Anastasija Gjurčinova, Irina Talevska L’immagine dell’Europa nella letteratura macedone...

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Anastasija Gjurčinova, Irina Talevska L’immagine dell’Europa nella letteratura macedone Seminario “Working for Europe” Skopje, 29-30 settembre 2014

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Anastasija Gjurčinova, Irina Talevska

L’immagine dell’Europa nella letteratura macedone

Seminario “Working for Europe”Skopje, 29-30 settembre 2014

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Concetti La Macedonia e la sua posizione –la sua

appartenenza all’Europa, ai Balcani e al Mediterraneo

Un (ex)paese dell’Europa dell’Estll termine “Balcani” – percepito come un

termine duro, “non-europeo” Eufemismi: Europa Sud Orientale, Altra

Europa ecc. Inizio del concetto dell’alteritàPermette di studiare le immagini

letterarie

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Goran Stefanovski, Storie del selvaggio Est, Skopje, 2005

“Una decina (ventina) di anni fa, noi sapevamo di vivere nell’Europa dell’Est. Cioè in Europa, comunque. Ma questa narrazione si è sciolta e l’Europa dell’Est non esisteva più. Ci siamo trovati semplicemente - nei Balcani. Ci è stato detto che noi apprtenevamo a questa regione e che questa infatti fosse la nostra patria comune”.

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Goran Stefanovski…

“Mentre noi cerchiamo di europeizzarsi, l’Europa cerca di non balcanizzarsi …”

“Quando mi invitano a un incontro letterario, mi mettono sempre con rappresentanti dell’Albania, del Cipro, della Turchia, della Bulgaria, della Grecia. Tutti uomini barbuti, bella compagnia balcanica! E ci pongono sempre la stessa, stereotipata domanda: Come la vedete voi l’Europa?”

“Una volta addirittura il titolo della discussione è stato Perche’ l’Est non è più sexy? Ma cosa vuol dire? Vuol dire che prima eravamo sexy? Ma prima quando? Vuol dire che l’Est è stato sexy quando addirittura non lo è stato? Mentre soffriva sotto il regime stalinista? E che ora non lo è più quando cerca di diventare sexy proprio nel senso occidentale della parola? …“

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Luan Starova, Il sacrificio balcanico 2004(Il capro espiatorio dei Balcani)

Un romanzo che tratta una missione umanitaria Fenice destinata ai Balcani.

Il protagonista Mario Ducagino, arberesh della Calabria. Un elicottero che precipita sulla montagna di Prokletija

(Maledetta), incontro con una vecchia tribù neolitica. I membri vogliono offrire un capro ai nuovi arrivati, che non lo accettano.

Scontro di civiltà. Simpatie dell’autore da parte dei primitivi. Un’Europa che non capisce e non vuole capire,

semplicemente impaurita dell’altro. “E cosí, gli euro-occidentali stavano rientrando ancora una

volta da una missione priva di successo, senza capire fino in fondo le verità sull’uomo balcanico…”

I Balcani – visti come in sospeso, tra gli stereotipi e le incapacità delle istituzioni europee.

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Dragi Mihajlovski, Il profeta di Diskantria, 2001

Un romanzo dove il sistema dei visti che teneva i cittadini della Macedonia in isolamento, viene paragonato a un muro = Il muro Schengen!

Un giorno, alla fine di febbraio, mi pare che fosse mercoledì, alla fine abbiamo capito qualcosa in più del muro. Ovvero, delle sue strane qualità (...) non so se mi crederai, ma dal muro sono usciti due signori in smoking neri, eleganti e hanno cominciato, un po' perplessi, un po' scomodi, a fissare le telecamere! Ho strofinato gli occhi, mi sono svegliato dal sopore che mi aveva preso. All'inizio non capivo se era vero quello che vedevo oppure lo sognavo! ...

Loro, ancora perplessi, si sono messi subito in ordine e hanno cominciato a parlare nei microfoni messi sulle loro bocche! Loro parlavano, e il fatto che parlavano significava che erano vivi, e visto che erano vivi voleva dire che potevano venire, questo era chiaro, ma non riuscivo a capire come e da dove sono venuti! Era possibile che il muro fosse permeabile solo da una parte, da quella europea? L'affermazione di ciò che ho pensato e che subito ha spazzato via ogni ombra di dubbio sul fatto che loro erano venuti dal muro era quello che ho visto in seguito ...

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Mihajlovski…

...Poi, una giornalista con occhiali da sole sottili (gli occhiali da sole non solo erano fuori moda ma erano completamente inutili) ha chiesto i due signori in quale paese si trovavano

...Ma quanto hanno imparato bene il loro mestiere! Ogni volta quando si trattava del nostro paese oppure quando la sintassi della frase urlava richiedendo il nostro nome, loro, ovviamente in accordo fra di loro, dicevano this country oppure your country, mentre l'uno, Dio glene renda il merito, ha usato addirittura the country of your minister, che era l'apice dell'ironia che confermava noi in qualità di branco di pecore abbandonato, che poteva addirittura appartenere ad un ministro. Posso immaginare come si sentivano gli uomini in quel momento, ma era chiaro che i due se ne infischiavano.

...E forse ne avevano ragione. Loro erano coscienti di una cosa, che gli eroi erano loro perché erano loro a passare, senza nessuna fatica, attraverso il muro davanti agli occhi della platea di due milioni.

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Ivica Dzeparoski: Il ratto di Europa

La politica della carota

Quelli che hanno problemi alla vista e che faticano a leggere riviste di salute,da tempo sanno che è meglioavere in vista la natura delle cose,quando la carota si mangiaregolarmente.Per questo intere famiglie di popoli, nel vecchio mondo, tutti insieme,attingono per sradicare,come se fosse una mitica radicedelle storie della vita in comunità,l'ultima carota dalla terra desolata.

 

Ma, il succo della carota, quando è ben mischiatoe ben raffreddato,è uno dei modi meno cariper vincere la sete di visione

acuta. Sui Balcani, invece,la carota di solito viene accompagnata dal bastoneper vedere e sentire megliole richieste europee.

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Ivica Dzeparoski: Il ratto di Europa Invecchiamento

Sull'Occidente europeogli uomini vivono menodelle donne. Anche sull'Oriente europeo gli uomini vivono molto menodelle donne. Anch'io sto invecchiandocome sta invecchiandopure il vecchio continente. Per fortuna, le donneinvecchiano di pari passo, ma noi moriamo prima di loro. Cosi, sui Balcani, tutti,e vivi e morti,Diventiamo Europei.

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Lidija Dimkovska, Telecamera nascosta, Skopje, 2004

“New York City. Siamo già a New York! Lila ha cominciato a versare parole: Il sesto dente di destra mi sta pulsando mentre sto sdraiata sul prato al Central Park e cerco definizione sintetica di New York. New York, vuol dire: Parigi – Istanbul – Il vecchio bazar di Skopje – Il centro commerciale "Biser" – "Metelkova" di Ljubljana – Multiplex di Bucarest – equazione europea. Vivrò qui il proprio rinascimento? (...)

Ecco, di questo possiamo parlare con quell’Americana dagli occhi verdi e il benfatto Afro- Americano, che stanno accanto a noi sulla panchina, possiamo fargli un'intervista, ma loro parlano vivacemente di Europa, della mentalità degli Europei come miscuglio di storia, storia e solo storia. Lila rimane interdetta dall'idea che pure gli Americani hanno il loro punto di vista sull'Europa, come hanno gli Europei sugli Stati Uniti. Con tanti pregiudizi e troppi -ismi.

Dovevamo venire con Lila negli Stati Uniti per vedere l'Europa da una prospettiva inversa, dal punto di vista dell'oltreoceano, di vederla come archetipo. Vedo Lila, vorrebbe intromettersi nella loro chiacchiera, vorrebbe dirgli che pure in Europa alcuni rubinetti son fatti in maniera tale da bagnarti sempre le maniche, anche quando sono corte, ma cambia idea...

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Kitza B.Kolbe, Neve a Casablanca, Skopje, 2005

La protagonista Dina Asprova (macedone) si trova a Firenze, dove è arrivata per studiare e trovare i suoi “parenti spirituali dell’Europa “

“... quando sono fuori, faccio delle lunghe passeggiate. Per smaltire l'eccesso di adrenalina nel sangue. Lungo l'Arno. Come se io fossi mio padre, Damjan Asprov, e l'Arno fosse il Vardar, chiacchiero con il fiume. Come con un amico fedele. Comincio a non avere più voglia di rimanere qua, gli dico. Nella bellissima Firenze. Però, in eguale maniera non mi va nemmeno di tornare a Skopje. Un'impasse o, come dicono da noi, sopra è troppo alto, sotto troppo profondo. Tu sei un fiume. Tu scorri. Per te non ci sono altezze né profondità. Tu vai dove vuoi, nessuno ti può trattenere. Come faccio a capire dove io voglio fluire? Sono diventata un lago artificiale, traboccante. Sto affogando, con l'acqua alla gola. Ho paura. La mia diga, finora solida, sta per crollare. Che ne dici? Non risponde l'Arno, classicamente tranquillo. Rumoreggia il suo canto.(...) So bene quanto sia triste essere un vagabondo attraverso questa Europa occidentale...”

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Kica B. Kolbe…

“Per il Natale dell'Occidente europeo non ci sono persone infelici. Ci sono soltanto quelle sole. Come me. Che non sanno a quale luogo appartengono (...) c'è una grande confusione nel mio cuore. Trema come un piccolo polo spaurito. I profumi provengono sicuramente dal lontano sud-est europeo. Dalla mia Casablanca! Sto marciando cosi, assorta, lungo la cinta di pietre sulle rive dell'Arno. Il profumo dell'acqua del fiume comincia a trasformarsi in quello dell'acqua del Vardar. Esso suscita in me immagini di gioia, quando ero bambina. E quando passavo giornate intere sotto il ponte. Sotto la sua ombra fresca. Ecco, mi vedo, sono lὶ, sotto il ponte del Vardar. Sto mangiando grandi fette di anguria. Oppure le ciliegie, rosse come il sangue umano. Mi macchiano la metà del viso ...”

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Ivica Dzeparoski: Il ratto di Europa

UnheimlichForse è di recenteche sto nella dimora non domata (ospizio non ospitato)In quest’Europa felicesolo per paura chequello che è stato soppresso prima o poi mi tornerà ancora?(…)Giochi di ripetizione, come giochi dell’esistenzaIo ed Europa, Europa ed IoTu ed Europa, Europa e Tu.Giri da rito. Vertigine.

Un amore perfetto per la dimora non domata. (ospizio non ospitato)

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Goran StefanovskiStorie del selvaggio Est, Skopje, 2005

“Per me non basta di essere a casa in Europa, vorrei che l’Europa diventasse la mia casa!”

“Vorrei un’Europa con una mente aperta e critica. Un’Europa dove la mia diversità non sarà un problema, ma una soluzione!”