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ALESSANDRO LANGUASCO ANALISI MATEMATICA 1 Soluzione di alcuni esercizi proposti EDITORE ULRICO HOEPLI MILANO

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ALESSANDRO LANGUASCO

ANALISIMATEMATICA 1

Soluzione di alcuni esercizi proposti

EDITORE ULRICO HOEPLI MILANO

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Indice

Nota introduttiva

2 Esercizi del capitolo 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

3 Esercizi del capitolo 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

4 Esercizi del capitolo 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

5 Esercizi del capitolo 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

6 Esercizi del capitolo 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

7 Esercizi del capitolo 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

8 Esercizi del capitolo 8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

9 Esercizi del capitolo 9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

10 Esercizi del capitolo 10 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

11 Esercizi del capitolo 11 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

12 Esercizi del capitolo 12 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

13 Esercizi del capitolo 13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

14 Esercizi del capitolo 14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

15 Esercizi del capitolo 15 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

16 Esercizi del capitolo 16 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

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Colleziono qui alcune soluzioni degli esercizi proposti nel mio testo “Analisi Matematica 1,teoria ed esercizi”, edito da Hoepli e pubblicato nel 2017. Quando in questa parte menzioneròun testo non meglio specificato, intenderò riferire al libro sopra indicato; inoltre, per comoditàdel lettore, utilizzerò qui la numerazione dei capitoli e degli esercizi là usata.

Non ho incluso le soluzioni di tutti i testi di esercizi presenti nel libro perché ritengo che glistudenti debbano tentare di risolverli autonomamente.

In alcuni casi, quando nel testo sono già presenti molti esercizi ed esempi svolti su unparticolare argomento, qui suggerisco solamente la linea risolutiva; è il caso degli esercizisullo studio di funzione, sul calcolo delle primitive mediante integrazione per parti, persostituzione, con il metodo dei fratti semplici e anche di qualche esercizio “standard” sullaformula di Taylor.

Eventuali commenti e segnalazioni relative a errori di stampa possono essere segnalati a:Prof. Alessandro Languasco, Dipartimento di Matematica “Tullio Levi-Civita”, via Trieste 63,35121 Padova; email: [email protected].

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 2

E-2.1. Da quanto visto nel testo sappiamo che∑n

k=0 k = n(n+1)2 per ogni n ∈ N. Osserviamo che per

n = 0 la formula del testo dell’esercizio è verificata. La si supponga vera per n. Utilizzando tale ipotesiinduttiva si ha che

n+1∑k=0

k3 =

n∑k=0

k3 + (n + 1)3 =n2(n + 1)2

4+ (n + 1)3 = (n + 1)2

(n2

4+ n + 1

)=(n + 1)2(n + 2)2

4.

Il passo induttivo è pertanto verificato. Il principio di induzione permette quindi di concludere che∑nk=0 k3 =

n2(n+1)24 = (

∑nk=0 k)2 per ogni n ∈ N. �

E-2.2. Per provare la prima parte basta osservare che, grazie all’ipotesi dell’esercizio, sia ha

n+1∑k=0

k =n∑

k=0k + (n + 1) =

(2n + 1)2

8+ (n + 1) =

(2n + 1)2 + 8n + 88

=4n2 + 12n + 9

8=(2n + 3)2

8.

Quanto sopra può essere quindi interpretato come il fatto che il passo induttivo del principio di induzionesia verificato. È però immediato notare che il passo base del principio di induzione non è verificatoper n = 0: infatti si dovrebbe avere che 0 = 1/8; un fatto chiaramente falso. Quindi il principio diinduzione non è applicabile. Inoltre, da quanto visto nel testo, sappiamo che

∑nk=0 k = n(n+1)

2 per ognin ∈ N; pertanto

∑nk=0 k = (2n+1)2

8 per ogni n ∈ N se e solo se (2n+1)28 =

n(n+1)2 per ogni n ∈ N. Mediante

facili calcoli algebrici, l’ultima uguaglianza equivale a 1 = 0. Pertanto l’affermazione∑n

k=0 k = (2n+1)28

è falsa per ogni n ∈ N. �

E-2.4. 1) È vera. Se x ∈ Q allora x = a/b con a ∈ Z, b ∈ N, b , 0 e mcd(a, b) = 1. Da x2 ∈ N

abbiamo che esiste n ∈ N tale che a2/b2 = n, ossia a2 = nb2. Se a = 0 allora a/b = 0 ∈ Z. Se a , 0 ep è un numero primo che divide a, allora p2 divide a2 e quindi p2 divide n dato che p non può dividereb. Quindi n , 0 è un multiplo di a2; pertanto esiste c ∈ N, c , 0, tale che n = ca2. Da questo segue chea2 = ca2b2; pertanto 1 = cb2 e quindi b2 è un numero naturale invertibile secondo il prodotto usuale.Quindi b2 = 1 da cui segue b = 1 perché b ∈ N. Allora x = a/b = a ∈ Z. Quanto sopra prova laprima inclusione. L’altra inclusione è ovvia. 2) È falsa. Infatti x = 1 e x = −1 appartengono entrambiall’insieme specificato. 3) È falsa. Se x/2 ∈ Z allora esiste n ∈ Z tale che x/2 = n, ossia x = 2n.Pertanto x ∈ Z e x è pari. Chiaramente 3 non può appartenere a tale insieme. 4) È falsa. Si considerix =√

2. Tale x appartiene al primo insieme (x2 = 2 ∈ Q) ma x3 = 2√

2 non appartiene al secondo.Infatti se vi appartenesse allora esisterebbe q ∈ Q tale che 2

√2 = q da cui seguirebbe

√2 = q/2 ∈ Q ;

ciò è falso per quanto abbiamo visto nel testo. Pertanto x3 < Q e quindi x non appartiene al secondoinsieme. �

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2 Soluzioni degli esercizi del capitolo 2

E-2.5. Perché il secondo insieme abbia senso dobbiamo porre a , 0. Si noti che ax + b > 0 equivalea ax > −b. Se a > 0, ciò significa che x > −b/a. Se a < 0, ciò significa che x < −b/a ossiax + (b/a) < 0. Pertanto i due insiemi in questione sono uguali per ogni a < 0, b ∈ R. �

E-2.6. No. Sia a = 0; la disequazione equivale a 0 ≤ 12x ossia x > 0. Si noti che anche supponendo

che a > 0 la conclusione è falsa; infatti se x < 0 la disequazione del testo dell’esercizio equivale a2√

ax ≥ ax2 + 1, ossia (√

ax − 1)2 ≤ 0. Di conseguenza x = 1/√

a > 0; ma x < 0 e pertanto non cisono soluzioni. �

E-2.7. No. Basta prendere A = Z. �

E-2.8. La risposta alla prima parte è no. Basta prendere A = N, B = Z oppure A = (1, 2), B =(0, 1) ∪ (1, 2). Dimostriamo la seconda parte. Se A non è inferiormente limitato allora anche B nonè inferiormente limitato (se B fosse inferiormente limitato allora anche A lo sarebbe e quindi, percontraddizione . . . ); pertanto inf A = inf B = −∞. Sia A inferiormente limitato; allora esiste λA ∈ Rtale che λA = inf A. Se B non è inferiormente limitato, la conclusione è ovvia. Sia B inferiormentelimitato; allora esiste λB ∈ R tale che λB = inf B. Ma allora λB ≤ b per ogni b ∈ B (λB è un minorantedi B) e quindi λB ≤ a per ogni a ∈ A ⊆ B. Quindi λB è un minorante di A e allora λB ≤ λA perché λAè il massimo dei minoranti di A. La dimostrazione della terza parte è analoga e la si lascia al lettorediligente. �

E-2.10. Supponiamo che A non sia inferiormente limitato ossia per ogni K ∈ R esiste a ∈ A tale chea < K . Quindi −A non è superiormente limitato; se per contraddizione lo fosse allora esisterebbeM ∈ R per cui b ≤ M per ogni b ∈ (−A). Ma b = −a e quindi avremmo −a ≤ M da cui seguea ≥ −M per ogni a ∈ A. Ossia A sarebbe inferiormente limitato; in contraddizione con quantosopra. Pertanto abbiamo provato che se inf A = −∞ allora sup(−A) = +∞. In modo simile si provache se sup A = +∞ allora inf(−A) = −∞. Supponiamo che A sia inferiormente limitato cioè esisteλA ∈ R tale che λA = inf A. Pertanto λA ≤ a per ogni a ∈ A. Quindi −λA ≥ −a per ogni a ∈ A,ossia −λA è un maggiorante dell’insieme −A. Pertanto sup(−A) = min M(−A) ≤ −λA. Se si avesseche Λ(−A) = sup(−A) < −λA, allora −a ≤ Λ(−A) < −λA per ogni a ∈ A e quindi a ≥ −Λ(−A) > λAper ogni a ∈ A. Ossia λA , inf A perché −Λ(−A) è un minorante di A più grande di λA. Ma questocontraddice la definizione di λA. Quindi sup(−A) = −λA = − inf A. L’altra relazione si dimostra inmodo simile. �

E-2.11. 1) Sia X l’insieme in questione e si noti che 40n64+n2 ≥ 0 per ogni n ∈ N. Siccome 0 ∈ X si

ha che min X = 0. Sia ora an = 40n64+n2 ; la risoluzione della disequazione an ≤ an+1 fornisce n ≤ 7.

Pertanto ak ≤ a8 per ogni k ∈ {0, . . . , 7} e ak ≥ a8 per ogni k ≥ 8, k ∈ N. Quindi a8 = 1/4 è unmaggiorante di X . Essendo a8 ∈ X si ha che max X = a8 = 1/4. 2) Sia X l’insieme in questione.Posto an = 2n − 100n si osservi che an+1 ≥ an per ogni n ≥ 9. Quindi X è inferiormente limitato einf X = min{a0, . . . a9} = min{1,−98,−196,−292,−384,−468,−536,−572,−544,−388}. Un facilecalcolo mostra che inf X = a7 = −572 = min X . Osservando anche che 2n−1 ≤ an per ogni n ≥ 12,otteniamo che X non è superiormente limitato (se lo fosse allora anche {2n−1 : n ∈ N, n ≥ 12} losarebbe e quindi anche N lo sarebbe). Pertanto sup X = +∞. 3) Sia X l’insieme in questione; siosservi che x2+10

x2+1 = 1 + 9x2+1 . Dal fatto che x2 + 1 ≥ 1 per ogni x ∈ R segue che X è superiormente

limitato e che 10 ∈ X è un maggiorante. Inoltre, siccome 9x2+1 > 0 per ogni x ∈ R, si ha che 1 è

un minorante di X . La verifica che 1 = inf X , che 10 = sup X = max X e che X non ha minimo sieffettua con la caratterizzazione degli estremi superiori e inferiori vista nel testo. 4) Sia X l’insieme

A. Languasco, Analisi Matematica 1 - 25 settembre 2017 - Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A. 2017

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Soluzioni degli esercizi del capitolo 2 3

in questione e f (x) = |x |7 − x8. Osserviamo che f (−x) = f (x) e quindi per risolvere il problema èsufficiente studiare Y = {x7 − x8 : x ≥ 0}. Osserviamo che x7 − x8 = x7(1− x) per x > 0 e x7 − x8 = 0per x = 0. Sia x > 1; allora x7(1 − x) < 1 − x. Poiché {1 − x : x > 1} non è inferiormente limitato (selo fosse allora anche la semiretta (1,+∞) lo sarebbe) si ottiene che inf X = −∞. Lo studio del segno dix7(1 − x) per x ∈ [0, 1] rivela che f (x) = 0 se e solo se x = 0, 1 e che f (x) > 0 se e solo se x ∈ (0, 1).Inoltre x7(1 − x) ≤ (1 − x) ≤ 1 per x ∈ [0, 1]. Quindi X è superiormente limitato e sup X ≤ 1. Perpoter concludere sul fatto che X ammetta massimo serve il teorema di Weierstraß sulla continuità dif (x) in [0, 1]. Per determinare che max X = 77/88, raggiunto nel punto 7/8, servono i teoremi delcalcolo differenziale. �

E-2.12. Le disequazioni del testo equivalgono a − 3x2+12 ≤ 2x2− 1

2 ≤6x2+2

3 ossia al sistema −3x2−1 ≤4x2 − 1; 6x2 − 3/2 ≤ 6x2 + 2. Risolvendo il sistema si ottiene 7x2 ≥ 0; −3/2 ≤ 2 le cui soluzionisono tutti gli x ∈ R. Ricordando la definizione di E , quanto sopra significa che E è limitato. Inoltre2/3 ∈ ME e −1/2 ∈ mE ; quindi sup E ≤ 2/3 e inf E ≥ −1/2. Inoltre è facile osservare che −1/2 ∈ E .Sia ε > 0; osserviamo che −1/2 + ε < mE ; infatti risolvendo

2x2− 12

3x2+1 < −1/2 + ε si trovano soluzionireali non banali in dipendenza di ogni ε > 0. Pertanto inf E = min E = −1/2. Notiamo adesso che−2/3 < E . Sia ε > 0; osserviamo che 2/3 − ε < ME ; infatti risolvendo

2x2− 12

3x2+1 > 2/3 − ε si trovanosoluzioni reali non banali in dipendenza di ogni ε > 0. Quindi sup E = 2/3 ma non esiste max E . �

A. Languasco, Analisi Matematica 1 - 25 settembre 2017 - Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A. 2017

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 3

E-3.2. Osserviamo che |x − |x + 1| | < 2 equivale a −2 < x − |x + 1| < 2 ossia x + 2 > |x + 1| > x − 2.La prima disequazione equivale a x + 2 > x + 1 > −x − 2 le cui soluzioni sono x > −1/2. La secondaha come soluzioni l’unione delle soluzioni di x + 1 > x − 2; x + 1 ≥ 0 con quelle di x + 1 < −x + 2;x + 1 < 0. Si ottiene l’unione di [−1,+∞) con (−∞,−1); ossia R. In conclusione A = (−1/2,+∞).Determiniamo Bk . Per x < 0 la disequazione log(−x) < k equivale a −x < ek ossia x > −ek . PertantoB = (−ek, 0). Affinché Bk ⊆ A dobbiamo quindi porre che −ek ≥ −1/2 che equivale a k ≤ − log 2.Pertanto C = (−∞,− log 2] che è un intervallo non contenente 0. �

E-3.3. 0 ∈ A perché f (0) = 0. Osserviamo inoltre che per x > 0 si ha che −1 < f (x) < 0 e cheper x < 0 si ha f (x) > 0. Non è difficile verificare che I( f ) = (−1,+∞) e quindi A = (−1,+∞).Evidentemente B = (−∞,−1] e C = ∅. Si invita il lettore a concludere l’esercizio. �

E-3.9. Forniamo solo le risposte di alcune delle disequazioni: 3) [kπ, π/2+ kπ], k ∈ Z; 6) (−∞,−1) ∪(1/7,+∞); 7) (−1,−1/

√2]; 9) [π/4+ kπ, π/2+ kπ) ∪ (−π/2+ kπ, kπ), k ∈ Z; 10) [2kπ, π/2+ 2kπ) ∪

(2/3 π + 2kπ, 4/3 π + 2kπ) ∪ (3/2 π + 2kπ, 2(k + 1)π], k ∈ Z. �

E-3.10. Per prima cosa va determinato il dominio di esistenza D del lato sinistro; esso è−1 ≤ 2x−1 ≤ 1ossia 0 ≤ 2x ≤ 2. La stretta crescenza della funzione esponenziale di base a = 2 > 1 implica cheD = (−∞, 1]. Per tali x va ora risolto −π/4 ≤ arcsin(2x − 1) ≤ π/4. Grazie alla stretta crescenzadella funzione sin u per u ∈ [−π/4, π/4] e al fatto che sin e arcsin in tali intervalli siano una lafunzione inversa dell’altra, segue che −

√2/2 = sin(−π/4) ≤ 2x − 1 ≤ sin(π/4) =

√2/2, ossia

1 −√

2/2 ≤ 2x ≤ 1 +√

2/2. Osserviamo che 1 −√

2/2 > 0 e 1 +√

2/2 < 2; pertanto i valori didi x ottenuti risolvendo l’ultima disequazione appartengono ad D. Utilizzando la stretta crescenzadella funzione logaritmo di base a = 2 > 1, abbiamo che log2(1 −

√2/2) ≤ x ≤ log2(1 +

√2/2). In

conclusione, tali valori di x sono quelli che risolvono la disequazione data. �

E-3.12. Il dominio D( f ) è l’intersezione dei domini delle varie funzioni che, tra loro composte,formano f : va quindi risolto il sistema x+1

x−1 > 0; x − 1 , 0. Ricordando che una frazione hasegno positivo nel caso in cui denominatore e numeratore abbiano segno concorde, si perviene aD( f ) = (−∞,−1) ∪ (1,+∞). La casistica richiesta dipende dal segno dell’argomento del valoreassoluto: va quindi studiato il sistema x ∈ D( f ); log2

x+1x−1 ≥ 0. La seconda disequazione equivale a

x+1x−1 ≥ 1 cioè a x+1−x+1

x−1 ≥ 0, ossia a 2x−1 ≥ 0. Le soluzioni della seconda disequazione sono quindi

date da x > 1. Pertanto log2x+1x−1 ≥ 0 se solo se x > 1 e inoltre ragionamenti analoghi permettono di

ottenere che log2x+1x−1 < 0 se solo se x < −1. Pertanto, per x > 1, si ha f (x) = 2log2

x+1x−1 = x+1

x−1 e, perx < −1, si ottiene f (x) = 2− log2

x+1x−1 = 2log2

x−1x+1 = x−1

x+1 . Per determinare il segno di f è sufficiente notareche la funzione più esterna è un esponenziale di base diversa da 1; quindi f (x) > 0 per ogni x ∈ D( f ).Osservando inoltre che | log2

x+1x−1 | ≥ 0 per ogni x ∈ D( f ), la monotònia dell’esponenziale di base

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Soluzioni degli esercizi del capitolo 3 5

2 > 1 ci permette di concludere che f (x) ≥ 1 per ogni x ∈ D( f ). Infine, siccome | log2x+1x−1 | , 0 per

ogni x ∈ D( f ), concludiamo che f (x) > 1 per ogni x ∈ D( f ). �

E-3.14. Il dominio D( f ) è determinato risolvendo il sistema x −√

x2 − 2x > 0; x2 − 2x ≥ 0. Laseconda disequazione equivale a x(x − 2) ≥ 0 le cui soluzioni sono x ∈ (−∞, 0] ∪ [2,+∞) =: A. Laprima disequazione equivale a x >

√x2 − 2x che, per x ∈ A, diviene x2 > x2 − 2x, grazie alla stretta

crescenza della funzione quadrato che è l’inversa della funzione radice quadrata (ben definita perx ∈ A). Pertanto, per x ∈ A, questa equivale a x > 0. In conclusione D( f ) = (0,+∞) ∩ A = [2,+∞).Per studiare il segno di f (x) va risolta, per x ∈ D( f ), la disequazione log2(x −

√x2 − 2x) > 0.

Equivalentemente, per la stretta crescenza della funzione esponenziale di base a = 2 > 1, si ha chex ∈ D( f ) deve verificare x −

√x2 − 2x > 1 che corrisponde a x − 1 >

√x2 − 2x. Siccome x ∈ D( f )

entrambi i lati dell’ultima disequazione sono non negativi e quindi essa equivale, per x ∈ D( f ), a(x−1)2 > x2−2x, grazie alla stretta crescenza della funzione quadrato. L’ultima disequazione equivalea 1 > 0 che è verificata per ogni x ∈ D( f ). In conclusione, f (x) > 0 per ogni x ∈ D( f ). �

E-3.20. Suggeriamo la strada da seguire. Dopo aver determinato il dominio di f , che risulta esserex ∈ [1, 3], si osservi che il grafico di g(x) := arcsin(x − 2) si ottiene da quello di arcsin(u) traslandoloin modo rigido verso destra di 2 unità. Dopo aver disegnato il grafico di g, quello di f si ottieneribaltando rispetto all’asse delle ascisse la parte negativa del grafico di g e lasciandone invariata laparte positiva. �

A. Languasco, Analisi Matematica 1 - 25 settembre 2017 - Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A. 2017

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 4

E-4.4. No. Ad esempio f (x) = 1/(x − 1) per ogni x ∈ [−1, 1), f (1) = 0, non è inferiormente limitatasu su [−1, 1] ma per ogni x0 ∈ (−1, 1) esiste finito limx→x0 f (x). Sulla stessa falsariga non è difficilecostruire esempi di funzioni non superiormente limitate e di funzioni non limitate. �

E-4.5. La prima parte ha risposta affermativa; basta osservare che se esistono MA, MB ∈ R tali che| f (a)| ≤ MA per ogni a ∈ A e | f (b)| ≤ MB per ogni b ∈ B allora si ha che | f (c)| ≤ max(MA; MB)

per ogni c ∈ A ∪ B. La seconda parte ha risposta negativa: siano Ak = (1/k, 1), k ∈ N, k ≥ 1, ef (x) = 1/x. Allora f è limitata su Ak per ogni k ∈ N, k ≥ 1 ma f non è limitata su

⋃+∞k=0 Ak = (0, 1).

E-4.10. Suggeriamo la linea di ragionamento da usare. Sono tutti esercizi che richiedono l’applicazionedei teoremi sul confronto dei limiti, o il teorema delle tre funzioni. Per risolvere i punti relativi a f3e a f6 conviene esprimere i limiti dati mediante la definizione e poi ragionare usando i teoremi sulconfronto dei limiti, o il teorema delle tre funzioni. �

E-4.11. Si osservi che | cos x − 3| = 3 − cos x grazie alle proprietà della funzione coseno. Perdeterminare D( f ) va impostato il sistema 2 sin2 x−cos x−1

3−cos x > 0; 3 − cos x , 0. La seconda disequazioneè ovviamente verificata per ogni x ∈ R. Inoltre 3 − cos x > 0 per ogni x ∈ R per le proprietà dellafunzione coseno. Quindi x ∈ D( f ) se solo se 2 sin2 x − cos x − 1 > 0. Per il teorema di Pitagora ciòequivale a 2 cos2 x+ cos x−1 < 0. Posto u = cos x si ottiene u ∈ (−1, 1/2). Dobbiamo quindi risolverecos x , −1, che fornisce x < {π + 2kπ : k ∈ Z}, e cos x < 1/2. Restringiamo per il momento la nostraattenzione a x ∈ [0, 2π) e risolviamo l’ultima disequazione. Ricordando che cos x = 1/2 se e solose x = π/3 o x = 5π/3 grazie alla monotònia della funzione coseno, otteniamo che x ∈ (π/3, 5π/3).La periodicità della funzione coseno ci assicura quindi che l’ultima disequazione ha come soluzionel’insieme

⋃k∈Z(π/3+2kπ, 5π/3+2kπ). Pertanto D( f ) =

⋃k∈Z

((π/3+2kπ, 5π/3+2kπ)\{π+2kπ}

).

La disequazione f (x) ≤ 0 equivale a 0 < 2 sin2 x−cos x−13−cos x ≤ 1 grazie alla stretta crescenza della funzione

logaritmo di base e > 1. La disequazione a sinistra significa che x ∈ D( f ) mentre quella a destraequivale a 2 sin2 x − cos x − 1 ≤ 3 − cos x, grazie al fatto che 3 − cos x > 0 per ogni x ∈ R. Unafacile manipolazione algebrica riconduce quest’ultima a sin2 x ≤ 2 che è verificata per ogni x ∈ Rgrazie al fatto che −1 ≤ sin x ≤ 1 per ogni x ∈ R. Possiamo quindi concludere che f (x) ≤ 0 perogni x ∈ D( f ). L’equazione f (x) = 0 equivale al sistema 2 sin2 x−cos x−1

3−cos x = 1; x ∈ D( f ). Calcolianaloghi al caso precedente conducono a risolvere 2 sin2 x − cos x − 1 = 3 − cos x, ossia a sin2 x = 2che, chiaramente, è priva di soluzioni. Pertanto f (x) < 0 per ogni x ∈ D( f ). Si lascia al lettore laverifica che 0 non è punto di accumulazione per D( f ) e che π/2 è punto di accumulazione per D( f ).Pertanto il limite in 0 di f (x) non esiste. Per quanto riguarda il limite in π/2 conviene osservareche limx→π/2

2 sin2 x−cos x−13−cos x = 1/3 grazie alle proprietà delle funzioni seno e coseno e ai teoremi sui

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Soluzioni degli esercizi del capitolo 4 7

limiti di somma, prodotto e rapporto. Utilizzando il teorema di sostituzione dei limiti, si ha allora chelimx→π/2 f (x) = limu→1/3 log u = − log 3, per le note proprietà della funzione logaritmo. �

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 5

E-5.2. Gli esercizi si risolvono osservando i seguenti fatti: 1) n2+3nn3−n2 =

n2(1+3/n)n3(1−1/n) per n ≥ 2; 2)

3n4−4n3+7n−5n2−n+3 =

n4(3−4/n+7/n3−5/n4)n2(1−1/n+3/n2)

per n ≥ 1; 3)(n+3n−4

)n−2=

(1+ 7

n−4)n−4+2

=[ (

1+ 7n−4

) (n−4)/7]7 (1+7

n−4)2 per n ≥ 5; 4) 4n5+2n−1

2n5−n3+n=

4+2/n4−1/n5

2−1/n2+1/n4 per n ≥ 1; 5)√n2−2−

√n2+n

n+4 = − n+2(n+4)(

√n2−2+

√n2+n)

=

−1+2/n1+4/n

1√n2−2+

√n2+n

per n ≥ 2; 6)3√n2−2− 3√

n2+nn4+2n+9 si razionalizza usando l’identità a3 − b3 = (a −

b)(a2 + ab + b2), dove a = 3√n2 − 2 e b = 3√n2 + n; 7)��√7n+5−

√7n−5

(−1)n2

�� = 10√7n+5+

√7n−5

per n ≥ 1; 8)nn

en2 = en log n−n2

= en2(−1+(log n)/n) per n ≥ 1. �

E-5.6. Le prime sei ricorrenze sono tutte di ordine 1 e del tipo ak = f (ak−1). È necessarioquindi studiare la monotonia di f ed i suoi punti fissi, ossia le soluzioni di f (u) = u. Risolviamoesplicitamente solo il secondo punto: sia f (x) :=

√x + 2. Posto x ≥ −2, l’unico punto fisso di

f è 2 perché f (x) ≥ 0 per ogni x ≥ −2. Osserviamo inoltre che f è strettamente crescente: se−2 ≤ x1 < x2 allora 0 ≤ x1 + 2 < x2 + 2 e quindi

√x1 + 2 <

√x2 + 2. Infine, siccome a0 = 0, si ha

che a1 = f (a0) =√

2 > 0 = a0. I risultati noti su tali tipi di ricorrenze permettono allora di concludereche ak è strettamente crescente. Pertanto limk→+∞ ak = ` ∈ (0,+∞) ∪ {+∞}. Osserviamo infineche se −2 < a0 ≤ 2 allora −2 < ak ≤ 2 per ogni k ≥ 1, k ∈ N. Lo dimostriamo per induzione: ilpasso base è dato da a1 > a0 > −2 e a1 =

√a0 + 2 ≤

√2 + 2 = 2; per il passo induttivo, supponiamo

che −2 < ak−1 ≤ 2; allora ak = f (ak−1) > ak−1 > −2, grazie alla stretta crescenza di f , ed inoltreak =

√ak−1 + 2 ≤

√2 + 2 = 2. Pertanto il principio di induzione ci assicura che se −2 < a0 ≤ 2 allora

−2 < ak ≤ 2 per ogni k ≥ 1. In realtà è facile osservare che se −2 < a0 ≤ 2 allora 0 ≤ ak ≤ 2 per ognik ≥ 1 (lo si provi per induzione). Nel testo dell’esercizio è specificato che a0 = 0; pertanto abbiamo cheak è superiormente limitata da 2 ed è strettamente crescente. Di conseguenza limk→+∞ ak = ` ∈ (0, 2]grazie ai teoremi sui limiti delle funzioni monotòne. Possiamo quindi dire che ` ∈ (0, 2] deve verificare` =√` + 2 da cui segue ` = 2 (si ricordino i punti fissi di f ). In conclusione, per il secondo punto

dell’esercizio abbiamo che ak → 2 per k → +∞. Tutti gli altri punti, tranne gli ultimi quattro, sisvolgono con ragionamenti analoghi.Le ultime quattro ricorrenze sono lineari autonome di ordine 2 e quindi ognuna delle rispettivesoluzioni ammette una forma chiusa. Dobbiamo rispettivamente determinare le soluzioni dei polinomiλ2 − 2λ − 6 = 0, λ2 − 6λ − 5 = 0, λ2 − 2λ − 3 = 0, 2λ2 − λ − 1 = 0 che hanno tutti due radici realidistinte λ1, λ2. Pertanto nei quattro casi sopra scritti si ottiene che ak = d1λ

k1 + d2λ

k2 per ogni k ∈ N.

Di conseguenza possiamo scrivere che a0 = d1 + d2; a1 = d1λ1 + d2λ2 che è un sistema lineare nelledue indeterminate d1, d2 (a0 e a1 sono da considerare termini noti). Per trovare, in dipendenza dei datiiniziali a0, a1, la forma esplicita della soluzione ak basta quindi determinare λ1, λ2 e risolvere in d1, d2il sistema sopra descritto. �

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 6

E-6.1. Si, esiste. Ad esempio la funzione definita per casi come f (x) = x, se x ∈ (0, 1], ef (x) = 1/(x − 1), se x ∈ (1, 2), ha I( f ) = (0,+∞) ed è facile provare che è iniettiva. Pertantoè invertibile. La funzione inversa si può facilmente calcolare ed è f −1(y) = y se y ∈ (0, 1] ef −1(y) = 1/y + 1 se y ∈ (1,+∞) da cui è immediato notare che la condizione sul limite è verificata.Osserviamo ora che se una funzione g fosse continua in (0, 2), allora lo sarebbe anche in 1 e quindi, grazieal teorema di locale limitatezza, esisterebbe U ′1, intorno di 1, per cui l’insieme {g(x) : x ∈ U ′1 ∩ (0, 2)}sarebbe limitato. D’altra parte se g è invertibile e verifica che limy→+∞ g−1(y) = 1, allora per ogni U1,intorno di 1, esisteW , intorno di +∞, per cui g−1(y) ∈ U1 per ogni y ∈ W∩D(g−1); ma D(g−1) = I(g)

e quindi quanto sopra si può riscrivere come: per ogni U1, intorno di 1, esiste W , intorno di +∞, percui x ∈ U1 per ogni g(x) ∈ W e x ∈ (0, 2). In particolare, ricordando che W è un intorno di +∞, si hache per ogni U1, intorno di 1, l’insieme {g(x) : x ∈ U1 ∩ (0, 2)} è superiormente illimitato. Si pervienecosì ad una contraddizione; di conseguenza la funzione g che verifica le condizioni presenti nel testodell’esercizio non può essere continua in (0, 2). �

E-6.2. Osserviamo che D( f ) = R. Inoltre f (0) = cos λ, limx→0− f (x) = cos λ e limx→0+ f (x) =limu→−∞ e−u = 0 (per il teorema di sostituzione dei limiti). Pertanto fλ è continua in 0 se e solo secos λ = 0; ossia λ ∈ {π/2 + 2kπ : k ∈ Z}. Inoltre fλ è continua in x , 0 per ogni λ ∈ R perchécomposizione di funzioni continue. Pertanto fλ è continua in R se e solo se λ ∈ {π/2 + 2kπ : k ∈ Z}.Studiamo ora l’invertibilità di fλ. Se x > 0, fλ(x) = e−1/x è una funzione strettamente crescente perchécomposizione di due funzioni strettamente crescenti; inoltre la sua immagine è uguale all’immaginedella funzione eu per u ∈ (−∞, 0), ossia (0, 1). Considerando x ∈ (0, 1], si ha che fλ(x) è strettamentecrescente e la sua immagine è (0, 1/e]. Nel caso in cui x ∈ [−1, 0], il problema equivale a studiarel’invertibilità di cos t, t ∈ [λ − 1, λ]. Dobbiamo quindi certamente imporre che [λ − 1, λ] siacontenuto in un intervallo di invertibilità per cos t. Quindi [λ − 1, λ] ⊂ [kπ, (k + 1)π] per un certok ∈ Z. In tale intervallo per t sappiamo inoltre che cos t è strettamente monotòno. Dobbiamoinoltre imporre che l’immagine di cos t non contenga punti di (0, 1/e]; pertanto essa deve esserecontenuta in [−1, 0] ∪ (1/e, 1]. Dobbiamo quindi imporre che t ∈

⋃j∈Z[π/2 + 2 jπ, 3π/2 + 2 jπ]

oppure che t ∈⋃

j∈Z(− arccos(1/e) + 2 jπ, arccos(1/e) + 2 jπ). Combinando tali condizioni si ottieneche [λ − 1, λ] ⊂

⋃m∈Z[2mπ, arccos(1/e) + 2mπ) ∪ [π/2 + 2mπ, π + 2mπ] oppure [λ − 1, λ] ⊂⋃

m∈Z(2(m + 1)π − arccos(1/e), 2(m + 1)π] ∪ [π + 2mπ, 3π/2 + 2mπ]. Gli intervalli di λ per cui fλè invertibile per ogni x ∈ [−1, 1] si ottengono risolvendo le disequazioni implicite nelle inclusioniprecedenti. Per la scrittura della funzione inversa, per comodità, ci restringiamo al caso m = 0: se[λ−1, λ] ⊂ [0, arccos(1/e))∪[π/2, π], allora f −1

λ (u) = arccos(u)−λ per u ∈ [−1, 0]∪(1/e, 1] e f −1λ (u) =

−1/log(u) per u ∈ (0, 1/e]. Inoltre, sempre per m = 0, se [λ−1, λ] ⊂ [π, 3π/2]∪(2π−arccos(1/e), 2π],allora f −1

λ (u) = 2π − arccos(u) − λ per u ∈ [−1, 0] ∪ (1/e, 1] e f −1λ (u) = −1/log(u) per u ∈ (0, 1/e].

Per gli altri valori di m va fatto un ragionamento simile, ossia bisogna traslare i valori di arccos(u) inmodo opportuno. �

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10 Soluzioni degli esercizi del capitolo 6

E-6.5. Nel primo caso, f non può essere continua in 2 dato che limx→2 f (x) non esiste. Nel secondocaso, f non può essere continua in 2 dato che limx→2 f (x) non è reale. Nel terzo caso, f non puòessere continua in 4 perché limx→4 f (x) non esiste essendo il limite destro diverso da quello sinistro.Nel terzo caso, f non può essere continua in 1 perché limx→1 f (x) non esiste essendo il limite destrodiverso da quello sinistro. �

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 7

E-7.1. Il primo fatto è vero: non ci si faccia ingannare dal nome della variabile rispetto alla qualesi sta facendo il limite; infatti il limite in questione equivale a lim

v→x0

f (v)− f (x0)v−x0

che è il limite delrapporto incrementale per f in x0. Il secondo fatto è falso per x0 , 0: il limite a destra non è illimite del rapporto incrementale per f in x0 (se x0 , 0, il denominatore non tende a 0). Il secondofatto è vero per x0 = 0: il limite a destra è il limite del rapporto incrementale per f in 0. Il terzofatto è vero: basta porre t = −h e usare il teorema di sostituzione per i limiti per ottenere chelimh→0

f (x0)− f (x0−h)h = lim

t→0f (x0)− f (x0+t)

−t = limt→0

f (x0+t)− f (x0)t , ossia il limite del rapporto incrementale per

f in x0. Il quarto fatto è falso: basta porre h = 2t e usare il teorema di sostituzione per i limiti perottenere che lim

t→0f (x0+2t)− f (x0)

t = limh→0

f (x0+h)− f (x0)h/2 = 2 lim

h→0f (x0+h)− f (x0)

h che non è il limite del rapportoincrementale per f in x0, ma il suo doppio. �

E-7.2. Il primo punto è falso: basta prendere f (x) = x e x0 = 0. Il secondo punto è vero: infatti se ( f )3 èderivabile in x0 allora ( f )3 è continua in x0; si conclude poi osservando che, essendo f (x) = [( f (x))3]1/3

per ogni x ∈ D( f ), f è composizione di una funzione continua in x0 con una continua in y0 = ( f (x0))3;

pertanto f è continua in x0. Il terzo punto è vero. Consideriamo u ∈ R; il teorema di Lagrange ciassicura che esiste x ∈ (u, u + 1) tale che f (u + 1) − f (u) = f ′(x). Per u → +∞, il lato di sinistraha limite dato da 1 − 1 = 0; per concludere basta osservare che per u → +∞ si ha che x → +∞(per il teorema sul confronto per i limiti) e pertanto limx→+∞ f ′(x) = limu→+∞( f (u + 1) − f (u)) = 0.Il quarto punto è falso: basta porre f (x) = log x per x ≥ 1 e f (x) = x − 1 per x < 1. Mediante ilimiti notevoli non è difficile verificare che f è derivabile in R; inoltre un facile calcolo rivela chef ′(x) = 1/x se x ≥ 1 e 1 se x < 1. Si noti che limx→+∞ f ′(x) = 0 e che limx→+∞ f (x) = +∞. �

E-7.3. Sia x0 ∈ R. Si osservi che | f (v) − f (x0)| ≤ K |v − x0 |α → 0 per v → x0. Pertanto f è continua

in R. Per ogni v , x0 basta osservare che

0 ≤��� f (v) − f (x0)

v − x0

��� ≤ K |v − x0 |α

|v − x0 |= K |v − x0 |

α−1 → 0 per v → x0

e applicare il teorema delle tre funzioni per concludere, per ogni x0 ∈ R, che limv→x0f (v)− f (x0)

v−x0= 0.

Pertanto f è derivabile in R e f ′(x) = 0 per ogni x ∈ R. �

E-7.20. Conviene porre t = 1/x, determinare gli intervalli di invertibilità di cos t per t ∈ (0,+∞) e poiritornare alla variabile x. Infatti se t ∈ [kπ, (k + 1)π] ∩ (0,+∞) per un certo k ∈ Z, si ha che cos t èstrettamente monotòna e quindi invertibile. Quindi t ∈ (0, π] oppure t ∈ [kπ, (k + 1)π], k ∈ N, perun certo k ≥ 1, sono tutti gli intervalli di invertibilità di cos t. Pertanto abbiamo che x ∈ [1/π,+∞)oppure x ∈ [1/((k + 1)π), 1/(kπ)], k ∈ N, per un certo k ≥ 1, sono tutti gli intervalli di invertibilità dif (x) := cos(1/x), per x > 0. Per invertire la funzione ci restringiamo a x ∈ [1/π,+∞). Osserviamo che

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12 Soluzioni degli esercizi del capitolo 7

f (x) per x ∈ [1/π,+∞) è strettamente crescente (lo si verifichi tramite la definizione, oppure osservandoche f (x) è la combinazione di due funzioni strettamente decrescenti); pertanto in tale intervallo f èinvertibile. L’immagine di f (x) per x ∈ [1/π,+∞) è [−1, 1); quindi

√2/2 ∈ I( f ) = D( f −1). Inoltre

cos(π/4) =√

2/2, 4/π ∈ [1/π,+∞) è un punto interno a tale intervallo, f (x) è derivabile in 4/π ef ′(4/π) = (sin(1/x)/x2)(4/π) = π2/(16

√2) , 0. Il teorema di derivazione della funzione inversa ci

assicura quindi che f −1 è derivabile in√

2/2 e che ( f −1)′(√

2/2) = 1/ f ′(4/π) = 16√

2/π2. �

E-7.34. Se |λ | ≥ π/2 il problema non ha soluzioni per le note proprietà dell’immagine della funzionearctan. Se |λ | < π/2, si ponga µ = tan λ e si risolva il problema x−12

|x2+x−12 | = µ. Determinato il numerodi soluzioni in dipendenza di µ, si sfrutterà la stretta monotònia della funzione tan per concludere chead ogni soluzione in dipendenza di µ corrisponde un’unica soluzione in dipendenza di λ. Si osservapoi che x2 + x − 12 = (x + 4)(x − 3), D( f ) = R \ {−4, 3} e che f è continua dove definita (perchécomposizione di funzioni continue). Per quanto riguarda la derivabilità, gli unici punti problematicisono dati dai punti di azzeramento di |x2 + x − 12| che però non appartengono a D( f ); in conclusione,visto che f è sempre esprimibile come rapporto di polinomi non nulli in D( f ), abbiamo che f èderivabile dove è definita. Calcoli immediati rivelano che f ′(x) = −x(x − 24)/(x2 + x − 12)2 perx < −4 oppure x > 3 e che f ′(x) = x(x−24)/(x2+ x−12)2 per x ∈ (−4, 3). Pertanto se x < −4 oppurex > 3 si ha che limx→−4− f (x) = −∞, limx→3+ f (x) = −∞, limx→+∞ f (x) = 0 e limx→−∞ f (x) = 0;inoltre f è strettamente decrescente in (−∞,−4) ∪ (24,+∞), f è strettamente crescente in (3, 24), ilpunto x0 = 24 è punto di massimo relativo e f (24) = 1/49. Si noti che quindi (−∞, 1/49] ⊂ I( f ). Sex ∈ (−4, 3), allora limx→−4+ f (x) = −∞ e limx→3− f (x) = −∞; inoltre f è strettamente decrescente in(0, 3), f è strettamente crescente in (−4, 0), il punto x0 = 0 è punto di massimo relativo e f (0) = −1.Si noti che quindi (−∞,−1] ⊂ I( f ). Mostriamo la funzione con due grafici per problemi di scala: ilprimo riguarda D( f ) ∩ (−∞, 12]:

Il secondo riguarda D( f ) ∩ (12, 100] (con un fattore di scala opportuno per mostrare il punto dimassimo in 24):

In ogni intervallo di continuità per f possiamo usare il teorema degli zeri per la funzione g(x) = f (x)−µ.Sia x ∈ (−∞,−4): se µ ∈ (−∞, 0) esiste una soluzione a f (x) = µ con x ∈ (−∞,−4); inoltre talesoluzione è unica per la stretta monotònia di f in tale intervallo; per µ ≥ 0 non esistono soluzioni perx ∈ (−∞,−4). Sia x ∈ (−4, 0): se µ ∈ (−∞,−1) esiste una soluzione a f (x) = µ con x ∈ (−4, 0); inoltretale soluzione è unica per la stretta monotònia di f in tale intervallo; per µ ≥ −1 non esistono soluzioniper x ∈ (−4, 0). Sia x ∈ (0, 3): se µ ∈ (−∞,−1) esiste una soluzione a f (x) = µ con x ∈ (0, 3); inoltretale soluzione è unica per la stretta monotònia di f in tale intervallo; per µ ≥ −1 non esistono soluzioniper x ∈ (0, 3). Il caso µ = −1 ha unica soluzione x = 0 nell’intervallo (−4, 3). Sia x ∈ (3, 24): seµ ∈ (−∞, 1/49) esiste una soluzione a f (x) = µ con x ∈ (3, 24); inoltre tale soluzione è unica perla stretta monotònia di f in tale intervallo; per µ ≥ 1/49 non esistono soluzioni per x ∈ (3, 24). Sia

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Soluzioni degli esercizi del capitolo 7 13

x > 24: se µ ∈ (0, 1/49) esiste una soluzione a f (x) = µ con x > 24; inoltre tale soluzione è unica perla stretta monotònia di f in tale intervallo; per µ ≥ 1/49 o µ ≤ 0 non esistono soluzioni per x > 24. Ilcaso µ = 1/49 ha unica soluzione x = 24 nell’intervallo (3,+∞). Raccogliendo queste informazionipossiamo concludere che f (x) = µ ha quattro soluzioni distinte se µ < −1, tre soluzioni distinte seµ = −1, due soluzioni distinte se µ ∈ (−1, 0), una soluzione se µ ∈ [0, 1/49] e se µ > 1/49 non ci sonosoluzioni. Ponendo λ = arctan µ si risolve l’esercizio nella sua formulazione originale. �

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 8

E-8.1. Per g(x), grazie ai limiti notevoli, è immediato concludere che è un infinitesimo di ordine 2 perx → 0+. Grazie ai limiti notevoli sappiamo che sia sin x che tan x sono infinitesime di ordine 1 perx → 0+. Pertanto f (x) deve avere ordine di infinitesimo maggiore o uguale a 1 per x → 0+. Sianoα > 0 e x > 0; consideriamo

f (x)xα=

sin x − sin xcos x

xα=

1cos x

sin x cos x − sin xxα

=1

cos xsin x

xcos x − 1

xα−1 .

I primi due fattori tendono a 1 per x → 0+ (continuità della funzione coseno e limiti notevoli). Peravere un limite reale, è dunque condizione necessaria e sufficiente che il terzo termine abbia limitereale; notando che il numeratore di questa quantità è −g(x), per quanto precedentemente visto ciòequivale a porre α − 1 = 2, ossia α = 3. Pertanto f (x) è un infinitesimo di ordine 3 per x → 0+. �

E-8.3. Per definizione si ha che limx→0+ f (x)/x3 = `1 ∈ R\{0} e che limx→0+ g(x)/x2 = `2 ∈ R\{0}.Pertanto, grazie al teorema sul limite del prodotto e del rapporto, si ha che

limx→0+

f (x)g(x)

= limx→0+

f (x)x3

x2

g(x)x3

x2 =`1`2· 0 = 0,

ossia che f (x) = o(g(x)) per x → 0+. �

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 9

E-9.23. Osserviamo che per ogni a ∈ R la funzione f (x) è ottenuta mediante somma, prodotto,composizione di funzioni C∞(R); pertanto, per ogni a ∈ R, si ha che f ∈ C∞(R). Se a = 0 alloraf (x) = (sin x)(1 − x2) la cui formula di Maclaurin si ottiene immediatamente da quella del seno efornisce f (x) = (x− x3/6+o

(x3))(1− x2) = x− x3/6+o

(x3)− x3+ x5/6+o

(x5) = x−7x3/6+o

(x3)

per x → 0. In tal caso f è un infinitesimo di ordine 1 in 0, f ′(0) = 1, f ′′(0) = 0. Essendo f ′(0) = 1 > 0possiamo concludere che esiste un intornoV di 0 in cui f è strettamente crescente e quindi f è invertibileinV . Un facile calcolo fa ottenere che f ′′(x) = −(3−x2) sin x−4x cos x per ogni x ∈ R; di conseguenzaosserviamo che f ′′(x) < 0 per x ∈ (0, π/2) (somma di due quantità negative) e che f ′′(x) > 0 perx ∈ (−π/2, 0) (somma di due quantità positive). Pertanto non esistono intorni U di 0 per cui f èconcava (convessa) in U. Supponiamo ora che a , 0. Ricordando che cos u = 1 − u2/2 + o

(u3) per

u→ 0 e che eax − 1 ∼ ax per x → 0, otteniamo che

cos(eax − 1) = 1−(eax − 1)2

2+ o

((eax − 1)3

)= 1−

(eax − 1)2

2+ o

((ax)3

)= 1−

(eax − 1)2

2+ o

(x3)

per x → 0. Ricordando che eu = 1 + u + u2/2 + o(u2) per u → 0, abbiamo che (eu − 1)2 =

(u + u2/2+ o(u2))2 = u2 + u4/4+ o

(u4) + u3 + o

(u3) = u2 + u3 + o

(u3) per u→ 0. Di conseguenza

cos(eax − 1) = 1 −(ax)2

2−(ax)3

2+ o

((ax)3

)+ o

(x3) = 1 −

a2

2x2 −

a3

2x3 + o

(x3)

per x → 0. Quindi, usando quanto visto nel caso a = 0, si ha che

f (x) = x −76

x3 +o(x3) + 1−

a2

2x2 −

a3

2x3 +o

(x3) − 1− ax = (1− a)x −

a2

2x2 −

7 + 3a3

6x3 +o

(x3)

per x → 0. Pertanto f (x) = o(x) per x → 0 se e solo se a = 1. Inoltre f ′(0) = 1 − a e f ′′(0) = −a2

e non esistono a , 0 per cui f ′(0) = f ′′(0). Se a , 1 (e a , 0) allora f è strettamente monotòna(e quindi invertibile) in un intorno di 0 perché f ′(0) = 1 − a , 0. Se a = 1 allora f ′(0) = 0 ef ′′(0) = −1; pertanto 0 è un punto di massimo locale e quindi non esiste un intorno di 0 in cui f siainvertibile [infatti, siccome 0 è un punto di massimo locale, esistono x1 < 0 < x2 tali che f (x1) ≤ f (0)e f (x2) ≤ f (0); per il teorema dei valori intermedi [ f (x1), f (0)] ⊂ I( f ) e [ f (x2), f (0)] ⊂ I( f );posto v ≥ max( f (x1); f (x2)), v < f (x0), abbiamo che [v, f (0)] ⊂ I( f ); infine, il teorema degli zeriapplicato a f (x) − v per x ∈ (−∞, 0), e poi per ogni x ∈ (0,+∞), ci assicura che esistono x3, x4,x1 ≤ x3 < 0 < x4 ≤ x2 tali che f (x3) = v = f (x4) e quindi f non è iniettiva in (x1, x2)]. Infine,siccome f ′′(0) = −a2 < 0 per ogni a , 0, si ha che esiste W , intorno di 0, tale che f è concava in Wper ogni a , 0. �

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16 Soluzioni degli esercizi del capitolo 9

E-9.25. La formula di Maclaurin di log(1 + x) è nota e pertanto si ha che

log(1 + x)x

=1x

(x −

x2

2+

x3

3−

x4

4+ o

(x4) ) = 1 −

x2+

x2

3−

x3

4+ o

(x3) per x → 0.

Adesso serve la formula di Taylor centrata in u0 = 1 di eu, ossia

eu = e + e(u − 1) + e(u − 1)2

2+ e(u − 1)3

6+ o

((u − 1)3

)per u→ 1,

perché, grazie ai limiti notevoli, sappiamo che log(1+x)x → 1 per x → 0. Quindi, denotando

f (x) := log(1+x)x , otteniamo che

e f (x) = e + e( f (x) − 1) +e2( f (x) − 1)2 +

e6( f (x) − 1)3 + o

(( f (x) − 1)3

)= e + e

(−

x2+

x2

3−

x3

4+ o

(x3) ) + e

2

(−

x2+

x2

3−

x3

4+ o

(x3) )2

+e6

(−

x2+

x2

3−

x3

4+ o

(x3) )3

+ o(x3), per x → 0

perché, da quanto sopra, abbiamo che f (x) − 1 ∼ x per x → 0. Di conseguenza, si ottiene che

elog(1+x)

x = e + e(−

x2+

x2

3−

x3

4

)+

e2

( x2

4−

x3

3

)+

e6

(−

x3

8

)+ o

(x3)

= e −e2

x +1124

ex2 −716

ex3 + o(x3) per x → 0.

Ciò termina la risoluzione del primo punto. Per il secondo punto, osservando che 1/n → 0+ pern→ +∞, possiamo scrivere che(

1 +1n

)n= en log(1+1/n) = e −

e2n+

1124n2 e −

716n3 e + o

(1n3

)per n→ +∞;

pertanto e − (1 + 1n )

n = e2n + o

( 1n

)per n→ +∞. Di conseguenza, grazie al principio di sostituzione

degli infinitesimi di ordine superiore, il limite richiesto diviene

limn→+∞

e − (1 + 1/n)n

nα= lim

n→+∞

e2n + o

( 1n

)nα

= limn→+∞

e2

1nα+1 =

e/2 se α = −10 se α > −1+∞ se α < −1.

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 10

E-10.1. In questo caso il problema non richiede lo studio di f ; basta imporre che x2 + 4x + 4 =(x + 2)2 , 0, ossia x , −2, e risolvere x2+3

x2+4x+4 =12 ossia 2(x2 + 3) = x2 + 4x + 4. �

E-10.8. Suggeriamo di notare che f è derivabile in R e che f ′(x) = ex + 1 > 0. Pertanto f èstrettamente crescente in R e quindi f è invertibile in R. Ricordiamo che D( f −1) = I( f ). Peril teorema sui limiti delle funzioni monotòne, è sufficiente studiare limx→−∞ f (x) = inf I( f ) elimx→+∞ f (x) = sup I( f ) (si ricordi che f è strettamente crescente in R). Grazie al teorema sul limitedella somma, non è difficile verificare che limx→−∞ ex + x = −∞ e limx→+∞ ex + x = +∞. QuindiR ⊂ I( f ) da cui segue I( f ) = R. �

E-10.9. Suggeriamo di notare che f ∈ C1(R). Inoltre f (−1) = 3 > 0, f (0) = −2 < 0 e f ′(x) =4x3−6x2+4x = 2x(2x2−3x+2) < 0 per ogni x < 0. Per il teorema degli zeri per le funzioni continuee la stretta decrescenza di f in (−∞, 0), possiamo concludere che in (−1, 0) esiste un unico punto diazzeramento per f . Per calcolare il valore di tale punto x0 si usi il metodo dicotomico per 6 iterazioni:ogni volta si dimezza la lunghezza dell’intervallo in cui possiamo posizionare x0. Siccome 26 = 64 ela lunghezza dell’intervallo iniziale è 1, con 6 iterazioni si sa che x0 ∈ I = (c, d), −1 < c < d < 0 ed − c = 1/64. Come approssimazione di x0 scegliamo ora x1 = (c + d)/2 ossia il punto di mezzo di I.Pertanto |x0 − x1 | ≤ d − c − (c + d)/2 = (d − c)/2 = 1/128 < 10−2. Si lascia al lettore diligente ilcalcolo effettivo dei vari passi del metodo dicotomico e del valore di x1.Dopo aver notato la convessità di f nel proprio dominio di definizione, si deduca che il metodo dellecorde, delle secanti e di Newton sono applicabili a tale problema. Invitiamo il lettore diligente acostruire le tre ricorrenze di questi metodi e a determinare quante iterazioni di ciascun metodo sononecessarie per determinare x0 con la precisione richiesta nel testo dell’esercizio. �

E-10.10. L’esercizio è standard tranne per l’ultimo punto in cui serve la seguente

Proposizione (Derivata seconda della funzione inversa). Siano f : I ⊆ R→ R, I intervallo, x0 ∈ I,x0 interno, f derivabile in I, f ′(x) , 0 per ogni x ∈ I e f derivabile due volte in x0. Inoltre f siastrettamente monotòna in I. Allora la funzione f −1 : I( f ) → I è derivabile due volte in y0 = f (x0),( f −1)′(y0) = 1/ f ′(x0) e ( f −1)′′(y0) = − f ′′(x0)/( f ′(x0))

3.

Dimostrazione. Le ipotesi che abbiamo sono più forti del teorema di derivabilità della funzione inversadimostrato nel testo; questo permette di concludere sull’esistenza della derivata prima dell’inversa esulla validità della formula indicata per la derivata prima. Per quanto concerne la derivata seconda,osserviamo che dalla relazione f −1( f (x)) = x per ogni x ∈ I discende, derivando i due lati, che( f −1)′( f (x)) · f ′(x) = 1 per ogni x ∈ I. Usando il fatto che f ′(x) , 0 per ogni x ∈ I segue che( f −1)′( f (x)) = 1/ f ′(x) per ogni x ∈ I. Ma il teorema di derivabilità del rapporto implica che 1/ f ′(x)sia una funzione derivabile in x0; pertanto anche ( f −1)′ è derivabile in y0 = f (x0). Inoltre, derivando

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18 Soluzioni degli esercizi del capitolo 10

l’ultima formula ottenuta usando il teorema di derivazione della funzione composta e del rapporto, siha che

( f −1)′′(y0) · f ′(x0) = −f ′′(x0)

( f ′(x0))2

da cui la tesi segue immediatamente. �

Risultati analoghi si possono dimostrare sulle derivate successive della funzione inversa. �

E-10.14. Chiaramente x > 0 altrimenti g(x) non è definita. Siccome f , g sono entrambe derivabiliin (0,+∞), i coefficienti angolari delle rette tangenti nel punto x0 > 0 sono rispettivamente dati daf ′(x0) = 2x0 e g′(x0) = 1/x0. Tali coefficienti devono essere tra loro uguali e questo conduce a porre2x0 = 1/x0 ossia 2x2

0 = 1; pertanto x0 =√

2/2 perché x0 > 0. Inoltre va imposto che f (x0) = g(x0),ossia x2

0 − λ = log x0. Siccome x0 =√

2/2, quest’ultima relazione diviene 1/2 − λ = −(log 2)/2 da cuisegue λ = (1 + log 2)/2. Pertanto per tale valore di λ le funzioni f , g sono tangenti nel punto

√2/2 (e

non vi sono altre soluzioni). �

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 11

E-11.5. I primi due esercizi si risolvono usando l’integrazione per parti e poi il metodo dei frattisemplici. Gli ultimi due si risolvono usando il teorema di integrazione per sostituzione e poi il metododei fratti semplici. �

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 12

E-12.2. Si osservi che f (x) ≥ 0 per x ∈ [1,√

e] e f (x) ≤ 0 per x ∈ [1/√

e, 1]. Pertanto l’area dacalcolare è data da ∫ √

e

1/√e

| f (x)| dx = −∫ 1

1/√e

f (x) dx +∫ √

e

1f (x) dx.

Una primitiva di f (x) per x > 0 si determina con il metodo dei fratti semplici ed è F(x) =12 log(x2+1)−log x+arctan x, per x > 0. L’area cercata vale quindi−(F(1)−F(1/

√e))+F(

√e)−F(1) =

F(√

e) + F(1/√

e) − 2F(1). Valutando la funzione F nei punti indicati e usando le note proprietà dellefunzioni log e arctan si ottiene che il valore dell’area richiesta è log(1 + e) − 1/2 − log 2. �

E-12.3. Chiaramente a, b > 0 per definizione dei semiassi dell’ellisse. Forniamo solamente il seguentesuggerimento: l’area da calcolare è il doppio dell’area sottesa dalla semiellisse y = f (x) = b

a

√a2 − x2,

x ∈ [−a, a]. �

E-12.5. Notiamo che per x ≥ 1 si ha che log x ≥ 0 e quindi g(x) ≥ 0 per x ≥ 1. L’area richiesta èquindi

∫ e2

1 g(x) dx. Per il teorema di sostituzione definita applicata a x = u(t) = et , si ottiene che∫ e2

1g(x) dx =

∫ 2

0

t3 + 2t + 4t2 + 1

dt =∫ 2

0

(t +

t + 4t2 + 1

)dt =

t2

2

���20+

12

∫ 2

0

2tt2 + 1

dt + 4 arctan t���20

=( t2

2+

12

log(t2 + 1) + 4 arctan t)���2

0= 2 +

12

log 5 + 4 arctan 2. �

E-12.6. Forniamo solo un suggerimento. Mediante il teorema di sostituzione definita nel primo caso ilproblema diviene il calcolo dell’integrale definito di log t, con t ∈ [1, e2], mentre nel secondo caso ci siriconduce a quello di t3+4t+1

t2+4 , con t ∈ [0, 1]. �

E-12.13. Osserviamo che e(sin t)2∈ C0(R) e quindi il teorema fondamentale del calcolo integrale ci

assicura che F(x) è derivabile inR e F ′(x) = e(sin x)2 per ogni x ∈ R. Di conseguenzaG′(x) = e(sin x)2−1per ogni x ∈ R e quindi G′(0) = 0. Inoltre siccome (sin x)2 ≥ 0 per ogni x ∈ R si ha che G′(x) ≥ 0per ogni x ∈ R; di conseguenza G(x) è debolmente crescente per ogni x ∈ R. Infine se 0 fosse unpunto di minimo per G(x) allora esisterebbe un intorno U0 di 0 per cui G(x) ≥ G(0) per ogni x ∈ U0;sia allora x1 < 0 e x1 ∈ U0; da quanto sopra G(x1) ≥ G(0) in contraddizione con il fatto che G è unafunzione debolmente crescente dove definita. Pertanto 0 non è punto di minimo per G(x). �

E-12.14. Osserviamo che arctan(log t) ∈ C0((0,+∞)) e quindi il teorema fondamentale del calcolointegrale ci assicura che H(u) :=

∫ u

1 arctan(log t) dt è derivabile in (0,+∞) e H ′(u) = arctan(log u)

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Soluzioni degli esercizi del capitolo 12 21

per ogni u ∈ (0,+∞). Osserviamo adesso che G(x) = H(ex2−1); pertanto D(G) = R e G è la funzione

composta di due funzioni derivabili. Il teorema di derivazione delle funzioni composte ci assicurache essa è derivabile per ogni x ∈ R e che G′(x) = H ′(ex

2−1)(2x)ex2−1 = (2x)ex

2−1 arctan(x2 − 1)per ogni x ∈ R. È immediato notare che G′(x) > 0 se e solo se x(x2 − 1) > 0; pertanto G′(x) > 0se e solo se x ∈ (−1, 0) ∪ (1,+∞), G′(x) < 0 se e solo se x ∈ (−∞,−1) ∪ (0, 1) e che G′(x) = 0se e solo se x ∈ {−1, 0, 1}. Il teorema che connette il segno della funzione derivata prima con lamonotònia della funzione stessa permette di concludere che G(x) è strettamente crescente se e solo sex ∈ (−1, 0) ∪ (1,+∞) e che G(x) è strettamente decrescente se e solo se x ∈ (−∞,−1) ∪ (0, 1). Pertantoi punti stazionari −1, 0, 1 sono rispettivamente di minimo, massimo e minimo locale. Osserviamo orache G(−1) = 0 e ricordiamo che G è strettamente crescente per x ∈ (−1, 0); pertanto, ricordando che Gè continua in R, abbiamo che G(0) > G(−1) = 0. Si noti adesso che G(1) = G(−1) = 0 e quindi 0 èun minimo locale raggiunto sia in −1 che in 1. Per concludere sul fatto che 0 è un minimo globale,basta ricordare che G è continua in R e che G è strettamente decrescente per x ∈ (−∞,−1); quindiG(x) > G(−1) = 0 per ogni x ∈ (−∞,−1); che G è strettamente crescente per x ∈ (−1, 0) e quindiG(x) > G(−1) = 0 per ogni x ∈ (−1, 0); che G(0) > 0; che G è strettamente decrescente per x ∈ (0, 1)e quindi G(x) > G(1) = 0 per ogni x ∈ (0, 1) e che G è strettamente crescente per x ∈ (1,+∞) e quindiG(x) > G(1) = 0 per ogni x ∈ (1,+∞). �

E-12.18. Sia G(s) =∫ s

0 et2 arctan(t2) dt. Siccome f (t) = et

2 arctan(t2) è continua su R, il teoremafondamentale del calcolo integrale ci assicura che G(s) è derivabile per ogni s ∈ R e G′(s) = f (s)per ogni s ∈ R. Un’altra applicazione del teorema fondamentale del calcolo integrale mostra cheF(x) =

∫ x

0 G(s) ds è derivabile per ogni x ∈ R e F ′(x) = G(x) per ogni x ∈ R. Di conseguenzaF ∈ C2(R) e F ′′(x) = G′(x) = f (x) = ex

2 arctan(x2) per ogni x ∈ R. Poiché f (x) ≥ 0 per ognix ∈ R, possiamo concludere che F è convessa per ogni x ∈ R. �

E-12.19. Accenniamo il metodo risolutivo. Nel primo caso si noti che sin(2x) = 2 sin x cos x epertanto l’integranda è data da R(cos x) sin x, dove R(u) = 2u+1

u2−5u+6 =2u+1

(u−3)(u−2) . Applicando il teoremadi integrazione per sostituzione (ponendo u = g(x) = cos x che è invertibile per ogni x ∈ [0, π/2]) cisi riconduce a dover calcolare le primitive di −R(u). Tale calcolo si può eseguire con il metodo deifratti semplici. Infine, detta F(u) una di tali primitive di −R(u), ne va poi calcolata la variazione tra 1 e0. Nel secondo caso si richiede di calcolare l’area sottesa dal grafico della funzione x cos x tra 0 e π.Conviene osservare che cos x ≥ 0 per x ∈ [0, π/2] e cos x < 0 per x ∈ (π/2, π]; otteniamo che∫ π

0|x cos x | dx =

∫ π/2

0x cos x dx −

∫ π

π/2x cos x dx.

A questo punto va calcolata una primitiva F(x) di x cos x usando il teorema di integrazione perparti. Infine, calcolando le variazioni di tale primitiva negli intervalli indicati, si ottiene che∫ π0 |x cos x | dx = F(π/2) − F(0) − (F(π) − F(π/2)) = 2F(π/2) − F(0) − F(π). �

E-12.24. Posto F(z) =∫ z

πcos tt dt, si ha che G(x) = −F(x2). Siccome cos t

t è una funzione continua inR\{0}, il teorema fondamentale del calcolo integrale ci permette di dire che F(z) è derivabile in (0,+∞)e che F ′(z) = cos z

z per ogni z ∈ (0,+∞). Il teorema di derivazione della funzione composta implica cheG è derivabile in (0,+∞) e che G′(x) = −2xF ′(x2) = −2 cos(x2)

x per ogni x ∈ (0,+∞). Osserviamo orache G(

√π) =

∫ ππ

cos tt dt = 0 e che G′(

√π) = −2 cos π√

π= 2√

π. Inoltre G′′(x) = 4 sin(x2) + 2 cos(x2)

x2 per

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22 Soluzioni degli esercizi del capitolo 12

ogni x ∈ (0,+∞) da cui segue G′′(√π) = − 2

π . Il polinomio cercato è quindi 2√π(x −√π) − 1

π (x −√π)2.

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 13

E-13.8. Nel primo caso, siccome f (t) = et log(1 + t) è continua per t > −1, il teorema fondamentaledel calcolo integrale ci assicura che F(x) =

∫ x

0 f (t) dt è una funzione derivabile per ogni x > −1 e cheF ′(x) = f (x) per ogni x > −1. In particolare F(x) è continua in 0 e quindi limx→0 F(x) = F(0) = 0.Il primo caso riguarda quindi un rapporto di infinitesimi. Osserviamo che il denominatore è unafunzione derivabile per ogni x ∈ R e che la sua derivata prima è non nulla in tutti gli intorni bucati di 0.Osserviamo inoltre che

limx→0

F ′(x)2x

= limx→0

ex log(1 + x)2x

= limx→0

ex

2log(1 + x)

x=

12,

grazie ai noti limiti notevoli e alla continuità della funzione esponenziale. Di conseguenza pos-siamo applicare uno dei teoremi di Bernoulli-de l’Hôpital, ottenendo che limx→0

F(x)

x2 esiste e chelimx→0

F(x)

x2 = limx→0F′(x)

2x =12 . Nel secondo caso viene richiesto il valore dell’integrale improprio in

[0,+∞) di g(t) = et2 log(1 + t2). Osservando che g(t) > 0 per ogni t > 0 e che limt→+∞ g(t) = +∞

(grazie al teorema sul limite del prodotto), possiamo concludere che l’integrale improprio in questioneè divergente, ossia che il valore limite richiesto vale +∞. Nel terzo caso, posta h(x) = ex

2+ ex + 1, si

osserva che h(x) > 0 per ogni x ∈ R e che limx→+∞ h(x) = +∞. Pertanto, posta H(y) =∫ y

0 h(x) dx,si ha che limy→+∞ H(y) = +∞. Il terzo caso riguarda quindi un rapporto di infiniti. Notiamo cheil teorema fondamentale del calcolo integrale, visto che h(x) è continua in R, implica che H(y) èderivabile per ogni y ∈ R e H ′(y) = h(y) per ogni y ∈ R. Osserviamo inoltre che il denominatore èuna funzione derivabile per ogni y ∈ R e che la sua derivata prima data da 2yey

2+ ey > ey > 0 per

ogni y > 0. Osserviamo inoltre che

limy→+∞

H ′(y)2yey2

+ ey= lim

y→+∞

ey2+ ey + 1

2yey2+ ey

= limy→+∞

ey2(1 + ey−y

2+ e−y

2)

yey2(2 + ey−y2

/y)= lim

y→+∞

1 + ey−y2+ e−y

2

y(2 + ey−y2/y)

= 0,

dato che y− y2 → −∞ per y → +∞ e usando i noti limiti della funzione esponenziale. Di conseguenzapossiamo applicare uno dei teoremi di Bernoulli-de l’Hôpital, ottenendo che limy→+∞

H(y)

ey2+ey+1

esiste

e che limy→+∞H(y)

ey2+ey+1

= limy→+∞H′(y)

2yey2+ey= 0. �

E-13.11. Si noti che la funzione integranda fα(x) è definita in (0,+∞) \ {e2, e3} ed è ivi continua.Osserviamo inoltre che fα(x) ha segno costante in (e4,+∞). Sia α < 0. Allora fα(x) è un infinitoa +∞ e pertanto l’integrale diverge per α < 0. Sia α ≥ 0. Allora fα(x) è un infinitesimo a +∞;dobbiamo quindi investigarne l’ordine di infinitesimo a +∞. Se α ∈ [0, 1), poniamo ε = (1 − α)/2 > 0,β = α + ε < 1 e osserviamo che

limx→+∞

fα(x)1/xβ

= limx→+∞

xα+ε

xα(log2 x − 5 log x + 6)= lim

x→+∞

log2 x − 5 log x + 6= +∞.

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24 Soluzioni degli esercizi del capitolo 13

Pertanto, per α ∈ [0, 1) si ha che fα(x) è un infinitesimo di ordine inferiore a β < 1 a +∞; il criteriodell’ordine di infinitesimo ci permette di concludere che in tali casi l’integrale è divergente. Se α > 1,poniamo β = α e osserviamo che

limx→+∞

fα(x)1/xβ

= limx→+∞

xα(log2 x − 5 log x + 6)= lim

x→+∞

1log2 x − 5 log x + 6

= 0.

Pertanto, per α > 1 si ha che fα(x) è un infinitesimo di ordine superiore a β > 1 a +∞; il criteriodell’ordine di infinitesimo ci permette di concludere che in tali casi l’integrale è convergente. Se α = 1,posto g(x) = 1/(x log2 x), osserviamo che

limx→+∞

f1(x)g(x)

= limx→+∞

x log2 x

x(log2 x − 5 log x + 6)= lim

x→+∞

11 − 5/log x + 6/log2 x

= 1.

Pertanto, per α = 1 si ha che f1(x) è un infinitesimo dello stesso ordine di 1/(x log2 x) a +∞; il criterioasintotico ci permette di concludere che in tal caso l’integrale è convergente.Indichiamo come effettuare il calcolo dell’integrale improprio nel caso α = 1, che sappiamo essereun valore reale grazie alla sua convergenza appena provata. Si osservi che f1(x) = R(log x)/x, doveR(u) = 1/(u2 − 5u + 6), e che la sostituzione x = eu permette di ricondurre il problema al calcolodelle primitive di R(u). Tale calcolo delle primitive può essere effettuato mediante il metodo dei frattisemplici osservando che u2 − 5u + 6 = (u − 2)(u − 3). Detta F(u) una primitiva di R(u) per u ≥ 4, unaprimitiva di f1(x) è allora G(x) = F(log x) per ogni x ≥ e4. Il valore dell’integrale improprio richiestosi ottiene quindi calcolando limz→+∞(G(z) − G(e4)) = limz→+∞(F(log z) − F(4)). �

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 14

E-14.2. Nella prima parte utilizziamo il criterio della radice (si noti che an := n1/n − 1 ≥ 0 per ognin ≥ 1, come mai?) ottenendo che

a1/nn = [(n1/n − 1)2n+1]1/n = (n1/n − 1)2+1/n = e(2+1/n) log(n1/n−1)

per ogni n ≥ 2. Siccome n1/n → 1+ per n → +∞ abbiamo che log(n1/n − 1) → −∞ per n → +∞;pertanto (2+1/n) log(n1/n−1) → −∞ per n→ +∞ grazie ai teoremi sul limite del prodotto. Sfruttandoquest’ultima informazione e il calcolo su an fatto precedentemente si conclude che a1/n

n → 0 pern→ +∞. Il criterio della radice per le serie permette quindi di concludere che

∑an è convergente.

Per la seconda parte, osserviamo che per n ≥ 1 si ha che 0 < 1/n ≤ 1 e quindi cos(1/n) > 0 e an > 0per ogni n ≥ 1, n ∈ N. Inoltre cos(1/n) → 1 per n→ +∞ per il teorema di sostituzione dei limiti e lacontinuità della funzione coseno in 0. Pertanto possiamo scrivere an = en log(cos 1/n) = ebn e, per ilteorema di sostituzione dei limiti, abbiamo che log(cos 1/n) → 0 per n→ +∞. Ricordando i limitinotevoli abbiamo che

bn =log(1 + (cos(1/n) − 1))

cos(1/n) − 1cos(1/n) − 1(1/n)2

(1/n)2

1/n→ 1 ·

(−

12

)· 0 = 0

per n→ +∞. Quindi, nuovamente per il teorema di sostituzione dei limiti, abbiamo che an = ebn → 1per n→ +∞. Pertanto la condizione necessaria di convergenza delle serie numeriche implica che

∑an

è non convergente. Considerando che an > 0 possiamo concludere che∑

an è divergente. �

E-14.3. In questi tre casi suggeriamo di studiare la validità della condizione necessaria di convergenza;poi, in caso positivo, si utilizzi il criterio della radice. �

E-14.13. Scriviamo an = bn/cn e valutiamo gli ordini di grandezza di bn e di cn. Ricordando chelimx→+∞ tanh x = 1, abbiamo che n2 tanh(n2) = n2 + o

(n2) per n → +∞; pertanto è immediato

ottenere che cn = n3 log n + o(n2) per n → +∞. Ricordiamo la formula di Maclaurin di

√1 + x,

si ha che√

1 + x = 1 + x/2 − x2/8 + o(x2) per x → 0 da cui segue che n2 (√1 + 1

n − 1)=

n2 ( 12n −

18n2 + o

( 1n2

) )= n/2 − 1/8 + o

(1)per n→ +∞. Osservando che 10− log n → 0 per n→ +∞,

otteniamo che bn = n/2 − 1/8 + 2 log10 n + o(1)= n/2 + o

(n)per n → +∞. Pertanto, grazie al

principio di sostituzione degli infiniti di ordine inferiore, possiamo scrivere che

limn→+∞

an = limn→+∞

n/2 + o(n)

n3 log n + o(n2) = lim

n→+∞

n/2n3 log n

= limn→+∞

12n2 log n

= 0.

Per quanto riguarda la convergenza di∑

an, quanto sopramostra che an è asintotica a dn := 1/(2n2 log n).Ciò implica che an è definitivamente positiva e che

∑an è convergente, dovendo avere lo stesso

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26 Soluzioni degli esercizi del capitolo 14

carattere di convergenza di∑

dn (che è convergente siccome dn ha ordine di infinitesimo superiore a 2per n→ +∞; si ricordi che la serie armonica generalizzata

∑n−α converge se e solo se α > 1). �

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 15

E-15.2. Basta porre u = t + 1 e ricondursi a quanto noto sul comportamento della serie∑+∞

n=1 un/nper concludere sia sul raggio di convergenza che sul comportamento agli estremi dell’intervallo diconvergenza. �

E-15.7. È immediato notare che∑+∞

n=0 n21−n =∑+∞

n=1 n21−n =∑+∞

n=1n

2n−1 è la serie associata alladerivata prima della funzione 1/(1 − x) =

∑+∞n=0 xn, |x | < 1, calcolata nel punto x = 1/2. Per i teoremi

noti sappiamo quindi che 1/(1− x)2 =∑+∞

n=1 nxn−1, |x | < 1, da cui segue∑+∞

n=1 n21−n = 1(1−1/2)2 = 4. �

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Alcune soluzioni degli esercizi del capitolo 16

E-16.1. Questi esercizi si risolvono usando la formula delle EDO del primo ordine a coefficienticontinui (si ricordi che la formula vale solo in intervalli!) con le eccezioni dell’ottavo (in cui sisuggerisce di porre z(x) = y(x)2/2 da cui segue che z′(x) =. . . ) e l’undicesimo (in cui, posto x , 0 cisi può ricondurre a una equazione a variabili separabili, mentre per x = 0. . . ). �

E-16.3. Notiamo che l’equazione differenziale del testo ammette le soluzioni costanti y1(x) = 2,y2(x) = −2 per ogni x ∈ R. Se y(5) = 2, dato che y1(x) verifica tale condizione, non può esiste un’altrasoluzione dell’equazione differenziale diversa da y1(x); l’unica soluzione è quindi y1(x). Sia y(5) = −1oppure y(5) = 1. Notiamo che allora y(5)2 − 4 = −3 < 0 e quindi il secondo termine dell’equazionedifferenziale è privo di significato. In tali casi quindi il problema non ha soluzione. Per completezzarisolviamo anche i casi non richiesti nel testo. Il ragionamento precedente ci dice che nella regione|y | < 2 non possono esistere soluzioni dell’equazione differenziale. Sia allora y(5) = y0 con |y0 | > 2.In questo caso, perlomeno in un intervallo I contenente 5, una funzione y(x), soluzione dell’equazionedifferenziale, è diversa da y1(x) e y2(x) e verifica y2(x) > 4; quindi per ogni x ∈ I possiamo dividereottenendo che y(x)y′(x)

√y2(x)−4

= x, ossia una equazione alle variabili separabili. Possiamo quindi scrivere che

√y2(x) − 4 =

∫y(x)y′(x)√y2(x) − 4

dx =∫

x dx = x2 + c

per ogni x ∈ I, c ∈ R. Ricordando la condizione y(5) = y0, si ha che (y20 − 4)1/2 = 25 + c da cui segue

c = (y20 − 4)1/2 − 25. In conclusione, per ogni x ∈ I si ha che y2(x) = 4 + (x2 − 25 + (y2

0 − 4)1/2)2 dacui segue |y(x)| = [4 + (x2 − 25 + (y2

0 − 4)1/2)2]1/2; è ora anche immediato notare che I = R. �

E-16.4. Conviene porre z(x) := y′(x). L’equazione differenziale diviene xz′(x) + z(x) = xex ossia,posto che x , 0, z′(x) = −z(x)/x+ex . Siano I = (0,+∞) e J = (−∞, 0). Posto a(x) = −1/x e b(x) = ex ,abbiamo che z(x) = e− log |x |

∫elog |x |ex dx per ogni x ∈ I, e una formula analoga vale per x ∈ J. Per

x ∈ I si ha che z(x) = 1x

∫xex dx = xex+ex+c1

x , c1 ∈ R. Pertanto per x ∈ I, indicata con FI (x) unaprimitiva di ex/x in I, otteniamo y(x) =

∫(ex + ex

x +c1x ) dx = ex + FI (x) + c1 log x + c2, c1, c2 ∈ R.

Per x ∈ J si ha che z(x) = − 1x

∫(−x)ex dx = xex+ex+d1

x , d1 ∈ R. Pertanto per x ∈ J, indicata conFJ (x) una primitiva di ex/x in J, otteniamo y(x) =

∫(ex + ex

x +d1x ) dx = ex + FJ (x)+ d1 log(−x)+ d2,

d1, d2 ∈ R. Con le formule precedenti è quindi facile risolvere il problema di Cauchy per a ∈ R \ {0}in termini di FI (a), se a > 0, e di FJ (a), se a < 0. Sia a = 0. Se esistesse una soluzione del problemadi Cauchy definita in tal punto si dovrebbe avere che ay′′(a) + y′(a) = aea che per a = 0, y′(0) = 2,diviene 0 + 2 = 0 che è chiaramente falsa per ogni possibile valore di y(0). Pertanto per a = 0 ilproblema di Cauchy non ha soluzioni. �

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Soluzioni degli esercizi del capitolo 16 29

E-16.7. Sia y(x) una soluzione, definita inR, del problema; allora y(0) = 0. Si noti quindi che y(x) = 0per ogni x ∈ R è una soluzione del problema e chiaramente essa appartiene a C1(R). Proviamo cheessa non è l’unica ad avere tale regolarità. Supponiamo per il momento che x , 0; allora l’equazionedifferenziale diventa y′(x) = y(x)/x2. Dobbiamo quindi studiare le soluzioni in I = (0,+∞) e inJ = (−∞, 0). La formula risolutiva fornisce come soluzioni yI (x) = cI e−1/x , cI ∈ R, se x ∈ I, eyJ (x) = cJe−1/x , cJ ∈ R, se x ∈ J. Notiamo esplicitamente che non esiste alcuna relazione tra cI e cJperché sono relative a intervalli tra loro disgiunti; potremmo quindi definire per casi una soluzionesu R come z(x) = yI (x) se x ∈ I, z(x) = yJ (x) se x ∈ J, e z(0) = 0, posto di verificare che z(x) siaderivabile inR. Vogliamo adesso individuare tra queste z(x) se ne esistono aventi la regolarità richiesta.Notiamo che limx→0− e−1/x = +∞. Pertanto l’unica possibilità per ottenere che z(x) ∈ C0(R) è quelladi porre cJ = 0. Osservando che limx→0+ e−1/x = 0 non impone alcuna condizione su cI , otteniamoche tutte e sole le soluzioni dell’equazione data che sono C0(R) sono date da w(x) = yI (x) se x ∈ I,w(x) = 0 se x ∈ J ∪ {0} = (−∞, 0]. Una facile verifica permette di osservare che in realtà si hache w(x) ∈ C1(R). Calcolando limx→0+

w(x)−w(0)x−0 = limx→0+

cI e−1/x

x = limu→+∞ cI ueu = 0, per ogni

cI ∈ R, e limx→0−w(x)−w(0)

x−0 = limx→0−0x = 0 si ha che w(x) è derivabile in 0 (e che w′(0) = 0). Per

x ∈ I si ha che w′(x) = cI e−1/x

x2 , per ogni cI ∈ R, e per x ∈ J si ha che w′(x) = 0. Osservando chelimx→0+ cI e

−1/x

x2 = limu→+∞ cI u2

eu = 0, per ogni cI ∈ R, si conclude che w(x) ∈ C1(R). �

E-16.11. L’equazione omogenea associata ha polinomio caratteristico p(λ) = λ2 + 2λ − 8 le cui radicisono 2 e −4. Tutte e sole le soluzioni dell’omogenea associata sono dunque c1e2x + c2e−4x , c1, c2 ∈ R,x ∈ R. Per la soluzione particolare utilizziamo il metodo di somiglianza ponendo f (x) = eαx .Dobbiamo quindi distinguere i casi in cui α è radice di p(λ) da quelli in cui non lo è. Se α ∈ R\ {2,−4},allora α non è radice di p(λ). Una soluzione particolare è quindi del tipo y(x) = Aeαx , con A ∈ R dadeterminare. Pertanto y′(x) = Aαeαx e y′′(x) = Aα2eαx . Sostituendo nell’equazione differenziale siottiene che Aα2eαx + 2Aαeαx − 8Aeαx = eαx per ogni x ∈ R, da cui segue che A(α2 + 2α − 8) = 1.Pertanto A = 1/(α2 + 2α − 8) = 1/p(α). In questo caso tutte e sole le soluzioni del problema deltesto sono date da c1e2x + c2e−4x + eαx/p(α), c1, c2 ∈ R, x ∈ R. Se α = −4, allora −4 è radice dip(λ) di molteplicità 1. Una soluzione particolare è quindi del tipo y(x) = Bxe−4x , con B ∈ R dadeterminare. Pertanto y′(x) = B(1 − 4x)e−4x e y′′(x) = 8B(−1 + 2x)e−4x . Sostituendo nell’equazionedifferenziale si ottiene che 8B(−1 + 2x)e−4x + 2B(1 − 4x)e−4x − 8Bxe−4x = e−4x per ogni x ∈ R, dacui segue che −6B = 1. Pertanto B = −1/6. In questo caso tutte e sole le soluzioni del problemadel testo sono date da c1e2x + (c2 − x/6)e−4x , c1, c2 ∈ R, x ∈ R. Se α = 2, allora 2 è radice dip(λ) di molteplicità 1. Una soluzione particolare è quindi del tipo y(x) = Cxe2x , con C ∈ R dadeterminare. Pertanto y′(x) = C(1 + 2x)e2x e y′′(x) = 4C(1 + x)e2x . Sostituendo nell’equazionedifferenziale si ottiene che 4C(1 + x)e2x + 2C(1 + 2x)e2x − 8Cxe2x = e2x per ogni x ∈ R, da cuisegue che 6C = 1. Pertanto C = 1/6. In questo caso tutte e sole le soluzioni del problema del testosono date da (c1 + x/6)e2x + c2e−4x , c1, c2 ∈ R, x ∈ R. Per il problema di Cauchy finale va risolto ilsistema c1 + c2 = 1; 1/6 + 2c1 − 4c2 = 0. Si ottiene c1 = 23/36, c2 = 13/36. Pertanto la soluzione delproblema di Cauchy finale è (23/36 + x/6)e2x + 13/36e−4x , x ∈ R. �

E-16.12. L’equazione omogenea associata ha polinomio caratteristico p(λ) = λ2 + 3λ + 2 le cuiradici sono −1 e −2. Tutte e sole le soluzioni dell’omogenea associata sono dunque c1e−x + c2e−2x ,c1, c2 ∈ R. Per la soluzione particolare utilizziamo il metodo di variazione delle costanti arbitrarie:poniamo y(x) = c1(x)e−x +c2(x)e−2x e determiniamo c1(x), c2(x) in modo che y(x) risolva l’equazionedifferenziale. Si perviene al sistema c′1(x)e

−x + c′2(x)e−2x = 0; −c′1(x)e

−x − 2c′2(x)e−2x = log(4+ e2x).

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30 Soluzioni degli esercizi del capitolo 16

Le soluzioni del sistema sono c′1(x) = ex log(4 + e2x) e c′2(x) = −e2x log(4 + e2x). A questo puntodeterminiamo c1(x), c2(x) mediante l’integrazione per parti e per sostituzione. Si ha che

c1(x) =∫

ex log(4 + e2x) dx = ex log(4 + e2x) − 2∫

e3x

4 + e2x dx

= ex log(4 + e2x) − 2∫

t2

4 + t2 dt���x=log t

= ex log(4 + e2x) − 2(t − 2 arctan

t2

)���x=log t

+ d1

= ex log(4 + e2x) − 2ex + 4 arctanex

2+ d1,

per d1 ∈ R e x ∈ R. Inoltre

c2(x) = −∫

e2x log(4 + e2x) dx = −e2x

2log(4 + e2x) +

∫e4x

4 + e2x dx

= −e2x

2log(4 + e2x) +

∫t3

4 + t2 dt���x=log t

= −e2x

2log(4 + e2x) +

( t2

2− 2 log(4 + t2)

)���x=log t

+ d2

= −e2x

2log(4 + e2x) +

e2x

2− 2 log(4 + e2x) + d2,= −

( e2x

2+ 2

)log(4 + e2x) +

e2x

2+ d2,

per d2 ∈ R e x ∈ R. Di conseguenza, scelte d1 = d2 = 0, si ha che

y(x) = 4e−x arctanex

2− 2e−2x log(4 + e2x) +

12

log(4 + e2x) −32

per x ∈ R. In conclusione, tutte e sole le soluzioni del problema dato, per x ∈ R, sono c1e−x + c2e−2x +

y(x), c1, c2 ∈ R. �

E-16.14. Tutti questi esercizi si risolvono determinando per prima cosa le soluzioni dell’equazioneomogenea associata e poi calcolando una soluzione particolare dell’equazione non omogenea. Perquesta seconda parte, in tutti i casi tranne il quarto si conclude usando il metodo di somiglianza. Nelquarto caso è invece necessario usare il metodo di variazione delle costanti arbitrarie. �

E-16.16. Notiamo che l’equazione ammette la soluzione costante y(x) = −2 per ogni x ∈ R.Supponiamo quindi che y(x) , −2 per ogni x ∈ R; in tal caso possiamo dividere e ottenerey′(x)

2+y(x) =1

1+x2 che è alle variabili separabili. Facili calcoli portano a log |2+ y(x)| = arctan x+ c, c ∈ R,da cui segue che |2+ y(x)| = Cearctan x , C ∈ R, x ∈ R. Ciò determina tutte le soluzione dell’equazionedifferenziale data. Se y(1) = 2 abbiamo allora che y(x) > −2 per ogni x ∈ R, altrimenti si avrebbe unacontraddizione con il teorema di esistenza e unicità. Pertanto si ottiene che 4 = Ceπ/4; in conclusioney(x) = 4earctan x−π/4 − 2 è la soluzione cercata. Se y(1) = −2, l’equazione differenziale implica che0 = y′(1) ossia y(x) = k; quindi y(x) = −2 per ogni x ∈ R è la soluzione cercata (e non ne esistonoaltre altrimenti si avrebbe una contraddizione con il teorema di esistenza e unicità). �

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