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Università Commerciale L. Bocconi – Facoltà di Economia Corso di Laurea in Economia Aziendale Analisi sistemica complessa nella realtà aziendale Lo sviluppo di un modello interpretativo e predittivo basato sulle teorie della scienza della complessità Relatore: Chiar.mo Prof. Alessandro Sinatra Correlatori: Dott. Gabriele Troilo Dott. Paolo Giudici Tesi di laurea di Giancarlo Niccolai Matricola 636209 Anno accademico 96-97

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Università Commerciale L. Bocconi – Facoltà di Economia

Corso di Laurea in Economia Aziendale

Analisi sistemica complessa nella realtà aziendale

Lo sviluppo di un modello interpretativo e predittivo basato sulle teorie della scienza

della complessità

Relatore: Chiar.mo Prof. Alessandro Sinatra

Correlatori: Dott. Gabriele Troilo

Dott. Paolo Giudici

Tesi di laurea di

Giancarlo Niccolai

Matricola 636209

Anno accademico 96-97

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare alcune persone che hanno contribuito alla stesura di questa

tesi.

Il relatore chiar.mo prof. Alessandro Sinatra, che nonostante i suoi

numerosissimi impegni è sempre stato molto disponibile, ed ha creduto nelle mie

idee anche quando non erano altro che un disegno poco nitido.

Il correlatore dott. Gabr iele Troilo, che si è prodigato ben oltre i li miti del Suo

dovere, aiutandomi a stendere la tesi in forma definitiva.

Il correlatore aggiunto dott. Paolo Giudici, che mi ha assistito nella

formalizzazione della matematica dei “grafi numerici” , offrendomi anche

l’occasione di partecipare alla giornata di studio sul tema “Metodi computazionali

per l’analisi statistica di strutture complesse.” , tenutasi il 16 gennaio 1998 alla

Facoltà di Economia dell ’Università di Pavia, per esporre i miei risultati.

Il prof. Domenico Bodega, che per primo mi incoraggiò a studiare i testi di

Morin, e che ascoltò ed apprezzò le prime idee dalle quali nacque questa tesi.

Il prof. Gianni Zanar ini, che ha cortesemente risposto ad ogni mia lettera,

chiarendomi alcuni aspetti delle sue teorie.

Il prof. Roberto Serra, che mi ha incoraggiato a proseguire lo studio della

complessità, confortandomi sulla plausibilit à delle teorie da me sviluppate.

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Il prof. Edgar Mor in, che ha gentilmente preso in visione il riassunto del

capitolo sull ’analisi sistemica complessa, dimostrandosi interessato, ed

invitandomi a tenerLo informato sul mio lavoro.

Il prof. Jhon Holland, che ha gentilmente risposto ad alcune domande sugli

studi compiuti dal gruppo di ricerca dell ’ istituto di Santa Fe.

Il dott. Alberto Bonazzi, che mi ha aiutato a formalizzare alcuni concetti

matematici presenti nella tesi.

Il prof. Donato Michele Ciffarelli , che mi ha dedicato più volte la sua cortese

attenzione.

Il prof. Gianluca Colombo, che ha gentilmente preso in visione il mio lavoro.

Il dott. Andrea Oggioni, mio compagno di studi, con il quale ho discusso

molto a lungo di complessità e di imprese, e che mi ha permesso di condurre un

dialogo costruttivo sulle tematiche da me sviluppate.

Ringrazio infine tutto lo staff del rettorato del Libero Istituto Universitario

Carlo Cattaneo, che è sempre stato estremamente disponibile.

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Analisi sistemica complessa

I

Sommario

1. Introduzione........................................................................1

1.1) Oggetto della tesi .................................................................................1

1.2) Perché studiare la complessità.............................................................2

1.3) Strategia e complessità ........................................................................5

1.4) Piano della tesi ....................................................................................9

2. I l pensiero complesso ........................................................13

2.1) Il periodo prebelli co ..........................................................................13

2.2) Gli anni cinquanta.............................................................................17

2.3) Gli anni sessanta................................................................................21

2.4) Gli anni settanta.................................................................................25

2.5) Gli anni ottanta..................................................................................32

2.6) Gli anni novanta................................................................................39

2.7) Conclusioni .......................................................................................46

3. Analisi sistemica complessa ..............................................47

3.1) La complessità...................................................................................47

3.1.1) Cosa non è complessità. ..................................................................................54

3.1.2) I sistemi complessi ..........................................................................................55

3.2) Complessità ricorsiva ........................................................................59

3.2.1) Le dimensioni della complessità......................................................................61

3.2.2) L’ irriducibil ità della complessità di base.........................................................64

3.3) Studio dei risultati ottenuti dal sistema. .............................................69

3.3.1) Il tutto è più della somma delle parti................................................................70

3.3.2) Il tutto è meno della somma delle parti ............................................................73

3.3.3) Antiemergenze e antivincoli ............................................................................75

3.3.4) Ambito di studio .............................................................................................79

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Sommario

II

3.4) Inclusione dell 'osservatore nell ’analisi ...............................................83

3.4.1) La finestra di comprensibilità..........................................................................85

3.4.2) Finestra e limiti dell'analisi .............................................................................89

3.5) Approssimazione verso sempli ficazione.............................................90

3.6) Complessità come emergenza............................................................93

3.7) Conclusione.......................................................................................95

4. Emergenze e vincoli ...........................................................99

4.1) Le emergenze sono risorse.................................................................99

4.1.1) Risorse di fiducia e di competenza................................................................103

4.1.2) Risorse materiali ed immateriali ....................................................................104

4.2) Il ruolo dei vincoli ............................................................................106

4.2.1) Effetti sulle interazioni ..................................................................................106

4.2.2) Effetti sulle risorse........................................................................................108

4.2.3) Vincoli generati da emergenze......................................................................109

4.3) Prime considerazioni sul modello 3r ................................................110

4.3.1) Esclusione dei vincoli ...................................................................................114

4.4) Conclusione.....................................................................................115

5. I grafi numerici................................................................117

5.1) Definizione di grafo numerico..........................................................117

5.2) Ipotesi particolari .............................................................................................119

5.3) Valore del nodo...............................................................................................119

5.4) Il sistema equivalente.......................................................................................120

5.5) Punto della situazione......................................................................123

5.6) Le ricorsioni.....................................................................................124

5.6.1) Raggiungibili tà.............................................................................................126

5.6.2) Sottografo.....................................................................................................127

5.6.3) Definizione di ricorsione...............................................................................128

5.7) Risoluzione del grafo numerico........................................................130

5.7.1) Analisi dei vertici..........................................................................................130

5.8) Calcolo del valore dei nodi...............................................................133

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Analisi sistemica complessa

III

5.9) Punto della situazione.......................................................................134

5.10) La funzione di correlazione ............................................................135

5.10.1) Forma anali tica della funzione di correlazione.............................................138

5.10.2) Esempio......................................................................................................141

5.11) Funzione di correlazione in forma compatta ...................................144

6. I l modello 3r .....................................................................149

6.1) Forma e scopo del modello...............................................................149

6.2) Rappresentazione degli elementi.......................................................150

6.2.1) Tipo di emergenze.........................................................................................151

6.2.2) Valore dei nodi .............................................................................................152

6.3) Morfologia dei flussi ........................................................................156

6.4) Elementi di controllo ........................................................................161

6.5) Elementi di riassunto........................................................................162

6.6) Elementi Sensori...............................................................................164

6.7) Grafi numerici e modello 3r..............................................................165

6.8) Tempo, finestre e modello 3r ............................................................167

6.9) Conclusioni ......................................................................................170

7. L ’analisi dell ’azienda......................................................171

7.1) Alla ricerca delle emergenze.............................................................171

7.1.1) Metodi di indagine........................................................................................173

7.1.2) I confini dell’analisi: gli elementi di riassunto ...............................................177

7.1.3) Le leve di azione : gli elementi di controllo...................................................180

7.2) Utili zzo del modello .........................................................................183

7.2.1) Risultati preliminari ......................................................................................184

7.2.2) Massimizzazione dell’ impatto sul grafo.........................................................185

7.2.3) Minimizzazione degli effetti sul grafo ...........................................................186

7.2.4) Massimizzazione degli effetti su date emergenze...........................................186

7.2.5) Minimizzare gli effetti su precise emergenze.................................................189

7.2.6) Considerazioni sui costi ................................................................................189

7.3) Scenari alternativi .............................................................................191

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Sommario

IV

7.4) Attuazione pratica............................................................................195

7.4.1) Gestione per controll i ....................................................................................196

8. I l caso Beta.......................................................................197

8.1) Problemi metodologici .....................................................................198

8.2) Metodo di indagine..........................................................................199

8.3) Beta informazioni commerciali ........................................................200

8.3.1) La situazione iniziale....................................................................................201

8.3.2) Finestra di comprensibil ità............................................................................204

8.3.3) Il modello di partenza...................................................................................205

8.3.4) Il modello in azione......................................................................................214

8.3.5) Conseguenze dell’analisi...............................................................................220

8.3.6) Ciò che realmente successe...........................................................................221

8.4) Conclusioni del caso........................................................................226

9. Conclusione......................................................................227

Appendice A – I l programma 3r ........................................231

A.1) La scelta del li nguaggio...................................................................232

A.2) Le funzionalità del programma........................................................233

A.3) Struttura dei dati..............................................................................234

A.4) Algoritmi principali .........................................................................234

A.4.1) Analisi del grafo ..........................................................................................234

A.4.2) Calcolo della numerica.................................................................................237

A.4.3) Funzione di correlazione..............................................................................239

A.5) Ultime note.....................................................................................251

Bibliografia..........................................................................253

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Analisi sistemica complessa

1

1. Introduzione

1.1) Oggetto della tesi

Questa tesi ha per oggetto lo sviluppo di una metodologia di analisi sistemica

applicabile alle imprese, chiamata “analisi sistemica complessa”. Tale

metodologia trae origine dagli studi sul funzionamento dei sistemi complessi, o

meglio quei sistemi che sfuggono ad un’analisi riduttiva e deterministica. Sarà

nostro compito spiegare il significato dei termini di “complessità” e “sistema

complesso” . Dimostreremo quindi che le imprese, e le aziende nella loro

accezione di “ordine economico di istituto” , possono configurarsi come sistemi

complessi.

Stabili to ciò, la tesi svilupperà l’analisi dei sistemi complessi, seguendo

quanto assodato dalla teoria sviluppata sull ’argomento; l’analisi sarà adattata al

fine di renderla un utile strumento al supporto della definizione di un strategia, e

della gestione strategica. Tale adattamento darà origine ad una metodologia

chiamata “analisi per emergenze”, il cui risultato sarà quello di generare un

modello rappresentativo dell ’ impresa analizzata detto “modello relazioni risorse-

risultati” .

Esemplificheremo infine la generazione e l’applicazione del modello per un

caso aziendale, dimostrando il funzionamento del modello 3r e le differenze, in

termini di vantaggi e svantaggi, rispetto ai metodi di analisi e di previsione

classici.

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Introduzione

2

L’obbiettivo della nostra tesi è dunque, in termini minimi, verificare se sia

possibile sviluppare un modello analiti co basato sulla scienza della complessità

adatto all ’applicazione in impresa.

1.2) Perché studiare la complessità

Esistono innumerevoli modelli analiti ci, basati sui più disparati impianti

concettuali , all ’ interno delle discipline economiche. In particolare, l’economia

aziendale è ricca di forme analiti che sviluppate dalle diverse correnti che si sono

susseguite; a solo titolo di esempio possiamo citare il paradigma struttura-

condotta-performance proposto dagli strutturalisti della metà del secolo, oppure

la matrice tasso di crescita/quota di mercato proposta dal BCG, o i modelli del

settore allargato e della catena del valore introdotti da Porter (1982, 1995).

Qualsiasi approccio analiti co ha riconosciuto un proprio ambito di

applicazione nel quale è stato in grado di chiarire rapporti causali prima oscuri;

alcuni modelli sono stati superati da loro evoluzioni, altri hanno ridimensionato il

loro ruolo esplicativo ad ambiti specifici. Ad esempio, i modelli di pianificazione

strategica, che prima degli anni ’70 erano considerati indispensabili a spiegare e

provocare il successo delle grandi imprese multinazionali , hanno ceduto parte del

loro dominio intellettuale a nuove forme di modelli i nterpretativi e normativi,

come quelli di qualità totale, o come la visione basata sulle risorse, oppure come

i modelli sviluppati autonomamente dalle imprese giapponesi.

Questo processo di “marginalizzazione” delle conoscenze prima ritenute

centrali è stato presente fin da quando la scienza economica ha avuto origine.

Così i primi modelli mi croeconomici ricardiani sembravano adatti a spiegare il

funzionamento del sistema economico al tempo di Ricardo, ma si rivelarono

inadatti, o meglio, incompleti, nel secolo successivo. Anche le teorie economiche

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Analisi sistemica complessa

3

keinesiane permisero di gestire con successo la profonda crisi statunitense degli

anni ’30, e di costruire un forte sistema economico a livello mondiale negli anni

successivi al secondo grande conflitto.

Questo fenomeno di continua riduzione delle potenzialità esplicative delle

precedenti teorie in campo economico è ben indicato da Minzberg (1994:206):

“For much as planning writers have been inclined to describe their own age as

turbulent, so too have they been equally incline to dismiss the previous one as

stable (the same one their predecessors found turbulent).1”

Mintzberg si riferisce ai modelli di pianificazione strategica, ma il fenomeno

individuato è valido per qualsiasi tipo di teoria economica. Anzi, possiamo

vedere come in ogni scienza si sia assistito ad un ridimensionamento del ruolo

dei paradigmi dominanti, quando questi si sono scontrati con realtà che non erano

completamente in grado di spiegare. Così, la meccanica newtoninana è stata

considerata come quanto di più vicino ci fosse alla spiegazione della realtà fisica

per quasi duecento anni. Quando Einstein sviluppò la sua teoria della relatività in

base al “disagio” provato nei riguardi delle spiegazioni dei fenomeni fisici nelle

particelle elementari, nel modo in cui queste erano proposte dalla meccanica

classica, il ruolo del paradigma allora dominante si ridimensionò: si comprese

che la meccanica classica poteva ben spiegare le leggi locali della realtà visibile,

ma non era in grado di spiegare la struttura dello spazio e del tempo, o il moto e

la natura delle particelle elementari (cfr. Einstein, 1997:36).

Che cos’è che determina la “turbolenza” ambientale che inevitabilmente mette

crisi le teorie economiche? Qual è quell ’aspetto della nostra realtà che sfugge da

sempre ad una riduzione concettuale, che muta nel momento in cui crediamo di

1 Traduzione: “Così come gli scrittori della [teoria della] pianificazione sono stati inclini a descrivere la loro epoca

come turbolenta, allo stesso modo sono stati inclini a liquidare quella precedente come stabile (la stessa che i loro

predecessori avevano trovato turbolenta).” Corsivo nel testo.

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Introduzione

4

averla definitivamente “costretta” in una rigida gabbia di regole e rapporti causa

effetto?

La parola chiave per comprendere questo fenomeno è complessità. Per il

momento non daremo una definizione del termine; in questo paragrafo

introduttivo faremo riferimento al senso comunemente attribuito all ’ idea di

complessità. L’ambiente economico è turbolento perché è complesso. Ogni volta

che vengono formati modelli concettuali che sempli ficano la realtà, si tenta di

prevedere il comportamento degli enti che compongono il reale in base alle

“regole” dedotte. Fino a che le sempli ficazioni rimangono valide, fino a che il

mondo fenomenico non manifesta una variabilit à tale da mettere in crisi le ipotesi

sulle quali si basa la sempli ficazione, allora le previsioni sono corrette. Quando

invece la realtà esce dagli schemi interpretativi imposti dagli osservatori, ecco

che le previsioni si rivelano errate; ciò produce un disagio negli studiosi che si

risolve nel fenomeno di continua marginalizzazione dei paradigmi scientifici

dominanti.

Il motivo che spinge allo studio della complessità è appunto l’ individuazione

di questo fenomeno. Ogni volta che definiamo una regola, questa dimostra

inevitabilmente di non essere adatta a spiegare tutto. Una disciplina relativamente

nuova, la scienza della complessità, tenta di comprendere questo fenomeno.

Cerca di capire come sia possibile dialogare con il complesso senza imporre

schemi esplicativi rigidi, basati su una indebita restrizione delle possibilit à di

espressione fenomenica del reale. Usando una terminologia cara all ’economia

aziendale, la scienza della complessità cerca di imparare le regole della

turbolenza.

Tra le discipline che fanno capo all ’economia aziendale, la strategia è certo

quella che deve tenere in maggiore considerazione gli effetti delle turbolenze

ambientali . Per questo è necessario che gli studi di strategia si occupino del

fenomeno della complessità: l’ambiente, ossia quel sistema di relazioni e di

interlocutori che interagiscono con l’ impresa, è un fenomeno complesso. Non si

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Analisi sistemica complessa

5

può commettere l’errore di spiegare l'influenza di un certo fenomeno su alcuni

aspetti della realtà senza riferirsi alle discipline che studiano il fenomeno in se’ .

Così, non possiamo approcciare la finanza aziendale senza uno studio profondo

della matematica finanziaria. Allo stesso modo, non è corretto accostarsi

all ’analisi del consumatore senza interpellare la psicologia. Egualmente, non

possiamo studiare l’ambiente senza conoscere la scienza della complessità.

Siccome esiste un ampio vuoto di lavori che prendano in considerazione

l’economia aziendale (e la strategia in particolare) da una parte e la scienza della

complessità dall ’altra, se non per qualche contributo importante ma circoscritto

che verrà citato, sarà nostro compito formulare una nozione di complessità che

possa essere adatta a spiegare il mondo fenomenico che la strategia d’ impresa

incontra nella propria operatività. Anche se lo scopo primo della tesi è quello di

sviluppare uno strumento adatto al supporto decisionale in ottica strategica, non

potremo prescindere da considerazioni di ordine generale in campo

epistemologico. In poche parole questo sarà un lavoro sulla strategia e sulla

complessità. Vediamo ora di delucidare questa scelta.

1.3) Strategia e complessità

Il termine “strategia” senza una definizione rigorosa è ambiguo. È infatti

possibile individuare diversi significati ad esso associati (Mintzberg, 1994:23-

29):

Per alcuni è un piano: la strategia non sarebbe altro che un semplice piano,

una dettagliata descrizione delle procedure da mettere in atto al fine di

raggiungere un determinato scopo

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Introduzione

6

Per altri è un tessuto: si tratterebbe dell ’organico sviluppo delle azioni nel

tempo. Un’ insieme di azioni coerenti, tendenti al perseguimento di un dato fine,

sarebbe una strategia.

Per altri ancora è una posizione: si tratterebbe cioè di una scelta ragionata del

posizionamento strategico dell ’ impresa nel mercato. La posizione si

concreterebbe nella scelta di un modello competitivo basato sulla cost leadership,

o nell ’adottare piuttosto strategie di differenziazione o di nicchia. Quindi

verrebbe la scelta del posizionamento dell ’offerta rispetto ai gusti della domanda.

C’è chi vede la strategia come una prospett iva: si tratterebbe di un punto

prospettico obbiettivo, di una visione di un preciso futuro e della strada da

intraprendere per raggiungerlo.

Infine c’è chi vede la strategia come una manovra, ossia come una serie di

azioni studiate specificatamente per “battere” determinati avversari.

Mintzberg segnala che queste definizioni di strategia devono essere integrate:

nessuna è suff iciente a definire correttamente la strategia in generale e quella

aziendale in particolare. È necessario considerare queste definizioni

contemporaneamente per ottenere una definizione di strategia. Inoltre, è

necessario prendere atto del fatto che oltre ad una strategia deliberata, voluta dai

dirigenti di una data impresa, esiste una così detta “strategia emergente”, ossia

una forma di rapporto tra l’ impresa ed il suo ambiente non prevista da alcun

decisore specifico, ma risultante dall ’azione di tutti i membri dell ’organizzazione

(p. 24).

Sinatra (1994) afferma che esistono diversi l ivelli di strategia; un primo

livello sarebbe costituito dalle strategie competitive, ossia dalla “determinazione

dell ’equili brio strutturale dell ’ impresa rispetto ai suoi mercati” (p. 24). In questo

primo livello potremmo far rientrare tutti i tipi di strategie indicate da

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Analisi sistemica complessa

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Mintzberg2. Un secondo livello di strategia sarebbe da individuare nelle modalità

di formazione della strategia di li vello inferiore. Così, il processo tramite il quale

l’azienda deciderà come posizionarsi (strategia di primo livello) è una

“metastrategia” (strategia di secondo livello), che può essere formalizzata o

emergere liberamente. In quest’ottica, la gestione strategica è una metastrategia

formalizzata. Infine, Sinatra individua un terzo livello che chiama architettura

del sistema, che è sostanzialmente l’ indirizzo fondamentale che avranno i

processi di generazione delle strategie (secondo livello) e l’ insieme delle scelte

competitive (primo livello). Le strategie adottate nei diversi l ivelli vengono

chiamate rispettivamente strategie di sistema, di processo e di asseto.

Sinatra individua dunque quattro “archetipi strategici” fondamentali , ossia

quattro strategie di sistema:

• Ottimizzazione: l’archetipo che da origine a comportamenti tesi a

conformare il più possibile le strutture dell ’ impresa al suo ambiente,

tentando di sfruttare le proprie competenze per massimizzare il rapporto tra

risorse (economiche) utili zzate e risultati (economici) ottenuti.

• Collusione: l’archetipo che genera strategie nelle quali prevalgono

comportamenti di collusione con i competitori, il mercato, il potere

politi co, o con l’ambiente di riferimento in generale

• Flessibilità: l’archetipo che crea strategie tese all ’adattamento dell ’azienda

ad un ambiente mutevole. Chi adotta questo archetipo lotterà per adeguarsi

alle continue variazioni del proprio ambiente.

2 Può sembrare che l’ idea di “strategia come prospettiva” individuata da Mintzberg sia una metastrategia. Ciò è dovuto

ad un equivico; non bisogna confondere la “strategia come prospettiva” intesa da Mintzberg con l’ idea di visione strategica.

La visione è una forma di metastrategia, un modo tramite il quale le strategie concrete possono emergere. La prospettiva

intesa da Mintzberg è invece un piano flessibile per il futuro, un modo di dirigere l’azienda, di confrontarsi con il proprio

mercato. Si tratta quindi di una strategia di primo li vello.

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Introduzione

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• Innovazione: l’archetipo che genera strategie votate alla creazione di nuovi

ambienti di riferimento. Chi adotta questo archetipo decide coscientemente

di introdurre nuova variabilit à nell ’ambiente, tenta di cambiare le “regole

del gioco competitivo” a proprio favore.

Sinatra e Mintzberg riferiscono i loro concetti di strategia e di archetipo ad un

ambiente la cui turbolenza (complessità) è variabile. Entrambi sostengono che

non esiste una strategia migliore in assoluto, o un archetipo che può essere

adottato vantaggiosamente in ogni caso. La strategia, a qualsiasi li vello, deve

essere sempre commensurata alla complessità dell ’ambiente. Ciò è comune

anche ai sostenitori del precedente paradigma struttura-condotta-performance, ma

qui esiste un importante elemento di novità: l’ impresa può essere protagonista

della complessità ambientale che sperimenta. Non è sempre possibile, e non è

sempre necessario, ma l’ impresa può tentare di guidare la complessità

dell ’ambiente (del quale fa parte) in modo che questo si comporti favorevolmente

ad essa. Ragionano così le imprese che adottano archetipi collusivi o innovativi,

o che sviluppano strategie come tessuti o prospettive.

Questo è il motivo che ci spinge a studiare la complessità assieme alla

strategia. È necessario comprendere come agiscono i meccanismi della

complessità3 per capire come le strategie possano influenzarli . La pericolosa

navigazione attraverso la complessità ambientale, lasciata fino ad oggi nel

dominio dell 'intuizione, potrà trovare una base scientifica. Ma è importante

premettere che la scienza della complessità non consentirà di ottenere soluzioni

(falsamente) rigorose; i risultati delle analisi saranno un valido supporto al lavoro

prettamente intellettuale della formazione di una strategia, non un tentativo di

3 Il termine “meccanismo della complessità” non è corretto. La complessità non può avere meccanismi, ossia regole

semplici ed automatiche sempre applicabil i. Il termine è dato a titolo di esempio, di analogia molto larga, per permettere a

chi non si è ancora addentrato nella scienza della complessità di avere una prima immagine su cui basare le proprie

riflessioni.

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Analisi sistemica complessa

9

sostituirsi integralmente al processo di formazione. Questo è il motivo per il

quale affermiamo che la tesi svilupperà uno strumento di supporto alle decisioni,

e non un modello-macchina per creare strategie.

1.4) Piano della tesi

Nei capitoli seguenti disegneremo un percorso ideale attraverso la scienza

della complessità. Il nostro obbiettivo è la formulazione di un modello analiti co

capace di spiegare le dinamiche della vita dell 'impresa, e che possa servire da

strumento di supporto alle decisioni del management. A questo fine, compiremo

diversi passaggi, ognuno dei quali i nteramente racchiuso da un apposito capitolo.

Il primo passo sarà studiare l'evoluzione del pensiero complesso, ossia di

quella corrente di pensiero che ha dato origine alla scienza della complessità. Si

tratterà di un cenno relativamente breve, non facendo direttamente parte

dell 'obbiettivo della tesi.

Nel terzo capitolo svilupperemo la metodologia analiti ca che servirà da base al

modello interpretativo. L'analisi sistemica complessa (questo sarà il suo nome)

descriverà il modo nel quale è necessario intraprendere l'analisi di un fenomeno

che consideri la complessità come parte integrante di ciò che si indaga. Questa

metodologia verrà tratta dagli i nsegnamenti della scienza della complessità,.

integrando il contributo di diversi autori e di diverse correnti di pensiero.

Il quarto capitolo sarà dedicato ad una disamina più approfondita di quanto

rilevato nella parte precedente. Vedremo nel dettaglio le categorie di analisi che

verranno poi utili zzate nel modello relazioni-risorse-risultati. Introdurremo tale

modello, spiegando quale sarà la sua forma analiti ca e le sue potenzialità.

Dovremo quindi effettuare una pausa al fine di descrivere gli strumenti

matematici necessari all 'uso del modello. Il quinto capitolo è dedicato ai grafi

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Introduzione

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numerici, un'estensione della teoria dei grafi, da noi sviluppata, che consente di

trattare in maniera semplice grandi quantità di variabili. Senza tali strumenti,

l'utili zzo del modello (che assume la forma di grafo) sarebbe estremamente

oneroso.

Il sesto capitolo disegnerà nei dettagli il modello 3r. Qui vedremo come tale

modello è strutturato e quali compiti è in grado di svolgere.

Il capitolo successivo sarà centrato sull 'analisi delle imprese. Vedremo qui

come usare il modello 3r per condurre un'analisi complessa di una data realtà

imprenditoriale. È necessario premettere che la trattazione non sarà completa,

essendo marginale rispetto agli scopi della nostra tesi; non è nel nostro obbiettivo

descrivere come usare il modello; la trattazione sarebbe però parziale e carente se

questo problema non venisse affrontato. Il capitolo mostrerà (a grandi li nee)

come condurre un'analisi complessa nell 'impresa, e come usare il modello 3r

estratto tramite l 'analisi. Ciò allo scopo di dimostrare l'adattabilit à del modello

all 'impresa.

L'ottavo capitolo presenterà un caso aziendale, dove le nozioni e le teorie

sviluppate lungo tutto l'arco della tesi troveranno un'esempli ficazione. L'esempio,

tratto dalla viva testimonianza di un'impresa di medie dimensioni, dovrà

dimostrare le potenzialità, i li miti ed il modus operandi dell 'analisi sistemica

complessa in generale, e del modello 3r in particolare.

Trarremo dunque le conclusioni del nostro lavoro, rivisitando quanto è stato

fatto ed individuando possibili aree di ulteriore studio ed approfondimento.

Infine è presente un'appendice che ill ustra come scrivere un software per

l'analisi dei modelli 3r. Per provare la validità del modello è stato necessario

scrivere un programma applicativo in grado di eseguire molto rapidamente una

grande quantità di calcoli e di analisi. Solo in questo modo è stato possibile

verificare la validità intrinseca delle ipotesi assunte. Il programma sviluppato è

stato poi utili zzato per analizzare i dati del caso aziendale trattato. La tesi sarebbe

incompleta senza un'appendice che spieghi come ciò è stato realizzato, e che

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Analisi sistemica complessa

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possa servire da guida a chiunque voglia scrivere un programma per il calcolo

secondo il modello 3r.

Essendo la tesi centrata su argomenti aventi un certo grado di novità, sarà

necessario introdurre alcuni neologismi, come "analisi sistemica complessa",

"grafo numerico", "antiemergenza"; si tratta di una necessità oggettiva, dalla

quale è impossibile sottrarsi.

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Analisi sistemica complessa

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2. Il pensiero complesso

Fin dai primissimi anni sessanta, l’ idea di “complessità” ha iniziato ad

apparire in vari scritti riguardanti diverse discipline. In questo capitolo

cercheremo di indagare come si sia evoluto il pensiero “complesso” , ossia come

siano state variate le nozioni di complessità e come questo concetto si sia

sviluppato, fino ad assumere il senso che le abbiamo dato in questa tesi.

Lo scopo del capitolo è quello di dare un’essenziale panoramica

sull ’evoluzione del pensiero complesso, principalmente in campo economico.

Non tratteremo a fondo l’argomento, ma cercheremo di dare un significativo

sguardo d’ insieme al modo nel quale si è giunti a concepire l’ idea di complessità.

2.1) Il periodo prebellico

Prima degli anni cinquanta del nostro secolo, in economia, in sociologia e

persino nell ’epistemologia, non si era giunti ad una formalizzazione del concetto

di complessità. Il pensiero scientifico si sviluppava piuttosto su strade molto

differenti rispetto alle linee guida di ciò che sarebbe poi diventata l’epistemologia

della complessità: la ricerca della semplicità. Il dogma dominante ed

onnipresente era la ricerca dell ’atomos, dell ’elemento minimo, costituente, della

legge elementare dalla quale si potesse spiegare ogni costruzione universale

(Morin, 1990: 6-9)

Tuttavia, nonostante questa tendenza generale, alcuni studiosi isolati avevano

percepito l’ inadeguatezza di un tale riduzionismo nel tentativo di spiegare i

fenomeni reali . In particolare, in economia, già alla fine del secolo scorso,

l'economista austriaco Menger intuì che non era possibile ridurre il

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Il pensiero complesso

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comportamento di un intero sistema economico al semplice raggiungimento di un

equili brio statico descritto da poche equazioni li neari. Menger diede il via a

quella che venne poi chiamata “economia austriaca”, della quale Kirzner ci da la

seguente descrizione:

First it was identified as the subjectivist school (sometimes […] thiswas expressed by the reference to the ‘psychological method’), in thatits theories placed prime emphasis upon the subjective preferences ofthe consumer (rather upon the objective condition governingproduction). Second, the Austrian school was identified as theoreticalschool, parented with the narrowly descriptive studies of the historicalschool, and eager to demonstrate the validity of economics laws whichtranscend the particularities of time, place, and institutionalcircumstance1. (Kirzner, 1993: 23)

La figura guida di Menger ispirò la scuola Austriaca, che sarebbe diventata

per breve tempo il centro del pensiero economico mondiale. Il cuore delle teorie

di Menger viene riportato da Kirzner:

Certainly the central message which Menger sough to convey was thesubjective character of the fundamental elements in economictheorising, such as ‘goods’ , resources, ‘structure of production’ . ForMenger those ideas are not to be understood as inhering in economicobjects themselves, but emerging from the attitudes towards theeconomic objects of valuing and acting of uman beings2. (Kirzner,1993: 25)

Menger quindi ipotizzò che qualsiasi oggetto considerato dall ’economia non

fosse frutto di una realtà esistente al di fuori di ogni contesto, ma bensì

1 Traduzione: primariamente fu identificata come la “scuola soggettivistica” (qualche volta era indicata con il termine

“metodo psicologico” ), per il fatto che le sue teorie ponevano un’enfasi primaria sulle preferenze soggettive del consumatore

(piuttosto che sulle condizioni oggettive di produzione). Secondariamente, la scuola Austriaca fu identificata come la

“scuola teoretica”, imparentata con gli studi strettamente descrittivi della scuola storica [di origine tedesca], tendente a

dimostrare la validità di leggi economiche che trascendono le particolarità del tempo, del luogo e delle circostanze

istituzionali.

2 Traduzione: certamente, il messaggio principale che Menger tentò di convogliare fu il carattere soggettivo degli

elementi fondamentali della teorizzazione economica, come i “beni” , le risorse, la “struttura di produzione” . Per Menger tali

idee non devono essere interpretate come oggetti economici a se stanti, bensì come emergenti dalle attitudini verso gli

oggetti economici delle valutazioni ed azione degli esseri umani.

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Analisi sistemica complessa

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un’astrazione, una creazione della psicologia degli attori economici, e dell ’agire

sociale di questi. Era un concetto talmente evoluto che i suoi contemporanei non

lo capirono; solo i suoi diretti studenti proseguirono la ricerca tenendo ferme

queste assunzioni. Passando di generazione in generazione, gli economisti della

scuola austriaca si uniformarono a quella che poteva essere chiamata la

mainstream economics, fino a essere considerati, all ’ inizio della seconda guerra

mondiale, cavalieri di un ordine ormai estinto (Kirzner, 1993). Solo molto più

tardi, verso gli anni ‘70- ‘80 la scuola Austriaca si animerà di nuova vita,

riscoprendo le ipotesi di Menger, ed in particolare il metodo di analisi dei

processi economici, contrapposto all ’analisi degli equili bri proposta

dall ’economia classica.

Negli anni trenta la scuola austriaca perse le ultime forze che la animavano.

Questo fu dovuto in parte al clima imposto dal regime nazista; proprio mentre

Hayek e molti altri promettenti studiosi della scuola austriaca stavano iniziando a

comprendere la forza e la novità delle idee di base dell ’approccio soggettivista, il

nazismo impose il proprio monopolio culturale sull 'area germanica, cosa che

costrinse eminenti scienziati alla fuga (Keizer & Tieben, 1997: 6-12). Ma gli

economisti esuli , al contrario di molti altri scienziati, non trovarono un terreno

particolarmente fertile per le loro teorie. In particolare, le teorie soggettiviste di

Hayek furono inizialmente oscurate dal successo dell ’economia keinesiana, nata

nello stesso periodo in Inghilterra.

Anche la teoria evoluzionista, nata con Schumpeter nei primi anni del secolo,

dimostrava una certa insoddisfazione di fondo verso le teorie economiche di

equili brio statico. Così, Schumpeter esprime il suo disagio:

Come i classici, [Warlas] avrebbe fatto eccezione [alle teorie statiche]per l’aumento del risparmio e della popolazione, ma avrebbeintrodotto una variazione nei dati del sistema, e non un qualche nuovofenomeno. Io avvertivo chiaramente che ciò era errato e cheall ’ interno del sistema economico esisteva una fonte di energia che diper se stessa disturberebbe qualsiasi equilibrio che potesse essereraggiunto. (Schumpeter, 1971).

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Il pensiero complesso

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A parte la parentesi costituita dalla scuola Austriaca e dal pensiero di

Schumpeter, prima degli anni ’50 il panorama del pensiero economico risultò

assai aderente ad un paradigma sempli ficatore, uniformante, che tentò di ridurre

al semplice ogni manifestazione complessa del reale.

In altre aree del pensiero scientifico si era però mosso qualcosa. Nel 1920, il

logico e filosofo polacco Jan Lukasiewicz gettò le basi di quello che sarebbe poi

diventata la "fuzzy logic". Egli suppose l'esistenza di un terzo livello logico;

inserì tra il vero ed il falso, anche il probabile, equidistante dai due precedenti

livelli . Così se diciamo che "è probabile che domani nevicherà" è

un'affermazione vera, dobbiamo anche sostenere che "è probabile che domani

non nevicherà" è anch'essa vera, ed equivale alla frase precedente. Si ha quindi

un valore logico intermedio tra vero e falso, una "sfumatura". Presto l'estensione

di questo concetto portò ad una "logica multivalore", dove tra gli estremi di

falsità e verità vi erano diversi valori intermedi, sfumati (McNeill & Freiberger,

1993:29-32). Avere a disposizione una logica che non distingue solo tra vero e

falso, e di conseguenza una forma di pensiero che non riduce tutto ad una

precisione totalizzante, ma accetta sfumature ed incertezze, costituisce una

premessa importante al pensiero complesso.

La teoria della relatività generale e le teorie della meccanica quantistica

avevano aperto un'altra breccia nel pensiero tradizionale. Non tanto nella loro

forma canonica, estremamente formale, ma nelle conseguenze epistemologiche:

il fatto che si fosse dimostrato dall 'interno delle scienze "dure" che non esisteva

un concetto di assoluto, e che l'intima struttura dell 'universo era regolata da leggi

casuali (e non deterministiche come si era sperato fino ad allora) avrebbe

permesso, in tempi più recenti, l'evolvere di un nuovo modo di vedere il mondo.

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Analisi sistemica complessa

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2.2) Gli anni cinquanta

Il decennio postbelli co, si caratterizzò per un’enorme stabilit à di equili bri

politi ci, economici e mil itari a livello globale; il mondo viveva in un clima di

cristalli zzazione delle forze, caratterizzato dall ’apparizione delle due

“superpotenze”. Nel dopoguerra, i paesi che avrebbero giocato un ruolo

fondamentale nell ’economia mondiale languivano nel tentativo di ricostruzione,

soprattutto agli i nizi del decennio; era impensabile che paesi prostrati come

Giappone, Germania e Italia (e forse possiamo includere in questo gruppo anche

la Francia e l’ Inghilterra) fossero in grado di reagire diventando una seria

minaccia al bilanciamento dell ’equilibrio mondiale basato sul bipolarismo tra

Stati Uniti ed Unione Sovietica. Era prevedibile che “nessun paese [dell ’Europa

occidentale], avrebbe potuto farcela da solo a risali re la china; nemmeno la Gran

Bretagna, che pure figurava tra le potenze vincitrici, che aveva dalla sua il

sistema economico più sviluppato.” (Castronovo, 1995: )

Tuttavia, grazie all ’ intervento degli Stati Uniti , già agli i nizi degli anni

cinquanta, il tasso di incremento del PIL era a livelli prebelli ci un po’ ovunque,

ove non era addirittura superiore a quello registrato nel ‘38. Ciò era dovuto al

fatto che in tutti i paesi d’Europa, le forze produttive (industriali , artigiani,

professionisti, ma anche agricoltori ed operai) avevano alacremente lavorato alla

ricostruzione di quanto era stato distrutto. I piani di finanziamento statunitensi

avevano permesso alle economie locali recuperare il terreno perduto; questo

primo slancio ricostruttivo aveva messo in moto un circolo virtuoso di

produzione/consumo. Il ciclo si sarebbe però preso arrestato, se non fosse stata

realizzata l’unione doganale per il commercio del carbone e dell ’acciaio nel

1951, trasformatasi poi nel MEC, nel 1958. La creazione di un grande mercato

ove era possibile raggiungere in maniera quasi diretta trecento mili oni di

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Il pensiero complesso

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consumatori aveva consentito allo slancio iniziale, teso alla ricostruzione, il

proseguimento su basi stabili e durature.

Il quadro storico di quegli anni ci aiuta a comprendere come sia stato possibile

per gli studiosi di allora concepire una realtà semplice e facilmente gestibile.

L’ottimismo e la fiducia di quel periodo non erano le uniche motivazioni che

spinsero gli studiosi a credere di avere a che fare con un mondo grosso modo

prevedibile; anche il successo delle politi che economiche internazionali e

nazionali contribuirono a creare questa sensazione di “onnipotenza previsiva”. In

un certo senso, tutto andava bene, secondo i piani, l’Europa ed il Giappone

stavano uscendo dalla crisi nella quale la guerra li aveva precipitati, ed avrebbero

restituito i prestiti forniti dagli Stati Uniti , come programmato. Per essi avrebbero

rappresentato un importante mercato di sbocco; la domanda interna USA era

infatti stagnante ed incapace di supportare la produzione del paese, abituata a

ritmi sostenutissimi dallo sforzo belli co.

L’altro blocco, quello sovietico, diffondeva nel mondo messaggi di solidità e

sicurezza. In quell ’epoca, il sistema sovietico ed i paesi alli neati ad esso erano

sicuramente forti dal punto di vista economico e produttivo. La programmazione

economica adottata in quei paesi, contrapposta ai meccanismi di mercato

occidentali , si era rivelata eff icace per risolvere i problemi postbelli ci dei paesi

dell ’Europa dell ’est; inoltre pareva essere valida in generale, a prescindere da

considerazioni ideologiche o politi che, come alternativa ad un’economia di

scambio.

Non sorprende che in un clima di “programmazione” generale si sia pensato di

poter indagare qualsiasi sistema con metodi matematici e scientifici. Allora il

sogno di trovare la relazione elementare, il mattone logico su cui si basa ogni

meccanica universale, la pietra filosofale della scienza, era ancora vivo; anzi

forse quello fu il periodo durante il quale l’ ill usione di creare una scienza

“semplice e globale” ebbe il suo massimo momento di fulgore.

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Analisi sistemica complessa

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L’ idea di complessità ancora non esisteva. I testi che parlano di complessità,

intendono questa come stratificazione e retroazione di fenomeni semplici. È del

’48 l’avvio della disciplina cibernetica3, e del ’50 il l avoro di Turing

sull ’ intell igenza artificiale4. La fiducia totale, forse eccessiva, nelle capacità

esplicative della scienza non era giustificata soltanto dall ’ambiente storico,

politi co, economico e culturale “semplice” del periodo; era più che altro ispirata

dal clima di euforia generato dai successi della scienza stessa nel creare mezzi di

produzione, macchine milit ari, strumenti di politi ca economica e di finanza

internazionale, ed addirittura di dominare le forze elementari della materia (gli

atomi).

Così la realtà divenne semplice, e si pensò che qualsiasi complessità fosse

riducibile ad un insieme di costituenti elementari, turbati nel loro operare da

“piccoli ” disturbi ambientali .

Eppure, in questo clima di infinita fiducia nella razionalità e nei metodi

deterministico-quantitativi, nascevano i primi tentativi di capire la complessità.

Le Moinge (1985:85) scrive:

3 È del 1948 il lavoro di Norbert Wiener “Cybernetics” . A lui va il merito di aver coniato il termine “cibernetica” per

individuare la disciplina del “calcolo dei pensieri” .

4 Nel 1950 Alan Turing dichiarò che un giorno sarebbe stato possibile creare un computer con la stessa capacità

intellettiva di un essere umano, e che sarebbe stato possibile verificare il comportamento intelli gente di tale macchina

tramite un semplice test: un umano sarebbe stato messo di fronte a due terminali, uno dei quali collegato ad un altro

terminale, ove si sarebbe seduto un ricercatore, e l’altro collegato al computer. Il soggetto dell ’esperimento avrebbe posto

domande di qualsiasi genere, a sua discrezione, digitandole su entrambi i terminali. Se dopo un certo numero di domande la

persona non fosse stata in grado di distinguere le risposte del ricercatore da quelle fornite dal computer, si sarebbe potuto

dire che la macchina avrebbe “superato il test di Turing” , ossia avrebbe manifestato un comportamento intell igente. Questa

visione comportamentista dell ’ intelligenza si rivelò poi assai limitata. Innanzi tutto, se per la teoria informatica non è

impossibile programmare un computer in modo che risponda correttamente a qualsiasi domanda, dal punto di vista della

programmazione è un problema irresolubile. Inoltre, anche ammesso che ciò sia effettivamente reali zzato in un lontano

futuro, la semplice risposta pertinente a domande qualsiasi non implica quella scintil la di autoreferenzialità che è insita nel

pensiero umano. La simulazione di comportamenti intelligenti non è intelli genza; è simulazione.

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Il pensiero complesso

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La frattura [tra pensiero complesso e pensiero riduzionista] è recente,e del resto è ancora contestata almeno nella sua importanzapropriamente scientifica. Ognuno è d'accordo (retrospettivamente) afarla risalire al 1947, data della comparsa di un articolo, oggi celebre,di W.Weaver, dal titolo effettivamente premonitore: Scienza ecomplessità. […] Non è forse stato necessario attendere la progressivamaturazione della Scienza dei sistemi e delle "Nuove Scienze" [comela cibernetica, la biologia, le scienze cognitive ecc…] che a poco apoco essa accorpava, perché il testo di W. Weaver incontrasse, apartire dal 1968 (vent'anni dopo!), l'interesse e l'attenzione che gliriconosciamo oggi?

La cibernetica si confrontò in quel periodo con un problema epistemologico di

primaria importanza: studiando il comportamento dei sistemi “computazionali ” ,

cercò di comprendere la computazione biologica. In altri termini, alla fine degli

anni '50 la cibernetica cercò di modellare il pensiero, nelle forme inferiori

(animali ) come in quelle superiori (umane). L’ incredibile diversità di

comportamento dei sistemi computazionali biologici, anche quelli più semplici,

rese necessario un cambiamento radicale nell ’epistemologia della cibernetica;

mentre prima questa si era uniformata al paradigma sistemico, secondo il quale

era possibile dedurre il comportamento di un sistema dalla disposizione e dalla

natura dei suoi elementi, ora si rendeva necessaria una nuova procedura

interpretativa. Prendendo per esempio i sistemi neurali , ci si era accorti che

questi erano formati da un enorme quantità di elementi che operano

computazioni relativamente semplici ed omogenee. In sostanza tutti i neuroni si

comportano allo stesso modo. Ciò fece intuire ai cibernetici ed ai biologi che la

ragione della complessità delle computazioni mostrate dai sistemi biologici

doveva dipendere dall ’organizzazione degli elementi di tali sistemi. Ma l’elevata

numerosità degli elementi rendeva impossibile l’approccio sistemico

tradizionale, ossia la comprensione del funzionamento di un sistema a partire

dall ’analisi delle sue parti. La risposta dei cibernetici fu un totale cambio di

direzione in campo epistemologico:

il secondo tipo di approccio capovolge la procedura e parte da unsistema dato, o meglio da una classe di reti delle quali si conosce

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Analisi sistemica complessa

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l’organizzazione solo in modo incompleto: da questo punto dipartenza si cerca di studiare sperimentalmente che tipo di proprietà èin grado di evolvere. (Ceruti, 1989)

Nel 1955 Jean Piaget fondò a Ginevra il Centro Internazionale di

Epistemologia Genetica, mentre l’anno successivo Foerster creò all ’Università

dell ’ Ill inois il “Laboratorio di Computazione Biologica”; lo scopo di entrambe

queste istituzioni era quello di sviluppare il nuovo metodo di indagine, che

avrebbe dato origine a quella che viene oggi chiamata seconda cibernetica. Lo

scopo di tale metodo era quello di scoprire il comportamento dei sistemi viventi

immersi in un ambiente incerto.

Così, mentre l’economia, i governi e le imprese si rinchiudevano in un mondo

di perfezione matematica autocostruito, c’era chi già studiava come la natura,

l’evoluzione, avevano risolto il problema di vivere in un ambiente mutabile,

erratico, instabile, spesso minaccioso e generante forze molteplici e spesso

contraddittorie; in una parola, complesso.

2.3) Gli anni sessanta

Nel 1968, Forrester scrisse:

“Attorno ai principi dei sistemi che vengono esaminati nel presentevolume dovrebbe essere possibile strutturare le nostre contrastantiosservazioni circa i sistemi politici ed imprenditoriali. In effetti, unavolta che si siano accettati una struttura e dei principi difunzionamento dei sistemi, essi dovrebbero consentire di spiegare lecontraddizioni, chiarire le zone di oscurità e risolvere le controversieesistenti nei sistemi sociali.” (Forrester, 1974:1.4)

Questo breve passaggio programmatico evidenzia i tratti essenziali del

pensiero scientifico del periodo. Alla fine del decennio, le scienze matematiche,

fisiche e soprattutto informatiche avevano fornito l’ ill usione che si potesse

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Il pensiero complesso

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davvero trovare un denominatore comune, una tecnica semplice ed universale

che permettesse l’analisi di ogni complessità.

Nel passaggio appena riportato, colpisce però l’uso del condizionale: “…[i

principi dei sistemi] dovrebbero consentire di spiegare le contraddizioni…”

Ebbene, questo verbo al condizionale può essere solo un accenno di modestia

di fronte a problemi così grandi come quelli i ndicati subito dopo. Può forse

essere ricondotto all ’ incertezza dello sperimentatore, che non è sicuro dei risultati

raggiunti fino a che la comunità scientifica non dà a tali risultati i l rango di “ fatti

inconfutabili ” . Ma può anche essere visto come una percezione, un disagio

provocato dalla consapevolezza che il metodo trovato e proposto dallo stesso

autore, fino a quel momento non aveva dato i risultati sperati. Sembra che in

questo condizionale Forrester abbia voluto imprimere le sue insicurezze sul

metodo: la sua system dynamics era in grado di prevedere assai bene il

comportamento di sistemi fisici, ma le “zone d’ombra” che egli stesso cita e

spera di poter eliminare in futuro, non erano contemplate nei suoi modelli .

La certezza mitigata dal condizionale è una potente metafora del pensiero

scientifico degli anni sessanta. Iniziava in quel periodo la guerra fredda, e si

sviluppa il terrore nucleare. Quella che negli anni cinquanta era stata percepita

come la maggiore scoperta dell ’umanità, l’energia dell ’atomo, divenne allora il

suo più grande incubo. Inoltre, gli Stati Uniti i niziano a subire la concorrenza

delle nazioni vinte in guerra, e che essi speravano di poter “colonizzare

economicamente”. Probabilmente, gli Statunitensi non si aspettavano che paesi

come l’ Italia, la Francia, ma soprattutto la Germania ed il Giappone diventassero

seri rivali i n ambito economico. Effettivamente, in quel periodo nessuno dei

paesi schierati nel così detto “blocco occidentale” poteva sperare di competere

direttamente con gli Stati Uniti , ma alcuni casi isolati di successi inspiegabili

misero in allerta le menti più acute: ad esempio la capacità mostrata dall ’Eni di

Mattei di rivaleggiare con le Sette Sorelle, senza limitarsi alla figura di ancella

ma giocando un ruolo di primo piano. Oppure il successo della Honda

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Analisi sistemica complessa

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nell ’esportare i propri prodotti verso gli Stati Uniti , ancora limitato agli i nizi

degli anni ’60 ma sempre più evidente e non spiegabile tramite gli schemi di

riferimento usati dagli economisti e gli esperti di direzione e strategia di allora.

La scienza riduzionista degli anni ’50 sembrava ancora funzionare, nella

maggior parte dei casi. Quando si presentava un’anomalia, qualcosa non

spiegabile con le teorie messe appunto fino ad allora, gli scienziati erano

predisposti a liquidare tale evento come un “disturbo” .

Gli anni sessanta furono anche teatro del trionfo della disciplina accademica

(trasformata rapidamente in prassi aziendale) chiamata “pianificazione

strategica” . Colui che può considerarsi il massimo esponente e promotore della

pianificazione strategica, H. Igor Ansoff , scrisse “Corporate Strategy” (1965),

un vero e proprio manifesto della pianificazione. L’opera di Ansoff avrà un’eco

fortissimo nel mondo accademico ed imprenditoriale, condizionando il

comportamento delle imprese ed il pensiero strategico per almeno venti anni.

Non è necessario che richiami il formalismo introdotto dalla pianificazione nelle

aziende, talmente forte da richiedere team di specialisti ad hoc, che producevano

piani aziendali consultando a mala pena il top management, il cui compito

risultava essere (secondo la teoria formale) quello di attenersi a tali piani. L’ idea

di base dell ’approccio consisteva nella possibilit à di prevedere o addirittura

intervenire sul futuro, intendendo per “futuro” qualsiasi variabile economica e

non economica (cfr. Mintzberg, 1994).

Ma in cibernetica ed in biologia gli studi sulla complessità erano progrediti;

l’opera di Piaget in Europa, iniziata negli anni ’50, e l’opera del Biologic

Computing Laboratory negli Stati Uniti aveva condotto alla produzione di molti

lavori interessanti, soprattutto in campo epistemologico5. In particolare, Foerster

5 Ad esempio Piaget aveva scritto nel 1967 “Biologie et connaissance” , a compimento di una serie di lavori sulla

conoscenza che avrebbero influenzato il costruttivismo. (cfr. Ceruti, 1989)

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Il pensiero complesso

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aveva scritto nel 1962 “Principles of self organization” 6, un libro che raccoglieva

gli sforzi suoi e dei suoi colleghi nel definire il comportamento dei sistemi in

grado di auto-organizzarsi. Ebbene, questa è una tappa molto importante nel

percorso tracciato dall ’evoluzione del pensiero complesso: nel li bro di Foerster

troviamo per la prima volta un tentativo di capire la complessità. L’ idea che la

complessità, ossia il comportamento coerente di grandi numeri di variabili

(elementi) indipendenti, potesse derivare dall ’auto organizzazione condizionò

tutta l’evoluzione futura degli studi nel campo condotti negli Stati Uniti . Si iniziò

ad osservare come l’auto-organizzazione fosse presente in tutti quei sistemi fisici

portati al li mite tra la stabilit à e l’ instabilit à, come ad esempio un liquido che

viene riscaldato ad una temperatura vicina al punto di ebolli zione. Vista questa

caratteristica della materia di trovare una forma di auto-organizzazione se messa

in uno stato di agitazione vicina alla “soglia di rottura”, si pensò (e si pensa

ancora) che tutti i sistemi organizzatori avessero la caratteristica di operare in

uno stato lontano sia dalla stabilit à, sia dal caos della disgregazione.

Ciò che è importante nella teoria dei sistemi auto-organizzatori è che

l’ambiente scientifico prese coscienza della possibilit à che il comportamento di

sistemi fosse indeducibile dalla loro struttura; si intuì che l’azione di un sistema

auto-organizzato poteva non risultare interamente dal comportamento delle sue

parti; il comportamento di ogni elemento dei sistemi auto-organizzatori non è

specificatamente progettato per compiere una fase di un processo globale, e non è

orientato in alcun modo allo scopo che sembra prefiggersi il sistema nella sua

globali tà. Ogni elemento opera sulla base di regole locali , che gestiscono il suo

comportamento indipendentemente da ciò che accade al resto del sistema, o al

più in rapporto agli elementi “vicini” .

6 Preceduto da altre opere sullo stesso tema, come “Self organizing systems” . (Cfr. Ceruti, 1989)

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Analisi sistemica complessa

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Da ciò nasceva la sensazione diffusa tra alcuni ricercatori che esistesse una

legge unificante capace di spiegare e forse di prevedere il comportamento di

sistemi differenti come quelli climatici, quelli chimici, quelli fisici e quelli

biologici.

È da specificare che i risultati conseguiti i n quegli anni restarono chiusi nel

mondo della cibernetica, della biologia, e delle scienze cognitive. Al di fuori, il

lavoro di quei ricercatori era visto come un interessante opera su alcune

coincidenze, ma c’era la tendenza a ritenere che i risultati nel campo dei sistemi

auto organizzatori non riguardasse nessuna disciplina specifica. In particolare,

non si trova alcun riferimento in testi di economia dell ’epoca alle ricerche di

Foerster o di Piaget.

2.4) Gli anni settanta

Possiamo definire questo periodo come “ il tempo delle grandi incertezze”. Sul

finire del decennio precedente, grandi tensioni sociali a livello mondiale avevano

dimostrato come la gestione “paternalistica” operata dagli Stati nei confronti dei

loro cittadini non fosse la risposta migliore alle problematiche poste da una

società complessa. Le amministrazioni burocratiche, anche quelle nelle grandi

aziende, avendo abbracciato in pieno il paradigma della semplicità taylorista,

avevano commesso l’errore di considerare i propri aderenti come semplici

elementi di un grande ingranaggio. La realtà si rivelò ben diversa: l’ intrinseca

complessità delle persone non poteva più essere negata. Il comportamento

erratico di masse di popolazione divenne un problema assai rilevante, così come

divenne importante la componente politi ca all ’ interno di grandi imprese. Non era

più possibile per i decisori di grandi organi economici e politi ci continuare a

pensare di avere a che fare con una semplice struttura descritta da sistemi di

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Il pensiero complesso

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equazioni; era giunto il momento di rendersi conto della reale natura dei sistemi

economici e politi ci. E questo di fronte a drammatiche e forti evidenze.

A complicare la situazione, nel ’74 si ebbe lo shock sul mercato delle fonti

energetiche che innescò la più grande crisi economica del dopoguerra, e la più

estesa (in termini geografici) in assoluto. Doveva essere ripensato anche il

paradigma della semplicità del comportamento degli operatori economici. In

quegli anni di caos si poté capire quanto fosse stato pericoloso valutare con

troppa superficialità l’andamento di variabili economiche che dipendevano

fortemente da parametri sociali . Molte imprese gestite tramite grandi sforzi di

pianificazione si trovarono terribilmente spiazzate; non solo il processo di

pianificazione strategica aveva comportato ingenti costi che si erano rivelati

inutili , ma la cieca adesione a piani che non potevano considerare un improvviso

shock su tutti i mercati aveva messo in crisi una grande quantità di imprese

(Mintzberg, 1994). La risposta dei fautori della pianificazione strategica, come

Ansoff , fu quella che Mintzberg definisce, con un tocco di ironia, the response

of pitfalls:“ them, not us” (p. 152). Si disse in pratica che non era la

pianificazione in se’ ad essere errata, era semplicemente stata applicata male.

Maggiori attenzioni, ossia maggiori spese, maggiori risorse umane, maggiori

quantità di tempo, avrebbero consentito alla pianificazione di lavorare

correttamente. Il fall imento di molte strategie pianificate era da vedersi come un

incentivo ad approfondire la problematica, non un segnale della necessità di

superare tale logica.

Nonostante gli sforzi degli economisti accademici di “vecchio stampo” , si

ebbe però una necessaria evoluzione nel pensiero economico e sociale.

È del 1972 la teoria dei sistemi autopoietici, ad opera di Humberto Maturana

e Francisco Varela (Maturana & Varela, 1972). Si tratta di un’evoluzione della

teoria dei sistemi auto-organizzatori. Essendo biologi, Maturana e Varela

studiarono il comportamento auto-organizzatore delle cellule, e scoprirono

alcune proprietà. La scoperta di maggiore rili evo fu che i sistemi viventi non solo

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Analisi sistemica complessa

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si organizzano, ma si costruiscono; da qui il termine autopoietico. Le loro

ricerche portarono alla luce il fatto che qualsiasi sistema vivente costruisce se

stesso; non solo organizza elementi dati dall ’esterno in strutture più o meno

complesse, ma costruisce le parti che sono necessarie all ’attuazione di una certa

struttura, secondo le stesse regole di interazione locale valide per i sistemi auto-

organizzatori (Maturana & Varela, 1987).

L’ idea di complessità prese così forma. Si iniziò a delineare ciò che sarebbe

stato lo studio della complessità, che avrebbe portato all ’analisi di quei sistemi

che non si adeguano al paradigma stimolo/risposta. La complessità iniziò ad

essere percepita come una caratteristica di quei sistemi che non hanno reazioni

prevedibili a priori, anche disponendo di tutta la storia degli i nput applicati e

della descrizione degli stati nei quali i sistemi si trovano. In questo senso la

complessità discende da una struttura, o meglio da una organizzazione che

consente ad un sistema con un numero finito di stati di adeguarsi a qualsiasi

situazione. Inoltre, tramite semplici disposizioni strutturali , i sistemi complessi

riescono ad aumentare esponenzialmente la varietà di stati possibili , cosa che

permette loro di affrontare ambienti estremamente ostili . Ad esempio, il codice

genetico di una cellula è sempre un sistema a stati finiti; i suoi elementi, i geni,

possono assumere un numero limitatissimo di configurazioni. È la sequenza degli

stati nei quali si trovano i singoli geni a dare vita alle multi formi varietà

biologiche. Il numero di stati possibili (e cioè di possibili configurazioni del

codice genetico) è dell ’ordine di due elevato a diecimila: se non infinito, certo

molto grande.

D’ora in avanti chiameremo “complessità strutturale” il filone di pensiero che

studia la complessità come un fenomeno discendente dalla struttura auto-

organizzata o autopoietica dei sistemi.

In realtà, negli anni ‘70 l’ idea di complessità strutturale non era ancora ben

chiara: se furono portati a termine studi molto specifici come quelli di Maturana

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Il pensiero complesso

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e Varela, mancavano tuttavia collegamenti interdisciplinari in grado di dare alla

complessità strutturale il rango di materia di studio a se stante.

Accanto ai primi tentativi di capire come i sistemi biologici affrontino e

generino complessità, troviamo però un tentativo indipendente di capire la

complessità come fatto in se'. Edgar Morin si fece portatore di questo nuovo

modo di pensare. Alla fine degli anni ’70, Morin lanciò il suo progetto per un

nuovo metodo di indagine scientifica, un metodo post-gali leano che fosse in

grado di superare la limitazione della scienza riduzionista ed incapace di

affrontare la complessità, e chiamò il suo progetto “La Methóde” , il metodo. Il

progetto si articolava in tre passi, ognuno dei quali sarebbe corrisposto alla

pubblicazione di un lavoro costituito da più volumi; il primo lavoro, che lanciò il

progetto, si intitolò “La nature de la nature” , e vide la luce nel 1977. A questo

autore va il merito di aver affrontato per primo la problematica della complessità

nel suo insieme, e di aver impostato un metodo in grado di cogliere la

complessità come fenomeno globale, permeante ogni aspetto della realtà, un vero

e proprio principio universale.

Questo secondo approccio alla complessità può essere chiamato “approccio

olista”7, nel senso che qui la complessità non è vista come il side effect di una

forma di organizzazione o di struttura, ma è visto come fenomeno globale,

presente in qualsiasi manifestazione del reale. La realtà è complessa, e noi ne

vediamo solo una piccola parte, riusciamo a capire ciò che emerge dal gioco

eterno tra ordine e caos.

Secondo l’epistemologo francese, in natura non esistono relazioni di causa-

effetto; qualsiasi entità naturale è il frutto di una ricorsione infinita, di un ciclo

7 Morin (1990) usa il termine “olista” con carattere negativo, indicando così coloro che vedono l’ insieme del sistema,

dimenticandone le parti. Un olista, nell’accezione moriniana, vedrebbe l’edificio dimenticando che è stato costruito con i

mattoni. Noi invece usiamo il termine “olista” per descrivere coloro che osservano il tutto complesso, coloro che vedono

l’ insieme, le parti, e le interazioni tra questi. Proponiamo dunque un concetto di olismo complesso, contrapposto ad un

olismo semplificatore; ogni volta che useremo il termine “olista” intenderemo riferirci all’ olismo complesso.

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Analisi sistemica complessa

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infinito di cause che sono a loro volta effetto delle conseguenze che esse stesse

generano. La nostra concezione lineare della realtà, la logica sequenziale

deduttiva impostata dai filosofi greci quasi tremila anni fa, ci acceca di fronte a

lampanti dimostrazioni di complessità del reale, ove per complessità si intende la

dipendenza di un fenomeno dalla circolarità di cause ed effetti, in cui non

necessariamente esiste un punto di inizio o una fine, a meno che non sia

l'osservatore ad introdurlo.

La posizione adottata da Morin si inserisce nel filone di pensieri costruttivista.

I costruttivisti lavoravano nell ’ambito della psicologia e dell ’epistemologia,

avendo come assunto fondamentale che la mente non ha esperienza diretta di una

realtà oggettiva assoluta. Essa compie esperienze indirette, sulla base delle quali

tenta di costruire un plausibile modello di realtà (Watzlawick 1992). Secondo

Reidl (1981:65-85) il pensiero causale non è altro che il retaggio dell ’evoluzione;

riflessi condizionati a stimoli ambientali sono più veloci e più eff icienti rispetto

alle computazioni mentali di l ivello superiore. Così, se un qualsiasi animale

percepisce un intenso calore, si ritrae rapidamente, senza “pensare” a cosa sta

facendo. Il calore (la causa) è associato al pericolo (effetto); questo meccanismo

rudimentale è rimasto inalterato lungo tutto il processo evolutivo fino a giungere

a noi. Questo perché una reazione erronea ad uno stimolo è generalmente meno

pericolosa di una mancata reazione; così, ritrarsi istintivamente quando si avverte

un forte calore è più saggio che attendere e domandarsi quale sia la vera fonte di

quel calore, se essa sia pericolosa, se sia davvero necessario ritrarsi. Si tratta di

un meccanismo ancora valido perfino per gli esseri dotati di intell igenza creativa

e meditativa, quindi anche per gli esseri umani. Il problema, continua Reidl, è nel

fatto che questo modo di pensare ha condizionato la vita degli esseri umani per

mill enni; così se compiamo un gesto ed immediatamente percepiamo

un’ informazione non congruente (ad esempio premiamo il tasto della luce in una

scala buia di un edificio sconosciuto e contemporaneamente suona un

campanello) siamo predisposti in prima istanza a collegare il nostro gesto

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Il pensiero complesso

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all ’effetto non previsto, anche senza alcuna base razionale. Siamo di disposti a

pensare “ la pietra si riscalda perché splende il sole”8 selplicemente osservando un

sasso in una calda giornata di agosto. Potrebbe essere vero, ma nulla vieta che ci

siano altri motivi dietro al riscaldamento della pietra (forse, ad esempio, una

sorgente calda). L’unica affermazione corretta è invece “ogni volta che splende il

sole, la pietra si riscalda.” Anche il costruttivismo fa qundi parte della corrente di

pensiero che diede origine all ’approccio olistico complesso; i suoi contributi

sono importanti per comprendere quale sia l’errore commesso dalle forme di

pensiero “razionali” ereditate da meccanismi evolutivi ormai superati, e per le

forme epistemologiche e metodologiche suggerite di conseguenza.

I due approcci allo studio della complessità, quello strutturale e quello olistico,

furono in un primo tempo impermeabili l ’uno all ’altro. Gli studiosi di

complessità strutturale non furono in grado di comprendere la portata delle

deduzioni di Morin, ed il significato della complessità olistica. Allo stesso modo,

la complessità olistica non riuscì ad assorbire completamente il carattere pratico

dei tentativi strutturalisti.

È interessante notare come in entrambe le prospettive, quella strutturalista e

quella olista, i concetti di ordine e caos siano centrali . Mentre la complessità

strutturale afferma che i sistemi complessi tentano di trovare un grado ottimale di

organizzazione, la complessità olistica afferma che esiste un dialogo tra ordine e

disordine, tra organizzazione e caos dal quale emerge l’energia per nuove

creazioni.

È da rilevare come in questo decennio si sia assistito alla rinascita

dell ’economia “austriaca”. La revisione delle idee shumpeteriane e soprattutto di

quelle di Menger ad opera di Hayek e Mises diede inizio ad una vera e propria

rinascita di questa disciplina. Fin dal ’40 Hayek aveva proposto una revisione

8 La frase è citata da Reidl(1981) che la cita a sua volta dal filosofo scozzese David Hume.

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Analisi sistemica complessa

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dell ’economia soggettivista, ed aveva lavorato alle proprie teorie, ma l’ambiente

economico non si accorse del valore delle idee della scuola austriaca fino a

quando Hayek non vinse il premio Nobel, nel 1974. Le idee di Menger, che erano

troppo evolute per essere comprese quasi cento anni prima, si rivelarono un

brill ante spunto: una scienza economica basata sull ’ interazione di una quantità

virtualmente ill imitata di elementi, il cui comportammo è definito da leggi non

deterministiche e locali . Suona molto simile alla definizione di sistema auto-

organizzatore, che genera comportamenti complessi. In maniera totalmente

indipendente, gli studiosi della Scuola Austriaca arrivarono in questi anni alle

stesse conclusioni che avevano raggiunto i biologi, gli epistemologi ed i

cibernetici, evocando tematiche care alla scienza della complessità. Da questo

momento, l’Economia Austriaca continuerà a svilupparsi sulla base della nuova

partenza gettata da Hayek e Mises, e l’ interesse intorno ad essa, ad oggi, è

tutt’altro che sopito.

Concludendo rapidamente, in questo decennio le turbolenze ambientali furono

tante e tali che divenne impossibile ignorare la complessità e l’ imprevedibilit à di

fondo dei sistemi sociali . Le tensioni accumulate in campo epistemologico

durante tutto il secolo esplosero, dando origine ad una serie di discipline che non

basavano più il l oro operare su metodi matematici, ossia sulla definizione di

assiomi e la deduzione di formule da questi. Lo stesso processo di

assiomatizzazione del reale scoprì il fianco ad una complessità che dimostrò di

non poter essere ridotta ad un assioma mutilante. Ciò permise lo sviluppo di

energie intellettuali e correnti di pensiero che avrebbero avuto grande influenza

del pensiero scientifico nel decennio successivo.

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Il pensiero complesso

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2.5) Gli anni ottanta

Anche se la situazione internazionale mostrò condizioni di stabilit à maggiori

rispetto al decennio precedente, ormai il l a strada del pensiero complesso era

aperta. In questi anni, l’aumento delle capacità dei calcolatori elettronici permise

agli studiosi di complessità strutturale di verificare le loro ipotesi tramite

sperimentazioni al computer. Nel 1984, dopo molti anni di preparazione, nacque

il “Santa Fe Institute”, che fu il primo centro interdisciplinare per lo studio dei

fenomeni complessi. Economisti, fisici, matematici, statistici, chimici, biologi,

epistemologi ed altri studiosi intervennero a numerose conferenze organizzate dal

centro, che ospitò un certo numero di scienziati integrati permanentemente

nell ’organico.

Tutta l’attività del centro si focalizzò sullo studio dei fenomeni legati alla

complessità strutturale. Ciò fu dovuto al fatto che i membri permanenti del

centro, coloro che più contribuirono allo sviluppo delle ricerche sulla complessità

negli Stati Uniti , provenivano da discipline informatiche, cibernetiche o fisiche.

Walldrop riporta la storia degli esponenti dell ’ istituto: Holland e Langton erano

due ingegneri informatici (il primo aveva lavorato alla realizzazione del primo

calcolatore a transistor della IBM, mentre il secondo guidava un gruppo di

ricerche al centro informatico di Los Alamos). Arthur era un economista, ed era

interessato alle applicazioni pratiche della scienza della complessità, come ad

esempio scoprire perché, nonostante la contraddizione con le teorie economiche

classiche, esistono rendimenti di scala crescenti, e perché alcune tecnologie

peggiori di altre riescono ad imporsi nonostante siano sottoposte ai duri

meccanismi selettivi del mercato (così detto fenomeno del locking-in). Kauffman

aveva quasi portato a termine una laurea in filosofia, per poi cambiare e diventare

medico e quindi biologo (Walldrop, 1993).

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Analisi sistemica complessa

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Il gruppo di Santa Fe ottenne dei risultati entusiasmanti. L’applicazione di

alcune teorie elaborate dal gruppo a applicazioni software molto semplici

permise di verificare sperimentalmente che era possibile che la vita fosse emersa

in tempi estremamente più brevi di quelli che erano sembrati necessari in

precedenza al fine di portare a termine un’evoluzione darwiniana. Si comprese

come gruppi sociali potessero spontaneamente formarsi a partire da

semplicissime regole di interazione locale. Langton scoprì il numero lambda, che

è una definizione matematica, anzi numerica, del concetto prima molto

approssimativo di “confine tra ordine e caos” . Si comprese che l’evoluzione non

procedeva seguendo strategie di ottimizzazione “economica”: è infatti

impossibile esplorare tutte le possibilit à di stato esistenti in un sistema complesso

per poi scegliere quella migliore, soprattutto quando la definizione di migliore

(adattamento all ’ambiente) è in continua evoluzione (si parla allora di

coevoluzione). Si venne a scoprire che sistemi coevolutivi non sempre

sceglievano la strada migliore possibile. Ciò era in aperta contraddizione con le

teorie della razionalità, sia di quella assoluta che di quella limitata. La teoria della

razionalità assoluta assume che operatori “ intell igenti” scelgano la migliore tra le

alternative possibili . La teoria della razionalità limitata afferma che gli operatori

scelgono la migliore tra le alternative conosciute; inoltre afferma che il giudizio

che ordina le priorità tra le alternative è viziato da una conoscenza imperfetta. La

teoria delle scelte coevolutive invece afferma che gli operatori procedeono per

tentativi ed errori, ed imparano a riconoscere le “mosse” giuste da quelle errate.

Essendo l’ambiente in continua mutazione, e dato che gli altri operatori stanno

tentando a loro volta di ottenere le condizioni migliori, un operatore non riuscirà

mai ad ottenere la migliore condizione possibile in assoluto; sarà più probabile

che si incammini su un sentiero che gli permette di migliorare la propria

posizione, dopo aver commesso un certo numero di errori.

L’auto organizzazione dei sistemi coevolutivi permette loro di trovare una

zona dove il sistema è in equili brio tra ordine e caos, ed in questa zona è

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Il pensiero complesso

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possibile per il sistema stesso compiere esperimenti, trovare vie più eff icaci di

sopravvivere. Così si spiega anche perché l’economia non è sempre regolata

dalle leggi di mercato definite dagli economisti classici; essendo il sistema

economico un sistema coevolutivo dove un numero virtualmente ill imitato di

operatori agiscono adattando il l oro comportamento a quello di altri operatori del

mercato, è impossibile stabili re in assoluto quale sia la mossa migliore tra le

infinite mosse possibili . Così il sistema economico premia mosse che sembrano

“buone”, che permettono al sistema di svilupparsi e di evolversi, anche se queste

non sono necessariamente le migliori. In ciò consiste il fenomeno del lock-in.

Alcune soluzioni a certi problemi vengono adottate dal sistema in quanto esse

rappresentano una buona risposta alle necessità contingenti: una volta adottate,

queste soluzioni entrano a far parte del sistema, che si modifica per accoglierle

rendendo quindi impossibile cercare altre soluzioni. Questo fenomeno è ben

visibile nella definizione di standard di mercato. A puro titolo di esempio si può

citare la lotta dello standard Betamax e VHS nel mercato dei supporti di

registrazione audio-video. Pur essendo tecnologicamente superiore al VHS, il

Betamax è stato eliminato dal mercato per colpa di un piccolo scarto iniziale

nella diffusione dello standard VHS. Questo incoraggiava i rivenditori a detenere

maggiori scorte di VHS, ed i produttori ad adottare in maniera più forte tale

standard. Alla fine, il VHS è stato pienamente adottato, a scapito della tecnologia

Betamax che è stata abbandonata. Il fenomeno assume le stesse caratteristiche

non solo per prodotti finiti , anche per quanto riguarda forme tecnologiche,

istituzionali o addirittura culturali (cfr. Walldrop, 1993).

Il gruppo di ricercatori del Santa Fe Institute, che polarizzò l’attenzione di

studiosi europei come Prigogine, Atlan ed altri, condizionò il modo di pensare la

complessità. La fusione delle teorie sulla complessità, sull ’ordine e sul caos con

la seconda cibernetica fu un connubio vincente che permise agli studi dell ’ Istituto

di avere ampia fama internazionale. Se poi si considera il fatto che gli anni ‘80

segnano l’esplosione della seconda cibernetica e dell ’ Informatica, si comprende

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come un approccio di studio che privilegiava le simulazioni al computer possa

aver acquistato tanta popolarità. Negli anni cinquanta, sessanta e settanta era

toccato all ’epistemologia pura gettare una qualche base per studiare la

complessità. Ora esperimenti e prove pratiche, suggerite dalle scoperte dalle

intuizioni degli anni precedenti, confermavano e correggevano le asserzioni

olistiche, e dimostravano possibili campi di applicazione dello studio della

complessità. Ad esempio, Holland e Arthur prepararono una simulazione di un

mercato azionario basata sui sistemi classificatori; ogni operatore era simulato da

una “cellula” artificiale e ed il guadagno sulle azioni era considerato i “premio”

di tali cellule, e ne determinava la sopravvivenza o l’uscita dal mercato. I risultati

furono assai aderenti alla realtà: confermarono il modello neoclassico di

funzionamento del mercato in condizioni di stabilit à, e descrissero con precisione

il comportamento isterico degli operatori di borsa in condizione di forte shock. E

questo senza che nessuno immettesse nel computer nessuna legge sul mercato

azionario (Arthur & al., 1997:5ss)9.

In Europa, Prigogine pubblicò due lavori molto importanti: “Dall ’essere al

divenire” e “Complessità” (entrambi in lingua inglese; in realtà la pubblicazione

avviene negli Stati Uniti , anche se Prigogine è uno studioso belga). Prigogine

analizza tutta una serie di sistemi che hanno un comportamento che non può

essere definito né stabile, né caotico. I sistemi da lui analizzati non si muovono

verso un’equili brio, né esplodono in caos, ma rimangono in uno stato di continua

“agitazione”. Si ha quello che Prigogine definisce “equili brio dinamico” , ossia un

equili brio del sistema non nella stabilit à degli stati, ma nella configurazione

periodica o altrimenti individuabile della successione degli stati nel tempo.

(Prigogine, 1986a).

9 Anche se la data di pubblicazione della ricerca è il 1997, i primi modelli a riguardo erano già pronti negli anni ottanta,

come indica Walldrop (1993).

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Il pensiero complesso

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Prigogine fu il primo a proporre le basi per un’epistemologia propria della

complessità strutturale; fino ad allora, l’epistemologia era stato campo esclusivo

degli “olisti” . Lo studioso belga cercò di andare alle basi del comportamento

complesso della materia, diede spiegazioni fisiche e matematiche dei fenomeni

complessi estremamente eleganti e tuttavia semplici da comprendere anche per

chi è in possesso di una conoscenza matematica elementare. I dettagli degli

esperimenti o degli esempi sono condotti con l’uso di un linguaggio matematico

molto avanzato, o tramite formule fisiche o chimiche di non facile

interpretazione per i profani, ma i principi generali e gli esempi introduttivi sono

dati con estrema chiarezza e leggibili tà (Prigogine, 1986).

Così, la complessità strutturale trovò un proprio modo di procedere, non più

solo per simulazioni, per tentativi, ma essendo inserita in un rigoroso corpus di

regole. È dell ’84 il l avoro di Serra e Zanarini “La fisica dei sistemi complessi” ,

che descrive approfonditamente come sia possibile studiare il comportamento dei

sistemi complessi matematicamente, un vero e proprio libro-manifesto della

complessità strutturale.

Zanarini ha sempre tentato di concili are l’approccio olistico complesso

proposto da Morin con l’approccio strutturale proposto dai membri dell ’ Istituto

di Santa Fe e da Prigogine, ma la sua proposta non venne raccolta: nessun’altro

riuscì a cogliere le differenze tra i due approcci, in quel momento (Zanarini

1990). Era diffuso il presentimento che se la scienza della complessità si fosse

dimostrata realmente la “scienza delle scienze”, approcci diversi si sarebbero

prima o poi incontrati. L’aver indagato la complessità a partire da due approcci

differenti avrebbe generato una conoscenza più profonda dell ’argomento, quando

fosse avvenuta la riunione delle due branche della teoria.

Morin portò a termine in questi anni il suo Metodo. I tomi dell ’opera di Morin

sono dei veri e propri codici nei quali è possibile rintracciare un metodo in grado

di affrontare qualsiasi forma di complessità. Ma la mancanza di qualcuno che

esplorasse le implicazioni pratiche delle sue considerazioni mutilò il suo lavoro

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Analisi sistemica complessa

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della forza empirica. Molti autori lo citarono e cercarono di carpire da lui il modo

di avvicinarsi alla complessità: non mutilare la realtà con sempli ficazioni

inopportune, cercare di capire il tutto e le parti, il tutto che è nelle parti e le parti

che sono nel tutto. Cercare di considerare sempre che ciò che stiamo analizzando

è una realtà parziale. Capire che non è l’organizzazione nella sua statica a causare

il comportamento dei sistemi, ma è il rapporto tra ordine e disordine a creare il

tutto. Queste idee ed altre ancora furono passato a molti autori del periodo; ma il

metodo di Morin era più che una filosofia per osservare con più coscienza la

realtà. Era un suggerimento su come indagare, su come operare la ricerca

scientifica. A titolo di esempio, “La conoscenza della conoscenza”, il terzo (e

ultimo) volume del Metodo, propone un’epistemologia della scienze cognitive,

ma presenta anche un modello di mente umana (Morin 1989). Anche se è fuori

discussione che il modello di mente ideato da Morin è un avanzamento

interessante nel campo dei sistemi cognitivi, non è stato messo in pratica. Ad

esempio, non è stata condotta una ricerca che spieghi, l’apparire della

schizofrenia o di altre malattie mentali sulla base del modello ideato da Morin.

Forse è ancora presto per questo. Per capire Morin è necessario interiorizzare

la complessità, capire che dove esiste un paradosso esiste una spiegazione, un

punto di vista alternativo che permette di capire come mai due fatti che sembrano

essere contraddittori possono in realtà coesistere entrambi nella natura delle cose.

È necessario capire che il pensiero complesso è più che un elegante esercizio

filosofico: si tratta di un modo di pensare che permette di trarre conclusioni

molto diverse da quelle ottenibili con il pensiero sequenziale. Imparare un modo

di pensare “diverso” può richiedere un lungo arco di tempo, come dimostra il

caso di Menger, incompreso anche dai suoi diretti discepoli e quindi dimenticato

fino a che i tempi non si dimostrarono maturi per accogliere le sue ipotesi (cfr.

Kinrner, 1993:2 ss).

Gli anni ottanta costituirono un decennio importante per quanto riguarda la

scienza della complessità. Fu in questi anni che la complessità divenne una

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Il pensiero complesso

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scienza, e fu allora che si vide come la ricchezza dei sistemi naturali potesse

generare così tante forme, così tanta diversità, così tanta energia. Gli studiosi del

Santa Fe Institute iniziarono a cercare una nuova forma della seconda legge della

termodinamica; una forma che permettesse di concepire sistemi non entropici.

Sarebbe stata una rivoluzione che avrebbe cambiato per sempre il modo di

pensare. La stessa teoria della nascita e della morte dell ’universo sarebbe stata

diversa: non più inizio e fine, ma un infinito trasformarsi, e forse espandersi,

della materia dell ’universo.

Anche se il cambiamento non fu così radicale, divenne chiaro per sempre che

la scienza si era ingannata nel credere che l’universo fosse dominato da semplici

regole, che fosse possibile ridurre tutto a poche formule matematiche. La volontà

di ridurre qualsiasi fenomeno ad espressione articolata di semplici leggi

deterministiche, il sogno degli scienziati di trovare la legge, la relazione

fondamentale che avrebbe spiegato ogni altro fenomeno, si sgretolò davanti alle

manifestazioni di fenomeni ordinari, addirittura quotidiani, in fisica, chimica,

biologia ed economia, e in molte altre discipline. Sir James Lighthill (presidente

al tempo dell ’unione internazionale della meccanica pura ed applicata) fece nel

1986 il seguente discorso:

A questo punto mi devo fermare e parlare in nome della grandefratellanza che unisce gli esperti della meccanica. Oggi siamopienamente coscienti di quanto l’entusiasmo che i nostri predecessorinutrivano per il successo della meccanica newtoniana li abbia portatiad operare generalizzazioni, nel campo della predicibil ità […], cheormai sappiamo essere false. Noi tutti desideriamo, perciò, presentarele nostre scuse per aver indotto in errore il nostro colto pubblico,diffondendo, a proposito del determinismo dei sistemi che aderisconoalle leggi newtoniane del moto, idee che dopo il 1960 si sono rivelatefalse (Prigogine, 1993:27).

Anche se nella vita delle persone comuni la teoria della complessità non ha

ancora cambiato molto nemmeno ad oggi, la scienza non potè più ignorare quello

che si rivelò essere un consistente passo avanti nella comprensione della natura

dell ’universo e delle leggi che lo governano.

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Analisi sistemica complessa

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2.6) Gli anni novanta

Se c’è un periodo che possiamo definire complesso nel nostro secolo, questo è

l’ultimo decennio. Il crollo del blocco orientale, la ripresa di alcune (e solo

alcune) grandi imprese statunitensi che sembravano prossime alla fine, il crollo

di alcune (e solo alcune) frange dell ’economia giapponese che sembrava non

potersi mai arrestare, la presenza di grandi squili bri economici, politi ci ed

ambientali a livello mondiale; tutto ciò ha ridotto in polvere le certezze che

avevano resistito alla crisi degli anni settanta. L’evidenza della complessità del

reale è ormai quotidiana ed innegabile, si tratta solo di definirne i termini.

Dal punto di vista dell ’epistemologia della complessità, tuttavia, questo

decennio che ormai volge al termine sembra votato ad una pacata riflessione sui

risultati ottenuti durante gli anni ottanta; quasi come se, di fronte all ’evidenza,

coloro che avevano profetizzato una realtà complessa si fossero chiusi

temporaneamente in una meritata pausa di contemplazione e compiacimento.

In questi ultimi anni vi sono stati notevoli l avori di sistematizzazione delle

ricerche compiute durante gli anni ‘80. Il decennio è stato aperto dal lavoro di

Morin “ Introduzione al pensiero complesso” (1993). Quasi venti anni di idee, di

trasporto per la materia della complessità, di nuove scoperte non solo nel campo

delle scienze “dure” come la fisica e la chimica, ma soprattutto

nell ’epistemologia e nella psicologia sono riassunte con una brill antezza ed una

chiarezza non comune, nemmeno per il filosofo francese.

Così anche alcuni studiosi di complessità italiani, Zanarini, Serra, Ceruti e

Bocchi si sono soffermati a riflettere su quanto fatto e su ciò che è stato

raggiunto. “Diario di Viaggio” cerca di sintetizzare ciò che è stato scoperto dalla

corrente olista, ed in particolare riassume le conclusioni salienti in campo

epistemologico dedotte da Zanarini stesso e dai suoi “compagni di viaggio”

(Zanarini, 1990). I toni usati dallo studioso nel suo libro sono però carichi di una

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Il pensiero complesso

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sottile nostalgia verso gli anni ottanta; ad una domanda sull 'argomento, Zanarini

ha risposto:

[…] come metodologia di analisi e di progettazione la complessità èrisultata un po' deludente... Cioè: con uno "sguardo complesso" sisono capiti qualitativamente molti più processi, fisici e sociali; ma ilpassaggio al quantitativo è problematico. La mia ipotesi è che questodipenda dal fatto che la complessità richiede un intreccio tra livell i,ma la scienza è organizzata appunto per livell i e non c'è un linguaggioche li metta in comunicazione l'uno con l'altro (Zanarini, 1997:conversazione personale con autore).

Questo passaggio testimonia una certa "stanchezza" di alcuni autori che hanno

parlato di complessità strutturale, che peraltro non sembra condivisa dagli

scienziati del gruppo di Santa Fe, che in questo decennio sono stati molto attivi

nella produzione di scritti . L’esplosione di risultati avutasi negli anni precedenti,

e la certezza interiore di trovarsi sulla giusta strada, sembrò invece coinvolgerli a

pieno: emblematici sono “At home in universe” di Kauffman (1995) e “Hidden

order” di Holland (1995), oppure il li bro di Walldrop “Complexity” che narra la

storia dell ’ Istituto e intreccia le vicende personali degli scienziati americani con

le scoperte da loro realizzate (Walldrop, 1993).

Pur essendo preponderanti le opere di sistematizzazione delle ricerche

compiute negli anni precedenti, questo periodo non è completamente sterile di

nuove scoperte o nuove idee. Ad esempio, Serra e Zanarini hanno scritto

“Complex Systems and Cognitive Processes” , tradotto successivamente in

Italiano (Serra & Zanarini, 1993).

In questo decennio si sono sviluppate numerose tecniche e tecnologie che

sfruttano conoscenze imparentate, in qualche modo, con la scienza della

complessità. Ormai l ’uso delle reti neurali è universale, ed anche i sistemi

classificatori hanno avuto una serie di impieghi pratici. La matematica frattale a

dato origine a tecniche di compressione delle immagini che rendono possibile

trasmettere in tempo reale una grande quantità di dati.

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Analisi sistemica complessa

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Nel decennio corrente si è finalmente assistito ad una prima assimilazione

delle teorie sulla complessità in economia. Dopo anni durante i quali l ’economia

in generale e l’economia aziendale in particolare erano quasi rimaste

impermeabili alle teorie sulla complessità, ecco in questo decennio un gran

fiorire di titoli che aff iancano le parole “management” e “caos” o “complessità”.

In molti casi sono solo puri esercizi di grammatica10, ma altre volte contengono

dei seri contributi all ’ integrazione delle teorie sulla complessità all ’economia

aziendale. In particolare, Stacey afferma prima in “The chaos frontier” e poi in

“Strategic management & organizational dynamics” che le aziende sono sistemi

complessi, costituiti da un grande numero di relazioni informali che

retroagiscono su quelle formali; questo gioco di interazioni crea strutture

informali, chiamate da Stacey shadow organizations che operano al di fuori del

paradigma consolidato, anzi sono il motore primo del cambiamento strategico

quando questo diviene improcastinabile (Stacey, 1993b).

Stacey non coglie a pieno gli i nsegnamenti della scuola della complessità.

Nonostante il suo modello si basi giustamente sull ’ idea di interazioni complesse

che giocano un ruolo di primo piano nella vita dell ’ impresa, la costruzione del

modello è ancora semplicistica e meccanicistica. Per Stacey esiste una soglia di

“ tensione organizzativa” provocata dai falli menti strategici aziendali , dalle

continue evidenze dell ’ inadeguatezza di una certa linea di condotta rispetto ai

messaggi che provengono dall ’ambiente. Al di sotto di tale soglia, le strutture

ombra rimangono quiete, e lasciano che il paradigma aziendale dominante (che

potrebbe essere chiamato “cultura aziendale”) rimanga immutato. Al di sopra si

scatenano una serie di reazioni che portano all ’abbattimento del precedente

10 Comboni (1991:9) afferma che “Come ogni termine «trasversale», [il termine ‘complessità’ ] risulta suff iciente

inflazionato nell ’uso e al tempo stesso vago ed indeterminato data l’ampiezza – e l’ambiguità – delle aree semantiche

corrispondenti.” Si può vedere quindi come si possa usare liberamente il termine “complessità” senza riferirsi alla scienza

della complessità, ma con il senso comunemente attribuitogli nel linguaggio parlato.

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Il pensiero complesso

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ordinamento organizzativo ed al cambiamento aziendale, che consiste in pratica

in una ridefinizione delle strutture e dei disegni strategici e metastrategici ispirati

o voluti dalle strutture ombra.

In poche parole, l’organizational dynamics di Stacey ci sembra troppo

somigliante alla system dynamics dei primi anni ’60, ma rappresenta comunque

un pregevole primo tentativo di importare le tematiche della complessità nella

realtà della vita aziendale.

Anche in Italia sono stati scritti dei lavori che integrano la scienza della

complessità e la strategia aziendale, come ad esempio “L’ impresa vivente” di

Vicari (1991). Il lavoro di Vicari trova un punto di incontro tra le teorie dei

sistemi autopoietici e la teoria di impresa. In particolare, Vicari esegue un

parallelo tra l’approccio basato sulle risorse e la visione autopoietica e

costruttivista dei sistemi cognitivi. Il tentativo è notevole in quanto Vicari non

tenta di progettare un modello manageriale come quello proposto da Stacey,

quindi necessariamente informato da regole “meccaniche” che possano servire da

“leve”; regole progettate per essere oggetto di azione da parte dei manager. Si

tratta semplicemente di un modello esplicativo, di base, quasi totalmente

epistemologico e votato a gettare un punto di partenza per future riflessioni. Il

risultato è una buona traduzione ed interpretazione delle teorie autopoietiche in

termini aziendali (Vicari, 1991).

Ma l’autopoiesi non è ancora complessità pura. Problemi di fondo come quello

del punto di vista unitario al quale ricondurre l’analisi, o della dominanza

dell ’aspetto immateriale sulla parte materiale delle risorse, e quindi dell ’ impresa

nella sua globalità, sono ancora trattati in maniera ben distinta rispetto a quanto

proposto dall ’epistemologia della complessità.

Ciò che era avvenuto nel decennio precedente per le scienze “dure”, doveva

avvenire in questo decennio per le scienze più “morbide”, come l’economia. In

particolare, il modo tradizionale di vedere la pianificazione strategica come

l’optimum, lo zenith delle possibilit à manageriali della vera impresa è stato

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Analisi sistemica complessa

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scardinato dal dissacratore e mordente “T he rise and fall of strategic planning”

di Mintzberg (1994). L’evidenza ha dimostrato che la pianificazione esasperata

non è la risposta giusta alle necessità gestionali imposte dalla presenza di un

ambiente complesso. Aumentare il grado di pianificazione interna all ’aumentare

del grado di complessità esterna, per le azienda, corrisponde ad un puro suicidio.

È Mintzberg stesso a citare la situazione sovietica; secondo le sue fonti, prima

del crollo del sistema sovietico la burocrazia impiegava ottocentomila economisti

a tempo pieno solo a scopo di pianificazione. Chiaramente, una situazione

organizzativamente insostenibile.

Anche se le teorie sulla fuzzy logic non hanno mai reclamato una parentela

stretta con la scienza della complessità, è indubbio che queste fanno parte di quel

corpus unitario di studi sulla realtà come fenomeno complesso. Così, McNeill e

Freiberger affermano che "complex discipline teems with fuzzy logic", e che "…

as complexity rises, precise statements lose meaning, and meaningful statements

lose precision"11 (McNeill & Freiberger, 1993). Così anche Bart Kosoko (1995)

afferma che il principio fuzzy è una questione di misura; si vuole con ciò

affermare che l'osservatore non può essere estraneo alla definizione di verità

assoluta, o alla precisazione di una certa "sfumatura" di verità, ove i problemi

con cui si ha a che fare siano complessi. La logica fuzzy ha consentito notevoli

progressi nel campo del controllo automatico e delle applicazioni elettroniche,

come dimostra l 'esperienza giapponese (McNeill & Freiberger, 1993:243ss). Le

macchine fotografiche giapponesi, ad esempio, hanno la regolazione del fuoco

automatico basata su software a logica fuzzy.

Nonostante i successi notevoli ottenuti nel campo dei due rami della teoria

della complessità, quello strutturalista e quello olista, c’è però da sottolineare un

11 Traduzione: “ la disciplina complessa si accoppia alla logica fuzzy” e “quando cresce la complessità, affermazioni

precise perdono significato, ed affermazioni significative perdono precisione” .

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Il pensiero complesso

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punto oscuro: l’auspicabile avvicinamento delle due forme di studio non è

avvenuto, almeno non in misura rilevante.

I risultati di un certo tipo di complessità strutturale, come quelli ottenuti dalla

matematica della complessità e del caos12 sono stati senz’altro molto interessanti

e chiarificatori nello spiegare un certo tipo di andamento fenomenico del reale.

Tuttavia, la forma adottata dai modelli matematici dei fenomeni fisici complessi

non ha permesso di ottenere alcun risultato interessante nel campo delle

applicazioni previsive. In particolare, i modelli matematici che spiegano come

operano quei sistemi fisici che rispondono istericamente a piccoli stimoli i niziali

non hanno una forma tale da essere utili dal punto di vista previsivo. La

formulazione di tali modelli è spesso improntata a definizioni probabili stiche di

cambiamento di stato condizionate a certi stimoli . Così è possibile sapere la

posizione finale di una piccola sfera lasciata cadere su di un piano ricco di

pendenze e di scanalature solo in termini di distribuzione di probabilit à. Nulla è

dato sapere su come modificare l’esito dell ’esperimento o su come prevederlo nel

caso concreto di un solo tentativo. L’applicazione di tale modelli zzazione

matematica è senza dubbio interessante, ma in un certo senso si perde lo spirito

di base della teoria della complessità, per la quale è importante dire qualcosa di

concreto a proposito del qui e ora dei fenomeni, non tanto su di una loro media.

Questo modo di pensare ricalca più l’ idea, certo feconda, che informò la statistica

alla fine del secolo scorso: il caso visto non come componente della realtà con la

quale è possibile dialogare, ma come un evento esterno ed imprevedibile che

segue però delle leggi universali che possono essere individuate.

Ciò che è mancato in questo decennio è stata la riunione tra i due modi di

vedere la complessità. Holland, ha affermato che la definizione di complessità è

soggettiva e sfuggente come il concetto di “verità” o “bellezza”, ed è un

12 Ci riferiamo ai lavori di Prigogine e di chi ha seguito il suo esempio, ed alla matematica dei frattali.

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Analisi sistemica complessa

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argomento molto delicato sul quale sta lavorando attualmente il premio Nobel

Murray Gell -Mann, attualmente a capo del consiglio di amministrazione

dell ’ istituto (Holland, 1998:conversazione personale con autore). Sembra quindi

che l’ Istituto di Santa Fe non abbia compiuto molti passi avanti da quando

Walldrop scriveva citando un discorso informale di Kauffman: “ I just don’ t have

a good answer. All these terms like emergence, life, adaptation, complexity –

these are the things we’ re still t rying to figure out13.” (Walldrop, 1993:359)

È però necessario far notare che uno studioso statunitense, Jhon l. Casti, ha

tentato di dare una risposta a queste domande. Nel suo libro Complexification

(1995), Casti rielabora le conoscenze sulla complessità sviluppate dall 'Istituto di

Santa Fe, e da altri ricercatori, al fine di trarre delle conclusioni di ordine

generale. In questa opera, Casti tenta di fondare le basi di ciò che egli chiama

"Scienze of Surprise14". Il suo è un'interessante tentativo di spiegare quali siano

le caratteristiche e le proprietà dei sistemi complessi, senza riferirsi

necessariamente alla loro struttura, ma senza ignorarla. Si tratta di un primo

elegante tentativo di includere in una sola teoria le ottiche di complessità

strutturale ed olista, ed anche se i risultati non vanno molto oltre una lista di

comportamenti e proprietà dei sistemi complessi, si tratta di un buon piano

programmatico per il futuro. È da notare come Casti abbia sviluppato un concetto

di emergenza pressoché identico a quello fornito da Morin venti anni prima, ma

13 Traduzione: “Semplicemente, non ho una buona risposta. Tutti questi termini come emergenza, vita, adattamento,

complessità – queste sono cose sulle quali stiamo ancora tentando di farci un’ idea.”

14 Il termine “scienza della complessità” è indissolubilmente legato al concetto di complessità strutturale, nella

letteratura statunitense. Siccome Casti tenta di sviluppare una teoria che superi l’ottica strutturale per assimilare alcuni

concetti di stampo olistico, come il ruolo dell ’organizzazione di elementi semplici, o le emergenze ottenute dai sistemi,

sceglie un termine che non crei confusione tra le sue ricerche e quelle del gruppo di Santa Fe. Noi possiamo tradurre il

termine con “scienza della complessità”, visto che l’autore cerca di mantenersi equidistante dalla complessità strutturale e da

quella olista.

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Il pensiero complesso

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arrivandoci in maniera indipendente15 e partendo da considerazioni basate sulla

complessità strutturale.

2.7) Conclusioni

Sorge ovvio domandarsi a questo punto quale sia il futuro di questa nuova

scienza. Gli strutturalisti sembrano estremamente chiusi nel loro modo di pensare

e di vedere la complessità come una proprietà di certe strutture. Analogamente,

gli olisti tendono a non trovare applicazioni pratiche per le loro teorie e la loro

epistemologia, se non cadendo nuovamente nella complessità strutturalista. Non

è un male che vi siano stati due approcci così differenti al problema, che però

hanno mostrato molti punti di comunanza. Male sarebbe se questa “riunione” non

dovesse avvenire mai, se non ci fosse un modo di integrare queste due strade, che

nascono unicamente da due punti di vista leggermente diversi. Ancora peggio

sarebbe se per un qualsiasi motivo una delle due strade divenisse la strada

maestra della scienza della complessità: è evidente che nessuno dei due approcci

è completo. Sarebbe un errore da veri riduzionisti credere che uno dei due

approcci sia quello giusto; in realtà entrambi lo sono, poiché entrambi studiano la

complessità, anche se attraverso un punto di vista diverso.

I lavori di Casti (1995, 1997) sembrano muovere un passo nella giusta

direzione, ma per il momento non sono che premesse programmatiche e basi per

un futuro sviluppo.

15 Morin non è citato da nessuno degli autori statunitensi che abbiamo visto.

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Analisi sistemica complessa

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3. Analisi sistemica complessa

Con questo nome indichiamo una metodologia di analisi che permette di

osservare i sistemi complessi. D’ora in poi verrà indicata con l’acronimo ASC.

Questa metodologia è stata sviluppata integrando l’apporto di diversi autori

che hanno studiato la complessità.

L’analisi sistemica complessa si basa su due definizioni e quattro precetti. Le

due definizioni sono quelle di “complessità” e “sistema complesso” e verranno

trattate nel prossimo paragrafo. Nei paragrafi immediatamente successivi

introdurremo i quattro precetti, ossia la circolarità dell ’analisi, l’attenzione

dell ’analisi ai risultati del sistema, la problematica della non neutralità

dell ’osservatore ed infine la scelta di un approccio approssimativo, e non

sempli ficativo, all ’analisi.

3.1) La complessità

Quasi ogni studioso che si sia occupato di complessità ne ha dato una sua

definizione. Per Morin, il primo ad affrontare organicamente il problema di una

complessità “astratta” e permeante ogni aspetto della realtà, il complesso non è

definibile, ma solo concepibile. Lo studioso deve apprendere il significato della

complessità tramite l’osservazione, l’esperienza personale, in quanto non esiste

un codice semplice che possa catturare una realtà complessa (Morin 1994)1.

1 Come vedremo, in seguito anche Morin non resiste alla tentazione di dare una sua definizione di complessità.

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I precetti dell ’analisi

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Questo concetto di complessità viene ripreso da diversi autori; in particolare

Zanarini (1990):

Come ho accennato, si è data spesso per scontata, in questi anni,l’opportunità di una formazione orientata all ’acquisizione di capacitàdi pensiero complesso, articolato, decentrato. […] Per questo motivo,mi sembra utile esplorare oggi la prospettiva di una “complessitàsilenziosa”, nella quale cioè ognuno riesca ad accettare lecaratteristiche squisitamente personali, autobiografiche, irripetibil idella propria strada verso il pensiero […]

Questo approccio tende a non definire con precisione il concetto di

complessità. Gli autori in questione sembrano voler intendere che “ la complessità

è la complessità”, e per comprendere il significato tale frase è necessario seguire

un sentiero di crescita intellettuale teso all ’apprendimento di come la complessità

sia parte della nostra esistenza.

Anche se questo punto di vista è assolutamente valido, anche se è vero che la

complessità non può essere spiegata, ma solo appresa, forse è possibile cercare

non tanto di spiegare, ma almeno di indirizzare colui che voglia intraprendere

tale sentiero di crescita personale lungo il cammino giusto.

Prigogine (1991) evita di enunciare una definizione puntuale di complessità.

Parla di comportamento complesso, dichiarando che è tale un comportamento

imprevedibile a partire dagli elementi dell 'organizzazione; afferma che è

complesso ciò che ha un comportamento complesso, e definisce quindi questo

comportamento in base ad una serie di esempi tratti da sistemi matematici, fisici,

chimici che presentano comportamenti oscill anti, dissipativi, auto-organizzanti

ed imprevedibili . Comunque, il termine complessità è usato anche da Prigogine

in maniera oscura, con il presupposto che il l ettore conosca già il suo significato.

Non per nulla il tit olo originale del suo lavoro è “Exploring complexity” e non

“Defining complexity” .

Casti dà sempre una definizione di complessità in termini di comportamento:

The vast majority of counterintuitive behaviors shown by complexsystems are attributable to some combination of the following five

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Analisi sistemica complessa

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sources: paradoxes/self-reference, instabil ity, uncomputability,connectivity, and emergence 2(1997:86).

Sembra che la diff icoltà di trovare una definizione di complessità abbastanza

precisa in letteratura sia un problema oggettivo. Ad esempio, Serra afferma che:

[…] per quanto riguarda la complessità, ricordo di avere scritto unlavoretto circa 10 anni fa in cui si passavano in rassegna diversi tipi didefinizione, dalla complessità computazionale a quella algoritmicaalla "profondità logica", e nessuna di queste catturava tutte lesfaccettature del concetto. D'altra parte, ciò non è infrequente nellascienza: anche il "semplice" concetto fisico di lavoro è diverso daquello quotidiano, tanto che un facchino che porta una valigiamuovendosi su un tratto pianeggiante non compie "lavoro" nel sensodella fisica (Serra, 1997: conversazione personale con autore).

Simile è l'opinione di Comboni (1991:10-11): "Una definizione chiara ed

esaustiva del termine è impossibile. Se così non fosse, non si potrebbe parlare di

«complessità»."

Il motivo per il quale l’argomento di una definizione di base della complessità

è stato evitato da molti è brill antemente individuato da Morin, nella prima pagina

del lavoro che presenta il suo “pensiero complesso” :

[La complessità] subisce al contrario una pesante tara semantica dalmomento che al suo interno contiene confusione, incertezza,disordine. La sua prima definizione non può fornire alcunadelucidazione: è complesso ciò che non può essere ricondotto a unalegge, ciò che non può essere ridotto a un’ idea semplice.[…] Lacomplessità è una parola problema e non una parola soluzione(Morin, 1993:1).

Ecco la fonte dell ’ imbarazzo nello spiegare la complessità: è complesso ciò

che non può essere sempli ficato, ed è semplice ciò che non è complesso. Una

definizione chiusa su se stessa, impossibile da analizzare se non con gli strumenti

propri di un pensiero molto sofisticato.

2 Traduzione: la maggior parte dei comportamenti non intuitivi mostrati dai sistemi complessi sono attribuibil i a qualche

combinazione delle cinque determinanti che seguono: paradossi/auto-referenza, instabil ità, incalcolabil ità, connettività,

emergenza.

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I precetti dell ’analisi

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Dobbiamo dunque usare questa forma di pensiero per uscire dall ’empasse che

attanaglia la logica lineare quando si avvicina al concetto di complessità. Una

definizione piuttosto elegante della complessità è data sempre da Morin, nella

stessa opera:

In prima istanza, la complessità è un tessuto (complexus: ciò che ètessuto insieme) di costituenti eterogenei inseparabilmente associati:pone il paradosso dell ’uno e del molteplice. In seconda istanza, lacomplessità è effettivamente il tessuto di fatti, azioni, interazioni,retroazioni, determinazioni, alea, che costituiscono il nostro mondofenomenico. (Morin, 1993: 10)

Questa definizione è assai interessante: per prima cosa è concreta. Non si

riferisce a concetti astratti, ma usa termini decisamente concreti e per i quali ogni

lettore può trovare corrispondenti nella sua esperienza quotidiana. Inoltre è

completa; individua univocamente tutto ciò che l’autore considera costituente

della complessità.

Purtroppo, è necessario allontanarci da questa definizione per il seguente

motivo: sostituendo nella frase citata sopra il termine “complessità” con “realtà”,

la definizione continua ad essere corretta. In altre parole, possiamo dire che la

realtà che ci circonda “è effettivamente il tessuto di fatti, azioni, interazioni,

retroazioni, determinazioni, alea, che costituiscono il nostro mondo fenomenico” .

Anche se è possibile affermare che la realtà è complessa, non dobbiamo cadere

nell ’errore di affermare che la realtà sia la complessità. La complessità fa parte

della realtà sperimentata da ogni individuo, condiziona l’esistenza di ogni essere

e di ogni oggetto; ma non possiamo identificare la forza creatrice con il prodotto

della sua creazione. Non possiamo identificare la complessità con la realtà: il

nostro mondo fenomenico è complesso; esso è il prodotto della complessità e, a

sua volta, crea nuova complessità. Ma non è la complessità.

Ai fini del presente lavoro, abbiamo elaborato una nozione di complessità che

ci facilit a nel capire ciò che stiamo affrontando; la definizione che useremo per

concettualizzare la complessità è la seguente:

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Analisi sistemica complessa

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La complessità è la caratteristica di un qualsiasi ente definito ricorsivamente.

Per prima cosa, la definizione intende la complessità come una caratteristica,

ossia un modo di essere di qualcosa. Non si tratta quindi di una proprietà, cioè di

qualcosa che un determinato oggetto può avere o non avere; si tratta

propriamente di una modalità di esistere, del modo nel quale la struttura

dell ’oggetto complesso è organizzata.

Si afferma poi che la complessità viene riferita ad un ente. La parola “ente”

intende in questo contesto qualsiasi oggetto (concreto o astratto) che sia

indagabile dalla mente umana. Un oggetto concreto può essere un sistema, un

oggetto astratto può essere un modello, o più in generale, un pensiero.

All ’ interno dell ’enunciato, la parola definito si riferisce ad ente. Ciò sta ad

intendere che sarà oggetto di nostra analisi solo ciò che può essere in qualche

modo definito: non ciò che esiste, ma ciò che conosciamo. Il concetto è distante

dai processi logici tradizionali secondo i quali un ente può essere reale o astratto,

ma è comunque obbiettivamente presente, indipendentemente dall 'azione di un

osservatore che lo possa definire. Esempli ficando, possiamo immaginare che

l’ente sia una montagna sperduta in qualche zona inesplorata, che esiste

indipendentemente dal fatto che un qualche esploratore l’abbia mai vista. È fuori

dubbio che tale ente esista, ma nessuno lo conosce, ed ancora peggio tutti

ignorano di non conoscerlo. Secondo la logica matematica, una doppia

negazione corrisponde ad un'affermazione, ma in questo caso non è così. Se non

si sa di non conoscere, non si ha una conoscenza, bensì una doppia ignoranza.

Ebbene, siccome l'ente è doppiamente ignorato, non possiamo farlo oggetto di

una nostra analisi; si tratta di qualcosa di inconcepibile e che non può influenzare

in alcun modo le ricerche degli scienziati.

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I precetti dell ’analisi

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Il giorno in cui un qualche esploratore (osservatore) venga a contatto con la

montagna (ente), potrà osservarla, memorizzarne la forma e le sensazioni che tale

scoperta gli ha suscitato. Se l’esploratore custodisce gelosamente questa

esperienza senza cercare di darle un senso, egli raggiunge una conoscenza

inespressa, quasi inconscia, dell ’evento. Così, adesso, oltre ad esistere, l'ente è

stato osservato. Ma questo ancora non basta. Aff inché il resto degli esploratori

conosca la montagna, è necessario che l'esploratore racconti la propria

esperienza; nel momento in cui questi racconta la propria esperienza,

l’esploratore opera una definizione dell ’ente osservato.

Questo è il significato del termine definito nell 'enunciato precedente. Aff inché

un ente possa dirsi complesso, anzi, aff inché possa essere preso come oggetto di

analisi, questo deve essere definito, ossia deve esistere la cognizione esplicita e

formale della sua esistenza. Infatti, la nostra analisi non ha per oggetto enti del

mondo fisico oggettivo. Nell ’analisi della complessità è necessario fare

riferimento ad enti che possono essere indagati, che esistono in quanto sono

presenti nella struttura cognitiva di un osservatore (Watzlawick, 1992).

La parola che chiude la definizione è “ricorsivamente”: ciò sta a significare

che parti dell ’ente in analisi sono necessarie per spiegarne altre. Una definizione

ricorsiva è una spiegazione dell ’oggetto che necessita, per essere compiuta, di

altre definizioni dell ’oggetto stesso, le quali , a loro volta, necessitano della

prima. Questo modo di procedere è contrario alla logica tradizionale, che

dimostra una conclusione a partire da premesse, in un processo di sviluppo

sequenziale che lega cause ad effetti in un verso solo, dal problema alla

soluzione. Purtroppo, la complessità non può essere affrontata in questo modo.

La complessità esiste in ambiti di cause-effetti-cause, che non possono essere

debitamente spezzati senza una perdita irreparabile di conoscenza (Morin,

1994:186ss)

Rivisitando la definizione nel suo insieme (la complessità è la caratteristica di

un qualsiasi ente definito ricorsivamente) è possibile svolgere ulteriori

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Analisi sistemica complessa

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considerazioni. La definizione di un oggetto reale non è che un rapporto tra

l’osservatore e l’osservato: tramite la definizione l’osservatore internalizza

l’oggetto, lo conosce e lo comprende. La complessità nasce da questo rapporto

definitorio; i sistemi non sono complessi o semplici, si accontentano di essere.

Come dice Le Moigne (1985:90) "[…]la complessità di un sistema non è

necessariamente una caratteristica di questo sistema (sia esso naturale o

artificiale), ma una proprietà della rappresentazione attualmente disponibile di

questo sistema[…]" (corsivo nel testo). È solo nella mente dell ’osservatore che

esiste la complessità, ossia un modo di concepire le cose che, secondo la sua

esperienza, hanno una certa caratteristica. Ecco perché la complessità è

caratteristica degli enti definiti . La complessità è frutto della definizione.

Una semplice domanda dimostra come la logica tradizionale non sia capace di

spiegare enti complessi. Ad esempio, possiamo chiederci “La competitività

deriva dal reddito, o il reddito è un frutto della competitività?”

L’ente in questione è una domanda che presenta alcune definizioni implicite; il

problema si presenta complesso perché nella domanda si presume che il reddito

sia definito come “oggetto che genera competitività”, mentre questa è definita

come “oggetto che genera reddito” . Date queste premesse è impossibile

rispondere alla domanda (ossia analizzare l’ente) usando una logica causa-effetto,

perché per tale tipo di logica il problema è mal formulato. Le definizioni non

possono appoggiarsi su altre definizioni precedentemente non dimostrate, o

assunte come assioma, dunque il problema deve essere riformulato (Casari,

1995).

Questa semplice dimostrazione mette in evidenza come la logica tradizionale

(o sequenziale) non sia adatta a spiegare i fenomeni che vengono comunemente

chiamati complessi.

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I precetti dell ’analisi

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3.1.1) Cosa non è complessità.

Si è molto parlato di complessità, in termini di complessità ambientale,

organizzativa, funzionale, sociale ed in molti altri ambiti ancora.

Molto spesso la numerosità degli elementi e delle relazioni costituenti gli

oggetti di studio è stata chiamata complessità, e l’aumento di relazioni e di

elementi in cose già complesse è stato chiamato ipercomplessità3.

Ad esempio, Ceruti riporta diverse impressioni sulla natura della complessità.

Quella a cui dà maggior peso è la seguente:

“Atlan concepisce la complessità come la varietà esistente in unsistema, che si riflette nella quantità di informazione che questo è ingrado di generare, ossia, di comunicare ad un osservatore.” (Ceruti,1989).

Complessità in termini di “ informazione” dunque. La complessità sarebbe la

“varietà”, ossia la numerosità di elementi e relazioni presenti in un sistema, e

delle configurazioni a cui tale sistema può dare origine.

Vorrei sottolineare che secondo la prospettiva da noi adottata, non è corretto

associare a questi fenomeni il concetto di complessità; possiamo indicare la

numerosità degli elementi e delle relazioni incontrata nella definizione di certi

fenomeni come complicatezza. Per complessità, in questa tesi, sarà indicata solo

la caratteristica di un ente definito ricorsivamente. Come abbiamo visto nella

domanda "Il reddito genera competitività o viceversa?" un ente complesso può

essere costituito anche solo da due elementi e due relazioni. Nulla vieta che l'ente

possa essere formato da un solo elemento in relazione ricorsiva con se stesso,

formando così un ente complesso.

3 A puro titolo di esempio, si veda “Complessità e ipercomplessità: il punto di vista di un cibernetico” di Giuseppe O.

Longo e “Dalla complessità all’ ipercomplessità nella comunicazione” di Graziella Mazzoli, entrambi in Ardigò (1990).

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Analisi sistemica complessa

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3.1.2) I sistemi complessi

Una particolare categoria di enti complessi sono i sistemi. Forrester, il padre

della system dynamics, definisce i sistemi come “ insieme di parti che operano

congiuntamente per uno scopo comune” (Forrester, 1974). Si tratta di una

definizione brill ante, in quanto centra il motivo per il quale un sistema esiste:

l’operare in comune di alcuni enti prima separati. Forrester, nella stessa opera,

afferma che lo scopo di un sistema non è nel sistema stesso; il sistema non

conosce necessariamente i propri scopi, che gli vengono invece attribuiti da un

osservatore esterno. Osservatori diversi potranno attribuire al sistema uno

“scopo” diverso. Così, per un geologo, un minerale sarà l’organizzazione di

atomi nata per resistere ad elevate pressioni e temperature; per un collezionista,

potrebbe avere lo scopo di riempire un certo angolo di una certa bacheca. Il

concetto che esprime Forrester è molto evoluto per i sui tempi, ma nonostante

questo, egli spera di poter spiegare il comportamento di qualsiasi sistema a

partire dall ’ insieme degli elementi che sono in esso, e delle relazioni strutturali

che lo accompagnano. Forrester (1974:1-6) riporta il seguente esempio:

“Quando funziona senza operatore, il motore non ha alcun obbiettivoper quanto riguarda la sua velocità. […] La presenza di un operatoreda luogo ad un sistema di retroazione sotto l’aspetto dell ’esistenzadell ’obbiettivo di una velocità costante: le variazioni di carico delmotore provocheranno mutamenti della velocità prefissata, che a lorovolta, allorché l’operatore cerca di mantenere la velocità prefissata,produrranno un mutamento compensativo dell ’apertura della farfalla.”

Ebbene, in realtà questa concezione di “obbiettivo di sistema” non può essere

condivisa. Forrester non si accorge che non ha dato un osservatore al sistema, ma

ha semplicemente “ ingrandito” il sistema. L’operatore così definito non può

essere in alcun modo ritenuto esterno al sistema, ma deve essere considerato

parte di esso: il motore non reagisce “magicamente” al cambio di velocità, ma

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I precetti dell ’analisi

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subisce il controllo di una parte del sistema motore/operatore. Nasce un sistema

sovraordinato che include i due sottosistemi.

Come Forrester stesso ammette, indicando la società, l’ individuo, la struttura

economica come sistemi che possono essere studiati solo con leggi matematiche,

si snatura la loro complessità originaria; riducendo alla definizione matematica i

sistemi complessi, questi appaiono non più complessi, ma solo complicati. Così

un essere vivente è un insieme di atomi, e di relazioni che legano questi. Così un

individuo è un insieme di organi ed esseri viventi (cellule, agenti immunitari,

flora batterica ecc…), e la sua mente è descritta da un insieme di pensieri, che

traggono origine dal suo cervello, un insieme di neuroni. Complicato, certo, ma

non complesso.

Quando però siamo di fronte a sistemi che presentano elementi dal

comportamento aleatorio e relazioni instabili e mutevoli a causa di un continuo

processo di autorganizzazione, tali definizioni sembrano fuori luogo. Il fatto

stesso che le strutture del sistema possano cambiare, diversificarsi, mette in crisi

la logica tradizionale che parte da premesse certe ed immutabili .

Zanarini (1990:30) scrive:

Diremo dunque che un sistema complesso :

• è costituito da molti elementi in relazione tra loro;

• non è isolato, ma è in rapporto di scambio (di materia ed energia)con l’ambiente.

• manifesta caratteristiche di organizzazione che sono imprevedibil ia livello delle parti e nello stesso tempo non sono prescrittedall ’esterno.

Il primo punto della definizione non è altro che la definizione classica di

sistema. I primi due punti riguardano la definizione dei sistemi aperti. Con il

terzo punto si entra nella definizione dei sistemi auto-organizzatori. Questa

definizione però non può essere accettata in via definitiva, in quanto spiega ciò

che un sistema complesso fa, non ciò che é.

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Analisi sistemica complessa

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Così come nella definizione di complessità, anche per la definizione di sistema

complesso gli autori che se ne sono occupati hanno trovato più conveniente

lasciare che il l ettore comprenda da solo cosa è un sistema complesso,

osservando il suo comportamento. Se ci è consentito, sembra quasi che gli autori

che hanno scritto di complessità abbiano tralasciato completamente il problema

della definizione, assumendo che un sistema complesso sia facilmente

individuabile. Come se la definizione uff iciosa fosse: “se si comporta in modo

strano, è un sistema complesso.”

Useremo la definizione di complessità enunciata in precedenza per derivare un

enunciato che possa guidarci nella comprensione dei sistemi complessi. Essendo

i sistemi particolari categorie di enti, ossia quegli enti che sono formati da

elementi in relazione, possiamo affermare che:

Un sistema complesso è un sistema nel quale gli elementi sono definiti i n base

ad altri elementi dello stesso.

Così come nel caso della precedente definizione data, la complessità si

configura come caratteristica intrinseca del sistema; e come abbiamo dimostrato,

la caratteristica nasce dal rapporto tra l’osservatore e l’oggetto di analisi: la

definizione.

Possiamo cioè definire un essere umano come un sistema formato da corpo e

mente ove la mente domina il corpo; avremo così un sistema semplice, dato che

non esistono definizioni basate su altre elementi del sistema. Invece possiamo

definire lo stesso individuo come un essere formato da una mente che lavora per

il corpo ed un corpo che lavora per la mente; in questo caso avremo un sistema

complesso. Se definisco come sistema sociale un sistema formato da “ individui” ,

e definisco questi come “entità aventi comportamento simile ad altri individui” ,

ottengo un sistema complesso; queste due semplici esempli ficazioni possono non

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I precetti dell ’analisi

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dare risultati estremamente utili dal punto di vista conoscitivo e predittivo, ma

sono sempre definizioni valide, in termini minimi, e determinano un sistema

complesso.

A questo punto sembra sensato chiedersi perché si è reso necessario un

approccio differente dal paradigma causa-effetto nell ’analisi dei sistemi. Se tale

analisi non è più suff iciente per le nostre indagini, vuol dire che essa ha raggiunto

i propri li miti .

Per rendere l’ idea della questione dei li miti dell ’analisi causa-effetto,

ammettiamo di voler analizzare un sistema sociale. Per esempio, possiamo

considerare un plotone milit are come un “piccolo” sistema sociale, i cui membri

si riconoscono non solo come individui, non solo grazie alle relazioni che li

legano agli altri (linee di comando, simpatie, antipatie, ecc...) ma anche e

soprattutto si riconoscono “rispetto agli altri” . Un soldato si sente in qualche

modo simile agli altri, diverso dal sergente, molto diverso dal tenente e

completamente diverso dal comandante. Stesso dicasi per gli altri “elementi” del

sistema. Questa possibilit à di definire gli elementi del plotone in base ad altri

elementi dello stesso ci autorizza a considerarlo come un sistema complesso.

Tuttavia, se volessimo condurre un'analisi tradizionale, di tipo premesse-risultati,

o causa-effetto, sarebbe necessario conoscere tutte le relazioni sociali , emotive e

gerarchiche sia consce che inconsce che legano ogni singolo componente del

plotone a tutti gli altri. Se questo fosse possibile, potremmo dire di avere una

perfetta conoscenza della struttura del sistema. Sarebbe poi necessario conoscere

il comportamento dei singoli elementi, e nonostante gli immani sforzi compiuti

fino ad ora dalla psicologia, dalla sociologia e dall ’economia, non esiste una

risposta valida a tale problema. Si riconoscerà subito che il tempo necessario a

studiare una simile struttura potrebbe però essere ben superiore all ’arco di

un’ intera vita, cosa che renderebbe l’analisi inutile. Anche ammesso però di

riuscire a conoscere la “struttura” di tale sistema, che significa avere piena

conoscenza di tutte le paure, le esperienze, le emozioni ed i comportamenti

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Analisi sistemica complessa

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possibili degli i ndividui, stabili re il comportamento di fronte ad uno stimolo

(fuga o lotta di fronte ad un pericolo mortale, per esempio) sarebbe comunque

un’ impresa ciclopica.

3.2) Complessità ricorsiva

Questo è il precetto più importante e che ha dato origine alla necessità di

studiare una nuova metodologia di analisi. I sistemi esistenti sono costituiti da

relazioni circolari a molteplici l ivelli; spezzare queste relazioni (come è stato

tentato dall ’approccio riduzionista) non permette di cogliere il sistema nella

propria interezza. Scrive Morin (1994):

Si afferma con ciò che spezzare la circolarità, [...] significaprecisamente ricadere sotto il dominio del principio didisgiunzione/semplificazione al quale vogliamo sfuggire. Di contro,conservare la circolarità significa rifiutare riduzione di un datocomplesso ad un principio mutilante.

Morin non è il solo a mantenere questa opinione. Tra le molte voci che si

levano contro una sempli ficazione mutilante della realtà troviamo anche Pribram,

che dice “Modern analithical logic fails to cope with complexity” (Pribram,

1996). Oppure Zanarini (1996), nel seguente passaggio:

“Per ampliare questa prospettiva, dobbiamo innanzitutto accettare,accanto a una causalità semplice, lineare e intuitiva anche unacausalità non intuitiva e non lineare, che ci appare spesso inattesa esorprendente. Ma soprattutto, come vedremo, la riflessione sullacomplessità del mondo, che anche la scienza ci sollecita, sottolinea inparticolare l’ importanza della relazione circolare che lega tra loroquelli che forse non si possono nemmeno più chiamare cause edeffetti, ma piuttosto aspetti diversi e interconnessi della realtà.”

Quindi, una scienza che riconosca cause ed effetti è assolutamente riduttiva e

limitante, non in grado di cogliere la complessità nella sua espressione globale.

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I precetti dell ’analisi

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La scienza delle cause e degli effetti ci aiuta a vedere una piccola parte di un

universo immenso.

Vi è un altro aspetto della complessità che è necessario sottolineare. Fino ad

ora, per semplicità espositiva, abbiamo considerato solo le relazioni circolari

esistenti tra gli elementi di un sistema; ma la complessità è un fattore

multidimensionale. Si ha infatti, che gli elementi di un sistema complesso

possono essere messi in relazione anche con il sistema stesso. Inoltre, il sistema

ha relazioni (complesse) con enti esterni, e questi possono avere relazioni

complesse con gli elementi. (Serra et al., 1986). Scrive sempre Pribram (1996):

“Same level science by itself is ineffective. The resolution comes across when

transformation across interfaces are taken in account.” 4

In termini attinenti all ’oggetto della tesi, non solo la funzione acquisti ha

relazioni complesse con la funzione produzione, ma entrambe sono in relazione

(complessa) con l’ impresa, che è in relazione con i fornitori, i quali sono in

relazione con la funzione acquisti. Un ciclo di relazioni, dalle quali il confine del

sistema esce sfumato. Queste relazioni sono il motivo che ha condotto tutta la

letteratura economica a porsi la questione dei confini dell ’ impresa, questione che

affronteremo più avanti parlando dell ’osservatore del sistema.

Esiste poi un altro aspetto della complessità. Ciò che abbiamo considerato

elementi, possono essere visti essi stessi come sistemi complessi. Infatti, se

ammettiamo che un sistema complesso sia un sistema composto da elementi

definiti ricorsivamente, anche tali elementi possono essere soggetti alla stessa

definizione. In realtà, gli elementi sono sempre scomponibili i n parti. Elementi

ultimi, come l’atomos dei greci, sono solo astrazioni filosofiche. Qualsiasi

oggetto reale può essere scomposto in elementi costituenti, o quantomeno

“definito” come insieme di elementi costituenti (Morin, 1994).

4 Trad: “La scienza utilizzata ad un solo li vello, da sola, è ineff icace. La soluzione arriva solo quando prendiamo in

considerazione le trasformazioni che avvengono attraverso le interfacce [tra differenti li vell i]” .

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Sempre secondo seguendo l’oggetto della nostra tesi, la funzione di acquisti,

prima considerata elemento del sistema impresa, è scomponibile in compiti da

eseguire (forse funzioni o processi), i quali sono portati a termine da persone, che

sono formati da organi ed hanno una mente, che è formata da cognizioni. Non è

impossibile pensare un ente complesso composto da un unico elemento definito

ricorsivamente su se stesso.

3.2.1) Le dimensioni della complessità

Possiamo vedere come esistano diversi tipi di relazione complessa in un

sistema. La prima è la relazione di rapporto ricorsivo tra gli elementi. Questa è la

complessità di base, dalla quale nasce ogni forma di complessità: la mutilazione

di questa forma di rapporti genera solo modelli parziali , non in grado di cogliere

l’attività del sistema nella sua globalità.

La seconda dimensione della complessità si concreta nel rapporto tra elementi

e sistema. L’ente sovraordinato generato dall ’unione degli elementi, può essere

visto anche come entità separata, nuova rispetto ad essi. Così possiamo affermare

che una mano, avvicinando il cibo alla bocca, evento che rientra nella prima

dimensione della complessità, contemporaneamente nutre il corpo, che è il

sistema. Fuor di metafora, la funzione di produzione non solo produce materiale

per la funzione di vendita (magari passando per un magazzino), ma risponde a

disposizioni aziendali che non possono debitamente essere imputate ad un

preciso centro decisionale: anche se formalmente la decisione discende da una

certa area aziendale, anche se porta la firma di un particolare dirigente, la

decisione è presa in base alle esigenze di tutta l’ impresa. Così, se giunge un

ordine di produrre un certo quantitativo di materiale entro un certo tempo, questo

non è dovuto al capriccio di un dirigente, ma alle necessità ed alle possibilit à di

tutta l’ impresa nel suo insieme.

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I precetti dell ’analisi

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La terza dimensione della complessità è nel rapporto tra enti esterni ed enti

interni al sistema, quindi tra il sistema (nella sua globalità o in alcune sue parti)

ed altri sistemi (nella loro globali tà o in alcune loro parti). Così, ad esempio, una

colonia di api interagisce con un dato albero, generando così reciproci vantaggi;

in questo rapporto si ha però anche una relazione tra le singole api ed i singoli

fiori, cosa che permette alle prime di nutrirsi, ed ai secondi di riprodurre l’albero

al quale appartengono. Allo stesso modo esiste un rapporto tra l’azienda ed i

fornitori, che può essere concretizzato o meno nel rapporto tra funzione acquisti

dell ’azienda e funzione vendite del fornitore, o concludersi addirittura nel

rapporto tra due persone appartenenti alle due organizzazioni. In un certo senso,

questi aspetti del rapporto esistono e coesistono insieme; a volte sarà più evidente

un aspetto globale, altre volte l’aspetto personale potrà prevalere su quello

funzionale o aziendale. Ma in ogni caso, si ha il rapporto tra un sistema (o i suoi

elementi) ed un altro sistema (o i suoi elementi), e questa è la terza dimensione

della complessità.

La quarta dimensione della complessità è stata individuata da Morin come

“dimensione ologrammatica” (Morin, 1989). Un ologramma è un’ immagine

tridimensionale disegnata su un supporto adatto, ad esempio il vetro. Se

rompiamo il vetro, ogni frammento contiene sorprendentemente una copia

dell ’ immagine iniziale, meno nitida, ma riconoscibile. Questa è una caratteristica

comune a qualsiasi sistema complesso: ogni parte ha una conoscenza

dell ’ insieme, e si comporta organicamente al sistema in base a questa

conoscenza. Così, ogni cellula reca impresso il codice genetico dell ’ intero corpo

al quale appartiene, ogni funzione aziendale conosce il comportamento

dell ’ impresa alla quale appartiene e cerca di conformarsi ad esso, ogni persona

impiegata in una certa area aziendale conosce i meccanismi presenti sia in essa

che nell ’azienda intera. È come se si portasse un’ immagine ologrammatica

dell ’azienda alla quale appartiene; solo dalla sua esperienza sarebbe possibile

ricostruire grossomodo l’ intero sistema.

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Con un po’ di fantasia possiamo estendere il concetto anche a sistemi che non

possono essere definiti pensanti. Ad esempio, un fiore cresciuto in un campo

spazioso e ben ill uminato sarà sicuramente più forte e più alto di uno cresciuto

nel folto di una buia foresta. Il fiore porta in se il “ricordo” (inteso nel senso di

sviluppo di un sistema secondo gli stati precedenti) della sua esistenza passata.

Una goccia d’acqua proveniente da un bicchiere non è diversa da quella

proveniente da una bottiglia, ma solo perché per l’acqua non ha senso la

differenza tra i due contenitori. La goccia è però diversa, almeno per un certo

tempo, se la prendiamo da un contenitore contenente acqua calda, ed una

contenente acqua fredda.

La quinta dimensione della complessità è la replicazione delle quattro

dimensioni precedenti a qualsiasi li vello. Così, se l’azienda è un sistema

complesso di divisioni, le divisioni sono sistemi complessi di persone, che sono

sistemi complessi di organi ecc. Allo stesso modo, settori competitivi sono

sistemi complessi di aziende, come lo sono alcune configurazioni di

fornitori/clienti consolidate. E le aziende fanno parte di sistemi economici

nazionali , internazionali , globali , i quali sono elementi per sistemi sociali di

dimensioni più disparate. La replicazione ad ogni l ivello delle quattro dimensioni

della complessità è la sua quinta dimensione.

È da notare come le dimensioni della complessità si fondano assieme. La

prima è la complessità tra elementi di un sistema. La seconda è la complessità tra

elementi e sistema. La terza è la complessità tra elementi, sistemi, ed elementi di

altri sistemi. La quarta è la dimensione ologrammatica, la capacità degli elementi

di contenere una rappresentazione dell ’ insieme. La quinta è la complessità

intrinseca degli elementi, anch’essi sistemi complessi. Il ciclo, infine, ricomincia;

ciò che era rapporto tra elementi per un sistema sovraordinato, per quegli

elementi (anche essi sistemi complessi) è un rapporto tra sistemi diversi. La

prima dimensione di complessità riferita al sistema corrisponde alla terza

dimensione di complessità riferita ai suoi elementi. Ogni dimensione si

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I precetti dell ’analisi

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compenetra e cambia aspetto a livelli di analisi diversi, Ogni dimensione

necessita delle altre dimensioni per poter esistere: in questo senso la complessità

è ricorsiva e chiusa su se stessa.

3.2.2) L’irriducibilità della complessità di base

In passato si è tentato di interpretare fenomeni complessi attraverso

spiegazioni articolate, dettagliate, complicate ma non complesse. Ogni tentativo

di indagare fenomeni complessi cercando l’elemento di base, una specie di

distill ato, di quintessenza alchemica, ha avuto qualche successo, ma ha dovuto

arrendersi di fronte a ciò che sembrava una fluttuazione erratica di valori di

riferimento. Così, un sistema economico sembrava comportarsi secondo leggi

descrittive decisamente semplici; le devianze dalle previsioni erano interpretate

come errori stocastici (sperabilmente a media zero). Ma inevitabilmente i

fenomeni presi in considerazione variavano il l oro comportamento in maniera

talmente imprevedibile da invalidare le semplici formule iniziali . Succedeva

qualcosa di imprevisto, di inaspettato, che metteva in crisi i modelli formulati. La

risposta a questi eventi imprevisti fu il tentativo di considerarli anch’essi casuali ,

e di stabili re che il modello era comunque valido “sotto certe ipotesi” . Ipotesi che

però non si verificavano più, una volta che il sistema si era complessificato.

Questo fenomeno, la devianza inarrestabile del comportamento dei sistemi da

schemi logici semplici, è spiegabile con una precisa affermazione: la complessità

di base non è riducibile. Non possiamo sperare di trovare definizioni semplici

(sinonimo di causa-effetto) per fenomeni complessi senza una perdita irreparabile

di conoscenza. Morin (1994:108) scrive:

“È certo necessario conoscere i principi semplici di interazione da cuiconseguono innumerevoli combinazioni, ricche e complesse. Cosìsappiamo ormai proficuamente che la grande diversità degli atomi,l’ infinita complessità delle molecole, si costituiscono a partire dacombinazioni fra protoni, neutroni ed elettroni che obbediscono ad

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Analisi sistemica complessa

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alcuni principi di interazione. Sappiamo che alcune semplici regolepermettono l’ infinita diversità delle combinazioni genetiche degliesseri viventi. Sappiamo che i principi di organizzazione dellinguaggio permettono di combinare all ’ infinito i fonemi nei discorsi.Accontentarsi di questo tipo di spiegazione significa però scantonarela complessità di partenza [...] e la complessità di arrivo [...] Laletteratura non è soltanto grammatica e sintassi, è Montaigne eDostoevskij.”

L’analisi tradizionale aveva come fulcro la definizione della realtà analizzata.

Tentava cioè di definire ciò che il sistema è. Da questa informazione, tramite

passaggi deduttivi di certezza assoluta, l’analisi desumeva ciò che il sistema fa.

Questo processo deduttivo si basa sulla tacita (e forse inconscia) premessa che

ciò che un sistema è in grado di fare dipende unicamente dal modo nel quale è

internamente organizzato. Esempli ficando: un circuito elettrico costituito da un

interruttore, una fonte di energia ed una lampadina è in grado di ill uminare un

ambiente quando desiderato. Lo si deduce dal fatto che la lampadina ill umina un

ambiente se collegata ad una fonte di energia, ed un interruttore è in grado di

collegare e scollegare una fonte di energia quando desiderato. Dalla struttura, dal

comportamento degli elementi si deduce il comportamento del sistema.

Se questo è agevole per i sistemi semplici, ciò è impossibile per i sistemi

complessi. La deduzione logica è infatti un processo di inferenza che a partire da

alcune premesse, giunge ad una conclusione (a partire dalla struttura si giunge al

comportamento del sistema). Nei sistemi complessi, la struttura è definita

ricorsivamente, quindi è impossibile dedurre il l oro comportamento. Se, ad

esempio, un sistema è formato da una bacinella d’acqua che viene versata su di

una piastra rovente, se gli unici dati a nostra disposizione sono che la piastra

rovente scalda l’acqua, e che l’acqua raffredda la piastra, non siamo in grado di

trarre alcuna conclusione certa: il problema, di fronte agli strumenti logico

deduttivi è mal strutturato. Se invece ridefiniamo il sistema studiando le proprietà

termiche dell ’acqua e della piastra, saremo in grado di dedurre un

comportamento globale per il sistema in base a strumenti matematici. Tuttavia un

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I precetti dell ’analisi

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calcolo esatto degli effetti è impossibile: esistono errori di misurazione delle

costanti termiche, condizioni ambientali i nfluenti (l’esperimento avviene in

laboratorio o all ’aperto?), fattori casuali (quanta acqua viene sprecata nell ’atto

del versare?) e moltissimi altri fattori che la teoria dei sistemi classici ignora,

ossia sempli fica. Un problema complesso, quindi definito ricorsivamente, può

essere ristrutturato in modo da presentarsi “risolubile” tramite procedimento

deduttivo, il quale, inevitabilmente, trarrà conclusioni esatte, partendo da

premesse errate (sempli ficate). Isabelle Stengers afferma che "occorre

considerare che la descrizione dei sistemi ‘semplici’ è una descrizione povera,

adatta soltanto ai casi li mite singolari che costituiscono i sistemi a

comportamento reversibile" (1985:68).

In generale, se fosse possibile dare una definizione semplice (non ricorsiva) di

fenomeni complessi senza introdurre semplificazioni, otterremmo delle premesse

valide, dalle quali l a logica deduttiva è in grado di trarre senza errore conclusioni

valide ed esatte. Tuttavia, ogni tentativo di spiegare un fenomeno in termini

semplici introduce una sempli ficazione.

Le diverse discipline che studiano sistemi e modelli hanno introdotto

terminologie proprie per indicare questo fenomeno. La fisica chiama l’effetto

distorcente dovuto alla sempli ficazione dei fenomeni “errore di misurazione”. La

statistica lo chiama “errore normale”. L’economia lo chiama “fluttuazioni

erratiche (delle grandezze economiche)” , o si rifà alla terminologia della

statistica. In ogni caso, la sempli ficazione introduce un errore.

Il problema potrebbe chiudersi con la discussione sulla grandezza dell ’errore,

o con la definizione di strumenti di analisi più precisi; così è stato tentato fino ad

ora. Si è cercato di eliminare l’errore dovuto alla sempli ficazione (o di ridurne

l’ importanza) tramite valutazioni dello stesso. Così, ad esempio, “Theil i ndica

che i vincoli propri del modello econometrico debbano essere espressi in termini

probabili stici” (Predetti, 1995).

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Analisi sistemica complessa

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Purtroppo, con l’evolversi degli studi sulla complessità si è visto come questa

operazione sia concettualmente errata. Ritornando all ’esempio semplice della

piastra calda e dell ’acqua versata, le leggi trovate nell ’ambito della disciplina

fisica sono in grado di determinare il comportamento di tale sistema (con un dato

margine di errore) se l’esperimento si svolge in condizioni di laboratorio, ossia se

l’acqua viene versata meccanicamente, in un ambiente isolato a temperatura

costante, usando un tipo particolare di acqua (in genere si usa acqua distill ata), e

se nessun fattore esterno imprevisto interviene nell ’esperimento. In questo caso,

la fisica risolve un problema che non esiste, perché nessuno, a parte qualche

ricercatore, si troverà nelle condizioni stabilit e.

Trasfigurando l’esempio in una realtà economica, l’economia politi ca è in

grado di determinare il comportamento del mercato se non ci sono turbamenti

provenienti da altri mercati (lo shock petroli fero del 1974 è un esempio), se i

mercati sono isolati dal mondo non economico (se il capo dello stato sta male la

borsa crolla, a volte), se non si considerano aspetti psicologici degli operatori, e

la lista di vincoli potrebbe continuare. In questo caso (nella realtà sempli ficata),

si ottiene una stima imprecisa, ma aff idabile, dell ’andamento dei mercati. Il

problema è che il modello studiato non ha niente a che vedere con la realtà

analizzata. Introdurre anche una sola sempli ficazione significa analizzare una non

realtà, una situazione diversa da quella esistente, e che può portare solo ad una

conseguenza : l’ interpretazione scorretta del fenomeno.

Questo è il problema legato al processo di sempli ficazione. Ci consente di

analizzare correttamente fenomeni non reali , perché mutila la complessità di

base. L’effetto del processo di sempli ficazione è quindi quello di ottenere delle

stime di fenomeni reali distorte. Tale distorsione non è dovuta all ’errore “di

misurazione”, ossia l’errore insito negli strumenti e nelle metodologie adottati

per svolgere le misurazioni; le distorsioni sono inevitabilmente dovute ad una

scorretta interpretazione del fenomeno.

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I precetti dell ’analisi

68

Come abbiamo visto in precedenza, analizzare un sistema complesso a partire

dalla sua struttura significa sempli ficarlo. La struttura è infatti uno schema

rappresentativo costruito dal ricercatore, sulla base di ipotesi li neari. Una

qualsiasi struttura comporta la definizione di elementi semplici. Una struttura

tratta da un’azienda nella quale la funzione acquisti riceve ordini dalla

produzione e invia ad essa materiali non ha niente di complesso. In tale

definizione del fenomeno azienda si è infatti ipotizzato che le due funzioni siano

isolate come camere stagne, e funzionanti indipendentemente dall ’esistenza l’una

dell ’altra. I flussi operativi (di ordini, materiali o quant’altro) non sono

definizioni ricorsive ; il fatto che la funzione acquisti “mandi qualcosa” al reparto

produzione, e questo “chieda qualcosa” agli acquisti non mette le due funzioni in

relazione ricorsiva. Gli acquisti non sono definiti i n base alla produzione, e

viceversa, dunque una struttura concepita in tale maniera non è complessa,

qualunque sia il numero di funzioni e la diversità di relazioni tra di esse.

La struttura, abbiamo detto in precedenza, coglie quindi solo un aspetto

parziale del fenomeno analizzato, tralasciandone altre; in altre parole introduce

sempli ficazioni. L’esempio appena portato mette in luce il fatto che il ricercatore

che ha sempli ficato l’ impresa come insieme di “blocchi funzionali ” e relazioni

formali tralascia altri elementi che esistono in essa, come relazioni interpersonali ,

contatti con il mondo esterno, scambi di opinioni, ed un’ infinità di altri elementi.

Per gli stessi motivi indicati sopra, la realtà individuata dal modello di struttura

non coglie nell ’ insieme il fenomeno dell ’esistenza dell ’ impresa.

Riassumendo, se studiamo un sistema complesso a partire dalla sua struttura,

è certo che il suo comportamento sarà imprevedibilmente differente da quello

dedotto.

Questa non è un’ammissione di impossibilit à di analisi: questo precetto

afferma solo che pur conoscendo gli elementi del sistema e le relazioni

intercorrenti tra di essi è impossibile prevederne il comportamento con esattezza.

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Analisi sistemica complessa

69

La nostra attenzione si deve quindi focalizzare su un altro aspetto, che siamoin grado di studiare senza sempli ficare la realtà; questo approccio è descritto dalprossimo precetto del metodo.

3.3) Studio dei risultati ottenuti dal sistema.

L’ASC non cerca di prevedere il comportamento del sistema in base alla sua

struttura: abbiamo dimostrato come qualsiasi definizione di struttura di un

sistema sia infatti riduttiva, ed incapace di cogliere la realtà nella sua

complessità. È necessario trovare un’altra strada, un altro metodo di analisi.

Il fuoco dell ’analisi è concentrato sul comportamento del sistema, o in altre

parole, sui risultati da esso ottenuti. Per questo motivo, l’ASC non studia i

risultati di impresa a partire dalle singole funzioni aziendali , o dagli impiegati, o

dalle procedure mantenute dall ’azienda, o da qualsiasi altro schema che

sempli fichi l ’essenza di un’ impresa.

Scrive Langton: “The most surprising lesson we have learned from simulating

complex physical systems on computers is that complex behavior need not to

have complex root.” (Walldrop, 1993:279). Poco più avanti, Walldrop

(1993:279) commenta i risultati ottenuti da Langton: “More precisely, he

[Langton] says that you should look at the systems in terms of how they behave

instead of how they are made.”

Il sentore della necessità di studiare i sistemi complessi a partire dal loro

comportamento, e non dalla loro struttura, era dunque già presente da qualche

tempo. L’ASC raccoglie questo invito, cercando di dare al concetto una sostanza

ben precisa.

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I precetti dell ’analisi

70

3.3.1) Il tutto è più della somma delle parti

Il titolo del presente sottoparagrafo è tratto da un lavoro di Morin (1994:136).

È giunto il momento di chiederci quale sia il motivo dell ’esistenza della

complessità. La domanda che dobbiamo affrontare per procedere è “Perché

esistono i sistemi complessi?”

Prima di procedere nel dare una risposta a tale questione, è utile mostrare un

esempio che permetta al lettore di capire a fondo la problematica, e che gli

consenta di avere spunti di riflessione propri.

L’esempio è il seguente: in epoca primitiva gli esseri umani (o i loro

progenitori) si sono aggregati perché trovarono conveniente cacciare e difendersi

in gruppo. Evidentemente, si accorsero che un individuo, da solo, poteva

procurarsi cibo appena suff iciente a sfamare se stesso e la propria famiglia, e non

avrebbe potuto affrontare periodi di malattia o di incapacità temporanea. In

gruppo, invece, vi sarebbero state delle sinergie che avrebbero permesso agli

esseri umani di cacciare meglio, e di venire sfamati quando si fossero ammalati.

Nasceva la prima società, un sistema complesso a tutti gli effetti: da

un’aggregazione di persone nasceva una potenziata capacità di procacciare cibo

ed una sorta di mutua assistenza.

L’esempio può essere ripetuto per qualsiasi sistema complesso. Le cellule si

riuniscono in colonie per ottenere migliori probabilit à di sopravvivenza, le parole

sono organizzate in discorsi per trasmettere un significato, un concetto...

La lista è infinita, ma da qualsiasi forma di aggregazione, di organizzazione,

traiamo lo stesso insegnamento. I sistemi complessi nascono per sfruttare

capacità (ottenere risultati) irraggiungibili prima della loro formazione. Così

gruppi di persone si sostituiscono in impresa per sviluppare e sfruttare capacità di

gruppo, impossibili da ottenere per un individuo. Ad esempio, quando

un’ impresa si forma e diventa operativa, nasce la capacità di gestire la clientela,

di produrre, di vendere, di comunicare la propria immagine, ed altre capacità

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Analisi sistemica complessa

71

globali dell ’ impresa che non possono essere riferite in particolare ad alcuni dei

suoi elementi funzionali .

Questi risultati, ottenuti tramite l’organizzazione in ente complesso di elementi

prima disgiunti, sono definiti emergenze (Morin, 1994), nel senso di “qualità,

capacità, prodotto nuovo che emerge dall ’organizzazione di elementi nei sistemi

complessi” . Lo scopo della complessità è produrre emergenze. Attraverso le

relazioni circolari si creano delle forze, delle sinergie che si manifestano sotto

forma di capacità emergenti. In questo senso il tutto è più della somma delle

parti; un lavoratore o una macchina non sono in grado di produrre automobili , ma

mill e lavoratori e mill e macchine, assieme alla loro organizzazione, sono in

grado di farlo. Ecco cosa si intende per emergenza: quella parte del tutto che

eccede la somma delle capacità degli elementi. Una definizione molto chiara di

emergenza è data da Casti: "[The word emergence] refers to the way the

interactions among systems components generates unexpected global system

proprieties not present in any of the subsistems taken individually." (Casti, 1997:

91).

Questo è oggetto dell ’analisi complessa: l’emergenza. In termini di impresa,

l’emergenza è quella capacità sviluppata nel sistema, della quale il sistema si

avvale per sopravvivere. Le emergenze sono necessità, dato che sistemi

complessi di ordine inferiore si aggregano per svilupparle: così, gli antenati del

genere umano divennero animali sociale per “produrre” difesa, capacità di caccia,

protezione5. L’ impresa si forma per produrre competitività, capacità reddituale,

capacità di produzione e molte altre emergenze.

5 In realtà è oramai pacifico che il comportamento sociale degli esseri umani sia stato ereditato dagli antichi progenitori

primati. Già lo Australopithecus manifestava abitudini sociali (Coon, 1994); questo vuole essere solo un esempio delle

conseguenze dell ’attivazione di un’organizzazione tra elementi che non organizzati.

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I precetti dell ’analisi

72

3.3.1.a) Emergenze del sistema e degli elementi

Il sistema nel suo complesso, come entità, acquisisce delle capacità nuove,

sconosciute ai suoi elementi. Nello stesso tempo, anche gli elementi che si

costituiscono in sistema acquisiscono nuove capacità, inattive o inesistenti al di

fuori dell 'organizzazione, e possono quindi sviluppare emergenze. Dalla prima

dimensione di complessità (interazione tra elementi costituenti), un sistema

complesso riesce a sviluppare emergenze a livello globale. Dalla seconda e terza

dimensione della complessità (interazione tra sistema, elementi e sistemi esterni)

nascono emergenze riferibili ai singoli elementi. Così, l’essere primitivo,

immerso in un contesto sociale, impara a parlare. Mentre il gruppo acquisisce (ad

esempio) la capacità di tendere agguati alle prede, il singolo acquisisce la

capacità di comunicare. Tale emergenza sarebbe stata assolutamente inutile al di

fuori del sistema, e quindi ha senso solo in esso. Si hanno allora le emergenze del

sistema (o sistematiche) nel primo caso, e le emergenze degli elementi (o

elementari) nel secondo. Un esempio che riguardi l ’ impresa può coinvolgere la

funzione di vendita vista come sistema, ed i suoi elementi (venditori). La

funzione di vendita acquisisce l’emergenza della capacità di proporsi al mercato,

tramite strutture ed organizzazioni. Una persona, quando viene inquadrata

organizzativamente come venditore, acquisisce l’emergenza della persuasione

all ’acquisto. È importante studiare entrambe queste emergenze per conoscere la

reale forza di vendita di un’ impresa.

È chiaro che esiste un’emergenza elementare per ogni elemento del sistema e

per ogni tipo di emergenza. Così, la “persuasione alla vendita” di Rossi è diversa

da quella di Bianchi. Tuttavia, se una certa emergenza elementare è diffusa in

maniera uniforme in tutta la struttura organizzativa presa in considerazione, è

possibile approssimare tale emergenza ad un'emergenza di sistema. Nulla vieta

però di considerare le emergenze elementari singolarmente, metodo utile per

stilare una classifica dei venditori, ad esempio.

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Analisi sistemica complessa

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3.3.2) Il tutto è meno della somma delle parti

Anche il tit olo di questo paragrafo è tratto dall ’opera di Morin. L’affermazione

racchiusa nel titolo è in aperta contraddizione logica con quella contenuta nel

titolo precedente. Logica vuole che se “ il tutto è più della somma delle parti” non

possa essere “meno” di ciò. Ma questa è una conseguenza indicata dal

ragionamento deduttivo, che sempli fica il contenuto delle due frasi. Per essere

brevi, le due affermazioni colgono due aspetti differenti dello stesso fenomeno:

l’organizzazione complessa. Infatti i sistemi hanno sì capacità superiori a quelle

degli elementi, ma in cambio rinunciano spesso ad altre capacità che gli elementi,

da soli , potrebbero esercitare. Continuiamo l’esempio della società primitiva. Se

il gruppo è formato anche da anziani, malati e bambini, sorge la necessità di

stanziarsi in un preciso luogo. Per mobilit are tutto il gruppo, di fronte ad una

pericolo mortale come un incendio, un’ inondazione, o una carestia, sarebbe

necessario un certo preavviso. La capacità di movimento dell ’ intero sistema

(tribù) è certo inferiore a quella posseduta dagli i ndividui più forti presenti in

esso. In pratica, il sistema ha una capacità in meno degli elementi: la mobilit à.

Morin chiama questo tipo di limit azioni “vincoli ” . Un vincolo di sistema è “una

capacità che possiedono alcuni elementi e che il sistema non possiede”.

Anche l’azienda, o l’ impresa, impone dei vincoli . Il più evidente è il vincolo di

mobili tà: le persone si muovono, le imprese no, almeno nella maggioranza dei

casi.

I vincoli sono restrizioni di li bertà che sia i sistemi, sia gli elementi in esso

devono subire per ottenere le emergenze. Scrive Morin (1994:145):

“Vi sono sempre, in ogni sistema, anche in quell i che produconoemergenze, dei vincoli sulle parti, che impongono restrizioni e servitù.Questi vincoli, restrizioni, servitù fanno perdere alle parti determinatequalità o proprietà o le inibiscono. In questo senso, dunque, il tutto èmeno della somma delle parti.”

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I precetti dell ’analisi

74

Quindi un sistema complesso, che possiede per sua natura un’organizzazione,

è costretto ad “ imbrigliare” i suoi elementi in modo che l’ individualità degli

elementi non metta in pericolo il sistema. Proprio questi l imiti sono il fulcro

dell ’organizzazione. Qualsiasi forma di organizzazione si esprime attraverso

regole, ossia limiti all ’operatività individuale dei suoi elementi. Così, in una

cellula esistono gli enzimi che rallentano le reazioni di combustione degli

zuccheri. Senza di essi, la cellula brucerebbe. In un’azienda esistono limiti alle

aree di responsabilit à, ed al comportamento degli i ndividui; senza di essi

l’ impresa non potrebbe sopravvivere. In questo senso i vincoli non hanno valenza

negativa: rappresentano i li miti imposti dal sistema a se stesso ed ai suoi elementi

nella creazione dell 'organizzazione, dalla quale nasceranno le emergenze. In

questo senso, i vincoli sono funzionali alla creazione di emergenze, che sono la

vita del sistema complesso.

3.3.2.a) Vincoli del sistema e degli elementi

Specularmente a quanto avviene per le emergenze, esistono anche vincoli

degli elementi e vincoli del sistema. In entrambi i casi, essi originano dalla

necessità dell ’organizzazione di li mitare l’operatività dei singoli elementi; quindi

in ogni caso, i vincoli sono imposti dal sistema agli elementi. È però utile alla

nostra analisi assumere che i vincoli diffusi a tutti gli elementi del sistema, e che

in qualche modo determinano il sistema stesso, siano riferiti all ’organizzazione

nel suo complesso. Così, ad esempio, il vincolo di mobilità di cui abbiamo

accennato sopra è dovuto al fatto che l’organizzazione impone ai suoi elementi di

lavorare in un certo luogo fisico per un certo periodo di tempo. A ben vedere, il

vincolo è imposto agli elementi del sistema. Tuttavia è utile pensare questo

vincolo come appartenente all ’organizzazione. Essa infatti non è in grado di

muoversi, mentre i suoi elementi, al di fuori di essa, possono.

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Analisi sistemica complessa

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Così distingueremo i vincoli i n elementari e sistemici. I primi sono dovuti alle

libertà, capacità o proprietà che un elemento perde nell ’organizzazione del

sistema. I secondi sono individuati dall ’ incapacità del sistema di acquisire

proprietà, capacità o libertà possedute dagli elementi prima della loro

organizzazione.

3.3.3) Antiemergenze e antivincoli

Come abbiamo visto, sia le emergenze che i vincoli hanno una valenza

positiva nella vita dei sistemi complessi. Le emergenze sono la forza stessa del

sistema, sono in un certo senso la misura della sua vita, della sua capacità di

esistere. I vincoli sono necessari alla formazione di emergenze. È evidente che

l'assenza di emergenze corrisponde alla disgregazione del sistema; stessa cosa si

può dire dei vincoli , dato che senza vincoli non esistono emergenze. In poche

parole, emergenze e vincoli sono un bene, e la loro assenza è un male; i concetti

di bene e male possono essere mutati direttamente dall 'economia utilit aristica, in

modo da non doverci appoggiare alle lunghe disquisizioni filosofiche che sono

sorte sull 'argomento.

Durante la stesura della tesi, sono state incontrate alcune diff icoltà riguardo a

questa dicotomia tra bene e male: ci siamo imbattuti in lampanti esempi di

emergenze dannose per il sistema. Sembrano esistere, cioè, qualità, capacità,

prodotti nuovi che emergono dall 'organizzazione e che non sono strumentali al

perdurare nel tempo del sistema, ma anzi sembrano minare la sua solidità. Così,

ad esempio, per quanta fiducia possa aver accumulato una impresa qualsiasi, vi

sarà sempre una certa quantità di sfiducia che essa non potrà evitare di creare.

Anche la sfiducia nell 'impresa nasce solo a livello aggregato; se il cliente X non

ha nulla di personale contro il venditore Y dell 'impresa Z, ma manifesta pesanti

dubbi sulla capacità di Z di mantenere fede ai propri impegni, ecco che si è

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I precetti dell ’analisi

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venuta a creare una sfiducia non nei singoli elementi specifici di Z, ma nella sua

intera organizzazione. Una vera e propria emergenza di sistema. Allo stesso

modo, l'utente X può non aver niente di personale contro l'uff iciale Y che lo sta

servendo dietro allo sportello dell 'istituzione Z (ad. es. poste, anagrafe, banca,

ecc…) ma può provare una forte antipatia per Y non come essere umano, ma

come esponente dell 'istituzione Z. Siamo di fronte ad un'emergenza elementare:

un'antipatia accumulata verso Y da parte di X unicamente in base al fatto che Y

appartiene al sistema complesso Z.

Nonostante questi chiari esempi, ogni volta che in letteratura si trova il

termine "emergenza", questo è associato ad un'idea positiva, ad un meccanismo

utile al sistema stesso per perpetrare la propria organizzazione nel tempo. Ciò

sembra dovuto ad un errore tipico del pensiero causale, errore che i costruttivisti

definiscono "confusione tra negazione attiva e negazione passiva" (Elster,

1985:153ss).

Utili zzando il predicato logico Necessità (N), stabili amo che

( ) ( )vNvN ≠

In altre parole, se si dice che "è necessario che v non sia vero", questa è

un'affermazione ben diversa da "non è necessario che v sia vero". La prima

forma implica la certezza che un certo predicato logico sia falso, ed è chiamata

negazione attiva. La seconda indica che esiste la possibilit à che il predicato non

sia vero, e viene chiamata negazione passiva. Quindi se affermiamo "X è

necessariamente emergenza", esistono due negazioni possibili; una è la

negazione passiva: "X non è necessariamente emergenza". La letteratura della

scienza della complessità ha considerato, fino ad ora, solo questa forma di

negazione: un'emergenza può esistere o non esistere, può essere presente o

assente. La sua presenza è un bene, la sua assenza è un male.

Ma il predicato precedente può essere negato anche dicendo "X è

necessariamente non emergenza". Quindi possiamo concepire un altro "male" per

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Analisi sistemica complessa

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l’organizzazione, che non si sostanzia nell 'assenza di emergenze (negazione

passiva) ma nella presenza di non-emergenze, o in altre parole, nelle

antiemergenze (negazione attiva).

Così capiamo che la sfiducia, pur avendo la stessa natura di un'emergenza,

agisce in senso inverso, accumula un "male" dell 'impresa. Non esiste sistema

biologico che non produca "scorie", ossia veleni capaci di portare il sistema alla

disgregazione. Così le emergenze di una società sono la solidarietà, l'assistenza,

la protezione dalle aggressioni esterne, e molte altre ancora. Ma la società

produce anche aberrazione, criminalità, dissenso, che sono prodotti inevitabili

dello stesso processo di interazione tra i cinque livelli di complessità che genera

le controparti positive. Emergenze ed antiemergenze nascono dallo stesso

sistema complesso per gli stessi motivi, ma hanno una valenza opposta. Le

emergenze sono energia, forza, risorse necessarie al sistema per proseguire il

proprio esistere. Le antiemergenze sono scorie, debolezze, sono la

manifestazione della naturale tendenza alla disgregazione presente in qualsiasi

organizzazione. E questo nonostante la loro natura comune.

Così esiste l'emergenza fiducia nelle imprese, o meglio, nel sistema complesso

formato da una certa impresa e dai suoi interlocutori; ma può esistere anche

l'antiemergenza sfiducia. Mentre la prima permetterà al sistema di perdurare,

andando ad incrementare altre emergenze che torneranno ad incrementare la

fiducia stessa, la sfiducia opererà in maniera inversa: incrementerà altre

antiemergenze, o correderà il patrimonio di emergenze accumulato dall 'impresa.

Nella stessa maniera in cui esistono emergenze ed antiemergenze, possono

esistere vincoli ed antivincoli . Mentre i primi permettono l'esistenza e la

creazione di emergenze, inibendo lo sviluppo di antiemergenze, i secondi

opereranno in modo speculare. Un antivincolo costituirà un fattore che rallenta o

rende diff icile lo sviluppo di emergenze, o che favorisce lo sviluppo di

antiemergenze.

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I precetti dell ’analisi

78

È necessario sottolineare che mentre la valenza di ciò che emerge come

prodotto, capacità, proprietà nuova del sistema a partire dai suoi elementi è

sempre stata ritenuta positiva, Morin ha accennato ad una possibile valenza

negativa di certi vincoli (1994:144-148). Anzi, Morin assegna ai vincoli una

valenza originariamente negativa, nella limitazione di proprietà, capacità e

prodotti che altrimenti potrebbero essere disponibili all 'intero sistema, e solo in

via mediata assegna ad essi il compito di "guardiani delle emergenze", ossia di

fattore che permette all 'organizzazione di mantenersi e perdurare, quindi di

generare emergenze.

Probabilmente, si tratta di una distorsione di tipo culturale. Mentre ciò che si

riesce a fare è "buono" ciò che limita la libertà è "cattivo", e può essere "buono"

solo se questa limitazione permette di creare qualcos'altro di "buono". Nel vivere

sociale si rinuncia a parte della propria libertà solo per ottenere nuovi vantaggi,

non ottenibili prima dell 'aggregazione sociale. Altrimenti ogni privazione di

libertà è una vessazione impropria, che non può essere altro che "male".

Con ogni probabilit à, la potenziale valenza negativa di alcune emergenze non

è stata notata in precedenza a causa di questo tipo di pensiero, che tra l'altro

confonde la negazione attiva di fenomeni con la negazione passiva. L'errore è: se

"emergenza" è bene e "assenza di emergenza" è male, non è necessario andare

oltre; abbiamo un enunciato (emergenza) ed il suo opposto (assenza).

Invece esistono due opposti, uno frutto della negazione attiva e l'altro frutto

della negazione passiva. Ciò è osservabile applicando la logica classica e

razionale; non è necessario appoggiarsi a concetti filosofici astratti per

dimostrare l'esistenza dei due tipi diversi di opposto.

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Analisi sistemica complessa

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3.3.4) Ambito di studio

L’ASC non studia i sistemi come insieme di elementi e di relazioni; studia ciò

che nasce dall ’organizzazione degli elementi in sistema. I risultati di questa

analisi vengono divisi in otto classi:

• Emergenze di sistema: ciò che sorge dall ’organizzazione tramite le

sinergie ottenute, e che non potrebbe essere raggiunto dai singoli .

• Antiemergenze di sistema: ciò che di nuovo sorge dall ’organizzazione in

termini di proprietà indesiderate, sottoprodotti nocivi o incapacità rispetto

ai singoli elementi.

• Emergenze degli elementi: le proprietà, capacità e prodotti generati dagli

elementi solo in quanto facenti parte del sistema analizzato.

• Antiemergenze degli elementi: ciò che compare negli elementi solo dopo

l'aggregazione, e che può risultare nocivo per l'organizzazione nel suo

insieme o per le sue parti.

• Vincoli del sistema: le capacità che gli elementi possiedono ma che non

vengono utili zzate a livello di sistema per permettere la generazione di

emergenze, o l'inibizione di antiemergenze.

• Antivincoli del sistema: le capacità che gli elementi possiedono ma che

non possono essere utili zzate a livello di sistema, quando questo

compromette la possibilit à di generare emergenze o favorisce la nascita di

antiemergenze.

• Vincoli degli elementi: le capacità possedute dagli elementi alle quali

questi devono rinunciare se entrano a far parte del sistema, al fine di

partecipare al processo di generazione delle emergenze e di inibire la

formazione di antiemergenze.

• Antivincoli degli elementi: le capacità possedute dagli elementi alle quali

questi devono rinunciare se entrano a far parte del sistema, quando ciò

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I precetti dell ’analisi

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riduce la loro possibilit à di partecipare alla creazione di emergenze o

induce alla generazione di antiemergenze.

Chiameremo questi otto "mattoni" dell 'ASC col nome di "basi di analisi", o

più semplicemente "basi".

Adesso giunge la questione fondamentale, alla quale l’ASC tenta di dare una

risposta. Ci chiediamo se questi otto fenomeni siano in qualche modo correlati.

Ci chiediamo se, esistendo numerosi vincoli ed emergenze individuabili i n un

sistema complesso, possa esistere una qualche relazione ben individuabile tra di

essi. Rispondere a questa domanda significa spiegare cosa accade a tutte le

emergenze e vincoli all ’aumento (o diminuzione) di un numero ridotto di essi. In

parole semplici, vogliamo capire se esistono relazioni tra le basi di analisi dello

stesso tipo e tra tipi differenti di basi.

I vincoli e le emergenze, come le loro negazioni attive, nascono dal sistema

complesso. Sono espressione delle relazioni complesse (e quindi ricorsive) degli

elementi in esso. Non hanno quindi una vita propria, non sono “cose a se stanti” .

Sono dei risultati, delle espressioni dell ’ intera organizzazione, nel suo complesso

e nelle sue parti costituenti. È il caso di procedere con un esempio di semplice

interpretazione.

Studiamo una famiglia composta da padre, madre e figlio neonato.

Ammettiamo di non conoscere le relazioni che esistono all ’ interno di essa, e di

voler studiare la famiglia da un punto di vista tale che ci consente di evidenziare

alcune basi. Studiamo prima le emergenze del sistema (ossia della famiglia. Cosa

può fare la famiglia che il singolo non è in grado di ottenere ?)

• Sociali tà: la suddetta famiglia vive in un ambiente sociale che penalizza

fortemente i single. Dato quest’ambiente, l’esistenza di una famiglia è

prerequisito per l’attivazione della vita sociale.

• Sicurezza: Se uno dei membri si ammala, gli altri membri della famiglia

possono occuparsi di lui durante il periodo di infermità.

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Analisi sistemica complessa

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Vediamo adesso le emergenze elementari che ci interessano.

• Possibili tà di studio: Il lavoro degli altri membri della famiglia permette

ad alcuni di essi di studiare.

• Possibili tà di lavoro: l’esistenza di un’organizzazione interna alla

famiglia permette agli elementi presenti di lavorare con maggiore

proficuità. Per esempio, le faccende domestiche possono essere curate a

turno, mentre un single dovrebbe occuparsene interamente da solo,

diminuendo così il proprio tempo disponibile.

Individuiamo ora un vincolo di sistema ed uno elementare. Il primo consiste

nella mobilit à; la famiglia non può muoversi facilmente come un single. Nella

nostra famiglia lavorano sia il padre che la madre, quindi entrambi sono legati ad

un certo luogo da un contratto di lavoro. Un vincolo elementare può essere

rappresentato dalla minore disponibilit à di tempo libero. Nell ’occupare il proprio

tempo libero, ognuno dei membri dovrà preoccuparsi anche degli altri (ad

esempio in una calda domenica primaverile il padre potrebbe preferire andare

allo stadio, ma optare per una gita al lago per il bene della moglie e del figlio).

A puro titolo di esempio, è bene prendere in considerazione l'antiemergenza

"spesa variabile". Normalmente, un single dovrebbe pensare solo alle proprie

esigenze per quanto riguarda le spese attinenti al proprio mantenimento (ossia, le

spese correnti che non hanno a che vedere con i costi fissi delle forniture di

elettricità, acqua, gas, telefono, e con i costi legati all 'abitazione). In una famiglia

tali spese aumentano, di modo che la spesa di una famiglia composta da tre

persone è generalmente maggiore della spesa di tre single. Lo sanno bene le

innumerevoli coppie di persone già emancipate dalla famiglia che vivono sole, ed

attendono una maggiore capacità reddituale per avviare la convivenza. Se in una

famiglia aumenta la capacità di reddito, aumentano certamente anche le spese in

maniera più che proporzionale; cosa che sottintende la presenza di un'emergenza.

Siccome l'elevata spesa è un fattore che tende alla disgregazione del sistema, è

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I precetti dell ’analisi

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ovvio che la maggiore spesa della famiglia rispetto alle sue componenti è

un'antiemergenza.

Allo stesso modo possiamo individuare un'antivincolo: il vincolo di

destinazione delle spese. La famiglia è obbligata, molto più di un single, a

investire certi quantitativi di denaro in certe categorie di beni, come ad esempio

le spese che riguardano l'istruzione dei figli , risparmi per garantire il futuro della

famiglia, vacanze ecc…

Vediamo adesso come queste basi di analisi siano interrelate. L’emergenza

elementare “possibilit à di lavoro” è strettamente legata all ’emergenza “possibilit à

di studio” . Lo studio infatti costa denaro, ed il lavoro lo procura. La possibilit à di

lavoro è in qualche modo legata al vincolo di mobilità del sistema. Se nessuno

lavorasse, non avrebbe senso parlare (nella famiglia dell ’esempio) di incapacità

di movimento. Inoltre, se nell ’ambiente di riferimento hanno importanza il l avoro

e lo studio come fattori sociali , entrambe queste emergenze saranno legate

all ’emergenza sistemica di “socialità”. Indubbiamente, la possibilit à di essere

curati (sicurezza) ha in qualche modo una relazione con la capacità di lavorare e

studiare (meno giorni di malattia), ed il vincolo di minor tempo libero personale

è in qualche modo interessato dal vincolo di mobilit à (un membro non può

andare dove vuole ignorando le esigenze degli altri), e con tutte le emergenze.

Dedicarsi alla vita sociale come famiglia, o allo studio, o a curare un infermo o al

lavoro, sottrae certamente tempo libero personale.

L'antivincolo di destinazione delle spese favorisce lo sviluppo

dell 'antiemergenza "maggiore spesa", che a sua volta influenza negativamente

l'emergenza "sicurezza", visto che avendo minore liquidità disponibile, la

famiglia è più vulnerabile dei suoi singoli elementi di fronte a shock negativi

della disponibilit à di potere di acquisto. L'emergenza "possibili tà di lavoro", che

genera reddito, diminuisce l'importanza dell 'antivincolo di destinazione delle

spese.

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Analisi sistemica complessa

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È necessario precisare che la presenza di un'emergenza non esclude la

presenza di un'antiemergenza che agisce in senso contrario. Avremmo potuto

inserire l'emergenza "maggior reddito" e "minori spese (su costi fissi)", che

avrebbero agito in senso opposto alla "maggior spesa (su costi variabili )".

Questo semplice esempio ha il solo scopo di evidenziare come esistano delle

relazioni tra le basi di analisi; queste relazioni non sono dovute ad una diretta

causalità di fenomeni. Nel nostro esempio, non è la possibilit à di lavoro a causare

la mancanza di mobilit à; le relazioni esistenti sono dovute alla morfologia del

sistema nella sua complessità. Non abbiamo studiato le relazioni esistenti

all ’ interno della famiglia, ma nonostante questo siamo in grado di riconoscere

che il sistema è conformato in modo tale che, se per un qualunque motivo accade

qualcosa ad un’emergenza, questo è un segno che qualcosa è accaduto

all ’organizzazione (nel nostro caso la famiglia). Sappiamo anche che questo

cambiamento si ripercuoterà in una certa misura sulle altre emergenze e sugli

altri vincoli , perché anch’essi nascono dall 'organizzazione.

In un certo senso, prendiamo le emergenze ed i vincoli come “spie” dello stato

della struttura complessa. Ammettendo di non poter analizzare la struttura

dell ’organizzazione complessa, ne studiamo i risultati, e le relazioni esistenti tra

di essi. Relazioni, queste, non dirette, ma mediate dalla struttura. Capiamo quindi

che se un sistema complesso è in grado di generare le emergenze A e B, se nel

sistema avviene un cambiamento tale da modificare A, anche B potrà subire una

variazione.

3.4) Inclusione dell'osservatore nell’analisi

L’epistemologia della complessità e la logica complessa riconoscono che

l’osservatore della realtà non è neutrale rispetto ad essa. Le analisi, qualsiasi sia il

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I precetti dell ’analisi

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loro contesto o il l oro oggetto, hanno uno scopo. Tale scopo è in prima istanza la

chiarificazione di un fenomeno sconosciuto. Ciò è strumentale all ’ottenimento di

un determinato risultato che può essere il controllo del fenomeno, una sua

documentazione, o un intervento di portata variabile su di esso. In ogni caso,

colui che conduce l’analisi deve rispondere a necessità di vario genere,

puramente conoscitive o di supporto decisionale, e l’analisi della realtà sarà

differente a seconda del risultato che si deve ottenere.

Si vuole in pratica far cadere il dogma della scienza “semplice”, che stabili sce

come “fatto scientifico” solo ciò che è verificabile e replicabile in senso assoluto.

La logica complessa afferma che non esistono realtà oggettive, ma solo fatti

conoscibili , ed interpretabili per quanto conosciuti. Nell 'analisi complessa, tutto

ciò che è indagabile deve essere definito, ossia deve esistere un rapporto tra un

osservatore ed un oggetto di analisi. Inserire l'osservatore nell 'analisi, capire cioè

i suoi scopi, le sue limitazioni, le sue necessità, è strumentale alla comprensione

della definizione, che è un rapporto complesso tra due entità (osservatore ed

oggetto). Così, Le Moigne afferma che "la complessità forse non è nella natura

delle cose, ma nelle rappresentazioni che ne costruiamo" (1985:98 corsivo nel

testo).

Si tratta anche qui di un precetto nuovo; discuterne le complete implicazioni

metodologiche e filosofiche va ben al di là degli scopi di questo lavoro. La

trattazione in questa sede di questo punto si concentra infatti sul significato che

questo precetto assume nel metodo di analisi proposto.

Cominciamo dunque con un esempio introduttivo. Ammettiamo di dover

analizzare il sistema sociale contemporaneo tramite l’ASC. Affinché questo sia

possibile, dobbiamo definire due punti di riferimento: cosa intendiamo per

sistema e cosa per elemento. In entrambi i casi, la discrezionalità delle scelte può

generare infinite varianti. Il metodo tradizionale richiede l’eliminazione di ogni

ambiguità: saremmo costretti ad accettare una definizione data di società ed a

considerare come elementi solo quelli proposti. A questo punto, i risultati

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Analisi sistemica complessa

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dell ’analisi discendono come conseguenze logiche ed inattaccabili dalle stesse

premesse iniziali . Il punto è che le premesse iniziali non possono essere valide in

ogni situazione. Si pensi ad esempio al modello economico della concorrenza

perfetta: oggi le sue ipotesi iniziali di numerosità infinita (o quasi) degli operatori

e di relativa influenza limitata degli stessi ci sembrano decisamente forzate.

Eppure, quando il modello fu concepito, per molti mercati le ipotesi non erano

che una piccola e quasi ininfluente sempli ficazione della realtà. Per l’economia

moderna, quelle premesse generali che descrivevano l’ambiente economico di

riferimento sono semplicemente errate.

Il metodo complesso riconosce che non esiste nulla di assoluto. In questi

termini, il metodo complesso arriva anche a sostenere la validità del punto di

vista determinato dalle analisi semplici: non si nega la possibilit à di studiare un

sistema in termini di elementi strutturali , ma si afferma che tale analisi determina

un particolare risultato, valido sotto certi aspetti, sotto certi punti di vista.

3.4.1) La finestra di comprensibilità

Il termine punto di vista è di uso estremamente comune nel li nguaggio parlato,

e rischia di fuorviare il l ettore. La letteratura ci fornisce al suo posto il termine

finestra di comprensibilit à (Zanarini, 1990b)6. La finestra di comprensibilit à può

essere spiegata più o meno come segue: immaginiamo di essere nell ’attico di un

grande grattacielo, al centro di una grande città. Se guardiamo la città da una

delle finestre del grattacielo otterremo informazioni parziali su di essa: potremo

ad esempio vedere solo i quartieri poveri, o quelli ricchi, o la zona industriale. Se

la finestra è piccola, potremo vedere particolari dettagliati. Qualsiasi cosa

vedremo, sarà sempre una parte della città che non la rappresenta nel suo

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I precetti dell ’analisi

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insieme: mai potremo avere una visione di insieme perché mai potremo guardare

attraverso tutte le finestre contemporaneamente. Ma potremo studiare l’ intera

città guardando attraverso tutte le finestre.

Nei sistemi complessi esistono una quantità spesso non identificabile di

finestre di comprensibili tà, attraverso le quali si ottengono visioni parziali , anche

se corrette, della realtà indagata. Almeno una delle finestre riguarda la struttura

fisica del sistema. Ad esempio, una rete neurale è un sistema complicato se

definita come insieme di “neuroni” e di “sinapsi” . Le interazioni tra ogni singolo

elemento sono studiabili e prevedibili . Possiamo cioè verificare il

comportamento dei vari elementi, che non hanno nulla di complesso. Questa

dimensione del problema è vista attraverso una finestra di comprensibilit à che si

focalizza sulla struttura della rete. Attraverso tale finestra, pur vedendo le

interazioni tra gli elementi, perdiamo di vista il risultato globale ottenuto dal loro

lavoro congiunto. Osservando il comportamento dei singoli neuroni è pressoché

impossibile sapere cosa la rete sia in grado di fare: non è possibile determinare se

l’organizzazione dei neuroni è in grado di riconoscere numeri, lettere o altre

figure, oppure se ha altri compiti . Questo perché il comportamento dell ’ intera

struttura nasce solo a livello aggregato.

Ridefinendo la rete neurale non come insieme di neuroni eccitabili t ramite

certe regole, ma come insieme di elementi che assumono un certo

comportamento in base al comportamento di altri elementi, abbiamo una

definizione ricorsiva, quindi un sistema complesso. Possiamo subito vedere che

dalla rete neurale emerge la capacità di riconoscere numeri (ad esempio); ci

siamo spostati su di una finestra di comprensibili tà che ci permette di esaminare

il sistema come organismo in grado di ottenere risultati. Anche se da questa

finestra non possiamo studiare le relazioni tra i singoli elementi, la visione del

6 Il testo di Zanarini è un riassunto di alcune conclusioni tratte dall’autore su opere come quella di Morin (1994) e di

Serra (1986).

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Analisi sistemica complessa

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sistema come unico ente ci permette di comprendere qualcosa che prima era

impossibile.

L’ASC focalizza l’attenzione su finestre di comprensibilit à che individuano

alcuni aspetti del sistema come ente complesso, come organismo con una propria

capacità di operare. Potranno poi essere scelte finestre diverse per permettere

analisi differenti, come dimostra il seguente esempio.

L’analisi della struttura sociale di una nazione compiuta da un ente statale per

scopi interni all ’amministrazione sarebbe assai diversa da quella commissionata

da un’ impresa a scopo di conoscere il mercato potenziale. Pur essendo allo stesso

livello (quello di sistema nella sua globalità), le finestre di comprensibilit à aperte

sulla società si focalizzano su aspetti differenti. Nel caso dell ’ente statale, ad

esempio, avremmo per società tutti i maggiorenni cittadini all ’ interno del

territorio nazionale, con il risultato di escludere dal “sistema sociale” i

minorenni, ed i residenti senza la cittadinanza. L’ impresa, invece, potrebbe

definire il sistema sociale come insieme delle persone con un reddito minimo

dato, con il risultato di non considerare i nullatenenti. Possono sembrare due

definizioni parziali , ed in effetti lo sono: è impossibile definire il sistema sociale

in modo che qualsiasi osservatore, per qualsiasi scopo, trovi tale definizione

perfettamente adeguata.

Vicari (1991) indica come punto di vista preferenziale per la definizione dei

sistemi autopoietici (che sono sistemi complessi particolari, ossia aventi

l'emergenza dell 'autoreferenzialità) il punto di vista del sistema stesso. Ciò che il

sistema riconosce come se stesso fa parte di esso, e nulla più. Ad esempio, il

modo migliore di definire il sistema sociale sarebbe quello di capirne le regole di

aggregazione basilari, domandandoci quali persone facciano parte della società e

quali ne siano al di fuori, e rispondendo in base alle decisioni che la società

stessa applica. In questo caso, la società diviene l’ insieme di persone che non

sono emarginati, esclusi, stranieri ecc.

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I precetti dell ’analisi

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Questa definizione ha la caratteristica di permettere un analisi valida solo per

il sistema stesso. Se un’ impresa studia se stessa, allora la modalità di definizione

proposta da Vicari è l’ ideale. Ma, come egli stesso afferma, osservatori diversi

troverebbero questa definizione non del tutto confacente ai loro scopi, quindi

inadatta. Vicari individua i confini dell ’ impresa validi per chi studia l’ impresa

come tale, cioè per gli economisti aziendali , non per tutti i soggetti che

potrebbero essere interessati ad uno studio su di essa, come ad esempio il

management. Così si ricade nel precetto del metodo complesso: ogni categoria di

osservatori ha un punto di vista diverso, e studia il sistema complesso per scopi

diversi. Si riconosce l’ incapacità di sintetizzare un organismo complesso in un

insieme di regole valevoli per qualsiasi osservatore, quindi valide in assoluto7.

Concludendo, la finestra di comprensibilit à è il modo tramite il quale l'ASC

include l'osservatore nell 'analisi. La definizione di tale finestra, prerequisito di

ogni analisi complessa, indica le caratteristiche soggettive dell 'osservatore, i suoi

obbiettivi, i suoi li miti , le sue assunzioni, le sue considerazioni: "[…] ogni

complessità che ci troviamo ad affrontare è di nostra stessa produzione, poiché

può derivare soltanto dalla relazione fra gli obbiettivi che abbiamo scelto e i

mezzi e i modi che costruiamo per raggiungere questi obbiettivi." (Glaserfeld,

1985:110)

7 Senza addentrarci troppo nell ’epistemologia della complessità, vale però la pena di segnalare un concetto ricco di

spunti per ulteriori riflessioni: la complessità non può essere compresa per intero dalla mente umana. Se ne possono

apprezzare solo alcuni aspetti alla volta, avendo sempre presente che ogni descrizione analitica dei fenomeni complessi è

una descrizione parziale, che non può comprendere ogni aspetto; affinché questo fosse possibile, sarebbe necessario

descrivere l’ intero spazio e l’ intero tempo… (cfr. Morin 1993, 1994, in varie parti).

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Analisi sistemica complessa

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3.4.2) Finestra e limiti dell'analisi

La necessità di definire una finestra di comprensibili tà per ogni analisi, ha

un'interessante conseguenza: non è necessario studiare le aziende scomponendole

a tutti i li velli di aggregazione possibili . Non sarà necessario studiare tutte le

emergenze ed i vincoli che nascono dall ’ interazione tra le persone ed i gruppi di

lavoro, le funzioni, le divisioni e le aziende stesse. A seconda dello scopo delle

osservazioni, coglieremo solo un sottoinsieme di tutte le possibili emergenze e

vincoli , e definiremo arbitrariamente cosa intendiamo per sistema sovraordinato

ed elementi. Se ad esempio vogliamo studiare come interagiscono socialmente le

persone all ’ interno di una multinazionale, studieremo le varie realtà nelle quali il

personale è a contatto sociale come sistema complesso. Gli elementi saranno

evidentemente le persone. Se invece vogliamo capire come migliorare la

prestazione dei gruppi di lavoro definiremo l’azienda come sistema complesso,

ed il gruppo come elemento. Ancora, se volessimo studiare come aumentare la

partecipazione delle persone al risultato del gruppo di lavoro, fisseremmo i primi

come elementi, ed il secondo come sistema.

Oltre a questo, la discrezionalità di analisi si manifesta anche attraverso una

selezione delle emergenze e dei vincoli da prendere in considerazione. Quelli

esclusi dall ’analisi saranno considerati dati e non modificabili . Questo è motivato

dal fatto che lo studio di fattori non interessanti o considerati come dati è uno

spreco di energie. O non ci interessa conoscere ciò che sta a monte di date

emergenze, oppure riteniamo di non potere o volere intervenire su di esse.

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I precetti dell ’analisi

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3.5) Approssimazione verso semplificazione

Il quarto ed ultimo assunto dell ’analisi sistemica complessa è l’approccio alle

problematiche attraverso un processo di approssimazione. Nel primo paragrafo

del presente capitolo, ove si parla di complessità, abbiamo eviscerato la

problematica della sempli ficazione. Abbiamo dimostrato come qualsiasi analisi

basata sulla sempli ficazione porti a risultati parziali e distanti dal vero

comportamento di una realtà analizzata. Qui, ora, spiegheremo cosa si intende

per approssimazione, ed in che modo questo processo è differente dalla

sempli ficazione.

Il processo di approssimazione si basa su una diversa concezione delle

capacità analiti che dell ’ indagine scientifica. In particolare, si presume di avere

una limitata capacità di indagare i fenomeni. Di fronte a tale problematica,

l’approccio sempli ficativo impone ipotesi o restrizioni che tentano di tradurre in

termini semplici fenomeni complessi. Così, analizzando alcune classi di sistemi,

il processo di sempli ficazione pone come ipotesi che essi siano chiusi, mentre

nessun sistema può operare libero da una pur minima influenza del suo ambiente.

Allo stesso modo, la teoria economica ipotizza che nei mercati concorrenziali

esistano infiniti operatori, e la loro influenza sui prezzi determinati dal mercato

sia nulla.

Il problema legato al processo di sempli ficazione è che risulta impossibile

passare dal modello carico di ipotesi alla realtà analizzata. Sempre in ambito

economico, la microeconomia studia a partire da ipotesi sempli ficative il

comportamento degli agenti economici. I risultati ottenuti sono assolutamente

corretti; il processo di deduzione, partendo dalle definizioni iniziali teoriche,

raggiunge risultati inopinabili e matematicamente inattaccabili .

Tuttavia, nulla è detto su come passare dai risultati teorici dedotti all ’analisi

pratica dei fenomeni reali . Infatti, come abbiamo dimostrato, la complessità di

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Analisi sistemica complessa

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base non è riducibile tramite ipotesi semplificative, e qualsiasi definizione di

struttura, e qualsiasi ipotesi sempli ficativa, porta a risultati imprevedibilmente

divergenti da quelli ottenuti dai sistemi analizzati. Modelli ottenuti tramite

sempli ficazioni possono prevedere puntualmente, o con un preciso margine di

errore, il comportamento del sistema, ammesso che questo sia conforme alle

ipotesi. In alcuni casi le ipotesi sono realistiche ed esistono stati particolari del

sistema che incontrano le sempli ficazioni proposte dal modello. In altri casi, le

ipotesi sono assolutamente non realistiche, e non sono applicabili a nessuna delle

manifestazioni del sistema. In ambo i casi, l’applicazione del modello al sistema

nella sua generalità è una forzatura, un operazione che a volte permette di

prevedere con un certo margine di errore l’andamento delle variabili i n

osservazione, altre volte no. Proprio tale imprevedibilit à dell ’errore ci porta a

preferire il processo di approssimazione.

L’approssimazione è quel processo metodologico che si avvicina alla

valutazione di grandezze per passi successivi. Procederò esempli ficando: se

dobbiamo valutare la probabilit à di accadimento di un certo evento, in prima

istanza affermiamo che essa giace sicuramente tra zero e uno. Si tratta di un dato

assai poco informativo, ma corretto. Indagini successive possono portarci a

comprendere che la probabilit à di accadimento di tale evento giace tra 0.2 e 0.7.

Il contenuto informativo di tale istanza è superiore a quello della prima

affermazione, e si presume che tale dato sia corretto. Si procederà per passi

successivi fino a determinare che la probabilit à di accadimento dell ’evento è tra

0.4 e 0.5, dato ad alto contenuto informativo e sempre corretta.

L’approssimazione ci permette di avvicinarci alla valutazione del fenomeno in

analisi ottenendo risultati non certi, ma definendo un campo di variabilit à certo.

Mano a mano che tale ampiezza si riduce, il contenuto informativo delle

informazioni ottenute è sempre maggiore. Non si otterranno mai dati

puntualmente certi; il processo si arresterà quando il costo di ridurre

ulteriormente l’approssimazione sia inferiore ai vantaggi conseguibili , o quando

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I precetti dell ’analisi

92

saremo costretti a farlo dalla nostra incapacità di procedere ulteriormente con

l’analisi.

L’ASC non userà l’approssimazione per trovare il valore assunto da alcune

variabil i; il processo di approssimazione servirà nella definizione della realtà

sotto indagine.

Così come l’analisi sistemica semplice usa la sempli ficazione come mezzo per

estrarre modelli semplici da realtà complesse, l’ASC usa l’approssimazione per

comprendere il più possibile i sistemi complessi. L’ASC non procede definendo

la struttura dei sistemi, ma evidenziandone le emergenze ed i vincoli . Così,

tramite approssimazione, l’ASC passerà da una definizione grossolana della

realtà ad analisi più sottili , fermandosi quando gli osservatori saranno soddisfatti,

o quando sarà impossibile procedere oltre.

Ad esempio, possiamo definire in prima istanza un’ impresa tramite due sole

emergenze: la capacità di produrre reddito e la competitività. Poi cercheremo di

capire come sia formata la competitività, e come nasca la redditività. Scenderemo

verso analisi sempre più dettagliate partendo da premesse generali . In questo

processo rimarranno certamente zone d’ombra, ove ammettiamo che la nostra

comprensione dei fenomeni è inadatta ad una completa spiegazione. Ma queste

zone saranno ben delimitate e riconosciute.

La sempli ficazione, tramite le ipotesi, nasconde la propria incapacità di

spiegare la differenza tra il modello e la realtà. Una volta che immettiamo

un’ ipotesi sempli ficatrice in un modello, perdiamo completamente di vista il

fenomeno nella sua interezza, nella sua complessità e natura. Non viene prodotta

alcuna informazione sulla differenza tra modello e realtà: l’ ipotesi semplificativa

spiega cosa è stato semplificato, ma nulla può essere detto su come il sistema si

comporti quando tale ipotesi non è rispettata. Il caso generale diventa così

imprevedibilmente differente dalle previsioni di modello. Usando una frase che

circola negli ambienti accademici quasi sottovoce, “ la sempli ficazione genera

modelli puntualmente sbagliati.” Anche Colombo (1991:65) sostiene questa

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Analisi sistemica complessa

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opinione: "Se […] si pretende di regolare il funzionamento globale e di dettaglio

del sistema basandosi su un modello sempli ficato dello stesso, si contribuisce a

determinare malfunzionamenti ed effetti distorti."

L’approssimazione, invece, permette di conoscere la valenza informativa dei

dati ricavati. Se siamo disposti ad accettare il grado di valore informativo insito

nel modello ricavato, possiamo interrompere l’analisi. Se invece siamo interessati

a maggiori contenuti informativi, possiamo continuare nell ’ indagine, ed

approfondire l’analisi. Possiamo essere costretti ad arrestarci di fronte a scogli

insormontabili; otterremo il miglior modello che la nostra capacità di analisi

possa permetterci di ottenere, e sapremo quanto attendibili siano i nostri risultati.

Parafrasando l'affermazione riportata sopra, “ l’approssimazione genera modelli

più o meno esatti.”

Questo è il motivo per il quale l’ASC si avvale di processi di approssimazione

per indagare la realtà.

3.6) Complessità come emergenza

Questo paragrafo non ill ustra un precetto particolare dell ’ASC, ma si rende

necessario a chiusura del concetto di complessità. Quando si parla di logica

complessa, infatti, un discorso non è chiuso dalla definizione di un effetto

discendente da una certa causa, come nella logica semplice, bensì ogni

preposizione deve essere chiusa circolarmente. La presente sezione chiude i

concetti introdotti nel capitolo, ed a sua volta si appoggia ad essi; questo sarà più

chiaro poco più avanti, al termine del paragrafo.

Dunque, preme far notare che la non neutralità dell ’osservatore è dovuta al

fatto che l’osservatore e l’oggetto della sua analisi formano insieme un sistema

complesso. Sono infatti due elementi in relazione ricorsiva: l’osservatore

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I precetti dell ’analisi

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definisce l’oggetto della sua analisi, ossia predispone uno schema cognitivo

capace di cogliere alcuni aspetti (per esso rilevanti) dell ’oggetto dell ’analisi. A

sua volta, l’oggetto “suggerisce” alcune modalità di analisi al ricercatore, ed

esclude, confutandole, assunzioni errate sulla sua natura o sul suo

comportamento.

Mi si conceda di porre un esempio fantasioso: un bambino osserva la luna,

dalla finestra della sua cameretta. La prima volta che il bambino vede l’astro, gli

sembra un grande volto (è una notte di luna piena), sorridente ed amico.

Inizialmente, questa è la struttura cognitiva che gli permette di conoscere la luna.

In quel suo primo incontro, pensa che la luna si veda solo di notte, stia ferma nel

cielo e “sorrida sempre come un grande volto” . Ma nei giorni successivi, il

bambino si accorge che la luna si vede, a volte, anche di giorno, che non sta

sempre nello stesso punto del cielo e che “cambia faccia”, diventando sempre più

sottile.

Il bambino ha colto inizialmente delle caratteristiche del sistema che erano

rilevanti per lui, e che erano coerenti con la sua osservazione. Ha poi modificato

il proprio assunto iniziale in base al comportamento inaspettato della luna.

Se la luna non è osservata, non è possibile attribuirle alcuna proprietà. Al

momento che entra in rapporto con il bambino, questi gli può conferire delle

proprietà che dipendono dalla sua osservazione, dalla sua definizione. Si forma

un sistema complesso nel quale il bambino (osservatore) e la luna (oggetto) si

trovano ad interagire in una relazione ricorsiva. Da questo rapporto, che noi

abbiamo indicato con il termine di definizione, emerge una conoscenza che prima

non esisteva: la conoscenza delle caratteristiche dell ’oggetto.

Ceruti riporta una citazione da Ashby:

“I l mondo reale fornisce il sottoinsieme di ciò che esiste; lo spazio-prodotto rappresenta l’ incertezza dell ’osservatore. Pertanto lo spazio-prodotto può cambiare, se l’osservatore cambia; e due diversiosservatori possono usare legittimamente due diversi spazi-prodottoper registrare lo stesso insieme di eventi reali in qualche ente reale. I l

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Analisi sistemica complessa

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vincolo [inteso come collegamento tra elementi di un sistema] è cosìuna relazione tra osservatore e oggetti; le proprietà di un qualchevincolo particolare dipendono sia dall ’oggetto sia dall ’osservatore.”(Ceruti, 1989).

Quindi, le caratteristiche, le proprietà o gli attributi di un oggetto sono

emergenze. Non sono altro che considerazioni sorte (emergenti) nel rapporto di

definizione. L’oggetto non sa di avere certe caratteristiche, e non sente il bisogno

di manifestarle. L’osservatore che non conosce l’oggetto, non può definirlo. Ciò

che caratterizza l’oggetto nasce (emerge) solo nel rapporto definitorio tra

osservatore ed oggetto.

Abbiamo definito la complessità come una caratteristica degli enti definiti

ricorsivamente. Se la complessità è una caratteristica e le caratteristiche

emergono dal rapporto definitorio, anche la complessità è un emergenza. Si

osservi la relazione circolare: la complessità è un emergenza, e le emergenze

nascono da enti complessi. La complessità nasce dalla definizione, da un tipo

particolare di definizione: quella che mette in relazione ricorsiva l’ente con altre

parti di se stesso, o con l’ intero se stesso. La definizione di tali enti, a sua volta è

un rapporto ricorsivo, circolare, quindi è anche esso complesso.

Questa è la problematica della “complessità di base” alla quale si riferisce

Morin (1994). Come abbiamo appena detto, la complessità è un’emergenza e le

emergenze sorgono dalla complessità.

3.7) Conclusione

Riassumendo, in questo capitolo abbiamo presentato le basi dell ’analisi

sistemica complessa; in particolare abbiamo dato le due definizioni di

complessità e sistema complesso:

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I precetti dell ’analisi

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la complessità è quella caratteristica (quindi emergenza) degli enti definiti

ricorsivamente;

un sistema complesso è un sistema nel quale gli elementi sono definiti

(individuati, riconosciuti o quant’altro) in base ad altri elementi.

Oltre a queste due importanti premesse definitorie, sono stati introdotti i

quattro precetti dell ’analisi, che si sostanziano nei seguenti punti:

Irr iducibile circolarità delle relazioni che danno origine alla complessità; un

sistema sociale o un’ impresa sono tipici esempi di sistemi complessi: gli elementi

di entrambi sono molteplici, le relazioni tra di essi sono articolate ed il l oro

comportamento è imprevedibile ; questo è dovuto alle relazioni circolari che si

formano al di sotto dei sistemi, tra di essi ed al di sopra di essi.

Focalizzazione dell ’analisi sui risultati: le ragioni del comportamento del

sistema sono diff icili da estrinsecare, così ci focalizziamo non su “come” il

sistema agisce, ma su “cosa” agisce. Cerchiamo cioè il risultato delle sue azioni,

non le modalità di funzionamento. Tale risultato può essere espresso tramite

emergenze, vincoli , antiemergenze, antivincoli e relazioni tra di questi.

Inclusione dell ’osservatore: l’analisi del sistema dipende da chi lo studia. Ad

esempio, una banca che studi una data azienda può essere interessata ad aspetti di

capacità finanziaria, mentre il management della stessa può interessarsi di altri

aspetti, come la competitività in un dato settore. I risultati delle due analisi

saranno entrambi parziali , ma entrambi potranno dare importanti informazioni.

L’analisi è per definizione approssimata: conoscere in maniera certa un

sistema è impossibile anche per il sistema stesso. L’approccio tradizionale

semplifi ca, cerca di escludere dall ’analisi elementi che sono considerati di

“disturbo” . L’analisi complessa approssima, cerca di comprendere il sistema nel

suo insieme, senza mutilarlo, rimanendo conscia del fatto che esiste una distanza

tra analisi e realtà.

Nell ’analisi tradizionale, si cerca di comprendere la meccanica di

funzionamento di ogni elemento, e il ti po di relazioni che collegano gli elementi

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Analisi sistemica complessa

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gli uni agli altri. Fino a che il sistema studiato rimane semplice, questa

operazione è agevole e permette di ottenere risultati precisi. Il problema sorge

quando le relazioni o i comportamenti divengono di tipo aleatorio ed aumentano

di numero, e soprattutto quando le relazioni sono circolari. In questo caso,

nascono delle forze non spiegabili i n termini di causa-effetto: la semplice

replicazione di schemi semplici va in crisi, generando modelli i ngestibili e

sempre più inesatti. Si ricorre allora al processo di sempli ficazione. Si tratta di

quel processo che ci porta a prevedere il comportamento di un entità complessa

in base a semplici formule matematiche o a modelli che banalizzano la realtà.

Il metodo complesso parte invece dalla pacifica affermazione che la realtà in

esame può essere studiata solo per quanto è consentito alla nostra capacità

analiti ca di fare. Quindi non tenta di sempli ficare: il processo conoscitivo

complesso si concreta tramite processi di approssimazione successiva. La

differenza sta nel fatto che mentre nella sempli ficazione non è possibile sapere

come si comporta il sistema nella realtà pur sapendo quali aspetti sono stati

sempli ficati, tramite il processo di approssimazione otteniamo risultati non

puntuali , ma corretti.

Lo scopo di questo lavoro è di applicare la logica e la sistemica complessa alla

strategia d'impresa, ricavando una metodologia di analisi ed un modello

interpretativo.

L’ impianto teorico servirà quindi a determinare quali risorse prendere in

considerazione di volta in volta. Oltre a questo, ci permetterà di stabili re il grado

di importanza delle risorse in analisi nel perseguimento di uno scopo fissato.

Non otterremo necessariamente risultati precisi in senso quantitativo, ma

avremo a disposizione valide informazioni qualitative. Il metodo presentato

permette di ottenere informazioni organizzate a partire da dati frammentari e

confusi. In azienda esiste la conoscenza, spesso latente, delle risorse possedute, e

delle relazioni tra di esse. Però, non essendo formalizzata, tale conoscenza è

improduttiva. La metodologia di analisi proposta permette di esplicitarla e di

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I precetti dell ’analisi

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utili zzarla per ricavarne ulteriori informazioni, approfondendo così la coscienza e

la conoscenza delle possibilit à e dei li miti dell ’ impresa analizzata.

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Analisi sistemica complessa

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4. Emergenze e vincoli

Nei capitoli precedenti abbiamo introdotto il metodo di studio che adotteremo

nell ’analisi delle realtà indagate. Il presente capitolo è dedicato ad una

definizione più precisa dell ’emergenza1 e del vincolo, che saranno le basi, gli

elementi chiave per condurre l’analisi.

Ci concentreremo sul significato delle emergenze, dei vincoli e delle loro

controparti negative, cercandoli nella conoscenza che detenuta dalle imprese.

Introdurremo le basi del modello 3r, spiegando quali scopi si prefigga, e come

pensiamo di ottenerli .

4.1) Le emergenze sono risorse

Il titolo molto immediato di questo paragrafo spiega cosa vogliamo dimostrare

ora. Ci proponiamo di dimostrare che le emergenze possono essere viste come

risorse; per fare ciò dovremo riferirci al filone di studi che prende in analisi il

fenomeno d'impresa che può essere indicato con il termine risorsa. Tale corrente

di pensiero prende origine da un noto articolo di Birger Wernerfelt (1984), "A

resource based view of the firm". In Italia, Vicari (1991) ha ripreso alcune delle

1 Le emergenze e le antiemergenze hanno la stessa natura e si comportano secondo le stesse leggi; l’unica differenza è

presente nella loro definizione (cioè apprezzabile da un osservatore) è che le prime incorporano il principio di ordine e di

sopravvivenza, e le seconde quello di disordine e cessazione. Agiscono in sensi inversi, pur avendo la stessa origine e

rispondendo alle stesse regole. Per questo motivo, ogni qual volta ci riferiremo alle “emergenze” senza ulteriori

specificazioni, intenderemo riferirci anche alle antiemergenze: stiamo infatti descrivendo regole valide per entrambe le basi

di analisi sistemica complessa, identiche nella forma e diverse solo per gli effetti. Stesso discorso vale per i vincoli e gli

antivincoli .

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Emergenze e vincoli

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tematiche di questo filone di studi, integrandolo con la teoria dei sistemi

autopoietici. Vedremo nel corso del paragrafo quale relazione esista tra l'analisi

sistemica complessa e le opere di Wernerfelt e Vicari.

Wernerfelt (1984) afferma che è necessario porre una maggiore enfasi

sull 'importanza delle risorse (sia materiali che immateriali ) nella vita

dell 'impresa. Sostiene che l'approccio strategico dominante, che lui individua

nell 'analisi dei punti di forza e debolezza delle imprese nei confronti delle loro

aree strategiche di affari attuali e potenziali , si basa su un concetto di "risorsa"

anche se in maniera implicita o con significato abbastanza ampio. Egli i nfatti

definisce le risorse come:

[…] anything which could be though of as a strength or a weakness ofa given firm. More formally, a firm resources at a given time could bedefined as those (tangible and intangible) assets which are tiedsemipermanently to the firm2. (p.172).

La RBV sostituisce i modelli i nterpretativi focalizzati sui prodotti a modelli

basati sulle risorse: così, vi sono barriere all 'entrata ove si rende diff icile

l'acquisizione di risorse chiave ai propri concorrenti (p.173), e può essere pensato

un modello del settore allargato che non faccia riferimento ai mercati di sbocco

dei prodotti, ma ai mercati di approvvigionamento delle risorse: la posizione di

un settore sarà tanto migliore quanto minore sarà la competizione sulle risorse

all 'interno dell 'arena competitiva, quanto minore sarà la forza contrattuale dei

fornitori di risorse, quanto maggiore sarà la forza rispetto ai clienti dei prodotti

generati grazie a certe risorse, e quanto minore sarà l'incidenza di risorse

sostitutive (p.172). Le risorse servono per portare a termine il ciclo di

produzione; i prodotti, una volta venduti, permetteranno di migliorare la

posizione dell 'azienda sul mercato delle risorse, sia "sfruttando" (usando il

2 Traduzione: [le risorse sono] qualsiasi cosa che possa essere pensata come una forza o una debolezza di una certa

impresa. Più rigorosamente, le risorse di impresa in un certo momento possono essere definite come quelle voci patrimoniali

(tangibil i ed intangibil i) [sia attive che passive] che sono legate all ’ impresa in modo semipermanente.

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Analisi sistemica complessa

101

termine adottato da Wernerfelt) risorse già note, sia acquisendo nuove risorse

prima inesistenti. Così, "[f] or the firm, resources and products are two faces of

the same coin", come afferma Wernerfelt in apertura del proprio articolo.

Vicari si spinge oltre. Per lui l 'impresa è un sistema autopoietico, cioè un

sistema che si auto-produce; sono sistemi autopoietici tutti i sistemi biologici, ed

i sistemi cognitivi. Tali sistemi sono dotati di ciò che Maturana e Varela (1987)

hanno definito "chiusura operazionale". Un sistema operazionalmente chiuso ha

la caratteristica che il risultato delle operazioni di tale sistema sono le operazioni

stesse. Così per la mente, che opera pensando, il risultato delle proprie operazioni

(pensieri) sono altri pensieri; alcuni di questi pensieri metteranno in moto

reazioni fisiologiche o comportamenti dell 'organismo, ma tutti i pensieri hanno la

stessa natura. Vicari individua i risultati delle operazioni di impresa nelle risorse

immateriali . L’ impresa è cioè un sistema che crea nuove risorse a partire da

quelle possedute in precedenza. Se il processo genera risorse immateriali di

maggior valore, allora l’azienda prospera, altrimenti è destinata al falli mento (pp.

113-131).

Vediamo adesso la relazione tra queste due forme di pensiero e l'approccio

complesso. L'interazione tra le varie dimensioni di complessità genera

emergenze. Alcuni sistemi complessi non sono in grado di conoscersi da soli; se

definiamo un sistema fisico (come ad esempio lampadina, pila ed interruttore)

come sistema complesso, non possiamo certo attribuirgli l a capacità (o

emergenza) di conoscere se stesso. Una società umana, o animale, è invece in

grado di farlo. Può farlo un individuo o un’ impresa. In pratica, i sistemi viventi e

i sistemi sociali hanno l’emergenza “autoreferenzialità”, cioè sono essi stessi in

grado di delimitare i propri confini, e di conoscere se stessi. I sistemi

autopoietici, come tutti i sistemi, possono essere visti come sistemi complessi,

con la particolarità di essere autoreferenziali . L’ impresa è un sistema

autopoietico, ossia un sistema autoreferenziale, che si conosce e che si auto-

organizza; si tratta dunque di un sistema complesso particolare.

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Emergenze e vincoli

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Lo scopo primo di qualsiasi impresa è “perdurare economicamente nel

tempo” , o in altre parole sopravvivere all ’evolvere di un ambiente spesso ostile.

Definiamo due emergenze che in prima approssimazione descrivano il processo

di “sopravvivenza” : sono la competitività, ossia la capacità di rispondere alle

minacce prodotte dal rapporto con l’ambiente e quella di sfruttarne le

opportunità, ed il reddito, il flusso economico generato dall ’attività di impresa. Il

raggiungimento di un soddisfacente livello per entrambe queste emergenze è la

condizione di sopravvivenza: se non ottiene reddito, l’ impresa non è interessante

per gli i nvestitori, che quindi possono decidere di smobilit are i loro investimenti.

Altresì il raggiungimento di un certo reddito è funzionale all ’acquisizione di

quelle capacità che permettono all ’ impresa di competere. Inoltre, è immediato

notare come la competitività sia necessaria per ottenere il reddito3.

L’emergenza reddito viene usata dall ’ impresa per generare l’emergenza

competitività, che a sua volta viene poi utili zzata per generare reddito. È

attraverso questo ciclo che l’ impresa “perdura economicamente nel tempo” .

Arrivati a questo punto possiamo stabili re che le emergenze, nella teoria della

complessità, svolgono lo stesso ruolo delle risorse immateriali nella teoria

autopoietica dell 'impresa. È però necessario notare come Vicari non abbia

ipotizzato esplicitamente la presenza di risorse dannose, anche se il suo modello

non esclude la possibilit à di definire risorse in termini negativi, che invece di

collaborare con le altre, tendono a ridurre le potenzialità di rigenerazione del

sistema.

L'aderenza del concetto di emergenza nella teoria complessa al concetto di

risorsa nella RBV è immediata. Infatti, le emergenze e le antiemergenze possono

essere ricondotte alla definizione di Wernerfelt che afferma che le risorse sono

3 Si sta facendo riferimento ad un caso generico, che non deve essere visto come la regola. Vi possono essere imprese

che riescono a perdurare tramite altri meccanismi (come ad esempio l’attivazione di un ciclo dove la capacità collusiva

genera fiducia, la quale genera fedeltà, che torna a generare capacità collusiva).

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Analisi sistemica complessa

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qualsiasi cosa possa essere intesa come punto di forza (emergenza) o punto di

debolezza (antiemergenza). Le nostre basi di analisi corrispondono anche alla

definizione più rigorosa, che vede negli asset di impresa la definizione di risorse.

Esistendo una correlazione biunivoca tra la definizione di emergenza e quella di

risorsa, possiamo affermare che le emergenze sono risorse.

4.1.1) Risorse di fiducia e di competenza

Vicari (1991) distingue tra risorse di fiducia e risorse di competenza delle

quali l ’ impresa può disporre. Le prime sono quelle risorse che vengono fornite da

operatori non facenti parte dell ’ impresa, e che questa può utili zzare ma non

controllare. Per queste caratteristiche, Vicari indica che tali risorse sono situate

nelle strutture cognitive degli agenti esterni all 'impresa; anche se l'impresa può

influenzarle, non le può controllare direttamente. Per questo, le risorse di fiducia

possono essere chiamate anche "esterne". Le risorse di competenza sono invece

caratteristiche dell ’organizzazione di questa, e possono essere definite “ interne”.

Analogamente, possiamo definire emergenze interne ed esterne all ’ impresa.

Le prime sorgono dalle prime due dimensioni della complessità: la relazione tra

elementi di uno stesso sistema e quella tra gli elementi ed il sistema del quale

fanno parte. Le seconde sorgono dalla terza dimensione della complessità: il

rapporto tra elementi, sistemi ed elementi di altri sistemi. La nostra analisi dovrà

prendere in considerazione sia le emergenze “ interne” che quelle “esterne” 4.

Vicari sancisce giustamente che le risorse di fiducia, essendo localizzate in

una struttura cognitiva presente in terzi non facenti parte di una data

organizzazione, non possono essere controllate direttamente dall 'impresa. Questa

4 La quarta e la quinta dimensione della complessità partecipano alla formazione delle emergenze, in modo parallelo e

solidale con le altre tre dimensioni; non sono quindi caratteristiche né delle emergenze esterne, né di quelle interne, ma

partecipano alla formazione di entrambe.

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Emergenze e vincoli

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potrà modificarle solo in via mediata, interagendo attivamente con il proprio

pubblico. Anche l’ASC dovrà prendere in considerazione questa problematica.

Anche se non sarà vietato modificare il valore legato alle emergenze "esterne", è

essenziale notare la modifica di valori di risorse di fiducia è accettabile solo a

scopi di analisi di scenario, o di verifica di ipotesi (cosa succederebbe se i clienti

fossero più fedeli?). Infatti le emergenze esterne dipendono dal rapporto

complesso esistente tra sistemi differenti, sui quali uno dei due sistemi non può

che avere un influsso mediato. Ad esempio, se si vuole capire come varierebbe la

competitività di una data impresa se la fiducia dei suoi consumatori crescesse,

nulla vieta di aumentare il valore che l’analisi ha associato all ’emergenza

“fiducia dei consumatori” . Chiaramente è necessario tenere ben presente che tale

modifica è, in termini di applicazione pratica, di ben altro peso rispetto alla

modifica di un’emergenza interna, sulle quali il management può esercitare

molto spesso un’ influenza diretta maggiore.

4.1.2) Risorse materiali ed immateriali

Un punto molto più delicato è legato alla distinzione tra risorse materiali ed

immateriali . Mentre la RBV non pone alcun limite al tipo di risorse prese in

considerazione dalle proprie analisi, l’approccio autopoietico afferma che le la

base del successo competitivo e della capacità di perdurare di un’ impresa sono da

ricercare unicamente nelle risorse di competenza e di fiducia, ossia nelle risorse

immateriali . L’azienda trasformerà poi tali risorse in flussi economici, ovvero in

risorse materiali .

Pur essendo d’accordo con tale affermazione, dobbiamo rilevare che un

approccio “complesso” non può ignorare le risorse materiali . L’ASC deve

affermare che la comprensione dei fenomeni complessi può avvenire solo tramite

la considerazione di tutti gli aspetti che possono essere presi in considerazione,

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Analisi sistemica complessa

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senza eliminare aprioristicamente nessuna classe di analisi. Le emergenze ed i

vincoli possono anche avere valenza fisica: il vincolo di mobilit à, legato alla

fisicità della posizione territoriale dell ’azienda è chiaramente un vincolo fisico.

Così possiamo avere pure emergenze fisiche: se un addetto ed un macchinario

non possono costruire un’automobile in un giorno, mill e addetti e mill e

macchine, e la loro organizzazione, possono produrre mill e automobili al giorno.

Il tutto supera la somma delle parti, quindi si ha un’emergenza. La produzione

fisica è un’emergenza di sistema.

Quindi l ’ASC avrà a che fare con emergenze materiali ed immateriali , il che

non crea il minimo imbarazzo epistemologico. Pensare un’ impresa senza risorse

materiali ha la stessa valenza del pensare una mente senza il corpo. È innegabile

che la mente diriga le azioni del corpo verso l’ambiente esterno, ed in prima

analisi sembra dominarlo. Ma in realtà la mente ed il corpo retroagiscono l’uno

sull ’altro: basti pensare a puro titolo di esempio agli effetti che scariche ormonali

o droghe naturali (come l’adrenalina o le endorfine) possono avere sul

funzionamento del cervello e della mente, e come questa sia a volte in grado di

modificare o di partecipare alla modifica di tali li velli ormonali (Foerster,

1972:52-53). Allo stesso modo l’organizzazione non domina i suoi elementi in

maniera totale; nell ’ impresa può essere risultante (o influenzata) da gruppi di

pressione politi ca o anche da singole persone. L’organizzazione, la più

immateriale delle caratteristiche di un’ impresa, può essere molto spesso

dominata da ragioni fisiche, come la distribuzione dei macchinari negli impianti

o il ti po di lavorazione (per lotti piuttosto che just in time). Ed ancora più

evidente di tutti, è possibile pensare un corpo senza una mente, ma è ben diff icile

pensare una mente senza il corpo: la mente è l’emergenza del corpo.

Così possiamo parlare di emergenze immateriali , come la capacità

competitiva, e di emergenze materiali , come il reddito, e mettere in relazione

queste emergenze senza particolari attenzioni: l ’assetto globale di un sistema

dipende dall ’ interazione complessa tra ciò che è materiale e ciò che non lo è.

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Emergenze e vincoli

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4.2) Il ruolo dei vincoli

Vediamo in questo paragrafo quale sia il comportamento dei vincoli , e quali

interazioni si creino nel sistema complesso in loro presenza. Essendo la natura

dei vincoli e degli antivincoli prettamente differente da quella delle emergenze e

delle antiemergenze, è ovvio che il l oro comportamento in termini di sistema

complesso sia diverso. Bisogna però ricordare che i vincoli non sono l'opposto

delle emergenze (così come gli antivincoli non sono l'opposto delle

antiemergenze), quindi non si può assumere che il ruolo dei vincoli sia speculare

a quello delle emergenze. Come vedremo, il l oro ruolo è semplicemente diverso,

in un certo qual modo non commensurabile a quello delle emergenze.

4.2.1) Effetti sulle interazioni

Si vuole dimostrare che i vincoli sono un fattore inerziale, che varia il tempo

necessario aff inché una variazione esogena di un'emergenza induca variazioni nel

livello di altre emergenze.

Prima di trattare il problema dal punto di vista teorico, ritengo necessario

riportare alcuni esempi; prendiamo un tipico antivincolo: la distanza fisica dei

gruppi aziendali . Ammettiamo cioè di lavorare in una multinazionale, il cui

uff icio acquisti centrale si trova a Parigi, mentre la direzione generale ha sede a

New York. Vediamo l’effetto di questo antivincolo su un’emergenza cruciale

come l’eff icacia delle decisioni non ordinarie, cioè quelle che l’uff icio acquisti

deve prendere in maniera non routinaria: si supponga ad esempio che un

fornitore importante cessi l ’attività. Questo significa essere costretti a trovare, in

tempi brevi, un altro fornitore che possa sostituire il primo. Se la direzione

generale e l’uff icio acquisti fossero fisicamente più vicini, la decisione potrebbe

essere presa indubbiamente con rapidità maggiore, a meno che non vengano

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Analisi sistemica complessa

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dispiegati mezzi telematici che possano annullare l’effetto della distanza fisica

(in termini di ASC, a meno che il peso dell 'antivincolo “distanza” non venga

ridotto a zero). Ciò non toglie che, grazie all ’elevata capacità dell ’azienda di

prendere decisioni eff icaci, non si risolva brill antemente la situazione: infatti la

presenza di antivincoli non altera il li vello di equili brio del sistema di emergenze,

ma solo il tempo necessario a raggiungere quello stato.

Tendenzialmente, la presenza di vincoli genererà effetti inversi: in teoria, i

vincoli gerarchici, se ben progettati dovrebbero rendere più veloci le transazioni.

Ci riferiamo a quei vincoli che possono realmente servire come “volano”

dell ’attività aziendale. Con un livello di disordine troppo elevato, e cioè in

assenza di condizioni sui flussi di informazioni e di attività in azienda,

potrebbero verificarsi delle diseconomie notevoli i n termini di tempo e costo. Se

un dubbio di un fattorino dovesse essere risolto dal CEO, l’azienda perderebbe

palesemente eff icienza, e probabilmente il fattorino dovrebbe attendere molto

prima di poter avere la propria risposta. In generale diremo che i vincoli tendono

ad accelerare il processo di interazione tra le emergenze.

È utile notare che i vincoli e gli antivincoli non sono l’unica determinante

della rapidità di propagazione degli effetti delle risorse; esistono delle condizioni

strutturali delle quali è necessario tenere conto. Ad esempio, se aumentiamo di

un punto la qualità del lavoro, strutturalmente sarà necessario un certo tempo

prima che questo si ripercuota sulla fiducia che i clienti nutrono verso l’azienda,

a prescindere dai vincoli che sono presenti nel processo.

Comunque, la presenza di un vincolo facilit erà la propagazione di impulsi

differenziali sul valore delle emergenze (in termini di tempo), o inibirà la

propagazione degli effetti di una variazione nelle antiemergenze; un antivincolo

agirà in senso contrario.

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Emergenze e vincoli

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4.2.2) Effetti sulle risorse

I vincoli e gli antivincoli i nfluenzano anche la facilit à o la diff icoltà di

aumentare il valore di una certa risorsa, oltre alla dinamica di propagazione degli

impulsi.

Ad esempio, se investire un mili ardo in ricerca e sviluppo può voler dire

aumentare una risorsa come “competenza informatica” di un certo valore,

investire la stessa somma in rete di vendita può non avere lo stesso effetto su

risorse come “qualità della rete distributiva”; anche a livello intuitivo questo è

palese.

Così come per la velocità di propagazione, anche per la diff icoltà di

incremento delle risorse esistono delle componenti strutturali; anzi è palese come

queste abbiano un'influenza ben maggiore sul costo delle variazioni di li vello

delle emergenze rispetto ai vincoli . Nell ’esempio citato (rete di vendita e

competenze informatiche), non sono tanto i vincoli ad essere importanti, ma il

fatto che strutturalmente, un sistema informatico moderno costa generalmente

meno di una grossa rete distributiva. Tuttavia, l’analisi dei vincoli mantiene una

grande importanza anche qui, non tanto nel definire l’entità dello sforzo

necessario a variare una risorsa, quanto nel spiegare le differenze che si

riscontrano da un’ impresa ad un’altra nel compiere un “passo avanti” .

Prima di proseguire voglio ricordare che stiamo parlando dello sforzo

necessario ad aumentare una risorsa direttamente, non passando attraverso altre

risorse; è infatti possibile migliorare un’emergenza intermedia (risorsa) partendo

dalle emergenze che sono a valle, ma qui stiamo affrontando un problema

diverso: l’ intervento diretto su di essa.

Senza vincoli , lo sforzo necessario per aumentare una risorsa (con un

intervento diretto) sarebbe identico in qualsiasi azienda. L’unica cosa che possa

spiegare la differenza di prezzo delle risorse per diverse aziende, è proprio la

presenza di un qualcosa che renda per alcune più diff icile acquisirle, e per altre

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Analisi sistemica complessa

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più semplice. Detto in altri termini, è la presenza di vincoli e di antivincoli che

spiega il differenziale di prezzo delle stesse risorse in diverse realtà aziendali .

4.2.3) Vincoli generati da emergenze

Nella maggior parte dei casi, i vincoli e gli antivincoli dipendono da situazioni

oggettive o da decisioni specifiche del management; in altre parole, sono frutto

dalla struttura complessa del sistema. Tuttavia può accadere che alcuni

antivincoli siano generati da certe emergenze5: per esempio una certa inerzia nel

reagire alle iniziative della concorrenza può essere determinata dalla forza del

proprio marchio, o del proprio prodotto: è il caso della IBM e della Intel. Quando

la IBM aveva lanciato il PC, la Apple era già da tempo nel settore ancora neonato

dei computer "personali ". La (relativamente) piccola impresa si vide minacciata

da quella mossa e decise di lanciare la serie MacIntosh basata sul processore

Motorola 68000, avanti di almeno cinque anni di ricerca rispetto all ’8086 Intel

usato nel PC. L’ IBM non poté rispondere adeguatamente perché il PC era

diventato così diffuso che una qualsiasi deviazione da quello standard sarebbe

stato un falli mento. Ancora oggi, il potentissimo processore Pentium Intel, così

come il sistema operativo OS/2 della IBM, mantiene la compatibilit à con lo

standard dei primi anni 80, cosa che va a scapito della velocità e versatilit à del

sistema: si calcola che se il Pentium non dovesse “comprendere” le obsolete

istruzioni che facevano funzionare il vecchio PC, avrebbe una velocità di calcolo

superiore del 100% a quella attuale. Ed i concorrenti della Intel ne sono molto

felici.

5 Non è da escludere che l’ insieme delle basi sia completamente relazionato. Ciò vuol dire che non si può escludere a

priori, senza uno studio più approfondito di quello che può essere condotto in questa sede, che esistano relazioni tra tutte e

otto le classi di analisi. A titolo di esempio citeremo solo il caso di un’emergenza che genera un antivincolo; valga come

esempio generale.

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Emergenze e vincoli

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Questo è un classico caso nel quale un’emergenza (il successo e

l’affermazione di marca) genera un antivincolo (inerzia concorrenziale).

È certo un caso limite, ma in linea teorica non è impossibile pensare al fatto

che aumentando il valore di un'emergenza, il sistema possa trovare un equili brio

in un punto ad “energia” minore, così come non è da escludere che all 'aumento di

un'antiemergenza, meccanismi complessi possano scatenare una difesa del

sistema tale da migliorare le prestazioni globali .

Ad esempio, l’ inoculazione di un vaccino comporta esattamente questo

procedimento. Se è dubbio che un vaccino (innocuo per il paziente sottoposto al

trattamento) sia un’antiemergenza, possiamo fare riferimento a quelle malattie

dalle quali l ’organismo impara a difendersi in maniera eff icace dopo averle

contratte; il morbill o è una malattia, e la malattia è una chiara antiemergenza,

eppure tale malattia genera una maggiore resistenza del sistema immunitario

(migliora il li vello di molte emergenze del sistema)6.

4.3) Prime considerazioni sul modello 3r

Adesso che le basi di analisi sono state definite con una maggiore precisione,

possiamo dare alcune prime indicazioni sul modello analiti co che sarà sviluppato

in questa tesi. Il modello si baserà sulle considerazioni esposte fino ad ora,

accogliendo i quattro precetti dell 'analisi sistemica complessa7. Tra tutte le forme

analiti che concrete che è possibile derivare dall 'ASC dovremo necessariamente

6 Potrebbe essere interessante impostare un parallelo tra questo meccanismo naturale di immunizzazione, basato sulla

reazione alle antiemergenze, e l’ introduzione artificiale delle crisi in impresa per favorire i cambiamenti (molta letteratura

manageriale giapponese suggerisce questo metodo. Si veda anche Stacey, 1995).

7 I quattro precetti sono: circolarità dei rapporti tra le emergenze, studio dei risultati ottenuti dal sistema, inclusione

dell ’osservatore nell ’analisi ed analisi condotta per approssimazione (piuttosto che per semplificazione).

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Analisi sistemica complessa

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sceglierne una semplice, di facile comprensione e di immediata applicazione. Ciò

con due scopi: il primo è quello di chiarire con un esempio basilare come l'analisi

sistemica complessa può prendere una forma sostanziale, e come può essere

realizzata tale analisi in pratica. Il secondo è quello di mantenere la dimensione

di questa tesi ad un livello accettabile.

Notoriamente, i modelli i nterpretativi più semplici sono quelli statici

comparativi. In genere, la statica comparata è un chiaro esempio di procedimento

sempli ficatore, ma noi useremo tale modell istica con ottica approssimativa:

avremo un periodo iniziale, al posto di un istante iniziale, che avrà una

dimensione temporale approssimata, ed un periodo finale non definito, al posto di

un istante finito. Così, introdurremo un modello di analisi statico comparativo,

ma che non analizza la realtà in due istanti di tempo ben precisi, uno iniziale ed

uno finale; bensì avrà un periodo di riferimento generico "prima delle

variazioni", ed un periodo indeterminato nel quale si manifestano gli effetti delle

variazioni apportate al modello. Il fatto che non si definisca il periodo finale

implica che i risultati proposti dal modello saranno tendenziali . Data una

situazione iniziale di un certo tipo, ed una data variazione, il modello 3r sarà in

grado di prevedere quali conseguenze tendenziali abbiano tali variazioni in un

periodo lontano nel futuro. Questo tipo di analisi può essere usata da coloro che

devono definire strategie di ampio respiro, che non hanno come obbiettivo un

arco temporale ben definito, ma una situazione obbiettivo ideale alla quale il

sistema impresa deve tendere.

Vedremo poi come sia possibile stabili re un periodo "finale" di analisi per il

modello 3r, in modo da poterlo utili zzare anche nel caso di problematiche di

breve o medio periodo.

Stabili to che il modello sarà di tipo statico comparativo, dobbiamo scegliere

una forma matematica. Un'ipotesi sarebbe quella di usare una matrice di

correlazione, che indica l'influenza di ogni variabile rispetto a tutte le altre. Così,

si ottiene una matrice quadrata dove ogni elemento è il coeff iciente di un sistema

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Emergenze e vincoli

112

nel quale la variabile sulla riga è la dipendente, e quella sulla colonna è

l'indipendente. Anche se il metodo di rappresentazione è piuttosto semplice nella

sua schematicità, all 'aumentare delle variabili l a leggibilit à della matrice si

riduce; oltre un certo punto, la matrice diventa incomprensibile senza un grande

sforzo interpretativo.

Meglio usare un grafo. I grafi sono oggetti matematici composti da nodi, che

rappresentano in qualche modo un'entità fisica o astratta, e da archi, che

rappresentano le relazioni tra tali entità. Le emergenze, rappresentate dai nodi,

saranno così ben visibili; l 'utente del modello potrà leggere facilmente le leggi di

interazione locale; ad esempio, se sappiamo che l'emergenza A è relazionata in

qualche modo con B e C, ed il suo valore influenza a sua volta D ed E, e sapendo

che E è collegata a B, possiamo costruire un grafo.

Chi legge il grafo, fermando il proprio sguardo su di un nodo, può "leggere" le

interazioni locali; può immediatamente scoprire che E è influenzato da A e

influenza a sua volta B, ecc…

Il grafo si costruisce a partire dalle regole di interazione locale; nell 'esempio

della famiglia, riportato nel capitolo precedente, avevamo a disposizione solo

questo tipo di regole. L'analisi risulta molto più semplice se è necessario scoprire

solo quali emergenze vengono direttamente influenzate da una data risorsa.

Inoltre, il grafo può essere letto con facilit à, e mantiene le informazioni sulle

A

E D

B C

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Analisi sistemica complessa

113

regole di interazione locale sulla base delle quali è stato costruito. Quindi, il

modello 3r avrà forma di grafo.

Resta da definire come rappresentare le emergenze. La scelta è quasi forzata:

fino ad oggi l 'unica scala di valori che possa essere espressa sulle risorse di una

certa impresa, senza un'analisi estremamente approfondita e costosa, è una

valutazione. Ciò che il modello 3r prenderà in considerazione saranno dei veri e

propri voti, assegnati alle risorse. Torneremo su questo punto più avanti, nella

parte dedicata allo sviluppo del modello (par. 6.2).

Lo scopo che si prefigge il modello 3r è quello di fornire uno strumento

previsivo ed analiti co versatile, in grado di rappresentare un valido supporto alle

decisioni in ottica strategica. Il modello avrà una certa robustezza rispetto alla

variabil ità ambientale, risultando utile anche in ambienti turbolenti. Ciò è dovuto

al fatto che i risultati ottenuti tramite l'elaborazione di un grafo non sino

dipendenti dalle singole interazioni locali , ma dalla struttura nel suo insieme. Una

variazione imprevista di alcune considerazioni sulle quali si basano delle leggi

locali , non varia sensibilmente il risultato dell 'analisi8. Solo una variazione che

invalidi le valutazioni dalle quali si sono tratte le indicazioni per costruire la

maggior parte del grafo può alterare il risultato complessivo dell 'analisi.

È possibile vedere come un tale modello accolga i quattro precetti dell 'ASC.

Essendo in forma grafica, accetta che vi siano dei cicli al suo interno, quindi

accetta il primo assunto di circolarità di cause ed effetti. Inoltre, i suoi nodi

rappresentano in qualche modo il valore delle emergenze, ossia i risultati del

sistema, e non sulla sua struttura. Il fatto che il valore di tali nodi sia espresso

tramite una valutazione delle emergenze, garantisce che l'osservatore sia incluso

nell 'analisi. Per ultimo, il modello può accettare anche dati approssimati, senza

che il suo funzionamento ne risenta.

8 Le reti neurali , ad esempio, continuano a svolgere il loro compito abbastanza bene anche se vengono “danneggiate” in

maniera lieve.

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Emergenze e vincoli

114

È chiaro che a monte del modello 3r è necessario compiere un'analisi sistemica

complessa dell 'impresa, che rileverà alcune emergenze ed alcune relazioni che

verranno poi inserite nel modello 3r. Questa parte verrà affrontata nel capitolo 7.

4.3.1) Esclusione dei vincoli

Visto che il modello 3r un modello statico comparativo, e siccome questo fa

riferimento alla valutazione espressa sulle risorse senza occuparsi del loro valore

o del costo necessario a procurarsi una certa risorsa, è possibile escludere i

vincoli (e gli antivincoli ) dall 'analisi. Abbiamo appena dimostrato come i vincoli

siano un aspetto della dinamica del sistema, ed influenzino l'inerzia alla

variazione delle risorse, così come l'inerzia alla propagazione di stimoli (intesi

come aumento esogeno delle emergenze). Perciò, da questo punto in poi, i

vincoli non faranno più parte dell ’ insieme di elementi preso in considerazione

dalla nostra analisi. Senza i vincoli , non sarà possibile studiare la dinamica

dell ’evoluzione delle emergenze, né sarà possibile valutare la loro inerzia in

termini di costo necessario al loro miglioramento. Vedremo come si possano

ottenere risultati interessanti anche senza prendere in considerazione i vincoli .

Resta fermo comunque che i vincoli e gli antivincoli sono basi di analisi

dell 'ASC al pari delle emergenze; uno sviluppo più approfondito della tematica

non potrà astenersi dal generare modelli che prendano in considerazione anche i

vincoli . Ma in questa sede, possiamo limitarci alla considerazione delle sole

emergenze (e antiemergenze). Sia chiaro che non stiamo ricorrendo ad una

sempli ficazione: non stiamo "facendo finta" che i vincoli non esistano; questo

introdurrebbe un'ipotesi sempli ficativa indebita. Ben consci della loro esistenza,

cerchiamo di studiare quegli aspetti dei sistemi complessi che possono essere

capiti anche senza il l oro apporto. Una comprensione limitata, "approssimata",

ma

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Analisi sistemica complessa

115

corretta. Stiamo cioè seguendo le linee guida dell 'ASC che suggerisce di

comprendere i sistemi complessi il più possibile, senza ignorare che esistono

sempre altri aspetti.

4.4) Conclusione

Abbiamo presentato in questo capitolo una breve dissertazione sulla natura

delle emergenze e sull 'influenza dei vincoli . Abbiamo scelto una forma per il

modello analiti co che vogliamo sviluppare in questa tesi, che abbiamo chiamato

modello relazione-risorse-risultati. Abbiamo stabilit o che il modello non

prenderà in considerazione i vincoli , escludendo così alcuni aspetti rilevanti

dell 'analisi, ma non essenziali ai nostri fini. È necessario specificare, come

suggerisce l'ASC, che il modello non può essere una soluzione ottimale per

qualsiasi necessità. Solo per i nostri fini possiamo ritenere non rilevanti i vincoli

ed i loro effetti. Altri osservatori, per altri scopi, riterranno certo indispensabile

considerare anche i vincoli e gli antivincoli nell 'analisi. Il modello 3r vuole essere

un utile strumento analiti co e previsionale, ma è solo un esempio dei modelli

analiti ci che possono essere costruiti seguendo i dettami dell 'ASC; è evidente

come lo spazio concessoci in questa sede non possa ospitare altri modelli .

Siccome il modello 3r assume la forma di grafo, si rende necessaria una pausa

nella trattazione per introdurre la matematica dei grafi. Il prossimo capitolo

include anche alcuni strumenti analiti ci da noi elaborati al fine di migliorare

l'applicabilit à e le funzionalità del modello 3r.

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Analisi sistemica complessa

117

5. I grafi numerici

Prima di passare alla definizione del modello 3r, è necessario introdurre alcuni

strumenti matematici. Il modello si serve infatti di una struttura matematica

denominata “grafo numerico” . Come vedremo, il grafo numerico è un grafo

particolare, che può essere usato per rappresentare sistemi di equazioni li neari, e

che si presta altrettanto bene a formalizzare le informazioni rilevate in forma

verbale nel processo di analisi.

In particolare, gli strumenti introdotti in questo capitolo permettono di:

• Calcolare il valore di ogni elemento coinvolto nell ’analisi, a partire da

quello delle risorse.

• Calcolare la relazione esistente tra un elemento e le sue generanti, in modo

da stabili re quali di esse sia la migliore leva per il controllo degli effetti a

valle.

5.1) Definizione di grafo numerico

Si dice “grafo numerico” un grafo connesso, orientato e pesato particolare,

definito nel seguente modo:

{ }{ }{ }

ℜ→ℜ→→

===

V

E

VE

eeeE

vvvV

VER

m

n

:

:

:,

,...,,

,...,

,,,,,

21

21

ψφ

ωα

ψφωα

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Grafi numerici

118

Ossia, un grafo numerico è un sestetto di elementi; sono definiti due insiemi, V

ed E, detti insieme dei vertici ed insieme degli archi. In particolare, gli archi sono

definiti come coppie di vertici. In R sono definite quattro funzioni: α ω, hanno

dominio nell ’ insieme degli archi e codominio in quello dei vertici, mentre φ va

da E in ℜ ed è detta “peso dell ’arco” . Questi elementi sono presenti anche in un

grafo orientato e pesato; ciò che distingue il grafo numerico è la funzione ψ , che

associa l’ insieme dei vertici all ’ insieme dei reali , ed è chiamata “valore del

nodo” .

Dobbiamo quindi definire le funzioni in E:

( )( )

see E

v e

w e

∈==

:

:

αω

Il nodo v è il nodo iniziale di un arco, mentre w è detto nodo finale; l’arco e è

detto uscente dal nodo v ed entrante nel vertice w . Una notazione abbreviata ed

equivalente per scrivere l’espressione è la seguente:

e v w=< >,

Che significa semplicemente che ( ) ( )α ωe v e w= =, . Il nodo iniziale di un arco

è anche detto predecessore, mentre quello finale è anche detto successore.

Si definisce dunque l’ insieme dei predecessori e dei successori di un nodo

come segue:

{ }{ }

P

S

( ) ,

( ) ,

v w e w v

v w e v w

= ∃ =< >

= ∃ =< >

Ossia, l’ insieme dei predecessori di un nodo comprende tutti quei nodi tali che

esiste un arco che conduce da loro al nodo esaminato; viceversa, l’ insieme dei

successori è composto da tutti quei nodi che sono finali i n un arco che abbia

come nodo iniziale quello esaminato.

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Analisi sistemica complessa

119

Un nodo senza predecessori, per il quale l’ insieme dei predecessori è vuoto, si

dice fonte, mentre un nodo senza successori (per il quale l’ insieme dei successori

è vuoto) si dice termine.

5.2) Ipotesi particolari

Il grafo numerico ha altre particolarità rispetto ad un generico grafo: in esso

non esistono vertici non connessi né archi paralleli .

Per ipotesi si ha che:

{ }R V E

v V e E v e v e

=

∀ ∈ ∃ ∈ = =

,

( ); ( )α ω

Vale a dire, per ogni vertice nell ’ insieme dei nodi, esiste almeno un arco

entrante in esso o uscente da esso.

Inoltre, sempre per ipotesi:

∀ ∈ ≠=< >⇒ ≠< >

e e E e e

e v w e v wi j i j

i j

, ,

, ,

Che sta ad indicare che due archi diversi non possono uscire ed entrare negli

stessi nodi, e non possono quindi essere paralleli .

5.3) Valore del nodo

La nostra analisi si prefigge lo scopo di associare ad ogni nodo un numero

reale, che sia indicativo di alcune condizioni rivelate dall ’ indagine preliminare.

In particolare, si suppone che il valore di un dato elemento analizzato sia

dipendente in forma lineare dal valore delle sue causanti. La funzione valore del

nodo è appunto la relazione esistente tra il valore di un dato elemento dell ’analisi

complessa ed il valore delle sue causanti.

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Grafi numerici

120

Come vedremo in seguito, non sempre è possibile calcolare questo numero;

esistono alcuni casi particolari che impediscono di giungere ad una definizione

della funzione per tutti i grafi numerici possibili; vedremo però che questi casi

non appartengono alle possibili configurazioni che un grafo numerico può

assumere nell ’analisi 3r.

Definiamo la funzione valore del nodo come segue. Dato un nodo fonte

chiamato v, un generico nodo non fonte chiamato w e l’ insieme dei predecessori

P(w) così definito:

{ }P( ) , ,... ,w a a a nn= ≥1 2 1

si ha che:

ψ

ψ φ ψ

( )

( ) ( , ) ( )

v r

w ee a w ai ii

n

= ∈ ℜ

= =< > ⋅=∑

1

In altre parole, se il nodo è una fonte, la funzione valore del nodo associa ad

esso un numero reale arbitrario, mentre se non è fonte tale valore è determinato

dalla sommatoria del valore dei predecessori moltiplicati per il peso dell ’arco che

collega tali predecessori al nodo valutato.

Essendo una funzione ricorsiva, la ψ ( )w non sempre ammette soluzioni:

esistono casi in cui il suo valore resta indeterminato.

Per isolare tali casi è necessario introdurre il concetto di “sistema

equivalente” .

5.4) Il sistema equivalente

A partire da un grafo numerico R, costruiamo un sistema di equazioni li neari

con le seguenti caratteristiche:

I termini noti del sistema sono le fonti del grafo numerico

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Analisi sistemica complessa

121

• Ogni nodo del grafo numerico viene trasformato in una variabile del

sistema

• Ogni arco del grafo numerico viene trasformato in un coeff iciente delle

variabili del sistema

Si procede dunque così: per ogni nodo del grafo numerico si scrive un

equazione, nella quale:

• La variabile che corrisponde al nodo viene eguagliata ad un espressione

formata da una somma di elementi; diventa dunque variabile dipendente;

tale nodo viene chiamato nodo dipendente.

• Ogni elemento è costituito da una variabile ed un coeff iciente oppure da

un termine noto; chiameremo i primi elementi variabili , ed i secondi

costanti.

• Gli elementi variabili sono composti dalla variabile che corrisponde ad un

nodo predecessore del nodo dipendente, e da un coeff iciente pari al peso

dell ’arco li collega.

• Le costanti sono numeri reali ottenuti moltiplicando il valore del nodo

fonte predecessore del nodo dipendente, con il peso dell ’arco li collega.

In simboli possiamo descrivere il processo come segue:

{ }{ }{ }{ }

{ }

R V E

V v v s

E e e t

F h h h V P h m

NF z z z V z F n

s

t

m

n i

=

= >

= >

= ∈ = ∅ ≥

= ∈ ∉ ≥

, ;

,.., ;

,..., ;

,..., , ( ) ,

,..., , ,

1

1

1

1

1

1

1

1

î

++++=

+++++++=

++++=++++=

−−

++−−

nnnnnnn

ininiiiiiiiii

nn

nn

kxaxaxax

kxaxaxxaxax

kxaxaxax

kxaxaxax

11,2211

11,11,2211

213231212

113132121

...

...

......

...

...

...

α

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Grafi numerici

122

( )

( ) ( )

( )

aee z z se e E

altrimenti

kee h z h se e E

altrimenti

x z

iji j

i

j i jj

m

i i

==< > ∃ ∈

î

==< > ⋅ ∃ ∈

î

=∑

φ

φ ψ

ψ

,

,

0

01

Letteralmente: dato un grafo numerico, composto dagli i nsiemi dei vertici e

degli archi, individuiamo l’ insieme delle fonti, e dei nodi non fonte. Chiamiamo

il generico elemento dell ’ insieme fonte h; la numerosità di tale insieme è m.

Analogamente, chiamiamo il generico elemento dell ’ insieme delle non fonti z, e

la sua numerosità n. Costruiamo quindi un sistema di equazioni, dove le

incognite rappresentano il valore dei nodi non fonte (incogniti): ( )x z≡ ϕ . A turno,

le incognite sono eguagliate ad una espressione di dipendenza lineare dalle altre

variabili e da un termine noto k. Tale termine è uguale alla sommatoria dei valori

noti (pesi degli archi moltiplicato valore delle fonti). I coeff icienti sono pari a

zero se non esiste un arco che collega il nodo rappresentato dalla variabile

dipendente a quello rappresentato dalla variabile indipendente; altrimenti sono

pari al peso di tale arco.

Questa impostazione permette di rilevare immediatamente che la costruzione

di un tale sistema corrisponde semplicemente alla scrittura per esteso delle

funzioni del valore del nodo per ogni nodo non fonte.

Si ottiene così un sistema di n equazioni in n incognite, e risultano immediate

due importanti conseguenze:

• Se (e solo se) il sistema ammette un’unica soluzione, la funzione ψ è

definita su tutto il grafo numerico.

• La soluzione del sistema equivalente corrisponde al valore dei nodi del

grafo numerico.

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Analisi sistemica complessa

123

D’ora in avanti ammetteremo per ipotesi che i grafi numerici generati

dall ’analisi complessa diano sempre origine a sistemi che ammettono soluzione

unica. Se così non fosse, vorrebbe dire che alcune delle equazioni ( o delle

funzioni di valore dei nodi) sono linearmente dipendenti; questo implica

un’analisi errata della realtà. Evidentemente l’ indagine ha portato ad una

configurazione errata del grafo numerico, rendendo impossibili i calcoli .

Torneremo su questo punto nel prossimo capitolo; per adesso si assume l’ ipotesi

che i grafi numerici analizzati siano sempre definiti .

5.5) Punto della situazione

Nel paragrafo precedente abbiamo stabilit o che è possibile determinare il

valore dei vertici di un grafo numerico risolvendo il suo sistema equivalente. Il

primo scopo che si poneva il capitolo sembra raggiunto. Inoltre, è possibile usare

il risultato del paragrafo precedente anche per stabili re quale sia la relazione tra

una variabile e le cause che la generano: è suff iciente approntare degli scenari

alternativi e calcolare il valore del sistema equivalente secondo i diversi l ivelli

delle risorse (termini noti).

Questo almeno teoricamente. Purtroppo la realizzazione pratica dei metodi

suggeriti risulta estremamente diff icile, se non impossibile. Nella realtà, infatti,

gli elementi presi in considerazione dal modello oscill eranno da un minimo di

poche unità fino a valori estremamente alti , (circa 100 o 200). Nella maggioranza

dei casi vi saranno almeno 50 elementi analizzati. Ciò significa approntare un

sistema composto da più di 2500 coeff icienti. Anche ammesso che larga parte dei

coeff icienti del sistema siano zeri, nella gestione di tali strutture sorgono

inevitabilmente delle problematiche:

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Grafi numerici

124

Non esistono strumenti informatici specifici per il calcolo matriciale o il

trattamento di sistemi di equazioni in grado di gestire tale mole di dati. I

programmi software esistenti possono al più gestire matrici di dimensioni assai

modeste.

L’ inserimento di una tale quantità di dati è estremamente lungo ed oneroso, e

può portare gli operatori a commettere una grande quantità di errori.

Una volta generato, il sistema equivalente ed i suoi risultati sono

assolutamente non interpretabili . I risultati dovrebbero poi essere ritradotti ed

inseriti nel grafo originario per essere compresi.

Il problema si moltiplica nel caso che si vogliano effettuare delle analisi di

scenario, o si voglia valutare la dipendenza di una variabile da alcune sue cause

remote.

La soluzione contemporanea di tutte queste problematiche è pressoché

impossibile. È dunque necessario trovare un modo diverso di procedere che

mantenga la leggibilit à e la capacità informativa del grafo generato dall ’analisi, e

permetta di giungere più facilmente ai risultati voluti.

Tutto ciò è possibile se definiamo un ulteriore concetto: la ricorsione.

5.6) Le ricorsioni

Nella quasi totalità di casi, i grafi saranno formati per lo più da elementi che

generano i loro successori in cascata. Se, ad esempio, un grafo numerico è

configurato nel seguente modo:

���� � ��

dove le lettere minuscole indicano il peso degli archi, e quelle maiuscole il

valore dei nodi, possiamo calcolare il valore di qualsiasi elemento applicando

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Analisi sistemica complessa

125

una semplice equazione lineare. Il problema si pone quando il grafo numerico

assume configurazioni di questo genere:

���

� ��

Qui si realizza infatti un fenomeno differente. I valore B,C ed E dipendono gli

uni dagli altri. Non è possibile risolvere sequenzialmente le varie equazioni; i

valori B, C, ed E devono essere calcolati contemporaneamente, attraverso un

sistema di equazioni. Tuttavia, una volta eseguita questa operazione, il valore di

C diventa noto, e D può essere calcolato a partire da esso. I nodi coinvolti i n

questo cerchio determinano una ricorsione, che definiremo più avanti.

Il metodo che utili zzeremo per calcolare il valore dei nodi sarà quello di

procedere sequenzialmente; calcoleremo il valore dei nodi per i quali risulta

definito il valore dei predecessori. In prima istanza, solo i nodi a diretto contatto

con le fonti del grafo numerico potranno essere calcolati. Scenderemo poi

calcolando livelli sempre più profondi, fino ad incontrare elementi che

richiedono l’ impostazione di un sistema di equazioni.

Dato che la dimensione delle ricorsioni, nella pratica del modello, è assai più

limitata di quella del grafo numerico, questo metodo ci permetterà di avere a che

fare con sistemi di equazioni li neari considerevolmente più piccoli e più gestibili .

Esiste un altro scopo nell ’ individuare le ricorsioni presenti all ’ interno di un

grafo numerico, ma ne riparleremo più avanti.

Per definire matematicamente il concetto di ricorsione, sarà necessario

utili zzare altri strumenti mutuati dalla teoria dei grafi; in particolare utili zzeremo

i concetti di percorso, raggiungibilit à, e sottografo.

Percorso

Definizione: Definiamo un insieme di nodi ed archi come segue:

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Grafi numerici

126

{ }{ }

R E V

W v e v e v v e v n

v V e En n n

k k

=

= ≥∈ ∈

,

: , , , , ,..., , ,

,0 1 1 2 2 1 1

Si dice che W è un percorso (walk) in R se:

( ) ( )v e v e i ni i i i− = = ∀ =1 1α α, ..

come dire, il percorso è una sequenza di nodi ed archi che porta da un vertice

iniziale v0 ad uno finale vn tali che il nodo precedente è predecessore del nodo

successivo.

Il percorso può essere aperto se v vn0 ≠ , altrimenti si dice chiuso.

Definizione: Si dice sentiero in R il percorso aperto nel quale vale la seguente

affermazione:

v v i j n i ji j≠ ∀ = ≠, ..0

Quindi, il sentiero è un percorso aperto nel quale ogni elemento è presente una

sola volta.

Definizione: Si dice ciclo un percorso chiuso nel quale vale la seguente

proprietà.

v v i j n i ji j≠ ∀ = − ≠, ..1 1

Ovviamente, essendo un percorso chiuso particolare, in un ciclo vale

l’affermazione: v vn0 =

5.6.1) Raggiungibilità

Definizione: il generico vertice w si dice raggiungibile da un nodo v se esiste

un percorso che inizia da v e termina in w. In formula:

{ }

{ }

R V E

v a w V e E

w v WW v e a a e w n

k k

n n

=∈ ∈

∃ = ≥−

,

, , ,

, , ,..., , , raggiungibile da se 1 1 1 1

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Analisi sistemica complessa

127

Definizione: Definiremo dunque l’ insieme di raggiungibili tà per un dato

nodo l’ insieme formato da quei vertici raggiungibili dal nodo iniziale:

( ) { }{ }v w a V

v v w W v e a e a w

k

s s

, ,

, , , ,... , ,

= ∃ = −R 1 1 1

Secondo la definizione mutata dalla teoria dei grafi numerici, ogni nodo è

raggiungibile da se stesso, quindi v fa parte dell ’ insieme di raggiungibilit à. Noi

abbiamo però necessità di definire il concetto di raggiungibili tà stretta.

L’ insieme dei nodi strettamente raggiungibili da un nodo iniziale v si indica con

il simbolo ( )′R v ed è definito come sopra, ma senza l’ inclusione di v. Quindi v è

sempre raggiungibile da se stesso, ma è strettamente raggiungibile solo se esiste

un ciclo del quale v fa parte.

5.6.2) Sottografo

Un sottografo (o nel nostro caso, un sottografo numerico) è un sottoinsieme di

R nel quale valgono tutte le proprietà di R, e nel quale sono definite tutte le

funzioni. In simboli:

{ }

{ }

′ ⊆ ⇒ ′ = ′ ′′ ⊆′ ⊆

∈ ′ ∈

′ = =< >

R R R V E

V V

E E

v w V e E

E ee v w

, , , , , ,

,

, ,

,

α ω φ ψ

Un sottografo è dunque formato da un sottoinsieme definito di V, ed un

sottoinsieme di E tale che gli archi contenuti in esso siano entranti ed uscenti in

nodi appartenenti al sottoinsieme dei vertici. Il fatto che in esso siano definiti

tutte le funzioni che sono definite in R ci permette di stabili re che è possibile

scrivere un sistema equivalente anche in un sottografo numerico, cosa molto

importante.

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Grafi numerici

128

5.6.3) Definizione di ricorsione

Eccoci finalmente giunti al cuore di questo paragrafo. Definiamo le ricorsioni

come un sottografo numerico, nel quale ogni nodo dipende dagli altri. Questa

definizione, da sola, è incompleta, in quanto potrebbe definire solo ricorsioni

coincidenti con cicli . Infatti, in ogni ciclo troviamo nodi che sono raggiungibili

da se stessi, e quindi il l oro valore deve essere calcolato contemporaneamente.

Tuttavia questo fenomeno si verifica anche quando vi sono due o più circoli con

almeno un nodo in comune come nell ’esempio che segue:

� �

Esistono due cicli i nterrelati: il primo è formato dai nodi b ed e, l’altro è

costituito dai nodi b e c. Ovviamente i cicli i ncludono anche gli archi tra i nodi.

Tuttavia, non possiamo calcolare i valori dei nodi separatamente per i due cicli; è

necessario impostare un sistema che includa tutti i nodi interrelati.

Vi è però una caratteristica delle ricorsioni che ci aiuta a definirle. Come

possiamo vedere, in una ricorsione tutti i vertici sono raggiungibili da tutti gli

altri, e da se stessi. Se costruiamo l’ insieme di raggiungibilit à stretta per un nodo

v, e poi lo intersechiamo con l’ insieme dei vertici per i quali v è raggiungibile,

otteniamo tutti i nodi inclusi in una ricorsione. Dalla definizione di sottografo

ricaviamo poi quali archi appartengano alla ricorsione.

Nel precedente esempio il nodo b ha insieme di raggiungibilit à stretta che

comprende i nodi c, d, e oltre allo stesso b. A sua volta b risulta strettamente

raggiungibile da se stesso e dai nodi a, c, e. Intersecando i due insiemi risulta che

la ricorsione costruita su b include i nodi b, c, e. Lo stesso risultato è ottenuto

costruendo la ricorsione sugli altri nodi appartenenti ad essa.

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Analisi sistemica complessa

129

Definizione: Si dicono insieme causa ed insieme effetto di un vertice v

appartenete ad un grafo numerico R rispettivamente l’ insieme dei nodi per i quali

v risulta strettamente raggiungibile, e l’ insieme dei vertici strettamente

raggiungibili da v.

( ) { }{ }( ) { }{ }wvWwv

vwWwv

,..,

,..,

=∃=

=∃=

E

C

Definizione: Si dice r icorsione un sottografo numerico di R costruito su di un

nodo v tale che il suo insieme dei nodi è dato dall ’ intersezione dell ’ insieme causa

e dell ’ insieme effetto del nodo v:

( )( ) { }

( ){ }

{ }>=<=′′∈

∩=′′′=Θ

∈⊆Θ

waeeE

Vwa

vvV

EVv

RvRv

,

,

)(

,,,,,

,

EC

ψφωα

Osservazione: La ricorsione può essere indifferentemente costruita su

qualsiasi nodo appartenente ad essa; possiamo scrivere il simbolo ( )Θ Θ= v per

indicare la ricorsione senza specificare su quale nodo è costruita.

Importante è la seguente definizione, necessaria ai fini del calcolo dei sistemi

equivalenti alle ricorsioni:

Definizione: si dice r icorsione allargata su di un vertice v un sottografo

numerico che include tutti i nodi della ricorsione, i nodi che hanno come

successore uno o più membri della ricorsione, e gli archi che li connettono.

( ) { }( ) ( ){ }

{ }

′ = ′′ ′′

= ∩ ′ ≠ ∅′′ = ′ ∪

∈ ′′

′′ = =< >

Θ

Θ

v V E

FR w w V

V V FR

a w V

E ew a w

, ,...

,

,

S

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Grafi numerici

130

Chiameremo i membri dell ’ insieme FR fonti della ricorsione, in quanto si

comportano come termini noti del sistema equivalente nel quale possiamo

trasformare la ricorsione.

5.7) Risoluzione del grafo numerico

Definite le ricorsioni allargate, possiamo finalmente analizzare il grafo

numerico ed associare ad ogni elemento il proprio valore. Al fine di sempli ficare

tale lavoro è necessario scoprire preventivamente quali siano le ricorsioni, le

fonti, i termini e soprattutto i le fonti delle ricorsioni.

Prima di eseguire calcoli è tuttavia conveniente individuare le ricorsioni.

Queste possono essere trovate visivamente (osservando una rappresentazione

bidimensionale) se il grafo numerico è suff icientemente semplice. Tuttavia, un

metodo operativo si rende più opportuno quando il grafo numerico diventa

complesso.

5.7.1) Analisi dei vertici

Andiamo alla ricerca dei vertici che non possono essere inclusi in ricorsioni:

inizialmente tale assunzione può essere posta solo per fonti e termini. Cerchiamo

dunque vertici che abbiano solo fonti nel loro insieme dei predecessori. Anche

questi elementi non possono essere ricorsivi, perché sappiamo che i membri delle

ricorsioni devono avere almeno un predecessore ed almeno un successore in essa.

Continueremo così fino a che non saremo giunti ai termini, o fino a che non

potremo proseguire per il fatto che tutti i vertici hanno un predecessore o un

successore del quale non possiamo essere certi dell ’estraneità ad una ricorsione.

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Analisi sistemica complessa

131

A questo punto eseguiamo la stessa operazione a ritroso dai termini alle fonti;

anche elementi che abbiano solo termini come successori non possono essere

inclusi in nessuna ricorsione.

Alla fine di questo procedimento che è operativamente molto semplice,

otterremo alcuni gruppi isolati di elementi non definiti . Nella maggior parte dei

casi, tali gruppi indicano una ricorsione. Raramente però possono comparire

elementi non ricorsivi intrappolati tra due ricorsioni, come l’elemento X nel caso

seguente:���

� �

X è tra due ricorsioni, ma non fa parte di nessuna di esse. Ha infatti un

predecessore in una ed un successore nell ’altra. Allo scopo di individuare

correttamente le ricorsioni, (B-F e C-E) è necessario continuare l’analisi.

Sapendo che A e D non sono ricorsivi, studiamo i percorsi partendo da un punto

arbitrario (ad esempio E). Da E andiamo in C, e da esso possiamo tornare in E o

andare in D; D è definito, quindi C ed E formano una ricorsione. Rimangono B,F

ed X; seguendo lo stesso ragionamento, Da B andiamo in F e torniamo in B, ma

possiamo anche andare in X. Solo che X ha come unico successore un elemento

che abbiamo già definito: C. Quindi X non è ricorsivo e B ed F lo sono.

Anche partendo da B otteniamo lo stesso risultato: B ha come successori F ed

X (per ora non sono definiti ); F torna a B, (individuando una ricorsione) e X va

in C. Adesso non sappiamo se anche X ed i suoi successori appartengono alla

stessa ricorsione di B ed F; sappiamo infatti che una ricorsione può contenere più

cicli; un successore di X potrebbe condurre ad F o a B. Proseguiamo quindi: C va

in D (definito non ricorsivo) ed in E. E torna in C; a questo punto conosciamo

tutti i successori di C (E, D); possiamo quindi dire che C ed E fanno parte della

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Grafi numerici

132

stessa ricorsione. X causava C, che ora conosciamo come non appartenente alla

ricorsione B-F, quindi X non fa parte di alcuna ricorsione.

Volendo, è possibile tradurre questo procedimento in simboli . Definiamo

l’ insieme dei punti non ricorsivi del grafo numerico come D (definiti ) ed

indichiamo il generico elemento di tale insieme ad . Indichiamo invece il

generico elemento di una ricorsione come arn dove n è un numero reale che

indica ricorsioni diverse tali che:

( )( )

( ) ( )( ){ }

a v

a w

v w h k

a D vv w w R

rk

rh

d

∈≠ ⇒ ≠

∈ = ∉ ∀ ∈

Θ

ΘΘ Θ

Θ

Ai fini della successiva analisi può essere comodo individuare in anticipo le

fonti ed i termini: il risultato grezzo dell ’ASC è infatti una lista nodi e dei loro

diretti successori. Il primo lavoro di un ricercatore è si accinga all ’analisi del

grafo numerico è dunque quello di trovare le fonti ed i termini del grafo

numerico. Al fine di avere una traccia di tale analisi preliminare, l’apice d può

essere sostituito dal simbolo f nel caso che il nodo sia fonte, t se è termine, m

diversamente. Date queste definizioni possiamo stabili re che:

( )( ) dt

df

vvv

vvv

⇒⇒∅=

⇒⇒∅=

S

P

md vvvSv ⇒∅≠∅≠ ,)(,)(P

Se un elemento ha tutti i predecessori definiti o in una ricorsione e tutti gli

effetti definiti o in un’altra ricorsione, sicuramente non è ricorsivo:

( ) { } ( ) { }P Sv a a r r v b b r r k h vdnd rh

mrh d

sd rk

trk d= = ≠ ⇒1 1 1 1,.., , ,.., , ,.., , ,.., ,

È da notare come questa definizione sia una generalizzazione delle formule

poste sopra: infatti, se n,m,s,t sono posti a zero a turno, otteniamo le prime due

formule. Anche se tutti e quattro gli i ndici sono posti a zero, il risultato è valido:

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Analisi sistemica complessa

133

in un grafo numerico con un solo elemento e senza archi, l’unico nodo non

appartiene certo a nessuna ricorsione...

Per quanto riguarda gli elementi inclusi nelle ricorsioni, possiamo infine

affermare che:

∃ =< > =< >⇒e a v f v b vrk rk rk, ; ,

Che significa che se un nodo è sia predecessore che successore di nodi

appartenenti ad una data ricorsione, anch'esso ne deve far parte. Più in generale si

può affermare che:

( )( ) rh

krh

nnrh

rhk

rhnn

aweaeaevW

avveaeaevW

⇒∃

⇒∃

+

+

,,,..,,,,

,,,,..,,,,

1211

1211

La prima espressione afferma che se esiste un percorso chiuso (non

necessariamente ciclo), allora tutti i nodi facenti parte di tale percorso

appartengono alla stessa ricorsione. La seconda afferma invece che se esiste un

percorso che inizia in un nodo di una data ricorsione, e termina in un altro nodo

della stessa ricorsione, si può affermare che tutti i nodi inclusi nel percorso

appartengono alla stessa ricorsione.

5.8) Calcolo del valore dei nodi

Operativamente, dopo aver assegnato un valore ai nodi fonte, si procederà

calcolando il valore dei nodi che sono generati unicamente da fonti. Terminati

questi, si ripeterà l’operazione, continuando a calcolare unicamente il valore di

nodi dei quali conosciamo il valore dei predecessori. Presto o tardi ci

imbatteremo inevitabilmente nelle ricorsioni trovate precedentemente; dovremo

procedere fino a che sarà possibile calcolare il valore di altri nodi. A questo

punto avremo, per almeno una ricorsione, il valore di tutti i nodi fonte della

ricorsione allargata; il valore di tutti i nodi che non appartengono alla ricorsione,

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Grafi numerici

134

ma hanno almeno un successore in essa. A questo punto imposteremo e

risolveremo il sistema equivalente alla ricorsione allargata: fatto questo

sostituiremo i valori dei nodi, e proseguiremo: se alcuni nodi sono “ incastrati” tra

la ricorsione calcolata ed un’altra è adesso possibile calcolarli , altrimenti si

procede al calcolo delle altre ricorsioni, fino a che non rimangono nodi indefiniti .

5.9) Punto della situazione

Siamo ora in grado di rispondere alla prima delle esigenze segnalate nel

capitolo: calcolare il valore di ogni nodo di un grafo, mantenendo tale compito a

livelli di diff icoltà gestibili . Abbiamo inoltre introdotto un metodo che permette

di individuare ed isolare le ricorsioni presenti nel grafo: tale informazione di tipo

qualitativo può essere assai utile a chi si presta all ’analisi. Una ricorsione

individua infatti un gruppo di variabili altamente interdipendenti, che è cioè

impossibile modificare in maniera individuale. Se si desidera che il l oro valore si

attesti a certi li velli , sarà necessario prendere contemporaneamente in analisi tutte

le variabili per trovare una sorta di equili brio contemporaneo. Per questo motivo

anche solo sapere quali sono le variabili così interrelate è un’ informazione

qualitativa assai importante.

Adesso è necessario però venire incontro alla seconda esigenza segnalata:

conoscere la variazione del valore di un nodo a partire dalla variazione di altri.

Solo così è infatti possibile sapere quali sono le “ leve” che hanno un maggiore

effetto sul valore degli elementi a valle; un’analisi comparata a diversi l ivelli di

valore delle fonti (o risorse dell ’ ASC), è una soluzione subottimale e laboriosa.

È assai meglio determinare il coeff iciente di ogni fonte, o elemento manovrabile

dai decisori aziendali , rispetto a date variabili critiche. Questo ci porta all ’ultima

parte del capitolo.

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Analisi sistemica complessa

135

5.10) La funzione di correlazione

Ammesso che un sistema di equazioni li neari sia possibile e determinato, ogni

variabile del sistema dipende linearmente dalle altre. Esiste cioè una correlazione

lineare tra due nodi che possiamo esprimere in questi termini:

( ) ( ) ( ) ( ) ( )( )

v w R

w f v w v f v ww

v

,

, ,

= ⇒ =δψ δψδψδψ

Questa semplice espressione indica che la variazione del valore di un nodo

rispetto ad un altro è determinabile e dipende dalla forma del grafo (o del sistema

equivalente). Chiameremo la f(v, w) funzione di correlazione, v sarà il nodo

dipendente e w si chiamerà nodo indipendente.

Per determinare il suo valore, ci avvarremo delle tecniche sviluppate dalla

teoria generale dei sistemi nel trattamento dei modelli matematici, e

principalmente del principio della “retroazione”.

Prendiamo per esempio il seguente grafo:

���� � ��

Le lettere maiuscole rappresentano il valore del nodo, mentre le minuscole

sono il peso dell ’arco. Scriviamo per esteso il sistema equivalente del grafo:

A k

B aA

C bB

D cC

D abc A

====

î

⇒ = ⋅

Supponiamo che il nostro grafo sia esprimibile come un sistema, che può

essere riassunto dal modello matematico seguente:

� ������� �! "� �$#�$%$& ' ���(�����

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Grafi numerici

136

Effettivamente il grafo dell ’esempio si comporta in questo modo: nella Black

Box avvengono delle trasformazioni, nel caso dei grafi si tratta di trasformazioni

lineari. La Black Box rappresenta allora la funzione di correlazione del nostro

grafo, l’ input è il valore del nodo a monte e l’output è il valore del nodo a valle.

La correlazione tra A e D è abc. Tale coeff iciente è un numero reale, visto che le

lettere minuscole rappresentano il peso dell ’arco, un numero reale e conosciuto.

Possiamo dire che la funzione di correlazione del nostro grafo è costituita dal

prodotto delle varie φ degli archi presenti nel “sentiero” che collega il nodo

indipendente al dipendente. L’affermazione è sicuramente generalizzabile per

sentieri di qualsiasi lunghezza.

Analiti camente, se esistono poi due sentieri per giungere dal nodo

indipendente al dipendente, avremo i seguenti risultati:

�)��

�� �

*

+,

A k

B aA

C bB

D cC fF

E dA

F eE

D abc def A

==== +==

î

⇒ = + ⋅( )

Nessuna sorpresa che il risultato trovato sia la somma delle sommatorie

delleφdegli archi nei due sentieri che da A portano a D. A questo risultato si

poteva pervenire anche tramite il modello matematico del “sistema grafo” ;

secondo la teoria dei sistemi, possiamo infatti assimilare il grafo sopra citato con

il seguente modello:

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Analisi sistemica complessa

137

� �����"� ' ���(������$�$- . /�0�1�$�$-32 4�5�6

Le due Black Box agiscono in parallelo, sommando il l oro effetto. Possiamo

stabili re senza ombra di dubbio che la rappresentazione di un sentiero come

elemento moltiplicatore in un modello matematico è accurata; generalizzando,

possiamo stabili re che l’effetto di qualsiasi sentiero tra l’ input e l’output viene

sommato.

Stabili ta la rappresentazione adatta al sentiero, manca una rappresentazione

per il ciclo. Ma se il sentiero è un moltiplicatore, anche il ciclo avrà la stessa

caratteristica (essendo un sentiero particolare). Effettivamente, il ciclo si

comporta come un sentiero; non è la sua “forma” a renderlo differente, ma la sua

“posizione” rispetto all ’ input; un ciclo introduce retroazione nel sistema.

Esemplificando:

���

�� ,� �

A k

B aA cC

C dB

D bB

Dab

cdA

== +==

î

⇒ =−1

È interessante notare come la formula generale della retroazione nella teoria

dei sistemi sia la seguente:

� �����"� ' ���(������$�$- .87�$�$-329&

outputX

Yinput=

−1

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Grafi numerici

138

Il ciclo B-C-B si comporta evidentemente come un sentiero, che però

retroagisce rispetto al sentiero diretto. Un altro sentiero parallelo al ciclo (quindi

in retroazione al sentiero diretto) si somma alla retroazione già esistente. Un

secondo ciclo che partisse e terminasse sul nodo C, sarebbe invece una

retroazione sulla BB2 del nostro sistema:

� ������� ' ���(�����

�$�$- :<;�$�$- .<7�$�$-32=&

outputX

Y

Z

input=−

−1

1

Va oltre lo scopo della tesi dimostrare la correttezza del parallelo tra un grafo

ed un sistema retroattivo, tuttavia è stato necessario mostrare queste semplici

conclusioni aff inché la forma della funzione di correlazione fosse almeno

comprensibile. La formula infatti non è altro che una generalizzazione dei

principi di parallelismo e retroazione delle Black Box individuate nella teoria dei

sistemi, dato che il l oro contenuto è il prodotto dei pesi degli archi di un dato

percorso..

5.10.1) Forma analitica della funzione di correlazione

Definiamo l’ insieme dei sentieri esistenti tra due punti come:

( ) { }{ }

V R

v w V

IS v w S S S S v wn k

∈∈

= =

,

, , ,.., ,..,1 2

Per la definizione di sentiero si veda quella di percorso in questo capitolo.

Analogamente definiamo l’ insieme delle ricorsioni che sono presenti in un

grafo numerico:

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Analisi sistemica complessa

139

{ }RIR ⊆Θ=

ossia, sono tutte quelle ricorsioni che hanno almeno un nodo in comune con un

dato sentiero.

Definiamo quindi gli i nsiemi dei circoli esistenti in una ricorsione. Dobbiamo

rilevare che siccome siamo interessati alla variazione di un nodo w a partire da

un nodo iniziale v, i predecessori di tale nodo non interessano. È necessario

escludere i predecessori del nodo iniziale, per scoprire l’entità della correlazione

tra v e w a partire da un aumento esogeno di v. Ciò porta ad una interessante

conclusione: se v si trova all ’ interno di una ricorsione, dovremo escludere

dall ’analisi quei circoli che retroagiscono su tale nodo. A questo fine useremo

elemento che agirà da filt ro rispetto ai circoli accettati:

( ) { }{ }Θ∈′∈≠==Θ VavaeaeaCvIC kn 1221 ,,...,,,,

ossia, sono tutti quei circoli che formano una ricorsione e che non includono

l’elemento di filt ro v. Si noti che l’ insieme dei circoli i n una ricorsione non può

essere vuoto, a meno che tutti i circoli i n essa non retroagiscano sul nodo di

filt ro, mentre l’ insieme delle ricorsioni su un certo sentiero può essere vuoto.

Senza definire una “funzione di numerosità degli i nsiemi” , diciamo che la

numerosità è rappresentata dall ’ intero n.

A questo punto possiamo definire finalmente la funzione di correlazione come

segue:

( ) ( )( )f V

f v w fp S IS v wii

n

:

, ,

2

1

→ ℜ

= ∈=∑

La fp o “funzione dei percorsi” è a sua volta definibile come una funzione con

dominio nei percorsi e codominio nei reali:

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Grafi numerici

140

( )( )

( )∏

=

=

Θ

∈=

ℜ→

n

ii

n

ii

Sfr

Se

Sfp

Sfp

1

1

,

:

φ

dove ei è l’ i-esimo arco del percorso (che sia un sentiero o un ciclo). Si vada a

vedere in proposito la definizione di percorso. “ fr” invece è la funzione di

ricorsione applicata all ’ insieme delle ricorsioni che insistono su S, ossia sul

percorso che stiamo analizzando.

( ) ( )( )î ∅≠∩′Θ∈′∈Θ

ℜ→

altrove

SVVseSaICfcSfr

IRfr

1

,,,

:

1

“ fc” è invece la funzione dei circoli , che associa ad un insieme di circoli che

compongono una data ricorsione ad un numero reale:

( ) ( )∑=

∈=

ℜ→n

ii ICCfpICfr

ICfr

1

:

Una breve spiegazione: il valore della funzione di correlazione dipende dai

sentieri esistenti tra due nodi e dai circoli che retroagiscono su questi sentieri. La

funzione di correlazione viene applicata a due punti tra i quali possono esistere

da zero a n sentieri. Per ogni sentiero viene trovata una funzione di percorso, e

sommata agli altri.

La funzione di percorso genera una produttoria dei pesi degli archi che lo

definiscono; va poi applicata la retroazione, tramite l’uso di una funzione di

ricorsione. Questa è a sua volta una produttoria composta una serie di elementi

retroattivi, ossia uno meno la funzione che descrive i circoli che si trovano in

essa (escluso quei circoli che retroagiscono su 1a , primo elemento di S, che è il

nodo iniziale della correlazione). La fc associa i cicli ad un numero reale; si tratta

di una sommatoria di funzioni di percorso calcolate sui cicli . È da notare che se

non esistono ricorsioni, la produttoria nella funzione di sentiero ha valore uno.

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Analisi sistemica complessa

141

Questa complessa serie di funzioni è la generalizzazione dell ’applicazione

della teoria dei sistemi matematici al grafo: ogni insieme di percorsi tra due nodi

è visto come una scatola nera che può essere “esplosa” nelle sue componenti;

alcune di queste sono dirette, altre retroagiscono sulle componenti dirette. Il fatto

è che, in un grafo, un ciclo può essere costruito e fatto retroagire su un altro ciclo,

e così via indefinitamente. Inoltre, alcuni percorsi possono essere paralleli per un

certo tratto, quindi unirsi per poi dividersi ancora.

La formula generalizza la soluzione del problema, ed è necessariamente

ricorsiva: se un ciclo retroagisce su di un altro ciclo, la fc del secondo ciclo

richiederà la soluzione del primo per essere completa.

5.10.2) Esempio

Dimostrare la funzione di correlazione è semplice, ma richiede ragionamenti

estremamente lunghi, ed occuperebbe troppo spazio in questa sede. Già questo

capitolo, all ’ interno di una tesi sull ’analisi sistemica complessa, è una

divagazione; purtroppo si è reso necessario per ill ustrare gli strumenti analiti ci

utili zzati nei prossimi capitoli . Posso però fornire un esempio relativamente

semplice che possa ill ustrare come può essere operativamente usata la funzione.

Si prenda ad esempio il seguente grafo:

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Grafi numerici

142

>

?@

A

BC

D EF

GHI

JK

L

5

MN/

OP

Q6

RST

U

V

WX

Y Z

1[

0

4\

Vogliamo sapere di quanto varierà il proprio valore il nodo N al variare del

valore del nodo A (fonte). Questo grafo potrebbe essere realmente un insieme di

percorsi tra una fonte ed un termine in una struttura generata da un’analisi reale.

Per semplice brevità, con le lettere indicheremo sia i nodi e gli archi che i loro

valori (o pesi), a seconda dei casi. Individuiamo innanzitutto i sentieri possibili

(insieme di sentieri):

{ }{ }{ }{ }

S A g B d O v N

S A q G r I m N

S A q G i H l I m N

S A p M n N

1

2

3

4

=

=

=

=

, , , , , ,

, , , , , ,

, , , , , , , ,

, , , ,

Vediamo poi quale ricorsioni insistono sui percorsi:

( ) ( ) ( ){ }( ) ( ){ }( ) ( ){ }( ) ∅=

Θ≡Θ=Θ≡Θ=

Θ≡ΘΘ≡Θ=

4

33

32

211 ,

SIR

GSIR

GSIR

OBSIR

Vediamo preventivamente quali cicli i nsistono sui vari percorsi:

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Analisi sistemica complessa

143

( ) { }( ) { }( ) { }543

32

6211

,

,,

CCIC

CIC

CCCIC

=Θ=Θ=Θ

{ }{ }{ }{ }{ }{ }

C B f F h E e B

C B c D b C a B

C O t P u O

C G i H l I o L s G

C G r I o L s G

C D x Q y D

1

2

3

4

5

6

=

====

=

, , , , , ,

, , , , , ,

, , , ,

, , , , , , , ,

, , , , , ,

, , , ,

Adesso possiamo applicare la formula. Conviene calcolare prima le funzioni

di retroazione; andrebbero calcolate in ogni caso e questo ci permette di

risparmiare spazio per i prossimi calcoli . È necessario iniziare prima dalle

funzioni dei percorsi (cicli e sentieri) sui quali non insistono altri cicli .

( )

( )( )

( )

( ) fheCfc

xy

cbaCfc

tuCfc

ilosCfc

rosCfc

xyCfc

=−

=

====

1

2

3

4

5

6

1

)(

Quindi calcoliamo la formula delle ricorsioni:

( )

( )( ) rosilosIC

tuIC

xy

cbafhefc

−−=Θ−=Θ

−−−=Θ

1

1

11

3

2

1

Sempre procedendo a ritroso, possiamo calcolare le formule dei percorsi:

( )( )

( )

( )( ) pnSfp

rosilos

qilmSfp

rosilos

qrmSfp

tuxy

cbafhe

gdvSfp

=−−

=

−−=

−⋅

−−=

4

3

2

1

1

1

11

1

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Grafi numerici

144

La formula conclusiva (mettendo in evidenza le parti in comune) è la

seguente:

( )( ) ( ) pn

rilos

ilrqm

tuxy

cbafhe

gdvNAf +

+−++

−⋅

−−=

1

)(

11

1

,

Il procedimento risulta essere lungo ma semplice.

5.11) Funzione di correlazione in forma compatta

Il criterio sul quale si basa la funzione di correlazione come esposto in

precedenza, ossia la retroazione in cascata di un ciclo su altri, risulta essere di

diff icile applicazione in alcuni casi. Quando siamo di fronte ad un gruppo di cicli

non scomponibili , in particolare, il criterio è fallace. Se ad esempio abbiamo in

una ricorsione un ciclo A sul quale retroagiscono sia un ciclo B che un ciclo C,

sui quali retroagisce un ciclo D, risulta estremamente complicato determinare in

via analiti ca come comporre la formula della funzione di correlazione.

L’ imbarazzo dipende dal fatto che non è facile stabili re quale ciclo retroagisca

sugli altri. Per ovviare a questo problema è possibile sfruttare una proprietà

algebrica delle frazioni, in modo da trasformare la funzione di correlazione che

basa il proprio criterio sull ’ individuazione delle retroazioni, in una funzione che

adoperi altri criteri.

È necessario notare come una qualsiasi frazione dalla forma:

e

dc

ba

−−

−−

11

11

1

1

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Analisi sistemica complessa

145

può essere agevolmente trasformata, tramite semplici passaggi algebrici come

segue:

acecebebdaeadacedcba

cebebdedcb

−++++++−−−−−+++−−−−

1

1

La prima forma, quella di frazione a più “ livelli ” è facilmente ottenibile

tramite la funzione di correlazione. In pratica possiamo ben vedere come al

denominatore della “forma compatta” compaiano tutti i termini delle singole

frazioni, prima sottratti singolarmente, poi sommati a due a due, poi sottratti di

nuovo di tre in tre. In particolare notiamo come i gruppi di due o tre termini siano

composti associando tutti i termini distanti almeno “un piano” . Anche il

nominatore è composto seguendo le stesse regole, ma manca il termine a, ossia

quel termine che si trova immediatamente “vicino” al nominatore nella frazione a

più piani.

La proprietà sopra indicata è valida per qualsiasi frazione che può essere

formata grazie alla funzione di correlazione.

Sfrutteremo quindi tali proprietà delle frazioni per costruire una funzione di

correlazione in forma “compatta”, che non si basi sul criterio di retroazione tra i

circoli , ma sul criterio di adiacenza, in termini di vicinanza nel grafo.

Definiti gli i nsiemi IS ed IR come in precedenza, è necessario definire i così

detti insiemi zeta: sono insiemi di un dato numero di circoli che non hanno alcun

elemento in comune tra di loro né con un sentiero chiamato “sentiero di

controllo” . La definizione è la seguente:

( ) { }jikjiCCSCICCCCSkICZ ijiik ≠≤≤∀∅=∩∅=∩∈= ,,1,,,...,,, 1

Oltre a tale insieme, dobbiamo costruire il così detto insieme degli zeta o IZ,

che riunisce tutti gli i nsiemi zeta che possono essere costruiti i n una data

ricorsione:

( )[ ] ( )[ ]{ }SkvICZZZSvICIZ ,,,,, Θ==Θ

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Grafi numerici

146

Adesso possiamo ridefinire le varie funzioni viste prima. La funzione di

correlazione cambia leggermente forma:

( ) ( )∑=

∈=n

iii wvISSSfswvf

1

),(,

ridefiniamo dunque la formula dei percorsi fp come:

( ) ( )∏=

Θ⋅=m

jj SfrSfpsSfp

1

,)(

Sarebbe a dire, la funzione di percorso è pari alla funzione dei pesi di sentiero

(fps) moltiplicata la produttoria delle funzioni di ricorsione (che vediamo subito)

per tutte le ricorsioni esistenti nel grafo. La funzione dei pesi di sentiero è la

seguente:

( ) ( )∏=

∈=n

ii SeSfps

1

φ

In pratica è la semplice produttoria dei pesi degli archi che ormai conosciamo

bene. Segue la definizione della funzione di ricorsione:

( ) ( )[ ]{ }

( )[ ]{ }

î

∅∈Θ∈+

∈Θ∈+

∅=∩′Θ∈′

=

= altroveSaICIZZfz

SSaICIZZfz

SVVse

Srfn

ii

n

ii

11

11

,,1

,,1

,1

,

Qui ci dobbiamo fermare per una spiegazione più completa; fino ad ora

abbiamo semplicemente riportato la funzione di correlazione nella sua forma

canonica, come l’abbiamo definita nel paragrafo precedente (modificandola

leggermente con semplici passaggi algebrici). Tutto il cambiamento si

materializza nella funzione di ricorsione, differente dalla precedente. Questa è in

pratica la generalizzazione del procedimento algebrico descritto all ’ inizio del

paragrafo (l’appiattimento, se così si può dire, di una frazione a più livelli ) che

utili zza un criterio particolare: il criterio di non adiacenza. Al nominatore

troviamo la sommatoria di tutte le funzione degli zeta, o fz, per gli zeta che

possono essere costruiti sulla ricorsione, con il percorso preso come insieme di

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Analisi sistemica complessa

147

controllo. Al denominatore, viene rimossa l’azione selettiva dell ’elemento di

controllo. La funzione degli zeta è tratta direttamente dalla proprietà delle

frazioni che abbiamo mostrato poc’anzi:

( ) ( )∏=

∈−=n

ii ZCfpsZfz

1

L’applicazione di questa formula all ’esempio del paragrafo precedente cambia

solo la prima delle funzioni di percorso, visto che le altre sono costruite su

ricorsioni che non presentano cicli distanti tra di loro, ossia cicli che non si

intersecano:

( ) ( ) ( )tu

gdv

cbaxycbaxyfhe

xygdvSfp

−⋅

+−−−−=

11

)1(1

È da notare come un operatore che si trovi a dover calcolare la correlazione tra

due nodi di un grafo possa decidere di usare la funzione "estesa", nel caso che le

ricorsioni intersecate dai percorsi siano composte da pochi circoli , o che le

relazioni di retroazione siano chiare. Se queste condizioni non sono incontrate,

risulterà più semplice usare la funzione di correlazione in forma compatta,

costruendo gli zeta che spiegano le relazioni di adiacenza tra i cicli della

ricorsione.

Se si rende necessario implementare la funzione di correlazione su calcolatore,

il criterio di "semplicità" delle configurazioni di cicli perde importanza: anzi,

risulta assai diff icile, e comunque inutile, verificare se i cicli sono composti in

modo tale da poter stabili re delle semplici regole di retroazione. Quindi è più

semplice implementare unicamente la funzione di correlazione in forma

compatta, se questa deve essere risolta da un calcolatore.

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Analisi sistemica complessa

149

6. Il modello 3r

In questo capitolo descriviamo il modello relazioni-risorse-risultati. Il nostro

scopo è quello di applicare quanto visto nei capitolo precedenti all ’analisi delle

risorse aziendali . Il modello 3r, infatti, genera dei grafi che seguono regole

particolari, e con una morfologia specifica adatta a rispecchiare le relazioni che

intercorrono tra le risorse generanti e generate in azienda.

6.1) Forma e scopo del modello

Ricordiamo brevemente le caratteristiche del modello 3r introdotte nel

paragrafo 4.3. Il presente modello sarà espresso in forma statica comparativa,

presentandosi morfologicamente come un grafo, o meglio come una struttura

matematica chiamata "grafo numerico". I nodi di tale grafo rappresenteranno

delle valutazioni espresse su date emergenze. Non verranno considerati i vincoli ,

perché l'analisi non considera la dinamica del sistema né la struttura dei costi che

la variazione delle emergenze implica.

Lo scopo è quello di ottenere un modello valido dal punto di vista analiti co,

cioè in grado di evidenziare errori o mosse corrette nella storia di un'impresa, e

dal punto di vista predittivo, cioè capace di supportare decisioni strategiche

anche in presenza di condizioni ambientali turbolente.

Oltre a ciò il modello e la forma analiti ca alle sue spalle devono essere

versatili , nel senso che devono poter essere adattati facilmente a qualsiasi

impresa ed a qualsiasi necessità.

È importante evidenziare un aspetto intrinseco nell 'ASC che può altrimenti

sfuggire. Quando si cerca di studiare un sistema complesso non in maniera

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Modello 3r

150

diretta, ma attraverso le esperienze di terzi, si compie una rappresentazione di

secondo livello di una certa realtà. In parole più semplici, se analizziamo

un'impresa a partire dalle considerazioni dei suoi impiegati, otteniamo come

risultato una rappresentazione di una rappresentazione. La prima

rappresentazione è quella posseduti dagli elementi sul sistema al quale

appartengono; vista la dimensione ologrammatica della complessità, nella quale

il sistema è in qualche modo internalizzato dagli elementi, possiamo affermare

che tale rappresentazione dovrebbe essere piuttosto aderente alla realtà. Tramite

il modello 3r costruiamo una rappresentazione delle rappresentazioni che gli

elementi (impiegati) hanno del sistema (impresa).

Il primo risultato ottenuto dal modello 3r è appunto quello di formalizzare la

conoscenza che l'impresa ha di se stessa. Eventuali errori o discrepanze

dovrebbero venire evidenziati nel processo di indagine preliminare alla

formazione del modello; questo risultato preliminare, non incluso negli obbiettivi

espliciti del modello, è comunque importante e merita di essere conosciuto1.

6.2) Rappresentazione degli elementi

Il valore di ogni nodo del grafo che costituisce il modello 3r è una valutazione

della risorsa/emergenza che esso rappresenta. Parliamo qui di “valutazione”,

quindi di un valore relativo, di un giudizio espresso nei confronti di una data

emergenza. Attualmente, infatti, i tentativi intrapresi nel campo della

misurazione del valore economico delle risorse intangibili sono ancora in fase

embrionale, e questo lavoro andrebbe molto oltre il proprio scopo se volesse

intraprendere una simile impresa. Al contrario, molti studiosi si sono occupati

1 Va notato come ciò sia comune a qualsiasi modello anali tico basato sull’ASC.

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Analisi sistemica complessa

151

della valutazione ordinale delle risorse intangibili , e molte aziende già le

misurano non in termini di valore economico ma in termini di misure relative

come ad esempio la percentuale di clienti soddisfatti2.

Noi ci proponiamo di confrontare le risorse con la media del settore nel quale

opera la realtà analizzata. “Tempi di consegna” di quindici giorni, ad esempio,

possono infatti significare un ottima prestazione in certi campi, o un pessimo

risultato in altri. Ci proponiamo dunque di trasformare valori misurabili (in

maniera più o meno certa) in valutazioni, o di raccogliere direttamente le

valutazioni su date risorse da parte degli esperti. Tutto questo introduce nel

modello una grande componente di discrezionalità, ma è necessario ricordare che

in questa fase si produce una rappresentazione di una rappresentazione. Il

modello 3r serve unicamente a razionalizzare la conoscenza dell ’ impresa

maturata sull ’ impresa stessa. Data una conoscenza di base, il modello la può

elaborare, e fornire dati rigorosi sulle conseguenze di tale conoscenza.

6.2.1) Tipo di emergenze

Come abbiamo specificato nel corso del quarto capitolo, possono esistere

emergenze e antiemergenze interne, esterne, materiali e immateriali . A livello del

modello che stiamo sviluppando, la distinzione tra la forma assunta dalle

emergenze non ha importanza pratica, ma può essere utile ai ricercatori

individuare le emergenze esterne scrivendo il l oro nome tra parentesi, e le

emergenze immateriali facendole precedere da un asterisco. Così la fiducia di

alcuni interlocutori dell 'impresa sarà indicata nel modello come “* (Fiducia dei

…)” , la competitività potrà essere indicata come “*Competitività” ed emergenze

materiali come la produzione o il reddito saranno scritte normalmente.

2 Si veda a puro titolo di esempio Busacca (1994).

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Modello 3r

152

Le antiemergenze avranno il segno meno davanti ad ogni altra indicazione.

Così un debito sarà scritto "-Debito": essendo l'antiemergenza debito materiale

ed interna non vengono aggiunti altri simboli . Invece, una sfiducia verrà scritta

nel modello come "-* (Sfiducia dei …)".

Questa differenziazione di simbologia permette di avere con un colpo d’occhio

alcune informazioni qualitative interessanti. Ad esempio, le emergenze e le

antiemergenze esterne, indicate tra parentesi, non possono essere direttamente

controllate dal management, e possono venire modificate direttamente solo a

condizione di verificare ipotesi di scenario.

Le quattro combinazioni possibili della modalità con la quale le emergenze si

possono presentare, ossia interne/materiali , esterne/materiali , interne/immateriali

ed esterne/immateriali sono indicate dall ’espressione “ tipo di emergenza”, o di

antiemergenza3.

6.2.2) Valore dei nodi

Nei grafi, gli unici dati sui quali possiamo intervenire, modificandone il

valore, sono le fonti. Conosciute queste, è possibile calcolare il valore di tutti gli

elementi. Sarà suff iciente quindi raccogliere valutazioni unicamente sulle fonti

del grafo generato dall ’analisi.

La valutazione delle risorse, anche di quelle intangibili , su scale di settore o su

parere di esperti, è già stata usata con successo in moltissimi campi; nulla ha da

invidiare a metodi che all ’apparenza sembrano più rigorosi. Uno degli obbiettivi

del modello è quello di individuare le aree di possibile miglioramento della realtà

3 Volontariamente non vengono introdotte le distinzioni tra emergenze elementari e sistematiche, che saranno trattate

dal modello in maniera indifferenziata. Comunque, inserire tale distinzione non presenta alcun problema metodologico; se lo

si desidera, è sufficiente usare un segno grafico, come ad esempio la chiocciola “@” per distinguere le emergenze

elementari da quelle di sistema.

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Analisi sistemica complessa

153

in analisi, e proporre linee di intervento preferenziali: i giudizi ordinali sono da

sempre usati a questo scopo, e con successo. Noi proponiamo solo una diversa

organizzazione dei dati.

Stabili to che possiamo aff idarci a valutazioni basate su giudizi di esperti o su

osservazioni sulla realtà settoriale, è necessario fissare una scala di valori che

possano sostituire tali giudizi in un modello numerico. La seguente scala è stata

introdotta da J. Aaker nell ’ambito delle ricerche di mercato. (Aaker & Myers,

1996:147) Viene tuttora usata nei questionari proposti ai consumatori, dai quali si

vuole ottenere un giudizio sui propri prodotti:

1. Preferisco altri prodotti

2. Potrebbe interessarmi

3. Acquisto occasionalmente

4. Acquisto spesso

5. È il mio prodotto preferito

La scala a cinque valori ha il pregio di essere immediatamente comprensibile,

di avere abbastanza “scarto” tra il valore minimo e quello massimo da essere

significativa ma non così tanto da confondere l’ intervistato con sfumature poco

chiare. Ha inoltre il vantaggio di avere un punto centrale di indifferenza (3) sul

quale si possono accumulare i giudizi degli i ndecisi.

Dato che in buona parte dei casi dovremo desumere il valore delle emergenze

da questionari proposti ad esperti, possiamo adottare una scala simile:

• Risorsa inesistente: 0

• Assolutamente insuff iciente per i propri scopi: 1

• Lacunosa: 2

• Suff iciente: 3

• Abbondante: 4

• Perfettamente capace di assolvere a compiti anche sovradimensionati: 5

• Competenza/conoscenza unica e diff icilmente acquisibile: 6

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Modello 3r

154

Si tratta di una scala “ introspettiva”, che non riguarda il confronto con la

concorrenza o con la media settoriale, ma unicamente l’adeguatezza della risorsa

posseduta a svolgere i propri compiti con successo. Il primo grado (a valore 0)

non dovrebbe essere usato normalmente: se una risorsa non esiste,

semplicemente non entra a far parte del grafo; tuttavia può venire usato in ipotesi

di scenari alternativi, al posto dell ’eliminazione di un nodo, cosa che dovrebbe

rendere la rappresentazione più chiara. L’ultimo gradino della scala può essere

utili zzato quando siamo sicuri che una data risorsa è posseduta unicamente dalla

realtà in analisi, o che l’azienda osservata è sicuramente “un passo avanti a tutti” .

Le antiemergenze, avendo la stessa natura ma effetti inversi rispetto alle

emergenze, saranno valutate al contrario. Una antiemergenza considerata

estremamente bassa o assente sarà valutata con il valore di sei. Se

l'antiemergenza raggiunge un valore molto elevato le verrà dato il valore di uno

(o addirittura zero se il suo valore è particolarmente alto). È da notare che in

questo modo, all ’aumentare dell ’ intensità delle antiemergenze (cosa che

diminuisce il valore del nodo), si riduce il valore di tutti i nodi ad esse connessi.

Se a valle di una antiemergenza troviamo un’emergenza, all ’aumentare

dell ’ intensità della prima (ed alla diminuzione del valore del nodo che la

rappresenta), ecco che l’emergenza a valle diminuisce sia di valore che di

valutazione. Se invece abbiamo a valle un’antiemergenza, interpreteremo la

diminuzione del valore del nodo che la rappresenta come un aumento del li vello

di questa; è suff iciente tenere ben presente che le antiemergenze vengono

valutate al contrario. La forma del grafo 3r è la stessa sia per i nodi che

rappresentano le emergenze che le antiemergenze; cambia solo la scala di

lettura4.

4 Questo accorgimento si rende necessario in base alla seguente considerazione: le risorse, siano esse forze che

debolezze, non possono essere grandezze negative. Così come non esiste uno spazio negativo, allo stesso modo non può

esistere un’emergenza negativa. Sottrarre le antiemergenze dalle emergenze non sarebbe corretto, per due motivi: primo

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Analisi sistemica complessa

155

È necessario compiere due osservazioni: la prima è che seppure il li vello di

alcune risorse rimane inalterato, la loro valutazione può variare con il passare del

tempo ed il mutare delle condizioni ambientali . Ad esempio, un ottima

competenza in campo informatico, se non continuamente aggiornata, diventa

presto obsoleta. Quindi, sarebbe più corretto parlare di valutazione in funzione

del tempo, che di valore costante. Questa considerazione assume una sua criticità

se consideriamo che il modello 3r non valuta il tempo necessario aff inché tutte le

risorse assumano i valori di equili brio: è in teoria possibile che durante il

processo di aggiustamento verso il punto di equili brio, la valutazione delle

risorse cambi, anche improvvisamente; ma su questa problematica torneremo nel

dettaglio più avanti.

La seconda osservazione è che essendo questa una scala introspettiva, si corre

il rischio di non avere un termine di paragone valido oggettivamente per

trasformare in “contenuto” di una risorsa in un “giudizio” in una scala da 1 a 5

(con un possibile sesto gradino). Per ovviare a questo problema è possibile

sostituire la scala proposta sopra con la seguente:

• Risorsa inesistente: 0

• Molto al di sotto della media: 1

• Al di sotto della media: 2

• Nella media: 3

• Poco al di sopra della media: 4

• Molto al di sopra della media: 5

• Unica nel settore: 6

anche le antiemergenze hanno un valore positivo, e considerarle una grandezza negativa non è corretto. Secondo, se le

antiemergenze superassero il valore delle emergenze, si avrebbe un grafo ove il valore dei nodi è negativo; dal punto di vista

matematico ciò non è un problema, ma dal punto di vista logico è inaccettabile. Il sistema cessa di esistere quando tutte le

sue emergenze si annullano (indipendentemente dal valore raggiunto dalle antiemergenze). Se mi è consentito il paragone,

parlare di emergenze a valore negativo è come tentare di togliere acqua da una bottiglia vuota.

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Modello 3r

156

Anche in questo caso la valutazione delle antiemergenze sarà espressa su di

una scala invertita.

È possibile usare dei criteri di misurazione specifici per ogni risorsa, come ad

esempio i giorni di consegna per la causante “rapidità di evasione ordini” o il

li vello medio ponderato della preparazione dei ricercatori (in mesi o anni di

studio), fissando poi delle funzioni di trasformazione da queste rilevazioni alle

scale proposte.

Vorrei però sottolineare che la problematica della definizione delle unità di

misura delle risorse immateriali non fa parte del presente lavoro. Noi ci poniamo

a valle di tutto questo, col presupposto di poter esprimere dei giudizi validi sul

contenuto delle risorse possedute. Se in seguito emergeranno metodologie

rigorose di misurazione delle risorse, l’ impianto teorico del modello 3r non

muterà, anzi ne sarà unicamente rafforzato; l’analisi sistemica complessa ed il

modello 3r in particolare funzionano anche in assenza di dati certi: sono più che

suff icienti buone approssimazioni.

6.3) Morfologia dei flussi

In questo paragrafo ci chiediamo quale sia il significato delle connessioni tra

gli elementi del modello. In pratica spieghiamo cosa sia descritto dal “peso di un

arco” che collega due nodi. Chiameremo per brevità forza il “peso di un arco” .

Il valore degli elementi del modello 3r rappresenta un giudizio su una

risorsa/emergenza aziendale. Il fatto che questa possa dipendere da altre risorse

implica che il giudizio dato su di essa dipenda dal giudizio dato alle sue

generanti. Ora, il modello 3r non ammette altri metodi di giudicare una risorsa se

non in base alle proprie generanti, e che esse devono spiegare interamente il

motivo di una valutazione data alla risorsa. In formule

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Analisi sistemica complessa

157

{ }

( )∑ =>=<∈∀∈∈

=

1,

,

,

vweeVv

VwEe

VER

φ

e cioè, la sommatoria delle forze entranti in un nodo deve essere sempre

uguale a uno.

In pratica: se la risorsa “C” è giudicata buona questo è a causa del giudizio

sulle risorse “A” e “B” , sue uniche generanti, anch’esse buone. Se la rapidità di

consegna è generata unicamente dalla competenza degli addetti, dalla

disponibilit à di mezzi di trasporto e dalla organizzazione logistica, solo se tutte e

tre raggiungono un buon livello potremo dire che la rapidità di consegna è

anch’essa buona. Analogamente, se le tre risorse non sono alli neate alla media

settoriale, è impossibile che la causante generata sia nella media o addirittura

superiore ad essa.

Eventuali “scarti” (ad es. “Ma come? Abbiamo giorni di consegna

eccezionalmente bassi ma i nostri addetti sono dei pivell i!” ) sono da ricercare o

nel giudizio espresso per le generanti dell ’elemento considerato (forse gli addetti

non sono pivelli ) o nella rilevazione dell ’elemento generato (magari i giorni di

consegna non sono così bassi) oppure esistono altre generanti non considerate

nell ’analisi (magari nessuno si è occupato di rilevare la logistica

informatizzata...). Per quanto riguarda i primi due aspetti, sarà necessario per gli

studiosi tornare su quanto era già stato fatto per rielaborare meglio i dati

dell ’analisi. Per quanto riguarda l’ultima possibilit à, può darsi che un analisi

completa non sia possibile o non rientri negli scopi prestabiliti . In questo caso

aggiungeremo una specie di “appendice” che spieghi lo scarto, ma su questo

punto dobbiamo tornare in seguito.

Dopo questa considerazione iniziale è ora necessario porre attenzione a come

sia possibile rappresentare la forza di un collegamento tra una causa ed un

effetto. Rispondiamo cioè alla domanda: “ in quale misura le varie cause di un

elemento contribuiscono alla formazione del suo valore?” Qui per valore

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Modello 3r

158

intendiamo la valutazione in base a criteri il più possibile obbiettivi, come sopra

specificato. Per dare un valore anche agli archi che connettono i nodi, ossia alle

forze, possiamo utili zzare due metodologie.

Un primo modo assai immediato per dare un valore alla forza del

collegamento è quello di esprimere un giudizio su di essa. Usando lo stesso

gruppo di esperti che è stato usato per l’analisi e la valutazione degli elementi

chiave del grafo, possiamo chiedere loro di esprimere giudizi sulle forze dei

collegamenti. Questa parte del lavoro è molto onerosa: infatti per conoscere il

valore di tutti gli elementi di un grafo sono suff icienti le valutazioni sulle sole

fonti, che normalmente sono piuttosto limitate, e su tutti i collegamenti, che in

genere sono molto numerosi. La scala da adottare potrebbe essere molto simile a

questa:

• collegamento inesistente: 0

• collegamento assai debole: 1

• collegamento debole: 2

• collegamento medio: 3

• collegamento abbastanza forte: 4

• collegamento molto forte: 5

• particolari condizioni di dipendenza: 6

Anche qui si tratta di una scala a cinque gradi li evemente modificata: il grado

zero viene utili zzato solo in ipotesi di scenario per evitare la modifica “fisica” del

grafo, mentre il sesto grado va usato in condizioni veramente eccezionali. Il

procedimento di valutazione stavolta è assai più critico di quello usato

precedentemente per gli elementi: prima di tutto vi possono essere pareri assai

discordanti sull ’ importanza di certe risorse o processi nella generazione di altre

risorse; secondo, è praticamente impossibile stabili re una graduatoria valida in

generale per tutti gli effetti del grafo: ogni effetto deve essere considerato e

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Analisi sistemica complessa

159

messo in relazione alle proprie cause senza poter trarre significativi indizi dalle

valutazioni già compiute sulle connessioni per altri effetti.

Lo scopo dell ’analisi complessa è però quello di capire quali elementi siano

rilevanti nella “vita” aziendale, ossia nel suo processo di generazione delle

risorse, e quali relazioni intercorrano tra questi elementi. La diff icoltà di

procedere in questa fase dell ’analisi non è legata tanto ad un’ inadeguatezza del

modello, quanto ad una reale diff icoltà oggettiva del compito; capiamo inoltre

che risolta questa fase, la conoscenza sull ’azienda ottenuta sia così preziosa da

valere essa stessa tutti gli sforzi fino ad ora affrontati. Alla fine di questo

procedimento otteniamo infatti la cognizione di come si configuri la

rappresentazione che l'impresa ha di se stessa. una specie di meta-conoscienza

che da sola può consentire di migliorare la dimensione strategia ed operativa

della realtà analizzata.

Torniamo al modello 3r. Abbiamo definito una scala di valori tramite la quale

possiamo esplicitare le forze dei collegamenti. Tuttavia, nel modello 3r è

necessario che la sommatoria delle forze entranti in un effetto sia 1. Aff inché ciò

avvenga, è necessario conteggiare il totale delle valutazioni espressi sui

collegamenti, e rapportare ognuna di esse a tale somma. Otteniamo quindi dei

pesi la cui somma è uno. Per esempio, se dall ’analisi risulta che la rapidità delle

consegne di pende in maniera debole dall ’eff icienza del personale, in modo forte

dalla qualità del sistema informatico ed in modo fortissimo dall ’organizzazione

logistica... (rispettivamente valutazioni 2, 5 e 6), allora l’equazione che descrive

il valore del nodo relativa a questa analisi sarà:

13

6

13

5

13

2OLQSIEdPRdC ++=

Questo sistema di valutazione ha un pregio ed un difetto. Il pregio è che la

valutazione espressa o “estratta” nell ’analisi viene immediatamente trasformata

in un valore adatto ai grafi 3r, ma nonostante questo, in un secondo momento la

rilettura delle espressioni dà immediatamente il giudizio che era stato

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Modello 3r

160

“sintetizzato” nella precedente analisi. In pratica il metodo permette molta

chiarezza e leggibilit à dei risultati. Il difetto è invece che se le causanti sono

molte, la differenza tra la significatività di una variazione di una causa non critica

ed una assai critica è molto bassa. Più semplicemente, quando la somma delle

valutazioni espresse è bassa allora tutto funziona bene, ma quando diventa assai

elevata può darsi che tutte le cause, indipendentemente dalla “forza” teorica di

azione sull ’effetto, abbiano bassa importanza. Nella seguente espressione:

1001...100

6100

19521 NNNA +++=

una variazione di un punto di N1 , giudicata quasi irrilevante, causa uno

spostamento di A pari a 0.01, mentre una di N2 , giudicata assai importante causa

uno spostamento di solo 0.06 in A. Certo questo è un caso limite, ma rende l’ idea

del fenomeno.

Per ovviare a questo inconveniente possiamo ricorrere ad un secondo metodo

di valutazione, che procede in maniera pressoché inversa. Mettiamo a

disposizione un totale di punti da assegnare alle diverse connessioni,

convenzionalmente 10, 100 o 1000, e permettiamo unicamente la distribuzione di

tale somma. Anche questo metodo è mutato dai questionari usati nelle indagini di

mercato.

In questo modo, pur in presenza di molte cause, possiamo assegnare a

ciascuna di essa il giusto peso. Tuttavia perdiamo anche il pregio del precedente

sistema: non abbiamo più un idea precisa, a posteriori, del giudizio espresso sulle

varie connessioni.

Entrambi i sistemi di valutazione possono essere usati nello stesso grafo, se lo

si ritiene d'uopo. Ad esempio, il primo metodo può essere usato nella

maggioranza dei casi, mentre si può impiegare il secondo quando il numero di

cause per un elemento supera 6. In questo modo il sesto grado della scala di

giudizio ha ancora una significatività superiore al 50% nel caso che le altre cause

siano tutte poco rilevanti. Adottare questo metodo misto di valutazione comporta

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Analisi sistemica complessa

161

una minore leggibilit à generale, ma se quando si usa il secondo metodo si ha cura

di segnalarlo in maniera evidente, questo problema non dovrebbe sorgere. La

segnalazione può essere evidenziata esplicitamente tramite simboli

convenzionali , o più semplicemente usando una somma di punti molto elevata

(100 o 1000) in modo che appaia evidente l’utili zzo di un metodo diverso per un

dato effetto.

6.4) Elementi di controllo

La matematica dei grafi ci insegna che il valore degli elementi di un grafo

dipende unicamente dalle fonti dello stesso. Ma la vita pratica ci insegna che il

management di un’ impresa ha la possibilit à di influire su particolari risorse

tramite scelte precise. Certo, in linea teorica non basta far seguire agli impiegati

dei corsi di aggiornamento per ottenere risultati immediati sulle conoscenze

aziendali . Il processo di internalizzazione della conoscenza é stato ben descritto

da Nonaka5 (Sinatra 1994:78). Costui divide la conoscenza dei gruppi in tacita ed

esplicita, e identifica un processo di accrescimento della conoscenza che oscill a

tra i due tipi, passando ora per uno stadio, ora per l’altro. Il risultato finale di

un’operazione che mira ad accrescere direttamente una risorsa non è mai quindi

conoscibile a priori; tutto dipende da come l’organizzazione trasmetterà le

conoscenze esplicite e codificherà quelle tacite generate dall ’evento.

Ammettiamo dunque di poter scindere in due parti l ’effetto delle operazioni

mirate ad aumentare la conoscenza. La prima parte dipende dall ’effetto diretto,

mentre l’altra dipende dall ’effetto mediato dalla struttura aziendale, dal ritorno

che è generato dalle ricorsioni che influiscono sulla risorsa interessata. Se poi ci

5 Una elaborazione dei risultati delle sue ricerche è presente in Sinatra (1994).

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Modello 3r

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permettiamo di tralasciare il processo di aggiustamento per considerare

unicamente il punto finale di equili brio, ecco che possiamo rappresentare tutto

questo tramite un grafo. Su di una risorsa agiranno due forze: una arriva dal resto

del grafo, magari anche da più elementi, l’altra invece è interna alla risorsa

stessa.

Per rappresentare questa realtà in un grafo, adottiamo un piccolo espediente.

La parte “interna” della risorsa viene scorporata in una generante che avrà il

carattere di fonte del grafo. Tale fonte causerà unicamente l’elemento del quale

rappresenta la parte gestibile dal management; chiameremo questo particolare

elemento con il nome del suo unico effetto, e specificheremo che si tratta di un

elemento di controllo. In pratica, se si ha una risorsa chiamata “esperienza sul

campo” e si ritiene ragionevole supporre che il management possa in tempi

elevare il l ivello di tale esperienza, ad esempio assumendo esperti e

coinvolgendoli i n un programma di training, allora esisterà una fonte chiamata

“esperienza sul campo/CNT”, che avrà come unico effetto l’elemento omonimo.

La forza del collegamento tra gli elementi ed i loro controlli dipende dalla

capacità di controllo che il management ritiene di poter avere sulla risorsa in

esame.

È da notare come non sia lecito applicare controlli a emergenze esterne:

sarebbe come affermare che esiste un potere occulto che permette ai manager di

gestire processi totalmente esterni all ’azienda. Quindi le emergenze esterne, ossia

quelle indicate tra parentesi, non possono avere un elemento di controllo.

6.5) Elementi di riassunto

Un’analisi completa dell ’ intero grafo causale delle risorse aziendali è

terribilmente costosa, e spesso non è nemmeno necessaria; è anzi richiesto che il

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Analisi sistemica complessa

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modello 3r si comporti molto bene anche in presenza di dati approssimati. Stiamo

infatti per introdurre quella parte di modello che ci permette di lavorare in

assenza di dati certi.

Ammettiamo infatti di avere una data emergenza (ad esempio “*capacità

previsionale”) ed alcune delle emergenze che stanno alla base (come ad esempio

“sistemi informativi evoluti” e “*capacità di raccolta di informazioni” ). Tuttavia,

si è certi che il valore raggiunto dall ’emergenza in esame non possa essere

completamente spiegato dalle emergenze a valle rilevate. Vi possono essere dei

validi motivi per i quali trovare le altre possibili emergenze a valle può non

essere prioritario, soprattutto se rapportato all ’onerosità dell ’ulteriore indagine.

Ad esempio l’emergenza può non essere considerata facilmente modificabile, nel

qual caso è spesso inutile cercare le sue generanti; meglio è concentrarsi sul suo

valore.

In questo caso entrano in gioco gli “elementi di riassunto” ovvero quella parte

di valore che un’emergenza assume ma che non è spiegata interamente dalle

emergenze individuate. Se non calcolassimo il valore degli elementi di riassunto

(per brevità li chiameremo “ resti” ), non saremmo in grado di calcolare l’ impatto

delle altre emergenze individuate sull ’emergenza in esame: infatti, nel modello 3r

il valore ogni elemento deve essere interamente spiegato da quello dei suoi

predecessori (la sommatoria dei pesi degli archi entranti in un punto deve essere

pari ad uno).

Quando ci troveremo in una situazione come quelle delineate in questo

paragrafo, costruiremo un nuovo elemento fonte e che ha per unico effetto

l’elemento che non si pensa necessario analizzare in profondità. Analogamente a

quanto fatto nel caso degli elementi di controllo, aggiungeremo al nome di tale

componente del sistema il suff isso “RST” (che sta per resto o riassunto). Nel

caso di un ipotetica emergenza chiamata “*capacità previsionale”, il nostro resto

sarà collegato unicamente ad essa, e si chiamerà “*capacità previsionale/RST”.

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Modello 3r

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Il problema che sorge adesso è quello dell ’assegnazione del valore ai resti.

Conoscendo i valori di tutte le altre cause di un dato elemento, e dell ’effetto

stesso, possiamo seguire due strade: fissare una forza del collegamento e

calcolare di conseguenza il valore del resto, oppure fissare arbitrariamente un

valore e calcolare la forza. Le due soluzioni sono matematicamente

intercambiabili , ma comportano pesanti differenze dal punto di vista

metodologico. Assegnare un maggiore peso relativo alla forza del collegamento

implica una minore importanza delle cause conosciute. Viceversa, si corre il

rischio di sovrastimare l’ importanza delle cause note. Sarebbe dunque necessario

avere almeno un idea del peso o del valore che le altre cause (ignote)

dell ’emergenza in esame possono assumere.

6.6) Elementi Sensori

Volendo scegliere tra situazioni alternative nelle quali si può trovare l’ impresa

in esame, è necessario avere un criterio di valutazione su quale configurazione di

emergenze sia migliore di altre. Ad esempio, è migliore una rete ove “* (Fiducia

della clientela)” ha valore 6 e “* (Fiducia degli i stituti di credito)” ha valore 3 o

viceversa?

Per decidere quale posizione è migliore di un’altra si possono usare criteri

empirici o si può ricorrere alla valutazione qualitativa di esperti. Si possono però

costruire anche degli i ndici sintetici che forniscano la media pesata di alcune

emergenze chiave. Il grafo generato dall ’analisi 3r permette di costruire tali i ndici

in maniera estremamente semplice. È infatti suff iciente inserire dei “ termini

artificiali ” , dei nodi che non hanno senso dal punto di vista della meccanica

aziendale, ma che servono unicamente come strumento di analisi. Tali termini

saranno collegati alle emergenze che devono essere “monitorate” ed il peso

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Analisi sistemica complessa

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dell ’arco entrante nel termine sarà pari alla ponderazione che vogliamo dare

all ’emergenza predecessore nell ’ indice.

Chiameremo questi elementi “sensori” . Costruiremo i sensori collegandoli a

vari elementi dei quali vogliamo tenere sotto controllo l’andamento con forze

arbitrarie, a seconda del nostro giudizio o di altri criteri più obbiettivi.

Ad esempio, si può costruire un sensore chiamato fattore di successo

risultante. Si tratta di un sensore costruito collegando ad esso le emergenze che

rappresentano i fattori critici di successo per un dato settore, con forze

proporzionali all ’ importanza che tali fattori hanno. Quando nel prossimo capitolo

vedremo come implementare in azienda il modello 3r, ill ustreremo come questo

sensore possa rivelarsi particolarmente utile.

È buona norma indicare i sensori con il suff isso “SEN” così che possano

facilmente essere distinti dagli elementi che fanno realmente parte del grafo.

6.7) Grafi numerici e modello 3r

È interessante notare come la matematica dei grafi numerici ci possa assistere

nel compito di analisi e di intervento nella realtà aziendale. Una volta analizzato

il grafo, possiamo stabili re la forza del rapporto tra due elementi distanti.

Introduciamo qui due concetti molto importanti: la centralità e la centralità

inversa di un elemento.

Se calcoliamo la correlazione tra un elemento A e tutti i suoi effetti (sia vicini

che lontani), otteniamo una serie di forze. Sommandole, il numero ottenuto è

chiamato “ indice di centralità”. Il numero trovato è in realtà la sommatoria degli

aumenti che si verificherebbero nei vari elementi del grafo se A fosse

incrementato di un punto. Si capisce molto bene l’ importanza di questo indice:

elementi a maggior centralità possiedono un maggiore effetto leva : un loro

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Modello 3r

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miglioramento di un punto nella scala delle valutazioni implica un effetto sul

grafo molto maggiore. Il sistema, grazie alla sua struttura autopoietica ha creato

energia in maniera “autonoma”, dato uno stimolo minimo in ingresso.

Le fonti del sistema sono gli elementi che hanno maggior centralità, in genere.

Inoltre, essendo gli unici elementi il cui valore può essere deciso dall ’esterno, lo

studio della loro centralità è cruciale. Tuttavia, anche studiare la centralità di

elementi intermedi può avere una certa importanza : se rileviamo che essi hanno

una centralità molto alta, può valere la pena studiarli i n maniera più approfondita,

e cercare di capire le relazioni che permettono loro di avere un peso tanto

elevato.

Volendo decidere l’allocazione di risorse limitate alle varie fonti del modello

solo in base all ’analisi di centralità, si incontra un problema rilevante : nulla è

noto sulla distribuzione del valore creato in azienda a partire da tale stimolo. Si

potrebbero creare a tale scopo indici di vario tipo, come ad esempio la centralità

ponderata per il numero di elementi il cui valore varia al variare di una data

fonte, o molti altri ancora : ma il mio consiglio è quello di usare i risultati derivati

dall ’analisi di centralità solo per approfondire la conoscenza sul sistema

complesso “azienda” e nel caso che si voglia intervenire nel senso di un generico

miglioramento non teso a nessun risultato specifico, ma solo al rafforzamento

della posizione aziendale.

Per quanto riguarda invece l’analisi di centralità inversa (o più semplicemente

l'inversa), si tratta di un indice speculare al precedente : è la somma di tutte le

forze presenti nelle relazioni tra un effetto E e tutte le sue cause (vicine e

lontane). L’ indice ha poco valore informativo, spiegandoci al più quanto è

“diff icile” variare un elemento rispetto ad un altro. Ciò che è interessante è

proprio la fase di analisi : se applichiamo l’analisi di centralità inversa ad un dato

elemento cruciale, ad esempio una risorsa vitale come la fiducia della clientela,

scopriamo quali sono le leve più eff icaci per il suo controllo. Riusciamo anche ad

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Analisi sistemica complessa

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avere una priorità : la fonte che genera in maniera più forte l’elemento in analisi

sarà la prima su cui intervenire ; poi verranno in ordine la seconda, la terza ecc...

L’analisi si rivela particolarmente potente soprattutto quando vengono

osservati elementi di riassunto che esprimono il vantaggio o il potenziale

competitivo (come ad esempio l’ottimanza parziale). In questa fase si

concretizzano tutti gli sforzi compiuti in analisi, ed il l oro risultato è una lista di

priorità di interventi, ed il l oro possibile impatto sulla struttura aziendale.

A valle di questo risultato, c’è ancora molto lavoro da svolgere: in questo

momento possiamo scoprire cosa succede se una risorsa migliora il suo livello

qualitativo : come ottenere questo (che è esso stesso un risultato di un processo

molto complesso) non riguarda il modello 3r; si tratta quindi di un metodo mirato

al “cosa fare”. “Come farlo” è un’altra questione e deve essere affrontata con

metodi diversi.

6.8) Tempo, finestre e modello 3r

Il modello 3r non da alcuna indicazione sugli stati di transizione del sistema

complesso indotti dalla variazione delle emergenze. In pratica è un modello

statico comparativo: abbiamo una situazione iniziale, una situazione finale e

nessuna indicazione su come il sistema abbia raggiunto tale situazione, e quel che

è peggio, nessuna indicazione del tempo necessario al sistema per completare

tale percorso.

Il modello 3r è comunque solo una delle possibili analisi effettuabili

nell ’ambito dell ’ASC; abbiamo deliberatamente ignorato il fattore tempo per

concentrarsi sul problema della definizione della metodologia analiti ca, e per

mantenere gestibile il volume della tesi. Come punto di partenza, un modello

statico comparativo è più che suff iciente.

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Modello 3r

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È però necessario chiarire che l’eliminazione del fattore tempo non

corrisponde ad una sempli ficazione pura. Il quarto assunto dell ’ASC afferma che

sempli ficare è un procedimento logico errato, e porta a previsioni non corrette.

Noi non stiamo cercando di capire quanto tempo il sistema impiegherà a

raggiungere un certo stato obbiettivo, e non abbiamo imposto ipotesi che ci

permettano di sempli ficare il problema. Semplicemente, abbiamo assunto un

punto di vista per il quale è irrilevante il fattore tempo. La finestra di

comprensibilit à attraverso la quale estraiamo il modello dalla realtà esclude sia i

vincoli che il tempo. Non abbiamo imposto l’ ipotesi che il modello raggiunga

istantaneamente lo stato finale della propria transizione, abbiamo solo affermato

che siamo (per ora) incapaci di sapere quando questo accadrà.

Comunque, possiamo usare il modello 3r in azienda anche con questa

limitazione. Il modello ci informa infatti di quali siano le risorse (emergenze)

maggiormente critiche, e sulle quali è più urgente operare. Si potrebbe obbiettare

che, non fornendo informazioni di ordine temporale, una modifica ad una data

emergenza X risulti più cruciale di una modifica all ’emergenza Y secondo il

modello. Potrebbe però capitare che i risultati conseguiti con l’ intervento su Y

siano raggiunti in un mese, e che la modifica a X porti variazioni maggiori di

quelle generate dalla modifica di Y, ma solo molti mesi dopo. Se l’obbiettivo è

quello di fronteggiare una minaccia a brevissimo termine, seguire la strada

indicata dal modello può risultare disastroso.

A questa critica si può rispondere innanzitutto indicando la finestra di

comprensibilit à usata dal modello: se è in uso un modello che non prende in

considerazione il fattore tempo per risolvere un problema per il quale il tempo è

cruciale, il problema sta nella focalizzazione su una finestra differente da quella

necessaria. In altre parole, il modello 3r non è pensato per la soluzione rapida di

problemi immediati, ma per la progettazione di strategie di ampio respiro. Inoltre

è possibile ridurre l’approssimazione temporale insita nel modello.

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Analisi sistemica complessa

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Se il problema da affrontare, l’obbiettivo assegnato all ’analisi, necessita di

risultati da applicare entro un determinato tempo, e non oltre, è necessario

apportare alcune modifiche: in particolare, dobbiamo spostarci da una finestra di

comprensibilit à atemporale (adottata per un modello 3r generico) ad una che

consideri il tempo necessario a portare a compimento i cambiamenti richiesti.

Per selezionare una tale finestra, è necessario non riferirsi più ad un generico

rapporto esistente tra una risorsa e le emergenze a valle, bensì vincolare tale

rapporto al tempo. Possiamo cioè riformulare il grafo in modo che le forze che

collegano gli elementi siano vincolate al tempo necessario alla loro

manifestazione. In pratica, non ci chiederemo più se una certa risorsa genera in

modo forte o debole una data emergenza. La questione sarà “Nel tempo di

riferimento del problema, qual è la forza del collegamento?”.

Ammettiamo, per esempio, di dover attuare un piano difensivo contro una

mossa di concorrenziale. È necessaria una risposta rapida, e si fissa l’orizzonte di

riferimento a due mesi nel futuro. Anche se in generale la fedeltà della clientela è

generata innanzi tutto dal servizio post-acquisto e secondariamente dalla

pubblicità a mezzo volantinaggio (nell ’esempio specifico), ci accorgiamo che la

seconda ha un ritorno immediato, mentre la prima ha effetti sul lungo termine (in

genere, i servizi post-acquisto come la riparazione in garanzia sono richiesti

molti mesi dopo l’acquisto). Vincolando le forze al tempo, otteniamo un nuovo

grafo, nel quale la fedeltà della clientela è nel termine di due mesi generata

debolmente dal servizio post-acquisto, mentre nel termine di due mesi è

fortemente generata dalle operazioni di volantinaggio.

La selezione di una specifica finestra di comprensibil ità per quanto riguarda il

fattore tempo, implica una perdita totale di informazioni rispetto alle ad altre

configurazioni temporali . In altre parole, un modello generato con un ottica

proiettata due mesi nel futuro può essere o non essere corretto per prevedere

risultati ottenuti in tre mesi, e tendenzialmente mano a mano che ci allontaniamo

dall ’orizzonte temporale scelto, la precisione è sempre minore. Ciò accade perché

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Modello 3r

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l’utili zzo del modello su orizzonti temporali diversi da quelli previsti è una vera e

propria sempli ficazione: supponiamo che il modello valido in una certa finestra

sia valido anche in altre. Questo comporta errori imprevedibili e di entità non

conoscibile a priori, come accade inserendo una qualsiasi sempli ficazione.

In sintesi, modelli 3r tarati su un dato orizzonte temporale sono possibili , ma è

necessario conoscere i loro limiti . Ciò vale per qualsiasi finestra di

comprensibilit à usata per estrarre un modello: definire il problema da risolvere

corrisponde a impostare una precisa finestra di comprensibilit à. Attraverso di

essa saranno visibili solo alcuni rapporti, ed alcune emergenze, ed il grafo

assumerà configurazioni che possono differire da quelli adatti a spiegare il

fenomeno con altri punti di vista. Usando il modello ottenuto per risolvere il

problema dato, e cioè applicandolo all ’ interno della finestra per la quale è stato

pensato, otterremo informazioni approssimativamente esatte. Forzando il

modello trovato in finestre differenti da quella ad esso specifica, introdurremo

una sempli ficazione, ed otterremo informazioni puntualmente sbagliate.

6.9) Conclusioni

Il capitolo ha presentato il modello 3r, definendolo come un grafo numerico,

spiegandone la morfologia dei flussi, del valore degli elementi, e dando la

definizione di elementi artificiali che permettono l’utili zzo del modello.

Il modello 3r non è l’analisi sistemica complessa; si tratta solo di un modo di

implementare le definizioni ed i precetti dell ’ASC. Possono esistere infiniti modi

di sviluppare un modello che prenda in considerazione le emergenze di un

sistema complesso e cerchi di trarre delle considerazioni qualitative da questo, e

quello presentato in questa sede non è che uno dei modi possibili , forse uno dei

più elementari.

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Analisi sistemica complessa

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7. L’analisi dell ’azienda

A questo punto del lavoro, è necessario soffermarci sul tema centrale:

l’ implementazione dell ’ASC nella realtà aziendale. In questo capitolo viene

descritta la metodologia che permette di rilevare le emergenze che verranno poi

integrate ed analizzate dal modello Relazioni Risorse-Risultati.

Oramai abbiamo già gettato le basi teoriche per l’analisi complessa; abbiamo

parlato del fatto che vediamo l’azienda come sistema complesso. Non ci

proponiamo di studiare gli elementi che la caratterizzano dal punto di vista

organizzativo-strutturale, ma cerchiamo di analizzarla come insieme di risorse,

sistematicamente connesse. Analizziamo cosa “può fare” il sistema azienda, e

quali sono i percorsi che le risorse, o se vogliamo la sua energia vitale, disegnano

al suo interno. Lo scopo è ambizioso: individuare una strategia di azione, dato un

problema che coinvolge l'impresa nel suo complesso.

7.1) Alla ricerca delle emergenze1

Il processo di formazione del modello può essere semplice, come un qualsiasi

brainstorming o complesso e lungo. In ogni caso, il fulcro del procedimento è

l’ individuazione degli elementi che costituiscono le emergenze del sistema.

1 Ricordiamo ancora una volta che le emergenze e le antiemergenze hanno la stessa natura, anche se sono opposte per

effetti. Quindi qualsiasi metodo valido per la rilevazione delle emergenze è valido anche per l’ individuazione delle

antiemergenze. Per brevità, in questo capitolo ci riferiremo solo alle emergenze, ma ogni considerazione è valida anche per

le antiemergenze.

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Analisi in azienda

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È necessario individuare prima gli elementi che comporranno il sistema, ed in

seguito le relazioni tra di essi; infatti una relazione è fondamentalmente un

rapporto tra due elementi, ed ha quindi un senso solo se gli elementi connessi

sono già individuati.

Tuttavia, non è necessario individuare tutti gli elementi che comporranno il

modello, e poi le relazioni esistenti. Risulta più semplice e più conveniente

individuare un elemento, quindi le sue dirette generanti, ed infine le relazioni tra

l’elemento e le generanti. Fatto questo si ripete il procedimento per le generanti

trovate precedentemente, fino ad esaurire il campo di indagine. Questo processo

verrà chiamato analisi iterativa.

L’analisi complessa parla di risorse e di emergenze; ricordiamo dai capitoli

precedenti che ciò che dobbiamo individuare è:

• Ciò che il sistema può fare, ma i singoli non potrebbero (emergenze di

sistema)

• Ciò che gli elementi del sistema possono fare quando sono inseriti i n esso,

ma non potrebbero se fossero isolati (emergenze degli elementi).

Saranno rilevate nello stesso modo anche le antiemergenze, che sono definite

in maniera identica alle emergenze ma hanno effetti negativi, anziché positivi,

sulla capacità di perdurare dell 'impresa.

Nel modello 3r, che si configura come un tipo particolare di analisi complessa,

ignoriamo i vincoli come spiegato nel capitolo “Il ruolo dei vincoli ” .

Chiameremo il metodo sviluppato da questo capitolo analisi complessa

iterativa, in quanto il suo scopo è quello di evidenziare le emergenze così come

le abbiamo definite, procedendo in modo iterativo.

Tuttavia dobbiamo ancora chiarire alcuni punti, come:

• Quali sono gli elementi che vanno inseriti nel modello, per affrontare un

dato problema?

• Quali i nvece quelli che possono essere esclusi, o riassunti?

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Analisi sistemica complessa

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• Dove può essere fermata l’analisi? Dove possiamo cioè affermare che

l’analisi compiuta è suff iciente per raggiungere gli scopi prefissi?

7.1.1) Metodi di indagine

Esistono diversi metodi di procedere nella rilevazione delle emergenze,

ognuno dei quali si può adattare a condizioni diverse, o risultare più semplice da

applicare in date situazioni.

Terremo comunque fermo che tutti i metodi di indagine presentati sono da

applicare nell ’ambito dell ’analisi complessa iterativa. Qualunque sia la modalità

di indagine, prima individueremo un’emergenza (come definita dall ’analisi

complessa) sulla quale lavorare, poi cercheremo le risorse che servono alla sua

generazione ed infine elaboreremo le relazioni esistenti tra le generanti e

l’emergenza. Ripeteremo il processo per ogni risorsa (che ora viene considerata

emergenza) trovata precedentemente, fino ad ottenere un risultato soddisfacente.

Si suppone inoltre che il campo di indagine (il problema da risolvere) sia già

stato definito.

7.1.1.a) Sensazioni del management

Un primo approccio all ’analisi è costituito da un’ intervista ai manager che

porti alla luce le loro sensazioni riguardo alle possibili configurazioni del sistema

complesso in analisi. Sia che si tratti di un rilancio della competitività aziendale,

che di un’azione difensiva o di consolidamento, che un semplice monitoraggio

della salute aziendale, la risorsa prima di un’azienda, la sua conoscenza, è

immagazzinata nel management.

Non è dunque indice di poco rigore chiedere ai dirigenti quali siano, secondo

loro, le aree di intervento più urgenti, nonché le risorse e le emergenze che

operano in tali aree.

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Analisi in azienda

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Il procedimento è il seguente: si domanda al management quali “emergenze”

l’azienda presenti. Si chiede loro cosa produce (in senso lato) la loro azienda

come risultato dell ’ insieme sinergico di personale, mezzi e conoscenze inserite in

essa. Si chiede loro di individuare anche le potenzialità aggiunte al personale, ai

mezzi ed alle conoscenze dal fatto di essere parte dell ’azienda. Nel fare questo, si

limita l’ indagine alle emergenze che riguardano (o sembrano riguardare) il

campo di indagine definito. Quando sono rilevate un numero “soddisfacente” di

emergenze, quando sembra che non esistano altre emergenze in riguardo al

campo di indagine, si individuano i “ termini” del modello 3r. Si cercano cioè

quelle emergenze che risultano chiave nell ’analisi, e delle quali si vuole capire il

funzionamento. Si procede iterativamente fino a che si ritiene opportuno

continuare l’ indagine, per ogni termine trovato.

È comunque possibile che il management si sbagli; se così non fosse, il

numero di fall imenti e di acquisizioni sarebbe certamente minore rispetto a

quello osservabile. Tuttavia, è assai improbabile che in tutto il gruppo dirigente

nessuno abbia un idea che possa mettere l’ASC sulla giusta strada. Ma anche se

non fosse così, l’ASC non farebbe altro che dimostrare l’ infondatezza delle

ipotesi dei manager, e potrebbe indicare altri punti di forza, precedentemente non

considerati, o minacce non avvertite dall ’azienda in precedenza.

7.1.1.b) Studio di soluzioni alternative

È possibile tracciare una linea delle emergenze insite in un certo processo

studiando soluzioni analoghe adottate da altre imprese che si sono trovate in

situazioni simili, anche se magari il contesto settoriale presenta poche analogie.

Ad esempio, il caso People Express è un emblematico esempio di cosa succeda

se l’azienda sbaglia strategia e si focalizza in un segmento non difendibile, che

cioè può essere attaccato senza alcun costo dalle imprese despecializzate (Russo,

1995: 134). Il caso suggerisce di analizzare emergenze come la forza del

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Analisi sistemica complessa

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marchio, la soddisfazione della clientela, la fedeltà e la capacità di soddisfare

bisogni specifici nelle strategie di focalizzazione.

Si procede come per il metodo precedente: si richiede agli i ntervistati di

fornire un brainstorming per evidenziare le emergenze, si individuano quelli che

possono essere considerati termini del modello, e si descrivono iterativamente le

loro generanti. Stavolta, però, la realtà analizzata non è quella interna all 'impresa,

ma quella di un termine di paragone. Qui, l’ intervento degli studiosi sarà molto

più determinante che nel primo caso, vista l’ impossibilit à pratica di intervistare il

management di altre aziende.

7.1.1.c) Fattori critici di successo

Un metodo piuttosto rigoroso e che lascia poco spazio alla “ fantasia” dei

soggetti coinvolti è quello di partire dai FCS conclamati del settore, e di

“ tramutarli ” in emergenze prodotte dall ’azienda. In un certo senso i fattori critici

diventano dei “ termini artificiali ” o elementi sensori del modello 3r. Partendo da

questi, si procede iterativamente a ritroso, trovando emergenze, e loro generanti.

La capacità di soddisfare un particolare bisogno, piuttosto che la rapidità nel

servire i distributori sono tipici esempi di FCS che possono essere visti come

emergenze conseguite dall ’ impresa. Se ci stiamo concentrando su particolari

aspetti della strategia, possiamo scartare alcune di queste emergenze per

indirizzare gli sforzi della ricerca solo verso alcune aree di indagine.

Anche se questo modo di procedere è apparentemente molto forte dal punto di

vista metodologico e teorico, genera un problema di dimensioni non indifferenti:

molte imprese hanno vinto la lotta competitiva non "giocando meglio degli altri

al gioco del settore" (essendo migliori negli FCS), ma creando nuovi fattori di

successo; in pratica hanno cambiato le regole. Cercare gli FCS conclamati per

capire come essere più bravi degli altri può non sempre dare i risultati sperati: si

rischia di tralasciare gli FCS potenziali , cioè quelle capacità che nessuno sta

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Analisi in azienda

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sfruttando, ma che possono garantire prestazioni che il mercato è pronto a

premiare. Metodi più creativi possono essere molto più incisivi, se la domanda è

insoddisfatta o se, pur essendo soddisfatta, potrebbe esserlo molto di più.

7.1.1.d) Metodo dicotomico

Il metodo platonico di definizione di un qualsiasi elemento costituente la

nostra realtà consisteva nel metodo dicotomico. Platone definisce il pescatore

individuando due classi di persone, coloro che conoscono una tecnica e coloro

che non la conoscono, e quindi inserendolo nella prima classe. In questa, Platone

trova due tipi di persone: coloro che conoscono tecniche di produzione e coloro

che conoscono tecniche di acquisizione, ed inserisce il pescatore nella seconda2.

Un metodo simile può aiutare molto anche nell ’ASC. Si parte da un termine

artificiale, un elemento sensore che rappresenti la soluzione al nostro problema.

Se, ad esempio, dobbiamo creare un vantaggio competitivo, l’unico termine del

sistema sarà l’elemento sensore “vantaggio competitivo” . Ad esso collegheremo

due elementi: un’emergenza che ci sembra rilevante per definire il termine, ed un

elemento di riassunto chiamato “altro” . Nel nostro esempio i due elementi

potrebbero essere un’emergenza chiamata “soddisfazione del cliente” e

l’elemento artificiale “altre cause del vantaggio” ; definiamo altresì una forza che

collega l’emergenza al termine come x (compresa tra zero ed uno), quindi la

forza che connette il termine con l’altro elemento risulta essere 1-x. A questo

punto, individuiamo un’emergenza che faccia parte delle altre cause, ad esempio

“Produzione a bassi costi” . Collegheremo questa alle “altre cause”, e a fianco di

essa costruiremo un altro elemento artificiale chiamato “altro” . Anche a questa

daremo una forza di connessione x, e l’altra avrà una forza 1-x. Si procede così

creando una struttura a “pettine”, fino a che non siamo sicuri di aver individuato

2 cfr. Platone, Il Sofista.

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Analisi sistemica complessa

177

tutte le emergenze rilevanti. A questo punto individueremo le generanti delle

emergenze in modo usuale, oppure replicando il metodo dicotomico.

7.1.1.e) Un metodo misto

Questi approcci sono tutt’altro che inconcili abili: sono anzi sinergici. Se preso

singolarmente ogni approccio all ’ individuazione delle prime emergenze da cui

iniziare l’analisi presenta grossi svantaggi, usati contemporaneamente ognuno di

essi rinforza gli altri, di modo che il metodo risultante è privo dei problemi che

aff liggono i singoli metodi.

7.1.2) I confini dell’analisi: gli elementi di riassunto

Nella maggior parte dei casi, l’analisi complessa non genera un modello

capace di spiegare tutta l’ impresa in osservazione, ma tenta di cogliere delle

realtà particolari che ne fanno parte. Al fine di rendere significativa l’analisi, è

necessario assumere la realtà analizzata come sistema, e ciò che è al di fuori di

essa come ambiente. Quindi, se analizziamo una determinata attività, o funzione,

o reparto o area aziendale, tutto ciò che è al di fuori di essa (incluso il resto

dell ’azienda) viene considerato come non modificabile.

Anche se prendiamo per valido questo assunto, non vogliamo introdurre

elementi di sempli ficazione nell ’analisi : sarebbe infatti un errore procedere

“approssimando” per poi “sempli ficare” il mondo esterno riducendolo ad una

semplice ipotesi.

Ciò che non desideriamo analizzare (e che noi consideriamo quindi esterno

all ’analisi) viene inserito comunque nel modello, tramite elementi artificiali

chiamati “di riassunto” . Li abbiamo già incontrati in precedenza, ed ora ne

vediamo nel dettaglio l’uso pratico.

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Analisi in azienda

178

Gli elementi di riassunto (o resti dalla terminologia 3r) rappresentano tutto ciò

che non vogliamo analizzare, ma che riteniamo sia influente nella generazione di

un’emergenza. Il metodo dicotomico lavora proprio in questo modo:

un’emergenza viene ricondotta ad una generante e ad un resto; questi viene poi

diviso a sua volta. Alla fine del processo si ottengono una serie di generanti ed un

solo resto che rappresenta, in un certo senso, un’approssimazione dell ’ influenza

di tutto ciò che non è stato preso in analisi.

Questo sono i resti: approssimazioni del comportamento di ciò che non può

essere preso in analisi, per la limitazione che riconosciamo alla nostra capacità di

indagine.

Possiamo immaginare tutto l’universo come un sistema complesso, nel quale

ogni elemento è influenzato (in maniera infinitamente piccola, a volte) da tutti gli

altri elementi, e da se stesso tramite il riflesso del suo comportamento sugli altri.

Questo significa che qualsiasi cambiamento imponiamo ad un qualsiasi

elemento, questo influenzerà (in modo magari molto modesto) ciò che è stato

definito come ambiente. L’analisi complessa rifiuta i concetti di esogenità ed

endogenità assoluti. I confini di un sistema, il confine tra sistema ed ambiente,

sono unicamente definiti dall ’attore che lo analizza, sia questo il sistema stesso o

un osservatore terzo tra ambiente e sistema. Quando si definisce un resto non si

semplifi ca il sistema come avente un confine preciso, ma si approssima il

comportamento di ciò che non è analizzato.

Ritenendo che l’ influenza degli elementi analizzati sia relativamente piccola

su ciò che è stato definito come resto, approssimiamo tale influenza a zero,

considerando i resti come avente un valore costante e non modificabile. Ma

questa resta un’approssimazione che non potrà mai essere perfetta, ma solo molto

vicina alla realtà. Un resto che rappresenta elementi fortemente connessi con

quelli analizzati costituirà un’approssimazione molto grossolana, e porterà a

conclusioni di analisi molto distanti dalla realtà. Un resto che invece riassume

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Analisi sistemica complessa

179

l’ influenza di elementi aventi connessione più debole con quelli i ndagati sarà

invece più preciso, e permetterà analisi più vicine al vero.

Questo è il significato degli elementi di riassunto, o resti, ed è compito

cruciale assicurarsi che l’ influenza degli elementi analizzati su ciò che viene

riassunto in essi sia trascurabile. Se così non fosse, otterremmo un modello nel

quale al variare di elementi, il valore del resto rimane costante, mentre nella

realtà tale valore subirebbe una variazione sensibile.

Tuttavia la crucialità della corretta individuazione degli elementi che

riassumono ciò che non è oggetto di analisi non è un limite dell ’ASC. È più

esatto definirla come una sua caratteristica, non un suo difetto: qualsiasi analisi

deve essere ben condotta per portare a risultati significativi, e l’ASC non può fare

eccezione. Individuare i resti correttamente fa parte della precisa conduzione

dell ’analisi.

Una volta conclusa l’ individuazione delle emergenze immediatamente

individuabili , il ricercatore dovrà individuare i resti che le influenzano, e nel farlo

dovrà chiedersi se tali resti non siano fortemente influenzati a loro volta dalle

emergenze analizzate. Se così fosse, sarà necessario scomporre il resto in altri

elementi, in modo da scorporare quelle sue parti che sono più fortemente

connesse alla parte rimanente del grafo.

Ammettiamo di dover compiere una semplice analisi: la società Alpha

individua al suo interno due emergenze principali: l a forza competitiva e la

capacità produttiva. Determina inoltre che la forza competitiva è generata dalla

capacità produttiva e da un resto chiamato “ forza competitiva/RST” . Però, alcuni

esperti di gestione strategica convocati per supervisionare l'analisi obbiettano che

la capacità produttiva ha forti influenze sul resto della forza competitiva. La

Alpha produce infatti con il metodo JIT, ed è l’unica nel mercato che riesce a

consegnare in due giorni. Altresì, alcuni elementi riassunti da forza

competitiva/RST influenzano la capacità produttiva. Infatti, la qualità dei

materiali (percepita come un plus, dalla clientela) permette processi produttivi

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Analisi in azienda

180

più rapidi ed eff icienti. Il nuovo grafo risulta essere: forza competitiva, causata

da capacità produttiva, qualità dei materiali , consegna rapida ed un elemento di

resto. La capacità produttiva, a sua volta, è influenzata dalla qualità dei materiali ,

ed influenza la consegna rapida. Questo grafo è molto più preciso di quello di

partenza, perché l’elemento forza competitiva/RST è adesso molto meno

dipendente dall ’elemento capacità produttiva. Prima avevamo invece compiuto

un’approssimazione molto più grossolana ottenendo un modello formalmente

valido, ma molto impreciso.

7.1.3) Le leve di azione : gli elementi di controllo

Un grafo che potesse cogliere nella sua completezza l’ intera azienda,

conterrebbe sicuramente un qualche elemento che rappresenti la capacità

decisionale. Tale capacità può essere vista a pieno titolo come emergenza

sistemica, interagente con la capacità decisionale dei singoli elementi che

permettono il suo sviluppo. Sia l’emergenza del sistema (capacità decisionale) sia

quelle degli elementi (che possiamo definire “capacità di apporto al processo

decisionale”) sono immerse nel sistema impresa. La capacità decisionale

dipenderà anche dalle manovre disponibili , ad esempio in termini di capacità

finanziaria o di forza nelle pubbliche relazioni; vi può essere anche

un’emergenza che riguarda lo sviluppo della capacità decisionale. Campagne di

training su temi gestionali sono tipiche manifestazioni della “capacità di

accrescimento della capacità decisionale”.

La lista può continuare all ’ infinito, come spesso accade nelle relazioni di

logica complessa. Oltre ad essere complesso, il problema è anche complicato nel

senso della numerosità dei fattori che intervengono. Ad esempio, i decisori

aziendali fanno parte di altri sistemi (famiglia, ceto sociale, circoli ricreativi,

correnti di pensiero ecc...) e tutti questi sistemi influenzano la capacità di apporto

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Analisi sistemica complessa

181

decisionale dei decisori, ed attraverso questa sono cause della capacità

decisionale aziendale.

Ci troviamo quindi di fronte ad un problema complesso e complicato.

Complesso perché la determinazione della capacità decisionale risulta

dall ’ iterazione virtualmente infinita tra alcuni elementi, complicato perché tali

elementi sono assai numerosi.

Il problema dell ’ influenza sulle decisioni è risolto con un metodo parallelo alla

riduzione dell ’effetto di alcuni elementi ad un solo elemento artificiale, come nel

caso degli elementi riassunto.

Definiremo dunque alcuni elementi che riassumono l’ influenza delle decisioni

aziendali sulle risorse analizzate: questo perché nella maggior parte dei casi non

è il sistema decisionale ad essere analizzato, ma solo parti dell ’azienda. In

pratica, approssimiamo le decisioni ad un dato esogeno, ambientale, come

abbiamo fatto per altri elementi nel caso di elementi di riassunto.

Se pensiamo di poter influenzare direttamente una data risorsa o emergenza,

aggiungeremo ad essa un elemento chiamato elemento di controllo, che altro non

è che un elemento di riassunto che racchiude il valore delle influenze decisionali .

Continuando a seguire l’esempio del paragrafo precedente, potremmo notare

Forza competitiva

Qualità deimateriali

Forza dipubblicherelazioni

Qualità deimateriali

/CNT

Capacitàproduttiva

Rapiditàdelle

consegne

Forzacompetitiva/RST

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Analisi in azienda

182

che esiste un margine discrezionale nella qualità dei materiali acquistati. È

possibile infatti scegliere quale fornitore adottare. Inoltre, ammettiamo che esista

una capacità intrinseca dell ’ impresa di ottenere migliori forniture, grazie al suo

buon nome sul mercato. Quindi definiremo la “Capacità di ottenere materiali di

elevata qualità” come causata da un elemento di controllo, ed una nuova risorsa

chiamata “forza di pubbliche relazioni” .

Il grafico a pagina precedente ill ustra l 'esempio.

7.1.3.a) Limiti di applicazione degli elementi di controllo

Adesso abbiamo un’ idea precisa di ciò che è direttamente sotto il controllo

degli operatori interessati all ’analisi. È da notare che gli elementi di controllo

devono essere inseriti i n base alla capacità decisionale di chi è in grado di usare il

modello e di applicare delle pressioni aff inché i valori delle emergenze analizzate

cambino. Non avrebbe senso, infatti, per uno studioso esterno all ’azienda inserire

elementi di controllo in un’analisi con soli fini conoscitivi, che non venga resa

nota a nessun operatore dell ’azienda analizzata. Lo stesso vale anche per indagini

svolte a favore di un’area particolare di un’azienda. Gli elementi di controllo

vanno inseriti solo ove i destinatari dell ’analisi potranno intervenire, non su

emergenze la cui responsabilit à è a carico di altri operatori.

Un’ulteriore limite all ’ inserimento di elementi di controllo è dovuto alle così

dette risorse “esterne” all ’azienda. È chiaro che gli operatori non hanno controllo

diretto su risorse (e quindi emergenze) derivanti da soggetti esterni ad essa.

Quindi è incorretto applicare elementi di controllo a emergenze esterne.

Premesso che l’analisi complessa non fa alcuna distinzione tra “sistema”

ed “ambiente”, lasciando questa parte del problema ad una definizione caso per

caso, diversa per ogni differente analisi anche di uno stesso soggetto, ci è utile

affermare che le risorse determinate in qualche modo da attori esterni rispetto

alla nostra analisi, e solo in via mediata dal soggetto analizzato, non possono

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Analisi sistemica complessa

183

essere aff iancate da elementi di controllo senza introdurre una approssimazione

assai rilevante. Certo è possibile assumere che i direttori del marketing di una

certa impresa abbiano un certo controllo sull ’emergenza/risorsa “ fama” ma

aff iancare alla fama un elemento di controllo sarebbe assai impreciso. Esistono

infatti sicuramente altre emergenze, queste sotto il diretto controllo dei

responsabili di marketing, che generano in via mediata l’emergenza “esterna”. Se

andiamo infatti a valutare gli elementi funzionali che generano la fama come

emergenza, troveremo gli organi direttivi dell ’ impresa, il pubblico, i media, le

agenzie pubblicitarie e molti altri “elementi” che con il l oro operare fanno

emergere la fama di un’ impresa. Sarebbe quindi assai impreciso affermare che

un’emergenza basata sulla fiducia di un pubblico (per definizione esterno

all ’oggetto di analisi) è direttamente controllabile.

In sintesi, l’applicazione di controlli su emergenze che possono essere

assimilate a risorse di fiducia è un’approssimazione grossolana, sicuramente

riducibile.

7.2) Utilizzo del modello

Dopo aver condotto la fase precedente dell ’analisi, il ricercatore ottiene un

grafo che rappresenta la configurazione delle emergenze nella realtà analizzata.

Ricordiamo ancora che la teoria dei sistemi complessi individua un sistema

formato da elementi funzionali , i cui risultati (emergenze) non sono prevedibili a

partire da un livello di analisi che studi tali elementi ed i rapporti tra essi.

Esemplificando, in impresa esistono delle funzioni, degli organi direttivi e di

staff , ed all ’ interno di questi delle persone. Con essa interagiscono altre persone,

altre organizzazioni, dunque altri sistemi complessi.

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Analisi in azienda

184

Le emergenze sorgono dalle interazioni di tali elementi. Ne sono il risultato.

Ogni risultato è però un risultato parziale, ed è il presupposto per l’ottenimento di

altri risultati da parte di altri elementi del sistema. Ad esempio, uno degli scopi

della funzione Acquisti è quello di fornire tempestivamente materiali di buona

qualità per la funzione di produzione. Così, a partire da materiali consegnati

puntualmente e di alta qualità, la funzione di produzione può generare le sue

emergenze.

L’ASC non prende in considerazione le relazioni a livello funzionale, ma

cerca di esplicare le relazioni esistenti tra i vari risultati parziali (emergenze) del

sistema. Usare l’ASC significa analizzare l’azienda seguendo le modali tà che

abbiamo descritto fino ad ora, e quindi metterne in pratica le direttive.

A questo punto si pone dunque il problema di determinare quali siano le

direttive derivanti dall ’analisi ; una volta comprese le linee guida dettate dal

modello, sarà necessario ill ustrare alcune modalità su come realizzarle in pratica.

7.2.1) Risultati preliminari

Il primo e più consistente risultato dell ’ASC è quello di formalizzare una

conoscenza contenuta nell ’ impresa ma spesso ignorata, o lasciata a livello latente

e non esplicito.

L’esplicitazione delle modalità tramite le quali l ’ impresa ottiene i propri

risultati è già di per sé un punto assai rilevante ; la formalizzazione compiuta

dall ’ASC può essere usata dagli organi decisionali per valutare l’ impatto delle

proprie scelte, almeno a livello qualitativo. Inoltre, diffondere tale conoscenza

significa permettere a tutti i quadri aziendali esistenti in una data impresa di

comprendere il l oro reale valore, e di dirigere i propri sforzi nella direzione più

utile al sistema aziendale. Un modello 3r o un qualsiasi altro modo di esplicitare

l’ASC è sicuramente un potente collante organizzativo, e permette di definire i

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Analisi sistemica complessa

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compiti e le mansioni in base ai risultati che il sistema si aspetta, e che riutili zza

in altre parti.

7.2.2) Massimizzazione dell’impatto sul grafo

Ottenuto un grafo in forma 3r, che rappresenta le iterazioni tra le emergenze,

si può tentare di migliorare lo stato dell ’ intero grafo con il minor sforzo

possibile. Se sommiamo il valore di tutti gli elementi, in un certo grafo,

otterremo un numero che possiamo chiamare “valore somma”. Il valore somma

di un grafo non è un indice di potenzialità competitiva di una data azienda: grafi

con pochi elementi ma a valore alto avranno valori somma minori di grandi grafi

ove ogni elemento ha basso valore. Ma il valore somma di un certo grafo può

essere confrontato con un altro valore somma, ottenuto variando il valore delle

proprie fonti.

In alcuni casi, è possibile che il management decida di massimizzare l’effetto

sull ’ intero grafo di una data decisione. Questo è il caso di situazioni nelle quali

sia necessario migliorare diffusamente il clima aziendale, distaccare

definitivamente i concorrenti o riordinare la situazione interna dell ’azienda.

Questo tipo di interventi generali permettono un’evoluzione globale del sistema.

Tale approccio non va sicuramente usato in situazioni che richiedano interventi

rapidi o mirati, ma può essere argomento di decisioni con effetti a lungo ed a

lunghissimo termine.

Per massimizzare l’ impatto di una decisione su tutto il grafo, quindi sul suo

valore somma, bisogna intervenire sulle fonti a maggiore centralità. Queste sono

infatti le fonti il cui aumento unitario genera il massimo impatto sul grafo. Il

capitolo 6 ill ustra come condurre un’analisi di centralità su un dato grafo; una

volta ottenute le fonti del grafo che presentano questa caratteristica in forma

forte, andremo ad operare su di esse seguendo un ordine dato dalla loro

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Analisi in azienda

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centralità: prima opereremo sulla più centrale, poi su quella a centralità

immediatamente inferiore e così via, fino ad ottenere il risultato voluto, o ad

esaurimento delle risorse disponibili .

7.2.3) Minimizzazione degli effetti sul grafo

In alcuni casi, si può presentare la necessità opposta a quella presentata nel

precedente paragrafo: può rendersi necessario minimizzare l’ impatto di una

decisione sul grafo. Questo può avvenire quando è necessaria una riduzione

generalizzata dei costi, tentando di preservare al massimo le potenzialità e le

emergenze dell ’ impresa. Una razionalizzazione di questo tipo deve essere

compiuta con ottica di lungo termine. Nel caso si voglia ridurre le risorse

disponibili all ’ impresa, principalmente per tentare di li mitare i costi o di

razionalizzare la struttura, l’ impatto minore sulla totalità del grafo è ottenuto

intervenendo sulle risorse a centralità minore. Anche qui, partendo dalla fonte a

minore centralità si interviene poi sulle fonti con centralità appena maggiore fino

ad ottenere il risultato voluto.

7.2.4) Massimizzazione degli effetti su date emergenze

Nella maggior parte dei casi, gli i nterventi sulla struttura delle risorse sono

mirati all ’ottenimento di particolari effetti solo su determinate aree di impresa.

Interventi di questo genere hanno lo scopo di eliminare carenze dell ’ impresa o di

ridurre la distanza con i concorrenti. Quando si vuole massimizzare l’ impatto di

una decisione su di una data emergenza, è suff iciente un’analisi di centralità

inversa della stessa. Dal capitolo precedente, sappiamo che un’analisi di

centralità inversa è una lista di fonti ordinata per influenza decrescente su di un

certo elemento del grafo. Procedendo con tale analisi, si ottiene un “piano di

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Analisi sistemica complessa

187

azione”, che permette di intervenire prima sulle risorse critiche per il

raggiungimento dello scopo desiderato.

Possono insorgere delle complicazioni nel momento in cui si ha la necessità di

migliorare il valore di diverse emergenze, dando ad ognuna di esse una priorità

diversa. Questo è il caso, ad esempio, di un’azienda che stia cercando di

massimizzare la soddisfazione del proprio cliente, ed abbia individuato diverse

aree di intervento, diverse leve attraverso le quali il cliente può venire

soddisfatto. Una tale azienda condurrà l’analisi in modo da evidenziare quelle

caratteristiche della propria offerta che rientrano nella definizione di “mezzo per

soddisfare la clientela”. Se si ritiene che tale variabile sia determinata dalla

rapidità della consegna in una certa parte, dalla sua puntualità in maniera più

pesante e dall ’assenza di difetti come causante principale, l’analisi delle

emergenze per tale azienda presenterà tre emergenze, chiamate rispettivamente

“Capacità di pronta consegna”, “Puntualità” e “Capacità di produrre senza

difetti” . Queste tre saranno collegate ad un così detto “elemento sensore” con

peso pari alla loro importanza nella determinazione del risultato voluto.

L’elemento sensore (o semplicemente “sensore”) è stato introdotto nel

capitolo precedente. Si tratta di un elemento artificiale, ma al contrario dei

controlli e dei riassunti non rappresenta una parte del grafo non analizzata e

quindi approssimata. Si tratta solo di un artificio matematico, grazie al quale

possiamo valutare sinteticamente la situazione di alcune emergenze. Infatti, il

valore di un sensore corrisponde alla media ponderata delle emergenze alle quali

è collegato, è può essere usato per valutare situazioni alternative. Risponde a

domande come “È meglio essere molto puntuali , ma presentando prodotti con

qualche difetto o presentare meno difetti a scapito della puntualità?”.

Una volta inserito il sensore, per determinare quali l eve di azione manovrare

per migliorare il l ivello di un gruppo di emergenze è suff iciente condurre

un’analisi di centralità inversa. Da questa otteniamo le risorse più influenti nei

confronti della situazione che vogliamo modificare.

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Analisi in azienda

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I sensori sono termini del grafo (non possono generare nulla), questo per

definizione. Essendo non un’emergenza, ma una mera media matematica, devono

essere ben evidenziati aggiungendo al loro nome la dicitura “SEN”. Così, la

soddisfazione del cliente misurata in base alle tre emergenze sopra dette, diventa

“Soddisfazione del cliente/SEN”.

È da notare che nella maggior parte dei casi, sarebbe possibile approfondire

l’analisi e sostituire il sensore con un’emergenza o un dato gruppo di emergenze.

Oltre alle considerazioni di aumento del costo dell ’analisi, valide anche per gli

altri elementi artificiali , va però detto che il sensore ha il compito di esprimere

una valutazione sintetica nei confronti dei l ivelli delle emergenze in una certa

parte del grafo. Il sensore esprime il “gradimento” o la “preferenza” di un certo

stato di alcune emergenze rispetto ad altri.

Nel capitolo precedente abbiamo introdotto un sensore molto interessante,

chiamato “fattore di successo risultante”. Collegando le emergenze che

permettono di raggiungere (uno per uno) i vari fattori critici di successo per

l’ambiente di riferimento dell ’ impresa, viene alla luce un indicatore sintetico di

capacità competitiva che abbiamo appunto chiamato “fattore di successo

risultante/SEN”. È possibile supporre che aziende con ottimanza maggiore siano

più competitive di quelle con ottimanza minore, sempre ammesso che :

• I fattori critici di successo siano realmente conosciuti.

• Sia conosciuto l’ordine di importanza di tali fattori per il successo nel

settore.

• Non esistano vuoti di domanda, (o fattori sconosciuti).

Vorrei far notare che queste non sono ipotesi sempli ficative, ma solo

condizioni di applicabilit à del modello 3r basato sull ’ottimanza. Un’ ipotesi

sempli ficativa riduce la complessità della realtà, le condizioni citate prima sono

invece i vincoli per una definizione di una precisa finestra di comprensibilit à

nella quale è applicabile l’ottimanza parziale. In finestre differenti da quella

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Analisi sistemica complessa

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indicata dalle tre condizioni, l’ottimanza parziale non da risultati approssimati,

bensì fornisce previsioni che possono essere imprevedibilmente errate.

Proprio perché possono esistere comportamenti “ fuori dagli schemi” capaci di

attrarre la domanda e di determinare un vantaggio competitivo, abbiamo

prudentemente chiamato questo sensore con il nome di “Ottimanza parziale”; in

alcuni settori, in alcuni ambienti di riferimento, giocare su nuovi fattori

competitivi si rivela una buona strategia. In alcuni è l’unico modo di

sopravvivere: cambiare le regole è la regola.

Le realtà estremamente dinamiche sono inquadrate nel prossimo paragrafo

(“Scenari alternativi” ), per adesso ci li mitiamo ad analizzare il grafo supponendo

che la struttura delle emergenze non cambi.

7.2.5) Minimizzare gli effetti su precise emergenze

Può rendersi necessaria la riduzione del valore di alcune risorse, a fronte di

razionalizzazioni interne, o per altri motivi. Al contrario dell ’analisi sull ’ intero

grafo, se si perviene ad un’ indagine di questo tipo è perché il problema da

affrontare ha termini più stringenti, e si ritiene che gli effetti delle decisioni da

prendere debbano propagarsi all ’ intera struttura in tempi brevi.

Le soluzioni da adottare in questi casi sono speculari a quelle appena

enunciate : un’analisi di centralità inversa porterà in evidenza le risorse che sono

meno influenti rispetto a determinate emergenze (o sensori), e sulle quali si potrà

intervenire perdendo il minor valore possibile.

7.2.6) Considerazioni sui costi

Durante tutto il paragrafo, la grandezza presa in considerazione è stato il

valore delle risorse (o delle emergenze), così come definito nel capitolo

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Analisi in azienda

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precedente. Ma purtroppo, questo non dà alcuna stima dei costi di una data

operazione. Un’analisi di centralità o di centralità inversa ci dà una lista di risorse

ordinata in termini di “valore”, non di costo di intervento. Questo trova riscontro

nella logica del modello: l’analisi per emergenze pura non ci dice nulla rispetto ai

costi o ai vantaggi economici che offre una certa politi ca, ma ci dice qual è la

politi ca migliore in termini di valore strategico. Spiega quale sia il modo migliore

per risolvere il proprio problema, a prescindere dall 'entità delle risorse

finanziarie.

Nella realtà può capitare di non avere risorse finanziarie suff icienti ad

intraprendere un progetto di risanamento o di miglioramento aziendale. In questo

caso è utile ponderare il valore delle fonti sulle quali si intende operare per il l oro

costo unitario. È cioè necessario rispondere a domande del tipo “Per portare la

forza di pubbliche relazioni da buona a ottima, quanti bisogna spendere ?”

La risposta a questa domanda è tutt’altro che agevole. Prima però è necessario

scoprire come aumentare il l ivello di una data emergenza. Nella fase di

definizione dei parametri per la valutazione delle fonti, come abbiamo visto,

vengono utili zzati dei criteri di vario genere. Se valutiamo una fonte in base a

risultati simili dei concorrenti, o di altre aziende in altri settori, , avremo un buon

riferimento su come migliorare le fonti. In questo caso, le attività che portano una

fonte ad emergere sono note, ed è già stata eseguita su di esse una valutazione.

Ad esempio, la “ forza di pubbliche relazioni” nell ’azienda dell ’esempio può

essere valutata buona in base all ’attività dell ’uff icio di pubbliche relazioni. Far

crescere da buona ad ottima l’emergenza in analisi implica il miglioramento degli

strumenti a disposizione di tale uff icio; se non possiamo calcolare il costo del

miglioramento della fonte, dovremmo essere in grado di valutare il costo del

potenziamento delle attività.

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Analisi sistemica complessa

191

7.3) Scenari alternativi

Concettualmente, l’ individuazione di scenari alternativi fa parte dell ’utili zzo

del modello, descritto nel paragrafo precedente, ma, vista la particolarità di

questa modalità di operare, abbiamo ritenuto utile inserirla in un paragrafo

distinto.

Può accadere che la manovra sul valore delle risorse non sia suff iciente a

raggiungere gli scopi prefissi. La soluzione del problema può essere

semplicemente fuori dalla portata di una ridefinizione dei valori in gioco, specie

quando è necessario rispettare vincoli su certe emergenze, o quando sono

presenti numerosi resti.

In questo caso esiste una sola soluzione: modificare la struttura del grafo.

Questo può avvenire secondo tre modalità, a contenuto di innovatività crescente:

tramite la ridefinizione delle forze che collegano gli elementi, tramite l’aggiunta

di risorse o di elementi di controllo, o tramite l’eliminazione di elementi.

Naturalmente, è possibile combinare le tre modalità di intervento.

Ogni variazione alla struttura, sia sotto forma di alterazione delle forze delle

relazioni, sia come aggiunta di elementi o come eliminazione di nodi prende il

nome di scenario alternativo, o semplicemente scenario.

È innanzitutto necessario comprendere che la realizzazione delle condizioni

ipotizzate nello scenario presuppone una variazione notevole nella struttura

complessa del sistema. Ad esempio, inserire un controllo ove prima non si era

ritenuto opportuno significa predisporre procedure, strutture aziendali ,

organigrammi che consentano al management (o a chi è incaricato del controllo)

di gestire realtà prima ritenute lontane da tale possibilit à. Inserire una nuova

risorsa significa creare una nuova emergenza, e sappiamo che le emergenze

nascono da relazioni ricorsive nella struttura complessa del sistema. Significa

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Analisi in azienda

192

dunque arricchire il sistema con nuovi elementi e intessere una fitta rete di

relazioni ricorsive, oltre ad approntare nuovi processi aziendali .

Tuttavia, è possibile che chi si occupa della gestione dei risultati del modello

si senta sicuro della propria capacità di variare la struttura delle emergenze

esistenti in azienda. La certezza può dipendere da analisi compiute su realtà

simili che hanno adottato soluzioni differenti al problema del quale si occupa

l’analisi. Così, se il grafo di emergenze di un concorrente viene trovato differente

da quello presente in azienda, e si conoscono i motivi di tale differenza, il

management può aspettarsi di essere in grado di modificare il proprio sistema di

emergenze in base alle osservazioni effettuate.

Oltre a questa motivazione, è possibile che i responsabili abbiano idee per lo

sviluppo aziendale capaci di far sorgere nuove emergenze. L’apertura di un

centro di ricerca e sviluppo, o l’occupazione di una nuova area di mercato,

generano sicuramente emergenze prima inesistenti. Gli analisti devono essere in

grado di approntare un analisi di scenario che rappresenti lo stato finale, dopo

l’ inserimento delle nuove attività. In questo modo, il modello 3r è in grado di

prevedere il risultato di nuove attività sulla struttura delle emergenze. Questa

seconda prospettiva di ipotesi di scenario è decisamente più semplice da trattare

della prima: in questo momento, l’analisi per emergenze è pensata per estrarre

dall ’azienda i suoi risultati. Passare da un risultato auspicabile alla struttura che

dovrebbe generarlo è sicuramente più diff icile che non passare da una struttura

esistente (o ipotetica) ai risultati che questa riesce ad ottenere.

In ambo i casi (variazione in base a progetti di struttura o osservazione di altre

soluzioni simili), le ipotesi di scenario devono essere ben distinte; la variazione

di rapporti di forza, così come l’ inserimento di controlli o di risorse, così come la

rimozione di elementi devono essere indicati, e corredati da un commento che

spieghi il motivo della decisione, che individui le basi sulle quali si pensa di

poter alterare la struttura delle emergenze. Ciò è importante per il seguente

motivo: quando si esegue un’analisi 3r senza variare la struttura del grafo, si

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Analisi sistemica complessa

193

fanno congetture sulla possibilit à di controllare le emergenze attualmente

riconosciute; tendenzialmente, queste assunzioni sono prese in base ad una

capacità obbiettiva di variare il li vello dei valori in analisi. Le rilevazioni di

struttura proposte dall ’analisi per emergenze e sintetizzate nel modello 3r sono

estratte da una realtà ben consolidata, e che l'impresa stessa è stata in grado di

analizzare. Non è fuori da ogni realtà supporre che, in un’ impresa che funziona

da tempo non breve ad un certo regime, la conoscenza di se stessa sia

internalizzata in essa (Vicari, 1991). L’analisi per emergenze esplicita questa

conoscenza, e la formalizza. Una cosa è però studiare una realtà che conosce se

stessa, un’altra è supporre di conoscere una realtà che ancora non esiste.

Normalmente, il modello 3r lavora su analisi consuntive di processi già

stabili zzati, mentre in ipotesi di scenario, si passa ad analisi preventive di realtà

che non esistono. Anche quando si prendono a modello soluzioni applicate ad

altre aziende, non si può essere certi che la propria impresa risponda in maniera

perfettamente identica a variazioni strutturali: cultura differente, differenti assetti

in altre parti strutturali , differenti procedure, differenti persone possono innescare

relazioni ricorsive non facilmente prevedibili con le nuove attività/strutture

inserite, portando ad emergere risultati diversi da quelli previsti.

In breve, le analisi di scenario possono essere approssimazioni elevate. In

questo caso, le approssimazioni sono prevedibili a priori unicamente in base ad

un’analisi approfondita e completa della realtà strutturale alternativa, cosa che

spesso può essere più costosa della stessa analisi per emergenze. Tuttavia, se il

management ritiene di dover modificare la struttura dell ’ impresa gestita, è chiaro

che dovrà dare avvio a studi progettuali preventivi indipendentemente

dall ’utili zzo di un modello 3r. Purtroppo, se non corredato da un’analisi

completa, uno scenario può generare approssimazioni di entità non facilmente

prevedibile, quasi come una semplificazione. In effetti, analisi di scenario

scorrette o non fondate su basi solide sempli ficano le trasformazioni che

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Analisi in azienda

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l’ impresa può intraprendere, questo è il motivo per il quale le ipotesi di scenario

devono essere ben esplicitate.

L’applicazione di tali i potesi, come nel caso dell ’ inserimento di un sensore di

ottimanza, individua una finestra di comprensibilit à, al di fuori della quale il

comportamento del sistema risulta non prevedibile. L’applicazione di finestre di

comprensibilit à non valide per la realtà analizzata, come abbiamo visto per il

problema del tempo, è una sempli ficazione e porta a risultati imprevedibilmente

errati; quindi è necessario definire con precisione la finestra che permette di

cogliere l’evoluzione futura del sistema complesso, ed accettare il fatto che se il

comportamento del sistema, o eventi indipendenti da esso, spostano il sistema

oltre la finestra, la previsione effettuata non è più valida.

Per questo è importante preparare numerose ipotesi di scenario, che colgano

l’evoluzione della struttura del sistema complesso in tutte le proprie dimensioni

di complessità. Ad esempio, se cambia un rapporto istituzionale in base ad una

legge che entrerà in vigore nel tempo di riferimento, è importante generare un

modello 3r che accolga tale cambiamento; se però si ritiene che tale legge possa

non venire ratificata, è consistente generare due scenari alternativi, ed

abbandonare le soluzioni mostrate dallo scenario che non si è verificato. Nel caso

che poi si verifichi un terzo caso intermedio non previsto (ad esempio la ratifica

della legge ma solo in alcune sue parti) è necessario abbandonare entrambe le

soluzioni, e sapere che l’adozione dello scenario che “più si avvicina” alla

situazione ipotizzata può contenere errori imprevedibili: l ’adozione di una certa

finestra per sistemi che esistono al di fuori di essa è una sempli ficazione, con

tutto ciò che questo comporta.

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Analisi sistemica complessa

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7.4) Attuazione pratica

Comunque vengano prese le decisioni di variazione delle emergenze-fonti,

dopo la fase di studio del problema deve seguire la fase di attuazione. Studiare a

fondo questa parte del problema va oltre lo scopo della tesi, che introduce

unicamente una modalità di analisi ed un modello utili a dirigere le scelte

strategiche dell ’ impresa. Tuttavia, è necessario almeno accennare alla

problematica dell ’attuazione delle decisioni prese.

Veniamo qui incontro ad un problema teorico. Abbiamo studiato i sistemi

complessi, in particolare le imprese, in base alle loro emergenze. Sappiamo che

per migliorare il valore delle emergenze in certe aree del sistema dobbiamo

migliorare date “risorse” o fonti. Come si ricorderà dal capitolo dedicato

all ’analisi sistemica complessa, qualsiasi definizione di struttura porta a

previsioni sul comportamento del sistema inesatte. Adesso, nella fase di

attuazione, i decisori aziendali devono operare sulla struttura del loro sistema.

Per tradurre in pratica i suggerimenti del modello 3r, è necessario operare su una

struttura che l’analisi complessa ritiene inconoscibile nella sua interezza e sulla

quale non elabora alcuna informazione.

Purtroppo, allo stato attuale delle ricerche sulla complessità non è possibile

fornire una soluzione completa a questo problema. Possiamo unicamente

suggerire un metodo di lavoro che permetta di applicare nella pratica del

cambiamento il modello. È però da sottolineare che il modello 3r ha una sua

validità intrinseca nell ’esplicitare conoscenze tacite sul funzionamento

dell ’azienda, sui rapporti che esistono tra i risultati parziali ottenuti e le risorse

esistenti. Consente di dare al management una linea di guida certa nella misura in

cui sono certe le cognizioni possedute dall ’ impresa sull ’ impresa.

È compito dei dirigenti decidere come aumentare una certa emergenza, come

portare il sistema complesso “ impresa” da uno stato ad un altro.

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Analisi in azienda

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7.4.1) Gestione per controlli

Quando nel modello 3r vengono inseriti i cosiddetti elementi di controllo (o

controlli ), è perché il management ritiene di avere un diretto controllo su di essi.

Chi pianifica le decisioni ritiene di poter agevolmente aumentare o ridurre il

li vello di alcune risorse, e di conoscere l’effetto di decisioni che le riguardano. È

possibile costruire un modello 3r adatto alla soluzione di un problema aziendale

sistemando gli elementi di controllo in base alle certezze dei decisori aziendali .

Se i decisori ritengono di poter influenzare solo in parte alcune emergenze/fonti,

il modello 3r scomporrà tali emergenze in due parti, una di controllo (la parte

gestibile) ed una di “riassunto” (la parte che i decisori ritengono di non poter

influenzare). Eseguendo tale operazione su tutti gli elementi fonte del grafo, o su

quelli sui quali si intende operare, si ottiene un nuovo modello. Dato che tale

modello è stato generato in base alle possibilit à di intervento dei decisori, questi

devono essere in grado di tradurre gli aumenti di valore delle emergenze richieste

in azioni pratiche. Se così non fosse, si può procedere ad una nuova

scomposizione delle emergenze in parti controllabili e parti non controllabili ,

fino ad ottenere un idea chiara delle possibilit à di intervento.

Questo metodo ha il pregio di essere di semplice ed immediata applicazione, e

di fornire al management una visione chiara sugli i nterventi da eseguire. È

particolarmente eff icace nell ’aiutare il management a decidere per il breve

termine, dato che approssima l’azienda in elementi facilmente controllabili ed

elementi sui quali l ’ intervento è più diff icile: i manager individueranno nei

controlli solo ciò che ritengono di poter agevolmente gestire. Ovviamente, questa

elevata approssimazione risulta più grossolana ove si debba gestire nel lungo

periodo, dove è in genere possibile intervenire su tutta la struttura aziendale, e

quindi su tutte le emergenze.

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Analisi sistemica complessa

- 197 -

8. Il caso Beta

A questo punto della nostro lavoro, si rende necessario dimostrare che il

modello 3r è realmente in grado di fornire utili i ndicazioni per la gestione di

impresa. A questo scopo analizzeremo un’ impresa che si muove in un ambiente

dinamico nel quale è indispensabile mantenere un alto livello di competitività.

Siccome è impossibile per noi applicare una soluzione che può essere dedotta

dal modello 3r direttamente all ’ impresa, dovremo agire in senso contrario. Sarà

necessario cioè analizzare la storia dell ’ impresa; partendo da una situazione

iniziale e da decisioni prese in un dato contesto, costruiremo un modello che

spieghi le conseguenze di tali decisioni. Confronteremo poi il risultato del modello

con ciò che realmente successe all ’ impresa. In questo modo saremo in grado di

stabili re se il modello è in grado di spiegare l’evoluzione di una data situazione

dato lo stato iniziale delle emergenze di impresa e le decisioni prese.

L’ impresa analizzata è la Beta, Informazioni Commerciali . Ovviamente, il

nome reale dell 'impresa non può essere rivelato per motivi di riservatezza.

L’ impresa opera nel settore delle informazioni commerciali , una forma di servizio

sul credito che negli ultimi anni ha visto crescere costantemente il proprio

fatturato di settore.

L’ impresa è stata scelta per le sue caratteristiche: si tratta di un’ impresa di

medie dimensioni, con circa cento dipendenti, immobili per circa sei mili ardi e un

fatturato annuo che si aggira tra i quindici ed i venti mili ardi. Un’azienda

estremamente dinamica, quindi un terreno adatto all ’analisi complessa. Inoltre, la

Alfa ha attraversato una profonda crisi culminata nel periodo ‘93-‘94, e risolta

grazie alla sostituzione del management. La nostra analisi si concentrerà sugli

eventi e sui motivi che hanno condotto alla crisi.

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Il caso Beta

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8.1) Problemi metodologici

Prima di procedere con l’analisi è necessario mettere in luce i problemi

metodologici che sono sorti durante l’ indagine.

Primo fra tutti è necessario citare un problema di linguaggio intervenuto tra il

management intervistato ed il ricercatore. L’ idea di analizzare le emergenze di un

sistema complesso per cercare di comprendere come questo reagirà a certi

cambiamenti è assai nuova. Inoltre i dirigenti della Beta, pur avendo acquisito un

notevole livello di esperienza pratica, spesso non sono in possesso di una

preparazione teorica elevata (cosa che non influisce necessariamente sulla qualità

della gestione). È stato dunque necessario intervenire in tal senso “guidando” le

considerazioni espresse dai manager della Beta informazioni commerciali in modo

da individuare le emergenze chiave.

Il secondo è un problema storico. La Beta cambiò i dirigenti che ebbero un

ruolo chiave nel processo di crisi. Le impressioni raccolte sono quelle dei

“sopravvissuti” alla crisi e dei “nuovi arrivati” dopo il cambiamento di gestione.

Tuttavia, essendo la competenza degli uni e degli altri fuori discussione, non si

vede il motivo di dubitare delle valutazioni condotte sia dai primi che dai secondi.

Anche se le decisioni che hanno portato alla crisi sono state prese da persone

purtroppo irreperibili al momento della stesura di questo lavoro, non c’è motivo di

dubitare delle valutazioni espresse in tal senso da dirigenti che vissero l’evento in

prima persona, o che raccolsero l’eredità lasciata dai loro predecessori.

L’ultimo problema è il problema temporale. L’analisi si svolge su eventi

passati, l’esito dei quali è ben noto. Per verificare la qualità del modello 3r come

modello analiti co, l’analisi di eventi passati è suff iciente; ma per valutarne la

bontà come strumento previsivo, e quindi come supporto decisionale, è necessario

dimostrare come il modello sia in grado di prevedere il risultato di certe azioni

data una situazione iniziale. Per questo motivo, dovremo procedere con una logica

blindfold. Dovremo cioè porci nella stessa condizione in cui si trovarono i decisori

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Analisi sistemica complessa

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dell ’ impresa nel momento in cui l ’analisi viene calata, immaginando di ignorare

quali sarebbero stati gli eventi futuri. Al massimo potranno essere utili zzate le

ipotesi formulate dai decisori dell ’azienda sul possibile andamento futuro, a

prescindere dall ’eventuale correttezza di tali considerazioni.

8.2) Metodo di indagine

Il metodo di indagine adottato per rilevare le realtà empiriche è stato scelto

seguendo le in parte le necessità dell ’analisi ed in parte la disponibilit à dei gestori

della Beta. È stato impossibile organizzare incontri formali , o richiedere la

compilazione di questionari; si è dovuto largamente ricorrere allo strumento delle

interviste per far emergere gli elementi utili all ’analisi. Si è poi reso necessario

razionalizzare e sistematizzare il risultato delle interviste. Inoltre, l’esperienza di

lavoro diretto del ricercatore all ’ interno dell ’ impresa ha avuto un ruolo importante

nell ’esplicitare e formalizzare i concetti espressi dai dirigenti.

Se vogliamo, la situazione è del tutto simile a quella che potrebbe affrontare

una società di consulenza che si impegni nel definire i termini del modello 3r per

una data impresa. I consulenti potrebbero essere costretti ad usare solo il metodo

del brainstorming. Starebbe poi a questi ultimi il compito di disegnare un modello

sulla base delle loro impressioni e dei risultati delle interviste.

È lampante che il grado di precisione del modello presentato in questo capitolo

non può essere particolarmente elevato. La collaborazione dei manager intervistati

non può essere garantita, visto che il risultato del lavoro non li i nteressa

direttamente. Inoltre è possibile che vi siano stati degli errori di valutazione dei

personaggi intervistati, magari commessi in buona fede.

Tuttavia, riteniamo che le informazioni ottenute e l’esperienza diretta di lavoro

nell 'impresa considerata siano suff icienti per il raggiungimento di due obbiettivi:

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Il caso Beta

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• L’ottenimento di un modello che spieghi cosa è avvenuto in momenti

cruciali delle realtà analizzate.

• La dimostrazione che il modello 3r è in grado di fornire informazioni utili

anche senza disporre di dati precisi.

8.3) Beta informazioni commerciali

Nel trattare questo caso, procederemo come se ci trovassimo nel periodo anteriore

all ’accadimento degli eventi chiave che hanno condizionato la vita dell ’ impresa.

Supporremo di non conoscere nulla di ciò che realmente è avvenuto. Così se

supponiamo di creare un modello valido ad una certa data (un certo anno, mese e

giorno), giustificheremo il nostro operato a partire da considerazioni sul passato e

sul presente dell ’azienda in quel periodo. Sarebbe infatti troppo facile descrivere

“come sono andate le cose”, per poi costruire un modello analiti co che ricalchi ciò

che è avvenuto realmente. Per questo motivo descriveremo la situazione

dell ’azienda in un dato momento e costruiremo il modello 3r solo in base alle

considerazioni possibili i n base a quei dati. Spiegheremo cosa sia avvenuto

realmente solo dopo aver studiato il modello generato ed i risultati diagnosticati da

esso. Così sarà possibile dimostrare come il modello 3r possa prevedere situazioni

future a partire da dati incerti. Una volta completata l’analisi, potremo vedere

come il modello abbia anche una valenza esplicativa, oltre che previsiva, che

consente di capire le dinamiche che hanno condotto ad una data situazione.

Entrambe queste capacità del modello sono importanti. Capire gli errori (o i

successi) del passato è essenziale per migliorare il modo di gestire le imprese; allo

stesso modo è importante avere strumenti capaci di dare informazioni su un futuro

incerto.

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Analisi sistemica complessa

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È poi necessario specificare che la nostra analisi non prenderà in

considerazione il settore nel quale opera Beta. Per motivi di possibilit à oggettive,

è stato necessario focalizzare l’analisi sulle sole dinamiche interne. Come

vedremo, questo angolo di visuale consente comunque di cogliere ciò che accadde

alla Beta e le conseguenze che tali eventi ebbero sulla capacità di competere

dell ’ impresa.

8.3.1) La situazione iniziale

Nel 1991, la Beta Informazioni Commerciali era riuscita ad acquisire una

notevole quota di mercato nel settore delle informazioni commerciali . Il suo unico

prodotto era (ed è ancora) un’ informazione. L’attività consiste nel raccogliere

informazioni su una certa impresa per conto di terzi interessati. Le informazioni

consistono primariamente in indicatori economici, estratti dai bilanci, dal registro

pubblico degli effetti protestati, oltre a considerazioni generali sull ’aff idabilit à

degli amministratori e degli elementi di spicco delle imprese. In pratica, i clienti

Beta chiedono informazioni su imprese con le quale intendono avere rapporti

commerciali; così possono venire a sapere se un loro cliente, fornitore o partner,

ha celato uno stato di insolvenza, un passivo di bilancio, o una situazione

patrimoniale poco chiara.

Le agenzie di informazioni commerciali adottano metodi di indagine facilmente

imitabili anche dai loro stessi clienti: analisi di bilancio, interrogazioni agli archivi

pubblici, ed operazioni simili . Il vantaggio di rivolgersi alle agenzie è nelle

considerazioni di make or buy. Esistono infatti forti economie di scala nel gestire

le informazioni: una volta prodotta un’ informazione questa può essere venduta a

chiunque ne faccia richiesta. Inoltre, il trattamento informatico delle informazioni

ha un bassissimo costo marginale. Infine, la competenza di coloro che si occupano

di raccogliere le informazioni e di esprimere un giudizio sui dati, è fortemente

dipendente dal numero di informazioni trattate (e di errori commessi). Per questi

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Il caso Beta

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motivi, in generale è conveniente esternalizzare il servizio di informazioni

commerciali .

La Beta aveva iniziato la sua attività nel 1984, con una dimensione ed un giro

di affari tipico di una piccola impresa. Il suo bilancio nel 1985 evidenziò un

fatturato appena superiore al mili ardo. Negli anni successivi, il fatturato aumentò

mediamente del 40% ad ogni esercizio. L’agenzia Beta aveva adottato una

strategia di differenziazione basata sulla qualità del rapporto informativo, ossia

del prodotto finito. In base ad una qualità superiore ad ogni altro concorrente

presente sul mercato, la Beta era stata in grado di ottenere un premium price che

ammontava a circa 40% in più del prezzo medio del settore. Questo la posizionava

in un segmento di domanda esigente, disposto a pagare il premium price pur di

ottenere un prodotto qualitativamente superiore.

Dunque, nel 1989, a chiusura dell ’esercizio 1988, la Beta aveva registrato un

fatturato di circa cinque mili ardi e trecento mili oni. L’andamento delle vendite nei

primi mesi dell ’anno faceva pensare che il 1989 si sarebbe chiuso con un fatturato

di quasi nove miliardi. È verso aprile che avvenne l’evento che condizionò

negativamente il futuro dell ’ impresa (il mese è stato cambiato per non consentire

una facile individuazione dell ’ impresa).

Il direttore generale, nonché proprietario e fondatore, aveva gestito l’azienda

con una capacità imprenditoriale notevole durante gli anni precedenti. In aprile

ricevette una comunicazione da parte di alcuni colleghi che lo avvisava del fatto

che un’ importante concorrente, la Delta, era disposta a vendere. Anch’essa era

un’azienda di medie dimensioni che operava nel ramo delle informazioni

commerciali , e che fatturava circa cinque mili ardi all ’anno. Tuttavia, in un settore

in forte crescita, i conti della Delta erano rimasti stagnanti per diversi esercizi. Era

inoltre risaputo che la Delta aveva incontrato notevoli problemi di gestione

recentemente che erano culminati in una perdita di poche decine di mili oni

nell ’ultimo esercizio (1988). Per questi motivi, i proprietari della Delta erano

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Analisi sistemica complessa

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disposti a vendere ad un prezzo molto inferiore al valore effettivo dell ’azienda:

circa quattro mili ardi e mezzo.

Il direttore era interessato all ’affare per diversi motivi:

• La Delta era una concorrente diretta; anche se stava perdendo la lotta con

la Beta, l’acquisizione avrebbe rappresentato un buon modo di conquistare

rapidamente quota di mercato invece che strapparla lentamente all ’azienda

ormai destinata a scomparire.

• La fusione sarebbe stata motivo di prestigio sul mercato.

• Il direttore era convinto di poter applicare i propri metodi di lavoro alla

Delta, che sarebbe stata completamente inglobata. In questo modo avrebbe

potuto risanarne il bilancio e ricavarne degli utili fin dal primo esercizio.

• Il fatturato della Delta era comunque stabili zzato sui quattro mili ardi. In

ogni caso, anche se le cose fossero andate male, l’acquisto della società si

sarebbe ripagato da solo; al li mite avrebbe “girato” i contratti ed i clienti

della Delta alla Beta, ed avrebbe quindi chiuso la società.

L’unico inconveniente era che i proprietari erano disposti ad accettare solo un

pagamento in contanti. La Beta aveva quella cifra; per via dei suoi metodi

operativi, la Beta era (ed è tuttora) costretta a detenere grandi riserve di li quidità

(come vedremo tra poco). Quindi, l'impresa disponeva della cifra richiesta.

Tuttavia è noto che privare un’azienda della propria liquidità operativa non è una

prassi raccomandabile.

Al fine di affrontare la situazione di scarsa liquidità che sarebbe derivata

dall ’acquisizione, il direttore della Beta decise che, nel caso l’affare si fosse

concluso, avrebbe temporaneamente ridotto il li vello delle provvigioni e dei

premi di produzione agli operativi. Essendo la qualità del prodotto vitale per la

Beta, visto che questa era parte integrante e dominante della strategia con la quale

l’ impresa operava nel mercato, Rossi decise che avrebbe ridotto i premi di

produzione e gli altri incentivi al personale operativo il meno possibile. Come

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Il caso Beta

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ovvia conseguenza, sarebbero stati i premi riservati ai venditori a risentire

maggiormente della mancanza di li quidità.

Fingeremo di trovarci in quei giorni nei quali avvenne la transazione.

Immagineremo che si sia verificata la seguente situazione: il direttore generale

della Beta chiese ad una società di consulenza di analizzare la sua azienda e di

determinare quale impatto avrebbe avuto sulle sue capacità competitive e di

generazione del reddito prospettiche l’acquisizione della Delta. L’ impatto della

perdita di li quidità sarebbe stato compensato dai vantaggi evidenziati?

8.3.2) Finestra di comprensibilità

Preliminare alla stesura di un modello 3r è la definizione della finestra di

comprensibilit à utili zzata.

Innanzi tutto, notiamo che l’analisi è atemporale. Non ci interessa sapere in

quale momento si verificheranno gli effetti dell ’acquisizione. Vogliamo sapere

solo se le capacità prospettiche di generazione di reddito saranno incrementate o

diminuite. Quindi le emergenze che estrarremo, ed i rapporti tra di esse, non

avranno alcun legame con il fattore tempo: dovranno essere valide in generale.

Inoltre necessitiamo di un modello globale di funzionamento dell ’azienda. Non

siamo interessati ad una sua parte specifica, ma ad un modello che consideri il

funzionamento dell ’azienda nella sua totalità. A questo scopo assumeremo come

sistema complesso l’ impresa, e come elemento il suo personale.

Il problema che l’analisi deve risolvere è generico. Ci interessa sapere se

l’operazione è strategicamente valida o no; per questo motivo, la finestra sarà

piuttosto sfuocata. In altre parole, useremo emergenze generiche e descrizioni

approssimative dei fenomeni. Come vedremo, il risultato approssimato ottenuto in

questo modo sarà più che suff iciente a determinare la validità strategica

dell ’operazione. Siccome siamo di fronte ad una domanda generica, una risposta

generica (ma certa) non solo è adeguata, ma è l’unico modo economicamente

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Analisi sistemica complessa

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valido di procedere. Analisi più dettagliate aggiungerebbero solo ulteriori costi al

procedimento, rivelando informazioni più precise ma non necessarie.

Infine, la nostra finestra non conterrà alcuna emergenza riguardante l’ambiente

competitivo della Beta né emergenze presenti nella Delta. Il motivo di ciò è che

stiamo cercando di capire se un certo evento potrà influire positivamente sul

“metabolismo” interno della Beta, quindi la reazione dei competitori non ci

interessa. Inoltre, quando il direttore della Beta dovette prendere la decisione

riguardo all ’acquisizione dell Delta, egli era conscio dell ’ inesistenza di

competenze o emergenze di rili evo nella struttura dell ’ impresa in vendita. Anche

se fossero esistite, il direttore non sarebbe stato intenzionato a sfruttarle, quindi i l

modello deve escluderle.

8.3.3) Il modello di partenza

Definita la finestra di analisi, possiamo cominciare a creare un modello di

emergenze interrelate che risolva il problema dato.

Come suggerito a suo tempo (par. 7.1) adotteremo un modello di analisi

iterativa, scoprendo le emergenze mano a mano che procediamo nell ’analisi.

Comunque, uno schema grafico è presente alla fine del paragrafo. Siccome la

descrizione delle relazioni tra le emergenze individuate sarà molto sintetica, potrà

capitare che il l ettore perda il filo dell ’analisi: lo schema grafico dovrebbe essere

di aiuto a visualizzare le relazioni.

L'analisi prende inizialmente in considerazione due emergenze che dovrebbero

apparire con una certa frequenza in modelli 3r basati su finestre di comprensibilit à

ampie: il reddito1 e la *competitività2. È stato evidenziato dalle interviste svolte

1 Per reddito, intendiamo la capacità reddituale concreta, come rilevata dagli indici di redditività (ROE, ROI) e dal flusso

economico positivo generato dalla gestione caratteristica. Si tratta quindi di una “capacità” di generare reddito, ma misurabile

e concreta. Da ciò discende la valenza di emergenza materiale attribuita al reddito. Nel seguito della trattazione, si

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Il caso Beta

- 206 -

che la competitività è causa diretta del reddito con forza sei (la massima

disponibile). Chiaramente il reddito dipende anche dalla *capacità di gestione

costi, ossia dalla abilit à della struttura di gestire le risorse economiche in maniera

eff icace ed eff iciente. La forza di questo collegamento è pari a quattro.

Il nostro interesse è focalizzato su come si forma la competitività a partire dal

reddito. A detta degli i ntervistati, la competitività della Beta si fonda su quattro

emergenze (che corrispondo ai quattro fattori critici di successo fondamentali ).

Essendo tutte molto importanti, per descrivere il l oro impatto sulla competitività

abbiamo usato il metodo della percentuale invece dell ’usuale votazione (cfr. par.

7.2).

• rapidità di evasione, con forza 30%. Si tratta del tempo che passa dal

ricevimento di una richiesta di informazione ed il recapito del rapporto al

cliente. Il tempo considerato “eccellente” dipende dal tipo di servizio

acquistato dal cliente, che può a sua scelta ricevere i rapporti via computer,

via fax o per posta. Inoltre per informazioni particolari o richieste di

rapporti aggiornati il tempo necessario è maggiore

• Affidabilit à dei rapporti, con forza 20%. Si tratta del rapporto esistente tra

informazioni erogate e “successi” . I successi sono i casi in cui il rapporto è

corretto, e cioè diagnostica una situazione (estrapolata dai dati pubblici)

che corrisponde al vero. Sembrerebbe a prima vista una caratteristica

essenziale, ma in realtà è meno importante di altri aspetti, visto che il

cliente delle informazioni commerciali non basa su di esse la propria

politi ca: le usa unicamente come ulteriore fonte di informazioni per le

proprie decisioni.

utili zzeranno indifferentemente i termini reddito e redditività per indicare l’emergenza aziendale “capacità concreta (e

misurata) di generare flussi economici positivi tramite la gestione caratteristica”. Si noti che è possibile ricostruire il modello

3r usando altre definizioni di reddito, senza che i risultati dell ’analisi vengano alterati.

2 L’asterisco segnala un’emergenza immateriale, come definito nel capitolo 6.

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Analisi sistemica complessa

- 207 -

• Qualità del rapporto, con forza 10%. La qualità è una misura della

limpidezza con la quale il rapporto viene scritto; è un’emergenza materiale

(la forma del rapporto è ben visibile e rappresentata su carta) che nasce sia

dalle disposizioni della dirigenza (che indica come impostare il rapporto)

che dai “redattori” che stendono il testo. Un’analisi più approfondita

avrebbe dunque rilevato questa emergenza come formata da un’emergenza

sistemica ed una elementare generalizzata a tutto il settore operativo, ma

per la nostra analisi questo grado di dettaglio è suff iciente. Viene dato a

questo aspetto un’ importanza marginale in base al fatto che nel settore è

prerequisito disporre della capacità di stendere rapporti di elevata qualità

“grafica” per competere.

• Presenza sul mercato, con forza 40%. Si tratta della misura

dell ’aggressività dei venditori e dei loro risultati. La presenza sul mercato

può essere ben rappresentata dal numero di aziende potenziali clienti

contattate dai venditori, dalla fama acquisita dall ’ impresa, dalla decisione

con la quale i venditori tentano di “strappare clienti” ai concorrenti;

assume in se anche la somma degli effetti delle politi che di vendita. È in

modo indiscusso il fattore principale generante la competitività nel settore,

più della qualità in generale dell ’offerta.

Continuando a risali re dalla competitività al reddito, incontriamo le emergenze

che generano la rapidità di evasione:

• *Competenze informatiche, con forza cinque. Le capacità e conoscenze

dell ’ impresa nel campo dell ’ informatica permettono l’automazione di

operazioni, essenziale allo svolgimento del processo di formazione del

rapporto in tempi brevi.

• *Competenze specifiche, con forza due. Intendiamo con questo termine la

capacità degli operativi (redattori dei rapporti) di svolgere il proprio

lavoro. Si tratta di quell ’ insieme di conoscenze ed abilit à che consentono di

svolgere dil igentemente la redazione di un rapporto. Nel caso specifico

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Il caso Beta

- 208 -

della rapidità di evasione, queste non sono molto importanti, dato che il

grosso del lavoro ripetitivo e time consuming è delegato ai sistemi

informatici.

• Dimensione banca dati, con forza cinque. Intendiamo definire con questa

emergenza la massa di dati raccolti durante l’attività dell ’ impresa.

Maggiori sono questi dati, migliore è la loro sistemazione, minori sono i

tempi necessari per preparare un nuovo rapporto, ossia per evadere una

nuova richiesta.

Anche l’affidabilità dei rapporti deve dipendere dalle *competenze specifiche

(con forza pari a cinque) ed in minima parte dalle *competenze informatiche

(forza due). Infatti l ’aff idabilit à dipende sia dalla competenza dei redattori che, dai

dati disponibili i n tempi brevi tramite procedure e software semplici. Qui il

software consente ai redattori migliorare le loro prestazioni per quanto riguarda

l’aff idabilit à del risultato; infatti, ricerche manuali potrebbero far sfuggire anche al

più esperto redattore un dato essenziale. Il sistema informatico invece, se funziona

bene, permette ai redattori di avere tutte le informazioni disponibili su una certa

impresa in pochi istanti.

Per quanto riguarda la qualità dei rapporti, esse sono causate dalle

*competenze specifiche con forza cinque, e dalle *competenze di marketing con

forza tre. Queste ultime esprimono infatti il grado di conoscenza da parte

dell ’ impresa delle problematiche legate al marketing. La qualità di un rapporto è

fortemente legata alle esigenze dei clienti: infatti è in base ad esse che lo stesso

rapporto può risultare interessante per alcuni ed inutile per altri. Le informazioni

contenute e lo spazio dedicato ad ognuna di esse devono dipendere dalle necessità

dei clienti, rilevate tramite le competenze di marketing.

Tratteremo le *competenze informatiche e le *competenze di marketing come

fonti, dato che non hanno a che vedere con il processo di acquisizione, ed era ben

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Analisi sistemica complessa

- 209 -

noto ai dirigenti della Beta che tali emergenze non avrebbero risentito

dell 'eventuale cambiamento strutturale3.

Invece, la dimensione della banca dati è innegabilmente causata dalle

*competenze informatiche con forza cinque e dalla presenza sul mercato con forza

quattro. Il primo rapporto è ovvio; solo tramite competenze informatiche robuste è

possibile gestire masse di dati dell ’ordine di decine di mili oni di record. Il secondo

rapporto è invece meno palese. Il fatto è che la fonte dei dati è nel mercato, e la

presenza sul mercato permette di raccogliere i dati. Un’analisi meno granulare,

ossia una finestra di comprensibilit à meno sfuocata, permetterebbe di scoprire le

emergenze che fanno da tramite tra la presenza sul mercato e la dimensione della

banca dati, ma questa riduzione dell ’approssimazione non apporterebbe alcun

contributo significativo alla comprensione del fenomeno. Conoscere ciò che allora

stava tra queste due emergenze non ci aiuta a comprendere se l’acquisizione fu

vantaggiosa.

Il grado di approssimazione dell ’analisi non ci permette nemmeno di scendere

nel dettaglio delle generanti delle *competenze specifiche. Ci li miteremo ad

associare ad esse un elemento di resto con forza tre, ed un li vello di stipendio con

forza quattro. È infatti ovvio che stipendi maggiori attirano i migliori redattori

presenti sul mercato dell ’offerta di lavoro. Non esistendo programmi di training o

altri sistemi di formazione interna, non assoceremo a questa emergenza alcun

elemento di controllo.

Il li vello di stipendio va inteso come la parte delle retribuzioni eccedenti lo

stipendio netto da contratto. Così tale emergenza include i frindge benefits, gli

incentivi ed i premi. Venendo alle generanti, dovremo essere approssimativi anche

in questo caso: dato che durante l’operazione di acquisizione tale livello venne

ritoccato tramite l’eliminazione di alcuni incentivi, inseriremo un elemento di

3 In realtà ogni emergenza è relazionata ad altre; in questo caso, è possibile approssimare a zero l’ influenza delle altre

emergenze su queste, senza commettere errori grossolani.

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Il caso Beta

- 210 -

controllo collegato con forza cinque da una parte, ed un collegamento con la

capacità finanziaria sempre con forza cinque. È infatti molto facile vedere come

tale livello sia impostato dalla dirigenza in base a considerazioni di tipo

finanziario da una parte e di tipo strategico dall ’altra. Le considerazioni estranee

alle capacità finanziarie sono riassunte dall ’elemento di controllo.

Veniamo adesso alle generanti della presenza sul mercato. Tra le emergenze

che abbiamo già rilevato è evidente che le *competenze di marketing devono

giocare un qualche ruolo. Siccome però abbiamo definito la presenza sul mercato

in base al comportamento dei venditori, più che alle caratteristiche del prodotto, è

chiaro che questo aspetto dovrà essere tenuto in maggiore considerazione. Così

colleghiamo la presenza sul mercato alla generante *competenze di marketing con

forza due, ed a una nuova emergenza chiamata “ * (competenze di vendita)” con

forza cinque. Tale emergenza è indicata tra parentesi in quanto deve essere

considerata esterna. Infatti, il sistema da noi considerato è l’azienda, mentre gli

elementi sono il suo personale. L’emergenza * (competenze di vendita) nasce dal

rapporto tra i venditori e la funzione di vendita, quindi non può essere considerata

né elementare né sistemica nella finestra di comprensibilit à da noi adottata. Poco

importa che la funzione di vendita sia un sistema complesso appartenente

all ’ impresa; seguendo questa logica saremmo costretti a considerare (ad esempio)

le emergenze che nascono tra l’ impresa ed i suoi clienti come interne all ’azienda.

Dobbiamo rimanere coerenti all ’ottica usata, alla finestra di comprensibilit à scelta:

le * (competenze di vendita) devono essere considerate esterne, quindi non

modificabili direttamente tramite elementi di controllo.

Le * (competenze di vendita) sono quell ’ insieme di abilit à, capacità ed

esperienze che consentono di distinguere l’adeguatezza dei venditori al compito

loro aff idato, e che la funzione “vendite” riesce a far emergere nei suoi

componenti. A loro volta, tali competenze sono generate dal li vello di stipendio

con forza uno e dal li vello di provvigioni con forza cinque. I motivi di tale

sperequazione dovrebbero essere evidenti: i piccoli vantaggi legati alla definizione

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Analisi sistemica complessa

- 211 -

di “ li vello di stipendio” che abbiamo impiegato interessano poco i venditori, che

sono invece molto attratti da un elevato livello di provvigioni. Oltre a questo

possiamo pensare che le * (competenze di vendita) siano in parte anche alla

*competenza del capo vendite, che è un’emergenza elementare. È possibile

supporre che l’azione dei venditori sia più eff icace sotto l’azione di un

responsabile capace. Assumeremo la forza di tale collegamento essere pari a tre.

*Competitività

Affidabilitàdei rapporti

Rapidità dievasione

*Competenzedi marketing

Presenzasul mercato

20%30%

10%

40%

40%

Qualità deirapporti

3 2

DimensioneBanca dati

*Competenzeinformatiche

*Competenzespecifiche

CNT

52

52 4

5

1

5

5

*(Competenzavendita)

*Competenzacapo vendite

LivelloStipendi

Capacitàfinanziarie

LivelloProvvigioni

RST3

RST

2

CNT

5

Redditività

*Competenzagestionale

costi

6 55

5

4

3

6

CNT

4

5

54

6

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Il caso Beta

- 212 -

Infine, è da aggiungere che come per le *competenze specifiche, anche per le

* (competenze di vendita) dovrebbe essere inserito un elemento di resto; ma la

maggiore sensibilit à dei venditori rispetto ai fattori economici della loro

professione, e la loro maggiore mobilit à contrattuale, ci consente di trascurare il

resto senza commettere un’approssimazione troppo grossolana.

Dobbiamo ora vedere come si genera il li vello delle provvigioni. Così come per

il li vello degli stipendi, avremo un elemento di controllo ed un collegamento alla

capacità finanziaria, rispettivamente con forza cinque.

Infine, dobbiamo studiare come è generata la capacità finanziaria. La sua

prima generante è il reddito (con forza cinque), al quale andrà aggiunto un

elemento di controllo con forza quattro. L’elemento è aggiunto in quanto i

dirigenti della Beta decisero di sottrarre liquidità (quindi capacità finanziaria) per

portare a termine l’acquisizione della Delta. In ogni caso è ragionevole supporre

che i dirigenti di un’ impresa abbiano una notevole voce in capitolo riguardo alle

decisioni afferenti la capacità finanziaria, soprattutto se l’ impresa è sana. Per

ridurre il grado di approssimazione dell ’analisi, inseriremo un elemento di resto

con forza due, che indica la parte di capacità finanziaria generata dall ’ interazione

con istituti di credito, o da riserve di immobili zzi facilmente liquidabili .

8.3.3.a) Dov’è la fiducia?

I lettori più attenti avranno sicuramente notato che nel nostro modello non

abbiamo accennato a nessuna emergenza come la fiducia, la fedeltà dei clienti o la

capacità di creare fedeltà. Questo è dovuto principalmente a due motivi, entrambi

legati alla finestra di comprensibilit à adottata.

Innanzi tutto, abbiamo stabilit o che la finestra deve essere atemporale; ebbene, i

dirigenti di Beta ritenevano (e ritengono) che i fenomeni di fidelizzazione della

clientela siano strettamente dipendenti dal fattore tempo, nel loro settore. Nel

settore delle informazioni commerciali , nessun concorrente può vantare clienti

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Analisi sistemica complessa

- 213 -

particolarmente fedeli i n termini generali: è prassi comune per i clienti delle

agenzie di informazioni acquistare lo stesso rapporto da fonti diverse. È infatti

impossibile proporre contratti “ in esclusiva” . La fedeltà verso un’agenzia non si

concretizza nell ’esclusione di altri informatori; può essere intesa solo nel senso di

“perseveranza” nell ’acquistare informazioni da una data agenzia anche se queste

si sono rivelate non corrette, o se vi sono stati dei ritardi nel fornire il servizio. In

questo senso, la fedeltà dei clienti nelle agenzie di informazione può essere intesa

come “ inerzia” nel cambiare definitivamente l’ insieme degli i nformatori consultati

stabilmente. Tale inerzia deriva dalla fiducia riposta da ogni cliente verso le

agenzie alle quali si rivolge correntemente. Clienti che ripongono una maggiore

fiducia in una certa agenzia attenderanno che questa commetta diversi errori

sequenziali prima di escluderla dai propri fornitori di informazioni. Dato che gli

errori si distribuiscono nel tempo a intervalli mediamente regolari, non è azzardato

supporre che, di fronte allo scadimento qualitativo dei servizi offerti, i clienti

attendano un certo periodo prima di escluderla; ed è sensato supporre che tale

periodo dipenda dalla fiducia riposta nell ’agenzia fornitrice.

Essendo un fattore inerziale, possiamo vedere la fedeltà dei clienti come un

emergenza strettamente dipendente dal tempo; una finestra atemporale non può

cogliere correttamente i fenomeni della fedeltà e della fiducia senza compiere

indebite sempli ficazioni.

Il secondo motivo riguarda il fuoco dell ’analisi. Abbiamo stabilit o che la nostra

finestra di comprensibili tà prescinda dai dettagli; questo principalmente per

favorire la chiarezza espositiva. Anche estraendo delle controparti atemporali dei

fenomeni che portano ad emergere la fiducia e la fedeltà dei clienti, questi sono

marginali rispetto al problema che stiamo trattando. Adesso infatti siamo

interessati a comprendere quali effetti può avere una riduzione delle risorse

finanziare nel funzionamento interno della Beta. Più precisamente, stiamo

cercando di capire quale effetto abbia avuto tale calo in un preciso momento

storico della sua esistenza. L’ inclusione di emergenze marginali in questo contesto

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Il caso Beta

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può certo arricchire l’analisi di ulteriori dettagli , ma non migliora il grado di

esattezza della risposta alla domanda che ci siamo posti. In altre parole, indagare

oltre porterebbe un costo aggiuntivo inutile dal punto di vista della comprensione

del fenomeno specifico che stiamo analizzando.

Il modello 3r funziona bene anche in presenza di dati approssimati; il modello

estratto per la Beta è certamente molto approssimato, ma la risposta alla questione

della validità della fusione non richiede grande dettaglio. Anzi, gli stessi risultati

che otterremo nel proseguo della nostra analisi si potrebbero evincere anche da un

modello più “snello” , quindi più approssimato.

8.3.4) Il modello in azione

Definita la struttura del modello, è necessario assegnare un valore a tutte le

fonti, quindi calcolare il valore di tutti gli elementi. Osserveremo poi il valore

della *competitività e del reddito. Questi saranno i valori di partenza, ed

indicheranno il li vello delle emergenze detenute dalla Beta prima dell ’operazione

di acquisizione.

Fatto questo, modificheremo il valore di capacità finanziaria/CNT, di li vello di

stipendi/CNT e li vello di provvigioni/CNT seguendo il progetto del dott. Rossi ed

evidenzieremo quali sarebbero i risultati in caso di fusione.

Analizzando il grafo scopriamo che tutti gli elementi, tranne le fonti,

costituiscono una grande ricorsione. Ciò non è casuale: il nostro modello è visto

attraverso una finestra di comprensibilit à globale, che considera i meccanismi di

funzionamento dell ’ intera azienda, anche se in maniera approssimativa. Come

sappiamo, i sistemi complessi usano le proprie emergenze per creare altre

emergenze, che permettono di crearne altre ancora fino a che il ciclo non si

chiude. È dunque ovvio che in un modello che cerca di abbracciare l’attività di un

sistema complesso con uno sguardo d’ insieme sia presente una grande ricorsione

che comprende quasi tutti gli elementi. Gli elementi fonte sono solo nostre

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Analisi sistemica complessa

- 215 -

approssimazioni, che riassumono catene di emergenze in un effetto finale che si

suppone essere valutabile direttamente, senza il ricorso a metodi di apprezzamento

mediato. Così, anche le *competenze informatiche fanno parte di quella grande

ricorsione di emergenze che costituisce l’esistenza della Beta, ma stiamo

supponendo che i cambiamenti che introdurremo nel modello non retroagirebbero

in maniera forte sulle *competenze informatiche, anche se sviluppassimo l’analisi

fino ai massimi dettagli possibili . Così, mantenere fisso il valore delle

*competenze informatiche al variare delle capacità finanziarie è certo

un’approssimazione, ma si tratta di un’approssimazione non grossolana, che non

altererà i risultati della nostra analisi.

Chiarito questo punto, resta il problema dell ’assegnamento di un valore alle

fonti del modello, che in particolare sono:

• *Competenza del capo vendite: secondo i dirigenti intervistati, il direttore

della funzione Vendite aveva competenze perfettamente adeguate al

proprio lavoro. Può essere assegnato il valore tre a questa emergenza.

• *Competenza gestionale costi: bai bilanci e dai rendiconti finanziari

disponibili , risulta che nel periodo considerato la gestione dei costi è

sempre stata più che soddisfacente. Il valore assegnato è quattro.

• *Competenze informatiche: oggi come allora, la Beta detiene un

patrimonio di competenze informatiche notevoli . Sicuramente merita un

cinque in questa emergenza.

• *Competenze di marketing: pur non essendo particolarmente curato

l’aspetto del marketing, il direttore della Beta conosceva perfettamente le

esigenze dei suoi clienti. Alle lacune dovute all ’assenza di una ben definita

cultura di marketing sopperivano le esperienze sul mercato e le

competenze di alcuni dei dirigenti Beta. Nel complesso, questa competenza

era ben dimensionata rispetto ai propri scopi. Il valore è tre.

• *Competenze specifiche/RST: il prodotto Beta era conosciuto allora come

fra i migliori del mercato, almeno come contenuti. I redattori avevano

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Il caso Beta

- 216 -

notevoli capacità ed esperienza nel loro lavoro. Il valore di questa

emergenza può essere considerato pari a quatt ro.

• Capacità finanziaria/CNT: quasi sei mili ardi di li quidità, per un’azienda

che fattura circa otto mili ardi, costituisce decisamente una notevole forza

finanziaria. Indubbiamente il valore di questa emergenza è cinque.

• Capacità finanziaria/RST: il buon rapporto con gli operatori finanziari, ci

autorizza ad assegnare a questa emergenza un valore di tre.

• Livello stipendi/CNT: il dott. Rossi aveva sempre impostato la propria

politi ca del personale su condizioni particolarmente favorevoli per i

dipendenti. Era convinto che il risultato dell ’ impresa dipendesse dal buon

gioco di squadra, e per questo era favorevole a remunerare generosamente i

propri dipendenti. Sicuramente, il li vello degli stipendi era leggermente

sovradimensionato rispetto alla norma, quindi questa emergenza assume

valore quatt ro.

• Livello provvigioni/CNT: Per gli stessi motivi del punto precedente, ma per

un trattamento particolarmente favorevole riservato alla forza vendita dai

dirigenti della Beta, questa emergenza ha valore cinque.

Assegnati i valori alle emergenze, il risultato dei calcoli applicati al modello 3r

della Beta è il seguente:

*Competenza capo vendite (F) : 3.00000*Competenza gestionale costi(F) : 4.00000*Competenze informatiche(F) : 5.00000*Competenze di marketing(F) : 3.00000*Competenze specifiche/RST(F) : 4.00000Capacità finanziaria/CNT(F) : 5.00000Capacità finanziaria/RST(F) : 3.00000Livello stipendi/CNT(F) : 4.00000Livello provvigioni/CNT(F) : 5.00000

*(Competenza vendita)(r 1) : 4.01600*Competenze specifiche(r 1) : 4.06100*Competitività(r 1) : 4.12100Affidabilità rapporti(r 1) : 4 .33000Capacita’ finanziaria(r 1) : 4.21500Dimensione Banca Dati(r 1) : 4.45000

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Analisi sistemica complessa

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Livello provvigioni(r 1) : 4.60700Livello stipendi(r 1) : 4.10700Presenza sul mercato(r 1) : 3.76200Reddito(r 1) : 4.07300Qualità rapporti(r 1) : 3.66300Rapidità di evasione(r 1) : 4.61400

In grassetto sono evidenziate le emergenze che più ci interessano. I calcoli

evidenziano che nel momento nel quale stiamo analizzando l’azienda, sia la sua

redditività che la sua capacità competitiva possono essere valutate come più che

suff icienti all ’ottenimento degli scopi prefissi. Vediamo ora cosa succede se il

direttore della Beta dà il via all ’acquisizione della Delta.

Innanzitutto, sappiamo che l’acquisto in contanti della Delta costituisce un

totale depauperamento della parte controllata delle risorse finanziarie. Quindi il

suo livello scende a zero. Per far fronte alla situazione economica creatasi, Rossi

dovrà limitare i premi di produzione e di vendita. La scelta è quasi obbligata: la

qualità del rapporto è una delle condizioni distintive dell ’offerta Beta, quindi il

maggior sacrificio sarà richiesto alla forza vendita, che vedrà i suoi premi

diminuire notevolmente. La situazione ad acquisizione compiuta è la seguente:

*Competenza capo vendite(F) : 3.00000*Competenza gestionale costi(F) : 4.00000*Competenze Informatiche(F) : 5.00000*Competenze di marketing(F) : 3.00000*Competenze specifiche/RST(F) : 4.00000Capacità finanziaria/CNT(F) : 0.00000Capacità finanziaria/RST(F) : 3.00000Livello provvigioni/CNT(F) : 1.00000Livello stipendi/CNT(F) : 3.00000

*(Competenza vendita)(r 1) : 2.16600*Competenze specifiche(r 1) : 3.19000*Competitività(r 1) : 3.26700Affidabilità rapporti(r 1) : 3.70700Capacita’ finanziaria(r 1) : 2.16400Dimensione Banca Dati(r 1) : 3.83300Livello provvigioni(r 1) : 1.58200Livello stipendi(r 1) : 2.58200Presenza sul mercato(r 1) : 2.37400Reddito(r 1) : 3.56000Qualità rapporti(r 1) : 3.11800Rapidità di evasione(r 1) : 4.21200

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Il caso Beta

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Si può vedere immediatamente che la *Competitività cala di quasi un punto. Il

reddito cala meno sensibilmente grazie al l ivello inalterato della *competenza

gestionale costi. Il significato di questo risultato è immediato: in linea di massima,

l’acquisizione della Delta in questo contesto causa una riduzione delle potenzialità

della forza vendita (dovute ad una forte riduzione delle disponibilit à finanziarie).

Ciò si ripercuote sensibilmente sulla presenza sul mercato (che è primariamente

costituita dall ’aggressività dei venditori), che è la generante prima delle

potenzialità competitive di un’azienda in questo settore. L’analisi di centralità

della capacità finanziaria/CNT spiega questo meccanismo:

Correlazione tra “Capacità finanziaria/CNT” e glielementi...*(Competenza vendita) ---> 0.12772*Competenze specifiche ---> 0.10947*Competitività ---> 0.07159Affidabilità rapporti ---> 0.07820Capacità finanziaria ---> 0.38316Dimensione Banca Dati ---> 0.04257Livello provvigioni ---> 0.19158Livello stipendi ---> 0.19158Presenza sul mercato ---> 0.09579Reddito ---> 0.04296Qualità rapporti ---> 0.06842Rapidità di evasione ---> 0.03598

Centralità: 1.43903

La centralità di questa emergenza è molto alta relativamente agli altri elementi

del grafo; in particolare, la correlazione con la *competitività è di circa 0,07 punti.

Questo significa che la diminuzione di cinque punti di capacità finanziaria/CNT

causa una riduzione nella competitività di più di 0,35 punti. Ma questo dato da

solo è poco indicativo, se non integrato con il fatto che a causa di tale riduzione, si

è costretti ad abbassare il li vello delle provvigioni/CNT, che ha un effetto leva

sulla competitività ancora maggiore:

Correlazione tra “Livello provvigioni/CNT” e glielementi...

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Analisi sistemica complessa

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*(Competenza vendita) ---> 0.28687*Competenze specifiche ---> 0.00779*Competitività ---> 0.10000Affidabilità rapporti ---> 0.00557Capacità finanziaria ---> 0.02727Dimensione Banca Dati ---> 0.09562Livello provvigioni ---> 0.51364Livello stipendi ---> 0.01364Presenza sul mercato ---> 0.21515Reddito ---> 0.06000Qualità rapporti ---> 0.00487Rapidità di evasione ---> 0.04114

Centralità: 1.37157

Come è facilmente visibile, una riduzione di quattro punti del li vello delle

provvigioni/CNT causa una riduzione di 0,4 punti nella *competitività. Aggiunti al

punto sottratto dal li vello dello stipendio/CNT che causa una riduzione di 0,096

punti, ecco spiegati i circa otto decimali e cinque centesimi di scarto nella

*competitività tra la situazione iniziale e la situazione finale.

Ora, è legittimamente possibile domandarsi se di fronte a questa riduzione di

emergenze cruciali non vi sia una contropartita in termini di aumento del valore di

qualche altra emergenza non considerata. Se l’acquisizione può apparire

vantaggiosa, questo deve essere riflesso dalla situazione di alcune emergenze che

devono migliorare.

Purtroppo, è la stessa definizione del caso che nega la possibilit à dell ’aumento

di emergenze non considerate: il direttore non aveva intenzione di sfruttare le

conoscenze dell ’ impresa che stava acquisendo; in ogni caso era sicuro che il suo

“modo di lavorare” fosse superiore a quello della Delta, ed i fatti gli davano

pienamente ragione. L’unica emergenza influenzata dall ’acquisizione poteva

essere la presenza sul mercato, che include la quota di mercato detenuta. Tuttavia,

la quota di mercato gioca una parte molto marginale nella formazione della

*competitività; l’aver trascurato il meccanismo di formazione della presenza sul

mercato è un’approssimazione leggera, visto che in realtà, la quota di mercato già

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Il caso Beta

- 220 -

detenuta non aiuta molto le aziende del settore a concludere nuovi contratti,

almeno secondo i dirigenti della Beta e di altre agenzie di informazioni

commerciali .

Quindi, l’acquisizione della Delta da parte della Beta sembra portare notevoli

svantaggi sul versante della competitività, e di conseguenza sulla capacità

prospettica di generare reddito. Questo senza offr ire alcuna contropartita concreta

tale da bilanciare lo svantaggio.

8.3.5) Conseguenze dell’analisi

La finestra di comprensibilit à è sfuocata e atemporale; ciò significa che i

risultati appena delineati sono approssimativi e tendenziali . Sappiamo che

l’acquisizione porterà degli svantaggi, ma il modello non da alcuna indicazione

quando questo accadrà. Inoltre, se qualcuna delle condizioni imposte dal “ telaio”

della finestra dovesse cadere, l’analisi non sarebbe più valida. Così, se il mercato

cambiasse imprevedibilmente il proprio modo di recepire l’offerta, cominciando

ad esempio a dare maggior peso alla qualità dei rapporti, gli effetti diagnosticati

dal modello sarebbero ridimensionati. Nulla vieta che prima che si manifestino i

primi effetti descritti dal modello, le emergenze che sono state depauperate

vengano reintegrate grazie a meccanismi esterni non (come ad esempio

l’ intervento di un nuovo socio finanziatore).

Anche con queste pesanti l imitazioni, il modello 3r rimane valido in generale

per i seguenti motivi:

• Il modello permette di individuare quali eventi metterebbero in crisi

l’analisi e quali sono neutrali rispetto ad essa.

• Dà anche un’ indicazione di massima su come si evolverebbe la situazione

anche in presenza di tutti quegli eventi imprevisti che non stravolgono gli

assunti del modello, ma cambiano solo alcune considerazioni. Così, ad

esempio, sappiamo che un lieve spostamento del peso dei fattori critici di

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Analisi sistemica complessa

- 221 -

successo verso la qualità del prodotto ridurrebbe gli effetti descritti dal

modello meno di uno spostamento più deciso.

• Definendo a nostro piacere il “ fuoco” della finestra di comprensibilit à,

possiamo rendere più o meno sensibile il modello ad eventi imprevisti.

• Diagnostica con precisione il problema, quindi aiuta a focalizzare le

possibili soluzioni.

Ciò che il modello determina in questo caso specifico è il concreto rischio di far

cadere le capacità competitive dell ’azienda da una valutazione pari a quattro (che

significa “risorsa abbondante”) a poco più di tre (“risorsa suff iciente”). Un salto di

questo tipo è segno di una riduzione del vantaggio competitivo dell ’azienda.

Mentre la Beta mostrava un vantaggio competitivo di un certo spessore prima

dell ’acquisizione della Delta, secondo il modello 3r dopo l’acquisizione il

vantaggio dovrebbe ridursi. Qundi, se prima la Beta mostrava una forte crescita

del fatturato e della quota di mercato, dopo l’acqusizione il tasso di crescita

dovrebbe ridursi sensibilmente.

8.3.6) Ciò che realmente successe

Veniamo adesso alla storia della Beta dopo l’aprile del 1989. Il proprietario

della Beta, nonché direttore generale di essa, decise di acquisire la Delta. Per far

fronte alla mancanza di li quidità susseguente, introdusse gradatamente un clima di

austerity a tutti i li velli aziendali , ma che pesò principalmente sui venditori.

Ovviamente, il direttore tentò di dilazionare il più possibile gli effetti nel tempo; il

primo segno del cambiamento delle emergenze aziendali si ebbe alla fine

dell ’anno. Tutti gli anni, in dicembre, veniva indetta una manifestazione per

premiare il miglior venditore della Beta; quell ’anno non si ebbe alcuna

manifestazione.

Il bilancio del 1989 fu comunque lusinghiero. Il gruppo chiuse l’esercizio con

un fatturato di quattordici mili ardi e mezzo, nove dei quali realizzati dalla sola

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Il caso Beta

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Beta. Il trend di forte crescita dell ’azienda era proseguito, e non c’era motivo di

ritenere che ci fossero dei problemi all ’orizzonte.

L’anno successivo passò senza che si manifestassero cambiamenti tali da

invalidare la finestra di comprensibilit à del modello 3r. Normalmente, una

qualsiasi azienda capace di sviluppare un fatturato sopra ai quindici mili ardi,

avrebbe ricostituito le proprie riserve di li quidità; ma in un’agenzia di

informazioni commerciali agiscono dei meccanismi economici che non

consentono un’agevole ricostituzione delle riserve liquide. I clienti pagano in

anticipo ed in contanti un “abbonamento” che è costituito da un certo numero di

richieste di informazioni disponibili . La liquidità della quale si entra in possesso in

questo modo deve essere parzialmente accantonata per coprire i costi della

produzione dei rapporti che prima o poi il cliente chiederà. Il contante ricavato

dalle vendite non è interamente disponibile immediatamente, a meno che non si

disponga di qualche forma di finanziamento a basso costo alternativo. Questo è il

motivo che ci ha autorizzato ad inserire la capacità di finanziamento tra le

emergenze non influenzate dal tempo: nell ’attività di produzione delle

informazioni commerciali , carenze di li quidità in un esercizio si trascinano negli

esercizi successivi.

Le attività della Delta non potevano essere di alcun aiuto. L’azienda acquisita

era chiaramente priva di li quidi, e non possedeva attività finanziare se non i crediti

a breve con la clientela. Al problema interno alla Beta si sommò quindi quello

della Delta.

Il direttore della Beta aveva usato il fondo di li quidità destinato a coprire i costi

di produzione, nella certezza di potersi finanziare altrove, essendo inoltre sicuro

che i sistemi informatici dei quali disponeva avrebbero garantito un notevole

risparmio. Accanto a queste considerazioni, c’era l’esperienza di una forte crescita

del fatturato: la liquidità ottenuta con i nuovi contratti eccedente la copertura dei

costi avrebbe finanziato la produzione delle informazioni.

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Analisi sistemica complessa

- 223 -

La situazione venutasi a creare comportò una frenata delle vendite, soprattutto

del rinnovo degli abbonamenti. I venditori meno motivati furono infatti i primi

colpiti dall ’austerity imposta. Questo portò ad un rallentamento nelle vendite, che

ridusse la liquidità disponibile per la produzione delle informazioni.

Il bilancio del 1990 si chiuse con un fatturato di circa diciotto mili ardi; una

crescita sensibile rispetto ai quattordici mili ardi dell ’anno prima. La maggior parte

della liquidità incassata serviva a coprire i nuovi contratti, o il rinnovo degli

abbonamenti. Dopo le spese commerciali e quelle correnti, rimaneva poco per

ricostituire la riserva di li quidità precedente; per ovviare a questo problema si

tentò di ridurre al minimo i costi di produzione delle informazioni, cosa che si

traduceva in pratica nella minor frequenza di aggiornamento dei rapporti. In

pratica, si tentava di sfruttare lo stesso rapporto più volte possibile.

L’austerity si fece più aspra, soprattutto verso i venditori. Era infatti

impossibile ridurre i li velli di produzione al di sotto di un certo minimo, dato che

le informazioni erano state acquistate anticipatamente dai clienti.

L’anno 1991 si chiuse con venti mili ardi di fatturato. Ad un osservatore esterno

sarebbe potuto sembrare un arresto fisiologico, dovuto unicamente all ’ incapacità

di superare un certo livello di quota di mercato. Infatti fu proprio in questo periodo

che la Sigma Informazioni Commerciali , leader di mercato, iniziò ad interessarsi

alla Beta. La Simga era ed è un branch di una multinazionale che opera nel settore

delle informazioni; la crescita esponenziale della (prima) piccola Beta aveva

destato il suo interesse. In quel periodo la Sigma Italia fatturava circa settanta

mili ardi all ’anno, ma nonostante questo non otteneva utili rilevanti. Verso la fine

del 1991, la Sigma si offr ì di acquistare la Beta per ventidue mili ardi (in contanti).

Il proprietario della Beta aveva sempre avuto l’ intenzione di vendere una volta

raggiunto un certo livello, per poi riti rarsi con quanto guadagnato; ma quello non

gli parve il momento giusto: era sicuro che la sua “momentanea” crisi di li quidità

si sarebbe presto risolta. Allora la Sigma avrebbe dovuto pagare molto di più di

ventidue mili ardi!

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Il caso Beta

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Purtroppo, nonostante le ottimistiche considerazioni del direttore, anche il 1992

si chiuse con venti mili ardi di fatturato. Cosa era successo in quest’anno che segnò

il definitivo blocco della crescita di Beta?

La risposta è nei fattori di inerzia che abbiamo escluso dal modello 3r: la

fiducia e la fedeltà dei clienti. Il susseguirsi di eventi come la defezione dei

venditori marginali (che avrebbero dovuto seguire i clienti consolidati) o la

presentazione di rapporti non aggiornati avevano minato lentamente le basi di

fiducia dei clienti della Beta. Inizialmente, questo problema era stato poco

avvertito, dato che la fedeltà dei clienti nel settore è ovunque bassa. Quindi i

clienti avevano continuato a comprare le informazioni Beta, ma chi già non lo

faceva, aveva iniziato a comprare le informazioni anche da altri fornitori. Dopo, i

clienti meno affezionati avevano deciso di non rinnovare abbonamenti con Beta. Il

rallentamento delle vendite (e soprattutto dei rinnovi) aveva ridotto la liquidità

disponibile per i premi ai venditori dalle prestazioni marginali, ed il criterio di

“prestazione marginale” andò espandendosi continuamente.

Mano a mano che la fiducia si consumava e che si rendeva impossibile

dilazionare gli effetti dell ’austerity sulla forza vendita, gli eventi descritti dal

modello 3r si manifestavano con sempre più evidenza.

Alla fine del 1993 era chiaro che la situazione era diventata insostenibile. Il

calo di competitività si manifestò con tutta la sua forza: le vendite si fermarono, e

l’azienda fatturò di nuovo venti miliardi. Ciò non sarebbe stato preoccupante, se

l’aumento delle vendite non fosse servito a ricostituire le riserve di li quidità.

Se ci preoccupassimo di costruire un modello 3r per questa nuova situazione,

partendo da una situazione iniziale molto simile alla diagnosi ottenuta nel

precedente paragrafo, sarebbe necessario ridurre ulteriormente i controlli del

li vello degli stipendi e del li vello delle provvigioni. Avendo dato fondo a tutte le

possibilit à disponibili , anche il resto della capacità finanziaria si sarebbe azzerato.

Inoltre, e più grave di tutto, in un clima pesante come quello che si era venuto a

creare, era facile supporre che i redattori capaci di scrivere i migliori rapporti del

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Analisi sistemica complessa

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mercato avrebbero cambiato lavoro, o non avrebbero sfruttato al massimo le loro

capacità; ciò avrebbe causato una riduzione notevole di competenze

specifiche/RST. Le conseguenze sulla redditività e sulle capacità competitive

sarebbero state drammatiche. E questa volta non ci sarebbero stati fattori di inerzia

a ritardare notevolmente i risultati del modello 3r: patrimoni di fedeltà e

possibilit à di dilazionare l’ impatto sulla struttura erano ormai azzerati.

Agli i nizi del 1994 il proprietario della Beta vendette la sua società alla Sigma

per quattordici mili ardi. Il pieno riconoscimento delle ridotte prospettive di

redditività aveva fatto scendere la valutazione dell ’azienda di ben otto mili ardi.

Il motivo di questo insuccesso è da ricercare nella mancata individuazione delle

sue cause. Sarebbe stato possibile intervenire dopo l’acquisto della Delta sulla

liquidità, magari cercando un socio finanziatore, oppure chiedendo un mutuo ad

un istituto di credito. Ciò avrebbe evitato le conseguenze che abbiamo visto.

Inoltre, è pensabile che il direttore generale della Beta sperasse che la domanda

sarebbe maturata, chiedendo prodotti di qualità superiore. Sperava cioè che la

forza tra *competitività e presenza sul mercato si riducesse ben al di sotto del 40%

prima che la fiducia della clientela si esaurisse e prima di essere costretto a ridurre

drasticamente le provvigioni ai venditori. Sperava inoltre che l’aumento di quota

di mercato fosse un modo per aumentare esogenamente la presenza sul mercato,

ma anche quest’assunzione si rivelò errata.

Il direttore ed i suoi collaboratori conoscevano le relazioni che sono state

esposte nel modello, ma non erano mai riusciti ad esplicitarle ed a ragionare su di

esse in modo organico. Una simile conoscenza avrebbe salvato l’azienda, che

avrebbe evitato di acquisire la Delta, o avrebbe potuto preparare una strategia

alternativa che permettesse un consumo meno brusco delle risorse finanziarie

dell ’ impresa. La preparazione di un piano finanziario avrebbe consentito di

valutare tutti i costi economici derivanti dall ’acquisizione, e di confrontarli poi

con i vantaggi.

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Il caso Beta

- 226 -

Quindi l ’errore commesso dal gruppo dirigente di Beta fu quello di

sottovalutare l’ impatto dell ’effetto leva delle risorse finanziarie e della forza

vendita sulla competitività nel loro settore (ed in particolare nella loro impresa).

8.4) Conclusioni del caso

Il modello 3r si è dimostrato capace di predire ciò che sarebbe accaduto nel

futuro di un’ impresa immersa in un settore altamente turbolento. Oltre a questo

abbiamo potuto vedere come lo stesso modello sia valido a posteriori come

sostegno all ’analisi degli eventi passati. Tutto questo è stato ottenuto disponendo

di dati approssimativi e parziali , così come era stato più volte affermato nei

capitoli precedenti

La metodologia impiegata nell ’analisi non è certo ferrea, ma ha consentito

comunque di rilevare i meccanismi di funzionamento che costituiscono il cuore

dell ’operatività della Beta; è stato possibile comprendere quali emergenze

includere nel modello senza compiere indagini approfondite (e costose).

La domanda che ci siamo posti, ossia la convenienza di un’acquisizione, è

generica e non richiede livelli di dettaglio dell ’analisi elevati.

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Analisi sistemica complessa

- 227 -

9. Conclusione

Siamo giunti al termine di questo nostro lavoro. Abbiamo tracciato un lungo

percorso all ’ interno della scienza della complessità, cercando di comprenderla e di

spiegarla, al fine di trarne un insegnamento utile. Abbiamo applicato questa nuova

conoscenza all ’ impresa, nel tentativo di sviluppare uno strumento analiti co in

grado di supportare le decisioni strategiche. All ’ inizio del nostro cammino,

eravamo incerti dei risultati che avremmo potuto ottenere dai nostri studi. Non

sapevamo fino a che punto la scienza della complessità potesse essere usata per

spiegare fenomeni reali . Non sapevamo se questo nuovo tipo di approccio avrebbe

potuto essere di qualche utilit à alla definizione di una strategia, o in qualsiasi altro

modo. Eravamo ancora più incerti sulla validità del modello di relazione tra

risorse e risultati, ossia su quel modo di interpretare le problematiche aziendali

così “stravagante” da non poter essere chiaramente situato in questa o quella

corrente di pensiero riguardante la teoria di gestione dell ’ impresa. Eravamo infine

ancora più dubbiosi sulla validità delle scoperte nell ’ambito della matematica dei

grafi.

Ora che il l avoro è completo, e che si sono avuti da più parti riscontri della

validità delle proposte qui avanzate, possiamo affermare che la nostra tesi è

verificata.

In chiusura di questo lavoro è necessario segnalare che questo è solo un piccolo

passo verso quello che potrà essere in futuro l'analisi dei sistemi complessi. Il

modello 3r è uno dei più semplici modi di interpretare l'ASC. Un'interessante

estensione del modello 3r potrebbe essere quello di sostituire i valori dei nodi e

degli archi con delle variabili fuzzy. Si è affermato infatti che le valutazioni

espresse sulle emergenze e sulle relazioni tra di esse non sono valori certi; si tratta

di un dato approssimato. Si è lasciato che l'approssimazione insita nel modello

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Conclusione

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fosse valutata in maniera non rigorosa dal ricercatore: una buona idea

sull 'approssimazione insita nell 'analisi è meglio di niente. Le variabili fuzzy

includono invece una accurata stima dell 'approssimazione alla quale sono

soggette. Mentre il modello qui presentato può generare risultati letti, ad esempio,

come "la competitività di Beta è in questo momento (circa) 4.3" un modello 3r

basato sulle variabili fuzzy sarebbe in grado di stabili re che "la competitività di

Beta è quasi certamente 4.3", oppure "la competitività di Beta è poco

probabilmente 4.3 ma ancora meno probabilmente 4.2 o 4.4". Ciò darebbe una

certa misura dell 'approssimazione del processo, bassa nel primo caso, elevata nel

secondo.

Un'altra estensione possibile è trasformazione del modello 3r in un modello

dinamico. Per compiere questo passo sarebbe necessario reintrodurre i vincoli e

gli antivincoli , nella loro valenza di operatori capaci di rallentare o velocizzare la

trasmissione degli stimoli , ossia delle variazioni esogene di una data emergenza.

Una terza interessante estensione può essere l'inserimento di relazioni non

lineari tra i nodi del grafo. I nodi del grafo numerico dipendono linearmente dai

loro predecessori; potrebbe essere interessante generalizzare la funzione del valore

del nodo e la funzione di correlazione in modo che possano gestire anche grafi in

cui le relazioni non sono lineari, ma hanno una forma funzionale qualsiasi. Anche

se questo può avere una bassa utilit à in un modello basato sulla valutazione delle

risorse, visto che sembra plausibile che il giudizio espresso su di una data

emergenza dipenda linearmente dal giudizio delle emergenze che la precedono,

può essere molto importante per lo studio di modelli dove il valore dei nodi

rappresenti il valore economico delle risorse. Quando la teoria economica

aziendale avrà sviluppato strumenti a basso costo per la rilevazione del valore

economico delle risorse, un modello che possa basarsi su tali valori sarebbe di

grande utilit à; ad una prima indagine intellettuale di superficie, sembra palese che

il valore economico delle risorse non dipenda linearmente da quello delle altre

risorse che servono alla sua generazione. Ciò può facilmente essere derivato dalla

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Analisi sistemica complessa

- 229 -

teoria della creazione del valore; se è vero che il valore del prodotto è superiore

alla somma dei valori delle risorse impiegate, e se è vero che il prodotto, come il

suo valore, è un'emergenza di sistema, ne deriva che il valore delle emergenze a

valle dipende in maniera non lineare dalle emergenze a monte; anzi si può

ipotizzare che questo meccanismo di incremento del valore sia esso stesso

un'emergenza.

In conclusione, la scienza della complessità, che è ancora un'idea embrionale,

può essere eff icacemente utili zzata per studiare problemi concreti, problemi di

importanza cruciale come la definizione di scelte strategiche.

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Analisi sistemica complessa

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Appendice A – Il programma 3r

Al fine di utili zzare le nozioni sviluppate durante questo lavoro, è stato scritto

un programma che gestisce i modelli 3r. Tale programma è stato impiegato nel

calcolo dei dati numerici riguardanti le emergenze nel capitolo 9. Quest’appendice

ha lo scopo di spiegare il funzionamento di tale programma, di descrivere gli

algoritmi utili zzati per risolvere i problemi posti dalla necessità di “risolvere” un

modello 3r tratto dalla pratica.

L’appendice ha altresì lo scopo di mettere chiunque in condizione di sviluppare

un software capace di gestire modelli 3r. Senza uno strumento adeguato, infatti, è

inutile sviluppare una teoria interpretativa. Nel momento in cui si gettano le basi

per una nuova metodologia di indagine è necessario fornire anche gli strumenti

accessori in grado di facilit are (o consentire) l’uso di tale metodologia.

L’appendice è per forza di cose dedicata a chi abbia una qualche conoscenza di

programmazione; termini di uso comune nella letteratura informatica come

algoritmo, linguaggio di programmazione, implementazione, codice esecutivo ecc.

non verranno esplicitati.

Nonostante questo, il presente testo si rivelerà utile anche per chi non deve

scrivere un software per la gestione dei modelli 3r; la descrizione del how to dei

calcoli i mpiegati nei modelli 3r consentirà a chiunque di comprendere

maggiormente come utili zzarli , e come affrontare con metodo un modello di

dimensioni non modeste.

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Appendice A

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A.1) La scelta del linguaggio

Il li nguaggio adottato per scrivere il programma “3r” è il Clipper. Si tratta di un

linguaggio orientato alla gestione delle banche dati, con uno stampo prettamente

commerciale. I motivi che hanno spinto alla scelta di un linguaggio diverso da

quelli usualmente adoperati in ambiente scientifico (come il C o il FORTRAN)

sono da ricercare nella semplicità della gestione delle strutture su file. Dovendo

registrare una struttura a grafo su di un file sequenziale, è necessario compiere un

pesante lavoro concettuale che adatti le “due dimensioni” della struttura del grafo

all ’unica dimensione (sequenziale) del file. Ciò è tutt’altro che impossibile, anzi è

un esercizio comune e ben noto a chi studia informatica; il problema non deriva

tanto dal procedimento di scrittura sequenziale, quanto dalle eccezioni. Prevedere

ogni possibile malfunzionamento del programma o del sistema operativo nella

gestione dei file è un’operazione laboriosa, che avrebbe distratto dallo scopo

principale di avere un robusto programma in grado di gestire i modelli 3r. Al

contrario, la gestione delle banche dati del Clipper è robustissima, e consente al

programmatore di astrarre qualsiasi forma di interazione con il sistema operativo.

Le banche dati (forme evolute di file) vengono trattate come variabili i n memoria

dinamica, e non dati su disco fisso che è necessario leggere e tradurre.

Il Clipper permette lo sviluppo di programmi solo in ambiente MS-DOS. Al

momento della scrittura del programma, MS-DOS era ancora il sistema operativo

più diffuso su personal computer; inoltre programmi scritti i n MS-DOS possono

essere eseguiti anche sotto sistemi operativi più evoluti, come il Windows 95 e

l’OS/21. Quindi, per il Clipper, il poter sviluppare programmi per ambiente MS-

DOS non costituisce una seria limitazione alla diffusione del codice operativo.

1 MS-DOS, Windows 95 sono marchi registrati da Microsoft corp. OS/2 è un marchio registrato da IBM corp.

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Analisi sistemica complessa

- 233 -

Altri li nguaggi adatti a trattare il problema sono i li nguaggi orientati gli oggetti

come Java, C++ o Visual Object (quest’ultimo, tra l’altro, discende dal Clipper),

oppure linguaggi di intelli genza artificiale come Lisp e Prolog, che trattano molto

bene strutture ricorsive. In particolare, il Prolog ha un’ottima gestione delle basi

dati di conoscenza, e consente di scrivere le regole di appartenenza agli i nsiemi (la

parte più complessa degli algoritmi qui presentati) con enorme semplicità.

A.2) Le funzionalità del programma

È necessario che un programma che gestisce i modelli 3r abbia alcune

caratteristiche di funzionalità.

• Innanzi tutto deve essere in grado di gestire più modelli , e per ogni

modello deve essere predisposto per gestire più scenari.

• Deve permettere di calcolare (e visualizzare i risultati) dell ’analisi del

carattere degli elementi. Deve cioè essere in grado di determinare le

ricorsioni, le fonti ed i termini grafo.

• Deve essere in grado di calcolare il valore numerico delle emergenze dato

il valore delle fonti.

• Deve poter calcolare la correlazione tra due elementi, nonché la centralità e

la centralità inversa di un qualsiasi elemento.

• Infine deve permettere la stampa dei risultati, possibilmente sia su carta

che su file.

Ovviamente, tutte queste funzionalità sono state realizzate nel programma

allegato a questa tesi.

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Appendice A

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A.3) Struttura dei dati

La struttura adottata è quella chiamata in genere “ lista doppia”. Si tratta di una

struttura in grado di gestire elementi collegati tra di loro in maniera non

predeterminata; è la maniera più semplice per implementare i grafi. Per

rappresentare le emergenze (gli elementi del grafo) sono stati utili zzati dei record

composti dal nome del nodo, dal suo valore e dal suo carattere (in termini di

analisi di ricorsività). Siccome, per semplicità, è utile in Clipper mantenere tutti i

dati in un solo data base, oltre a questi dati essenziali i record degli elementi

includono un codice che individua univocamente un certo nodo ed un numero che

indica il modello (o lo scenario) al quale appartengono.

Un’altra base di dati contiene le informazioni che riguardano i collegamenti tra

i nodi, ossia gli archi del grafo. I suoi record sono composti da un campo “causa”

che individua il nodo di partenza, un campo “effetto” che individua il nodo di

arrivo ed un numero che rappresenta il peso dell ’arco.

Una terza base di dati mantiene l’elenco dei modelli e degli scenari costruiti . In

essa troviamo i codici che individuano quali elementi appartengono ad un dato

modello.

A.4) Algoritmi principali

A.4.1) Analisi del grafo

L’analisi del grafo viene condotta come descritto nel capitolo 5. Il seguente

algoritmo consente di determinare il carattere degli elementi di un grafo:

Procedura AnalizzaGrafo( G)

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Analisi sistemica complessa

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per ogni nodo v del grafo Gse il v.carattere non è definito

se non ha predecessoriassegna a v.carattere := fonte

fine sese v non ha successori

se v.carattere = fonteassegna a v.carattere := non

connessoaltrimenti

assegna a v.carattere := terminefine se

fine sese non è ne fonte ne termine

trova l’insieme causa ( v )trova l’insieme effetto ( v )insec := Interseca (causa( v ), effetto( v ))se insec è vuoto

v.carattere := medianoaltrimenti

assegna ric := nuova ricorsioneper ogni v1 appartenente a insec

v1.carattere := ricorsivov1 . ricorsione := ric

fine perfine se

fine sefine se

fine peresegui AnalizzaCircoli

fine procedura

La procedura “AnalizzaCircoli ” sarà descritta più avanti. È ora necessario

definire l’ insieme causa e l’ insieme effetto. Qui è necessario usare le funzioni

ricorsive; l’ insieme causa di un nodo è l’unione dell ’ insieme causa di tutti i suoi

predecessori. L’algoritmo è il seguente:

procedura InsiemeCausa( nodo , per riferimento insieme )aggiungi nodo ad insiemeper ogni predecessore pred di nodo

se pred fa parte di insiemetorna al chiamante

fine sese pred non è ancora definito

esegui InsiemeCausa( pred , insieme )

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Appendice A

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fine sefine pertorna al chiamante

fine procedura

Una breve spiegazione: la procedura viene chiamata con due parametri.

Inizialmente questi sono il nodo del quale si vuole conoscere l’ insieme causa ed

una struttura di registrazione vuota (un vettore a dimensione variabile, ad

esempio). Il nodo passato come parametro viene aggiunto alla struttura di

registrazione, quindi viene chiamata la funzione ricorsivamente per ogni nodo

predecessore del parametro. Il processo ha termine quando un nodo passato come

parametro è fonte, quindi non ha predecessori, oppure quando il parametro è già

presente nell ’ insieme. In questo caso siamo infatti di fronte ad una ricorsione,

anche se per il momento non possiamo stabili re quali elementi siano inclusi in

essa, dobbiamo interrompere la ricerca; non farlo porterebbe ad una ricorsione

infinita.

Per ottenere l’ insieme effetto è suff iciente sostituire la parola predecessore con

la parola successore nell ’algoritmo precedente.

Calcolare l’ intersezione di due insiemi è relativamente semplice:

funzione Intersezione( insieme1 , insieme2 )assegna insieme3 := nuovo insiemeper ogni elemento i di insieme1

per ogni elemento j di insieme2se i = j aggiungi i ad insieme3

fine perfine perritorna al chiamante col valore insieme3

fine funzione

Svolgere in questo momento la procedura di analisi dei circoli è necessario per

velocizzare il calcolo della funzione di correlazione. Infatti, la struttura dei circoli

all ’ interno delle ricorsioni può essere rilevata al momento della valutazione del

carattere degli elementi. Così, registrando la struttura dei circoli i n anticipo, si

risparmierà un tempo notevole al momento del calcolo della correlazione tra due

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Analisi sistemica complessa

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elementi, o in ipotesi di analisi di centralità. Rimandiamo però la discussione di

questa funzione al paragrafo A.4.3, dove si discute il calcolo della correlazione tra

due elementi, vista l’attinenza con quell ’argomento.

A.4.2) Calcolo della numerica

Ci occupiamo adesso di come individuare il valore dei nodi, dato quello delle

fonti del grafo. È possibile calcolare il valore dei nodi procedendo come descritto

nel capitolo 5, cioè calcolando il valore degli elementi che hanno per predecessori

solo le fonti, quindi procedere calcolando il valore di quegli elementi causati

unicamente da elementi già calcolati. Quando incontrassimo una ricorsione,

saremmo costretti ad accertarci di avere calcolato il valore di tutti i predecessori

degli elementi in essa.

Questo è il metodo che seguirebbe un risolutore se fosse costretto ad eseguire i

calcoli manualmente; ma il fatto di avere un calcolatore a disposizione cambia la

prospettiva. Infatti, un calcolatore è molto adatto ad eseguire una serie ripetitiva di

calcoli , ma è particolarmente inadatto a svolgere lavori che richiedono capacità

decisionale come ad esempio stabili re se sia giunto il momento di calcolare una

certa ricorsione o se sia opportuno attendere.

A questo fine useremo un algoritmo che ragiona al contrario: partendo dai

termini calcoleremo ricorsivamente il valore dei predecessori, fino ad incontrare

elementi il cui valore è definito (ossia, le fonti):

procedura NumericaGrafo( G)per ogni termine t di G

Calcola(t)fine per

fine procedura

procedura Calcola( nodo )se nodo.carattere = ricorsivo

CalcolaRicorsione( nodo )torna al chiamate

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Appendice A

- 238 -

fine seassegna somma := 0per ogni predecessore pred di nodo

se pred non è calcolatoCalcola( pred )

fine sesomma := somma+(pred.valore

*arco(pred,nodo).peso) 2 fine perfine procedura

procedura CalcolaRicorsione( nodo )assegna noti := vettore vuotoassegna coeff := matrice vuotaper ogni elemento e di nodo.ricorsione

assegna somma := 0per ogni pre decessore pred di e

se pred.ricorsiono <> nodo.ricorsioneCalcola(pred)somma := somma+(pred.valore;

*arco( pred , nodo ). peso )fine se

fine peraggiungi somma a notiassegna riga := vettore vuotoper ogni elemento e1 di nodo . ricorsionese e = e1

aggiungi 1 a rigaaltrimenti, se e1 è predecessore di e

aggiungi il arco( e1 , e). peso a rigaaltrimenti

aggiungi 0 a rigafine se

fine peraggiungi riga a matrice

fine percalcola il sistema determinato dalla matrice dei ;coefficienti “ matrice” e dal vettore dei termini ;noti “ noti” , e metti i risultati nel vettore ;delle soluzioni sol.assegna i valori agli elementi della ricorsione in ;

base a sol.fine procedura

2 Si può leggere come “somma è incrementata del valore del nodo pred moltipli cato il del peso dell ’arco esistente tra

pred e nodo” .

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Analisi sistemica complessa

- 239 -

Si tratta di un algoritmo piuttosto semplice; si calcola il valore di tutti gli

elementi eseguendo la somma pesata dei valori dei suoi predecessori. Nel caso che

questi non siano ancora stati calcolati (e non siano fonti) viene sospeso il calcolo

in corso per eseguire il calcolo del predecessore. Se l’elemento fa parte di una

ricorsione, bisogna cambiare modo di procedere: prima si calcola il valore di tutti i

predecessori degli elementi appartenenti alla stessa ricorsione, quindi si costruisce

un sistema in forma di matrice, ove il vettore dei termini noti è determinato dalla

somma pesata dei predecessori della ricorsione, mentre la matrice dei coeff icienti

è data dai pesi degli archi tra i vari elementi.

L’algoritmo che svolge un sistema in forma di matrice è ben noto: si crea un

vettore di soluzioni dove ogni elemento corrisponde al valore di una variabile.

Tale valore è calcolato tramite una frazione; al denominatore appare il

determinante della matrice dei coeff icienti. Al nominatore appare il determinante

di una matrice costruita sostituendo una colonna (in corrispondenza della riga del

vettore delle soluzioni attualmente calcolata) con il vettore dei termini noti.

Esistono molti algoritmi per calcolare il determinante delle matrici; è essenziale

ottimizzare questa parte del programma, che racchiude alcune fra le operazioni

che richiedono più risorse. Il programma da noi sviluppato costruisce il

determinante sulla colonna o sulla riga con il maggior numero di zeri; si tratta di

una piccola ottimizzazione, che però dà ottimi risultati quando applicata ad un

normale modello 3r.

A.4.3) Funzione di correlazione

Si tratta dell ’algoritmo più complesso del programma. È necessario individuare

i percorsi esistenti tra due nodi, e stabili re come i cicli che appaiono nelle

ricorsioni del grafo interagiscano con essi. Quindi bisogna individuare gli i nsiemi

zeta, ossia gli i nsiemi di circoli non adiacenti per una data ricorsione. Dobbiamo

avere quindi tre insiemi di insiemi: l’ insieme dei percorsi (che è un’ insieme di

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Appendice A

- 240 -

nodi ed archi), l’ insieme dei circoli e gli i nsieme degli i nsiemi zeta (che sono

insiemi di circoli )3.

Il calcolo della funzione in sé non è un procedimento complicato; è suff iciente

tradurre le sommatorie e le produttorie enunciate nel capitolo 5. Per quanto

riguarda l’ individuazione dei percorsi e dei circoli , ciò è fattibile tramite un

algoritmo abbastanza simile a quello usato nella determinazione dell ’ insieme

causa. Siccome gli archi sono univocamente individuati da coppie di nodi,

useremo una definizione di “percorso” più ristretta. Verranno registrate solo le

sequenze di nodi presenti nel percorso; nulla vieta però di inserire anche gli archi4.

Dato un insieme vuoto IS che sarà riempito con i percorsi, un “percorso di

lavoro” inizialmente contenente solo l’elemento di partenza V, e l’elemento finale

W, possiamo dare il seguente algoritmo:

Funzione TrovaSentieri(per riferimento IS, Plav , W)assegna a V := ultimo elemento di Plavse V = W allora

Fine procedura. Torna il valore vero.fine sese V è tra i primi n-1 elementi di Plav

Fine procedura. Torna il valore falso .fine se

3 Esiste un altro metodo per ottenere lo stesso risultato. È possibile estrarre l’ insieme di percorso, cioè tutti quei nodi e

quegli archi che giacciono tra i due elementi v e w fra i quali si intende scoprire la correlazione. Si costruisce quindi un

sottografo che corrisponde all ’ insieme di percorso, escludendo però gli archi che hanno come successore v (l’unica “ fonte” del

nostro nuovo sottografo). A questo punto si calcola il sottografo ponendo il valore di v a uno. Il valore assunto dall ’elemento

w è pari alla correlazione tra v e w. Questo metodo è in genere più semplice da implementare rispetto alla risoluzione della

funzione di correlazione, ma perde il vantaggio fondamentale di questa: tramite la funzione è possibile calcolare la

correlazione senza essere costretti a calcolare un determinante.

4 Un percorso è una sequenza { V0, e1, V1, e2,…, en, Vn} dove Vk indica un generico vertice, ed ek indica l'arco che

connette V(k-1) con Vk. Siccome nei modell i 3r non esistono archi paralleli, la coppia <V(k-1), Vk> può essere connessa da

un solo arco; possiamo quindi sempli ficare gli algoritmi di ricerca dei percorsi escludendo gli archi (ek) dalla sequenza.

Questo è un modo semplice di procedere se il linguaggio usato permette di individuare l'arco che connette i due nodi in

maniera particolarmente eff iciente. Se così non fosse, è utile adattare gli algoritmi del paragrafo in modo da inserire tra due

nodi l'arco che li connette. Alternativamente è possibile creare due insiemi, uno per i nodi ed uno per gli archi, e registrare la

sequenza di archi del percorso separatamente.

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Analisi sistemica complessa

- 241 -

per ogni successore e di Vcrea un nuovo vettore pnuovoassegna a pnuovo := copia di Plav.aggiungi e a pnuovo.se TrovaSentieri( IS , pnuovo , W) è vero

aggiungi pnuovo a ISfine se

fin e pertorna il valore falso

fine procedura.

È necessario ill ustrare il funzionamento dell ’algoritmo. Innanzi tutto va notato

che i due “filt ri” del meccanismo ricorsivo della funzione. Il primo indica quando

si è rilevato un percorso che conduce da un elemento V ad una destinazione W: ciò

accade quando l’ultimo elemento del percorso che stiamo “sperimentando” è il

nodo di destinazione. In questo caso la funzione torna “vero” , per indicare che ha

trovato un percorso, e che questo può essere registrato nell ’ insieme dei percorsi.

La seconda clausola filt ra i circoli . In questo momento i percorsi circolari non

ci interessano, così se in un percorso abbiamo già incontrato l’elemento che si

trova alla fine di esso (l’ultimo che è stato aggiunto), vuole dire che stiamo

seguendo un ciclo. Visto che attualmente siamo interessati solo a registrare i

percorsi, scartiamo il ciclo.

Dopo le clausole che servono a porre fine al meccanismo ricorsivo

dell ’algoritmo, troviamo il ciclo che anima il processo: per ogni successore

dell ’ultimo elemento del percorso che stiamo verificando, costruiamo una nuova

“ipotesi” di percorso aggiungendo l’effetto in coda. Verifichiamo quindi se tale

ipotesi è valida sottoponendola al giudizio della funzione stessa; se il giudizio è

positivo, il percorso viene aggiunto all ’ insieme dei percorsi.

Se l’ultimo elemento del percorso in analisi non ha effetti, ossia se è stato

incontrato un termine prima che si sia raggiunto l’elemento cercato, il loop viene

saltato e la funzione torna “falso” , quindi il percorso viene rifiutato.

Il valore di ritorno non ha alcun significato per il chiamante originario della

funzione, che invece si vede modificato il contenuto del vettore IS; serve solo ai

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Appendice A

- 242 -

precedenti li velli del meccanismo ricorsivo per stabili re se inserire un sentiero

nell ’ insieme.

A.4.3/a) L’insieme dei circoli

È ora giunto il momento di riprendere l’algoritmo per la costruzione

dell ’ insieme dei circoli per una data ricorsione. Anche se la preparazione

dell ’ insieme dei circoli avviene prima del calcolo della correlazione, è stato

necessario attendere fino a questo momento per ill ustrare prima il semplice

algoritmo della produzione dell ’ insieme dei sentieri. Infatti, la produzione

dell ’ insieme dei circoli è più complicata, come stiamo per vedere; conoscere il

metodo usato per generare l’ insieme dei sentieri permette di capire il problema

attuale più agevolmente.

Innanzi tutto, qui abbiamo un insieme di circoli per ogni ricorsione presente nel

grafo. Sarà necessario registrare il tutto in una variabile facilmente accessibile da

qualsiasi punto del programma5. Useremo quindi una variabile globale chiamata

ICs, che è un insieme di insiemi di circoli; il primo elemento di ICs sarà l’ insieme

dei circoli della ricorsione 1, il secondo sarà l’ insieme della ricorsione 2 e così via.

Variabile Globale ICs : vettore di vettore di vettoreprocedura AnalizzaCircoli

per ogni ricorsione R del grafoIC := InsiemeCircoli(R)aggiungi IC a ICs

fine perfine procedura

5 Vi possono essere più tipi di variabil i “globali” . I linguaggi fortemente strutturati scoraggiano l’uso di questo stile di

programmazione, e si può ovviare mantenendo in una parte del programma un’ immagine locale della variabile che deve

essere conosciuta, e passando tale variabile come parametro a qualsiasi funzione lo necessiti. Più elegante è creare una

funzione che mantiene al suo interno una variabile statica, che restituisce come valore di ritorno quando gliene viene fatta

richiesta. Nei linguaggi di programmazione orientata agli oggetti esistono tecniche ancora più eleganti.

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Analisi sistemica complessa

- 243 -

InsiemeCircoli sarà la funzione preposta a impostare i dati e chiamare

TrovaCircoli , che è sostanzialemente simile a TrovaSentieri. Il punto è che si

incontrano diversi problemi quando si tenta di scoprire quali circoli siano presenti

in una ricorsione. Innanzi tutto, si ha il problema dei circoli equivalenti. Una

sequenza identica di elementi ed archi, ad esclusione dell ’elemento iniziale (che

deve essere identico all ’elemento finale) ma permutata nelle posizioni dà origine

ad un circolo sostanzialmente identico rispetto ad un originale. Due circoli con la

stessa sequenza di nodi ed archi, anche se i rispettivi punti di partenza/arrivo sono

differenti, sottintendono lo stesso gruppo di elementi. Un procedimento di

“scansione” dei percorsi simile a quello usato in TrovaSentieri troverà tutti i

circoli che possono essere costruiti i n una ricorsione, molti dei quali sono

equivalenti.

Il secondo problema, fortunatamente più semplice da gestire, sta nel fatto che in

il risultato delle operazioni ricorsive di TrovaSentieri non è un circolo, ma un

sentiero: non troveremo necessariamente di elementi ed archi ove il primo nodo

sia identico all ’ultimo. L’algoritmo è in grado di individuare catene di elementi

nelle quali l ’ultimo nodo è già stato inserito precedentemente, non

necessariamente in prima posizione. Sarà dunque nostro compito rimuovere gli

elementi iniziali che non fanno parte del ciclo.

Per per poterci meglio concentrare in seguito su I nsiemeCircoli , ora daremo la

definizione di TrovaCircoli , che non differisce molto da TrovaSentieri:

Funzione TrovaCircoli(per riferimento IC, clav , Ricorsione )assegna a V := ultimo elemento di clavse V è tra i primi n-1 elementi di clav

Fine procedura. Torna il valore vero .fine sese V. ricorsione <> Ricorsione 6

Fine procedura. Torna il valore falso .

6 Per velocizzare l’algoritmo, escludiamo quei nodi che non fanno parte della ricorsione dalla quale vogliamo estrarre i

circoli .

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Appendice A

- 244 -

fine s eper ogni successore e di V

crea un nuovo vettore cnuovoassegna a cnuovo := copia di clav.aggiungi e a cnuovose TrovaCircoli( IC , cnuovo , W) è vero

aggiungi cnuovo a ISfine se

fine pertorna il valore falso

fine procedura.

Mentre in precedenza erano stati esclusi quei percorsi che contenevano circoli

(ossia sentieri che “tornavano” su elementi già visitati), ora sono proprio questi

che ci interessano.

Adesso è possibile concentrare l’attenzione sul problema principale della

rilevazione dei circoli .

Procedura InsiemeCircoli( Ricorsione )assegna a IC := vettore di vettoriassegna a clav := vettoreassegna a e1 := primo elemento di Ricorsioneaggiungi e1 a clavTrovaCircoli ( IC , clav , Ricorsione )

per ogni circolo C in ICassegna a c1 := primo elemento di Cfinché c1 <> ultimo elemento di C

rimuovi il primo elemento di Cc1 := primo elemento di C

fine finchéfine perper ogni circolo C in IC

per ogni circolo C2 in ICse C <> C2 e ArchiUguali ( C, C2) è vera

rimuovi C2 da ICfine se

fine perfine pertorna IC

fine procedura

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Analisi sistemica complessa

- 245 -

I tre blocchi ben evidenziati corrispondono nell ’ordine all ’acquisizione dei dati

“grezzi” sui circoli di una data ricorsione, alla prima eliminazione degli elementi

che non fanno parte dei circoli , ed alla successiva eliminazione dei circoli

equivalenti. Questa parte merita un approfondimento: un circolo è considerato

equivalente ad un altro precedentemente esistente, e quindi rimosso, se sono

identici gli archi che i due circoli contengono, indipendentemente dalla loro

posizione. Vediamo come questo viene realizzato.

funzione ArchiUguali( Perc1 , Perc2 )se lunnghezza( Perc1 ) <> lunghezza( Perc2 )

fine funzione. Ritorna falsofine seassegna a archi1 := vettore vuotoassegna a archi2 := vettore vuotoper i := da 1 a lunghezza( Perc1 )-1

assegna c := nodo i di Perc1assegna c1 := nodo i +1 di Perc1aggiungi arco( c , c1 ) ad archi1

fine perper i := da 1 a lunghezza( Perc2 )-1

assegna c := nodo i di Perc2assegna c1 := nodo i +1 di Perc2aggiungi ( c , c1 ) ad archi2

fine perse lunghezza(Intersezione(archi1,archi2))<> ;

lunghezza( archi1 )fine funzione. Ritorna falso

fine seTorna vero

fine funzione

Se la lunghezza dei due percorsi (o cicli ) analizzati è differente, è ovvio che

questi non possono avere gli stessi archi; quindi possiamo interrompere

l’elaborazione dichiarando che i due percorsi sono differenti. Altrimenti, si

continua creando due vettori che contengono solo gli archi. Fatto ciò, se

l’ intersezione dei due nuovi insiemi non coincide con uno dei due, possiamo

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Appendice A

- 246 -

affermare che i due percorsi sono diversi. Altrimenti, i percorsi sono equivalenti,

ossia contengono gli stessi nodi e gli stessi archi7.

A.4.3.b) La rilevazione degli insiemi Z

Adesso è necessario sviluppare l’algoritmo più complesso del programma: la

definizione dell ’ insieme degli zeta. Dal capitolo 5, sappiamo che gli zeta sono

insiemi di circoli non adiacenti tra di loro; inoltre un ciclo, per essere ammesso in

un insieme zeta, deve essere non adiacente ad un terzo insieme, chiamato “ insieme

di controllo” . Vi è però una considerazione di ordine pratico che è necessario

specificare. Le formule che danno vita alla funzione di correlazione, sono

concepite per essere utili zzate in maniera non ripetitiva: si hanno due nodi e si

calcola la correlazione tra di loro. Il programma che stiamo sviluppando deve

invece essere in grado di calcolare funzioni di correlazione in modo ripetitivo, così

da permettere di eseguire velocemente le analisi di centralità e di centralità

inversa. Per fare ciò, gli i nsiemi dei cicli di tutte le ricorsioni del grafo sono stati

calcolati preventivamente; in questo modo non è possibile escludere dall ’ insieme

di ciclo quei circoli “ filt rati” dal nodo di controllo8. Dovremo quindi spostare il

7 Abbiamo supposto di usare i percorsi “sempli ficati” , ossia privi di archi al loro interno; per questo è necessario costruire

l’ insieme degli archi dei due percorsi. Se si vuole implementare la definizione piena di percorso, ossia sequenza di nodi e di

archi, si possono intersecare direttamente i percorsi. Se i percorsi sono equivalenti, la numerosità dell’ intersezione sarà pari a

quella dei percorsi originari meno uno (il nodo ripetuto all ’ inizio ed alla fine dei cicli).

8 Riportiamo la definizione di insieme dei circoli e dell ’ insieme degli zeta:

( ) { }{ }Θ∈′∈≠==Θ VavaeaeaCvIC kn 1221 ,,...,,,,

( ) { }jikjiCCSCICCCCSkICZ ijiik ≠≤≤∀∅=∩∅=∩∈= ,,1,,,...,,, 1

Non potendo applicare l’elemento di “ filtro” v all’ insieme dei circoli , visto che sono stati preventivamente calcolati senza

considerare il percorso al quale vanno applicati, dovremo spostare l’elemento di filtro nella definizione dell’ insieme degli

zeta, in modo che questa diventi:

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Analisi sistemica complessa

- 247 -

criterio di esclusione dei circoli nella definizione degli zeta; mentre in precedenza

gli i nsiemi zeta erano costruiti su insiemi di circoli filt rati, adesso sarà la

definizione stessa di insieme zeta a filt rare i circoli che retroagiscono sul nodo

iniziale del percorso. Questo perché abbiamo trovato tutti i circoli possibili

preventivamente, senza preoccuparci di sapere quale elemento sarebbe poi stato

inserito nella funzione di correlazione.

L’approccio utili zzato per consentire l’ individuazione degli i nsiemi zeta è di

tipo tentativo/errore. Prima si tenta di costruire tutti gli zeta possibili , poi si

verifica se l’ insieme costruito segue realmente le regole definite per gli zeta. Se

ciò si verifica, si aggiunge l’aggregato trovato all ’ insieme degli zeta, altrimenti lo

si ignora. Gli zeta saranno implementati come vettori a dimensione variabile di

numeri interi; ogni numero rappresenta l’ indice del circolo nel corrispondente

insieme dei circoli per una data ricorsione. Così è possibile velocizzare e

razionalizzare la funzione che determina quali siano gli zeta possibili; senza

questo stratagemma, saremmo costretti ad usare una funzione ricorsiva che estrae

tutti gli i nsiemi zeta, per poi filt rare quelli “giusti” . Il problema è che gli zeta

possibili salgono in rapporto esponenziale rispetto alla quantità di circoli di una

ricorsione; usando le funzioni ricorsive (che richiedono grandi risorse-macchina)

si correrebbe il rischio di sovraccaricare il sistema. Inoltre, dato che gli i nsiemi dei

circoli non variano durante l’elaborazione della funzione di correlazione, usare

l’ indice per individuare un certo elemento in un insieme è una prassi corretta.

Dato un insieme di circoli IC, un sentiero di controllo S, ed un elemento di

esclusione dei circoli exc, l’algoritmo che estrae gli i nsiemi zeta è il seguente:

Funzione InsiemeDegliZeta ( IC , S, exc )assegna IZ := nuovo vettoreassegna k := 1assegna possibili := vero

( ) ( ){ }jikjiCCSCCvICCCCvSkZ ijiiik ≠≤≤∀∅=∩∅=∩∉Θ∈=Θ ,,1,,,,...,,,, 1

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Appendice A

- 248 -

finché possibili è veropossibili := falsoassegna Z := nuovo vettorefinché CreaZeta ( Z, k, lunghezza( IC ))

se ValutaZeta ( Z, IC , S, exc)possibili := veroaggiungi copia 9 di Z ad IZ

fine sefine finchék := k+1

fine finchéTorna IZ

fine funzione

L’algoritmo funziona così: entra in un ciclo che viene ripetuto fino al momento

in cui non si sono stati trovati insiemi Z di lunghezza k. Se tutti gli insiemi creati

con lunghezza k non rispondono alla definizione di insieme zeta (ossia, se non

sono validi zeta), ciò significa che l’ insieme Z di massima lunghezza in IC

contiene solo k-1 circoli . Il loop si può interrompere; abbiamo completato

l’ insieme degli i nsiemi zeta.

La funzione CreaZeta genera in sequenza tutte le combinazioni di indici

possibili per una data lunghezza di Z e dell ’ insieme dei circoli (ai quali si

riferiscono gli i ndici). Questo è il suo funzionamento:

Funzione CreaZeta(per riferimento Z, k , n)assegna altri := verose lunghezza( Z) == 0

per i := 1 a kaggiungi i a Z

fine peraltrimenti

altri := Permuta ( Z, n)fine setorna altri

fine funzioneFunzione Permuta(per riferimento Z, n)

assegna pos := lunghezza( Z)

9 È necessario copiare Z perché tale variabile viene usata nuovamente dal programma. Se non se ne facesse la copia, al

termine del processo IZ conterrebbe un certo numero di riferimenti, tutti indicanti lo stesso insieme.

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Analisi sistemica complessa

- 249 -

finché pos > 0se pos == lunghezza( Z)

se Z[ pos ] < nZ[ pos ] := Z[ pos ]+1esci dal ciclo

fine sealtrimenti

se Z[ pos ] < Z[ pos +1]-1Z[ pos ] := Z[ pos ]+1per i := da pos+1 a lunghezza( Z)

Z[ i ] := Z[ i-1 ]+1fine peresci dal ciclo

fine sefine se

fine finchése pos > 0

torna veroaltrimenti

torna falsofine se

fine funzione

CreaZeta controlla se è stato chiamato con un insieme vuoto al posto di Z. In

quel caso genera un primo insieme possibile, composto da una sequenza di numeri

da 1 a k. Altrimenti, chiama Permuta, che prima prova ad aumentare l’ultimo

indice della sequenza e poi “sposta” gli altri indici dietro di lui. Se ad esempio si

ha un numero di circoli pari a 5 e stiamo valutando gli zeta di lunghezza tre, in

prima istanza CreaZeta tornerà l’ insieme { 1,2,3} . Quindi, Permuta aumenterà per

due volte consecutive l’ultimo indice: prima tornerà la sequenza { 1,2,4} e poi

{ 1,2,5} . Siccome non esistono sei circoli , adesso Permuta è costretta a cambiare il

penultimo indice, aumentandolo di uno. Quindi riscriverà una sequenza crescente

degli altri indici: { 1,3,4} . Adesso l’ultimo elemento è di nuovo minore di cinque,

così alla chiamata successiva, Permuta torna { 1,3,5} . È di nuovo il turno di

incrementare il penultimo elemento; la sequenza diventerà { 1,4,5} . Adesso

Permuta si accorge che non è possibile incrementare l’ultimo elemento perché non

ci sono più circoli , e non è possibile incrementare il penultimo perché quello

successivo (l’ultimo) corrisponde a 4+1. Permuta scende ancora di un indice,

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Appendice A

- 250 -

incrementando quest’ultimo e creando la sequenza { 2,3,4} . Quando il processo si

ripete fino ad ottenere la sequenza { 3,4,5} , Permuta si accorge di non poter variare

nemmeno il primo elemento (perché il secondo è pari al primo più uno), quindi

segnala al chiamante che non ci sono altre sequenze disponibili t ornando “falso” .

A questo punto InsiemeDeiCircoli aumenterà il valore di k, e passerà a CreaZeta

un insieme zeta vuoto, per segnalare l’ inizio di una nuova iterazione.

Resta ancora da scoprire come vengono valutati gli i nsiemi zeta; si tratta una

questione più semplice:

funzione ValutaZeta( Z, IC , S, exc )assegna k := lunghezza( Z)per nk := da 1 a k

se exc è in IC [ Z[ nk ]] o (lunghezza(S)> 0 e; lunghezza( Intersezione ( IC [ Z[ nk ]], S) <> 0)

fine funzione. Torna falsoaltrimenti

per j := da nk +1 a kse lunghezza( Intersezione ( IC [ Z[ nk ]], ;

IC [ Z[ j ]])) >0fine funzione. Torna falso

fine sefine per

fi ne sefine per

fine funzione

Molto semplicemente, per ogni circolo si verifica se l’elemento discriminante

exc è presente, o, nel caso esista un sentiero di controllo, se il circolo sia adiacente

a tale sentiero. In questo caso, lo zeta proposto non è valido, e questo viene

segnalato alla funzione chiamante, interrompendo (inutili ) ulteriori elaborazioni.

Nel caso che lo zeta passi questo controllo preliminare, bisogna controllare che i

circoli i n esso non siano adiacenti. Questo può essere ottenuto in due modi; creare

un ciclo separato che verifichi l ’adiacenza di ogni circolo con ogni altro, o

sfruttare il primo ciclo di controllo e verificare l’adiacenza solo con i circoli

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Analisi sistemica complessa

- 251 -

successivi; questo secondo metodo permette di risparmiare la metà delle

iterazioni.

A.5) Ultime note

Questo chiude la discussione sugli algoritmi necessari al calcolo della funzione

di correlazione. Per calcolare la funzione, dati questi algoritmi, è suff iciente

tradurre le espressioni matematiche presentate nel capitolo 5, che si sostanziano

principalmente in una lunga sequenza di sommatorie e di produttorie. Sono

necessarie solo due precisazioni: nel calcolo della funzione di ricorsione è

necessario stabili re quali ricorsioni intersechino il sentiero, estrarre il

corrispondente insieme dei circoli precedentemente calcolato e l’elemento

discriminante (che corrisponde al primo elemento del sentiero sul quale si sta

operando). Quindi si passa il tutto alle funzioni di individuazione dell ’ insieme

degli Zeta, come specificato, prima per il numeratore della frazione della fr, poi

per il denominatore. Inoltre, nel calcolo della funzione degli zeta, bisogna tenere

conto del fatto che, nel programma, tali i nsiemi contengono non circoli , ma indici

all ’ insieme dei circoli di una data ricorsione.

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Analisi sistemica complessa

- 253 -

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