Anestesia - Estratto Da Libro Brienza

download Anestesia - Estratto Da Libro Brienza

of 24

description

E che ne so?

Transcript of Anestesia - Estratto Da Libro Brienza

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    Anestesia e pre-anestesia Etimologicamente la parola anestesia significa assenza di sensazioni; in senso clinico, invece, il concetto moderno di anestesia pi ampio. La stessa anestesia pu essere generale o periferica, a seconda che coinvolga tutto lorganismo oppure soltanto una sua parte. Le anestesie periferiche si suddividono in: a. topica; il caso, per es., della anestesia della glottide che viene condotta quando un paziente

    debba essere intubato da sveglio; b. locoregionale; coinvolge un territorio pi ampio e pu essere di diverso tipo:

    - per infiltrazione dei tessuti; - tronculare, per blocco di un nervo; - plessica, per blocco di un plesso nervoso.

    c. spinale; si riferisce al midollo spinale, e pu essere: - subaracnoidea; - peridurale (o extradurale).

    Tra le anestesie periferiche vi sono anche altre metodiche che per sono cadute in disuso, come la perfrigerazione degli arti, oppure tecniche non ancora accettate (ipnosi, agopuntura). Ovviamente di ben pi grande importanza invece la anestesia generale. Nella anestesia generale si realizza una depressione discendente irregolare del SNC. Una definizione completa di anestesia generale stata formulata da Nunn: Lanestesia generale una condizione, indotta mediante farmaci o altri mezzi, caratterizzata da: a. perdita di coscienza; b. amnesia; c. assenza di risposta motoria agli stimoli chirurgici; d. minima risposta autonoma agli stimoli chirurgici; e. reversibilit del processo. I punti (a) e (b) sono molto importanti, poich pazienti che riescano a conservare un minimo di coscienza e/o di ricordo delle fasi dellintervento possono andare incontro a problemi psichici anche notevoli, che incidono negativamente sulla vita di relazione. Si tratta del cosiddetto fenomeno dellawareness, cio della coscienza intraoperatoria, dovuta spesso al fatto che la anestesia si mantiene su piani troppo superficiali non consentendo dunque la soddisfazione piena dei criteri (a) e (b), soprattutto (b), lamnesia. Il punto (c) importante soprattutto per facilitare il lavoro del chirurgo, abolendo le risposte riflesse che, aumentando il tono muscolare, renderebbero difficoltoso laccesso a determinati siti anatomici. Il punto (d) anchesso importante, ed importante che la risposta autonoma venga solo abbassata, e non abolita del tutto; la conservazione di quei riflessi, difatti, sia pur in maniera sopita, garantisce un certo mantenimento omeostatico in risposta agli stress chirurgici. Fondamentale ovviamente il punto (e); il paziente deve pur risvegliarsi dopo lintervento!

    1

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva Nellanestesia generale i farmaci possono essere somministrati per lo pi per via inalatoria o per via endovenosa; in passato erano usate anche le vie intramuscolare, orale e rettale1, oggi praticamente abbandonate. Da un punto di vista farmacologico lanestesia generale pu essere semplice o mista. Lanestesia semplice prevede lutilizzo di un sol farmaco; oggi non viene pi praticata. Lanestesia mista invece plurifarmacologica. Lanestesia detta equilibrata quando soddisfa i criteri esposti nella definizione che abbiamo dato prima. Nella anestesia equilibrata i farmaci sono somministrati sia per via inalatoria che per via endovenosa, e hanno azione sia centrale che periferica. Nellanestesia equilibrata possibile dosare i vari farmaci secondo concentrazioni inferiori alle dosi tossiche, a differenza della vecchia anestesia semplice, monofarmacologica. Le classi di farmaci utilizzati in anestesia oggi sono: a. anestetici, endovenosi e/o inalatori; b. analgesico-narcotici; c. neurolettici; d. bloccanti neuromuscolari. Lanestesia viene pertanto indotta farmacologicamente nellindividuo; ovviamente leffetto dei farmaci graduale, per cui leffetto finale si raggiunge solo in un certo tempo. Gli effetti dellanestesia, in generale, sono tanto pi marcati quanta maggiore la concentrazione di farmaco attiva, e quindi quanto pi tempo passato. Fatta questa considerazione possibile pertanto descrivere la progressione della depressione delle attivit del paziente, descrivendo gli stadi dellanestesia. Didatticamente si propone la classificazione di Guedel2, che contempla quattro stadi: a. primo stadio, analgesia; b. secondo stadio, delirio; c. terzo stadio, stadio chirurgico; d. quarto stadio, paralisi respiratoria. Nel primo stadio, o stadio dellanalgesia, si ha amnesia e stato stuporoso, ma la coscienza conservata; il paziente in grado di rispondere ad ordini semplici; si realizza la depressione solo dei centri superiori corticali. Lattivit respiratoria normale. I movimenti oculari sono sotto il controllo volontario. Il tono muscolare normale. Nel secondo stadio, o stadio del delirio, si ha anche la perdita della coscienza; tipica di questo stadio una esaltazione delle risposte riflesse a qualsiasi stimolo (dolorifico, termico, acustico), dal momento che si realizza la depressione corticale completa, con liberazione dal suo controllo dei centri diencefalici. Facilmente si ha vomito ed esaltazione dei riflessi neurovegetativi. E importante ridurre al minimo la durata di questo stadio. Lattivit respiratoria irregolare sia come ampiezza che come frequenza. I movimenti oculari sono esaltati. Liperattivit simpatica causa di midriasi (aumentato diametro pupillare). E conservato il riflesso fotomotore. Scompare invece il riflesso corneale. I riflessi faringei sono esaltati. Il tono muscolare aumentato.

    1 La via rettale principalmente in bambini per la somministrazione di barbiturici a lunga durata 2 Si tratta della descrizione della progressione della depressione del SNC per dosi crescenti di un singolo anestetico (anestesia semplice) somministrato per via inalatoria. Anche se oggi vengono usati pi farmaci, didatticamente utile conoscere gli stadi di Guedel, anche perch costituiscono comunque un punto di riferimento per valutare la profondit dellanestesia

    2

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    A proposito del diametro pupillare come indice di profondit dellanestesia, c da dire che nellanestesia bilanciata luso di farmaci analgesico-narcotici provoca miosi, e quindi rende impossibile utilizzare il diametro pupillare come indice di profondit dellanestesia. In queste condizioni la midriasi con pupilla reagente indice di scarsa analgesia, mentre la midriasi fissa si verifica per grave sofferenza ipossica cerebrale (arresto cardiaco).

    Nel terzo stadio, o stadio chirurgico, si individuano quattro sotto-stadi, che sono in realt chiamati piani. Per cui nel terzo stadio ci sono quattro piani di anestesia. Il primo piano il coma anestetico; in pratica si realizza la depressione anche dei centri diencefalici, cio cessano tutte quelle risposte esagerate che si osservano nel secondo stadio. Nel secondo piano si verifica una attenuazione delle risposte neurovegetative agli stress chirurgici. In pratica si realizza il punto (d) della definizione di anestesia generale che abbiamo dato prima. Nel terzo piano si verifica labolizione delle risposte motorie di grandi e piccole masse muscolari. Nel quarto piano si verifica la paralisi dei muscoli intercostali. Il terzo e quarto piano realizzano in pratica il punto (c) della citata definizione. La abolizione della polipnea da incisione cutanea scompare al terzo piano del terzo stadio, che proprio per questo motivo chiamato stadio chirurgico. Lattivit respiratoria, cos come il tono muscolare, si fa via via sempre minore, fino a quando, nel quarto piano, scompare la componente intercostale del respiro, e la respirazione di fa solo diaframmatica. Per quanto attiene i movimenti oculari, questi cessano nel secondo piano; nel secondo piano scompare anche il riflesso corneale, mentre il riflesso fotomotore scompare nel terzo piano. Lassenza di riflesso fotomotore indice del fatto che il livello dellanestesia al piano chirurgico. Il diametro pupillare, nel terzo stadio, si restringe (miosi). Sempre relativa allingresso nel piano chirurgico la scomparsa della lacrimazione. I riflessi faringei cessano gi al primo piano, mentre i riflessi della glottide (laringospasmo da stimolazione della glottide) cessano solo al quarto piano; questo importante per lintubazione, che una manovra estremamente reflessogena. Lintubazione era difatti particolarmente impegnativa quando lanestesia era monofarmacologica. Un altro riflesso che scompare tardivamente quella della carena (tosse ed contrazione del diaframma al contatto con la carena tracheale). Nel quarto stadio, o stadio della paralisi respiratoria, la depressione del SNC si estende al bulbo, con abolizione dellattivit dei centri respiratori, cardiaci e vasomotori. Il paziente non assistito muore. Scompare la respirazione diaframmatica. C midriasi fissa. La classificazione di Guedel, come abbiamo detto, utile a fini didattici, per oggi in clinica si usano altri criteri di valutazione che tengono conto di vari aspetti; il livello di anestesia definito sulle condizioni di ventilazione, rilasciamento muscolare, riflesso palpebrale, secrezione lacrimale, pressione arteriosa, frequenza cardiaca ed esistono schemi di valutazione diversa a seconda che lanestesia preveda o meno il blocco neuromuscolare. Le anestesia senza blocco neuromuscolare sono da riservare solo a interventi brevi e poco impegnativi. In questo caso ovviamente per valutare la profondit dellanestesia non si tiene conto del tono muscolare, ma di altri parametri, principalmente di tipo respiratorio (frequenza, modo di respirare, colorito del paziente). Si valutano anche qui lentit delle risposte autonome riflesse, entit proporzionale allintensit degli stimoli chirurgici. Quando si impiegano farmaci curarizzanti necessario valutare il grado di curarizzazione: questo fatto valutando in realt la de-curarizzazione, cio i segni che il farmaco non sta pi avendo effetto,

    3

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva come laumento del tono dei muscoli respiratori, la comparsa di atti respiratori spontanei3, le reazioni al tubo tracheale (deglutizione, tosse). Abbiamo visto lanestesia. In realt c anche una pre-anestesia. Di che si tratta? Per preanestesia si intende lattuazione di effetti, principalmente sedativi centrali e di inibizione neurovegetativa, intesi a facilitare lanestesia senza che si verifichi abolizione della coscienza; questo ottenuto per mezzo di farmaci somministrati prima dellinduzione dellanestesia. La facilitazione dellanestesia ha un triplice significato. Difatti: a. per il paziente, garantisce una maggiore tollerabilit del periodo preoperatorio e laumento del

    margine di sicurezza delle pratiche anestesiologiche; b. per lanestesista, comporta la riduzione (o anche labolizione) delle difficolt tecniche e

    metodologiche; c. per il chirurgo, garantisce condizioni operatorie ottimali. La preanestesia serve a: a. controllare lansia preoperatoria; b. prevenire gli effetti collaterali dellanestesia; c. controllare lattivit nervosa riflessa; d. potenziare lazione dei farmaci anestetici; e. controllare il dolore preoperatorio. Il punto (a) estremamente importante, poich lansia preoperatoria, oltre ad avere ripercussioni sulla psiche del paziente, ha anche dei correlati fisici (tachicardia, sudorazione, polipnea) che possono ostacolare landamento ottimale dellintervento o peggiorare condizioni patologiche di base. Inoltre linduzione di anestesia in condizioni del genere pu comportare rischio di aritmie gravi o di ipo-/iper- tensione. Una adeguata sedazione preoperatoria, quindi, si rende necessario. Il punto (b) fa riferimento alla possibilit che i farmaci anestetici possano causare, durante lintervento, emesi, inalazione accidentale di materiale rigurgitato, bradicardia, ipersecrezione salivare e laringo-tracheo-bronchiale. Si tratta di effetti collaterali che possono verificarsi, soprattutto quando ci sono delle condizioni predisponenti. Ad esempio, nelle donne in gravidanza che si sottopongono ad un cesareo possibile che, data la condizione di iperacidit e rallentato svuotamento gastrico condizioni tipiche della gravidanza si verifichi linalazione accidentale di materiale rigurgitato. In particolare la situazione pu evolvere in un grave edema polmonare di natura lesionale (sindrome di Mendelsson). La stessa possibilit si pu avere in un paziente che venga operato a stomaco pieno! Il punto (c) soprattutto da considerare quando si debbano preservare pazienti ad es., ipertesi o cardiopatici. In loro infatti possibile che la stimolazione autonomica nel corso dellanestesia o dellintervento stesso possa precipitare una grave condizione. Si usano di solito Ca2+-antagonisti o beta-bloccanti. Gli alfa-bloccanti si usano in preanestesia solo nei pazienti che devono essere operati di feocromocitoma. Il punto (d) in realt un requisito pi teorico che pratico della preanestesia, a meno che non venga praticata una preanestesia con effetti fortemente sedativi oltre che ansiolitici4.

    3 In questi casi il paziente sottoposto a ventilazione meccanica 4 Cos sul libro, a pag. 16

    4

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva Il punto (e) indispensabile per quei soggetti che hanno dolore acuto prima dellintervento, in quanto gli effetti neurovegetativi del dolore vanno a sommarsi a quelli ansiogeni. In preanestesia si utilizzano di preferenza farmaci oppioidi, poich i FANS possono interferire con lemostasi intraoperatoria. Quale tecnica operare per la preanestesia? Dipende come sempre. A seconda del grado della sedazione richiesta, delle caratteristiche del paziente, del tipo di intervento e dellindirizzo di Scuola. Anche per la preanestesia preferibile adottare pi farmaci. La preanestesia pu essere: a. sedativa; b. non sedativa. La preanestesia sedativa utilizza principalmente ansiolitici e neurolettici. E possibile anche luso di analgesico-narcotici e barbiturici. Le benzodiazepine hanno principalmente effetto ansiolitico, e quindi agiscono sui meccanismi corticali che sostengono la sintomatologia ansiosa; chimicamente esse potenziano la trasmissione GABEergica. Oltre allazione ansiolitica, le benzodiazepine hanno anche azione ipnotica (di solito meno potente rispetto a quella ansiolitica, per alcune benzodiazepine, come il lorazepam, hanno uno spiccato effetto ipnotico), inducono amnesia (ottima cosa per ridurre lawareness), hanno azione anticonvulsivante (in particolare diazepam e clonazepam) e miorilassante centrale (per questultima azione si verifica ad alti dosaggi). Tra le benzodiazepine il capostipite il diazepam; va somministrato preferibilmente per os al dosaggio di 10-20 mg; per via i.m. lassorbimento irregolare, per via e.v. il paziente ha dolore e c il rischio di tromboflebite, sebbene cos un ottimo livello plasmatico sia raggiunto molto brevemente. Il diazepam per ha una lunga emivita per cui non un ottimo pre-anestetico; meglio impegare il lorazepam o il nitrazepam, che hanno metabolismi molto pi rapidi. I neurolettici comprendono fenotiazinici (es., clorpromazina) e butirrofenoni (es., aloperidolo). Essi agiscono sulla trasmissione dopaminergica centrale; quando il loro utilizzo sporadico, come appunto la condizione di pre-anestesia, leffetto principalmente sedativo. Contrariamente, un utilizzo prolungato provoca la cosiddetta sindrome neurolettica5. I neurolettici pertanto hanno effetto sedativo; inoltre potenziano leffetto degli anestetici e deprimono i riflessi bronchiali e laringei, diminuiscono il vomito e la nausea. Hanno anche azione ipotensiva, anticolingergica, eccitante extrapiramidale. Rispetto ai fenotiazinici i butirrofenoni hanno un meno spiccato effetto ipotensivo e parasimpaticolitico, e un maggiore effetto antiemetico: per questo motivo sono da preferire in preanestesia. In particolare si preferisce il deidrobenzoperidolo, somministrato a dosi di 2,5-5 mg; leffetto sedativo, specie se si associano oppioidi, ottimale. La preanestesia non sedativa utilizza farmaci parasimpaticolitici, alfa- o beta- bloccanti, e altri farmaci ad azione specifica. Questo tipo di somministrazioni servono ad attutire gli effetti negativi dellintervento in situazioni patologiche di base che potrebbero complicarsi incontrollatamente, e il loro utilizzo viene deciso volta per volta. Inconvenienti (o complicanze) della preanestesia sia verifica quando si sbagliano i dosaggi oppure il tempo e/o la via di somministrazione; si possono verificare effetti collaterali. Ovviamente si possono manifestare anche fenomeni allergici o idiosincrasici. Ma questo vale per tutti i farmaci! 5 Il paziente sveglio, ma silenzioso e immobile, senza interesse per lesterno, con ridotto tono emozionale ed affettivo

    5

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    Periodo pre-operatorio La visita pre-operatoria serve a valutare il paziente, fisicamente e psicologicamente, e a definire il rischio operatorio e le possibili complicanze dellintervento. Anamnesi Con lanamnesi bisogna accertare innanzitutto se il paziente fumatore, bevitore o tossicodipendente. I rischi connessi con lanestesia difatti sono maggiori con queste tre categorie di pazienti. Con lanamnesi vanno ovviamente anche ricercati stati patologici pre-esistenti e eventuali episodi di awareness. Bisogna indagare sulle terapie in atto e valutare una modifica dei dosaggi di questi farmaci oppure la loro sospensione; ad esempio, i pazienti ipertesi non dovrebbero mai interrompere il trattamento, cos come i pazienti addisoniani, che sono cronicamente trattati con cortisolo. Altro esempio: nei pazienti asmatici, invece, si far attenzione a non somministrare beta-bloccanti (che hanno effetto broncocostrittore). Esame obiettivo Valuta fondamentalmente le funzioni respiratoria e cardiocircolatoria. Ovviamente in caso di reperti sospetti di patologia vanno subito effettuati esami strumentali e/o laboratoristici pi approfonditi; il paziente dispnoico, ad esempio, o facilmente affaticabile, va esaminato con somma attenzione. Inoltre allesame obiettivo valutata la possibilit di trovare un accesso venoso, di verificare eventuali difficolt di intubazione6, di verificare lo stato obeso del paziente. Il paziente obeso va meno difficilmente incontro a difficolt respiratorie durante lintervento. Screening preoperatorio Si tratta di esami di laboratorio e strumentali che vanno allestiti prima dellintervento, e servono per meglio definire le caratteristiche del paziente. Serve per valutare eventuali compromissione sistemiche, sospette o misconosciute, e per confermare ladattabilit del paziente allanestesia e allatto chirurgico. Gli esami pi importanti sono: a. Hb ed ematocrito; b. Rx torace; c. ECG; d. equilibrio elettrolitico, glicemia, funzionalit renale; e. parametri epatici. La rilevazione di (a) indispensabile, specie quando si prevede una forte perdita ematica; (b) e (c) vanno fatti sempre per soggetti con pi di 40 anni, mentre per soggetti pi giovani andrebbero riservati in caso di sospetta patologia. In ambito intraoperatorio, invece, (c) indispensabile per il rilievo precoce di eventuali aritmie o di ischemia subendocardica. La derivazione II registra la frequenza cardiaca e le eventuali aritmie, la derivazione precordiale V5 consente di visualizzare le ischemie subendocardiche. Gli esami (d) ed (e) consentono di verificare eventuali squilibri metabolici anche misconosciuti, e di considerare i dosaggi farmacologici secondo le condizioni del paziente. Rischio operatorio E definito come la probabilit che nel periodo intra- e postoperatorio si verifichino complicanze che alterino il decorso prevedibile della patologia7. I fattori importanti da prendere in considerazione per la valutazione del rischio operatorio sono le condizioni generali del 6 A questo proposito esiste una classificazione dei pazienti pi o meno facilmente intubabili formulata da Mallampati (infatti si parla di classi di Mallampati), che tiene conto delle caratteristiche del cavo oro-faringo-laringeo 7 Cos sul libro, a pag. 11

    6

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva paziente, il tipo di patologia da trattare, il tipo di intervento da effettuare, la eventuale indicazione durgenza, la necessit di un trattamento preoperatorio, la necessit di particolari esami di laboratorio preoperatori. Il rischio operatorio pu essere calcolato tenendo conto di vari aspetti. Da un punto di vista teorico il rischio operatorio ripartibile in: a. rischio anestesiologico; dovuto alle tecniche di anestesia, e per ridurlo moltissimo necessario

    un continuo monitoraggio, durante lanestesia, delle funzioni vitali; b. rischio chirurgico; oltre al tipo di intervento valutabile in base alle conoscenze specifiche

    dello staff operatorio e alla presenza di attrezzature e di reparti specializzati; c. rischio derivante dalle condizioni del paziente; certamente la variabile pi importante; d. rischio imprevedibile; idiosicrasie, ipertermia maligna, guasti delle apparecchiature Orientativamente si pu ripartire lentit del rischio in tre possibilit: a. rischio lieve; le condizioni generali del paziente sono buone ed assente qualsiasi

    compromissione sistemica derivante dalla patologia chirurgica che ha portato allintervento (ad es., chirurgia plastica in un soggetto sano);

    b. rischio serio a priori; c una compromissione sistemica che pu essere attinente o meno alla patologia per cui richiesto lintervento, oppure lintervento durgenza, il trauma chirurgico notevole, necessario un trattamento preoperatorio, ed esami preoperatori;

    c. rischio moderato; la classica via di mezzo tra due condizioni presentate. Accanto a questa generica definizione di rischio operatorio, esistono tante altre schede valutative specializzate. Particolarmente interessante quella fornita da Goldman per gli interventi chirurgici non cardiaci; il pregio di questa valutazione che per definire il rischio sono necessarie pochissime indagini.

    INDICE DI GOLDMAN

    Anamnesi Et > 70 anni IMA < 6 mesi IMA > 6 mesi

    10 10 5

    Esame fisico Terzo tono 11

    ECG > 5 extrasistoli/min 7

    Laboratorio

    PaO2 < 60 PaCO2 > 50 K+ < 3 Azotemia > 50 Creatinina > 3

    3 3 3 3 3

    Tipo dintervento

    Durgenza Toracico Addominale Chirurgia dellaorta

    4 4 3 3

    Una volta calcolato questo indice, la gravit del rischio operatorio si ripartisce in quattro classi: classe I (0-5), II (6-12), III (13-25), IV (26 in poi). Lindice di Goldman viene calcolato soprattutto per valutare le complicanze cardiovascolari maggiori quali IMA (Infarto Acuto del Miocardio) o tachicardia ventricolare. Naturalmente queste valutazioni possono essere fatte anche con altre metodiche, pi complesse (ad esempio la misurazione della frazione di eiezione del ventricolo

    7

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva sinistro utilizzando radioisotopi), ma ai fini della valutazione del rischio i risultati sono correlabili a quelli ottenuti con il Goldman, per cui non vale la pena complicarsi la vita con altre metodiche. Il Goldman va bene. Unaltra classificazione del rischio operatorio quella fatta dalla ASA, American Socieey of Anesthesiology, che propone come unico criterio quello dello stato fisiologico del paziente prima dellintervento. E possibile classificare i pazienti in queste categorie: I. individuo in normali condizioni di salute; II. paziente con malattia sistemica di lieve entit; III. paziente con malattia sistemica di media entit, non invalidante; IV. paziente con malattia sistemica invalidante, che costituisce un costante pericolo per la

    sopravvivenza; V. paziente moribondo, che non si ritiene possa sopravvivere per pi di 24 ore con o senza

    lintervento chirurgico. Esiste anche una classificazione ASA modificata che prende in considerazione anche lurgenza dellintervento e tipo e localizzazione della patologia chirurgica. Alcuni anestesisti fanno riferimento a questaltra classificazione, che peraltro arriva a definire 7 classi di rischio, e non pi 5. Unulteriore classificazione la PAFS (Preoperative Assessment of Fitness Score, cio definizione preoperatoria del rischio operatorio), che d alla condizione del paziente, considerata sotto vari aspetti, un punteggio. Questa classificazione considera come parametri di valutazione del rischio let del paziente, eventuali patologie pregresse, i parametri ematochimici, la terapia assunta dal paziente, il tipo di intervento e leventuale carattere di urgenza.

    8

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    Ipertermia maligna Si tratta di una sindrome a carattere familiare che pu insorgere come grave complicanza in anestesia generale. Per la diagnosi ci si avvale di segni clinici che sono: a. ipertono della muscolatura scheletrica; b. aumento della temperatura corporea; c. tachicardia, tachipnea, cianosi. La patogenesi sembra essere determinata dalla massiva fuoriuscita di Ca2+ dai depositi intracellulari. Anche in questo caso necessario un adeguato screening preventivo, e quindi indagare sulla familiarit, e soprattutto valutare la concentrazione di CPK ematica. Il livello di CPK ematica elevato nei soggetti predisposti. Certo, il test della CPK pu non essere esattamente specifico8, per sempre meglio, per screening, di un altro test pi specifico che stato proposto, che per viene effettuato su biopsia muscolare (prova alla caffeina e allalotano su biopsia muscolare). La terapia dellipertermia maligna consiste in: a. interruzione dellerogazione di gas anestetico; b. iperventilazione con O2 al 100%; c. Na+-bicarbonato per ridurre lacidosi che si realizza; d. dantrolene 1 mg/kg e.v. ogni 5 minuti per un max di 10 mg/kg [?]; e. correzione dellaritmia e delliperK+emia (destrosio e insulina); f. abbassamento della temperatura corporea con mezzi fisici; g. mannitolo o furosemide per agevolare la funzione renale. La situazione viene monitorata con: a. ECG; b. emogasanalisi; c. elettroliti plasmatici; d. enzimi sierici (LDH e CPK); e. temperatura corporea; f. PVC (sovraccarico liquido?); Successivamente il paziente va ricoverato in Unit di Terapia Intensiva (UTI).

    8 Anzi, non lo affatto, cfr. lezioni del dott. Lepore, un grande della Neurologia e dico la verit

    9

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    Traumi cranici I traumi cranici possono essere classificati in vario modo. Dal punto di vista patogenetico in: a. non penetrante ad alta velocit; b. non penetrante a bassa velocit; c. penetrante per ferita da arma da fuoco; d. penetrante per altro meccanismo lesivo. Dal punto di vista dellentit del trauma: a. lieve (GCS 14 o 15); b. moderato (GCS da 9 a 13); c. grave (GCS da 3 a 8). Dal punto di vista morfologico: a. fratture craniche della volta

    - lineari/stellate; - da pressa/non da pressa; - chiuse o aperte.

    b. fratture craniche della base - con/senza perdita di liquor; - con/senza paralisi del VII nervo.

    c. lesioni intracraniche focali - epidurali; - subdurali; - intracerebrali.

    d. lesioni intracraniche diffuse - lieve commozione; - classica commozione; - diffuse commozioni con coinvolgimento assonico.

    Trauma cranico lieve Il trauma cranico lieve rappresenta l80% dei traumi cranici. Obiettivo individuare i pazienti che possono presentare una cerebropatia post-traumatica prima che si instauri il deterioramento neurologico. La frattura cranica si presenta, secondo le varie casistiche, dallo 0,5% al 10% dei casi. C sindrome commotiva cerebrale (perdita transitoria di coscienza, amnesia, vomito, cefalea, vertigini). Fattori di rischio per laggravamento sono coagulopatie, terapie anticoagulanti, alcoolismo, tossicodipendenza, pregressi interventi neurochirurgici, epilessia, et avanzata. Il trauma cranico va valutato secondo un punteggio, detto GCS. Iter diagnostico-terapeutico: GCS 15 Osservazione clinica per 6 ore e dimissione con foglio di istruzioni;

    10

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva GCS 15 con sindrome commotiva TAC cranio se c frattura (o Rx) e valutazione neurochirurgica; GCS 15 con fattori di rischio TAC cranio e osservazione clinica per 24 ore; GCS 14 TAC cranio, valutazione neurochirurgica e osservazione clinica per 24 ore se la TAC negativa.

    Trauma cranico moderato Nel trauma cranico moderato al danno primario si aggiunge un danno secondario nel giro di ore o giorni che pu portare a danno ischemico. Aumento la pressione intracranica (PIC), diminuisce la pressione di perfusione cerebrale, diminuisce lapporto di ossigeno e metaboliti al parenchima cerebrale con conseguente danno neuronale ischemico. Iter decisionale: - diagnosi neurologica secondo GCS; - correzione della ipotensione; - correzione della ipossia; - TAC cranio; - trasferimento in neurochirurgia se la TAC positiva; - trattamento neurochirugico se SHIFT >5mm o Vol >25 cc; - valutazioni neurologiche periodiche (ogni ora) del GCS e pupille e controlli TAC:

    - se la prima TAC negativa controllo ogni 24 ore, o 12 ore se ci sono fattori di rischio; - se la prima TAC positiva per lesioni non chirurgiche 24 ore (se prima >6h) o 12 ore (se prima

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva - stabilizzazione delle funzioni vitali; - valutazione neurologica; - identificazione dei criteri per una corretta ospedalizzazione; - monitoraggio TAC; - monitoraggio dei parametri sistemici in terapia intensiva; - indicazioni al monitoraggio della PIC e della SjO2 [?]; - criteri di trattamento medico e chirurgico.

    Stabilizzazione funzioni vitali La stabilizzazione delle funzioni vitali effettuata con i criteri ABC. A Airway Perviet delle vie aeree

    - intubazione oro-tracheale previa sedazione/analgesia - prevenzione dellaspirazione accidentale di materiale gastrico - garantire il controllo della stabilit del rachide cervicale

    B Breathing Respiro

    - ventilazione meccanica controllata - PaO2 >90 mmHg - PaCO2 30-35 mmHg - lipercapnia causa acidosi e vasodilatazione cerebrale con aumento della PIC - lipocapnia causa vasocostrizione cerebrale e ischemia

    C Circulation Circolazione

    - assicurare la stabilit circolatoria - reintegro volemico con soluzioni isotoniche, mai ipotoniche - P.A. sistolica >110 mmHg, CPP [Pressione di Perfusione Cerebrale] >70 mmHg - sconsigliato luso di mannitolo perch d ipotensione e aumento di volume dellematoma;

    per si pu usare in caso di erniazione cerebrale - la CPP uguale alla pressione arteriosa media (MAP) meno la PIC, pressione intracranica.

    La CPP deve essere >70 mmHg

    Valutazione neurologica E effettuata con la valutazione del GCS, cio del Glasgow Coma Scale. Si d un punteggio alle funzioni di apertura degli occhi (da 4 a 1) della risposta verbale (da 5 a 1), della risposta motoria (da 6 a 1). Il paziente viene indicato: a. con il punteggio GCS (da 3 a 15); b. valori della P.A.; c. se c o no sedazione; d. orario di valutazione. Il paziente pu essere in coma. E in coma un paziente che non in grado di aprire gli occhi, pronunciare parole, eseguire ordini semplici. Si valuta anche il diametro pupillare e la reazione pupillare alla luce (riflesso fotomotore).

    12

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva - pupille piccole e reattive indicano lesione corticale bilaterale; - pupille puntiformi indicano lesione pontina o overdose di oppioidi (oppure anestesia); - anisocoria indica erniazione transtentoriale; - midirasi riflessa bilaterale pu indicare decerebrazione, anossia, atropina, iperattivit simpatica,

    paralisi bilaterale del terzo n.cranico, stress, dolore.

    Identificazione dei criteri per una corretta ospedalizzazione del traumatizzato in coma Il traumatizzato cranico grave dovrebbe essere ricoverato sempre in un centro specialistico, in grado si proseguire nella sua completezza la sorveglianza ed il trattamento al pi alto livello qualitativo. In questi pazienti occorre identificare e trattare precocemente le lesioni asportabili chirurgicamente e prevenire e trattare i fattori di aggravamento e mantenere lomeostasi.

    Monitoraggio TAC Si segue la classificazione di Marshall: - lesione diffusa I nessuna patologia visualizzabile alla TAC; - lesione diffusa II cisterne visibili con shift [spostamento] do 0-5 mm e/o lesioni ad alta-

    media densit

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva - SaO2 (pulsossimetria); - Temperatura corporea in continuo; - CO2 di fine espirazione con curva; - Emogas almeno ogni 8 ore; - Monitoraggio delle pressioni delle vie aeree; - Dati di laboratorio (Na+, glucosio); - Rx torace; - Tracheobroncoscopia al bisogno Obiettivo principale preservare lomeostasi dellorganismo in modo tale da prevenire il danno cerebrale.

    Indicazioni al monitoraggio della PIC Rimane fondamentale per condurre un trattamento efficace. Lipertensione endocranica non pu essere determinata con metodi indiretti, n in modo quali- e quanti- tativamente accettabile con la TAC. Indicazioni al monitoraggio della PIC sono: - GCS < 8 con TAC positiva per danno encefalico; - GCS < 8 con TAC negativa ma presenza di almeno due dei seguenti fattori:

    - anomalie del diametro e della reflettivit oculare; - asimmetrie di risposta motoria; - ipotensione arteriosa; - et >40 anni.

    Quando iniziare il monitoraggio della PIC Al pi presto dopo stabilizzazione clinica e definizione diagnostica. Dove eseguirlo Sala operatoria (sterilit) Tecnica Di prima scelta il catetere ventricolare; se dopo due tentativi di posizionamento non va, si pu usare un catetere subdurale o parenchimale Durata del monitoraggio Condizionata dal quadro clinico; dopo 24 ore di stabilit senza trattamento e sedazione Sorveglianza delle complicanze Prelievi per esame citochimico e batteriologico (deliquorazione) Corretta interpretazione

    Indicazioni al monitoraggio della SjO2 La CEO2 (Estrazione cerebrale di O2) di solito = 25-45%. Essa si calcola:

    SaO2 SjO2 Il monitoraggio della SjO2 indicato in: - paziente sottoposto ad iperventilazione terapeutica;

    14

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva - paziente con GCS 25 mmHg, CPP 75% suggerisce una situazione di iperemia iperventilazione, tiopentone. Una SjO2 20-25 mmHg - escludere e correggere:

    - ostacolo al deflusso venoso - posizione di capo e collo - disadattamento al ventilatore

    - vasodilatazione cerebrale - febbre, ipercapnia, ipotensione, crisi convulsiva

    - ipertensione arteriosa - dolore, sedazione

    - brivido - iposodiemia - malfunzionamento apparecchiature

    La terapia medica valuta: - laspetto emodinamico, con farmaci inotropi e vasocostrittori; - la ventilazione; - la sedazione, con farmaci a rapido metabolismo; - altri aspetti (terapia nutrizionale). Lipertensione endocranica trattata a steps: 1. sedazione e analgesia; 2. deliquorazione; 3. mannitolo; 4. iperventilazione; 5. tiopentone sodico.

    15

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    Trasporto dellossigeno A livello degli alveoli polmonari avvengono gli scambi tra i gas presenti nellaria inspirata e i gas presenti nel sangue che perfonde gli alveoli; tra i gas che vengono scambiati ci occuperemo qui dellossigeno (O2). Questi scambi gassosi sono per limitati, e possono essere limitati da due fattori, che sono la perfusione e la diffusione. In condizioni normali gli scambi gassosi sono limitati dalla perfusione; cio lentit degli scambi gassosi dipendente dallentit della perfusione alveolare. Maggiore la perfusione degli alveoli, maggiore lentit degli scambi gassosi, e viceversa. In questi casi lequilibrio tra i gas raggiunto in breve tempo lungo il capillare alveolare. Lo scambio pi rapido se aumenta la velocit del flusso ematico. In condizioni di sforzo fisico, invece, gli scambi gassosi sono limitati dalla diffusione. Lequilibrio tra i gas non raggiunto quando il sangue arriva alla fine del capillare polmonare, come avviene in condizioni normali, ma resta sempre una differenza di pressione parziale tra aria alveolare e sangue, e ci fa s che la diffusione continui finch rimanga un gradiente pressorio. Questa situazione avviene quando aumenta lo spessore della membrana alveolo-capillare e /o diminuisce la superficie di scambio. Il passaggio dellossigeno dallaria ambiente ai tessuti avviene per gradiente pressorio, dalla zona ove lossigeno ha una pressione maggiore a zone in cui la pressione minore. E la stessa cosa vale per un altro componente dellatmosfera, che lanidride carbonica, CO2. A livello del mare la pressione atmosferica di 760 mmHg. Latmosfera una miscela gassosa, nella quale sono presenti tre gas, e cio ossigeno, anidride carbonica e azoto, in diversa percentuale. Secondo la legge di Henry-Dalton la pressione parziale di un gas proporzionale alla percentuale in cui esso presente nella miscela gassosa.

    O2 20,9% 159 mmHgCO2 0,1% 0,3 mmHgN2 79% 597 mmHg

    Totale 760 mmHg

    Questaria viene inalata e, dopo aver attraversato le vie aeree, giunge agli alveoli. Gli scambi gassosi a livello alveolare avvengono per gradiente pressorio tra aria alveolare e sangue. Si potrebbe pensare che a livello delle vie aeree e degli alveoli le pressioni dei gas sono uguali a quelle dellaria atmosferica, ma non cos. Nelle vie aeree, infatti, laria viene umidificata, per cui alla composizione gassosa si aggiunge la pressione di vapor acqueo, che misura 47 mmHg. Per cui, a livello delle vie aeree, la situazione la seguente:

    O2 149 mmHgCO2 0,3 mmHgN2 564 mmHgH2O 47 mmHg

    Totale 760 mmHg

    Quando questaria arriva agli alveoli, si modifica ulteriormente poich negli alveoli vi una forte componente di CO2 di provenienza ematica. La composizione dellaria alveolare, che poi quella che viene effettivamente scambiata, infine:

    16

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    O2 104 mmHgCO2 40 mmHgN2 569 mmHgH2O 47 mmHg

    Totale 760 mmHg

    Di questo la cosa pi importante notare che la PO2, cio la pressione parziale di O2 104 mmHg, e la PCO2, cio la pressione parziale di CO2 di 40 mmHg. Il processo di scambio di gas tra laria alveolare e il sangue che attraversa il capillare alveolare avviene secondo gradiente di concentrazione per diffusione passiva. Nel sangue venoso misto dei capillari alveolari la situazione la seguente:

    PvO2 40 mmHg PvCO2 46 mmHg

    Per PvO2 (e, analogamente, PvCO2) si intende la pressione parziale nel sangue venoso, mentre per PaO2 (e, similmente, PaCO2), si intende la pressione parziale nel sangue arterioso. Nel sangue che perfonde gli alveoli, quindi, si ha che O2 ha una pressione di 40 mmHg; questa pressione inferiore a quella del gas alveolare (che invece di 104 mmHg), per cui lossigeno diffonde dallaveolo nel sangue con facilit. Viceversa per la CO2, pi rappresentata a livello venoso che a livello alveolare: il sangue si libera di anidride carbonica. Il gradiente di pressione tra laria alveolare e lestremo arterioso del capillare alveolare , rispettivamente, di 64 mmHg per lO2 (104-40) e di 6 mmHg per la CO2 (46-40). La notevole diversit di questi gradienti spiegata col fatto che la CO2 circa 20 volte pi diffusibile di O2 attraverso la barriera alveolo-capillare. Questa diffusione avviene secondo la legge di Fick, secondo cui la velocit di trasferimento del gas (e quindi lentit del suo trasferimento) direttamente proporzionale allarea di scambio, alla differenza di pressione parziale ed a una costante di diffusione tipica di ogni gas, mentre inversamente proporzionale allo spessore della barriera. Abbiamo visto come quindi avvenga lo scambio di gas a livello alveolare. Ci aspetteremmo quindi di ritrovare nel sangue arterioso che viene espulso dal ventricolo sinistro valori di PaO2 di 104 mmHg (cio un valore che riflette quello alveolare), invece non cos. I valori delle pressioni parziali nel sangue arterioso sono i seguenti:

    PaO2 95 mmHg PaCO2 40 mmHg

    E questo avviene perch il sangue refluo degli alveoli si mescola con il sangue delle vene di Tebesio e con quello proveniente dalle vene bronchiali, venendosi cos a creare uno shunt fisso, definito anatomico. Per quanto riguarda O2, quindi, esiste un gradiente alveolo-arterioso che pari a 9 mmHg. Questo gradiente pu arrivare al max. a 20 mmHg, poi non pi clinicamente accettabile.

    Abbiamo detto in apertura che lossigeno rappresenta circa il 21% dellaria atmosferica, per cui quando si allestisce una anestesia in cui si somministra una miscela di gas, tra cui O2, necessariamente non si deve scendere al di sotto di questa percentuale di rappresentanza dellossigeno. Per la verit questa quantit viene superata, e si arriva a somministrare ossigeno al 34%; questo perch in anestesia generale, sia in ventilazione spontanea che controllata, si verificano alterazioni del rapporto ventilazione/perfusione con conseguente ipossiemia. Per questo preferibile somministrare concentrazioni di O2 superiori al 21%.

    17

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva Lossigeno trasportato nel sangue per la maggior parte dallemoglobina, che pu essere considerata un trasportatore reversibile di O2. La Hb ha una capacit massima di legare O2, dopodich saturata. Il grado di saturazione di Hb espresso con lindicatore SO2. La saturazione di Hb in equilibrio dinamico con la quantit di O2 fisicamente disciolto nel sangue che, a sua volta, direttamente proporzionale alla pressione parziale di O2, secondo la formula:

    Quantit di O2 disciolta = PO2 * 0.003 La saturazione dellHb dipende molto dalla PO2 ma il rapporto non lineare ma logaritmico. E notorio infatti che la curva di dissociazione dellHb ha un andamento sigmoideo; questo significa

    che la saturazione di Hb varia diversamente per stesse differenze di PO2. La saturazione di Hb quando la pressione parziale di ossigeno pari a 95 mmHg (quindi in condizioni normali di sangue arterioso) del 98%. Cio a 95 mmHg di PO2 il 98% di Hb saturato. Quando la PO2 invece 60 mmHg la saturazione di Hb del 90%. Se la PO2 scende a 50 mmHg, la saturazione di Hb cala bruscamente a 80%, quando la PO2 misura 26 mmHg, la saturazione di Hb del 50%. Si capisce bene dunque come landamento dei decrementi di saturazione non sia lineare con i decrementi di PO2. Ci significa che quando i valori di PO2 sono inferiori a 60 mmHg basta poco per abbassare bruscamente la saturazione di Hb, che invece si mantiene quasi uguale per sbalzi di PO2 che avvengono nel range 95-60 mmHg. Questa propriet di Hb consente un buon trasporto di ossigeno anche in presenza di una moderata compromissione dello scambio polmonare, o

    per diminuzioni di O2, come avviene ad esempio in altitudine.

    Figura 1 - Curva di dissociazione dell'emoglobina

    A quota elevata la pressione atmosferica inferiore rispetto al livello del mare, quindi fa registrare valori inferiori a 760 mmHg, per le pressioni parziali percentuali dei gas restano ovviamente le stesse; ci significa che lossigeno, che rappresenta sempre il 21% circa dei gas atmosferici, avr un valore assoluto di pressione inferiore a 159 mmHg, e quindi agli alveoli ne arriva di meno. Questa condizione, di ipossia da altitudine, viene corretta con vari meccanismi, tra cui questo adattamento dellHb.

    In clinica si parla di ipossiemia grave quando la PaO2 inferiore a 60 mmHg, e quindi Hb saturata a meno del 90%. Esistono delle apparecchiature, dette saturimetri arteriosi transcutanei, che sono utilizzati in anestesia e rianimazione per misurare la SaO2. La curva di dissociazione dellHb ha un andamento sigmoideo, come si vede nella figura. Per PO2 di 95 mmHg la sua saturazione al 98%, per PO2 di 60 mmHg la saturazione al 90%, per PO2 di 40 mmHg la sua saturazione al 75%, per PO2 di 26 mmHg la saturazione al 50%. Al di sotto del valore soglia di 60 mmHg (SaO2 90%) la forma della curva tale che ogni ulteriore riduzione della

    18

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva PO2, anche se minima, determina un decremento notevole della saturazione. Si parla di ipossiema grave quando i valore di PaO2 sono inferiori a 60 mmHg. Esistono fattori in grado di influire sul grado di affinit dellHb per lossigeno. Quando laffinit di Hb per lossigeno aumentata, significa che per la stessa PO2 la saturazione dellHb aumentata, e quindi la P50, cio il valore di PO2 che fa registrare una saturazione di Hb al 50%, ridotta (il valore normale 26). In questi casi si dice che la curva di saturazione di Hb spostata a sinistra. La aumentata affinit di Hb per O2 fa s che Hb possa captare pi facilmente O2 dallaria alveolare, ma pi difficilmente pu cederlo ai tessuti. Altri fattori, invece, fanno s che la affinit di Hb per O2 sia ridotta, e, quindi, come si dice, la curva di saturazione dellHb venga spostata a destra, poich la P50 si attesta su valori maggiori. Cio necessario che una maggiore quota di O2 sia presente per poter saturare il 50% dellHb. La ridotta affinit si Hb per lossigeno fa s che Hb possa cedere pi facilmente ossigeno ai tessuti, ma pi difficilmente potr catturalo a livello alveolare.

    FATTORI CHE AGISCONO SULLA CURVA DI DISSOCIAZIONE DELLHB

    Spostano a sx (aumentano laffinit) Spostano a dx (riducono laffinit)

    Ipotermia Alcalosi Ipocapnia Riduzione di 2,3 BPG nei globuli rossi

    Ipertermia Acidosi Ipercapnia Aumento di 2,3 BPG nei globuli rossi

    Come si pu facilmente osservare, si tratta delle condizioni opposte. Spostano a sx le condizioni alveolari, spostano a dx le condizioni tissutali, per cui Hb facilitata nellalveolo a prendere ossigeno, ed faciltata in periferia a cedere lossigeno.

    19

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    Ipossia e ipossiemia Per ipossia si intende una riduzione della disponibilit periferica di ossigeno. Per anossia si intende lassenza della disponibilit periferica di ossigeno. Per ipossiemia si intende una riduzione della PaO2. Come facile notare, ipossia e ipossiemia non significano la stessa cosa! Cause di ipossiemia sono: - diminuzione della PO2 alveolare, come pu avvenire in alta quota; - diminuzione della ventilazione, come pu avvenire in malattie neuromuscolari; - alterazioni nel rapporto ventilazione/perfusione; - commistione venosa, come avviene nel caso di shunt dx sx; - diminuzione del trasporto di ossigeno, come avviene nelle anemie o nelle intossicazioni da CO. Cause di ipossia sono: - diminuito apporto di ossigeno, come avviene nelle ipossie atmosferiche o nelle insufficienze

    respiratorie; - diminuito trasporto di ossigeno, come avviene nelle anemie o nelle alterazioni miocardiche o

    negli shunt dx sx; - diminuita cessione di ossigeno ai tessuti, come avviene nelle disfunzioni del microcircolo (ad

    es., shock settico) o in un edema; - ipermetabolismi, laddove la richiesta di O2 cellulare eccede la reale disponibilit. Una forma particolare di ipossia, per cui improprio, per, parlare di ipossia, sono le disossie, cio condizioni in cui lapporto di ossigeno ai tessuti normale, ma la cellula ha dei deficit nel suo utilizzo. Per ovviare alle condizioni di ipossia lorganismo mette in moto una serie di meccanismi di compenso, che possono agire in tempi diversi, per cui si parla di meccanismi rapidi (minuti), lenti (ore), lentissimi (giorni). Alla fine tutti i meccanismi portano ad una migliorata disponibilit di ossigeno ai tessuti, poich si realizza un miglioramento delle gittata cardiaca, un aumento della ventilazione, un aumento del volume plasmatico, un aumento della estrazione di O2 da Hb per spostamento a dx della curva di dissociazione, e un aumento della sintesi di Hb (eritropoietina!).

    20

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    Controllo della ventilazione Il controllo della ventilazione esplicato a diversi livelli. I pi importanti centri per la respirazione sono a livello del SNC. Le informazioni afferenti sono coordinate a livello del tronco encefalico, da cui parte loutput per i muscoli respiratori ed il ciclo respiratorio. I muscoli respiratori sono: - inspiratori diaframma (di norma), intercostali interni ed accessori; - espiratori addominali, intercostali interni. Riconosciamo: a. Centro respiratorio midollare Si trova nella formazione reticolare, ed composto da due

    porzioni. La porzione dorsale serve regola linspirazione e il ritmo della respirazione, la porzione ventrale regola invece lespirazione9. Input per questo centro sono le stimolazioni del vago, le risposte invece sono modulate tramite lattivit del nervo frenico.

    b. Centro apneustico Si trova nel ponte; stimola la inspirazione e provoca inspirazione profonda e affannosa.

    c. Centro pneumotassico Si trova nel ponte, pi cranialmente rispetto al centro apneustico; inibisce la inspirazione e regola il volume inspiratorio e la frequenza respiratoria.

    d. Corteccia cerebrale Serve per effettuare il controllo volontario sulla ventilazione; il controllo volontario non totale, poich viene bloccato quando si registrino valori abnormi di PaCO2 e PO2.

    e. Chemocettori periferici e centrali Sono posizionati in corrispondenza dei glomi aortici e carotidei (periferici) e a livello bulbare (centrale); sono diversamente sensibili, in quanto i chemocettori centrali rispondono ad aumenti della PaCO2, mentre i chemocettori periferici sono pi che altro sensibili alla riduzione della PaO2.

    f. Recettori polmonari di distensione Si trovano lungo la muscolatura liscia delle vie aeree; la distensione della vie aeree provoca diminuzione della frequenza respiratoria (riflesso di Hering-Breuer);

    g. Recettori di irritazione Si trovano in prossimit delle cellule epiteliali delle vie aeree e sono stimolati da fattori irritanti;

    h. Recettori j iuxtacapillari Si trovano in prossimit dei capillari alveolari; la distensione dei capillari, ad es., a seguito di ipertensione polmonare, provoca, stimolando questi recettori, un respiro rapido e superficiale;

    i. Recettori articolari e muscolari Modulano la ventilazione nellesercizio fisico. Durante lesercizio il sistema respiratorio offre una vera e propria risposta integrata. Difatti nellesercizio aumenta di consumo di ossigeno e la produzione di CO2, e inoltre c movimento degli arti. Tutto ci provoca un aumento della frequenza respiratoria allinizio dellesercizio stesso. Ci fa s che il valore medio dei gas respiratori non cambi durante lesercizio. Il pH pu cambiare durante lesercizio fisico impegnativo (aumenta il lattato). La PvCO2 aumenta per produzione di CO2 muscolare; si tratta di CO2 che andr ai polmoni. La aumentata gittata cardiaca nellesercizio aumenta il flusso polmonare e facilit leliminazione dei gas. Il reclutamento di capillari polmonari distribuisce meglio il rapporto ventilazione/perfusione del polmone.

    9 Secondo il prof.Bruno lespirazione in condizioni normali un atto tutto passivo, per cui il controllo della espirazione fatto solo in condizioni di sforzo fisico

    21

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    Circolo polmonare Nel circolo polmonare la pressione sanguigna molto bassa (circa 15 mmHg), e le resistenze al flusso sono anchesse basse. Il polmone riceve la stessa gittata cardiaca sistemica, infatti le gittate cardiache dx e sx sono uguali. Il sangue si distribuisce uniformemente nel parenchima polmonare se il paziente supino, mentre per gravit se il paziente seduto o in piedi. E possibile individuare nel polmone zone in cui la ventilazione e la perfusione non sono sempre le stesse. Ci sono cio zone pi perfuse che ventilate, zone pi ventilate che perfuse e zone ugualmente ventilate e perfuse. Il fisiologo West ha cos individuato tre zone: - zona 1 Corrisponde allapice polmonare, dove V (Ventilazione) maggiore che Q

    (perfusione), e quindi V/Q > 0,8 ( il valore normale); la pressione alveolare superiore alla pressione arteriosa, e quindi i capillari sono chiusi dallesterno;

    - zona 2 Corrisponde al polmone medio, dove V/Q = 0,8; la pressione arteriosa superiore alla pressione alveolare, e quindi i capillari sono pervii;

    - zona 3 Corrisponde alle basi polmonari, dove V/Q < 0,8; la pressione arteriosa maggiore di quella venosa che maggiore di quella alveolare; le basi del polmone sono pi perfuse che ventilate, per cui si tratta di una zona in cui lo scambio di gas pi difficoltoso.

    Tutto questo avviene perch, secondo gravit, per effetto della pressione idrostatica, il flusso ematico polmonare diminuisce procedendo dalla base allapice del polmone; similmente anche per la ventilazione, ma in misura inferiore rispetto al flusso. Nel polmone lipossia, segno di scarsa ventilazione, causa vasocostrizione; ci fa s che il flusso ematico vanga dirottato in zone maggiormente ventilate. Questo spiega perch, nel neonato, la resistenza vascolare polmonare resta elevata fin quando, con la respirazione, lossigeno entra negli alveoli. E importantissimo lo studio del rapporto V/Q, Ventilazione/Perfusione. Aumenti del rapporto fanno registrare il cosiddetto effetto spazio morto, mentre diminuzioni del rapporto portano al cosiddetto effetto shunt. Nelle ostruzioni totali delle vie aeree V/Q = 0 perch V=0; nelle ostruzioni totali del flusso ematico V/Q = infinito, poich Q=0. In queste condizioni non c comunque scambio di gas per cui le PO2 e le PCO2 alveolari e atmosferiche coincidono. Gli shunts sono dei bypass anatomici e funzionali che il sangue percorre sottraendosi alla ossigenazione o alla deossigenazione. Esistono due tipi di shunts: a. dx sx Cio il sangue destro (venoso) non viene ossigenato ma si riversa direttamente nel

    circolo sinistro. Esiste uno shunt normale (2%) dovuto alle vene pleuriche, alle vene bronchiali e alle vene di Tebesio. Segno di shunt dx sx la diminuzione della PaO2. Si misura facendo respirare al paziente ossigeno al 100% e confrontando la PaO2 del sistema venoso;

    b. sx dx E praticamente il contrario della situazione vista prima. Si riscontra per lo pi in anomalie congenite, e si manifesta con un calo della PvO2.

    Lo spazio morto fisiologico il volume di vie aeree che non partecipa allo scambio di gas. Esso si calcola:

    Vd = Vt * [(PaCO2 PeCO2) / PaCO2] Cio moltiplicando il Volume corrente (Vt) per la quota di CO2 che non stata scambiata.

    22

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    Meccanica respiratoria La respirazione segue leggi meccaniche per cui obbedisce alle variazioni dei vari volumi e resistenze che si esplicano nellambito del parenchima polmonare. In particolare importante il calcolo delle resistenze delle vie aeree, che possono provocare problemi soprattutto quando si deve sottoporre il paziente a ventilazione meccanica. Secondo la legge di Poisuille, le resistenze sono: - direttamente proporzionali a viscosit del gas e lunghezza del percorso; - inversamente proporzionali alla quarta potenza del raggio del condotto da percorrere. Ci significa che per piccole modifiche del raggio notevole la variazione di resistenza. La legge : R = (8 * * l) / ( * r4) , dove indice della viscosit. Le resistenze delle vie aeree sono modificate dalla attivit della muscolatura bronchiale (a sua volta definita dalle attivit del sistema autonomo) e dal volume dei polmoni (una diminuzione del volume aumenta le resistenze). Le resistenze delle vie aeree si trovano per lo pi a livello dei bronchi di media grandezza; le pi piccole vie aeree sembrerebbero presentare i valori pi elevati di R, ma sono complessivamente meno importanti a causa dalla loro disposizione in parallelo. Anche la senescenza o la patologia del parenchima polmonare influisce sulla meccanica respiratoria; infatti per evitare il collasso delle vie aeree i pazienti malati cronici espirano lentamente e socchiudendo le labbra, s da diminuire il flusso espiratorio e prevenire il collassamento delle vie aeree.

    23

  • Anestesia, rianimazione e terapia intensiva

    Avvertenze Lesame di Anestesia e Rianimazione, da sostenere con i proff. Brienza e Bruno, va preparato dal libro del prof. Brienza, ed integrato con quello che ho riportato in questa dispensa (si tratta dei lucidi che hanno fatto vedere a lezione, e non tutti: solo quei lucidi che non hanno corrispondenze sul libro). I capitoli da preparare sul libro del professore sono: Classificazioni delle anestesie Visita preoperatoria Rischio operatorio Preanestesia Oppiodi [secondo alcuni questo capitolo non va fatto] Miorilassanti Coscienza intraoperatoria Trasporto dellossigeno Ipossie Produzione, trasporto ed eliminazione della CO2 Rapporto ventilazione/perfusione Concetti generali di meccanica respiratoria Insufficienza respiratoria acuta Emodinamica del circolo sistemico e polmonare Shock Arresto cardiocircolatorio Monitoraggio emodinamico [secondo alcuni non si fa] ARDS [son pi quelli che dicono che non si fa di quelli che dicono che si fa] Indici di gravit in terapia intensiva.

    24