armi: il che ci posso fare io? Che ci possiamo fare noi?.

    un peccato comprensibile, perch la tensione morale con cui si parti-ti cos alta che qualunque sconto nellagire sembra indegno. Eppure nellanostra storia qualunque cambiamento di successo duraturo stato fatto apiccoli passi, anche levangelizzazione che, pur avendo il Figlio di Dio dallasua, ha scontato paure e tradimenti iniziali prima di diffondersi. Si pu dun-que, a seconda delle circostanze, accettare di essere minimalisti negli obiet-tivi, per quanto riguarda i tempi e lampiezza dei risultati.

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    Caratteristica irrinunciabile del conflitto: la nonviolenza. Credo non servanoosservazioni su questo criterio, salvo il considerare che essa nata propriocome modalit di conflitto politico in una situazione di indignazione di vasteproporzioni: lIndia sotto lImpero britannico. Seppure oggi condivisa inmodo unanime, la nonviolenza resta lunica forma accettabile di conflitto dacontinuare quindi a sostenere.

    Franco La Ferla, Scout - Servire, 2008, n. 1, pp.21-23

    Indignazione e Chiesa: prospettive a confronto

    lamore verso la Chiesa che induce a prendere posizioni nette nei confronti dialcuni atteggiamenti poco consoni allinsegnamento di Ges.

    I problemi alla base dellindignazione verso la Chiesa sono normalmente dicontenuto e di metodo e richiamano il ruolo pi generale del rapporto tra laicie credenti in una democrazia pluralistica. la legittima posizione che giudi-ca gli interventi della Chiesa cattolica sul piano della sua pretesa di valere perla societ tutta intera su questioni di carattere sociale e politico su cui in moltiPaesi, anche di tradizione cristiana, si di fatto consumato uno scarto, in pre-cedenza sconosciuto tra legislazione civile e morale religiosa.

    Abbiamo provato a esprimere i motivi dinsofferenza che spesso anchenoi, e tanti altri fedeli con noi, viviamo nei confronti di certi atteggiamentie di certe scelte della Chiesa come istituzione.

    Desideriamo sgombrare in modo chiaro e assoluto la nostra posizione da

    equivoci affermando con chiarezza che il nostro cammino di credenti, lespe-rienza dincontri con tante altre persone credenti, con sacerdoti straordinariche abbiamo avuto la fortuna di frequentare, sono stati essenziali per lanostra vita di fede.

    Cos com stato essenziale il servizio autorevole di coloro ai quali ilSignore ha voluto affidare la cura dei suoi discepoli. [...]

    E allora perch motivi di insofferenza?Ci sembra si possano, in proposito, svolgere alcune riflessioni di fondo.

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    1. Lo scarto tra la fede e la prassi, tra principi e comportamentiCome credenti siamo consapevoli dello scarto tra fede e prassi come espe-

    rienza che accompagna il nostro cammino. Questo scarto per noi credenti ilpeccato, ovvero lesperienza di non pienezza di quellaffidamento al Signore ealla sua Parola. Non dobbiamo avere paura di riconoscere e chiamare con il pro-prio nome i peccati che come individui e comunit continuamente sperimentia-mo. quasi sorprendente che listituzione chieda perdono dei propri errori,quando lesperienza del perdono il dono pi grande che il Signore continua afarci con la sua Grazia. Vale solo per lindividuo e non per listituzione? [...].2. Il silenzio e la giustificazione dello scandalo degli innocenti

    Ancora una volta lo scarto tra fede e prassi trova il suo aggravante nel rite-

    nere che preferibile (pastoralmente!) il silenzio che provocare uno scanda-lo. Perch lomert proprio di fronte a ci che come credenti dobbiamo chia-mare con il loro nome di peccato? E di cui dobbiamo chiedere perdono comeindividui e comunit? La Bibbia non ci parla di un Dio che ci ascolta (ci giu-stifica) quanto di un Dio che ci smentisce Il Dio pagano solo un Dio com-piacente che si fa garante dei nostri progetti: labbiamo costruito perch pun-tellasse le nostre costruzioni. Ci ascolta, ci d ragione, ma proprio per questoci tradisce, ci lascia prigionieri delle nostre illusioni. Il Dio cristiano, noncostruito da noi, pi grande di noi, ci giudica, ci disillude, ci costringe asalvare i nostri pensieri e proprio per questo ci libera e ci salva. 6

    3. Il conformismo di posizioni e la paura del dissensoViviamo in un tempo di grande conformismo anche nella Chiesa. Dio e le

    religioni sono di nuovo invocati e parallelamente, le loro chiese-ministreavanzano la loro pretesa di valere come forza sociale unificante di senso con-tro la disgregazione relativistica Come tante altre volte nella storia

    dellOccidente, la religione e le sue istituzioni sarebbero ancora una voltachiamate dalle circostanze a distogliersi dal culto della Parola di Dio, peroffrirsi come puntelli etici per reggere le sorti di societ disorientate e inca-paci di uscire dalle loro stesse contraddizioni.7 [...].

    6 B. Maggioni, Una preghiera al di sopra di ogni sospetto. In: Un rischio chiamato preghiera.

    Cittadella, Assisi, 1974, p.1947 G. Zagrabelsky,I paladini dellidentit e la tolleranza dellOccidente. In: Contro letica della

    verit. Laterza, Bari, 2008, p.10

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    4. Affidamento, coscienza, libertLa Rivelazione fornisce una concezione delluomo: il concetto, cio, che ne

    ha Dio stesso e che lo coglie nella sua vera e pi intima essenza. Secondo que-sto concetto, luomo la creatura chiamata ad aderire liberamente al disegno diDio che entrare in relazione con Ges Cristo, con latto di fede che affidarsia Lui attraverso la sua Parola. E affidamento lesperienza che con fatica dob-biamo coltivare con lo stesso impegno di una relazione umana, in riferimento atempo ed energie personali. Nella fede sperimentiamo che questa scelta luni-ca condizione che in modo autentico pu rendere liberi. Nella coscienza (il cuorein senso biblico) dobbiamo sentire tutta la responsabilit di quella mediazioneche su ogni campo personale e comunitario siamo chiamati a vivere.

    Ma allora perch sembra prevalere sempre una visione che pretende pro-prio sul piano pastorale che le singole risposte morali risultino da un rappor-to necessario ed affermato ogni volta come tale nella Rivelazione? [...]

    A noi sembra che laspetto critico riguardi il rischio di inserire fra le veritassolute valutazioni, opzioni, giudizi, che sono invece frutto di interpreta-zioni e elaborazioni soggette a possibilit di errore. La storia della Chiesa ,senza bisogno di scomodare il fin troppo citato esempio di Galileo, e purtrop-po anche di tanti altri dolorosi episodi, certamente ricca di questi errori.

    Lindignazione non nasce tuttavia per il fatto che si facciano errori, masoprattutto quando questi errori appaiono frutto di lontananza dalla testimo-nianza evangelica e dallinsegnamento di Ges. Anche quando sono frutto diuna concezione della Chiesa come societ terrena che gestisce potere e auto-rit, anzich essere voce di Colui che ha portato lannuncio di pace e di sal-vezza e il comandamento dellamore.

    Lindignazione, di cui noi parliamo, motivata dallamore per la Chiesa,dal desiderio di vederla sempre pi simile a Cristo di cui la continuazionesulla terra.

    Lindignazione un atto di amore, non di ribellione e di rifiuto. I pasto-ri dovrebbero comprendere questo quando invece sembrano non tollerareobiezioni e preferire un popolo di fedeli obbedienti e tiepidi ad un popolo dicristiani innamorati di Cristo e della Verit.

    Giancarlo Lombardi, Andrea Biondi, Scout - Servire, 2008, n. 1, pp.39-4120Il

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    Il coraggio dellindignazione, il coraggio della verit

    Una volta tanto il ritardo con cui questo quaderno di Servire stato appron-tato stato in qualche modo giovevole. Scrivo infatti questo articolo mentrela TV illustra e commemora la gravissima tragedia dellattentato al giudiceFalcone 8 e sullo sfondo si recita la commedia-tragedia dellelezione delPresidente della Repubblica. Allorizzonte continua a svilupparsi la singolarenovela delle tangenti e delle corruzioni a Milano, ma potrebbe essere aRoma, a Bari, a Genova, dovunque.

    Ce n abbastanza per indignarsi e francamente non si vede neppureperch ci dovrebbe volere del coraggio per farlo. Infatti molti si indignano,

    quasi tutti, e gridano contro la classe politica, contro il governo, contro ipartiti, in un coro ampiamente giustificato che tuttavia in certi momenti misembra un po troppo facile, fino a rischiare la superficialit e lipocrisia.

    Indignarsi mi sembra infatti un sentimento e una scelta che per essereseri richiedono profondit di giudizio, obiettivit di valutazioni, impegno ecoerenza. Occorre sapersi indignare anche quando non si in maggioranza,anche quando lindignazione pu costare ed essere pagata con lemargina-zione; ecco perch ha un senso parlare di coraggio di indignarsi.

    Si ha diritto di indignarsi quando si cercato di fare qualcosa ciascunonaturalmente secondo le proprie capacit e al proprio posto per cambiarele cose che ci indignano, quando ci si impegnati, quando si lottato.

    Lindignazione degli spettatori alla finestra, soprattutto di quelli dellul-tima ora, non porta lontano.

    Il giudice Falcone, sua moglie, la sua scorta, non stavano alla finestra, e

    come loro decine di migliaia di cittadini nel nostro Paese, servitori delloStato o semplici lavoratori, politici e sacerdoti, casalinghe e professori,imprenditori e operai si impegnano ogni giorno a compiere il proprio doveree hanno il diritto e il coraggio dellindignazione, ma decine di migliaia noncompiono il proprio dovere e anche se sembra si indignino non ne hanno nil diritto n il coraggio.

    8 Il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della sua scorta furo-

    no assassinati dalla mafia a Capaci il 23 maggio 1992.

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    Perch accanto al coraggio dellindignazione occorre anche il coraggiodella verit e questa chiede ancora pi fatica, perch la verit non sempli-ce non banale, e la sua ricerca non gratuita, e la fedelt a essa costaquasi sempre sacrifici in termini di successo personale.

    La ricerca della verit chiede seriet interiore, capacit di ascoltare eguardare con obiettivit, libert dal proprio tornaconto, decantazione dellepassioni, umilt e pazienza. chiaro che non sono comportamenti facili enaturali, ma vanno conquistati con leducazione e la disciplina: quello che B.-P. chiamava la formazione del carattere. [...]

    Quasi cinquantanni fa Dietrich Bonhoeffer 9 scriveva: Non di geni n di

    cinici n di gente che disprezza gli uomini n di tattici raffinati abbiamobisogno, ma di uomini aperti, semplici, diritti. Ci sar rimasta tanta forza diresistenza interiore contro le situazioni imposteci, ci sar rimasta tanta spie-tata sincerit verso noi stessi da poter ritrovare la strada della semplicit edella rettitudine?

    E le sue parole sono ancora oggi vere e puntuali.S, lora dellindignazione e della verit, ma occorre autentico coraggio

    civile per cambiare le cose e questo lo dimostrer solo chi ha deciso di nutri-re in s i valori della rettitudine e della semplicit.

    Giancarlo Lombardi, R-S Servire, 1992, n. 2, pp.23-24

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    9 Dietrich Bonhoeffer (1906 1945) stato un teologo luterano tedesco, protagonista della

    resistenza al Nazismo. Autore di numerose opere, tra cui il celebre Resistenza e resa.

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    Uno stile che non si piegaLItalia attraversata ormai da molti mesi da un entusiasmo diffuso per i giu-dici di Tangentopoli10

    Di Pietro applaudito per strada, il giudice Colombo additato con simpa-tia quando appare in pubblico, Borrelli stimato e apprezzato. Crescono nelleuniversit le immatricolazioni a Giurisprudenza, perch i giovani si sentonochiamati alla carriera di magistrato.

    Tutto ci bello e buono.Ma resta aperta, anche se poco pronunciata, la domanda del perch in tanti

    anni la magistratura di tante citt, in tanti settori, non abbia perseguito quei

    reati e quei rei che oggi appaiono cos diffusi ed evidenti. Forse a qualcuno mancato il coraggio di indagare, di procedere, di inquisire, perch il clima eradiverso, diversi erano i rapporti di potere, maggiori i rischi che si sarebberocorsi adempiendo il proprio dovere. Ci non n bello n buono.

    Sempre Tangentopoli ha messo in evidenza che molti imprenditori, trop-pi imprenditori, di aziende piccole, medie e grandi, di molte regioni, di tantidiversi settori, pagavano tangenti a politici o a loro intermediari per ottene-re appalti, favori, per vincere gare, per lucrare ingiustamente.

    La motivazione che pi frequentemente adottata a scusante che ciera necessario per poter lavorare. Evidentemente mancato il coraggio didenunciare la richiesta illecita, il coraggio di rifiutare laffare per restare conla coscienza a posto. [...]

    Andando allorigine di questi comportamenti e ciascuno di noi pu aggiun-gere i casi riscontrati nel proprio ambiente di lavoro si trova sempre man-

    10 Mani pulite designa una stagione degli anni novanta caratterizzata da una serie di inda-

    gini giudiziarie condotte a livello nazionale nei confronti di esponenti della politica, dell'eco-

    nomia e delle istituzioni italiane. Esse portarono alla luce un sistema di corruzione, concus-

    sione e finanziamento illecito ai partiti ai livelli pi alti del mondo politico e finanziario ita-

    liano detto Tangentopoli. Furono coinvolti ministri, deputati, senatori, imprenditori, perfi-

    no ex presidenti del Consiglio. Le inchieste furono inizialmente condotte da un pool della

    Procura della Repubblica di Milano formato, tra gli altri, dai magistrati Antonio Di Pietro e

    Gherardo Colombo e guidato dal procuratore capo Francesco Saverio Borrelli.

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    canza di coraggio nel vivere coerentemente i valori che pure si sono posticon chiarezza alla base della propria esistenza.

    Accade molto spesso che anche persone dindubbia qualit ritengano cheil mondo del lavoro giustifichi una certa schizofrenia secondo la quale in esso

    si possono e si debbono accettare compromessi che uno escluderebbe nellapropria vita privata o nellambiente e nellazione sociale non lavorativi.

    In questo gioca certamente un ruolo importante la paura di perdere ilposto, di non fare carriera, di non avere laumento di stipendio, ma anche iltimore di sembrare diverso, di restare isolato.

    Si capisce perci che il problema educativamente non banale, perchmette in gioco la disponibilit e la capacit di rischiare il successo per difen-

    dere la propria coerenza, la capacit di reggere leventuale incomprensione esolitudine, la sicurezza di s, nel senso migliore del termine, delle proprieidee, delle proprie convinzioni.

    Quando B.-P. definisce lo scautismo come scuola di carattere e indica nelloscout il modello delluomo che sa essere se stesso in ogni circostanza, sot-tolinea limportanza di queste dimensioni.

    Troppo spesso siamo abituati a esaltare e a sottolineare le virt eroicheed estreme, anzich indicare il grande valore dei comportamenti quotidiani.

    Il mondo del lavoro lambiente normale di esercizio e di testimonianzadi tali comportamenti. Perch essi siano possibili credo che il segreto fonda-mentale consista nel non misurare i propri gesti sul consenso e sullapprova-zione esterna ma sullapprovazione della propria coscienza.

    Lambiente di lavoro per sua natura un ambiente sociale di forte impat-to esterno; esso ci espone quasi sempre al giudizio di altri e spesso questo

    giudizio pu avere conseguenze sulla nostra carriera. Si capisce allora perchsul posto di lavoro, molto pi che in famiglia, negli ambiti di volontariato,fra gli amici, noi siamo portati a misurarci pi sul consenso degli altri, chenon della nostra coscienza. Ci comprensibile, ma non giustificabile.

    Un altro suggerimento pu essere quello di chiarire veramente a se stessi ivalori, o anche solo le caratteristiche di stile, che sembrano importanti.Quando si vive in ambienti omogenei abbastanza facile muoversi con coe-renza. Quando si esce in campo aperto occorre attrezzarsi meglio. Se matu-24

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    riamo veramente in coscienza le nostre scelte, ci sar pi facile e naturaleviverle in ogni momento.

    E infine unultima raccomandazione. Occorre cercare di essere professional-mente eccellenti, saper fare bene il proprio mestiere. Ci ci d sicurezza eforza, garantisce il rispetto degli altri, la stima dei compagni e dei superiorie aumenta enormemente i nostri gradi di libert.

    Quanti sindacalisti hanno potuto esercitare coraggiosamente e utilmenteil proprio servizio perch erano bravissimi operai, inattaccabili sul piano delproprio lavoro?

    Avrebbe potuto la Procura di Milano fare ci che ha fatto se lequipe dei

    giudici non fosse stata di cos alta e inattaccabile professionalit, riconosciu-ta anche dagli inquisiti?

    Il coraggio del mondo del lavoro anche figlio della serenit di chi safare il proprio mestiere.

    Giancarlo Lombardi, Scout-Proposta educativa, 1993, n. 21, pp.8-9

    Il coraggio della corresponsabilit. Piccole indignazioni tra noiIl faro della Legge e della Promessa segna la rotta per lo scout: non solo indi-gnarsi, ma anche assumere la responsabilit, nella vita quotidiana, di compor-tamenti corretti e coerenti.

    Fedeli nel pocoMentre si perde la sensibilit che permette di discernere il comportamento

    onesto e corretto da quello corrotto e violento, cresce il degrado della col-lettivit e viene legittimato il progressivo sbilanciamento della soglia del-linaccettabile.

    I regimi totalitari hanno raggiunto labominio scalando in progressionelintera gamma dellabuso e della violenza. Solo tutelando il valore fino anchenei comportamenti pi piccoli e nelle scelte ordinarie e quotidiane, soloattraverso la pratica della fedelt nel poco si pu provare ad arginare linfe-delt capitale, latto profondamente iniquo o violento.

    Ci richiede innanzitutto una testimonianza attiva, attraverso lagire indi- 25I.

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    viduale; ma occorre, con questo, anche la capacit e il coraggio di prendereposizione e di esporsi, talvolta anche in situazioni in cui nessun altro si pren-de la briga di farlo.

    Lindignazione autentica non un modo di porsi intollerante o sistemati-

    camente orientato a denunciare gli errori degli altri, , invece, una restitu-zione di sacralit a valori quali il rispetto della persona, lonest, la sinceri-t, limportanza della parola data.

    Uno scout, secondo limmaginario pi romantico, dovrebbe essere testi-mone privilegiato di questi valori: muovendosi sulla traccia della propriaPromessa e fedelt alla Legge, egli si espone davanti alla comunit con lim-pegno di vivere lealmente secondo quel mandato che un indirizzo etico per

    le grandi come per le piccole occasioni, proponendosi uno stile che si assi-mila solo se realmente presente nella vita di ogni giorno. Il valore si misurasu ogni esperienza, il senso e la dignit delle scelte operate si esprimono nelsingolo comportamento: anche quando Tu solo mi vedi, come recita la pre-ghiera dellesploratore. Le bassezze, le disonest, le infedelt che ogni per-sona sa essere proprie diventano riconoscibili perch commisurate a un idea-le, sono lo scoglio da superare. [...]

    Corresponsabili nella scelta. Le due vieLo scout operatore di pace; simpegna in ogni ambito della propria esisten-za ad essere persona capace di ascolto, accoglienza, incontro, mediazione.

    Cerca sempre uno stile di sincera apertura e rispetto. Il richiamo diBaden-Powell siate di ampie vedute un invito ad andare incontro allemolteplici possibilit di essere delle persone: lo scout non un intollerante.Accanto a questo carisma dovrebbe crescere, tuttavia, la responsabilit atti-

    va di fronte alla Promessa e alla Legge. Lo scout non un tiepido.La persona risponde innanzitutto al proprio agire ma, conseguentemente,

    anche dallautenticit delle scelte della propria comunit di appartenenza.Recitare la stessa Promessa condividerne la responsabilit. Ci simpegna ancheattraverso il confronto delluno con laltro, affinch le scelte siano coerenti.

    Il Novizio sulla Strada impara senza sconti che a un bivio del sentiero non mai lo stesso imboccare luna o laltra direzione. Non tutte le possibilitconducono alla stessa meta e alcune deviazioni portano irreversibilmentelontano dal tracciato, stravolgono il percorso. [...]26

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    Imparare a esporsiNella vita in comunit lo scautismo offre continue occasioni di confronto,nelle quali il singolo chiamato a prendere posizione davanti agli altri. Sonomomenti di scelta e dindirizzo della vita del gruppo. Esporsi molto di pi

    che una semplice possibilit.In quei momenti occorre lucidit, occorre soprattutto fronteggiare la

    pigrizia, mettere da parte lidea che non tocca a me e che, tutto sommato, lecose sono accettabili cos come sono. Quanto pi le situazioni sono scomo-de, tanto pi forte la tentazione della tiepida accondiscendenza, che esen-ta dal dover dire: io la penso diversamente.

    Esporsi significa esserci davvero, prendere parte. uno dei modi privile-

    giati per fare effettivamente un cammino insieme: , talvolta, lunica possi-bilit per ritrovare la direzione comune. Ci si espone prendendo in mano laLegge, richiamando le stelle fisse della Promessa, dialogando, collaborandoma, quando occorre, tenendo il punto sulle questioni non negoziabili.

    Indignarsi riuscire a dire apertamente alla propria comunit: io tengoquesta rotta: quella che abbiamo scelto insieme, quella che ora stiamoabbandonando. tenere vivi e presenti un Progetto educativo, una Cartadi Clan, un Progetto del Capo, chiedere conto di una vistosa incoerenza.Indignarsi saper riconoscere che lattenzione alle persone o allo stile divita stata compromessa a favore e in nome del successo di un evento, diunattivit.

    Indignarsi fermarsi per riportare valore l dove stato disperso.[...]

    Ma se c un tempo per lindignazione, deve da subito manifestarsi il tempoe la possibilit di ripartire. Esprimere il proprio dissenso chiede la responsa-

    bilit di nuove aperture: ci si protegge a vicenda dal dirupo per orientarsi,nuovamente insieme, alla vetta. Senza la speranza della ricomposizione, ilrichiamo e la critica perdono di forza, di senso. La celebrata correzione fra-terna tale solo quando, al riparo dalla superbia, porta su una mano la fer-mezza della coerenza ma nellaltra gi mostra la sincera fiducia nel procede-re insieme.

    Davide Magatti, Scout - Servire, 2008, n. 1, pp.42-44

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    Non abbiate paura!Alla domanda di verit dei giovani il Papa risponde indicando la via da segui-re: la fedelt a Cristo. E li esorta allimpegno, alla speranza, alla gioia, allamo-re, al coraggio.

    Nei suoi ripetuti incontri con la giovent, Giovanni Paolo II non si stancamai di sollecitare domande, di provocare interrogativi, di far emergere incer-tezze. Qualcuno lo potrebbe definire un atteggiamento quasi socratico, delmaestro che non ti regala la verit ma te la fa conquistare, te la fa indagaree recuperare nella ricerca quotidiana del senso della vita e delle cose.

    In realt latteggiamento del Cristo, che parte dai problemi degli uomi-

    ni per dare loro risposte di verit eterna che sanno incarnarsi nella storiadegli individui e dei popoli. Quella del Papa una voce forte, che non rinun-cia a scuotere le coscienze. una parola che annuncia con chiarezza senzatentennamenti e compromessi, il nocciolo duro del messaggio cristiano. Nonpromette strade facili verso una vita tranquilla. Non profetizza stagioni senzadolori e crisi. Al contrario, chiede ai giovani di fare i conti con se stessi finoin fondo; di porsi le domande che cercano e danno un senso allesistenza.

    Tutto il contrario di quanto fanno molti imbonitori e venditori di illusio-ni. Lesatto opposto di chi preferisce assecondare i giovani anzich guidarli.

    Il ruolo che Giovanni Paolo II interpreta nei confronti delle giovani gene-razioni quello di un padre amorevole e severo, che sa piegarsi sulle fragili-t e i dubbi, ma non ammette alibi per il disimpegno. Il grido sempre lostesso: Non abbiate paura!. La proposta radicale. quella che cambiaradicalmente il corso della storia e delle nostre singole esistenze. Lincontrocon Cristo levento che d senso allesistenza delluomo e la sconvolge.

    Sentinelle del mattinoAncora Giovanni Paolo II deplora il fatto che i giovani non sappiano cosa sialeroismo: crescono in un clima di nuova epoca positivista diverso daquello che aliment il suo idealismo giovanile. Le Giornate Mondiali che luistesso ha inventato per loro si propongono come un antidoto: Cari amici,vedo che in voli le sentinelle del mattino Siete qui convenuti per affer-

    mare che nel nuovo secolo voi non vi presterete a essere strumenti di violen-za e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona il necessa-28Il

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    rio. Voi non vi rassegnerete a un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame,restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momentodel suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questaterra sempre pi abitabile per tutti. difficile indovinare ci che avviene nellin-

    timo di un cuore quando incontra il Signore e quanto e come tale incontro segnila vita. Tuttavia, si pu dire che per ognuno dei giovani che nelle diverse regio-ni del pianeta hanno ascoltato il Papa, il suo messaggio diventa quasi una sfida:Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!

    In una cultura in cui brilla allorizzonte una realt virtuale e la grandez-za umana svalutata, urgente testimoniare la verit su Dio e sulluomo per-ch il sistema soffoca la ricerca della verit e maliziosamente censura o stra-

    volge i tentativi di testimoniare pubblicamente lo splendore.Le domande dei giovani sul significato della vita vengono spesso ridico-

    lizzate dalla societ che le bolla come prive di fondamento scientifico; lelotte interiori per scoprire il bene vengono rigettate in nome della sanitmentale e del diritto di ciascuno a vivere a modo suo; leccitazione della sco-perta del bello viene sostituita con il cinismo critico e il fascino dello scan-dalo e della violenza. I giovani aspirano a trasfigurare il mondo e la societ,mentre la cultura prevalente, per tenerli buoni, propone loro la sicurezza deri-vante dal consumismo, la magniloquenza rispettosa delle differenze o ladistruzione anarchica. I giovani vogliono sentirsi desiderati, vogliono lascia-re un segno e trovare il loro posto nel mondo vero, mentre il sistema offreloro programmi prefabbricati o studi universitari infiniti.

    Il Papa invece dice ai giovani di interrogarsi, di chiedersi perch, di scopri-re chi sono. Non abbiate paura della vostra giovinezza. lora della speranza!.

    Li sfida ad avere il coraggio di impegnarsi nella verit, a non soffocare la

    coscienza, nucleo pi segreto e sacrario delluomo. Dice loro che hanno ragionea chiedere che la verit sia incarnata, concreta, nella gioia e nel dolore, qui eora; chiede loro di comunicare agli altri, in tutti gli angoli della terra, lespe-rienza ineffabile della santit di Dio: Non abbiate paura di assumere le vostreresponsabilit: la Chiesa ha bisogno di voi, ha bisogno del vostro impegno edella vostra generosit; il Papa ha bisogno di voi e, allinizio di questo nuovomillennio, vi chiede di portare il Vangelo sulle strade del mondo!

    Mons. Renato Boccardo, R-S- Servire, 2004, n. 1, pp. 8-11 29I.

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    Educare al coraggio

    Non sempre le mura di una classe o i corridoi di una scuola assistono, qualitestimoni muti e impotenti, ad azioni e a comportamenti definibili pedago-gicamente corretti.

    La vita di una comunit scolastica offre invero esempi e contesti di ogni

    genere e non necessariamente la virtuosit delle azioni proporzionale allamaturit anagrafica delle persone coinvolte nel processo educativo. [...]

    Il coraggio di Paolo

    Fin dallinizio dellanno scolastico, Paolo aveva deciso di aderire alla squa-dra di calcetto della sua scuola. Durante lanno precedente, sollecitato daigenitori e dagli amici, era riuscito a dimagrire alcuni chili e ci lo aveva grati-ficato. Si sentiva bene con se stesso e sapeva di essere accettato. Era felice dipiacersi e di piacere.

    se si hanno vicino

    educatori competenti,

    sensibili e coraggiosi

    Da un intervento di un insegnante linvito agli educatori a for-mare personalit capaci di coraggio, accompagnando i ragazzinella fatica di acquisire il senso della propria libert e identit,nonch di scoprire e gestire la propria paura con laiuto e lascol-to degli educatori stessi.

    I.3 Coraggiosi si diventa

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    Linsegnante di educazione fisica, persona di notevole competenza e digrande cuore, lo aveva molto incoraggiato ad aderire alle iniziative sportivee agonistiche della squadra. Riconosceva in Paolo un forte potenziale da unpunto di vista fisico e sportivo, ma in lui intravedeva anche una notevole

    fragilit emotiva.Gareggiare non significa necessariamente vincere!, gli ripeteva in con-

    tinuazione, sicuro che le esperienze agonistiche lo avrebbero rafforzato econfermato nei suoi punti di forza.

    Paolo segu con impegno e costanza lintero percorso dellallenamentoannuale. Continuamente incoraggiato e supportato dal docente-allenatore,aveva imparato a ridere dei goal non parati e a dare il meglio di s in ogni

    partita.Un giorno, nella palestra della scuola, allincontro finale del torneo,

    venne ad assistere il padre di Paolo, uomo di chiaro successo professionale.Faceva fortemente il tifo per il figlio e questo inorgogliva molto il ragazzo.La partita sfortunatamente fu vinta dalla squadra avversaria. Paolo avevagiocato peggio del solito e un goal non parato aveva terminato col compro-mettere lesito finale.

    Profondamente deluso, Paolo si confront con lallenatore che, come diconsueto, pur condividendo lamarezza del giovane, riusc a dedicargli paro-le di comprensione e di affettuoso incoraggiamento.

    Paolo and incontro al padre. Lo guard intensamente, attendendosi dalui un sorriso di complicit.

    Mi avevi detto che eri migliorato. Pessima partita.

    Educare al coraggio, in famiglia, non significa necessariamente chiedere a

    un figlio di essere eroe.La necessit di adottare comportamenti eroici del resto nasce nei sistemi

    sociali improntati allillegalit e alloppressione come tentativo estremo didifendere il bene, la libert e le virt civiche.

    Nei paesi civili, in condizioni di democrazia, al cittadino-persona nondovrebbe essere richiesto alcun eroismo.

    Educare un figlio al coraggio significa piuttosto crescerlo serenamente con-

    sapevole dei propri punti di forza e di debolezza, senza la presunzione di

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    vincere sempre, accettando i propri insuccessi con la profonda fiducia dipotercela fare.

    Educare un figlio al coraggio significa rispettarne la libert e lidentitaffinch lui sappia fare altrettanto con se stesso e con gli altri. Significa

    accompagnarlo nella scoperta e nella gestione delle proprie paure: paura diperdere le persone care, paura di non essere amato, paura di sentirsi inade-guato, paura di deludere e di fallire.

    Coraggiosi si diventa ed pi facile diventarlo se accanto ci sono deglieducatori competenti, sensibili e coraggiosi.

    Il coraggio di Emanuele

    Nelle ultime settimane la maestra Caterina, osservando i comportamenti diEmanuele in classe, aveva notato nel bambino segni di disagio e dinsicurezza.Gli aveva parlato con affettuosa delicatezza, ma il piccolo Emanuele, pur estre-mamente bisognoso di ascolto, non era riuscito a raccontarsi.

    Un giorno, al suono della campanella che dava inizio alla ricreazione,Emanuele si rifiut di uscire dalla classe fingendo un malessere improvviso.

    Posso fare qualcosa per te?, gli aveva chiesto la maestra standogli accan-to e accarezzandolo.

    No, no, ora mi passa il mal di panciaCosa ti fa passare questo mal di pancia di solito?A volte mi passa alla fine dellintervallo.Bene, fra pochi minuti lintervallo terminer e potremo ricominciare a

    lavorare senza questo brutto mal di pancia.La maestra gli stette accanto durante tutto il tempo della ricreazione,

    senza porgergli altre domande.

    Alluscita della scuola, ella chiese alla mamma di Emanuele di fermarsi unattimo a parlare con lei e, dopo averle riferito degli ultimi progressi fatti dalfiglio in alcune discipline, le chiese: Mi dica, signora, per caso ha notato inEmanuele dei comportamenti diversi dal solito?

    Dopo pochi attimi di riflessione, la mamma rispose: No, non particolarmente.Poi aggiunse: Forse un po pi distratto del solito; ieri doveva andare

    col padre a comprare una maglietta. Lavevano concordato qualche giorno primama lha dimenticato e cos, quando di pomeriggio mio marito ritornato dal lavo-ro, il bambino aveva gi fatto altri programmi e non uscito col pap.32

    Il

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    lascelta,

    laresponsabilit

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    La maestra raccont alla madre il malessere manifestato da Emanuele nelcorso delle ultime settimane, nonch il forte disagio avvertito da lui alla ricrea-zione, e invit la signora a parlarne con il padre e a valutare, scegliere insie-me a lui il modo pi idoneo per parlare col bambino.

    Il giorno dopo Emanuele non and a scuola.Il secondo giorno ritorn in classe particolarmente sereno e sorridente.Il padre, che lo aveva accompagnato, si ferm a parlare con la maestra per

    alcuni minuti prima dellinizio delle lezioni.In quelloccasione le rifer di avere trascorso unintera giornata col figlio e di

    avere avuto lopportunit di comprendere la causa del suo disagio.Emanuele, parecchi giorni prima, durante lintervallo, aveva assistito in bagno

    a un litigio violento fra due bambini pi grandi di lui ed essendosi ritrovato invo-lontariamente coinvolto in una rissa si era spaventato moltissimo, tanto da nonvolere pi andare in bagno da solo e temere la compagnia degli altri bambini.

    La maestra, ovviamente dispiaciuta per laccaduto, fu molto tranquillizzatadalla constatazione che i genitori di Emanuele erano riusciti a individuare il pro-blema.

    Grazie per avermelo riferito; parler con i colleghi e lavoreremo attentamen-te in classe per supportare il bambino nella rielaborazione dellaccaduto e persostenerlo nella sua fragilit. Avere paura la cosa pi naturale del mondo e nonpossiamo rischiare di mettere in crisi la sua autostima. Vedrete sar unocca-sione di crescita per lui e per tutta la classe.

    Avere paura dinanzi a ci che non si conosce o che non si in grado dicontrollare assolutamente normale, quasi fisiologico, ed compito del-ladulto educatore accompagnare il figlio/alunno nel suo cammino verso il

    coraggio.Un bambino impaurito che non sa - o non pu - chiedere aiuto pu diven-

    tare un adulto timoroso, timido, pavido, insicuro o persino aggressivo.Un bambino che riceve aiuto e impara ad affrontare i propri problemi

    (proporzionatamente alla sua et) sar in futuro un adulto equilibrato e perdi pi capace di aiutare gli altri.

    La vilt e la debolezza danimo compromettono laffermazione della per-sona e luso che essa far della sua coscienza. Educare al coraggio significapertanto educare alla fermezza e alla forza morale. 33

    I.

    Ilcoraggio,unavirtesigente

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    In famiglia e a scuola, per capire se un bambino ha paura e per capire dicosa ha paura, necessario che gli adulti (padre, madre, docenti ) abbia-no la sensibilit per ascoltarlo, la competenza e la volont di educarlo, iltempo per osservarlo.

    Del resto, come afferma Collodi, Nessun tempo cos prezioso da nonpotere essere dedicato a un bambino!

    Camilla Bianco, Le Nuove frontiere della scuola, Rubrica Spazio Age, n. 24, 2010(http://www.camillabianco.it/Articoli/Educare al coraggio.pdf)

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    Interventi sulleducazione

    al coraggio in Agesci

    Come si educa al coraggio in Agesci?

    Giancarlo Lombardi, in due suoi interventi, invita anzitutto iCapi ad educare la coscienza dei ragazzi, in quanto maestri dilibert.Occorre essere adulti che testimoniano effettivamente la lorolibert, che sono capaci di scelte libere e coraggiose, con la

    disponibilit a pagare di persona, affrontando anche solitudine eincomprensione e combattendo il peccato di omissione.Leducazione in s coraggio e implica speranza; si supera lapaura di testimoniare i valori dello scautismo e si mostra fiduciain un futuro che si costruisce con coraggio.

    Lele Rossi sottolinea come un capo scout non coraggioso sia una

    contraddizione in termini. Essere coraggiosi significa esserecapaci di andare controcorrente in nome di precisi valori nonsolo nelle cose pi comode ma anche in aspetti della vita che cimettono in difficolt con il nostro ambiente.

    Secondo la redazione di Scout-PE il coraggio unarte che sicostruisce giorno per giorno; padronanza di s e determinazio-ne nellaffrontare i problemi; il superamento graduale della

    I.4 Liberi, scomodi, protagonisti, ripienidi speranza in una parola coraggiosi

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    Leducazione alla libert

    Leducazione della coscienza un compito arduo e difficile, mi sembra checi vogliano maestri credibili che uniscano umilt e fermezza. Un maestro dilibert non pu non essere umile proprio perch deve far crescere la libertdegli altri; per deve essere dotato di grande fermezza, deve essere uno cheha delle idee, perch se, come qualche volta avviene, lumilt va di pari passocon la mancanza di personalit, questa non umilt, mediocrit. Abbiamobisogno di maestri che uniscano profondit e libert, che fondino sulla roc-cia le cose che dicono, animati da coraggio e spirito di obbedienza. Maestricome Bernanos, don Milani, come Mazzolari, come Rosmini 11.

    C molta gente che mi dice che nella Chiesa oggi non si respira spirito dilibert. Allora io pongo la domanda: Quali gesti hai compiuto di contesta-zione e testimonianza delle tue idee, e che cosa hai sofferto a causa di que-

    sto gesto, quale punizione hai avuto, quale minaccia?!. E la risposta :

    36Il

    coraggio,

    lascelta,

    laresponsabilit

    paura e il fertilizzante dellavventura. Lo scautismo diventa cosscuola di leadership.

    Nellina Rapisarda e Piero Gavinelli, Capo Guida e Capo Scout inoccasione del trentennale Agesci, evidenziano lesperienzadellAgesci come segno di coraggio, di un coraggio dei fatti: pre-senza in situazioni difficili; attenzione a problemi scomodi;una proposta educativa alternativa alle mode dominanti; schie-rarsi dalla parte dei deboli, anche come segno di speranza per ipi giovani.

    11 Georges Bernanos (1888 1948) stato uno scrittore francese, autore delDiario di un

    curato di campagna; Don Lorenzo Milani (1923 1967), nota figura di sacerdote ed educa-

    tore italiano, iniziatore della Scuola di Barbiana; Don Primo Mazzolari (1890 1959), sacer-

    dote, scrittore e partigiano italiano, il suo pensiero anticip alcune delle istanze dottrinarie

    e pastorali del Concilio Vaticano II (in particolare relativamente alla "Chiesa dei poveri", alla

    libert religiosa, al pluralismo, al "dialogo coi lontani; Antonio Rosmini (1797 1855)

    stato un filosofo, sacerdote e monaco italiano-austriaco.

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    Ilcoraggio,unavirtesigente

    Niente, non ho fatto niente, non ho sofferto niente. Oggi esiste il proble-ma di giocarsi davvero questi spazi di libert, di compiere scelte coraggiose,di essere disposti a pagare di persona. Poi si pone anche il problema del rap-porto tra obbedienza e libert. Solo chi capace di coraggio anche capa-

    ce di obbedienza. Bernanos ha scritto: Les grands cimitires sont sous lalune12; glielo hanno fatto ritirare, lo hanno minacciato di espulsione dallacomunit ecclesiale. La sua reazione stata: Io da questa Chiesa non stofuori un minuto; se mi cacciano rientrer a carponi, vestito di bisaccia conla testa cosparsa di cenere, perch la Chiesa la mia famiglia, la mia casa,fuori dalla quale non posso vivere, ma mi gioco la libert fino in fondo. Noiinvece non siamo disposti a metterci in gioco davvero.

    Purificare se stessiPer un educatore il tempo dedicato a purificare se stesso il tempo megliospeso nel compito di educare gli altri a crearsi una coscienza libera. Di que-sto sono profondamente convinto. Il grande problema che voi avete quandofate i Capi, che noi abbiamo quando facciamo i Capi, molto di pi di quel-lo di purificare noi stessi in questa linea che non quello di approfondire leidee. questa una tappa fondamentale di un itinerario di educazione allalibert. Una tappa che segue le due che ho finora cercato di illustrare: ledu-cazione della coscienza e la ricerca della verit.

    Accanto a queste due tappe occorre, direbbe Baden-Powell, educare al caratte-re, educare al coraggio. questo forse oggi lo scoglio pi duro, nel senso chesui due primi capitoli siamo forse in ritardo; sono difficili, ma non ci troviamodi fronte degli ostacoli insormontabili. Qui invece gli ostacoli sono molto ardui,

    forse il nocciolo pi difficile da scalfire, il nodo pi difficile da sciogliere.Si parla molto, dicevo prima, della societ dei consumi, massificante, di pre-potenza politica, di prepotenza economica, di prepotenza ecclesiale, tuttecose vere. [...]

    Bisogna liberarsi da una mentalit plebea. La prepotenza cresce sulla viltdegli altri. Allora serve a poco continuare a indicare che esiste un prepoten-

    12 I grandi cimiteri sotto la luna un pampleth che Bernanos scrisse nel 1938.

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    te, che esistono dei prepotenti; questi ci sono, ci sono stati nel passato e cisaranno sempre. Il nostro problema che la prepotenza direttamente pro-porzionale allacquiescenza di chi lo accetta.

    Non possiamo confondere con la mitezza o con lo spirito di obbedienza o

    con lo spirito di conciliazione quella che spesso solo mancanza di coraggio,compromesso vile, incapacit di assumersi le proprie responsabilit. Bisognadare ad ogni cosa il suo giusto nome. Allora si dir: mi comporto in modo vile,perch ho paura, perch ho bisogno di lavorare, perch spero di fare carrie-ra, perch un fatto legittimo. Lungi da noi lo spirito di condanna. Per tempo di guardare alla realt senza ipocrisie: imparando a obbedire quando scomodo, non quando un modo per far carriera nella Chiesa e fuori, e impa-

    rando a contestare quando siamo disposti a pagare di persona. tempo di finirla con le contestazioni generiche e ideologiche: assomi-

    gliano troppo a una sorta di denuncia anonima. Ognuno deve avere il corag-gio di affrontare le conseguenze dei gesti che compie.

    Pagare di personaEssere uomini liberi non solo un problema di qualit personale, anche unmodo per dare coraggio a chi non ne ha, per difendere chi non riesce a difen-dersi da solo, per affermare la verit, quando la menzogna sembra trionfare.

    Pensate a certi comportamenti oggi nel Sud America di sacerdoti, divescovi i quali hanno pagato con la vita, rei di dare coraggio a chi non puaverlo nella situazione in cui si trova, di opporsi alle menzogne. Questi pro-blemi sono i grandi problemi che anche a livello dellAgesci devono esseredibattuti.

    Allora si capisce perch la libert si coniuga cos strettamente anche con

    la verit, la giustizia, con lamore. E perch educare alla libert diventi anco-ra pi difficile.

    Quando padre Hring13, il grande moralista, autore di quellinsuperato trat-tato di teologia dal significativo titolo Liberi e fedeli in Cristo, rompe ilsilenzio sulla delicata questione dei contraccettivi per contrapporsi alle tesi

    13

    Bernard Hring (1912 1998), tedesco, viene considerato uno dei pi grandi teologimorali cattolici del XX secolo.

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    e soprattutto al modo utilizzato da alcuni altri moralisti, che appaiono cospoco attenti alla complessit della materia ed alle implicazioni umane edecclesiali di certi atteggiamenti, fa una scelta molto costosa. Anche questa libert dei figli di Dio. [...]

    Queste cose non sono estranee allo scautismo, direi anzi che sono connatu-rate alla nostra cultura, sono parte del nostro messaggio. Lo scautismo nonha senso fuori di questa libert di essere solidali con gli altri, in spirito diservizio. Questaspetto arricchisce di molto il nostro discorso sulla libert.Sapere che pu dipendere, anche se in piccola parte, da noi, il fatto di aiu-tare gli altri a recuperare il coraggio di essere pi liberi e di far crescere la

    giustizia, il rispetto della verit, la solidariet, non pu lasciarci insensibili.

    I peccati di omissioneEducare alla pura libert personale interiore certo una cosa importante; eprioritario anche in termini di tempo. Ma educare alla libert anche educa-re a non commettere troppi peccati di omissione. Il nostro messaggio di edu-cazione alla libert, rivolto ai ragazzi e alle ragazze non mira solo a far cre-scere delle persone libere, ma anche delle persone capaci di giocarsi tutto innome dei valori in cui credono.

    Penso ormai da tempo che i pi grandi peccati della cosiddetta gente perbene (della cui categoria noi facciamo parte) sono peccati di omissione.Questo il grande problema. Probabilmente non verremo accusati per i pec-cati commessi per eccesso di passione, ci sar imputato piuttosto tutto quel-lo che potevamo fare e dovevamo fare e non abbiamo fatto.

    Naturalmente, lo sappiamo, educare alla libert vuol dire anche educare asopportare la solitudine e lincomprensione. Molti di voi conoscono certa-mente la lirica If14 dove questo espresso con grande efficacia.

    Non si liberi se si rinuncia a fare tutto il bene, che in nostro potere, epu sollevare i nostri fratelli pi bisognosi. Ma questo passa attraverso lacapacit di sopportare la solitudine e le incomprensioni.

    39I.

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    14 Ifdi Rudyard Kipling, scritta nel 1895, e dedicata al figlio.

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    Noi dobbiamo sapere che educare alla libert, alla ricerca della verit eal coraggio, anche un modo di educare alla sofferenza. Educandoli cos,procureremo sofferenza ai nostri ragazzi, ai giovani che sono con noi.

    Noi facciamo crescere i ragazzi nella pienezza umana e cristiana, in que-

    sto mistero complesso della vocazione, che un mistero di grazia ma ancheun mistero di male.

    Il diavolo non insegue i mediocri.La gente plebeizzata, la gente inoperosa, i benpensanti, al diavolo non

    interessano proprio.Se il diavolo insegue qualcuno, insegue i santi, insegue i martiri, inse-

    gue i testimoni, insegue gli uomini liberi; di loro che il diavolo ha paura.Educare al coraggio della libert, vuol dire educare delle persone a scel-

    te divergenti. Educare alla libert porre le premesse perch il ragazzo, incoscienza, compia scelte anche diverse da quelle del Capo.

    Giancarlo Lombardi, RS-Servire, 1989, n. 3/4, pp.28-35

    Il coraggio di educare

    Educare esige coraggio, educare implica speranzaNon c educazione senza proposta di valori, non c proposta autenticadi valori senza speranza verso il futuro.

    Lo scautismo una grande scuola in questo impegno. Esso credenellUomo e crede nella possibilit di educare il suo carattere, il suo cuore,

    le sue scelte.

    Le grandi contraddizioni dellepoca attuale, possono trovare soluzione sol-tanto partendo da persone nuove, che sappiano e vogliano mettersi al ser-vizio del Bene in un atteggiamento di disponibilit alla volont di Dio edi seria preparazione delle proprie capacit.

    Ivalori espressi con chiarezza e semplicit nella Legge scout sono i valo-

    ri che un capo propone ai suoi ragazzi: la lealt, il senso di responsabili-40Il

    coraggio,

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    t, la cortesia e lo spirito di servizio, la sobriet, la chiarezza e linearitdei comportamenti.

    Un capo non deve avere paura nel proporli con forza e convinzione airagazzi sapendo che questo non soltanto il miglior servizio che pu offrire

    loro, ma anche un grande impegno di valore politico e sociale.Lumanit oggi ha bisogno di persone che sappiano e vogliano sperare in

    un futuro migliore e abbiano il coraggio di indicare ai giovani la strada dellasolidariet, della giustizia, della linearit dei comportamenti, seminando lafiducia anche quando questa sembrerebbe poco giustificata. [...]

    La crisi di oggi e del nostro tempo prima di tutto una crisi di valori per

    effetto della quale troppo spesso smarriamo il senso del profondo delle coseche facciamo e lequilibrio che deve illuminare i nostri gesti permettendocidi stabilire una gerarchia dimportanza che appare sempre pi difficile defi-nire se agiamo solo sotto limpulso e il condizionamento quotidiano.

    Questa crisi di valori si trasmette essa stessa alla cultura che rischia didivenire un enorme patrimonio disarticolato e sperperato mentre i grandiprogetti di societ futura si mostrano obsoleti e limmaginazione sociologicapoco pi che dubbia profezia.

    Avvertiamo talvolta con intensit di trovarci alle soglie di una grande svol-ta storica che non sembra tuttavia nascere dalle alternative del presente. Eallora il mutamento diventa angoscioso, il cammino verso il futuro tropporicco di timore.

    Occorre fare una gestione morale e sociale della ragione per affrontare ilnostro futuro.

    Occorre oggi un forte recupero di coraggio civile che pu scaturire sol-tanto dal libero senso di responsabilit di uomini liberi, senso di responsa-bilit che significa accettazione della crescente complessit del reale, accet-tazione del presente e del maggior valore della persona umana. Occorreaccettare questo presente per affrontare il futuro. Perch non possiamocostruire sul vuoto e noi non partiamo da zero, ma da un alto livello di civil-t. Occorre recuperare una grande fiducia anche rispetto alle possibilit dicrescita di queste nostre strutture sociali, delle nostre istituzioni e del sensodi responsabilit della nostra convivenza. 41

    I.

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    Solo con questo spirito di fiducia si pu affrontare positivamente il futuro etestimoniare ai giovani la validit di un impegno.

    Il futuro diviene allora faticosa partecipazione a un impegno sul concre-to e non vaga speranza.

    Educare, avere il coraggio di educare, partecipare a questo impegno, assumersi responsabilit con i rischi che questo comporta. Ci esige corag-gio civile e fede in Dio, in quel Dio che sa venire a capo delle nostre sup-poste buone azioni ma anche dei nostri errori e delle nostre manchevolezzequando sono espressione delle nostre rette intenzioni e delle nostre azioniresponsabili.

    Giancarlo Lombardi, RS-Servire, 2003, n. 1, pp.47-50

    Solo attori o protagonisti?Che cosa significa essere capi coraggiosi oggi? La domanda forse mal posta:sarebbe infatti sufficiente oggi essere capi.

    Il coraggio non una dote essenziale del capo: un capo non coraggioso non

    nemmeno un capo. Certamente non un capo scout.Pu essere utile allora sottolineare le singole doti che formano il capo, e

    tra queste vale la pena soffermarsi a riflettere su quegli elementi che, in que-sto momento attualizzano il coraggio del capo.

    Per dirla con B.-P., avere coraggio sapere andare controcorrente. Nelpassato abbiamo talvolta equivocato su questo messaggio e mi pare che inalcune realt, o forse soltanto da parte di alcuni capi, si continui a equivo-

    care: intendendo landare controcorrente come obiettivo, e non come unacapacit da utilizzare quando ve ne sia bisogno (e magari con parsimonia).

    Non credo che landare controcorrente sia uno stile da vivere in ognisituazione e sul quale giocare la propria coerenza e la propria fedelt allaPromessa scout.

    Al contrario, credo che quel messaggio implichi la fedelt ai valori ultimi (e

    magari anche penultimi): per essere fedeli ai quali talvolta pu essere neces-sario andare controcorrente, ma in altre occasioni ci non affatto richiesto.42Il

    coraggio,

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    laresponsabilit

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    Non nascondo i possibili rischi che questa posizione comporta: da unlato, far propria la logica machiavellica per la quale il fine giustifica i mezzi,e adattarsi cos a situazioni inaccettabili pur di conseguire il risultato fina-le. In secondo luogo spostare troppo in avanti lesigenza di coerenza e giu-

    stificando di conseguenza la propria condotta e integrandosi perfettamentenel sistema, facendo s che lessere controcorrente diventi un abito vecchio,riposto nellarmadio per le grandi occasioni e di cui sostanzialmente ci sidimentica.

    Ma sono rischi da affrontare, perch la soluzione alternativa (essere con-trocorrente sempre e comunque) maggiormente inaccettabile, in quantoporta ad isolarsi in una situazione di coerenza con la propria coscienza, ma

    incapace di ottenere risultati utili agli altri e di contrastare il sistema ingenerale che si pretende di controbattere.

    Vengo al secondo punto: su che cosa oggi maggiormente necessario esse-re coraggiosi (e cio pi controcorrente?) Anche su questo punto mi pare visiano equivoci.

    Estremizzo un po il discorso: mi pare che si tenda a essere controcorren-te relativamente a taluni settori della vita per dimenticarne altri, e magariper mettersi la coscienza a posto.

    Per fare qualche esempio: non vi dubbio che lessere capo scout , peralcune cose, segno indiscutibile e anche ineliminabile di coraggio: crederenel valore delleducazione, essere persone di speranza, pensare che il bene siadestinato comunque a vincere, avere fiducia che il futuro possa essere miglio-re anche di fronte a situazioni disperate, sono alcuni dei valori che caratte-rizzano in modo assolutamente necessario lessere capo scout, e che pertan-

    to lo rendono necessariamente coraggioso e controcorrente.

    Su altre cose, invece, mi pare che lessere controcorrente da parte dei capinon sia oggi cos evidente: relativamente ad esempio alle scelte morali, allavirt dellessenzialit e al conseguente rapporto con il denaro; alla coerenzatra adesione alla Promessa scout e scelte professionali e politiche che faccia-mo; allimpegno che mettiamo nel volontariato e al disinteresse che dimo-striamo nei confronti degli aspetti culturali e politici dei problemi che in essoviviamo. 43

    I.

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  • 7/30/2019 Verso La Routenazionalers_ Coraggio

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    Qualche volta mi sembra che il nostro scautismo corra il rischio di essereuna proposta che va bene a tutti e nella quale tutti si debbano riconoscere,e perda invece quel carattere di movimento che non rassicura le coscienze maanzi le rende inquiete (nel senso maritainiano15): che va controcorrente

    non solo relativamente alle piccole scelte e ai piccoli episodi della vita, maa tutti i campi in cui la coscienza viene in gioco. In questo senso, la costan-te crescita quantitativa della nostra Associazione e il costante interesse chea essa dimostrano genitori e parroci credo debbano porci un interrogativoanche sul grado di radicalit della nostra proposta: non corriamo forse ilrischio di essere coraggiosi su cose che sostanzialmente non sporcano, per-ch tanto educhiamo ragazzi bravi e perfettamente integrati (cio per nulla

    controcorrente), piuttosto che sul altre che invece contano quanto e forsepi delle prime?

    La scelta di essere coraggiosi comporta coraggio: anche nel cambiare larotta sbagliata.

    Lele Rossi, Scout Proposta educativa, 1993, n. 21, pp.4-5

    15 Dal nome di Jacques Maritain, (1882-1973), filosofo francese, generalmente considera-

    to come uno dei massimi esponenti del neotomismo nei primi decenni del XX secolo e uno

    tra i pi grandi pensatori cattolici del secolo.

    Cuor di leone

    Riccardo Cuor di Leone, dicono le canzoni, aveva coraggio da vendere. Chegenere di coraggio? Forse quello di buttarsi nella mischia ben protetto dallascorta degli scudieri; quello di capire che lavventura delle Crociate potevafruttargli nuovi e vasti mercati commerciali, rendendo per di pi popolarissi-ma la sua figura; se poi gli fosse toccata la sfortuna di essere preso prigio-niero, i suoi amministratori avrebbero spedito presto o tardi lassegno per ilriscatto. Se re Riccardo vivesse oggi, sarebbe un manager astuto, a capo diuna di quelle cordate che comprano fabbriche cotte per trasformarle in mac-chine da soldi; avrebbe un paio di giornali, qualche televisione ed una squa-44

    Il

    coraggio,

    lascelta,

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  • 7/30/2019 Verso La Routenazionalers_ Coraggio

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    dra di calcio tutta per s. Oggi per il dottor Cuor di Leone riceverebbe allim-provviso, due, sei, dieci e pi avvisi di garanzia, e forse allora perderebbequel coraggio che teneva alto contro i Mori.

    Il coraggio, secondo noi, unaltra cosa: unarte che si costruisce giornoper giorno per riconoscere i nostri limiti e trovare i mezzi per superarli; padronanza delle nostre forze, sapendo rischiare senza oltrepassare il limitedellautodistruzione (affrontare i pericoli a occhi chiusi non coraggio maimbecillit); determinazione nel voler affrontare ci che ci cade addossosenza fare nel nostro caso una questione esistenziale (la ragazza mi halasciato, quindi il mondo rivoltante e non vale la pena di vivere).

    Il capo scout educa a passare gradualmente attraverso la paura: dormirenel bosco, guardare il fiume, affrontare il dibattito nel comitato di quartie-re; scoprire se stessi; essere responsabili, testimoniare, intervenire. Il corag-gio non diventa mai unabitudine, perch il fertilizzante dellavventura. quello che ci spinge a vincere i piccoli mostri, quelli che lasciano appena unatraccia al risveglio dal sonno, e a trovare il punto debole dei grandi mostriper attaccarli.

    Lo scautismo diventa allora una scuola di leadership: perch il coraggioproduce la speranza, che a sua volta sta trasmettere coraggio agli altri, li abi-tua a non essere mediocri. La bomba di Roma, quella degli Uffizi16 e tutte lealtre bombe che vogliono uccidere la speranza di gente che si sta allenandoal coraggio. Le bombe, con il loro linguaggio, ci dicono invece che siamosulla strada giusta, sulla strada della verit: smettere di sperare proprio ades-so sarebbe la sconfitta.

    Redazione, Scout Proposta educativa, 1993, n. 21, p.3

    16 Rispettivamente nel luglio e nel maggio del 1993 ordigni esplosivi furono piazzati presso

    la Basilica di San Giorgio al Velabro a Roma e in Via dei Georgofili a Firenze. Questultimo

    attentato provoc cinque morti. 45I.

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  • 7/30/2019 Verso La Routenazionalers_ Coraggio

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    Esserci con coraggio

    LAgesci compie trentanniOgni compleanno una festa da trascorrere con chi condivide ci in cui sispera e si crede, ma anche una tappa del percorso in cui ci si volge indie-tro, si riprende fiato e, se ce ne fosse bisogno, ci si riorienta.

    Volgersi indietro, non per riportare alla memoria una semplice elencazio-ne di fatti o eventi, o ancor meno per far venire fuori rimpianti e nostalgie,quanto per riscoprire e riappropriarsi consapevolmente di tutto ci che costi-tuisce il fondamento della nostra identit associativa: la scelta di educare inun territorio, da cristiani, con il metodo scout.

    Abbiamo bisogno di riscoprire lessere fedeli alla scelte e ai valori in cuisi crede e questo significa essere capaci di fare sintesi, in s, di quanto ela-borato in un percorso educativo fatto di valori acquisiti, di esperienze vissu-te, di capacit fatte proprie.

    Ma come si impara a essere fedeli?Nel Canto della Promessa si dice: Fedele alla mia Legge sempre sar, se

    la tua man mi regge, la manterr. Crediamo sia una grande sintesi del pen-siero scout.

    La Legge come base della scoperta della propria fedelt attraverso il con-tinuo richiamare non a teorie pedagogiche o a filosofie educative, ma ad atticoncreti: meritare fiducia, essere leali, aiutare gli altri, essere amici di tutti,essere cortesi, amare la natura in cui viviamo, saper obbedire, essere ottimi-sti sempre, essere attivi ed avere il senso positivo delle cose, essere retti.

    La Legge la stessa per tutti, capi e ragazzi, e per tutti difficile man-

    tenere una vigilanza intelligente ai nostri comportamenti perch siano coe-renti e conseguentemente fedeli, in una parola coraggiosi.

    Ma a noi e ai nostri ragazzi non possiamo fare altro che chiedere di esse-re coerenti nel riproporre sempre questo atteggiamento orientato alla fedel-t. Non possiamo fare altro perch a ci siamo chiamati dalla nostra Promessache ci chiede di essere uomini e donne donore, quellonore che poniamo nel-lessere persone affidabili e quindi fedeli, alla parola data, agli impegni e

    allaltro.46Il